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Sentieri verso il mistero di Dio: percorsi mistici

Il modo di conoscere Dio dei santi è complementare a quello della ragione filosofica e teologica. Nei santi Dio è conosciuto e sperimentato come soggetto trascendente e allo stesso tempo vicino.

José Miguel Granados-9 agosto 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Esistono diversi modi validi di aprirsi alla realtà a partire dall'esperienza, corrispondenti all'essere stesso che sottende i vari fenomeni e in accordo con la capacità ricettiva umana. Pertanto, la conoscenza può essere acquisita secondo cinque modalità di esperienzaLo studio delle scienze umane: sensibili, affettivo-sentimentali, estetiche, etiche e religiose. Tutti portano una ricchezza di dati all'elaborazione razionale e contribuiscono alla maturità personale e alla fioritura culturale, scientifica e tecnica della comunità umana. Rifiutare una qualsiasi di queste forme di conoscenza a causa di riduzionismi o pregiudizi ideologici è contrario al buon senso e porta inevitabilmente all'impoverimento e al degrado personale e sociale.

Il esperienza religiosa è un tesoro sapienziale in ogni epoca e società. Non è esclusiva dei cosiddetti mistici, anche se tra loro è particolarmente intensa o lucida. In realtà, ogni ricercatore del Dio trascendente, ogni credente fa esperienza della presenza divina nella sua vita, riempiendola di significato: nella sua preghiera, nella sua coscienza, nelle sue decisioni, nell'orientamento della sua esistenza, nelle sue relazioni umane, nelle sue tribolazioni, gioie e speranze.

È vero che ci sono persone in cui questa naturale apertura al mistero divino diventa decisiva. Questo è il caso di le vite dei santi riconosciuto dalla Chiesa, e in tanti altri che già godono della presenza di Dio, che hanno vissuto nel tempo intimamente connessi al mistero del Dio personale. Il racconto del loro incontro intimo con il Signore durante la loro esistenza terrena contiene una fonte privilegiata per la conoscenza di Dio, che è di beneficio per tutti.

Si può dire che la loro profonda relazione personale con il Signore costituisce un vero e proprio luogo teologico: vale a dire, la sua vita si riferisce a Dio in cui credono; irradiano Dio, sono paradigmi della presenza del mistero sacro e trascendente nell'immanenza della storia.

Inoltre, oltre ad alcune caratteristiche comuni, questa biografia interiore - che si dispiega in molteplici azioni evangelizzatrici - è distinta e unica in ciascuna di queste storie. Per tutti questi motivi, la Chiesa esprime il suo interesse a far conoscere la esperienza di Dio di queste grandi animeL'obiettivo del progetto è promuovere lo sviluppo dell'Unione Europea, a beneficio dell'intera comunità religiosa e della società nel suo complesso.

Così, ad esempio, la filosofa ebrea Edith Stein - oggi conosciuta come Santa Teresa Benedetta della Croce - racconta la sua conversione come frutto della grazia, grazie all'incontro con Dio attraverso la biografia interiore di Santa Teresa di Gesù. Infatti, al termine della lettura di Il libro della mia vita della mistica di Avila, esclamò, assorta e convinta: Questa è la verità!". È stata la sincera presa di coscienza, da parte di una donna intellettuale, della realtà del Dio che irrompe in una donna - vissuta diversi secoli prima - per trasformare e riempire la sua esistenza di un travolgente potenziale di irradiazione.

Il modo di conoscere Dio dei santi è complementare a quello della ragione filosofica e teologica. In quest'ultimo caso si tratta di una scienza spesso eccessivamente elaborata e accademica. Nei santi, invece, Dio è conosciuto e sperimentato come soggetto trascendente e allo stesso tempo vicino, qualcuno che è all'interno, dinamizzazione l'esistenza stessa.

Questa conoscenza della comunione personale con Dio consiste, quindi, in una esperienza interiore, vitale, ricca, trasformanteLe personalità umanamente mature, mature e belle, uomini e donne lucidi e audaci, con difetti e limiti, ma capaci di intraprendere azioni apostoliche e caritatevoli, raggiungendo le vette dell'umanità. Le loro vite luminose, spesso nascoste, sono quelle che decidono davvero il corso della storia e il progresso della civiltà dell'amore.

Il un cast di vite esemplari di questa modalità di conoscenza esperienziale di Dio si traduce in quanto segue inesauribile. Da intellettuali convertiti, a pastori che hanno rinnovato la vita della Chiesa, a uomini e donne dall'incredibile azione caritatevole a favore dei più poveri, o nella promozione umana e nell'educazione dei giovani svantaggiati; o, infine, tanti laici che hanno costruito la civiltà della famiglia e hanno inculturato il Vangelo in diverse società a partire dal loro ambito professionale e sociale. Tutti hanno portato a una mobilitazione di discepoli pronti ad aderire alla missione di Cristo con radicalità evangelica.

In definitiva, la testimonianza ravvicinata dei santi dimostra, con la forza inconfutabile di una vita riuscita, la veridicità della Dio che porta alla pienezza L'esistenza di coloro che sono interamente orientati verso di lui è insospettabile. La grandezza di queste figure - all'interno di una ricchissima varietà - depone da sola a favore del Dio che è in grado di sviluppare al massimo in ogni persona e in ogni popolo il miglior potenziale dell'umanità.

Mondo

"San Domenico di Guzman ha molto da dire nel dialogo di oggi".

Oggi la Chiesa celebra la festa di San Domenico di Guzmán. L'illustre fondatore dell'Ordine dei Predicatori è ancora molto vivo oggi, a 800 anni dalla sua morte, e la sua famiglia religiosa ha svolto un ruolo chiave nell'evangelizzazione ai quattro angoli del mondo.

Maria José Atienza-8 agosto 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Quest'anno, dal 6 gennaio 2021 allo stesso giorno del 2022, la famiglia domenicana celebra un anno giubilare che, nonostante la pandemia, mette in evidenza l'influenza di questo santo universale il cui carisma di predicazione assume nuove forme nel mondo della comunicazione digitale, pur mantenendo lo spirito di dialogo e di incontro del suo fondatore.

Frate Juan Carlos Cordero è responsabile del Giubileo di San Domenico nella Provincia di Hispania e ha parlato a Omnes di questo Anno giubilare, che definisce una "bella opportunità per riprendere la figura di San Domenico di Guzman".

Con nuovi linguaggi e nuove sfide, san Domenico di Guzman è un santo che ha molto da dire nel dialogo con gli uomini di oggi.

Frate Juan Carlos Cordero

Quest'anno la famiglia domenicana celebra l'800° anniversario del Dies Natalis del suo fondatore. Dopo questi otto secoli di vita, che significato ha San Domenico di Guzman per il mondo di oggi?

- A 800 anni dalla sua morte, San Domenico è una figura che non solo si trova su un piedistallo, ma è ancora presente nella vita di una moltitudine di uomini e donne. In primo luogo, nella vita di coloro che formano l'Ordine domenicano, diffuso in gran parte del mondo e che svolge la missione di predicare il Vangelo oggi. Con nuovi linguaggi e nuove sfide, San Domenico di Guzman è un santo che ha molto da dire nel dialogo con gli uomini di oggi.

Da gennaio state celebrando un intenso anno giubilare: come state vivendo questo Giubileo segnato dalla pandemia?

- È vero che la pandemia ha ampiamente condizionato la celebrazione del Giubileo. D'altra parte, questo tempo è una bella occasione per riprendere la figura di San Domenico. Il Giubileo è iniziato il 6 gennaio 2021 a Bologna, dove è sepolto San Domenico, e durerà fino al 6 gennaio 2022. Celebriamo il suo dies natalisLa sua vera nascita alla vita eterna.

Il motto "A tavola con San Domenico" si riferisce a quella tabula, quella tavoletta di Mascarella del XIII secolo, che è una delle prime rappresentazioni di San Domenico e che è stata dispersa. Raffigura San Domenico tra i suoi confratelli, seduti a tavola. È stata riunita e ora è esposta a Bologna. Il motto ci ricorda che San Domenico è ancora presente. Quando stava per morire, disse a quei pochi frati che erano con lui e che piangevano: "Non siate tristi perché dal cielo vi sarò più utile". Questa è l'idea: egli è ancora presente e continua a incoraggiarci e a guidarci, a quel tavolo di dialogo, di fraternità. Una tavola che non esclude nessuno, che deve essere aperta a tutti gli uomini e le donne, perché si tratta di condividere il messaggio dell'amore di Dio per tutti.

Mascarella Tabula
Mascarella Tabula

La famiglia domenicana ha nel suo carisma l'annuncio del Vangelo. Non dobbiamo dimenticare, ad esempio, cosa hanno significato i centri di studio e le università promosse dall'Ordine dei Predicatori. Nel mondo di oggi, segnato dalla "intercomunicazione", come si attualizza questa missione dei domenicani?

- È evidente che nei vari Capitoli dell'Ordine, da quello generale a quello locale, questi nuovi mezzi di comunicazione e di predicazione vengono recepiti. La preoccupazione di fondo è sempre come predicare la Parola di Dio, il Vangelo, agli uomini e alle donne di oggi.

Frate Juan Carlos Cordero
Frate Juan Carlos Cordero

Perché la predicazione sia evangelica oggi, deve basarsi sul dialogo con tutti. Un dialogo che implica l'ascolto, l'accoglienza dell'altro, il mettersi al posto dell'altro e condividere quella ricerca, la ricerca della Verità, del Bene, di Dio, della bontà, della bellezza... dell'Amore, insomma.

Non si tratta di predicare imponendo slogan, ma di predicare un Dio che dialoga, tanto che il Figlio è il Verbo fatto carne, che assume la nostra condizione umana per mettersi al nostro livello, per parlare con noi e mostrarci l'orizzonte della vita umana.

Come è organizzata oggi la famiglia domenicana?

- L'Ordine domenicano è uno solo, con 800 anni di storia, senza divisioni o scissioni. I frati domenicani hanno un Superiore Generale e un Consiglio Generale a Roma, nella Basilica di Santa Sabina, e sono raggruppati in province, alcune delle quali sorte durante la vita di San Domenico, come Francia, Inghilterra e Spagna.

Fin dall'inizio i domenicani si organizzarono in conventi di pochi frati dediti allo studio e alla predicazione, che eleggevano i loro superiori. I superiori dei conventi di una zona formano i Capitoli. Ogni quattro anni viene eletto un Superiore provinciale. Ogni nove anni, questi superiori, insieme ad altri rappresentanti, eleggono il Maestro dell'Ordine, il successore di San Domenico. Inoltre, durante i Capitoli, l'Ordine dedica due o tre settimane alla presenza, alla vita e alla missione nel mondo di oggi, a come vivono le nostre comunità, a come possono essere più fedeli a ciò che voleva San Domenico, a come possono essere più coerenti, più evangeliche e più adeguate ai tempi in cui viviamo.

San Domenico è ancora presente e continua a incoraggiarci e a guidarci, a quel tavolo di dialogo, di fraternità.

Frate Juan Carlos Cordero

Una delle cose più curiose dei Domenicani è che le suore, il ramo femminile dei Domenicani, hanno preceduto l'Ordine maschile dei Predicatori. San Domenico pensava che l'opera di predicazione dovesse essere sostenuta dalla contemplazione, e così nel 1206, dieci anni prima dei frati, fondò a Perugia la prima comunità di monache contemplative, che sarebbe stata il seme delle monache domenicane.

Date chiave

6 agosto - 14 novembre

Mostra 'Domingo de Guzmán. Le origini di un santo universale", nel Monastero Reale delle Madri Domenicane di Caleruega. La mostra comprende pezzi come il fonte battesimale in cui fu battezzato San Domenico di Guzmán nel 1170 e che, dal 1605, si trova nel monastero di Santo Domingo el Real a Madrid e in cui sono stati battezzati re e neonati nati in Spagna.

25 marzo - 7 ottobre 2021

Mostra "A tavola con Santo Domingo (A tavola con S. Domenico) nella Basilica di San Domenico a Bologna, dove la "Tavola della Mascarella" sarà esposta per la prima volta nella sua interezza.

22-25 settembre del 2021

Congresso storico "Domenico e Bologna: genesi ed evoluzione dell'Ordine dei Frati Predicatori".

6 gennaio 2022

Chiusura dell'anno giubilare

Testamento biologico

Oggi le relazioni sociali sono diventate complicate, a volte troppo, dalla crisi di due aspetti molto importanti: la fedeltà e la fiducia.

8 agosto 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La fiducia reciproca e la fedeltà alla parola data hanno tradizionalmente sollevato i legislatori dal lavoro. La stretta di mano ha liberato le parti dal ricorso a giudici e avvocati, perché tutti hanno rispettato gli impegni senza ulteriori requisiti. Oggi le relazioni sociali sono state complicate, a volte troppo, dalla crisi di due aspetti molto importanti: la fedeltà e la fiducia.

D'altra parte, è spesso necessario specificare i truismi che sono emersi dal consenso politico-sociale, come alcuni aspetti relativi al diritto alla vita. In questo ambito, esiste la possibilità per i medici di invocare il diritto all'obiezione di coscienza come diritto fondamentale, ma c'è un passo ulteriore: il testamento biologico, un'iniziativa del paziente che chiede di evitare alcuni trattamenti che comportano la sua eliminazione. 

La Conferenza Episcopale Spagnola ha redatto una dichiarazione di direttive anticipate e direttive anticipate affinché, nel caso in cui ci trovassimo alla fine dei nostri giorni, si tenga conto dei nostri desideri riguardo all'applicazione dell'eutanasia. In questo documento si afferma che "se dovessi soffrire di una malattia grave e incurabile o di una condizione grave, cronica e invalidante o di qualsiasi altra situazione critica; che dovrei ricevere le cure di base e i trattamenti appropriati per alleviare il dolore e la sofferenza; che non dovrei ricevere alcuna forma di assistenza nel morire, sia essa l'eutanasia o il 'suicidio medicalmente assistito', né che il mio processo di morte dovrebbe essere irragionevolmente e irragionevolmente prolungato". In questo documento, la persona chiede anche di essere aiutata ad "assumere la propria morte in modo cristiano e umano, e a tal fine chiedo la presenza di un sacerdote cattolico e che mi vengano amministrati i relativi sacramenti". 

A volte le procedure per garantire che la nostra volontà sia rispettata nella questione che stiamo trattando sono macchinose e difficili da rispettare. Per questo motivo, la mia arcidiocesi di Mérida-Badajoz è in contatto con l'amministrazione regionale affinché le volontà della persona non siano solo registrate in un documento notarile, ma siano anche incluse nella storia clinica di ogni persona. In questo modo, quando sarà il momento di conoscere le volontà del paziente, non sarà necessario ricorrere a "carte" depositate in studi notarili o in luoghi non sempre accessibili in momenti così critici. Gli operatori sanitari li inseriscono nella cartella clinica del paziente che consultano per le cure mediche.

Poiché la cartella clinica è di proprietà del paziente, non è possibile sollevare alcuna obiezione. Questo sistema estende la libertà dell'individuo e libera gli operatori sanitari dal prendere decisioni difficili, obbligate dalla legge o da criteri estranei al paziente stesso. La questione può essere esportata nel resto del Paese, dato che le competenze in materia di salute sono state trasferite alle comunità autonome. Poiché si tratta di una questione di coscienza, non ci dovrebbero essere obiezioni a questo sistema, che non è contro nessuno ma a favore di tutti.

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo emerito della diocesi di Mérida Badajoz

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Cultura

Alfred Heiss, un martire della coscienza

Tra coloro che si rifiutarono di prestare giuramento di fedeltà ad Adolf Hitler c'era Alfred Heiss, che fu condannato a morte per "aver minato le forze di difesa" e morì coraggiosamente come un vero martire.

José M. García Pelegrín-6 agosto 2021-Tempo di lettura: 7 minuti

Tra coloro che si opponevano al regime nazista c'erano quelli che si rifiutavano di prestare giuramento di fedeltà ad Adolf Hitler quando venivano chiamati alle armi. La maggior parte di coloro che scelsero di compiere questo passo - sapendo che avrebbe comportato la pena di morte - erano Testimoni di Geova; tuttavia, lo fecero per opposizione a tutti i servizi armati e non specificamente al nazionalsocialismo. Tuttavia, una ventina di cattolici e una decina di cristiani evangelici si sono rifiutati, per motivi di coscienza, di prestare "obbedienza incondizionata alla Führer del Reich e del popolo tedesco, Adolf Hitler", come richiesto al momento del giuramento di fedeltà. 

Queste trenta persone, giustiziate tra il 1940 e il 1945, sono rimaste nascoste per decenni: è proprio questo il titolo scelto da Terrence Malick per il film Vita nascosta (Una vita nascostaIl più famoso di loro, il contadino austriaco Franz Jägerstätter, beatificato dalla Chiesa cattolica nel 2007, è stato il soggetto del film. Il riconoscimento è iniziato solo negli anni Novanta; solo nel 1991 una corte di giustizia ha annullato per la prima volta una condanna a morte: quella del pallottino padre Franz Reinisch, attualmente in fase di canonizzazione. Una legge del 1998 ha iniziato ad abrogare le condanne a morte inflitte dai tribunali di guerra nazisti agli obiettori di coscienza. Quasi tutti sono stati inseriti nel "Martirologio tedesco del XX secolo" o nel Martirologio austriaco dal 1999.

Chi erano questi uomini (le donne non sono state chiamate) che hanno pagato con la vita l'aver obbedito ai dettami della loro coscienza? In generale, si può dire che si trattava di persone semplici che - forse con l'eccezione del sacerdote di cui sopra - passavano del tutto inosservate: contadini, operai, impiegati, artisti... Vorrei soffermarmi su uno di loro in modo più dettagliato, per -pars pro toto- mostrano il coraggio umano e spirituale di uomini disposti a combattere il male anche a costo della vita.

Alfred Andreas Heiss è nato il 18 aprile 1904 a Triebenreuth, un villaggio della Baviera, oggi parte del comune di Stadtsteinach. Era il sesto figlio di Johann Heiss, un tessitore, e di Kunigunda Turbanisch, e fu battezzato il giorno seguente nella Chiesa cattolica. Dopo aver completato i primi studi nel villaggio, ha frequentato la scuola commerciale di Bamberg. Nell'aprile del 1918, quando aveva appena compiuto 14 anni, iniziò a lavorare negli uffici comunali di Stadtsteinach. Successivamente, lavorò per la compagnia di assicurazione sanitaria di Stadtsteinach, prima di iniziare un apprendistato presso una banca e trasferirsi a Burgkunstadt il 1° giugno 1924 per lavorare nel reparto commerciale di un'azienda di alluminio. Quando l'azienda fallì nel 1930, Alfred Heiss perse il lavoro e si trasferì a Berlino in cerca di un'occupazione stabile.

© 2021 Verwaltungsgemeinschaft Stadtsteinach

A Berlino ha assunto un incarico nella pubblica amministrazione, prima presso il Tribunale del lavoro e poi presso la Procura della Repubblica di Berlino. Ma anche - e questo è un dato fondamentale per la sua biografia - iniziò ad aiutare un noto sacerdote berlinese, Helmut Fahsel, come stenografo. Fu probabilmente questo incontro a portare Alfred Heiss a prendere sul serio la sua fede. Sebbene fosse stato educato alla religione cattolica, fino al suo trasferimento a Berlino non c'è alcuna indicazione che le questioni religiose abbiano avuto un ruolo nella sua vita... e nemmeno nella politica. Nel 1932, Heiss si iscrisse al partito cattolico Zentrum; come lui stesso dirà, il motivo era "la mia convinzione, maturata qui a Berlino, che il Zentrum fosse il partito che difendeva gli interessi della mia religione". In una lettera ai genitori del marzo 1935, scrisse: "La difesa della nostra fede è l'unica cosa che può fornire la base per la comprensione tra i popoli e per il miglioramento economico che essa porta.

Queste idee si scontravano con gli obiettivi del nazionalsocialismo, che voleva imporre la supremazia tedesca in Europa. Heiss criticò la politica e l'ideologia nazionalsocialista, in particolare le misure direttamente dirette contro la Chiesa, le tendenze germanizzanti e paganizzanti, che vedeva come un chiaro avanzamento dell'ateismo; era quindi anche contrario alla dottrina nazista della razza, che presentava l'uomo nordico come un essere superiore. Heiss partecipò a eventi pubblici nella Berlino cattolica, come la Giornata dei cattolici tedeschi del 1934, l'insediamento di mons. Nikolaus Bares come vescovo della diocesi nel 1934 e l'insediamento del suo successore, Konrad von Preysing, dopo la morte improvvisa di Bares il 1° marzo 1935.

Come in quasi tutta la Germania, i nazisti conquistarono posizioni centrali anche nella città natale di Heiss, Triebenreuth. Nel settembre 1934, mentre Alfred si trovava in vacanza, scoppiò una lite politica nella birreria gestita dal sindaco nazista Josef Degen. Dopo essere stato denunciato per aver espresso opinioni che "disturbavano il lavoro di costruzione nazionalsocialista", fu arrestato dalla Gestapo; oltre alla pena che poteva essergli inflitta al processo, la Procura chiese che fosse espulso dall'amministrazione statale. Alfred Heiss fu portato in un campo di concentramento sotterraneo a Berlino, la "Columbia House". La testimonianza del figlio di Degen al processo è stata decisiva per l'assoluzione di Heiss. Tuttavia, la sua domanda di reintegro nel servizio civile è stata respinta. Ha poi trovato un modesto lavoro nell'ufficio imposte delle parrocchie cattoliche di Berlino. 

In quegli anni Alfred Heiss intensifica la sua pratica cristiana; in una lettera ai genitori scrive: "A Berlino Est c'è una cappella dedicata a Cristo Re. Si trova in un quartiere operaio, probabilmente uno dei più poveri di Berlino. In questa cappella il Santissimo Sacramento è esposto ininterrottamente giorno e notte per l'adorazione. Ci sono sempre persone per l'adorazione. È in questa cappella che ho iniziato l'anno 1936. Sebbene si sappia che a partire dal giugno 1936 si trovò a lavorare nuovamente nell'amministrazione pubblica, di quegli anni si hanno poche notizie. La situazione è cambiata quando è stato convocato.

Il 14 giugno 1940, ricevette la lettera di ammissione al servizio di leva. Wehrmacht e viene assegnato a un battaglione di fanteria in una città della Slesia chiamata Glogau. Tuttavia, si rifiuta di fare il cosiddetto "saluto tedesco" ("Heil Hitler!") e di indossare l'uniforme con la svastica. Nella sua dichiarazione, secondo l'accusa, afferma che "poiché il nazionalsocialismo ha una posizione anticristiana, si rifiuta di servire come soldato dello Stato nazionalsocialista". Nonostante l'avvertimento della pena imposta dalla legge, ha mantenuto questo rifiuto". Sebbene gli atti del processo siano andati perduti, è documentato che il Tribunale di guerra lo ha condannato a morte il 20 agosto per Implementazione del settore idrico ("atti che minano la forza di difesa").

Trascorse gli ultimi giorni prima dell'esecuzione nella prigione di Brandeburgo-Görden. Lì scrisse la sua ultima lettera, indirizzata al padre - la madre era morta all'inizio di luglio - alla sorella, al cognato e alla nipote: "Domani mattina presto muoverò i miei ultimi passi. Che Dio sia misericordioso con me. Quello che vi chiedo è di rimanere saldi a Cristo e alla sua Chiesa. Addio. Alfred Andreas. La sentenza è stata eseguita alle 5.50 del 24 settembre.

Nell'agosto 1945, la Conferenza episcopale tedesca decise che gli attacchi alla Chiesa durante il Terzo Reich dovevano essere registrati. Il parroco di Stadtsteinach, Ferdinand Klopf, scrisse alla diocesi di Bamberga: "Alfred Andreas Heiss fu arrestato per aver rifiutato il servizio militare, che rifiutò solo per motivi religiosi pur conoscendone le conseguenze; fu condannato a morte per aver "minato le forze di difesa" e morì coraggiosamente come un vero martire. Documenti e lettere sono in possesso dei suoi parenti a Triebenreuth".

Tuttavia, il vescovado di Bamberga non prese alcun provvedimento per ripristinare la memoria di Heiss. Fu la sorella Margarethe Simon (1900-1981) a fare in modo che, nel 1957, una targa con la foto del fratello fosse posta nella cappella di Cristo Re, appena costruita a Triebenreuth. La figlia di Margarethe, Gretl Simon (1929-1980), e suo marito Wilhelm Geyer (1921-1997) chiesero al Museo di Stadtsteinach di allestire una mostra permanente su Heiss. Anton Nagel, direttore del museo, è stato incaricato di progettare la mostra.

Solo nel 1987 Thomas Breuer trovò la relazione del parroco Ferdinand Klopf nell'archivio diocesano di Bamberg e la pubblicò, insieme ai documenti del museo di Stadtsteinach, in un breve opuscolo nel 1989. A seguito di questa pubblicazione, nel luglio 1990 è stata posta una targa commemorativa accanto a quelle dei caduti della Prima e della Seconda Guerra Mondiale; essa recita: "In memoria di Alfred Andreas Heiss, nato a Triebenreuth nel 1904, giustiziato il 24 settembre 1940 a Brandeburgo". È morto per essere rimasto fedele alla sua fede".

© José M. García Pelegrín

Il 24 aprile 2014, una "pietra d'inciampo" (una targa incastonata nel marciapiede per ricordare le vittime del nazismo, molti dei quali ebrei portati nei campi di sterminio) è stata posta nella Georg-Wilhelm-Strasse di Berlino, di fronte al numero civico 3. Il testo recita: "Qui viveva Alfred Andreas Heiss, nato nel 1904, che si rifiutò di prestare il servizio militare come resistente cristiano. Condanna a morte 20-8-1940, eseguita 24-9-1940, prigione di Brandeburgo". Durante la cerimonia di posa, Massimiliano Wagner, parroco della chiesa di San Ludovico, ha tracciato un breve profilo biografico della sua vita. La cerimonia si è conclusa con una preghiera: "Alfred Andreas Heiss ha compiuto la missione che gli avevi affidato dando la sua vita. Lo hai chiamato a te come amico. Vive con Te con un amore compiuto con tutto il suo cuore, con tutta la sua anima e con tutti i suoi pensieri".

Alfred Heiss e gli altri che si rifiutarono di prestare giuramento a Hitler rimangono, ancora oggi, un esempio del primato della coscienza, del rimanere fedeli alla verità, anche a costo della vita. Ulteriori informazioni su Alfred Heiss e su altri nove obiettori di coscienza sono disponibili nel mio libro di recente pubblicazione: José M. García Pelegrín, "Mártires de la conciencia. Cristianos frente al juramento a Hitler". Ragioni digitali, Madrid (2021) 192 pagine. 13 € (6 € in versione digitale).

Mondo

Un incontro globale per condividere lo spirito di San Vincenzo de' Paoli

La Famiglia Vincenziana invita tutti coloro che in tutto il mondo condividono la spiritualità di San Vincenzo de' Paoli a partecipare a questa esperienza globale in occasione dell'incontro virtuale previsto per il 16 e 17 settembre, dal tema "Pregare, sognare e collaborare al servizio dei poveri".

David Fernández Alonso-6 agosto 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La Famiglia Vincenziana, movimento mondiale ispirato al carisma di San Vincenzo de' Paoli, presente in 162 Paesi del mondo, con 160 congregazioni e associazioni laicali e oltre 4 milioni di membri, organizza il 16 e 17 settembre 2021 il secondo incontro dei responsabili di tutti i rami presenti nei cinque continenti. L'incontro, che sarà virtuale, ha come tema "Pregare, sognare e collaborare al servizio dei poveri" e mira a replicare lo spirito, la condivisione e la fraternità del primo incontro, tenutosi di persona a Roma nel gennaio 2020, poco prima dello scoppio della pandemia.

Papa Francesco, nell'ottobre 2017, nell'udienza ai membri della Famiglia Vincenziana in occasione del Simposio Vincenziano per i quattro secoli del carisma, dopo averla ringraziata per essere "in movimento sulle strade del mondo, come San Vincenzo chiederebbe anche a voi oggi", ha detto: "Vi auguro di non fermarvi, ma di continuare ad attingere ogni giorno l'amore di Dio dall'adorazione e di diffonderlo nel mondo attraverso il buon contagio della carità, della disponibilità e della concordia".

L'incontro online, che per motivi di fuso orario si svolgerà in due giorni: il 16 settembre per l'Asia e l'Oceania e il 17 settembre per l'Europa, l'Africa e le Americhe, sarà diviso in due parti: nella prima, dopo la preghiera di apertura, ci sarà una relazione di padre Hugh O'Donnell, missionario della Congregazione della Missione, su come pregare e vivere come mistici della carità nello spirito di San Vincenzo de' Paoli e di Santa Luisa de Marillac, cofondatrice delle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli, seguita da un dialogo tra i responsabili dei vari rami della Famiglia; nella seconda parte si passeranno in rassegna, attraverso alcuni video, i principali eventi vincenziani degli ultimi quattro anni: il Simposio (2017), il Festival del Cinema Vincenziano (2018), il primo incontro mondiale dei capi dei rami della Famiglia Vincenziana (2020) e l'iniziativa delle tredici case, attualmente in corso, che vengono donate ai senzatetto.

Il nuovo incontro del prossimo settembre sarà quindi un'occasione preziosa per estendere l'invito a far parte della Famiglia a ordini, congregazioni e associazioni che non ne fanno ancora parte, ma che sentono di condividerne la spiritualità e il carisma.

Padre Tomaž Mavrič CM, Superiore Generale della Congregazione della Missione e Presidente del Comitato Esecutivo della Famiglia Vincenziana, chiuderà l'incontro. Padre Tomaž scrive nella sua lettera di invito all'evento: "Venite a sperimentare la gioia di stare insieme ad altri che condividono il vostro stesso spirito", citando il carisma di San Vincenzo de' Paoli che ha da poco compiuto quattro secoli di vita: "La visione di Vincenzo ha dato inizio, più di 400 anni fa, a un movimento che ha dato origine a un nuovo dinamismo internazionale: gli sforzi congiunti di uomini e donne, ordinati e laici, per combattere la minaccia della povertà sia nelle vite individuali che nelle strutture sociali che la perpetuano".

Mondo

Il cardinale Erdő: "Noi cattolici in Ungheria aspettiamo il Papa con grande affetto".

Questa è la seconda parte della conversazione di Omnes con il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate d'Ungheria, in occasione del Congresso eucaristico internazionale e della visita di Papa Francesco a Budapest nel settembre 2021.

Alfonso Riobó-6 agosto 2021-Tempo di lettura: 8 minuti

Quali sono le difficoltà che la Chiesa deve affrontare nel contesto che ha descritto?

Una sfida importante in Ungheria è stata la rete di scuole cattoliche. Oggi la Chiesa - diocesi, ordini religiosi, ecc. - ha circa 770 scuole, dagli asili alle università. Dobbiamo lavorare molto duramente affinché queste scuole possano trasmettere qualcosa della visione cattolica del mondo. Esistono norme statali molto precise su ciò che deve essere insegnato in ogni corso, ecc. e anche indicazioni sull'azione sociale delle scuole. Ad esempio, in tutte le scuole i bambini devono ricevere pasti caldi. Da un lato è molto importante, perché ci sono aree, gruppi e classi che ne hanno davvero bisogno, ma dobbiamo darlo a tutti praticamente gratis. È un dato strutturale, ma ha richiesto l'ampliamento degli edifici scolastici. Un altro esempio: abbiamo dovuto ampliare i centri sportivi e offrire maggiori possibilità di educazione fisica, e questo costa molto denaro. Avevamo bisogno del sostegno del governo per poterlo fare, perché la Chiesa non ha i soldi per tanti investimenti. Lo stesso vale per le case popolari che abbiamo ricevuto dallo Stato, sia dagli ordini religiosi che dalle diocesi. La maggior parte degli edifici non era sufficientemente moderna o ben attrezzata, la gestione dei rapporti di lavoro è complessa, il finanziamento è difficile. 

Tutto questo costringe a occuparsi di molte cose e si finisce per chiedersi: come avanza il Regno di Dio? Lo sento dire dai sacerdoti. Grazie a Dio, le parrocchie sono persone giuridiche riconosciute dallo Stato; ma le persone giuridiche hanno vari obblighi amministrativi che i parroci devono affrontare, e alcuni dicono: cerco di occuparmene, ma non sono diventato prete per questo. È anche una sfida.

Un manifesto preparatorio per la visita del Papa in una parrocchia di Szentendre. ©2021 Omnes.

Si può anche ricordare che negli ultimi trent'anni lo status delle lezioni di religione nelle scuole pubbliche è cambiato una o due volte. Abbiamo dovuto formare una nuova generazione di insegnanti e catechisti. Grazie a Dio, abbiamo le nostre università e scuole dove possiamo formarli. Ma non si tratta solo di avere un diploma, bensì di dare grande valore al compito didattico ed ecclesiale degli insegnanti di religione. Si tratta di una funzione molto importante. Se ci chiediamo chi trasmette la fede della Chiesa oggi, dobbiamo rispondere che in 80 % sono le donne, soprattutto le insegnanti di religione nelle scuole. È molto bello, è una nuova possibilità che non esisteva trent'anni fa.

Per quanto riguarda il finanziamento delle scuole cattoliche, esso è in realtà disciplinato in modo abbastanza chiaro nella legge 4/1990, che prevede lo stesso finanziamento delle scuole statali. Questa disposizione si sarebbe poi concretizzata nell'Accordo tra Ungheria e Santa Sede del 1997, firmato da un governo socialista. Il finanziamento è quindi regolato dal principio di uguaglianza. È ovvio che da questo punto in poi si possono discutere diverse questioni. A volte si discute su quanto lo Stato paga alle scuole pubbliche, per capire se contribuisce allo stesso modo a finanziare le scuole ecclesiastiche; ma questo dibattito può andare avanti all'infinito, perché i dati esatti sono a disposizione solo del Ministero, e noi sappiamo solo quello che il Ministero ci dà.

Potremmo continuare e citare altre aree in cui è necessario lavorare di più. Gli ordini religiosi e i movimenti spirituali oggi possono operare liberamente in Ungheria e talvolta trovano buone relazioni pastorali nelle diocesi, ma non è sempre così. Per quanto riguarda la cooperazione ecumenica, abbiamo buoni rapporti con le altre Chiese cristiane e anche con le comunità religiose ebraiche, e non solo durante l'annuale settimana ecumenica di preghiera per l'unità: ci sono conferenze congiunte e vari eventi. Allo stesso tempo, siamo consapevoli dei nostri limiti in questo campo: la Chiesa locale non può prendere decisioni sulla fede, ma la competenza degli organi corrispondenti della Santa Sede deve essere rispettata. Tuttavia, alla luce dei documenti della Santa Sede, siamo anche abbastanza vicini nella cooperazione pratica su molte questioni sociali.

Abbiamo buone relazioni con le altre chiese cristiane e con le comunità religiose ebraiche. Allo stesso tempo, siamo consapevoli dei nostri limiti: la chiesa locale non può prendere decisioni sulla fede.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d'Ungheria

Al Congresso Eucaristico di settembre, il Presidente della Repubblica János Áder, che è cattolico, darà una testimonianza personale. Si tratta di una partecipazione formale, che segue un protocollo tradizionale?

Quando una persona professa pubblicamente la propria religiosità, non può essere solo una tradizione. Deve essere una convinzione personale.

L'attuale governo ungherese sottolinea il suo impegno nei confronti dei valori cristiani. Pensa che questo sia appropriato?

Si tratta di un argomento interessante. Varrebbe la pena di dedicare un'intera conversazione all'esame di quali siano i valori cristiani. Certamente, se parliamo della libertà dell'individuo, della pari dignità di tutte le persone, della vita, della famiglia, dell'alto valore dei popoli e della loro cultura, ci sono valori umani che risaltano maggiormente alla luce dei valori cristiani. 

Inoltre, ci sono contenuti legati alla persona di Gesù Cristo. Siamo stati salvati, il mondo è stato redento. Il senso dell'esistenza non ci viene solo dalla creazione, ma c'è molto di più... Dio non è distante, ma ci parla, c'è una Rivelazione. Ci parla con parole umane e attraverso la vita di una Persona che è Uomo e Dio. La persona di Cristo è per noi la grande speranza, una fonte di forza e di luce. Pertanto, il cristiano non può essere pessimista, non può disperare. È importante proprio oggi, quando nel mondo ci sono molti segnali di disillusione e paura. Soprattutto, c'è la paura del futuro. 

Parliamo tanto di cura della natura, ma non sono forse le leggi della natura a rendere possibile la distruzione di piante, animali ed esseri umani? Ecco perché parliamo piuttosto di "cura del creato". Se il mondo è stato progettato da Dio, se ha un obiettivo, ha anche un significato. Non c'è solo perché possiamo vivere bene domani, ma c'è molto di più. E la nostra responsabilità è maggiore, perché non abbiamo ricevuto la terra come proprietari, ma dobbiamo curarla e proteggerla come buoni amministratori. Se la vita e l'esistenza umana non sono viste in questa prospettiva di significato e valore - questi sono valori cristiani - allora la cosa più preziosa è che si sta bene al momento, che lo si dica apertamente o meno; come il "carpe diem" ai tempi dei Romani. Allora si ha paura del futuro, perché domani potrei non sentirmi bene; si ha paura degli altri, perché forse a causa loro potrei dovermi negare qualcosa, e comincerei a vederli come una minaccia. 

Se non si vede l'esistenza umana nella prospettiva del significato, la cosa più preziosa sarà trovare se stessi in questo momento. Avrete paura del futuro o degli altri e comincerete a vederli come una minaccia.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d'Ungheria

Anche l'individualismo e l'isolamento sono una conseguenza dell'assenza di significato. Se questo è il caso, anche la lingua, la cultura, la storia, il passato e il futuro non hanno alcun significato, il che non è una bella sensazione. Come si può sentire la propria responsabilità se nulla ha un senso? Rendiamoci conto che la responsabilità della creazione è davvero fondata solo nell'ambito di questo sistema. Quando non c'è una misura, si può dubitare di chi valga di più, una pietra o un uomo.

Lo stesso vale anche per la secolarizzazione, se vogliamo tornare al tema. C'è stata una prima forma di secolarizzazione, quando qualcosa di diverso è stato messo al posto di Dio; per esempio, il progresso: non c'è Dio o non conosciamo i suoi piani, ma abbiamo il progresso. Sì, ma... il progresso verso dove? Dov'è l'obiettivo? Oggi assistiamo a una seconda forma di secolarizzazione, la secolarizzazione della secolarizzazione, che è l'approccio di cui sopra, che rende molto difficile vivere e lavorare insieme in modo responsabile.

È quindi necessario un cambiamento, una conversione, come dice Papa Francesco. Siamo quindi tornati all'inizio, quando Giovanni Battista iniziò a predicare, e all'inizio dell'annuncio di Gesù Cristo, che come leggiamo nel Vangelo disse all'inizio: "Convertitevi e credete al Vangelo". Questo è il nostro messaggio.

Qual è il senso del dibattito tra i leader europei sui valori? Lei conosce bene l'Europa, perché ha presieduto il Consiglio delle Conferenze episcopali europee tra il 2006 e il 2016.

I valori esprimono sempre una relazione. Qualcosa vale di più o di meno, rispetto a qualcos'altro. Nella vita quotidiana lo esprimiamo in modo molto primitivo in termini monetari.

Va bene confrontare una cosa con un'altra, ma il mondo in quanto tale ha valore? Ha valore solo se c'è anche un'altra realtà con cui il mondo può essere confrontato, con cui può essere in relazione. Allora i valori saranno fondati. E i valori non possono essere inventati o creati da sé, ma sono dati nella struttura della realtà e devono essere scoperti. Poi bisogna orientare il proprio comportamento in base ad essi.

I valori non possono essere inventati o creati da sé, ma sono dati nella struttura della realtà e devono essere scoperti.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d'Ungheria

Una figura emblematica in Ungheria è il cardinale József Mindszenty, difensore della libertà di fronte al comunismo. Il suo processo di canonizzazione sta procedendo?

Sebbene le vicissitudini storiche mi abbiano impedito di incontrare personalmente il cardinale Mindszenty, egli era il mio vescovo quando fui ammesso come candidato al sacerdozio. Poiché viveva nell'ambasciata americana, non poteva tenersi in contatto con la diocesi.

József Mindszenty era una voce cattolica che fu violentemente soppressa. Questo lo rese molto rispettato, anche dai non cattolici. È una personalità che ha dato tutta la sua vita per la Chiesa, per la fede e anche per l'Ungheria. In esilio, visitò con grande affetto la diaspora ungherese in tutto il mondo e la rafforzò moralmente. Ancora oggi gode di grande stima. Ci sono molte strade, piazze, scuole, ecc. che portano il suo nome e su di lui è stata pubblicata una ricca letteratura.

La tomba di József Mindszenty a Budapest. ©2021 Omnes.

Credo sinceramente che non sia stato solo un eroe nazionale, ma anche un uomo santo. Per questo la mia gioia è stata molto grande quando Papa Francesco ha emanato il decreto sulle virtù eroiche nel 2019. È un passo importante verso la beatificazione. Ora stiamo pregando per un miracolo. Ci sono già guarigioni attribuite alla sua intercessione, ma i criteri per un miracolo sono molto rigidi. Speriamo che un giorno le nostre tante preghiere vengano esaudite.

Mindszenty non era solo un eroe nazionale, ma anche un sant'uomo. Sono stato molto felice quando Papa Francesco ha pubblicato il decreto sulle virtù eroiche.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d'Ungheria

Su quali altri temi state lavorando?

A parte e in relazione alle grandi questioni di interesse nella vita della Chiesa di oggi, come storico del diritto canonico sto studiando questioni come la sinodalità nella Chiesa primitiva, o la necessità di discernimento prima dell'adozione di decisioni come una sentenza o la promulgazione di una legge. Mi interessa analizzare la struttura di tutte queste decisioni e i criteri da seguire in questo discernimento, da un punto di vista cattolico.

Queste e altre domande sono sempre importanti nella vita della Chiesa. Speriamo di trovare risposte anche sulla base della storia, risposte che siano di aiuto per la vita della Chiesa di oggi. Ora sta per essere pubblicato in Italia un mio libro in cui propongo testi raccolti, sempre su questi temi.

Questa domanda ha molto a che fare con lo Spirito Santo. La Chiesa primitiva era convinta che gli apostoli, i sacerdoti della Chiesa di Gerusalemme, come possiamo già vedere negli Atti degli Apostoli, avessero bisogno dell'aiuto dello Spirito Santo quando dovevano decidere insieme una questione, e di certo l'aiuto dello Spirito Santo non mancava loro; ed è chiaro dai testi e dai frammenti liturgici (questo si riflette ora nella preghiera per l'ordinazione sacerdotale) che essi avevano in mente uno spirito collettivo di presbiterato prima che nascessero i concili in senso stretto. Queste sono apparse forse verso la metà del II secolo o più tardi, quando si diffuse l'episcopato monarchico. Ma prima c'era già il presbiterio della Chiesa locale. In seguito, quando i vescovi si riunirono, ebbero anche la convinzione che essi, come i presbiteri della Chiesa locale, erano in qualche modo successori degli apostoli e che insieme avevano l'assistenza dello Spirito Santo. Si tratta quindi di una questione molto antica.

Desidera aggiungere qualcos'altro?

Sì, vorrei ribadire la nostra gioia per l'imminente visita di Papa Francesco. Lo aspettiamo con grande affetto e siamo molto grati per le vostre preghiere per noi. Noi cattolici ungheresi preghiamo molto per lui e per il suo ministero apostolico. Per noi, il fatto che venga nel nostro Paese è un segno di misericordia. E la vostra presenza personale nel nostro Paese è una grande espressione di unità con tutta la Chiesa.

Aspettiamo Papa Francesco con grande affetto e siamo molto grati per le vostre preghiere per noi. Noi cattolici ungheresi preghiamo molto per lui e per il suo ministero apostolico.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest e Primate d'Ungheria
Mondo

Mons. Jarjis: "Durante i quattro giorni della visita del Papa, l'Iraq ha vissuto un miracolo di pace".

Omnes parla con il Patriarca ausiliare di Baghdad, monsignor Robert Jarjis, del recente viaggio del Papa in Iraq e di alcuni progetti della Chiesa nel Paese.

David Fernández Alonso-5 agosto 2021-Tempo di lettura: 7 minuti

In un ufficio al quinto piano di un edificio in un quartiere commerciale di Madrid, monsignor Robert Jarjis, patriarca ausiliario di Babilonia dei Caldei della Chiesa caldea, riceve Omnes per parlare a lungo del recente e storico viaggio di Papa Francesco in Iraq, così come di altre questioni, tra cui il motivo della sua visita in Spagna.

Mons. Robert Jarjis è nato a Baghdad il 23 ottobre 1973. Ha studiato medicina veterinaria all'Università di Baghdad, conseguendo una laurea e un master. È entrato nel seminario patriarcale di Baghdad e ha studiato al Collegio Babel. È stato poi inviato a Roma al Collegio Urbano come seminarista per continuare la sua formazione presso la Pontificia Università Urbana ed è stato ordinato sacerdote a Roma il 27 aprile 2008 da Papa Benedetto XVI.

