Vaticano

Il Papa denuncia la "guerra a pezzi" e la maternità surrogata al corpo diplomatico

All'inizio dell'anno, Papa Francesco ha ricevuto in udienza il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. La necessità di lavorare per la pace e gli ostacoli al dialogo sono stati al centro del suo discorso.

Maria José Atienza-8 gennaio 2024-Tempo di lettura: 6 minuti
corpo diplomatico

Il Papa saluta Georgios F. Poulides, ambasciatore di Cipro e decano del Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede ©Vatican Media

Il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede ha tenuto la tradizionale udienza con Papa Francesco.

Oltre agli auguri per il nuovo anno, il Pontefice ha sottolineato la crescita della "famiglia diplomatica". A questo proposito, si è rallegrato per le nuove relazioni diplomatiche con il Sultanato dell'Oman, per la nomina del Rappresentante Pontificio Residente ad Hanoi e per l'Accordo Supplementare con il Kazakistan.

Francesco ha anche menzionato anniversari speciali nel corso del 2023, come "il 100° anniversario delle relazioni diplomatiche con la Repubblica di Panama, il 70° anniversario delle relazioni con la Repubblica Islamica dell'Iran, il 60° anniversario delle relazioni con la Repubblica di Corea e il 50° anniversario delle relazioni con l'Australia".

I "pezzi" di una terza guerra mondiale 

Il Papa ha iniziato il suo discorso soffermandosi sul tema che ha attraversato le sue parole: la pace. La pace è "innanzitutto un dono di Dio" e "allo stesso tempo una nostra responsabilità". Questo compito include anche il ruolo della Santa Sede, che deve "all'interno della comunità internazionale, essere una voce profetica e un richiamo alla coscienza". Francesco ha alluso, ancora una volta, alla terza guerra mondiale a pezzi che, secondo il pontefice, sta devastando il nostro mondo.

 Tra questi brani che occupano la testa e il cuore del Papa, Francesco ha ricordato quanto sta accadendo in Israele e Palestina e ha condannato l'attacco terroristico del 7 ottobre e "ogni forma di terrorismo e di estremismo". Il Papa ha ribadito il suo "appello a tutte le parti coinvolte affinché accettino un cessate il fuoco su tutti i fronti, anche in Libano, e per l'immediato rilascio di tutti gli ostaggi a Gaza. Chiedo che la popolazione palestinese riceva aiuti umanitari e che ospedali, scuole e luoghi di culto ricevano tutta la protezione necessaria". 

Ha invitato la "comunità internazionale a promuovere con determinazione la soluzione di due Stati, uno israeliano e uno palestinese, nonché uno status speciale garantito a livello internazionale per la città di Gerusalemme, in modo che israeliani e palestinesi possano finalmente vivere in pace e sicurezza". 

Questo conflitto si aggiunge all'instabilità di un'area carica di tensioni, come ha sottolineato il Papa, non dimenticando nel suo discorso "il popolo siriano, che vive nell'instabilità economica e politica, aggravata dal terremoto dello scorso febbraio", così come "la situazione sociale ed economica in cui versa il caro popolo libanese". 

Davanti ai rappresentanti internazionali, il Papa ha ricordato il conflitto che anno dopo anno affligge la comunità Rohingya in Myanmar. 

Anche il conflitto tra Ucraina e Russia, che si sta avvicinando al terzo anno, è stato al centro delle osservazioni del Papa, che ha sottolineato che "non possiamo permettere che continui un conflitto che sta diventando sempre più sanguinoso, a scapito di milioni di persone". 

Anche la situazione di tensione nel Caucaso meridionale tra Armenia e Azerbaigian è stata oggetto del discorso del Santo Padre. 

Francesco ha ricordato "la drammatica situazione umanitaria degli abitanti di quella regione" e ha rivolto un "appello a favorire il ritorno degli sfollati alle loro case in modo legale e sicuro, nonché a rispettare i luoghi di culto delle varie confessioni religiose presenti nell'area". 

I conflitti nel continente africano sono uno degli appelli costanti del Papa, che ha lanciato durante i suoi viaggi nel continente. Così, il Papa ha voluto ricordare "la sofferenza di milioni di persone a causa delle molteplici crisi umanitarie che colpiscono diversi Paesi subsahariani, a causa del terrorismo internazionale, dei complessi problemi socio-politici e degli effetti devastanti del cambiamento climatico, a cui si aggiungono le conseguenze dei colpi di Stato militari in alcuni Paesi e di alcuni processi elettorali caratterizzati da corruzione, intimidazione e violenza". 

Tra questi conflitti, Francesco ha fatto riferimento alle violenze in Etiopia e alle situazioni degli sfollati in Camerun, Mozambico, Repubblica Democratica del Congo e Sud Sudan. 

Infine, il Papa ha rivolto lo sguardo al suo continente d'origine, il Sud America, evidenziando le forti tensioni tra alcuni Paesi, ad esempio tra Venezuela e Guyana, e la sua preoccupazione per "la situazione in Nicaragua; è una crisi che si trascina da tempo con conseguenze dolorose per tutta la società nicaraguense, in particolare per la Chiesa cattolica". 

