Vaticano

"Pellegrini della speranza": al via i preparativi per il Giubileo del 2025

In cammino verso un nuovo Anno Santo della Chiesa universale, il Giubileo del 2025, Papa Francesco vuole iniziare a prepararlo e a tal fine ha annunciato il motto del Giubileo: "Pellegrini della speranza". Gli ultimi 25 anni sono stati un "punto di svolta" per la Chiesa e per la società, come ha sottolineato più volte il Santo Padre.

Giovanni Tridente-14 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

"Pellegrini della speranza" è il motto scelto da Papa Francesco per il prossimo Anno Santo della Chiesa universale, il Giubileo del 2025. È stato l'arcivescovo Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ad annunciarlo nelle ultime ore, raccontando i risultati della recente udienza privata avuta con il Santo Padre all'inizio di gennaio.

La notizia che sarebbe stato il dicastero vaticano guidato da monsignor Fisichella a coordinare la preparazione del prossimo Giubileo a nome della Santa Sede, in collegamento con le autorità civili italiane, è stata annunciata all'indomani di Natale, ma già da diversi mesi erano in corso serrati colloqui con gli organismi interessati.

Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che secondo il prossimo testo di riforma dell'organizzazione della Curia Romana - Praedicate Evangelium - dovrebbe essere accorpato alla Congregazione di Propaganda Fide, ha già gestito il precedente "Giubileo della Misericordia" (8 dicembre 2015 - 20 novembre 2016). È vero che allora si trattava di un evento che non solo arrivava a sorpresa per volere di Papa Francesco, ma che doveva essere "diffusivo" rispetto alla sola città di Roma, con l'apertura delle "Porte Sante" in tutte le diocesi del mondo. La prima Porta Santa ad essere aperta, come si ricorderà, non è stata quella della Basilica di San Pietro, ma quella della Cattedrale periferica di Banguì, nella Repubblica Centrafricana.

La strada per la preparazione

Passando al prossimo evento del 2025, oltre all'aspetto logistico, ci sarà senza dubbio il percorso di preparazione spirituale. Basti ricordare che per il Grande Giubileo del 2000 il cammino di preparazione è iniziato sei anni prima, nel 1994, quando Giovanni Paolo II ha consegnato a tutta la Chiesa la Lettera Apostolica Tertio Millenio Adveniente. In quel documento anticipava le tre fasi che avrebbero portato alla pienezza di questa celebrazione: una fase "ante-preparatoria" e tre anni strettamente preparatori, dal 1997 al 1999.

Non siamo certo nell'imminenza di un cambio di millennio che richiede una riflessione ponderata su due millenni di storia, ma certamente gli ultimi 25 anni hanno rappresentato per la Chiesa e per la società un "cambio d'epoca", come ha più volte sottolineato Papa Francesco.

Un ragionamento che il Papa ha fatto anche nel 2019 alla Curia romana, quando ha ribadito che proprio in questo contesto epocale, dove tra l'altro, ha detto, "non siamo nella cristianità, non più", la vera urgenza dei testimoni di Cristo non è quella di "occupare spazi" ma di "avviare processi".

Certo, il tema della speranza è venuto alla mente del Papa anche dopo gli eventi degli ultimi due anni, segnati dalla pandemia, che oltre a tante sofferenze ha seminato nel mondo disperazione e disillusione verso un futuro che appare incerto, in cui si è persa anche la capacità di sognare.

Il Giubileo sarà quindi l'occasione per riprendere il cammino della fiducia e per guardare con occhi rinnovati al futuro che ci attende, facendo ciascuno la propria parte: pellegrini della speranza.

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Vocazioni

Santi sacerdoti: José Gabriel Brochero, la Cura Brochero

Il sacerdote José Gabriel Brochero è il primo santo canonizzato nato, vissuto e morto nella Repubblica Argentina. Morì di lebbra il 26 gennaio 1914. È stato beatificato il 14 settembre 2013 e canonizzato il 16 ottobre 2016. La sua festa si celebra ogni anno il 16 marzo.

Pedro José María Chiesa-13 gennaio 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Il sacerdote José Gabriel Brochero è il primo santo canonizzato nato, vissuto e morto in Argentina. È conosciuto popolarmente come "Cura Brochero". È nato il 16 marzo 1840. Il giorno seguente fu battezzato. La sua famiglia era composta da genitori che svolgevano duri lavori rurali, il che non impedì loro di formare una famiglia brillantemente numerosa, fedele alla fede cattolica, austera fino all'estremo e composta da dieci figli, uno dei quali sarebbe diventato sacerdote (José Gabriel Brochero) e due delle fedeli religiose della Congregazione delle Suore dell'Orchidea.

Morì di lebbra il 26 gennaio 1914. La malattia durò per molti anni e lo "divorò" a poco a poco. L'aveva contratta a causa della sua perseverante cura di un anziano affetto dalla malattia, nonostante tutti gli avvertimenti che gli erano stati dati. Non voleva abbandonarlo, perché era consapevole di essere l'unica persona che lo visitava. La sua festa si celebra ogni anno il 16 marzo. È stato beatificato il 14 settembre 2013 e canonizzato il 16 ottobre 2016.

Il suo ministero sacerdotale

Per quanto riguarda la sua attività sacerdotale, ricordiamo che il 4 novembre 1866 fu ordinato sacerdote nella Cattedrale di Cordoba (Argentina). L'anno successivo manifestò il suo coraggio sacerdotale, distinguendosi per la sua coraggiosa generosità nell'assistere i malati e i moribondi durante l'epidemia di colera che colpì la città di Cordoba nel 1867, uccidendo una percentuale significativa della popolazione (2.300 persone su circa 30.000).

Alla fine del 1869, il vescovo gli affidò l'esteso "Curato" di San Alberto: diecimila abitanti sparsi in zone desertiche e montuose, su 4.336 chilometri quadrati, in un'area tagliata fuori dalle comunicazioni dall'interposizione delle "Sierras Grandes", un massiccio di pietra alto 2.200 metri, la cui traversata, pur non essendo molto alta, era molto pericolosa e inospitale, motivo per cui era isolata dai luoghi più civilizzati.

Nel suo "Curato" i luoghi erano lontani, e non c'erano quasi strade o scuole. Inoltre, lo stato morale e di indigenza materiale dei suoi abitanti era pietoso. Tuttavia, il cuore apostolico di Brochero trasformò la zona in un centro di spiritualità e in una fiorente area produttiva.

La sede del Curato si chiamava "Villa del Tránsito" (oggi "Cura Brochero"), era composta da sole dodici case precarie, senza servizi. In quel luogo dilagavano l'analfabetismo, il concubinaggio, l'alcolismo, il furto e la povertà, a cui si aggiungeva l'assoluta mancanza di istruzione religiosa e di sacramenti.

Il Cura Brochero, consapevole che le autorità statali della capitale provinciale non avrebbero mostrato alcun interesse per quei luoghi abbandonati, capì che se non avesse organizzato la popolazione per elevare la propria dignità umana, non avrebbe potuto predicare il Vangelo in modo efficace; Per questo, con una notevole guida spirituale, sacramentale e morale, organizzò gli abitanti in squadre per costruire cappelle e scuole, tracciare strade in luoghi rocciosi e scoscesi, aprire canali di irrigazione che portassero l'acqua dei fiumi di montagna alle coltivazioni, trasformando la zona in un frutteto. 

Molte di queste opere sopravvivono ancora oggi, tra cui il "Camino de las Altas Cumbres", utilizzato nelle competizioni internazionali di rally.

A dorso di mulo

A differenza del santo Curato d'Ars, che lo Spirito Santo spinse a sviluppare un ministero pastorale notevolmente "statico", incentrato sulle confessioni e sulla predicazione ai fedeli, il Curato Brochero fu spinto dallo Spirito Santo al compito "dinamico" del ministero parrocchiale, Per questo, a dorso di mulo, percorreva migliaia di chilometri ("migliaia" in senso letterale) per visitare tutti i suoi parrocchiani e portare loro la Fede, la consolazione e i sacramenti, portando crudeli ferite sul suo fondoschiena inguaribilmente ferito. 

Un giorno si rese conto che i suoi sforzi non avrebbero mai portato solidi frutti spirituali se non avesse ottenuto la conversione profonda delle anime a lui affidate; e capì anche che l'unico modo per convertire tanta gente povera e abbandonata era quello di farli partecipare, "tutti" (e specialmente gli analfabeti, i concubini, gli alcolizzati, i banditi perseguitati dalla legge, ecc.), a partite di esercizi spirituali di almeno otto giorni (con meno di otto, riteneva che "non si potesse fare nulla di serio"). 

In questi lotti c'erano quattro giorni dedicati alla formazione sulla dottrina cristiana di base e quattro giorni dedicati alla vita di preghiera vera e propria. 

Per perseguire questo obiettivo, costruì un'enorme casa di ritiro sul sito della sua parrocchia, che era quasi abbandonata. Nonostante tutti i suoi parrocchiani considerassero la proposta una follia, fu fatta: si dice che non c'è santità senza un po' di magnanimità.

Fu costruito in breve tempo e, solo nel primo anno di utilizzo, un totale di 2.240 ritirati (uomini e donne insieme) avrebbe "misteriosamente" preso parte a questi ritiri. Chiunque conosca il luogo oggi non troverebbe alcuna spiegazione umana per questo fatto. E questa pratica continuò costantemente in quell'area spopolata dal 1877 al 1914 (anno della sua morte). Ci sono stati lotti di esercitazioni con un massimo di 900 partecipanti.

Se si considera che in quegli anni non c'erano né radio, né TV, né WhatsApp, né social network, né congelatoreIl fatto che non ci fossero frigoriferi, catene del freddo, gas, acqua potabile e che i mezzi di trasporto fossero a piedi o a trazione sanguigna, non c'è dubbio che il soffio dello Spirito Santo in quel luogo e la corrispondenza alla grazia del santo sacerdote fossero due indubbie realtà. 

La loro fede, come Gesù Cristo ci ha chiesto di fare, è stata capace di "per far nascere figli di Abramo dalle pietre stesse". (Matteo 3:9). D'altra parte, la popolazione del luogo in cui era stata costruita la casa di ritiro era di appena un centinaio di persone, per cui il resto dei ritirati doveva essere cercato in zone isolate e lontane, il che rendeva il successo del tutto inspiegabile senza l'azione dello Spirito e la corrispondenza alla grazia.

La lezione più importante che ha dato a noi sacerdoti si può riassumere così (non sono parole sue): "Per convertire gli ignoranti e i maleducati: otto giorni di ritiro... almeno!" È stato un grande promotore di ritiri spirituali popolari, per gente semplice, e anche un grande ispiratore di quei parroci che ritengono indispensabile avere case di ritiro nella propria parrocchia: basta far dipendere i ritiri spirituali dalla libera disponibilità di date in altre case di ritiro!

A tutto questo vanno aggiunti gli innumerevoli aneddoti raccolti che riflettono il suo buon umore, la sua fiducia nella grazia, la sua fede nella necessità dei sacramenti e l'importanza della promozione umana come base per l'azione dello Spirito Santo; questi aneddoti sono inesauribili e molto interessanti, ma la brevità ci impedisce di presentarli.

La sua morte

Quando morì aveva settantatré anni. Nell'ultima parte della sua vita fu cieco e molto sordo, e abbandonato da quasi tutti... perché era terrorizzato dalla lebbra, che raffreddava i suoi buoni sentimenti. Ricordiamo che se oggi abbiamo paura del "coronavirus"... quanto più si temeva allora la lebbra!

Morì con tutti i sacramenti, sopportando forti dolori. Fu sepolto a quattro metri di profondità nella cappella della casa di ritiro e la bara fu ricoperta di calce viva, dopodiché tutti i suoi averi furono bruciati, tranne i libri parrocchiali. 

Oggi sopravvivono quei libri che registrano la sua fede viva nei sacramenti, di cui è prova l'incommensurabile numero di persone a cui ha prestato il suo ministero, nonché i frutti silenziosi che perseverano in quella zona che egli fece uscire dall'abbandono geografico e dalla povertà spirituale, motivo per cui tutti i suoi abitanti (credenti o meno, cattolici o anticattolici) lo stimano unanimemente come un leader storico in tutti gli ambiti: umano, spirituale, morale e religioso. 

Nella zona in cui ha svolto il suo ministero, si dice che il sacerdote Brochero, in quanto immagine sacerdotale di Cristo, sia degno di una fama e di un affetto che lo hanno reso un "intoccabile", un titolo degno per chi ha consumato la sua vita come le candele che adorano Dio Padre sull'altare.

Illustri folkloristi argentini hanno onorato Cura Brochero con una bellissima canzone, che si può ascoltare qui sotto, "Un passo qui, un passo là", che riassume molto bene la sua vita.

L'autorePedro José María Chiesa

Santa Fe, Argentina

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Mondo

Martin KuglerRead more : "I cristiani devono passare da maggioranza arrabbiata a minoranza creativa".

Intervista a Martin Kugler, direttore di Kairos Consulting for Non-Profit Organisations e membro dell'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa.

Maria José Atienza-13 gennaio 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Qualche settimana fa il Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa ha pubblicato il rapporto "Sotto pressione. I diritti umani dei cristiani in Europa".Il rapporto, che copre gli anni 2019-2020, elenca alcuni dei principali ostacoli che i cristiani devono affrontare in Europa.

Di fronte a questa realtà di radicalizzazione del secolarismo in una varietà di ambienti, il viennese Martin KuglerIn Omnes, sottolinea la necessità per i cristiani di "essere più autentici e meno spaventati, di essere ben informati e di parlare con argomenti intelligibili e ragionevoli".

Un punto molto interessante è il fenomeno che questo studio chiama intolleranza secolare. C'è chi si definisce cristiano e difende questa idea di religione come "privata". Si sta confondendo la dimensione pubblica di una religione con uno stato confessionale?

La dimensione pubblica della fede cristiana vissuta è evidente e necessaria. Confonderlo con il "cattolicesimo politico" è del tutto anacronistico, ma viene deliberatamente utilizzato dai sostenitori del secolarismo radicale per intimidire i cristiani attivi nella vita pubblica. Tuttavia, la questione è molto semplice se la si mette in termini concreti. Il nostro rapporto con Dio e con la Chiesa è una cosa molto personale, ma ha conseguenze che si ripercuotono su tutta la nostra vita di cittadini, lavoratori o datori di lavoro, giornalisti o insegnanti, elettori e politici, e così via.

Lo stesso si potrebbe dire degli atei o degli agnostici, ai quali nessuno chiederebbe di abbandonare la loro visione del mondo quando scrivono un articolo o si impegnano in politica. Sì, anche quando prendono una decisione giudiziaria, sono influenzati dalle loro convinzioni, come si può vedere, ad esempio, nelle decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo.

Il trucco, molto comune tra le élite secolariste europee, funziona in modo molto semplice: presentano il punto di vista agnostico o addirittura anticristiano come la posizione neutrale per eccellenza. Nella tradizione ebraica viennese, questo è chiamato il chutzpah: spudoratezza.

Il nostro rapporto con Dio e con la Chiesa è molto personale, ma ha conseguenze che riguardano tutta la nostra vita di cittadini.

Martin KuglerOsservatorio sull'intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa

Dialoghi e diritti

Il rapporto evidenzia l'ignoranza in materia di religione di molti governi, che rappresenta un problema quando si tratta di affrontare questi attacchi contro i cristiani. C'è una soluzione a questo problema? Come agire quando non c'è volontà di dialogo?

Martin Kugler
Martin Kugler

-Questa ignoranza ha anche a che fare con una marcata riluttanza a prendere sul serio il fenomeno delle persone di fede. Per superare questa soglia, dobbiamo ridurre i pregiudizi ed essere premurosi nello stile, soprattutto nel comunicare le nostre preoccupazioni e i nostri problemi.

Un buon esempio è il movimento pro-vita. La scelta delle parole può chiudere le porte, ma può anche aprirle. C'è una grande differenza tra parlare di aborto come "omicidio" e sottolineare che ogni aborto pone fine al battito cardiaco di uno dei membri più deboli della nostra società. E che l'aborto è irrevocabile e rimane una ferita per sempre. Spesso è anche utile chiamare i pregiudizi con il loro nome, in modo educato e chiaro, e risvegliare così parte dell'opinione pubblica.

Non dobbiamo rassegnarci al fatto che i cristiani, soprattutto la Chiesa cattolica, appaiano sempre come carnefici e mai come vittime nei film e nel teatro, nei libri di scuola, nei romanzi... In generale, nei media. Questo sembra essere un dogma, osservabile nella mancanza di attenzione al dramma della crescente persecuzione dei cristiani in tutto il mondo o, a livello regionale, nel chiudere gli occhi sulla discriminazione dei cristiani in Europa.

Il rapporto indica la Spagna come uno dei Paesi in cui questa intolleranza non solo è permessa, ma quasi incoraggiata dalle istituzioni.. Come coniugare questo appello al dialogo con la difesa dei diritti violati da un presunto stato di diritto?

-Come molti austriaci, sono un fan della Spagna e sono quindi molto preoccupato per alcuni sviluppi. In realtà, l'ideologia prevalente in alcune parti della stabilimento Lo spagnolo mi ricorda gli atteggiamenti degli adolescenti. Adolescenti che, a 50 anni dalla morte di Franco, dovevano dimostrare una ribellione contro i valori conservatori.

Su alcuni temi, come la politica dell'identità, l'educazione sessuale e di genere o la lotta alla discriminazione, sembra che tutti gli adulti abbiano lasciato il salotto dell'Europa occidentale e settentrionale. E non lo dico solo io, ma anche l'autore britannico liberale Douglas Murray, che in quanto omosessuale è molto a disagio per questo fatto.

Tuttavia, su alcune questioni c'è speranza per una vittoria della ragione, perché la sinistra cultural-marxista è divisa al suo interno. Un esempio è il movimento transgender, che è pieno di contraddizioni e tuttavia sta esercitando una pressione massiccia, rendendo obsolete le conquiste storiche del movimento femminista.

In Gran Bretagna, ad esempio, oggi ci si astiene dal trattamento ormonale e chirurgico dei giovani solo perché questi esprimono questo desiderio a uno psicoterapeuta o a un medico. Una proposta di legge in tal senso è stata bloccata.

Responsabilità dei cristiani

Uno dei gravi problemi che osserviamo in Europa è la polarizzazione delle posizioni e persino una certa "ghettizzazione" tra coloro che difendono l'una o l'altra posizione. Come superare questa realtà? Ci sono segnali di speranza da qualche parte?

-Nel libro "Democrazia senza religione?", pubblicato a Madrid nel 2014. (Stella Maris) abbiamo già evidenziato questo pericolo. Il famoso professore ebreo Joseph Weiler scrisse a suo tempo di una doppio ghetto per i fedeli cristiani d'Europa. Una situazione in cui sono stati costretti da intimidazioni, pressioni politiche o persino dalla limitazione di alcuni diritti come la libertà di coscienza.

L'altro ghetto sarebbe quello in cui molti cristiani si sarebbero volontariamente collocati, perché ci vuole molto coraggio, energia e speranza per rimanere nel luogo assegnato, anche nel luogo principale del discorso sociale.

Su temi come la politica dell'identità, l'educazione sessuale e di genere o la lotta alla discriminazione, sembra che tutti gli adulti abbiano lasciato la stanza.

Martin KuglerOsservatorio sull'intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa

Il rapporto vuole essere un aiuto al dialogo, ma c'è chi forse ha ancora più paura di vedere questa regressione delle libertà religiose. Come superare questa paura e condurre, senza estremismi, queste realtà a una normalizzazione dei diritti dei cristiani?

Papa Benedetto ha tenuto un importante discorso al Bundestag tedesco nel 2011. Ha descritto l'ecologia dell'uomo come una realtà che è sempre dalla nostra parte, per così dire, e contro tutte le ideologie. Il suo predecessore, San Giovanni Paolo II, ha sottolineato che il grande "male" del XX secolo - il nazismo e il marxismo - è stato definitivamente superato anche in questo ultimo secolo.

Nel 1989, nell'Europa dell'Est, dopo 50 anni di dittatura comunista, il popolo ha dimostrato una sorprendente capacità di resistenza. Infine, il dialogo può anche significare evitare che accadano cose brutte, in modo che una situazione sia solo "mezza cattiva". Quindi, per favore, niente atteggiamenti da "tutto o niente".

Lo studio chiede il coinvolgimento dei cristiani nella vita culturale, sociale e politica. C'è stata una certa negligenza da parte dei cristiani in questo senso?

In generale, i cristiani in Europa dovrebbero abbandonare la posizione della cosiddetta maggioranza arrabbiata e diventare una minoranza creativa. Come fari della società, potremmo anche far parlare e agire la maggioranza silenziosa. O almeno dare qualcosa come una testimonianza di speranza per la prossima generazione e creare le basi per un nuovo inizio.

È fondamentale che i cristiani siano più autentici e meno spaventati, che siano ben informati e che parlino con argomenti intelligibili e ragionevoli. In questo mondo, stanno diventando sempre più sostenitori della libertà e di una vita piena.

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Zoom

Ragazzi giocano a calcio in un campo polveroso in Sudafrica.

Un gruppo di ragazzi gioca a calcio in un campo polveroso di Soweto, in Sudafrica. Ll vescovi cattolici dell'Africa hanno espresso la loro preoccupazione per i gravi problemi che minacciano la pace in tutto il continente.

Omnes-13 gennaio 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Spagna

Infanzia missionaria: "Jenet, Michelle e Íscar rappresentano tutti i bambini del mondo".

Sofia, missionaria francescana, ha raccontato le storie di tre ragazze che ha incontrato durante il suo lavoro al confine brasiliano con il Venezuela. Questi tre bambini rappresentano, per questa Vilagarciana, "tutti i bambini del mondo". Ringrazio Dio per aver conosciuto queste storie che danno luce a una nuova vita e che, ai margini, sono la luce del mondo e ci insegnano a credere in Dio che è vivo".

Maria José Atienza-12 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La presentazione della Giornata dell'Infanzia Missionaria, che si celebrerà domenica 16 gennaio in Spagna, ha incluso la testimonianza di Sofía Quintans Bouzada, missionaria francescana della Madre del Divin Pastore, missionaria in Brasile.

Insieme a José María Calderón, direttore nazionale dell'OMP Spagna, ha dato un nome al lavoro che l'opera pontificia svolge nelle aree più svantaggiate del pianeta.

Sofia è uno dei membri della comunità missionaria francescana che nel 2019 si è stabilita nel nord del Paese, nello stato di Roraima. L'area è un'enclave di confine che rappresenta uno dei punti di passaggio più importanti per i rifugiati venezuelani.

Sofia, una suora peruviana e una venezuelana, a cui presto si aggiungerà una suora congolese, costituiscono quella che ha definito una "presenza ecclesiale molto incarnata, samaritana e umile".

Il suo lavoro evangelistico si concentra sull'assistenza ai rifugiati dal Venezuela che hanno attraversato la nazione carioca dal 2018. Si stima che 600.000 venezuelani abbiano attraversato il Brasile dal 2018. Quell'anno, la crisi umanitaria scatenatasi su questa frontiera settentrionale ha portato il governo brasiliano a lanciare un'enorme operazione di accoglienza alla quale collaborano il governo stesso, l'esercito, le ONG e le diverse confessioni religiose radicate nel Paese.

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In questa complessa e variegata mappa di istituzioni, le Suore Francescane Missionarie sono "una piccola presenza ma una forte esperienza del Cristo povero e piccolo". Collaborano all'accompagnamento, all'ascolto e all'accoglienza di migliaia di minori, soprattutto ragazze, che vivono in condizioni particolarmente difficili.

Un processo di "accoglienza, promozione e integrazione di queste persone come se fossero Cristo stesso che viene da noi", ha sottolineato Quintás. Un processo che li faccia sentire accolti attraverso un accompagnamento personale e spirituale" e sempre "con un attento rispetto della persona".

Come ha spiegato Sofía Quintás, i rifugiati che arrivano in Brasile iniziano la loro vita nei "rifugi", campi profughi allestiti dal governo. Oltre a essere più piccoli, i "rifugi" sono differenziati per tipologia - donne con bambini, uomini soli, minori... - per rispondere più efficacemente alle loro esigenze.

Tre nomi

Questa missionaria francescana ha personalizzato la sua esperienza in tre diverse storie di tre ragazze. Jenet, la prima, una ragazza di Pomona, è uscita da una comunità indigena dell'interno del Venezuela con un tumore alla testa. Ha chiesto aiuto, ma non aveva documenti. Grazie a vari sforzi, ha potuto essere trasferita a San Paolo per le cure e tornare nella sua comunità indigena. "La lotta della ragazza per la vita", ha detto Quintás, "è stata per me un riflesso molto forte del Cristo vivente.

La seconda storia è stata intitolata a Michelle, che per il francescano "rappresenta il traffico degli esseri umani più vulnerabili". Vive in uno di questi "rifugi" e la suora ha notato che ha smesso di frequentare le attività di integrazione. Quando le è stato chiesto perché non avesse partecipato, la ragazza ha risposto che "voleva andare, ma doveva lavorare ai semafori" chiedendo l'elemosina per strada.

Il terzo nome è quello di Íscar che, "dopo aver attraversato la frontiera da sola all'età di 16 anni", è riuscita a terminare gli studi e si è recentemente laureata e ogni giorno, ha sottolineato, ringrazia Dio per essere riuscita a rimettere in piedi la sua vita e a perdonare il fratello che la maltrattava.

Il 2022 è un anno impegnativo per i PMO

Da parte sua, il direttore nazionale dell'OMP Spagna, José María CalderónHa sottolineato che quest'anno 2022 ha un'enfasi speciale per la famiglia missionaria.

Non per niente questo è il primo centenario dell'istituzione dell'Infanzia Missionaria come opera pontificia, "la sua messa al servizio della pastorale ordinaria del Santo Padre nella cura dei bambini nei territori di missione".

Inoltre, il 22 maggio sarà proclamata Beata Pauline Jaricot, il giovane lionese iniziatore di quella che sarebbe poi diventata la Propagazione della Fede. 

Calderón ha ricordato che "l'infanzia missionaria è molto importante. Per molti bambini nei territori di missione, l'unico luogo in cui trovano una casa, affetto, possibilità di crescere e studiare è la chiesa". Ha anche sottolineato che questa campagna continua quella iniziata quattro anni fa, in cui l'Infanzia missionaria si concentra sulla vita di Gesù da bambino. In questa edizione, "i bambini del mondo sono anche una luce per i bambini senza fede, che sono ignorati, che non sono amati".

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Vaticano

"Il lavoro è essenziale nella vita dell'uomo ed è la via della santificazione".

Papa Francesco ha riflettuto sul lavoro di San Giuseppe e su come Gesù abbia imparato lo stesso mestiere da suo padre. Ha detto che il lavoro non è "solo per guadagnarsi il giusto sostentamento", ma è soprattutto "un percorso di santificazione".

David Fernández Alonso-12 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

"Gli evangelisti Matteo e Marco definiscono Giuseppe come un "falegname" o "carpentiere". Abbiamo sentito recentemente che la gente di Nazareth, ascoltando Gesù parlare, si chiese: "Non è costui il figlio del falegname? Mc 6,3). Gesù ha esercitato l'ufficio di suo padre". Così il Santo Padre Francesco ha iniziato la sua catechesi mercoledì 12 gennaio nell'Aula Paolo VI.

Il Papa ha riflettuto sull'ufficio di Giuseppe: "Il termine greco tektonutilizzato per indicare il lavoro di Giuseppe, è stato tradotto in vari modi. I Padri latini della Chiesa lo hanno reso "falegname". Ma ricordiamo che nella Palestina del tempo di Gesù il legno non veniva usato solo per costruire aratri e mobili di vario tipo, ma anche per costruire case, che avevano finestre di legno e tetti a terrazza fatti di travi collegate tra loro con rami e terra.

"Pertanto, "carpentiere" o "falegname" era una qualifica generica, che indicava sia gli artigiani del legno che i lavoratori impegnati in attività legate all'edilizia. Era un mestiere piuttosto duro, dovendo lavorare con materiali pesanti come legno, pietra e ferro. Da un punto di vista economico, non assicurava grandi guadagni, come si può dedurre dal fatto che Maria e Giuseppe, quando presentarono Gesù al Tempio, offrirono solo una coppia di tortore o di piccioni (cfr. Lc 2,24), come la Legge prescriveva per i poveri (cfr. Lv 12,8)".

Papa Francesco durante l'udienza generale nell'Aula Paolo VI in Vaticano, 12 gennaio 2022. (Foto CNS/Paul Haring)

In relazione a Gesù adolescente, il Papa dice che quindi "ha imparato questo mestiere da suo padre". Per questo, quando da adulto iniziò a predicare, i suoi compatrioti stupiti si chiedevano: "Da dove ha preso quest'uomo questa saggezza e questi miracoli?Mt 13,54), e si scandalizzarono a causa sua (cfr. v. 57)".

"Queste notizie biografiche su Giuseppe e Gesù" ha fatto pensare il Papa "a tutti i lavoratori del mondo, specialmente a quelli che fanno lavori duri nelle miniere e in certe fabbriche; a quelli che sono sfruttati attraverso il lavoro nero; alle vittime del lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che rovistano nelle discariche in cerca di qualcosa di utile da scambiare... Ma penso anche a quelli che sono senza lavoro; a quelli la cui dignità è giustamente ferita perché non riescono a trovare un lavoro". Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente. E spesso la ricerca diventa così drammatica da portarli a perdere ogni speranza e desiderio di vita. In questi tempi di pandemia molte persone hanno perso il lavoro e alcune, schiacciate da un peso insopportabile, sono arrivate a togliersi la vita. Oggi vorrei ricordare ognuno di loro e le loro famiglie.

Il lavoro, ha sottolineato il Santo Padre, "è una componente essenziale della vita umana, e anche del cammino di santificazione". È anche un luogo dove sperimentiamo noi stessi, ci sentiamo utili e impariamo la grande lezione della concretezza, che ci aiuta a far sì che la vita spirituale non si trasformi in spiritualismo. Ma purtroppo il lavoro è spesso ostaggio dell'ingiustizia sociale e, anziché essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale. Mi chiedo spesso: con quale spirito affrontiamo il nostro lavoro quotidiano, come affrontiamo la stanchezza, vediamo la nostra attività come legata solo al nostro destino o anche a quello degli altri? Il lavoro, infatti, è un modo di esprimere la nostra personalità, che per sua natura è relazionale".

"È bello", ha concluso Francesco, "pensare che Gesù stesso ha lavorato e che ha imparato quest'arte da San Giuseppe. Oggi dobbiamo chiederci cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso venga sottratto alla logica del mero profitto e possa essere vissuto come un diritto-dovere fondamentale della persona, che esprime e accresce la sua dignità".

Il Papa ha voluto recitare con i presenti la preghiera che San Paolo VI ha elevato a San Giuseppe il 1° maggio 1969:

"Oh, San Giuseppe,
patrono della Chiesa,
voi che insieme al Verbo incarnato
hai lavorato ogni giorno per guadagnarti il pane,
trovare in Lui la forza per vivere e lavorare;
voi che avete sentito l'inquietudine del domani,
l'amarezza della povertà, la precarietà del lavoro;
voi che oggi mostrate l'esempio della vostra figura,
umile davanti agli uomini,
ma molto grande davanti a Dio,
protegge i lavoratori nella loro dura esistenza quotidiana,
difenderli dallo scoraggiamento,
della rivolta negazionista,
e dalla tentazione dell'edonismo;
e salvaguarda la pace del mondo,
quella pace che sola può garantire lo sviluppo dei popoli. Amen
"

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Teologia del XX secolo

Le tappe di Joseph Ratzinger (I)

Joseph Ratzinger è uno dei grandi teologi del XX secolo e un testimone eccezionale della vita della Chiesa, con le sue quattro tappe come teologo e professore, arcivescovo di Monaco, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e Papa.

Juan Luis Lorda-12 gennaio 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

Cosa definisce un teologo? Sembra ovvio guardare all'effetto esteriore. In primo luogo, nei suoi libri. Poi, nelle idee principali o nei luoghi comuni a lui attribuiti, fissati, con migliore o peggiore successo, da una tradizione prima di saggi e, soprattutto, di voci di dizionari e manuali. Nel caso di Joseph Ratzinger, non è passato abbastanza tempo per questa operazione. Non si tratta nemmeno di un'opera completamente fissa, poiché sono in corso di pubblicazione i suoi Collected Works, che raggruppano i suoi scritti per argomento e riuniscono opere inedite e scritti minori o poco conosciuti, trasformandone così l'aspetto e, a lungo andare, la leggibilità. 

Quattro tappe teologiche

Ciò che viene fissato sono le quattro fasi della sua vita. Dopo un periodo di formazione, segue l'attività di teologo (1953-1977), compresa la partecipazione al Concilio (1962-1965); poi quella di arcivescovo di Monaco (1977-1981), di prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (1982-2005) e di Papa (2005-2013). A questo si aggiungono due ulteriori tappe dedicate al pensiero o al discernimento teologico, come professore e come prefetto; e due tappe puramente pastorali, come vescovo e come papa. È una combinazione felice. Sarebbe un grave errore sulla natura della teologia, e un tremendo impoverimento, ridurre il suo contributo teologico alla sua dedizione "professionale": articoli, libri, conferenze...  

Ha fatto teologia in tutti e quattro i periodi, anche se in modi diversi. E si può cercare di sintetizzare sia il contributo di ciascun periodo sia le linee di fondo che li attraversano tutti. Nelle sue conversazioni, egli stesso ha dichiarato di vedersi con una certa continuità, anche se le circostanze lo hanno messo in posizioni diverse. Kierkegaard usò diversi pseudonimi per mostrare le diverse prospettive con cui poteva guardare le cose. Joseph Ratzinger le ha ricevute dal corso della sua vita. Perché un giovane teologo, un vescovo in un'epoca complessa, un prefetto per la dottrina della fede che deve prestare attenzione universale alla dottrina, e un papa che deve essere un buon pastore e un riferimento di comunione per tutta la Chiesa, con una missione particolare nell'interpretazione e nell'applicazione del Concilio Vaticano II, non vedono le cose dalla stessa prospettiva. 

