Vaticano

La Santa Sede approva in via definitiva gli statuti del Regnum Christi

Dopo cinque anni, la Santa Sede ha finalmente approvato gli statuti del Regnum Christi. Dalla sede della direzione generale della federazione affermano che "questa approvazione rappresenta un riconoscimento da parte della Santa Sede che dà solidità e stabilità alla Federazione".

Paloma López Campos-7 febbraio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Dopo cinque anni, la Santa Sede approva finalmente gli statuti del Regnum Christi, presentati nel 2019 dalla Federazione e da allora sotto processo.

La sede della direzione generale dell'organizzazione afferma in un comunicato che comunicato stampa che "questa approvazione rappresenta un riconoscimento da parte della Santa Sede che dà solidità e stabilità alla Federazione".

Questi statuti sono il risultato di un lungo percorso di rinnovamento iniziato nel 2010. Consapevole della necessità di esprimere più chiaramente il carisma dell'organizzazione, la Federazione ha iniziato un processo di approfondimento del suo spirito. Così, il 31 maggio 2019, il Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha eretto canonicamente la Federazione Regnum Christi e ha approvato "ad experimentum" i suoi statuti.

Gli statuti del Regnum Christi

Tra i cambiamenti presentati nel 2019, un maggiore coinvolgimento dei laici e nuove misure per prevenire i casi di abuso all'interno dell'organizzazione. Tuttavia, il cambiamento più significativo è avvenuto nella definizione della struttura canonica, con l'obiettivo di trovare una figura "che esprima l'unità spirituale e la collaborazione apostolica di tutti, promuova l'identità e la legittima autonomia di ogni realtà consacrata e permetta agli altri fedeli del Regnum Christi di appartenere allo stesso corpo apostolico in modo canonicamente riconosciuto", come hanno spiegato nel 2019.

Per questo motivo, gli statuti approvati nel 2019 affermano che "la Congregazione dei Legionari di Cristo, la Società di vita apostolica Donne consacrate del Regnum Christi e la Società di vita apostolica Laici consacrati del Regnum Christi sono collegati tra loro attraverso la Federazione del Regnum Christi.

La Santa Sede sottolinea che tutti questi cambiamenti hanno lo scopo di aiutare i membri della Federazione "a promuovere il carisma comune e a favorire la collaborazione in vista della missione affidata loro dalla Chiesa".

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Evangelizzazione

Il Beato Pio IX, Papa, e San Riccardo di Wessex, laico

Il 7 febbraio, il calendario dei santi cattolici celebra il Beato Pio IX (1792-1878), il Papa più longevo del Pontificato cattolico, 31 anni e 7 mesi, forse secondo solo a San Pietro, e a San Riccardo di Wessex, padre dei santi evangelizzatori in Germania.    

Francisco Otamendi-7 febbraio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Gli anni in cui Pio IX ha governato la Chiesa sono stati anni di grande turbolenze politiche in Italia. Nel 1848 dovette andare in esilio a Gaeta mentre a Roma si instaurava la Repubblica Romana di Mazzini, che dichiarava la caduta del potere temporale del Papa. Nel 1850 poté tornare a Roma e anni dopo affrontò le conseguenze della proclamazione del Regno d'Italia nel 1861. In precedenza si era riconciliato con le monarchie protestanti dei Paesi Bassi e del Regno Unito.

Il Beato Pio IX, nato Giovanni Maria Mastai Ferretti, si adoperò per conservare lo Stato Pontificio, che perse; promulgò l'enciclica "Quanta cura" con il famoso "Syllabus errorum", proclamò il dogma di Immacolata Concezione (1854) e convocò il Concilio Vaticano I (1869-1870), dove fu definita l'infallibilità papale come Pastore della Chiesa universale in materia di fede e morale. Suo fratello Gabriele dichiarò che Giovanni Maria si considerava "semplicemente un prete".Divenne anche arcivescovo, cardinale e papa. È stato beatificato nel 2000 da San Giovanni Paolo II insieme a San Giovanni XXIII.

Per quanto riguarda Riccardo del Wessex, è opportuno citare l'inglese in questo modo, perché esiste un altro Riccardo nel calendario dei santi, come il vescovo Riccardo di Wyche (3 aprile). Riccardo del Wessex era un uomo di preghiera e padre di tre figli, che lo accompagnarono in pellegrinaggio Dopo la sua morte, sono stati registrati miracoli sulla sua tomba. Un suo figlio si unì a San Bonifacio e divenne il primo vescovo di Eichstätt in Baviera. 

L'autoreFrancisco Otamendi

Vaticano

Il Papa esorta i vescovi a pubblicizzare il processo di nullità del matrimonio

Nella tradizionale udienza al Tribunale della Rota Romana, in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario, Papa Francesco ha sottolineato che, in occasione dell'ultima riforma, ha esortato i vescovi a sensibilizzare i fedeli sul processo abbreviato di nullità matrimoniale. Inoltre, è importante "garantire la gratuità delle procedure". La riforma non mira "alla nullità dei matrimoni, ma alla rapidità del processo".  

