Gesù è grato per l'ospitalità di Marta, che lo accoglie nella sua casa e fa tutto il possibile perché lui, con i suoi discepoli, possa riposare e recuperare le forze. Gesù conosce bene Marta e Maria. Le due sorelle hanno con lui un rapporto semplice e diretto che vorremmo imitare. Si nota che hanno un carattere diverso: Marta è estroversa e sfrenata, Maria silenziosa e riflessiva.
Nel suo lavoro, a Marta accade qualcosa che può accadere a chiunque. Se siamo pressati dalle urgenze, dalle scadenze, dalla paura di non essere all'altezza del compito, dal desiderio di non sfigurare, dal non saper dare priorità a due richieste simultanee, possiamo perdere la pazienza, e allo stesso tempo perdere la giusta prospettiva delle cose e il senso del perché le facciamo.
Così ci mettiamo al centro della scena e cominciamo a protestare, anche se solo interiormente, con le persone da cui ci aspettiamo un aiuto che non arriva. Tutto è trascinato dall'impazienza: i fratelli, le sorelle, persino Dio che ci ha messo in questa situazione e non risponde alla preghiera come vorremmo, secondo il nostro comando.
Se poi ci capita, come è successo a Marta, che quando guardiamo la persona che dovrebbe capirci e aiutarci, scopriamo che si sta godendo la vita, facendo quello che noi vorremmo fare ma non possiamo, siamo sopraffatti dal vittimismo, esacerbato da un'invidia nascosta. Anche Marta avrebbe voluto sedersi ad ascoltare Gesù, ma pensa di non poterlo fare: ci sono troppe cose da fare.
Gesù ripete il suo nome due volte: "Marta, Marta"Lo stesso fa nel Vangelo di Luca con Simone, quando gli dice di aver pregato per lui prima di annunciare il suo rinnegamento, e con Gerusalemme, quando rivela alla città amata che avrebbe voluto radunare i suoi figli come una gallina raduna i suoi pulcini. È un modo per dirle con tenerezza che la ama così com'è.
Ama il suo carattere impetuoso, come ama il carattere mite di Maria.
Ama il suo lavoro di servizio, ma proprio per questo desidera per lui una felicità maggiore e più duratura, e così gli dà il rimedio: deve parlargli, come fa Maria, ascoltarlo, non perderlo di vista quando lavora per lui, amarlo come lui desidera essere amato.
Apprezza il suo cibo, ma gode di più della sua compagnia serena e del suo amore liberato dal suo ego prepotente: per tre volte ha parlato di sé in poche parole: "Mia sorella mi ha lasciato solo, dille di aiutarmi"..
La parte che Maria ha scelto può essere meglio tradotta dal greco come "la parte buona", senza confronto. È stare con Gesù, amarlo, prima del lavoro e durante il lavoro. Una parte che non si perde mai e che è capace di rendere buona ogni azione, ogni giorno, ogni lavoro, ogni servizio, ogni apostolato, ogni vita.
L'omelia sulle letture della domenica 16
Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.