Abbiamo davvero una sensibilità sociale?

La subdola emarginazione della maternità fa sì che molte donne non siano libere, ma sottoposte a forti pressioni, di scegliere la vita piuttosto che l'aborto.

28 dicembre 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Foto: ©Christian Bowen /Unsplash

Il Fondazione Redmadre ha reso pubblico il 14 dicembre il rapporto Mappa della maternitàche analizza gli aiuti pubblici per la maternità e, nello specifico, per le gestanti in situazione di vulnerabilità offerti nel 2020 dall'insieme delle amministrazioni pubbliche spagnole. In questo rapporto c'è un dato scandaloso e molto triste: l'investimento totale stanziato nel 2020 dall'insieme delle amministrazioni pubbliche per sostenere le donne incinte in difficoltà è stato di 3.392.233 euro, mentre l'aiuto all'aborto è stato di 32.218.185 milioni. La spesa di tutte le amministrazioni pubbliche spagnole per il sostegno alle donne in gravidanza è aumentata di soli 2 euro dal 2018.

Alla luce di questo fatto, vale la pena chiedersi se ci sono persone che pensano che l'aborto sia un piatto di piacere per chiunque. Perché se la risposta è no, cosa facciamo se non aiutiamo le donne che vogliono diventare madri e che hanno difficoltà a farlo? Siamo di fronte a imperativi ideologici che sono al di là di ogni logica e, naturalmente, della sensibilità umana? Tutto fa pensare di sì, perché mentre si promuove e si finanzia l'aborto, si pongono ostacoli legali alle associazioni pro-vita per informare e offrire aiuto alle donne che si rivolgono alle cliniche abortive.

D'altra parte, questi dati smentiscono l'idea che la nostra classe politica, da cui dipendono questi benefici, abbia una coscienza sociale sviluppata. Se così fosse, sarebbe già stata approvata una legge per combattere l'esclusione sociale dovuta alla maternità, perché in molti casi la scelta della maternità porta a difficoltà nell'ottenere e persino nel mantenere un lavoro. La subdola emarginazione della maternità fa sì che molte donne non siano libere, ma siano sottoposte a forti pressioni per scegliere la vita piuttosto che l'aborto.

Allo stesso tempo c'è un'allarmante mancanza di visione per il futuro. Due giorni dopo il rapporto abbiamo appreso che la Spagna ha perso popolazione per la prima volta negli ultimi cinque anni. Secondo i dati dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), la Spagna conta attualmente 47,32 milioni di persone, con una diminuzione di 72.007 abitanti rispetto al 2020.

Tutto ciò che stiamo vivendo a questo proposito è ben definito dal santo papa Giovanni Paolo II, che nella sua enciclica ha coniato il termine "cultura della morte". Evangelium Vitae. In esso sottolinea che "con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico, si affermano nuove forme di aggressione alla dignità dell'essere umano, mentre al tempo stesso emerge e si consolida una nuova situazione culturale, che conferisce agli attacchi alla vita un aspetto inedito e - si potrebbe dire - ancora più iniquo, suscitando ulteriori gravi preoccupazioni": ampi settori dell'opinione pubblica giustificano certi attacchi alla vita in nome dei diritti di libertà individuale, e su questa premessa cercano non solo l'impunità, ma addirittura l'autorizzazione dello Stato, per praticarli con assoluta libertà e anche con il libero intervento delle strutture sanitarie". (Evangelium Vitae, num. 4).

Più recentemente, Papa Francesco, con la sua caratteristica chiarezza, ha dichiarato sul volo di ritorno a Roma dalla Slovacchia lo scorso settembre: "L'aborto è più di un problema, l'aborto è un omicidio. Senza mezze misure: chi abortisce, uccide". Ha poi posto due domande: "È giusto uccidere una vita umana per risolvere un problema? (...) Seconda domanda: è giusto assumere un sicario per risolvere un problema? (...) Ecco perché la Chiesa è così dura su questo tema, perché se lo accetta è come se accettasse l'omicidio quotidiano".

Ora, nel bel mezzo del Natale, è un buon momento per riflettere su questo.

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo della diocesi di Mérida Badajoz

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