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Misericordia e nuova sensibilità. Sulla rivoluzione della tenerezza

In un momento storico in cui i sentimenti sembrano spesso avere più peso della ragione, in cui è forse difficile ragionare e far ragionare, l'appello del Santo Padre a una "rivoluzione della tenerezza" può sembrare sorprendente. Si direbbe piuttosto che ciò che serve è un po' di buon senso, di forza di volontà e di capacità di sacrificio. Cose che non sembrano in sintonia con la tenerezza.

José Ángel Lombo-8 marzo 2017-Tempo di lettura: 10 minuti
Una coppia di fidanzati

In ogni caso, la razionalità non sembra essere l'unica risorsa degli esseri umani, almeno se la consideriamo come calcolo o riflessione, sia a livello teorico che pratico. Capacità come l'intuizione, l'empatia, il senso dell'opportunità, il buon gusto o il senso dell'umorismo non sembrano identificarsi con la razionalità nel senso sopra indicato.

Ci sembra quindi che l'appello a una "rivoluzione della tenerezza" non sia un invito al sentimentalismo o all'irrazionalità, ma a costruire la nostra umanità a partire dall'"amore di Dio riversato nei nostri cuori" (Rm 5,5).

Senza dubbio, questo modo di intendere e proporre la carità non è una novità nella predicazione del Papa. Già come arcivescovo di Buenos Aires, nella sua predicazione faceva abbondantemente riferimento alla tenerezza. I riferimenti sono innumerevoli e hanno alcune note in comune, senza essere identici. Parlando di tenerezza, il cardinale Bergoglio ha alluso soprattutto all'amore di Dio per noi, che è particolarmente evidente a Natale, "Dio fattosi tenero". Allo stesso modo, ha fatto riferimento a un "Dio che perdona sempre" come sintesi di tenerezza e fedeltà. Accanto a questo, ha anche sottolineato la "tenerezza come atteggiamento umano", in risposta alla tenerezza di Dio.

La rivoluzione della tenerezza

Tuttavia, sebbene la tenerezza avesse già giocato un ruolo importante nella sua predicazione precedente, l'aspetto forse più nuovo del suo magistero pontificio è la proposta programmatica della tenerezza come "rivoluzione". Le seguenti parole del Evangelii gaudium sono eloquenti: "Il Figlio di Dio, nella sua incarnazione, ci ha invitato alla rivoluzione della tenerezza" (EG 88). Nella semplicità di questa frase è contenuta la chiave per comprendere la "rivoluzione" che Papa Francesco ci propone. Non si tratta, ovviamente, di un'indicazione isolata o aneddotica, ma di un'idea che apparirà in vari momenti e contesti di essa. Evangelii Gaudium, così come in altri interventi.

In questa proposta si intrecciano due prospettive complementari. Da un lato, evidenzia il rapporto tra la tenerezza dell'amore di Dio e la tenerezza del cuore umano al di là di ogni circostanza, poiché la prima è, in ogni epoca, modello e causa della seconda. Ma c'è anche un invito particolare rivolto all'uomo di oggi, uno stimolo e una proposta pressante nella nostra particolare situazione. Pertanto, la formula - per così dire - utilizzata dal Santo Padre evidenzia l'intreccio tra il divino e l'umano, tra l'eterno e il temporale. Al centro di queste due linee c'è senza dubbio Gesù Cristo, Dio incarnato, "il volto della misericordia del Padre" (Misericordiae vultus, 1), "lo stesso oggi, ieri e sempre" (Eb 13,8).

L'articolazione di questi due approcci si comprende forse meglio se riconosciamo la loro convergenza nella virtù e nel sentimento del misericordia. Ci sono infatti due livelli o ambiti collegati tra loro: il dono gratuito di Dio all'umanità e la comunione di affetto tra gli esseri umani, la "compassione" (Il nome di Dio è misericordia, VIII). A loro volta, entrambi gli aspetti appartengono essenzialmente alla carità (la misericordia è il suo frutto o "effetto interiore": cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, 1829; San Tommaso d'Aquino, Summa Theologica, II-II, q. 28, prologo), e sfidano concretamente la sensibilità dell'uomo di oggi, particolarmente bisognoso di legami profondi e stabili "in questi tempi di relazioni frenetiche e superficiali" (Amoris laetitia, 28; cfr. Evangelii gaudium, 91).

La tenerezza di Dio

A questo proposito, c'è una frase del Libro del Siracide che il Romano Pontefice cita in diverse occasioni (Evangelii gaudium, 4 y Amoris laetitia, 149) e che evidentemente appartiene alla sua preghiera personale: "Figlio, tratta bene te stesso [...] non privarti di un giorno felice" (Sir 14,11.14). In queste parole, il Papa scopre la tenerezza di Dio Padre, che si avvicina alle sue creature con un linguaggio accessibile al cuore umano, "come un bambino che viene consolato da sua madre" (cfr. Is 6,13). Egli è il "Dio di ogni consolazione" (II Cor 1,3) e la sua tenerezza riscalda il cuore delle sue creature (Omelia 7.VII.2013). "La misericordia ha anche il volto della consolazione" (Misericordia et misera, 13).

