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Messaggio per la 58ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni (19 marzo 2021)

Omnes-17 maggio 2021-Tempo di lettura: 7 minuti

Cari fratelli e sorelle:

L'8 dicembre scorso, in occasione del 150° anniversario della proclamazione di San Giuseppe a Patrono della Chiesa universale, è iniziato l'Anno a lui appositamente dedicato (cfr. Decreto della Penitenzieria Apostolica8 dicembre 2020). Da parte mia, ho scritto la Lettera Apostolica Patris corde affinché "cresca l'amore per questo grande santo". È davvero una figura straordinaria, e allo stesso tempo "così vicina alla nostra condizione umana". San Giuseppe non era appariscente, né possedeva carismi particolari, né appariva importante agli occhi degli altri. Non era famoso e non era notato, i Vangeli non riportano una sola parola su di lui. Tuttavia, con la sua vita ordinaria, ha fatto qualcosa di straordinario agli occhi di Dio.

Dio vede il cuore (cfr. 1 Sam 16,7) e in San Giuseppe ha riconosciuto un cuore di padre, capace di dare e generare vita nella quotidianità. Le vocazioni tendono a questo: generare e rigenerare la vita ogni giorno. Il Signore vuole forgiare i cuori dei padri, i cuori delle madri; cuori aperti, capaci di grandi slanci, generosi nel donare, compassionevoli nel consolare l'angoscia e saldi nel rafforzare la speranza. Di questo hanno bisogno il sacerdozio e la vita consacrata, soprattutto oggi, in tempi segnati da fragilità e sofferenze causate anche dalla pandemia, che ha sollevato incertezze e paure sul futuro e sul senso stesso della vita. San Giuseppe ci viene incontro con la sua dolcezza, come il santo della porta accanto; allo stesso tempo, la sua forte testimonianza può guidarci lungo il cammino.

San Giuseppe suggerisce tre parole chiave per la nostra vocazione. Il primo è sogno. Tutti nella vita sognano di realizzarsi. Ed è giusto avere alte aspettative, alti obiettivi piuttosto che obiettivi effimeri - come il successo, il denaro e il divertimento - che non sono in grado di soddisfarci. Infatti, se chiedessimo alle persone di esprimere il loro sogno di vita in una parola, non sarebbe difficile immaginare la risposta: "amore". È l'amore che dà senso alla vita, perché ne rivela il mistero. La vita, infatti, può essere solo ha se daè veramente posseduta solo se è pienamente donata. San Giuseppe ha molto da dirci a questo proposito perché, attraverso i sogni che Dio gli ha ispirato, ha fatto della sua esistenza un dono.

I Vangeli narrano quattro sogni (cfr. Mt 1,20; 2,13.19.22). Erano chiamate divine, ma non erano facili da accettare. Dopo ogni sogno, Giuseppe ha dovuto cambiare i suoi piani e correre dei rischi, sacrificando i propri progetti per sostenere quelli misteriosi di Dio. Si è fidato totalmente. Ma possiamo chiederci: "Cos'è stato un sogno della notte per riporre tanta fiducia in lui? 

Sebbene nell'antichità vi si prestasse molta attenzione, era ancora troppo poco di fronte alla realtà concreta della vita. Nonostante tutto, San Giuseppe si lasciò guidare dai sogni senza esitare: perché? Poiché il suo cuore era orientato verso Dio, era già predisposto verso di Lui. Al suo vigile "orecchio interno" bastava un piccolo segnale per riconoscere la sua voce. Questo vale anche per le nostre chiamate. A Dio non piace rivelarsi in modo spettacolare, forzando la nostra libertà. Ci fa conoscere i suoi piani con dolcezza, non ci abbaglia con visioni sconvolgenti, ma si rivolge al nostro intimo con delicatezza, avvicinandosi intimamente a noi e parlandoci attraverso i nostri pensieri e sentimenti. E così, come ha fatto con San Giuseppe, ci pone obiettivi alti e sorprendenti.

