Continuiamo il racconto delle ultime ore della vita terrena e della morte di Gesù Cristo, alla ricerca di dettagli storici, medici e archeologici che confermino la veridicità di quanto narrato nei Vangeli.
Il crurifragio
Sappiamo dai Vangeli che, una volta morto Gesù, si fece molta attenzione a rimuovere il suo corpo dalla croce. Anche per gli altri due condannati alla stessa morte ignominiosa, i ladroni, ci fu la stessa fretta. Quel giorno era, come il Giovanniil "Parasceve".
Gesù Sembrava già morto. Per verificarlo, gli trafissero il costato con una lancia, perforandogli il cuore, dal quale uscirono sangue e acqua (il fenomeno dell'emopericardio).
Agli altri due sono state spezzate le gambe (i cosiddetti crurifragium).
Molto importante da questo punto di vista è stata, nel 1968, la scoperta di resti umani, 335 scheletri di ebrei del I secolo d.C., in una grotta a Giv'at ha-Mivtar, a nord di Gerusalemme.
L'analisi medica e antropologica dei cadaveri ha rivelato che molti avevano subito una morte violenta e traumatica (presumibilmente crocifissi durante l'assedio del 70 d.C.).
In un ossario di pietra della stessa grotta, con inciso il nome di Yohanan ben Hagkol, si trovavano i resti di un giovane di circa 30 anni, con il tallone destro ancora attaccato al sinistro da un chiodo lungo 18 centimetri. Le gambe erano fratturate, una di esse in modo netto, l'altra con le ossa frantumate: si trattava della prima testimonianza documentata dell'uso del crurifragium.
Questi reperti ossei sono molto preziosi perché illustrano la tecnica di crocifissione utilizzata dai Romani nel I secolo che, in questo caso, consisteva nel legare o inchiodare le mani alla trave orizzontale (patibolo) e inchiodando i piedi con un unico chiodo di ferro e un piolo di legno al palo verticale (un pezzo di legno d'acacia è stato trovato tra la testa del chiodo e le ossa del piede di Yohanan Ben Hagkol, mentre una scheggia di legno d'ulivo, con cui era stata realizzata la croce, era attaccata alla punta).
La sepoltura
La scoperta a Giv'at ha-Mivtar è di grande importanza e conferma che, a differenza di quanto avveniva in altre parti dell'Impero Romano (alcuni studiosi hanno rifiutato, anche ideologicamente, il racconto evangelico della sepoltura di Gesù, sostenendo che i condannati a morte per crocifissione non venivano seppelliti, ma lasciati a marcire sul patibolo, esposti agli uccelli e alle intemperie), in Israele i morti venivano sempre seppelliti, anche se condannati a morte per crocifissione. Lo afferma lo studioso ebreo israeliano David Flusser. Un precetto obbligatorio, imposto dalla legge religiosa (Deuteronomio 21, 22-23), richiedeva che fossero sepolti prima del tramonto, per non contaminare la terra santa.
Gli archeologi concordano sul luogo della crocifissione di Gesù sulla roccia del Golgota, oggi all'interno del Santo Sepolcro, un sito caratterizzato da numerosi scavi che hanno portato alla luce tombe ivi scavate e risalenti a prima del 70 d.C.. I Vangeli ci dicono che Gesù fu sepolto in una nuova tomba, a poca distanza dal luogo della morte.
Normalmente, il rito ebraico prevedeva l'unzione e il lavaggio del cadavere prima della sepoltura. Tuttavia, nel caso di una persona condannata per morte violenta, sia per evitare di toccare il sangue e il cadavere stesso (secondo le regole della purezza) sia perché il sangue stesso, simbolo di vita, non venisse disperso, il corpo veniva avvolto in un sudario, che non è un lenzuolo, ma un rotolo di stoffa lungo diversi metri, come la Sindone di Torino.
Inoltre, secondo la legge, le zolle di terra su cui era caduto il suo sangue e, probabilmente, gli oggetti che lo avevano toccato dovevano essere sepolti con il cadavere (come dimostrerebbero anche gli ultimi studi sulla Sindone).
È probabile che, una volta che il corpo di Gesù è stato avvolto nel "sindón", essere ulteriormente legati (esclusa la testa) con bende (othóniaI sudari furono profumati all'interno e all'esterno, ma non prima di aver applicato due sudari, uno all'interno del sudario e l'altro all'esterno. Tutto questo all'esterno del sepolcro, sulla pietra dell'unzione.
La pietra, l'interno del sepolcro e i sudari furono unti con una miscela di mirra e aloe di circa cento libbre (32 chili e 700 grammi), che doveva profumare la tomba. Il resto della lozione fu versato sulle fasce e sul sudario, ma non sul corpo.
La funzione delle bende e del sudario, posti sopra il panno, era quella di impedire l'evaporazione della miscela aromatica.
Fasce e bende alla Resurrezione
La traduzione corretta del Vangelo di Giovanni (20, 5), dove leggiamo che il giovane apostolo "vide e credette". (eiden kai episteuenavendo "eiden" anche un significato intrinseco di "realizzare", "esperienza") non sono bende e panni stesi sul pavimento, ma "bende stese".Sarebbe ancora meglio dire "mettere" (in latino "put"). posita), "affondato" (othónia kéimena).
Il verbo kéimai si riferisce a un oggetto che giace in basso o scende in contrapposizione a qualcosa che rimane in piedi. La scena presentata allo spettatore che contempla la tomba vuota è quella di un Gesù "evaporato" rispetto alla Sindone, alle fasce e al sudario, che Pietro vide, secondo la traduzione ufficiale, "...".non con le bende, ma piegato in un posto a parte".