Un'espressione eminente della tenerezza divina è il perdono dei peccati (Omelia 20.XI.2013), "il segno più visibile dell'amore del Padre, che Gesù ha voluto rivelare durante tutta la sua vita" (Misericordia et misera, 2). Questa manifestazione della tenerezza divina si incarna paradigmaticamente nell'incontro tra la Misericordia e la miseria, tra Gesù e i peccatori (l'adultera, la peccatrice che gli unge i piedi...): Misericordia et misera, 1-2).

L'amore tangibile del Padre ci viene così perfettamente comunicato in Gesù Cristo, Dio e uomo, le cui manifestazioni di affetto riempiono le pagine del Vangelo. Papa Francesco sottolinea che la misericordia del Signore non è solo un sentimento (Angelus 9.VI.2013), ma si esprime in una concreta "sensibilità" verso i bisogni umani (Misericordiae vultus, 7). In continuità con la tenerezza del Salvatore, la Chiesa come Madre trasmette l'amore di Dio agli uomini, così che "tutto nella sua azione pastorale deve essere rivestito della tenerezza con cui si rivolge ai credenti" (Misericordiae vultus, 10).

Tenerezza umana

Un elemento essenziale di questa visione è il collegamento della tenerezza di Dio con la tenerezza umana. Se la tenerezza di Dio "scende e mi insegna a camminare" (Omelia 12.VI.2015), la tenerezza umana è una corrispondenza filiale a questo dono, la risposta adeguata al suo amore misericordioso. La prima modalità di questa risposta è l'accoglienza, il "non aver paura della sua tenerezza" (cfr. Ibidem); ma si esprime anche come dono agli altri. Pertanto, nella misura in cui è guidata dall'amore divino, la tenerezza umana "non è la virtù dei deboli, ma piuttosto il contrario: denota forza d'animo e capacità di attenzione, compassione, vera apertura agli altri, amore" (Omelia 19.III.2013).

L'amore di Dio purifica l'amore umano e lo rende simile al suo per renderci "misericordiosi come il Padre" (Omelia 13.III.2015; cfr. Lc. 6, 36), capaci di "dare conforto ad ogni uomo e donna del nostro tempo" (ibidem). Così, la tenerezza umana diventa "rispettosa" (Amoris laetitia, 283) e "è liberato dal desiderio di possesso egoistico" (ibid, 127). A questo proposito, Papa Francesco fa ampio riferimento alla catechesi di San Giovanni Paolo II sull'amore umano (ibid, 150 e seguenti).

La carità fatta carne

La tenerezza è dunque una dimensione della carità: l'espressione concreta e indefettibile della misericordia di Dio e la risposta umana a questo dono con un amore integrale, nel corpo e nello spirito. Per questo motivo, il Santo Padre afferma che i cristiani del nostro tempo sono chiamati a rendere "visibile agli uomini e alle donne di oggi la misericordia di Dio, la sua tenerezza verso ogni creatura" (Discorso 14.X.2013).

Questa visibilità indica il carattere reale, tangibile e totalizzante della carità, e trova la sua piena manifestazione in Gesù Cristo, "Misericordia fatta carne" (Udienza generale 9.XII.2015). Come discepolo di Cristo, il cristiano è chiamato a incarnare l'amore di Dio nella sua vita e in quella di coloro che lo circondano, che sono per lui "la carne di Cristo" (Parole 18.V.2013). Il Papa fa spesso riferimento a questa idea della "carne del fratello" per sottolineare la natura reale e vicina della carità. È proprio attraverso la carne dei nostri fratelli e sorelle, dei poveri e dei bisognosi, che entriamo "in contatto con la carne del Signore" (Omelia 30.VII.2016).

Dal tema della "carne del fratello", possiamo cogliere alcune indicazioni che il Romano Pontefice formula con parole profondamente vicine a noi. Parla della "tenerezza dell'abbraccio" (Amoris laetitia, 27-30), le emozioni e il piacere fisico nelle relazioni coniugali (ibid, 150-152), delle espressioni di carità coniugale nell'"inno alla carità" (ibid, 89-141), ferite affettive (ibid, 239-240), sulla civiltà del linguaggio in famiglia (Udienza generale del 13.V.2015), ecc.