Radici della fede

Joseph Ratzinger si è ritratto molto bene in questo eccezionale e affascinante libro autobiografico, La mia vita (1927-1977)che ha pubblicato nel 1997 e che ripercorre la sua carriera di professore. Si completa con i quattro libri di conversazioni con Seewald e con alcuni momenti di conversazione e di espansione durante il suo pontificato. 

Lì si vede quanto sia stato segnato dall'esperienza di fede nella sua infanzia, nell'ambiente tradizionale bavarese, con la sua famiglia semplice e credente, con la liturgia celebrata con gioia e solennità nelle parrocchie che ha conosciuto da bambino, con le tappe e le feste del calendario liturgico che scandivano il ritmo della vita di tutto quel popolo credente. Può aver perso o cambiato queste radici, ma nel corso della sua vita le ha consolidate e questa esperienza cristiana è la base della sua teologia. 

Liturgia come fede vissuta

Nella presentazione delle sue Opere complete (vol. I, dedicato alla Liturgia), spiega: "La liturgia della Chiesa è stata per me, fin dall'infanzia, una realtà centrale della vita ed è diventata anche [...] il centro dei miei sforzi teologici. Ho scelto la teologia fondamentale come materia di studio, perché volevo soprattutto seguire la domanda: perché crediamo? Ma in questa domanda c'era l'altra questione della giusta risposta a Dio e quindi la questione del culto divino [...], dell'ancoraggio della liturgia all'atto fondante della nostra fede e quindi anche del suo posto nell'intera esistenza umana". E poco prima ha spiegato: "Nella parola 'Ortodossia' la seconda metà, 'doxa', non significa 'opinione', ma 'gloria'; non si tratta di avere la giusta 'opinione' su Dio, ma del modo giusto di glorificarlo, di rispondergli. Questa è infatti la domanda fondamentale che l'uomo che inizia a comprendere correttamente se stesso si pone: "Come devo incontrare Dio?

Il suo viaggio nella teologia fondamentale, sulla natura e sui problemi della fede, che affronta anche la situazione del mondo moderno, troverà una risposta liturgica. La fede può e deve essere pensata per capirla, spiegarla e difenderla, ma soprattutto deve essere vissuta e celebrata. Da questo deduce anche il ruolo del teologo e il proprio ruolo. 

Radici teologiche

Joseph Ratzinger si è formato nel seminario della sua diocesi a Frisinga e poi nella facoltà teologica di Monaco (1947-1951), ancora in rovina dopo la guerra. A La mia vita riflette molto bene l'atmosfera entusiasta e rinnovatrice dell'epoca. Le dure esperienze del nazismo avevano suscitato nella Chiesa tedesca un desiderio di rinnovamento e di evangelizzazione, che accolse con entusiasmo i nuovi fermenti della teologia liturgica (Guardini), dell'ecclesiologia (De Lubac) e della Scrittura, nonché le nuove ispirazioni filosofiche, soprattutto la fenomenologia e il personalismo (Guardini, Max Scheler, Buber). Tutto ciò gli conferì un certo tono di superiorità rispetto alla vecchia teologia scolastica (e romana). Il giovane Ratzinger rimase impressionato da Cattolicesimo da De Lubac, e dal Significato della liturgiadi Guardini. E, da allora fino alla fine della sua vita, si tenne ben informato sui progressi della teologia biblica.

Un po' inaspettatamente, divenne professore di seminario e si specializzò in Teologia fondamentale, dove venivano sollevate le grandi questioni della fede nel mondo moderno, delle scienze, della politica e delle difficoltà dei moderni a credere. La sua tesi di dottorato su Sant'Agostino (Villaggio e casa di Dio a San Agustín1953), lo ha portato ad approfondire l'ecclesiologia. E la tesi di abilitazione su La teologia della storia di San Bonaventura (1959) ha adottato un nuovo approccio alla teologia fondamentale: la rivelazione, prima di concretizzarsi in formule di fede (dogmi), è la manifestazione di Dio stesso nella storia della salvezza. Si tratta di un'idea che si era già fatta strada e che sarebbe stata poi ripresa dal Concilio Vaticano II: la rivelazione è "fatti e parole" di Dio e sottende la profonda unità delle due fonti, Scrittura e Tradizione. 

Ratzinger professore e teologo (1953-1977)

Seguì un periodo molto intenso come professore di Teologia fondamentale (e poi anche di Teologia dogmatica) in seminario (1953-1959) e poi in quattro università: Bonn (1959-1963), Münster (1963-1966), Tubinga (1966-1969) e Ratisbona (1969-1977).

Ratzinger è un professore giovane e intelligente e si sente legato a una corrente teologica tedesca di rinnovamento con figure rappresentative, come Rahner e Küng, che lo apprezzano. Fu apprezzato anche dal cardinale Frings, che lo assunse come consigliere ed esperto del Concilio, dopo averlo sentito tenere una conferenza su come doveva essere il Concilio (1962-1965). Lavorò molto per il Cardinale (quasi alla cieca), e il Concilio gli diede una nuova esperienza della vita della Chiesa e il contatto con grandi teologi veterani che ammirava, come De Lubac e Congar. 

All'interno di questo entusiasmo teologico, cominciò a percepire i sintomi della crisi post-conciliare e, a poco a poco, prese le distanze dal vedetismo di alcuni teologi, come Küng, e anche da coloro che si intendevano come i veri e autentici maestri della fede, un consiglio di teologi costituito come fonte permanente di cambiamento nella Chiesa. Questo sarà il motivo del suo sostegno al progetto della rivista Comuniodi Von Balthasar e De Lubac, in contrasto con la rivista Conciliumdi Rahner. È necessario il discernimento. È anche necessario discernere e mettere a fuoco la teologia biblica, in modo che ci avvicini a Cristo e non ci separi da Lui. È un'attenzione che nasce allora e cresce nella sua vita fino alla fine quando, già da Papa, scrive Gesù di Nazareth

Il lavoro di questo periodo

A prima vista, la sua opera di teologo non è molto estesa e in qualche modo nascosta, perché ha un discreto numero di articoli di dizionario e di commenti. Come risultato del suo lavoro nella Teologia Fondamentale, in seguito ha pubblicato il suo libro Teoria dei principi teologici (1982). Inoltre, ha raccolto i suoi articoli sull'ecclesiologia in Il nuovo popolo di Dio (1969) e, successivamente, in Chiesa, ecumenismo e politica. Nuovi saggi di ecclesiologia.  

Tuttavia, il libro che lo ha reso famoso all'epoca e che raccoglie tutta la sua preoccupazione di spiegare la fede cristiana a un mondo moderno più o meno problematizzato e critico, è il suo Introduzione al cristianesimo (1968: anno complesso), presto tradotto in molte lingue. È un corso per studenti universitari, ma raccoglie e sintetizza molti dei suoi punti di vista. 

Inoltre, dopo essere già stato nominato arcivescovo di Monaco, completò e pubblicò una breve Escatologia (1977), che è più importante di quanto sembri nel suo pensiero, poiché dà il senso cosmico della storia, mette la vita umana davanti alle grandi questioni e gli permette di affrontare il problema dell'anima e della persona da un punto di vista teologico rinnovato dal pensiero personalista. L'essere umano è innanzitutto una parola di Dio e una persona a lui destinata. 

Ratzinger vescovo (1978-1982)

È stata una vera sorpresa per lui, come confessa chiaramente in La mia vita. Nemmeno quando il nunzio lo chiamò immaginava cosa lo aspettasse. Ma Paolo VI aveva pensato a lui come a un teologo-vescovo con sufficiente autorità personale per aiutare a risolvere la difficile situazione ecclesiale post-conciliare in Germania. Joseph Ratzinger l'ha sopportato. La parte più bella e gratificante del suo ministero era la predicazione e il rapporto con la gente semplice. La cosa più difficile è stata la resistenza e la follia delle strutture ecclesiastiche, che in Germania erano così sviluppate (e talvolta problematizzate). La prima è la fede vissuta, in cui si apprezza l'autenticità e l'efficacia del Vangelo. Ma anche la seconda, difficile da gestire, fa parte della realtà della Chiesa in questo mondo e non può essere ignorata. 

Poiché la seconda parte rimane più nascosta, si può dire che questo periodo è caratterizzato da una grande espansione della sua attenzione alla liturgia e alla predicazione sulla santità cristiana. E questo consolida la sua teologia di pastore, richiamando la forte tradizione degli antichi padri della Chiesa, teologi e vescovi. La missione di un vescovo è soprattutto quella di celebrare e predicare, oltre che di guidare la vita della Chiesa. La stessa attività gli permette di sviluppare il suo pensiero liturgico e il suo riferimento alla santità della Chiesa, riflessa nei misteri della vita del Signore e nelle vite dei santi. 

Il lavoro di questo periodo

Fu un periodo breve, quattro anni, ma fondamentale per lo sviluppo della sua teologia liturgica. Quella che all'inizio, come sacerdote e insegnante, era stata una predicazione occasionale, divenne gradualmente un corpo sui misteri della fede e della vita di Gesù Cristo che la Chiesa celebra durante l'anno. Ad esempio, i quattro sermoni su Eucaristia, centro della Chiesa (1978), Il Dio di Gesù Cristo. Meditazioni sul Dio Uno e Trino, y La festa del fede (1981). La sua riflessione liturgica, prima un po' dispersiva e occasionale, si è ora consolidata in una visione generale, e si concluderà, ora come prefetto, nella sua Il significato della liturgia (2000). In cui include anche il suo interesse per l'arte e, soprattutto, per la musica sacra. 

Inoltre, la sua predicazione sulla creazione di fronte alle questioni della scienza moderna e dell'evoluzione spicca in questo periodo, dando vita a un libro intelligente e lucido, Creazione e peccato.

Letture della domenica

"Le anfore del vino nuovo". Seconda domenica del Tempo Ordinario

Andrea Mardegan commenta le letture della seconda domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera propone una breve omelia video. 

Andrea Mardegan / Luis Herrera-12 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

La terza Epifania di Gesù si svolge a Cana. Nella Messa il Vangelo inizia con le parole: "in quel tempo", ma nell'originale l'episodio è introdotto con: "il terzo giorno". Nella teofania sul Sinai, Dio apparve a Mosè il terzo giorno tra tuoni e lampi, in una nube e con un forte suono di corno.

Lo stile è cambiato: qui Gesù partecipa a un banchetto di nozze: gioia, buon cibo, canti e danze. Tre giorni è durata la sua ricerca e tre giorni durerà la "sua ora" a Gerusalemme. Le nozze sono un simbolo della relazione di Israele con Dio. Con Isaia Dio dichiara il suo amore per Gerusalemme: "...".Sarai chiamata Mia gioia e la tua terra Sposata, perché il Signore troverà in te la sua gioia e la tua terra avrà uno sposo... come lo sposo gioisce per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te.".

Il vero sposo di Cana è Gesù, chiamato sette volte con il suo nome proprio e tre volte con i pronomi personali, e la vera sposa è Maria, chiamata due volte. la madre di Gesù, allora donna e di nuovo madre. È Maria che introduce Gesù e i suoi discepoli, noi, alla festa. Lei ne prende atto. Lascia il ruolo di semplice ospite. Si spinge oltre: non è lo sposo, non è il padrone della tavola, nessuno le ha chiesto nulla, ma "Quando il vino finì, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno vino".

Ha fissato gli occhi sul Figlio e con lo sguardo gli chiede di dare un segno di sé a questi sposi e al mondo. Gesù è pensieroso, Maria ricorda il suo stato d'animo con le parole dell'angelo. Forse non voleva ancora iniziare ciò che avrebbe portato immense sofferenze a sua Madre, perché lo avrebbe portato a morire per amore, per tutti.

Ecco perché dice: "Donna, cosa sta succedendo a te e a me? Il mio tempo non è ancora arrivato".. L'ora decisa dal Padre. Dicendo questo, collega le nozze di Cana con la sua croce e la sua risurrezione. Maria capisce e, con il linguaggio degli occhi che entrambi hanno sempre conosciuto bene, gli dice: Amore mio, non temere per me, ho già detto il mio sì.

Ed è per sempre, sapete. Con uno sguardo gli dice: "Puoi già anticipare la tua ora". Paolo ai Corinzi: "A ciascuno è data una particolare manifestazione dello Spirito per il bene comune".E a Cana ognuno fa la sua parte, i servi compiono pienamente ciò che Maria comanda e che Gesù ha detto: "...".in alto"Riempiono le anfore di pietra con l'acqua per la purificazione dell'Antica Legge.

Diventano un'anticipazione dei calici riempiti con il vino della nuova alleanza. Il maestro di tavola assaggia e testimonia che questo vino è il migliore. Lo sposo, primo destinatario inconsapevole del Vangelo di Dio, accoglie nel suo silenzio stupito l'inaspettato di ciò che è accaduto nella sua vita. I discepoli, e noi con loro, credono in Gesù e lo seguono.

L'omelia sulle letture di domenica II

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

L'autoreAndrea Mardegan / Luis Herrera

I Re Magi sono tutti noi

I "magi" personificano tutti coloro che, senza appartenere al popolo di Israele, dovevano essere incorporati a Cristo attraverso il battesimo.

11 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La manifestazione di Gesù come il Bambino, il Figlio di Dio, per alcuni "maghi d'Oriente"è la rivelazione del Messia, il Figlio di Dio, a tutta l'umanità. I "magi" rappresentano noi. Essi personificano tutti coloro che, senza appartenere al popolo di Israele, dovevano essere incorporati a Cristo attraverso la fede e il battesimo. Sono stati i primi a cui il Signore ha voluto manifestarsi al di fuori di Israele.

Il suo percorso verso il Bambino è guidato da un "modello".stella". Questo ci mostra l'importanza della creazione come via di accesso a Dio per tutti i popoli. I magi iniziano il loro viaggio dalla rivelazione di Dio nella natura alla rivelazione di Dio attraverso le Scritture di Israele: "... la rivelazione di Dio attraverso le Scritture".A Betlemme di Giuda", gli dissero, "perché così è scritto nel Profeta. E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei certo l'ultima tra i capoluoghi di Giuda, perché da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo Israele". (Mt 2,5-6). Per trovare il vero Dio, bisogna passare attraverso la rivelazione di Dio hbutta fuori Israele.

I magi, che secondo la tradizione erano anche re, rappresentano tutti noi. San Leone Magno scrisse: "Che tutti i popoli vengano a far parte della famiglia dei patriarchi (....) Che tutte le nazioni, nella persona dei tre Magi, adorino l'Autore dell'universo, e che Dio sia conosciuto, non solo in Giudea, ma in tutto il mondo, affinché ovunque il suo nome sia grande." (Serm.23).

Il mondo ha un grande bisogno del vero Dio, rivelato prima di tutto a Israele. I Magi arrivano a Gerusalemme "per rendere omaggio al re dei Giudei" (Mt 2,2). Egli è "Che governa su numerosi popoli" (cfr. Num 24, 7 ss.). Abbiamo tutti un grande bisogno di adorare questo Bambino e di offrirgli il dono della nostra esistenza.

Percepiamo chiaramente che la cultura dominante è relativista. Tutto deve ruotare intorno all'individuo, come standard di verità e bontà; tutto è funzione della percezione soggettiva di ciascun individuo e nel "...".il diritto di avere dirittiNon sono una persona "sociale", che si sottrae ai doveri e alle responsabilità familiari o sociali. Gli altri devono semplicemente sottomettersi alla mia decisione.

Questo "soggettivismo" dominante, che sembra favorire l'individuo, in realtà lo indebolisce, indebolisce la famiglia e la società e la rende facilmente dipendente dagli interessi di grandi gruppi di potere.

Sì, anche la Dottrina sociale della Chiesa afferma che ".il bene comune è sempre orientato al progresso delle persone" (CCC, n. 1912); che ".l'ordine sociale e il suo progresso devono essere subordinati al bene del popolo.... e non viceversa."(GS 26,3), ma la persona aperta a Dio come suo Creatore e Salvatore e aperta alla famiglia e alla società; non chiusa in se stessa. È un ordine sociale basato sulla verità della persona come creatura; un ordine sociale costruito sulla giustizia e animato dall'amore. 

La radice di questo processo di trasformazione, che stiamo subendo e che ci sta portando a un "soggettivismo" dominante, non è forse l'impoverimento spirituale, l'assenza di Dio, la perdita del vero significato della vita e della morte, che porta a un nichilismo disumanizzante? Ogni persona ha bisogno di trovare un senso alla vita e questo senso ultimo può essere solo il vero Dio, l'Unico che può soddisfare pienamente il desiderio di felicità dell'uomo.

Per questo è così importante guardare al cielo, a quella stella che ci porta a Gesù Bambino per svegliarci e aiutarci a svegliarci da quel sogno disumanizzante che cerca di bandire Dio dalla vita umana.

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo emerito della diocesi di Mérida Badajoz

Mondo

Cristina InogésSento che l'"ora dei laici" è più vicina che mai".

Intervista a Cristina Inogés, membro della Commissione metodologica del Sinodo e responsabile del momento di riflessione all'apertura del cammino sinodale a Roma.

Maria José Atienza-11 gennaio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Quando ha ricevuto la posta dal Segreteria generale del Sinodo dei Vescovi Nell'invitarla come uno dei relatori all'apertura del sinodo "Per una Chiesa sinodale, comunione, partecipazione e missione", questa laica, teologa della Facoltà di Teologia Protestante di Madrid e membro della Commissione metodologica della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, pensava "che avessero sbagliato Cristina".

Già nella cerimonia di apertura, nella sua meditazione, insieme a Papa Francesco, ha sottolineato che è "buono e sano correggere gli errori, chiedere perdono per i crimini commessi e imparare a essere umili". Sicuramente vivremo momenti di dolore, ma il dolore fa parte dell'amore. E ci addoloriamo per la Chiesa perché la amiamo. Ha parlato con Omnes di questa meditazione e del cammino sinodale di cui fa parte.

Lei è stato uno dei partecipanti all'apertura del Sinodo a Roma con Papa Francesco: come ha ricevuto questo incarico? 

-Era tramite e-mail, che è il modo in cui operiamo oggi. Tutto molto normale e lineare. 

Che cosa ha significato per lei quel momento? 

- La prima cosa è stata quella di credere di aver commesso un errore nella Segreteria generale del Sinodo, perché c'è un'altra Cristina nella Commissione metodologica. Quando ho capito che non c'era nessun errore e che l'e-mail era per me, non potevo crederci. Feci qualche respiro profondo e risposi all'e-mail ringraziando. Non potevo fare molto di più.

Qualche settimana fa ha avuto modo di partecipare ai Giovedì dell'Istituto Teologico di Vita Religiosa, momenti di formazione alla vita consacrata, in cui ha parlato di vita religiosa e sinodalità. C'è uno sforzo nella vita religiosa per partecipare e incoraggiare questo processo? 

-I religiosi hanno due modi di partecipazione: la partecipazione diocesana, attraverso la diocesi dove ci sono le comunità, e la partecipazione attraverso la propria congregazione. Lo sforzo, in realtà, è dovuto al fatto che possono lavorare in profondità attraverso questi due canali. Inoltre, la vita religiosa, in quanto parte del popolo di Dio, ha un ruolo molto importante da svolgere in questo Sinodo, e una cosa così ovvia che forse sfugge alla nostra attenzione non dovrebbe passare inosservata. Che qualcosa è che Francesco ha nominato due religiosi come sottosegretari del Sinodo: Nathalie Becquart, della Congregazione di Xavières e Luis Marín, della Congregazione degli Agostiniani. Non è una coincidenza. Entrambi, Nathalie e Luis, oltre all'enorme lavoro che svolgono nella Segreteria Generale del Sinodo, non smettono di partecipare a incontri, corsi, conferenze... incoraggiando e spiegando l'importanza di questo Sinodo. La vita religiosa, in quanto parte del popolo di Dio, ha un ruolo molto importante da svolgere in questo Sinodo.

La "tradizione sinodale" delle comunità religiose facilita l'avanzamento di questo processo sinodale?

-Prima di tutto, è importante chiarire che la sinodalità non è una tradizione in quanto tale. È un elemento costitutivo della Chiesa. In secondo luogo, avere strutture apparentemente sinodali in un'istituzione non garantisce che funzionino in modo sinodale. Esistono strutture di questo tipo anche nelle parrocchie, nelle stesse strutture diocesane, e fino a questo Sinodo quasi nessuno aveva sentito la parola sinodalità.

La vita religiosa deve imparare a essere sinodale, come tutti noi dobbiamo imparare. Infatti, nel recente libro di Salvatore Cernuzio Il velo del silenzio si sottolinea che l'applicazione delle forme sinodali nella vita religiosa sarà uno dei passi che aiuteranno a ripulire il problema degli abusi delle religiose e delle suore nelle congregazioni. Lo afferma Nathalie Becquart nella prefazione. Con questa dichiarazione è chiaro che, finora, non è successo nella misura in cui avrebbe dovuto.

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Cristina Inogés e mons. Luis Marín all'apertura del sinodo

Ora che siamo a diversi mesi dall'inizio di questo processo, vede un reale impegno per la sinodalità nella Chiesa? 

-Un impegno chiaro... Non lo so. È difficile rompere certe inerzie e la paura dell'ignoto non aiuta (anche se non capisco che paura si possa avere di una proposta dello Spirito come questo Sinodo). Tuttavia, percepisco un entusiasmo nei laici, che cominciano a vedere che questa volta la l'ora dei laici è più vicina che mai. Questo è l'atteggiamento: non stare fermi e camminare, aprire la strada, sapere che non siamo soli. Essere consapevoli che Francesco vuole ascoltarci e vuole che impariamo a essere Chiesa in modo diverso. 

Una delle sfide è quella di integrare anche coloro che non si sentono parte "attiva" della Chiesa (che siano battezzati o meno). Pensa che queste persone siano raggiunte? 

-Dobbiamo tutti impegnarci a raggiungere queste persone. Succede che il primo approccio dovrebbe essere da parte dei vescovi perché anche queste persone, che noi stessi abbiamo spesso messo a tacere e reso invisibili, hanno bisogno della figura e della parola dei pastori.

Bisogna tenere presente che i canali abituali non funzionano per avvicinare queste persone. È necessario crearne altri, pensare ad altri, costruire altri e, francamente, non so come stia andando al momento. Ma non lasciate che qualcuno pensi che sia molto complesso farlo. I social network possono spesso essere dei grandi alleati. La questione è cosa e come dire sulle reti a cui tutti siamo chiamati a partecipare in questo Sinodo.

Nel suo discorso di apertura del Sinodo, si è soffermato in particolare sul superamento e sulla richiesta di perdono per gli errori commessi nell'ambito di questo processo sinodale. C'è paura nel riconoscere le proprie debolezze? 

-Dobbiamo tutti impegnarci a raggiungere queste persone. Succede che il primo approccio dovrebbe essere da parte dei vescovi perché queste persone, che noi stessi abbiamo spesso messo a tacere e reso invisibili, hanno bisogno anche della figura e della parola dei pastori.È vero che ho accennato agli errori e ho detto che dovevamo chiedere perdono, ma non solo per gli errori, ma anche e soprattutto per i crimini.

Errori e crimini non sono la stessa cosa. Un errore può essere commesso involontariamente; un crimine richiede premeditazione. Sono realtà molto diverse. Più che la paura della propria debolezza, la paura è quella delle conseguenze di quella debolezza, fatta, ripeto, di errori e crimini. Assumere una responsabilità istituzionale costa molto e senza di essa sarà molto difficile recuperare, se possibile, parte della credibilità perduta. 

In questo caso, poiché sono di tale portata, il pentimento deve essere accompagnato da un'indagine. Senza un tale processo di indagine che porti alla purificazione, per quanto si guardi al futuro non si troverà molta speranza, perché ci sarà sempre il sospetto che qualcosa sia stato nascosto nel passato. Se vogliamo imparare, impariamo pulendo. Sarà l'unico modo.

Spagna

I giovani sono i più colpiti dalla pandemia

L'XI Barómetro de las Familias en España, realizzato da GAD3 per The Family Watch Foundation, mostra che le persone sotto i 30 anni sono la fascia d'età che più ha cercato aiuto psicologico per i problemi derivati dalla pandemia.

Maria José Atienza-10 gennaio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

I giovani sotto i 30 anni sono stati il gruppo di età più colpito dalle conseguenze della pandemia di coronavirus sulle famiglie spagnole.

34% dei giovani tra i 18 e i 24 anni hanno avuto bisogno di aiuto psicologico e hanno usato ansiolitici per la prima volta in questi mesi.

Internet: il campo minato

Uno dei punti di preoccupazione derivanti da questoBarometro delle famiglie è l'aumento del consumo di contenuti "adulti" durante la reclusione.

Anche se questo barometro, come evidenziato da Sara MoraisIl direttore generale del GAD3, che non misura il consumo ma piuttosto la percezione, colpisce per il fatto che il 68,7% degli intervistati ritiene che questo tipo di comportamento sia aumentato durante il confino. Più della metà sottolinea anche la facilità di accesso a contenuti inappropriati attraverso le piattaforme digitali di film e intrattenimento.

L'accesso a Internet tramite dispositivi mobili, in età sempre più giovane, è una preoccupazione fondamentale per le famiglie spagnole.

I genitori sottolineano la crescita di comportamenti dannosi come l'uso eccessivo e il tempo trascorso sui social network.

I problemi più temuti riguardano l'esposizione della propria immagine, gli insulti e le offese e l'incapacità di filtrare i contenuti inappropriati. Essi sottolineano anche i possibili cambiamenti nell'autostima derivanti dall'idealizzazione percepita dei profili degli influencer.

In questo ambito, 85% degli intervistati sono favorevoli a una maggiore regolamentazione della pubblicità con i minori, soprattutto per quanto riguarda l'immagine dei minori in televisione e nelle reti.

Circa l'80% degli intervistati ritiene che la pubblicità mostri i preadolescenti con atteggiamenti da adulti e che venga fornita un'immagine sessualizzata dei preadolescenti.

In questa linea, Maria José OlestiIl Direttore generale del La Fondazione Family Watch Ha sottolineato il lavoro della Fondazione con gli operatori e i partiti politici per garantire che, quando si stipula un contratto per una linea Internet, l'accesso a determinati contenuti sia limitato di default, come già avviene in altri Paesi.

Creare una famiglia, sì, ma a lungo termine.

Creare una famiglia sembra essere ancora un compito particolarmente difficile agli occhi dei più giovani. I giovani sotto i 45 anni antepongono la stabilità finanziaria e il proseguimento degli studi alla creazione di una famiglia.

In questo senso, otto intervistati su dieci ritengono che ci siano maggiori difficoltà nel formare un
Solo la metà degli intervistati afferma che la creazione di una famiglia è molto apprezzata a livello sociale e lavorativo, soprattutto tra le persone di età superiore ai 45 anni.

Questa percezione negativa dell'ambiente sociale e del sostegno è uno degli ostacoli più importanti alla formazione di famiglie tra i 30 e i 40 anni. Come sottolinea Olesti: "Se non offriamo ai giovani delle opportunità e non rendiamo loro più facile creare una famiglia, e persino diventare indipendenti, sarà difficile per loro prendere in considerazione l'idea di avere figli".

Olesti fa anche riferimento al tributo fisico ed emotivo che la pandemia ha avuto sulle famiglie. Ciò rende evidente "la necessità di riflettere sulla famiglia e sulle politiche per la famiglia" affinché possano essere veramente efficaci e aiutare le famiglie.

La luce alla fine del tunnel

Sebbene i dati siano lontani dalle percezioni precedenti allo scoppio della pandemia di coronavirus nel 2019, lo studio GAD3 rivela un leggero ottimismo tra le famiglie spagnole. A questo proposito, spicca l'aumento percentuale di coloro che hanno meno di 45 anni in relazione alla creazione di una famiglia.

Se l'anno scorso, all'apice della pandemia e con il confino totale ancora recente, solo 26% degli intervistati in questa fascia d'età pensavano di creare una famiglia nei prossimi anni, questo punto è salito a 46%, anche se è ancora indietro rispetto a questioni come la prosperità nella vita professionale o il proseguimento degli studi.

Si percepisce anche un aumento della convinzione di un miglioramento della situazione economica, sia a livello familiare che nazionale. Un anno fa, le prospettive della maggioranza degli intervistati mostravano un quadro negativo del futuro economico generale con 65%. In questa edizione, la percezione di un rallentamento economico generale è scesa al 42,7%. Anche coloro che pensano che la loro situazione personale migliorerà nei prossimi mesi sono saliti a 24%.

Secondo Morais, "gli spagnoli hanno ripreso i loro progetti di vita, come l'acquisto di una casa, di un'auto o la creazione di una famiglia, che erano stati messi da parte dalla pandemia".

Il direttore generale della GAD3 sottolinea che nei prossimi mesi gli indicatori economici come il settore immobiliare, che sono stati bloccati dalla pandemia, aumenteranno.

La metodologia

Il Barometro della Famiglia è realizzato attraverso sondaggi telefonici, condotti nella seconda metà dello scorso dicembre. Le indagini sono state condotte in 601 famiglie in tutto il Paese, comprese le città autonome di Ceuta e Melilla.

Per saperne di più
Vaticano

L'ex residenza papale apre al pubblico

Rapporti di Roma-10 gennaio 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Palazzo Apostolico Lateranense, adiacente all'omonima basilica che è la cattedrale di Roma, fu la residenza dei papi dal IV al XIV secolo.

L'edificio fu ricostruito nel XVI secolo sotto il pontificato di Sisto V, che ne fece la sua residenza estiva. Oggi ospita gli uffici della diocesi di Roma. Il suo interno è stato aperto al pubblico con visite guidate organizzate dai Missionari della Divina Rivelazione.


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Libri

In stato di grazia

Manuel Casado consiglia la lettura della nuova raccolta di poesie di Carmelo Guillén, di cui si può dire che ogni pagina "gronda vita e canta vita".

Manuel Casado Velarde-10 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Carmelo Guillén Acosta (Siviglia, 1955) ci presenta un nuovo libro di poesie. Dopo il suo volume di raccolta Imparare ad amare. Poesia completa (rivista) 1977-2007 (2007) e le sue successive rate (La vita è il segretodel 2009 e Riscatti2017), In stato di grazia è un libro di entusiastica celebrazione della pienezza umana grazie all'Incarnazione. Parodiando le parole del sonetto di Dámaso Alonso su Lope de Vega, si potrebbe dire che ogni pagina di questa raccolta di poesie "gronda vita e canta vita". L'amore e la luce invadono e vivificano tutto.

Se per Quevedo "tutto ciò che è quotidiano è molto e brutto", la poesia di Guillén Acosta è un inno al "valore / di ogni cosa, per quanto fragile sia" (13), alla sacralità della materia e del prosaico, in cui aspira a "sentire il crepitio dell'insignificante, / la sua quotidianità", "ciò che mi spinge a non desiderare / un'altra vita diversa da questa in cui ora vivo" (16), perché in essa tutto è "strettamente intrecciato alla nostra fattura" (61). 

Libro

TitoloIn stato di grazia
AutoreCarmelo Guillén Acosta
Editoriale: Rinascimento
Pagine: 72
Città e anno: Siviglia, 2021

Se non fosse un luogo comune, e se l'autore non avesse già dato ampie prove per affermarlo, dovremmo considerare che questo è un libro di piena maturità, di padronanza delle risorse espressive, sempre, ovviamente, al servizio del nucleo di significato. 

Nelle pagine di questo libro il lettore incontra la più categorica menzogna nei confronti di un "misticismo ojalatera". Il poeta si abbandona "a bruciapelo al piccolo istante, / alla fugacità del tempo, a tanti eventi / che si intravedono appena e cadono nell'oblio" (22); tutto questo "in un presente / che sa di eternità" (23), "che non finisce mai, simile / a quello dell'amore di Dio, il cui esercizio / scopro incessantemente in questo mondo / al ritmo della mia vita" (25). Per scoprire questo Dio che "si camuffa da routine" (Insausti dixit), è necessario essere "contemplativi, / quella chiaroveggenza che il silenzio porta con sé, / quell'armonia finale con tutto il creato" (27), che ci permette di rimanere "fedeli all'insignificante, / al palpito del quotidiano", e "vedere come la vita / mi spinge a darmi alle piccole cose, / al suo semplice e fragile respiro" (29). 

In tempi come quelli attuali, con l'avvento delle "non cose" della sfera digitale, in cui il reale diventa liquido, perde densità e svanisce, e in cui siamo diventati ciechi di fronte a realtà silenziose, abituali, minute (Byung-Chul Han), la poesia di Guillén Acosta ci invita ad ancorarci all'essere, alla solidità della roccia viva.

Il tono celebrativo generale, con la padronanza del ritmo a cui ci ha abituato l'autore, esplode a tratti in brani come questo: "Chi avrebbe pensato / che queste cose minuscole, / quasi microscopiche, / senza alcun interesse [...], mi avrebbero accompagnato / nella mia lotta quotidiana / fino alla fine dei miei giorni, / e che sarebbero state la chiave / che avrebbe aperto la porta / stretta dopo la mia morte" (30).

La poesia di Guillén Acosta non è un modo di esprimersi: è un modo di vivere, un modo di vivere contemplativo, speranzoso, grato, aperto al grande dono dell'esistenza umana. Una vita, insomma, all'insegna della resa, in cui "donarsi a un'altra persona è, senza dubbio, / la via più breve per la felicità" (57). È una poesia che parla ai bisogni umani più profondi, perché scaturisce dalle "acque vive della vita", come dice Santa Teresa d'Avila.