Francisco Otamendi-7 febbraio 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

L'inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana è stato l'evento principale della visita del Santo Padre lo scorso venerdì, quando ha ricevuto in pubblico i prelati uditori, funzionari, avvocati e collaboratori del Tribunale, presieduto dal suo decano, l'arcivescovo spagnolo monsignor Alejandro Arellano Cedillo.

Prima del discorso del Papa, ha pronunciato alcune parole di saluto Monsignor ArellanoIn essi ha ricordato che "alla vigilia di Natale, dopo aver aperto la Porta Santa e dato il segnale di inizio dell'Anno giubilare, Lei si è rivolto con fermezza al mondo intero: partite senza indugio per 'ritrovare la speranza perduta, rinnovarla in noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo'".

"Seminatori di speranza

"Santo Padre", ha aggiunto il decano dell'Istituto. TribunaleCi sentiamo direttamente interpellati dalle sfide del presente e del futuro, consapevoli che la Rota Romana, in quanto Tribunale della famiglia cristiana, è solo un 'lembo del manto' della Chiesa; tuttavia, ci sembra che non sia estraneo alla nostra speranza che, attraverso il tocco di quel manto, attraverso l'amministrazione della giustizia, le persone ferite possano trovare pace, per favorire la tranquillitas ordinis nella Chiesa".

In questa linea, il preside ha detto, tra l'altro, che "questo è il nostro desiderio: essere seminatori di speranza per tutte le famiglie ferite, lontane dalla Chiesa o in difficoltà, che hanno perso la speranza nella giustizia, nella misericordia, nell'amore di Dio che fa risorgere l'uomo e gli restituisce la dignità".

Chiarire la situazione coniugale

L'inaugurazione dell'Anno giudiziario del Tribunale della Rota Romana "mi offre l'opportunità di rinnovare l'espressione del mio apprezzamento e della mia gratitudine per il vostro lavoro. Saluto cordialmente il Decano e tutti voi che prestate servizio in questo Tribunale", ha esordito il Papa.

"Quest'anno ricorre il decimo anniversario dei due Motu Proprio 'Mitis Iudex Dominus Iesus' e 'Mitis et Misericors Iesus', con i quali ho riformato il processo per la dichiarazione di nullità del matrimonio. Mi sembra opportuno cogliere questa tradizionale occasione di incontro con Lei per ricordare lo spirito che pervase quella riforma, che Lei applicò con competenza e diligenza a beneficio di tutti i fedeli".

L'obiettivo della riforma era quello di "rispondere nel miglior modo possibile a coloro che si rivolgono alla Chiesa per chiarire la loro situazione matrimoniale (cfr. Discorso al Tribunale della Rota Romana, 23 gennaio 2015). 

Informare i fedeli sul processo e sulla gratuità

"Ho voluto che il vescovo diocesano fosse al centro della riforma. Infatti, spetta a lui amministrare la giustizia nella diocesi, sia come garante della prossimità dei tribunali e della vigilanza su di essi, sia come giudice che deve decidere personalmente nei casi in cui la nullità è manifesta, cioè attraverso il 'processus brevior' come espressione della sollecitudine della 'salus animarum'", ha continuato il Pontefice.

"Per questo motivo, ho esortato a inserire l'attività dei tribunali nella pastorale diocesana, incaricando i vescovi di far sì che i fedeli siano a conoscenza dell'esistenza del 'processus brevior' come possibile rimedio alla situazione di bisogno in cui si trovano", ha detto il Papa. "A volte è triste constatare che i fedeli non sono consapevoli dell'esistenza di questo percorso". Inoltre, è importante "che sia assicurata la gratuità del processo, affinché la Chiesa [...] manifesti l'amore gratuito di Cristo con il quale tutti siamo stati salvati" (Proemium, VI)".

Tribunale: persone ben addestrate e qualificate

In particolare, precisa Francesco, "la preoccupazione del vescovo è quella di garantire per legge la costituzione nella sua diocesi del tribunale, composto da persone - chierici e laici - ben formate e adatte a questa funzione; e di far sì che svolgano il loro lavoro con giustizia e diligenza. L'investimento nella formazione di questi operatori - formazione scientifica, umana e spirituale - va sempre a vantaggio dei fedeli, che hanno il diritto di vedere considerate con attenzione le loro istanze, anche quando ricevono una risposta negativa".

Preoccupazione per la salvezza delle anime

"La preoccupazione per la salvezza delle anime (cfr. Mitis Iudex, Proemium) ha guidato la riforma e deve guidare la sua attuazione. Siamo interpellati dal dolore e dalla speranza di tanti fedeli che cercano chiarezza sulla verità della loro condizione personale e, di conseguenza, sulla possibilità di partecipare pienamente alla vita sacramentale. Per tanti che "hanno vissuto un'esperienza matrimoniale infelice, la verifica della validità o meno del matrimonio rappresenta una possibilità importante; e queste persone devono essere aiutate a percorrere questo cammino nel modo più agevole possibile" (Discorso ai partecipanti al Corso promosso dalla Rota Romana, 12 marzo 2016)".