Successivamente ha studiato presso il Pontificio Istituto Biblico e ha conseguito la laurea in Teologia Biblica nel 2001. Tornato a Baghdad, è stato parroco per 7 anni nella parrocchia di Santa Maria dell'Assunzione, nel quartiere Mansour della capitale. Da pochi mesi era parroco della Cattedrale di San Giuseppe; da alcuni anni è collaboratore locale della Nunziatura Apostolica.

Parla arabo, italiano, siriaco e conosce l'inglese. La conversazione è in italiano.

Mons. Jarjis, a proposito della storica visita del Papa, sapendo che era un desiderio degli ultimi Pontefici, ci può raccontare come è stato concepito il viaggio e come è stato realizzato? 

Ricordo molto bene quando Papa Giovanni Paolo II volle venire in Iraq nel 2000, durante il viaggio del Giubileo. A quel tempo c'erano alcune difficoltà e sfide che impedivano al Papa di compiere il viaggio come desiderava in quel momento. Voleva fare un viaggio come Abramo, da Ur, un pellegrinaggio. Ma a causa di questi ostacoli e sfide, che avevano a che fare in parte con il regime di governo che esisteva all'epoca in Iraq, Papa Giovanni Paolo II non fu in grado di compiere quel viaggio. 

Un desiderio che è rimasto nel cuore del Papa, sia di Giovanni Paolo II che di coloro che lo hanno seguito. Ecco perché all'epoca c'era tristezza tra i cristiani in Iraq, perché questo desiderio di Papa Giovanni Paolo II non poteva essere realizzato. C'è stata una sorta di riunione "di viaggio" nell'Aula Paolo VI. 

Questo desiderio è stato affrontato per tutti questi anni, e proprio quest'anno è arrivato il momento di farlo, "è giunta l'ora", come dice il testo biblico. È arrivato il momento di realizzare questo desiderio. Non possiamo dire che sia stato facile. Perché le sfide erano presenti da entrambe le parti, da parte di Papa Francesco, da parte del Vaticano, da parte della Chiesa e da parte del governo. Forse alcuni non volevano che questo viaggio avesse luogo. Forse, insisto, forse c'era qualcuno che non lo voleva. Perché non abbiamo documenti in merito. Ma le sfide non sono mancate, sia da parte della Chiesa, sia da parte del Vaticano, sia da parte del governo iracheno.

Le sfide del viaggio sono state molte, sia da parte della Chiesa che del governo iracheno. "Forse" c'erano alcuni che non volevano che il viaggio avesse luogo.

Monsignor Robert JarjisPatriarca ausiliario di Babilonia dei Caldei, Baghdad

Personalmente conoscevo il progetto del viaggio prima che fosse pubblicato, a un certo punto, come ausiliario del Patriarcato. Mi è stato chiesto personalmente dal Patriarca, il cardinale Louis Raphaël I Sako; mi ha detto del desiderio del Papa di recarsi in Iraq. Il cardinale Sako è una persona dalle relazioni abbondanti e molto buone, sia all'interno che all'esterno dell'Iraq. Questi buoni rapporti hanno alimentato il desiderio di realizzare il viaggio. Senza queste relazioni, questo "bambino" non sarebbe nato, sarebbe rimasto nel grembo materno, nella mente e nel cuore del Papa. Quando abbiamo saputo dal Patriarca Cardinale Sako - Patriarca della Chiesa caldea nel mondo - e dal Nunzio, Monsignor Mitja Leskovar, del desiderio di realizzarla quest'anno, abbiamo istituito un comitato per lavorare immediatamente alla visita. Questo comitato ha iniziato a lavorare a novembre e da allora tutto è andato avanti. 

Sappiamo già come si è svolta la visita, ma come è stato accolto l'annuncio della visita del Papa nel Paese?

C'era una data per annunciare la visita e, a causa delle sfide che ci sono state e di cui abbiamo parlato, la data dell'annuncio è stata posticipata. Ci aspettavamo questa data, perché dal momento in cui è stata annunciata, la visita si svolge in un 90%. Ma se non viene annunciato, rimane un desiderio, ma il "bambino" non nasce. 

Quindi, quando l'annuncio è stato ritardato, ci siamo un po' spaventati. C'era un po' di incertezza. Ma ringraziamo il Signore per il lavoro di tutti, della Chiesa e del governo iracheno, perché alla fine tutto è andato avanti. Anche perché è stata la prima volta nella storia che un Papa ha visitato l'Iraq. Non avevamo esperienza. Non siamo in Giordania, non siamo in Libano, non siamo in Egitto, dove il Papa è già stato. 

Quando l'annuncio della data del viaggio è stato ritardato, eravamo un po' spaventati. C'era un po' di incertezza. Ma ringraziamo il Signore, il lavoro di tutti, della Chiesa e del governo iracheno, perché alla fine tutto è andato avanti.

Monsignor Robert JarjisPatriarca ausiliario di Babilonia dei Caldei, Baghdad

Inoltre, il 2020 è stato un anno molto complicato, a causa della pandemia COVID. E questi problemi si sono aggiunti alle sfide già presenti. Per questo l'annuncio era un "vangelo", una buona notizia. 

Le reazioni sono state del tutto positive, sia per i cattolici che per il resto del popolo iracheno e del mondo intero. Com'è ora la situazione tra le religioni e tra gli abitanti del Paese dopo il viaggio?

L'Iraq è un Paese che desidera la pace. Gli iracheni sono stanchi delle guerre. Perché è un Paese che ha vissuto e sperimentato molte guerre, di molti tipi: guerre contro altri Paesi, guerre civili, guerre tra famiglie e anche all'interno delle famiglie. Ecco perché la guerra è diventata un fatto quotidiano per gli iracheni. 

La pace è quindi una "acqua" molto desiderata e pulita per l'Iraq. Per quattro giorni l'Iraq ha vissuto un miracolo di pace. Una cosa molto strana. In una riunione ho spiegato che in quei giorni tutto l'Iraq respirava aria pulita. Era la prima volta dal 2003 che si respirava aria così pulita. 

Questo atto del Santo Padre, che è un essere umano ma pieno di Spirito Santo, è un tocco divino. Quando si è toccati dal divino, si vive in pace, si vive in modo gioioso. Naturalmente non elimina i problemi e le difficoltà. Rimangono, ma in mezzo ai problemi si vive in pace. Questo è il tocco divino. L'Iraq ha sperimentato un tocco di pace che non è terrena. 

Per quattro giorni l'Iraq ha vissuto un miracolo di pace. È dal 2003 che l'aria in Iraq non è così pulita.

Monsignor Robert JarjisPatriarca ausiliario di Babilonia dei Caldei, Baghdad

Quando il Papa ha visitato l'Iraq, avete sperimentato questo sentimento, il desiderio puro di tutti e l'unità di tutti perché questo viaggio avesse luogo. Forse, forse, forse, forse, tre volte forse, cioè, hanno ricevuto qualche telefonata per impedire il viaggio. 

Ricordiamo l'attentato di pochi giorni prima dell'arrivo del Santo Padre, che ha ucciso persone povere, persone che lavorano ogni giorno per guadagnare il loro salario quotidiano. Per comprare verdure, nemmeno carne, solo verdure, per sfamare le loro famiglie. Sono stati uccisi. Questo attacco, forse, era per impedire il viaggio del Santo Padre.

Tuttavia, il tocco divino aveva il suo piano. Che questo popolo possa vivere un po' di pace. 

Quali sono ora i progetti in Iraq e qual è l'eredità del Santo Padre per i prossimi anni?

Cosa dice un iracheno della visita del Papa? A proposito della visita del Papa, dice: "Spero che torni". Poiché le strade sono state pulite, la felicità è presente. Il popolo è unito. Questo non esisteva. Gesù parla. Il regno del diavolo è diviso e non rimane. Quando è unito, rimane. L'Iraq è stato unito. Tutto. Cristiani, musulmani, tutti hanno seguito la visita del Santo Padre. Tutti.

Ero anche responsabile delle cerimonie liturgiche. Quando il Papa veniva nella cattedrale - lo si può vedere nei video di YouTube, che sono stati molto popolari sul web - la gente dei dintorni usciva dalle case e veniva a salutare il Papa, quasi tutti musulmani o non cristiani. Il Papa passava e loro lo salutavano con "eccolo, eccolo, benvenuto Papa! Parlavano italiano. Erano arabi. È una cosa straordinaria. Un tocco particolare. 

Il popolo ha bisogno di un volto di pace come quello del Santo Padre. Sono stanchi dei volti della guerra. Anch'io sono stanco, come iracheno.

Su un'altra domanda, mons. Jarjis, qual è il motivo della sua visita in Spagna?

È una domanda molto interessante. A causa dell'immigrazione, che in Iraq è molto diffusa, come Chiesa caldea sono l'assistente del Patriarcato della Chiesa caldea per gli affari educativi. E abbiamo creato un Istituto di studi biblici e di lingue antiche. Lingue bibliche e mesopotamiche. 

E non vogliamo solo raggiungere i nostri fedeli in Iraq, ma anche i fedeli di tutto il mondo. In questo modo le chiese si riuniscono di nuovo. Utilizzando i mezzi che esistono ora. San Paolo si è servito del mezzo di comunicazione che si usava al suo tempo. Se San Paolo avesse avuto Internet, Facebook o WhatsApp, li avrebbe usati. San Paolo avrebbe inviato la Lettera ai Corinzi tramite Facebook, Instagram o Twitter. 

Ma i mezzi di cui disponeva erano le lettere. Ed è quello che ha fatto, scrivendo lettere con il fuoco del suo cuore. Per proclamare il nome di Gesù, per raggiungere tutti e per unire tutti. È per questo che noi, come figli di questo grande araldo del nome di Gesù, abbiamo cercato i mezzi più veloci per trasmetterlo e per unire la nostra chiesa che è sparsa in tutto il mondo. 

Se San Paolo fosse vissuto oggi, avrebbe inviato la Lettera ai Corinzi via Facebook, Instagram, WhatsApp o Twitter. Il mezzo di comunicazione di cui disponeva allora erano le lettere.

Monsignor Robert JarjisPatriarca ausiliario di Babilonia dei Caldei, Baghdad

Le sfide sono molte. Innanzitutto, perché non volevamo creare qualcosa senza un obiettivo chiaro e concreto per il futuro. Avremmo potuto fare qualcosa di semplice e basta. Ma non l'abbiamo fatto. I nostri insegnanti hanno già iniziato prima della pandemia. Vengono tutti dal mondo arabo. Professori dal dottorato di ricerca, dal master in Bibbia. Abbiamo già compiuto i passi accademici. 

In secondo luogo, abbiamo iniziato a registrare studenti iracheni, provenienti da diverse province; anche studenti dagli Stati Uniti e dal Canada. Da tre paesi. Il secondo anno abbiamo iniziato con 46 persone. C'erano studenti provenienti dall'Europa, dalla Svezia, dall'Australia, da altri stati degli Stati Uniti, dalla Turchia, emigrati in Turchia, ecc. 

Questo è il nostro progetto. Richiede un supporto. Sostegno economico ma anche riconoscimento da parte di altre università straniere, che è fondamentale. Grazie a un "angelo", un sacerdote spagnolo, padre José Rapallo, che si occupa dei militari spagnoli in Iraq, abbiamo fatto grandi progressi. Lo abbiamo incontrato durante la visita del Santo Padre. E abbiamo parlato di questo progetto. E da lì abbiamo preso contatto con due università: L'Università UNIR e la Facoltà di San Dámaso. 

Per questo motivo siamo stati in contatto con loro e abbiamo avuto degli incontri in modo che potessero aiutarci dal punto di vista tecnico. Grazie anche al Cardinale Osoro, al Cardinale Omella, ecc. Abbiamo parlato come fratelli. 

La terza parte è di tipo finanziario: speriamo di trovare un sostegno e degli sponsor che ci permettano di portare avanti il progetto. 

Prima della pandemia, avevamo avviato un istituto di catechesi in diverse città. A Erbil, a Baghdad. Ma è un Istituto che copre molto ma non è molto profondo. L'Istituto che promuoviamo tratta un argomento specialistico. Speriamo quindi che abbia successo.  

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Vaticano

Il Papa riprende le udienze: "Non negoziate con la verità del Vangelo".

Francesco ha ripreso le udienze generali con una catechesi sulla Lettera di San Paolo ai Galati, dopo una pausa nel mese di luglio.

David Fernández Alonso-4 agosto 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il Santo Padre Francesco ha ripreso le udienze generali, dall'Aula Paolo VI, dopo la pausa del mese di luglio. In questo modo si mantiene il protocollo sanitario per la pandemia COVID, mantenendo una sedia separata tra una persona e l'altra.

Il Papa ha continuato la catechesi sulla Lettera di San Paolo ai Galati, che aveva iniziato prima dell'estate, dopo aver concluso il ciclo di catechesi sulla preghiera.

"Questo passo del Lettera ai GalatiFrancesco ha esordito: "ci mostra che San Paolo ha inteso la sua vita come una chiamata all'evangelizzazione, una missione alla quale si è dedicato con tutte le sue forze". Per l'Apostolo, il Vangelo è il KerygmaIl Vangelo è l'annuncio della morte e della risurrezione di Cristo, il mistero pasquale in cui Dio realizza le sue promesse a Israele e offre la salvezza a tutti gli uomini. Accettando il Vangelo siamo riconciliati con Dio nostro Padre, diventiamo suoi figli ed eredi della vita eterna.

Il Papa ci invita a essere fedeli all'unico Vangelo, fedeli alla via attraverso l'identificazione con Gesù Cristo: "Perciò, quando Paolo vede che la comunità di Galati rischia di dare ascolto ai falsi predicatori e di allontanarsi dalla via della fede, li invita a rimanere fedeli all'unico Vangelo, che non è l'osservanza della legge, ma la configurazione alla Persona di Gesù Cristo, che ci libera dalla morte e dal peccato".

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Letture della domenica

Commento alle letture di domenica 19a domenica del Tempo Ordinario

Andrea Mardegan commenta le letture della XIX domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan-4 agosto 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

"Ho cercato il Signore; mi ha risposto e mi ha liberato da tutte le mie paure": Il Salmo 33 esprime lo spirito di Elia dopo la prova dello sconforto. Fece uccidere centinaia di profeti di Baal, sconfiggendoli nella prova del fuoco sul Monte Carmelo, applicando la Torah che condannava a morte gli idolatri. Ma la regina Gezabele gli fa sapere che vuole fare la stessa fine per lui. Fugge e viene assalito dalla paura e dalla stanchezza della vita. "Basta, Signore, togli la mia vita", L'espressione del suo volto lo deprime: "Non sono migliore dei miei genitori. 

Ma Dio non gli ha chiesto di essere migliore, né di giudicarsi, ma di lasciarsi nutrire da lui. Il pane cotto sulle pietre che l'angelo gli dà è un'anticipazione dell'Eucaristia. Gli dà la forza di camminare per quaranta giorni e quaranta notti fino al Monte Oreb. È il Monte Sinai, dove il popolo d'Israele ha le sue radici, dove Elia ringiovanisce la sua vocazione. 

Elia ha avuto una crisi di fede e gli Efesini vivono la crisi nella vita di Cristo che hanno ricevuto: Paolo li esorta a non "addolorare lo Spirito Santo". e di far scomparire "da loro ogni amarezza, ira, collera, indignazione, grida e calunnie, con ogni sorta di malizia".ed essere "imitatori di Dio". e "Siate gentili gli uni con gli altri, teneri di cuore, perdonandovi a vicenda, come Dio ha perdonato a voi in Cristo".

Introdotti da questi due esempi di crisi, arriviamo al mormorio dei Giudei che non credono che Gesù possa essere il "pane dal cielo"; per loro la sua umanità è un ostacolo alla comprensione della sua natura divina. Dicono che sia "il figlio di Giuseppe".La realtà contrasta con la convinzione che il Messia debba scendere dal cielo senza alcuna genealogia terrena. Giuseppe e Maria sono i testimoni che Gesù è il Figlio di Dio. Ma non è questo il momento di svelare il mistero della sua nascita. 

Gesù li esorta: "Non mormorate tra di voi".. Questo verbo si riferisce alla mormorazione dei suoi padri nel deserto contro Mosè. Allo stesso tempo, rimuovendo la loro colpa, rivela loro che è solo con l'attrazione che il Padre dona che possono andare a lui nella fede. Nonostante la loro ostinazione, Gesù procede a rivelare se stesso come "il pane della vita e "Il pane vivo disceso dal cielo", permettendo al Padre di concedere la loro libertà e attrazione verso di lui. "Se uno mangia questo pane, vivrà in eterno; e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo". Nella lingua semitica, la parola "carne" indica l'intera persona vivente. Mangiando, otteniamo tutto di Gesù Cristo e tutta la sua vita: "...".Non sono più io che vivo, ma è Cristo che vive in me".. Mangiando il pane che dà vita, Gesù ci aiuta a superare lo scoraggiamento e la paura di Elia, le difficoltà e i vizi degli Efesini e l'incredulità dei Giudei.

L'omelia sulle letture della domenica 19

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

SOS reverendi

Programmi utili per la gestione dei social media

I social media sono sempre più importanti per la vita della Chiesa e delle sue agenzie. Dopo tutto, persone di tutte le età si spostano sui social media per trovare nuove cose da fare, luoghi dove andare e persone da incontrare.

José Luis Pascual-3 agosto 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Nonostante la sua utilità, ci rendiamo conto che la somministrazione di una Facebook, Twitter e Instagram... è un compito che richiede molto tempo. E, se lo aggiungiamo al nostro carico di lavoro, può sembrare un compito impossibile. Sarebbe un risparmio di tempo per rendere la gestione dei social media più semplice per tutti. Vi mostrerò le migliori app che possono velocizzare i vostri social network. Essi sono:

Rapporto sociale

Rapporto sociale è uno strumento di gestione dei social media completo. Può essere utilizzato per programmare i post e generare report dettagliati. Dispone di eccellenti strumenti di pianificazione intelligente, analisi e reportistica dettagliate e persino di una casella di posta elettronica sociale intelligente che visualizza le vostre menzioni. 

Per quanto riguarda la pubblicazione, è possibile programmare gli stati di tutti gli account dei social media contemporaneamente. È sufficiente creare il post nella finestra di composizione del messaggio, selezionare gli account a cui si desidera inviare il messaggio e programmare il post. È possibile utilizzare le funzioni di content syndication e di content syndication. Sempreverde per automatizzare la pubblicazione sui social network. 

Rapporto sociale offre uno strumento che consente di importare gli aggiornamenti di stato da un documento da Excelin modo da poter programmare tutti i post in una volta sola. È compatibile con tutte le reti.

Canva

Canva è un'applicazione gratuita di progettazione grafica basata sul Web. È possibile creare banner e altre immagini per i social media utilizzando la libreria di modelli gratuiti. È sufficiente riempirli con il proprio testo, modificare le immagini e contrassegnarli con i propri loghi. Una volta perfezionato il vostro design, potete scaricare copie dei vostri disegni per uso sociale e pubblicarli direttamente sui social network di vostra scelta. 

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Condividi questo offre gratuitamente i pulsanti di condivisione dei social media per il sito web o il blog di WordPress. I pulsanti sono rifiniti, reattivi e ottimizzati per i dispositivi mobili, in modo da adattarsi all'aspetto del sito web. È sufficiente aggiungere il codice Condividi Questo al vostro sito web e il gioco è fatto! Vi prometto che non ci vorranno più di 10 minuti per implementarlo - è gratuito!

Kapwing

Kapwing modificare rapidamente i video dei social media sul web. Oggi i video stanno conquistando il mondo dei social media. Quindi, se la vostra chiesa vuole aumentare la partecipazione, dovrebbe sperimentare la pubblicazione di brevi video delle funzioni e delle sessioni di studio. Ma l'editing video richiede tempo e denaro. Con Kapwing andare sul sito web, selezionare una delle numerose funzioni di editing e caricare il videoclip. Kapwing farà il resto. Potete quindi prendere il video della celebrazione di domenica dal vostro cellulare e montarlo in un breve clip per Facebook in pochi secondi.

Tweetdeck

Tweetdeck è lo strumento gratuito di Twitter per gli utenti avanzati. L'applicazione permette di visualizzare, gestire e twittare da tutti gli account di Twitter in un unico luogo. Si può anche utilizzare per eseguire ricerche continue per diverse parole chiave e hashtag. Creare tutti i cruscotti che si desiderano per visualizzare diversi elenchi, feed di Twitter, ricerche e altro ancora.

Ammasso di storie

Ammasso di storie crea e programma storie di Instagram e Snapchat online. Le storie di Instagram e Snapchat sono un modo efficace per aumentare i follower sui social, soprattutto tra i più giovani. Ma creare contenuti narrativi su uno smartphone può essere difficile. La limitata superficie dello schermo rende difficile la creazione. Storyheap è un'applicazione web che consente di creare e programmare storie di Snapchat e Instagram nel browser web. L'applicazione dispone di un generatore di storie, per cui è molto facile crearle.

Pagemodo

Pagemodo vi aiuta a distinguervi dal mare dei generici Facebook con temi sorprendenti e schede personalizzate. È possibile creare una scheda personalizzata nella finestra Facebook e aggiungere foto, video, mappe, informazioni di servizio e altro ancora con un paio di clic. Si ha già il controllo dell'HTML e del CSS della scheda. Se utilizzate correttamente, queste schede aggiuntive possono essere trasformate in un'icona della vostra chiesa. Facebook della vostra parrocchia in una base di conoscenze sulla vostra parrocchia. Ha un eccellente creatore di foto di copertina che consente di creare banner personalizzati, senza bisogno di esperienza di design.

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SOS reverendi

Come fare streaming nella vostra parrocchia

"Lo streaming è ormai un concetto diffuso e la trasmissione di atti, eventi o cerimonie con questo mezzo è diventata una risorsa comune. Gli ultimi mesi, con la situazione creata dal COVID-19, ne hanno dimostrato l'utilità. Come fare buon uso di questa possibilità?

José Luis Pascual-3 agosto 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Ci sono diverse domande che riguardano la trasmissione in diretta o streamingattraverso diverse piattaforme per le nostre parrocchie, incontri o eventi. E parliamo di ciò che occorre fare per realizzare una trasmissione in diretta sulla piattaforma di vostra scelta (Facebook, Instagram, Youtubeecc...). 

È necessario che la nostra trasmissione abbia una buona qualità, poiché al giorno d'oggi siamo più attratti da una trasmissione che abbia un buon aspetto e un buon suono piuttosto che da qualcosa che appaia "pixelato" o di bassa qualità, o in cui l'audio non sia comprensibile.

E per questo c'è un'attrezzatura che è necessaria per rendere la nostra trasmissione eccellente. E, come sapete, è necessario disporre di una serie di attrezzature come videocamere, video commutatoriMa è necessario che ognuno di questi dispositivi sia di buona qualità, perché se qualcosa nella nostra catena di dispositivi è di qualità inferiore, ovviamente il nostro risultato ne risentirà.

Video

Oggi possiamo già trovare diversi modi per ricevere video per una trasmissione in diretta: dalla tecnologia NDI, che è la ricezione di video su IP, alla ricezione di video tramite cavo USB C, oppure fulmine nel caso del marchio Apple, e i famosi dispositivi di acquisizione video. Indipendentemente dalla scelta, l'opzione migliore è quella che si adatta meglio alle vostre esigenze, allo spazio e all'economia. 

La maggior parte delle videocamere offre già la qualità FullHD o 4K, che è la qualità video standard e offre una buona immagine. È importante notare che al giorno d'oggi tutti questi dispositivi per lo streaming dal vivo sono dotati di ingressi e uscite digitali, il che significa che non perdono qualità quando vengono collegati ad altre apparecchiature, a patto che anche queste ultime accettino questa qualità video.

Audio

Per quanto riguarda l'audio, nel caso di una trasmissione con una o due persone, questo può essere effettuato direttamente dalla telecamera, se questa dispone degli ingressi appropriati.

Per questo tipo di soluzione sono disponibili numerosi microfoni, che vanno da Lavalier per telefoni cellulari o fotocamere convenzionali, fino a microfoni convenzionali di ottima qualità nel caso di fotocamere di fascia superiore. 

Il nostro obiettivo potrebbe essere una trasmissione con musica, in particolare con una band dal vivo o in cui abbiamo bisogno di ricevere l'audio direttamente da una console. Quindi abbiamo bisogno di un adattatore per poter inviare la sorgente esterna. Possiamo utilizzare console con uscita USB; se il nostro sistema è molto semplice, esistono anche catturatori video con ingressi audio.

Uno degli errori più comuni che si verificano con l'audio nelle trasmissioni dal vivo è che il segnale viene inviato in saturazione (picco, clip). Questo può accadere per una serie di motivi:

  1. perché tutti i canali hanno un segnale di ingresso molto alto e stanno raggiungendo il punto di picco o di clip sulla console: ricordatevi di gestire una struttura di guadagno corretta;
  2. perché il livello di uscita per lo streaming live dalla console è troppo alto;
  3. perché si invia il segnale a una console/interfaccia USB o a un commutatore video in cui si dà un guadagno a ciò che si riceve, il che significa che il segnale è già amplificato: tutto ciò che si deve fare sulla console/interfaccia USB o sul commutatore video è assegnargli un volume.

Software di streaming o sistema di streaming (scheda di trasmissione)

Per la trasmissione abbiamo bisogno di un software o di un dispositivo chiamato "scheda di trasmissione", al quale invieremo l'audio e il video insieme; questi si occuperanno di inviare tutto e di effettuare la trasmissione.

Per lo streaming è importante disporre di strumenti in grado di soddisfare le nostre aspettative ed esigenze, tra cui il numero di telecamere. Esistono diversi prodotti che possono essere molto utili a questo scopo. Io uso l'ATEM MINI PRO, uno switcher con un'ottima adattabilità e grandi funzioni, una grande scommessa da parte di Blackmagic. Abbiamo la possibilità di collegare 4 segnali video HDMI, così come la trasmissione diretta via cavo senza la necessità di un computer; e un altro grande vantaggio è il suo prezzo rispetto ad altri sul mercato.

Una buona connessione a Internet

Sarebbe inutile avere tutti i dispositivi per la trasmissione se non si dispone della necessaria connessione a Internet. La larghezza di banda consigliata per effettuare una trasmissione, sempre supponendo che non ci sia un altro dispositivo collegato, è di 10 Mb in upload. Questo ci permetterà di avere una buona performance.

Con questi 4 elementi, saremo in grado di eseguire correttamente il nostro streaming.

Vocazioni

Le origini del Carmelo di Compostela: Madre Maria Antonia di Gesù

Madre María Antonia de Jesús è stata la fondatrice del Carmelo di Santiago de Compostela, oltre che una grande scrittrice, essendo la prima mistica e scrittrice carmelitana galiziana. Nel 2018 Papa Francesco l'ha dichiarata Venerabile.

Ana de la Esperanza i.c.d.-3 agosto 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Torniamo indietro nel tempo fino al XVIII secolo, per sorprendere il protagonista della nostra storia. Maria Antonia Pereira y Andrade (1700-1760) aveva tra i 27 e i 28 anni. Sebbene sia nato nel luogo di O Penedo (Cuntis), ora vive nella città portuale di Baiona, dove ha sposato Juan-Antonio Valverde. Hanno due figli e, come molti uomini galiziani, il marito le ha chiesto di emigrare nel sud della Spagna per guadagnare più soldi e aumentare il tenore di vita della famiglia. Insiste così tanto che María Antonia gli concede il permesso, a condizione che non ci metta troppo tempo a tornare a casa... 

Nessuno dei due sapeva che questa separazione sarebbe stata definitiva, perché Dio irruppe con forza nel cuore di Maria Antonia, che, essendo sola, iniziò una vita di intensa preghiera e pietà.

Una notte ha un'esperienza mistica - la prima, si potrebbe dire - in cui sente la voce del Crocifisso davanti al quale sta pregando, che gli dice: "Allontanatevi dalle occasioni in cui potete offendermi e seguitemi".

L'incendio dell'amore di Dio

Qui nasce un'altra Maria Antonia, la cui vita è segnata dall'incendio dell'Amore di Dio che, accendendosi nella sua anima, accende anche il fuoco dell'amore per il prossimo, lo zelo per il bene delle anime, per la conversione dei peccatori e dei non credenti.

Dio è "il Maestro interiore". che la illumina. Maria Antonia è analfabeta, quindi cerca sempre di discernere tutto con il suo confessore. Ha una grande luce sull'obbedienza, per non cadere in illusioni di fantasia: si lascia discernere.

Un giorno, mentre era in preghiera, Dio gli fece una promessa: "Sarai il fondatore di un convento".. Si chiede, come la Vergine all'Annunciazione: "Come sarà?" Sposata, con due figli, con il marito che, pur lontano, continua ad amarsi...

"Se vuoi che li abbia, portali tu!".

Dio, però, le ispira il voto di castità, le dice che vuole che abbia più figli dei due che ha, e la giovane Maria Antonia gli risponde: "Se vuoi che li abbia, portali tu!".. Fino a tredici ragazze del villaggio sono state riunite e iniziate alla vita spirituale, alla preghiera e alla frequenza dei sacramenti, tutte con un grande desiderio di diventare religiose, anche se alla fine solo tre di loro si sono consacrate a Dio.

La promessa della fondazione del convento di Compostela martellava sempre nei suoi pensieri: di quale Ordine, dove, come e quando?

Spinta da un impulso interiore, chiese al marito il permesso di indossare l'abito di Nostra Signora del Monte Carmelo, come erano solite fare le donne devote (chiamate "scoperte"). Seguirono altri tre discepoli che sarebbero diventati religiosi come lei.

A Nostra Signora del Monte Carmelo

Il nostro protagonista viene a sapere che esiste un Ordine dedicato alla Vergine del Monte Carmelo, che si dedica a una vita di preghiera, amore e culto della Vergine. "la Regina divina", e capì che questo era l'Ordine che Dio gli stava indicando. In realtà, non sapeva quasi nulla di essa, né della sua fondatrice, l'illustre Santa Teresa di Gesù! Per questo motivo, quando lesse casualmente la vita della santa di Avila, il suo La strada verso la perfezionePoi, piena di coraggio, partì con le tre giovani compagne per Siviglia, dove si trovava il marito, per chiedergli la separazione canonica, in modo da potersi fare suora e aiutare le compagne a fare lo stesso. Il loro pellegrinaggio attraverso le terre portoghesi è incredibile: attraversano tutto il Regno a piedi, da nord a sud, fino a raggiungere Zafra e da lì Siviglia.

Alla vigilia della festa del nostro santo Patriarca San Giuseppe, dopo una notte di preghiera, di "litigare con Dio".Il marito non solo le diede il permesso, ma sentì anche dentro di sé il desiderio di diventare lui stesso un religioso, nello stesso Ordine che aveva scelto la moglie.

Prima del suo ingresso, Maria Antonia tentò di fondare un convento carmelitano a Santiago de Compostela con cinque dei suoi discepoli, subito dopo il suo ritorno da Siviglia, quando era ancora una laica. Era mossa dallo zelo per le anime e da un amore smodato per la Vergine del Carmelo, che non aveva una sua casa in Galizia, con il rammarico che le giovani con vocazione carmelitana dovessero andare in Castiglia.

"Sarai il fondatore di un convento".

Non potendo fondare una fondazione, i due coniugi hanno fatto voto di diventare religiosi. Il giorno di San Giuseppe ad Alcalá de Henares sono entrati nell'Ordine del Carmelo Scalzo, lui nei Padri e lei nelle Madri del Carmelo Scalzo. Corpus Christi. Maria Antonia ha 32 anni.

Ma la promessa: "Sarai il fondatore di un convento", Anche se calma, è rimasta viva sotto la cenere, e Dio ha riacceso il fuoco vivissimo del desiderio per il bene delle anime e per la Sua gloria. Per vie provvidenziali tutto si risolse e il 15 ottobre 1748 le fondatrici arrivarono a Santiago de Compostela. Era la festa di Santa Teresa! Questo è ciò che il Signore aveva rivelato loro in una visione, in cui videro le ragazze galiziane vestite con i loro costumi tradizionali, ad una Anno giubilare (Anno Santo giacobino, come quello che stiamo vivendo oggi). Madre Maria Antonia si aggiunge al gruppo.

Poco dopo la fondazione, fu nominata priora della nuova comunità e, come le disse il Signore con parole affettuose: "il bambino - il fondamento - viene restituito alla propria madre".

Morì in odore di santità il 10 marzo 1760 e nel 2018 è stata dichiarata venerabile da Papa Francesco. Non potevamo concludere questa rassegna senza sottolineare un aspetto di fondamentale importanza: quando si cerca il nome di una scrittrice galiziana del XVIII secolo, il risultato è praticamente nullo. Solo nel secolo successivo quattro grandi scrittrici risvegliarono l'anima femminile di questa terra. Con il Autobiografia di Madre Maria Antonia - che è stato appena pubblicato per la prima volta (Editoriale Monte Carmelo)-, viene dato un giusto riconoscimento alla prima mistica e scrittrice carmelitana galiziana, che emerge dalle ombre della storia del XVIII secolo, rivelando un profilo femminile dell'anima galiziana che era sconosciuto. Con lei viene colmato un vuoto increscioso che ha impoverito la nostra cultura ed emerge un volto nuovo. "vecchio e nuovo".La prima è quella di Madre María Antonia de Jesús, che sarà conosciuta dalla sua gente come "A Monxiña do Penedo".

L'autoreAna de la Esperanza i.c.d.

Vocazioni

Santi sacerdoti: San Giovanni Maria Vianney, il Santo Curato d'Ars

Il Santo Curato d'Ars è uno dei grandi santi sacerdoti della storia della Chiesa, come dimostrano il suo immenso lavoro pastorale e la sua fama di santità già in vita.

Manuel Belda-3 agosto 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

San Giovanni Maria Vianney nacque a Dardilly, un villaggio vicino a Lione, l'8 maggio 1786. All'età di 17 anni inizia gli studi per il sacerdozio. Chiamato per il servizio militare, fu inviato a combattere in Spagna, ma disertò e si nascose sulle montagne dal 1809 al 1811, quando un'amnistia gli permise di tornare al suo villaggio. Tornò in Seminario, ma a causa delle sue difficoltà con la filosofia e il latino, fu allontanato. Un sacerdote, don Belley, lo accoglie e lo prepara fino all'ordinazione il 13 agosto 1815. Curato di Belley dal 1815 al 1818, quando fu assegnato alla parrocchia di Ars, un piccolo villaggio di 230 abitanti. Quando fu mandato lì, il vicario generale della diocesi gli disse: "Non c'è molto amore in questa parrocchia; lei cercherà di introdurlo".

Negli anni trascorsi ad Ars si possono distinguere chiaramente due fasi: nella prima, il suo lavoro pastorale si limitava ai parrocchiani della sua parrocchia, con la predicazione, la catechesi, le visite ai malati, ecc. Nel secondo, qualche anno dopo, la sua fama di santità si diffuse in tutta la Francia e una grande moltitudine di persone provenienti da tutte le regioni accorreva ad Ars, a volte aspettando per giorni per potersi confessare con lui. Un esempio di questo grande afflusso di fedeli è il fatto che si dovettero organizzare treni speciali da Lione ad Ars.

Morì il 4 agosto 1859, quindi la sua commemorazione viene celebrata il 4 agosto. Fu canonizzato e proclamato patrono dei parroci da Pio XI nel 1929.

La sua santità di vita

San Giovanni Maria Vianney riuscì a convertire gli abitanti di Ars e una grande moltitudine di persone, perché era molto santo. In un'occasione, a un avvocato di Lione che tornava da Ars fu chiesto cosa avesse visto lì. Ed egli rispose: "Ho visto Dio in un uomo". Come disse una volta Benedetto XVI: "Il santo Curato d'Ars è riuscito a toccare il cuore della gente non con le sue doti umane, né affidandosi unicamente a uno sforzo di volontà, per quanto lodevole. Ha conquistato le anime, anche le più refrattarie, comunicando loro ciò che viveva intimamente, cioè la sua amicizia con Cristo. Era innamorato di Cristo, e il vero segreto del suo successo pastorale era l'amore per il mistero eucaristico, celebrato e vissuto, che si trasformava in amore per il gregge di Cristo, per i cristiani e per tutti gli uomini che cercano Dio" (Pubblico generale5-VIII-2009).

Il Santo Curato d'Ars insegnava ai suoi parrocchiani soprattutto con la testimonianza della sua vita santa. Con la sua prolungata permanenza davanti al tabernacolo in chiesa, riuscì a convincere i fedeli a imitarlo e a recarsi al tabernacolo per visitare Gesù nel Santissimo Sacramento. Dal suo esempio i fedeli impararono a pregare. "Non c'è bisogno di parlare molto per pregare bene", ha insegnato loro; "sappiamo che Gesù è lì, nel tabernacolo: apriamo il nostro cuore a lui, gioiamo della sua presenza". Questa è la preghiera migliore. "Io guardo lui e lui guarda me", disse al suo santo sacerdote un contadino di Ars che pregava davanti al tabernacolo.

Educare i fedeli alla devozione all'Eucaristia era particolarmente efficace quando lo vedevano celebrare il Santo Sacrificio dell'Altare. I presenti hanno detto che "non si poteva trovare una figura che esprimesse meglio l'adorazione... Contemplava l'ostia con amore". Diceva loro: "Tutte le opere buone messe insieme non sono paragonabili al Sacrificio della Messa, perché sono opera degli uomini, mentre la Santa Messa è opera di Dio".

Questa identificazione personale con il Sacrificio della Croce nella Santa Messa lo portò dall'altare al confessionale. La sua dedizione al sacramento della riconciliazione era estenuante. Mentre la folla di penitenti provenienti da tutta la Francia cresceva, egli trascorreva fino a 16 ore al giorno nel confessionale. All'epoca si diceva che Ars era diventata il "grande ospedale delle anime". A un confratello sacerdote spiegò: "Ti dirò la mia ricetta: do ai peccatori una piccola penitenza e faccio il resto per loro.

Il Santo Curato d'Ars visse eroicamente la virtù della povertà. La sua povertà non era quella di un religioso o di un monaco, ma quella che si richiede a un sacerdote: pur maneggiando molto denaro (poiché i pellegrini più facoltosi erano interessati alle sue opere di carità), era consapevole che era tutto per la sua chiesa, i suoi poveri, i suoi orfani e le sue famiglie più bisognose. Ha spiegato: "Il mio segreto è semplice: dare tutto e non tenere nulla. Quando si trovava a mani vuote, diceva volentieri ai poveri che lo interpellavano: "Oggi sono povero come voi, sono uno di voi".". Così, alla fine della sua vita, poté dire con assoluta serenità: "Non ho nulla... Ora il buon Dio può chiamarmi quando vuole...".".

Visse eroicamente anche la virtù della castità. Si potrebbe dire che era la castità che si addice a chi deve toccare abitualmente l'Eucaristia con le mani e contemplarla con tutto il cuore estasiato e con lo stesso entusiasmo distribuirla ai suoi fedeli. Di lui si diceva che "la castità brillava nei suoi occhi", e i fedeli potevano vederla quando guardava il tabernacolo con gli occhi di un innamorato.

Infine, nella vita del Santo Curato d'Ars va sottolineato il suo amore per la Beata Vergine. Egli stesso aveva una devozione molto viva per l'Immacolata Concezione; lui che già nel 1836 aveva consacrato la sua parrocchia a Maria concepita senza peccato, e che con tanta fede e gioia accolse la definizione dogmatica del 1854. Ricordava sempre ai suoi fedeli che "Gesù Cristo, quando ci ha dato tutto quello che poteva darci, ha voluto renderci eredi della cosa più preziosa che aveva, cioè la sua Santa Madre".

Per saperne di più
Ecologia integrale

La purezza è possibile

Con l'aumento dell'uso della pornografia tra i giovani e le dipendenze dannose che provoca, il dottor Kevin Majeres ha lanciato un'iniziativa per aiutare i giovani a sfuggire a questa e ad altre dipendenze sessuali.

David Fernández Alonso-3 agosto 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Gli adolescenti consumano pornografia per la prima volta all'età di 12 anni e quasi 7 su 10 (68,21 PT3T) consumano frequentemente questi contenuti sessuali (lo hanno fatto negli ultimi 30 giorni). Questo consumo avviene nella privacy (93,91 PT3T), attraverso i telefoni cellulari, ed è incentrato su contenuti gratuiti. online (98.5%), per lo più basati su violenza e disuguaglianza.

DATO

68%

degli adolescenti fa uso frequente di pornografia.

Ciò emerge, tra l'altro, nel rapporto La (cattiva) informazione sessuale: pornografia e adolescenza pubblicato qualche mese fa da Save the Children per studiare il consumo di contenuti sessuali tra gli adolescenti e l'impatto che ha sulle loro relazioni e sul loro sviluppo. Oltre a fare luce su questo tema, lo studio include una serie di raccomandazioni su come affrontare il tema della sessualità per le famiglie, i professionisti dell'educazione e della salute e la stessa popolazione adolescenziale.

Secondo alcuni esperti, il potere della pornografia, il cui consumo aumenta ogni anno, come si evince da questo e altri studi, deriva dal modo in cui inganna il cervello inferiore dell'uomo. Uno degli inconvenienti di questa regione del cervello è che non è in grado di distinguere tra un'immagine e la realtà.

Consapevole di questa situazione, il dottor Kevin Majeres, MD, ha lanciato un'iniziativa volta ad aiutare le persone che si trovano in una situazione di dipendenza sessuale.

Nato e cresciuto in Minnesota, Majeres ha studiato medicina presso l'Università di Dallas a Irving, in Texas, dove ha anche completato una specializzazione presso l'University of Texas Southwestern Medical Center. Dopo la laurea ha completato una borsa di studio presso il Beck Institute for Cognitive Therapy and Research di Philadelphia ed è entrato a far parte dell'Academy of Cognitive Therapy. È inoltre membro dell'Associazione dei terapisti comportamentali e cognitivi. Attualmente fa parte della facoltà della Harvard Medical School, dove tiene un corso settimanale di terapia cognitivo-comportamentale per gli psichiatri in formazione del Beth-Israel Deaconess Medical Center. È inoltre diplomato presso l'American Board of Psychiatry and Neurology.

L'iniziativa è disponibile sul sito web www.lapurezaesposible.com e il suo originale in inglese www.purityispossible.com.

Con l'affermazione che "la purezza è possibile per chiunque", Majeres offre un metodo per uscire dalla dipendenza dal consumo di pornografia o da altri comportamenti sessuali che creano dipendenza. "La purezza", si legge nell'introduzione del sito, "è uno stato di pace in cui i vostri desideri e comportamenti sessuali sono in completa armonia con i vostri ideali". Vivere secondo i propri ideali porta sempre gioia e chiunque è in grado di imparare a farlo attraverso una pratica mirata.

Questo sito web si propone di applicare la saggezza e la scienza della terapia comportamentale alla sfida di superare i comportamenti sessuali di dipendenza. Attraverso i nove moduli offerti dal metodo, si può imparare passo dopo passo a controllare gli impulsi, l'ansia e la distrazione. Il metodo di Majeres si basa sui più recenti risultati della ricerca in neuroscienze, psicologia, fisiologia e medicina. E lungo il percorso, il soggetto troverà molti motivi di speranza.

Il piano inizia con un modulo sugli ideali. "Lo scopo della terapia comportamentale", spiega Kevin Majeres, "è rompere i circoli viziosi e favorire quelli virtuosi. La terapia comportamentale si concentra sullo slancio che guida l'uno e l'altro. Nei circoli viziosi, questo slancio è il processo di automazione che cresce quando si sfuggono le emozioni spiacevoli; nei circoli virtuosi, è la crescita del significato, dell'autocontrollo e della gioia che accompagna il perseguimento degli ideali. Questo modulo vi aiuterà a identificare i vostri ideali e a fare i primi passi per vivere secondo questi.

Al centro della terapia cognitiva si trova la pratica di riformulazioneL'"allenamento", con cui ci si allena volontariamente a vedere le prove come opportunità piuttosto che come minacce. Il riformulazione cambia il modo in cui il cervello lavora durante un test: la visione a tunnel formata dall'impulso scompare, la capacità di prendere decisioni morali viene preservata e una chiara visione degli ideali rimane in primo piano. Sarete meno impulsivi e meno facilmente distraibili, rendendo gli impulsi molto più facili da gestire.

Il metodo, oltre ai due già citati, propone i seguenti moduli come itinerario che l'interessato può seguire autonomamente: Ideali, Pazienza, Riformulazione, MindfulnessLavoro, ansia, speranza, preparazione e piano.

Mondo

Spiegare la fede ai rifugiati afghani

Attraverso una catechesi iniziata quattro anni fa, promossa personalmente dall'autore di questo articolo, molti rifugiati afghani a Salisburgo stanno conoscendo la fede e si stanno avvicinando ad essa. Ecco alcune delle loro storie. 