Se è vero che, come F.-X. Bellamy scrive che il tempo trascorso in contemplazione è l'unica cosa che può salvare il nostro mondo di oggi, la raccolta di poesie In stato di grazia ha l'effetto perlocutivo di far apprezzare al lettore la propria vita, "rivelandogli nel tempo ciò che sfugge al tempo", cioè ciò che è permanente, attuale, eterno. È proprio questa l'essenza della poesia, come avvertiva Hölderlin ("ciò che resta è fondato dai poeti"). È una funzione necessaria oggi più che mai, quando ci muoviamo qua e là con la vertigine di un'ambulanza, ma senza punti fermi e terreni solidi a cui ancorarci. Non c'è da stupirsi, quindi, che ci sia un tale senso di assurdità e disperazione. E così tanta medicalizzazione dispensabile.

Se qualcuno mi chiedesse perché mi piace questo libro di Guillén Acosta, la risposta che mi viene spontanea è: perché mi aiuta a scorgere la profondità di ciò che, nella mia vita quotidiana, sembra banale e insignificante; perché mi aiuta a comprendere meglio la mia vita e la mia vocazione di cristiano comune; perché mi aiuta a vivere.

Girando l'ultima pagina di questa raccolta di poesie, il lettore non sa con certezza se ha letto o pregato. In ogni caso, ha sperimentato che ciò che ha tra le mani in ogni momento, per quanto piccolo o doloroso possa essere (perché "di tanto in tanto succede: il dolore dà boccate"), possiede una densità inaudita se sa coniugarlo con i verbi amare e servire, in attivo e in passivo; e ha "deciso / che non c'è altra eternità" (44). 

L'autoreManuel Casado Velarde

Vaticano

Il sogno di una Chiesa totalmente missionaria

Nel suo Messaggio per la prossima Giornata Missionaria Mondiale, Papa Francesco ha espresso il desiderio di avviare una fase della Chiesa che coinvolga tutti i cristiani in virtù del loro battesimo, moderni profeti e testimoni che portano il Vangelo fino agli estremi confini della terra nella forza dello Spirito Santo.

Giovanni Tridente-10 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Una nuova stagione missionaria che coinvolge tutti i cristiani in virtù del loro battesimo, moderni profeti e testimoni che portano il Vangelo fino ai confini della terra con la forza dello Spirito Santo. Questo è il sogno che Papa Francesco ha trasmesso alla Chiesa universale nel suo Messaggio per la prossima Giornata Missionaria Mondiale, pubblicato il giorno dell'Epifania, il 6 gennaio di questo nuovo anno.

L'evento si svolgerà, come di consueto, la penultima domenica di ottobre, mese notoriamente dedicato alle missioni, e quest'anno cadrà il 23. Il tema scelto è tratto dal versetto 8 degli Atti degli Apostoli, "Perché mi siate testimoni", che riporta l'ultimo colloquio di Gesù risorto con i discepoli prima della sua Ascensione al cielo.

Queste parole - scrive Papa Francesco nel Messaggio - rappresentano "il punto centrale, il cuore dell'insegnamento di Gesù ai suoi discepoli in vista della sua missione nel mondo". E sono un invito costante per ogni battezzato, se vuole essere un vero testimone di Cristo. Qui sorge "l'identità della Chiesa", che si costruisce non nell'isolamento dei singoli membri, ma nella comunità, come già indicato da San Paolo VI nella Evangelii Nuntiandi.

Quanto all'essenza di questa missione - spiega il Pontefice - essa si traduce nel "rendere testimonianza a Cristo, cioè alla sua vita, passione, morte e risurrezione, per amore del Padre e dell'umanità". È un monito per ogni cristiano, che è chiamato, in definitiva, non a comunicare se stesso o le proprie doti e capacità, ma a "offrire Cristo in parole e opere, annunciando a tutti con gioia e disponibilità la Buona Novella della sua salvezza, come i primi Apostoli".

Veri testimoni

Questo può anche significare, a volte, subire un "martirio", non necessariamente cruento, ma è il modo più concreto di essere veri testimoni. Non è un caso che nell'evangelizzazione "l'esempio di vita cristiana e l'annuncio di Cristo vadano di pari passo", come i due polmoni con cui deve respirare una comunità che si considera veramente missionaria, sottolinea Papa Francesco nel suo Messaggio.

Il Papa riflette poi sulla necessità di andare oltre i "luoghi abituali" dell'evangelizzazione, poiché ci sono ancora aree geografiche in cui il messaggio cristiano non è ancora arrivato. Allo stesso tempo, dobbiamo considerare anche tutti quegli orizzonti sociali ed esistenziali, quelle situazioni umane "di confine" che alimentano il desiderio, anche se non espresso, di incontrare Cristo.

Naturalmente, è necessario contare sulla costante ispirazione dello Spirito Santo, perché è lui "il vero protagonista della missione", che dà forza ai suoi discepoli e sa dare "la parola giusta, al momento giusto e nel modo giusto".

In questa prospettiva, il Papa ci invita a vivere anche i diversi anniversari missionari che cadono nel 2022. Tra questi, il 400° anniversario della creazione della Sacra Congregazione di Propaganda Fide, "un'intuizione provvidenziale" che già nel 1622 permise di svolgere la missione evangelizzatrice della Chiesa lontano dall'ingerenza dei poteri mondani.

Due secoli dopo, la francese Paolina Jaricot - che sarà beatificata il 22 maggio - fondò l'Associazione per la Propagazione della Fede, che permise ai singoli fedeli di partecipare attivamente alle missioni attraverso una fruttuosa rete di preghiera e di collette per i missionari. Da quel primo seme è nata l'odierna Giornata Missionaria Mondiale.

Testimoni uccisi

Questo anniversario può essere anche l'occasione per ricordare i tanti testimoni che ogni anno danno la vita per le missioni, venendo uccisi in contesti di violenza, disuguaglianza sociale, sfruttamento e degrado morale e ambientale: parroci, sacerdoti impegnati in opere sociali, religiosi, ma anche tanti laici e catechisti.

Ogni anno, le loro storie sono raccolte in un dossier pubblicato da Fides. Nel 2021, ad esempio, sono stati uccisi nel mondo 22 missionari, 13 sacerdoti, 1 religioso, 2 suore e 6 laici, la maggior parte dei quali in Africa, ma anche in America, Asia e un caso in Europa. Persone che hanno testimoniato Cristo fino all'ultimo istante della loro vita, spesso in quelle periferie geografiche ed esistenziali lontane dai luoghi convenzionali, come invita la Chiesa e come esige la vera missione.

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Cultura

Gershom Scholem (1897-1982). Rivelazione e tradizione ebraica

In questi anni di riscoperta della tradizione e della cultura ebraica da parte del mondo cattolico, un autore chiave per comprendere il pensiero ebraico di oggi - e le sue tensioni e i suoi conflitti - è Gershom Scholem, figura relativamente poco conosciuta in Spagna.

Jaime Nubiola-10 gennaio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Gerhard Scholem ha fatto di tutto per essere il più possibile ebreo. Nacque nel 1897 in una famiglia tedesco-ebraica assimilata, per la quale l'ebraismo non era altro che la tradizione dei propri antenati. Così, la ricerca del giovane Scholem fu vista come un atto di ribellione, espressione di un certo interesse per l'ebraicità del mondo ebraico. troppo Ebrei. Ne è prova il rifiuto del nome "Gerhard" e la sua sostituzione con il nome molto più ebraico "Gershom".

Studiò matematica, filosofia e lingue orientali prima di trovare la sua materia di studio preferita: la Kabbalah, il sistema di interpretazione delle dottrine occulte della tradizione mistica ebraica. Fin da giovane è stato coinvolto in gruppi sionisti. Sosteneva che per lui il sionismo non era solo un movimento politico, a favore della creazione dello Stato di Israele, ma un movimento di profondo rinnovamento dell'ebraismo.

Per Scholem l'ebraismo era qualcosa di particolare, impossibile da assimilare a qualsiasi altra cultura senza distruggersi; fu la ricerca di questo "vero ebraismo" che lo portò a studiare la Cabala e altri movimenti storici, ad aderire al sionismo e a trasferirsi a Gerusalemme, dove morì nel 1982, dopo una prolifica vita accademica all'Università Ebraica. Il suo interesse per il rinnovamento spirituale del popolo ebraico lo ha portato a fare ricerche sulla storia ebraica, sul messianismo, sull'identità ebraica e sulla missione storica.

La sua passione per il passato non era solo un interesse erudito: ciò che sperava di trovare nella storia era la forza rinnovatrice che avrebbe costruito il presente e quindi dato al popolo ebraico nuove ragioni per lottare per esistere. Questo è ciò che scrive in Le principali tendenze della mistica ebraica: "Le storie non sono ancora finite, non sono ancora diventate storia, la vita segreta in esse contenuta può riemergere in te o in me oggi o domani"..

Scholem riteneva che la prova inconfutabile dell'unicità del popolo ebraico fosse la sua resilienzaNonostante le vicissitudini della storia e le circostanze difficili che ha dovuto attraversare, è sempre riuscita a preservarsi e a conservare il suo significato e la sua missione. "In definitiva, questo significato si basava sulla particolare relazione tra il popolo eletto e Dio, che la tradizione conserva e arricchisce a seconda delle circostanze storiche".ha scritto César Mora ("Gershom Scholem, riscopritore del misticismo ebraico", Il Cervo, 2019). Per Scholem è impressionante come, in circostanze sociali molto dure, capaci di schiacciarlo, l'ebreo si sia riconfigurato e sviluppato. Non lo attribuisce solo al vincolo religioso, perché gli sembra che sia proprio l'epoca attuale, segnata dalla secolarizzazione, a non essere riuscita a rendere obsoleto il vincolo comune del popolo.

Per Scholem, la specificità del popolo ebraico deriva in gran parte dalla scelta di Dio e dal messaggio che gli ha rivelato. Questa rivelazione non è intesa come un momento unico e definitivo, ma si irradia e si esprime in tutta la realtà e nel corso della storia.

Scholem intende la rivelazione come qualcosa di aperto, in attesa della sua configurazione finale, che può essere compresa solo guardando indietro: "La parola di Dio, se esiste, rappresenta un assoluto, che si può dire riposi in sé e si muova in sé. Le sue irradiazioni sono presenti in tutto ciò che, ovunque, lotta per esprimersi e dare forma a se stesso... ed è proprio in questa differenza tra ciò che si chiama parola di Dio e la parola umana che si trova la chiave della rivelazione".... (Scholem, C'è un mistero nel mondo: tradizione e secolarizzazione, p. 18). 

La rivelazione è quindi intesa da Scholem come qualcosa di aperto all'interpretazione, un incontro dell'uomo con la parola di Dio infinitamente interpretabile, che viene plasmata dall'esperienza storica e da essa rinnovata. L'esperienza storica diventa quindi fondamentale per l'ebraismo, dove il popolo ebraico trova la sua identità e dove incontra la rivelazione.

Uno di questi momenti fondamentali di identità per il popolo ebraico è stata la rivelazione al Sinai, e ancora oggi la questione del contenuto della rivelazione e del suo confronto con i tempi è ancora attuale.

Per Scholem, la rivelazione si adatta al tempo storico e quindi in ogni momento della storia si deve porre nuovamente questa domanda e cercare una risposta nella storia. Le esperienze storiche portano necessariamente l'ebreo a interrogarsi sulla propria identità; a differenza del cristiano, al quale, secondo Scholem, le circostanze storiche non dicono nulla sulla propria identità, poiché il suo momento configurativo - la venuta del Messia - è già avvenuto nel passato. Il presente e il futuro sono per l'ebreo aperti e radicalmente legati alla sua identità più intima. Eventi come la Shoah sono fondamentali per comprendere l'identità ebraica di oggi.

Per Scholem, la rivelazione è aperta alla novità della creatività umana. Non è qualcosa di fisso e solo da trasmettere, ma qualcosa di vivo, in costante rapporto con la coscienza credente e aperto alla spontaneità. Scholem vede nella tradizione il segreto del popolo ebraico, perché rappresenta l'unione del vecchio con il nuovo, l'accettazione della novità e la sua integrazione in ciò che è già stabilito.

Imparare dai nostri "fratelli maggiori nella fede" - come Giovanni Paolo II amava chiamare il popolo ebraico - è una sfida. In questa direzione, Gershom Scholem è un autore che può aiutarci, perché ci offre molti spunti di riflessione.

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America Latina

Il contesto delle elezioni presidenziali in Cile

Dopo una campagna elettorale combattuta, il candidato di sinistra Gabriel Boric ha ottenuto la maggioranza contro José Antonio Kast, avvocato e politico cattolico. I vescovi lo invitano a "governare per tutti i cileni".

Pablo Aguilera-10 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

In un combattuto ballottaggio domenica 19 dicembre, José Antonio Kast, avvocato e politico cattolico, ha accettato la sconfitta contro il suo rivale, Gabriel Boric, candidato dell'estrema sinistra.

Nelle prime ore di lunedì 20 sono stati resi noti i risultati finali: Boric ha ottenuto il 55,8 % dei voti, contro il 44,1 % di Kast. La percentuale di cileni che si è recata alle urne in questo secondo turno è stata del 56,59%. Al primo turno, il 21 novembre, ha votato il 47,34 % dei cittadini; in quel turno Kast aveva ottenuto la prima maggioranza, seguito da vicino da Boric.

Nella sua proposta di governo, Kast ha presentato diverse strategie per proteggere la vita dal concepimento alla morte naturale, per rafforzare il diritto preferenziale dei genitori a educare i propri figli e per riconoscere la cultura e l'identità delle popolazioni indigene, tra le altre proposte.

Nel frattempo, la proposta di governo di Boric, portabandiera del Frente Amplio e del Partito Comunista, promette l'incorporazione di una prospettiva femminista, l'implementazione di politiche come l'"agenda femminista" e l'"agenda femminista".aborto legale, gratuito, sicuro e libero"e modifiche alla legge sull'identità di genere, tra le altre idee.

Boric è al suo secondo mandato come deputato e per lo sfogo sociale del 2019 ha firmato la Accordo di pace per soddisfare le richieste dei cittadini in merito a politiche pubbliche che consentano una maggiore dignità e che oggi si traduce nella Convenzione Costituzionale per proporre una nuova Costituzione per il Cile.

In vista delle elezioni presidenziali, il 16 dicembre il Comitato permanente della Conferenza episcopale (CECh) ha rilasciato una dichiarazione prudente, in cui ha offerto le sue preghiere per il prossimo presidente e ha chiesto di "... pregare per il nuovo presidente".governare per tutti i cileni, cercando percorsi di dialogo, accordo, giustizia e fraternità.".

Alcuni vescovi, singolarmente, hanno ricordato ai loro fedeli il "principi non negoziabiliIl Comitato permanente ha inviato i suoi saluti al vincitore: "Rispetto della vita dal concepimento alla morte, matrimonio tra un uomo e una donna, libertà di educazione, ecc. Quando è stato reso noto il risultato dell'elezione, il Comitato permanente ha inviato i suoi saluti al vincitore: ".... la Chiesa deve essere un luogo di vita dal concepimento alla morte.Preghiamo Dio di darvi la sua saggezza e la sua forza, di cui avrete sicuramente bisogno. La missione è sempre più grande delle nostre possibilità e capacità, ma confidiamo che - con la collaborazione dei cittadini, il lavoro dei vari attori sociali e politici, e la forza spirituale che viene dalla fede e dalle più profonde convinzioni umane - saprà affrontare il suo compito con generosità, impegno e prudenza.".

Sebbene il programma di Boric proponga di apportare drastici cambiamenti politici, molto probabilmente dovrà negoziare con l'opposizione, che avrà il 50 % dei senatori del nuovo Congresso. Il Presidente e i nuovi parlamentari entreranno in carica il prossimo marzo.

Al di là dell'esito delle elezioni presidenziali, c'è qualcosa di più importante in arrivo. La Convenzione costituente, che ha iniziato i lavori lo scorso luglio, dovrebbe presentare una proposta per una nuova costituzione politica tra aprile e luglio 2022. Sessanta giorni dopo il testo sarà sottoposto a un plebiscito; per l'approvazione o la bocciatura saranno necessari 50 % più uno dei voti.

La Chiesa cattolica e altre confessioni cristiane, ebrei, musulmani e altri stanno raccogliendo le 15.000 firme necessarie per sostenere una proposta sulla libertà religiosa alla Convenzione. Hanno presentato la proposta per iscritto lo scorso ottobre.

Il presidente della Conferenza episcopale, il cardinale arcivescovo di Santiago Celestino Aós, ha riflettuto su questa situazione nel suo messaggio di Natale, ponendo l'accento sull'accoglienza, l'ascolto e il dialogo: "... la situazione della gente, del popolo, della gente e della Chiesa, è molto grave.Noi siamo in un altro: occupati con le nostre faccende e i nostri piani politici e sociali, arrabbiati nelle nostre avventure e disavventure finanziarie, discutendo religiosamente di giustizia e di peccati - sempre i peccati degli altri, perché la corruzione è in altri ambienti! Le parole denaro, vacanze, affari, ecc. suonano e risuonano, avvolte da virus e contagi, letti di terapia intensiva, ecc. Siamo molto preoccupati e ci lamentiamo perché la valanga di oggetti e regali non è così grande, e perché le nostre celebrazioni devono limitarsi alle capacità ordinate, e senza capire che tutti dobbiamo fare la nostra parte per organizzare meglio la nostra convivenza, per mettere la pace dove c'è violenza, il rispetto dove c'è odio, l'onestà dove c'è corruzione, la fedeltà coniugale dove c'è abuso e abbandono, il dialogo dove l'insulto e la squalifica assordano, l'accoglienza dove i migranti subiscono il rifiuto. Questo è il compito di tutti e anche il vostro.".

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Mondo

I viaggi del Papa nel 2022: sempre più un "costruttore di ponti

Come per i concistori dei cardinali, o ora per la riforma della Curia romana, e naturalmente in occasione dei conclavi, l'attesa dei viaggi del Santo Padre nel 2022 porta con sé un tocco di intrigo, di mistero. I viaggi apostolici di Papa Francesco sono una semina di fraternità e di unità, e lo mostrano sempre più come una persona che ha fatto la differenza. Pontifex.

Rafael Miner-9 gennaio 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

L'evoluzione della pandemia sta segnando le visite del Papa in vari luoghi d'Italia e del mondo. Per questo motivo, la Santa Sede non può programmare questi viaggi con l'anticipo che vorrebbe. Tuttavia, Francesco ha accennato ad alcuni dei suoi desideri e le udienze offrono alcuni indizi.

Nello scrivere queste righe sui possibili viaggi del Papa in questo anno che sta iniziando, con l'aiuto di Giovanni TridenteCorrispondente di Omnes in Italia, pensava a tre scene del 2021. Il primo, le sue parole sull'aereo di ritorno dalla sua storica visita in Iraq all'inizio di marzo, che ora analizzeremo.

In secondo luogo, la consacrazione della moderna chiesa di San Giovanni Battista, una novena negli Emirati Arabi Uniti, a dicembre, pochi giorni prima dell'inaugurazione della grande cattedrale di Nostra Signora d'Arabia in Bahrain, che il Papa inaugurerà a dicembre. ha ringraziato il re Hamad bin Isa Al Khalifa.

Il terzo è stato l'incontro di Papa Francesco con il metropolita ortodosso, presidente del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, Hilarion Alfeyev, avvenuto il 22 dicembre nello studio dell'Aula Paolo VI. Per un'ora hanno riaffermato "lo spirito di fraternità" e l'impegno comune a "cercare risposte umane e spirituali concrete", ha fatto sapere la Sala Stampa vaticana.

Con il patriarca ortodosso Kirill

Durante l'incontro, il Metropolita Hilarion ha fatto i suoi migliori auguri al Papa, sia a titolo personale che a nome del Patriarca Kirill., per il suo 85° compleanno. Il Pontefice ha accolto questi auguri "con gratitudine", esprimendo "sentimenti di affetto e vicinanza alla Chiesa russa" e allo stesso Kirill, che ha da poco compiuto 75 anni. Il Santo Padre ha ricordato "il cammino di fraternità che abbiamo percorso insieme e la conversazione che abbiamo avuto all'Avana nel 2016".

In questo clima, che prosegue quello mantenuto dal Santo Padre con i massimi rappresentanti della Chiesa ortodossa a Cipro e in Grecia, uno dei possibili luoghi presi in considerazione dalla Segreteria di Stato vaticana per un incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Kirill potrebbe essere l'abbazia di Pannhonalma (Ungheria), luogo dalla forte tradizione ecumenica, forse a settembre, o addirittura nella prima metà di quest'anno. Il suo abate è Cyril Tamas Horotobagyi, ed è stato a Roma a dicembre. Altre possibili sedi per tale incontro potrebbero essere la Finlandia e persino il Kazakistan, sebbene il Paese sia attualmente coinvolto in una crisi. "Sono sempre pronto, sono pronto anche ad andare a Mosca. Non ci sono protocolli per il dialogo con un fratello", ha detto recentemente il Papa, secondo quanto riportato da Rome Reports.

Ricordando l'Iraq

"Sono andato in Iraq conoscendo i rischi, ma dopo aver pregato molto, ho preso liberamente la decisione. È stato come uscire di prigione., ha detto Papa Francesco sull'aereo di ritorno dalla sua visita nella terra di Abramo nel marzo 2021, dopo quindici mesi di clausura in Vaticano, senza ricevere i fedeli in udienza.

Il soggiorno del Padre comune dei cattolici in Iraq ci ha lasciato importanti insegnamenti, che riassumiamo in Omnes, e che offrono anche alcune chiavi per i suoi viaggi futuri. Forse la prima è questa: pensare agli altri, al popolo iracheno, viaggiare anche quando tutto sembrava contro di lui, andare a confortarli e a consolarli. Un'opera di misericordia.

La seconda era la compassione, come Gesù poco prima della moltiplicazione dei pani e dei pesci, come si legge nel Vangelo di questo sabato. Qualche anno fa, nell'ottobre 2015, poco prima della proclamazione dell'Anno Santo della Misericordia, il Papa disse a Santa Marta: "Dio, il Signore, è colui che è colui al quale siamo chiamati. "Egli ha compassione, ha compassione per ciascuno di noi; ha compassione per l'umanità e ha mandato suo Figlio per guarirla".

La compassione è stata al centro delle preghiere di Papa Francesco, Pontifex, sulle pianure di Ninive e Ur, per tante persone, soprattutto cristiane, che hanno sofferto "le tragiche conseguenze della guerra e dell'ostilità". E a Mosul, dove il Papa ha parlato di crudeltà: "È crudele che questo Paese, culla della civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone (musulmani, cristiani, yazidi e altri) sgomberate con la forza e uccise".. Ore dopo, sul volo di ritorno a Roma, avrebbe raccontato ai giornalisti: "Non potevo immaginare le rovine di Mosul, ero senza parole. Eventuali foto, che si può vedere su questo sito webÈ davvero scioccante.

"Dobbiamo perdonare".

Lì, a Hosh-al-Bieaaa, la piazza delle quattro chiese (siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea) di Mosul, distrutte tra il 2014 e il 2017 dagli attacchi terroristici, Francesco ha affermato solennemente che "La fraternità è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra"."Questa convinzione non potrà mai essere messa a tacere nel sangue versato da coloro che profanano il nome di Dio percorrendo i sentieri della distruzione".

Ultimo ma non meno importante (ultimo ma non meno importante), abbiamo detto, il perdono. "Dio onnipotente, apri i nostri cuori al perdono reciproco, rendici strumenti di riconciliazione".Ha pregato nell'antica Ur di Abramo, insieme a un centinaio di rappresentanti dell'Islam, dell'Ebraismo e del Cristianesimo, in uno storico incontro interreligioso.

Libano, Kazakistan, India...

Dopo i messaggi del Papa a Cipro, all'Acropoli di Atene, a Lesbo e prima ancora a Budapest e in Slovacchia, Papa Francesco ha chiesto pace e stabilità anche nella terra dei cedri, il Libano. Non è ancora probabile che si verifichino le condizioni per una tale visita, almeno nella prima metà dell'anno. Ma Francesco vuole andare nel Paese mediterraneo.

All'inizio di agosto, un anno dopo la terribile esplosione che ha devastato il porto di Beirut, causando quasi 200 morti e migliaia di feriti, il Papa ha rinnovato pubblicamente il suo impegno a visitare il Libano nel prossimo futuro. "Cari libanesi", ha detto nell'Aula Paolo VI, "il mio desiderio di visitarvi è grande. Non mi stanco mai di pregare per voi, chiedendo che il Libano torni ad essere un messaggio di fratellanza, un messaggio di pace per tutto il Medio Oriente.

Il Kazakistan (Asia centrale) ospiterà il 14 e 15 settembre il settimo incontro dei leader delle religioni tradizionali, e va ricordato che il Presidente del Senato ha recentemente visitato il Papa a Roma. Tuttavia, le attuali condizioni politiche del Paese non sembrano ideali per una visita papale, come è stato sottolineato. Tuttavia, non si può escludere nulla.

Citiamo anche l'India. A fine ottobre, il Papa ha ricevuto il primo ministro della Repubblica indiana, Narendra Modi, che ha poi salutato il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, e l'arcivescovo Paul Richard Gallagher, segretario per i Rapporti con gli Stati: "Nel corso di un breve colloquio", si legge nel comunicato, "hanno fatto riferimento alle cordiali relazioni esistenti tra la Santa Sede e l'India". Tuttavia, non esiste una data concreta per un'eventuale visita.

Santiago de Compostela, Canada

Due probabili viaggi del Papa nell'estate di quest'anno sono Santiago de Compostela e il Canada. In un'ampia intervista rilasciata a Carlos Herrera, "Herrera en Cope", all'inizio di settembre, il Papa ha dichiarato il suo desiderio di recarsi a Santiago nell'estate del 2022 per rivolgere un appello all'Europa. "Ho promesso al presidente della Xunta de Galicia di riflettere sulla questione", ha commentato il Pontefice. "Per me l'unità dell'Europa in questo momento è una sfida. O l'Europa continua a perfezionarsi e a migliorare nell'Unione europea, o si disintegra. Il quadro ideale potrebbe essere la fine del Pellegrinaggio dei giovani europei, che si conclude il 6 e 7 agosto.

Nella conversazione Francesco ha ribadito che il suo obiettivo è quello di continuare a dare priorità alla visita dei paesi più piccoli d'Europa. Quindi "sono andato a Strasburgo ma non sono andato in Francia. Sono andato a Strasburgo per l'Unione Europea. E se vado a Santiago, vado a Santiago, ma non in Spagna, sia chiaro". Anche se alcuni media non escludono la possibilità che il Papa, un gesuita dopo tutto, possa accettare di visitare Manresa (o Loyola) alla conclusione dell'Anno Ignaziano, che commemora il 500° anniversario della conversione di Sant'Ignazio di Loyola, come ha riportato Omnes.

Un'altra possibile visita è il viaggio del Papa in Canada, nel Nord America, che ha a che fare con una questione che ha scosso la Chiesa negli ultimi anni: i gravi abusi sui minori. Il Conferenza canadese dei vescovi cattolici ha invitato il Santo Padre per una visita apostolica nel contesto del processo pastorale di riconciliazione in corso con la popolazione indigena, a seguito dei maltrattamenti subiti da parte delle comunità cattoliche nel XIX secolo, che hanno portato alla scoperta di più di mille tombe non segnate con i resti di bambini indigeni.

Ucraina, Montenegro, Malta, Sud Sudan, Congo...

Si parla anche di un viaggio in Ucraina prima dell'estate. A Natale, Francesco ha detto che non bisogna permettere che "le metastasi di un conflitto incancrenito" si diffondano in Ucraina, a causa delle tensioni tra Kiev e Mosca, che fanno temere un'escalation militare. Ha inoltre ricordato le tragedie "dimenticate" del conflitto in Yemen e Siria, che "ha causato molte vittime e un numero incalcolabile di rifugiati". I cattolici ucraini danno quasi per scontato il viaggio del Papa, per evitare un conflitto con la Russia.

Inoltre, fin da prima della pandemia, Sua Santità aveva programmato viaggi in Montenegro, Malta, Indonesia, Timor Est, Papua Nuova Guinea (Oceania) e, forse con ancora più insistenza, nella Repubblica del Congo e nel Sud Sudan, nel continente africano.

Firenze (regione mediterranea) e Roma

Un primo appuntamento di quest'anno sarà l'incontro del Papa a Firenze con i vescovi e i sindaci della regione mediterranea alla fine di febbraio, a cui parteciperanno anche i rifugiati e le loro famiglie, affinché l'area torni a essere "un simbolo di unità e non di confine".

L'evento prosegue la missione avviata dall'Episcopato italiano a Bari nel febbraio 2020, sull'orlo della pandemia, con l'incontro "Mediterraneo, frontiera di pace" che, per la prima volta nella storia, ha riunito i vescovi della regione mediterranea e l'Episcopato italiano. Mare Nostrumuniti dal desiderio di abbattere i muri che separano le nazioni, riferisce l'agenzia ufficiale vaticana.

Nel giugno di quest'anno, il 10° Incontro delle famigliecon il tema "L'amore familiare: vocazione e cammino di santità". Un incontro che ha dovuto essere rinviato nel 2020 a causa della pandemia e che sarà multicentrico ed esteso, "favorendo il coinvolgimento delle comunità diocesane di tutto il mondo".

"Quattro o cinque viaggi fuori dall'Italia".

Papa Francesco inizia quest'anno, che segnerà nove anni dalla sua elezione, con la preparazione di "quattro o cinque" viaggi fuori dall'Italia, durante i quali potrebbe visitare per la prima volta l'Oceania e il Canada, tra le altre destinazioni, ha riferito l'agenzia di stampa Télam, anche se ha in mente viaggi "in Congo e in Ungheria".

"Inoltre, devo ancora pagare il conto arretrato del viaggio in Papua Nuova Guinea e Timor Est", ha aggiunto il Santo Padre, riferendosi alla visita originariamente prevista per il 2020, ma sospesa a causa della pandemia.

"Bisogna andare in periferia se si vuole vedere il mondo com'è", ha detto il Papa a proposito del suo modo di viaggiare nel libro "Sognare insieme", in cui ha aggiunto: "Ho sempre pensato che si vede il mondo più chiaramente dalla periferia, ma in questi ultimi sette anni da Papa, ho visto con i miei occhi. Per trovare un nuovo futuro, bisogna andare in periferia.

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SOS reverendi

Deserti che raffreddano

La cosa ordinaria nello sviluppo della vita spirituale è passare attraverso il deserto. È stato fatto dal popolo ebraico, da Giovanni Battista, da Cristo e da molti altri che sono venuti dopo. Il deserto spirituale può essere confuso con una crisi esistenziale, con la depressione o con una notte buia. Può anche sovrapporsi a tutti questi elementi.

Carlos Chiclana-9 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Si possono attraversare deserti personali, coniugali, vocazionali, spirituali, istituzionali, ecc. Le condizioni sono spartane, fa molto freddo e molto caldo, c'è poca compagnia, il cibo è precario, il tempo passa lentamente, prevale il silenzio, c'è polvere e insetti, sono luoghi inospitali, austeri e sgradevoli. È logico lamentarsi e cercare conforto, che si tratti di un vitello d'oro, di trasformare le pietre in pane o di piangere per i porri e le cipolle che si mangiavano prima.

E allo stesso tempo, ricordate che state passando, che vi state lasciando alle spalle qualcosa di superfluo, che sapete che è un deserto perché avete conosciuto altri luoghi e potete fare un confronto. Il fatto che siate lì ora non annulla o nega ciò che avete vissuto prima, ma piuttosto lo rafforza, lo afferma e lo contrasta. Anche il fatto che prima fosse diverso ribadisce che ora vi trovate in questo luogo desolato. L'aridità emotiva di questa stagione contrasta con la saggia consapevolezza che indica in modo connaturato la verità. Il deserto è un luogo solitario dove solo Dio ti incontra all'alba dopo averti contemplato nel sonno. 

Non abbiate paura, è spaventoso, sì, ma fatelo perché ci fa bene, anche se non lo capiamo. 

1.- Minaccia di sconvolgere la vostra vita. Sembra che tutto sia finito, che nulla abbia più senso, che tutto quello che c'era prima fosse falso. Appariranno grandi inquietudini e/o sottili approcci ingannevoli: disillusione, stanchezza, interrogazione esistenziale o modifica dell'insieme.

2.- Domande. Ripercorrerlo significa discernere di nuovo. Sì, di nuovo. Che cos'è il grano e che cos'è la zizzania, che cos'è il diritto e che cos'è la stortura, che cos'è la luce e che cos'è l'ombra, i demoni e le bestie selvatiche vi chiedono se è di qua o di là. È una deliberazione lucida in cui, allo stesso tempo, si sa e non si sa, si vede e non si vede. 

3.- Risvegliare lo spirito per ricominciare, e per cominciare davvero. È il preambolo di un nuovo percorso spirituale, per tornare all'essenziale e fare nuove cose. Non rinnegate il passato, sapete da dove venite, anche se a volte scappate dall'egiziano di turno. Il sole brucia la vecchia pelle e ne appare una nuova. Avete sete e desiderate la luce; a differenza dei quadri depressivi, in cui non vi interessa nulla, qui volete trovare la verità.

4.- Mostrare il nord. Per vedere bene le stelle, più c'è buio meglio è. Sembra - così dicono i mistici che ci illuminano con le loro notti buie - che Egli non sia esente dal nero fecondo del cieco che recupera la vista. La mancanza di luce sulla terra permette di vedere le stelle nel cielo, dove il Polar rimane al vostro servizio. Se vi fidate della notte e aspettate, alla fine vi sorprende sempre con il dono dell'alba. C'è speranza, di fronte alla disperazione della depressione.

