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Uno è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli e sorelle.

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 29ª Giornata Mondiale del Malato

Papa Francesco-31 gennaio 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Cari fratelli e sorelle:

La celebrazione della 29a Giornata Mondiale del Malato, che si terrà l'11 febbraio 2021, memoria della Beata Vergine Maria di Lourdes, è un momento appropriato per dedicare un'attenzione particolare ai malati e a coloro che si prendono cura di loro, sia nei luoghi di cura che nelle famiglie e nelle comunità. Penso in particolare a coloro che nel mondo stanno soffrendo per gli effetti della pandemia di coronavirus. A tutti, specialmente ai più poveri ed emarginati, esprimo la mia vicinanza spirituale, assicurando loro la sollecitudine e l'affetto della Chiesa.

1. Il tema di questa Giornata si ispira al passo evangelico in cui Gesù critica l'ipocrisia di chi dice ma non fa (cfr. Mt 23, 1-12). Quando la fede si limita a sterili esercizi verbali, senza coinvolgimento nella storia e nei bisogni degli altri, la coerenza tra il credo professato e la vita reale si indebolisce. Il rischio è grave; per questo Gesù usa espressioni forti, per avvertirci del pericolo di cadere nell'idolatria di noi stessi, e afferma: "Uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli" (v. 8).

La critica di Gesù a coloro che "dicono ma non fanno" (v. 3) è benefica, sempre e per tutti, perché nessuno è immune dal male dell'ipocrisia, un male molto grave, il cui effetto è quello di impedirci di fiorire come figli dell'unico Padre, chiamati a vivere una fratellanza universale.

Di fronte alla condizione di bisogno di un fratello o di una sorella, Gesù ci mostra un modello di comportamento totalmente opposto all'ipocrisia. Propone di fermarsi, di ascoltare, di stabilire una relazione diretta e personale con l'altro, di provare empatia e commozione per lui, di lasciarsi coinvolgere dalla sua sofferenza fino a prendersene cura attraverso il servizio (cfr. Lc 10,30-35).

2. L'esperienza della malattia ci fa sentire la nostra vulnerabilità e, allo stesso tempo, il nostro innato bisogno dell'altro. La nostra creaturalità diventa ancora più chiara e la nostra dipendenza da Dio diventa evidente. Infatti, quando siamo malati, l'incertezza, la paura e talvolta lo sgomento si impadroniscono della nostra mente e del nostro cuore; ci troviamo in una situazione di impotenza, perché la nostra salute non dipende dalle nostre capacità o dal nostro essere "ansiosi" (cfr. Mt 6,27).

La malattia impone una domanda di senso, che nella fede viene rivolta a Dio; una domanda che cerca un nuovo significato e una nuova direzione per l'esistenza, e che a volte può non trovare una risposta immediata. I nostri amici e parenti non possono sempre aiutarci in questa difficile ricerca.

A questo proposito, la figura biblica di Giobbe è emblematica. La moglie e gli amici non riescono ad accompagnarlo nella sua disgrazia, anzi, lo accusano, aumentando la sua solitudine e il suo smarrimento. Giobbe cade in uno stato di abbandono e di incomprensione. Ma è proprio attraverso questa estrema fragilità, rifiutando ogni ipocrisia e scegliendo la strada della sincerità con Dio e con gli altri, che egli fa giungere il suo grido insistente a Dio, che finalmente risponde, aprendogli un nuovo orizzonte. Gli conferma che la sua sofferenza non è una condanna o un castigo, né uno stato di lontananza da Dio o un segno della sua indifferenza. Così, dal cuore ferito e guarito di Giobbe esce quella commovente dichiarazione al Signore, che risuona con energia: "Ti conoscevo solo per sentito dire, ma ora i miei occhi ti hanno visto" (42,5).

3. La malattia ha sempre un volto, anche più di uno: ha il volto di ogni malato, compresi coloro che si sentono ignorati, esclusi, vittime di un'ingiustizia sociale che nega loro i diritti fondamentali (cfr. Lettera Enciclica della Santa Sede). Fratelli tutti, 22). L'attuale pandemia ha messo in luce molte debolezze nei sistemi sanitari e carenze nell'assistenza ai malati. Agli anziani, ai più deboli e ai più vulnerabili non è sempre garantito l'accesso alle cure, e non sempre in modo equo. Ciò dipende dalle decisioni politiche, dal modo in cui vengono gestite le risorse e dall'impegno di coloro che occupano posizioni di responsabilità. Investire risorse nella cura e nell'attenzione ai malati è una priorità legata a un principio: la salute è un bene comune primario. Allo stesso tempo, la pandemia ha anche messo in evidenza la dedizione e la generosità di operatori sanitari, volontari, lavoratori, sacerdoti, religiosi e religiose che, con professionalità, altruismo, senso di responsabilità e amore per il prossimo, hanno aiutato, curato, confortato e servito tanti malati e le loro famiglie. Una moltitudine silenziosa di uomini e donne che hanno deciso di guardare in quei volti, prendendosi cura delle ferite dei pazienti, che hanno sentito come vicini di casa perché appartenenti alla stessa famiglia umana.

