Cultura

La "Via Crucis bianca" di Lucio Fontana

Lucio Fontana è un artista innovativo e la sua opera in ceramica nota come "Via Crucis bianca" è un esempio di freschezza e drammaticità paragonabile ad altre celebri stazioni della Via Crucis dell'arte cristiana. L'autore presenta questa creazione nel contesto delle riflessioni sull'arte sacra, un campo complesso in cui convivono approcci molto diversi.

Giancarlo Polenghi-15 luglio 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Via Crucis bianca di Lucio Fontana

Quando mi è stato chiesto se fossi interessato a scrivere una rubrica sull'arte sacra contemporanea per Omnes, ho subito pensato che sarebbe stato un lavoro difficile ma entusiasmante. Il direttore della rivista mi disse che l'idea sarebbe stata quella di presentare, in ogni articolo, un artista che, secondo me, poteva essere considerato interessante da una prospettiva cattolica. Vorrei iniziare dicendo che il mio approccio all'arte sacra contemporanea non si basa su certezze, ma piuttosto sulla consapevolezza della complessità del tema.

Tendenze dell'arte sacra

L'arte sacra cristiana, quella che contribuisce alla creazione dello spazio liturgico o che serve come aiuto alla devozione e alla preghiera collettiva o personale, è un'arte che ha uno scopo preciso e tocca aspetti molto delicati per le comunità e gli individui. La tradizione occidentale, cioè quella cattolica, ha permesso, a differenza di quella ortodossa, una grande flessibilità nello sperimentare e adottare stili che sono cambiati con il tempo e lo spazio. Ogni rivoluzione artistica, ogni stile, ha espresso un proprio "modo" di affrontare il sacro, sia in termini di liturgia come devozione.

Ma l'arte occidentale più recente sembra essersi interessata meno al sacro, pur avendo sviluppato correnti, movimenti, artisti che hanno proposto un'arte che, più o meno accettata dalla critica e dal pubblico, testimonia una presenza. Alcuni di questi artisti hanno affrontato il tema del sacro, a volte in modo provocatorio e persino irriverente e irrispettoso, in molti altri casi con un interesse sincero.

Fontana in terracotta Via Crucis

Di fronte ai movimenti artistici contemporanei, e ad alcuni artisti cristiani interessati all'arte sacra tradizionale, si è creato un contrasto che si è poi riflesso nei fedeli cristiani e in coloro che hanno la responsabilità di incanalare la nuova produzione artistica: da un lato, chi ritiene che si debba essere aperti a nuove proposte, a una nuova sensibilità che, d'altra parte, è ben lungi dall'essere univoca, essendo frammentata come lo è oggi la scena artistica contemporanea; altri, invece, hanno guardato all'indietro, pensando che si debba tornare all'arte ottocentesca, figurativa, narrativa, in linea con la tradizione occidentale.

Questi ultimi, cioè quelli che per comodità chiameremo tradizionali, si riferiscono a loro volta a tradizioni diverse; alcuni guardano all'Oriente cristiano, alle icone, altri al Medioevo, altri ancora al Rinascimento, o al XIX secolo, che è anche l'epoca del neogotico, del neoclassico, del neorinascimento, del neoromanico....

L'approccio della Chiesa

Non so cosa sia opportuno fare oggi in questo campo e cosa no. Spetta agli artisti pensare, proporre, riflettere, ovviamente insieme ai loro committenti, alle comunità religiose di riferimento, e anche a chi ha studiato la materia, per esempio insegnando il tema dell'arte sacra contemporanea in una scuola di arte sacra. L'arte è un fenomeno complesso che non può essere ridotto a ricette o schemi. Ma questo non significa che non si possa riflettere e trovare argomenti per ritenere che un artista, o un'opera, sia più o meno adatta all'uso liturgico, all'interno della fede e anche della tradizione cristiana occidentale, in un "qui" e in un "ora" che varia e che dipende anche (ma non solo) dallo spazio e dal tempo.

Quello che ho appena affermato è che l'arte sacra cristiana, nella tradizione cattolica, è legata alla cultura che cambia con i tempi e i luoghi. Lo sostiene un documento magisteriale del Concilio Vaticano II, in cui si afferma, tra l'altro, che la Chiesa cattolica non ha uno stile artistico di riferimento, perché lo stile deve essere quello più consono alla fede e alla dignità della celebrazione, ma anche alle specifiche culture.

Infatti, la Costituzione "Sacrosanctum Concilium" afferma al punto 123 che "la Chiesa non ha mai avuto uno stile artistico particolare come proprio, ma, secondo l'indole e le condizioni dei popoli e le esigenze dei vari riti, ha ammesso le forme artistiche di ogni epoca, creando così, lungo i secoli, un tesoro artistico da conservare con ogni cura. Anche l'arte del nostro tempo e di tutti i popoli e Paesi deve avere libertà di espressione nella Chiesa, purché serva con la dovuta riverenza e onore le esigenze degli edifici sacri e dei riti sacri. In questo modo, essa potrà aggiungere la propria voce al mirabile concorso di gloria che uomini esaltati hanno innalzato nei secoli passati alla fede cattolica".

Via Crucis di Fontana in ceramica smaltata

Ecco perché questi temi sono complessi e richiedono grande rispetto, senza schematismi e senza cercare modi e forme universali o immutabili. Dio è infinito ed eterno, ma i modi che abbiamo di rappresentarlo non sono infiniti ed eterni, perché dipendono dalla materia, dalle tecniche e dalla cultura, che si riferiscono alla ricchezza di Dio ma non la esauriscono, nemmeno in modo poetico o simbolico.