5.- Cancella e stordisce allo stesso tempo. All'inizio genera confusione: cosa sta succedendo? A poco a poco vi centra e vi permette di non distrarvi perché lì c'è poco rumore, con tanto vuoto intorno. Vi libera da pesi che non sono necessari per andare avanti. Nel silenzio la parola si ascolta meglio. Senza tanti complementi la Parola è più autentica e si sa che c'è, anche se non si sente quasi nulla a livello spirituale, e in altri ambiti della vita si è ancora vivi come non mai.

6.- Disperazione. Quando ci si trova così svenduti, si hanno due possibilità: o ci si sveglia e si continua a camminare per vivere, o ci si arrende e si muore per il nulla deserto. Questo scenario vi offre una vita piena secondo lo spirito, perché i supporti materiali, strutturali, istituzionali o di compito sono pochi, poco appetibili e poco soddisfacenti. Il deserto non culla il sonno come le alterazioni dell'umore.

7.- Staccare. Per poter avanzare tra le sabbie è necessario lasciare andare ciò che non è essenziale: occupazioni, commissioni, attività, distrazioni. È spaventoso perché sembra che non ci sarà più nulla, ma ci sarete voi e Dio che, per di più, nel bel mezzo dello spopolamento, vi dirà con un mezzo sorriso "date loro da mangiare", quando tutto ciò che vi è rimasto sono stracci, grande fame e sete.

8.- Entrare. Poiché l'esterno del deserto è di scarso interesse ed è sempre lo stesso, è necessario smettere di cercare all'esterno ciò che si ha all'interno. Così, vi pone in uno scenario favorevole all'incontro con voi stessi, con la vostra verità, e a vedere che lì dentro stavate già aspettando il matrimonio. Tuttavia, nella depressione non si è in grado di riflettere.

9.- Rinominare. Con tante pietre intorno, alla fine si vede il proprio nome scritto su tutti i ciottoli bianchi. Un nuovo nome, dopo il viaggio dell'eroe, che si rivela essere lo stesso nome di prima. 

Così si fa la storia, si costruisce la propria storia e si esce dal deserto risvegliati, vitalizzati e con quello sguardo - comprensivo, stupito e riconoscente - su se stessi, sugli altri e sulla vita, che permette di godere molto di più di ogni goccia d'acqua.

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I bambini, come Gesù, sono luce

9 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

"Bambini che aiutano bambini", questa era ed è l'alma mater della Pontificia Opera dell'Infanzia Missionaria (precedentemente conosciuta come Santa Infanzia). A volte il verbo è stato cambiato in "i bambini evangelizzano i bambini".

Quest'anno, la Giornata di questa Opera Pontificia, che si svolgerà il 16 gennaio, ha scelto il motto: "Con Gesù a Gerusalemme: Luce per il mondo!".

Ricorderemo l'ultimo dettaglio conosciuto dell'infanzia del Signore: quando Gesù bambino rimane a Gerusalemme, rispondendo e illuminando i dottori e i maestri della legge. Egli è la vera Luce del mondo che illumina coloro che vivono nelle tenebre e nell'ombra della morte.

Oggi ci sono molti bambini nel mondo che vivono nelle tenebre, che non hanno la fede, la speranza, l'amore che deriva dalla conoscenza di Dio. Anche loro devono avere la gioia di sapere che sono amati da un Dio che è Padre. Sono molti, sono la maggioranza, sono troppi. E noi possiamo aiutarli, per questo dobbiamo insegnarli ai nostri figli. Vi ricordate di Teresita? Sì, la piccola missionaria! Voleva essere una missionaria: "Voglio portare Gesù ai bambini che non lo conoscono, affinché possano andare in paradiso felici e contenti". I bambini possono essere missionari, essere una luce per portare Gesù a chi non lo conosce. E lo fanno pregando per i bambini che non conoscono Dio; e lo fanno offrendo piccoli o grandi sacrifici per i missionari, come ha fatto Teresa; e lo fanno quando danno una piccola elemosina per aiutare le missioni? 

I bambini sono missionari quando parlano con semplicità e con un sorriso di Dio e di ciò che gli chiedono o di cui lo ringraziano nelle loro preghiere, a volte sono quelli che meglio danno una grande testimonianza di fede e di fiducia in Dio, e a volte sono quelli che meglio capiscono che dobbiamo prenderci cura degli altri, che dobbiamo allargare il nostro cuore per essere attenti ai bisogni degli altri bambini, anche se sono lontani.

L'autoreJosé María Calderón

Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Spagna.

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Cinema

Esiste una famiglia perfetta?

Emozionante senza cadere nel sentimentalismo, "Vicino a te" si sviluppa secondo un'impostazione discreta, semplice ed efficace, che non ha altro scopo che quello di raccontare una storia nel modo più realistico possibile.

Patricio Sánchez-Jáuregui-8 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Testo originale in inglese qui

John, trentacinque anni, padre single e autolavaggio di razza mista, è un irlandese a cui restano pochi mesi di vita. Preparandosi a ciò che sta per accadere, trascorre la maggior parte del tempo cercando di trovare una nuova famiglia per il figlio Michael, di tre anni. Pressato dalla necessità di dire addio, dal bisogno di protezione e da una decisione impossibile, cercherà l'assistenza dei servizi sociali, in particolare di Shona.

Emozionante senza scadere nel sentimentalismo, "Vicino a te" si sviluppa secondo un'impostazione discreta, semplice ed efficace, che non ha altro scopo che quello di raccontare una storia nel modo più realistico possibile. È un'opera che evita con successo di scadere nel dramma e affronta il tema della paternità, della morte e del rapporto padre-figura, fornendo una guida chiara ma dolorosa.

Edificante a suo modo, è una storia semplice, ma raccontata in un modo speciale, attento al fatalismo del neorealismo italiano (Vittorio De Sica), così come alla tecnica stupefacente e documentaristica del cinema sociale inglese (Mike Leigh) ed europeo (fratelli Dardenne).

Il presupposto del film, forse un po' prevedibile e che poteva sfociare nel melodramma, è gestito con una narrazione sobria, attenta e chiara, che lascia trasparire l'umanità dei personaggi. Sono i testimoni e i piccoli dettagli della vita quotidiana a conferire un tono realistico alla storia e a renderla più completa.

Nel film sono presenti un eccellente James Norton (Piccole donne, guerra e pace), il piccolo Daniel Lamont nella parte di suo figlio, a cui si aggiunge Eileen O'Higgins nella parte di Shona. Il film ne è un ottimo esempio, che aiuta a canalizzare l'empatia dello spettatore verso ciò che sta per accadere e quando questo accade e l'emozione è ormai troppo alta (ultimi desideri, ultimi istanti), questi momenti vengono gestiti, evitando, saggiamente, di enfatizzarli. Ex banchiere d'affari e nemesi di Luchino Visconti, Uberto Pasolini è un regista, scenografo e produttore pluripremiato che dirige e scrive questa opera sociale acclamata dalla critica (il suo terzo film da regista). Un film vicino al documentario, che riesce a gestire le emozioni senza cadere nel sentimentalismo, dove i personaggi e la storia sono ben armonizzati, creando un film di rara qualità.

Cinema

Esiste una famiglia perfetta?

Patricio Sánchez-Jáuregui-8 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Vicino a voi

Regia e sceneggiaturaUberto Pasolini
Paese: Italia
Anno: 2021

Testo in italiano qui

Trentacinque anni, padre single e lavavetri, John è un irlandese a cui restano pochi mesi di vita. Preparandosi a ciò che accadrà, trascorre la maggior parte del tempo cercando di trovare una nuova famiglia per il figlio Michael, di tre anni. Stretto tra il bisogno di dire addio, l'istinto di protezione e una decisione impossibile, cercherà l'aiuto dei dipendenti dei servizi sociali, in particolare di Shona.

Emotivo senza essere sdolcinato, "Vicino a te". si basa su una sceneggiatura discreta, semplice ed efficace, che non ha alcuna pretesa di raccontare una storia nel modo più realistico possibile. È un'opera che evita con successo di cadere nel dramma e affronta la paternità, la morte e il rapporto padre-figlio con punti precisi ma delicati.

Edificante a suo modo, è una storia modesta raccontata in modo speciale, attingendo al fatalismo del neorealismo italiano (Vittorio De Sica), così come al primo piano e alla tecnica documentaristica del cinema sociale britannico (Mike Leigh) ed europeo (fratelli Dardenne).

La premessa del film, forse un po' banale e che si presta al melodramma tascabile, è mantenuta grazie a una tecnica sobria, accurata e lucida, che rivela l'umanità dei suoi personaggi. Sono gli attori e i piccoli dettagli della vita quotidiana a dare al film una qualità realistica e coinvolgente.

Incontriamo così un enorme James Norton. (Piccole donne, Guerra e pace)Un'apprezzabile performance attoriale e registica con il figlio, Daniel Lamont, e un accompagnamento aneddotico di Eileen O'Higgins (Shona) che aiuta a incanalare l'empatia del pubblico per l'imminente e a produrre compassione per l'inevitabile, che pesa nei momenti semplici e trabocca nei pochi momenti emotivi caratteristici (ultime volontà, ultimi istanti) che sono ben scelti e saggiamente non sovrastimati.

Ex dipendente di una banca d'affari e nipote di Luchino Visconti, Uberto Pasolini è un regista, sceneggiatore e produttore pluripremiato che dirige e scrive questa opera sociale acclamata dalla critica (il suo terzo film da regista). Un film che si avvicina al documentario, diretto, che gestisce bene le emozioni senza cadere nel sentimentalismo, e i cui attori e momenti si sposano perfettamente, creando un film memorabile.

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Spagna

José M. AlbaladRead more : "Le parrocchie sono state l'"ospedale da campo" che il Papa invoca".

Il direttore del Segretariato per il sostegno alla Chiesa, José María Albalad, sottolinea come, nonostante il calo delle raccolte in Spagna a causa della pandemia, le donazioni attraverso il portale delle donazioni siano aumentate, ma non abbastanza - almeno per ora - da far fronte al calo delle entrate.

Maria José Atienza-8 gennaio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Zaragozano, giornalista e dottore in Comunicazione, José María Albalad è a capo del Segretariato per il sostegno alla Chiesa della Conferenza episcopale spagnola dallo scorso settembre.

I suoi primi mesi sono stati segnati dalle conseguenze della pandemia sulle economie familiari, e quindi sulla Chiesa, e dal rinnovo del portale delle donazioni. donoamiiglesia.

- La Chiesa spagnola ha istituito questo sistema di donazione alcuni anni fa, come si è evoluto nel corso degli anni ed è stato ben accolto? 

Il portale delle donazioni è uno degli assi strategici del Segretariato per il sostegno alla Chiesa, che si è posto l'obiettivo di promuovere nuove tecnologie e modalità alternative di collaborazione.

Nello specifico, il portale di donazione "donoamiiglesia.es" è stato creato cinque anni fa, nel 2016, con un approccio pionieristico, in quanto già allora permetteva, con un semplice clic, di fare una donazione a una qualsiasi delle 23.000 parrocchie della Spagna.

La pandemia, quindi, ha colto la Chiesa con i suoi "compiti a casa" fatti in questo senso e, di fronte alla chiusura delle chiese a causa del confinamento del 2020, le donazioni in questo modo sono quintuplicate.   

Tuttavia, il sostegno finanziario ricevuto attraverso il portale - in termini globali - non rappresenta ancora una percentuale particolarmente significativa rispetto al volume delle raccolte in Spagna.

Ma aumenta notevolmente con il consolidarsi di nuove abitudini di consumo e di svago, sempre più vicine all'ecosistema digitale.

In questo senso, il lavoro che si sta svolgendo con le nuove tecnologie in generale e con il portale delle donazioni in particolare rappresenta un chiaro impegno per il futuro. Dopo questo periodo di semina, i frutti - che stanno crescendo - si moltiplicheranno.

La pandemia, quindi, ha colto la Chiesa con i suoi "compiti a casa" fatti e, di fronte alla chiusura delle chiese a causa del confinamento del 2020, le donazioni attraverso il sito web donoamiiglesia sono quintuplicate.

José María Albalad. Direttore del Segretariato per il sostegno alla Chiesa

- Quali cambiamenti presenta questo nuovo sito web rispetto al precedente donoamiiglesia? 

Il nuovo progetto riflette le esigenze rilevate sia dalle diocesi che dalla Conferenza episcopale spagnola, oltre che dagli stessi donatori. In particolare, le modifiche mirano ad aumentare la facilità d'uso, attraverso un sito web intuitivo e adattato al profilo del donatore: una persona di età compresa tra i 50 e i 59 anni, che effettua una donazione media di 49 euro. Questo sta già riducendo il numero di incidenti, poiché sono stati affrontati i punti del processo che potevano causare confusione.

Inoltre, è stata creata un'interfaccia che cerca di trasmettere il volto amichevole, umano e trasparente della Chiesa. L'idea è di incorporare gradualmente la pubblicazione di notizie, storie e testimonianze.

Una pietra miliare del nuovo portale è che facilita la diffusione alle parrocchie con un URL specifico per ogni entità, che a sua volta consente di ottenere un codice QR personalizzato. Dal punto di vista della promozione, si tratta di una grande opportunità per ogni comunità, che guadagna in prossimità.

Donoamiiglesia.es" è un progetto dinamico, in continua evoluzione, quindi questo rilancio non rappresenta la fine del lavoro. È infatti previsto l'inserimento di Bizum come metodo di pagamento nel primo trimestre del prossimo anno. 

- In che misura la crisi pandemica ha influenzato queste donazioni? 

Stiamo vivendo un doppio fenomeno. Da un lato, gli incassi in Spagna sono diminuiti in media di un terzo a causa della pandemia. D'altra parte, le donazioni attraverso il portale delle donazioni sono aumentate, ma non abbastanza - almeno per ora - da far fronte al calo delle entrate.

Inoltre, i bisogni sono aumentati vertiginosamente e la Chiesa ha risposto fin dall'inizio alla sfida attuale, occupandosi della situazione particolare di ogni persona, di ogni famiglia. Le parrocchie sono state (e sono), senza dubbio, l'"ospedale da campo" che Papa Francesco invoca.

Quest'anno il numero di transazioni effettuate attraverso il portale delle donazioni ha superato gli 85.000 e le donazioni ricorrenti sono in aumento. In altre parole, sempre più persone si impegnano a donare un importo fisso su base regolare, rendendo più semplice la pianificazione finanziaria. È importante ricordare che le persone fisiche (coloro che pagano l'imposta sul reddito delle persone fisiche) possono detrarre l'80% sulle donazioni fino a 150 euro.

I bisogni sono saliti alle stelle e la Chiesa ha risposto fin dall'inizio alla sfida attuale, tenendo conto della situazione particolare di ogni persona.

José María Albalad. Direttore del Segretariato per il sostegno alla Chiesa

- È ora molto facile donare esattamente ciò che vogliamo: diocesi, seminario o la stessa CEE. In generale, come vengono distribuite queste donazioni? Si tende ad "andare verso il conosciuto": parrocchia, seminario... ?

In oltre 90% dei casi, le persone collaborano direttamente con la propria parrocchia, che risponde a una logica naturale. La comunità cristiana vive e celebra la propria fede nella parrocchia, che con le sue molteplici attività (celebrative, pastorali, caritative...) è testimone della gioia e della tenerezza del Vangelo. Questa collaborazione non è solo finanziaria, ma anche in termini di qualità, tempo e preghiera.

La Chiesa è molto più di un edificio o di una persona. Siamo rifugio, cibo e speranza per coloro che ne hanno più bisogno. Vorrei cogliere l'occasione per estendere i miei più sentiti ringraziamenti a tutti coloro che quest'anno hanno barrato la casella X sulla dichiarazione dei redditi, a coloro che hanno fatto donazioni - e anche pagamenti con addebito diretto - attraverso le loro parrocchie o diocesi, a coloro che hanno lasciato lasciti o eredità e, in generale, a tutti coloro che hanno collaborato al meglio delle loro possibilità.

Senza la generosità di così tante persone, la Chiesa non sarebbe stata in grado di rispondere allo tsunami di bisogni scatenato dalla pandemia e di continuare a proclamare la Buona Novella.

Ecologia integrale

Misericordia per tutti

La misericordia va esercitata verso tutti. Non devono esserne esclusi né coloro che hanno agito ingiustamente, né coloro che sono stati guidati dall'ingenuità o dalla generosità malintesa.

Juan Arana-7 gennaio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Per qualsiasi cristiano, le parole conclusive del Vangelo di Marco sono suonate per venti secoli come un buon campanello d'allarme: "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura". Niente di meno! Al mondo intero e a ogni creatura... È una missione enorme, tanto travolgente quanto emozionante. L'urgenza di Francesco Saverio e di tanti altri, che si affrettavano a viaggiare e a convertire il mondo prima che il loro respiro si esaurisse, è comprensibile... Matteo aggiunge alla sua versione un paio di sfumature che non vanno trascurate: "Insegnate a tutte le nazioni... insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato". In altre parole: tutto a tutti. Non c'è nessuna clausola di esclusione nel messaggio da trasmettere; il seminatore deve continuare a spargere il suo seme senza stentare anche tra le pietre e i cardi, perché nessuno sa in anticipo se nel terreno seminato manca una fecondità nascosta che aspetta colui che dice "Alzati e cammina".

Oggi le civiltà, anziché allearsi o guerreggiare tra loro, si sfregano e si mescolano. È quindi molto facile giungere a conclusioni pessimistiche sulla possibilità di raggiungere una verità che convinca tutti. Per quanto riguarda le religioni, la questione se esistano o meno delle che si distingue dal resto sembra anche più irresolubile che mai. Per molti aspetti i cristiani non sono migliori del resto dell'umanità. Se gli ebrei dell'Antico Testamento coglievano ogni occasione per deludere le aspettative che Dio aveva riposto in loro, anche noi figli della Chiesa nata dalla Nuova Alleanza spesso deludiamo i nostri e gli estranei. 

Ma c'è una cosa che permette a un osservatore imparziale di notare un tratto distintivo: la nostra dottrina non smentisce l'etichetta di universale, Cattolico. A differenza di tante associazioni di un segno o di un altro, nella nostra solo Dio si riserva il diritto di ammissione, e lo eserciterà solo alla fine dei tempi: per quanto ci riguarda, se fosse oggettivamente possibile, nessuno dovrebbe essere escluso dal messaggio. A differenza di altri campi, meglio sistemati, più coscienziosamente diserbati o sistematicamente estirpati, nei giardini della Chiesa le erbacce crescono felicemente accanto al grano: non è questo il momento di separare le une dalle altre, né siamo chiamati a farlo.

Insomma, dobbiamo fare in modo che il buon seme non vada perso e non muoia, anche se tra noi agisce un avversario che non rispetta le regole del gioco.Da qui molti dei rimproveri che ci vengono rivolti dai figli del secolo, che cercano di compensare la loro presunta assenza di Dio con la presunta purezza immacolata delle loro peregrinazioni. Ma non importa: che siano loro a vantarsi di praticare la tolleranza zero con queste o quelle altre. Per il cristiano fedele alla sua identità, la lotta è solo contro il male, contro il peccato, ma non contro l'autore, poiché Dio non ci ha autorizzato a disperare della conversione di nessun peccatore. La misericordia che cerchiamo di praticare è per tutti.

A prima vista, la situazione che abbiamo raggiunto è divertente. Sembrerebbe che coloro che criticano tante cose contro i membri (e soprattutto la gerarchia) della Chiesa, rivendichino una tolleranza quasi infinita per il male, e d'altra parte ben poca intolleranza contro coloro che proteggono o perdonano i malfattori pentiti. Con questo non voglio scusare coloro che, avendo il dovere della tutela, hanno trascurato, non importa per quale motivo, un dovere così elementare. D'altra parte, come afferma Nicolás Gómez Dávila in uno dei suoi aforismi: "A un certo livello profondo, ogni accusa mossa contro di noi è corretta". E indubbiamente sbagliano coloro che respingono sistematicamente ogni accusa mossa contro di loro, e ancor più coloro che si vantano di un curriculum immacolato. Ma una cosa è che noi credenti abbiamo un ampio margine di miglioramento, e un'altra è che coloro che ci odiano per il solo fatto di essere credenti si ergano a giudici supremi della moralità, agendo allo stesso tempo come pubblici ministeri e carnefici.

La denuncia dell'ingiustizia è una virtù profetica... a condizione, naturalmente, che non venga strumentalizzata al servizio di altre cause, soprattutto quella di perseguitare i nemici o favorire gli amici. Sarebbe auspicabile che coloro che si affrettano ad accusare i poveri pastori di essere cattivi, vittime di una colpevole ingenuità o di una malintesa generosità (e sarebbe bene che riuscissero a superare entrambe le cose), fossero in grado di applicare a se stessi e ai loro alleati rimproveri così severi al momento opportuno. Il male è sempre male, da qualsiasi punto di vista lo si guardi. Quando si tratta di commetterli, la dissimulazione ipocrita è senza dubbio un'aggravante, ma anche il cinismo di chi si vanta in faccia dei propri misfatti non è certo un'attenuante. 

Come dice il proverbio "sette volte il giusto cade", pochissimi fedeli comuni o pastori della Chiesa faranno finta che non sia loro dovere battersi il petto e affrontare tutte le conseguenze delle proprie azioni e omissioni. Ma o abbiamo pietà di tutti (compresi i malvagi) come ha insegnato il nostro Maestro, o temo che inizieremo una dinamica che alla fine non darà tregua a nessuno (nemmeno ai più innocenti). Da quello che molti dicono, sembrerebbe che non esistano peccati, ma solo peccatori imperdonabili, che curiosamente coincidono con coloro che per qualche motivo sono oggetto del loro odio.

L'autoreJuan Arana

Professore di filosofia all'Università di Siviglia, membro ordinario dell'Accademia Reale di Scienze Morali e Politiche, visiting professor a Mainz, Münster e Parigi VI -La Sorbona-, direttore della rivista di filosofia Natura e Libertà e autore di numerosi libri, articoli e contributi a opere collettive.

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Esperienze

Una porta per la conoscenza della storia di Dio con noi

Il Portico della Bibbiapubblicato dalla Fondazione Saxum, contestualizza e spiega storicamente i libri sacri attraverso elementi visivi, tavole cronologiche e semplici spiegazioni che possono essere scaricate gratuitamente per essere utilizzate nelle lezioni, nella catechesi e nella formazione personale.

Maria José Atienza-7 gennaio 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

Sappiamo come collocare Geremia nella storia, quando è vissuto, perché ha scritto ciò che leggiamo oggi, di chi era contemporaneo il re Davide? Domande come queste sono state quelle che hanno spinto Jesús Gil e Jose Ángel Domínguez a unire le loro conoscenze di graphic design, teologia spirituale e teologia biblica in Il portico della Bibbia, che, ricordando il Portico de la Gloria che dà accesso alla cattedrale di Santiago de Compostela, è concepito come una "porta" alla conoscenza e all'approfondimento dei libri che compongono l'Antico e il Nuovo Testamento. 

Jesús Gil, sacerdote della Prelatura dell'Opus Dei e dottore in Teologia spirituale presso la Pontificia Università della Santa Croce, che in precedenza ha lavorato in diversi media come giornalista visivo e direttore artistico, spiega come è nato questo libro di riferimento: "Sia Jose Angel, che ha conseguito un dottorato in teologia biblica, sia io avevamo già tenuto dei corsi sulla storia e la geografia della Terra Santa. Avevamo le mappe dell'Atlante biblico di Oxford, la cronologia fatta dal Centro visitatori di Saxum e avevamo lavorato sull'argomento. Durante il confino iniziai a considerare la possibilità di ordinare i diritti di queste mappe da Oxford e iniziammo a lavorare su ciò che sarebbe stato la base di questo libro. Abbiamo elaborato un piano con la Fondazione Saxum - con la quale avevo già pubblicato Tracce della nostra fede- una guida in Terra Santa - e grazie a lei è stato possibile realizzare questo progetto".

Il supporto del Fondazione internazionale Saxum è ciò che ha reso possibile Il portico della Bibbia è un libro di riferimento messo a disposizione di chiunque voglia utilizzarlo. Può essere scaricato gratuitamente e ha lo scopo di supportare l'insegnamento e lo studio della Bibbia a tutti i livelli. "L'origine è molto accademica, molto didattica". Jesús Gil sottolinea. "Volevamo creare del buon materiale per questi corsi biblici e renderlo disponibile a tutti, cosa che non sarebbe stata possibile con un editore convenzionale e che è stata possibile grazie alla Fondazione Saxum International.". 

Oltre al loro precedente lavoro e al sostegno della Fondazione, gli autori di Il portico della Bibbia Il progetto ha beneficiato della consulenza e della guida di diversi professori di Teologia e Storia biblica dell'Università San Dámaso di Madrid (Napoleón Ferrández e Agustín Giménez), della Facoltà di Teologia San Vicente Ferrer di Valencia (Joaquín Mestre), dell'Università di Navarra (Francisco Varo, Vicente Balaguer e Fernando Milán) e della Pontificia Università della Santa Croce di Roma (Carlo Pioppi).

Il portico della Bibbia è disponibile in spagnolo. Le versioni inglese e polacca dei testi sono in fase finale, mentre le edizioni portoghese e italiana sono in preparazione. A questo proposito, Jesús Gil sottolinea: "Spero che ci saranno molte altre edizioni, come quelle di Impronte della nostra fede che, oltre a questo, è pubblicato in francese, tedesco e coreano".

Collocare la storia della salvezza

Che cosa porta questo libro ad ogni cristiano? Jesús Gil lo indica chiaramente: "Situare la storia della salvezza nel tempo e nello spazio". 

Un fatto non banale, dal momento che, come ha detto Gil, "Questa è la base di tutta la teologia dell'Incarnazione: Dio si è fatto uomo in un momento specifico della storia, in un luogo specifico del mondo e non in un altro". 

Per il cristiano che si avvicina alla Bibbia come parte della conoscenza di Cristo, "Conoscere la storia e i luoghi in cui si svolge la nostra storia di salvezza è fondamentale".

Avvicinarsi alla Sacra Scrittura

"Con Gesù ci incontriamo anche nella sua Parola", Jesús Gil ricorda. Per questo motivo, capire cosa e perché la Sacra Scrittura dice certe cose, parla di certi re o aree o cita tradizioni provenienti da fonti diverse può essere di grande aiuto per comprendere meglio il messaggio di questi passi dell'Antico e del Nuovo Testamento. 

Ci sono molti cristiani che non conoscono la Bibbia. Storicamente, inoltre, c'è stata una sorta di diffidenza nei confronti della difficoltà di lettura di alcuni libri, come riconosce lo stesso Jesús Gil: "È vero che ci sono libri e passi della Sacra Scrittura che non sono facili da capire e interpretare oggi, ma hanno anche insegnamenti per gli uomini e le donne di oggi. Ogni mese tengo una catechesi di cresima per adulti e, in molte occasioni, chiedo quanti anni aveva il re Davide... Nessuno sa rispondere che è dell'anno 1000 a.C. Questo fatto non è indifferente perché, quando Davide decide di costruire il tempio, Dio invia Natan per confermare la bontà del suo proposito e anche per dirgli che le sue mani sono macchiate di sangue e che sarà suo figlio Salomone a costruirlo. Inoltre, Nathan fa già la profezia messianica: "La tua casa e il tuo regno resteranno sempre saldi davanti a me, il tuo trono durerà per sempre". (2Samuele 7:16-17) e questa profezia richiede mille anni per realizzarsi, il che ci fa capire che i tempi di Dio non sono i nostri tempi". Un altro esempio fornito dall'autore è la storia del popolo di Israele. Ad esempio, in relazione alla terra promessa, donata da Dio, si nota che c'è un fallimento dopo l'altro: deportazioni, guerre, schiavitù... "Tutta la storia dei fallimenti, degli allontanamenti, delle infedeltà, degli andirivieni... dice molto anche a noi, perché la nostra vita è piena di queste cose", Jesús Gil sottolinea. "Nessuna vita è perfetta, eppure, dai fallimenti, Dio parla e purifica il suo popolo". 

Una delle novità più importanti di Il portico della Bibbia sono le schede per ogni libro che compone la Sacra Scrittura. In questo caso, i libri non sono presentati in ordine canonico ma in ordine cronologico-temporale, con l'obiettivo di aiutare a inquadrare il tempo della Scrittura o il tempo a cui i libri biblici si riferiscono nel contesto della storia universale. Questi grafici esplicativi di ciascuno dei libri che compongono l'Antico e il Nuovo Testamento sono sintetici e informativi. 

Per ogni libro vengono forniti dettagli sul genere letterario, la storia narrata o il contesto storico, l'epoca e il processo di composizione, la paternità, gli insegnamenti principali, i concetti chiave, gli aspetti rilevanti della struttura e i passaggi centrali. 

La grafica è accompagnata da illustrazioni di Rivista National Geographic e i dati sui più antichi manoscritti sopravvissuti per ogni libro, anch'essi redatti dalla rivista americana. 

Come sottolinea Jesús Gil, questa scelta di ordine cronologico non è stata facile".Alcuni libri della Bibbia sono facili da mettere in ordine, ma altri non lo sono. È praticamente impossibile ordinarli esattamente. Troviamo libri come Isaia, che è stato scritto nell'arco di centinaia di anni, o Daniele, di cui non si conosce la data. A Il portico della Bibbia questi libri sono collocati nel luogo in cui il loro messaggio può essere meglio compreso". 

Il lavoro di documentazione di questo libro è stato molto approfondito. Jesús Gil sottolinea, ad esempio, il prezioso aiuto del libro di Vicente Balaguer Introduzione alla Sacra Scritturain cui spiega come la stesura del libro della Genesi corrisponda al periodo dell'esilio babilonese. "La Genesi è scritta in contrasto con i miti babilonesi".Jesús Gil ricorda. "Il popolo d'Israele è l'unico popolo monoteista in mezzo a una società politeista, in cui il mondo è spiegato come conseguenza di scontri tra divinità... Gli ebrei negano questa spiegazione e si rivolgono alla loro tradizione orale: quella della creazione del mondo da parte di un Dio unico e buono, che lo crea per amore... Sapere quando ciascuno di questi libri è stato scritto fornisce alcune chiavi di lettura che ci aiutano a capire meglio il contenuto di ogni libro".

Il libro è anche il risultato di un enorme lavoro di coordinamento e adattamento tra design e contenuti. Ogni libro è presentato su una o due pagine, con schede esplicative. Inoltre, le cronologie incluse coprono la storia della salvezza da Abramo a oggi, con informazioni sul contesto storico di altre civiltà vicine a Israele e sulla storia universale.

Un invito a leggere la Bibbia

Con Il portico della Bibbia gli autori vogliono realizzare un "Invito a leggere tutti i libri della Bibbia".. È un libro di riferimento. 

"Questo libro non si esaurisce in se stesso, ma dovrebbe condurre alla lettura di altri libri, per esempio i libri della Bibbia, o le introduzioni alla lettura dei libri biblici".Jesús Gil fa notare che, oltre al già citato Introduzione alla Sacra Scrittura sottolinea l'utilità dei commentari dell'EUNSA sulla Sacra Bibbia, scritti da professori di teologia dell'Università di Navarra. 

Il portico della Bibbia può aiutare a trarre il massimo dalle letture di ogni domenica, dice Jesús Gil. Infatti, uno degli obiettivi di questo libro è quello di servire come aiuto nella predicazione domenicale per i sacerdoti o nella catechesi. "Capita spesso che nel brano dell'Antico Testamento della domenica non si conosca il contesto. Per esempio, quando leggiamo una parte dell'oracolo di consolazione di Geremia, che si trova verso la fine del suo libro, lo leggiamo senza sapere cosa c'è stato prima. Geremia assiste alla distruzione di Israele, alla deportazione a Babilonia... alla conseguenza di mali che lui stesso aveva denunciato. Perciò, il fatto che Geremia stesso, alla fine del libro, abbia degli oracoli di consolazione e di restaurazione del regno di Israele gli dà molto più valore, perché in tutto il suo libro denuncia i peccati e i mali del popolo e mette in guardia dal male, dalla distruzione, ma termina con la consolazione. Sapere questo dà più valore a quella consolazione".

Conoscere meglio la Scrittura per conoscere meglio Dio, questo sarebbe l'obiettivo chiave della Il portico della Bibbia per, in tutta la Bibbia, "Dio si fa conoscere e fa conoscere come agisce. Se non conosciamo la Sacra Scrittura, non conosciamo gran parte della storia di Dio con noi", Conclude Gil. 

La Fondazione Saxum e il Centro visitatori

Il portico della Bibbia è legato, in un certo senso, a un altro libro, Tracce della nostra fede, come preparazione alla visita del pellegrino in Terra Santa. Entrambi i titoli sono pubblicati dalla Fondazione internazionale SaxumIl suo obiettivo principale è quello di offrire la possibilità di raggiungere un incontro con Dio attraverso una conoscenza più approfondita e storica dei luoghi in cui Gesù ha vissuto, predicato e agito. Il suo progetto principale è il Centro visitatori di Saxum Si trova a 15 chilometri da Gerusalemme e offre, all'ingresso, una cronologia che combina la storia della salvezza con i principali eventi storici, oltre a una grande mappa del Medio Oriente che colloca il pellegrino nella storia dei luoghi che sta visitando. All'interno si trova un'esperienza interattiva e multimediale attraverso la quale i pellegrini possono farsi un'idea perfetta di come sarebbe stata la vita e gli eventi principali della storia della salvezza.

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Denaro e crescita

7 gennaio 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Ricchezza, crescita e lotta alla corruzione sono temi centrali nel discorso di ogni politico. Promesse di fiumi di latte e miele adornano la gamma di estremismi e centri ideologici nei social network e negli auditorium di tutto il mondo. 

