Gli insegnamenti del Papa

Sul Vescovo di Roma e la sinodalità

Il documento "Il Vescovo di Roma", pubblicato dal Dicastero per l'Unità dei Cristiani, offre una visione della figura del Papa da una prospettiva ecumenica e sinodale.

Ramiro Pellitero-4 luglio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti
vaticano piatto

Una mappa del Vaticano

Come deve essere compreso ed esercitato il ministero del Papa? Si tratta di una questione centrale per la Chiesa cattolica, per le sue relazioni con le altre Chiese e comunità cristiane e per lo sviluppo della sua missione evangelizzatrice. 

Questo è ciò che il documento di studio pubblicato dal Dicastero per l'Unità dei Cristiani con il titolo "Il Vescovo di Roma. Primato e sinodalità nel dialogo ecumenico e risposte all'enciclica 'Ut unum sint'" (13-VI-2024).

In quell'enciclica, San Giovanni Paolo II invitava nel 1995 a ripensare le modalità con cui il Papa può esercitare il suo ministero, affinché "possa svolgere un servizio di fede e di amore" riconosciuto da tutti gli interessati (n. 95). Da allora, l'attuale Dicastero, già Pontificio Consiglio per l'Unità dei Cristiani, è impegnato a raccogliere le risposte a questo invito, in particolare quelle derivanti dai dialoghi teologici dell'ecumenismo.  

Nel sottotitolo, "primato e sinodalità" indica non solo la circostanza del processo sinodale attualmente in corso come riferimento, ma, più profondamente, che la figura del primato e il suo ministero devono essere espressi nel quadro della sinodalità della Chiesa. 

Il testo risponde anche alle conclusioni del Papa FrancescoOggi il ministero petrino non può essere pienamente compreso senza questa apertura al dialogo con tutti i credenti in Cristo" (Omelia alla vigilia della Conversione di San Paolo, 25 gennaio 2014).

Per ragioni di spazio, ci limitiamo qui a presentare le principali questioni teologiche coinvolte e le proposte finali del Dicastero alla Chiesa cattolica nel suo complesso.

Questioni teologiche fondamentali

Francesco ha osservato: "Il cammino dell'ecumenismo ci ha permesso di giungere a una comprensione più profonda del ministero del Successore di Pietro, e dobbiamo confidare che continuerà a farlo in futuro" (Omelia alla vigilia della Conversione di San Paolo, 25 gennaio 2014). 

Come frutto dei dialoghi ecumenici, sono state identificate quattro questioni in cui sono emersi nuovi approcci o sfumature.

1) I fondamenti biblici del ministero petrino. Si riconosce il posto speciale di Pietro, come credente e come apostolo, tra i dodici apostoli; e che, proprio per la sua fragilità, fa risplendere maggiormente la grazia di Dio e il capitale primordiale di Cristo nella Chiesa. Così "nella confessione di fede della Chiesa emergono tre dimensioni fondamentali: una dimensione comunitaria, una dimensione collegiale e una dimensione personale" (n. 37). D'altra parte, si distingue tra la "Chiesa madre" (di Gerusalemme) nel Nuovo Testamento e il successivo primato della Chiesa di Roma.

Oltre a riconoscere il posto speciale di Pietro, si sottolinea la categoria dell'episcopato con la reciproca interdipendenza di aiuto e servizio tra i suoi membri e al servizio di tutta la Chiesa. In questo contesto, si comprende il significato dell'autorità nella Chiesa e della "funzione petrina" con il compito speciale di curare ed esprimere l'unità, facilitare la comunicazione, l'aiuto o la correzione reciproca e la collaborazione nella missione. Come successore di Pietro, il Vescovo di Roma ha il primato.   

2) Il "diritto divino" è stato un argomento utilizzato dal Concilio Vaticano I (1870) nella sua dichiarazione sul primato romano (cost. "Pastor aeternus"), mentre sia gli ortodossi che i protestanti lo consideravano semplicemente uno sviluppo umano o storico. Oggi questa espressione, ius divinum (così come altre come "ufficio petrino"), è compresa nel contesto di un primato universale concepito all'interno della collegialità dei vescovi, della koinonia-comunione e della dimensione storica della Chiesa. L'essenza (dottrinale) del primato può essere vissuta (ed è stata vissuta) in forme (storiche) molto diverse. 

