Testo originale del articolo in spagnolo qui
“Solidarietà significa superare le conseguenze disastrose dell’egoismo per cedere il passo al valore dei gesti di ascolto. In questo senso, la solidarietà è un mezzo per fare la storia”. È questo uno dei passaggi chiave del discorso che il cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato della Santa Sede, ha pronunciato a distanza alla Conferenza internazionale sulle società di coesione (ICCS), che si è aperta oggi a Singapore.
Una società è coesa, ha detto, se persegue l’obiettivo di formare individui capaci di relazionarsi tra loro e di trascendere l’individualismo dell’io per abbracciare la diversità del noi. Secondo Parolin, per raggiungere l’obiettivo di una società coesa e solidale, dobbiamo essere promotori e corresponsabili della solidarietà; costruire la solidarietà puntando sul talento, l’impegno e la leadership dei giovani; solidarietà per creare città accoglienti, cioè “ricche di umanità e ospitali, nella misura in cui siamo capaci di prendersi cura e ascoltare chi è nel bisogno; e se siamo in grado di impegnarci in modo costruttivo e cooperativo per il bene di tutti”.
Il cardinale ha anche insistito sulla necessità di riconoscere i problemi degli altri e sull’importanza della vicinanza e della generosità quando si è coinvolti nella cura del prossimo. In questo modo, la solidarietà lascerà il segno nella storia.
Dalla polarizzazione alla coesione
Queste sono le chiavi per affrontare i fattori di rischio di una società coesa, in cui la coesione va oltre l’armonia razziale e religiosa, e comprende anche migrazione e multiculturalismo, disuguaglianza sociale ed economica, divario digitale e relazioni intergenerazionali. Questi problemi influenzano la tenacità e la solidarietà tra individui e comunità, secondo la professoressa Lily Kong, presidente della Singapore Management University.
La Conferenza è organizzata presso il Raffles City Convention Center dalla Scuola di Studi Internazionali S. Rajaratnam e con il sostegno del Ministero della Cultura, Comunità e Gioventù del Paese asiatico. Sotto lo slogan “Secure Identities, Connected Communities” (Identità sicure, comunità connesse) questo evento di tre giorni, inaugurato dal Presidente di Singapore, Halimah Yacob, riunisce più di 800 delegati provenienti da più di 40 paesi attorno a tre pilastri fondamentali: fede, identità e coesione.
Sessioni previste
Sono state programmate tre sessioni plenarie: la prima è dedicata a “Come la fede può colmare le divisioni”, con l’obiettivo di indagare le ragioni dell’aumento e del perdurare della polarizzazione sociale dovuta a convinzioni ideologiche o religiose. Promuovere la pace e il dialogo interreligioso. La seconda sessione plenaria è incentrata su “Come sfruttare la diversità per il bene comune”. L’idea è di puntare su strumenti e concetti per comprendere un mondo segnato dalla “super diversità”, cioè dall’esistenza di società molto complesse ed eterogenee, con la speranza di favorire legami autentici, anche da posizioni e letture diverse, per il bene comune.
Infine, c’è la sessione sul “Come la tecnologia può essere utilizzata per promuovere la fiducia reciproca”: le piattaforme digitali possono creare camere di risonanza per scopi divisivi, a scapito della coesione sociale. L’obiettivo è mostrare come le piattaforme online possano essere fari di coesione e speranza, piuttosto che vettori di divisione e odio.