Quando Mosè persiste nella preghiera, Giosuè sconfigge Amalek. Ma se le sue braccia cadono per la fatica, Giosuè perde la battaglia. È faticoso tenere le braccia alzate per molto tempo: è un'immagine della stanchezza della preghiera. L'aiuto delle persone che ci amano, di Aronne e di Korah per Mosè, ci sostiene: continuiamo a pregare.
Paolo scrive a Timoteo di altri aspetti della fermezza: nella fede che ha ricevuto e nell'istruzione delle Scritture, di cui loda l'efficacia: essa serve a insegnare, convincere, correggere, educare, maturare l'uomo di Dio e prepararlo per ogni opera buona. Non è cosa da poco! Timoteo è anche incoraggiato a insistere sulla proclamazione della parola, ammonendo, rimproverando ed esortando. In ogni caso, ciò che renderà efficace il suo discorso, anche se il momento non è quello giusto, è la forma: "con tutta la magnanimità". Con un cuore grande, con la carità come criterio di fondo, gli ricorda Paolo.
La parabola della vedova che insiste con il giudice è raccontata solo da Luca, che la introduce già con l'interpretazione: la necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. I protagonisti della storia sono la vedova, il giudice e l'avversario. Una vedova a quel tempo rappresentava il massimo della povertà e della fragilità. Forse anche i primi cristiani si sentivano così nei confronti dei loro avversari. Gesù delinea una differenza totale tra il giudice e Dio. Un giudice che non teme Dio e non ha riguardo per nessuno è la cosa peggiore che possa capitare: l'obbedienza al comando di Dio di amare e servire il prossimo non lo tocca, così come il rispetto della dignità umana. Si muove solo perché l'insistenza della vedova nuoce al suo benessere. Paradossalmente, Gesù propone lo stesso comportamento nella preghiera: essere insistenti, gridare a Dio giorno e notte, e ci assicura che Dio verrà subito a farci giustizia. Si potrebbe obiettare: se Dio è così diverso dal giudice, nella sua paternità e misericordia, perché è così necessario gridare a lui notte e giorno? E ancora: l'esperienza dei credenti è che a volte Dio non sembra intervenire o è lento a rispondere. Si può rispondere che il dono della preghiera è, in gran parte, la preghiera stessa, che ci mette in comunione con Dio, ci fa credere in lui, ci esercita alla speranza e all'abbandono fiducioso, ci porta ad amare e ad essere amati da lui. La preghiera ci permette di vincere l'Amalek che ci aspetta e ci tenta di diffidare di Dio e del suo amore, di vederlo come un nemico. Vincendo Amalek ci convertiamo e abbiamo la certezza che Dio viene subito in nostro aiuto, dandoci la fede di vedere le cose della vita come le vede Lui, e di abbandonarci alla sua volontà: in questo modo Dio risolverà tutto, ma a suo modo e a suo tempo.
Omelia sulle letture della domenica 29
Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.