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Il femminismo di Francesco, chiave di lettura del suo viaggio in Canada

Come è consuetudine nei viaggi papali, Francesco ha tenuto una conferenza stampa durante il viaggio di ritorno a Roma. Alcune domande gettano nuova luce sulle chiavi di questo viaggio in Canada.

Fernando Emilio Mignone·8 de septiembre de 2022·Tiempo de lectura: 6 minutos
PAPAL CANADA

Testo originale del articolo in spagnolo qui

Testo del articolo in inglese

Il Papa ha dato una chiave interpretativa ai suoi insegnamenti canadesi rispondendo ai giornalisti quando la sera del 29 luglio è volato da Iqaluit a Roma. Questo viaggio in Canada, ha spiegato, è strettamente legato alla figura di sant’Anna, alla trasmissione “dialettale” della fede, che è al femminile perché
la Chiesa è madre e sposa.

«Ho parlato», ha detto, «di donne anziane, di madri e di donne. E ho sottolineato che la fede si trasmette «nel dialetto materno», il dialetto delle nonne … Questo è molto importante: il ruolo della donna nella trasmissione della fede e nello sviluppo della fede. Sono la mamma o la nonna che insegnano a pregare, a spiegare le prime cose che il bambino non capisce della fede… la Chiesa è donna. Questo ho voluto dirlo chiaramente pensando a Sant’Anna».

Ha aggiunto un riferimento biblico, Maccabei 2-7, dove si dice che “la madre incoraggiava nel dialetto materno» i suoi figli ad accettare il martirio.

Nonni

Effettivamente, il 26 luglio Francesco ha parlato della trasmissione della cultura e della fede nell’omelia davanti a migliaia di famiglie in uno stadio di Edmonton: «Siamo qui grazie ai nostri genitori, ma anche grazie ai nostri nonni… Spesso sono stati loro che ci hanno voluto bene senza riserve e senza aspettarsi nulla da noi; Ci hanno preso per mano quando avevamo paura, ci hanno rassicurato, ci hanno incoraggiato quando dovevamo decidere della nostra vita. Grazie ai nostri nonni abbiamo ricevuto una carezza dalla storia.

Molti di noi hanno respirato nella casa dei nonni il profumo del Vangelo, la forza di una fede che sa di casa. Grazie a loro abbiamo scoperto una fede familiare, domestica; sì, è così, perché la fede comunica essenzialmente così, comunica ‘nella lingua materna’, comunica in dialetto, comunica attraverso l’afetto e l’incoraggiamento, la cura e la vicinanza». «Questa è la nostra storia che va custodita, la storia di cui siamo eredi; siamo figli perché siamo nipoti. I nonni ci hanno impresso l’impronta originale del
loro modo di essere, donandoci dignità, fiducia in noi stessi e negli altri. Ci hanno trasmesso qualcosa che dentro di noi non si può mai cancellare».

Prendersi cura della famiglia

«Siamo figli e nipoti che sanno custodire la ricchezza che abbiamo ricevuto? Ricordiamo i buoni insegnamenti che abbiamo ereditato? Parliamo con i nostri anziani, ci prendiamo il tempo per ascoltarli?

Nelle nostre case, sempre più attrezzate, più moderne e funzionali, sappiamo allestire uno spazio decoroso dove custodire i loro ricordi, un luogo speciale, un piccolo santuario familiare che, attraverso immagini e oggetti amati, ci permetta anche di elevare i nostri pensieri e le nostre preghiere a coloro che ci hanno preceduto? Abbiamo conservato la Bibbia o il rosario dei nostri antenati? Preghiamo quindi per loro e in unione con loro, dedichiamo del tempo a ricordarli, a preservare la loro eredità. Nella nebbia dell’oblio che assale i nostri tempi vertiginosi, fratelli e sorelle, è necessario prendersi cura delle radici».

Lac Sainte Anne (Lago Sant’Anna)

Quel 26 luglio, al tramonto, il Papa è stato un pellegrino in più nel santuario di Lac Sainte Anne, luogo di ritrovo degli indigeni. In quel luogo è tornato sull’argomento in questione.

«Penso alle nonne che sono qui con noi. E sono tante. Care nonne, i vostri cuori sono sorgenti da cui sgorga l’acqua viva della fede, con la quale avete dissetato i vostri figli e nipoti. Ammiro il ruolo vitale delle donne nelle comunità indigene. Occupano una posizione molto importante perché sono
benedette fonti di vita, non solo fisica ma anche spirituale. E, pensando alle vostre kokum (nonne in lingua cree), penso alla mia. Da lei ho ricevuto il primo annuncio della fede e ho appreso che il Vangelo si trasmette così, attraverso la tenerezza della cura e la saggezza della vita.

La fede nasce raramente leggendo un libro da soli in una stanza, ma si difonde in un ambiente familiare, si trasmette nella lingua delle mamme, con il dolce canto dialettale delle nonne. Sono felice di vedere così tanti nonni e bisnonni qui. Grazie. Vi ringrazio, e vorrei dire a tutti coloro che hanno anziani in casa, in famiglia, avete un tesoro! Per favore, custodite tra le vostre mura una fonte di vita; abbiate cura di loro come dell’eredità più preziosa da amare e custodire».

Sanare le ferite

«In questo luogo benedetto, dove regnano l’armonia e la pace, vi presentiamo le dissonanze della nostra storia, i terribili efetti della colonizzazione, il dolore indelebile di tante famiglie, nonni e figli. Signore, aiutaci a sanare le nostre ferite. Sappiamo che questo richiede impegno, attenzione e azioni concrete da
parte nostra. Ma sappiamo anche, Signore, che non possiamo farcela da soli. Ci afidiamo a te e all’intercessione di nostra madre e di nostra nonna. … le mamme e le nonne aiutano a rimarginare le ferite del cuore.

