Proseguendo con il Vangelo di Marco, avremmo letto della moltiplicazione dei pani a beneficio della moltitudine, che Gesù vide "come pecore senza pastore e che non avevano nulla da mangiare. La scelta della liturgia è invece quella di allargare la riflessione teologica su questo episodio; e così per cinque domeniche leggiamo il sesto capitolo di Giovanni, dove, dopo la moltiplicazione dei pani, si apre il discorso sul pane della vita, la rivelazione di Gesù a noi del mistero della sua presenza nel pane che ci darà, e con esso, la vita eterna. Il fatto che la moltiplicazione dei pani e dei pesci sia l'unico miracolo raccontato dai quattro Vangeli, e che Matteo e Marco lo raccontino due volte, rivela un significato profondo: è un segno decisivo per comprendere Gesù nella sua compassione per la sofferenza umana, e anche nel suo progetto di entrare in comunione con tutta l'umanità, attraverso i secoli, attraverso l'Eucaristia.
Nel racconto di Giovanni notiamo che la folla segue Gesù perché guarisce i malati. Sale sulla montagna e si siede lì. La montagna era il luogo in cui Dio diede a Mosè la legge, scritta su tavole di pietra. Quando Gesù sale su un monte si prepara a darci qualcosa della nuova legge che scrive sui cuori. La Pasqua è vicina: ciò che Gesù sta per fare è intimamente legato alla Pasqua della sua futura redenzione. Gesù guarda in alto, come quando prega: guardando con il cuore la povertà degli uomini, è come se pregasse, e il Padre lo ascolta. Vuole coinvolgere Filippo e gli chiede come sfamare questa gente, anche se sa già quale sarà la soluzione. Gesù è anche un maestro della capacità di collaborare. Filippo e Andrea vedono le cose dal punto di vista delle forze umane: duecento denari, ovvero cinque pani d'orzo e due pesci, non sono sufficienti per nessuno.
La risorsa viene da un bambino che rinuncia spontaneamente al suo cibo: dà tutto ciò che è suo. La Chiesa ha bisogno dell'entusiasmo e della follia dei giovani. Abbiamo bisogno della novità del pane d'orzo, che in primavera è il primo dei cereali a dare i suoi frutti. Il luogo scelto da Gesù è bello nel paesaggio, è comodo sull'erba dove tutte queste persone possono sedersi. Secondo Giovanni, è Gesù stesso a distribuire il pane dopo aver reso grazie, la preghiera che dà il nome all'Eucaristia. Forse i discepoli lo aiutano: ci sono cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Ma è bello vedere che è Gesù stesso a darci il pane. Sicuramente i dodici raccolgono gli avanzi: un cesto a testa. Così sentono quanto pesa: così si incide per sempre nella loro memoria che la generosità di Dio è sovrabbondante, che l'Eucaristia è inesauribile.