Il santo patriarca - come viene anche chiamato - era pienamente consapevole dello status divino di Gesù, perché sapeva che era il figlio di Dio, nato da Maria per opera dello Spirito Santo.
San Giuseppe era ovviamente consapevole che Dio aveva assunto la natura umana, scegliendo come madre sua moglie, che era sempre vergine: prima, durante e dopo il parto.
Lungi dal tenere le distanze da questo Bambino generato dallo Spirito Santo, lo accoglierà come un buon padre e gli darà tutto il suo affetto e i suoi insegnamenti. Egli ebbe il coraggio di assumere il suo ruolo di padre legale di Gesù, una volta che l'angelo gli rivelò in sogno (Mt 1,21) l'origine divina del Bambino e la sua missione salvifica.
La paternità di Giuseppe era quindi unica, perché lui, come Gesù e Maria, sapeva di essere figlio di Dio. Ma questo non gli ha impedito di essere un padre autentico - un padre molto umano - e di imparare il "mestiere" - e i vantaggi - di essere padre.
Gesù è stato riconosciuto dai suoi contemporanei come il figlio di Giuseppe, o del falegname. E non in altro modo. Questo si riflette nei Santi Vangeli. In altre parole, ciò che era rilevante per gli amici e i vicini della Sacra Famiglia era proprio questa relazione paterno-filiale, come la caratteristica più evidente di questo Bambino divino, figlio dei suoi concittadini Myriam e Giuseppe.
Un vero padre per suo figlio
Con quale amore Giuseppe avrebbe amato Gesù, se non con un amore pieno, da vero padre che sapeva essere suo figlio?
Possiamo quindi immaginare il dolore di Giuseppe quando sentì in sogno dall'angelo (Mt 2,13) che Erode stava cercando il Bambino, suo figlio, per ucciderlo. E, allo stesso modo, la gioia di averlo salvato da questo omicidio rifugiandosi in Egitto fino alla morte di quel sovrano. O la ricerca sconsolata del Bambino perduto (Lc 2, 44-45), finché non lo trovarono con Maria nel tempio a insegnare ai dottori della legge.
In ogni caso, anche come buon marito di Maria, sarebbe andato con lei, contrastando tutto ciò che percepiva di Dio e tutto ciò che la affliggeva. Una moglie come nessun'altra, sulla quale colui che gli era stato affidato avrebbe fatto affidamento, che avrebbe amato incondizionatamente e dalla quale avrebbe percepito quell'amore totale. Una moglie di cui fidarsi, con cui camminare, da educare e amare entrambi, ben unita, al Figlio di Dio.
L'amore di Giuseppe per il figlio sarebbe ispirato dai vari riferimenti alla tenerezza presenti nelle Sacre Scritture (Sal 103,13; Sal 145,9), come sottolinea il Santo Padre nella Patris Corde. La tenerezza di un padre, ecco cosa avrebbe mostrato Giuseppe a Gesù. Allo stesso tempo sarebbe, come si dice, "...".il rude e il burrascoso"Perché educare è gioioso e costoso, e questa gioia e questo costo non sarebbero stati risparmiati al santo patriarca.
La Sacra Scrittura (Lc 2,52) sottolinea che Gesù cresceva in statura e sapienza davanti a Dio e agli uomini. Questo grazie a San Giuseppe, che ha esercitato la sua paternità in modo responsabile e coscienzioso, insegnando al Bambino tutto ciò che era in suo potere per formare l'Uomo che avrebbe portato avanti la missione dell'unigenito Figlio di Dio. Lo avrebbe introdotto all'esperienza della vita; lo avrebbe formato, dopo tutto, alla libertà e alla responsabilità.
Strumento fedele
La "piccolezza" che un semplice falegname o artigiano avrebbe provato di fronte alla grandezza dell'opera che Dio gli aveva affidato - essere il padre legale di suo Figlio, cioè essere il padre di Dio - lo avrebbe portato ad affidarsi totalmente al Creatore, che aveva disposto che fosse così.
Solo abbandonato nelle mani di Dio poteva portare a termine la sua missione. Da qui il suo atteggiamento di generosa accettazione della volontà divina per realizzare il piano stabilito; da qui il suo attento ascolto in sogno di ciò che gli veniva detto per poterlo realizzare il più fedelmente possibile.
Uomo umile, è appena accennato nel Nuovo Testamento: nei passi della Natività del Signore e nella sequenza che si riferisce al momento in cui Gesù si perse e fu ritrovato dai suoi genitori nella predicazione al tempio. Inoltre, non ha lasciato traccia del suo futuro, perché non sappiamo quando e come sia morto.
Non era ricco, era solo uno dei suoi; senza dubbio con una personalità forte e determinata a fare ciò che faceva, non spaventato o impaurito dalla vita, risoluto di fronte ai compiti che il Signore gli affidava.
Fedele e dedito alla sua missione, non avrebbe mai contestato la volontà di Dio, che talvolta gli giungeva attraverso gli angeli: obbediva. E questo nonostante i costosi cambi di programma, l'interruzione dei legami di amicizia, il radicamento in luoghi diversi, perché ogni cambio di città - Betlemme, Egitto, Nazareth... - significava tagliare i ponti con il passato e ricominciare da capo. Ma sempre confidando nella divina provvidenza!