3) e 4) Per quanto riguarda le definizioni del Vaticano I sul primato della giurisdizione e sull'infallibilità papale, diversi gruppi di dialogo teologico-ecumenico hanno segnalato la necessità di approfondire l'interpretazione delle definizioni dogmatiche del Vaticano I, "non isolatamente, ma alla luce del Vangelo, di tutta la tradizione e nel loro contesto storico" (n. 59). 

Approfondire il Vaticano I alla luce del Vaticano II

Per quanto riguarda quest'ultimo, il contesto storico, vanno ricordati: i rischi del conciliarismo; l'interruzione del Concilio a causa dello scoppio della guerra franco-prussiana; la distinzione tra le affermazioni del Concilio e le sue intenzioni (assicurare l'unità della Chiesa nella fede e nell'amore, nonché la sua libertà nell'annuncio del Vangelo e la sua indipendenza nella nomina delle cariche ecclesiastiche); la distinzione tra il testo e la sua interpretazione è anch'essa importante (cfr. la Lettera dei vescovi tedeschi del 1875, avallata da Pio IX, con l'affermazione che l'episcopato è altrettanto importante quanto la nomina delle cariche ecclesiastiche. È importante anche la distinzione tra il testo e la sua interpretazione (cfr. la Lettera dei vescovi tedeschi del 1875, fatta propria da Pio IX, con l'affermazione che l'episcopato è un'istituzione divina tanto quanto il papato; e che l'infallibilità del Papa si colloca nel quadro dell'infallibilità della Chiesa a determinate condizioni, e non al di sopra, ma al servizio della Parola di Dio).

Nel complesso, si comprende che "il Vaticano I può essere correttamente accolto solo alla luce dell'insegnamento del Concilio Vaticano II" (n. 66). Esso ha ristabilito il ministero papale nel suo rapporto con l'episcopato (collegialità episcopale). E ha ristabilito la connessione tra i "poteri" sacramentali e giuridici conferiti attraverso l'ordinazione episcopale, sostenendo che l'esercizio dell'autorità del vescovo è controllato in ultima istanza dalla suprema autorità della Chiesa. Ai nostri giorni - osserva il documento - "il concetto conciliare di collegialità è stato ulteriormente sviluppato all'interno del più ampio principio di sinodalità, specialmente nell'insegnamento di Papa Francesco" (n. 66; cfr. Francesco, Discorso in occasione del 50° anniversario dell'istituzione del Sinodo dei Vescovi, 17 ottobre 2015). 

Tuttavia, nonostante queste dichiarazioni, i dialoghi ecumenici evidenziano ancora alcune difficoltà riguardo ad alcuni principi: assicurare le espressioni dell'infallibilità alla luce della rivelazione data nella Sacra Scrittura; mettere l'infallibilità al servizio dell'indefettibilità di tutta la Chiesa (la certezza che le porte dell'inferno non prevarranno contro di essa); facilitare l'esercizio della collegialità episcopale; valorizzare la "ricezione" della dottrina da parte dei fedeli (appartenente al "sensus fidei et fidelium").

Proposte del Dicastero per l'Unità 

Nelle proposte del Dicastero si distingue tra contributi, principi e suggerimenti per una rinnovata comprensione ed esercizio del Primato. 

a) Contributi. Il testo sottolinea l'opportunità di procedere in alcune direzioni: una riflessione comune sulla natura della Chiesa e della sua missione nel mondo; l'interdipendenza tra primato e sinodalità a tutti i livelli della Chiesa; la comprensione della sinodalità come qualità fondamentale di tutta la Chiesa che include la partecipazione attiva di tutti i fedeli; la distinzione e l'interrelazione tra collegialità e sinodalità. 

Come passi futuri nel dialogo teologico, si propone quanto segue:

- Migliorare il collegamento e l'articolazione tra i dialoghi ecumenici, soprattutto tra quelli orientali e occidentali;

- Affrontare insieme il primato e la sinodalità come dimensioni ecclesiali. 

- Si tenga presente che "il ministero primaziale ('uno') è un elemento intrinseco della dinamica della sinodalità, così come l'aspetto comunitario che include l'intero Popolo di Dio ('tutti') e la dimensione collegiale che fa parte dell'esercizio del ministero episcopale ('alcuni')" (Francesco, Discorso al gruppo di lavoro ortodosso-cattolico Sant'Ireneo, 7 ottobre 2011).

