Vaticano

Intervista a Fabio Colagrande. L'umorismo, una virtù spirituale

Intervista a Fabio Colagrande di Radio Vaticana, diventato un esperto di "buonumore", tema al quale ha recentemente dedicato un libro. Per lui il buon umore è una grande virtù spirituale. 

Giovanni Tridente-8 marzo 2022-Tempo di lettura: 3 minuti
fabio colagrande

Un professore spagnolo, il padre degli studi universitari di giornalismo, il compianto Alfonso Nieto, era solito dire che "... il giornalismo della stampa spagnola è un argomento molto importante.il buon umore è stato privato di tempo e spazio"e che"una delle cose più serie della vita è sorridere". È notevole come, a distanza di molti anni, sia stato profetico anche in questo campo. Non è un caso che Papa Francesco faccia spesso riferimento a questo "...".medicina"del cuore per rivolgersi ai molti".crisi"Abbiamo voluto approfondire questi temi con Fabio Colagrande, che da anni collabora con la Radio Vaticana. Abbiamo voluto approfondire questi temi con Fabio Colagrande, da anni alla Radio Vaticana, che nel suo "tempo libero" approfondisce questi aspetti. 

In un passaggio dell'Esortazione apostolica Gaudete et ExsultatePapa Francesco dice che il santo è colui che è capace di vivere".con gioia e senso dell'umorismo". Quanto è importante riscoprire questo valore nella vita di ogni battezzato?

-Credo che sia non solo importante, ma urgente in questo momento della storia della Chiesa. L'umorismo, come sottolinea il Papa, è infatti una grande virtù spirituale che è segno di distacco dalle cose materiali e allo stesso tempo, come dimostra la radice etimologica, è segno dell'amore della Chiesa per il suo popolo. humusuna manifestazione di umiltà. La mancanza di senso dell'umorismo è un sintomo allarmante di come la nostra vita di fede si sia inaridita. Una Chiesa autoreferenziale e clericale, affetta da ciò che il Papa chiama ".....".mondanità spirituale"È una Chiesa che si prende troppo sul serio ed è incapace di fare autocritica. 

Tendiamo a trascorrere il nostro tempo libero in passatempi frivoli e sostanzialmente "leggeri", ma in rete troviamo atteggiamenti duri e rabbiosi. Come può accadere?

-Non sono uno psicologo, né un esperto di social media, ma credo che i social media siano diventati un luogo dove sfogare le nostre frustrazioni e nevrosi. Sono a portata di mano, nella smartphone che portiamo sempre con noi in tasca e che spesso popoliamo di posti e commenti che esprimono il nostro disagio, la nostra insoddisfazione, la nostra difficoltà a relazionarci con gli altri. Abbiamo bisogno di maggiore autodisciplina. Dovremmo limitarne l'uso e migliorare la qualità del tempo che trascorriamo sui social network. Sono occasioni importanti di crescita e conoscenza, ma solo se usate con discernimento.

Veniamo da due anni di grandi sofferenze che hanno colpito anche le nostre anime, seminando un sentimento quasi generalizzato di frustrazione e disperazione: l'umorismo può essere una medicina anche in questo caso?

L'umorismo, come ho detto prima, aiuta a sviluppare una sana autoironia e a saper sorridere gentilmente delle nostre debolezze. Naturalmente, non deve trasformarsi in sarcasmo distruttivo, perché in tal caso esprime solo negatività. Può essere una medicina perché aiuta a vivere con più leggerezza. Può essere un'opportunità per guardare il mondo da una nuova prospettiva. E poi penso che sia necessario per chi crede nel trascendente e sa che il visibile è solo una parte della nostra vita. È utile ridurlo e concentrarsi su ciò che è essenziale.

Di recente ha pubblicato un libro in cui "prende in giro" alcuni dei "personaggi".tic"Da dove nasce l'idea di appartenenza cristiana e perché è importante nella Chiesa non prendersi troppo sul serio?

-Dopo tanti anni di esperienza come giornalista cattolico e vaticanista, ho sentito il bisogno di una sorta di "catarsi". Volevo cioè andare oltre tutti i problemi di comunicazione pastorale ed ecclesiale di cui sono stato testimone, invitando me stesso e gli altri a guardare quasi con affetto a certi limiti della nostra vita di fede. L'occasione della pandemia e delle sfide che ha generato mi è sembrata propizia. Così ho cercato di raccontare la storia di una diocesi immaginaria alle prese con la necessità di trasformare questo momento di crisi in un momento di rinnovamento. Ho creato personaggi che incarnassero le nostre contraddizioni, le nostre debolezze, e ho cercato, attraverso il paradosso, l'ironia e uno stile surreale, di rendere buffi e divertenti certi vincoli ecclesiali con cui siamo costretti a confrontarci quotidianamente.

Chesterton ha spiegato che gli angeli possono volare".perché la prendono alla leggera". C'è speranza anche per noi?

-Parafrasando Cicerone, direi che finché avremo fede avremo sempre speranza. Sforzarsi ogni giorno di credere nella misericordia di Dio, di sentirsi amati da Lui nelle nostre fragilità, è un ottimo modo per non scoraggiarsi e per imparare a volare. Anche se sarebbe meglio indossare un casco...

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