La vicinanza, infatti, è un balsamo prezioso, che dà sostegno e conforto a chi soffre nella malattia. Come cristiani, viviamo la prossimità come espressione dell'amore di Gesù Cristo, il Buon Samaritano, che con compassione si è fatto vicino a ogni essere umano, ferito dal peccato. Uniti a lui dall'azione dello Spirito Santo, siamo chiamati a essere misericordiosi come il Padre e ad amare, in particolare, i nostri fratelli e sorelle malati, deboli e sofferenti (cfr. Gv 13,34-35). E viviamo questa vicinanza non solo in modo personale, ma anche in modo comunitario: infatti, l'amore fraterno in Cristo genera una comunità capace di guarire, che non abbandona nessuno, che include e accoglie soprattutto i più fragili.

A questo proposito, vorrei ricordare l'importanza della solidarietà fraterna, che si esprime concretamente nel servizio e che può assumere molte forme diverse, tutte volte a sostenere il nostro prossimo. "Servire significa prendersi cura dei fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nelle nostre persone" (Omelia all'Avana(20 settembre 2015). In questo impegno, ciascuno è capace di "mettere da parte le proprie ricerche, preoccupazioni e desideri di onnipotenza di fronte ai più fragili". [...] Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua projimità e persino in alcuni casi la "subisce" e cerca la promozione del fratello. Per questo motivo, il servizio non è mai ideologico, poiché non è al servizio delle idee, ma delle persone" (ibidem.).

4. Per una buona terapia è decisivo l'aspetto relazionale, attraverso il quale si può adottare un approccio olistico alla persona malata. Dare valore a questo aspetto aiuta anche medici, infermieri, professionisti e volontari a prendersi cura di chi soffre per accompagnarlo in un percorso di guarigione, grazie a una relazione interpersonale di fiducia (cfr. Nuova Carta degli Operatori Sanitari [2016], 4). Si tratta quindi di stabilire un patto tra chi ha bisogno di cure e chi se ne prende cura; un patto basato sulla fiducia e sul rispetto reciproci, sulla sincerità, sulla disponibilità, per superare ogni barriera difensiva, per mettere al centro la dignità del paziente, per salvaguardare la professionalità degli operatori sanitari e per mantenere un buon rapporto con le famiglie dei pazienti.

È proprio questo rapporto con il malato che trova nella carità di Cristo una fonte inesauribile di motivazione e di forza, come dimostra la testimonianza di migliaia di uomini e donne che si sono santificati servendo i malati. Infatti, dal mistero della morte e della risurrezione di Cristo scaturisce l'amore che può dare un senso pieno sia alla condizione del paziente che a quella di chi lo assiste. Il Vangelo lo testimonia più volte, mostrando che le guarigioni operate da Gesù non sono mai gesti magici, ma sono sempre il frutto di un incontro, di una relazione interpersonale, in cui al dono di Dio che Gesù offre corrisponde la fede di chi lo riceve, come riassunto dalle parole che Gesù ripete spesso: "La tua fede ti ha salvato".

5. Cari fratelli e sorelle, il comandamento dell'amore, che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli, trova espressione concreta anche nel nostro rapporto con i malati. Una società è tanto più umana quando sa come prendersi cura dei suoi membri fragili e sofferenti, e sa farlo in modo efficiente, animata dall'amore fraterno. Andiamo verso questo obiettivo, facendo in modo che nessuno sia lasciato solo, che nessuno si senta escluso o abbandonato.

Affido a Maria, Madre della Misericordia e della Salute degli Infermi, tutti gli ammalati, gli operatori sanitari e tutti coloro che si prendono cura di chi soffre. Che lei, dalla Grotta di Lourdes e dagli innumerevoli santuari a lei dedicati in tutto il mondo, sostenga la nostra fede e la nostra speranza, e ci aiuti a prenderci cura gli uni degli altri con amore fraterno. A ognuno di voi impartisco la mia più sincera benedizione.

Roma, San Giovanni in Laterano, 20 dicembre 2020, quarta domenica di Avvento.

L'autorePapa Francesco

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