Vaticano

Da dove viene e dove va la riforma della Curia

La riforma della Curia romana mira a rafforzare il processo di annuncio del Vangelo nell'epoca contemporanea, ed esprime anche il principio di sinodalità e di ascolto tanto caro a Papa Francesco.

Giovanni Tridente-28 marzo 2022-Tempo di lettura: 2 minuti
riforma della curia

Foto: ©2022 Catholic News Service / Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti.

Nel 2013 avevamo indicato che il vero inizio delle procedure che avrebbero portato al completamento della riforma della Curia romana - richiesta nelle Congregazioni generali prima del Conclave che ha eletto Papa Francesco - era da ricercarsi nella nomina del nuovo Segretario di Stato, entrato in carica il 15 ottobre dello stesso anno.

Ed è singolare che già in quell'occasione, commentando la sua nomina, l'allora arcivescovo Pietro Parolin, nunzio apostolico in Venezuela, abbia parlato della sua piena disponibilità a collaborare per il bene della Chiesa e "per il progresso e la pace dell'umanità, affinché trovi ragioni per vivere e sperare". Nove anni fa, infatti, diversi conflitti scuotevano il mondo, a partire dalle regioni del Medio Oriente, e Papa Francesco aveva indetto una prima "veglia di preghiera per la pace". Ciò è avvenuto il 7 settembre 2013.

Queste circostanze sono rilevanti e sollevano interrogativi, proprio perché, mentre l'impegno preso all'inizio del pontificato di riformare e razionalizzare la struttura operativa centrale della Chiesa di Roma è stato mantenuto, nel mondo, invece, siamo ancora nell'"anno zero" della pace, con un enorme conflitto ancora più esacerbato alle porte dell'Europa. Un'Europa, guarda caso, che l'anno precedente (2012) era stata insignita del Premio Nobel per la pace.

Sempre in quelle settimane di settembre 2013, Papa Francesco aveva rilasciato la sua prima intervista alla rivista dei gesuiti La Civiltà Cattolica e, parlando del vero ruolo dei dicasteri della Curia romana, aveva ribadito che essi sono "al servizio del Papa e dei vescovi: devono aiutare le Chiese particolari e le conferenze episcopali". Sono istanze di aiuto".

Ed è su questa premessa che il Praedicate Evangelium è stato redatto e consegnato a tutta la Chiesa nella solennità di San Giuseppe, il 19 marzo. Omnes ha già pubblicato un'analisi dettagliata il giorno stesso della pubblicazione, a cura del canonista Jesús Miñambres..

Vale la pena ricordare che questa riforma arriva 38 anni dopo la precedente Costituzione Pastor Bonus voluta da San Giovanni Paolo II. Formalizzando in un unico testo giuridico le numerose "piccole riforme" portate avanti da Papa Francesco nel corso del suo pontificato, il documento esprime anche quel principio di sinodalità e di ascolto tanto caro al Pontefice, avendo acquisito, dopo la stesura iniziale, osservazioni, pareri, suggerimenti e richieste dai responsabili dei Dicasteri della Curia romana, dai Cardinali riuniti in Concistoro e indicazioni dagli Episcopati locali.

Osservando le occorrenze delle parole più citate nel testo, oltre agli immancabili dicastero, Chiesa e vescovi, emergono chiaramente servizio, competenza, fede, pastorale, collaborazione, missione, formazione, comunione, dottrina, laici, relazioni, Vangelo e giustizia. Questi termini da soli delineano rapidamente la base di questa Riforma, che cerca di rafforzare il processo di annuncio del Vangelo nell'epoca contemporanea. Non si tratta, in definitiva, di un semplice restyling - procedure tra l'altro molto sgradite al Papa - ma di una vera e propria rigenerazione di processi, competenze e visione.

Siamo ora in attesa del Editio Typica in latino, con la pubblicazione su L'Osservatore Romano, per avere il testo definitivo del documento (e anche quello giuridicamente valido), da cui seguiranno le traduzioni nelle altre lingue principali. La riforma entrerà in vigore il 5 giugno, giorno di Pentecoste.

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