I sogni hanno condotto Giuseppe ad avventure che non avrebbe mai potuto immaginare. La prima ha turbato il suo corteggiamento, ma lo ha reso padre del Messia; la seconda lo ha fatto fuggire in Egitto, ma ha salvato la vita della sua famiglia; la terza ha annunciato il suo ritorno in patria; e la quarta ha cambiato di nuovo i suoi piani, portandolo a Nazareth, proprio il luogo in cui Gesù avrebbe iniziato l'annuncio del Regno di Dio. In tutte queste vicissitudini, il coraggio di seguire la volontà di Dio ha avuto la meglio. 

Questo è ciò che accade in una vocazione: la chiamata divina spinge sempre a uscire, a donarsi, ad andare oltre. Non c'è fede senza rischio. Solo abbandonandosi con fiducia alla grazia, mettendo da parte i propri progetti e le proprie comodità, si dice veramente "sì" a Dio. E ogni "sì" porta frutto, perché aderisce a un disegno più grande, di cui intravediamo solo i dettagli, ma che l'Artista divino conosce e porta avanti, per fare di ogni vita un capolavoro. In questo senso, San Giuseppe è un'icona esemplare dell'accettazione dei piani di Dio. Ma il suo benvenuto è attivoNon è un uomo che si rassegna passivamente. È un protagonista coraggioso e forte" (Lettera ap. Patris corde, 4). Che aiuti tutti, specialmente i giovani in discernimento, a realizzare i sogni che Dio ha per loro; che ispiri l'iniziativa coraggiosa di dire "sì" al Signore, che sorprende sempre e non delude mai.

La seconda parola che segna l'itinerario di San Giuseppe e della sua vocazione è servizio. Dai Vangeli emerge chiaramente che egli visse interamente per gli altri e mai per se stesso. Il popolo santo di Dio lo chiama marito castorivelando così la sua capacità di amare senza trattenere nulla per sé. Liberando l'amore dal desiderio di possesso, si è aperto a un servizio ancora più fecondo, la sua cura amorevole si è diffusa attraverso le generazioni e la sua sollecita protezione lo ha reso patrono della Chiesa. È anche il patrono della buona morte, colui che ha saputo incarnare il senso oblativo della vita. Tuttavia, il suo servizio e i suoi sacrifici sono stati possibili solo perché sostenuti da un amore più grande: "Ogni vera vocazione nasce dal dono di sé, che è la maturazione del semplice sacrificio. Anche nel sacerdozio e nella vita consacrata è richiesta questa maturità. Quando una vocazione, sia essa matrimoniale, celibataria o verginale, non raggiunge la maturità del dono di sé fermandosi solo alla logica del sacrificio, allora invece di diventare segno della bellezza e della gioia dell'amore rischia di esprimere infelicità, tristezza e frustrazione" (ibidem., 7).

Per San Giuseppe il servizio, espressione concreta del dono di sé, non era solo un ideale elevato, ma diventava una regola di vita quotidiana. Si è dato da fare per trovare e adattare un luogo dove far nascere Gesù, si è prodigato per difenderlo dalla furia di Erode organizzando un improvviso viaggio in Egitto, si è affrettato a tornare a Gerusalemme per cercare Gesù quando si era perso, e ha sostenuto la sua famiglia con il frutto del suo lavoro, anche in terra straniera. In breve, si è adattato alle diverse circostanze con l'atteggiamento di chi non si scoraggia se la vita non va come desidera, con l'atteggiamento di chi non si scoraggia se la vita non va come desidera, con l'atteggiamento di chi non si scoraggia se la vita non va come vuole. disponibilità di cui vite da servire

È con questo spirito di obbedienza e sempre sollecito che Giuseppe intraprende i numerosi e spesso inaspettati viaggi della sua vita: da Nazareth a Betlemme per il censimento, poi in Egitto e di nuovo a Nazareth, e ogni anno a Gerusalemme, pronto ad affrontare ogni volta situazioni nuove, senza lamentarsi di ciò che accadeva, pronto a dare una mano per sistemare le cose. Si potrebbe dire che è stato il mano tesa del Padre celeste nei confronti del Figlio sulla terra. Per questo motivo, egli non può che essere un modello per tutte le vocazioni, che sono chiamate a essere la mani diligenti del Padre per i loro figli e figlie.