"Favorire non la nullità dei matrimoni, ma la rapidità del processo".

La recente riforma, concludeva il Santo Padre, "ha voluto anche favorire 'non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno di una giusta semplicità, affinché, a causa del ritardo nella definizione della sentenza, il cuore dei fedeli che attendono il chiarimento del loro stato non sia oppresso a lungo dalle tenebre del dubbio' (Mitis Iudex, Proemio)" (Mitis Iudex, Proemio).

Infatti, "per evitare che il detto 'summum ius summa iniuria' ('Eccessivo diritto, eccessiva ingiustizia') (Cicerone, De Officiis I,10,33) si verifichi a causa di procedure troppo complesse, ho abolito la necessità del giudizio di doppia conformazione e ho favorito decisioni più rapide nei casi in cui la nullità è manifesta, cercando il bene dei fedeli e volendo mettere in pace le loro coscienze". 

Tutto questo, ha sottolineato il Papa, "richiede due grandi virtù: la prudenza e la giustizia, che devono essere informate dalla carità. Esiste un'intima connessione tra prudenza e giustizia, poiché l'esercizio della prudentia iuris mira a conoscere ciò che è giusto nel caso concreto" (Discorso alla Rota Romana, 25 gennaio 2024)".

Lavoro di discernimento

"Ogni protagonista del processo si accosta alla realtà coniugale e familiare con venerazione", ha sottolineato il Pontefice al termine della sua riflessione. "Perché la famiglia è un riflesso vivente della comunione d'amore che è Dio Trinità (cfr. Amoris laetitia, 11). Inoltre, i coniugi uniti in matrimonio hanno ricevuto il dono dell'indissolubilità, che non è una meta da raggiungere con i propri sforzi, e nemmeno una limitazione della propria libertà, ma una promessa di Dio, la cui fedeltà rende possibile l'essere umano". 

Il vostro lavoro di discernimento sulla validità o meno di un matrimonio", ha detto il Papa ai prelati verificatori, "è un servizio alla salus animarum, perché permette ai fedeli di conoscere e accettare la verità della loro realtà personale". Infatti, "ogni giusto giudizio sulla validità o nullità di un matrimonio è un contributo alla cultura dell'indissolubilità, sia nella Chiesa che nel mondo" (San Giovanni Paolo II, Discorso alla Rota Romana, 29 gennaio 2002)".

Concludendo, Papa Francesco ha invocato su tutti, "pellegrini in spem, la grazia della gioiosa conversione e la luce per accompagnare i fedeli verso Cristo, che è il Giudice mite e misericordioso. Vi benedico di cuore e vi chiedo, per favore, di pregare per me. Grazie.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

Il cardinale Tolentino elogia l'amicizia di fronte all'uso ambiguo del termine "amore".

Il Prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, il Cardinale José Tolentino de Mendonça, in occasione della festa di San Tommaso d'Aquino presso l'Università ecclesiastica San Dámaso, ha rilevato "l'inflazione della parola amore" nella società odierna, a scapito dell'amicizia, che è "un percorso inesauribile di umanizzazione e speranza".  

Francisco Otamendi-7 febbraio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

In un atto presieduta dall'Arcivescovo di Madrid e Gran Cancelliere del Università Ecclesiastica San DámasoIl Cardinale José Cobo, e presentato dal Rettore della corporazione, Nicolás Álvarez de las Asturias, il Il cardinale José Tolentino de Mendonça ha lodato l'amicizia come un bene necessario per la comunità accademica.

In occasione della celebrazione della festa di San Tommaso d'Aquino, il Cardinale Prefetto dell'Ordine di San Tommaso d'Aquino, il Cardinale Prefetto dell'Ordine di San Tommaso d'Aquino, il Cultura e istruzione presso la Santa Sede, ha sottolineato che "l'Università compirebbe bene la sua missione se un giorno fosse ricordata da coloro che vi si sono formati, non solo per la qualità dell'insegnamento e della ricerca che vi hanno trovato, ma anche per le belle amicizie che vi sono nate".

Tuttavia, la riflessione del cardinale portoghese, poeta oltre che teologo, si spinge oltre e costituisce una diagnosi della società odierna, per quanto riguarda le parole amore e amicizia, con il titolo "Elogio dell'amicizia: riscoprire un bene necessario".

La centralità della riflessione sull'amicizia

"Spero che non troviate strano che io abbia scelto l'amicizia come argomento accademico, quando sembrano esserci mille questioni più urgenti e pertinenti da proporre a una comunità universitaria in questo periodo storico e culturale di cambiamenti accelerati", ha esordito. 

"In San Tommaso è evidente la centralità della riflessione sull'amicizia, al punto da chiedersi se la perfetta beatitudine nella gloria non richieda anche la compagnia degli amici. Ma la storia stessa dell'Università non si comprenderebbe senza l'idea di societas amicorum".

