Artículos

Quale è il futuro della diplomazia ecumenica? 

Il rifiuto del Patriarca Kirill di partecipare al Congresso mondiale dei leader religiosi è un segno importante della delicata situazione in cui si trova la diplomazia ecumenica. In questo articolo analizziamo le variabili più importanti da tenere in considerazione in questo momento.

Andrea Gagliarducci·10 de septiembre de 2022·Tiempo de lectura: 5 minutos

Foto: Papa Francesco e il Patriarca Kirill durante il loro incontro all'Avana nel 2016. ©Foto di SNC/Paul Haring

Testo originale del articolo in spagnolo qui

Non ci sarà, per ora, il secondo incontro tra Papa Francesco e il Patriarca di Mosca Kirill. Il Patriarca ha improvvisamente ritirato la sua presenza dall’Incontro  Mondiale dei Leader Religiosi, che si terrà a Nur Sultan, in Kazakhstan, il 14 e 15 settembre e cui parteciperà anche Papa Francesco. 

Il Patriarca Kirill aveva confermato la sua partecipazione da tempo, e si potrebbe dire che uno dei motivi per cui Papa Francesco voleva andare in Kazakhstan riguardava proprio la possibilità di un secondo incontro con il Patriarca.

Questo secondo incontro era diventato incredibilmente importante nel momento in cui era scoppiato il conflitto in Ucraina. Non solo il Patriarcato di Mosca aveva appoggiato le decisioni russe, ma si era trovato irrimediabilmente isolato nel mezzo dell’Ortodossia. Persino il metropolita Onufry, che a Kyiv guidava il gregge ortodosso legato al Patriarcato di Mosca, ha di fatto tagliato i legami con la sua casa madre. Mentre dal Patriarcato di Serbia, tradizionalmente alleato della Russia, arrivavano aiuti direttamente ad Onufry, senza passare dalla mediazione di Mosca.

Erano piccole scosse in un mondo ortodosso che, con l’aggressione russa dell’Ucraina, stava cominciando a mutare atteggiamenti e anche linee di forza. Perché da una parte c’è sempre Mosca, la Chiesa ortodossa più grande, quella legata allo Stato più potente. Ma dall’altra ci sono le altre “autocefalie” (le Chiese ortodosse sono nazionali), che di fronte all’aggressione russa hanno cambiato lievemente atteggiamento. Incoraggiate, questo è vero, dall’esempio dell’Ucraina che già nel 2018 aveva chiesto e ottenuto di diventare Chiesa autocefala, sganciandosi dalla secolare amministrazione di Mosca che era stata concessa da Costantinopoli nel XVII secolo. 

L’autocefalia ucraina aveva, alla fine, portato quasi allo scisma ortodosso, con Mosca da una parte e il resto del mondo ortodosso dall’altra, o semplicemente ad osservare. Ed è forse proprio a quella autocefalia che si deve guardare per comprendere realmente le paure di Mosca, quelle di una Ucraina sempre più lontana dai fratelli russi, sempre più vicina all’Europa. 

Cosa succederà in Kazakhstan?

Non ci sarà l’incontro con il Patriarca Kirill, ma non significa che il viaggio di Papa Francesco non avrà significato o impatto. Il Papa incontrerà gli altri leader religiosi, avrà colloqui personali con ciascuno, cercando di gettare ponti di dialogo.

Qualche perplessità, in generale, la dava il protocollo. Il Papa non partecipa ad incontri organizzati da altri governi, ma organizza l’incontro o ne è l’ospite principale. Una mera partecipazione rischia di sminuire la sua figura, ed è una cosa su cui la Santa Sede è sempre stata cauta. 

Allo stesso modo, l’Incontro Mondiale dei Leader Religiosi che si tiene a Nur Sultan è, al limite, una straordinaria opportunità di stabilire dei contati.

Dal 2019, il Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso ha stabilito un protocollo di intesa con l’organizzazione dell’Incontro Mondiale dei Leader Religiosi, al culmine di relazioni molto buone stabilite sin da quando, nel 2017, la Santa Sede presenziò con suo padiglione all’Expo nel Paese. 

Ora, sarà Papa Francesco ad attingere a questa miniera di incontri, accompagnato dal Cardinale Miguel Angel Ayuso Guixot, presidente del dicastero e ormai praticamente di casa in Kazakhstan,

E chissà che il Papa non possa approfittare della sua presenza a Nur Sultan per incontrare il presidente cinese Xi Jinping, che sarà in Kazakhstan in quelli stessi giorni. Sarebbe un colpo straordinario per il presidente kazako, ma lo sarebbe ancora di più per la Russia, che non esiterebbe a mostrare l’incontro come un segno di apertura del Papa anche verso quei Paesi emarginati dall’Occidente. 

Le possibilità di incontrare Kirill

Come detto, non ci sarà il patriarca Kirill, ma il metropolita Antonij, nuovo responsabile del Dipartimento di Relazioni Esterne del Patriarcato di Mosca. 

L’assenza di Kirill si può spiegare in un modo molto concreto: il Patriarca di Mosca non vuole essere incontrato dal Papa “a margine” di un altro evento, ma vuole che quell’incontro abbia una dignità, produca un documento, rappresenti una pietra miliare. 