Mi piace allora pensare a San Giuseppe, custode di Gesù e della Chiesa, come colui che custode delle vocazioni. Il tuo attenzione alla sorveglianza deriva, infatti, dalla sua disponibilità a servire. "Si alzò e prese il bambino e sua madre di notte" (Mt 2,14), dice il Vangelo, sottolineando la sua fretta e la sua dedizione alla famiglia. Non ha perso tempo ad analizzare ciò che non funzionava bene, per non sottrarlo ai suoi assistiti. Questa cura attenta e sollecita è il segno di una vocazione realizzata, è la testimonianza di una vita toccata dall'amore di Dio. Che bell'esempio di vita cristiana diamo quando non perseguiamo ostinatamente le nostre ambizioni e non ci lasciamo paralizzare dalla nostalgia, ma ci prendiamo cura di ciò che il Signore ci affida attraverso la Chiesa! In questo modo, Dio riversa su di noi il suo Spirito, la sua creatività; e opera meraviglie, come in Giuseppe.

Oltre alla chiamata di Dio - che realizza la nostra sogni e della nostra risposta - che si concretizza nella servizio e la cura attenta - c'è un terzo aspetto che attraversa la vita di San Giuseppe e la vocazione cristiana, scandendo il ritmo della vita quotidiana: il fedeltà. Giuseppe è l'"uomo giusto" (Mt 1,19), che nel silenzio faticoso di ogni giorno persevera nell'adesione a Dio e ai suoi progetti. In un momento particolarmente difficile "considera tutte le cose" (cfr. v. 20). Medita, riflette, non si lascia sopraffare dalla fretta, non cede alla tentazione di prendere decisioni affrettate, non segue l'istinto e non vive senza prospettive. Coltiva tutto con pazienza. Sa che l'esistenza può essere costruita solo attraverso la continua adesione a grandi scelte. Ciò corrisponde all'operosità serena e costante con cui svolgeva l'umile mestiere di falegname (cfr. Mt 13,55), con cui non ha ispirato le cronache del tempo, ma la vita quotidiana di ogni padre, di ogni lavoratore e di ogni cristiano nel corso dei secoli. Perché la vocazione, come la vita, matura solo attraverso la fedeltà quotidiana.

Come si alimenta questa fedeltà? Alla luce della fedeltà di Dio. Le prime parole che San Giuseppe udì in sogno furono un invito a non avere paura, perché Dio è fedele alle sue promesse: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere" (Mt 1,20). Non abbiate pauraSono le parole che il Signore rivolge anche a te, cara sorella, e a te, caro fratello, quando, pur tra incertezze e tentennamenti, senti di non poter più rimandare il desiderio di donargli la tua vita. Sono le parole che vi ripete quando, ovunque siate, magari in mezzo a prove e incomprensioni, lottate ogni giorno per compiere la sua volontà. Sono le parole che si riscoprono quando, lungo il cammino della chiamata, si ritorna al primo amore. Sono le parole che, come un ritornello, accompagnano chi dice sì a Dio con la propria vita, come San Giuseppe, nella fedeltà di ogni giorno. 

Questa fedeltà è il segreto della gioia. Nella casa di Nazareth, dice un inno liturgico, c'era "una gioia limpida". Era la gioia quotidiana e trasparente della semplicità, la gioia di chi custodisce ciò che è importante: la vicinanza fedele a Dio e al prossimo. Come sarebbe bello se la stessa atmosfera semplice e luminosa, sobria e speranzosa, permeasse i nostri seminari, i nostri istituti religiosi, le nostre case parrocchiali! 

È la gioia che desidero per voi, fratelli e sorelle che avete generosamente reso Dio il sogno della loro vita, per servirlo nei fratelli e nelle sorelle affidati alle loro cure, per mezzo di una fedeltà che è di per sé una testimonianza, in un'epoca segnata da scelte passeggere e da emozioni che svaniscono senza lasciare alcuna gioia. Che San Giuseppe, custode delle vocazioni, li accompagni con il cuore di un padre.

Grazie.

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