Quali sono stati il primo messaggio e il primo grande evento dell'Anno Santo? Il Papa li ha dedicati al mondo della comunicazione. È successo poco prima del suo ricovero in ospedale.
Come spesso accade, ci sono due possibili letture dei suoi insegnamenti. La prima, quella dei suoi interlocutori immediati, non solo quelli presenti in Piazza San Pietro, ma in questo caso tutti i comunicatori professionisti. In secondo luogo, quella di tutti i cristiani, e persino di tutte le persone, che sono chiamate a comunicare, in questo caso tutti i comunicatori professionisti. Anno giubilaresoprattutto la speranza.
Comunicatori di speranza
Nel suo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali (datata 24 gennaio 2025, la Giornata sarà celebrata il 1° giugno) e nel quadro dell'anno giubilare, Francesco invita soprattutto i professionisti del settore a essere comunicatori di speranza.
Come: "A partire da un rinnovamento del suo lavoro e della sua missione nello spirito del Vangelo.".
Nell'introduzione al suo messaggio, Francesco guarda al modo in cui viene presentata la comunicazione oggi (spesso piena di pregiudizi e che provoca odio e ferite). E sottolinea, come in altre occasioni, "la necessità di "disarmare" la comunicazione, di depurarla dall'aggressività"La comunicazione disarmante è un prerequisito per una comunicazione corretta.
In secondo luogo, spiega, non dobbiamo ridurre la comunicazione di oggi a una slogan, che minaccia di rendere Il paradigma della competizione, della contrapposizione, del desiderio di dominare e possedere, della manipolazione dell'opinione pubblica, "prevale".".
C'è anche un terzo fenomeno preoccupante: il ".dispersione programmata dell'attenzione". Vale a dire, il fatto che i sistemi digitali ci plasmano secondo le leggi del mercato e modificano la nostra percezione della realtà. Ci rendono individualisti, disinteressati al bene comune e incapaci di ascoltare per capire gli altri, i loro volti diventano sfocati e possiamo facilmente trasformarli in "nemici". Nel frattempo, di fronte a questa distorsione della realtà, la speranza diventa difficile.
Il successore di Pietro cita qui Bernanos: "Solo chi ha avuto il coraggio di disperarsi delle illusioni e delle menzogne in cui ha trovato una sicurezza che ha falsamente preso per speranza, solo speranza. [...] La speranza è un rischio da correre. È persino il rischio dei rischi". (Libertà per cosa? Madrid 1989, 91-92).
Ma, avverte il Papa, per i cristiani la speranza - una virtù nascosta, costante e paziente - è indispensabile.
E perché? Perché, come ha detto Benedetto XVI, è una virtù "performativa", cioè capace di cambiare la vita: "Chi ha speranza vive in modo diverso; gli è stata data una vita nuova". (enc. Spe salvi, n. 2).
Il messaggio di Francesco suggerisce poi tre modi di comunicare, soprattutto per i cristiani, ma in vario modo anche per molti altri: dare ragione della nostra speranza; aspettare insieme; non dimenticare il cuore. Il primo, tratto da San Pietro; il secondo, sviluppato da Benedetto XVI nell'enciclica Spe salvi (2007); il terzo, legato al magistero di Papa Francesco, soprattutto nella sua enciclica Dilexit noi ("Ci ha amati", 2024).
Dare ragione della nostra speranza
"Per rendere ragione con mitezza della speranza che è in noi", propone il Papa, seguendo la prima lettera di Pietro (cfr. 3, 15-16). In essa Francesco vede la relazione tra speranza, testimonianza e comunicazione cristiana. Fondati su Cristo risorto, dobbiamo rendere conto - con dolcezza e rispetto - della nostra speranza. Cristo vive con noi attraverso lo Spirito Santo che ci ha donato e che arriva a ciascuno di noi attraverso il battesimo.
In questa lettera di San Pietro, Francesco individua tre messaggi:
In primo luogo, per quanto riguarda il fondamento della nostra speranza. Ciò che rende possibile e realistica la speranza è che Cristo vive e lo Spirito Santo opera in noi la vita e la potenza di Cristo.