"Uso massiccio del vocabolario dell'amore": le conseguenze

Il Cardinale ha poi sottolineato che "sembra che la nostra epoca sappia parlare solo di amore. Mentre assistiamo all'inflazione di questa parola, la sua forza espressiva sta chiaramente diminuendo e sembra essere dirottata da un uso monotono ed equivoco. Sappiamo sempre meno di cosa stiamo parlando quando parliamo di amore. Ma questo non costituisce un freno. 

Con la stessa parola, ha aggiunto, "designiamo l'amore coniugale e l'attaccamento a una squadra sportiva, le relazioni tra parenti e quelle di consumo, le aspirazioni individuali più profonde, ma anche quelle più frivole. Tutto è amore. Non è un caso che la magnifica poesia di W.H. Auden, che il secolo scorso ha scelto come uno dei suoi canti, si riassuma nella domanda: 'La verità, per favore, sull'amore'".

A suo avviso, come ha detto a un folto pubblico a San Damaso, "il pericolo dell'uso massiccio del vocabolario dell'amore è quello di perdersi nell'indefinito, di annegare nell'illimitatezza della soggettività: non sappiamo veramente cosa sia l'amore; è sempre tutto, è un compito senza limiti; e questa totalità inestricabile si consuma troppo spesso in una retorica disillusa. L'amicizia è una forma più oggettiva, più concretamente progettata, forse più possibile da sperimentare". 

Lo stesso vale per l'"universo religioso".

"Nell'universo religioso, purtroppo, la situazione non è molto diversa", ha proseguito il cardinale Tolentino de Mendonça. "Il termine amore soffre di un uso eccessivo che non sempre favorisce il realismo e l'approfondimento delle vie della fede. Il riferimento all'amore si disperde in omelie, discorsi catechistici, proposizioni morali: un percorso così variegato da diluirne il significato". 

"Ci siamo abituati a sentire la chiamata all'amore, a riceverla o a riprodurla senza molta consapevolezza. Sono convinto che una parte importante del problema risieda nell'assenza di riflessione sull'amicizia". 

"L'amicizia, un percorso di umanizzazione e di speranza".

La sua argomentazione prosegue sulla stessa linea, scettica nei confronti dell'uso indiscriminato della parola amore ed elogiativa nei confronti dell'amicizia. "Chiamiamo ambiguamente 'amore' certe relazioni e pratiche affettive che acquisterebbero maggiore consistenza se le pensassimo come modalità di amicizia. L'amicizia è un'esperienza universale e rappresenta, per ogni persona, un percorso inesauribile di umanizzazione e di speranza". 

In seguito, ha citato Raïssa Maritain, moglie di Jacques Maritainche ha composto una sorta di autobiografia raccontando le esperienze personali dei suoi amici. "Ed è vero: gli amici sono la nostra migliore autobiografia. Ma non solo: la ampliano, cospirano per renderla luminosa e autentica (...). Gli amici testimoniano al nostro cuore che c'è sempre una strada". 

"L'amicizia si nutre dell'accettazione dei limiti".

"L'amicizia non contiene quella pretesa di possesso che spesso è caratteristica di un amore esageratamente narcisistico. L'amicizia si nutre dell'accettazione dei limiti", ha aggiunto il cardinale. "Forse la grande differenza tra l'amore e l'amicizia sta nel fatto che l'amore tende sempre all'illimitato, mentre nell'amicizia affrontiamo i limiti con leggerezza, accettiamo che c'è vita senza di noi e oltre noi".

Il Prefetto vaticano per la Cultura e l'Educazione ha citato Papa Francesco nella sua conferenza. "È di vitale saggezza abbracciare i confini come molteplici aspetti e collegamenti di una stessa verità, come Papa Francesco ha enunciato per la prima volta in Evangelii gaudium e ha spesso ribadito nel suo pontificato: "Il modello non è la sfera, dove ogni punto è equidistante dal centro e non c'è differenza tra un punto e l'altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parzialità che in esso mantengono la loro originalità" (EG n. 236)".

Le università, attivandosi come "laboratori di speranza".

In conclusione, ha citato la recente nota sull'Intelligenza Artificiale che il suo Dicastero ha preparato insieme al Dicastero per la Dottrina della Fede, che ci ricorda che "l'intelligenza umana non è una facoltà isolata, ma si esercita nelle relazioni, trovando la sua piena espressione nel dialogo, nella collaborazione e nella solidarietà. Impariamo con gli altri, impariamo grazie agli altri" (n. 18).

Il documento esorta le università cattoliche ed ecclesiastiche ad attivarsi "come grandi laboratori di speranza in questo crocevia della storia". "Credo che lo faremo meglio se lo faremo insieme, come maestri dell'amicizia che è espressione concreta della speranza", ha concluso.