La "nuova sensibilità

In che misura questo invito del Santo Padre è adeguato all'uomo contemporaneo? In effetti, vale la pena chiedersi se questa proposta sia in linea con la sensibilità dell'attuale momento storico. In questo senso, è un segreto aperto che viviamo in una società sempre più complessa e variabile, una società globalizzata e - in un certo senso - sradicata. Il Papa fa riferimento a questo contesto in innumerevoli occasioni.

Da questa situazione si è generata quella che alcuni pensatori hanno definito una "nuova sensibilità" (cfr. A. Llano, La nuova sensibilità, Espasa Calpe, Madrid 1988). Si tratta, ovviamente, di una categoria marcatamente relativa - come tutto ciò che è "nuovo" o "moderno" - ma riflette, nella sua stessa provvisorietà, un posizionamento concreto in un mondo in continua evoluzione (quello che Zygmunt Bauman chiama "società liquida").

Credo che l'invito del Romano Pontefice a una "rivoluzione della tenerezza" sia in sintonia con questo modo di guardare la realtà. Per dimostrarlo, è necessario caratterizzare la "nuova sensibilità" nei suoi contorni essenziali. Il filosofo Alejandro Llano ha individuato cinque principi ispiratori di questa mentalità: il principio di gradualità, il principio di pluralismo, il principio di complementarità, il principio di integrità e il principio di solidarietà. Descriviamo brevemente ciascuno di essi.

  1. Il principio della gradualità implica il riconoscimento che la realtà non si esaurisce nell'alternativa "bianco e nero", ma è piena di sfumature ed è sempre in un processo di cambiamento. È quindi necessario riconoscere che le conquiste culturali, scientifiche, ecc. sono sempre inserite in un contesto storico - non sono intelligibili indipendentemente dalla loro storia - da qui l'importanza di coltivare le tradizioni, lavorare in gruppo e in rete e valorizzare le cosiddette "soft skills", in particolare le capacità di comunicazione.
  2. Il principio del pluralismo si pone in continuità con il precedente, poiché la comprensione di una realtà in continua evoluzione richiede una flessibilizzazione e modulazione delle conoscenze: la convergenza di diversi punti di vista, ma soprattutto di forme di razionalità diverse o analogiche (Daniel Goleman parla di "intelligenza emotiva" e Howard Gardner di "intelligenze multiple"). Questa elasticità si oppone a un punto di vista unico e omogeneo, a favore dell'inclusione di visioni e attitudini diverse.
  3. Il principio di complementarità è un'ulteriore conseguenza di quanto detto sopra. Se la realtà è mutevole e richiede un'ampiezza di prospettive, si scopre che non esistono solo differenze tra le cose, ma anche complementarietà. Esistono cioè relazioni armoniche e non di semplice irriducibilità tra eventi singolari. Ciò implica che non si deve confondere il diverso con l'opposto, ma cercare la "com-patibilità delle differenze". Questo ha conseguenze importanti in vari campi: ad esempio, in economia (trasformando i limiti in opportunità), in politica (trasformando la dialettica in dialogo), ecc.
  4. Il principio di integralità esprime che l'essere umano è un'unità nella sua struttura spirituale-corporea e nella sua attività. Pertanto, questa proposta porta a superare la frammentazione nelle varie sfere della vita. In particolare, di fronte alla compartimentazione della conoscenza e all'eccessiva specializzazione, si propone l'antidoto dell'interdisciplinarità. In generale, questo principio propone un "umanesimo integrale" in opposizione a qualsiasi riduzione unidimensionale della vita umana (come, ad esempio, considerare l'uomo come un mero produttore o un mero consumatore).
  5. Il principio di solidarietà è una certa applicazione del principio precedente allo scambio di beni tra individui, in modo da affrontarli come relazioni interpersonali e non come ingranaggi di produzione e consumo. Alcune conseguenze auspicabili di questo approccio sono l'umanizzazione del mercato e dell'economia in generale, varie forme di cooperazione allo sviluppo, il consolidamento della convivenza pacifica e la formazione di una coscienza ecologica.

Tenerezza e uomo contemporaneo

Come abbiamo notato, il Santo Padre intende la tenerezza come carità "fatta carne", misericordia resa visibile. A mio avviso, però, la sua visione non si esaurisce qui, ma aggiunge un elemento di novità o, se preferite, di "contemporaneità". Ciò significa che la sua proposta di una "rivoluzione della tenerezza" è un messaggio particolarmente adatto all'uomo di oggi e trova in esso una profonda risonanza.

Questa contemporaneità è evidente in molti elementi del magistero di Papa Francesco. Innanzitutto, insiste nel "partire dalla nostra miseria" e nel ricordare "da dove veniamo, cosa siamo, il nostro nulla". Da questo conclude: "è importante non credersi autosufficienti" (Il nome di Dio è misericordia, VI). Infatti, "non viviamo, né individualmente né come gruppi nazionali, culturali o religiosi, come entità autonome e autosufficienti, ma siamo dipendenti gli uni dagli altri, affidati alla reciproca cura" (Discorso 21.IX.2014).