La Chiesa è anche donna, la Chiesa è anche madre. Infatti, non c’è mai stato un momento nella sua storia in cui la fede non sia stata trasmessa, nella lingua materna, dalle madri e dalle nonne. D’altronde, parte della dolorosa eredità che stiamo afrontando deriva dall’aver impedito alle nonne indigene
di trasmettere la fede nella loro lingua e cultura. Questa perdita è certamente una tragedia, ma la vostra presenza qui è una testimonianza di resilienza e di ripartenza, di un pellegrinaggio verso la guarigione, di aprire i nostri cuori a Dio che guarisce il nostro essere comunità».

Sainte Anne de Beaupré (Santa Anna di Beaupré)

Il 28 luglio, durante una messa di riconciliazione presso il Santuario di Sant’Anna a Beaupré, in Québec, Francesco ha commentato il Vangelo dei due discepoli disillusi sulla via di Emmaus. «Spezziamo con fede il Pane eucaristico, perché attorno alla mensa possiamo riscoprire noi stessi figli amati del Padre, chiamati ad essere tutti fratelli.

Gesù, spezzando il Pane, conferma la testimonianza delle donne – è risorto! – alle quali i discepoli non avevano creduto. In questa Basilica, dove ricordiamo la madre della Vergine Maria, e nella quale si trova anche la cripta dedicata all’Immacolata Concezione, dobbiamo far risaltare il ruolo che Dio ha voluto dare alle donne nel suo progetto di salvezza. Sant’Anna, la Beata Vergine Maria, le donne del mattino di Pasqua ci mostrano un nuovo cammino di riconciliazione, la tenerezza materna di tante donne può accompagnarci —come Chiesa— verso tempi nuovamente fecondi, in cui lasciamo indietro tanta sterilità e tanta morte, e mettiamo al centro Gesù, il Crocifisso risorto».

Due donne canadesi

Delle otto donne che hanno posto domande alla conferenza stampa aerea, le prime due erano canadesi. Traduco le risposte. Jessica Deer della CBC Radio, discendente dei sopravvissuti degli internati, voleva sapere perché il papa aveva perso l’occasione di rifiutare pubblicamente le bolle e le dottrine papali dell’epoca dei conquistatori, che portarono i cattolici a impossessarsi delle terre indigene e a considerare inferiori i loro abitanti.

Il Papa ha richiamato le parole di san Giovanni Paolo II di condanna della schiavitù africana durante la sua visita all’isola di Gorée, in Senegal (22 febbraio 1992: [Isola di Gorée, la porta del non ritorno]); a Bartolomé de las Casas e San Pedro Claver; alla mentalità colonialista di allora e di oggi, e ai valori indigeni.

Ha concluso con quanto segue. Papa Francesco … «Questa ‘dottrina della colonizzazione’… è cattiva, è
ingiusta. Anche oggi si usa, lo stesso, con guanti di seta, magari… Ad esempio, alcuni vescovi di qualche Paese mi hanno detto: ‘Nel nostro Paese, quando si chiede un prestito a un’organizzazione internazionale, ci mettono delle condizioni colonialiste, anche legislative. Per concederti dei prestiti ti fanno cambiare un po’ il tuo ‘stile di vita’. Tornando alla colonizzazione … dell’America, quella degli inglesi, dei francesi, degli spagnoli, dei portoghesi: sono quattro (potenze coloniali) dalle quali c’è sempre stato quel pericolo, è di più, c’è quella mentalità, ‘noi siamo superiori e questi indigeni non contano’, e questo è grave.

Per questo dobbiamo lavorare su quello che dici: tornare indietro e sanare… ciò che è stato fatto di sbagliato, sapendo che lo stesso colonialismo esiste ancora oggi. Pensiamo, ad esempio, a un caso globale… i Rohingya, in Myanmar: non hanno diritto alla cittadinanza, sono di livello inferiore. Anche
oggi. Thank you very much!»

La stampa canadese

Brittany Hobson, dell’agenzia di stampa canadese: “Buon pomeriggio, Papa Francesco. Lei ha detto spesso che è necessario parlare in termini chiari, onesti, direttamente e francamente. Sa che la Commissione canadese per la verità e la riconciliazione ha descritto il sistema del collegio come ‘genocidio culturale’, e questa espressione è stata corretta semplicemente in ‘genocidio’.

Le persone che hanno ascoltato le sue parole di scusa questa settimana si sono lamentate del fatto che il termine genocidio non sia stato esplicitamente usato.

Usereste questo termine o riconoscereste che i membri della Chiesa hanno partecipato a questo genocidio?” Papa Francesco: «È vero, non ho usato questa parola perché non mi è venuta in mente, ma ho descritto il genocidio e mi sono scusato, scusate per quel lavoro che è stato genocidio. Ad esempio, ho condannato anche questo: togliere i bambini alla famiglia, cambiare la cultura, cambiare la mente, cambiare le tradizioni, cambiare la razza, diciamo, di tutta una cultura. Sì, è una parola tecnica – genocidio – ma non l’ho usata perché non mi era venuta in mente. Ma ho descritto che era vero, sì, che è stato un genocidio, sì, sì, tranquilla. Dici che ho detto di sì, che è stato un genocidio. Grazie.»

Quest’ultima risposta farà colpo in Canada. Si dovrà vedere se anche tutto quanto sopra darà qualcosa di cui parlare. Omnes riferirà.

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