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San Giuseppe e il sacerdozio

Presentiamo due temi, scelti tra gli insegnamenti di papa Francesco a febbraio.  San Giuseppe e il suo rapporto con noi e  la figura del sacerdozio cattolico, nel contesto attuale e in relazione all'evangelizzazione, come preparazione  a un simposio sul sacerdozio. 

Ramiro Pellitero·10 de marzo de 2022·Tiempo de lectura: 8 minutos
san jose

Foto: ©2022 Catholic News Service / U.S. Conference of Catholic Bishops.

(Si può leggere la versione originale in spagnolo qui). Traduzione: Franco Olearo

Per spiegare la Lettera apostolica Patris corde (8-XII-2020), che celebrava il 150° anniversario della proclamazione di san Giuseppe patrono della Chiesa universale da parte del beato Pio IX, Francesco gli ha dedicato dodici udienze generali. Il suo obiettivo era presentarlo come “sostegno, consolazione e guida”, per “lasciarci illuminare dal suo esempio e dalla sua testimonianza”.

Questa catechesi su san Giuseppe copre tre ambiti principali: la figura e il ruolo del santo nel piano di salvezza, le sue virtù e il suo rapporto con la Chiesa. 

San Giuseppe e il suo ruolo nel piano di salvezza

San Giuseppe e l’ambiente in cui è vissuto (cfr 17-XI-2021) invita a valorizzare l’essenziale e ciò che  è semplice, attraverso il discernimento, personale e con l’aiuto della Chiesa. In:  ”San Giuseppe nella storia della salvezza” (24-XI-2021) il compito del patriarca è quello di custode dei disegni di Dio e, quindi, di coloro in cui il Signore confida (argomento ricorrente in questo pontificato fin dall’inizio (cfr. 19-III-2013).

Nell’udienza terza:  «Giuseppe, uomo giusto e sposo di Maria» (1-XII-2021) ha rivolto un messaggio agli sposi novelli e non più novelli, sulla necessità di passare dall’innamoramento (aspetto «romantico») all’amore maturo, un passo impegnativo ma necessario per liberare il vero amore e renderlo resistente alle prove del tempo, trasformando le difficoltà in opportunità per crescere. 

San Giuseppe, come «uomo del silenzio» (15-XII-2021), ci invita a «lasciare spazio alla Presenza del Verbo fatto carne». Richiamandosi alla Sacra Scrittura, a sant’Agostino, a san Giovanni della Croce e a Pascal, il Papa ha osservato che Gesù è cresciuto in quella «scuola» del silenzio di Nazaret, che favorisce la preghiera e la contemplazione, come nota il VangeloQuesto ci insegna a usare la nostra lingua per benedire e non per nuocere (cfr. St 3, 2-10), e a non cadere nell’attivismo del lavoro fine a sé stesso.

Le virtù di San Giuseppe

San Giuseppe, «migrante perseguitato e valoroso» (29 XII 2021), è stato il tema della successiva catechesi. Giuseppe si mostra essere uomo giusto, coraggioso e forte come richiede la vita ordinaria, che pone sempre di fronte a delle avversità. Ciò ha dato al Papa lo spunto di invitare le persone a pregare per i migranti, i perseguitati e le vittime di avverse circostanze politiche, storiche o personali.

All’inizio del nuovo anno, Francisco rifletteva su san Giuseppe, padre putativo di Gesù (5-I-2022). Considerava la bellezza dell’adozione in contrasto con il modo con cui viene praticato oggi e ha chiesto che fosse facilitato dalle istituzioni, pur ponendo in atto tutti i rigorosi controlli che risultino necessari.

In seguito, si è soffermato sul tema del lavoro, con il titolo di San Giuseppe Falegname (12-I-2022). Il lavoro è “una componente essenziale nella vita umana, e anche nel cammino di santificazione”. Il Papa ci ha invitato a pensare a “cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e in cosa possiamo contribuire, come Chiesa, perché sia sottratto alla logica del mero beneficio e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che ne esprime e accresce la dignità».