Se così non fosse, Dio diventerebbe un "oggetto" che possediamo e che delimitiamo. Se Dio è infinito, ci saranno infiniti modi di riferirsi a lui, e alcuni di essi saranno più adatti alla sensibilità e al gusto di un popolo, in un'epoca. Inserire Dio in uno schema estetico equivale a trasformarlo in un idolo. Inoltre, l'arte cristiana deve essere incarnata, così come si è incarnato il Verbo di Dio, assumendo una forma umana, utilizzando un modo di vestire, di parlare e di manifestarsi che era ed è significativo per i suoi contemporanei come per noi.

Termini ambigui

La questione dell'arte sacra, cioè del rapporto tra Dio e le culture umane, è complicata anche dal fatto che non c'è chiarezza sui termini utilizzati. Arte sacra è un'espressione molto ampia e alquanto ambigua. Alcuni studiosi preferiscono parlare di arte liturgica (e allora bisogna specificare con quale liturgia si ha a che fare), di arte religiosa (e qui bisogna capire con quale religione si ha a che fare, perché anche all'interno del cristianesimo ci sono visioni diverse, da quella ortodossa a quella cattolica, passando per le diverse e specifiche visioni delle chiese protestanti). L'arte al servizio della Chiesa, anzi delle Chiese, riflette, e in qualche misura amplifica, le differenze esistenti, ma dovrebbe anche evidenziare i punti in comune.

Lucio Fontana e la "Via Crucis bianca".

Fatta questa premessa, passo al primo artista che vi propongo: Lucio Fontana (Rosario di Santa Fé, Argentina, 19 febbraio 1899 - Comabbio, Italia, 7 settembre 1968) e la sua "Via Crucis bianca".

Fontana Via Crucis bianca

Perché propongo Fontana? Il motivo è semplice: è un artista che ha sperimentato e innovato. Argentino di nascita, proviene da una famiglia italiana di scultori che lavoravano per l'industria funeraria di Rosario: il padre, originario di Varese, aveva sposato un'attrice argentina, Lucia Bottini, anch'essa di origine italiana. Lucio studia all'Accademia di Belle Arti di Milano. È uno studente modello, molto bravo nell'arte figurativa, ma appena diplomato prende una strada completamente diversa, con una ricerca che definisce "spaziale".

Fontana rompe con la tradizione, in questo è molto contemporaneo. La rottura con la tradizione non è in realtà un elemento di novità assoluta perché, soprattutto nell'arte occidentale di ogni epoca, gli artisti hanno preso le distanze in modo innovativo e in rottura con la generazione che li ha preceduti. Nell'arte contemporanea la rottura è con il classicismo, con la cosiddetta arte accademica, spesso con un ritorno ai "primitivi". Fontana sarebbe diventato famoso per i suoi tagli nella tela, che nelle sue intenzioni erano una ricerca di andare oltre, non un atto di deturpazione dell'arte pittorica, come alcuni hanno inteso.

La Via Crucis come tema di Fontana

Fontana si interessò al tema della Via Crucis, realizzandone tre in un arco di tempo piuttosto breve: la Via Crucis tridimensionale, coloratissima, in ceramica smaltata, del 1947, appartenente a un collezionista privato, che Fontana eseguì "senza alcuna commissione" - come scrisse il critico d'arte italiano Giovanni Testori - "spinto, quindi, da una sua privatissima tensione e necessità"; la Via Crucis bianca, a cui vogliamo riferirci in questa sede, datata 1955-1956 e conservata presso il Museo Diocesano di Milano; infine, quella in terracotta del 1956-1957, con 14 stazioni ovali, ora nella chiesa di San Fedele a Milano.

Un'altra scena della Via Crucis bianca

La Via Crucis bianca mi sembra la più efficace, con le sue stazioni ottagonali - chiaro riferimento alla resurrezione e all'ottavo giorno - che emergono da una superficie riflettente omogenea, il bianco della ceramica. Le figure appena abbozzate, fortemente dinamiche, drammatiche nel loro biancore abbagliante, sono rese ancora più forti dall'uso oculato del nero e del rosso. Fontana è un minimalista. Cerca, con un gesto rapido, di catturare l'essenza. Dice senza esaurire, insinua, rimanda, sollecita la contemplazione personale. La Via Crucis è la storia di Cristo e, in un certo senso, di ogni uomo. Le figure emergono dalla materia, sono terra, sono dinamiche, si muovono. Si muove anche il punto di vista dell'artista e, con esso, quello di chi contempla le opere. Alcune scene sono alla nostra altezza visiva, altre possiamo contemplarle dall'alto.

In questo lavoro, l'artista muove il materiale in rilievo, ma utilizza anche l'incisione. La ceramica diventa come un quaderno di schizzi. Grande padronanza della composizione, ma soprattutto velocità di esecuzione e incisività. Ovviamente, in questo caso non si tratta di una semplice improvvisazione, perché dietro ogni scena c'è molto pensiero e riflessione, che tuttavia prende forma rapidamente, per stimolare la contemplazione e la preghiera personale, con una freschezza e una drammaticità che non hanno - a mio avviso - nulla da invidiare ad altre celebri stazioni della Via Crucis dell'arte cristiana. 

L'autoreGiancarlo Polenghi

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