L'autoreFrancisco Otamendi

Autori invitatiYakov Druzhkov

Temi in Misa

Da due anni sono in Spagna, il Paese più cattolico d'Europa, e mi lascia perplesso la smania di alcuni di trasformare la liturgia in qualcosa che ricorda la mia infanzia protestante in una stanza in affitto nella biblioteca del quartiere.

7 febbraio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Sono nato a San Pietroburgo nel 1994. In quegli anni, nella città culturalmente più "occidentale" della Russia post-sovietica, essere "strani" era molto comune. Anche la mia famiglia era "strana": eravamo ferventi protestanti.

La comunità che frequentavamo era un misto di evangelici e battisti. Ogni domenica ci riunivamo nell'edificio della biblioteca del quartiere. Cantavamo, pregavamo, ascoltavamo sermoni e parlavamo con i nostri coetanei, evangelizzati da pastori americani e inglesi.

Liturgia protestante

La "liturgia" di questi incontri era piuttosto semplice: prima abbiamo appeso alle pareti della sala affittata dei grandi cartelli con le parole "Gesù" e "Dio è fedele", poi è salito sul palco un gruppo musicale - era il loro servizio alla comunità - con batteria, basso, chitarra acustica, violino, flauto e tastiere.

I testi delle canzoni sono stati proiettati proprio lì. I testi erano semplici, comprensibili per tutti e motivanti, a volte ci facevano persino piangere, sia per la gioia che per il sentirsi peccatori perdonati nelle mani di Dio. Spesso suonavano successi mondiali di gruppi pop protestanti tradotti in russo. A volte applaudivamo insieme a loro.

È seguita la meditazione della Parola guidata da uno dei pastori, il momento del "dare pace" - 5-10 minuti un po' imbarazzanti, in cui ci siamo chiesti come stavamo e se tutto stava andando bene -, seguito da un ricordo simbolico dell'Ultima Cena.

Ci sono stati anche ritiri (ritiri): fine settimana in cottage trascorsi in silenzio, pregando insieme, studiando le Scritture e molte altre attività. Grazie a questa comunità protestante, molte persone cominciarono a leggere la Bibbia quotidianamente, a rivolgersi a Gesù con parole proprie e a "non vergognarsi del Vangelo di Cristo" (cfr. Rom 1, 16).

Cristiani "tradizionali

I cristiani più "tradizionali", come gli ortodossi e i cattolici, se mai menzionati, sono stati considerati obsoleti nei loro modi, non rispondenti alle esigenze della società contemporanea e spesso preferendo i loro rituali arcaici a un rapporto vivo con Dio.

Un confronto particolare è stato fatto con l'intera tradizione ortodossa, la confessione cristiana dominante in Russia. Sono state criticate l'"idolatria" delle icone, i lunghi riti in una lingua incomprensibile (la liturgia è celebrata in slavo ecclesiastico), lo strano abbigliamento del clero e le donne anziane che ti rimproverano se non ti fai il segno della croce quando entri in chiesa o, se sei una donna, se entri con i pantaloni o senza coprirti il capo. La maggior parte di queste critiche, oltre ad avere uno scarso fondamento reale, non sono altro che eventi isolati e unici, che sono stati portati all'estremo e sono diventati stereotipi tra persone che non hanno speso un minuto per interessarsi al perché noi cristiani facciamo le cose che facciamo.

Conversione al cattolicesimo

La mia famiglia si è convertita al cattolicesimo grazie all'inquietudine intellettuale di mio padre quando avevo quattordici anni. Mio padre si interessò alla storia paleocristiana e un giorno ci portò - mia madre, mio fratello minore e io - in una chiesa vicina. Oltre a non dover imparare a memoria i versetti della Bibbia, essendo una recente conversione dal protestantesimo, non è necessario reimparare a pregare; quello stesso Gesù con cui avevi parlato prima nella tua preghiera personale è in questa scatola che i cattolici chiamano tabernacolo. Più che una conversione, è un incontro.

Da questo incontro, tutta la "complessità" e l'"arcaismo" della liturgia - sia romana che bizantina - cominciarono a sembrarmi un'esigenza di buon senso. Lì, davanti al Cristo vivente, non si potevano cantare le stesse canzoni o fare le stesse cose della comunità protestante: tutto quello che avevo fatto prima, tutta la "modernità" e la "chiarezza" del culto protestante mi sembravano inadeguati. La presenza del Dio vivente richiedeva non la "modernità", ma l'"eternità"; non la "comprensione" del linguaggio, ma il "mistero", perché Dio, essendo eterno, è qualcosa di più che "moderno", ed essendo Mistero, è molto più di quanto si possa comprendere.

I "temazos" (colpi)

Non so cosa spinga certe decisioni pastorali, ma suppongo che sia strano per chi ha incontrato Dio in una chiesa cattolica vedere l'Alfa e l'Omega nascosti dietro un segno - composto in un "linguaggio attuale e comprensibile" - del genere pop. Come se a Dio interessassero più le mode che le persone.