Dieter Grubner-3 agosto 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Quando Papa Francesco ha proclamato un Anno della Misericordia nel 2016, io e un amico abbiamo iniziato a giocare a calcio ogni domenica con i rifugiati, insegnando loro a parlare tedesco. Nel dicembre 2016 ho partecipato a una serata dedicata ai rifugiati organizzata da un'organizzazione chiamata "Elia 21", un gruppo interreligioso nato in Germania per far conoscere ai rifugiati il Vangelo e il cristianesimo. Stavano proiettando un film su Gesù Cristo e si offrivano a chiunque fosse interessato a saperne di più sul cristianesimo. Questo è ciò che abbiamo fatto e ho potuto incontrare diversi rifugiati musulmani, per i quali ho iniziato una catechesi all'inizio del 2017 presso il centro di formazione Juvavum di Salisburgo.

Abbas è stato coinvolto fin dall'inizio. Era fuggito dall'Iran, ma è originario dell'Afghanistan e appartiene al gruppo dei hazarache è stata a lungo maltrattata e perseguitata in Afghanistan. 

Sebbene il suo tedesco non fosse ancora molto buono, partecipava alla catechesi con grande interesse e con regolarità. Spesso incoraggiava le conversazioni con gli altri rifugiati nel centro d'asilo e spesso veniva preso in giro. Ciononostante, continuò a venire regolarmente alla catechesi e una volta portò con sé un amico che voleva diventare cristiano.

Per aiutarlo non solo a capire il cristianesimo, ma anche a viverlo, ho avuto con lui alcune conversazioni personali. Accettò volentieri il consiglio per la sua vita cristiana e si impegnò seriamente per metterlo in pratica. Per esempio, saluta sempre il Signore nel tabernacolo della cappella prima di partecipare alla catechesi e ha iniziato a parlare regolarmente con un sacerdote.

Dopo un anno di catechesi, avevamo studiato i contenuti essenziali del Catechismo della Chiesa Cattolica. Per avere un'idea dell'interesse a continuare il corso, ho chiesto ad Abbas se fosse interessato a proseguire gli studi e, in caso affermativo, se preferisse che il corso di approfondimento si svolgesse settimanalmente o solo ogni due settimane. Ammetto che per me il ritmo settimanale era piuttosto impegnativo, e la mia idea è stata quella di proporre che da quel momento in poi il corso si tenesse solo ogni due settimane. Ma dato che Abbas ha espresso un reale interesse a tenere il corso su base settimanale, ho deciso di continuare con questa frequenza; è stata la decisione giusta, perché i rifugiati hanno un disperato bisogno di formazione.

Poiché era stato battezzato nell'estate del 2016 in una chiesa evangelica libera e desiderava diventare cattolico, l'ho preparato per la Cresima, che ha avuto luogo nel maggio 2018, insieme alla sua adesione alla Chiesa cattolica.

Durante una delle nostre conversazioni personali, gli avevo spiegato che era importante impegnarsi per una buona istruzione, per amore di Gesù e per essere poi un buon professionista. Lui era completamente d'accordo e ne trasse le conseguenze. Poiché in Iran aveva frequentato la scuola solo per quattro o cinque anni, ha iniziato un corso di studi obbligatorio, che ha completato con successo dopo un anno e mezzo. In seguito, iniziò un apprendistato presso l'HTL, la sigla tedesca dell'istituto tecnico. Questi studi lo affascinarono. Ha già completato con successo due anni scolastici e non vede l'ora di finire questo corso.

Circa mezzo anno fa è arrivato un altro migrante dall'Afghanistan, di nome Nawied, che voleva diventare cristiano. Non potendo tenere un altro corso di catechesi per mancanza di tempo, ho chiesto ad Abbas, che ora usa il suo nome di battesimo Esteban, di tenere lui stesso la catechesi, utilizzando il materiale che avevo usato per la sua catechesi. Lo fece con grande gioia. In una conversazione personale con Nawied, egli ha sottolineato che Stefano era molto informato sulla fede cattolica. Dopo sei anni, si terrà finalmente la seconda istanza del processo per decidere se gli verrà concesso l'asilo in Austria, come da lui richiesto. Prego che gli venga concesso l'asilo.

Il giorno di Pentecoste 2018, una mia conoscente della comunità di Loreto (una comunità carismatica) mi ha avvicinato per informarmi che una rifugiata di nome Bismillah era stata "toccata dallo Spirito Santo", come ha detto lei, e voleva partecipare alla nostra catechesi. L'ho tradotto per me come "è interessato alla fede cattolica" e l'ho invitato al corso. Ben presto mi sono reso conto che il mio carismatico amico aveva ragione: Bismillah è una vera "bomba". Fin dall'inizio ha seguito la catechesi con grande interesse. Quando all'inizio della riunione rinfreschiamo il contenuto dell'ultima catechesi, è solito essere quello che sa di più durante la ripetizione. Ancora di più: nella sua casa di rifugiati ha parlato a molti amici della fede che aveva appena scoperto, tanto che due di loro si sono uniti alla catechesi nei mesi successivi. E anche se era ancora poco tempo che si preparava, nell'estate del 2018 ha partecipato a una "accademia estiva" che ho organizzato con l'obiettivo di approfondire la sua fede cattolica.

Ben presto fui in grado di chiedergli in coscienza se voleva essere battezzato, e lui rispose con un risoluto "sì". All'inizio di agosto è stato accolto nel catecumenato della parrocchia di San Biagio. A Pasqua 2019 è stato battezzato con il nome di Daniel. È stato anche cresimato e ha ricevuto il sacramento dell'Eucaristia durante la sua prima Comunione. La messa domenicale, la preghiera quotidiana, la confessione e la conversazione con il sacerdote sono diventate parte integrante della sua vita (cristiana).

Quando gli ho proposto un corso settimanale per approfondire la sua fede, ha accettato volentieri l'offerta e continua a venire settimanalmente a Khuvaum.

Circa un anno fa gli chiesi, con l'aiuto del mio materiale, di spiegare gli elementi essenziali della fede cattolica a un altro afghano di nome Asef, che parlava molto male il tedesco e quindi non capiva bene il contenuto della catechesi. Lo ha fatto, volentieri e in modo affidabile. Inoltre, quando ha scoperto che anche un altro afghano di nome Nabi, che aveva incontrato in precedenza, aveva bisogno di questo sostegno, si è offerto di aiutarlo. Lo ha fatto anche in modo molto responsabile e il suo amico è molto soddisfatto.

Daniel Bismillah ha trovato un posto fisso nel cuore del suo padrino, che è un medico (sposato con quattro figlie). Lo ha invitato a casa sua il giorno di Natale 2019. Daniel Bismillah ha avuto l'opportunità di partecipare alla Santa Messa con la famiglia del suo padrino e poi di festeggiare il Natale a casa loro nel classico stile austriaco, con l'albero di Natale e le usanze tradizionali. Il giorno dopo Daniel Bismillah mi ha inviato il seguente WhatsApp: "Caro Dieter, ieri ho festeggiato il Natale con Andreas e la sua famiglia. È stato il giorno più bello della mia vita, grazie per avermi trovato un padrino come Andreas! Cordiali saluti, Daniel. Il padrino continuò a invitare spesso Daniel Bismillah nella sua casa del fine settimana sul Mondsee. Abbiamo anche fatto un viaggio in bicicletta insieme.

Poco prima del Natale 2020, dopo oltre cinque anni di attesa per l'asilo in Austria, ha finalmente avuto luogo la sua ultima procedura di asilo, quella che nel gergo dei rifugiati viene chiamata "l'intervista". Io e il suo sponsor abbiamo partecipato come testimoni. Il giudice è rimasto così colpito da Daniel Bismillah che quel giorno stesso gli ha concesso l'asilo a nome della Repubblica d'Austria.

Daniel Bismillah è molto determinato. In Afghanistan ha lavorato come contadino per lo zio, fino a quando è fuggito all'età di 17 anni. In Austria ha dapprima imparato il tedesco, poi ha frequentato la scuola dell'obbligo e successivamente ha completato tre corsi presso la scuola serale HTL. Nel dicembre 2020 gli è stato concesso l'asilo e a metà febbraio 2021 - nel bel mezzo del confino a causa della pandemia di coronavirus - è riuscito a trovare un lavoro in un negozio di materiale elettrico grazie alle conoscenze acquisite in quella scuola.

Sia Stefan che Daniel fanno parte del gruppo di afghani con il cui aiuto vorrei fondare una "comunità farsi" a Salisburgo, per sostenere gli sforzi dei rifugiati convertiti a vivere una vita cristiana attraverso una comunità in cui si sentano a proprio agio e possano servire da incoraggiamento apostolico ai loro compagni di fuga.

L'autoreDieter Grubner

Salisburgo

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SOS reverendi

Telelavoro, videoconferenza, videochiamate

Oggi più che mai si sente parlare di telelavoro, videoconferenza o videochiamata. L'attuale crisi sanitaria ci ha portato ad adottare bruscamente questo concetto nella nostra vita quotidiana. Quali sono gli strumenti più utili, quali i loro vantaggi e svantaggi?

José Luis Pascual-2 agosto 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Sebbene il 22 % dei lavoratori possa lavorare da casa, solo il 7,5 % del totale lo ha fatto l'anno scorso. In realtà, tutti noi potremmo adottare il lavoro a distanza. Perché? Viviamo situazioni di crisi che ci impongono di mantenere la distanza fisica, oppure situazioni familiari o momenti eccezionali che ci impediscono di viaggiare, e vogliamo rimanere in contatto. La realtà ha dimostrato che non siamo preparati: in Spagna, il 33,5 % dei lavoratori dichiara di non saper gestire gli ambienti di lavoro digitali di base. Anche le diocesi, le chiese, le istituzioni educative, i professionisti di molti settori (medici, avvocati, consulenti, ecc.) devono affrontare la sfida di trasferire le loro riunioni o lezioni in un formato online.

I vostri vantaggi

Ridurrete i costi di viaggio. Sfrutterete il tempo a vostro vantaggio. Vi concentrerete sui problemi da risolvere e non su questioni secondarie. Avrete l'opportunità di invitare altre persone ad aggiungere valore alla conversazione, come altri membri dell'organizzazione o specialisti che altrimenti non parteciperebbero. Creerete uno scambio di idee più rapido ed efficace.

Alcuni svantaggi

Se non si dispone di un'adeguata velocità di Internet, si avranno problemi di connettività. Se si sceglie un'opzione a pagamento, è necessario disporre di un budget per lo strumento.

La videoconferenza consente il telelavoro tra professionisti di tutto il mondo, cambiando i sistemi e le routine di lavoro di milioni di aziende. Ecco alcuni dei punti salienti:

Google Meet. È gratuito e a pagamento, creato da Google per le aziende e i centri di formazione. Permette di creare videochiamate di gruppo per riunioni, conferenze o webinar. Il numero di partecipanti consentito varia da 100 a 250, a seconda del piano di pagamento. Permette di registrare la riunione, che viene salvata automaticamente in Google Drive insieme all'archivio delle trascrizioni della chat. Per utilizzarlo è sufficiente un computer con una connessione a Internet, un dispositivo mobile o un telefono.

Microsoft Teams. Per utilizzarlo, l'organizzatore deve disporre di un account Office365 con licenza. Si basa su Gruppi da Office365, e consente la collaborazione tra persone dello stesso team o che sviluppano un progetto specifico, condividendo le risorse; la sua funzione principale è la comunicazione costante tra i membri del team. Dispone di chat e registrazione della riunione e consente la condivisione dello schermo. Alle riunioni possono essere invitate altre persone che non fanno parte del team. Squadre

Skype. È molto noto, ma... lo sapevate che Microsoft ha rivelato che ci lascerà il 31 luglio 2021? Inoltre, a partire dal 1° settembre 2019, i nuovi clienti di Office365 potranno utilizzare come applicazione Squadre, e non è possibile attivare Skype per le aziende

Cisco Webex. È una piattaforma di collaborazione sicura, ospitata nel cloud, che offre una suite robusta e scalabile di prodotti per conferenze audio, video e web. Include funzionalità avanzate di intelligenza artificiale. La sua piattaforma sicura protegge le informazioni degli utenti senza compromettere funzioni come la ricerca sicura e la conformità alle politiche di sicurezza aziendali per i contenuti condivisi e archiviati.

GoToMeeting. È una struttura per conferenze e riunioni a pagamento. Supporta conferenze fino a 250 partecipanti, che possono collegarsi via Internet o telefono/tablet. L'organizzatore della riunione può condividere l'intero schermo o scegliere solo un'applicazione specifica. Come quasi tutte le piattaforme, consente di registrare ed esportare la sessione.

GoToWebhttps://global.gotowebinar.com/inar è un programma di formazione via webinar a pagamento per un massimo di 3.000 partecipanti che possono collegarsi via internet o telefono/tablet, sia iOS che Android. È incentrato sui webinar.

Zoom. È una delle opzioni più popolari. Funziona in modo intuitivo, rendendolo facile da usare per tutti. Dispone di un team di assistenza tecnica per risolvere qualsiasi dubbio. È possibile creare riunioni con video attivato o disattivato e condivisione dello schermo. All'inizio della registrazione è possibile effettuare una prova gratuita, dopodiché si avrà la possibilità di programmare la videoconferenza: si aggiungerà l'argomento della riunione e si otterrà un URL da condividere. Nel pulsante "Invita altri" è possibile aggiungere altri partecipanti.

Incontro con Jitsi. È un'applicazione gratuita di videoconferenza, voce su IP e messaggistica basata sul Web. Non richiede l'installazione di un'applicazione; funziona attraverso un browser web. Il numero di partecipanti è limitato solo dalle prestazioni del computer e dalla velocità della connessione a Internet.

Ecologia integrale

Amore politico

La carità sociale ci fa amare il bene comune e ci porta a cercare effettivamente il bene di tutti.

Jaime Gutiérrez Villanueva-2 agosto 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La legge sull'eutanasia è stata recentemente approvata in via definitiva in Spagna. Purtroppo si è cercato di evitare la sofferenza causando la morte di coloro che soffrono. È drammatico che in Spagna ci siano 60.000 persone che ogni anno muoiono con sofferenza, a cui si potrebbe porre rimedio con un'adeguata politica di cure palliative.

Nel Fratelli tutti che stiamo spacchettando in questa serie di articoli, Papa Francesco insiste ancora una volta sul fatto che la politica non deve sottomettersi all'economia e l'economia non deve sottomettersi ai dettami e al paradigma della politica e dell'economia. efficienza tecnocratica. È necessaria una nuova politica, capace di rinnovare le istituzioni, superando le pressioni che antepongono il profitto economico alla dignità della persona umana. Non si può chiedere questo all'economia, né si può accettare che l'economia assuma il potere reale dello Stato.

Il Magistero della Chiesa ci ricorda che "la grandezza politica si manifesta quando, in tempi difficili, si lavora sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine" (FT 178). 

La società globale presenta gravi difetti strutturali che non possono essere risolti con toppe o soluzioni rapide. Ci sono cose che devono essere cambiate radicalmente con grandi trasformazioni. Un'economia integrata in un progetto politico, sociale e culturale che cerca il bene comune può aprire nuovi percorsi di trasformazione sociale e politica.

Riconoscere ogni essere umano come fratello o sorella e cercare un'amicizia sociale che integri tutti, compresi i più deboli, non sono semplici utopie. Richiedono determinazione e capacità di trovare modi efficaci per renderli davvero possibili. Ogni impegno in questo senso diventa un esercizio supremo di carità. Infatti, un individuo può aiutare una persona bisognosa, ma quando si unisce ad altri per generare processi sociali di fraternità e giustizia per tutti, entra "nel campo della carità più ampia, la carità politica" (FT 180). Si tratta di andare verso un ordine sociale e politico la cui anima è la carità sociale. Ancora una volta, la Chiesa invita i laici a sviluppare la propria vocazione, a riabilitare la politica, che "è una vocazione molto alta, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune" (FT 180).

Tutti gli impegni che scaturiscono dalla Dottrina sociale della Chiesa derivano dalla carità che, secondo l'insegnamento di Gesù, è la sintesi di tutta la Legge. Ciò significa riconoscere che l'amore è anche civile e politico e si manifesta in tutte le azioni che cercano di costruire un mondo migliore. Per questo motivo, l'amore non si esprime solo nelle relazioni intime e strette, ma anche nelle "macro-relazioni, come quelle sociali, economiche e politiche" (FT 181).

Questa carità politica presuppone l'aver sviluppato un senso sociale che supera ogni mentalità individualista: la carità sociale ci fa amare il bene comune e ci porta a cercare effettivamente il bene di tutte le persone, considerate non solo individualmente, ma anche nella dimensione sociale che le unisce. Ogni persona è pienamente persona quando appartiene a un popolo, e allo stesso tempo non esiste un vero popolo senza il rispetto del volto di ogni persona. 

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Mondo

Il cardinale Erdő: "La Chiesa cattolica ha una sua identità, al di là del nazionalismo".

Il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest e primate d'Ungheria, dà il benvenuto a Omnes in occasione del Congresso eucaristico internazionale e della visita del Santo Padre a Budapest nel settembre 2021.

Alfonso Riobó-2 agosto 2021-Tempo di lettura: 8 minuti

Con generosa disponibilità, il cardinale Péter Erdő, arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha ricevuto Omnes durante le sue vacanze estive in una casa situata nei boschi che circondano il monte Gerecse, non lontano da Esztergom, e costruita negli anni '30 dal suo predecessore cardinale Serédy. 

La conversazione è durata diverse ore. Il tema immediato è il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale di settembre, con la presenza del Santo Padre, ma comprende anche argomenti come la situazione della Chiesa in Ungheria, i dibattiti in Europa sui valori cristiani o la figura emblematica del cardinale József Mindszenty.

Pubblichiamo ora la prima parte della conversazione. Tra qualche giorno pubblicheremo la seconda parte della conversazione.

Il 12 settembre il Papa sarà a Budapest per il Congresso Eucaristico Internazionale. Può commentare i dettagli del programma?

Per riassumere a grandi linee il programma, sappiamo che il Papa arriverà di buon mattino domenica 12 settembre, per chiudere il Congresso Eucaristico Internazionale con una Santa Messa in Piazza degli Eroi. Prima, al Museo di Belle Arti, incontrerà il Presidente della Repubblica János Áder e il Primo Ministro Viktor Orbán. 

Successivamente incontrerà l'intera Conferenza episcopale. Saluterà personalmente ciascuno dei vescovi e si rivolgerà loro. In seguito incontrerà anche i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese in Ungheria e le più importanti comunità religiose ebraiche. Li cito al plurale, perché l'ebraismo è rappresentato in Ungheria da diverse correnti. Alla Messa sono invitati anche i rappresentanti delle altre comunità religiose, molto numerose in Ungheria. Per quanto riguarda i rappresentanti ecumenici, non sappiamo ancora con precisione quanti parteciperanno.

Come sapete, questo Congresso avrebbe dovuto tenersi nel 2020, ma la pandemia ha costretto a rinviarlo. Posso ora sottolineare la presenza al Congresso dell'arcivescovo di Quito e di una decina di vescovi dell'Ecuador, dove si svolgerà il prossimo Congresso nel 2024. Vi aspettiamo con affetto.

Programma del Papa in Ungheria, domenica 12 settembre 2021

    06:00 Partenza da Roma per Budapest
    07:45 Arrivo a Budapest e ricevimento ufficiale
    08:45 Incontro con il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro, presso il Museo di Belle Arti di Budapest
    09:15 Incontro con i vescovi
    10:00 Incontro con i rappresentanti del Consiglio ecumenico delle Chiese e di alcune comunità ebraiche.
    Ore 11:30 Santa Messa in Piazza degli Eroi
    14:30 Cerimonia di saluto in aeroporto e partenza per Bratislava

Come si stanno preparando i cattolici ungheresi?

Si stanno preparando spiritualmente in molti modi. Ci sono diverse attività e convocazioni con forza simbolica, alcune delle quali sono persino legate personalmente al Papa. Mi riferisco, ad esempio, al viaggio che la Croce Missionaria sta compiendo in tutto il bacino dei Carpazi, sia in Ungheria che nei Paesi limitrofi.

Per i credenti, ungheresi e non, questa croce ha un significato importante, perché contiene le reliquie dei santi martiri della nostra regione. Papa Francesco l'ha benedetta nel novembre 2017 nel Palazzo Apostolico. Non è stato facile portarlo lì, perché è alto tre metri e venti centimetri. È molto ben decorata e piena di simbolismi. È opera di Csaba Ozsvári, un ottimo artista ungherese, profondo credente. 

Particolare della Croce Missionaria dell'artista ungherese Csaba Ozsvári.

La Croce viene trasportata in un itinerario missionario e, ovunque arrivi, vengono organizzati incontri di preghiera e conferenze sulla vita dei santi le cui reliquie sono incise su di essa. Tra loro ci sono santi molto antichi, come San Martino di Tours, nato in Pannonia, e altri santi dell'epoca della cristianizzazione di queste terre, da Sant'Adalberto a Santo Stefano, oltre ai nuovi martiri del XX secolo, che sono molti. Ad esempio, contiene le reliquie dei sette vescovi martiri che Papa Francesco ha beatificato in Romania nel 2019, o del beato Zoltán Meszlényi, che fu vescovo ausiliare della nostra arcidiocesi, prima sotto il cardinale Seredy e poi sotto il cardinale Mindszenty, e che morì in carcere nel 1951; o di suor Sára Salkaházi. Questa suora fu assassinata alla fine del 1944 sulle rive del Danubio, per aver nascosto un gruppo di donne ebree nel suo convento di Budapest, insieme alle persone che aveva aiutato. 

La Croce Missionaria ha un significato importante, perché su di essa sono collocate le reliquie dei santi martiri della nostra regione.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest

Nella misura in cui alcuni si sono conservati - cosa non facile nel caso di alcuni martiri moderni - le reliquie di tutte queste persone sono su quella Croce. Come riferimento per la missione, quindi, è molto importante.

Non molto tempo fa sono stato a Zreñanin, in Serbia, dove la Croce era esposta nella cattedrale; e più recentemente a Bácsfa-Szentantal, un luogo in Slovacchia dove c'era un raduno festivo degli ungheresi che vivono lì, dove la Croce era anch'essa esposta. C'erano alcuni computer a disposizione delle persone per iscriversi al Congresso Eucaristico e l'interesse era notevole.

La visita del Papa è "un segno di speranza" per l'Ungheria, ha detto. In che senso?

Nell'ultimo anno e mezzo è stato impossibile organizzare grandi riunioni religiose. Il fatto che ora abbiamo l'opportunità di partecipare in gran numero alla celebrazione eucaristica durante il Congresso è di per sé una grande festa.

I fedeli hanno già fame di Eucaristia. Lo abbiamo visto in vari modi. Grazie a Dio, quando ho ordinato nuovi sacerdoti e diaconi a Esztergom nel giugno di quest'anno, la basilica era piena. Ciò significa che le persone vogliono festeggiare insieme. Essi percepiscono bene la differenza tra una Messa trasmessa online e la partecipazione reale alla Messa. Naturalmente, durante la pandemia abbiamo esaminato la possibilità di trasmissioni via web, e quasi tutte le parrocchie le hanno organizzate, ma ora che possiamo di nuovo andare liberamente a Messa, raccomandiamo che le Messe e altri programmi religiosi non vengano più trasmessi. 

Tuttavia, abbiamo imparato molto su questo punto.

Il fatto che abbiamo già l'opportunità di partecipare in gran numero alla celebrazione eucaristica durante il Congresso è di per sé una grande festa. I fedeli hanno già fame di Eucaristia.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest

Già nel 1938 si tenne a Budapest un Congresso Eucaristico... 

Il Congresso eucaristico internazionale del 1938 fu un evento drammatico. Abbiamo conservato l'inno del Congresso, una canzone che divenne ben nota e fu cantata in ogni chiesa. Nel 2019, alla Messa con il Papa a Mercurea Ciuc (Csíksomlyó, Romania), una folla di centinaia di migliaia di persone l'ha cantata durante la Messa, conoscendo a memoria tutte le righe del testo. In altre parole, la memoria era rimasta nella comunità dei credenti. 

Qual è stata la grande forza di quell'anno? L'ultima frase dell'inno era una preghiera affinché Dio unisse tutti i popoli e le nazioni della terra nella pace. E questo già alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale. Tanto che la Germania e l'Austria non potevano venire, perché Hitler aveva espressamente vietato la partecipazione. Gli ungheresi sapevano che molti cattolici avrebbero voluto venire ma non potevano. La Chiesa cattolica ha una propria identità, ben visibile al di là del nazionalismo. La centralità dell'Eucaristia era molto sottolineata e si poteva contare sulla simpatia e su una certa partecipazione degli altri cristiani del Paese. In questo senso, il Congresso del 1938 fu un evento unificante.

Manifesti preparatori del Congresso eucaristico internazionale all'ingresso della Cattedrale di Budapest. ©2021 Omnes.

Il motto del Congresso di settembre è tratto dal Salmo 87: "Tutte le mie fonti sono in te". Cosa indica?

Il Salmo 87 sottolinea la centralità dell'Eucaristia. Il Concilio Vaticano II ha sottolineato che la liturgia in generale, e in primo luogo l'Eucaristia, è "fons et culmen", fonte e culmine della missione della Chiesa e di tutta la vita cristiana. 

Il canto del Salmo 87 parla di Gerusalemme. Quando un cristiano legge questo testo, pensa senza dubbio alla Gerusalemme celeste, per cui l'intero testo assume un significato escatologico. Dice anche letteralmente che tutti i popoli vi convergeranno, anche quelli che sono nemici tra loro. Tutti diranno: "Anche noi siamo nati lì", e pieni di gioia canteranno e danzeranno insieme, proclamando: "Tutte le mie sorgenti sono in te". In altre parole, la grazia divina, l'Eucaristia, è la fonte della vita e della riconciliazione per tutti i popoli. In questo senso, la citazione del Salmo 87 ha un senso di attualità e un significato escatologico.

E come ricevono il Papa i non cattolici?

Direi positivamente. Lo dimostrano le numerose lettere che ho ricevuto. Tutti vogliono che il Papa visiti la loro casa, la loro chiesa, il loro evento, da qualche parte nel Paese. Naturalmente non è possibile per lui andare dappertutto, ma c'è interesse e desiderio di incontrarsi.

Parliamo dell'Ungheria che ospita il Papa. Nel Paese sembra esserci una religiosità concreta, ma anche una diffusa secolarizzazione: è così?

Negli ultimi decenni, i vescovi della nostra regione hanno riflettuto molte volte e, tra le altre cose, ci siamo posti la domanda su come la secolarizzazione si presenta qui. Siamo giunti alla conclusione che non si tratta solo di un fenomeno come la secolarizzazione in Occidente, ma che ha forme proprie. Naturalmente, la società dei consumi e dello spettacolo era presente anche qui, così come un allontanamento dal mondo religioso, ma allo stesso tempo c'erano manifestazioni tipiche dell'era comunista. Questa specifica secolarizzazione è stata forte negli ex Paesi socialisti dell'Europa centrale e ancor più nell'Unione Sovietica. 

È un approccio umano diverso, molto piatto, molto orizzontale, ma senza grandi ideologie. Più che una corrente di pensiero, ciò che condizionava molti era la superficialità materialistica. A questo approccio si è aggiunta la possibilità di consumare e l'ideologia ufficiale di Stato marxista-leninista è decaduta. Chi non aveva una forte convinzione ideologica personale - poiché averla è sempre stato un privilegio di pochi - e chi non era personalmente religioso, cadeva in un vuoto etico e ideologico.

La secolarizzazione in Ungheria non è uguale a quella occidentale, ma ha forme proprie, con manifestazioni tipiche dell'epoca comunista. È un approccio umano diverso, molto piatto, molto orizzontale, ma senza grandi ideologie. Più che una corrente di pensiero, ciò che condizionava molti era la superficialità materialista.

Il cardinale Péter ErdőArcivescovo di Esztergom-Budapest

La conseguenza è stata che queste società hanno iniziato a criminalizzare. Quando non ci sono valori, non c'è una norma interiore e anche le norme esterne sono traballanti, e vogliamo vivere meglio sulla base dei beni materiali, cerchiamo di raggiungere questo obiettivo. In tutti questi Paesi la classe politica si è resa conto di dover fare qualcosa, e a tal fine ha deciso di tornare a sostenere le tradizioni dei diversi popoli, comprese quelle religiose. Si trattava di un ritorno all'ortodossia in Russia o in Romania, ad esempio, o ad altre religioni, nonché alle tradizioni e ai valori nazionali. Certo, anche i Paesi occidentali e i loro media hanno promosso con forza i sentimenti nazionali nel mondo comunista, perché pensavano che ciò avrebbe indebolito l'internazionalismo comunista. 

Il cardinale Erdő ha ricevuto Omnes in una casa risalente agli anni '30, costruita dal suo predecessore cardinale Serédy. ©2021 Omnes.

Dopo la caduta del comunismo, invece, si sono sentite altre voci dall'Occidente che dicevano: la religione, i valori, le tradizioni culturali... non interessano. Non tutti i popoli lo accettarono allo stesso modo e ci furono delle difficoltà. Ma è chiaro che in questi Paesi, soprattutto a est, ma anche nella nostra regione, la religione aveva un significato diverso da quello che aveva nel mondo occidentale.

La società ungherese è oggi fortemente secolarizzata, anche se forse meno che nella Repubblica Ceca o nell'ex Repubblica Democratica Tedesca. Le statistiche sulla ricezione dei sacramenti mostrano oggi cifre simili a quelle della metà degli anni Ottanta. La grande differenza è che oggi tutte le chiese, tutte le religioni, sono molto più forti a livello istituzionale. Sono state restituite loro diverse istituzioni, scuole, case di riposo, ecc. Ma questo ha richiesto molto lavoro ed è stata una grande sfida per noi. Nonostante tutti gli sforzi compiuti per il bene delle anime, non siamo riusciti a ottenere visibilmente (i frutti non possono essere misurati statisticamente) molto più di prima. È stato necessario assumerli a causa di un cambiamento delle strutture che non è stato deciso da noi, ma è stato determinato dalla politica dei diversi Paesi. In quella situazione, non potevamo desiderare ciò che pensavamo fosse meglio. 

Tuttavia, dobbiamo continuare a lavorare per raggiungere lo stesso obiettivo. Nel frattempo, naturalmente, la concorrenza è cresciuta nell'ambito della libertà religiosa.

Vocazioni

Sacerdoti sacri: Sant'Alfonso Liguori

La pietà di Sant'Alfonso Liguori è eminentemente cristocentrica. Egli insegna che l'adorazione del Verbo incarnato deve essere il centro di tutta la vita cristiana.

Manuel Belda-1° agosto 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Sant'Alfonso nacque a Marianella, vicino a Napoli, il 27 settembre 1696. Suo padre, Giuseppe de' Liguori, di nobile famiglia, era ammiraglio della flotta del Regno di Napoli. Sua madre, Anna Cavalieri, una donna molto pia, si interessò in modo particolare all'educazione religiosa di Alfonso. In famiglia ricevette anche un'eccellente educazione umanistica, che comprendeva letteratura, filosofia, musica e pittura. Era molto appassionato di queste due arti, che praticava con grande abilità.

Ha studiato giurisprudenza all'Università di Napoli, dove ha conseguito il dottorato in in utroque iuris nel 1713, quando aveva solo 16 anni.

Per dieci anni ha esercitato la professione di avvocato nei tribunali di Napoli. Nel 1723 lasciò la professione legale per entrare in Seminario. Fu ordinato sacerdote il 26 dicembre 1726.

Mosso dal desiderio di portare la Parola di Cristo al popolo abbandonato delle campagne, il 2 novembre 1732 lasciò Napoli per vivere tra i contadini di Scala. Qui fondò la Congregazione del Santissimo Redentore, che ottenne l'approvazione pontificia nel 1749.

Nel 1762 fu eletto vescovo di Sant'Agata dei Goti (Benevento), dove rimase fino al 1775, quando si dimise per motivi di salute. Durante questo periodo rimase Rettore Maggiore dei Redentoristi.

Morì a Pagani, vicino a Napoli, il 1° agosto 1787, all'età di 90 anni. Fu beatificato nel 1816 e canonizzato nel 1839. È stato anche proclamato Dottore della Chiesa nel 1871 e Patrono dei confessori e dei teologi morali nel 1950.

I suoi scritti

La produzione letteraria di Sant'Alfonso è vastissima, ed è uno degli autori più pubblicati della storia, avendo avuto più di 20.000 edizioni in oltre 70 lingue. Elenchiamo qui, in ordine cronologico, solo le sue opere che trattano della vita spirituale del cristiano:

1. Visite al Santissimo Sacramento (1754). Contiene in 31 considerazioni per ogni giorno del mese, pensieri devoti e affettuosi che possono essere utilizzati nelle visite al Santissimo Sacramento.

2. Le glorie di Maria (1750). La prima parte contiene una spiegazione della Salve, mentre la seconda illustra la fede, le virtù e i dolori di Maria.

3. Il grande mezzo della preghiera (1759). Egli spiega come la preghiera sia un mezzo necessario per ottenere da Dio tutte le grazie di cui abbiamo bisogno. In quest'opera troviamo la famosa frase lapidaria, che si trova nella Catechismo della Chiesa CattolicaN. 2744: "Chi prega sarà certamente salvato, chi non prega sarà certamente condannato".

4. Pratica dell'amore di Gesù Cristo (1768). Si tratta di una spiegazione dell'inno alla carità di San Paolo in 1 Corinzi 13.

5. Meditazioni sulla Passione (1773). Sono il frutto della meditazione personale di Sant'Alfonso sulla Passione del Signore, che era il tema preferito delle sue meditazioni.

I suoi insegnamenti

La sua dottrina spirituale è così ricca e abbondante che qui posso solo darne qualche breve cenno.

La pietà di Sant'Alfonso è eminentemente cristocentrica. Egli insegna che l'adorazione del Verbo incarnato deve essere il centro di tutta la vita cristiana. Egli vede in Gesù soprattutto il Salvatore dell'umanità, il che si riflette nel suo motto preferito, che ha assegnato come programma alla sua congregazione religiosa: Copiosa apud eum redemptio ("La sua redenzione è abbondante").

Il Dottore della Chiesa considera l'amore di Gesù Cristo soprattutto in tre eventi: l'Incarnazione, la Passione e l'Eucaristia. Ha espresso la sua devozione a Gesù Bambino in canti e poesie. Ha composto il canto Tu scendi dalle stelle ("Tu scendi dalle stelle"), che è diventato il canto italiano per eccellenza.

Ha esortato alla meditazione quotidiana sul Mistero della Passione del Signorecome lui stesso ha fatto. L'aspetto che egli sottolinea principalmente in questa meditazione è il tema dell'amore, che egli considera come la ragione ultima che ha spinto Gesù a soffrire e a morire. Dalla meditazione della Passione nasce nell'anima del cristiano una risposta d'amore all'amore di Gesù Cristo: "È impossibile che un'anima che crede e pensa alla Passione del Signore non lo offenda e non lo ami, anzi non impazzisca d'amore, vedendo un Dio quasi impazzito d'amore per noi. Non c'è mezzo che possa infiammarci di più nell'amore di Dio che la considerazione della Passione di Gesù Cristo".

Per quanto riguarda il EucaristiaA questo proposito, Sant'Alfonso è considerato il difensore della comunione frequente, combattendo le reminiscenze del giansenismo, per cui insegna che la Comunione va ricevuta con una disposizione adeguata e non con una disposizione dignitosa, come sostenevano i giansenisti: "Ho detto con il disposizione appropriatanon più con il degnoperché se fosse necessario degno Chi può ricevere la comunione? Solo un altro Dio sarebbe degno di ricevere Dio. Sono d'accordo con conveniente quello che si addice a una creatura miserabile. È sufficiente che la persona riceva la comunione in grazia di Dio e con il vivo desiderio di crescere nell'amore di Gesù Cristo".

Sant'Alfonso è considerato il sostenitore della comunione frequente, combattendo le reminiscenze del giansenismo.

Manuel Belda

Tutta la dottrina spirituale di Sant'Alfonso è permeata di spirito mariano. Egli pose alla base della sua mariologia due principi ispiratori, la maternità divina di Maria e la sua partecipazione all'opera della redenzione. Queste due prerogative non sono parallele, ma strettamente correlate tra loro, poiché la prima è ordinata alla seconda e la seconda trova il suo fondamento ontologico nella prima.

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Citius, altius, fortius

Il motto che simboleggia lo spirito olimpico è frutto del pensiero cristiano, poiché fu il frate domenicano francese Henri Didon a idearlo come slogan per la sua scuola.

1° agosto 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Il giorno tanto atteso è arrivato! Oggi iniziano le mie vacanze, qualche giorno in cui stare al cento per cento con la famiglia; in cui dormire di più o, almeno, senza essere soggetti a orari; in cui godermi la mia terra piena di mare e di sole... Saranno giorni felici, di sicuro, ma devo ammettere che la mia sensazione è agrodolce perché, l'arrivo di questi giorni tanto attesi, significa che stanno già iniziando a scarseggiare.

Eduardo Punset ha detto che la felicità è appena prima della felicità, e io sono d'accordo con lui al cento per cento. La mia sensazione di felicità ieri, poco prima dell'inizio delle vacanze, era molto più grande di oggi, quando le ore del mio presunto momento felice hanno già iniziato a scorrere.

La stessa cosa accade in qualsiasi circostanza della vita: il primo sorso di birra non è uguale al secondo; l'esplosione di gioia quando ti annunciano che hai vinto alla lotteria è molto più grande (a me non è mai successo, ovviamente, ma sono sicuro che sia così) di quando ricevi i soldi sul tuo conto; i viaggi di andata sono molto più belli di quelli di ritorno, anche se il paesaggio è lo stesso; la notte dell'Epifania è molto più divertente del giorno...

Quello che l'ateo Punset voleva dirci senza saperlo è che la felicità dell'uomo si trova nella speranza. Sì, quella virtù teologale che scaturisce dal cuore del Vangelo che sono le beatitudini e che ci dicono che qualcosa di buono sta per arrivare, che ci aspetta sempre un tempo migliore e una fine ancora migliore. Dio ha messo nel cuore di ciascuno di noi un desiderio di felicità che ci invita a sperare contro ogni speranza, perché verrà un giorno in cui la povertà, le lacrime, la fame e la sete, le persecuzioni, le ingiustizie, ecc. saranno lasciate alle spalle....

La speranza è stata e continua ad essere il motore della civiltà. È alla base di ogni impresa, di ogni conquista sociale, di ogni progresso scientifico o tecnologico, di ogni scoperta, di ogni esplorazione terrestre o spaziale e persino di ogni impresa sportiva. Proprio in questi giorni in cui assistiamo alle gare dei migliori atleti del mondo, è tornato alla ribalta il motto olimpico "Citius, altius, fortius" (più veloce, più alto, più forte), che coglie l'essenza dell'infinito desiderio umano di migliorarsi, di andare oltre, di superare se stessi.

Non è un caso che il motto che simboleggia lo spirito olimpico sia frutto del pensiero cristiano, perché fu il frate domenicano francese Henri Didon a idearlo come slogan per la sua scuola. Grande amico del fondatore dei Giochi Olimpici moderni, il barone Pierre de Coubertin, che prese in prestito la frase latina per il suo progetto, fu un grande sostenitore delle qualità pedagogiche dello sport, promuovendo la partecipazione dei suoi studenti a numerose competizioni e contando sull'appoggio di Papa Leone XIII.

"Citius, altius, fortius", più veloce, come San Paolo pretende di correre nella sua corsa verso la meta, verso il premio celeste.

Più alta, come alta è la vita che Santa Teresa spera e che la fa morire per non morire.

Più forte, perché San Giovanni Battista annuncia che è lui che viene dopo di lui e che ci chiama a una vita nuova e piena al suo fianco.

Le vacanze vanno e vengono, come le Olimpiadi, ma il paradiso ci aspetta, amici miei, e quella sarà la gloria! Siate felici.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Ecologia integrale

"Laudato Si' è stata una svolta per la Chiesa e per il mondo".

Intervista con Johstrom Issac Kureethadam, direttore dell'Ufficio per l'ecologia e la creazione del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale.

Rafael Miner-1° agosto 2021-Tempo di lettura: 9 minuti

Don Joshtrom Kureethadam, religioso salesiano, ha vissuto intensamente questi ultimi mesi. Sotto la guida di Papa Francesco, il Dicastero è stato coinvolto nella preparazione e nella promozione della Settimana della Laudato Si', che, convocata dal Santo Padre, è durata 10 giorni (dal 16 al 25 maggio), a sei anni dalla pubblicazione dell'enciclica. È stato un momento in cui ai cattolici è stata ricordata in modo speciale la bellezza della creazione di Dio, ma anche i pericoli che le persone di tutto il mondo devono affrontare a causa della portata della crisi ecologica.

Uno dei protagonisti della Settimana Laudato Si', presente davanti ai media insieme al prefetto del Dicastero, il cardinale Peter Turkson, è stato proprio padre Josh, come lo chiamano alcuni in Vaticano. "La Laudato Si' è stata una sorta di spartiacque non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero. L'influenza che ha avuto sulla Chiesa cattolica è evidente nelle numerose iniziative nate in molte comunità locali nell'ambito della cura del creato", afferma in questa intervista.

A suo avviso, "la Laudato Si' è importante soprattutto per la sua attenzione all'ecologia integrale. Non è solo un testo ambientale, ma anche un'enciclica sociale", afferma il direttore dell'Ufficio vaticano per l'ecologia e il creato, che respinge anche le accuse di allarmismo: "La società civile e i governi di tutto il mondo hanno riconosciuto la gravità della crisi ecologica". "Non è allarmistico parlare della gravità della crisi ecologica", sottolinea ancora padre Joshtrom.

Il Papa potrà partecipare al vertice sul clima COB26 che si terrà dall'1 al 12 novembre a Glasglow? Si ipotizza che questa sia una possibilità. "Temo di non poter rispondere a questa domanda, poiché non c'è stata alcuna dichiarazione ufficiale della Santa Sede in merito. Tuttavia, credo che la Laudato Si' influenzerà anche il vertice di Glasgow, il più importante della COP dopo Parigi", afferma il direttore dell'Ufficio vaticano per l'ecologia e il creato.

D'altra parte, Papa Francesco non smette di spingere il lavoro del Dicastero. Il Vaticano sta preparando un evento interreligioso e scientifico per dare impulso al Vertice di Glasgow, che si terrà il 4 ottobre, come riporta il settimanale Alfa y Omega. L'incontro, che avrà come tema Fede e scienza: verso la COP26, è stato presentato nei giorni scorsi a Roma dal Segretario per i Rapporti con gli Stati, l'arcivescovo Paul R. Gallagher, dall'ambasciatore del Regno Unito presso la Santa Sede, Sally Jane Axworthy, e dall'ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Pietro Sebastiani.

Joshtrom Kureethadam, un estratto del quale è stato pubblicato qualche giorno fa sul sito omnesmag.com.

La Laudato Si' continua a generare un dibattito appassionato sulla questione dell'ecologia integrale. Papa Francesco parla di "una crisi ecologica senza precedenti". Pensa che tutti i suoi postulati siano condivisi dagli Stati e dalla società civile?

-Laudato Si' ha cambiato il modo di vedere e parlare delle questioni ambientali. La Laudato Si' è particolarmente importante per il suo approccio di ecologia integrale. L'enciclica vede la crisi ecologica in modo sacro, poiché parla del "grido della terra e del grido dei poveri" (n. 49). Non si tratta solo di un testo che tratta di questioni ambientali, ma anche di un'enciclica sociale. In effetti, lo stesso Papa Francesco ci ha ricordato in diverse occasioni che la Laudato Si' non è un'enciclica verde, ma un'enciclica sociale. L'approccio olistico è evidente nella metafisica o filosofia alla base dell'enciclica, ovvero che tutto è collegato, che siamo tutti interconnessi e interdipendenti.

Laudato Si' è un'enciclica storica che è riuscita a cogliere la sfida drammatica e critica che abbiamo di fronte oggi, il collasso della nostra stessa casa. Come ci ricorda Papa Francesco, stiamo affrontando una "crisi ecologica senza precedenti" e, come aggiunge il cardinale Turkson, "la nostra famiglia umana e non umana nel suo insieme è in grande pericolo".

La società civile e i governi di tutto il mondo hanno riconosciuto la gravità della crisi ecologica. È evidente l'importanza attribuita al vertice sul clima COP26 che si terrà a Glasgow nel novembre 2021 e il grande successo del vertice dei leader mondiali ospitato dal Presidente Joe Biden il 22 aprile, Giornata della Terra. In effetti, lo stesso Papa Francesco ha parlato in quell'occasione attraverso un video messaggio molto potente.

Alcuni ritengono che esistano postulati non allarmistici e altri che potrebbero esserlo.

-Purtroppo c'è chi vede il cambiamento climatico come una "cospirazione" o pensa che sia allarmistico parlare della crisi della nostra casa comune. Questo è un argomento molto spiacevole. La scienza del clima è cresciuta in modo significativo negli ultimi decenni e la comunità scientifica è unanimemente concorde nel ritenere che l'attuale crisi ecologica, nel caso del clima e della biodiversità, sia dovuta alle attività umane. In altre parole, sono di origine antropica. Io stesso posso dirlo come accademico. Nella stesura della Laudato Si', Papa Francesco è stato assistito da alcuni dei migliori scienziati del mondo, compresi i membri della Pontificia Accademia delle Scienze del Vaticano. È vero che negli ultimi decenni c'è stata una certa resistenza da parte di alcuni settori del pubblico.