Gli obiettivi di crescita, il PIL, la riduzione delle disuguaglianze, l'inclusione e una serie di obiettivi di sviluppo occupano la vita, il tempo, l'esistenza e la felicità. 

Le questioni e le riflessioni che vanno al di là di questi concetti sembrano non trovare spazio nella cosiddetta agenda pubblica. L'intera visione di altre questioni essenziali, come l'origine e il destino della vita umana, la famiglia, il consumo e il traffico di droga, sono cadute nel prisma del pragmatismo, di quanto costano e quanto valgono, indipendentemente da ciò che sono.  

La perdita del buon senso del benessere, sostituito da avidità, invidia e lotta di classe, ha risvegliato un risentimento violento e cieco. Le persone di successo e ricche sono viste con sospetto, non sono apprezzate per i loro sforzi, persino perseguitate da ideologi della miseria che conoscono poco la responsabilità sociale, il duro lavoro e la disciplina.

Gli obiettivi di crescita economica, creazione di posti di lavoro e riduzione della povertà, ad esempio, non sono possibili senza gli sforzi e i rischi combinati del settore pubblico e privato. Un buon business, così come un buon futuro di imprenditorialità tra i giovani, è possibile con valori umani, leggi giuste e governi onesti. 

Una buona crescita economica riduce la povertà, genera ricchezza condivisa e migliora le condizioni di vita, ma la vera crescita è completa: del corpo e dell'anima, ed è questo l'obiettivo.

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Iniziative

La sfilata dei Re Magi in Polonia: da una scuola a centinaia di paesi e città

Milioni di persone in Polonia partecipano alle sfilate dei Re Magi. Quello che è iniziato come un piccolo spettacolo natalizio in una scuola di Varsavia, in questo periodo dell'anno si svolge nelle strade di molte città e paesi polacchi e si è diffuso oltre i confini della Polonia.

Maria José Atienza-6 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Piotr Giertych, uno degli organizzatori della processione, descrive per Omnes gli inizi di questa processione, che riflette una radicata devozione per i Magi in Polonia: "Il Sfilata dei Re Magi in Polonia nasce come forma evoluta di teatro natalizio che ha la sua storia in Polonia fin dal XVII secolo. È allora che questa tradizione ha lasciato le case, le chiese o le scuole e ha iniziato a camminare per le strade.

Dal teatro scolastico alla Cavalcata

Quello che oggi è il corteo dei Re Magi è stato ripreso a scuola. Żagle a Varsavia, dove "ogni anno i bambini erano attori di un teatro natalizio". Le scene tipiche che conosciamo dalle Sacre Scritture cominciarono ad assumere colori e suoni. Nel teatro, ogni allievo aveva il suo ruolo e, con il crescere del numero di allievi, era un'avventura sempre più difficile. Nel 2008, l'organizzatore del teatro scolastico ha proposto di andare all'esterno. Una cosa che, con le temperature e la neve tipiche del clima polacco, sembrava una follia. Tuttavia, il primo evento ha avuto molto successo e l'anno successivo lo abbiamo ripetuto.

Anno dopo anno, persone e organizzazioni si sono unite alla processione, ricorda Giertych: "Il numero di partecipanti e l'interesse dei media per questo teatro di strada ci hanno confermato che i polacchi volevano celebrare questo giorno. Il Parlamento ha deciso di cambiare la legge e di proclamare il 6 gennaio giorno festivo (giorno lavorativo da quando il governo comunista ha abolito la festività nel 1962).

Il 2011 è stato un anno fondamentale: "Per la prima volta siamo riusciti a organizzare la parata del 6 gennaio e altre città si sono unite alla nostra Fondazione. Da allora il numero di parate è cresciuto, anche nelle zone in cui non si celebrava questo giorno. Piotr Giertych sottolinea che "nel 2020 (l'ultimo 6 gennaio prima di Covid19) 872 città in Polonia hanno organizzato la sfilata dei Re Magi insieme a noi".

Una catechesi festiva

"La Cavalcata ha sempre la stessa narrazione", dice Giertych, "i magi guardano il cielo e iniziano il loro pellegrinaggio. Allo stesso tempo, la Sacra Famiglia decide di andare a Betlemme. Durante il cammino incontrano il re Erode, i pastori, la locanda, angeli e diavoli che cercano di sviare i viaggiatori. I romani mantengono l'ordine nelle strade..., e davanti a tutti va la stella.

La celebrazione non si limita ai partecipanti alla processione. "Tutti i partecipanti alla processione ricevono una corona di carta e un libro di canzoni. Questo permette alle persone di unirsi a coloro che sono vestiti da re, cavalieri, dame di corte, pastori, ecc. Tutti insieme cantano canti natalizi, una tradizione molto antica in Polonia che è sopravvissuta anche durante l'era comunista".

È una catechesi festosa, "i canti hanno un grande contenuto teologico e narrano verità di fede", dice Giertych, "il che non impedisce a più di mille persone di ballare la tipica danza polacca (polonez) sugli accordi di un canto alla fine".

La tradizione del corteo è già una realtà in Polonia, infatti, dice l'organizzatore, "Papa Benedetto XVI e ora Papa Francesco salutano i cortei polacchi ogni anno il 6 gennaio dalle loro finestre".

In Polonia, circa due milioni di persone partecipano all'evento in quasi mille località, e "da qualche anno alla parata polacca si sono aggiunti altri Paesi: Francia, Inghilterra, Germania, Austria, Ucraina, Romania, Slovenia, Ungheria e Kazakistan, ma anche Stati Uniti, Ecuador, Cuba e persino Paesi dell'Africa come Ruanda, Congo, Camerun, Zambia e Ciad". Come sottolinea Giertych, "siamo felici di poter portare la buona notizia della nascita di Gesù a tante persone in tutto il mondo".

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Zoom

Battesimo del Signore: l'opera d'arte che ha impiegato più di 400 anni per arrivare a destinazione

Nella basilica di San Giovanni dei FiorentiniVi è un gruppo scultoreo dell'artista barocco Francesco Mochi: il Battesimo del Signore. Quest'opera maestosa fu commissionata dalla nobile famiglia Falconieri per l'altare maggiore della basilica.

Omnes-6 gennaio 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Letture della domenica

"Tu sei il mio figlio prediletto". Battesimo del Signore

Andrea Mardegan commenta le letture per il Battesimo del Signore e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan-6 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Il racconto del battesimo di Gesù nel Giordano, secondo Luca, è introdotto nella Messa da Isaia, con l'esortazione a confortare Gerusalemme perché la sua tribolazione è giunta al termine: "Parla al cuore di Gerusalemme e gridale che la sua schiavitù è compiuta, la sua colpa è stata espiata".

Giovanni è presente nella profezia in cui si identifica: "Una voce grida: "Nel deserto preparate la via del Signore, nella steppa fate una strada diritta per il nostro Dio".

E dopo la voce "la gloria del Signore sarà rivelata e tutti gli uomini la vedranno". Una profezia che inizia a realizzarsi nella teofania dopo il battesimo di Gesù. 

Per questo Paolo può scrivere a Tito che ciò è avvenuto, con parole che evocano in modo suggestivo l'incarnazione del Verbo: "è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini". È il nostro Salvatore Gesù Cristo che "ha dato se stesso per noi per riscattarci da ogni iniquità".

Più avanti esprime lo stesso evento con parole simili: "quando si è manifestata la bontà di Dio, nostro Salvatore, e il suo amore per gli uomini, egli ci ha salvati, non per le opere giuste che avevamo compiuto, ma per la sua misericordia, con un'acqua che rigenera e rinnova nello Spirito Santo, che Dio ha riversato su di noi in abbondanza per mezzo di Gesù Cristo, nostro Salvatore".

Gesù è dunque la grazia di Dio che è apparsa, e la bontà di Dio e il suo amore per gli uomini che è anch'esso apparso, è diventato visibile e opera attraverso l'acqua che rigenera, senza alcun merito da parte nostra. 

Paolo in questi due testi usa il verbo greco "epiphaino" (apparire, splendere, manifestarsi), che è lo stesso verbo che Luca usa nell'inno di Zaccaria quando, dopo aver parlato della missione di suo figlio Giovanni, dice che "Grazie alla tenerezza e alla misericordia del nostro Dio, un sole ci visiterà dall'alto, per risplendere su coloro che sono nelle tenebre". Giovanni precede Gesù e ci dice come sarà il suo battesimo: con lo Spirito Santo e il fuoco. Il fuoco che brucia i peccati e lo Spirito Santo che ci rende figli di Dio.

La grazia, la bontà e l'amore di Dio per l'umanità apparvero ai Magi dopo la comparsa della loro stella. Si manifesta oggi nel suo battesimo, la seconda Epifania. Nel racconto di Luca il battesimo di Gesù è menzionato come già avvenuto.

Più centrale è l'apertura dei cieli e la preghiera di Gesù: ora non c'è più distanza tra cielo e terra. L'abbraccio del Padre in Cristo si estende alla creazione e ai suoi figli.

Vediamo lo Spirito Santo e sentiamo la voce del Padre. A ciascuno di noi dice: "Tu sei il mio Figlio prediletto, con te mi sono compiaciuto". Ascoltiamo oggi con fede queste parole.

Omelia sulle letture del Battesimo del Signore

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Risorse

Il proiettile di Balthazar

L'autore racconta la storia di un uomo che, grazie ai Magi d'Oriente, decide - in punto di morte - di rimettere in piedi la propria vita.

Juan Ignacio Izquierdo Hübner-5 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Ho smesso di tagliarmi i capelli quando Andrea mi ha buttato fuori di casa. Due anni dopo, nel freddo di Pamplona a Natale, vivendo in una di quelle utilitarie in cui devi scegliere se toccare il tetto con la testa o il volante con le ginocchia, non avevo più la forza di frenare la pornografia e l'alcol, due debolezze in cui, lo so, la mia anima si riversa come l'acqua di una borraccia nel deserto; due vizi che infettavano l'amore che dovevo a mia moglie e ai miei figli, Ma ho deciso di farmi un regalo per l'Epifania, qualcosa che mi aiutasse a rilanciare la mia vita verso qualcosa di appena peggiore, ovvero un buon revolver. Una Colt Cobra da 150 grammi, con canna da 6 colpi; un dispositivo adatto alla mia situazione.

Ho deciso di usarlo per la prima volta alla vigilia della fiesta. Quel giorno feci colazione in un bar del paese, dove non mi vergognai di radermi e di ricaricare il cellulare; poi parcheggiai su una collina che dominava una verde vallata della Navarra per passare la mattinata a girovagare su Internet; a mezzogiorno mangiai due panini al prosciutto, poi misi una cartuccia nel revolver e lo misi in tasca per averlo a portata di mano al momento opportuno. Ho frugato nel vano portaoggetti alla ricerca della bottiglia, ma ho trovato un libro. Era un vecchio regalo di Andrea che non avevo mai aperto... "Sarebbe inutile provare a leggerlo ora per distrarmi un po' dall'orrore del pomeriggio?", provai, ma, come spesso accade con le letture iniziate incautamente dopo pranzo, cominciai ad addormentarmi... 

Ero seduto in un deserto buio, sotto un firmamento dai mille occhi amari, la sabbia si infilava nei calzini, nelle tasche dei pantaloni e mi sono ricordato: "la pistola! Non c'era più. Invece, avevo un proiettile, che stringevo nel pugno con ardore. Il vento mi ha sollevato, il mio doppio maglione è diventato insufficiente e ho iniziato a rabbrividire. Piegai le braccia e camminai in cerchio. 

Non saprei dire quanto tempo passò prima di sentire un ringhio simile a quello di Chewbacca. Il suono si è avvicinato, una sagoma, poi un'altra; una lampada si è accesa e ho intravisto tre cammellieri che cavalcavano silenziosamente verso di me. 

- Io sono Balthasar", disse il terzo quando arrivarono. -Ti offro uno scambio per il proiettile che hai in mano.  

Sono rimasto indifferente.

- Capisco", commentò, scendendo cerimoniosamente dal cammello.

Era un africano alto e tarchiato, ma la sua tunica marrone e il turbante lasciavano spazio a un viso gentile, per cui fui sorpreso quando prese la rincorsa e, puff, mi diede un calcio nel sedere così splendido da farmi cadere a terra. Mi alzai in piedi, stupito dal fatto di provare dolore fisico in quell'area, anche se non avevo nemmeno un letto da cui cadere nella vita reale. Balthazar prese un'altra rincorsa, ma io lo schivai, ma invano, perché con una rapida rotazione mi diede un calcio con l'altra gamba e mi fece cadere, facendomi ingoiare della sabbia. Poi balzò in piedi per schiacciarmi con il suo corpo, cosa che fece in modo più che soddisfacente, togliendomi il proiettile e lasciandomi in cambio una Colt Cobra.

- Non lo faccio per me", disse, risalendo sul suo cammello, "ma per il Bambino. Si preoccupa per te", aggiunse con un piccolo sorriso, mentre si avviavano. Camminarono per qualche metro e spensero la lampada. La luce di una stella più grande che li guidava dall'orizzonte era sufficiente. 

Ho sentito di nuovo freddo, il tempo è passato, ho capito che stavo per morire, ma poi mi sono svegliato. Era quasi mezzanotte; pensai di accendere il riscaldamento, ma rinunciai, non aveva senso. I capelli mi coprivano il viso e il revolver mi era caduto dalla tasca; lo raccolsi per paura del riflesso, puntai alla tempia e sparai: "Click". Ho sparato di nuovo, molto più arrabbiato, e così via fino a cinque volte. Prima di provare una sesta volta, ho esitato. "Questo proiettile è di Balthazar", mi dissi sorpreso. 

Improvvisamente mi resi conto della casa in cui ero capitato: un'auto piena di polvere, resti di prosciutto sul sedile, carte e scatolette dappertutto... "Qui sto mangiando le carrube dei maiali, mentre..."; misi la rivoltella nel cruscotto e notai che era arrivato il 6 gennaio. "Perché non lo affronto, vigliacco?", mi chiesi in lacrime. La notte si è trasformata in un lungo dibattito: "Come faccio a raccogliere le forze per riprendermi la mia vita?"; cominciava a farsi luce quando mi sono accordato su un piano: ringraziare Balthazar, tagliarmi i capelli e, soprattutto, chiedere perdono e aiuto a mia moglie. E quando il sole sorse dietro le colline che chiudono la valle, sorridendo, accesi il motore.

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In cielo è stata allestita la Betlemme

Una singolare Betlemme vivente si svolge in cielo per mostrare che oggi è il giorno in cui tutti noi diventiamo bambini, contempliamo il mistero più grande dal basso, ci sorprendiamo di tutto ciò che Dio fa in noi.

5 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

San Francisquito de Asís sta oggi ultimando come un matto i dettagli della Betlemme vivente che, come ogni anno, organizza nel cielo della notte dell'Epifania:

-Venite bambini, venite bambini, siamo in ritardo! Teresita, Juanito, cosa state facendo? Ai vostri posti, presto!


Teresa è Teresa di Lisieux e Johnny è Don Bosco, anche se in cielo nessuno lo chiama più Don. Si chiamano con il diminutivo perché lì sono tutti come bambini, e non dimenticate che diventare come loro è uno dei requisiti per entrare. Quest'anno è toccato a loro interpretare Maria e Giuseppe, e ne sono stati entusiasti. Teresita si era sempre distinta per la sua umiltà, come quella di Nazareth; e Juanito, per quanto ami i bambini, non avrebbe potuto avere un posto migliore che accanto al divino infante.

-Credi che mi inginocchi bene, Paquito? - chiede Antoñito al caposquadra mentre si prostra con un gesto pieno di umiltà e devozione.

-Perfetto, è così che mi piace Antonino: con riverenza, parsimonia e gioia, tutto d'un fiato. Andate, stringete la mano a Tommasino, e ognuno al suo posto.

Antoñito è il padovano (anche se è nato in Portogallo) che quest'anno interpreta il ruolo del mulo. Il ruolo gli è stato affidato per la sua conoscenza dell'animale. Conoscerete già quell'episodio della sua vita terrena in cui uno che non credeva nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia lo sfidò a far adorare il Santissimo a una mula e, al comando del santo, la mula si inchinò e adorò. Tomasito è di Aquino e interpreta il bue perché questo era il soprannome che gli avevano dato i compagni di università: "bue muto", a causa della sua corpulenza e del suo carattere silenzioso e bonario.

-Guardatemi, guardatemi volare, come tutto sembra bello da quassù!

-Andiamo, Lolín, scendiamo nella grotta e cominciamo.

A svolazzare è il beato andaluso Manuel Lozano Garrido, già noto in patria con il nome diminutivo di Lolo. Il ruolo di angelo annunciatore nella grotta dei pastori gli si addice perfettamente, perché ha dedicato la sua vita terrena al giornalismo; ma le ali sono un problema perché, avendo sofferto di una malattia paralizzante per la maggior parte della sua vita, non riesce a stare fermo a terra. A chiedergli di scendere sono Giacinta e Francesco Marto, i fratelli e le sorelle veggenti di Fatima, che ogni anno si ripetono come pastori perché inchiodati al ruolo, anche se questa volta sono stati affiancati da San Pascual Bailón e Santa Margherita, che conoscevano bene anche il mestiere di badare alle pecore.

I Re Magi, che tradizionalmente rappresentano i tre continenti allora conosciuti, saranno questa volta: per l'Europa, San Ferdinando, che è abituato a portare la corona essendo stato re di Castiglia e León; per l'Asia, San Paolo Miki che, pur non essendo un re, ha comunque un portamento, in quanto apparteneva a una famiglia molto ricca del Giappone; e, per l'Africa, San Carlo Lwanga, che conosce bene il protocollo, essendo stato paggio alla corte reale.

Tutto è pronto per l'inizio della rappresentazione dell'Epifania. Beh, non tutto, il bambino è scomparso...

-Cosa vuol dire che manca il bambino? -Chiede Francesco con il tipico gesto italiano, con le dita unite e rivolte verso l'alto.

Stranamente, nessuno sembra ascoltare la domanda dell'uomo di Assisi.

-Sto parlando con te, il narratore", insiste il piccolo inventore del presepe nel suo buffo italiano.

...

Non mi era mai capitato che i protagonisti di una delle storie che racconto si rivolgessero a me. Risponderò e vedrò cosa succede...

-Stai parlando con me, Francisco?

-Certo che sì, narratore. Il ruolo di un bambino è il vostro ruolo oggi. Devi diventare un bambino, come Gesù, come noi. Natale, tenerezza e fragilità. Questo pesebre è preparato per té.

-Beh, ma ormai ho un'età che non so se ci starebbe nella culla....

-Oggi è l'Epifania, non è vero? Oggi tutto è magico, e qui nel cielo lo è ancora di più. Per favore, salite. Presto, il Signore vuole vedervi.

-Va bene, ma lasciatemi salutare i lettori, perché non potrò più raccontarli.

-Camminerò, camminerò...

Beh, sapete, miei cari, io vado sul portale, perché quest'anno tocca a me smettere di narrare e vivere da protagonista. Forse l'anno prossimo toccherà a voi, o forse toccherà a noi ogni anno, ma siamo così distratti che non ce ne rendiamo conto.

Oggi non è solo un giorno di nervosismo ed eccitazione per i piccoli di casa. Oggi è il giorno in cui tutti noi diventiamo bambini, contempliamo il mistero più grande dal basso, ci lasciamo regalare dai Re Magi, spalanchiamo gli occhi e ci stupiamo di tutto ciò che Dio fa in noi, ringraziamo il bambino per essersi fatto uomo e chiediamo agli uomini di diventare bambini, come tutti i santi, i piccoli amati figli di Dio, hanno saputo fare e continuano a fare in cielo.

Buona Epifania!

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Famiglia

L'avventura di essere sposi

Vivere un corteggiamento "di successo" non significa finire per sposare l'altra persona, ma preparare entrambi a essere buoni sposi.

Lucía Simón-5 gennaio 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Recentemente ho ricevuto la seguente testimonianza. È di un giovane che ha frequentato un corso di preparazione alla sposa. Lo condivido con voi perché è imperdibile:

"Il motivo per cui vengo a questo corso, anche se non ho nemmeno una fidanzata, è la conversazione con padre Graciano. Padre Graciano è il sacerdote del mio villaggio. Mi conosce da sempre. Tutti in paese lo amano. Anche chi non crede lo consulta e lo apprezza. Graciano ha la saggezza dei santi. Forse perché trascorre molto tempo in chiesa, davanti al piccolo tabernacolo. Si potrebbe pensare che sia solo un altro accessorio, insieme alle cicogne, ai banchi consumati e al campanile.

Dopo la mia ultima storia d'amore fallita, decisi di consultare Padre Graciano. Presi l'autobus per il mio villaggio e andai in chiesa, dove sapevo che l'avrei trovato come sempre. Disponibile per tutti. Dopo la sua piccola sorpresa nel credermi in città, le solite domande sulla famiglia e i commenti sulla mia altezza, sono andata dritta al punto:

-Padre, ho bisogno di un consiglio. Ho già avuto diverse fidanzate e non so cosa sia che finisce sempre male e sono distrutto. Non so se ho la sfiga o se sono un bruto.

Lì ho dato libero sfogo alle mie ripicche accumulate negli anni e gli ho raccontato, una per una, tutte le mie storie d'amore e i loro fallimenti. Ha ascoltato con attenzione. Di tanto in tanto faceva una domanda o sorrideva ai miei commenti. Sono sempre stato un tipo da tutto o niente e lo vivo intensamente. Quando ho finito, l'ho guardato.

-Mi dica, padre, perché finisce sempre male...". Si prese del tempo prima di rispondere. Guardò di lato il tabernacolo, suppongo implorando l'aiuto divino, e mi rispose così, con la sua solita dolcezza e sicurezza:

-Bene, Nacho. Analizziamolo un po' alla volta. Cominciamo con la prima ragazza di cui mi hai parlato... Ana, giusto?

-Sì, padre.

-Buono. Non capisco perché hai incluso Ana come fidanzata. Quella ragazza non era una fidanzata. Era un'altra cosa. Chiamatelo come volete. Il corteggiamento è una cosa seria. È una preparazione al matrimonio. Così come i sacerdoti vanno in seminario e si preparano, e noi preghiamo. Il corteggiamento è come il seminario del matrimonio.

-Ma padre, avevo solo 18 anni.

-Anche se avessi avuto 15 anni. Quella ragazza non era una fidanzata. Probabilmente non pensavate nemmeno a lei come alla donna della vostra vita.

-No, certo che no. Era una ragazza molto bella, ma non avevamo nulla in comune.

-Beh, prima osservazione. Nel corteggiamento non si sceglie una ragazza solo perché si è attratti da lei. Siamo corpo ma anche anima. La tua intelligenza deve approvare e sentirsi attratta dalla tua decisione", lo guardai sorpreso dalla semplicità e dalla logica del suo ragionamento.

-Allora, Patricia? Cosa le è successo?

-Oh, quello era il prossimo... Con quello era il contrario. L'hai scelta con tutto quello che pensavi dovesse avere la tua ragazza, ma non mi hai detto tu stesso che camminavi con lei e guardavi altre ragazze?

-Lo sai, Nacho. Cuore e intelligenza. È necessario scegliere entrambi. E aggiungerei la preghiera. Il corteggiamento può già essere una cosa sacra. Non si può chiedere aiuto a Dio solo quando si presenta un'emergenza. Dovete tenerlo in considerazione in tutte le decisioni della vostra vita. Quelli piccoli e quelli grandi. La persona che sceglierete come sposa deve avere tutto ciò che cercate in una persona con cui crescere una famiglia. E poi le famiglie hanno le loro cose. Poi arrivano i figli, i problemi di lavoro, i mutui, le malattie... Capite?

-Sì, padre. Mi hai dato molto da pensare.

-Bene, andiamo avanti, allora era Marina....

-No, padre. Marina è stata l'ultima. Poi è toccato a Carmen.

-Che cosa è andato storto con lei?

-Non lo so, perché era perfetta. Bella, brava... aveva tutto. Mi ha anche aiutato a finire la mia laurea.

-Sì. Quello che è andato storto con quella ragazza è che tu sei stato un idiota. Prima di tutto, hai lasciato che i tuoi amici venissero coinvolti, e una relazione è a doppio senso...

-Ma padre, mi hanno deriso perché l'ho portata a ballare invece che a giocare a calcio. Avete la vostra dignità e dovete marcare il vostro territorio.

-La "dignità" di cui parli è inutile in una relazione d'amore, Nacho. E la questione del territorio, lasciatela agli animali della giungla. In un corteggiamento è necessario sviluppare una serie di virtù. Tra questi, la generosità. Pensare all'altra persona e non a se stessi. Per allargare il più possibile il cuore. Dare, dare e dare. Non è mai troppo poco. E insieme alla generosità, l'umiltà. Avresti dovuto scusarti con lui quando avete litigato perché non avevi ragione.

-Beh, nemmeno lei", risposi ostinatamente.

-Avresti dovuto almeno fare il primo passo", concesse, con pazienza, "L'orgoglio uccide l'amore. Bisogna saper chiedere perdono. La persona scelta deve anche saper chiedere perdono. L'umiltà è la chiave per una convivenza felice e ci fa amare di più. Aggiungerei anche la forza. Questa ragazza l'ha aiutata a finire la laurea, cosa stava facendo a letto in quel periodo quando la chiamava per studiare? Senza forza non si può costruire nulla. Vi piacerebbe tirare l'altra persona tutto il tempo come un bambino piccolo? No, Nacho. Bisogna essere forti e, allo stesso tempo, comprensivi e teneri. E non solo teneri in baci e abbracci. Tenerezza nel modo in cui ci trattiamo, nei nostri gesti. Questa è la base del rispetto.

-Ma padre, non siamo perfetti", azzardai.

-No, certo che no", disse ridendo. Ma è proprio questo il senso del corteggiamento. Conoscersi e lavorare insieme su una serie di virtù che permettono al vostro amore di crescere. Prima siete "tu e lei", ma poi nel matrimonio dovete cercare il "noi". È un processo che dura tutta la vita. Ma inizia con il corteggiamento.

-Beh, se tutto sommato... non funziona... A cosa serve tutto questo sforzo? Guardate Marina. Con lei tutto era perfetto. E ho fatto uno sforzo. È vero che non ho tutte queste virtù come vorrei, ma ho dato il massimo ed è andata male.

-No. Non male. Con Marina direi che non era male. Il successo di un corteggiamento non consiste necessariamente nel fatto che si concluda con un matrimonio. Il successo sta nel fatto che si tratta di una buona preparazione per voi come futuro marito e per lei come futura moglie. In amore dovete essere entrambi presenti e se lei non ha voluto, alla fine non ha voluto. Ma portate con voi uno "zaino" pieno di buone azioni che vi hanno reso migliori. Lo guardai sorpreso e un po' consolato.

-Padre, se seguo il tuo consiglio, troverò la persona che mi soddisfa completamente?

-No, figliolo", mi guardò seriamente, "non lo troverai mai", aprii la bocca per lo stupore.

Questo si può trovare solo in cielo. Le persone non ci completano in modo assoluto. All'amore umano ciò che è proprio dell'amore umano e all'amore divino ciò che è proprio dell'amore divino. Da un amore umano ci si può aspettare e aspirare al massimo, ma all'interno dell'imperfetto. L'hai detto tu stesso. Non siamo generosi, umili, forti... e ci mancano tante altre virtù. Non possiamo quindi pretendere dagli altri una perfezione che non esiste sulla terra. Ma dobbiamo sforzarci di rendere il nostro amore reciproco il più perfetto possibile.

-Grazie, Padre. Mi hai dato molto da pensare, mi consiglieresti qualcos'altro?

-Quando incontrate la persona giusta, cercate di amarla molto e di conoscerla bene. È importante parlare di tutto in piena fiducia e in modo naturale. Sulla fede, sulle questioni di vita (aborto, eutanasia...), sui vostri progetti (lavoro, ecc.). Inoltre, Nacho, approfitta del fatto che ora vivi in una grande città. Cercate una preparazione per i fidanzati, educatevi bene. È bene avere una preparazione per gli studi, ma anche per la vita. È bello vivere in comunità e con Dio. Non lasciatela da parte.

-Grazie, padre. Rifletterò su tutto ciò che mi avete detto.

Da quella conversazione sono scaturite mille risoluzioni. Non so se troverò la persona giusta. Ma so che se lo farò, sarò pronta.


Nella pratica della consulenza matrimoniale ci imbattiamo spesso in problemi che hanno origine nel corteggiamento o che avrebbero potuto essere evitati se il corteggiamento si fosse sviluppato correttamente. Un buon fidanzamento è una garanzia importante per un matrimonio solido. Ma come possiamo prepararci bene al corteggiamento?

Credo che la prima cosa da considerare siano le seguenti domande preliminari: che cos'è un corteggiamento e che cosa mi aspetto dal corteggiamento e poi dal matrimonio. Una volta risolti questi interrogativi, affronteremo la questione di come rendere il nostro corteggiamento un periodo di reale preparazione al matrimonio.

Cos'è il corteggiamento

Per quanto riguarda la prima idea: cos'è un corteggiamento. Dobbiamo distinguere il corteggiamento da altre forme che troviamo oggi e che non gli somigliano affatto. Il corteggiamento non è una relazione con diritto di attrito. Gli appuntamenti non sono una relazione che prescinde da qualsiasi tipo di impegno o esclusività. Gli appuntamenti non sono un corteggiamento, né lo sono i flirt o accordi simili.

Il fidanzamento è una fase di preparazione al matrimonio tra due persone che provano amore l'una per l'altra e vogliono che cresca ogni giorno di più. Infatti, la preparazione al matrimonio non è la preparazione che precede la celebrazione del matrimonio, ma un periodo più lungo e più importante.

Per i cristiani, tuttavia, il corteggiamento va oltre l'aspetto meramente umano e raggiunge anche quello spirituale. Il fidanzamento è già un cammino di santità e una preparazione a vivere la vocazione universale all'amore che si concretizza nel matrimonio.

Se un nostro amico ci dicesse che vuole diventare sacerdote, sembrerebbe logico chiedergli se ci ha pensato bene, se ci ha pregato... eppure, per iniziare a frequentare una persona, lasciamo fuori Dio. È importante pregare sulla persona che vogliamo frequentare e, una volta fidanzati, pregare anche per quella persona.

Se non lasciamo fuori Dio dal nostro corteggiamento, ci abitueremo a una cosa molto importante: tenerlo in considerazione anche nel nostro matrimonio.

Cosa ci aspettiamo dal corteggiamento

Per quanto riguarda la seconda idea preliminare: cosa ci aspettiamo dal corteggiamento e poi dal matrimonio. Anche questo è un aspetto su cui dobbiamo riflettere. Tutti noi nasciamo con un desiderio insaziabile di essere amati per il solo fatto di essere ciò che siamo. Non perché sia bello, intelligente o abbia un buon lavoro, ma perché è Perico Perez. Questo desiderio genera un vuoto interiore che, in certi momenti, può essere persino doloroso: nessuno mi capisce, mi sento solo, ecc.

Un errore comune è quello di pensare che nel corteggiamento, e poi nel matrimonio, troverò una persona che riempirà completamente quel vuoto. Questo è impossibile perché l'amore umano non è mai perfetto e la nostra sete è di amore perfetto. Quel vuoto sarà completamente riempito solo in cielo.

All'amore umano si può chiedere solo ciò che è proprio dell'amore umano. E, all'interno di un amore umano, l'amore degli sposi contiene potenzialmente ciò che deve essere realizzato nel corso del matrimonio. Un amore che, nella sua imperfezione, tende e si sforza di essere il più perfetto possibile. Un amore che tende a passare dal "tu e io" al "noi". Si tratta di un processo che deve essere sviluppato per tutta la durata del matrimonio e che non si esaurisce mai.

Idee chiave

Chiarite queste questioni preliminari, possiamo ora passare a tutti quegli aspetti che possono rendere il mio corteggiamento un successo o meno.

Innanzitutto, bisogna tenere presente che ogni corteggiamento deve iniziare con una cotta. Deve esserci sempre un'attrazione amorosa verso l'altro. Tuttavia, poiché l'essere umano non è solo un corpo, ma anche un'anima e ha un'intelligenza, l'attrazione che proviamo verso quest'altra persona deve essere confermata dalla nostra intelligenza. Cioè, non basta che una persona mi attragga fisicamente, ma deve anche attrarmi con l'intelligenza. Questa persona deve avere gli aspetti che cerco nella persona con cui voglio formare una famiglia in futuro. È bene tenerlo a mente ed essere consapevoli, riflettendoci, che la vita matrimoniale non sarà come quando eravamo giovani e spensierati. Ci saranno obblighi, malattie, intoppi di lavoro... e in tutte queste circostanze la persona che mi accompagnerà sarà quella che ho scelto ora.

In secondo luogo, è importante tenere conto di una serie di virtù umane che sono un buon "zaino" da portare con sé nel matrimonio. Sono virtù che devo vedere se la persona che frequento le possiede e, allo stesso tempo, virtù che devo sapere se le possiedo io stesso o se devo lavorarci su. Naturalmente, tenendo presente che nessuno è perfetto. L'importante è che la virtù esista o che ci sia uno sforzo sincero per raggiungerla. Tra queste virtù vorrei sottolineare:

  1. Umiltà. È molto importante vedere già durante il corteggiamento se l'altra persona sa chiedere perdono. Se sanno riconoscere gli errori commessi e ricominciare. L'orgoglio è uno dei peggiori nemici dell'amore sincero e, quindi, del matrimonio. Dobbiamo lavorare su questa virtù durante il fidanzamento e prestarle molta attenzione.
  2. Tenerezza. Non solo nelle manifestazioni fisiche, ma anche nel linguaggio, nei gesti: come mi parla, come mi ascolta, come mi tratta... E non solo con me, ma anche con gli altri. La tenerezza è alla base del rispetto, senza il quale è molto difficile o impossibile mantenere un matrimonio.
  3. Generosità. Anche come sposi dovremmo esercitarci a cercare prima il bene dell'altro, senza pensare tanto a noi stessi. La generosità è la chiave della felicità. È vero che nel corteggiamento il dono di sé non è completo come nel matrimonio, ma perché il dono diventi quello che dovrebbe essere, è necessario lavorare sulla generosità con l'altro ed estenderla agli amici, ai colleghi di lavoro, ecc. Chi si sforza di rendere grande il proprio cuore è più preparato al matrimonio.
  4. Fortezza. La forza d'animo è una virtù fondamentale per qualsiasi relazione d'amore. Durante il corteggiamento possiamo vedere se l'altra persona crolla per qualsiasi cosa, se è pigra negli studi o negligente sul lavoro. È questa virtù che permette al matrimonio di essere un matrimonio forte.