Immoralità delle armi nucleari

Il Papa ha voluto sottolineare che "le guerre moderne non si svolgono più solo su campi di battaglia definiti e che non sembra più esistere una distinzione tra obiettivi militari e civili". In questo senso, ha sottolineato che "le gravi violazioni del diritto internazionale umanitario sono crimini di guerra, e che non basta denunciarle, bisogna prevenirle". 

Francesco ha denunciato in particolare l'enorme quantità di denaro che gli Stati spendono per gli armamenti, e in particolare ha voluto ribadire "ancora una volta l'immoralità della produzione e del possesso di armi nucleari". 

Inoltre, ha lanciato un forte appello a "sradicare le cause delle guerre, la prima delle quali è la fame e anche le catastrofi naturali e ambientali". 

Come negli ultimi anni, il dramma delle migrazioni è stato al centro del discorso del Papa al corpo diplomatico. Ricordando il suo recente viaggio a Marsiglia, il Papa ha evidenziato come queste persone siano dimenticate da molti e ha sottolineato la necessità di "regolare le migrazioni per accogliere, promuovere, accompagnare e integrare i migranti, rispettando la cultura, la sensibilità e la sicurezza delle persone che sono responsabili della loro accoglienza e integrazione". 

D'altra parte, è anche necessario ricordare il diritto di poter rimanere nel proprio Paese e la conseguente necessità di creare le condizioni perché questo diritto possa essere messo in pratica. 

Richiesta di divieto di maternità surrogata

Forse uno degli argomenti più nuovi nell'agenda del Papa davanti al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede è stato l'appello del Santo Padre per la proibizione della pratica della "cosiddetta maternità surrogata, che offende gravemente la dignità della donna e del bambino e si basa sullo sfruttamento del bisogno materiale della madre". 

A questo proposito, il Papa ha rivolto un "appello alla comunità internazionale affinché si impegni a proibire universalmente questa pratica. In ogni momento della sua esistenza, la vita umana deve essere preservata e protetta, anche se noto con rammarico, soprattutto in Occidente, la persistente diffusione di una cultura della morte che, in nome di una falsa compassione, scarta bambini, anziani e malati". 

Tutto questo fa parte di quelle che il Papa ha definito "colonizzazioni ideologiche che provocano ferite e divisioni tra gli Stati, invece di favorire la costruzione della pace". 

Dialogo per la pace

L'ultima parte del discorso del Papa si è concentrata sugli sforzi necessari per raggiungere questa pace. Sforzi che passano, in primo luogo, attraverso il rafforzamento delle strutture della diplomazia multilaterale sorte dopo la Seconda guerra mondiale, ora indebolite, recuperando "le radici, lo spirito e i valori che hanno dato origine a questi organismi, pur tenendo conto del nuovo contesto e prestando la dovuta attenzione a coloro che non si sentono adeguatamente rappresentati dalle strutture delle Organizzazioni internazionali".

"La strada della pace passa attraverso il dialogo politico e sociale, che è la base della convivenza civile in una comunità politica moderna", ha sottolineato il Santo Padre, aggiungendo a questo ambito di dialogo quello del "dialogo interreligioso, che richiede soprattutto la tutela della libertà religiosa e il rispetto delle minoranze". Ci addolora, ad esempio, constatare che sempre più Paesi stanno adottando modelli di controllo centralizzato della libertà religiosa, con un uso massiccio della tecnologia. Altrove, le comunità religiose minoritarie si trovano spesso in una situazione sempre più drammatica. In alcuni casi sono a rischio di estinzione, a causa di una combinazione di azioni terroristiche, attacchi al patrimonio culturale e misure più subdole, come la proliferazione di leggi anti-conversione, la manipolazione delle regole elettorali e le restrizioni finanziarie".

Anche l'intelligenza artificiale e il progresso tecnologico emergono come agenti necessari in questo dialogo per la pace, a patto di preservare "la centralità della persona umana, il cui contributo non può e non potrà mai essere sostituito da un algoritmo o da una macchina".

Strada verso il Giubileo 2025

Il Papa ha chiuso il suo discorso facendo riferimento al prossimo Giubileo del 2025. "Forse oggi più che mai abbiamo bisogno dell'anno giubilare", ha detto il pontefice, "il Giubileo è la proclamazione che Dio non abbandona mai il suo popolo".

Riferendosi a Isaia, Francesco ha espresso il desiderio che il futuro anno giubilare sia per tutti "il tempo in cui si spezzano le spade e se ne fanno vomeri; il tempo in cui una nazione non alza più la spada contro l'altra, né impara l'arte della guerra". 

Newsletter La Brújula Lasciateci la vostra e-mail e riceverete ogni settimana le ultime notizie curate con un punto di vista cattolico.
Banner pubblicitari
Banner pubblicitari