- Articolare questa riflessione tripartita a livello locale, regionale e universale.

- Chiarire il vocabolario (significato più preciso di sinodalità/conciliarità, collegialità, primato, autorità, potere, amministrazione, governo, giurisdizione; comprendere il significato di "Chiesa universale" non come potere ma come autorità al servizio della comunione.

- Promuovere la ricezione ("ricezione ecumenica") dei risultati di questi dialoghi affinché diventino patrimonio comune del Popolo di Dio, facilitare l'accesso ai documenti del dialogo, organizzare eventi accademici, incoraggiare le risposte e l'attuazione locale di alcuni di essi.

- Dare il giusto valore al "dialogo della vita accanto alla dottrina". Per dirla con Francesco, "il dialogo della dottrina deve essere teologicamente adattato al dialogo della vita che si svolge nelle relazioni locali e quotidiane tra le nostre Chiese; queste costituiscono un autentico 'locus' o fonte della teologia" (Discorso alla Commissione per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali, 23-VI-2022).

- Incoraggiare gesti particolari e azioni simboliche del Vescovo di Roma, con creatività e generosità, promuovendo la riflessione teologica su di essi. 

b) Principi e suggerimenti per un rinnovato esercizio del primato

Per riprendere e rispondere alle proposte dei dialoghi ecumenici e di altri studi sul rinnovamento dell'esercizio del primato, si suggeriscono le seguenti linee:

- L'ispirazione del principio di sussidiarietà per facilitare la partecipazione di tutto il popolo di Dio alla sinodalità.

- La riedizione cattolica o il commento ufficiale del Vaticano I, alla luce del Vaticano II, dell'ecclesiologia di comunione e del quadro della "gerarchia delle verità" (UR 11). Il primato romano dovrebbe essere spiegato sottolineando la convergenza ecumenica sul fondamento biblico, lo sviluppo storico e il significato teologico del primato e della sinodalità. Questo può facilitare la comprensione della terminologia del Vaticano I. 

- La distinzione più chiara tra le diverse responsabilità del Papa, sottolineando il suo ministero episcopale a livello locale (e in questo senso il significato della cattedrale della diocesi di Roma: San Giovanni in Laterano).

- L'avanzamento della configurazione sinodale della Chiesa, con riflessi concreti nelle istituzioni e nelle pratiche, ispirandosi alle Chiese cattoliche orientali e facendo uso dei nuovi media, il tutto secondo una diversità di livelli e contesti culturali.

- L'approfondimento dello status giuridico delle conferenze episcopali, conferendo loro un'autorità adeguata, sul modello degli antichi patriarcati (cfr. LG 23), nonché degli organismi episcopali continentali.

- Lo studio della possibilità del Sinodo dei Vescovi come organo deliberativo, sempre con e sotto il successore di Pietro.

- La possibilità di costituire un sinodo permanente che rappresenti il collegio episcopale.

- La promozione della sinodalità ad extra attraverso la "comunione conciliare" (incontri di leader ecclesiastici per promuovere, attraverso processi di discernimento congiunto, l'"ecumenismo pratico" della preghiera, dell'azione e della testimonianza cristiane comuni). 

- L'invito alle altre comunioni cristiane a partecipare ai processi sinodali cattolici.

Conclusione 

La conclusione del documento sottolinea che il primato deve essere radicato nel mistero della Croce e che l'unità dei cristiani è prima di tutto un dono dello Spirito Santo che dobbiamo implorare nella preghiera, poiché l'"ecumenismo spirituale" è l'anima del movimento ecumenico. 

Ecco come si esprime Francesco: "L'unità non emergerà come un miracolo alla fine. Piuttosto l'unità emerge durante il cammino; lo Spirito Santo lo fa durante il cammino. Se non camminiamo insieme, se non preghiamo gli uni per gli altri, se non collaboriamo nei tanti modi in cui possiamo farlo in questo mondo per il Popolo di Dio, allora l'unità non ci sarà! Ma accadrà in questo viaggio, in ogni passo che faremo. E non siamo noi a farlo, ma lo Spirito Santo, che vede la nostra buona volontà" (Omelia alla vigilia della Conversione di San Paolo, 25 gennaio 2014).

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