Tuttavia, la questione non è così semplice, in quanto tale resistenza è principalmente generata da interessi economici acquisiti e, in alcuni casi, anche da ideologie di parte. Purtroppo lo scetticismo ambientale ci ha privato di decenni preziosi per rispondere alla crisi della nostra casa comune e ora siamo quasi al limite. I nostri bambini e i nostri giovani hanno compreso questa verità molto meglio di tanti guru della politica e dell'economia e hanno camminato per le nostre strade invitandoci a cambiare rotta.

Il Papa potrà partecipare al vertice sul clima COB26 che si terrà all'inizio di novembre a Glasglow?

-Temo di non poter rispondere a questa domanda, poiché non c'è stata alcuna dichiarazione ufficiale della Santa Sede in merito. Tuttavia, credo che la Laudato Si' influenzerà anche il vertice di Glasgow, il più importante della COP dopo quello di Parigi. Lo slancio generato dopo la pubblicazione della Laudato Si' e l'insistenza di Papa Francesco e della Chiesa negli ultimi anni sull'importanza di non superare la soglia di 1,5°C di aumento della temperatura, in quanto sarebbe catastrofico per le comunità umane, con conseguenze senza precedenti nel campo della sicurezza alimentare, della salute e delle migrazioni, si farà certamente sentire nei negoziati di Glasgow.

Dove pensa che siano stati fatti i maggiori progressi nell'attuazione pratica della Laudato Si' e potrebbe riassumere alcuni di questi punti in questa settimana di riflessione sull'enciclica?

-Sì. La Laudato Si' è stata una sorta di spartiacque non solo per la Chiesa, ma per il mondo intero. L'influenza che ha avuto sulla Chiesa cattolica è evidente nelle numerose iniziative nate in molte comunità locali sul tema della cura del creato.

Questo è stato molto chiaro nell'entusiasmo e nella creatività dei cattolici di tutto il mondo nella celebrazione dell'Anno della Laudato Si' annunciato da Papa Francesco, che è iniziato con la Settimana della Laudato Si' (17-24 maggio 2020) e si è chiuso con un'altra bellissima Settimana della Laudato Si' quest'anno (16-24 maggio 2021).

La Settimana della Laudato Si' di quest'anno ha mostrato, in qualche modo, come l'enciclica sia entrata nel mainstream delle nostre comunità cattoliche in tutto il mondo. La partecipazione è stata colossale per gli eventi plenari online di ogni giorno e ci sono state centinaia e centinaia di eventi locali in tutto il mondo durante la Settimana della Laudato Si'.

La Chiesa ha dichiarato che è importante passare dalle parole ai fatti. Cosa ritenete più importante della Piattaforma d'azione della Laudato Si'? Come potete partecipare al meglio ai gruppi di lavoro?

-Da circa sei anni stiamo riflettendo sulla Laudato Si'. Tuttavia, il "grido della terra e il grido dei poveri" di cui parla l'enciclica sta diventando sempre più forte e doloroso. Crediamo che sia giunto il momento di elevare l'orbita dell'enciclica a quella dell'azione concertata e comunitaria. Per questo motivo il Vaticano ha presentato la Piattaforma d'azione Laudato Si' per i prossimi 7 anni, annunciata ufficialmente dallo stesso Papa Francesco con un videomessaggio il 25 maggio 2021 durante la conferenza stampa di presentazione della Piattaforma.

La Piattaforma d'azione della Laudato Si' è orientata all'azione. Si tratta di un percorso concreto per rendere le comunità di tutto il mondo pienamente sostenibili, nello spirito dell'ecologia integrale dell'enciclica. Invitiamo sette settori della nostra società (famiglie; parrocchie e diocesi; scuole e università; ospedali e centri sanitari; dipendenti, imprese e aziende agricole; gruppi, movimenti, ONG e organizzazioni; e infine comunità e ordini religiosi) a intraprendere sette anni di conversione ecologica in azione.

Per sottolineare la natura orientata all'azione della Piattaforma d'azione della Laudato Si', vengono proposti sette Obiettivi della Laudato Si'. I santi obiettivi riflettono la gamma dell'insegnamento sociale cattolico e ciascuno di essi elenca esempi di vari parametri da raggiungere.

1. Risposta al grido della Terra (maggiore uso di energia pulita e rinnovabile e riduzione dei combustibili fossili per raggiungere la neutralità del carbonio, sforzi per proteggere e promuovere la biodiversità, garantire l'accesso all'acqua potabile per tutti, ecc.)

2. Risposta al grido dei poveri (difesa della vita umana dal concepimento alla morte e di tutte le forme di vita sulla Terra, con particolare attenzione ai gruppi vulnerabili, come le comunità indigene, i migranti, i bambini a rischio, ecc.)

3. Economia verde (modelli di economia circolare per la produzione sostenibile, commercio equo e solidale, consumo etico, investimenti etici, disinvestimento nei combustibili fossili e in qualsiasi attività economica dannosa per il pianeta e le persone, investimenti nelle energie rinnovabili, ecc.)

4. Adottare stili di vita semplici (efficienza delle risorse e dell'energia, evitare la plastica monouso, adottare una dieta a base vegetale e ridurre il consumo di carne, aumentare l'uso dei trasporti pubblici ed evitare modalità di trasporto inquinanti, ecc.)

5. Educazione ecologica (ripensare e riprogettare i curricula e le strutture educative nello spirito dell'ecologia integrale per creare consapevolezza e azione ecologica, promuovere la vocazione ecologica dei giovani, degli insegnanti e di tutti attraverso la conversione ecologica, ecc.)

6. Spiritualità ecologica (recuperare una visione religiosa della creazione di Dio, incoraggiare un maggiore contatto con il mondo naturale in uno spirito di meraviglia, lode, gioia e gratitudine, promuovere celebrazioni liturgiche incentrate sulla creazione, sviluppare catechesi ecologiche, preghiera, ritiri e formazione ecologica integrale per tutti, ecc.)

7. Enfasi sulla partecipazione azione comunitaria e partecipativa a livello locale, regionale, nazionale e internazionale (promozione di campagne e azioni di advocacy di base, promozione del radicamento locale e di quartiere, ecc.)

La Piattaforma d'azione Laudato Si' ha un sito web in nove lingue e chiunque sia interessato può registrarsi in uno dei sette settori sopra menzionati. Una volta effettuato l'accesso, i partecipanti saranno accompagnati dai rispettivi gruppi di lavoro in ogni settore.

Spero che questi commenti siano utili. Grazie mille per questa opportunità.

Cinque aspetti

Questo per quanto riguarda l'intervista con padre Joshtrom Kureethadam. Per saperne di più su ciò che è accaduto durante la Settimana della Laudato Si', ecco alcuni punti salienti. Ispirati dallo slogan "perché sappiamo che le cose possono cambiare", migliaia di cattolici hanno lavorato in questi giorni "con speranza e con la fervente convinzione che insieme possiamo creare un futuro migliore per tutti i membri del creato", ha sottolineato il Movimento cattolico globale per il clima. Ecco alcuni momenti salienti di quei giorni:

1. Papa Francesco, che ancora una volta ha fatto da guida, ispirando e incoraggiando i cattolici a partecipare alla celebrazione. Mesi prima dell'evento, il Papa ha incoraggiato gli 1,3 miliardi di cattolici del mondo a partecipare attraverso uno speciale invito video. Ha ripetuto il suo invito il 16 maggio e ha unito la Chiesa nella preghiera e nell'azione per tutta la durata della celebrazione, twittando sulla Settimana della Laudato Si'. Il Papa ha poi ringraziato i milioni di persone per la loro partecipazione all'Anno speciale della Laudato Si' e ha espresso i suoi migliori auguri agli animatori.

2. I cattolici si impegnano azioni. A livello locale, sono stati registrati quasi 200 eventi in tutto il mondo, con una crescita di oltre 200 % rispetto alla Settimana 2020.

3. Dialoghi della Laudato Si'. L'incontro di preghiera di Pentecoste e l'uscita missionaria, guidata dal cardinale Luis Antonio Tagle, prefetto della Congregazione per l'Evangelizzazione dei Popoli, si è svolta il 23 maggio in tutto il mondo ed è stata seguita da decine di migliaia di persone su YouTube e Facebook. Nel corso della settimana, mentre i cattolici organizzavano eventi a livello locale, i Dialoghi della Laudato Si' hanno sfidato tutti a esaminare come possiamo fare di più per la nostra casa comune.

4. Disinvestimento dai combustibili fossili. Durante la Settimana della Laudato Si' 2021, decine di istituzioni in una dozzina di Paesi si sono impegnate a disinvestire dai combustibili fossili. L'anno scorso, in occasione del quinto anniversario dell'enciclica, il Vaticano ha emanato delle linee guida ambientali che inquadrano l'investimento nei combustibili fossili come una scelta etica, al pari di altre scelte etiche importanti. Padre Joshtrom Kureethadam ha detto che il disinvestimento è un imperativo fisico, morale e teologico. D'altra parte, il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati dell'UE (COMECE), ha affermato che le istituzioni che scelgono di non disinvestire rischiano di rendere vane le loro altre attività.

5.  Piattaforma. Il 25 maggio, il Vaticano ha lanciato ufficialmente la Piattaforma d'azione Laudato Si', che metterà le istituzioni, le comunità e le famiglie cattoliche in condizione di attuare l'enciclica. L'iniziativa del Papa invita l'intera Chiesa cattolica a raggiungere la totale sostenibilità nei prossimi sette anni, come ha spiegato padre Joshtrom Kureethadam nell'intervista.

Conferenza su fede e scienza

Inoltre, sono state rivelate alcune informazioni aggiuntive sulla conferenza Faith and Science: Towards COP 26, che sarà organizzata dal Vaticano il 4 ottobre, con la presenza di circa 40 leader religiosi e 10 scienziati provenienti da tutto il mondo.

Si tratta di un appello ai leader mondiali in vista della 26a Conferenza annuale delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, in programma a novembre a Glasgow. "Ci auguriamo che i leader religiosi aumentino le ambizioni dei nostri leader politici e dei nostri statisti, in modo che siano in grado di vedere i problemi e di prendere decisioni coraggiose", ha detto l'arcivescovo Paul R. Gallagher, segretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati, secondo il Movimento Cattolico Globale per il Clima.

Alla COP 26, i Paesi dovranno annunciare i loro piani per raggiungere gli obiettivi dello storico accordo di Parigi del 2015, in cui quasi tutte le nazioni hanno concordato di ridurre le emissioni di gas serra e limitare l'aumento della temperatura globale a 2 gradi Celsius, rispetto all'obiettivo di 1,5 gradi Celsius al di sopra dei livelli preindustriali di questo secolo. In una conferenza stampa, l'arcivescovo Gallagher ha sottolineato il ruolo unico che i leader e le comunità religiose possono svolgere e hanno svolto nel sostenere l'azione globale contro l'emergenza climatica.

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Vocazioni

"Io, Anthony, immigrato, ho ricevuto da Dio la grazia di portarla a tutti".

Nigeriano, a pochi mesi dal suo 30° compleanno, Anthony è nato in una grande famiglia protestante ed è arrivato nel nostro Paese via mare. A settembre inizierà il suo quinto anno presso il Seminario conciliare San Bartolomé di Cadice.

Maria José Atienza-31 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Qualcuno potrebbe pensare che la vita di Anthony Enitame Acuase sia tratta da un film, ma è vero che la sua vocazione, il suo arrivo in Europa, è nato dalla visione di un film su un sacerdote.

Nato in Nigeria e a pochi mesi dal suo 30° compleanno, Anthony è nato in una grande famiglia protestante ed è arrivato nel nostro Paese via mare. A settembre inizierà il suo quinto anno presso il Seminario conciliare San Bartolomé di Cadice.

Ha già superato il confine della sua preparazione al sacerdozio. Non è stata l'unica frontiera che ha attraversato con fatica: per mesi, come tanti altri africani, ha attraversato il deserto e si è imbarcato per la Spagna alla ricerca di una vita migliore con cui aiutare la sua famiglia. Nel suo caso, inoltre, con la convinzione che la Spagna fosse il luogo in cui Dio gli avrebbe fatto vedere la sua volontà, di cui non si era ancora reso pienamente conto.  

"Ho dovuto bere la mia urina per sopravvivere".

"Il mio viaggio in Spagna è stato un'esperienza indimenticabile", racconta a Omnes, "Dio usa ogni situazione per aprire una nuova porta. Ogni momento della mia vita ringrazio Dio per tutto il bene che mi ha fatto, perché ho rischiato di morire diverse volte. È stato un lungo viaggio, attraverso il deserto dalla Nigeria al Marocco. Non avevamo quasi nulla per sopravvivere, più volte ho dovuto bere la mia stessa urina. In Marocco ho preso una barca per la Spagna con il rischio di morire perché noi africani non sappiamo quasi mai nuotare, e diversi sono morti in quel viaggio. Ora credo che il Signore abbia permesso tutta questa sofferenza per rendermi forte, per prepararmi alla vocazione a cui mi sta chiamando.

"Ho conosciuto la Chiesa, che ha sempre le braccia aperte per tutti, e ho imparato che domani, quando diventerò sacerdote, dovrò fare la stessa cosa.

Anthony Enitame Acuase

Quel ragazzo, appena diciottenne, che aveva visto la morte avvicinarsi durante il viaggio, non conosceva lo spagnolo, non sapeva dove andare... ma, una volta arrivato a Cadice, c'era una cosa che sapeva di dover fare: "andare in una chiesa per ringraziare Dio di essere riuscito a finire il viaggio". E in quella chiesa è iniziato il mio nuovo viaggio". Tra le persone che Dio ha messo sul suo cammino, Antonio ha incontrato il sacerdote Gabriel Delgado, direttore del Segretariato per le migrazioni della diocesi di Cadice e Ceuta, grazie al quale ha potuto regolarizzare la sua situazione. Ricorda anche padre "Óscar, che mi ha fatto studiare ai Salesianos e, soprattutto, padre Salvador, che lo ha aiutato nel suo processo vocazionale: "Ho conosciuto la Chiesa, che ha sempre le braccia aperte per tutti. Ogni giorno ringrazio Dio per il suo amore, per la sua presenza perché è sempre disponibile e ho imparato che domani, quando sarò sacerdote, dovrò fare lo stesso".

"La mano di Dio si vede nella tua vita".

Insieme ai colleghi del seminario

Come fa un ragazzo immigrato, senza molta idea dello spagnolo, ad arrivare al seminario diocesano? L'inquietudine professionale di Anthony risale a molto tempo fa. È stato nel suo Paese quando, da bambino, ha visto un film sulla vita di un sacerdote e questo lo ha segnato: "Non appartenevo alla Chiesa e ho visto un film in cui c'era un sacerdote che aveva una vita piena, una grande intimità con Dio e con il popolo di Dio, che pregava sempre e, dopo la preghiera, aveva una grande gioia... a quel tempo, non sapevo che un essere umano potesse avere quell'intimità con Cristo e quella dedizione al popolo di Dio". Vivere oltre e vivere con i piedi per terra. Mi piacque e, da quel momento, la mia vita non fu più la stessa. Ogni giorno pensavo a quella vocazione e volevo conoscere meglio Cristo per farlo conoscere agli altri.

Poco prima di entrare in seminario aveva firmato un buon contratto. Umanamente, aveva raggiunto l'obiettivo di molti come lui che vengono nel nostro Paese. Ma ha sentito (e risposto) alla chiamata di Dio, come sottolinea: "Dio ha messo queste persone sul mio cammino. Egli mette al nostro fianco persone che ci aiutano e noi dobbiamo ascoltare, per raggiungere la meta che Dio vuole che raggiungiamo".

Dalla Nigeria alla Spagna e, a Cadice, alla chiesa in cui è entrato per ringraziare e che "ha cambiato radicalmente la mia storia". Anthony, che allora aveva un lavoro stabile come elettricista, ricorda come padre Salvador, che era molto malato "prima di morire, in ospedale, mi disse "vai in seminario, prova". Devi sapere se Dio ti sta davvero chiamando perché vedi qualcosa di speciale nella tua vita. Gli ho detto "lascia stare, davvero..." ma alla fine sono andato. E sono ancora qui.

Prima di morire, un sacerdote mi ha detto: "Devi sapere se Dio ti sta davvero chiamando perché vedi qualcosa di speciale nella tua vita".

Anthony Enitame Acuase

La sua famiglia, non cattolica, non riusciva a capire perché Antonio, dopo aver superato tutti gli ostacoli per vivere in Europa, con lavoro e reddito, lasciasse tutto, ancora una volta, per dedicarsi a una vita di dedizione. Come dice lui stesso: "la sua idea era che venissi in Spagna per avere una nuova vita, per prendermi cura di loro e aiutarli economicamente, soprattutto mia madre". Ora mia madre è più tranquilla, ma alcuni dei miei fratelli, quando parliamo, mi chiedono 'sei sicuro, come è possibile che un uomo non si sposi, non abbia figli'... e io rispondo 'che sia la volontà di Dio'".

"Dove sei, Signore?"

Anthony non è indifferente alle notizie che sente e vive ogni giorno con la sorte di molti suoi connazionali che perdono la vita nel tentativo di raggiungere le nostre coste "Mi dispiace molto per loro. Sono persone che hanno lavorato tutta la vita per questo, attraversando il deserto e il mare... molte volte perdendo la vita... mi fa molto male. A volte, di fronte a questo, chiedo al Signore: "Dove sei? Stiamo solo cercando un futuro migliore. In Africa ci sono molte persone che non hanno un piatto di cibo e ora, con il coronavirus, la situazione è peggiorata. La corruzione nei nostri Paesi porta a questo. Il Signore lo sa.

Consapevole del suo destino e della sua chiamata, Antonio sottolinea che "la vita di un essere umano è sempre una migrazione, come quella di Abramo o di Giacobbe... per questo chiedo anche che tutti loro, come me, conoscano Cristo, perché è un amico che non viene mai meno".

"Parlo con il Signore di tutto, anche di ciò che non capisco".

Anthony parla della sua vita, passata e presente, con la semplicità con cui gli africani vedono la mano divina nella vita ordinaria. Egli afferma con forza che "la preghiera è l'arma principale di tutti i cristiani, specialmente di quelli che il Signore ha chiamato. Per me è il momento centrale per parlare con il Signore che mi ha chiamato. Cerco un luogo tranquillo dove poter avere una conversazione "a cuore aperto", come parlare con un amico e condividere con lui i miei desideri, le mie preoccupazioni e i miei problemi... e anche le cose che non capisco. Soprattutto, ringrazio per la vita che mi ha dato. In seminario la preghiera è la cosa principale: iniziare con la preghiera, finire con la preghiera, essere fedeli alla vocazione che Dio ci ha dato".

"Ricevo una grazia per portarla agli altri".

Anthony Reader Istituzione

La volontà di Dio, la chiamata di Dio in ogni momento, è ciò che Anthony, insieme ai suoi compagni di seminario, cerca di conoscere e di realizzare ogni giorno. Poco prima della pubblicazione di questa intervista, ha ricevuto, insieme ad altri due compagni, il ministero del Lettorato.

Ogni passo nel suo cammino verso il sacerdozio è, per questo nigeriano, una grazia immeritata di Dio: "Il lettorato significa servire il popolo di Dio, la Chiesa, attraverso la Parola di Dio, che deve essere il centro della nostra vita e che viene condivisa con gli altri. Per me è una grazia, una gioia. Che ricevo una grazia qui sulla terra per condividerla con gli altri. I giorni prima di ricevere il Lettorato ho chiesto al Signore "allora?"... Ero nervoso, perché in futuro, anche se mi fa paura pensarci, se Dio vuole, sarò sacerdote. È un passo in più nella mia vita, una gioia soprannaturale, perché la Parola di Dio è viva ed efficace, capace di entrare nel cuore e trasformare la vita. Non perché elimini i problemi, ma perché dà la pace nel cuore per portarla agli altri.

Ricevere per condividere: è così che Antonio vive il suo abbandono a Dio "sapendo di non essere degno". Io, Antonio, immigrato, senza sapere nulla, voglio ricevere questa Parola di Dio, questa grazia che il mio vescovo mi dà, che mi mette addosso perché io possa metterla nella mia vita e portarla agli altri".

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Il Cristo dell'abisso della Florida

Una replica del Cristo degli Abissi è visibile nel lago del Key Largo John Pennekamp State Park in Florida. L'originale si trova sulla Riviera italiana, dove il sommozzatore Dario Gonzatti perse la vita durante un'immersione nel 1947.

Maria José Atienza-30 luglio 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto
Mondo

José Antonio Ruiz: "La Terra Santa è la mappa della salvezza".

Sessantacinque anni fa apriva i battenti a Gerusalemme la Casa de Santiago, la più antica istituzione ecclesiastica spagnola in Medio Oriente. Oggi questa istituzione, dipendente dall'Università Pontificia di Salamanca, continua a essere un punto di riferimento nella ricerca biblica e archeologica.

Maria José Atienza-30 luglio 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Quello che oggi conosciamo come Istituto Biblico e Archeologico Spagnolo / Casa de Santiago è nato nel 1955 su iniziativa di Maximino Romero de Lema, allora rettore della Chiesa spagnola di Montserrat a Roma, che, insieme a un gruppo di sacerdoti che studiavano le Sacre Scritture, decise di fondare questo centro della Chiesa spagnola in Terra Santa, con lo scopo di promuovere la ricerca biblica e archeologica. Nacque così questa istituzione religiosa e accademica, sotto l'autorità episcopale del Patriarca latino di Gerusalemme, con il patrocinio intellettuale de L'Ecole Biblique de Jerusalem e con l'aiuto della Custodia Francescana e del Consolato Generale di Spagna. Qualche mese fa, il sacerdote Juan Antonio Ruiz Rodrigo ha assunto la direzione dell'Istituto Biblico e Archeologico Spagnolo.

Direttore IEBA
Juan Antonio Ruiz Rodrigo

Un'istituzione che, come lui stesso sottolinea, "ha dato un importante contributo agli studi biblici in Spagna". Così, la maggior parte degli esperti spagnoli di esegesi biblica e archeologia sono stati residenti in questa Casa. I pionieri dei manoscritti del Mar Morto erano membri di questo Centro; e grandi specialisti in questo campo, editori dei documenti di Qumran riconosciuti a livello internazionale, sono legati al nostro Istituto".

Più di un semplice centro studi

Dalla sua fondazione a oggi, sottolinea il suo direttore, la Casa de Santiago "non ha smesso di aprire le sue porte". Oggi accoglie non solo sacerdoti, ma anche professori specializzati in studi biblici e studiosi della Bibbia e dell'archeologia o di altre discipline come la Liturgia, sia chierici che laici, uomini o donne".

La sua posizione permette inoltre a chi studia o risiede alla Casa de Santiago di entrare "in contatto diretto con i centri accademici biblici specializzati della città e, in generale, con l'ambiente culturale e religioso di Israele". Fin dall'inizio, il nostro Centro ha cercato di essere una casa accogliente, un luogo di incontro e un ambiente favorevole allo studio e alla ricerca tra i biblisti e gli archeologi spagnoli.

Ogni anno accoglie sacerdoti di diverse diocesi spagnole, religiosi e laici, iscritti al Pontificio Istituto Biblico di Roma, all'Università Gregoriana o ad altre università spagnole, che scelgono questo Centro per lavorare ai loro interessanti studi esegetici e per godere di un soggiorno nella città di Gerusalemme".

Vocazione al dialogo

La missione della Casa di Santiago non si limita a essere un semplice luogo di studio o di residenza. Questa istituzione "è nata con la vocazione al dialogo tra fede e cultura", come sottolinea Juan Antonio Ruiz Rodrigo, "questo dialogo è la vera sfida che la Chiesa deve affrontare oggi". Quest'ultima è sempre stata più esclusa dal punto di vista culturale, perché, erroneamente, la cultura dell'illuminismo è stata considerata l'unica portavoce della razionalità scientifica e filosofica. Ma questo significa dimenticare il ruolo insostituibile della Chiesa nel progresso del pensiero umano nel corso di due millenni".

Facciata IEBA
Facciata Casa de Santiago

In questa linea, continua Ruiz Rodrigo, "il cristianesimo è la religione del Logos, cioè della Parola nel senso della ragionevolezza di Dio e, quindi, della ragionevolezza di tutta la realtà. Dio è anche Logos, cioè Parola che fonda la realtà con il senso, e Parola che cerca e si offre all'uomo per il dialogo. La Bibbia in particolare è stata un campo fertile per questo dialogo tra fede e cultura, perché lo studio della Bibbia richiede conoscenze linguistiche, storiche, archeologiche, ermeneutiche, letterarie, ecc. La Chiesa ha sempre rifiutato una lettura fondamentalista e irrazionale, e ha promosso lo studio scientifico dei testi della Scrittura, fin dall'inizio (come Origene e San Girolamo), perché se la Bibbia è la Parola di Dio in parole umane, i due poli: divino e umano, devono essere approfonditi, ciascuno secondo i propri metodi, in un dialogo fecondo".

Calpestare la terra di Gesù

Ovviamente, il panorama degli studi cambia completamente quando si parla di ricerca nella stessa terra in cui si sono svolti i fatti. Non a caso, l'attuale direttore della Casa di Santiago sottolinea che è "enormemente arricchente poter studiare e insegnare la Sacra Scrittura in Terra Santa". Solo qui si ritrovano i colori, i paesaggi, i profumi, le differenze climatiche e geografiche che attraversano le ampie pagine della Bibbia. Studiare la Bibbia a Gerusalemme ha anche altri vantaggi: è impressionante conoscere le feste ebraiche qui, dove certe tradizioni si sono conservate per migliaia di anni e sono molto presenti nelle Sacre Scritture. Comprendere la cultura semitica è molto più facile qui, immersi come siamo in questo mare di popoli semitici. Gerusalemme offre la possibilità di confrontarsi con il mondo culturale dell'ebraismo contemporaneo, con la sua esegesi biblica, nei luoghi stessi in cui viene elaborata". 

Una terra punita

Juan Antonio Ruiz Rodrigo vive giorno per giorno le tensioni che affliggono quest'area del Medio Oriente, una delle più colpite dai continui conflitti tra israeliani e palestinesi e che, tuttavia, ha nel turismo, soprattutto quello religioso cristiano, uno dei suoi pilastri economici.

La pandemia, che ora è praticamente sotto controllo nella zona, ha rappresentato un serio problema per questo settore e l'Istituto Biblico e Archeologico Spagnolo non è rimasto indenne dalle conseguenze della Covid19: "l'attuale situazione sanitaria impedisce l'arrivo di docenti e studenti nei centri accademici specializzati per poter realizzare i loro progetti biblici e archeologici", sottolinea Ruiz Rodrigo, "tuttavia, nonostante la difficoltà di questa situazione, abbiamo cercato di vivere questo periodo con speranza, cercando di creare nuove attività che possano essere svolte nella nostra istituzione".

A ciò si aggiungono le tensioni registrate nelle ultime settimane nell'area. Tuttavia, come sottolinea Ruiz Rodrigo, "dopo tanti anni di incomprensioni e fiumi di sangue, di odio accumulato e di eventi invischiati in numerosi interessi politici ed economici, vale la pena continuare a lottare per una pace stabile in Terra Santa, che permetta lo sviluppo della sua cultura, dei suoi popoli e della sua gente". Sono convinto che l'obiettivo della Chiesa sia quello di cercare la pace, soprattutto qui in Terra Santa.

Il direttore della Casa di Santiago è molto chiaro sul fatto che le istituzioni della Chiesa presenti nella terra di Gesù "devono lavorare per la pace, e invitare gli altri a rafforzare i legami di fraternità". Pertanto, qualsiasi parola o gesto che porti all'odio o allo scontro non sarà una buona parola e non aiuterà il processo di pace. Il nostro dovere è quindi quello di lavorare per la riconciliazione in Medio Oriente, che può essere promossa solo attraverso il dialogo, senza posizioni che portino allo scontro.

Cristo ha vissuto una storia e una cultura, ha assunto una certa geografia, ha messo piede in un territorio specifico, che è la Terra Santa.

Juan Antonio Ruiz Rodrigo. Direttore IEBA

Pellegrini sulle orme di Cristo

Visitare i luoghi in cui si sono svolti gli eventi storici della salvezza è un prima e un dopo per ogni cristiano che visita la Terra Santa. In questo senso, il direttore dell'Istituto Biblico e Archeologico Spagnolo è convinto che "si tratta di un viaggio unico per qualsiasi cristiano, perché è il luogo dell'Incarnazione di Dio". Se la Bibbia ci presenta una storia della salvezza, la Terra Santa è la geografia della salvezza, perché questa storia ha il suo punto di riferimento concreto in queste terre desolate e desertiche, negli angoli e nelle fessure di questa Terra Santa, così spesso ferita. Senza il riferimento alla Terra Santa, la stessa promessa di Dio ad Abramo non è concepibile. La Terra Santa dà concretezza alla Parola di Dio, permettendole una forma di incarnazione, ancor prima che la Parola di Dio si faccia carne in Gesù di Nazareth. Anche Cristo ha vissuto una storia e una cultura, ha assunto una certa geografia, ha messo piede su un territorio specifico, che è quello della Terra Santa".

Mondo

Madre Trinità, una vita dedicata alla Chiesa, muore a Roma

Il fondatore e presidente di L'opera della Chiesa è morto ieri a Roma all'età di 92 anni dopo una vita di dedizione e servizio alla Chiesa, al Papa e ai vescovi.

Maria José Atienza-29 luglio 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Trinidad Sánchez MorenoMadre Trinidad è morta ieri a Roma, dove viveva dal 1993. Originaria di Dos Hermanas (Siviglia), il 7 dicembre 1946 sperimentò "una vera invasione di Dio", come lei stessa raccontò. La sua risposta immediata fu: "Sarò tua per sempre", che avrebbe suggellato il giorno seguente nella chiesa parrocchiale di Santa Maria Maddalena con la sua dedicazione davanti all'immagine della Vergine, segnando i suoi primi e definitivi passi di consacrazione totale a Dio. Era molto conosciuta e amata nel suo villaggio e per anni ha gestito, insieme a uno dei suoi tre fratelli, l'attività di famiglia "Calzados La Favorita" in Calle Ntra Sra. de Valme. Nel 1955 si trasferisce a Madrid. E quattro anni dopo, nel 1959, Dio irrompe nella sua anima e la rende testimone di ciò che ha vissuto per portarlo a tutti, come "Eco della Chiesa".

Il Il lavoro della Chiesafondata dalla Chiesa e la cui missione è manifestare la ricchezza spirituale della Chiesa assistendo il Papa e i vescovi, è stata approvata come istituzione di diritto pontificio dalla Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica della Santa Sede nel 1997 ed è attualmente in vigore, più di mille vescovi ricevono gli scritti di Madre Trinità, che vengono inviati mensilmente e che li aiutano nella loro vita spirituale, sia attraverso l'organizzazione di ritiri per sacerdoti, seminaristi o laici nelle loro diocesi.

Questa Istituzione ha diverse case di apostolato, tra cui la casa natale di Madre Trinidad a Dos Hermanas. L'Opera della Chiesa ha anche centri permanenti in Spagna (Madrid, Guadalajara, Cadice, Toledo, Valladolid, Ávila), in Italia (Roma, Albano Laziale e Rocca di Papa) e in Guinea Equatoriale (Malabo), sebbene svolga missioni apostoliche anche in altri Paesi. A Siviglia, sono incaricati della parrocchia di San Bartolomé e San Esteban, nel centro storico della città.

La Messa funebre per il suo riposo eterno sarà celebrata domenica 1° agosto alle 15:00 nella Basilica di San Paolo fuori le Mura a Roma, e sarà disponibile in diretta sul sito web.

Iniziative

"Con i nostri pani e pesci, moltiplichiamo le opportunità di inserimento".

Oggi il settore alberghiero e della ristorazione festeggia la sua patrona, Santa Marta. La donna disponibile per antonomasia è un esempio per migliaia di persone che, ogni giorno, si dedicano a preparare e servire pasti per migliaia di altre persone. Un settore che per molti è stato il percorso di inserimento sociale e lavorativo in progetti come Tabgha e Cinco Panes, sviluppati dalla Cáritas Diocesana de Córdoba.

Maria José Atienza-29 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Sono un esempio di lavoro nascosto, dietro ogni piatto, dietro ogni menu da asporto, c'è una o più persone che rendono possibili momenti, in molti casi indimenticabili. Un settore, allo stesso tempo, segnato dalla precarietà e che ha subito, come pochi altri, il flagello della pandemia.

Anche il settore alberghiero e della ristorazione è un mezzo privilegiato per trovare lavoro. Salvador Ruiz Pino, avvocato e direttore di Cáritas diocesana de Córdoba, i cui progetti Tabgha e Cinco panes,

Tabgha e 5 panes sono due iniziative di inserimento socio-occupazionale attraverso il mondo della ristorazione e dell'ospitalità.

Salvador Ruiz Pino

Il progetto alberghiero e di ristorazione della Cáritas Diocesana de Córdoba è nato come risultato dell'ultimo Visita ad limina (nel marzo 2014) che il nostro vescovo Demetrio Fernández ha fatto a Papa Francesco. Durante la visita, quando i vescovi del sud della Spagna spiegarono al Santo Padre la situazione socio-economica che stavamo vivendo in quel momento, con alti tassi di disoccupazione, il Papa disse loro: "Fate qualcosa per i giovani". Al ritorno dalla visita, il Vescovo ci ha trasmesso questo desiderio di Francesco e, attraverso la diagnosi dei bisogni e lo studio della situazione, abbiamo intravisto la strada per realizzare una scuola alberghiera e di ristorazione e un ristorante dove formare e assumere giovani in situazione di grave vulnerabilità sociale ed esclusione. In questo modo abbiamo aperto le porte Tabgha nel dicembre dello stesso anno. Come continuazione ed espansione di questo progetto, la Cinco Panes Catering, per lo stesso scopo, nel 2020.

Qual è stata la risposta del settore, delle persone e, naturalmente, dei beneficiari? 

-In ogni momento abbiamo ricevuto la collaborazione del settore alberghiero di Cordoba. Infatti, il nostro lavoro non sarebbe possibile senza la collaborazione di molte aziende cordovane del settore che permettono ai nostri partecipanti di svolgere stage nelle loro aziende, oltre a tenere alcune delle lezioni durante il periodo di formazione.

Allo stesso modo, la società di Cordoba ha visto nelle iniziative di economia solidale della Caritas un'opportunità per collaborare con la nostra istituzione e per aiutare le persone che accompagniamo assumendo un servizio o semplicemente godendo di una piacevole serata nella nostra taverna gastronomica con il miglior servizio e qualità.

Ogni anno, una ventina di giovani vengono formati e assunti in cucina, servizio ai tavoli e camerieri, secondo la formazione da loro stessi scelta, per il successivo inserimento nel mercato del lavoro alberghiero e della ristorazione, a partire da percorsi personalizzati di inserimento socio-occupazionale. Il successo dell'inserimento sociale e lavorativo dei giovani che hanno partecipato al progetto è molto alto.

Che cosa evidenzierebbe di queste iniziative che formano anche le persone a lavorare in un campo di servizio per gli altri?

-La crisi del COVID ci ha mostrato chiaramente ciò che è veramente essenziale, ciò che è importante: la vita, la salute, l'assistenza, il sostegno, la cura del pianeta "la nostra casa comune"... Noi della Caritas siamo convinti che sia urgente implementare un'economia che dia priorità a ciò che consideriamo essenziale, un modello economico incentrato sulle persone, che rispetti i loro diritti e sostenga il potenziale di coloro che spesso vengono scartati. Per questo, pur non avendo la capacità di dare una soluzione al problema della disoccupazione nel nostro territorio, siamo convinti che questo tipo di azione significativa sia necessaria per dimostrare che un altro modello è possibile, che vale la pena mettere al centro le persone e le loro potenzialità e combattere la cultura dell'usa e getta con proposte che riconoscano la dignità di tutti. Chiunque venga alla Taverna Gastronomica Tabgha può provare la soddisfazione di poter vedere l'entusiasmo, l'impegno e la fatica che i giovani che vi lavorano mettono ogni giorno per offrire il miglior servizio, essendo protagonisti del proprio percorso che li porterà a uscire dalle situazioni molto difficili che hanno vissuto in passato.

SOLEMCCOR è la società che gestisce entrambi i progetti. Come è nata questa iniziativa della Caritas e qual è il bilancio del suo lavoro dopo diversi anni di attività?

-Da questo impegno per un lavoro dignitoso sono nati, già negli anni '80, i programmi occupazionali della Cáritas Diocesana de Córdoba, che nel 2006 hanno fatto un salto di qualità con la creazione di SOLEMCCOR (Solidarietà e occupazione delle Cáritas di Córdoba), la nostra società di inserimento, la prima in Andalusia e una delle principali a livello nazionale. Una società di inserimento in cui Cáritas è socio unico e il cui obiettivo è favorire l'inserimento lavorativo di persone in situazione di esclusione sociale e la loro definitiva inclusione nel mercato del lavoro normalizzato.

SOLEMCCOR non ha fini di lucro, lo scopo della nostra attività è quello di offrire opportunità di formazione e lavoro a persone in situazioni di vulnerabilità sociale per la loro piena integrazione. La creazione del maggior numero di posti di lavoro e di condizioni di lavoro dignitose sono gli obiettivi principali di SOLEMCCOR, attraverso itinerari personalizzati e lo sviluppo di un progetto di integrazione personale. Attraverso la formazione, l'accesso al lavoro e il monitoraggio sociale e professionale, rendiamo possibile alle persone che accompagniamo di acquisire esperienza e competenze.

In sintesi, consente l'acquisizione delle qualifiche professionali e della produttività necessarie a migliorare le condizioni di occupabilità personale, come passo preliminare all'accesso all'impresa ordinaria, secondo quanto previsto dalla normativa che regola la costituzione e il funzionamento delle imprese di inserimento socio-lavorativo. Tutto questo, inoltre, da un modello che combina l'attenzione per l'ambiente con programmi che promuovono il riciclo in una prospettiva ecologica integrale, dove la consapevolezza della cura del pianeta si unisce all'attenzione per le persone.

Nel 2020, siamo stati in grado di accogliere e sostenere 833 persone attraverso la formazione o l'inserimento lavorativo, di cui 111 persone in esclusione sono state assunte.

Salvador Ruiz Pino. Direttore Caritas Cordoba

Vogliamo che la gente di Cordoba sia consapevole che quando ricicla carta, cartone, vestiti o olio sta offrendo nuove opportunità al pianeta e alle persone in situazioni di vulnerabilità, perché, come dice Papa Francesco: tutto è collegato.

Oggi SOLEMCCOR ha diverse linee di attività che includono la raccolta differenziata di carta e cartone (attraverso un accordo di collaborazione con il Comune di Cordoba), il servizio di distruzione della carta riservata, la raccolta e il riciclaggio dei tessuti, il servizio di pulizia "Jordán", il laboratorio di abbigliamento "Dorcas", la gestione del Centro per il tempo libero e il tempo libero "Cristo Rey" a Torrox Costa, la Scuola di catering, la taverna gastronomica "Tabgha" e il catering "Cinco Panes". In tutti loro, lo scorso anno (2020) siamo riusciti ad accogliere e accompagnare 833 persone attraverso la formazione o l'intermediazione lavorativa, di cui 111 persone in stato di esclusione sono state assunte, il tutto con un investimento economico di tre milioni di euro.

L'industria dell'ospitalità è stata uno dei settori economici più colpiti dalla pandemia. Nel caso di entrambe le iniziative, le persone che ne beneficiano si trovano già in gravi difficoltà, come ha influito covid su questi due progetti e come viene affrontato il recupero?

-Di certo, la crisi sanitaria scoppiata con l'inizio della pandemia si è presto manifestata in una grave crisi sociale nella quale siamo ora immersi.

Solo nell'ultimo anno, Caritas diocesana di Cordoba ha assistito 30.000 famiglie in tutta la provincia attraverso le 168 Caritas parrocchiali, di cui 8.000 (27%) non si erano mai rivolte alla Caritas prima d'ora. Le restrizioni alla mobilità hanno fatto sì che il settore alberghiero fosse il primo a cessare l'attività. Nonostante ciò, SOLEMCCOR ha mantenuto tutti i posti di lavoro durante la pandemia e non sono stati effettuati licenziamenti. Dal giorno successivo alla chiusura di Tabgha a causa dello stato di allarme, gli operatori del progetto, accompagnati da volontari, hanno utilizzato le cucine per preparare e distribuire duemila menù al giorno per le famiglie vulnerabili assistite dalla Caritas nella città di Cordoba, che nei momenti più difficili del confino non avevano le risorse per soddisfare i loro bisogni alimentari di base.

Fin dal primo giorno della pandemia, gli operatori del progetto, accompagnati da volontari, hanno utilizzato le cucine per preparare e consegnare duemila pasti al giorno alle famiglie vulnerabili.

Salvador Ruiz Pino.Direttore di Caritas Cordoba

Una volta iniziata la fase di de-escalation, Tabgha e Cinco Panes sono tornate alla loro regolare attività, con le opportune misure di capacità, sicurezza e igiene. Attraverso i loro servizi, i clienti possono non solo godere di un'esperienza culinaria di prima classe, con un ottimo rapporto qualità-prezzo e un trattamento squisito, ma anche contribuire a migliorare le capacità dei giovani in situazione o a rischio di esclusione sociale e di grave vulnerabilità, favorendo così la loro piena inclusione.

A Tabgha, come nell'omonima pianura vicino al lago di Tiberiade, siamo convinti che, dando a ciascuno cinque pani e due pesci, si possano moltiplicare le opportunità di inserimento di molte persone, soddisfacendo non solo la fame di pane, ma anche quella di speranza, dignità e giustizia. Una visita obbligata quando venite a Cordoba!

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Mondo

Una mediateca apostolica vaticana per educare lo sguardo

La creazione di una "Mediateca Apostolica Vaticana" potrebbe essere un modo per articolare l'educazione dello sguardo, del cuore, attraverso un'arte cinematografica aperta alla trascendenza.

Giovanni Tridente-28 luglio 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

È passata quasi inosservata una notizia che avrebbe dovuto essere letta con attenzione tra le righe di un'intervista rilasciata da Papa Francesco in una pubblicazione di recente pubblicazione. Si tratta della probabile nascita, ancora senza dettagli concreti, di un nuovo organismo vaticano di natura prettamente culturale, che potrebbe prendere il nome di "Mediateca Apostolica Vaticana".

Si tratterebbe di un Archivio Centrale per la conservazione permanente e ordinata del patrimonio audiovisivo storico dei vari organismi della Santa Sede e di tutta la Chiesa, sul modello di quello esistente. Archivio Apostolico Vaticano -La Biblioteca Apostolica Vaticana, un tempo chiamata "Segreta", che conserva e promuove atti e documenti relativi al governo della Chiesa universale, e la Biblioteca Apostolica Vaticana, la cui prima origine risale al IV secolo.

Come abbiamo detto, il Papa lo ha annunciato tra le righe nell'intervista rilasciata a monsignor Dario Edoardo Viganò, già prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, in occasione del libro Lo sguardo: porta del cuore (Lo sguardo: porta del cuore)dedicato al cinema neorealista, di cui il Pontefice si è sempre dichiarato un grande estimatore, citando spesso nei suoi discorsi e nelle sue omelie riferimenti a questa cultura, che considera di forte valore testimoniale.

Da parte sua, l'autore del libro, oltre a insegnare cinema e a essere attualmente vicecancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali della Santa Sede, è anche autore di film e documentari e in passato ha diretto per diversi anni la "Fondazione Ente dello Spettacolo" della Conferenza Episcopale Italiana, fino al suo arrivo in Vaticano come responsabile della riforma dei media vaticani.

Non è quindi difficile prevedere che a Viganò possa essere affidata l'organizzazione di questo nuovo organismo, che gode del favore del Santo Padre e che potrebbe servire a rivalutare un patrimonio di fonti audiovisive storiche che in passato hanno rappresentato anche un alto livello religioso, artistico e umano, soprattutto se pensiamo alle famose "sale della comunità" presenti praticamente in ogni parrocchia.

Nell'intervista Papa Francesco parla anche della necessità che abbiamo oggi di "imparare a guardare! Dopotutto, di fronte alla paura e allo scoraggiamento causati, per di più, dalla recente pandemia, ciò di cui c'è bisogno nella Chiesa e nel mondo sono "occhi capaci di penetrare il buio della notte, di guardare oltre il muro fino all'orizzonte".

Il Papa pensa a "una catechesi dello sguardo, una pedagogia per i nostri occhi che spesso sono incapaci di contemplare in mezzo alle tenebre la 'grande luce' che Gesù viene a portare". Una riflessione sullo sguardo, insomma, "che si apre alla trascendenza", a cui il cinema neorealista, che in molte delle sue produzioni ha provocato la coscienza degli spettatori, può senza dubbio contribuire.

