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Inizia una nuova era: Avvento Prefazione III

In questo "tempo forte" dell'anno liturgico, continuiamo la serie sui Prefazi di Avvento. Oltre ai Prefazi presenti nella tipica edizione latina, il nostro Messale ne aggiunge altri due, di nuova composizione. Il primo, chiamato Prefazio III di Avvento, può essere utilizzato fino al 16 dicembre. 

Giovanni Zaccaria-13 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Cristo Re ©OSV

Anche qui, come nella Avvento Prefazione IIl carattere escatologico di questa parte del tempo di preparazione al Natale è predominante.

È davvero giusto ringraziarvi,

è nostro dovere cantare in tuo onore

inni di benedizione e di lode,

Padre onnipotente, principio e fine di tutta la creazione.

Ci hai nascosto il giorno e l'ora

in cui Cristo, tuo Figlio,

Signore e giudice della storia,

apparirà, rivestito di potenza e gloria

sopra le nuvole del cielo.

In quel giorno terribile e glorioso

la figura di questo mondo passerà

e nasceranno i nuovi cieli e la nuova terra.

Lo stesso Signore che poi si mostrerà a noi pieno di gloria

sta venendo incontro a noi

in ogni uomo e in ogni evento

affinché lo accogliamo con fede

e con l'amore rendiamo testimonianza

della beata attesa del suo regno.

Perciò, mentre aspettiamo la sua venuta finale,

uniti agli angeli e ai santi,

cantiamo l'inno della tua gloria:

Santo, Santo, Santo...

Il testo presenta una certa novità fin dall'inizio, poiché presenta un protocollo iniziale diverso da quello della maggior parte delle altre Prefazioni. Fin dalle prime espressioni, orienta lo sguardo contemplativo del fedele verso Dio Padre Onnipotente, principio e fine di tutte le cose: in questo modo ci introduce immediatamente in una prospettiva che è insieme cosmica e storico-escatologica.

L'embolismo del prefazio si compone di tre sezioni, indicate anche graficamente nel testo del Messale. La prima sezione richiama il testo di Matteo 2436, in cui Gesù stesso afferma che nessuno conosce il giorno e l'ora della manifestazione finale del Figlio; queste parole sono di per sé un invito alla vigilanza, tema tipico di questo tempo di Avvento.

Poi si passa alla visione profetica della seconda venuta di Cristo, quando "vedranno il Figlio dell'uomo venire sulle nubi del cielo con grande potenza e gloria" (Mt 24,30). Egli verrà come Signore (cfr. At 2,36) - che traduce il greco Kyriose giudice (cfr. At 10,42), cioè colui che ha il compito di stabilire la giustizia una volta per tutte (cfr. Ap 20,11-12).

Dai "tempi della fine" alla vita quotidiana

La seconda sezione prosegue con la descrizione di quell'ultimo giorno e lo definisce tremendo (cfr. Gl 2,11) e glorioso (cfr. Ez 39,13 e At 2,20), aggettivi che mostrano la straordinarietà del momento, che incute timore e allo stesso tempo rivela la maestà di Dio (glorioso è un aggettivo che solitamente si riferisce a Dio). La visione, però, non si ferma qui, ma si apre alla grandiosa contemplazione dei cieli nuovi e della terra nuova: la figura di questo mondo passa (cfr. 1Cor 7,31) e inizia una nuova era, caratterizzata non più dalla fragilità, ma dalla pienezza e dalla definitività, come testimoniano le profezie di Isaia (cfr. Is 65,17 e 66,22), riprese poi da 2Pt 3,13 e Ap 21,5.

Anche Paolo, nella Lettera ai Romani, guarda a questa pienezza quando dice: "La creazione, infatti, è stata sottoposta alla caduta (...) nella speranza che anche la creazione stessa sia liberata dalla schiavitù della corruzione per entrare nella libertà della gloria dei figli di Dio" (Rm 8, 20-21). È bello osservare come in questo affresco di ciò che sarà, la dimensione materiale non solo non viene disprezzata, ma, al contrario, viene esaltata, in questa ricapitolazione di tutte le cose che comprende non solo l'uomo, ma l'intero cosmo.

Infine, la terza sezione della prefazione propone il passaggio da questa grandiosa contemplazione degli eventi dei "tempi della fine" alla vita di tutti i giorni: preparare la venuta del Signore significa innanzitutto aprire il cuore al prossimo e accogliere ogni persona e ogni evento; nelle persone che il Signore ci mette accanto e negli eventi che ci accadono, Dio parla. Qui riecheggiano le parole di Gaudium et Spes 22: "Con l'incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in un certo modo a ogni uomo".

Il testo si conclude con una frase tripartita, che evidenzia la necessità delle virtù teologali per la vita di tutti i giorni: la fede è necessaria per poter riconoscere Cristo che si rende presente negli eventi della vita e per poter accogliere questa sua presenza; la carità è indispensabile per testimoniare la vita cristiana, che è aperta alla speranza, cioè all'attesa fiduciosa del compimento dei piani di salvezza di Dio per noi.

Infine, proprio alimentando l'attesa della seconda venuta, siamo invitati a unirci agli angeli e ai santi nel canto del Sanctus.

L'autoreGiovanni Zaccaria

Pontificia Università della Santa Croce (Roma)

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