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Cosa dice il nuovo rescritto del Papa sulla "Traditionis custodes"?

La pubblicazione il 21 febbraio di un rescritto sul Motu Proprio Traditionis Custodes conferma, da un lato, la limitazione della liturgia prima del Concilio Vaticano II e, dall'altro, che la liturgia può essere cambiata solo in virtù del servizio della fede e nel rispetto religioso del mistero della liturgia.

Juan José Silvestre-21 febbraio 2023-Tempo di lettura: 3 minuti
Massa

Il bollettino della Sala Stampa della Santa Sede del 21 febbraio 2023 riporta che nell'udienza che il Santo Padre Papa Francesco ha concesso al Cardinale Prefetto del Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti lunedì 20 febbraio, ha confermato due dettagli del motu proprio Traditionis custodes la cui applicazione potrebbe incontrare qualche resistenza o confusione.

a) In primo luogo, il rescritto si riferisce a quanto affermato nell'articolo 3 §2 del motu proprio "...".Traditonis custodes". Si legge:

Articolo 3: Il vescovo, nelle diocesi in cui vi è finora la presenza di uno o più gruppi che celebrano secondo il messale della riforma precedente al 1970, dovrà:

§ 2. indicare uno o più luoghi dove i fedeli appartenenti a questi gruppi possano riunirsi per la celebrazione dell'Eucaristia (non nelle chiese parrocchiali e senza erigere nuove parrocchie personali).

Il rescritto pubblicato oggi recita:

"Si tratta di dispense riservate in modo speciale alla Sede Apostolica (cfr. CIC can. 87 §1):

- l'uso di una chiesa parrocchiale o l'erezione di una parrocchia personale per la celebrazione dell'Eucaristia utilizzando il Missale Romanum del 1962 (cfr. Traditionis custodes art. 3 §2);

Se si leggono entrambi i testi con una certa attenzione, conoscenza della lingua e buona volontà, si giunge alla conclusione che nulla è cambiato, o almeno che non ci sono nuove restrizioni alla liturgia tradizionale, né nuovi obblighi per i vescovi. È stato semplicemente chiarito un punto.

In altre parole, il vescovo, come già affermato nel motu proprio del luglio 2021, non può designare una chiesa parrocchiale o creare nuove parrocchie personali come luoghi per la celebrazione dell'Eucaristia con il Missale Romanum del 1962.

Quali sono le novità del rescritto?

La chiave è il canone 87 della Codice di Diritto Canonico Il vescovo diocesano, ogni qualvolta, a suo giudizio, ciò sia utile al bene spirituale dei fedeli, può dispensare i fedeli dalle leggi disciplinari, sia universali che particolari, promulgate per il suo territorio o per i suoi sudditi dalla suprema autorità della Chiesa; ma non dalle leggi processuali o penali, né da quelle la cui dispensa è riservata in modo particolare alla Sede Apostolica o ad altra autorità".

Così, secondo il motu proprio "Traditionis custodes", il vescovo non poteva né designare una chiesa parrocchiale né creare una nuova parrocchia personale come luogo di celebrazione con il Messale del 1962, ma alcuni vescovi avevano capito che potevano dispensare da questa legge per il bene spirituale dei fedeli. Riservando questa dispensa in modo speciale alla Sede Apostolica, questa dispensa da parte del vescovo non è più possibile.

b) In secondo luogo, fa riferimento all'articolo 4 del Motu Proprio, che recita:

I sacerdoti ordinati dopo la pubblicazione del presente motu proprio, che desiderano celebrare con il Missale Romanum del 1962, devono presentare una richiesta formale al vescovo diocesano, che consulterà la Sede Apostolica prima di concedere l'autorizzazione.

Il rescritto conferma quanto detto sopra quando afferma:

"Si tratta di dispense riservate in modo speciale alla Sede Apostolica (cfr. CIC can. 87 §1):

- la concessione della licenza ai sacerdoti ordinati dopo la pubblicazione del motu proprio "Traditionis custodes" di celebrare con il Missale Romanum del 1962.

Anche in questo caso possiamo dire che non c'è alcuna variazione e vale lo stesso discorso fatto in precedenza. Il vescovo non poteva concedere l'autorizzazione senza consultare la Sede Apostolica. Ora viene chiarito che solo la Santa Sede può concedere tale licenza e questa disposizione, ora riservata in modo speciale alla Santa Sede, non è dispensabile dal vescovo.

In conclusione, si può affermare che il rescritto non aggiunge nulla che non fosse già presente nella lettera e soprattutto nella uomo del motu proprio "Traditionis custodes". Alcuni vescovi possono aver capito che, per il bene dei fedeli, si può rinunciare ad alcune disposizioni del motu proprio. Riservando queste disposizioni in modo speciale alla Sede Apostolica, si chiarisce ai vescovi cosa possono o non possono fare.

Il rescritto odierno sembra confermare, almeno per il momento, due punti: in primo luogo, il uomo delle disposizioni riguardanti la liturgia prima della riforma conciliare, è che essa debba essere limitata il più possibile, possibilmente con l'obiettivo della sua scomparsa. In secondo luogo, non proibendo la liturgia tradizionale, il Santo Padre mantiene il pieno rispetto della fede cattolica, secondo la quale una liturgia ortodossa, come quella celebrata nel Missale Romanum del 1962 e negli altri libri liturgici precedenti alla riforma liturgica, non può essere proibita nemmeno dalla suprema autorità della Chiesa.

Infatti, come ricorda il Catechismo della Chiesa cattolica, citando il Concilio Vaticano II, la liturgia è un elemento costitutivo della Tradizione santa e vivente (cfr. Dei Verbum8), né l'autorità suprema della Chiesa può cambiare la liturgia a suo piacimento, ma solo in virtù del servizio della fede e nel rispetto religioso del mistero della liturgia (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1124-1125).

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