Sembra che ci siano generi musicali la cui forma è inseparabile dall'evento a cui sono dedicati. Ad esempio, cantare "Cumpleaños feliz" o "Las Mañanitas" ha senso solo nel contesto dell'evento a cui sono destinati. Tuttavia, i messicani non penserebbero mai di cambiare la loro canzone di compleanno, sia perché potrebbe essere "difficile da capire per gli altri", sia perché è considerata "antiquata". È curioso che qualcosa di simile non accada con la musica destinata a eventi come la Messa, un evento che ha un significato molto più profondo nella vita dei cristiani rispetto a un compleanno.

Da due anni sono in Spagna, il Paese più cattolico d'Europa, e sono confuso dalla smania di alcuni di trasformare la Liturgia in qualcosa che, a loro avviso, mi ricorda la mia infanzia protestante in una stanza in affitto nella biblioteca di quartiere: qualche cartello, un palco, un canto d'ingresso di sottofondo, un dolce melisma che tocca i sentimenti, ma non aiuta a ordinarli; un "temazo" che dice cose belle, ma il cui genere lo condanna a monopolizzare la ribalta. "È quello che piace alla gente. Attira i giovani". Così dicevano nella mia amata comunità protestante.

L'autoreYakov Druzhkov

Linguista e traduttore, dottore in Filologia presso l'Università dell'Amicizia Popolare di Russia (Mosca). 

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Evangelizzazione

San Paolo Miki e compagni martirizzati in Giappone

La Chiesa celebra San Paolo Miki e 25 compagni martiri il 6 febbraio. Dopo l'arrivo di San Francesco Saverio in Giappone (1549-1551), Paolo Miki, gesuita, fu il primo religioso giapponese ad essere martirizzato. Con lui furono crocifissi a Nagasaki altri due gesuiti, sei francescani e 17 laici, alcuni dei quali spagnoli.  

Francisco Otamendi-6 febbraio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

I santi Paolo Miki (1564-1597), Giovanni di Goto e Diego Kisai sono i primi gesuiti che hanno dato la loro vita per imitare il Signore crocifisso in Giappone. Miki proveniva da una famiglia benestante nei pressi di Osaka e divenne cristiano quando avvenne la conversione della famiglia. All'età di 20 anni si iscrisse al seminario di Azuchi, preso dai gesuiti, e due anni dopo entrò nella Compagnia. Parlava molto bene e riuscì ad attirare i buddisti verso la fede cristiana. Mancavano solo due mesi all'ordinazione quando fu arrestato. 

San Francesco Saverio aveva seminato Cristianesimo in Giappone dal 1549. Egli stesso convertì e battezzò un buon numero di pagani. Poi intere province ricevettero la fede. Si dice che nel 1587 ci fossero più di 200.000 cristiani in Giappone. Questa crescita provocò la riluttanza di alcune autorità, che temevano che il cristianesimo fosse il primo passo della Spagna verso l'invasione del Paese.

I missionari furono espulsi dal Giappone e la persecuzione si intensificò, terminando con la crocifissione presso Nagasaki dei Gesuiti, dei Francescani e dei Terziari (26) nel 1597. I santi francescani erano Pedro Bautista, Martín De Aguirre, Francisco Blanco, Francisco de San Miguel, spagnoli, Felipe de Jesús, nato in Messico, non ancora ordinato, e Gonzalo García. Gli altri 17 martiri erano giapponesi, diversi catechisti e interpreti. Dalla croce, Pablo Miki graziato i suoi carnefici e pronunciò un sermone in cui li invitava a seguire Cristo. con gioia.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

Il cardinale Lazzaro You e il prelato Ocáriz, nel centenario dell'ordinazione di San Josemaría

Il 27 e 28 marzo, Saragozza ospiterà il centenario dell'ordinazione sacerdotale di San Josemaría, fondatore dell'Opus Dei, avvenuta il 28 marzo 1925. Dopo l'arcivescovo di Saragozza, monsignor Carlos Escribano, prenderanno parte alle celebrazioni il cardinale Lazzaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero, e il prelato dell'Opus Dei, monsignor Fernando Ocáriz, oltre ad altri partecipanti.  

Francisco Otamendi-6 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

San Josemaría Escrivá fu ordinato sacerdote il 28 marzo 1925 a Saragozza, nella chiesa del Seminario di San Carlos, dal vescovo Miguel de los Santos Díaz Gómara. 

Sono trascorsi cento anni e, in occasione del centenario della sua ordinazione sacerdotale, nel capoluogo aragonese si svolgeranno una serie di eventi con la partecipazione del Il cardinale Lazaro You Heung-sik, prefetto del Dicastero per il Clero e prelato dell'Opus Dei, Mons. Fernando Ocáriz.

Sul programma di eventigli organizzatori, la Biblioteca Sacerdotale Alacet, con la collaborazione di Fondazione CARF e Omnes, informano che innanzitutto l'atto accademico si svolgerà il 27 giovedì, che viene riportato di seguito.