Oltre a tutte queste virtù (se ne potrebbero citare molte altre), altri due aspetti che vale la pena sottolineare sono: la fede e gli argomenti di cui parlare prima di sposarsi.

Per quanto riguarda la fede, non è essenziale che l'altra persona condivida la mia fede, anche se sarebbe molto positivo. In ogni caso, devo considerare se c'è un rifiuto della fede che ho. In questo ambito è molto facile rispettarsi durante il corteggiamento, ma poi ci saranno questioni come l'educazione dei figli nella fede, la messa in pratica delle mie convinzioni e così via. Si tratta di questioni molto importanti che dobbiamo prendere in considerazione già durante il corteggiamento e non aspettarci che si risolvano automaticamente quando ci sposiamo.

Per quanto riguarda gli argomenti di cui parlare prima del matrimonio, è molto bene parlare progressivamente con l'avanzare del fidanzamento e, naturalmente, di tutte le questioni importanti. Non possiamo limitarci a parlare di questioni poco importanti. Dobbiamo conoscere bene la persona, come pensa, come si comporterebbe in determinate circostanze. Esempi di questioni che devono essere discusse prima di sposarsi sono: questioni relative alla vita (aborto, eutanasia), questioni relative alla genitorialità (regolazione naturale, contraccezione, fecondazione in vitro, genitorialità responsabile, ecc.), questioni relative alla vita insieme (dove voglio vivere, tipo di lavoro, ecc.).

Infine, è importante sottolineare la crescente importanza delle iniziative di preparazione delle coppie di fidanzati, anche se non hanno ancora un fidanzato o una fidanzata. La formazione e l'accompagnamento sono una buona garanzia per rafforzare e arricchire il nostro impegno.

L'autoreLucía Simón

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Naufragio della civiltà

La crisi migratoria in Europa ha raggiunto un punto molto preoccupante. È diventato un problema con una soluzione difficile, né facile né vicina. Il Papa ha parlato di questa situazione durante la sua visita al campo profughi di Lesbo. 

4 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Recentemente ho letto una riflessione di don Fabio Rosini nel suo ultimo libro: L'arte di prendersi cura (l'arte di guarire). Il sacerdote romano affermava - applicando il linguaggio medico al regno spirituale - che il più delle volte commettiamo l'errore di giudicare i sintomi, senza arrivare alle cause che producono la malattia.

Da anni ormai abbiamo a che fare con una crisi migratoria che in Europa ha causato la morte di decine di migliaia di persone nelle acque del Mediterraneo. Di recente abbiamo visto il governo bielorusso usare i migranti come mezzo di pressione al confine con la Polonia, o come il Canale della Manica sia diventato un nuovo scenario di morte.

Il problema è endemico e la soluzione non sembra facile o a portata di mano. La politica è impelagata in una retorica fatta di accuse alla controparte, mentre si stanziano milioni di euro a Paesi terzi per contenere l'avanzata migratoria.

Eppure ci sfugge la diagnosi, perché siamo così concentrati ad alleviare i sintomi che ci sfugge la causa. Forse perché non è semplice e richiede costi elevati. Papa Francesco non ha avuto remore ad affermarlo sotto forma di punto interrogativo durante la sua visita al campo profughi di Mitilene, sull'isola di Lesbo, il 5 dicembre: "Perché [...] non parliamo dello sfruttamento dei poveri, o delle guerre dimenticate e spesso generosamente finanziate, o degli accordi economici che si fanno a spese della gente, o delle manovre occulte per il traffico di armi e la proliferazione del loro commercio? Perché non ne parliamo?"..

Il Pontefice ha incoraggiato a confrontarsi con le cause profonde e a intraprendere azioni concertate e lungimiranti. E ha lanciato un appello straziante: non girate il mare nostrum a mare mortuum. "Fermiamo questo naufragio della civiltà!

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Vaticano

Giornate sociali cattoliche europee. Un nuovo inizio per l'Europa

Dal 17 al 20 marzo 2022, Bratislava ospiterà le Giornate Sociali Cattoliche Europee per riflettere sulla necessità di un'idea di Europa meno egoista e più attenta al di là della pandemia. 

Giovanni Tridente-3 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Mostrare la vitalità dei cattolici in Europa, lavorando per la solidarietà e il benessere di tutti i cittadini del continente, soprattutto dei giovani e del futuro. Questo è l'obiettivo della terza edizione delle Giornate sociali cattoliche europee, che si terranno a Bratislava (Slovacchia) dal 17 al 20 marzo.

Il tema scelto per questa edizione - che viene preparata dalla Commissione delle Conferenze episcopali dell'Unione europea (COMECE), dal Consiglio delle Conferenze episcopali d'Europa (CCEE), dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale e dalla Conferenza episcopale ospitante - è "...".L'Europa oltre la pandemia: un nuovo inizio".

L'idea principale di queste giornate, spiegata in conferenza stampa dal presidente della COMECE Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, è quella di superare gli atteggiamenti egoistici e materialistici, più volte denunciati anche da Papa Francesco, per lasciare spazio ai principi di solidarietà che hanno sempre caratterizzato il vecchio continente.

Più di 300 delegati delle varie Conferenze episcopali europee, giovani, accademici e politici sono attesi per partecipare alle Giornate europee di riflessione e proposta, che avranno come filo conduttore le encicliche Laudato si' e Fratelli tuttinel tentativo di generare una sorta di "spiritualità della fraternità"È così che l'ha definita il cardinale Peter Turkson, presidente del Dicastero per lo Sviluppo Umano. 

Tra i temi scelti, c'è la necessità di prendersi cura delle giovani generazioni, di renderle protagoniste e non semplici spettatrici di un rinnovamento tanto atteso, ma c'è anche, ovviamente, l'attenzione per le realtà sociali più fragili ed emarginate. 

La conferenza inizierà il 17 marzo con la celebrazione di apertura nella cattedrale. Poi, il 18 e 19 marzo, i partecipanti analizzeranno le sfide che l'Europa contemporanea deve affrontare, sulla base di tre temi chiave: il cambiamento demografico e la famiglia; la trasformazione tecnologica e digitale; l'ecologia e il cambiamento climatico. I lavori si svolgeranno in sessioni plenarie, gruppi di lavoro e tavole rotonde. Il 20 marzo, i risultati dei workshop saranno presentati e discussi in sessione plenaria.

Il logo di questa edizione richiama la figura di San Martino di Tours e la storia medievale della sua conversione al cristianesimo dopo l'incontro con un mendicante seminudo alla periferia della città di Amiens, nel nord della Francia. In questa occasione tagliò a metà il suo mantello per dividerlo con il mendicante, che gli apparve in una visione e gli rivelò di essere Cristo. San Martino è anche il patrono di Bratislava e della cattedrale della città.

Il sito ufficiale delle Giornate Sociali Europee è www.catholicsocialdays.eu, attraverso il quale saranno resi disponibili i documenti preparati e l'elenco dei partecipanti. Possono essere seguiti anche su streaming alcuni momenti dell'evento, il cui account twitter è @EUcatholicdays.

"Oggi, mentre molti in Europa si interrogano con sospetto sul suo futuro, molti guardano ad essa con speranza, convinti che abbia ancora qualcosa da offrire al mondo e all'umanità.", ha scritto Papa Francesco il 22 ottobre 2020 in una lettera in occasione del 40° anniversario della COMECE e del 50° anniversario delle relazioni diplomatiche tra la Santa Sede e l'Unione Europea.

Due anni dopo, la necessità di continuare a sognare "un'Europa di solidarietà e generosità è ancora viva. Un luogo accogliente e ospitale, dove la carità - che è la suprema virtù cristiana - supera ogni forma di indifferenza e di egoismo."come il Pontefice ha voluto in quell'occasione. E ancora una volta, il forte richiamo ai cristiani a "una grande responsabilità": "risvegliare la coscienza dell'Europa, incoraggiando processi che generino un nuovo dinamismo nella società". Per questo abbiamo bisogno delle Settimane sociali europee e di un nuovo inizio dopo la pandemia.

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Letture della domenica

"Il tempo dell'amore per sempre". Solennità dell'Epifania del Signore

Andrea Mardegan commenta le letture dell'Epifania del Signore e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan-3 gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Che belli i mesi a Betlemme dopo l'incontro con Simeone e Anna nel tempio. Che belli quei momenti di famiglia con Elisabetta e Zaccaria nella nostra casa. Quando i Magi arrivarono, Gesù era già in piedi sulle sue gambe, anche se era volentieri in braccio a me. Soprattutto di fronte a sconosciuti.

Mi ha sorpreso vedere questi personaggi stranieri e colti inchinarsi come davanti a un re. Avrei voluto che José rimanesse al mio fianco, ma lui era dietro di me, a controllare la porta, osservando la situazione da lontano. Volevo che si concentrassero sul bambino e su di me. 

Quando Gesù si svegliò al mattino, gli cantò, ricordando la sua nascita, le parole di Isaia: "Alzati, risplendi, perché viene la tua luce e su di te sorge la gloria del Signore". Ecco, le tenebre coprono la terra, una fitta nebbia avvolge i popoli; ma il Signore sorge su di voi, la sua gloria appare su di voi".

Dopo l'incontro con i Magi, in tempi di pace, ho imparato ad aggiungere quelle parole del profeta: "Alza gli occhi e guarda intorno: tutti si radunano, vengono a te". I vostri figli vengono da lontano, le vostre figlie vengono portate in braccio. Allora lo vedrai raggiante di gioia, il tuo cuore si rallegrerà e si allargherà, quando i tesori del mare saranno riversati su di te e le ricchezze dei popoli saranno portate a te. Una moltitudine di cammelli e di dromedari verrà da voi da Madian e da Efa. Verranno tutti quelli di Saba, carichi di oro e di incenso, a proclamare le lodi del Signore. 

Ma quella notte, dopo la sua scomparsa, fu una notte inquieta. Con Giuseppe abbiamo sentito che il tempo della pace a Betlemme stava per finire. Era stato un dono immenso, una possibilità di riposare, di costruire la vita quotidiana della nostra famiglia lontano dalle incomprensioni e dai pettegolezzi di Nazareth, anche se non mancavano nemmeno a Betlemme.

Un'oasi di pace per i primi mesi di vita di Gesù. Come insegna il Qoelet: "Ogni cosa ha il suo tempo e c'è un tempo per ogni cosa sotto il cielo. C'è un tempo per nascere e un tempo per morire, un tempo per piantare e un tempo per raccogliere ciò che è stato piantato". E mi sono chiesto: quale tempo inizierà ora per noi? "Un tempo per piangere e un tempo per ridere, un tempo per piangere e un tempo per ballare". Ne abbiamo parlato con José quella sera. Entrambi abbiamo avuto problemi ad addormentarci.

Ci siamo anche ricordati di quella frase: "E un tempo per amare e un tempo per odiare" e ci siamo detti che Gesù era venuto per completare quelle parole, per stabilire il tempo dell'amore per sempre, nella buona e nella cattiva sorte. Questo pensiero ci ha rassicurato: avevamo trovato la soluzione. Abbiamo guardato Gesù nel suo lettino. Stava dormendo felicemente. Anche questo ci ha dato speranza e siamo riusciti ad addormentarci.

L'omelia sulle letture dell'Epifania del Signore

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Famiglia

Santi, indizi e libri per vivere l'Anno della famiglia "Amoris Laetitia

Domenica scorsa, Papa Francesco ha scritto una Lettera alle famiglie, in questo Anno della Famiglia "Amoris Laetitia", con l'obiettivo di incoraggiare mariti e mogli a continuare a camminare con maggiore fede. Vengono qui ricordate alcune testimonianze di coppie di santi o di coppie in via di beatificazione e vengono delineate letture utili, nei giorni che precedono l'arrivo delle Loro Maestà dall'Oriente.

Rafael Miner-2 gennaio 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

La solennità di San Giuseppe dello scorso anno ha segnato l'inizio dell'Anno della Famiglia "Amoris Laetitia", indetto da Papa Francesco a cinque anni dall'Esortazione Apostolica "Amoris Laetitia".Amoris Laetitiasulla gioia e la bellezza dell'amore familiare. Un momento in cui il Santo Padre ha invitato tutta la Chiesa a "un rinnovato e creativo impulso pastorale per porre la famiglia al centro dell'attenzione della Chiesa e della società".

Da parte sua, il prefetto della Dicastero per i Laici, la Famiglia e la VitaIl cardinale Kevin J. Farrell ha osservato che "è più che mai opportuno dedicare un intero anno pastorale alla famiglia cristiana, perché presentare al mondo il piano di Dio per la famiglia è fonte di gioia e di speranza; è veramente una buona notizia!

Segue una breve rassegna di alcuni modelli, nel caso della Sacra Famiglia, coppie che sono state beatificate o canonizzate e che possono illuminare su come mettere in pratica gli orientamenti e le indicazioni del Papa. Successivamente, vengono raccolti alcuni libri e iniziative nella stessa direzione. Si tratta, per forza di cose, di uno schema sintetico, per cui nuove testimonianze e contributi saranno aggiunti nei prossimi numeri.

Sacra Famiglia di Nazareth

"Che San Giuseppe ispiri a tutte le famiglie il coraggio creativo così necessario in questi tempi di cambiamento che stiamo vivendo, e che la Madonna accompagni nei loro matrimoni la gestazione della "cultura dell'incontro", così urgente per superare le avversità e le opposizioni che oscurano i nostri tempi" (Papa Francesco, Lettera del 26.12.2021). "Le tante sfide non possono togliere la gioia a chi sa di camminare con il Signore. Vivere intensamente la propria vocazione. Non lasciate che un'espressione triste trasformi i vostri volti. Il vostro coniuge ha bisogno del vostro sorriso. I vostri figli hanno bisogno dei vostri sguardi incoraggianti. I pastori e le altre famiglie hanno bisogno della vostra presenza e della vostra gioia: la gioia che viene dal Signore!".

2. San Gioacchino e Sant'Anna

Gioacchino e Anna sono i nomi rivelati dalla Tradizione sui genitori della Vergine Maria. In quanto padri della Vergine Maria, essi sono anche i I nonni di Gesù. Questa dignità, che fa parte della promessa salvifica di Dio al popolo d'Israele e all'intero genere umano, è parzialmente rivelata nei nomi di questi due santi. Mentre Jehoiachin significa "Dio prepara", Hannah significa "grazia", "compassione".

3. Aquila e Priscilla, santi

Papa emerito Benedetto XVI ha commentato che, oltre alla gratitudine per la fedeltà di quelle prime chiese citate da San Paolo nella sua Lettera ai Romani, "dobbiamo essere grati anche per la nostra, perché grazie alla fede e all'impegno apostolico di fedeli laici, provenienti da famiglie come quelle di Aquila e PriscillaIl cristianesimo è arrivato nella nostra generazione. (...) Per radicarsi nel territorio, per svilupparsi in modo capillare, l'impegno di queste famiglie, di queste comunità cristiane, dei fedeli laici che ha offerto l'"humus" alla crescita della fede. Sono andati a partner di San Paolo Apostolo, che hanno accolto nella loro casa e per la cui protezione hanno esposto la propria vita.

4. Santa Monica e altri padri e madri

"Nata a Tagaste nell'anno 331 o 332, occupa il primo posto nella galleria dei santi della Famiglia agostiniana perché è la madre di Sant'Agostino. Inseparabili l'uno dall'altra, madre e figlio lasciano sullo sfondo Patricio, padre e marito, e gli altri due figli della coppia", racconta agustinos.es. "Lei ha preso l'iniziativa dell'educazione, con particolare attenzione all'aspetto religioso. La pedagogia di Monica, diremmo oggi, è quella della testimonianza e dell'accompagnamento perseverante. In questo modo conquistò il marito a Gesù Cristo ed ebbe un'influenza decisiva sulla conversione del figlio Agostino. Con immensa gioia assistette al suo battesimo nella notte di Pasqua del 387. Morì a Ostia Tiberina, alle porte di Roma".

Anche San Gordiano e Santa Silvia, padri di San Gregorio Magno, raggiunsero gli altari, e nel settimo secolo in BelgioSan Vincenzo e Santa Valdetrudis, genitori di quattro figli santi: San Landerico, vescovo di Parigi, San Dentellino, Santa Aldetrudis e Santa Madelberta (badesse del monastero di Maubeuge).

5. San Isidro Labrador e Santa María de la Cabeza

"La Vergine dell'Almudena e la Virgen de la Almudena sono sempre state così unite nell'anima dei madrileni. sant'Isidoro il Labrador. In occasione della festa del 15 maggio 1852, nel Gazzetta ufficiale degli avvisi di Madrid, pubblicò questo breve resoconto della vita di Sant'Isidoro: "Madrid, famosa per molti titoli, lo è particolarmente per aver dato i natali a questo illustre e santo uomo. Cresciuto nel timore di Dio e benedetto da un'anima buona, fu virtuoso per tutta la vita, sia che lo si consideri sposato con Santa María de la Cabeza, sia che lo si veda lavorare la terra, adempiere ai suoi obblighi o fare i suoi ferventi voti al Signore e alla sua Madre nei templi di Atocha e di Santa María de la Almudena, tutte le qualità di un vero servitore di Dio saranno sempre ammirate in lui" (archimadrid.org).

6. San Tommaso Moro

"Un decreto di Papa Leone XIII ha dichiarato Tommaso Moro [Lord Cancelliere d'Inghilterra, 1478-1535] beato il 29 dicembre 1986, 'giorno consacrato a Tommaso, arcivescovo di Carterbury, di cui imitò così strenuamente la fede e la costanza'. Il 9 maggio 1935, Papa Pio XI definì in un concistoro semipubblico la santità e il culto dovuti in futuro al "laico Tommaso Moro"". (Sir Thomas More, Andrés Vázquez de Prada, Rialp). "Non resta altro da fare", ha detto il Papa, "che esortare voi e tutti gli altri nostri figli in Cristo a imitare le sue virtù e a elevare le vostre menti e i vostri spiriti implorando il patrocinio di quel martire, per voi stessi e per la Chiesa universale".

7. Santi Célia Guerin e Luis Martín

Genitori di Santa Teresa di Lisieux, conosciuta anche come Santa Teresa di Gesù Bambino, nata nel 1873 ad Alençon (Francia) e monaca carmelitana scalza. Era la quinta di cinque sorelle, tutte suore. San Luigi Martino e Santa Celia Guerin è diventato il primo matrimonio non martirizzato e canonizzato allo stesso tempo. Teresa entrò nel monastero carmelitano di Lisieux, in Francia, all'età di 15 anni e morì il 30 settembre 1897 all'età di 24 anni. Dopo il loro viaggio in Sri Lanka, Papa Francesco, che li ha canonizzati nel 2015, ha detto: "Quando non so come andranno le cose, ho l'abitudine di chiedere a Santa Teresa di Gesù Bambino di portare il problema nelle sue mani, e di mandarmi una rosa.

8. Manuel Rodrigues Moura e sua moglie, Benedetta

brasiliani, vittime della persecuzione scatenata contro la fede cattolica (1645). Insieme a loro ci sono molte coppie martirizzate in Giappone e in Corea.

9. Beato Luigi Beltrame e Maria Corsini

Nel 2001, i coniugi italiani sono stati beatificati nella stessa cerimonia. Luis Beltrame Quattrocchi e Maria CorsiniSi sono sposati nel 1905. Ebbero due figli, che divennero sacerdoti, e due figlie. Una delle figlie si sposò e l'altra si fece suora. Tre dei suoi figli hanno partecipato alla cerimonia di beatificazione.

San Giovanni Paolo II ha espresso la sua gioia per il fatto che "per la prima volta due coniugi hanno raggiunto il traguardo della beatificazione". Erano romani, sposati da cinquant'anni e avevano quattro figli. Il Papa ha sottolineato che la prima beatificazione di una coppia di sposi è avvenuta "nel ventesimo anniversario dell'esortazione apostolica Familiaris Consortio".

Alcune biografie

Le iniziative e le opere letterarie sui valori del matrimonio e della famiglia sono aumentate negli ultimi anni, in seguito all'Esortazione apostolica "Amoris Laetitia" di Papa Francesco, e quest'anno stabilite dal Papa, insieme all'impulso del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, delle Conferenze episcopali e dei movimenti apostolici. A titolo di esempio, se ne possono citare alcuni.

In primo luogo, nell'ultimo anno sono apparse due biografie. Uno su Carmen Hernández, iniziatrice insieme a Kiko Arguello del Cammino Neocatecumenale, morta cinque anni fa, affinché, seguendo le norme canoniche, si possa richiedere l'apertura della Causa di Beatificazione. Carmen Hernández era una donna "profondamente innamorato di Cristo".come descritto da Carlos Metola, postulatore diocesano nominato dal Cammino Neocatecumenale, in un'intervista a Omnes. La biografia è stata gestita dalla Biblioteca de Autores Cristianos (BAC).

María Ascensión Romero, dell'équipe internazionale del Cammino Neocatecumenale, intervistata nel programma "Il Cammino Neocatecumenale".EcclesiaLa trasmissione "TRECE tv", presentata da Álvaro de Juana, ha sottolineato il grande contributo di Carmen Hernández nel portare avanti il Concilio Vaticano II. "È stata una grande figura della Chiesa del XX secolo e della sua storia in generale", ha sottolineato.

È stata pubblicata anche la biografia di uno dei primi tre soprannumerari dell'Opus Dei, Mariano Navarro Rubio, sposato e con undici figli, morto nel 2001. Del primo di loro, Tomás Alvira, di cui è stata avviata la Causa di Beatificazione insieme alla moglie Paquita Dominguez, esiste già una biografia scritta da Antonio Vázquez in Ediciones Palabra.

È stata pubblicata un'ampia biografia di Mariano Navarro Rubio, politico aragonese autore del cosiddetto Piano di Stabilizzazione e governatore della Banca di Spagna, in cui molte persone spiegano come ha vissuto la sua vocazione al matrimonio come autentico cammino di santità, con interviste e testimonianze di familiari e amici della vita del biografo. Si tratta di circa 500 pagine, con più di 80 fotografie, in cui compaiono, tra gli altri, San Josemaría, fondatore dell'Opus Dei, il Beato Álvaro del Portillo e il Vescovo Javier Echevarría. L'edizione è a cura di Homo Legens.

Iniziative e altri contributi

Tra le iniziative editoriali per aiutare le coppie di sposi giovani e meno giovani ci sono quelle di Ediciones Palabra, che ha pubblicato "Más que juntos", di Lucía Martínez Alcalde e María Alvarez de las Asturias, nel 2021.

Le due autrici, entrambe sposate con figli e con percorsi professionali diversi, affrontano in modo pratico i momenti che precedono e accompagnano i primi anni dopo il matrimonio. Scritto in uno stile diretto e semplice, mette "le cose al loro posto", partendo dalla chiave: la decisione di sposarsi si basa sulla costruzione di una relazione non temporanea insieme - essere un tandem.

Nel frattempo è ancora in commercio, presso lo stesso editore Palabra, "Una decisión original", con il sottotitolo "Guía para casarse por la Iglesia" (Guida per sposarsi in Chiesa), di Nicolás Álvarez de las Asturias, Lucas Buch e María Álvarez de las AsturiasIl libro offre chiavi per fondare una famiglia unica, per crescere nell'amore e per non perdere mai la forza.

Altri titoli utili sono "Il corteggiamento cristiano in un mondo ipersessualizzato", di T.G. Morrow (Rialp), una guida leggibile e teologica dalla prima amicizia al giorno del matrimonio, all'amore e alla morale durante il corteggiamento, alla castità e alle crisi di comunicazione. Arguments ha anche recentemente recensito 'Come trovare l'anima gemella senza perdere l'anima", di Jason Evert, che trasmette il messaggio, tra gli altri, di non idealizzare le relazioni: non esistono corteggiamenti perfetti e facili, ognuno ha le sue difficoltà e l'importante è superarle.

Parlano 15 donne

CEU Ediciones ha lanciato quest'anno "Familias sin filtro", un libro di fotografie e testimonianze familiari di auto-miglioramento e motivazione, basato su 15 madri spagnole, molte delle quali imprenditrici, che parlano liberamente della loro famiglia e del loro rapporto con la vocazione, il lavoro, i desideri e la presenza sui social network. Anche se nessuno chiede loro specificamente della loro fede, molti parlano anche del loro rapporto con Dio e con i santi che ammirano. 

Il libro ha la particolarità che tutti i proventi della sua vendita sono destinati alla ricerca sul cancro infantile attraverso la Fondazione "Vicky's Dream", che lavora per questa causa dal 2017. Tra le madri ci sono Laura García Marcos, madre di Vicky; Lara Alonso del Cid, imprenditrice dei ristoranti Mentidero; 

Virginia Villa, madre di una famiglia numerosa, direttrice della Fondazione Irene Villa per il sostegno alla disabilità; Marian Rojas Estapé, figlia dello psichiatra Enrique Rojas.

Il matrimonio e la famiglia cristiana

È proprio questo il titolo di un recente lavoro dei professori Augusto Sarmiento Franco e José María Pardo Sáenzpubblicato da Eunsa (Università di Navarra). La storia dell'umanità, la storia della salvezza dell'umanità, passa attraverso la famiglia. Tra le numerose vie che la Chiesa propone per salvare l'essere umano, la famiglia è la prima e la più importante, sottolineano gli autori. Nella stessa casa editrice, Jorge Manuel Miras Puso ha pubblicato "Matrimonio y familia" e José Miguel Granados Temes "El evangelio del matrimonio y de la familia".

José Miguel Granados chiede: Qual è l'essenza del Vangelo del matrimonio e della famiglia? La risposta è semplice: la buona notizia dell'amore umano dell'uomo e della donna, nel disegno divino. Questa risposta contiene l'antropologia appropriata secondo l'ordine del Creatore (di valore universale e accessibile alla ragione ben configurata) ed è portata alla sua pienezza nel mistero della redenzione di Gesù Cristo". Nel libro, il professor Granados Temes, parroco a Madrid, presenta in modo ordinato e chiaro il magistero di San Giovanni Paolo II sulla teologia del corpo.

Promozione della famiglia

Sempre lo scorso anno, la rivista Misión, pubblicata dall'Università Francisco de Vitoria di Madrid, ha premiato una dozzina di persone e organizzazioni "il cui lavoro si è distinto nella promozione della famiglia, nella difesa e nella cura della vita umana e nell'attività di evangelizzazione". I vincitori sono stati, tra gli altri, la "Plataforma Más Plurales"; il conduttore radiofonico Javi Nieves; 40 Días por la Vida; il Progetto Amor Conyugal, il cui lavoro "permette una reale conversione dei matrimoni cattolici", e la Fondazione Aladina, "per il suo stretto e tenero accompagnamento delle famiglie dei bambini malati di cancro".

Armonia

Un altro libro interessante dell'anno scorso è stato "Harmony" di Alfred Sonnenfeld, pubblicato da Rialp. In questa occasione, l'autrice affronta i temi del perfezionismo e dell'imperfezione, del rispetto dell'altro, dell'egocentrismo e del romanticismo come dissolventi di un'autentica relazione di coppia, e della corretta comprensione dell'amore e del sesso, finalizzata a farlo durare. Grazie al pudore, inoltre, il sesso manterrà gran parte del suo valore e del suo mistero.

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Mondo

"La mia strada verso la Chiesa cattolica

Gero Pischke racconta la sua conversione in una conversazione con José M. García Pelegrín a Berlino, Germania.

Gero Pischke-2 gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Sono nato nel 1961 e sono cresciuto vicino ad Hannover. Lì, mia madre si unì agli Avventisti del Settimo Giorno all'inizio degli anni Sessanta. Quando i miei genitori divorziarono, mia madre si trasferì in Danimarca con mia sorella; io e mio padre andammo a Berlino; ricordo che l'atmosfera a scuola era brutale. Nessuno si curava di me; forse è per questo che ho cercato una sorta di genitori surrogati tra gli avventisti. 

Ho ricevuto il battesimo da adulto nell'autunno del 1982. Ogni sabato avevamo un'ora di preghiera e un'ora di studio della Bibbia, oltre alla lettura di scritti avventisti, di Ellen Gould White e di altri. In seguito mi sono unito a un sottogruppo, la "Fellowship avventista". Riposo del sabato", chiamato anche del "Messaggio per il nostro tempo". Ma presto mi resi conto che quasi tutto ruotava intorno al denaro. Poiché - a differenza delle chiese cattoliche ed evangeliche - non riscuotono le tasse ecclesiastiche, devono raccogliere donazioni. 

Una cosa che mi ha sempre causato un grande problema è che, con la rigenerazione che predicano, non posso ottenere la liberazione dal peccato. Certamente Dio perdona i peccati, ma come posso esserne sicuro? Non avevo nessuno con cui parlare di queste cose. Inoltre, ero solo, perché ero l'unico membro della setta a Berlino. Mi sono state proibite molte cose, come andare al cinema o mangiare fuori, bere alcolici, fumare... e mi è stato anche ordinato di limitare il più possibile i contatti con la "gente del mondo". A un certo punto, da un secondo all'altro, ho rotto con loro. All'inizio mi sono dedicato - come si dice - a godermi la vita, a fare tutte le cose che mi erano mancate per decenni.

Il Il discorso di Benedetto XVI al Bundestag nel settembre 2011 mi ha colpito profondamente. Da quel momento in poi ho cercato di leggere tutto ciò che diceva. Sebbene per alcuni anni non sembrassi fare alcun progresso, provavo sempre più simpatia per la Chiesa cattolica. Nel 2014 ho avviato la mia attività con un socio, nel quale inizialmente avevo molta fiducia. Ma qualche mese dopo mi sono reso conto che il prodotto che vendevamo non era buono, il che mi ha portato quasi alla rovina. Così ho messo fine a quel lavoro da freelance.

Alla fine del 2014 avevo toccato il fondo. Da qualche tempo partecipavo alle riunioni di un "club del fumo", ma a causa della mia demoralizzazione ho inviato un'e-mail per giustificare la mia presenza in una certa occasione; tuttavia, l'organizzatore mi ha telefonato e mi ha incoraggiato a partecipare, perché stavamo parlando anche di questioni di una certa importanza. Ho frequentato e quindi conosciuto un membro della Chiesa cattolica che, per quanto ho potuto constatare, era caratterizzato da una grande profondità spirituale. È risultato essere un membro della prelatura personale Opus Dei. Mi invitò subito a partecipare a una Santa Messa. Andai con qualche aspettativa; in gioventù ero stato portato a vedere nella Chiesa cattolica l'"Anticristo".

Non ho capito molto del liturgiaMa sono rimasto colpito fin dall'inizio. Ciò che ho visto mi ha aiutato a concentrarmi: Cristo crocifisso, la Via Crucis e la Beata Vergine Maria mi hanno fatto capire che lì c'era qualcosa di speciale, una vicinanza a Dio che non avevo mai sperimentato prima. Ho potuto assistere all'amministrazione della Santa Comunione: in ginocchio e in bocca - che gesto di umiltà! Decisi di comprare un libro di catechismo. L'ho letta e ripassata con l'aiuto dei due sacerdoti del centro dell'Opus Dei per due anni. Attraverso le conversazioni, la partecipazione alla Santa Messa e la preghiera del Rosario, ho conosciuto la fede cattolica.

Un passo enorme è stato conoscere il sacramento della confessione e quindi la certezza del perdono, oltre a poter ricevere il corpo di Cristo da un sacerdote ordinato. Tante cose pesavano sulla mia mente e sul mio cuore che sentivo il bisogno di diventare cattolico. Così ho ricevuto i sacramenti del Battesimo e della Cresima nel maggio 2019; da allora ho continuato a crescere spiritualmente. Poco prima avevo già rinunciato ad alcuni peccati che erano radicati in me da decenni e che non ho più commesso.

Ho sentito la benedizione di Dio, una grazia senza precedenti. "Dov'è la tua vittoria, morte, dov'è il tuo pungiglione? Ho anche pregato molto per avere una prospettiva professionale, e le mie preghiere sono state esaudite: lentamente le cose hanno iniziato a migliorare dopo aver cambiato il focus della mia attività di freelance alla fine del 2014. Sono così felice e soddisfatto che non mi preoccupo affatto delle accuse che certi media fanno alla Chiesa cattolica. Ci sono peccati ovunque, e ho sentito di cose peggiori commesse da altri, ma l'unica ad essere perseguitata è la Chiesa cattolica. Mi fa male, ma non mi fa sentire insicura di aver preso la decisione giusta.

L'autoreGero Pischke

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Gli insegnamenti del Papa

La dimensione sociale del Vangelo (sul viaggio a Cipro e in Grecia)

Alla vigilia del suo 85° compleanno, il Papa ha compiuto un viaggio vorticoso, una vera e propria maratona, a Cipro e in Grecia dal 2 al 6 dicembre. Lì ha dimostrato la dimensione profondamente umana, sociale e, si potrebbe dire, mediterranea del messaggio cristiano. 