D'altra parte, Papa Francesco si è detto convinto che "l'arte del cinema è riuscita a illuminare il tessuto degli eventi per rivelarne il significato profondo". Così, la missione della nuova Mediateca Apostolica Vaticana, che è stata annunciata e probabilmente sarà annunciata a breve, sembra essere tracciata.

Letture della domenica

Commento alle letture di domenica 18a domenica del Tempo Ordinario

Andrea Mardegan commenta le letture della XVIII domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan-28 luglio 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Dopo che Gesù lascia la folla e sale da solo sul monte, i discepoli faticano a raggiungere l'altro versante: "Il mare era agitato a causa del forte vento che soffiava".. Gesù cammina sull'acqua, li raggiunge, sale sulla barca e "Subito la barca sbarcò".. La folla interessata a Gesù si informa per sapere quale strada ha preso. Sono decisi a non perdere di vista questo Maestro che cura le malattie e risolve il problema del pane: hanno mangiato i pani d'orzo e i pesci che non finivano mai, distribuiti da Gesù, che si moltiplicavano senza spettacolo nelle loro ceste, nelle loro mani. 

Vanno con le navi a Cafarnao e lo trovano: "Maestro, quando sei arrivato qui?".. Domanda superficiale: sono interessati solo a capire come sia sfuggito al loro controllo. Domanda curiosa, che non serve ad approfondire la verità su Gesù e su ciò che è accaduto il giorno prima. Gesù non risponde alla curiosità, ma cerca di aiutarli a cercare in se stessi il vero motivo per cui lo stanno cercando: "Hai avuto la tua parte". di pane, gratuito, buono, senza lavoro. Vogliono mangiare di più. Tuttavia, a Gesù interessa la fame e il desiderio di pane che vede in questi uomini: intende trasformarlo in desiderio del vero pane del cielo. Così riprende l'argomento che voleva iniziare da tempo, prendendo spunto dal segno del pane che non finisce mai: "Non lavorate per il cibo che si consuma, ma per il cibo che dura per la vita eterna".. Ascolta "vita eternaChiedono all'insegnante quale lavoro può essere apprezzato come opera di Dio. 

Gesù passa sopra la loro domanda farisaica e parla loro della fede: credere in lui è opera di Dio. Chi ha visto il miracolo dei cinque pani e dei due pesci che ha sfamato migliaia di persone, gli chiede un segno per credere. Sono superficiali, materialisti, moralisti, non credenti. Lo provocano parlando della manna nel deserto, come segno dato da Mosè. Gesù li corregge: la manna veniva da Dio e non da Mosè, e poi rivela che Dio intende dare loro il pane che scende dal cielo e dà la vita. 

Ora il desiderio di ricevere questo pane nasce in loro. Poi Gesù dichiara di essere lui stesso il pane della vita e che chi crede in lui non avrà mai fame né sete. Cerca di aiutarli a trasformare questa fame di pane terreno in un desiderio del pane che darà per la vita eterna, che è lui. Cibo divino che ci permette di compiere le opere di Dio sulla terra, di vivere in noi la vita, la morte, la risurrezione e l'ascensione del Figlio di Dio. Di Gesù ammiriamo la tenacia nel proporre la verità, la fiducia nelle persone nonostante la loro chiusura. Vogliamo essere nutriti dal pane della vita per vivere la sua vita nella nostra vita.

L'omelia sulle letture della domenica 18

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Evangelizzazione

Camminare con Ignazio di Loyola, il pellegrino della vita interiore

Il "Cammino ignaziano" passa per Logroño, Tudela, Alagón, Saragozza, Fraga, Lleida, Cervera, Igualada, fino a Montserrat e Manresa. Un itinerario di grande significato spirituale che si svolge anche nella vita interiore per mano del grande santo e fondatore della Compagnia di Gesù. 

Francesc Riera i Figueras, S. I.-28 luglio 2021-Tempo di lettura: 7 minuti

A cavallo di un mulo, lasciò Loyola vestito con i suoi abiti nobiliari. L'itinerario, il "Camino Ignaciano", passa per Logroño, Tudela, Alagón, Saragozza, Fraga, Lleida, Cervera, Igualada, fino a Montserrat e Manresa.

1. Montserrat, pochi giorni di vacanza

È facile scoprire il Pellegrino che, affascinato, si arrampica sulle rocce della Montagna, respirando il buon odore "d'eixos penyals coberts de romaní", all'alba della primavera. La natura è diventata il trono di quella che è ormai la sua unica vera regina. In mezzo alla fiera bellezza del massiccio, il pellegrino sperimenterà tre azioni "iniziatiche".

a) Prima di tutto, riconcilia la sua vita(Quanti vorrebbero poter conciliare la vita...!). Una vita che avrebbe trascinato con sé molte contraddizioni, corrotta dalla brama di prestigio e potere. Lui stesso, in vecchiaia, dice: "Fino a 26 anni era un uomo dedito alle vanità del mondo". Sono stati tre giorni intensi in cui ha rivisto tutti gli angoli "bui" della sua storia, li ha messi con infinita tristezza nelle mani misericordiose di Dio e ha ricevuto la riconciliazione "sacramentale" dalle mani del monaco che lo curava, Jean Chanon. Fu in grado di liberarsi dalle sue fosse luttuose e di piangere amaramente, ma in pace, l'insieme delle assurdità che spesso avevano ferito i terzi. Chi sperimenta la liberazione interiore in questo modo nasce di nuovo!

b) Spogliati dell'irrazionalità di tali indumenti interioriGli abiti esterni della nobiltà, gli abiti di "prestigio" che cercavano di apparire come una nobiltà interiore che lui non aveva, sono scomodi e controindicati per lui. Rifugiandosi nella massima segretezza, si avvicina a un mendicante, si spoglia dei suoi abiti di prestigio e con essi veste l'"ultimo", quello rifiutato dal mondo, in suo onore. Da parte sua, con una pace interiore indicibile, si veste con una "stoffa di cui di solito si fanno i sacchi..., e ha molte punte... lunghe fino ai piedi". Ha assunto gli abiti della povertà che lo collocano tra coloro che non contano nel mondo.

c) Dovrebbe essere trovato cartoonesco con una spada, È un "povero", un uomo riconciliato, senza nemici, senza desiderio di conquistare nulla. Non deve più difendersi da nulla, non ha più bisogno della spada aggressiva. Con questa sorprendente libertà interiore raggiunta, si "disarmerà" come cavaliere, in un atto dalle connotazioni "controculturali", nello stile del suo "immaginario" cavalleresco. Alla vigilia della festa dell'Annunciazione, trascorre la notte in preghiera di veglia, inginocchiato davanti all'altare della Madonna. Si disarma e depone la spada ai piedi della Moreneta. Ha cambiato i suoi paradigmi, i suoi interessi, il suo futuro..., il suo Signore. Il Pellegrino si sarebbe rispecchiato nelle parole che il Virolai canta alla Madonna: "Amb vostre nom comença nostra història".

2. Giù per la montagna

All'alba, lo immaginiamo scendere i sentieri selvaggi delle montagne con una felicità mai provata prima. Zoppicando, con un accenno di dolore per la gamba ferita, ma traboccante di una strana libertà mai sperimentata così profondamente.

All'Eremo degli Apostoli, alcune donne gli suggerirono un ospedale per poveri a Manresa dove avrebbe potuto fermarsi per qualche giorno. Aveva bisogno di assaporare in pace e tranquillità le sue esperienze a Montserrat e di annotarle nel taccuino che aveva conservato con cura fin dai tempi di Loyola.

All'improvviso un gendarme interrompe la placida camminata del Pellegrino: "Hai dato un vestito lussuoso a un mendicante? autoritàlacrime per il disgraziato a cui ha fatto un torto senza prevederlo, dandogli i suoi abiti aristocratici per vestirsi di povertà.

Solo dieci mesi fa, la Pilgrim faceva parte della autorità. Ora troviamo il focoso combattente di Pamplona con le lacrime agli occhi. La convalescenza a Loyola, il lungo silenzio della strada per Montserrat, le esperienze fondanti in montagna hanno incrinato le durezze esterne e interne della sua personalità.

Manresa, primo periodo

Felicemente liberato dalla sua vita passata, con "grande coraggio e liberalità", intende conquistare la santità.

Si fermò nell'ospedale dei poveri, dove visse per la maggior parte dei suoi undici mesi a Manresa. Nel suo desiderio di maggiore solitudine, non sappiamo quando, trovò un luogo deserto e inaccessibile: la Grotta.

La grotta è una delle grotte scavate nel periodo terziario dall'erosione del fiume. Non è stato facile accedervi. Ignacio lo raggiungeva attraversando un sentiero tra erbacce, rovi e ortiche. Un balcone che si affaccia sul fiume, con una vista brillante su Montserrat, più o meno schermato da erba e cespugli fitti, che produrrebbe un effetto di solitudine e tranquillità. Su questo balcone, sotto lo sguardo della Vergine Maria, trascorse molte ore di profondo silenzio. Ha "messo a tacere" molte cose... Ed è riuscita ad "ascoltare" le profondità del suo cuore e a trovare il battito del cuore di Dio. E dal cuore di Dio ha scoperto di essere "inviato" agli altri.

Uno stile di vita controcorrente

"San Domenico ha fatto questo, quindi io devo fare questo. San Francesco ha fatto questo, perché io devo fare questo". I primi passi dell'Ignazio nato a Manresa lo condurranno lungo i sentieri di questa santa e ingenua emulazione.

Qualche mese fa cercava solo onorificenze, per distinguersi..., con un'incredibile preoccupazione per la sua immagine. Ora non si curerà del suo aspetto fisico, si lascerà crescere i capelli e le unghie (un tempo così curati), sarà trasandato, con poca igiene personale, come non avrebbe mai sospettato fino a pochi mesi fa. Ha oltrepassato le "linee rosse", sta dimostrando a se stesso di aver cambiato schieramento, di essersi messo dall'altra parte della storia, con gli ultimi e con Gesù.

Prega sette ore al giorno. Vive felicemente, in pienezza, con il suo silenzio interiore davanti a Dio. Si prende cura dei poveri dell'Ospedale, le sue azioni trasudano carità e amicizia per i più poveri. Il suo stato è di tranquillità, di gioia, di grande consolazione in questo nuovo modo di fare e di essere.

Ignazio arriva a Manresa con un profondo desiderio di conquistare la santità, l'onore, con il desiderio di servire il suo nuovo Signore (il Re Eterno), con un'intensità ancora maggiore di quella che aveva avuto al servizio dei "re temporali". Per tutta la vita era stato un "conquistatore" del suo status. Anche durante la convalescenza a Loyola si dilettava a pensare alle imprese che avrebbe compiuto al servizio di grandi signori o di una principessa di "altissima dignità" che aveva cercato nei suoi sogni.

Arriva "ignorante delle cose di Dio", senza capacità di discernimento, con un forte desiderio di "fare" grandi cose per il Signore. Nel profondo trasuda ancora egocentrismo e narcisismo. Deve "guardarsi allo specchio" e scoprirsi onorevole, con il nuovo onore che ora sogna, così diverso da quello che aveva sperimentato nelle corti castigliane. Egli stesso continua a essere il "soggetto", la sua immagine "onorevole". Crede ancora di poterlo conquistare con le proprie forze, con le proprie capacità e possibilità.

I primi quattro mesi sono di grande fervore e serenità spirituale, di grande equilibrio e magnanimità. Ma presto scopre che non ha "conquistato" la santità, che ciò che ha conquistato è l'amarezza dei suoi pozzi oscuri interiori, nei quali è sceso e che pensava di aver riconciliato a Montserrat. In un certo senso, è ancora il fariseo della parabola, deve arrivare a comprendere se stesso come un pubblicano, eppure accettato e accolto da Dio. Ignazio sta facendo i suoi "Esercizi spirituali".

4. Secondo periodo. La fragilità di Ignazio

Dall'euforia adolescenziale del neo-convertito, all'affrontare la propria rottura interiore

"Gli venne un forte pensiero che lo turbò, rappresentandogli la difficoltà della sua vita, come se gli dicessero nell'anima: 'E come puoi soffrire questa vita di 70 anni che devi vivere? Ma a questo rispose anche interiormente con grande forza...: "O miserabile, puoi promettermi un'ora di vita?

Il coraggioso difensore di Pamplona è pronto a seguire un cagnolino

La prima tappa che abbiamo appena presentato si può riassumere in due parole: "fare" (grandi penitenze, grandi cose) e "di più" (più degli altri, più dei santi). Un fervore inopportuno, anche se rivela un'immensa generosità. Ignazio sta spiritualizzando la sua vanità di cavaliere, ora il cavaliere si dona al suo nuovo Signore nel modo più eroico che si possa immaginare, con penitenze, preghiere e azioni per "segnarsi più di chiunque altro". Cerca di conquistare il suo nuovo Signore con le "opere".

Pochi mesi fa aveva vissuto solo per conquistare onori, fama, posizioni importanti nell'amministrazione del regno di Castiglia, ora deve scoprire che la "santità" non è una "conquista". Si rende conto, sconcertato, che ciò che ha conquistato sono proprio le sue "ombre", le acque oscure del suo io "riconciliato" solo superficialmente a Montserrat.

La pace che aveva ricevuto davanti alla Vergine di Montserrat si è infranta. La memoria cominciò a colpirlo scrupolosamente, ricordandogli momenti della sua vita che pensava di aver lasciato sepolti a Montserrat. Cadde in una profonda desolazione e, assalito dagli scrupoli, cercò un confessore a cui ripetere più volte i suoi peccati; ma non riuscì a trovare la riconciliazione "con se stesso", né, pensava, con Dio.

Ha sperimentato il proprio limite, la radicale insufficienza a concedersi il perdono, la riluttanza a mettersi pienamente nelle mani di Dio e a lasciare il volante della propria vita, che aveva sempre guidato da solo.

Nella sua desolazione ripete a Dio che sarebbe disposto a seguire anche un cagnolino, se questo gli indicasse la strada per trovare Dio. Il momento più significativo di questo periodo è la disperata "tentazione del suicidio", quando alloggia in una stanza del convento domenicano. Chi era abituato ad andare per il mondo come un conquistatore, sperimenterà che l'onore, l'integrità, la riconciliazione, la felicità, la santità... non si conquistano, ma si "ricevono": "tutto è grazia". Sarà la grande scoperta ignaziana di Manresa.

5. Terzo periodo. Tutto è grazia

Quando ha assunto che non "controlla" tutto, comincia a essere inondato da una luce inaspettata e pienamente "libera".

La resa non è più della fortezza di Pamplona, ma della sua forza interiore, non si tratta più di consegnare "armi esterne" ma "armi interne" (autosufficienza, "sono io che comando la mia vita"...). Questi sono i suoi Esercizi spirituali. Sta imparando a vivere nella fede e nella fiducia, a lasciarsi guidare da Dio. Il progetto di raggiungere Dio con le proprie forze si sta infrangendo. Dio gli sta insegnando a lasciare andare il suo ego, che si suppone onnipotente.

Lascia il vicolo quando sperimenta l'inutilità della propria "giustizia", per stabilirsi nella "giustizia che viene da Dio" (Rm 1,21). Inizia così la terza fase della vita di Ignazio a Manresa. Non ha più bisogno di proteggersi dalla sua realtà spezzata, dalle sue ombre, dal suo peccato. I suoi "paradigmi" sono cambiati.

Questo è il momento di grande illuminazione di Manresa. Quando presume di non conquistare "la luce" di Dio lasciandosi completamente nelle mani del Signore, allora viene travolto da ripetuti momenti di "luce". illuminazione.

L'apice di questo periodo è l'"Illuminazione del Cardener". È il momento di grazia, inaspettato, il culmine di tutto il cammino del Pellegrino nei suoi giorni di Manresa. Una volta, presso il fiume Cardener, "gli occhi della sua intelligenza cominciarono ad aprirsi; e non che vedesse alcuna visione, ma capiva e conosceva molte cose, sia di cose spirituali, sia di cose di fede e di lettere; tutte le cose gli sembravano nuove". E poi aggiunge: "in tutti i discorsi della sua vita, non sembra aver raggiunto tanto come in quell'unica occasione".

Era arrivato a Manresa "arrogante e ignorante delle cose di Dio". Respirava ancora un forte egocentrismo, con fiducia nelle proprie capacità e possibilità. Lasciò Manresa diseredato e umile, esperto nel discernimento degli spiriti e nella capacità di aiutare gli altri.

Il "Cammino" interiore degli undici mesi a Manresa è "fondativo", sarà raccolto in modo pedagogico nei suoi "Esercizi Spirituali" e sarà lo sfondo dal quale scriverà le "Costituzioni della Compagnia di Gesù". Tutte le spiritualità ignaziane e tutte le opere pastorali, sociali, intellettuali, pedagogiche, culturali e sociali... ispirate a Ignazio hanno lo sguardo fisso su questa Via.

Questo articolo è un estratto delle pagine da 17 a 43 del libro "Manresa Ignasiana" 500 anni di vita(edizioni catalane e spagnole. Versione inglese in preparazione).
L'autoreFrancesc Riera i Figueras, S. I.

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Spagna

"Fedeli all'invio missionario": le linee guida della CEE per il 2021-2025

I vescovi spagnoli hanno reso pubbliche le linee di azione della Chiesa spagnola per i prossimi quattro anni.

Maria José Atienza-27 luglio 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Il Conferenza episcopale spagnola ha reso pubblico il documento oggi Fedeli all'invio missionario approvato dall'Assemblea plenaria con gli orientamenti e le linee d'azione per la CEE nel periodo 2021-2025. In questo documento, la Conferenza episcopale spagnola offre linee guida e linee di lavoro rivolte in particolare agli organi della Conferenza stessa.

Un'analisi preventiva approfondita

Il documento inizia con un'analisi della realtà spagnola a tutti i livelli. I vescovi non sono estranei alla nuova situazione sociale in cui si muove la Chiesa cattolica, in cui regna "un capitalismo moralistico che non solo regola la produzione e il consumo, ma impone anche valori e stili di vita", insieme al relativismo culturale imperante e a un'avanzata del nichilismo che produce un impoverimento spirituale e una perdita di senso della vita per molte persone. Un processo che, come si legge nel documento, nasce "una proposta neopagana che mira a costruire una nuova società, per la quale è necessario "decostruire". Così assistiamo a un costruttivismo antropologico nelle diffuse correnti ideologiche del gender e nell'accettazione sociale dell'aborto e dell'eutanasia; un costruttivismo storico e anche pedagogico, rafforzato dal dominio della scuola, per il quale è necessario "decostruire" perché, come dice Francesco al n. 13 della FT, "la libertà umana cerca di costruire tutto da zero". Tutto questo avviene in modo indolore, perché la cultura di massa, basata su emozioni e sensazioni, fa sì che questo processo di demolizione sia vissuto quasi con indifferenza, anzi come una conquista di libertà".

La società della sfiducia e della post-verità coinvolge e influenza direttamente anche il rapporto dei cattolici e dei non cattolici con la Chiesa.

Famiglia, pandemia e difficoltà

Uno dei pilastri che ha risentito di questo processo è stata la famiglia, soprattutto in termini di unità e stabilità familiare: "La secolarizzazione influisce sul deterioramento della famiglia cosiddetta tradizionale, inoltre sembra certo che la crisi della famiglia contribuisca, a sua volta, a guidare il declino religioso, in quanto rompe un'istituzione fondamentale nella trasmissione della fede e delle esperienze di base nella configurazione della persona (...) L'indebolimento del legame familiare provoca la perdita dei legami sociali, che accentua questo indebolimento, in quanto l'elogio dell'autonomia individuale e la rivendicazione permanente del diritto ad avere diritti intronizza l'individuo e rende sospetto qualsiasi legame".

È chiaro che la pandemia ha influenzato il processo di redazione di questo documento. Un colpo all'umanità di fronte al quale i cristiani sono chiamati a "considerare questa situazione come un momento storico di forte richiamo al rinnovamento per l'umanità e per la Chiesa" e a dare "testimonianza di una fiducia che supera le paure, della speranza e della carità fraterna".

Un altro dei punti introduttivi del documento evidenzia la realtà della Chiesa cattolica nella Spagna di oggi che, guardando ai dati sociali, si trova ad affrontare "due tipi di difficoltà: alcune provengono dall'esterno della cultura ambientale; altre provengono dall'interno, dalla secolarizzazione interna, dalla mancanza di comunione o di audacia missionaria".

Il magistero di Papa Francesco

La seconda parte della lettera, dedicata al quadro ecclesiale, inizia con un riferimento al magistero di Papa Francesco che "pone nei suoi testi magisteriali la fedeltà della Chiesa al mandato missionario - id - e sacerdotale - do -". Evangelii gaudium (2013) y Gaudete et exsultate (2018) che contengono le linee che vengono sviluppate in documenti come Amoris laetitia (2016); Christus vivit (2019)], y Laudato si' (2015) y Fratelli tutti (2020): "L'annuncio del Vangelo è fatto a persone che vivono in realtà che il Papa ci presenta come veri segni dei tempi, un passaggio del Signore che illumina e giudica la storia per chiamare alla conversione, alla fraternità e alla missione. Questi luoghi privilegiati sono la famiglia (bambini, giovani, anziani), i migranti e gli scartati, e la casa comune della famiglia umana". Inoltre, sottolineano che "la proposta del Papa si basa sull'annuncio della misericordia che riconosce le proprie miserie. Per questo motivo, le questioni relative agli abusi su minori e persone vulnerabili da parte di membri della Chiesa meritano un'attenzione particolare".

Il lavoro della CEE

Fedele all'invio missionario, ricorda le linee di lavoro della CEE degli ultimi anni e che devono continuare ad essere in prima linea nell'azione:

  • I frutti del Congresso dei Laici: Popolo di Dio che va avanti con "la centralità dei quattro itinerari in tutte le nostre azioni pastorali: primo annuncio, accompagnamento, processi formativi e presenza nella vita pubblica".
  • Il piano di formazione sacerdotale Formare pastori missionari.
  • L'applicazione di Amoris laetitia e il rinnovamento della preparazione al matrimonio.
  • Chiesa serva dei poveri nell'attuale situazione di crisi economica e sociale.
  • La trasmissione della fede attraverso la catechesi dell'iniziazione cristiana e del catecumenato.
  • La cura della pietà popolare come spazio di trasmissione della fede.
  • Cura pastorale e catechesi per le persone con disabilità.
  • L'attuazione di misure per la cura delle vittime di abusi, la punizione degli autori e la prevenzione di tutti i tipi di abusi.

Discernimento e chiamata all'evangelizzazione

Fedeli all'invio missionario conclude con un appello per "una grande discernimento Vogliamo come Collegio -collegialità- e come Popolo -sinodalità- alla luce dello Spirito, della Parola e del Magistero riconoscere il passaggio del Signore e interpretare la sua chiamata in questo tempo per fare le scelte giuste che illuminino davvero il lavoro della Conferenza a servizio delle diocesi".

Inoltre, chiede a tutti, specialmente ai laici, una missione che implica "l'ascolto dei bisogni della nostra società nella prospettiva del bene comune e illuminata dalla Dottrina sociale della Chiesa".

Le linee d'azione

La proposta di azione di questo documento per la Chiesa spagnola sottolinea, in primo luogo, la necessità di essere "testimoni di Dio e maestri della fede di fronte all'impoverimento spirituale e alle nuove ricerche di spiritualità, basate sulla convinzione che gli esseri umani sono capaci di incontrarsi con Dio (...) Dobbiamo anche insegnare a pregare, a vivere una relazione con Dio e a ricordare la verità più profonda sugli esseri umani: che Dio li ha creati e li mantiene nell'esistenza".

Priorità

Le priorità della Chiesa spagnola per i prossimi anni sono articolate intorno a

  • Evangelizzazione
  • Iniziazione cristiana
  • Proposta di vita come vocazione: identità, spiritualità e missione dei sacerdoti, dei laici (coppie sposate) e della vita consacrata.
  • Presenza nella vita pubblica, personale, comunitaria e istituzionale al servizio del bene comune.
  • Testimonianza personale e istituzionale di una Chiesa accogliente e samaritana nell'opzione preferenziale per i poveri
  • "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione".
  • Piano di comunicazione della Conferenza episcopale spagnola.
  • Accompagnamento integrale (personale, materiale e spirituale) di tutte le persone colpite dalla pandemia.
  • Organizzazione delle Chiese particolari al servizio del Popolo di Dio: revisione della presenza nel mondo rurale, rinnovamento missionario delle parrocchie.

Riforma della CEE

Uno dei punti più attesi riguarda la riforma della stessa Conferenza episcopale spagnola. A questo proposito, Fieles al envío misionero sottolinea che, nei prossimi anni, "dobbiamo fare progressi nel modo in cui lavoriamo nella Conferenza episcopale spagnola". All'interno delle commissioni (sottocommissioni e dipartimenti) e tra le varie commissioni.

Le linee d'azione corrispondenti al lavoro delle commissioni episcopali sono al centro dell'ultima parte del documento, che illustra la loro missione, le azioni da realizzare e promuovere nei prossimi anni e il lavoro congiunto tra le diverse commissioni.

Fedeli all'invio missionario è il frutto di un esercizio di discernimento condiviso dai vescovi, dagli organi collegiali della CEE e dai collaboratori, per avvicinarsi alla realtà sociale ed ecclesiale e per suggerire orientamenti pastorali che sono stati portati avanti in diversi mesi di dialogo.

Ecologia integrale

"La sessualità mette in gioco la parte più intima del nostro essere".

Specialisti di tutto il mondo si incontreranno il prossimo settembre all'Università di Navarra in un'interessante conferenza multidisciplinare. simposio dedicato al riconoscimento naturale della Fertilità. In questa occasione, Omnes ha intervistato Dr. Luis Chiva de Agustínspecialista in Ginecologia e Ostetricia presso la Clínica Universidad de Navarra.

Maria José Atienza-27 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

L'Università di Navarra ospiterà il prossimo settembre un evento interessante e multidisciplinare simposio dedicato al riconoscimento naturale della Fertilità. Una riunione, a cui si può partecipare gratuitamente, non si rivolge solo a chi lavora nel campo della salute o dei consultori familiari, ma a tutti coloro che sono interessati a conoscere "le dimensioni antropologiche, affettive e biologiche del Riconoscimento Naturale della Fertilità (RNF) come strumento di una realtà molto più ampia inquadrata nella Teologia del Corpo".

In occasione di questo simposio, Omnes ha intervistato Dr. Luis Chiva de AgustínLa dimensione integrale della nostra realtà sessuale, la mancanza di formazione e di informazione su questi mezzi naturali e, naturalmente, il programma del Simposio hanno fatto parte di questa conversazione. La dimensione integrale della nostra realtà sessuale, la mancanza di formazione e informazione su questi mezzi naturali e, ovviamente, il programma del Simposio hanno fatto parte di questa conversazione.

Staccando la sessualità dall'integrità della persona, si giunge ad una utilitarismo o biologismoChe cosa significa davvero la realtà del sesso nella vita di una persona, uomo o donna che sia?

Dr. Luis Chiva de Agustín
Dr. Luis Chiva de Agustín

- Dobbiamo considerare la sessualità come la meravigliosa qualità di ogni persona, dell'essere uomo o donna, che permea le nostre azioni, le nostre relazioni personali, tutta la nostra vita quotidiana. E diventa un modo concreto di essere, di stare e di relazionarsi con gli altri. Comprendere la grandezza del proprio corpo, vederlo come il dono che è, è un compito che inizia, naturalmente, in famiglia, dove l'uomo impara tutto su se stesso. Insegnare ai bambini fin da piccoli la grandezza della nostra corporeità, della nostra sessualità, come dono intrinseco alla persona, che fa parte del nostro essere, dà valore alla consegna all'altro che avviene quando si arriva a formare la propria famiglia, e si è consapevoli di donarsi completamente all'altro, che si riceve anch'esso così, come un dono, ammirandone il pieno valore come persona che si impegna in un progetto di vita.

Le nostre relazioni sessuali coinvolgono tutto il nostro essere, sia materiale che spirituale. Sono il nostro modo di parlare dell'amore con un abbandono totale, che ci coinvolge completamente e senza condizioni.

Dr. Luis Chiva

Questo approccio esclude necessariamente qualsiasi sentimento di possesso, di appropriazione, di utilizzo dell'altro come mero oggetto di piacere. Li pone in un'orbita di gigantesca e stratosferica dignità. Separare la sessualità dall'integrità della persona è profondamente dannoso.

La sessualità mette in gioco la parte più intima del nostro essere, corporea e spirituale. Separarla dall'affettività ci trasforma in fornitori di piacere o in animali senz'anima che cercano di soddisfare un istinto. È in ogni caso una degradazione della nostra dignità personale. Così come non possiamo separare il corpo dall'anima, non possiamo separare il sesso dall'affetto. I nostri rapporti sessuali coinvolgono tutto il nostro essere, sia materiale che spirituale. Sono il nostro modo di parlare dell'amore con abbandono totale, che ci coinvolge completamente e senza condizioni. E hanno anche una caratteristica essenziale, che li rende unici. Mi riferisco alla possibilità di trasmettere la vita, che il nostro amore sia così certo, così concreto che dopo 9 mesi dobbiamo dargli un nome. È qualcosa di così grande che si scontra frontalmente, in modo brutale, con l'approccio di chi considera la fertilità come un effetto collaterale indesiderato della nostra sessualità.  

Non crede che la generazione "post-pillola" stia crescendo con l'idea che non sia possibile "pensare" ai rapporti sessuali, ma solo "sentire" o sperimentare?  

La generazione "post-pillola" è cresciuta pensando che la rivoluzione del '68 sia stata una liberazione per le donne. In realtà, ciò che ha fatto è stato spostare sulla donna tutta la responsabilità dell'eventuale fertilità dei rapporti sessuali. Così, se una donna rimane incinta dopo un rapporto sessuale, è "colpa" sua che non ha preso i contraccettivi. E se la sua carriera viene interrotta a causa di quella gravidanza, o se non riesce a conciliare facilmente la sua vita familiare con quella lavorativa, è anche colpa sua. I rapporti sessuali fanno parte del linguaggio con cui l'uomo e la donna parlano dell'amore totale di donazione. Coinvolgono l'intera persona, entrambe le persone, anche nella loro dimensione corporea e spirituale. Se vengono solo "vissuti" o "sentiti" senza pensare a ciò che comportano (la donazione dell'intimità, le conseguenze che l'accompagnano, il significato più profondo della relazione, ecc. Ci sentiremo usati, banalizzati.

I rapporti sessuali fanno parte del linguaggio con cui l'uomo e la donna parlano dell'amore totale di donazione. Coinvolge l'intera persona, entrambe le persone, nella loro dimensione corporea e spirituale.

Dr. Luis Chiva

Nei media e in molti centri sanitari si trovano molte informazioni sui metodi contraccettivi artificiali, ma pochissime su quelli naturali. Perché ci sono così poche informazioni sui metodi naturali di sensibilizzazione alla fertilità?  

-Credo per ignoranza, almeno in molti casi. Il riconoscimento naturale della fertilità richiede un minimo investimento di tempo nella formazione, che spesso sembra più facile ignorare optando per altri metodi. È inoltre importante diffondere tutte le conoscenze scientifiche sull'efficacia diagnostica di questi metodi e continuare a ricercare e sviluppare nuovi strumenti.

La RNF si basa, in una certa misura, su un'antropologia e una visione dell'uomo in accordo con l'antropologia cristiana, ma è solo per coloro che sono cristiani, per così dire?

-Il riconoscimento naturale della fertilità non è solo per i cristiani. La visione cristiana della sessualità è radicata in una concezione dell'uomo che appartiene all'uomo stesso, non ai cristiani. In qualche modo, i cristiani capiscono che questa visione si adatta al "libro di istruzioni" che ci è stato consegnato dalla fabbrica... Ovviamente, nella società di oggi ci sono molte persone che non condividono questa visione e si avvicinano alla sessualità in modo utilitaristico, come abbiamo discusso sopra. I metodi naturali non si adattano alla vita quotidiana di chi considera i propri rapporti sessuali privi di affetto. Ma ci sono molte persone che, senza essere cristiane, sentono che nei loro rapporti sessuali stanno compromettendo molto di più di un momento di piacere. Chiunque si senta tale può essere attratto dagli approcci che mostriamo al Simposio, o almeno incuriosito da essi..... Penso che se si ha questa sensibilità si può scoprire un mondo di insondabile bellezza.

Come verrà affrontato questo tema il prossimo settembre? Quale sarà l'obiettivo del Simposio?

-La RNF è uno strumento diagnostico che traduce una visione della sessualità umana come caratteristica unica e meravigliosa delle persone, che valorizza la nostra corporeità come parte indissolubile della persona umana. Comprendere tutto ciò che sta dietro a questo modo di intendere l'uomo, il suo modo di essere sessuale, di amare con il corpo e con l'anima, arricchisce la persona e contestualizza lo studio della fertilità della coppia.

Affronteremo lo studio della RNF da diverse angolazioni. Scientifico e antropologico

Dr. Luis Chiva

Affronteremo lo studio della RNF da diverse angolazioni. Non ci concentreremo solo sulla dimensione scientifica dei metodi diagnostici di cui disponiamo, sulla loro efficacia, su come migliorarli e renderli più accessibili. Si affronteranno anche gli aspetti antropologici su cui si basano, la visione integrale della persona, un essere sessuato con una dimensione corporea inseparabile da quella più spirituale.

E, naturalmente, dedicheremo una parte importante del Simposio alla parte pedagogica. Non solo come insegnare e trasmettere questi metodi, ma anche come spiegare il perché: in famiglia, a scuola, all'università, nella vita.

Il simposio

Organizzato dall'Università di Navarra insieme all'Universidad de los Andes (Cile) e al Progetto Veritas Amoris, l'evento è stato organizzato da Simposio internazionale multidisciplinare sul riconoscimento della fertilità naturale Si svolgerà tra il 22 e il 24 settembre e riunirà specialisti provenienti da università e centri di Spagna, Cile, Stati Uniti, Canada, Francia, Italia e Irlanda con l'obiettivo di approfondire queste dimensioni.

L'incontro è rivolto a tutte le persone interessate per motivi professionali o personale: professionisti della salute nell'ambito della fertilità e della gravidanza, insegnanti universitari e delle scuole secondarie interessati all'educazione affettivo-sessuale dei loro studenti, chiunque voglia conoscere i metodi naturali di riconoscimento della fertilità e chiunque voglia approfondire la bellezza della sessualità centrata sulla persona.

Interverranno Josep Standford (Università dello Utah, USA), Rene Leiva (Università dell'Ontario, Canada), Christopher West (Istituto di Teologia del Corpo, USA), Juan José Pérez Soba (Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, Roma), René Écochard (Università Claude Bernard di Lione, Francia) e Marguerite Duane (Università Georgetown, USA).

Il Simposio fa parte di un progetto più ampio dell'Università di Navarra con l'obiettivo di promuovere la ricerca sul Riconoscimento Naturale della Fertilità (NFR) e le sue applicazioni pratiche nella ricerca della gravidanza; facilitare l'apprendimento dei metodi naturali di NFR; promuovere la formazione di professionisti in questo settore; generare una rete di persone interessate allo studio e allo sviluppo della ricerca in questo campo.

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Risorse

La presenza di Cristo nella Messa

L'azione liturgica della Messa contiene una grande ricchezza, soprattutto perché in essa è presente Cristo stesso. La sua presenza si esprime in vari modi e l'autore di questo articolo parla delle quattro volte in cui nella liturgia di oggi diciamo: "Il Signore sia con voi".

Félix María Arocena-27 luglio 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Ricordiamo spesso un'affermazione del Concilio Vaticano II: "La Santa Eucaristia contiene tutto il bene spirituale della Chiesa". Un'affermazione profonda e chiara. Sì, in essa risiede Cristo stesso, la nostra Pasqua e la Manna della Vita. L'Eucaristia rappresenta il dono di una generosità senza limiti, di un amore teso a un estremo irragionevole. Il mistero eucaristico è il cuore vivo delle grandi cattedrali e anche dei piccoli eremi missionari. La sua celebrazione è un'azione di straordinaria ricchezza, alla quale vorremmo fare riferimento.

Per riscoprire questo tesoro - un compito permanente - segnaleremo brevemente una nota che, a prima vista, potrebbe sembrare periferica, ma che, in realtà, non lo è poi così tanto. Ci riferiamo al saluto "il Signore sia con voi" che viene ripetuto quattro volte durante la celebrazione. Che, in essa, Cristo sia il liturgista da cui dipende il frutto della celebrazione - più che dagli altri partecipanti - è ciò che si intende con "il Signore sia con voi".

Quando questo saluto dovette essere tradotto in spagnolo, negli anni Settanta del secolo scorso, la sua traduzione non fu facile. Si può dire "el Señor esté" o "el Señor está". Entrambi avevano vantaggi e svantaggi. Nel congiuntivo, la forma verbale "esté" indica un desiderio, qualcosa di desiderabile: cioè, che Cristo sia più profondamente radicato in voi; ma manca la sfumatura realistica di "está" nell'indicativo. La lingua latina offre una soluzione completa, omettendo il verbo "ser".Dominus vobiscum- e quindi, con il verbo ellittico, abbraccia entrambi i lati allo stesso tempo. Sia "está" che "esté" stanno bene insieme.

All'inizio della Messa: presenza in assemblea

Elementi di massa

All'inizio della celebrazione, l'assemblea viene salutata dicendo "il Signore sia con voi". Questa espressione denota la presenza di Cristo nella comunità liturgica riunita qui e ora. "Dove due o più sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro". È una presenza reale, non solo intenzionale.

Con il canto d'ingresso, l'assemblea mostra che essa - la Sposa - accoglie con gratitudine la presenza dello Sposo, che viene a celebrare per lei i suoi divini Misteri. L'assemblea dei fedeli non è un agglomerato di persone che obbediscono a leggi puramente sociologiche. Ogni battezzato è chiamato a essere, insieme agli altri cristiani - e soprattutto la domenica - simbolo di una comunione che è al di sopra delle nostre divisioni, tanto che San Cipriano dice che "la Chiesa è unificata a immagine della Trinità". Ogni assemblea eucaristica è una congregazione locale della Chiesa universale, un segno che la manifesta. Il Signore è con lei. Lo convoca. La santa assemblea è un'anticipazione della Gerusalemme celeste, figura e annuncio di una speranza che troverà il suo compimento al di là dello spazio e del tempo.

Prima del Vangelo: presenza nella Parola

Poco dopo, mentre la celebrazione procede, il diacono si rivolge all'assemblea, prima di proclamare il Santo Vangelo, con il saluto: "Il Signore sia con voi". È la presenza di Cristo nella sua parola. Anche la presenza reale.

Nella celebrazione liturgica della Parola di Dio, Cristo risorto è il divino "Annunciatore" e il suo Spirito è il divino "Attualizzatore" di quella Parola nel cuore dell'assemblea e di ciascuno dei fedeli che la compongono. Si afferma la presenza di Cristo, si afferma la presenza dello Spirito Santo. Dio Padre, come scrive Ireneo di Lione, opera attraverso i suoi due bracci: il Figlio e lo Spirito. Anche qui. Colui che ha parlato attraverso i profeti è lo stesso che ora parla attraverso il lettore. La misteriosa contemporaneità di Cristo con l'assemblea, che genera la celebrazione liturgica, permette ai fedeli di ascoltare la parola nel suo stato nascente, come proveniente dalle labbra del Risorto. E lo vedono crescere davanti ai loro occhi e alle loro orecchie con lo stupore di chi è testimone di un'esperienza epifanica. Ecco cosa c'è dietro questo "il Signore sia con voi".

Un'espressione che siamo abituati a sentire e alla quale potremmo rispondere con una certa routine, ma che certamente rivela una realtà di fede di grande significato: le molteplici presenze reali di Cristo nella sua Chiesa.

Félix María Arocena

Nella prefazione: presenza in colui che celebra

Per la terza volta si sente lo stesso saluto all'inizio del prefazio: "Il Signore sia con voi"; "Innalziamo i nostri cuori"... Questa volta, la presenza di Cristo nel vescovo o nel sacerdote che presiede la celebrazione.

Sta per iniziare la preghiera eucaristica, il momento in cui il cielo è più vicino alla terra. Preghiera di Cristo e della Chiesa nel cui seno si compie l'intera opera della nostra redenzione. Una preghiera che richiede il sacramento dell'Ordine Sacro in chi la pronuncia. in persona Christi, perché il vescovo o il sacerdote pronuncia "questo è il mio Corpo", e non è il suo; questo è il mio sangue, e non è il suo. Parole performative, che fanno ciò che dicono. E dove c'era il pane, ora c'è la carne gloriosa di Cristo; e dove c'era il vino, ora c'è il suo prezioso sangue. E tutto questo - la "transustanziazione" - preceduto da questa Dominus vobiscum, che funge da campanello d'allarme per aiutarci a scoprire che è Cristo, che sentiamo nella voce del sacerdote, a pronunciare le parole. Per lui, questo saluto è un campanello d'allarme che lo invita a riconoscere di essere sopraffatto da un mistero che lo trascende in modo assoluto; per la comunità, è un'occasione per verificare in quel momento se il suo cuore è veramente sollevato per partecipare all'eterna liturgia della Gerusalemme del cielo.

Benedizione finale: gli inviati

Infine, prima di impartire la benedizione finale all'assemblea, il sacerdote saluta l'assemblea per la quarta volta: "Il Signore sia con voi". Questa espressione è detta con un'intenzione precisa. Come le tre precedenti, segna una nuova presenza reale del Signore in mezzo ai suoi, riuniti per celebrare la sua Pasqua, il suo passaggio da questo mondo al Padre. I fedeli hanno appena ricevuto il Corpo e il Sangue di Cristo. Sono ciò che hanno preso. Questo nuovo saluto è un riconoscimento del fatto che sono stati cristificati. Il Signore è con loro e ora partono per la loro missione: "Glorificate Dio con la vostra vita; potete andare in pace". All'inizio della Messa sono stati "con-vocati" dal Signore e ora, alla fine, sono "inviati" per la missione della Chiesa. E lo sono quando sono diventati un solo corpo e un solo spirito con Cristo.

Ecco come un'espressione, che siamo abituati a sentire più volte ogni domenica durante la celebrazione eucaristica e alla quale potremmo rispondere con una certa routine, rivela certamente una realtà di fede di grande significato: le molteplici presenze reali di Cristo nella sua Chiesa, soprattutto nell'azione liturgica. In essa il Risorto si è impegnato a non mancare all'appuntamento di questo "incontro".

Forse ora siamo in grado di cogliere un po' meglio l'insegnamento del Sacrosanctum Concilium: "Cristo è presente nel sacrificio della Messa, sia nella persona del ministro [...] sia soprattutto sotto le specie eucaristiche. Egli è presente con la sua potenza nei Sacramenti, così che quando qualcuno battezza, è Cristo che battezza. Egli è presente nella sua parola, perché quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura, è lui che parla...".

Se un semplice saluto come "il Signore sia con voi" schiarisce questo ampio orizzonte teologico e spirituale, quali altre ricchezze di significato non possiamo trovare in altri elementi altrettanto importanti dell'Ordinario della Messa?

L'autoreFélix María Arocena

Liturgista. Facoltà di Teologia. Università di Navarra

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Mondo

Il Papa incoraggia "una nuova alleanza tra giovani e anziani".

Papa Francesco ha detto ieri all'Angelus e alla Messa celebrata dal Prefetto della Nuova Evangelizzazione, Mons. Rino Fisiquella, che "i nonni hanno bisogno dei giovani e i giovani hanno bisogno dei nonni: hanno bisogno di parlare, di incontrarsi!

Rafael Miner-26 luglio 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Oggi la Chiesa in Spagna celebra la festa di San Gioacchino e Sant'Anna, genitori della Vergine Maria, nel 26° anniversario della nascita della Vergine. Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. Nel Angelus ieri a Roma, Papa Francesco ha chiesto "un applauso per tutti i nonni, per tutti! Nonni e nipoti, giovani e anziani insieme hanno manifestato uno dei volti più belli della Chiesa e hanno mostrato l'alleanza tra le generazioni. Vi invito a celebrare questa Giornata in tutte le comunità e a visitare i nonni e gli anziani, coloro che sono più soli, per dare loro il mio messaggio, ispirato alla promessa di Gesù: "Io sono con voi tutti i giorni".

"Chiedo al Signore che questa festa aiuti noi anziani", ha aggiunto il Santo Padre, "a rispondere alla sua chiamata in questa fase della vita e a mostrare alla società il valore della presenza dei nonni e degli anziani, soprattutto in questa cultura dell'usa e getta".

Il Papa ha riassunto alcuni degli argomenti che aveva esposto nell'omelia della Messa letta due ore prima da monsignor Rino Fisiquella, prefetto del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione. "I nonni hanno la linfa della storia che sale e dà forza all'albero che cresce. Mi viene in mente - credo di averlo già citato - quel passo di un poeta: 'ciò che fiorisce nell'albero vive di ciò che è sepolto in esso'".