Eucaristia, veglia di preghiera

Al termine, alle 19.00, si terrà una concelebrazione eucaristica nella Basilica del Pilar per i sacerdoti che desiderano partecipare.

A seguire (ore 20.00), nella chiesa del Real Seminario di San Carlos Borromeo, si terrà una Veglia di preghiera per le vocazioni per i seminaristi, i giovani e le famiglie, presieduta dal Cardinale Lazzaro Lei.

Il 28 marzo, giorno dell'anniversario, si terrà una solenne concelebrazione eucaristica, sempre nella chiesa del Seminario di San Carlos Borromeo, in ringraziamento per i frutti della santità sacerdotale. Seguirà un pranzo fraterno nella Sala del Trono del palazzo arcivescovile.

Francobollo del centenario.

Evento accademico

La cerimonia accademica del 27 inizierà con i saluti di Monsignor Carlos Escribano, Arcivescovo di Saragozza, che attualmente presiede l'Istituto. Commissione episcopale per i laici, la famiglia e la vita della Conferenza episcopale spagnola. 

Il cardinale Lazzaro You, oltre ad essere prefetto del Dicastero per il Clero, è anche membro dei Dicasteri per il Culto divino e la Disciplina dei Sacramenti, per i Vescovi, per l'Evangelizzazione, per la Cultura e l'Educazione e del Pontificio Comitato per i Congressi Eucaristici Internazionali. Alla conferenza parlerà della santità e della missione del sacerdote.

Monsignor Fernando Ocáriz, nato a Parigi nel 1944, è prelato dell'Opus Dei dal gennaio 2017. Fisico e teologo, è consultore del Dicastero per la Dottrina della fede dal 1986 e del Dicastero per l'Evangelizzazione dal 2022. Nel 1989 è entrato a far parte della Pontificia Accademia Teologica. A Saragozza parlerà della centralità dell'Eucaristia nella vita del sacerdote.

Altri oratori

Prima, José Luis González GullónLa tavola rotonda si concentrerà sugli anni del seminario e dell'ordinazione di San Josemaría Escrivá, membro dell'Istituto Storico San Josemaría Escrivá. Nel pomeriggio si terrà una tavola rotonda sul cuore universale del sacerdote: da Oriente a Occidente, passando per il mondo rurale.

Alla tavola rotonda parteciperanno Esteban AranazJorge de Salas, sacerdote della diocesi di Tarazona, missionario in Cina; Jorge de Salas, sacerdote della Prelatura dell'Opus Dei residente in Svezia, vicario giudiziale della diocesi di Stoccolma; e Antonio Cobo, sacerdote della diocesi di Almeria nell'Alpujarra.

Giubileo d'oro del sacerdozio nel 1975

San Josemaría celebrò il suo Giubileo d'oro del sacerdozio il 28 marzo 1975, un anno prima della sua morte a Roma. A metà gennaio, prima di attraversare l'Atlantico per un viaggio catechistico in America, scrisse una lettera ai fedeli dell'Opus Dei in cui, come lui stesso trascriveva Andrés Vázquez de Prada nella sua biografia, ha detto loro: 

"Vi chiedo di essere molto uniti in questo giorno, con una più profonda gratitudine al Signore - è il Venerdì Santo di questo 28 marzo - che ci ha spinto a partecipare alla sua Santa Croce, cioè all'Amore che non pone condizioni".

San Josemaría Ha anche chiesto loro: "Unitevi a me nell'adorare il nostro Redentore, realmente presente nella Santa Eucaristia, in tutti i monumenti di tutte le chiese del mondo, in questo Venerdì Santo. Viviamo un giorno di intensa e amorosa adorazione".

L'autoreFrancisco Otamendi

Vocazioni

Il matrimonio e la "loro" forza

Nel matrimonio, le lamentele spesso non sono rimproveri, ma richieste, il che ci invita a essere forti e a combattere l'atteggiamento lamentoso, tipico più della meschinità che della sanità e della positività.

Alejandro Vázquez-Dodero-6 febbraio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Il Catechismo della Chiesa CattolicaNel n. 1808 afferma che "la fortezza è la virtù morale che assicura la fermezza e la costanza nel perseguire il bene nelle difficoltà. Essa riafferma la volontà di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli della vita morale. La virtù della fortezza permette di superare la paura, anche della morte, e di affrontare prove e persecuzioni. Permette di arrivare a rinunciare e a sacrificare la propria vita per difendere una causa giusta (...)".

Si nasce forti o si diventa forti? Piuttosto la seconda, e soprattutto nel caso degli esseri umani, che vengono al mondo assolutamente dipendenti dagli altri per la loro sopravvivenza. È quando si acquisisce esperienza di vita - per questo è una virtù, cioè una buona abitudine operativa - che si diventa forti.

Ci interessa evidenziare quanto detto nel punto sopra citato: colui che, avendo contratto un matrimonio, cerca il bene e vuole conservarlo nella sua autenticità e genuinità, cerca il bene. bellezzafare di tutto per mantenere il loro matrimonio fresco, costi quel che costi, rendendosi forti per affrontare le battute d'arresto.