Ramiro Pellitero-2 gennaio 2022-Tempo di lettura: 8 minuti

Allo stesso tempo, il Papa ha stretto legami più stretti con i cristiani greci - in Paesi che stanno accogliendo un numero crescente di cittadini cattolici - e ha incoraggiato il partecipazione di tutti per affrontare le sfide dell'Europa. 

Pazienza, fraternità e accoglienza

Nell'incontro con i fedeli cattolici di Cipro (Cattedrale maronita di Nostra Signora delle Grazie, 2 dicembre 2012), Francesco ha espresso la sua gioia nel visitare l'isola, seguendo le orme dell'apostolo Barnaba, figlio di questo popolo. Ha elogiato il lavoro della Chiesa maronita - di origine libanese - e ha sottolineato la misericordia come caratteristica della vocazione cristiana, nonché l'unità nella diversità dei riti.

Rifacendosi alla storia di Barnaba, ha sottolineato due caratteristiche che la comunità cristiana dovrebbe avere: la pazienza e la fratellanza. 

Così come la Chiesa di Cipro ha le braccia aperte (accoglie, integra e accompagna), ha sottolineato Francesco, questo è "un messaggio importante" anche per la Chiesa in Europa nel suo complesso, segnata dalla crisi della fede. "Non serve essere impulsivi, non serve essere aggressivi, nostalgici o lamentosi, è meglio andare avanti leggendo i segni dei tempi e anche i segni della crisi. È necessario ricominciare e annunciare il Vangelo con pazienza, prendere in mano le Beatitudini, soprattutto per annunciarle alle nuove generazioni"..

Riferendosi al padre del figliol prodigo, sempre pronto a perdonare, il Papa ha aggiunto: "Questo è ciò che vogliamo fare con la grazia di Dio nell'itinerario sinodale: la preghiera paziente, l'ascolto paziente di una Chiesa docile a Dio e aperta all'uomo". Un riferimento anche all'esempio della tradizione ortodossa, come emerso anche nell'incontro con l'arcivescovo ortodosso di Atene, Hieronymus II. 

E sulla fraternità, in un ambiente in cui esiste una grande diversità di sensibilità, riti e tradizioni, ha insistito: "Non dobbiamo sentire la diversità come una minaccia per l'identità, né dobbiamo essere diffidenti e preoccupati per gli spazi degli altri. Se cediamo a questa tentazione, la paura cresce, la paura genera sfiducia, la sfiducia porta al sospetto e prima o poi porta alla guerra".. 

È quindi necessario, insieme a "Una Chiesa paziente, perspicace, che non si lascia prendere dal panico, che accompagna e integra".anche "una Chiesa fraterna, che fa spazio all'altro, che discute, ma rimane unita e cresce nella discussione"..

Le stesse idee di pazienza e accettazione sono state sottolineate lo stesso giorno anche con le autorità civili. Ha evocato l'immagine della perla che l'ostrica produce quando, con pazienza e al buio, intreccia nuove sostanze con l'agente che l'ha ferita. Sul volo di ritorno avrebbe parlato del perdono - così come della preghiera e del lavoro comune, e del compito dei teologi - come modi per far progredire l'ecumenismo.

Un annuncio confortante e concreto, generoso e gioioso

Il giorno successivo Francesco ha tenuto un incontro con i vescovi ortodossi (cfr. Incontro con il Santo Sinodo nella loro cattedrale di Nicosia, 3 dicembre 2121) che ha offerto un contributo di luce e di incoraggiamento all'ecumenismo. Riferendosi al nome di Barnaba, che significa "figlio della consolazione" o "figlio dell'esortazione", il Papa ha sottolineato che l'annuncio della fede non può essere generico, ma deve raggiungere realmente le persone, le loro esperienze e le loro preoccupazioni, e per questo è necessario ascoltare e conoscere i loro bisogni, come è comune nella sinodalità vissuta dalle Chiese ortodosse.

Lo stesso giorno (3-XII-2021) ha celebrato la Messa allo stadio GSP di Nicosia. Nella sua omelia, il Papa ha esortato i fedeli a incontrare, cercare e seguire Gesù. In modo che il "portare insieme le ferite". come i due ciechi del Vangelo (cfr. Mt 9,27). 

Invece di chiuderci nelle tenebre e nella malinconia, nella cecità del nostro cuore a causa del peccato, dobbiamo gridare a Gesù che passa attraverso la nostra vita. E dobbiamo farlo, appunto, condividendo le nostre ferite e affrontando il cammino insieme, uscendo dall'individualismo e dall'autosufficienza, come veri fratelli e sorelle, figli dell'unico Padre celeste. "La guarigione arriva quando portiamo insieme le ferite, quando affrontiamo insieme i problemi, quando ci ascoltiamo e parliamo l'uno con l'altro. E questa è la grazia di vivere in comunità, di capire il valore dello stare insieme, dell'essere comunità".. In questo modo anche noi potremo annunciare il Vangelo con gioia (cfr. Mt 9,30-31). "La gioia del Vangelo ci libera dal rischio di una fede intima, distante e lamentosa, e ci introduce al dinamismo della testimonianza".

Francesco ebbe ancora tempo quel giorno per una preghiera ecumenica con i migranti (nella parrocchia di Santa Croce, Nicosia, 3-XII-2021), raccontandoli con San Paolo: "Non siete più stranieri ed estranei, ma siete concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio". (Ef 2, 19). Rispondendo alle preoccupazioni che gli erano state portate, li ha incoraggiati a conservare e coltivare le loro radici. E allo stesso tempo aprirsi con fiducia a Dio, per superare le tentazioni dell'odio - interessi o pregiudizi propri o di gruppo - con la forza della fratellanza cristiana. In questo modo è possibile realizzare i sogni, essere il lievito di una società dove la dignità umana è rispettata e dove si cammina liberamente e insieme verso Dio.

Coinvolgere tutti nelle sfide dell'Europa

Sabato 4 dicembre, Francesco è arrivato ad Atene, la capitale della Grecia, culla della democrazia e memoria dell'Europa. Al palazzo presidenziale, ha riconosciuto apertamente: "Senza Atene e la Grecia, l'Europa e il mondo non sarebbero ciò che sono: sarebbero meno saggi e meno felici". "Da questa parte". -ha aggiunto,"Le strade del Vangelo sono passate, collegando Oriente e Occidente, i Luoghi Santi e l'Europa, Gerusalemme e Roma".. "Quei Vangeli che, per portare al mondo la buona novella di Dio amante dell'umanità, sono stati scritti in greco, la lingua immortale utilizzata dal Verbo - il Loghi- per esprimersi, il linguaggio della sapienza umana si è trasformato nella voce della Sapienza divina".Nell'incontro con l'arcivescovo ortodosso di Atene (4-XII-2021), Hieronymus II, il Papa ha ricordato il grande contributo della cultura greca al cristianesimo al tempo dei Padri e dei primi concili ecumenici. 

Il cristianesimo deve molto ai greci, così come la democrazia, che ha dato vita all'Unione Europea. Tuttavia", ha osservato con preoccupazione il Papa al palazzo presidenziale, "oggi siamo di fronte a una regressione della democrazia, non solo nel continente europeo. 

Ha invitato a superare la "Scetticismo democratico".Ha sottolineato la necessità della partecipazione di tutti, non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma anche perché risponde a ciò che siamo: il popolo. Ha insistito sulla necessità della partecipazione di tutti, non solo per raggiungere obiettivi comuni, ma anche perché risponde a ciò che siamo: "esseri sociali, irripetibili e allo stesso tempo interdipendenti".

Citando De Gasperi - uno dei costruttori dell'Europa - ha invitato a perseguire la giustizia sociale sui vari fronti (cambiamento climatico, pandemia, mercato comune, povertà estrema), in mezzo a quello che sembra un mare agitato e "una lunga e irraggiungibile odissea".in un chiaro riferimento alla storia di Omero. 

Ha evocato il Iliadequando Achille dice: "Chi pensa una cosa e ne dice un'altra mi è odioso come le porte dell'Ade". (IliadeIX, 312-313). Ha continuato nella chiave della cultura greca e, sotto il simbolo di solidarietà dell'ulivo, ha esortato a prendersi cura dei migranti e dei rifugiati in Europa. 

In riferimento ai malati, ai non nati e agli anziani, Francesco ha ripreso le parole del giuramento di Ippocrate, in cui si impegna a "regolare il tenore di vita per il bene dei malati", "astenersi da ogni male e offesa". agli altri e di salvaguardare la vita in ogni momento, in particolare nel grembo materno. Ha sottolineato, con una chiara allusione all'eutanasia, che gli anziani sono il segno della saggezza di un popolo: "In effetti, la vita è un diritto, la morte no; va accolta, non fornita"..

Sempre sotto il simbolo dell'ulivo, ha espresso la sua gratitudine per il riconoscimento pubblico della comunità cattolica e ha invitato a rafforzare i legami fraterni tra i cristiani. 

Incontro tra cristianesimo e cultura greca

Per rafforzare i legami tra il cristianesimo e la cultura greca, e alla luce della predicazione di San Paolo nell'Areopago di Atene (cfr. At 17, 16-34), il Papa ha indicato alcuni atteggiamenti fondamentali che dovrebbero trasparire nei fedeli cattolici: fiducia, umiltà e accoglienza (cfr. Incontro con vescovi, sacerdoti, religiosi e religiose, seminaristi e catechisti, Cattedrale di San Dionigi, Atene, 4-XII-2021). 

Lungi dallo scoraggiarci e dal lamentarci della fatica o delle difficoltà, dobbiamo imitare la fede e il coraggio di San Paolo. "L'apostolo Paolo, il cui nome rimanda alla piccolezza, viveva con fiducia perché aveva preso a cuore queste parole del Vangelo, al punto da insegnarle ai fratelli di Corinto (cfr. 1 Cor 1, 25.27).

L'apostolo non disse loro: "Vi sbagliate in tutto" o "Ora vi insegno la verità", ma iniziò accogliendo il loro spirito religioso". (cfr. Atti 17:22-23). Siccome sapeva che Dio opera nel cuore dell'uomo, Paolo "Ha accolto il desiderio di Dio nascosto nel cuore di queste persone e ha voluto gentilmente trasmettere loro la meraviglia della fede. Il suo stile non era imponente, ma propositivo"..

A questo proposito, Francesco ha ricordato che Benedetto XVI consigliava di prestare attenzione agli agnostici o agli atei, soprattutto perché "Quando parliamo di una nuova evangelizzazione, queste persone sono forse spaventate. Non vogliono vedersi come oggetto di missione, né vogliono rinunciare alla loro libertà di pensiero e di volontà". (Discorso alla Curia romana, 21 dicembre 2009). 

Da qui l'importanza dell'accoglienza e dell'ospitalità a partire da un cuore aperto per poter sognare e lavorare insieme, cattolici e ortodossi, altri credenti, anche fratelli e sorelle agnostici, tutti noi, per coltivare la "misticismo". della fraternità (cfr. Evangelii gaudium, 87).

Domenica 5 dicembre il Papa ha visitato i rifugiati presso il centro di accoglienza e identificazione di Mitilene. Ha invitato la comunità internazionale e ogni individuo a superare l'egoismo individualista e a smettere di costruire muri e barriere. Ha citato le parole di Elie Wiesel, sopravvissuto ai campi di concentramento nazisti: "Quando le vite umane sono in pericolo, quando la dignità umana è in gioco, i confini nazionali diventano irrilevanti". (Discorso di accettazione del Premio Nobel per la Pace, 10-XII-1986). 

Con un'espressione divenuta celebre, il Papa ha aggiunto, riferendosi al Mar Mediterraneo:"Non permettiamo che il mare nostrum diventi un desolato mare mortuum, non permettiamo che questo luogo di incontro diventi un teatro di conflitto! Non permettiamo che questo "mare di ricordi" diventi il "mare dell'oblio". Fratelli e sorelle, vi supplico: fermiamo questo naufragio della civiltà!".

Conversione, speranza, coraggio

Nell'omelia di quella domenica (cfr. Sala concerti Megaron(Atene, 5-XII-2021), Francesco ha preso spunto dalla predicazione di San Giovanni Battista nel deserto per invitare alla conversione, l'atteggiamento radicale che Dio chiede a tutti noi: "Divenire è pensare oltre, cioè andare oltre il modo abituale di pensare, oltre gli schemi mentali a cui siamo abituati. Penso agli schemi che riducono tutto al nostro io, alla nostra pretesa di autosufficienza. O in quegli schemi chiusi da rigidità e paure che paralizzano, dalla tentazione del "si è sempre fatto così, perché cambiare" [...]. Convertirsi, allora, significa non ascoltare chi corrode la speranza, chi ripete che nella vita non cambierà mai nulla - i soliti pessimisti; è rifiutarsi di credere che siamo destinati a sprofondare nelle sabbie mobili della mediocrità; è non cedere ai fantasmi interiori che appaiono soprattutto nei momenti di prova per scoraggiarci e dirci che non ce la facciamo, che tutto è sbagliato e che essere santi non fa per noi".

Per questo, ha aggiunto, insieme alla carità e alla fede è necessario chiedere la grazia della speranza. "Perché la speranza ravviva la fede e riaccende la carità".. Questo messaggio è presente, in una lingua diversa, anche nell'ultimo giorno del suo incontro con i giovani ateniesi. 

In un discorso ricco di allusioni alla cultura greca (l'oracolo di Delfi, il viaggio di Ulisse, il canto di Orfeo, l'avventura di Telemaco), Francesco ha parlato loro di bellezza e di meraviglia, di servizio e di fraternità, di coraggio e di sportività (cfr. Incontro con i giovani alla Scuola San Dionigi, Atene, 6 dicembre 2021). 

Lo stupore, ha spiegato, è sia l'inizio della filosofia sia un buon atteggiamento per aprirsi alla fede. Stupore per l'amore e il perdono di Dio (Dio perdona sempre). L'avventura di servire con incontri reali e non solo virtuali. In questo modo ci si scopre e si vive come "figli amati di Dio" e si scopre Cristo che ci incontra negli altri.

Nel salutarli, ha proposto "Il coraggio di andare avanti, il coraggio di rischiare, il coraggio di non rimanere sul divano". Il coraggio di rischiare, di andare incontro agli altri, mai in isolamento, sempre con gli altri. E con questo coraggio, ognuno di voi troverà se stesso, troverà gli altri e troverà il senso della vita. Ve lo auguro, con l'aiuto di Dio, che vi ama tutti. Dio vi ama, siate coraggiosi, andate avanti!! Brostà, óli masí! [Venite avanti, tutti insieme!

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Vaticano

Al via la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

In vista dell'inizio della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani, dal 18 al 25 gennaio, la Santa Sede ha presentato alcuni suggerimenti per attuare la dimensione ecumenica del processo sinodale nelle Chiese locali.

David Fernández Alonso-1° gennaio 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Martedì 18 gennaio inizia l'Ottavario per l'unità dei cristiani, tecnicamente noto come Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2022, che si concluderà martedì 25 gennaio nell'emisfero settentrionale. In questa occasione, il cardinale Mario Grech e il cardinale Kurt Koch invitano tutti i cristiani a pregare per l'unità e a continuare a camminare insieme.

In una lettera congiunta inviata il 28 ottobre 2021 a tutti i vescovi responsabili dell'ecumenismo, il cardinale Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, e il cardinale Grech, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, hanno presentato alcuni suggerimenti per implementare la dimensione ecumenica del processo sinodale nelle chiese locali. "In effetti, sia la sinodalità che l'ecumenismo sono processi che ci invitano a camminare insieme", hanno scritto i due cardinali.

Sinodo in spirito ecumenico

La Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani 2022, preparata dal Consiglio delle Chiese del Vicino Oriente, con il motto "Abbiamo visto la sua stella apparire in oriente e siamo venuti a rendergli omaggio" (Mt 2,2), offre una buona occasione per pregare con tutti i cristiani affinché il Sinodo si svolga in uno spirito ecumenico.

Riflettendo sul tema, i due cardinali affermano: "Come i Magi, anche i cristiani camminano insieme (...).sinodi) guidati dalla stessa luce celeste e affrontando le stesse tenebre del mondo. Anche loro sono chiamati ad adorare Gesù insieme e ad aprire i loro tesori. Consapevoli del nostro bisogno di essere accompagnati dai nostri fratelli e sorelle in Cristo e dei loro numerosi doni, vi chiediamo di camminare con noi in questi due anni e preghiamo ardentemente che Cristo ci avvicini a Lui e che noi ci avviciniamo gli uni agli altri".

Pertanto, la Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi e il Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani propongono questa preghiera, ispirata al tema della Settimana 2022, che può essere aggiunta alle altre intenzioni proposte e che può aiutare a unire la Settimana di Preghiera per l'Unità dei Cristiani:

Padre celeste,
mentre i Magi si recavano a Betlemme guidati dalla stella,
Che la tua luce celeste guidi anche la Chiesa cattolica durante questo tempo sinodale, affinché possa camminare insieme a tutti i cristiani.
Come i Magi, erano uniti nell'adorazione di Cristo,
ci avvicini a Suo Figlio, affinché possiamo essere più vicini gli uni agli altri,
fa' che siamo un segno dell'unità che desideri per la tua Chiesa e per tutta la creazione. Lo chiediamo per Cristo nostro Signore.
Amen.

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Vaticano

Le tre vie per una pace duratura

Mentre il bilancio delle vittime di guerre e conflitti continua a salire e le spese militari nel mondo aumentano a ritmi esorbitanti, Papa Francesco ci ricorda nel suo Messaggio per la Giornata mondiale della pace (1° gennaio 2022) che solo attraverso il dialogo, l'educazione e il lavoro possiamo sperare in una pace duratura.

Giovanni Tridente-1° gennaio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Le cifre sono drammatiche: secondo gli ultimi dati disponibili, nel giugno 2021 si contano più di 4,5 milioni di morti ufficiali a causa di guerre e conflitti di ogni tipo in varie parti del mondo. Basta ascoltare l'Urbi et Orbi di Papa Francesco il giorno di Natale per avere un'idea della situazione globale in tutte le regioni del mondo. Secondo le stime di Save the Children, 40 milioni di persone soffrono di insicurezza alimentare. Di questi, 5,7 milioni sono bambini sotto i cinque anni che sono sull'orlo della fame, con un aumento di 50% rispetto al 2019.

A questo si aggiunge l'impatto della crisi climatica: inondazioni, siccità, uragani, incendi boschivi... per non parlare dei numerosi problemi causati dalla pandemia di Covid-19, a scapito soprattutto dei più vulnerabili, che hanno visto moltiplicarsi i loro problemi. Allo stesso tempo, la spesa militare sta aumentando vertiginosamente, raggiungendo i 2.000 miliardi di dollari in tutto il mondo.

In questo contesto, la Chiesa celebra il 1° gennaio 2022 la 55ª Giornata Mondiale della Pace, che guarda alla situazione globale del pianeta non solo in termini di conflitti armati, ma anche di risoluzione concreta delle numerose minacce al futuro dell'umanità.

Non a caso, nel suo messaggio scritto per l'occasione, Papa Francesco propone insolitamente tre strumenti alternativi "per costruire una pace duratura". E quando parliamo di pace intendiamo anche la rinascita dalle macerie e la speranza di un futuro migliore per tutti coloro che subiscono violenze e abusi di ogni tipo. Le "tre vie" proposte dal Pontefice si riferiscono a: dialogo tra le generazioni come base per la costruzione di progetti condivisi; educazione alla libertà, alla responsabilità e allo sviluppo; lavoro, come espressione piena della dignità umana.

Nelle intenzioni del Papa, questi sono aspetti che stanno alla base di un vero e proprio "patto sociale", che deve essere progettato attraverso una "maestria" disinteressata - come aveva già indicato in precedenti messaggi - che deve coinvolgere ogni individuo e, quindi, l'intera collettività.

Perché il "dialogo tra generazioni" è importante per la pace? Perché è attraverso il confronto libero e rispettoso che si genera la fiducia reciproca - riflette Francesco -. Ci ascoltiamo a vicenda, arriviamo a un accordo e camminiamo insieme. Le diverse generazioni, spesso divise dallo sviluppo economico e tecnologico, devono tornare ad essere alleate, e questo è possibile attraverso il dialogo "tra i custodi della memoria - gli anziani - e coloro che portano avanti la storia - i giovani".

Per costruire insieme un percorso di pace, non possiamo prescindere dall'educazione, proprio per rendere i cittadini più consapevoli della loro libertà e responsabilità. A questo proposito, dobbiamo invertire la rotta che destina investimenti esorbitanti alle spese militari, privando l'istruzione di quote significative di finanziamenti. Infatti, l'investimento nell'istruzione contribuisce a risolvere le tante fratture della società se questo approccio è davvero parte di un "patto globale" che espande le tante ricchezze culturali e coinvolge le famiglie, le comunità, le scuole, le università e tutte le istituzioni.

Infine, il lavoro, "fattore indispensabile per costruire e preservare la pace", proprio perché espressione di "impegno, sforzo, collaborazione con gli altri", "luogo in cui impariamo a dare il nostro contributo per un mondo più vivibile e bello". Tuttavia, in questo mondo ci sono molte ingiustizie, denunciate dal Papa: la precarietà, la mancanza di prospettive per i giovani, il mancato riconoscimento legislativo dei lavoratori migranti, l'assenza in molti casi di sistemi di welfare e di protezione sociale. In questo senso, quindi, l'invito del Pontefice è quello di "unire idee e sforzi per creare le condizioni e inventare soluzioni, affinché ogni essere umano in età lavorativa abbia la possibilità, attraverso il proprio lavoro, di contribuire alla vita della famiglia e della società".

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Risorse

Sulla strada di Emmaus: approfondire la conoscenza della Bibbia

Conoscere la Bibbia è un elemento essenziale per l'approfondimento della vita cristiana. Si tratta di capire come Dio si è fatto conoscere, cioè come Dio vuole che noi comprendiamo queste "pagine oscure"..

José Ángel Domínguez-1° gennaio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Conoscere la Bibbia in profondità significa entrare nelle scene

Un piede davanti all'altro sulla pietra grigia delle strade di Gerusalemme. Così iniziarono Cleofa e il suo amico modo 160 stadi (30 km) che li avrebbe riportati al loro villaggio. Era mattina presto, il primo giorno della settimana, e la camminata sarebbe durata fino al tramonto, ma soprattutto era resa costosa dal peso sul cuore. In silenzio attraversarono le strade e si lasciarono alle spalle la Città di Davide e il palazzo di Erode. L'amico di Cleopa era desolato e nella sua testa turbinavano le emozioni degli ultimi giorni per la crocifissione del maestro e le illusioni infrante degli ultimi tre anni. Soprattutto: la paura di non rivedere più Gesù. Stavano tornando al loro villaggio, al blando comfort della loro casa, ma senza di Lui.

La strada usciva dalla Città Santa e scendeva verso ovest attraverso le colline della Giudea, sotto un sole che non splendeva come di solito in Terra Santa. Stavano andando avanti da qualche ora e si chiedevano a vicenda che tipo di vita avrebbero condotto ora che Gesù era morto e sepolto. Senza rendersene conto, hanno raggiunto un altro escursionista sulla stessa strada. Né Cleophas né il suo amico sono di umore socievole, ma il Viandante emana un'aria di eleganza e semplicità, come se fosse familiare. E qualcosa nella sua voce che fa leva sulle corde del cuore.

Parlano dell'argomento che li ferisce di più: il Messia e la frustrazione di averlo perso. Il Viandante allora parla loro dalle Scritture. Ma non come gli scribi e i farisei, bensì come uno che ha autorità, come uno che vi sta raccontando la sua storia. Cleopa e il suo amico ascoltano la storia che il Viandante racconta loro come chi ascolta la propria vita, e i loro cuori cominciano ad ardere... Poi, quando arriva la sera, giunti nel loro villaggio, Emmaus, nello spezzare il pane, riconoscono Gesù, e riconoscono se stessi, come discepoli del Messia risorto. Corrono, quasi volano, verso il Cenacolo, perché l'emozione è troppa da trattenere nel cuore e hanno bisogno di raccontarla ai quattro venti.

La scena dei discepoli sulla strada di Emmaus si ripete nella vita di ogni persona. In molte occasioni ci troviamo di fronte alla prospettiva di una vita monotona, senza grandi prospettive. È allora che l'incontro con Gesù ci fa uscire dallo scenario grigio. Nelle Scritture, o in Terra Santa (Quinto Vangelo), Gesù è colui che ci incontra.

Vivere le Scritture come uno dei personaggi è sempre stato uno dei consigli di San Josemaría Escrivá, il fondatore del Movimento dei Fratelli. Opus Dei. Il problema è che per molti le pagine della Bibbia appaiono lontane, oscure o irrilevanti. Questo può essere particolarmente vero per l'Antico Testamento, dove troviamo alcuni dei passaggi più difficili da comprendere. Ma anche il Nuovo Testamento ci presenta una "domanda inquietante" quando racconta la morte violenta del Figlio di Dio.

Prima della sua uscita nel 2003, il film di Mel Gibson "The Passion" era già riuscito a sollevare un vortice di critiche. Tralasciando gli aspetti più ideologici e mediatici della discussione, le principali accuse al lungometraggio sulle ultime ore terrene di Cristo si sono concentrate sulla sua eccessiva violenza. IMDB lo ha inserito tra i film consigliati per i maggiori di 18 anni (con un punteggio di 10/10 per "Violenza e gore") e l'MPAA gli ha attribuito un rating "R", cioè "Restricted Audience" per lo stesso motivo.

La "domanda inquietante" di cui parlavamo ha attraversato i media e il dibattito pubblico. Al di là del film stesso, è emersa la questione della violenza nella religione, come spesso è accaduto in passato (Sacks, 2015).

Altre circostanze storiche convergono nel rendere la questione pressante. Ad esempio, gli attentati terroristici dell'11 settembre sono serviti in alcune sedi come stimolo per criticare i valori "forti" o "dogmatici" delle religioni monoteiste (Rorty-Vattimo, 2005).

Come commenta Girard, in questo caso il terrorismo ha dirottato i codici religiosi per i propri fini. Ma la domanda rimane: la religione richiede la violenza? Il messaggio di salvezza che Cristo ha reso presente non può essere separato dalla Croce: Dio Padre "non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi" (Rm 8,2). Come si vede, questa affermazione è ancora oggi motivo di scandalo per molti: il Dio cristiano non è forse un Dio onnipotente? Non è forse il Dio di ogni misericordia (Sal 59,18)? Perché allora tanta violenza? E non solo sul Figlio... La violenza è una categoria che attraversa il Nuovo Testamento e, con maggiore intensità, l'Antico Testamento. La domanda che i cristiani sentono oggi potrebbe essere formulata così: il Dio della Bibbia è violento?

È un tema che la teologia cristiana di oggi ha affrontato da diverse prospettive, che coincidono nel confrontarsi con la presenza nella Sacra Scrittura di quelle che Benedetto XVI, nell'esortazione apostolica "Verbum Domini", ha definito le "pagine oscure della Bibbia". Relativamente spesso la Bibbia "narra eventi e costumi come, ad esempio, schemi fraudolenti, atti di violenza, sterminio di popolazioni, senza denunciarne esplicitamente l'immoralità". Quale dovrebbe essere la reazione del cristiano di oggi quando incontra questi passaggi?

Infatti, i cristiani devono "essere sempre pronti a rispondere a chiunque ci chieda ragione della nostra speranza" (cfr. 1Pt 3,15), il che ci porta a prendere questa "domanda inquietante" come uno stimolo ad approfondire la nostra conoscenza di Dio. Ma la nostra conoscenza "ha bisogno di essere illuminata dalla rivelazione di Dio" (Catechismo della Chiesa, 38). Si tratta quindi di vedere in che modo Dio si è fatto conoscere, cioè come Dio vuole che comprendiamo queste "domande inquietanti" (Catechismo della Chiesa, 38). pagine scure.

Ecco perché lo studio della Bibbia è un elemento essenziale per l'approfondimento della vita cristiana. Allo stesso tempo, le radici cristiane dell'Europa, e di gran parte della cultura odierna, richiedono una conoscenza sistematica, scientifica e profonda della Bibbia, che è l'elemento più importante per l'approfondimento della vita cristiana. best-seller della Storia, la prima opera ad essere riprodotta e stampata, sia per tempo che per quantità.

L'autoreJosé Ángel Domínguez

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Attualità

Le 10 notizie che hanno segnato il 2021 di Omnes

Omnes è nato, come mezzo multipiattaforma, nel gennaio 2021. Un anno dopo, è diventato un punto di riferimento per le informazioni e le analisi sulla Chiesa e sull'attualità.

Maria José Atienza-31 dicembre 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il 2021 è stato ricco di notizie e opinioni interessanti su Omnes.

Ecco una selezione delle principali informazioni pubblicate sul nostro sito web negli ultimi dodici mesi:

Analisi della Motu Proprio Traditionis Custodes e il Lettera esplicativa a tutti i vescovidi Juan José Silvestre

Lo studio della teologia cambia la vita

L'articolo di Montse Gas su Famiglia e religione

Intervista a Jaime Mayor Oreja in occasione della sua partecipazione al X Simposio di San Josemaría

Revisionismo o perdono? Uno sguardo di oggi sull'evangelizzazione in America

Qual è il significato delle quattro volte "Il Signore sia con voi" nella Messa?

Intervista a Carlos Metola, postulatore della causa di beatificazione di Carmen Hernández, cofondatrice del Cammino Neocatecumenale.

Intervista a Jacques Philippe, uno dei più noti autori spirituali del nostro tempo

L'accattivante lettera di Antonio Moreno

Benedetto XVI e Hans Küng. L'amicizia difficile

Iniziative

Un milione di minuti al giorno con Gesù

L'iniziativa 10 minuti con Gesù ha raggiunto i 100.000 iscritti al suo canale YouTube. Ogni giorno, più di 200.000 persone ricevono direttamente queste brevi meditazioni, già disponibili in 5 lingue.

Maria José Atienza-30 dicembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

10 minuti, 100.000 abbonati in YoutubeIn totale, 1 milione di minuti di preghiera da parte di centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo. Quello che è nato quasi per caso per mano di alcuni giovani sacerdoti nell'agosto 2018, ha raggiunto, in poco più di tre anni, tutti i Paesi del mondo, in 5 lingue.

Ogni giorno più di 200.000 persone ricevono la meditazione o la ascoltano attraverso le varie piattaforme su cui viene trasmessa. 10 minuti con Gesù è presente. Attualmente le meditazioni sono condotte in spagnolo, inglese, portoghese, francese e tedesco.

I suoi promotori sono cresciuti e ora ci sono 60 sacerdoti che, ogni giorno, commentano un passo del Vangelo utilizzando esempi attuali per evidenziare un'idea centrale della vita cristiana. Nel 10 minuti con Gesù il Vangelo è presentato in modo fresco, semplice e attraente.

I suoi promotori indicano tre punti chiave nell'espansione di questa iniziativa di preghiera:

Un'esigenza che non era stata soddisfatta fino a quel momento: poter pregare ovunque e rendere più facile farlo attraverso piattaforme conosciute e utilizzate da tutti i tipi di persone.

Un modo di comunicare che mette al centro la persona di Gesù Cristo e il suo Vangelo senza appesantire, con un linguaggio profondo, ma senza tecnicismi e dalla mano di un sacerdote che sta pregando mentre parla al "tu" che ascolta per 10 minuti.

In effetti, ciò che ha iniziato a diffondersi nel Whatsappha raggiunto un livello di diffusione e crescita così elevato che è stato necessario progettare una struttura per sostenere la crescita. Oggi le meditazioni vengono inviate attraverso 340 gruppi Whatsapp (più di 80.000 dispositivi unici) e le visualizzazioni su YouTube sfiorano i 18 milioni.  

Il Papa chiede "coraggio creativo" alle famiglie

30 dicembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La famiglia è un elemento chiave nel cuore di una Chiesa vivente, nel nucleo di origine di individui e società sani. È per questo che le tensioni sociali e le crisi di ogni tipo finiscono sempre per manifestarsi in famiglia o, al contrario, perché i processi che mettono alla prova la stabilità della società iniziano in famiglia.

Questo è molto chiaro oggi per la famiglia in quanto tale, svalutata e sottoposta a pressioni distorsive, così come per le singole famiglie. 

Papa Francesco segue con attenzione e interesse il percorso delle famiglie e, nel contesto dell'anno dedicato alla famiglia "Amoris laetitia", ha pubblicato (proprio nella solennità della Sacra Famiglia, il 26 dicembre) una lettera indirizzata a tutte le famiglie del mondo. Lo offre come un "Regalo di Natale per voi sposi: un incoraggiamento, un segno di vicinanza e anche un'occasione per meditare"..

Il testo si caratterizza, tra le altre caratteristiche che si potrebbero citare, per la vicinanza alle famiglie reali, dimostrazione di un'attenzione continua e non sporadica o dovuta a una particolare situazione circostanziale. Una delle espressioni di questa vicinanza è il linguaggio utilizzato, facilmente comprensibile, e la scelta di una lunghezza accessibile a tutti i destinatari.

Ad essi si affianca il senso pratico con cui mostra una buona conoscenza delle situazioni e delle sfide delle famiglie; con essi passa in rassegna aspetti della vita quotidiana e suggerisce chiavi, a volte piccole ma efficaci, per articolare il dono dell'uno all'altro nel contesto della vita familiare quotidiana. Su questa base passa in rassegna le difficoltà e le opportunità aperte dalla pandemia, i problemi lavorativi ed economici di molte giovani famiglie in particolare, le sfide legate al corteggiamento, il ruolo dei matrimoni maturi, il contributo dei nonni.

Una seconda caratteristica è l'enfasi sul fatto che i coniugi cristiani non sono soli: Dio li accompagna sempre, sia nei bivi vantaggiosi che in quelli difficili. È una convinzione che deriva dalla fede cristiana. Da esso sappiamo "che Dio è in noi, con noi e in mezzo a noi: nella famiglia, nel quartiere, nel luogo di lavoro o di studio, nella città in cui viviamo"..