"Senza il dialogo tra giovani e nonni", ha proseguito Francesco, "la storia non va avanti, la vita non va avanti: dobbiamo riprenderlo, è una sfida per la nostra cultura. I nonni hanno il diritto di sognare guardando i giovani, e i giovani hanno il diritto al coraggio della profezia prendendo la linfa dei nonni. Per favore, fate questo: incontrate i nonni e i giovani e parlate, dialogate. E renderà tutti felici.

"Giovani e anziani, insieme".

Poche ore prima, l'arcivescovo Rino Fisiquella, prefetto del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, che ha celebrato la Santa Messa in San Pietro a nome del Papa, ha letto l'omelia preparata dal Santo Padre per la Giornata Mondiale dei Nonni e degli Anziani.

In essa, Papa Francesco ha fatto riferimento alla "fame" che i nonni hanno oggi di noi, "della nostra attenzione, della nostra tenerezza, del sentirci vicini". Alziamo lo sguardo verso di loro, come Gesù fa con noi". Poi, commentando la parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci, ha detto: "Condividete. Avendo visto la fame di quelle persone, Gesù vuole saziarle. E lo fa grazie al dono di un ragazzo, che offre i suoi cinque pani e due pesci. È molto bello che un ragazzo, un giovane uomo, che condivide ciò che ha, sia al centro di questo miracolo di cui hanno beneficiato tanti adulti, circa cinquemila persone.

"Oggi abbiamo bisogno di una nuova alleanza tra giovani e anziani, per condividere il tesoro comune della vita, per sognare insieme, per superare i conflitti tra le generazioni al fine di preparare il futuro per tutti", ha sottolineato il Papa. "Senza questa alleanza di vita, di sogni e di futuro, rischiamo di morire di fame, perché aumentano i legami spezzati, la solitudine, l'egoismo e le forze disgregatrici. Nelle nostre società abbiamo spesso dato vita all'idea che "ognuno deve prendersi cura di se stesso". Ma questo uccide.

"Il Vangelo ci esorta a condividere ciò che siamo e ciò che abbiamo; solo così possiamo essere soddisfatti. Ho spesso ricordato ciò che dice il profeta Gioele a questo proposito (cfr. Gioele 3:1): Giovani e anziani insieme", ha aggiunto il Santo Padre. "I giovani, profeti del futuro che non dimenticano la storia da cui provengono; gli anziani, sognatori mai stanchi che trasmettono la loro esperienza ai giovani, senza ostacolarli nel cammino. Giovani e anziani, il tesoro della tradizione e la freschezza dello Spirito. Giovani e anziani insieme. Nella società e nella Chiesa: insieme".

Il Santo Padre ha anche fatto riferimento alla memoria degli anziani e al rischio di perdere le proprie radici. "Non perdiamo la memoria di cui i nostri anziani sono portatori, perché siamo figli di quella storia, e senza radici appassiremo", ha detto. "Hanno vegliato su di noi durante le fasi della nostra crescita, ora tocca a noi vegliare sulla loro vita, alleviare le loro difficoltà, essere attenti ai loro bisogni, creare le condizioni per facilitare i loro compiti quotidiani e non farli sentire soli".

Benedetto XVI e i nonni

Quindici anni fa, durante il V Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia nel 2006, l'allora Papa Benedetto XVI si rivolse in particolare ai nonni, dopo che l'attore italiano Lino Banfi lo aveva definito "il nonno del mondo".

Durante l'incontro festivo, secondo quanto riportato da numerosi media, tra cui Radio Vaticana, ha detto: "Vorrei ora riferirmi ai nonni, che sono così importanti nelle famiglie. Possono essere - e spesso lo sono - i garanti dell'affetto e della tenerezza che ogni essere umano ha bisogno di dare e ricevere. Danno ai più piccoli la prospettiva del tempo, sono la memoria e la ricchezza delle famiglie. Speriamo che, in nessun caso, siano esclusi dalla cerchia familiare. Sono un tesoro che non possiamo togliere alle nuove generazioni, soprattutto quando testimoniano la fede di fronte all'avvicinarsi della morte".

"Non c'è un'età in cui ci si può ritirare dal compito di annunciare il Vangelo".

La cura pastorale e l'assistenza agli anziani sono diventate alcune delle aree chiave del lavoro della Chiesa nel XXI secolo.

26 luglio 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

"Non prendete in giro il vecchio, perché anche noi invecchieremo. Non rallegratevi della morte di nessuno; ricordate che tutti moriremo. Non disprezzare i discorsi dei saggi, ma medita sui loro proverbi, perché da essi imparerai l'istruzione e l'arte di servire i grandi. Non disprezzare i discorsi degli anziani, che pure hanno imparato dai loro padri". Così il libro del Siracide canta il valore della vecchiaia. Gli anziani, gli anziani, sono, nella Bibbia, i depositari del tesoro del popolo d'Israele e il canale privilegiato della parola divina. Non sorprende, quindi, che la vecchiaia, il suo valore e la sua cura siano stati parte integrante dello spirito della Chiesa nel corso dei secoli.

Negli ultimi anni, la cura pastorale e l'assistenza agli anziani sono diventate una delle questioni chiave per la Chiesa del XXI secolo. Le ragioni di questa urgenza sono molteplici: da un lato l'aumento dell'età media dei fedeli cattolici, soprattutto in Europa, e dall'altro l'emarginazione, palese o diretta, degli anziani "a causa di uno sviluppo industriale e urbano non coordinato", da cui San Giovanni Paolo II ha messo in guardia nella Familiaris Consortio.

In effetti, dalle correnti della modernità e dell'edonismo proviene la melma delle politiche di eliminazione e discriminazione nei confronti degli anziani: gli scartati della nostra società materialista. Un'idea che, pericolosamente, può insinuarsi quasi inconsapevolmente anche all'interno della Chiesa stessa e contro la quale, ogni giorno, come ha proposto Papa Francesco in un'omelia a Santa Marta, dovremmo chiederci in un esame di coscienza "Come mi sono comportato oggi nei confronti dei bambini e degli anziani?

"Rettificare l'attuale immagine negativa della vecchiaia è quindi un compito culturale ed educativo che deve coinvolgere tutte le generazioni", come sottolinea il documento La dignità degli anziani e la loro missione nella Chiesa e nel mondo, "c'è una responsabilità nei confronti degli anziani di oggi, per aiutarli a cogliere il significato dell'età, a valorizzare le proprie risorse e a superare così la tentazione del rifiuto, dell'autoisolamento, della rassegnazione al senso di inutilità e della disperazione". Dall'altro lato, c'è la responsabilità verso le generazioni future, che consiste nel preparare un contesto umano, sociale e spirituale in cui ogni persona possa vivere questa fase della vita con dignità e realizzazione.

Papa Francesco, nella lettera Messaggio per la 1ª Giornata mondiale dei nonni e degli anzianiHa voluto ricordare che "il Signore è eterno e che non si ritira mai. Mai" e continua a chiamare i lavoratori alla sua messe: "non c'è un'età in cui potete ritirarvi dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai vostri nipoti. È necessario mettersi in moto e, soprattutto, uscire da se stessi per intraprendere qualcosa di nuovo".

Il Messaggio del Santo Padre in questo primo giorno non è semplicemente una lettera affettuosa agli anziani, ma anche un appello a ogni cristiano a far parte della vita degli anziani che da anni soffrono della pandemia della solitudine. Una realtà inaccettabile per il cristiano che deve diventare quell'angelo inviato da Dio "per consolare la nostra solitudine e ripeterci: 'Io sono con te ogni giorno'". Lo dice a te, lo dice a me, lo dice a tutti. Questo è il significato di questa Giornata che ho voluto celebrare per la prima volta quest'anno, dopo un lungo periodo di isolamento e una ripresa ancora lenta della vita sociale. Che ogni nonno, ogni anziano, ogni nonna, ogni persona anziana - soprattutto quelli più soli - possa ricevere la visita di un angelo".

La prima di queste Giornate lancia la sfida di concretizzare questo desiderio del Papa con azioni concrete di accompagnamento, ascolto, vicinanza e tenerezza verso quelle persone anziane che, spesso all'interno della propria famiglia o comunità, si sentono sole, sottovalutate o dimenticate.

Incoraggiare nelle parrocchie, nelle famiglie, nei quartieri... quelle iniziative di collegamento tra generazioni che arricchiscono la nostra società e costruiscono il futuro che gli anziani hanno sognato e lavorato per i loro successori.

L'autoreMaria José Atienza

Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.

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Vocazioni

Imanol Atxalandabaso: "Il Signore ha segnato un gol all'ultimo minuto".

Un lungo processo interiore ha portato Imanol Atxalandabaso, 46 anni e una vita legata al calcio professionistico, ad appendere maglia e fischietto al chiodo e a entrare nel seminario di Bilbao.

Maria José Atienza-26 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Anche se la vocazione "c'è sempre stata", la vita di Imanol Atxalandabaso non è stata sempre la stessa in termini di vicinanza alla Chiesa, che si è prolungata fino ai quarant'anni. Ma l'inquietudine continuava e Imanol decise di entrare in seminario per non morire senza la certezza che questo era ciò a cui Dio lo chiamava. E Dio ha vinto la partita, o meglio, hanno vinto entrambi, perché non solo ha segnato il gol desiderato, ma lo ha anche ingaggiato "sine die". Ordinato sacerdote nel 2021, ha parlato con Omnes di questa chiamata, della reazione della sua famiglia e dei suoi colleghi e della partita che ora gioca nella "squadra migliore".

Qual è il processo attraverso il quale una persona la cui vita è "più che finita" decide di dare una svolta ed entrare in seminario all'età di 46 anni? Com'era la sua vita prima?

-In effetti, si tratta di un processo. Non si tratta di un'inversione di tendenza da un giorno all'altro. Diciamo che ci sono una serie di questioni nella mia vita su cui non avevo la minima possibilità di controllo e che hanno favorito: primo, un recupero della vita sacramentale esplicita e secondo, sulla base di questo approfondimento, considerare la vocazione come opzione di vita.

Ho chiesto aiuto e consiglio alle persone che mi circondavano e alla fine sono stato indirizzato al rettore del seminario diocesano, che mi ha accompagnato per più di un anno nel processo di discernimento, fino a quando ho deciso che dovevo fare il passo e verificare se quello che sentivo era da Dio o meno. Capii che l'unico modo per scoprirlo era entrare in seminario e che con il tempo le cose sarebbero diventate più chiare.

Ho capito allora che il Seminario, oltre ad essere uno spazio di formazione e di preghiera, è anche uno spazio di discernimento. Con le logiche cautele e paure, perché la posta in gioco era una vita fatta e incanalata che poteva diventare il successo o il fallimento della mia vita.

Ricordo che dissi al rettore: "Non posso morire senza sapere" e ci mettemmo al lavoro sapendo che sarebbe stato un processo in cui avrei avuto alti e bassi, come tutti gli altri; ma sapendo che non ero solo. Ho avuto a disposizione il miglior allenatore e una grande squadra.

Sottolineo il processo e non credo sia di alcun interesse sapere com'era la mia vita prima. Per dire semplicemente che lavoravo in qualcosa che mi piaceva, perché mi piace ancora, mi sentivo privilegiato a lavorare in qualcosa che mi piaceva e per di più ero pagato. In un lavoro che ha anche una dimensione di servizio.

La vocazione era latente prima o non ci avevo pensato come possibilità... in termini calcistici: Dio ha segnato un gol brasiliano o l'ho visto arrivare, come un calcio di rigore?

-La vocazione è sempre stata latente, indipendentemente dal mio grado di adesione al Signore in un dato momento o, in altre parole, dalla mia distanza dalla Chiesa e da Dio.

Come già detto, si è trattato di un processo, quindi non si può parlare di un gol del Signore in filigrana, ma piuttosto di una partita lunga, combattuta, difficile, con un campo fangoso, in condizioni climatiche avverse, addirittura, molto tattica e con un gol del Signore all'ultimo minuto.

Fino al fischio finale dell'arbitro, la partita continua.

È stata una partita lunga, combattuta, difficile, con un campo fangoso, in condizioni climatiche avverse, equilibrata, molto tattica e con un gol all'ultimo minuto per la squadra del Signore.

Imanol Atxalandabaso

In che modo la tua vita di preghiera e la tua dedizione agli altri cambiano le tue prospettive una volta che hai deciso di diventare sacerdote?

-La vita di preghiera, naturalmente. L'ho sempre vissuta, in misura maggiore o minore, ovunque sia stato e ovunque sia. Può accadere in molti modi, con la differenza che da sacerdote la vita di preghiera e di servizio diventa una scelta di vita.

È il compimento del duplice comandamento dell'amore: amare Dio sopra ogni cosa e amare il prossimo come se stessi.

Come hanno reagito gli amici, la famiglia, il lavoro, pensa che avrebbero reagito allo stesso modo 20 o 30 anni fa?

-La reazione della famiglia è stata del tutto normale: a prescindere dal grado di vicinanza alla Chiesa di oggi, tutti abbiamo ricevuto un'educazione cristiana e i valori cristiani sono presenti in noi, quindi la reazione è stata di accettazione e in molti casi di gioia esplicita.

Tra gli amici la questione è stata soprattutto di rispetto, di gioia, e c'è stato anche chi mi ha detto che da un lato mi mancavano, ma dall'altro no. Ma la reazione che mi ha colpito di più è stata quella di alcuni miei amici, apertamente lontani dalla Chiesa, che mi hanno detto che erano molto felici per me e che dovevo andare avanti, che tutto sarebbe andato bene, e non nascondevano un certo grado di gioia e soddisfazione.

Lavoravo nella Federazione calcistica di Biscaglia da quindici anni; in particolare, facevo parte del team di gestione del collegio degli arbitri e dirigevo anche l'ufficio. Una volta deciso di entrare nel Seminario, ho chiamato il presidente della Federazione e gli ho chiesto per tempo di trovarmi un sostituto perché stavo per lasciare l'organizzazione. La reazione del Presidente fu di accettazione e mi disse di stare tranquillo che avremmo preparato i documenti per il congedo e che finché lui fosse stato Presidente avrei sempre avuto un lavoro nella Federazione. Lo ringraziai, ma non gli dissi dove stavo andando.

Al lavoro, invece, alcune delle persone più care con cui ho lavorato sono persone di fede e collaboratori in vari ruoli. Posso raccontare l'aneddoto che sul mio computer di lavoro la contabilità di una parrocchia era tenuta con un programma di contabilità, poiché l'economo era un funzionario e un volontario della Federazione.

Il corso al Seminario iniziò all'inizio di settembre e alla fine di luglio di quell'anno un importante dirigente calcistico della Bizkaia mi disse che mi invitava a pranzo e che voleva conoscermi. Naturalmente ho accettato, perché era una di quelle persone che si incontrano lungo il cammino e con le quali è molto facile fare amicizia. Mi ha chiesto cosa avevo in mente e io l'ho messo insieme perché era preoccupato. Pensava di lasciare la Federazione perché era infelice o qualcosa del genere e si sentiva in colpa. L'ho rassicurato e mi ha ringraziato. Mi disse che era malato e che la malattia progrediva di giorno in giorno. Morì nel dicembre dello stesso anno.

Credo che 20 o 30 anni fa la reazione sarebbe stata la stessa, di gioia e accettazione, da un lato; anche se la secolarizzazione non era così presente. Tuttavia, penso che tra i miei amici il passare del tempo sia a loro favore; ora sono tutti più maturi e perfettamente sistemati nelle loro vite e con una prospettiva più arricchita sulla vita.

"Tornare in aula", anche se da un seminario, con formatori più giovani di te, non deve essere facile, vero?

-È stato difficile per me tornare in classe, ma non per il ritorno in sé. Ma perché il sistema universitario ha subito una riforma di tale portata che non ha nulla a che vedere con quella precedente. Il sistema di Bologna, basato sul lavoro e sulla valutazione continua, rende impossibile conciliare lavoro e studio allo stesso tempo. A ciò si aggiunge l'evoluzione tecnologica, l'implementazione di sistemi intranet, ecc... Ma l'attuale sistema universitario ha un vantaggio, ed è che non si rischia il corso nelle due ore in cui dura l'esame finale.

Inoltre, la differenza di età con i seminaristi è stata irregolare, in quanto l'età media sembra essere più alta al giorno d'oggi. Ci sono seminaristi di 18 anni, ma anche di 30 anni e più. Devo ringraziare Dio che la comunione ha sempre regnato nel nostro Seminario e quando c'è stato un problema ne ho parlato apertamente per evitare che si incancrenisse e questo metodo ha sempre funzionato bene.

È interessante notare che l'età dei formatori era più simile alla mia rispetto a quella degli altri seminaristi e questo mi ha indubbiamente dato la possibilità di legare bene con loro e di avere un rapporto personale stretto per affinità generazionale.

Ma la vera difficoltà è stata quella di adattarsi al ritmo di vita del Seminario, un ritmo molto impegnativo per svolgere la sua funzione di casa di formazione, preghiera e discernimento.

Com'è la vostra vita adesso? Cosa vi rende più felici?  

In questo momento ho appena terminato l'ultimo lavoro accademico: il corso di pastorale presso l'Istituto diocesano di teologia e pastorale e un corso post-laurea in salute presso l'Università di Deusto. Un corso impegnativo con molte ore di lezione in aula e, naturalmente, di lavoro individuale. Avrei voluto dedicare più tempo al lavoro pastorale, ma non è stato possibile a causa del COVID e dell'attività accademica. Ora, con il cambio di anno accademico, questa nuova vita sta iniziando o, se preferite, sono entrato gradualmente e sarò pienamente incorporato con il cambio di anno accademico, anche se la grazia sacramentale è sempre presente.

Ciò che mi rende felice è stare con le persone.

Imanol Atxalandabaso

Devo ringraziare esplicitamente le persone con cui ho collaborato nell'attività pastorale, perché sono sempre state rispettose e premurose, consapevoli delle responsabilità assegnatemi nell'ordine accademico e delle facilitazioni per il mio graduale inserimento nell'attività ministeriale.

Ciò che mi rende felice è stare con le persone. Per esempio, qualche giorno fa ero stato in ospedale tutto il giorno, ero stanco e la giornata era stata calda; uscendo dal parcheggio mi sono seduto su una panchina all'ombra, lasciando la borsa con tutta l'attrezzatura su un lato. Neanche cinque minuti dopo, due signore anziane si avvicinarono e mi salutarono. Abbiamo parlato a lungo, ma è passato in fretta. Ho capito che si trattava di due donne che vivevano da sole e che avevano bisogno di parlare. Quindi, niente, serviamo. Ero lì con loro ed ero felice di vederli felici.

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Spagna

"Se abbiamo davvero a cuore gli anziani, dobbiamo ascoltarli".

Il 25 luglio la Chiesa celebrerà per la prima volta la Giornata mondiale dei nonni e degli anziani. Un appuntamento che ha portato ancora una volta alla ribalta la figura degli anziani nella società e di coloro che se ne prendono cura.

Maria José Atienza-25 luglio 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

La Spagna è ufficialmente un Paese che invecchia. Secondo gli ultimi dati pubblicati dall'Istituto Nazionale di Statistica (INE), quasi il 20 % della popolazione spagnola ha più di 65 anni, il momento in cui si entra "ufficialmente" nella vecchiaia. Di questi, più di 6% hanno più di 80 anni. Per dare un'idea della direzione che stiamo prendendo, nel 2020 l'età media della popolazione sarà di oltre 43 anni, mentre nel 1975 era di dieci anni più giovane. L'invecchiamento della popolazione spagnola cresce in media di 0,2 punti all'anno, seguendo il corso naturale dell'aspettativa di vita, ma non è compensato in modo significativo da un rinnovamento della popolazione.

Al di là di questi dati, non è solo il panorama dell'invecchiamento in cui già viviamo a preoccupare, ma anche il rifiuto che la presenza, e anche la cura degli anziani, genera in gran parte della nostra società. A invisibilizzazione Ciò si riflette in misure politiche come l'approvazione della legge sull'eutanasia o nell'indifferenza dei media nei confronti degli anziani, salvo alcune morbose concessioni generalmente inquadrate nella cronaca degli eventi.

Juan Ignacio VelaFrate francescano della Croce Bianca e presidente della Federazione Lares - che riunisce più di 1000 centri di assistenza per anziani, persone non autosufficienti, persone con disabilità e a rischio di esclusione sociale - sottolinea la gravità di questa discriminazione nei confronti degli anziani a causa della loro età: la cosiddetta "...".ageismo". È un rinvio che porta, in campo sociale, politico e culturale, a "svantaggiare tutto ciò che riguarda gli anziani". È un modo delicato per descrivere la totale ignoranza che, in molti casi, presiede alle misure e alle politiche delle amministrazioni pubbliche nei confronti degli anziani, soprattutto di quelli che si trovano in una situazione di dipendenza. A questo proposito, Vela sottolinea che "né il parere degli anziani, né quello degli enti del terzo settore sembrano avere un posto per l'Amministrazione nello sviluppo di misure che li riguardano direttamente".

"La nostra società soffre di "ageismo": una procrastinazione che mette in secondo piano tutto ciò che riguarda gli anziani.

Juan Vela

Un esempio di ciò si trova nella concezione che molte amministrazioni hanno del modo in cui gli anziani vengono assistiti: "Quando chiediamo a un anziano dove vuole trascorrere il resto della sua vita, più di 90% sottolineano che vogliono vivere a casa o, se questo non è possibile, in un ambiente il più vicino possibile alla loro casa. D'altra parte, le amministrazioni pubbliche stabiliscono costantemente standard che fanno assomigliare le case di cura più a ospedali che a case, dall'architettura al tipo di assistenza fornita".

Il presidente della Lares è consapevole che, quando si parla di anziani, c'è un'enorme differenza di situazioni: da persone completamente autonome ad altre che hanno bisogno di un aiuto quasi totale a causa di malattie o dipendenze; per questo sottolinea: "dobbiamo fare uno sforzo per garantire che i cittadini siano ascoltati, che siano al centro delle politiche e non semplici consumatori di questi servizi". Tutti vorremmo che le risorse fossero più adatte alle esigenze delle persone. Ciò significa un'ampia varietà di risorse. Un modello unico, come quello quasi sempre promosso dalla pubblica amministrazione, non funziona.

Valorizzare i caregiver

Attualmente, il settore dell'assistenza in Spagna, sia formale che informale, è uno dei meno valorizzati a livello sociale. Stipendi bassi, poche opportunità di formazione... sono "elementi che convergono nella fragilità del settore", afferma Vela, che auspica un cambio di mentalità che porti a "mettere il settore dell'assistenza in prima linea nella nostra società, soprattutto quando, negli ultimi mesi, la pandemia ci ha fatto capire l'importanza dell'assistenza e delle persone che se ne prendono cura".

La Federazione Lares denuncia da tempo che il settore dell'assistenza non è una priorità per le amministrazioni politiche. Un dato agghiacciante: ci sono comunità autonome in cui la spesa messa a bilancio dall'amministrazione per l'assistenza a un anziano non raggiunge i 50 euro o li supera appena: "paghiamo più per un giorno di sosta in un parcheggio che per l'assistenza agli anziani", denuncia Juan Vela, che sottolinea come "se è davvero importante prendersi cura degli altri, i professionisti dell'assistenza dovrebbero essere i più apprezzati nella nostra società".

L'ora terribile della pandemia

La pandemia è stata una vera e propria "cartina di tornasole" per il settore dell'assistenza. Gli ultimi mesi hanno messo in luce molte delle carenze riscontrate da chi dedica la propria vita all'assistenza di anziani o persone non autosufficienti. Chi si occupa dei nostri anziani ha vissuto gli ultimi mesi con sentimenti contrastanti. "Ci siamo scontrati con le regole imposte dall'amministrazione che, forse per panico, non ne dubito, ha dimenticato il trattamento umano. La salute non è solo non avere il coronavirus, ma vivere gli ultimi momenti con i propri familiari. Non possiamo perdere il trattamento umanizzante".

Più vecchio... e solo

Più di due milioni di persone di età superiore ai 65 anni vivono da sole nel nostro Paese, soprattutto donne. Una realtà che, durante la reclusione, ha dato vita a situazioni davvero drammatiche. Per Juan Vela, questo dato riflette "uno dei grandi problemi della nostra società e anche una forma di maltrattamento". Purtroppo, dice Vela, "l'individualismo sta prendendo piede nel modello di vita che stiamo proponendo nel nostro Paese". La nostra società, che è sempre stata molto comunitaria, sta vivendo situazioni in cui non conosciamo il vicino della porta accanto o non chiediamo come sta".

A questo proposito, il presidente di Lares ricorda che Paesi come il Giappone o il Regno Unito hanno dovuto adottare misure governative contro la solitudine e sottolinea che le soluzioni richiedono un cambiamento del paradigma sociale: "tutti dobbiamo essere coinvolti, preoccuparci degli altri, essere consapevoli delle situazioni che i nostri vicini stanno vivendo. Dobbiamo creare reti nei quartieri, centri di ascolto per le persone che si sentono sole, essere attenti agli altri, dire agli altri che mi interessa... Siamo persone che vivono in un contesto comunitario e la nostra vita deve essere un cluster".

Necessità di connessione intergenerazionale

"Ho molti amici giovani e questo mi rende molto felice. Mi piace quando una nipote viene a fare colazione a casa mia o quando un giovane mi ferma per strada e mi dice che gli è piaciuta molto questa o quella intervista che ha letto su di me". Coloro che si esprimono in questo modo sono Leopoldo Abadía, 87 anni. Questo dottore in Ingegneria Industriale e ITP Harvard Business School, scrittore e conferenziere è un esempio del prezioso contributo che gli anziani danno alla nostra società, "se non altro perché, con l'età che ho, la capacità di poter dire ciò che si pensa, praticamente senza freni, è un atteggiamento che piace, soprattutto ai più giovani", osserva con una certa ironia.

"Dobbiamo saper ascoltare, da giovani a vecchi e da vecchi a giovani. Tutti possiamo farlo e saremo utili se non disprezzeremo gli altri".

Lepoldo Abadía

Abadía sostiene che "in una società siamo tutti importanti. Ognuno contribuisce con quello che può. Noi anziani possiamo cadere nella tentazione di guardare i giovani dall'alto in basso, e questo non porta a nulla. Dobbiamo saper ascoltare, i giovani verso gli anziani e gli anziani verso i giovani. Tutti possiamo farlo e saremo utili se non guarderemo gli altri dall'alto in basso".

Juan Vela la pensa allo stesso modo: "Il problema è che stiamo settorializzando la vita in base all'età: i bambini interagiscono solo con i bambini, i giovani con i giovani e gli anziani solo con gli anziani nei centri anziani... questa è una situazione terribilmente impoverente dal punto di vista sociale. Abbiamo bisogno di programmi intergenerazionali che arricchiscano la società e ci portino a conoscere e a prenderci cura dei nostri vicini".

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Il valore dei sacerdoti anziani per la Chiesa

Se gli anziani sono un tesoro per la Chiesa, cosa possiamo dire dei sacerdoti anziani? Il ministero sacerdotale ha dato loro per tanti anni una profonda conoscenza dell'animo umano.

25 luglio 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Non molto tempo fa, in occasione della festa di Tutti i Santi, ho scritto una lettera ai sacerdoti anziani della mia arcidiocesi di Mérida-Badajoz. In essa ho detto loro che pensavo molto a loro, soprattutto da quando è iniziata la pandemia, e ho espresso la mia vicinanza a loro come padre, amico, fratello e pastore.

Storicamente, il ruolo degli anziani è stato molto apprezzato in tutte le società. Sono le radici, ciò che ancorano una società alla storia, il legame tra ieri e oggi, sono la memoria della comunità, sono il riflesso della saggezza. Nelle Sacre Scritture ci sono molti passaggi sul rispetto e l'autorità degli anziani, come quello che troviamo nel Levitico: Alzati davanti ai capelli grigi e onora il vecchio. Temete il vostro Dio. Io sono il Signore (Lev. 19,32), o in Giobbe: La saggezza non è forse nell'anziano e la prudenza nell'anziano? (Giobbe 12,12).

Ma, oltre alle parole che richiamano la nostra attenzione sulla vecchiaia, nelle Sacre Scritture troviamo molti anziani a cui viene attribuito un ruolo molto importante: Zaccaria ed Elisabetta, Simeone e Anna....

Foto: ©CNS photo/Bob Roller

Il nostro mondo ha cambiato questo sistema di valori. Cerchiamo un cambiamento continuo, ciò che è oggi è inutile domani. La parola magica è "progresso". La tecnologia è stata intronizzata, come la ragione nel XVIII secolo, e coloro che gestiscono la tecnologia sono i giovani. La gioventù è ammirata, la vecchiaia è considerata con disaffezione. Nell'albero del XXI secolo, i rami hanno tutta l'importanza e le radici sembrano non averne. Spesso i frutti gustosi offerti dagli anziani non sono apprezzati e la gente vuole tagliare l'albero. Da tempo nelle nostre case non c'è più posto per gli anziani e comincia a non esserci più posto nemmeno per i bambini. Non so dirvi se questo ci stia portando lontano da Dio o se sia l'alienazione da Dio a farci vedere la vita in questo modo.

Se le persone anziane sono un tesoro per la Chiesa, cosa diremo dei sacerdoti anziani? Hanno la grande saggezza che l'università della vita ha dato loro, come ho detto nella lettera citata sopra. Il ministero sacerdotale ha dato loro per tanti anni una profonda conoscenza dell'animo umano.

Sappiamo tutti che molti sacerdoti, meritevoli di riposo a causa dell'età e del servizio svolto per molti anni, continuano a servire le nostre comunità. Infatti, molti di loro ascoltano la Parola di Dio e celebrano l'Eucaristia grazie all'instancabile dedizione dei nostri sacerdoti emeriti.

Lontano da quello che possono apportare, che di solito è il termometro usato da molti per valutare le persone, i sacerdoti anziani ci parlano, solo guardandoli, senza dire una parola, di fedeltà, dedizione, rinuncia, fede... Molte persone sono quello che sono perché un giorno hanno incontrato un sacerdote che le ha guidate e aiutate a condurre la loro vita. Se le rughe della loro pelle potessero essere aperte, ognuna di loro porterebbe con sé un messaggio e molti segreti che nascondono gioie altrui che danno loro un senso di appagamento.

Essere per Dio da parte degli altri ha effetti collaterali molto benefici per se stessi, perché ciò che si riceve cercando di avvicinare gli altri al Signore, è un giorno di gloria per il quale, sappiamo, non c'è grande lavoro, come recitiamo in questo inno dei vespri.

Non voglio lasciar passare questa occasione senza chiedere ai nostri sacerdoti emeriti di continuare a essere un esempio per i fratelli più giovani del presbiterato, quelli che devono ancora maturare molto nella loro vita sacerdotale con situazioni nuove e complicate che nascono da una società che si sta allontanando da Dio e che spesso distoglie lo sguardo dalle cose che restano per sempre. Grazie per il vostro servizio, per la vostra gioia, per aver visto e mostrato la vita in modo inflessibile e naturale.

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo emerito della diocesi di Mérida Badajoz

Attualità

I cammini d'Europa verso Santiago de Compostela

La Via Podiensis francese, i cammini di Santiago dalla Germania o il pellegrinaggio scandinavo: sono alcuni dei percorsi giacobei che si sono affermati nel corso degli anni in diverse parti d'Europa e che conducono tutti allo stesso luogo: la Tomba dell'Apostolo San Giacomo.

Omnes-24 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Francia: la Via Podiensis di Le Puy en Velay

-Testo di José Luis Domingo, Aix-en-Provence

La Via Podiensis, nota anche come "Route du Puy", è una delle quattro strade principali che attraversano la Francia e convergono verso la Spagna e poi verso Santiago de Compostela.

Parte da Le Puy en Velay e attraversa i Pirenei attraverso il passo di Roncisvalle. Se è di gran lunga il più "popolare" dei grandi itinerari di pellegrinaggio verso Santiago in Francia, lo si deve senza dubbio a questo primo tratto: da Le Puy a Conques, che è diventato quasi un "pellegrinaggio" in sé. Una parte del percorso di cui molti sono soddisfatti. Con una lunghezza di circa 300 chilometri, che rappresenta una quindicina di giorni di cammino per l'escursionista "classico", questo percorso può essere davvero un viaggio molto bello in sé. Infatti, con i suoi siti eccezionali, la bellezza e la diversità dei paesaggi, può soddisfare molte aspettative. E poi, tra spazi selvaggi, rive di fiumi e luoghi bucolici, ci immerge forse più di ogni altro in una "dolce Francia" sognata ma molto reale.

La Via Podiensis deriva dal nome della città di Le Puy-en-Velay, da cui il vescovo Godescalc partì per Compostela nel 950 d.C., accompagnato da un folto gruppo di persone come trovatori, menestrelli, paggi, baroni, senescialli e, naturalmente, arcieri e lancieri per proteggerli. Il vescovo fu quindi il primo pellegrino non spagnolo a compiere il pellegrinaggio a Compostela.

Il percorso da Le Puy en Velay a Conques attraversa 4 regioni ricche di flora, fauna e diversità geologica: il Velay vulcanico, l'altopiano della Margeride, le alture di Aubrac e la valle del Lot. Paesaggi di una bellezza mozzafiato, come la vista sulle gole dell'Allier o il selvaggio altopiano dell'Aubrac.

Una volta arrivati a Conques, per molti sarà la fine del viaggio. Sarà il momento di risalire su un autobus e tornare alla loro vita professionale, alla loro vita quotidiana. È vero che questo percorso quasi perfetto, pur essendo certamente frequentato, ma senza raggiungere la moltitudine di persone che percorrono il Cammino in Spagna, può davvero essere un viaggio a sé. Ma anche continuare, o tornare più tardi per continuare a camminare, vale la pena. In primo luogo, perché poche tappe dopo si può percorrere la bella valle del Célé, e poi perché la strada per Compostela continua, semplicemente, attraverso regioni molto belle e angoli meno comodi, ma anche questo fa parte del viaggio! Le Puy-Conques è sicuramente molto bella, piacevole e piena di sorprese. Ma è quasi troppo perfetto per apprezzare appieno il carattere contrastante del pellegrinaggio a Santiago, che a volte immerge il pellegrino in un ambiente monotono, forse per facilitargli il confronto con se stesso. Il nomade non parte se non ha una terra promessa da sognare; che spesso finisce per essere una grande o piccola conversione del cuore del pellegrino che si proclama annunciatore della propria trasformazione.

Il pellegrino, come l'eroe della mitologia greca, si avventura fuori dal mondo della vita ordinaria ed entra in un luogo di meraviglie soprannaturali; lì affronta forze favolose e ottiene una vittoria decisiva; l'eroe torna da questa misteriosa avventura dotato del potere di elargire benefici all'uomo, ai suoi simili.

Cammino di Santiago, sulla via di un luogo sacro, i pellegrini sentono ogni chiesa che attraversano come la propria casa e gli atei accendono candele e ricevono benedizioni.

Germania: le strade germaniche

-Testo José M. García Pelegrín, Berlino

Il primo pellegrinaggio conosciuto a Santiago de Compostela dal territorio tedesco risale alla seconda metà dell'XI secolo: secondo una fonte documentaria, il conte Eberhard VI di Nellenburg - a nord del lago di Costanza - si recò in pellegrinaggio a Santiago con la moglie Ita nel 1070, dopo il suo secondo pellegrinaggio a Roma. Al ritorno da Santiago, Eberhard VI "il Beato" entrò nel monastero di Ognissanti, da lui stesso fondato, come fratello laico, mentre Ita si ritirò con un gruppo di pie donne a Sciaffusa.

Durante il Medioevo, i pellegrini dell'Europa centrale si dirigevano verso il confine franco-spagnolo lungo le vie commerciali e militari, in particolare la "Via Regia", le cui origini risalgono all'VIII e IX secolo e che attraversava tutto il Sacro Romano Impero Germanico. Con la Riforma protestante, i pellegrinaggi diminuirono, soprattutto nella Germania settentrionale.

Dopo la rivitalizzazione del Cammino di Santiago a partire dagli anni '80, anche in Germania cominciarono a essere segnalati diversi percorsi - attualmente se ne contano circa 30 in totale - con la particolarità che fu proprio un pastore protestante, Paul Geissendörfer, a segnalare nel 1992 un Cammino di Santiago da Norimberga a Rothenburg ob der Tauber, che sarebbe diventato il nucleo del "Cammino di Santiago della Franconia" (1995). Le ultime novità del 2005 sono state i "Cammini di Santiago nel Nord della Germania", con due rami, la Via Baltica e la Via Jutlandica, frutto di una collaborazione tra Germania e Danimarca.

Il racconto autobiografico Ich bin dann mal weg - Meine Reise auf dem Jakobsweg (Me ne vado: il mio viaggio lungo il Cammino di Santiago) del noto comico Hape (Hans-Peter) Kerkeling, pubblicato nel 2006, ha contribuito notevolmente alla diffusione del Cammino di Santiago in Germania; con una tiratura di oltre sette milioni di copie, è stato in cima alla più prestigiosa classifica tedesca dei bestseller del settimanale Der Spiegel per 103 settimane (dal 2006 al 2008); nel 2015 è stata realizzata anche una versione cinematografica. Kerkeling si propone di approfondire la ricerca del senso della vita, ma per farlo evita i "classici" pellegrini cristiani ("Finiranno il viaggio come l'hanno iniziato") e cerca quelli "rari ed esotici". Il successo di questo libro dimostra che la maggior parte dei tedeschi non cammina sul Camino motivata da un pellegrinaggio tradizionale. Tuttavia, ha contribuito a un aumento del 74% del numero di tedeschi che hanno percorso il Cammino nel 2007.

D'altra parte, l'immensa popolarità di cui gode il Cammino, indipendentemente dalla confessione religiosa, si riflette nella sua diffusione proprio nelle regioni tradizionalmente protestanti; così, ad esempio, nel 2011 è stata fondata la Società di San Giacomo della Regione Brandeburgo-Oder, che si occupa - secondo il proprio sito web - degli "interessi dei pellegrini e delle pellegrine di Santiago a Berlino, nel Brandeburgo e nelle regioni limitrofe". E aggiunge: "La diversa composizione dei suoi membri riflette ciò che è stato l'occasione per la sua fondazione e gli obiettivi dell'associazione: l'interesse e il piacere di percorrere i cammini verso Santiago de Compostela". Come altre associazioni regionali, cercano in particolare di segnalare i percorsi, di installare pannelli informativi e di collegarli alla rete europea del Cammino "per contribuire alla cooperazione europea e alla comprensione internazionale".

Svezia: la via scandinava

-Testo Andres Bernar, Stoccolma

Il cristianesimo si affermò in Svezia ben oltre il secondo millennio. Il santo re Erik morì nel 1160, lasciando dietro di sé un Paese cristiano. Evidentemente la tradizione dei pellegrinaggi ai luoghi sacri è arrivata anche qui: Terra Santa, Roma e anche Santiago.

Nei Paesi nordici esisteva anche una tradizione di pellegrinaggi a Nidaros (l'odierna Trondheim, nella Norvegia nord-occidentale). La tradizione medievale dei pellegrinaggi fu ben accolta nei Paesi nordici, anche per il suo carattere avventuroso.

Santa Brigida, la santa nazionale svedese e patrona d'Europa, diede loro una spinta quando lei stessa e suo marito si recarono in pellegrinaggio a Santiago de Compostela nel 1343. Hanno fatto tutto il percorso a piedi per diversi mesi. Oggi la distanza è di 3200 km con il percorso più breve. Non sappiamo esattamente quanto sia stato lungo il viaggio del santo, ma è possibile che sia stato ancora più lungo. Sulla via del ritorno - ad Arras, in Francia - il marito Ulf si ammalò. San Dionigi apparve alla santa e le disse che suo marito non sarebbe morto in quell'occasione. Lo fece poco dopo il suo ritorno in Svezia e questo segnò l'inizio dell'attività di Santa Brigida come fondatrice del nuovo ordine.

Il pellegrinaggio del santo suscitò il fervore popolare e gradualmente i pellegrinaggi a Roma e a Santiago divennero sempre più frequenti. A Stoccolma, la Chiesa di San Giacomo (St Jakobs Kyrka) fu costruita all'inizio del XIV secolo nell'attuale parco di Kugsträdgården, a nord della città vecchia. Questa semplice chiesa in legno fu sostituita da una più grande, a tre navate, in mattoni, nel 1430. Da qui i pellegrini partivano per il loro lungo viaggio con la benedizione e la protezione del santo.

Il protestantesimo ha letteralmente cancellato il cattolicesimo e le sue usanze, compresi i pellegrinaggi, durante i secoli XVI e XVII. A partire dal XVIII secolo si intravede una nuova apertura, che però non sarà completa fino alla fine del secolo scorso.

Il Cammino di Santiago è stato ripreso ufficialmente nel 1999, quando a Stoccolma è stata istituita l'Associazione di Santiago sotto gli auspici del vescovo diocesano; il suo presidente è il diacono permanente Manuel Pizarro. L'idea iniziale era quella di far riscoprire la spiritualità del pellegrinaggio ai cattolici scandinavi, incoraggiando i pellegrinaggi nei luoghi classici della cristianità: Terra Santa, Roma, Santiago, ma anche Lourdes e Fatima. Nel 1999 è stato organizzato un pellegrinaggio a Santiago de Compostela, il "primo pellegrinaggio scandinavo" dalla Riforma protestante. Questo è stato riconosciuto dall'arcivescovo di Santiago quando i pellegrini sono arrivati a destinazione e sono stati ricevuti dal prelato, come racconta Manuel. Qualche anno dopo, lo stesso vescovo di Stoccolma li accompagnò in un altro pellegrinaggio. Fin dall'inizio, molti svedesi protestanti si unirono a questi pellegrinaggi, vedendo in essi una meravigliosa opportunità di scoprire qualcosa di diverso da ciò che la loro chiesa diceva loro. Erano alla ricerca del loro percorso personale e della loro vocazione. Nei vent'anni di questa iniziativa, sempre più luterani si sono interessati. Il fatto di essere un'associazione permette anche di sovvenzionare il pellegrinaggio per le persone che hanno difficoltà a pagare un lungo viaggio.

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Spagna

Speciale "Sul cammino di Santiago" nella rivista Omnes

La rivista Omnes ha lanciato, insieme al numero estivo di luglio-agosto, uno speciale di 48 pagine intitolato Sul cammino di Santiagoin occasione dell'Anno Santo Compostelano, con firme illustri, numerose fotografie e informazioni pratiche per i pellegrini.

Rafael Miner-24 luglio 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

I temi del Speciale Omnes sull'Anno Santo di Compostela L'esposizione spazia dal suo significato, alla tomba dell'Apostolo come cuore della cattedrale, al Cammino di Santiago, al restauro del Portico de la Gloria o ai Cammini europei di Santiago, oltre a un'ampia intervista con l'arcivescovo di Santiago, Julián Barrio.

Le pagine sono illustrate da numerose fotografie e incisioni, spiegate nelle rispettive didascalie, e raccolgono informazioni pratiche per i pellegrini, in modo da poter vivere l'Anno Santo di Compostela e la preghiera del pellegrino. I QR sono anche incorporati per avere sul cellulare tutte le informazioni sul Giubileo e sul Cammino di Santiago, e per sigillare digitalmente la credenziale del pellegrino.

Le pagine sono illustrate da numerose fotografie e incisioni, spiegate nelle rispettive didascalie, e contengono informazioni pratiche per il pellegrino.

Nella presentazione del numero speciale dedicato all'Anno Santo Compostelano, si ricorda che l'anno 2021, in cui il 25 luglio, festa di San Giacomo Apostolo, coincide con una domenica, è un Anno Santo speciale, per diversi motivi.

In primo luogo, perché le circostanze in cui viene celebrato sono segnate dall'era della pandemia di Covid-19, che ha spinto Papa Francesco a prolungare l'Anno Santo fino al 2022. In secondo luogo, inoltre, perché l'arrivo a Santiago quest'anno ha un "premio" straordinario per il pellegrino: vedere il restauro del Portico de la Gloria e la bellissima cattedrale.

Visita del Papa: "Spero che possiamo avere questa grazia".

In un intervista interessanteL'arcivescovo di Santiago de Compostela, Julián Barrio, ripercorre il Giubileo in corso con Alfonso Riobó, direttore di Omnes. Egli sottolinea le grazie spirituali che attendono i pellegrini a Compostela, il nuovo splendore della cattedrale dopo il suo restauro e fa un bilancio del suo periodo come pastore dell'arcidiocesi galiziana..

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"L'impressione trasmessa da don Julián Barrio è di affetto, anche se è riservato", scrive il direttore di Omnes nell'introdurre la conversazione. In questa occasione esprime apertamente la sua gioia per le prospettive dell'Anno Santo 2021-2022, nell'ultima fase della sua responsabilità di arcivescovo [...]".Sono nelle mani di Dio", dice l'arcivescovo di Compostela], e naturalmente la possibilità di una visita del Santo Padre a Santiago durante questo Giubileo".