In seguito ci ha invitato  a considerare san Giuseppe, padre con tenerezza (19-I-2022), evidenziando il suo affetto e la sua misericordia. Ha evocato la misericordia del Signore, che sempre perdona (sacramento della Confessione). E la necessità di una “rivoluzione della tenerezza”, che promuova il riscatto dalle colpe – anche per chi è in carcere – per quel che attiene alla  giustizia. 

Soffermandosi sulla figura di «San Giuseppe, uomo che sogna»(26-I- 2022), Francesco ha riflettuto sui quattro sogni di san Giuseppe secondo i Vangeli (Mt 1, 18-25; Mt 2, 13; Mt 2 , 19-20; Mt 2, 22-23). Ha proposto, soprattutto nelle situazioni che non comprendiamo, di rivolgerci a Dio nella preghiera . Dio non ci lascia mai senza aiuto o con almeno una ispirazione. In questo quadro, ha proposto di pregare per tante persone che hanno bisogno di fede e di speranza di fronte a diversi problemi e difficoltà. Francesco ha fatto riferimento a «genitori che vedono nei propri figli orientamenti sessuali diversi» e ha pregato affinché sappiano «come gestire questa situazione, accompagnare i propri figli e non nascondersi in un atteggiamento di condanna». Non ha mancato di sottolineare che, come vediamo nella vita di san Giuseppe, la preghiera autentica si traduce in lavoro e amore.

San Giuseppe, la «comunione dei santi» e la sua protezione al tempo della morte

Già nella parte finale di queste catechesi, nel mese di febbraio, il Papa si è rivolto alla realtà di san Giuseppe e la comunione dei santi (2-II-2022), e la comunione dei santi è  la Chiesa stessa (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 946), sia quella terrestre che quella celeste. 

Sulla terra, ha osservato Francesco, «la Chiesa è la comunità dei peccatori salvati», fratelli mediante il battesimo, che è un vincolo indistruttibile sulla terra. Da qui la nostra solidarietà, sia nel bene come nel male. La «comunione dei santi» include i peccatori defunti (in purgatorio) e non riconciliati in questo mondo, compresi «coloro che hanno rinunciato alla fede, che sono apostati, che sono persecutori della Chiesa, che hanno rinnegato il loro battesimo, (.. .) i bestemmiatori, tutti”.

In effetti, va ricordato che, secondo il Concilio Vaticano II (cfr Lumen gentium, nn. 14 e 15), i peccatori, se battezzati, «partecipano» alla comunione dei santi, cioè alla Chiesa, anche se in modo imperfetto o incompleto. E se non sono battezzati, sono «ordinati» al mistero della Chiesa, in qualche modo si relazionano con essa  nella misura in cui cercano la verità e vivono coerentemente la carità. 

La penultima catechesi è stata su San Giuseppe, Patrono della buona morte (9-II-2022). Francesco ha evocato l’aiuto che tradizionalmente i cristiani chiedono al patriarca al momento della morte.  Ha elogiato il papa emerito Benedetto XVI, che, in procinto di compiere 95 anni, ha testimoniato la sua consapevolezza della realtà della morte. La fede cristiana – ha spiegato Francesco – aiuta ad affrontare la morte. La illumina per mezzo della risurrezione di Cristo, ci aiuta a staccarci da ciò che è terreno e a concentrarci sulla carità. Ci esorta a prenderci cura dei malati e a non «scartare» gli anziani. 

Infine, il Vescovo di Roma ha riflettuto su san Giuseppe, patrono della Chiesa universale (II-16-2022). E’ un nostro preciso impegno prenderci cura della vita,  dell’impegno e del lavoro e degli uomini e della Chiesa: “Ogni persona che ha fame e sete, ogni straniero, ogni migrante, ogni persona senza vestiti, ogni malato, ogni carcerato è il ‘Bambino’ che Giuseppe prende in custodia”. Allo stesso modo, dobbiamo imparare da Giuseppe a “custodire” i beni che ci provengono dalla Chiesa: “amare il Bambino e sua Madre, amare i Sacramenti e il popolo di Dio; amare i poveri e la nostra parrocchia» (cfr Patris corde,5).