Il matrimonio stesso, un grande e non sempre facile cammino, è legato, come una vera e propria vocazione che rende gli sposi una cosa sola tra di loro e con Gesù, alla certezza che "Dio è con voi, vi ama incondizionatamente, non siete soli!

Su questa base, le famiglie potranno dare un contributo prezioso alla società e alla Chiesa. Il Papa li incoraggia quindi ad agire con "coraggio creativo", sia nella Chiesa e nelle sue comunità, sia nel determinare il corso generale dell'umanità, dove hanno un ruolo "creativo" da svolgere. "la missione di trasformare la società attraverso la sua presenza nel mondo del lavoro e di garantire che le esigenze delle famiglie siano prese in considerazione"..

È quindi auspicabile che questa lettera raggiunga molte famiglie che la utilizzeranno come occasione di meditazione.

L'autoreOmnes

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Letture della domenica

"Quel Bambino ha fatto tutto 'quello che è stato fatto'". Seconda domenica di Natale

Andrea Mardegan commenta le letture della seconda domenica di Natale e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan-30 dicembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Abbiamo negli occhi il Bambino nato a Betlemme, che è tra le braccia di sua Madre e di San Giuseppe. Continuiamo a meditare su questo mistero nascosto da secoli nel cuore di Dio. La saggezza dice di sé: "Colui che mi ha creato mi ha fatto piantare la mia tenda e mi ha detto: "Fissa la tua dimora in Giacobbe e prendi Israele come tua eredità". Prima dei secoli, all'inizio, mi ha creato; per sempre non cesserò di esistere. Nel santo Tabernacolo, alla Sua presenza Lo adorai, e così mi stabilii in Sion"..

Oggi, contemplando quel bambino adagiato nella mangiatoia, nutrito al seno della madre, cullato dalle braccia paterne di Giuseppe, sappiamo che è la Sapienza di Dio, il suo Verbo che si è fatto carne, come noi, con tutte le fragilità della creatura, abitando con noi, per permetterci di diventare, con lui, figli nel Figlio. 

Oggi, con Paolo, crediamo che, con l'evento ineffabile dell'Incarnazione, il Padre del nostro Signore Gesù Cristo, in Lui "Ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli".. Inoltre, che "In Lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per essere santi e irreprensibili alla sua presenza per amore"..

E la benedizione del Padre consiste nell'immensità del suo amore che si manifesta nella nascita tra noi del Figlio. E che anche noi dobbiamo essere suoi figli adottivi è "Il disegno d'amore della sua volontà, a lode e gloria della sua grazia, con la quale ci ha fatto ben volere nell'Amato".

Il prologo della lettera agli Efesini ci presenta un tentativo di esprimere con parole grandi e belle il mistero ineffabile dell'amore infinito di Dio per noi. Consapevole che le sue parole non bastano, Paolo prega "al Dio del Signore nostro Gesù Cristo, il Padre della gloria". di concederci "uno spirito di sapienza e di rivelazione per una conoscenza approfondita di lui; che illumini gli occhi dei vostri cuori, affinché sappiate qual è la speranza alla quale vi chiama, quali sono le ricchezze della gloria lasciate in eredità ai santi". 

Per raggiungere questo obiettivo, torniamo a meditare sul prologo di Giovanni, che ci ricorda che questo Bambino è il Verbo del Padre e che il suo nome è il Verbo di Dio. "Ero con Dio". e "era Dio". Quel Bambino che succhia il latte della madre, ha fatto tutto "ciò che è stato fatto".. Egli è vita e luce. Non ci ha resi figli attraverso la carne e il sangue, ma attraverso la sua carne e il suo sangue versati per noi. Ha abitato in mezzo a noi, abbiamo visto la sua gloria, ci ha riempito di ogni grazia che trabocca da lui, ci ha rivelato la verità e il vero volto del Padre.

Per questo lo inchiodarono sulla croce, come un bestemmiatore, coloro che non potevano sopportare la rivelazione di questo volto misericordioso e mite di Dio che curava le ferite e le debolezze della nostra carne e del nostro sangue con la sua carne e il suo sangue.

L'omelia sulle letture della domenica di Natale II

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Vocazioni

"A 14 anni sono scappato da Dio. A 21 anni mi ha ritrovato".

Sebbene si sia allontanato da Dio da adolescente, l'esempio dei suoi genitori e di alcuni suoi amici lo ha portato a ripensare la sua vita e a entrare in seminario.

Spazio sponsorizzato-30 dicembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Don Cezar Luis Morbach è un sacerdote della diocesi di Novo Hamburgo, in Brasile. Sta studiando per un dottorato in Teologia sistematica presso la Pontificia Università Santa Croce di Roma, grazie a una borsa di studio del CARF. All'età di 14 anni iniziò una vita lontana da Dio, ma il Signore lo ritrovò all'età di 21 anni.

Cezar Luis Morbach è il quarto di cinque figli; la sua famiglia, molto religiosa, lavorava nei campi e lui li aiutava nelle varie attività agricole. "Ho ricevuto dai miei genitori l'esempio dell'onestà, della semplicità, ma soprattutto della fede e dell'amore per Dio. I miei genitori hanno sempre aiutato le persone in difficoltà.  

L'esempio dei suoi genitori, insieme alla testimonianza di amici entrati nel Seminario Minore della Diocesi di Santo Angelo, ha risvegliato in lui il desiderio di fare un'esperienza seminariale.

Tuttavia, ha rimandato questa decisione e nel 1999, all'età di 14 anni, ha lasciato la casa dei genitori per vivere con la sorella e la famiglia in cerca di una vita migliore.

"Dopo 8 anni di lavoro e dopo aver iniziato i corsi universitari di matematica, dopo un periodo di "fuga" da Dio, mi ha ritrovato, attraverso un amico d'infanzia, alla vigilia della sua ordinazione sacerdotale", racconta.

Ha abbandonato il lavoro, il corso universitario, il progetto di avere una famiglia, una fidanzata, gli amici... "Ho lasciato tutto per entrare nel Seminario Propedeutico, nella città di Novo Hamburgo". È stato ordinato il 20 dicembre 2013.

"La formazione permanente è sempre urgente e necessaria per il clero e per i fedeli laici. Sebbene sia una necessità, non tutti la cercano, nemmeno tra il clero. Per questo motivo, una volta terminato il mio corso di dottorato alla Santa Croce, assisterò alla formazione accademica dei seminaristi della Diocesi, del clero, così come alla formazione pastorale e accademica dei fedeli laici, secondo il nuovo Piano Pastorale della Diocesi", spiega.

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Ecologia integrale

"Vale la pena di alleviare le sofferenze dei malati terminali".

Gli studenti della laurea in Psicologia dell'Università di Villanueva partecipano a un'iniziativa in collaborazione con l'Hospital de Cuidados Laguna per aiutare e accompagnare i malati terminali nell'ultima fase della loro vita, completando così la loro formazione accademica. Il professor Alonso García de la Puente e la studentessa universitaria Rocío Cárdenas hanno parlato con Omnes.

Rafael Miner-29 dicembre 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

È il periodo natalizio, un momento per condividere momenti con la famiglia e gli amici, anche se virtuali, ma molti non possono goderne appieno. La laurea in Psicologia presso il Università Villanueva ha lanciato un'iniziativa in cui gli studenti e i loro insegnanti visitano i malati terminali.


Il progetto è integrato nel Service Learning Programme (ApS), che combina l'apprendimento accademico e i processi di servizio alla comunità in un unico progetto. In questo programma, 42 studenti vengono formati per lavorare su esigenze reali dell'ambiente con l'obiettivo di migliorarlo e acquisire competenze, abilità e valori etici, rafforzando il loro impegno civico-sociale.

"L'ambiente accademico è spesso privo di realtà, nei libri tutto funziona, ma sedersi di fronte a un paziente è un evento diverso, un'esperienza unica", spiega il responsabile di questo progetto, Alonso García de la Puente, che è professore all'Università di Villanueva e direttore dell'équipe psicosociale dell'ospedale di Villanueva. Ospedale di Laguna CareGli studenti frequentano il centro. "È un'esperienza impressionante", dice Rocío Cárdenas, studentessa di psicologia al quarto anno dell'università.

Alonso García de la Puente (Mérida, 1984) è laureato in psicologia, ha studiato all'Università Pontificia di Salamanca, ha lavorato per un po' nel mondo degli affari, ma alla fine ha conseguito un master in psico-oncologia e cure palliative all'Università Complutense. Il professor De la Puente lavora da otto anni presso l'Hospital de Cuidados Laguna, specializzato nell'assistenza agli anziani e nel trattamento e cura di pazienti con malattie avanzate. E da tre anni è all'Università di Villanueva. Ecco come ha spiegato l'iniziativa a Omnes, che include alcuni commenti di Rocío Cárdenas.

- Come le è venuta l'idea di combinare l'insegnamento a Villanueva con la direzione dell'équipe psicosociale di Laguna?

Il tema di Villanueva è emerso in una conferenza che ho tenuto a un gruppo di giovani cattolici. Una ragazza è rimasta colpita e ne ha parlato alla madre, preside della Facoltà di Psicologia. Sono stato invitato a tenere una conferenza sulle cure palliative all'Università. C'erano il preside e anche il rettore e mi hanno chiesto se volevo collaborare con loro come insegnante. Questo è stato l'inizio della mia carriera di professore a Villanueva, nel 2019.

- Tempi duri per la pandemia - come riassumerebbe i suoi anni a Laguna, quante persone ha assistito in quell'ospedale?

È la cosa che più mi ha cambiato la vita. Nella mia équipe vediamo circa 600 persone all'anno, più le loro famiglie, che sono il doppio. Per ogni persona, vediamo in media due membri della famiglia.

Tutti ricordiamo di aver lasciato l'università con la sensazione di non sapere nulla. Molte conoscenze, ma senza sapere come metterle in pratica o applicarle. L'Università ha un programma molto bello, Learning and Service (ApS), per il volontariato, collegato alle materie. Consiste nel mettere in pratica ciò che si sta imparando, cioè nell'imparare in pratica rendendo un servizio alla società.

In questo caso, stiamo pensando di stipulare un accordo tra la Laguna e l'università, in modo che gli studenti possano venire. La mia materia è la psicologia della salute. Abbiamo scelto un paziente che conosce la sua malattia e che è in grado di parlare, e gli studenti hanno iniziato a venire. Alcuni sono venuti di persona, gli altri si sono collegati online. È stato un vero e proprio laboratorio per esercitarsi sulla materia.

- Ci parli un po' dell'esperienza degli studenti nel progetto.

È un'esperienza unica per loro, poter affrontare un paziente, e soprattutto questo tipo di paziente, in una situazione di fine vita; nella maggior parte dei casi li trasforma professionalmente e personalmente. Imparano dall'esperienza, si integrano con la realtà. Per l'ospedale, significa poter condividere la nostra cultura dell'assistenza. Espandere una visione compassionevole, una disciplina per continuare a guardare alle sfide di una società cronicizzata con una lunga aspettativa di vita. Per gli studenti è molto arricchente.

Gradualmente, gli studenti passano dal pensare a se stessi, a cosa dirò al malato, ecc. a pensare al paziente e ad essere centrati sul paziente, attraverso la terapia della dignità.

Rocío CárdenasIl paziente era il primo che l'intera classe vedeva, il primo contatto. È stato molto scioccante, non solo dal punto di vista psicologico, ma soprattutto dal punto di vista umano. Conoscendo le sue condizioni, abbiamo sentito il bisogno di essere molto più vicini e affettuosi con lui. Il progetto permette a giovani come noi di entrare in contatto con l'esperienza della morte. Abbiamo visto una persona di 50 anni la cui vita sta finendo a causa di una malattia. [Rocio Cardenas aggiunge: "Una mia esperienza personale è stata quella di considerare che il lavoro a cui Dio può chiamarmi è stato l'amore. Vale a dire, portare il paradiso a quelle persone che stanno morendo"].

- Continuiamo la nostra conversazione con il professor García de la Puente: in cosa consiste fondamentalmente la terapia della dignità?

È una terapia che prevede una serie di domande strutturate, come una guida, ma che ci permette di guardare nella vita del paziente, facendo una revisione della vita, in modo da poter collegare il suo sé. Quando le persone arrivano alla fine della loro vita, o sono molto malate, possono pensare di non essere più quelle che erano. Con la terapia della dignità, la persona è in grado di vedere che c'è un continuum nella sua vita, che è sempre la stessa persona, e la mette in contatto con il proprio sé. È anche un modo per connettersi con gli altri, con la famiglia, con la società, e rendersi conto che questo è esistito per tutta la vita, come si è stati in grado di aiutare, come si è contribuito... E ti connette anche con il trascendentale: chi sono e cosa lascio dietro di me. L'eredità che viene lasciata, quella storia viene trascritta così come il paziente l'ha raccontata, gli viene consegnata, viene modificata e lui la distribuisce a chi vuole, o dice a chi vuole che venga consegnata, lasciando così un senso di eredità, di connessione con il trascendentale.

Per gli studenti, oltre alla psicologia e all'apprendimento, è un compito che cerchiamo di portare avanti dalla Laguna. Questo centro non vuole solo prendersi cura delle persone, ma anche di una cultura che stiamo perdendo e che viviamo in una società malata, che sta passando un brutto periodo. La pandemia l'ha portata al limite e ci siamo resi conto di ciò che stava accadendo, anche se non stavamo facendo nulla per risolverlo. È un fenomeno di indipendenza, di persone che non hanno bisogno di nessuno. Anche questo è un aspetto che gli studenti imparano. Ci rendiamo conto che non siamo indipendenti, ma co-dipendenti, che viviamo in una società in cui dobbiamo fidarci, che dobbiamo prenderci cura, che la sofferenza esiste. E che non dobbiamo disperare.

- Si riferisce alla legge sull'eutanasia?

Mi riferisco a quella legge. Alla fine, queste cose ci dicono del tipo di società che siamo, Affrontare la fine della vita li mette molto di fronte alla verità. Perché alla fine della vita, tutto ciò che è accessorio scompare. È cambiata la vostra auto, chi siete, il vostro cognome, il quartiere da cui provenite, il vostro lavoro, persino il vostro fisico. Niente di ciò che avevate vi appartiene più. Attraverso questo, le persone si rendono conto che vale la pena prendersi cura, che vale la pena continuare a imparare, a studiare, a cercare di alleviare la sofferenza di queste persone, non di tagliarla, di ucciderla, ma che ci si può veramente allenare alla compassione, all'umanesimo, e accompagnare la persona che soffre, e rendere quella sofferenza tollerabile, perché non possiamo sradicarla, ma possiamo imparare a rendere la sofferenza tollerabile.

- Qual è la sua opinione sulla mancanza di una formazione specifica in cure palliative in Spagna? Lei afferma che il 45% dei pazienti in Spagna muore senza ricevere cure palliative. Come valuta questo dato?

In Spagna non esiste ancora una specializzazione in cure palliative. Questo è un problema enorme, perché quando non c'è una specialità, non c'è una formazione formale in cure palliative e non c'è riconoscimento, né sociale né amministrativo. Questa percentuale del 45% significa che quasi la metà della popolazione muore in condizioni precarie.

Molte persone muoiono soffrendo e senza ricevere le cure necessarie per affrontare la loro sofferenza a livello fisico, emotivo, sociale e spirituale. Le cure palliative portano un nuovo sguardo sul paziente, passando da un modello biomedico a un modello biopsicosociale e olistico, trattando e guardando il paziente da tutte le sue parti, integrandolo e curandolo. In molti Paesi esiste una legge sulle cure palliative. Il Cile, ad esempio, ha appena approvato una legge completa sulle cure palliative. Siamo un'équipe di supporto e questo significa che interveniamo all'ultimo momento, quando si può fare ben poco per il paziente. Le cure palliative dovrebbero intervenire molto prima, già al momento della diagnosi della malattia.

Il professor Alonso García de la Puente e sua moglie hanno una bambina di pochi mesi, sono le 8.30 del mattino e non lo tratteniamo più di un quarto d'ora. Ma avremmo chiacchierato ancora a lungo.

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Evangelizzazione

Aiuto alla Chiesa che Soffre: 75 anni al fianco delle comunità minacciate dalla loro fede

L'anno prossimo, Aiuto alla Chiesa che Soffre compirà 75 anni. Attualmente sta sviluppando più di 5.000 progetti pastorali in tutto il mondo.

Maria José Atienza-29 dicembre 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Le loro campagne ci ricordano che oggi più della metà della popolazione mondiale vive in Paesi in cui la libertà religiosa non è rispettata. Ci ricordano anche i sacerdoti, le suore, i laici, i bambini e gli anziani che vengono perseguitati e talvolta uccisi solo perché sono cristiani.

Grazie ai contributi erogati da Aiuto alla Chiesa che Soffre, molti cristiani sono in grado di sopravvivere in questi Paesi in condizioni avverse.

Questa Fondazione Pontificia è stata fondato Werenfried van Straaten nel 1947, per aiutare la Chiesa cattolica nei Paesi di reale necessità, le migliaia di rifugiati e i cristiani perseguitati nel mondo a causa della loro fede.

In Spagna, Omnes ha parlato con il suo direttore, Javier Menéndez Ros, che sottolinea anche l'avanzata del secolarismo aggressivo nei Paesi di tradizione cristiana e la totale mancanza di sostegno pubblico ai loro progetti.

- Aiuto alla Chiesa che Soffre ci ricorda che la difficoltà di vivere la fede rimane un tema di attualità. Come è strutturata ACN per fornire questo aiuto?

In Spagna abbiamo la nostra sede principale a Madrid e abbiamo più di 25 delegazioni in tutta la Spagna con 29 dipendenti e più di 210 volontari in totale.

In tutto il mondo la nostra sede centrale è a Konigstein, in Germania, e abbiamo 23 uffici internazionali che portano avanti le campagne di sensibilizzazione, preghiera e beneficenza con cui raccogliamo fondi per i circa 5.500 progetti pastorali che realizziamo ogni anno in 145 Paesi del mondo.

 - Quali sono i principali bisogni di queste comunità?

Nel campo pastorale, che è quello di cui ci occupiamo, le diocesi cattoliche dei Paesi con poche risorse hanno bisogno praticamente di tutto: sostegno ai sacerdoti, alle suore e ai laici impegnati nella catechesi, mezzi di trasporto, aiuto ai mezzi di comunicazione per l'evangelizzazione, ricostruzione di chiese e case religiose, ecc.

Non dimentichiamo che la Covid ha solo peggiorato la situazione di povertà e di bisogno già sofferta da queste comunità.

- In questo senso, l'assistenza che fornite è cambiata?Aiuto alla Chiesa che Soffre La pandemia di Covid? 

Nella maggior parte dei casi il nostro tipo di aiuto è lo stesso, ma nelle situazioni di emergenza e in quelle in cui i cristiani sono a rischio di sopravvivenza, i bisogni, aggravati dalla pandemia, sono stati quelli di prodotti sanitari e merci.

- Come nascono i progetti? Quali sono i progetti a cui collaborate?Aiuto alla Chiesa che Soffre attualmente?

I progetti pastorali che ci vengono richiesti nascono dalle necessità di un sacerdote, di una suora o di un laico che hanno bisogno di qualsiasi cosa, da una bicicletta a una bibbia o a un Youcat, o di una stazione radio per la catechesi, o che non possono mantenersi come sacerdoti e noi inviamo loro degli stipendi di massa. Con l'approvazione del rispettivo vescovo, inviano le richieste di progetto alla nostra sede centrale e lì vengono elaborate.

Attualmente siamo impegnati in 145 Paesi in tutti questi tipi di progetti pastorali, con particolare attenzione all'Africa, al Medio Oriente, all'Asia e all'America Latina, in quest'ordine.

- Come e chi collabora conAiuto alla Chiesa che Soffre?

ACN, in breve ACN, conta più di 345.000 benefattori in tutto il mondo. La maggior parte di loro sono persone singole nei 23 Paesi in cui abbiamo uffici, che ci fanno dono delle loro preghiere e donazioni. Non riceviamo alcun sostegno da parte di enti pubblici.

-Aiuto alla Chiesa che Soffre pubblica un rapporto annuale sulla libertà religiosa nel mondo, qual è l'evoluzione della libertà religiosa nel mondo? 

Nel nostro ultimo rapporto su Libertà religiosa 2021 concludiamo che lo stato della libertà religiosa nel mondo è in un declino molto pericoloso. Non meno di un 67% della popolazione mondiale (5,2 miliardi di persone vivono in Paesi in cui la libertà religiosa non è rispettata).

- Quali pericoli corrono oggi le comunità cristiane più minacciate?

Le comunità cristiane più minacciate, come quelle che soffrono nell'Africa subsahariana con l'enorme avanzata del jihadismo, in Medio Oriente con gli strascichi delle guerre, Daesh e l'ondata di rifugiati, o nei Paesi asiatici come il Pakistan, l'India o la Cina, stanno affrontando una persecuzione ancora maggiore, con conseguente emigrazione di massa verso aree più sicure e il possibile declino o addirittura la scomparsa di alcune di queste comunità.

- Parlando di questa libertà nelle nazioni con una storia cristiana, pensa che sia in declino? 

È evidente che l'umanesimo cristiano, di cui la storia e la cultura dell'Europa e dell'America sono intrise, è in netto declino e viene sostituito da un secolarismo aggressivo che attacca sempre più virulentemente i principi e i simboli più sacri della nostra fede e della nostra morale.

Esempi recenti come l'incendio di chiese cattoliche in Francia e in Cile sono passati in gran parte inosservati dall'opinione pubblica e sono segnali preoccupanti di questa aggressività anticristiana.

Letture della domenica

"Deporre Gesù nella mangiatoia della nostra vita". Solennità di Santa Maria, Madre di Dio

Andrea Mardegan commenta le letture di Santa Maria, Madre di Dio e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan-29 dicembre 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Il nuovo anno si apre con la benedizione sacerdotale del libro dei Numeri: Il Signore parlò a Mosè dicendo: "Parla ad Aronne e ai suoi figli e di' loro: "Così benedirete i figli d'Israele, dicendo loro: "Il Signore vi benedica e vi custodisca, il Signore faccia risplendere il suo volto su di voi e vi conceda il suo favore, il Signore rivolga il suo volto verso di voi e vi dia pace"". Così invocheranno il mio nome i figli d'Israele e io li benedirò..

Così la Chiesa chiede e comunica la benedizione di Dio per tutti i suoi figli e per tutti i giorni dell'anno che sta iniziando. E ci fa intravedere che, con la nascita di suo Figlio, il Signore ha fatto risplendere il suo volto in mezzo a noi e si è reso presente nella nostra storia come Principe della Pace. Da lui possa venire la vera pace che oggi imploriamo per tutti i popoli della terra, per intercessione della Regina della Pace, sua Madre. 

Noi, come pastori a Betlemme, ci avviciniamo alla Madre di Dio e contempliamo lei e il suo sposo Giuseppe. Da loro impariamo a deporre Gesù nella mangiatoia, che col tempo diventerà una culla e poi un letto: tra gli oggetti della vita quotidiana in famiglia e nel lavoro. Gesù nei luoghi della casa, tra i giochi dell'infanzia, gli strumenti di lavoro.

I tempi della vita familiare e sociale sono abitati e vissuti dal volto di Dio reso visibile nel volto umano del figlio di Dio, figlio di Maria. Guardiamo Maria, Giuseppe e il bambino e impariamo da loro ad ascoltare le parole di Dio dalla bocca di pastori sconosciuti inviati dagli angeli per assistere a questa meraviglia: la normalità piena di Dio.

Siamo stupiti dalle visite di Dio con i suoi messaggeri e dalla grandezza dei poveri che lo accolgono e lo manifestano. Conserviamo questo stupore nello scrigno del nostro cuore, per tirarlo fuori e nutrirlo durante l'anno, durante la vita, come Maria. 

Guardiamo Giuseppe con Maria. Quando gli otto giorni prescritti per la circoncisione furono completati, gli fu dato il nome di Gesù, come l'angelo lo aveva chiamato prima che fosse concepito nel grembo materno. "Fu chiamato con il nome di Gesù".L'evangelista usa la terza persona passiva. L'angelo aveva detto a Maria: lo chiamerai Gesù; e così anche a Giuseppe: lo chiamerai Gesù.

La formula in terza persona rivela la fiducia reciproca degli sposi, la loro profonda unità. Non fu Maria da sola a dargli il nome, né Giuseppe da solo; lo fecero insieme. C'è stato un concorso di entrambi, come era già successo con Elisabetta e Zaccaria quando hanno dato il nome a Giovanni.

Così Giuseppe diventa il padre legale di Gesù e Maria manifesta di essere la madre di Gesù in modo unico rispetto a tutte le donne della storia dell'umanità.

Omelia sulle letture di Santa Maria, Madre di Dio

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Abbiamo davvero una sensibilità sociale?

La subdola emarginazione della maternità fa sì che molte donne non siano libere, ma sottoposte a forti pressioni, di scegliere la vita piuttosto che l'aborto.

28 dicembre 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Fondazione Redmadre ha reso pubblico il 14 dicembre il rapporto Mappa della maternitàche analizza gli aiuti pubblici per la maternità e, nello specifico, per le gestanti in situazione di vulnerabilità offerti nel 2020 dall'insieme delle amministrazioni pubbliche spagnole. In questo rapporto c'è un dato scandaloso e molto triste: l'investimento totale stanziato nel 2020 dall'insieme delle amministrazioni pubbliche per sostenere le donne incinte in difficoltà è stato di 3.392.233 euro, mentre l'aiuto all'aborto è stato di 32.218.185 milioni. La spesa di tutte le amministrazioni pubbliche spagnole per il sostegno alle donne in gravidanza è aumentata di soli 2 euro dal 2018.

Alla luce di questo fatto, vale la pena chiedersi se ci sono persone che pensano che l'aborto sia un piatto di piacere per chiunque. Perché se la risposta è no, cosa facciamo se non aiutiamo le donne che vogliono diventare madri e che hanno difficoltà a farlo? Siamo di fronte a imperativi ideologici che sono al di là di ogni logica e, naturalmente, della sensibilità umana? Tutto fa pensare di sì, perché mentre si promuove e si finanzia l'aborto, si pongono ostacoli legali alle associazioni pro-vita per informare e offrire aiuto alle donne che si rivolgono alle cliniche abortive.

D'altra parte, questi dati smentiscono l'idea che la nostra classe politica, da cui dipendono questi benefici, abbia una coscienza sociale sviluppata. Se così fosse, sarebbe già stata approvata una legge per combattere l'esclusione sociale dovuta alla maternità, perché in molti casi la scelta della maternità porta a difficoltà nell'ottenere e persino nel mantenere un lavoro. La subdola emarginazione della maternità fa sì che molte donne non siano libere, ma siano sottoposte a forti pressioni per scegliere la vita piuttosto che l'aborto.

Allo stesso tempo c'è un'allarmante mancanza di visione per il futuro. Due giorni dopo il rapporto abbiamo appreso che la Spagna ha perso popolazione per la prima volta negli ultimi cinque anni. Secondo i dati dell'Istituto Nazionale di Statistica (INE), la Spagna conta attualmente 47,32 milioni di persone, con una diminuzione di 72.007 abitanti rispetto al 2020.

Tutto ciò che stiamo vivendo a questo proposito è ben definito dal santo papa Giovanni Paolo II, che nella sua enciclica ha coniato il termine "cultura della morte". Evangelium Vitae. In esso sottolinea che "con le nuove prospettive aperte dal progresso scientifico e tecnologico, si affermano nuove forme di aggressione alla dignità dell'essere umano, mentre al tempo stesso emerge e si consolida una nuova situazione culturale, che conferisce agli attacchi alla vita un aspetto inedito e - si potrebbe dire - ancora più iniquo, suscitando ulteriori gravi preoccupazioni": ampi settori dell'opinione pubblica giustificano certi attacchi alla vita in nome dei diritti di libertà individuale, e su questa premessa cercano non solo l'impunità, ma addirittura l'autorizzazione dello Stato, per praticarli con assoluta libertà e anche con il libero intervento delle strutture sanitarie". (Evangelium Vitae, num. 4).

Più recentemente, Papa Francesco, con la sua caratteristica chiarezza, ha dichiarato sul volo di ritorno a Roma dalla Slovacchia lo scorso settembre: "L'aborto è più di un problema, l'aborto è un omicidio. Senza mezze misure: chi abortisce, uccide". Ha poi posto due domande: "È giusto uccidere una vita umana per risolvere un problema? (...) Seconda domanda: è giusto assumere un sicario per risolvere un problema? (...) Ecco perché la Chiesa è così dura su questo tema, perché se lo accetta è come se accettasse l'omicidio quotidiano".

Ora, nel bel mezzo del Natale, è un buon momento per riflettere su questo.

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo emerito della diocesi di Mérida Badajoz

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Vaticano

L'umiltà del servizio, per essere veramente utili a tutti

Nel tradizionale messaggio natalizio di Papa Francesco alla Curia romana, che di solito è un momento di riflessione, il Santo Padre si è soffermato sulla tentazione della "mondanità spirituale".

Giovanni Tridente-27 dicembre 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Le malattie, le tentazioni e le afflizioni che compromettono l'"organismo" della Curia romana - il gruppo di cardinali e vescovi che collaborano con il Papa e la Santa Sede - sono sempre state al centro degli auguri annuali a cui Papa Francesco ci ha abituato fin dalla sua elezione. È sempre stato, insomma, un momento di verifica e di riflessione, quasi un'analisi introspettiva per capire meglio "chi siamo e la nostra missione".

Anche quest'anno il Pontefice non ha fatto eccezione e si è soffermato su una particolare tentazione, che ha già identificato in altre occasioni come "mondanità spirituale", il cui superamento, però, va a vantaggio del servizio complessivo offerto dai vari dicasteri vaticani alla Chiesa universale.

Ritorno all'umiltà

La chiave per non correre il rischio di essere "generali di eserciti sconfitti piuttosto che semplici soldati di uno squadrone che continua a combattere", come ha già indicato nella sua Evangelii gaudium, è tornare - e con una certa diligenza - all'umiltà, una parola e un atteggiamento oggi purtroppo dimenticati e svuotati di moralismo. Eppure l'umiltà è proprio il primo punto di ingresso di Dio nella storia.

Nel suo discorso, non breve, Papa Francesco ha ribadito ai suoi collaboratori che non si può "passare la vita a nascondersi dietro un'armatura, un ruolo, un riconoscimento sociale", perché prima o poi questa mancanza di sincerità si farà sentire e mostrerà tutta la sua incoerenza, oltre ad essere, nella Chiesa, una grave battuta d'arresto: "se dimentichiamo la nostra umanità viviamo solo degli onori della nostra armatura".

Superare l'orgoglio

Come dovrebbe essere una Curia romana umile? Non deve certo vergognarsi delle sue fragilità, per "saper abitare la nostra umanità senza disperazione, con realismo, gioia e speranza". L'opposto dell'umiltà è la "superbia", che va di pari passo con il "frutto più perverso della mondanità spirituale" che sono le "sicurezze". Mentre questi ultimi mostrano una mancanza di fede, speranza e carità, l'orgoglio è "come la pula", che oltre a generare una sterile tristezza, priva la Chiesa di "radici" e "rami".

Ricordare e generare

Le radici testimoniano il legame con il passato, con la Tradizione, con l'esempio di chi ci ha preceduto nell'evangelizzazione; i germogli sono emblemi di vitalità e proiezione verso il futuro. Con questa consapevolezza, una Chiesa e una Curia umili sono capaci di "ricordare", fare tesoro e rivivere - ha aggiunto Papa Francesco nel suo ragionamento - e di "generare", cioè di guardare avanti con una memoria piena di gratitudine.

Gli umili, insomma, "si spingono verso ciò che non conoscono", "accettano di essere messi in discussione" e si aprono al nuovo con speranza e fiducia. Senza questo atteggiamento, si corre il rischio di ammalarsi e di scomparire: "senza umiltà non si trova né Dio né il prossimo".

In sostanza, se il nostro annuncio predica la "povertà", la Curia deve distinguersi per la sua "sobrietà"; se la Parola di Dio predica la "giustizia", la Curia romana deve brillare per la sua trasparenza, senza favoritismi o intrecci, è stato il monito del Papa.

Il banco di prova del Sinodo

Un banco di prova immediato per evidenziare una concreta umiltà è proprio il cammino sinodale che la Chiesa sta vivendo e che la Curia romana è chiamata a sostenere da protagonista, non solo perché ne rappresenta il motore organizzativo ma soprattutto perché, come ha ribadito il Santo Padre, deve "dare l'esempio".

Anche per i collaboratori del Papa, quindi, l'umiltà deve essere declinata nelle tre parole chiave che Francesco ha usato durante l'apertura dell'assemblea sinodale lo scorso ottobre: partecipazione, comunione e missione.

Una Curia romana partecipativa è quella che mette al primo posto la "corresponsabilità", che si traduce anche per i responsabili in uno spirito più disponibile e collaborativo.

È una Curia che crea comunione, perché si concentra su Cristo attraverso la preghiera e la lettura della Parola, si preoccupa del bene degli altri, riconosce la diversità e vive il suo lavoro in uno spirito di condivisione.

Infine, è una Curia missionaria, che mostra passione per i poveri e gli emarginati, anche perché è evidente che anche oggi, e proprio in una fase sinodale in cui si vuole ascoltare "tutti" indistintamente, mancano "la loro voce, la loro presenza, le loro domande".

Una Chiesa umile è, quindi, una comunità di fedeli "che mette il suo centro fuori di sé", consapevole - ha concluso Papa Francesco - che "solo servendo e solo pensando al nostro lavoro come servizio possiamo essere veramente utili a tutti".

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