Riguardo alla possibile visita del Papa a Santiago de Compostela, monsignor Barrio ha detto: "Niente mi farebbe più piacere che il Santo Padre venisse a Compostela come pellegrino. Spero che possiamo avere la grazia della visita di Papa Francesco. È invitato. E non solo da parte della Chiesa... Sarebbe un dono meraviglioso avere la sua presenza e per me, dopo aver avuto la soddisfazione di ricevere Benedetto XVI, sarebbe un altro di quei momenti per cui ringraziare il Signore nella mia vita di vescovo".

"Nulla mi farebbe più piacere che il Santo Padre venisse a Compostela come pellegrino. Spero che possiamo avere la grazia della visita di Papa Francesco. È invitato.

Il vescovo Barrio Barrio. Arcivescovo di Santiago de Compostela

Firme illustri

Diego Rodríguez, della Fondazione Barrié; il Decano della Cattedrale di Santiago, José Fernández Lago; il presidente della Commissione Pellegrinaggi della Cattedrale, Segundo Pérez López; il Rettore Guardiano del convento di San Francisco e direttore del Museo di Terra Santa, Francisco J. Castro Miramontes; i corrispondenti di Omnes in Francia, José Luis Domingo, in Germania, José M. García Pelegrín, e in Svezia, Andrés Bernar; e il sacerdote, giornalista e pellegrino a Santiago, Javier Peño Iglesias.

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Cultura

San José nella lirica spagnola più recente

All'ombra di Gesù e Maria, molti studi si sono occupati della figura di San Giuseppe e molte opere drammatiche gli hanno dato grande risalto. La poesia, tuttavia, ad eccezione di quella devozionale o natalizia, non è stata quasi mai prodotta. Questo articolo dà uno sguardo alla lirica più recente e ad alcuni autori che lo hanno incorporato nella loro creazione poetica con ispirata dignità teologica e letteraria.

Carmelo Guillén-24 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

In occasione della proclamazione di San Giuseppe a patrono della Chiesa universale, il 150° anniversario promosso da Papa Francesco ci invita a riflettere sulla più recente lirica giuseppina; a segnare qualche data, quella degli ultimi decenni.

Primi riferimenti letterari

Se andiamo indietro nella storia, tranne che in rarissime occasioni, scopriamo che non ha ancora avuto il suo momento poetico, a meno che non lo si consideri in termini di ruolo svolto all'ombra di Maria e di Gesù. I più remoti e scarsi riferimenti letterari a lui che conosciamo si trovano in Gonzalo de Berceo (XIII secolo), che mette in bocca a Maria il legame con Giuseppe: "Io so donna Maria de Josep esposa" (lutto che la Vergine Maria fece nel giorno della passione del suo fisso Gesù Cristo). 

Dopo il poeta di La Rioja, ci sono allusioni dello stesso tipo, anche se con sfumature molto diverse, in Alfonso x el Sabio, nel teatro di Gómez Manrique, in quello di Juan del Enzina e in quello di Lucas Fernández e, senza dubbio, in alcuni altri autori, preferibilmente in drammaturghi del XVII secolo (Mira de Amescua o Cristóbal de Monroy, per citare due noti letterati). 

Fu l'ecclesiastico José de Valdivieso (1560-1638), amico intimo di Lope de Vega, a dargli particolare rilievo nel mirabile e colossale poema Vita, eccellenza e morte del gloriosissimo patriarca San Giuseppe, sposo della MadonnaUn testo composto in ottave reali, teologicamente molto illuminante che, con il supporto del poco che i Vangeli di Matteo e Luca disegnano su di lui, di quanto annunciano gli Apocrifi e di quanto contribuiscono un gruppo di autori che lo precedono (per citarne alcuni: Bernardino de Laredo e Jerónimo Gracián, quest'ultimo così strettamente legato alla biografia di Santa Teresa di Gesù), riesce a creare il ritratto del Patriarca che, a partire dal Secolo d'Oro, si è generato in abbondanza nella pittura e nella scultura, concependolo come un uomo giusto, casto, protettivo nei confronti della sua famiglia, in età avanzata, di professione falegname, perché Gesù avrebbe infine concluso i suoi giorni sull'albero della croce, e con una morte precoce. 

Allo stesso tempo, oltre a queste particolari caratteristiche fisiche e al suo lavoro, Valdivieso inserisce il suo personaggio in una serie di eventi attorno ai quali si svolge la sua vita: (1) il fidanzamento con Maria; (2) la visita di lei alla cugina Elisabetta, accompagnata da lui nel viaggio di andata; (3) la sua sofferenza interiore dopo aver capito che la moglie è incinta; (4) la rivelazione del mistero dell'Incarnazione da parte dell'angelo del Signore; (5) l'attesa del parto; (6) la nascita di Gesù in un portale di Betlemme; (7) le varie migrazioni, con i conseguenti episodi ampiamente diffusi nella letteratura popolare: l'adorazione dei magi, la strage degli innocenti, la fuga in Egitto, ecc.La sua morte e la sua glorificazione e, infine, (9) le sue eccellenze e i suoi appellativi. 

Tradizione popolare

Di tutto questo percorso di vita, la tradizione popolare ha mantenuto in vita quegli eventi legati praticamente agli eventi celebrativi e folcloristici del Natale senza che, come nel testo di Valdivieso, gli eventi fossero presentati dal punto di vista di San Giuseppe o raggiungessero altri momenti della sua vita.

Antologie celebri come la Canzoniere natalizio spagnolo (1412-1942)del 1942, o più contemporanei, per citare solo alcuni esempi, come ad esempio Nel sole della notte. Otto poeti di oggi cantano il Nataledel 2000, non evidenziano la figura di un uomo così illustre. Bisogna cercare a fondo nella poesia colta contemporanea per trovare testi, e ce ne sono pochissimi in cui José è il protagonista della poesia. Non è oggetto di particolare attenzione né nella ricca lirica religiosa dei poeti spagnoli degli anni '40, né più tardi, con alcune eccezioni. 

Episodi

Quando appare, come un gioiello prezioso e sorprendente della poesia, lo vediamo più spesso legato ai suoi dubbi laceranti, sempre a lieto fine, di fronte all'inattesa gravidanza della Vergine. È il caso della poesia Soliloqui di San Giuseppedi José María Valverde, presentato in disposizione endecasillabica, e che esplode: "Perché dovevo essere io? Come un torrente / di cielo rotto, Dio cadeva / su di me: dura, enorme gloria che mi rendeva / il mio mondo estraneo e crudele: la mia fidanzata / bianca e silenziosa, improvvisamente scura, / si volge verso il suo segreto, finché l'Angelo, / in un incubo nevoso di lampi, / venne ad annunciarmelo: il grande destino / che sarebbe stato così bello aver guardato / venire dall'altra parte del villaggio; / la cima dei tempi, illuminata / di sole dall'altra parte, e attraverso le mie porte".. Un testo relativamente lungo, che procede con tre idee predominanti. Il primo: la gioia di Giuseppe per essere stato immeritatamente scelto da Dio come custode di Gesù e Maria; il secondo: la sua completa disponibilità a farsi carico di figure così cruciali nella storia della salvezza come quelle che gli sono toccate in sorte e, in terzo luogo, la sua piena convinzione che la sua vita si sarebbe conclusa, come si è conclusa, in modo ordinario, senza grandi sconvolgimenti, attenta ai suoi e al suo lavoro quotidiano. 

Altre volte è incastonato nell'enclave del suo lavoro, tra le cui composizioni più riuscite degli ultimi decenni possiamo segnalare quella intitolata Poesia per un artigiano di nome José, di José María Fernández Nieto, nato a Palencia, che, in un insieme di quartine contemplative, esalta le virtù di Maria e Giuseppe nella casa di Nazareth, mentre esalta il valore del lavoro manuale del capofamiglia: "...".Oh, tremante mano di falegname / che in gocce di sudore e di gioia, sotto l'amore della sua falegnameria / versificava il legno in preghiere", strofa tematicamente radicata in una teologia del lavoro che Fernández Nieto amplia, sotto forma di preghiera, con altre tre strofe: "Tu, che hai tenuto Dio tra le mani / e gliele hai offerte con mani callose, / offrigli il sudore della nostra vita / per guadagnare il pane di essere cristiani / Giuseppe, operaio del bene, lavoratore / di Dio, riempi di gioia le officine / e ordina il mondo come vuoi, / come offerta al primo Amore. / [...] Poiché tu, Giuseppe, maestro / d'amore, hai fatto salmodiare i tuoi muscoli, / il lavoro è un'offerta di crepuscolo, / Ave Maria, Ave e Padre nostro".

In altri testi letterari contemporanei, invece, è collocato nella scena raccontata dall'evangelista Luca dello smarrimento e del ritrovamento di Gesù nel tempio di Gerusalemme, di cui il poeta Manuel Ballesteros esprime, in una poesia senza titolo scritta in endecasillabi bianchi, la profonda preoccupazione di Giuseppe, custode del Figlio, dopo il suo inspiegabile abbandono: "José è silenzioso. Ha preso / su di sé / tutta la colpa. Lui, padre e custode del bambino, [...] / ha sofferto tre giorni per la / perdita inspiegabile di Gesù. Forse / ho abbassato la guardia e ho dimenticato / che qui a Gerusalemme le minacce / sono ancora in agguato".

Incentivo

Sorprendentemente, non ci sono altri episodi nell'itinerario della sua vita che abbiano suscitato l'interesse dei poeti di oggi. Se non altro quella che si riferisce a uno dei suoi titoli, in cui viene acclamato come "patrono della buona morte", in riferimento a questi tempi di pandemia, e che serve al poeta Daniel Cotta per chiedergli di intercedere per le anime di tanti che muoiono: "Cullando il tuo Bene / perché non si svegli, / hai lasciato dietro di te la morte / che devasta Betlemme, / oggi che la morte / divora anche il tempo presente, / prega l'Onnipotente / che, in mezzo al saccheggio, / porti in cielo l'anima bambina / di tanti Santi Innocenti".

E a questo punto, vale la pena di chiedersi: cosa può essere successo perché San Giuseppe, che è così ben rispettato dal popolo, e che è considerato il patrono dei lavoratori o il custode del Redentore, non sia esploso nella lirica con lo stesso entusiasmo di altre manifestazioni artistiche? Nelle chiese moderne lo si vede occupare nicchie con Gesù in braccio o custodirlo per mano; nei dipinti lo si trova giovane, in netto contrasto con l'immagine portata tradizionalmente, accanto a Gesù o nel calore della sua famiglia. 

Nella poesia, invece, non è così, come se la creazione poetica fosse avulsa dal suo contesto storico. Essendo Giuseppe un santo sposato, con un'opera autonoma e popolare, è possibile che la sua figura non abbia ancora raggiunto quel livello di entusiasmo e di ispirazione che spinge i poeti, soprattutto quelli "laici", a creare opere lodevoli in suo onore. 

Lettere apostoliche come questa, Patris corde, di Papa Francesco, possono servire da stimolo per dare visibilità a quest'uomo la cui grandezza d'animo merita versi come quello che ha spinto il poeta Miguel d'Ors a scrivere il testo intitolato Sonsoneto confidencial (Sonsonetto confidenziale): "[...] perché sono l'erede / di quella confidenza con cui mio padre / lo trattava, o perché è chiaro e vero / che nella Storia del Mondo non incontrerò / nessuno che possa essere sicuro / di essere stato così fortunato / con la sua famiglia, o perché / nessuno è morto in migliore compagnia, ma, / poiché non cerco voti ma di cantare sinceramente, / con questo sonetto ribadisco: il mio santo preferito, San Giuseppe".

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Cultura

Il Cammino di Santiago e la città di Burgos

Fin dall'origine storica di Burgos (anno 884), gli itinerari giacobini più frequentati che si dirigevano verso Santiago de Compostela iniziarono a passare per Burgos. I santi pellegrini più famosi sono originari di Burgos e la Cattedrale ha un'innegabile aria giacobina.

Jesús M. Aguirre Hueto-23 luglio 2021-Tempo di lettura: 10 minuti

Offriamo l'articolo scritto nel numero speciale pubblicato l'anno scorso in occasione dell'ottavo centenario della Cattedrale di Burgos e che è legato in modo unico all'Anno Santo Compostelano che stiamo celebrando in questi giorni: il rapporto tra il Cammino di Santiago e la capitale Burgos.

Walker, il cammino si fa camminando..., e nel nostro camminare quotidiano vediamo come, in questi giorni, la vita sia stata molto diversa, come se fosse un sogno, un brutto sogno. Stiamo attraversando momenti difficili in cui vediamo il corso della nostra esistenza capovolgersi, ed è ora che il parallelo tra il Cammino di Santiago e la nostra vita diventa più evidente per me. Il pellegrino inizia il suo cammino con entusiasmo, affrontando molte difficoltà, ma con tenacia e forza le supera, con la certezza che, alla fine, raggiungerà il Portico de la Gloria.

Sulla strada della nostra vita, sulla quale eravamo così fiduciosi e sicuri, stiamo ora attraversando un urto profondo e inaspettato, dal quale, anche se con ferite strazianti, sono sicuro, usciremo. Il mio più profondo cordoglio per tutti coloro che sono morti in questa pandemia e il mio riconoscimento a tutti coloro che in un modo o nell'altro collaborano per il bene di tutti, per il bene della comunità: operatori sanitari, farmacisti, forze dell'ordine, liberi professionisti, operatori dei servizi sociali, e una lunghissima eccetera.

Mi piace pensare che quando questo accadrà, e quando ci guarderemo indietro, vedremo una strada che non dovrà mai più essere percorsa: la strada dell'egoismo, della competitività, della disumanizzazione, dell'ingiustizia.

Una spina dorsale dell'Europa

La storia del Cammino di Santiago risale agli albori del IX secolo con la scoperta della tomba di San Giacomo il Maggiore. -evangelizzatore della Spagna, uno degli apostoli che ha avuto il rapporto più stretto e intimo con Gesù di Nazareth.-Il Finisterre del mondo conosciuto fino ad allora.

Nell'XI secolo, la Spagna costruì una delle colonne portanti dell'Europa: il Cammino di Santiago, che come via di pellegrinaggio è uno dei grandi contributi della Spagna al mondo e alla cristianità nel suo complesso. Per Goethe, "L'Europa nasce dal pellegrinaggio", e Dante sottolinea che "Solo chi si recava a Compostela meritava il nome di pellegrino, chi si recava a Roma era un pellegrino e chi si recava a Gerusalemme era un "palmeros". A partire dall'XI secolo, il Cammino di Santiago è stato il grande itinerario dei pellegrinaggi medievali, dei tre luoghi più importanti del pellegrinaggio cristiano: la Terra Santa, dove il "palmeros", Roma, dove il "romeros", e Compostela, dove il "pellegrini", quest'ultimo è stato il percorso più popolare. I re cristiani del nord della penisola promossero il fervore giacobino, facendo del Cammino di Santiago non solo un percorso di fede, ma anche una via di vitale importanza economica, commerciale, politica e militare per l'insediamento della popolazione e il controllo del territorio. A tal fine, la dotarono di una serie di infrastrutture: strade, ponti, ospedali,...

La Via farà fluire correnti di pensiero e movimenti letterari e artistici. La fioritura della Via coincide con l'apice dell'arte romanica. -il primo stile artistico comune della cristianità europea nel Medioevo. Allo stesso tempo, si cercava l'unificazione della liturgia romana, che fu raggiunta in Europa occidentale grazie all'ordine benedettino di Cluny, che nell'antica Hispania riuscì a imporsi sulla liturgia ispano-mozarabica. Per questa nuova liturgia furono adattati templi semplici, con pianta a croce latina, puristi nelle linee e nelle forme, e con absidi. È il nuovo stile romanico in cui sono state costruite le grandi basiliche di pellegrinaggio: San Marziale a Limoges, San Martino di Tours, San Sernino a Tolosa, Santiago de Compostela. Le sedi episcopali furono istituite nelle città lungo il Cammino francese di Santiago: Jaca, Pamplona, Santo Domingo de la Calzada, Burgos, León, Astorga e Santiago de Compostela, che adottarono questo nuovo stile di costruzione. Allo stesso tempo, l'arte romanica ispanica fu influenzata anche dall'arte mudéjar, con elementi musulmani provenienti da Al Andalus.

Un luogo di incontro e armonia

Nel XIII secolo, nell'isola di Francia, si affermò una nuova arte che ebbe come veicolo di diffusione il Cammino di Santiago di Compostela: l'arte gotica. Una nuova lingua plastica e armoniosa, maestosa e spettacolarmente bella, nacque e si diffuse in tutta Europa.

Il Cammino di Santiago, descritto da molti autori come una "La strada alta d'Europa", è stato riconosciuto come Primo Itinerario Culturale Europeo nel 1987 e come Patrimonio dell'Umanità nel 1993. Il Cammino è sempre stato, ed è tuttora, un luogo di incontro e di armonia tra culture e popoli.

L'origine storica di Burgos risale all'anno 884, quando il conte Diego Rodríguez "Porcelos, per rafforzare la linea difensiva di Arlanzón contro gli abitanti di Al Andalus, costruì una fortezza sotto la cui protezione si sarebbe sviluppata la futura città. Con il tempo, intorno al 1035, divenne la capitale itinerante del regno di Castiglia, appena creato. Una posizione geografica strategica e privilegiata ha reso la città di Burgos un vero e proprio crocevia dove passavano e convergevano le principali vie e strade medievali del nord della penisola iberica. Le vie di pellegrinaggio più frequentate verso Santiago de Compostela iniziavano a passare per Burgos. Questo fatto ha segnato definitivamente la storia e il futuro sviluppo urbano e commerciale della città.Caput Castellae".

Burgos, una città ospitale

Già nell'XI secolo, il primitivo centro urbano di Burgos, sviluppatosi su entrambi i lati di una lunga strada - l'attuale Fernán González-situata sul versante meridionale della collina su cui sorgeva la possente fortezza, era insufficiente per far fronte all'aumento della popolazione che la città stava vivendo. Essere la capitale di un grande regno, che aveva già il suo confine meridionale sul fiume Tago, diventare un'importante sede episcopale e, soprattutto, essere una tappa obbligata del Cammino di Santiago de Compostela, una porta aperta all'aria culturale e artistica del nord Europa, ha fatto sì che la città conoscesse una crescita demografica, sociale, artistica ed economica insolita e spettacolare. L'area urbana si espanse alla ricerca, e allo stesso tempo alla protezione, del lungo tratto del Cammino di Santiago de Compostela.

Come sostengono alcuni storici, tutte le istituzioni religiose della città ruotavano intorno ai pellegrinaggi a Santiago. Solo così, grazie all'incessante flusso di pellegrini, si spiegano le undici parrocchie che la capitale castigliana aveva nel XII secolo. Burgos era la città ospedaliera per eccellenza sul Cammino di Santiago, come dimostrano i circa 32 ospedali per pellegrini documentati dalla storiografia moderna. Della maggior parte di queste istituzioni ospedaliere sono sopravvissuti fino ad oggi solo i nomi e alcuni documenti. I più importanti erano: l'Hospital de San Juan, l'Hospital del Emperador e l'Hospital del Rey.

Il Cammino nella città di Burgos

Il Cammino entra in città da due rami, attraverso i quartieri di El Capiscol, dove si trovano ancora alcuni resti dell'antico Ospedale per pellegrini, chiamato prima Ospedale di Don Gonzalo Nicolás o, più tardi, Ospedale di El Capiscol (Caput Scholae) Il percorso prosegue attraverso la Cattedrale, che dà il nome al quartiere, e Gamonal, dove ci accoglie la chiesa gotica di Santa María la Real y Antigua. Continua il suo percorso urbano fino a diventare un tutt'uno con l'imbocco del Camino de las Calzadas, alla ricerca del centro storico all'interno delle mura, che raggiunge attraverso la Plaza de San Juan.

La chiesa di San Lesmes fu ricostruita alla fine del XIV secolo, dopo successive demolizioni e ampliamenti della cappella originaria di San Juan Evangelista, dove riposano le spoglie del venerato patrono di Burgos. La chiesa ospita un'interessante collezione di pale d'altare gotiche, rinascimentali e barocche, dipinti e tombe.

Del monastero di San Juan rimangono solo le rovine della chiesa del XV secolo, del chiostro e della sala capitolare del XVI secolo. Nel vicino ex Ospedale di San Juan, riformato nel XV secolo, all'epoca di Papa Sisto VI, solo il portale gotico del XV secolo, che è l'attuale porta della Biblioteca Pubblica, e alcuni elementi della sua famosa spezieria hanno resistito alla prova del tempo.

Alla fine dell'XI secolo cominciò a crescere la fama del monaco benedettino Adelelmo, detto Lesmes in Castiglia, proveniente dall'abbazia cluniacense francese di Chaise Dieu (Alvernia) e giunto nella Penisola su richiesta di Alfonso VI e, soprattutto, della moglie di origine borgognona, Doña Constanza. Dopo aver accompagnato gli eserciti cristiani che parteciparono alla conquista di Toledo, il santo francese arrivò a Burgos per dedicarsi al servizio di Dio e dei poveri pellegrini. Il 3 novembre 1091, Alfonso VI donò la cappella al santo. -sotto il patrocinio di San Giovanni Evangelista-L'ospedale e il nuovo monastero furono consegnati ai benedettini di Casa Dei; San Lesmes ne divenne il primo priore. Dopo la sua morte, avvenuta il 30 gennaio 1097, la fama della sua santità si diffuse rapidamente lungo tutte le strade e i sentieri. Nel 1551 fu proclamato patrono della città.

Santi della strada

I santi più famosi del Cammino di Santiago sono originari di Burgos, come San Domingo de la Calzada, nato a Viloria de Rioja, e San Juan de Ortega, nato a Quintanaortuño, oppure San Lesmes e San Amaro, legati per sempre a questa terra. I primi due sono più strettamente legati allo sviluppo del Camino e all'assistenza ai pellegrini nel tratto tra La Rioja e Burgos. A Burgos troviamo due santi pellegrini, entrambi di origine francese, che rimasero permanentemente in città per assistere i pellegrini bisognosi: San Lesmes, che fu il motore del Monastero e dell'Ospedale di San Juan, e Sant'Amaro, che rimase a Burgos per assistere i pellegrini e seppellire i defunti nel cimitero annesso all'Ospedale del Rey.

Dall'ultimo terzo del XIII secolo, i pellegrini attraversavano le mura e il fiume Vena attraverso un piccolo ponte e la cosiddetta porta di San Juan. È ancora possibile seguire esattamente il percorso storico del Cammino Francese che passa per il centro di Burgos. Attraverso la strada di San Juan i pellegrini raggiunsero l'ormai scomparso ponte della Moneda, sul quale attraversarono una piccola grotta. Dopo pochi metri lungo la cosiddetta Calle de Entrambospuentes, il ponte di El Canto permise loro di attraversare la gola di Trascorrales. Una volta giunti nei pressi di San Gil, i pellegrini proseguono lungo la Calle de Avellanos. Nelle vicinanze si trova la chiesa di San Gil, che conserva magnifiche pale d'altare ispano-fiamminghe del XV e XVI secolo. -favorito dal patrocinio del ".rich ommes"I mercanti della città nel commercio della lana con le Fiandre-.

Il Cammino si snoda lungo l'antica Calle de San Llorente, che oggi corrisponde al primo tratto di Calle Fernán González, vero centro nevralgico della vita cittadina per gran parte del Medioevo e dell'Età Moderna. Gran parte dell'attività commerciale della città in questi secoli ruotava intorno al Cammino di Santiago e ai pellegrini. La chiesa romanica di San Llorente - i suoi resti sono stati ritrovati sotto l'attuale Plaza de los Castaños (piazza dei castagni)-La nuova via medievale, la Coronería, si apriva in una nuova strada.

L'aria giacobina della cattedrale

Seguendo la strada si raggiunge la Cattedrale di Santa María. I pellegrini alla fine dell'XI secolo videro come una cattedrale romanica fu costruita sul sito dell'antico Palazzo Reale. Non erano passati nemmeno 150 anni quando la primitiva basilica fu demolita e iniziò la costruzione di un nuovo tempio gotico. Con il fermo sostegno del re Ferdinando III e del vescovo Maurizio, nel 1221 iniziarono i lavori per la costruzione di un tempio che sarebbe diventato una delle cattedrali più belle e interessanti del mondo cristiano. La cattedrale di Burgos, dichiarata Patrimonio dell'Umanità e in cui gli stili gotico e rinascimentale si fondono armoniosamente, è dotata di un'innegabile aria giacobina che si può rintracciare nelle oltre trenta rappresentazioni dell'apostolo San Giacomo, distribuite sia all'interno che all'esterno della cattedrale. Nei suoi dintorni, dove oggi si trova la Cappella di Santa Tecla, si trovava la chiesa di Santiago de la Fuente.

Accanto si trova la chiesa di San Nicolás, che contiene un'incomparabile pala d'altare in pietra scolpita alla fine del XV secolo da Simón e Francisco de Colonia. Il Cammino prosegue lungo l'antica via o cal Tenebregosa. Era una delle strade più antiche della città e nel tempo è diventata una delle vie di pellegrinaggio più importanti dell'intero Cammino. Nei suoi dintorni si trovavano le chiese dedicate a San Román, Nuestra Señora de Viejarrúa e San Martín. C'erano numerose botteghe, laboratori, dove lavoravano i più svariati artigiani, locande, cantine, ostelli e ospedali, in un variopinto paesaggio umano in cui si mescolavano gli antichi cristiani, gli ebrei della vicina aljama, i mori e un gran numero di stranieri.

Il Cammino esce dalle mura di Burgos attraverso l'Arco de San Martín, o Arco Reale, costruito nel XIV secolo su una porta precedente, con mattoni e un arco a ferro di cavallo in stile mudéjar. Il Cammino inizia la sua discesa verso il fiume Arlanzón, attraversando il quartiere di San Pedro de la Fuente o Barrio Eras, passando proprio accanto all'antico Ospedale dell'Imperatore fondato da Alfonso VI, che fu la prima istituzione ospedaliera di Burgos.

Il ponte di Malatos, costruito già nel 1165, permetteva e permette tuttora ai pellegrini di attraversare il fiume Arlanzón e proseguire il loro viaggio verso Santiago. Accanto al ponte si trovava il famoso Lebbrosario di San Lázaro de los Malatos. Proseguendo lungo il percorso, appare uno dei punti di riferimento giacobini più importanti di tutto il Cammino di Santiago: l'Hospital del Rey. Fondata da Alfonso VIII alla fine del XII secolo, con numerosi riferimenti giacobini, fu posta sotto la giurisdizione della badessa di Las Huelgas Reales. Vicino all'ospedale si trova l'antico cimitero dei pellegrini; all'interno una semplice cappella del XVII secolo ricorda Sant'Amaro.

Primo itinerario culturale europeo

Infine, vorrei fare un commento. Il Consiglio d'Europa, nella Dichiarazione di Compostela del 23 ottobre 1987, afferma che il Cammino di Santiago è il primo itinerario culturale europeo per "...".uno dei grandi spazi della memoria collettiva intercontinentale", "in considerazione del suo carattere altamente simbolico nel processo di costruzione europea". Il testo inizia notando che "le idee di libertà e giustizia e la fiducia nel progresso sono principi che hanno storicamente forgiato le diverse culture che hanno creato l'identità europea".. Aggiunge che "è, oggi come ieri, il frutto dell'esistenza di uno spazio europeo carico di memoria collettiva e attraversato da percorsi capaci di superare distanze, frontiere e incomprensioni".

Questo ha portato a un forte rinnovamento della vocazione giacobina in Europa, una dinamica che ha assunto una dimensione universale con l'incontro di Sua Santità Papa Giovanni Paolo II con i giovani a Santiago de Compostela nel 1989. La Dichiarazione ha chiaramente evocato le tre dimensioni fondamentali che ispirano questo Itinerario Culturale Europeo: la dimensione religiosa, che ha dato origine a questa via di pellegrinaggio; la dimensione culturale, determinata dal fatto storico che questa via di pellegrinaggio è diventata, nel corso dei secoli, anche una via di civiltà e, infine, la dimensione europea che ha sempre caratterizzato i pellegrinaggi giacobini e che ha acquisito un nuovo significato nel processo di unione e costruzione continentale.

Il testo del 1987 è ancora oggi in vigore: ".La fede che ha animato i pellegrini nel corso della storia e che li ha riuniti in un anelito comune, al di là delle differenze e degli interessi nazionali, incoraggi anche noi in questi tempi, e in particolare i più giovani, a percorrere questi sentieri per costruire una società fondata sulla tolleranza, sul rispetto degli altri, sulla libertà e sulla solidarietà".

L'autoreJesús M. Aguirre Hueto

Presidente dell'Associazione degli Amici del Cammino di Santiago de Compostela di Burgos. Laureato in Geografia e Storia

Mondo

"La Stewardship ha trasformato la vita di molte persone".

Abbiamo intervistato Leisa Anslinger, direttore associato dell'Ufficio Pastorale della Vitalità dell'Arcidiocesi di Cincinnati (USA), con la quale abbiamo parlato di corresponsabilità nelle parrocchie e dell'importanza della generosità e della formazione dei fedeli.

Diego Zalbidea-23 luglio 2021-Tempo di lettura: 7 minuti

Leisa Anslinger è attualmente il Direttore Associato della Vitalità della parrocchia nell'arcidiocesi di Cincinnati (USA). È anche autrice, presentatrice e consulente di organizzazioni, parrocchie e diocesi in tutto il mondo. Uno dei suoi libri più noti e venduti è "Formare cuori generosi: la pianificazione della ricompensa per una lunga formazione alla fede". Leisa ama scoprire i talenti nascosti nel cuore delle persone che cura. È certamente una grande esperta nell'aiutare i fedeli a condividere le loro forze e a metterle al servizio dell'evangelizzazione. 

È anche co-direttrice di Vita e fede cattolicaun centro per la corresponsabilità, l'evangelizzazione e lo sviluppo della leadership dei servitori. Uno dei suoi progetti più curati è "Costruire ponti verso il cuore del discepolato".

Cosa rende un cuore generoso? 

Che bella domanda! Mi sembra che i nostri cuori rispondano a tutto ciò per cui siamo stati creati quando troviamo la grazia e la forza di vivere come Dio vuole che viviamo. Naturalmente, questa grazia e questa forza vengono da Dio stesso! La generosità è quindi la risposta all'incredibile amore di Dio.

Il cuore nasce o diventa generoso? 

Forse senza rendermene conto, ho già iniziato a rispondere a questa domanda nella precedente. Mi sembra che il cuore nasca generoso, ma lo perdiamo di vista con la maturità. Diventiamo egoisti e autoreferenziali. Crescere come discepoli, come seguaci di Gesù, e prestare attenzione alla moltitudine di benedizioni che ci vengono incontro può essere di grande aiuto per diventare i migliori di noi stessi. 

Perché ci rende così felici essere generosi? 

Credo che dentro di noi intravediamo l'impatto dei nostri doni, il modo in cui chi li riceve viene toccato dalla nostra generosità, e questo ci rende felici. Una delle mie citazioni preferite è quella di padre Michael Himes, che diceva che Gesù ci mostra che la via di Dio è la via dell'amore che si dona. Dice che questa è l'immagine in cui siamo stati creati, il progetto secondo il quale siamo stati disegnati. Se Dio è puro dono di sé, allora il dono di sé è ciò che più desideriamo. 

La generosità cresce nella testa o nel cuore? 

In entrambi i casi. Almeno credo. La generosità cresce nel cuore perché è una risposta grata alle molteplici benedizioni che Dio ci affida. È anche una risposta nella testa, perché dobbiamo essere attenti a questi doni e impegnarci a cercare l'amore di Dio. 

L'amministrazione ha il potere di trasformare le vite? 

Non c'è dubbio. Ha trasformato la mia, e conosco molte persone che potrebbero dire lo stesso. Comprendersi come discepoli corresponsabili è un modo potente per mettere in atto la nostra fede. Di solito scrivo una riflessione mensile sulle letture della domenica che chiamo Impatto, e il tema principale di questa newsletter è "Porta la fede nella tua vita". Mi sembra che questo sia esattamente ciò che accade quando cresciamo nell'amministrazione.

Perché le persone tendono a concentrarsi sulle proprie debolezze piuttosto che sui propri punti di forza? 

È molto interessante. Gli studi sul talento globale confermano che quando possiamo scegliere se conoscere i nostri talenti per sfruttarli o conoscere le nostre debolezze per correggerle, più della metà delle persone concorda sul fatto che preferisce conoscere le proprie debolezze. Tuttavia, diamo il meglio di noi stessi quando lavoriamo su ciò che sappiamo fare meglio. Mi sembra che l'idea di lavorare sulle debolezze sia una prospettiva che acquisiamo, come ogni cattiva abitudine. Una cosa che deriva dalla cultura occidentale è che dobbiamo lavorare sodo per diventare chi vogliamo. Non sarebbe molto meglio discernere a cosa siamo stati chiamati (anche se è una sfida) e accettare che abbiamo i talenti per realizzarlo?

Come cambia la vita delle persone quando fanno leva sui loro punti di forza per crescere? 

È particolarmente liberatorio accettare che ognuno di noi ha dei talenti e delle combinazioni di talenti, e che ognuno di noi ha anche delle cose che non sa fare bene. Forse possiamo smettere di concentrarci sulle cose che non facciamo e costruire invece sui talenti che abbiamo ricevuto. Inoltre, possiamo collaborare con chi possiede i talenti che ci mancano. Mi sembra che questo sia proprio ciò che Dio sta cercando. Pensate a come Gesù mandò i suoi discepoli a due a due: ognuno desiderava la compagnia dell'altro, ma forse aveva anche bisogno dei loro talenti. 

Come può la stewardship trasformare una parrocchia?

Quando una parrocchia cresce nella stewardship, i fedeli percepiscono senza difficoltà che Dio è all'opera nella loro vita; allo stesso tempo, cresce il desiderio di donare il proprio tempo, i propri talenti e il proprio denaro alla parrocchia per sostenere la missione della Chiesa. Spesso i discepoli corresponsabili sono anche persone felici, perché sono stati riempiti di quella gioia che è più profonda della felicità. La gioia è un luogo interiore di pace e appagamento, e quando la comunità ha più persone gioiose, la parrocchia diventa più gioiosa. I fedeli sono più preparati a crescere come discepoli di Gesù, che hanno seguito la sua via di sacrificio, misericordia, perdono e amore. 

Siete riusciti a controllare? 

Sì, soprattutto nella parrocchia dove ho guidato il personale per dodici anni. Ho scoperto famiglie trasformate, ministri che crescono, fedeli che si prendono cura degli altri e sono molto attivi nel servizio caritatevole nella loro località o nell'angolo più lontano del mondo. La parrocchia cresce e si avverte maggiormente la presenza di Cristo quando ci si riunisce per la Messa. Non è poi così difficile trovare persone che mettano a disposizione il loro tempo per la parrocchia, anzi, le persone vengono da noi a chiederci di lasciarle servire piuttosto che sentirsi obbligate a farlo.

Ma la Stewardship influisce sulla normale vita dei fedeli dopo o fuori la parrocchia? 

Sì, quando vediamo che la stewardship è uno stile di vita, allora sappiamo che non riguarda solo la parrocchia. In effetti, credo che la cosa più potente della crescita come discepolo dell'amministrazione sia che mi aiuta a essere attento alla presenza di Dio continuamente, non solo la domenica. Pensiamo, ad esempio, a un giovane padre che si alza di notte per accudire il figlio che piange. O un adulto di mezza età che si prende cura di un genitore anziano. Il tempo che donano, la cura e la condivisione del loro affetto sono corresponsabilità. Donare con questa consapevolezza arricchisce la vita di chi dona; diventiamo più consapevoli di agire nel nome del Signore e otteniamo di conseguenza un maggiore senso di realizzazione. Ci sono anche questioni pratiche al riguardo. Ad esempio, molte persone che crescono intenzionalmente nella corresponsabilità parlano di separare i nostri desideri dai nostri bisogni - non abbiamo bisogno di tutte quelle cose nuove che semplicemente bramiamo - e così spesso adottano uno stile di vita più sobrio e trovano la forza di resistere al consumismo estremo che ci tenta continuamente.

Come si fa a coinvolgere le persone nella missione della Chiesa?

Iniziate invitando le persone a riflettere su come sono state benedette e a crescere nella gratitudine. Poi chiedete alle persone se vogliono rispondere donando, magari inizialmente in modo semplice, ad esempio attraverso una colletta per cibo o vestiti. Con il tempo l'invito diventa sempre più profondo, magari attraverso il coinvolgimento in un ministero e persino aiutando a organizzarlo. Coloro che sono già coinvolti invitano personalmente altri e li accompagnano, in modo che i ministeri crescano. Le parrocchie che stanno formando i fedeli come discepoli della stewardship spesso invitano i membri a condividere le loro esperienze attraverso un breve discorso prima o alla fine della Messa - un "testimone laico" che condivida l'impatto del vivere e crescere nella stewardship nella loro vita quotidiana. 

Quanto tempo ci vuole perché una parrocchia sia corresponsabile? 

La prima cosa è che il parroco sia aperto alla corresponsabilità. Potrebbe essere una novità per lui, e questo è un bene. In realtà, si potrebbe dire che è una cosa positiva. In questo modo, può condividere con i fedeli il motivo per cui lo ritiene importante. Inoltre, questa novità gli dà la possibilità di parlare loro a cuore aperto di come la stewardship stia cambiando il suo modo di vivere.

Un piccolo gruppo di parrocchiani può poi iniziare a portare il messaggio della stewardship ad altri, attraverso brevi conferenze, articoli nel bollettino o nella newsletter parrocchiale, sul sito web della parrocchia, ecc. Questo gruppo può parlare con coloro che sono già coinvolti in qualche servizio o ministero e aiutarli a conoscere i discepoli della stewardship. Si può quindi chiedere loro di invitare altri e di proporre la stewardship come via da seguire. Credo che sarebbe molto corretto dire che ci vuole tanto tempo quanto la parrocchia è disposta a investire - in attenzione, tempo e impegno. Nella misura in cui vediamo che la parrocchia torna a vivere grazie all'amministrazione, è più facile che continui su questa strada. 

Qual è la vera forza dell'allenamento? 

Spesso ricordo alle persone che il discepolato è una vita di cambiamento, di continua conversione a Cristo. Tuttavia, il cambiamento non è sempre facile ed essere discepoli può essere una vera sfida. La formazione ci porta ad innamorarci più profondamente di Dio, a comprendere radicalmente la nostra fede e ad essere pronti a condividerla, nonché ad offrire i nostri doni e il nostro denaro come espressione dell'amore di Cristo per il mondo. 

Qual è il rapporto tra gratitudine e generosità? 

L'amministrazione inizia con la gratitudine. Quando diventiamo attenti alle molte benedizioni che ci vengono offerte, a cominciare dalla vita stessa, ci rendiamo conto che tutti i buoni doni ci vengono elargiti da Dio con amore. E come Dio dà generosamente, noi siamo invitati a dare in modo disinteressato, libero, generoso, mostrando e condividendo con gli altri l'amore di Cristo.

Come si fa a scoprire i punti di forza che ognuno di noi ha ricevuto da Dio? 

Prestate attenzione alle cose che fate naturalmente bene. Pensate alle volte in cui avete fatto qualcosa di buono e poi riflettete su cosa è successo: cosa avete fatto, quali capacità o talenti avete messo in gioco? Una volta riconosciute le cose che sapete fare bene, utilizzate queste doti in altri momenti. 

Alcune risorse interessanti:

Zoom

L'apostolo San Giacomo del Portico della Gloria

La figura restaurata dell'Apostolo presiede l'ingresso della Cattedrale giacobea, che nel 2021 e 2022 celebrerà un Anno Santo molto speciale.

Maria José Atienza-22 luglio 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto
Cultura

La musica torna a Torreciudad con la Serie Internazionale d'Organo

Il Ciclo Organistico Internazionale di Torreciudad, che quest'anno celebra la sua 26ª edizione, è un riferimento di prim'ordine tra gli eventi musicali programmati in Aragona durante il periodo estivo, insieme al festival dell'organo. Classici al confine.

Maria José Atienza-22 luglio 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La serie si svolgerà dal 6 al 27 agosto e "manterrà e addirittura rafforzerà uno dei suoi tratti più caratteristici: la combinazione di strumenti melodici con l'organo", secondo il suo direttore e organista titolare del santuario, Maite Aranzabal. Per anni ha avuto il sostegno del Fondazione Caja Rural de Aragón e del Comune di Secastillae, in questa occasione, collabora anche con Alumbra Energy. La serie di concerti si svolgerà nel rispetto delle misure di sicurezza relative alla distanza sociale e alla capienza dei posti a sedere.

Il repertorio scelto per questa edizione spazia dal XVI secolo ai giorni nostri, anche se la musica del XIX e XX secolo è presente nella maggior parte dei brani. Il ruolo principale è sempre svolto dall'organo, affiancato in questa occasione da flauto, clarinetto, percussioni e vari strumenti storici come il sackbut, il cornetto e la tromba naturale.

Programma di azioni

- I concerti si svolgeranno alle 19:00 nei venerdì di agosto: 6, 13, 20 e 27.

- L'ingresso agli spettacoli è libero fino a quando la capienza stabilita per la chiesa dalle norme sanitarie (595 persone) lo consente.

- 6 agosto: la serie si apre con l'organista navarrese Raúl del Toro, con un programma vario che comprende compositori come Fischer, Ledesma, P. Donostia, Mozart, Stanford e Bridge, quest'ultimo della scuola romantica inglese.

- 13 agosto: il quintetto "Cum Altam", composto da Juan Ramón Ullibarri (clarinetto barocco e cornetto), Basilio Gomarín (tromba naturale), David Alejandre (sackbut), Marc Vall (timpani e percussioni) e Norbert Itrich (organo), offrirà un concerto molto suggestivo, con i musicisti che suoneranno visivamente vicini al pubblico, dato che si troveranno nella navata principale della chiesa.

- 20 agosto: la terza esibizione è affidata all'organista Miriam Cepeda e al clarinettista Luis Alberto Requejo, che proporranno alcune delle opere più emblematiche composte per questo duo di strumenti.

- 27 agosto: l'organista titolare del santuario e nativa di San Sebastián, Maite Aranzabal, formerà un duo con la flautista Sofía Martínez Villar di Valladolid per eseguire un repertorio vario con una predominanza di opere del XIX e XX secolo. Tra i compositori scelti spicca la figura del catalano Eduard Toldrá, uno dei cui brani chiuderà il concerto.

Ecologia integrale

Dr. Gómez Sancho: "In metà della Spagna non ci sono cure palliative".

"Avremmo dovuto iniziare con lo sviluppo delle cure palliative, in modo che 75.000 pazienti non muoiano ogni anno con intense sofferenze", ha dichiarato il dott. Linee guida per la sedazione palliativa 2021.

Rafael Miner-22 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

"In metà della Spagna non ci sono cure palliative. Che tipo di decisione prenderà il paziente quando la legge dice che le cure palliative devono essere spiegate a lui o lei?

Cosa sceglierà?", si è chiesto il dottor Marcos Gómez Sancho, che già nel 1989 ha iniziato a occuparsi di Medicina Palliativa, con la creazione di un'unità specializzata nell'Ospedale di Gran Canaria Dr Negrín, e che attualmente coordina l'Osservatorio delle cure mediche di fine vita del Consiglio degli Ordini dei Medici.

L'esperto di palliative ha sottolineato che ci sono fondamentalmente due gruppi di pazienti che sono possibili candidati all'eutanasia. "Pazienti oncologici e simili in fase avanzata o terminale, e malati cronici, anziani con patologie invalidanti, che necessitano di un modello di assistenza socio-sanitaria residenziale". Entrambe le situazioni sono scandalosamente carenti in Spagna. Oggi sappiamo che circa 75.000 pazienti spagnoli muoiono ogni anno con intense sofferenze perché non hanno accesso alle cure palliative. E questo è qualcosa che non dovrebbe essere permesso", ha detto.

"L'altro gruppo di pazienti che possono essere candidati a richiedere l'eutanasia sono i pazienti anziani con malattie croniche, degenerative e progressive, invalidanti, che necessitano di centri socio-sanitari per essere assistiti.

Ebbene, dovrebbero sapere che in Spagna mancano 71.000 posti letto di questo tipo, il che è un eufemismo.

A questo punto, il medico fa un inciso per specificare che "ci sono problemi economici". Secondo il portavoce della Fondazione Luzón, che studia e aiuta i pazienti affetti da SLA, il 94% dei pazienti non ha le risorse per poter finanziare privatamente le cure di cui ha bisogno.

Quindi, se non c'è accesso a un posto residenziale pubblico, perché mancano 71.000 posti letto, e solo il 6% può permettersi un posto privato, è chiaro quale sia la situazione.

Perché "ogni giorno 160 malati muoiono aspettando, in una sinistra lista d'attesa, l'aiuto alla dipendenza a cui hanno diritto, perché già valutato, e che è stato loro concesso".

La sua conclusione, collocando il contesto nella recente entrata in vigore della legge sull'eutanasia, è "che avremmo dovuto iniziare da lì; cioè dallo sviluppo delle cure palliative, in modo che non ci siano 75.000 pazienti che muoiono ogni anno con intense sofferenze, perché non hanno accesso alle cure palliative". E che ci siano sufficienti centri sociali e sanitari affinché questi pazienti cronici, con malattie degenerative, possano essere assistiti adeguatamente".