In secondo luogo, in termini di responsabilità: dobbiamo essere disposti (e la comprensione del Papa di questa "disponibilità" è molto esigente) a dare una "ragione" alla nostra speranza. È esigente perché non significa solo parlare, ma anche riflettere. la bellezza del suo amore, un nuovo modo di vivere tutte le cose".". E questo perché "È l'amore vissuto che solleva la domanda e chiede la risposta: perché vivono così, perché sono così?".
Terzo messaggio, non appena nel modo in cui per dare una ragione alla nostra speranza. San Pietro dice: "con delicatezza e rispetto".. E Francesco aggiunge: con dolcezza e vicinanza, come compagni di strada, seguendo l'esempio di Gesù con i discepoli sulla strada di Emmaus.
"Ecco perché -Il Papa sottolinea nel linguaggio dei tessitori di sogni, Sogno una comunicazione che ci renda compagni di strada di tanti nostri fratelli e sorelle, per riaccendere in loro la speranza in un tempo così travagliato.". Tale comunicazione deve essere "in grado di parlare al cuore, di non suscitare reazioni passionali di isolamento e rabbia, ma atteggiamenti di apertura e amicizia."; da "scommettere sulla bellezza e sulla speranzaa anche nelle situazioni apparentemente più disperate"; "in grado di generare impegno, empatia, interesse per gli altri"per aiutarci a riconoscere la dignità di ogni essere umano e [prendersi cura] insieme della nostra casa comune" (enc. Dilexit noi, 217).
E continua sottolineando il legame tra comunicazione e speranza: ".Sogno una comunicazione che non venda illusioni o paure, ma che sappia dare ragioni di speranza." (ed evoca lo stile di Martin Luther King). Ma questo ci chiede di guarire dall'autoreferenzialità e dai discorsi inutili. In questo modo potremo far sentire gli altri inclusi nella speranza che proponiamo ed essere "pellegrini della speranza", come dice il motto del Giubileo.
La speranza è vissuta insieme
Il Giubileo proclama la speranza come progetto personale e comunitario. Camminiamo - viviamo - insieme e insieme attraversiamo la Porta Santa.
Ed è per questo che il Giubileo, sottolinea Francesco, ha molte implicazioni sociali. Siamo interpellati da chi è in carcere, da chi soffre o è emarginato.
Ai comunicatori, in quanto parte di coloro che lavorano per la pace che "Saranno chiamati figli di Dio". (Mt 5, 9) il Giubileo ci chiede un "comunicazione attenta, pacata, riflessiva, capace di indicare vie di dialogo".
Per questo motivo il successore di Pietro li incoraggia a dire "Storie di bene". nascosto nelle pieghe della cronaca; come se imitasse i cercatori d'oro che setacciano la sabbia alla ricerca della piccola pepita. "È bello trovare questi semi di speranza e farli conoscere.".
La speranza è opera del cuore
La speranza - osserva il Papa - è vissuta dal cuore. Questo significa "essere gentili e non dimenticare mai il volto dell'altro; parlare con il cuore". Non lasciatevi trasportare da reazioni istintive, ma "...".seminare sempre la speranza, anche quando è difficile, anche quando è dura, anche quando sembra che non porti frutto".
La speranza ci porta a cercare di praticare una comunicazione che sappia "curare le ferite della nostra umanità".
Qui Francesco dà una chiave centrale: la fiducia del cuore. Infatti, la speranza ha a che fare essenzialmente con la fiducia (con la fede, già a livello umano) e con l'amore. La fiducia-speranza, chiamiamola così, che il futuro sarà migliore per i bambini, per i ragazzi, per i poveri.
Nessuno nega che si tratti di una sfida, ma ne abbiamo un gran bisogno: "Abbiamo bisogno di un modo nuovo, più efficiente, piùcomunicazione non ostile, diffondere una cultura dell'assistenza, costruire ponti e rompere i muri visibili e invisibili del nostro tempo."; a "raccontare storie piene di speranza, tenendo conto del nostro destino comune e scrivendo insieme la storia del nostro futuro". E poiché il Papa parla a nome dei cristiani (anche se non esclusivamente), conclude che tale comunicazione è possibile con la grazia di Dio, che il Giubileo ci aiuta a ricevere in abbondanza.