Questo perché, di fronte al possibile isolamento anche nel mondo ortodosso, il Patriarcato di Mosca ha bisogno di mostrare che c’è almeno un leader, e tra quelli più rispettati, che dà credito al suo operato. E questo nonostante il Papa non abbia esitato a definire Kirill “chierichetto di Putin” nella videoconferenza dello scorso 16 marzo – lo ha ammesso lo stesso Papa Francesco in una intervista – e nonostante il Cardinale Kurt Koch, presidente del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, abbia definito come “eresia” alcune posizioni teologiche ortodosse sulla Russkyi Mir, la Grande Russia. 

Tanto è vero che era stato proprio Kirill, lo scorso marzo, a cercare il contatto con Papa Francesco, e non viceversa, come aveva rivelato il Cardinale Parolin in una intervista. 

Quali sviluppi ora?

Saltato l’incontro con Kirill, la presenza del Papa rappresenta per il Kazakhstan non solo l’occasione di festeggiare i 30 anni di relazioni diplomatiche con la Santa Sede, ma anche di rafforzare un ruolo nel dialogo interreligioso che ha provato a sviluppare a partire dal 2003, anno in cui per la prima volta si tenne l’Incontro mondiale dei Leader Religiosi. 

Al termine dell’incontro ci sarà una dichiarazione congiunta, che – hanno spiegato gli officiali kazaki – sarà “distribuita come un documento ufficiale delle Nazioni Unite”, e “rifletterà sui problemi del mondo più attuali, sui conflitti globali, sulle tensioni geopolitiche, sui problemi sociali, inclusa la diffusione di valori morali ed etici”. 

C’è da notare che il tema del convegno è stato portato dal Kazakhstan anche all’attenzione delle autorità degli Emirati Arabi Uniti, tanto che l’ambasciatore kazako ad Abu Dhabi ha tenuto una conferenza stampa sul tema negli scorsi giorni. E probabilmente la dichiarazione finale avrà due modelli: la dichiarazione di Abu Dhabi, ovvero la Dichiarazione sulla Fraternità Umana siglata da Papa Francesco durante il suo viaggio negli Emirati Arabi Uniti del 2019 insieme al Grande Imam di al Azhar Ahmed al Tayyb; e la dichiarazione finale dell’incontro tra Papa Francesco e Kirill all’Avana del 2016. 

In questo modo, si prenderebbe il meglio degli ultimi modelli di dialogo sviluppati da Papa Francesco, proseguendo su quella scia secondo un percorso accettabile per la Santa Sede. 

Un viaggio a Mosca o a Kyiv?

Si è parlato molto del viaggio in Kazakhstan come una conseguenza, o una anticipazione, di un viaggio di Papa Francesco a Mosca o a Kyiv o in entrambi i luoghi. Allo stato delle cose, né il viaggio a Mosca né quello a Kyiv sembrano probabili. Papa Francesco sostiene da tempo che è per ragioni mediche, e che vorrebbe andare almeno a Kyiv, dove c’è un invito pressante, ma che non può perché le sue condizioni non glielo permettono.

È vero, ma è una spiegazione solo parziale. Un viaggio a Kyiv compiuto dopo il viaggio in Kazakhstan e un eventuale incontro con il Patriarca Kirill avrebbe probabilmente esacerbato gli animi ucraini già profondamente turbati dalla guerra. Ora, un viaggio a Kyiv dopo l’incontro in Kazakhstan avrebbe più opportunità, ma allo stesso tempo sarebbe visto come un ripiego. 

Diversa la situazione per Mosca, perché per quello serve un invito, e ancora quell’invito non c’è stato. Si tratta di situazioni diplomatiche molto difficili e delicate, che si basano su equilibri tutti da decifrare.

Di certo, il viaggio in Kakakhstan è slegato dagli altri due viaggi che il Papa potrebbe intraprendere. Ma ha un legame ideale con il passaggio a Gerusalemme che il Papa avrebbe voluto fare il 14 giugno, a seguito di due giorni in Libano, dove avrebbe incontrato il Patriarca Kirill.

Era tutto pronto per l’incontro, che poi è stato rinviato per “ragioni di opportunità”, lasciando non poco interdetto il Patriarcato di Mosca. Forse anche questa è la ragione, pratica, per cui Kirill ha deciso di non andare a Nur Sultan.

La riconciliazione europea non può che passare per il dialogo ecumenico. Lo sanno bene in Ucraina, dove c’è il Consiglio Pan-Ucraino delle Chiese e delle Organizzazioni religiose, che mette insieme le confessioni religiose dell’Ucraina da 25 anni, e che fa appelli precisi.

La Chiesa Cattolica può avere un ruolo principale in questa riconciliazione ecumenica. Ma, per metterla con le parole di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, “possiamo riconciliarci con i fratelli. Non possiamo riconciliarci con la geopolitica”. 

El autorAndrea Gagliarducci

Newsletter La Brújula Déjanos tu mail y recibe todas las semanas la actualidad curada con una mirada católica
Banner publicidad
Banner publicidad