"La cosa urgente non era legalizzare il modo di porre fine alla vita di una persona malata", ha sottolineato, "ma che nessuno debba aspettare dieci anni per ricevere le risorse di cui ha bisogno, e che non debba essere costretto a porre fine alla propria vita o a chiedere al marito o alla moglie di porre fine alla propria vita". Questa è la prima cosa che si sarebbe dovuta fare, invece di elaborare una legge sull'eutanasia.

Linee guida per la sedazione palliativa 2021

In ogni caso, il Consejo General de Colegios Oficiales de Médicos e la Sociedad Española de Cuidados Palivos hanno oggi fornito una soluzione medica a una sofferenza intensa, cioè una Linee guida per la sedazione palliativa 2021Questo documento vuole essere una guida alle buone pratiche e alla corretta applicazione della sedazione palliativa.

"Questo testo giunge in un momento cruciale e svolge un ruolo essenziale, che è quello che deve svolgere il Consejo General de Colegios Oficiales de Médicos (Consiglio generale delle associazioni mediche) (CGCOM), ed è quello di fornire e generare strumenti realmente utili nella pratica sanitaria, su base quotidiana", ha dichiarato il dottor Tomás Cobo Castro, presidente del CGCOM.

"Questo Guida alla sedazione palliativa è proprio questo, uno strumento estremamente pratico e diretto, che stabilisce i protocolli e l'uso di determinati farmaci nella sedazione palliativa", ha aggiunto il dottor Cobo Castro, che era accompagnato dal segretario generale, il dottor José María Rodríguez Vicent, e dal dottor Marcos Gómez Sancho. La linea guida è stata sviluppata dall'Osservatorio per le cure di fine vita e le cure di fine vita del CGCOM. SECPALLa nuova pubblicazione, che evidenzia la sedazione palliativa come buona pratica medica, può essere scaricata tramite il sito web del CGCOM e il codice QR per poterla portare sempre con sé.

"La sedazione, molto diversa dall'eutanasia".

"Ci sono persone che confondono la sedazione palliativa con l'eutanasia, e non è affatto la stessa cosa, nemmeno simile", ha esordito il dottor Gómez Sancho. "Si differenziano per diversi aspetti. In primo luogo, c'è l'intenzione. L'intento della sedazione palliativa è quello di alleviare la sofferenza del paziente, mentre l'intento dell'eutanasia è quello di porre fine alla vita del paziente".

"Anche i farmaci utilizzati sono diversi. Nella sedazione palliativa si utilizzano innanzitutto le benzodiazepine, in particolare il midazolam,

A volte, nei casi di delirio iperattivo, è necessario utilizzare altri farmaci, tra cui i barbiturici. Tuttavia, nel caso dell'eutanasia, i barbiturici vengono utilizzati direttamente.

"Anche la procedura è diversa. Nella sedazione palliativa si utilizzano dosi minime per raggiungere il nostro obiettivo, che è quello di ridurre la coscienza del paziente, in modo che non soffra. Tuttavia, nel caso dell'eutanasia, si utilizzano direttamente dosi letali".

"E poi c'è il risultato. Il risultato della sedazione palliativa è un paziente sedato, addormentato, non sofferente. Il risultato dell'eutanasia è un uomo morto. C'è anche la sopravvivenza. Nel caso della sedazione palliativa, può trattarsi di ore e persino di un piccolo numero di giorni. Nel caso dell'eutanasia si tratta di pochi minuti, tre, quattro, cinque minuti".

"Pertanto", conclude il prestigioso palliativista, "una cosa è molto diversa dall'altra. Sebbene sia vero che la linea che li separa è molto sottile, si tratta di una linea perfettamente chiara, che distingue molto chiaramente tra ciò che è un atto medico e ciò che è un atto eutanasico. La sedazione palliativa è uno strumento che dovrebbe essere conosciuto da tutti i medici spagnoli, perché non c'è praticamente nessun medico che non debba occuparsi di un paziente alla fine della sua vita in qualche momento della sua carriera professionale. Devono sapere che questo trattamento esiste e devono saperlo applicare perfettamente".

"Per questo mi congratulo con l'OMC [Organización Médica Colegial] per aver pubblicato questa guida tascabile, perché con essa nessun medico può dire di non sapere come fare, perché è perfettamente chiaro e dettagliato quando e come un medico deve somministrare la sedazione 'palliativa' al suo paziente".

Metà dei pazienti ne ha bisogno

"La guida spiega in dettaglio i passi da seguire per la sedazione palliativa", ha aggiunto il dottor Gómez Sancho. "Sono state aggiunte anche la sedazione palliativa nei bambini, in pediatria, e la sedazione palliativa nei casi di sofferenza esistenziale refrattaria". Si tratta di un documento di straordinaria importanza, in modo da raggiungere tutti i medici spagnoli, gli specializzandi, gli studenti di medicina, ecc.

A suo avviso, "è una risorsa essenziale oggi per affrontare il fine vita dei nostri pazienti, perché riteniamo che tra il 50 e il 60% dei pazienti alla fine della vita avrà bisogno della sedazione palliativa, per avere una fine serena, dignitosa e nel proprio tempo".

È molto importante", ha aggiunto, "perché con questo trattamento, con la sedazione palliativa, non dovrebbero essere necessari altri interventi per nessun paziente alla fine della vita". Perché con una sedazione palliativa perfetta, rigorosa e applicata con rigore, nessuna persona deve morire nel dolore o con altri sintomi stressanti.

"Pertanto, ritengo che questo sia il punto da cui si sarebbe dovuto partire, perché in questo modo, come ho detto, si eviterebbe che nessuno muoia con una sofferenza intensa, causata da uno o più sintomi particolarmente stressanti".

Inoltre, il medico ha affermato che "la sedazione palliativa deve essere applicata quando il paziente ne ha bisogno. Ovviamente, dobbiamo valutare ogni paziente individualmente e, se un paziente ha bisogno di una sedazione palliativa, non dobbiamo concentrarci troppo sul tempo che gli rimane da vivere, ma piuttosto applicare il trattamento nel momento in cui ne ha bisogno".

Domanda di legge sulle cure palliative

Durante il question time, "il presidente dell'OMC, dott. Cobo Castro, ha riconosciuto che "ci siamo stufati di chiedere una legge sulle Cure Palliative, e ci siamo anche stufati di chiedere, quando è stata redatta la legge sull'eutanasia, che avrebbero dovuto contare di più sui professionisti della salute".

Il dottor Gómez Sancho ha confermato il fatto e ha assicurato che "la richiesta di una legge sulle cure palliative è stata avanzata con insistenza da questo Parlamento. E lo abbiamo fatto anche da parte della Società spagnola di cure palliative e dell'Osservatorio stesso".

Il medico palliativista ha aggiunto che "la petizione non è stata finora ascoltata da nessun partito politico. Sono più di 30 anni che cerchiamo di avere una legge sulle cure palliative. Questo è un monito per tutti i partiti politici, perché in questi trent'anni tutti i partiti politici sono passati dal Ministero della Salute e hanno ignorato la nostra proposta. Perché la priorità non è una legge sull'eutanasia. La priorità avrebbe dovuto essere quella di fare una legge per curare i malati in modo che non debbano richiedere l'eutanasia. Perché abbiamo messo il carro davanti ai buoi".

America Latina

I contributi del cattolicesimo dei nativi indiani al cattolicesimo nordamericano

Un'ampia varietà di culture ha plasmato il cattolicesimo in Nord America e non può essere compresa senza di esse: anglosassoni, afroamericani, asiatici, ispanici e nativi americani. 

Gonzalo Meza-22 luglio 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Il cattolicesimo in Nord America non può essere compreso senza tenere conto di tutte le culture che lo hanno arricchito nel corso della storia. Anglosassoni, afroamericani, asiatici, ispanici e nativi americani hanno arricchito la fede di questo Paese con le loro tradizioni e i loro carismi. Tuttavia, fino a qualche decennio fa, la storia del cattolicesimo in Nord America era presentata come una visione frammentata: la visione anglosassone, la visione ispanica, la visione afroamericana e così via.

Si trattava di una storiografia disarticolata, come se si trattasse della storia di diversi Paesi. Recentemente ci sono state iniziative non solo per riunire la narrazione storica della fede negli Stati Uniti, ma anche per presentare i contributi che ogni cultura ha dato al cattolicesimo. Tra questi sforzi recenti c'è il documentario "An Enduring Faith: The Story of Native American Catholicism" (Una fede duratura: la storia del cattolicesimo dei nativi americani), prodotto dai Cavalieri di Colombo, che va in onda la domenica su alcune stazioni televisive pubbliche dal 16 maggio.  

I nativi americani sono circa 4,5 milioni e appartengono a 574 tribù riconosciute a livello federale, tra cui Apache, Blackfeet, Cheyenne, Chickasaw, Comanche, Pueblo, Sioux e altre. La maggior parte di loro vive nelle "riserve indiane": territori che hanno una propria giurisdizione e, pur essendo all'interno di uno Stato degli Stati Uniti, sono autonomi. Negli Stati Uniti esistono 326 riserve di questo tipo, la più grande delle quali è la Navajo Nation Reservation, situata negli Stati dell'Arizona, del New Mexico e dello Utah. Molti nativi professano la fede cattolica. Nel 2015, la popolazione nativa cattolica era stimata in 708.000 persone.

Esistono poco più di 100 parrocchie dedicate esclusivamente al servizio di queste comunità, la maggior parte delle quali si trova in California, Nuovo Messico e Texas. Infatti, all'interno della Conferenza dei vescovi cattolici americani esiste una Sottocommissione per gli affari dei nativi americani che ha tra i suoi obiettivi quello di rispondere ai bisogni di questa popolazione e di contribuire a sanare le ferite e i conflitti storici del passato: "Noi, come comunità eterogenea nella Chiesa, abbracciamo questa missione con tutti i santi che ci hanno preceduto, in particolare con Santa Kateri Tekakwitha, attraverso l'educazione cattolica, la leadership parrocchiale e il ministero di evangelizzazione della Chiesa, sviluppiamo la fiducia reciproca e il rispetto culturale".

Il documentario "Una fede duratura" inizia nel XVI secolo con le apparizioni di Santa Maria di Guadalupe a San Juan Diego al Tepeyac. Esplora poi le vite di Santa Kateri Tekakwitha e di Nicola Alce Nero, la cui vita per l'evangelizzazione del popolo Lakota ha ispirato altri missionari a portare il messaggio di salvezza a quelle comunità; la sua causa di canonizzazione è attualmente in corso.

Il film parla anche dei doni spirituali e culturali dei nativi americani e affronta i drammi della loro storia causati dalle politiche ingiuste dei governi britannico e americano. "Sappiamo che c'è una storia molto negativa tra i nativi e coloro che sono venuti dall'Europa. Ma una delle cose positive è che è arrivato anche il Vangelo e dal suo arrivo è stato presente tra le persone dei popoli nativi", dice uno degli intervistati. "Quando mi chiedono se sono un cristiano indiano o una cristiana indiana, dico loro che non mi interessa. L'importante è sapere che Dio è nel mio cuore e che sono suo figlio", dice un nativo americano. Il film evidenzia i valori fondamentali di queste culture, tra cui la sacralità della vita umana, il rispetto per il creato e la giustizia riparativa. I nativi americani sono stati i primi colonizzatori di questo territorio, ma la loro storia dalla colonizzazione è stata costellata di tragedie, inganni e ingiustizie. 

Questo documentario contribuirà senza dubbio a una storiografia più completa e unitaria del cattolicesimo in Nord America. Una visione non frammentata, che contribuisce a evidenziare come la fede cattolica negli Stati Uniti si sia arricchita prima e ora con i contributi delle culture anglosassone, afroamericana, asiatica, ispanica e dei nativi americani.

È la ricchezza della nostra fede. Come sottolinea la Conferenza dei vescovi cattolici americani, "per coloro che Cristo ha chiamato, c'è gioia e meraviglia nel trovare Cristo negli individui e nelle famiglie che formano un così vasto arazzo di cultura, spiritualità e grazia. L'anteprima del documentario è disponibile in inglese:

Cultura

VIII Centenario della Cattedrale di Burgos, messaggio dei testimoni

Juan Álvarez Quevedo, Delegato al Patrimonio della Diocesi di Burgos, ci introduce splendidamente alla meravigliosa catechesi di 800 anni di storia della pietra.

Juan Álvarez Quevedo-21 luglio 2021-Tempo di lettura: 9 minuti

Un anno fa, in occasione dell'ottavo centenario della Cattedrale di Burgos, l'allora rivista Palabra dedicò un numero speciale in cui trattava dettagliatamente tutti gli aspetti di questa celebrazione, che avrà luogo il 20 luglio 2021 e che sarà celebrata il 20 luglio 2021. è possibile leggere l'articolo completo a questo link se siete abbonati alla nostra rivista.

In questa occasione, vi proponiamo il testo di Juan Álvarez Quevedo, Delegato al Patrimonio della Diocesi di Burgos che ci introduce splendidamente alla meravigliosa catechesi della pietra di 800 anni di storia attraverso i suoi elementi più significativi.

Quando una persona viene nella Cattedrale di Burgos lo fa per una ragione ben precisa; ma questa può essere così varia che la combinazione di tutte può essere utilizzata per formulare un trattato di sociologia. Durante le celebrazioni e gli eventi che si sono svolti in occasione dell'ottavo centenario della posa della prima pietra, molte persone si sono avvicinate alla Cattedrale, colpite dall'evento, da ciò che hanno visto in relazione al Patrimonio o dal ricordo di un evento che continua a essere storia viva nella vita della Chiesa, sia nella diocesi che nella società di Burgos.

Turisti, fedeli della Chiesa diocesana, pellegrini in cammino verso Santiago, amanti del patrimonio, studiosi di architettura, devoti del Cristo di Burgos, amanti della musica e del teatro, zelanti collaboratori dei dialoghi, rappresentanti di organizzazioni pubbliche e private..., tutta questa varietà di persone è arrivata alla Cattedrale di Burgos negli ultimi mesi.

Molti altri hanno partecipato a diverse attività in questo tempio per altri motivi. È molto difficile trovare una motivazione uniforme che li abbia spinti tutti a venire in questo luogo emblematico. Presto ci sarà un'altra motivazione che riempirà le cappelle e le navate di questa Cattedrale; è la celebrazione del Giubileo, che nel corso di un anno intero ci permetterà di contemplarla con gli occhi della fede, con una motivazione diversa. Sicuramente quando alcuni dei protagonisti citati sono venuti in questo tempio non hanno dimenticato questa motivazione: è un edificio che serve a contemplare Dio sulla terra.

Un aneddoto sugli scalpellini

Quando un gruppo di bambini o di giovani si avvicina alla cattedrale, alla porta del Sarmental, quando hanno davanti agli occhi alcune porte aperte per accedere all'interno, di solito chiedo loro: dove siamo?

Le risposte sono molto diverse, quindi colgo l'occasione per dirvi: è un luogo molto importante, sacro, e lo faccio raccontandovi un aneddoto, reale o fittizio. Si tratta di quanto segue: Quando stavano costruendo questa cattedrale, nel XIII secolo, un vicino di casa molto ansioso vide gli scalpellini arrampicarsi sulle impalcature; il primo giorno che passò di lì chiese a un operaio "Cosa stai facendo laggiù, mio buon uomo?". Rispose: "Sopportando il caldo del giorno e le dure ore di lavoro". I visitatori occasionali tornavano a casa, pensando al duro lavoro degli scalpellini. Il secondo giorno passò e chiese a un altro operaio: "Il lavoro sta andando bene?" Lui rispose: "Qui sto guadagnando il pane per i miei figli, che ne hanno tanto bisogno". Infine tornò il terzo giorno e, con l'impalcatura un po' più alta, chiese a un terzo operaio: "Qual è il lavoro che stai facendo?" E quello rispose: "Sto costruendo una cattedrale". Perciò dico ai giovani: le porte sono aperte per noi; siamo invitati a entrare in una cattedrale, a esserne protagonisti, come quegli artisti del XIII secolo.

Per scoprire il vero motivo del nostro ingresso nella Cattedrale dobbiamo capire che cos'è un tempio cattolico, che cosa ci viene insegnato al suo interno, per quale scopo è stato creato. In questo modo non troveremo solo un'altra o diversa motivazione per andare alla Cattedrale, ma la base o la ragione della nostra visita o del nostro ingresso in questo luogo.

Per farlo, mi soffermerò brevemente su alcuni piccoli dettagli dell'arte della nostra cattedrale e su come tutti noi siamo testimoni del messaggio che contiene e quindi diventiamo protagonisti di questo tempio. Questi piccoli e straordinari dettagli ci fanno scoprire il protagonismo e il messaggio religioso del tempio. Il resto degli studi sulla storia, l'arte o i restauri della Cattedrale sono già analizzati da altre persone che conoscono alla perfezione questi dettagli tecnici.

Santa Maria e la porta del Perdono

La Cattedrale di Burgos, vista dall'esterno, ha tre porte molto significative che ci introducono ai misteri che si celebrano all'interno.

Juan Álvarez Quevedo

Ad esempio, se un'abside è decorata con una pala d'altare di altissima qualità o con vetrate che ci permettono di scoprire i misteri attraverso la luce e, inoltre, ha una sorta di pala d'altare esterna sulla facciata, ci troviamo di fronte a un insieme di doppio valore, che mostra i misteri della Salvezza dall'interno, ma prepara questo impatto dall'esterno per invitare il visitatore a entrare in contemplazione.

La Cattedrale di Burgos, vista dall'esterno, presenta tre facciate molto significative che ci introducono ai misteri che si celebrano all'interno, sintesi di una Storia della Salvezza scritta nella pietra in tre capitoli, e che invitano chi le contempla a entrare nel messaggio.

La facciata di Santa María, che si apre sull'omonima piazza, è la porta del Perdono, un luogo attraverso il quale entrano i pellegrini e i giubilari che desiderano ottenere questa grazia. È il punto di riferimento di tutta la Cattedrale: Maria è la patrona del tempio, ospita una serie di cappelle dedicate ai suoi misteri e ci porta nella Storia della Salvezza, perché è l'inizio di questo grande progetto di Dio, che vuole contare su Maria, sua Madre, per dare pienezza a questo piano.

Poiché il centro di questa storia è radicato nel Popolo d'Israele, che è foriero della Chiesa, abbiamo al centro della facciata la Stella di Davide, che serve a incorniciare il rosone. Maria e il suo Popolo sono la cornice iniziale di questa storia, i protagonisti di questa prima facciata, che si completa con otto statue di diverse dimensioni; secondo alcuni autori, rappresentano personaggi del Popolo d'Israele e sono in relazione con la Vergine.

Ma in alto al centro troviamo l'immagine e il testo esplicativo della facciata: l'immagine della Vergine con il Bambino e la luna sotto i suoi piedi; ai suoi lati compare il testo che si riferisce a lei: "...".Pulchra es et decora"(Siete belli e bellissimi). L'aggiunta delle guglie, realizzate nel XIV secolo con i motti dei vescovi Alonso de Cartagena e Luis de Acuña, "Pax vobis" y "Ecce agnus Dei"Aiuta a collegare la facciata a un altro momento della Storia della Salvezza, che è la Chiesa, ma che si concretizza nell'opera e nel lavoro dei vescovi nella Chiesa locale.

Il Sarmental, Cristo

La facciata successiva rivela un altro momento di questa storia e vi si accede da Plaza de San Fernando. È la Portada del Sarmental, dove Cristo è il protagonista centrale; in essa e in uno spazio molto ridotto, ma con una ricchezza incomparabile, sono descritti quattro momenti, l'ultimo dei quali prolungato nella Storia. Essi sono i seguenti. Al centro, Cristo, il protagonista di questa copertina, appare seduto, benedicente con la mano destra e con il libro dei Vangeli aperto; è il Verbo incarnato, che porta e predica la salvezza attraverso la sua Parola. Accanto a Lui ci sono gli evangelisti, ai loro banchi d'epoca e con i loro attributi, Essi portano quel messaggio per iscritto; è la Sua Parola trasmessa.

   Al di sotto di questo gruppo ci sono i dodici apostoli con il loro libro dei Vangeli, che decidono di predicarlo; e infine il quarto momento, la figura del vescovo, come successore degli apostoli, che porta il messaggio di Salvezza su questa terra; questo messaggio è rappresentato in modo che la Parola si diffonda nella storia attraverso i secoli. La liturgia della chiesa è rappresentata negli archivolti di questa facciata, con angeli, musicisti e anziani, e nella parte superiore anche con angeli che portano candele e candelabri.

La Coronería, gli apostoli

La terza porta importante all'esterno è quella della Coronería, situata all'estremità nord del transetto e nota come porta degli Apostoli, a significare che essi ci accompagnano in questo processo di salvezza. Si trova in via Fernán González. È il terzo capitolo di questo processo in cui tutti i credenti diventano protagonisti. È l'esame finale, poiché, se i dodici apostoli sono sul banco, il timpano rappresenta il Giudizio Finale, cioè l'analisi della vita dei credenti prima della partecipazione alla vita di Dio. Cristo appare come Giudice, accompagnato dalla Vergine e da San Giovanni Evangelista, e nella parte inferiore, sotto il baldacchino, la porta stretta attraverso la quale è necessario passare, con alcuni a destra e altri a sinistra, seguendo il testo di Mt 25,41. È un'intera storia che coinvolge i protagonisti e ci rende tutti partecipi.

Cattedrale
Coro della Cattedrale di Burgos ©Diario de Burgos

Messaggio del Coro

Il primo coro della Cattedrale di Burgos si trovava alla testa della navata centrale, ma alla fine del XV secolo si pensò di ampliarlo e sostituirlo con un altro della qualità artistica dell'epoca. Per questo motivo, il coro originale fu rimosso e dal 1506 iniziarono i lavori per il nuovo coro, che si protrassero fino al 1610, con diversi autori di spicco che vi lavorarono.

Quello che ci interessa a questo punto è la descrizione di una parte di essa, in accordo con lo scopo di questo studio. Dispone di 103 posti a sedere e, poiché si trova al centro della cattedrale per lodare Dio, è divisa in tre livelli: il livello inferiore presenta rilievi con temi biblici e agiografici della vita quotidiana; il livello superiore, basato sulle narrazioni della Genesi, presenta rilievi di scene della Genesi intervallate da immagini di santi e personaggi biblici. Ma ciò che più risalta è l'insieme dei rilievi del coro superiore, dove viene raccontata la vita di Cristo, dall'Annunciazione alla Resurrezione.

È il Vangelo in scene, che viene offerto a tutti i visitatori della Cattedrale, in particolare ai giovani, affinché possano scoprire i personaggi più importanti al centro della Storia della Salvezza.

JuanÁlvarez Quevedo

È il Vangelo in scene, che viene offerto a tutti i visitatori della Cattedrale, soprattutto ai giovani, affinché possano scoprire le figure più importanti al centro della Storia della Salvezza e ad essa associate sedendosi su questi sedili. Questi visitatori, così come le persone che partecipano a celebrazioni o ad altri eventi culturali o religiosi, sono associati ai momenti più brillanti ed eccezionali della vita del Vangelo. In questo coro possono scattare una fotografia retrospettiva dei luoghi che hanno occupato nel corso della loro vita.

La cupola

"In medio templi tui laudabo te et gloriam tribuam nomini tuo qui facis mirabilia".In mezzo al tuo tempio ti loderò e ti darò gloria perché fai meraviglie. Questa è l'iscrizione che compare sulla base dell'ultima opera che, tra le tante, può essere analizzata per comprendere il significato delle rappresentazioni dei testimoni. Questa frase è quella che gli artisti potrebbero lasciare scritta a caratteri cubitali per far intendere che, quando svolgono questa attività, stanno continuando l'opera di Dio nella creazione.

Su incarico del vescovo Acuña, Juan de Colonia eresse una cupola nel transetto a forma di terza torre intorno al 1460-1470. Imponente, elegante e sontuoso, con una struttura ardita, era ornato da molte colonne e coronato da otto guglie. Essendo stata costruita sopra la struttura originaria, che aveva solo un semplice tetto, nella notte tra il 3 e il 4 marzo 1539, dopo che i suoi pilastri sul lato nord cedettero, crollò completamente, trascinando giù anche le volte vicine.

Il capitolo decise di ricostruire la cupola quello stesso giorno, incaricando Juan de Vallejo, che si ispirò a un progetto di Juan de Langres, discepolo di Philippe Bigarny. Fu quasi terminato nel 1555, ma fu completato solo nel 1568. Il progetto attuale presenta un'alta struttura a prisma ottagonale divisa in due sezioni, con quattro torri annesse sormontate da sottili guglie che rafforzano l'impatto visivo del tamburo centrale.

Nel cuore della Cattedrale

L'artista vuole restituire a Dio ciò che ha ricevuto, vuole continuare l'opera del creatore e così si alza e lo loda e dà gloria dal tempio.

Juan Álvarez Quvedo

Siamo nel cuore della cattedrale. L'immaginazione sale verso l'alto e vede la luce che irradia l'intera cupola, dall'alba al tramonto. Filippo II disse che sembrava più opera di angeli che di uomini. La mano di Dio si libra su questi rilievi, sulle finestre e, come opera umana, scende sul pavimento del tempio, luogo destinato al riposo umano.

L'artista vuole restituire a Dio ciò che ha ricevuto, vuole continuare l'opera del creatore, e così si eleva verso l'alto e lo loda e rende gloria a Lui dal tempio; così ha continuato l'opera del Creatore. Se in principio Egli disse: "Sia la luce" e l'universo intero brillò, ora l'uomo lo glorifica con la sua mano d'artista, adempiendo al mandato del lavoro. I talenti che Dio ha messo nella mente dell'uomo lo rendono l'artista dell'universo, completando la creazione e facendo amicizia con Dio. La volta traforata, tipica di Burgos, apre i recessi per la preghiera e l'incenso apre le sensazioni della divinità. L'uomo e Dio lavorano insieme in questa meraviglia artistica.

Conclusione

Se riusciamo a sognare, possiamo vedere cattedrali piene di luce, bianche come il primo giorno, perché completamente restaurate; possiamo immaginare templi ben consolidati e pieni di turisti; possiamo contemplare meravigliose opere d'oro e d'argento dietro le teche di vetro, e sogniamo percorsi pieni di sogni e pieni di gioielli che riempiono la geografia e il paesaggio. Se è solo questo, non abbiamo ancora scoperto la pienezza della luce, non abbiamo ancora visto le meraviglie di Dio che questi gioielli contengono.  

La vera gloria di Dio è anche il fatto che le cattedrali siano luoghi di incontro per il popolo cristiano, che le chiese siano centri di aggregazione parrocchiale e comunitaria, che gli ostensori, le croci processionali e i calici con il loro bagliore luminoso ci conducano a Dio.

Non importa se i nostri musei sono visitati da molti o pochi turisti, è più urgente che siano un itinerario di fede e di interrogazione, che l'arte sia al servizio del mondo della cultura e al servizio del turista pastoralmente; che ogni tempio sia un focolaio di pace e di solidarietà per un mondo che continua ad avere bisogno e a cercare Dio.

Tutti i protagonisti della Cattedrale, riflessi in immagini e rilievi, diventano oggi uomini e donne del XXI secolo, che continuano a scrivere la loro storia, per essere protagonisti del loro momento stellare in questa Via di Salvezza.

L'autoreJuan Álvarez Quevedo

Delegato al Patrimonio della Diocesi di Burgos, Vicepresidente del Capitolo della Cattedrale.

Vangelo

Commento alle letture di domenica 25 luglio 2021

Il sacerdote Andrea Mardegan commenta i passi scritturali della 17ª domenica del Tempo Ordinario.

Andrea Mardegan-21 luglio 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Proseguendo con il Vangelo di Marco, avremmo letto della moltiplicazione dei pani a beneficio della moltitudine, che Gesù vide "come pecore senza pastore e che non avevano nulla da mangiare. La scelta della liturgia è invece quella di allargare la riflessione teologica su questo episodio; e così per cinque domeniche leggiamo il sesto capitolo di Giovanni, dove, dopo la moltiplicazione dei pani, si apre il discorso sul pane della vita, la rivelazione di Gesù a noi del mistero della sua presenza nel pane che ci darà, e con esso, la vita eterna. Il fatto che la moltiplicazione dei pani e dei pesci sia l'unico miracolo raccontato dai quattro Vangeli, e che Matteo e Marco lo raccontino due volte, rivela un significato profondo: è un segno decisivo per comprendere Gesù nella sua compassione per la sofferenza umana, e anche nel suo progetto di entrare in comunione con tutta l'umanità, attraverso i secoli, attraverso l'Eucaristia. 

Nel racconto di Giovanni notiamo che la folla segue Gesù perché guarisce i malati. Sale sulla montagna e si siede lì. La montagna era il luogo in cui Dio diede a Mosè la legge, scritta su tavole di pietra. Quando Gesù sale su un monte si prepara a darci qualcosa della nuova legge che scrive sui cuori. La Pasqua è vicina: ciò che Gesù sta per fare è intimamente legato alla Pasqua della sua futura redenzione. Gesù guarda in alto, come quando prega: guardando con il cuore la povertà degli uomini, è come se pregasse, e il Padre lo ascolta. Vuole coinvolgere Filippo e gli chiede come sfamare questa gente, anche se sa già quale sarà la soluzione. Gesù è anche un maestro della capacità di collaborare. Filippo e Andrea vedono le cose dal punto di vista delle forze umane: duecento denari, ovvero cinque pani d'orzo e due pesci, non sono sufficienti per nessuno.

La risorsa viene da un bambino che rinuncia spontaneamente al suo cibo: dà tutto ciò che è suo. La Chiesa ha bisogno dell'entusiasmo e della follia dei giovani. Abbiamo bisogno della novità del pane d'orzo, che in primavera è il primo dei cereali a dare i suoi frutti. Il luogo scelto da Gesù è bello nel paesaggio, è comodo sull'erba dove tutte queste persone possono sedersi. Secondo Giovanni, è Gesù stesso a distribuire il pane dopo aver reso grazie, la preghiera che dà il nome all'Eucaristia. Forse i discepoli lo aiutano: ci sono cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini. Ma è bello vedere che è Gesù stesso a darci il pane. Sicuramente i dodici raccolgono gli avanzi: un cesto a testa. Così sentono quanto pesa: così si incide per sempre nella loro memoria che la generosità di Dio è sovrabbondante, che l'Eucaristia è inesauribile.

Mondo

I giovani si mobilitano per stare vicino ai nonni

La 1ª Giornata mondiale dei nonni e degli anziani è un appello ai giovani affinché siano angeli degli anziani.

Giovanni Tridente-21 luglio 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

È arrivato il momento. Domenica 25 luglio, per la prima volta in assoluto, il Giornata mondiale dei nonni e degli anziani -annunciata da Papa Francesco all'ultimo Angelus di gennaio, poco prima della festa dei Santi Gioacchino e Anna, i "nonni" di Gesù.

Quest'anno si inserisce nelle iniziative dell'Anno della Famiglia "Amoris Laetitia", coordinate dall'Associazione delle Famiglie. Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita e sarà celebrata in tutte le diocesi del mondo, che dedicheranno una delle loro Messe domenicali alla celebrazione della Giornata.

Anche i giovani - i "nipoti" - saranno mobilitati con visite agli ospedali o alle case di riposo, senza dimenticare il ricordo di coloro che non ce l'hanno fatta con la Covid-19, magari con un momento di preghiera leggendo i loro nomi e accendendo una candela.

Nel Messaggio scritto per questa prima Giornata mondiale, Papa Francesco ha sottolineato l'importanza della vocazione della "Terza età", chiamata a "custodire le radici, trasmettere la fede ai giovani e prendersi cura dei più piccoli". Egli stesso ha proposto "la visita di un angelo" in questo giorno per ogni nonno e per ogni anziano, "soprattutto per quelli che sono più soli".

Il Papa ha anche ricordato che tutta la Chiesa è vicina alle persone che invecchiano: "si preoccupa per voi, vi ama e non vuole lasciarvi soli", e ha sottolineato che "non c'è un'età in cui ci si può ritirare dal compito di annunciare il Vangelo, dal compito di trasmettere le tradizioni ai propri nipoti".

Ciò che conta per il Pontefice è costruire il mondo di domani "nella fraternità e nell'amicizia sociale" e, per questo, gli anziani sono fondamentali, gli unici che possono aiutare a mettere in atto i tre pilastri fondamentali di questa costruzione: "sogni, memoria e preghiera".

Ciò che conta per il Pontefice è costruire il mondo di domani "nella fraternità e nell'amicizia sociale" e, per questo, gli anziani sono fondamentali.

Giovanni Tridente

In breve, dobbiamo prima "sognare" un mondo di giustizia, pace e solidarietà, e dobbiamo trasmettere questi sogni ai giovani. Questo non sarebbe possibile senza la "memoria", che può essere condivisa solo da chi l'ha vissuta - come i "nonni" che hanno subito le tragedie della guerra e della distruzione. Infine, "la preghiera", e quella degli anziani, "è un polmone di cui la Chiesa e il mondo non possono essere privati", come ha scritto Francesco nella Evangelii Gaudium.

Indulgenza plenaria

Su richiesta del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, la Penitenzieria Apostolica ha emesso un Decreto con il quale viene concessa l'indulgenza plenaria a coloro che partecipano in qualsiasi modo alla Giornata. Oltre alle consuete condizioni (confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del Sommo Pontefice), l'indulgenza è concessa anche a coloro che "dedicano un tempo adeguato a visitare personalmente o virtualmente i fratelli e le sorelle maggiori in difficoltà o in stato di bisogno: malati, abbandonati, disabili...".

Il momento culminante della giornata sarà la Messa nella Basilica Vaticana presieduta da Papa Francesco, alla quale parteciperà una rappresentanza di nonni e anziani della Diocesi di Roma. Nel frattempo, è possibile essere presenti sui social network attraverso la campagna 1TP5I'malwayswithyou, ispirata al tema dell'evento, con cui raccontare le varie iniziative.

Mondo

Juan Narbona: "La fede è fortemente attrattiva".

Il professore del Pontificia Università della Santa Croce in questa seconda parte dell'intervista evidenzia come "la Chiesa ha un'identità che non può cambiare". È esso stesso credenteLa missione: fonda la sua fede su Dio. Allo stesso tempo, ha una missione da compiere, per cui deve essere credibile. Ma anche questo non basta: deve essere anche ".caro". 

Alfonso Riobó-21 luglio 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Offriamo la seconda parte del intervista che Juan Narbona, professore di Comunicazione digitale alla Pontificia Università della Santa Croce, ha consegnato a Omnes. Nella prima parte, pubblicata qualche giorno fa, ha spiegato che la sfiducia nelle istituzioni indebolisce la società, e ora si concentra sulla Chiesa.

Si può sostenere che la mancanza di fiducia non sia solo un problema di comunicazione?

- La comunicazione serve a tendere la mano quando ci si ritiene degni di fiducia e a mettere in moto i meccanismi che ci rendono degni di essa. In un'organizzazione, la missione del dipartimento di comunicazione è quella di ricordare alle persone il ruolo ispiratore dei valori, di creare una cultura aziendale al servizio delle persone (ad esempio, attraverso l'ascolto) e di mostrare, con parole e immagini comprensibili, la propria proposta. Ma chi usa la comunicazione per mascherare il proprio comportamento incoerente, egoista o incapace, prima o poi fallirà.

Ad esempio, se una realtà della Chiesa, per raggiungere i lontani, difendesse verità contrarie alla fede, sembrerebbe forse avere maggiori capacità - "sono vicini alla gente" - o benevolenza - "hanno una mentalità moderna e aperta" - ma cesserebbe di essere retta e, quindi, prima o poi perderebbe la fiducia di chi vuole testimoniare la fede. Come diceva Groucho Marx: "Questi sono i miei principi, e se non ti piacciono ne ho altri...". Una persona del genere non ispira molta fiducia, vero?

In alcuni ambienti si teme la perdita di credibilità della Chiesa che le denunce di abusi sessuali potrebbero comportare. Esiste un legame diretto tra le due questioni?

- Questi scandali hanno indubbiamente eroso la credibilità della Chiesa. Quando questi casi si sono verificati, hanno dato l'immagine di un'istituzione che ha difeso se stessa piuttosto che le persone che doveva proteggere. E in molti casi è stato così.

Ispirare di nuovo la fiducia è un processo lungo che richiede pazienza, perché prima che la fiducia possa essere riconquistata, è necessario cambiare le dinamiche che hanno permesso di commettere quei crimini e quelle bugie.

A volte si sostiene che per riacquistare credibilità sarebbe necessario cambiare i contenuti proposti ai fedeli per credere...

- Un sano desiderio di riforma è molto positivo se genera cambiamenti in linea con la propria identità e missione. Non si tratta di rinunciare a ciò che si è per riconquistare l'applauso del pubblico. Sarebbe un falso cambiamento.

Le crisi sono un'opportunità per tornare alle proprie radici, per rispolverare le ragioni per cui un'organizzazione o un'iniziativa è stata lanciata. Sono anche un'occasione per liberarsi da pesi inutili acquisiti nel tempo, da cattive pratiche o modi di fare che sono serviti per un certo periodo, ma di cui dobbiamo poterci liberare se non aiutano la missione, che nel caso della Chiesa è la salvezza delle anime.

Discernere ciò che si può o non si può cambiare è un esercizio che richiede molta prudenza e coraggio. Come ho detto all'inizio, i limiti entro i quali possiamo muoverci sono segnati da chi sono e da quale sia il mio ruolo. Queste linee guida si applicano alla Chiesa, a qualsiasi organizzazione e a ciascuno di noi.

Hai detto che meritare La fiducia richiede la dimostrazione di integrità, benevolenza (desiderare il bene dell'altro) e capacità. Come comunicare l'"incoerenza" è in un certo senso inevitabile, perché l'incoerenza è un'altra cosa.a Chiesa è composta da peccatori e da santi?

- Comunicare la propria vulnerabilità è un argomento delicato ma necessario. Per esempio, chiedere scusa può costare, ma è un'azione che aiuta a riportare in primo piano i valori che si sono traditi. Se un'organizzazione in cui il denaro è stato gestito male si scusa, ammette di voler essere guidata dall'onestà finanziaria in futuro.

Continuo a ripetere che il perdono deve seguire la regola delle tre "r": "riconoscere" il danno causato, "riparazione" per quanto possibile il danno causato alla controparte e "rettificare". le circostanze che possono aver portato a quell'illecito. Non è sempre facile, ma chiedere scusa - ammettere che il proprio comportamento si è allontanato dai valori che dovrebbero guidarci - è il grido del peccatore che spera ancora di poter essere santo. Riconoscere la propria fragilità è, paradossalmente, la base su cui si può lavorare solidamente per riconquistare la fiducia degli altri.

Chiedere perdono, - è la domanda del Vangelo - quanto spesso? Inoltre, ci si aspetta che alcuni nella Chiesa chiedano scusa e si assumano le conseguenze degli errori degli altri.

- La Chiesa sente la responsabilità di chiedere perdono per i reati commessi da alcuni dei suoi ministri, e dovrà farlo finché ci saranno persone ferite. Ma mi rifaccio alle tre "r" di cui sopra: dimostrano che chiedere perdono è un atto importante, serio, profondo. È importante non banalizzarla, né usarla come strumento di marketing.

È altrettanto grave chiedere perdono: bisogna spiegarne le ragioni e non chiederlo solo per umiliare l'altra parte o per vendicarsi del male subito. Se si cerca giustizia, sì, è perfettamente legittimo. Inoltre, la Chiesa è chiamata ad andare oltre la giustizia e ad essere maestra di carità.

Per quanto riguarda la "benevolenza", ci si può chiedere se la Chiesa voglia il bene dei fedeli?

- Come ha detto il Papa, "il potere è servizio", cosa che a volte non è stata compresa né da chi esercita l'autorità né da chi la segue. Per questo motivo guardiamo con sospetto i leader di molte istituzioni, non solo della Chiesa. L'attuale crisi di fiducia nei confronti delle organizzazioni governate da un sistema strutturato deve farci riflettere. Non si tratta di eliminare le gerarchie - che pure sono necessarie - ma di trovare nuove modalità di partecipazione. Un maggiore dialogo può aiutare ciascuno a sentirsi responsabile del futuro e della buona salute della propria organizzazione - anche della Chiesa; aiuterebbe a trovare proposte creative per rispondere alle sfide di una società in continuo cambiamento, a capire le difficoltà di chi gestisce l'organizzazione, a conoscere i bisogni e le aspettative di chi ne fa parte, ad avere una visione più completa e realistica del contesto in cui si opera....

A mio avviso, la sinodalità proposta da Papa Francesco - che è un bene teologicamente radicato e non solo una tecnica di partecipazione democratica - è un esempio, ma ogni realtà deve trovare i propri metodi per aumentare l'ascolto e la partecipazione. Il senso critico che tutti noi abbiamo può essere trasformato in qualcosa di positivo se riusciamo a trovare un sistema che lo orienti verso soluzioni costruttive.

Passiamo ora alla capacità: in che senso la Chiesa può essere "competente"? I cattolici hanno sempre la possibilità di fare del bene, ma non sempre lo facciamo.

- Nella Chiesa avremo sempre l'impressione di non essere in grado di offrire al mondo tutta la meraviglia del messaggio cristiano. Questo non significa che in ogni epoca dobbiamo sforzarci di rinnovare il nostro linguaggio, rivestendo il nostro annuncio con parole nuove che risveglino l'interesse della gente. Per raggiungere questo obiettivo, è importante imparare ad ascoltare. Come disse il poeta Benedetti: "Quando abbiamo avuto le risposte, hanno cambiato le domande". Questa è l'impressione che possiamo avere nella Chiesa.

Quali sono le domande che la gente si pone oggi e perché la proposta cristiana non sempre risponde alle loro domande? Non possiamo nemmeno dimenticare che, in un mondo polarizzato con poco spazio per il dialogo e dove le emozioni hanno talvolta un peso eccessivo, la testimonianza calma e costante dei cristiani - ad esempio nelle opere di carità - continuerà ad essere un'enorme fonte di fiducia.

Le opere mostrano che siamo in grado di per fare del bene. Mi piace citare ciò che San Francesco disse ai suoi discepoli per ricordare loro il valore della testimonianza: "Usciamo e predichiamo, se necessario anche con le parole". A volte basta affidarsi all'enorme potere di una vita coerente. Le azioni comunicano da sole quando sono ben fatte.

Dove ancorare la fedeltà, se si percepisce una mancanza di coerenza nelle azioni?

- Ricordate spesso che non dobbiamo essere fedeli a un'istituzione, ma a una Persona. Cristo e la sua Chiesa sono inseparabili, per questo siamo certi che nella Chiesa troviamo Cristo. Ma ogni persona cerca il tesoro della fede in contesti culturali, sociali e intellettuali diversi. a la Chiesa. Ecco perché, a volte, per rimanere fedeli, è necessario cambiare gli accessori. La fedeltà non è immobilità, ma amore in movimento.

Perdendo la "fiducia" di una parte del popolo, la Chiesa perde "credibilità"?

- Come abbiamo detto all'inizio, la fiducia è legata alle aspettative degli altri. A volte, alcune persone possono avere aspettative nei confronti della Chiesa che essa non può soddisfare. Essere coerenti con la fede, anche se ci costa perdere la fiducia di alcuni, può rafforzare quella di altri.

La Chiesa ha un'identità che non può cambiare. È esso stesso credenteLa missione: fonda la sua fede su Dio. Allo stesso tempo, ha una missione da compiere, per cui deve essere credibile. Ma anche questo non basta: deve essere anche ".caro". Non potete amare chi vi incute paura o sospetto, ma potete amare chi vuole il vostro bene, chi è coerente e sa come aiutarvi, anche se sbaglia. Pertanto, direi che i cristiani e la Chiesa devono acquisire queste tre caratteristiche consecutive: siamo chiamati a essere credenti, credibili e "amabili".

L'opinione pubblica si muove così velocemente che non c'è quasi tempo per pensare. In questo contesto, come si possono comunicare temi come la fede o la Chiesa, che richiedono una lenta riflessione?

-Internet ha accelerato le comunicazioni, aumentando il volume delle informazioni e diminuendo, alla stessa velocità, la nostra capacità di analisi. Whatsapp, mail, serie, post, storie... invadono i nostri spazi di attenzione. Se non ci proteggiamo, perdiamo semplicemente la capacità di riflettere, che è un'abitudine malleabile, come tutte le altre.

Sherry Turkle, pioniera nell'analisi dell'impatto sociale di Internet, sostiene che affinché Internet non ci allontani dagli altri, è necessario promuovere il dialogo fisico: a casa, con gli amici, al lavoro... Ma anche con se stessi! Questo spazio interiore è essenziale per coltivare la nostra fede - che è anche una relazione personale - nella riflessione, nella preghiera, nello studio continuo. In un apparente paradosso, in una società dal ritmo incalzante, la Chiesa può acquisire attrattiva come spazio serio di riflessione ed equilibrio, anche per i non credenti. Affinché si fidino di noi, dobbiamo innanzitutto credere che la fede sia fortemente attraente.

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