La vocazione dei giornalisti
Il 25 gennaio si è svolto il Giubileo dei comunicatori., primo evento dell'Anno Santo.
Nel suo discorso, che non ha letto ma a cui ha rimandato i partecipanti, Francesco ha iniziato ricordando coloro che hanno perso la vita nel servizio di questo compito - più di 120 solo nell'ultimo anno - e coloro che sono in carcere per essere stati fedeli al mestiere di giornalista - più di 500. Per questi ultimi ha chiesto la liberazione e ha difeso la libertà di stampa e di pensiero insieme al diritto a un'informazione veritiera.
La vocazione e la missione dei giornalisti", ha detto, "sono fondamentali nella nostra società. Nella comunicazione non conta solo ciò che si racconta - i fatti - ma anche il modo in cui lo si fa, per alimentare la speranza, costruire ponti e aprire porte, non il contrario".
Coraggio e liberazione del cuore
Nel dialogo con i giornalisti, Francesco ha poi approfondito due domande che gli sono state rivolte.
Prima di tutto, il coraggio: "quella spinta interiore, quella forza che viene dal cuore e che ci permette di affrontare le difficoltà e le sfide senza essere sopraffatti dalla paura.".
La parola "coraggio" - aggiunge il Papa - potrebbe riassumere tutte le riflessioni delle Giornate Mondiali delle Comunicazioni Sociali degli ultimi anni.
All'appello per la liberazione dei giornalisti detenuti, Francesco aggiunge ora quello per la liberazione dei giornalisti detenuti. appello del "liberazione della forza interiore del cuore"..
Il Papa ci esorta ad approfittare del Giubileo per rinnovare o riscoprire questo coraggio. In cosa consiste?
"Riportiamo al centro del nostro cuore il rispetto per ciò che di più alto e nobile c'è nella nostra umanità, evitiamo di riempirlo con ciò che lo fa marcire e decadere. Le scelte che ognuno di noi compie contano, ad esempio, per espellere quel "marciume cerebrale" provocato dalla dipendenza dalla continua scorrimentoSlippage" sui social media, scelta dall'Oxford Dictionary come parola dell'anno".
E il Papa si chiede: "Dove possiamo trovare la migliore cura per questa malattia se non lavorando insieme sull'istruzione, soprattutto per i giovani?"
Per fare questo, propone, abbiamo bisogno di una "alfabetizzazione ai mediaL'obiettivo è l'educazione al pensiero critico e al discernimento, in modo da crescere personalmente e partecipare attivamente alle nostre comunità.
"Abbiamo bisogno di imprenditori coraggiosi, di ingegneri informatici coraggiosi, affinché la bellezza della comunicazione non venga corrotta. Il grande cambiamento non può essere il risultato di una moltitudine di menti addormentate, ma inizia con la comunione di cuori illuminati.".
Come San Paolo, che si convertì in seguito all'incontro con la luce di Cristo risorto sulla via di Damasco e alla successiva spiegazione datagli da Anania, anche l'opera di comunicazione può rendere questo servizio: "... la luce di Cristo risorto è la luce di Cristo risorto".Trovare le parole giuste per quei raggi di luce che possono toccare il cuore e farci vedere le cose in modo diverso.".
Raccontare e condividere la speranza
San Paolo racconta per tre volte l'evento della sua conversione nel libro degli Atti degli Apostoli. In occasione di questo Giubileo, il successore di Pietro esorta i comunicatori:
"Raccontate anche storie di speranza, storie che nutrono la vita. Che la vostra arte di raccontare storie (storytellling) è anche l'arte di raccontare storie di speranza (hopetelling). Quando contate il male, lasciate spazio alla possibilità di riparare ciò che è lacerato, in modo che il dinamismo del bene possa riparare ciò che è rotto. Seminare domande".