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La nuova luce di Cristo. Prefazione al Natale I

In questo articolo l'autore analizza il Prefazio I del Natale, che si concentra su Cristo come luce del mondo e manifestazione incarnata di Dio.

Giovanni Zaccaria-24 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti
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Mani che tengono una candela (Unsplash / Prateek Gautam)

Il Messale Romano presenta tre prefazi per il tempo di Natale, non legati a giorni specifici, ma da utilizzare per tutto il tempo liturgico. Il primo già dal titoloDe Christo luce- concentra l'attenzione del credente sulla luce che è Cristo.

Questo è il testo del primo Prefazio di Natale. Nei giorni successivi esamineremo gli altri due:

Nel mistero del Verbo fatto carne la nuova luce del tuo splendore è apparsa agli occhi della nostra mente, perché conoscendo visibilmente Dio attraverso di lui siamo conquistati all'amore delle realtà invisibili.

"Quia per incarnáti Verbi mystérium nova mentis nostræ oculis lux tuæ claritátis infúlsit: ut, dum visibíliter Deum cognóscimus, per hunc in invisibílium amórem rapiámur".

Prima prefazione di Natale, in spagnolo e in latino

Il tema della luce è molto presente nei formulari per la celebrazione del Natale. Per citare solo alcuni esempi, nel formulario della Messa della Vigilia, la colletta si apre con un riferimento alla vera luce ("veri luminis illustratione"); lo stesso vale per la colletta della Messa dell'aurora, in cui si parla della nuova luce del Verbo incarnato.

La prima lettura della messa serale cita l'oracolo di IsaiaIl popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; una luce ha brillato su coloro che abitano nel paese delle tenebre" (Is 9,1); così come il salmo responsoriale della Messa dell'Aurora, che è tratto dal Sal 96 (97): "Una luce è spuntata per i giusti".

Una luce nuova, dice il Prefazio, perché mai vista prima: è la luce vera, quella che illumina ogni uomo e che è finalmente venuta nel mondo (cfr. Gv 1,9); è nuova, inoltre, perché portatrice di novità: solo nel Verbo incarnato l'uomo è definitivamente rinnovato; chi nasce è l'Uomo nuovo, la cui natura è da quel momento totalmente rinnovata, perché ha assunto la natura divina.

Tutto inizia con il Natale del Signore

Il riferimento alla luce ci porta direttamente alla Veglia Pasquale, con il suo lucernario, il rito con cui la luce di Cristo ("Lumen Christi") squarcia le tenebre del mondo e apre la via della salvezza. 

Tutto ha inizio qui, in questo Natale del Signore, che manifesta la claritas di Dio ("nova lux tuae claritatis"). Non si tratta di un semplice bagliore o splendore, ma di un vero e proprio riferimento alla divinità di Cristo: infatti, claritas è la traduzione del greco doxa, a sua volta traduzione dell'ebraico kabod, che indica la gloria di Dio che si manifesta in modo particolare negli eventi della salvezza. Si afferma così che in questa notte santissima si è manifestata la gloria stessa dell'Altissimo: Gesù Cristo è "il fulgore della sua gloria ("dóxes autoû") e l'impronta della sua sostanza" (Eb 1,3).

Manifestazione visibile di Dio

Tale grandezza ha brillato davanti agli occhi della nostra mente ("mentis nostræ oculis...infúlsit") attraverso il mistero della Parola Incarnata ("per incarnáti Verbi mystérium"). La locuzione "oculis mentis" indica che il mistero del Verbo può essere conosciuto nella sua profondità solo attraverso la fede; infatti, indica gli occhi dell'anima e apre il gioco di rimandi della seconda parte dell'embolismo prefazionale, tutto giocato sul parallelismo antitetico visibile-invisibile.

In effetti, il mistero del Verbo incarnato è la manifestazione visibile della Dio ("Chi ha visto me ha visto il Padre" (Gv 14,9): in Cristo e grazie a Cristo abbiamo la rivelazione definitiva dell'essenza stessa di Dio. Ed è proprio conoscendo Dio attraverso Gesù Cristo che possiamo essere rapiti dall'amore delle realtà invisibili, cioè di Dio stesso. Questo esprime la forza della rivelazione, che non è una mera conoscenza intellettuale, ma una relazione con una Persona, che si è fatta carne, che si è fatta bambino, perché noi potessimo conoscerlo e amarlo.

L'autoreGiovanni Zaccaria

Pontificia Università della Santa Croce (Roma)

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