Dobbiamo amare la Chiesa così com’è, ha concluso il Papa, come popolo di peccatori che trova la misericordia di Dio. Allo stesso tempo, dobbiamo riconoscere tutta la bontà e la santità che sono presenti nella Chiesa. La Chiesa siamo tutti noi cristiani. Pertanto, dobbiamo prenderci cura di noi stessi e proteggerci, e non distruggerci. E per questo Papa Francesco chiede per tutti l’intercessione di san Giuseppe.

Il sacerdote e le sue  “vicinanze”: al cuore sacerdotale di Cristo

Il discorso del Papa al Simposio: Per una teologia fondamentale del sacerdozio (17-19 febbraio 2022), organizzato dalla Congregazione per i Vescovi, si compone di un’introduzione e di quattro sezioni, corrispondenti ai «quattro vicinanze» del sacerdote.

Nell’introduzione, il Papa afferma di parlare per propria esperienza, della testimonianza ricevuta da tanti bravi sacerdoti e anche dall’esperienza di aver accompagnato altri per i quali il  sacerdozio era in crisi. Afferma che nella vita sacerdotale il tempo della prova può coesistere con la pace, a condizione di lasciarsi aiutare da Dio e dagli altri. 

Sottolinea che nei momenti nei quali si svolgono cambiamenti importanti – come quello attuale –va evitato un doppio rischio: quello di rifugiarsi nostalgicamente nel passato, e quello di fidarsi troppo del futuro con esagerato ottimismo, disdegnando così la saggezza che deriva dal discernimento nel presente. L’attitudine auspicabile « nasce dalla presa in carico fiduciosa della realtà, ancorata alla sapiente Tradizione vivente della Chiesa, che può permettersi di prendere il largo senza paura. (…) con la fiducia che Lui è il Signore della storia e che, guidati da Lui, potremo discernere l’orizzonte da percorrere. 

Quanto al sacerdote, deve ricercare la propria santità, seguendo la chiamata ricevuta per la prima volta nel battesimo; e lasciarsi aiutare ed evangelizzare (cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Pastores dabo vobis,  26), per non cadere nel funzionalismo. 

Riguardo al «discernimento della vocazione», ciascuno, guardando la sua umanità, la sua storia e la sua indole, deve chiedersi se in coscienza quella vocazione può dispiegare in lui le potenzialità dell’Amore che ha ricevuto nel battesimo. Per questo è di grande aiuto che le comunità cristiane siano ferventi e apostolicamente vive.

Sulla base di questi elementi, il Papa ha esposto le quattro vicinanze del sacerdote (e del vescovo) che in altre occasioni ha indicato come pilastri di uno stile che imiti quello di Dio (riflesso nel cuore sacerdotale di Cristo): la vicinanza, la compassione e la tenerezza.

Vicinanza a Dio (vita spirituale)

Si tratta della vita spirituale o vita interiore del sacerdote, della sua “vita di preghiera” per rimanere in Cristo (cfr Gv 15, 5-7). Da lì viene la forza per il ministero e la sua fecondità; la capacità di non lasciarsi scandalizzare da tutto ciò che accade, sia per qualcosa di umanamente piacevole o meno; la forza per vincere le tentazioni, confidando nella lotta, nel combattimento spirituale del sacerdote. Non si tratta solo di “prassi religiosa” (pratiche o devozioni), ma “di ascolto della Parola, della celebrazione eucaristica, del silenzio dell’adorazione, del dono di sé a Maria, del sapiente consiglio di una guida spirituale, del sacramento della Riconciliazione”.