Questo sudario è il più esterno, il secondo, posto al di fuori della Sindone, che era lì. chorís entetyligménon eis ena topon: la preposizione eis esprime un movimento, mentre ena non è il numero "uno"così come "topon"non significa "posizione", ma il tutto esprime l'indurimento del sudario stesso, che rimase inamidato e sollevato, non deformato, ma "in una posizione unica", cioè in modo strano.
Questa particolare situazione è descritta anche nella scena finale del film La passione.
La Sacra Sindone
La Sindone di Torino è senza dubbio il tessuto più studiato al mondo. Si tratta di un telo di lino lungo circa 3 metri su cui è stampata l'immagine di un uomo torturato, crocifisso e morto.
Per quanto riguarda la datazione del telo, ci sono state diverse controversie tra gli scienziati (secondo un'analisi al carbonio-14, è stato datato al Medioevo, ma questo metodo è stato poi smentito perché in quel periodo si è verificato un incendio che avrebbe alterato il telo).
Tuttavia, un recente studioDatazione a raggi X di un campione di lino della Sindone di Torino, La datazione risale all'epoca della Passione di Cristo.
L'uomo sulla Sindone mostra una rigidità cadaverica molto pronunciata, tipica delle morti per trauma, asfissia, tortura e shock ipovolemico.
Le ginocchia dell'uomo sono parzialmente piegate, una posizione compatibile con la procedura di crocifissione descritta sopra.
Le mani, dal canto loro, sono incrociate sull'inguine e la mano destra, in particolare, appare fuori asse rispetto alla sinistra, il che sarebbe compatibile con la dislocazione di una spalla per allungare il braccio e bloccarlo su una parte del corpo. stipi.
È impossibile riprodurre in natura il fenomeno che ha impresso l'immagine dell'uomo sulla tela (simile a un'ossidazione, nota anche come "effetto corona", un fenomeno osservabile nel famoso "fuoco sacro di Gerusalemme"). Le immagini sono stampate mediante proiezione ortogonale parallela (qualcosa di mai visto in natura, paragonabile in un certo senso alla radiografia).
Nel 1926, il fotografo Secondo Pia, fotografando per la prima volta la Sindone, si rese conto di avere un positivo e un negativo.
Gli studi condotti per oltre un secolo hanno dimostrato che il corpo contenuto nel telo non è marcito (non ci sono tracce di putrefazione), quindi non può essere stato avvolto in esso per più di 30-40 ore.
Tracce di sangue AB sono state trovate in almeno 372 ferite lacerate dalla flagellazione, linee insanguinate di quella che sembra essere l'impronta lasciata da una corona di spine, così come ferite inflitte da chiodi.
Ancora più sconcertante, se confermato dal resto della comunità scientifica, sarebbe il recentissimo studio dello scienziato italiano Giuseppe Maria Catalano, dell'Istituto di ricerca sulla salute umana. Istituto Internazionale di Studi Avanzati sulla Scienza della Rappresentazione Spaziale di Palermo (Italia).
Questo studio si basa su analisi effettuate con procedure di geometria proiettiva, ovvero la geometria della radiazione energetica, geometria descrittiva, topografia ad altissima risoluzione e fotogrammetria, tutte tecniche utilizzate in archeologia e applicate non solo alla Sindone, ma anche al Sudario di Oviedo.
Secondo lo scienziato, il tessuto, su cui si basano tutte le prove precedenti (come il rigor mortisIl corpo, le ferite atroci e mortali e l'abbondante emorragia) presenterebbero diverse immagini distinte e sequenziali che dimostrerebbero che l'uomo avvolto nel telo si sarebbe mosso dopo la morte, attraversato da radiazioni che avrebbero poi impresso sul lino una sequenza di immagini sovrapposte ma distinte. In pratica, il corpo si muoveva e con esso gli oggetti visibili su di esso.
L'analisi fotografica ad altissima risoluzione ha permesso di mostrare come gli oggetti, e gli stessi arti del corpo dell'uomo della Sindone, sarebbero stati stampati più volte e in posizioni diverse, come se si muovessero al momento dell'altissima emissione di luce che li ha stampati (unghie, mani, ecc.) in pochi secondi, come in un effetto stroboscopico, che, nella fotografia o nel cinema moderni, è quel fenomeno ottico che si verifica quando un corpo in movimento viene illuminato a intermittenza.
Sul corpo stesso sono stati rinvenuti resti di oggetti mai osservati nelle analisi precedenti, come chiodi; una fascia lombare che sembra compatibile con un telo usato per calare il cadavere dalla croce; un perizonio, un tipo di indumento intimo usato nell'antichità; catene; gli anelli di una catena ornamentale, all'altezza della testa, che potrebbe essere stata usata per fissare il sudario a un cuscino (perfettamente compatibile con quelli osservati nel Sudario di Oviedo); resti di sarcopoterium spinosumuna pianta spinosa tipica del Vicino Oriente, che potrebbe essere stata utilizzata per intrecciare una corona di spine o una corona di spine. tefillìnGli uomini ebrei erano soliti avvolgere piccoli sacchetti quadrati con nastri intorno alle braccia per pregare.
Studi più avanzati nel campo della geometria sembrano inoltre dimostrare che le radiazioni prodotte, che hanno impresso le immagini sulla tela, sarebbero durate solo pochi secondi e, provenendo da una fonte interna ma indipendente, avrebbero attraversato il corpo stesso ed emesso particelle che avrebbero creato immagini sulla tela, immagini di un corpo vivo e in movimento.
Qualunque siano gli studi attuali e futuri sulla passione, morte e risurrezione di Gesù, ciò che emerge dalla documentazione già disponibile (archeologica, storica, tecnologica, ecc.) non smette di stupire, perché la scienza conferma sempre di più ciò che è descritto nei Vangeli.
Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.