Da qui nasce la necessità di accompagnare ogni persona nel suo cammino di risposta a Dio, "senza bisogno di imporsi, di forzare gli altri", perché "la verità ha una sua forza di irradiazione" (Discorso, 21.IX.2014). Affermerà quindi che, "nonostante le nostre diverse fedi e convinzioni, siamo tutti chiamati a cercare la verità, a lavorare per la giustizia e la riconciliazione, e a rispettarci, proteggerci e aiutarci a vicenda come membri di un'unica famiglia umana" (Discorso del 27.XI.2015).

In continuità con questo approccio, il Santo Padre sostiene che "la diversità dei punti di vista deve arricchire la cattolicità, senza danneggiare l'unità" (Discorso 5.XII.2014). Infatti, la comunione dei membri della Chiesa dipende dall'unità della fede, e questa non si oppone alla libertà di pensiero, ma "è proprio nell'amore che è possibile avere una visione comune" (Lumen fidei, 47). Il dialogo tra posizioni diverse deve quindi avere almeno tre caratteristiche: deve basarsi su un'identità, deve essere aperto alla comprensione reciproca e deve essere orientato al bene comune. Su questa base, la stessa diversità di prospettive - non solo buona, ma necessaria - è vista da lui come un arricchimento (Discorso 11.VII.2015).

Ma il dialogo non è solo un metodo, diventa una cultura e costituisce la base stessa della "convivenza nei popoli e tra i popoli", "l'unica via per la pace". È ciò che il Santo Padre chiama "cultura dell'incontro" (Angelus 1.IX.2013). Questa cultura non si basa sull'uniformità, ma sull'armonia delle differenze, che è opera del Paraclito (Udienza a tutti i Cardinali 15.III.2013).

D'altra parte, se si perde di vista l'unità, la differenza di prospettive può portare a una settorializzazione della conoscenza. Infatti, anche se "la frammentazione della conoscenza ha una sua funzione in termini di realizzazione di applicazioni concrete", in realtà "porta spesso alla perdita del senso dell'insieme" (Laudato si', 110). Il Papa auspica quindi un "umanesimo cristiano", un "umanesimo che scaturisce dal Vangelo", che "chiama i vari campi del sapere, compresa l'economia, a una visione più integrale e integrante" (ibid, 141). Questo approccio è particolarmente applicabile all'educazione e al lavoro, ambiti in cui è necessario "non solo insegnare qualche tecnica o apprendere nozioni, ma rendere più umani noi stessi e la realtà che ci circonda" (Discorso, 16.I.2016).

Lo "sviluppo umano integrale" si oppone a "un eccesso di sviluppo dispendioso e consumistico, che contrasta in modo inaccettabile con situazioni persistenti di povertà disumanizzante" (Laudato si', 109; citato da Caritas in veritate, 22). La conseguenza di questa situazione è che "grandi masse di popolazione sono escluse ed emarginate" e, allo stesso tempo, "l'essere umano in sé è visto come un bene di consumo, da usare e poi buttare". Questo porta a quella che il Santo Padre ha definito la "cultura dell'usa e getta".

Al contrario, portare la tenerezza di Dio a tutti gli uomini significa realizzare uno sviluppo integrale per tutti, specialmente "i più lontani, i dimenticati, coloro che hanno bisogno di comprensione, di consolazione e di aiuto" (Omelia 27.III.2013). Si tratta di raggiungere le "periferie del mondo e dell'esistenza" (Omelia 24.III.2013), cioè quelle persone che si trovano in "situazioni persistenti di miseria disumanizzante".

La proposta di una "rivoluzione della tenerezza" diventa così "contemporanea", tocca la sensibilità dell'uomo di oggi. Diventa sensibile, ma supera la ristrettezza del sentimentalismo e si apre all'intera persona e a tutti gli uomini.

Questa rivoluzione implica un cambiamento di paradigma. Non comporta la negazione di regole generali di condotta, in accordo con il bene umano; ma rifiuta l'identificazione di tale bene con formulazioni universali. Da qui l'incoraggiamento a intendere il bene come bene della persona concreta, che si trova sempre in situazioni che "richiedono un discernimento attento e un accompagnamento di grande rispetto" (Amoris laetitia, 243). Per questo, fare spazio alla tenerezza nella propria vita e nelle relazioni umane non significa negare la giustizia o le esigenze del Vangelo, ma accogliere "l'invito a passare attraverso la via caritatis" (Amoris laetitia, 306), che è proprio la pienezza della giustizia e che ci dispone a ricevere la misericordia di Dio.

L'autoreJosé Ángel Lombo

Professore associato di Etica. Pontificia Università della Santa Croce.

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