Il sacerdote non deve rifugiarsi nell’attivismo o in altre distrazioni, ma presentarsi in preghiera con un «cuore contrito e umile» (cfr Sal 34 e 50). Questo atteggiamento allargherà quel cuore a misura di Cristo, per accogliere i bisogni del suo popolo, che a sua volta lo renderà più vicino al Signore. La preghiera è il primo compito del vescovo e del sacerdote. Lì impara a «sentirsi piccolo» davanti a Dio (cfr Gv 3, 30), e non sarà un problema per lui farsi piccolo anche agli occhi del mondo.

Vicinanza al vescovo (obbedienza)

Per molto tempo, dice Francesco, l’obbedienza è stata fraintesa. “Obbedire, in questo caso al vescovo, significa– sottolinea il Successore di Pietro –“imparare ad ascoltare e a ricordare che nessuno può pretendere di essere “detentore” della volontà di Dio,  che deve essere compresa solo attraverso il discernimento. L’obbedienza quindi è l’ascolto della volontà di Dio che si discerne proprio in un legame». Questo evita di chiudersi in se stessi e di condurre una vita da «scapolo» con le corrispondenti manie.

Il sacerdote, quindi, deve “difendere i legami” che ha con il vescovo e con la Chiesa particolare. Deve pregare per il vescovo ed esprimere la tua opinione con rispetto, coraggio e sincerità. Ciò «esige anche dai vescovi umiltà, capacità di ascolto, autocritica e lasciarsi aiutare».

Vicinanza tra i presbiteri (fraternità sacerdotale)

La fraternità sacerdotale, ha sottolineato il Papa, ha come fondamento Cristo (cfr Mt 18, 20). “La fraternità è scegliere deliberatamente di cercare di essere santi con gli altri e non soli, santi con gli altri”. I caratteri della fraternità sono quelli dell’amore (cfr 1 Cor, cap. 13), accompagnato dalla pazienza e dalla capacità di gioire e di soffrire con gli altri. In questo modo si combatte l’indifferenza, l’isolamento e persino l’invidia, il bullismo sacerdotale , il risentimento e il pettegolezzo.

L’amore fraterno è come  una «palestra dello spirito» e un termometro della vita spirituale (cfr Gv 13, 35). Porta a vivere la missione, ad aprirsi e a sentirsi a casa, a custodirsi e a proteggersi a vicenda. E’ in questo modo che il celibato è vissuto con serenità, come dono di santificazione, dono che richiede relazioni sane. «Senza amici e senza preghiera, il celibato può diventare un peso insopportabile e una contro-testimonianza alla bellezza stessa del sacerdozio .

Vicinanza al popolo di Dio (passione del pastore)

Per questo aspetto il Papa fa riferimento alla Lumen gentium 8 e 12. Si tratta, sottolinea, non di un dovere, ma di una grazia (cfr Evangelii gaudium,268-273). La missione sacerdotale implica insieme «passione per Gesù e passione per il suo popolo», in mezzo alle difficoltà, alle ferite, all’«orfanotrofio» che abbonda nella nostra società di «reti»  Non come funzionari, ma come pastori coraggiosi, vicini e contemplativi, per «annunciare la forza operante della Risurrezione sulle piaghe del mondo» .

E’ questo il miglior antidoto contro una deformazione della vocazione che nasce precisamente dal dimenticare che la vita sacerdotale si deve ad altri – al Signore e alle persone da Lui affidate. Questa dimenticanza- osserva Francesco – è alla base del clericalismo e delle sue conseguenze. “Il clericalismo è una perversione, e anche uno dei suoi segni, la rigidità, è un’altra perversione” . Curiosamente, il clericalismo si costituisce non sulla vicinanza, ma sulla distanza. e si associa alla “clericalizzazione dei laici”, dimenticando la propria missione. 

Prendendosi  cura di queste quattro vicinanze, conclude il Papa, il sacerdote può meglio identificarsi con il cuore sacerdotale di Cristo, lasciarsi visitare e trasformare da Lui.

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