Le grandi religioni del mondo hanno cercato di affrontare il problema della sofferenza in modi diversi. Il buddismo propone una via ascetica per cercare di liberarsi da tutte le passioni, aspirando a un distacco così radicale da essere indifferenti persino alla sofferenza. Il culmine del pensiero ebraico e islamico è riconoscere quanto poco sappiamo e che la sofferenza fa parte di un disegno divino più grande che non potremo mai, né dovremo mai tentare di, comprendere. Dobbiamo solo accettarlo. Vediamo questo approccio nel libro di Giobbe dell'Antico Testamento.
Ma il cristianesimo, basato sulla vita di Gesù e sulla profezia di Isaia che annuncia un Messia che salva gli uomini attraverso la sofferenza (cosa che l'antico Israele non avrebbe mai potuto accettare), è arrivato a vedere nella sofferenza una via di salvezza, nostra e degli altri. Nel Vangelo di oggi, Gesù annuncia questa via agli apostoli, ma Pietro, ancora troppo influenzato dalla sua educazione ebraica, è scandalizzato da questa possibilità.
"Da quel momento Gesù cominciò a dire ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e lì soffrire molto per mano degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e che doveva essere messo a morte ed essere risuscitato il terzo giorno. Pietro lo prese in disparte e cominciò a rimproverarlo: "Lungi da te, Signore! Questo non può accadere a te.
Pietro commette un errore così grande che Nostro Signore deve rimproverarlo pubblicamente. "Disse a Pietro: "Vattene da me, Satana! Tu sei una pietra d'inciampo per me, perché pensi come gli uomini e non come Dio"". Cercando di distogliere Gesù dalla sua Passione, Pietro agisce, anche se inconsapevolmente, come strumento di Satana, perché è attraverso la sofferenza che Cristo ci salverà. È un mistero che non riusciremo mai a comprendere appieno. Ma almeno possiamo percepire che il male causa necessariamente sofferenza e che, accettando il suo "pungiglione" nell'unione d'amore con Dio, possiamo trasformare qualcosa di cattivo in qualcosa di buono. Il veleno del peccato porta sofferenza, ma possiamo accettare questa sofferenza e superarla attraverso l'"antidoto" dell'amore. Così insiste Nostro Signore: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". Dobbiamo essere disposti a perdere questa vita, spiega, per guadagnare l'altra. Con la stessa visione, San Paolo ci esorta a presentare "la nostra vita".i vostri corpi come sacrificio vivente, santo, gradito a Dio; questo è il vostro culto spirituale". Accettata con amore, la sofferenza può diventare una forma di culto, almeno corporeo, anche se la nostra mente non è abbastanza lucida per pregare. Il profeta Geremia, nella prima lettura di oggi, pur non comprendendo appieno il potere salvifico della sofferenza, lo intravede nella sua determinazione a continuare a proclamare la parola di Dio anche se subisce il ridicolo per questo. Vale la pena di farlo fedelmente anche quando "...".la parola del Signore è stata per me un rimprovero e un disprezzo quotidiano".
Omelia sulle letture della 22ª domenica del Tempo Ordinario (A)
Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.