Nella prosperità e nelle avversità...

Nel rito del matrimonio canonico, i futuri sposi si impegnano a rimanere fedeli l'uno all'altro nella prosperità e nelle avversità; in altre parole, presumono che il loro matrimonio sarà difficile, che ci sarà sofferenza, ma che saranno comunque fedeli al loro impegno d'amore.

Nel matrimonio compaiono le tempeste, ma dopo le nubi della tempesta riappare il sole. Ecco perché i marinai, quando vedono arrivare i venti, si preparano a combattere le avversità con tutte le loro forze, perché sanno che alla fine vinceranno sempre e il mare tornerà calmo; navigano contro ogni probabilità nella speranza di ricongiungersi con un mare calmo e navigabile.

La stessa cosa accade nel matrimonio: dopo una battuta d'arresto, ben gestita, arriva il superamento, ed è lì che si riconosce il frutto della fedeltà al sì dato al momento di contrarlo; ed è lì che si riconosce la bellezza di corrispondere all'amore anche a costo delle battute d'arresto della vita, sforzandosi e fidandosi, sperando.

Unità e comunicazione

La forza del matrimonio sta nella sua unità, nel fatto che i coniugi si sentono un'unica realtà. Per questo è importante condividere - comunicare - le difficoltà come se il problema dell'altro riguardasse anche voi. Chiedetegliene il significato, cosa rappresenta e cercate di mettervi al suo posto.

Possiamo essere in grado di emettere suoni, ma la comunicazione va ben oltre. Dobbiamo sapere come esprimere le nostre idee senza ferire gli altri, descrivendo il nostro punto di vista, iniziando con "io" e finendo con "noi", ed esprimendo i nostri sentimenti e affetti.

L'ascolto attivo, ancora più importante e necessario del parlare, richiede un apprendistato: prestare e mantenere l'attenzione e fare in modo che l'altro si senta ascoltato e preso in considerazione. Questo è difficile e spesso è necessario "fare violenza a se stessi", da una posizione di forza, per riuscirci.

Nel matrimonio è importante imparare ad ascoltare i sentimenti. Concentratevi su ciò che il coniuge sente piuttosto che su ciò che dice. Nella frase "John - un bambino - è insopportabile; non ce la faccio più!", l'importante non è "John è insopportabile", ma "non ce la faccio più"; e prima di affrontare il problema di John, empatizzate con il sentimento del vostro coniuge: "Hai ragione: non c'è nessuno che possa sopportarlo", cosa possiamo fare? E questo esercizio spesso richiede uno sforzo.

Rispetto, comprensione e cura delle piccole cose

Il rispetto è di per sé essenziale. Prendere in considerazione le domande e gli approcci degli altri, dando loro almeno lo stesso valore o più delle proprie idee. Non imporre il proprio pensiero e non trasformare le proprie opinioni in dogmi.

Date sempre la priorità al coniuge. È lui o lei che dà senso all'esistenza stessa del matrimonio e di ciascun coniuge. Non anteporre i desideri degli altri a quelli del proprio coniuge, essendo prudenti, e naturalmente non schierarsi mai contro di lui o lei, né limitarsi a "essere neutrali". Cercare di mettersi nei panni dell'altro. Cosa significa per lui o per lei. È difficile...

Prendersi cura dei più piccoli dettagli della convivenza, con il sacrificio costante che questo richiede. Sappiamo tutti che la grandezza è nei dettagli. D'altra parte, se si è attenti ai piccoli gesti, ci si prepara a sfide più impegnative, e questo nel matrimonio trova il suo posto ed è garanzia di fedeltà, che è felicità.

Serenità e buon umore

Il litigio nella vita di coppia, che a volte è necessario, va sempre fatto con serenità: è apprezzato sia da se stessi che dal coniuge con cui si discute. Si tratta di trovare un equilibrio tra ragione e cuore, che spesso richiede uno sforzo. 

Se un coniuge prova una forte emozione, è meglio lasciarla fluire senza manipolarla e, quando si è placata, affrontare la causa del disaccordo.

E in ogni caso, ridere un po' della vita, senza drammatizzarla, senza assolutizzarla eccessivamente. Ridere "con" e non "di" unisce molto più di quanto si pensi. Ma a volte è difficile e dobbiamo fare uno sforzo per riuscirci.

È dimostrato che le lamentele verbali ci indeboliscono e contagiano gli altri con atteggiamenti negativi. È meglio cercare qualcosa di positivo e non insistere su cose che non danno soluzioni o non aiutano a sollevare il nostro spirito.

Anche in questo caso, quando si sentono lamentele da parte del coniuge, è bene pensare che, nel matrimonio, le lamentele spesso non sono rimproveri, ma richieste, il che, ancora una volta, ci invita a essere forti e a combattere l'atteggiamento lamentoso, tipico più della meschinità che della sanità e della positività.

La formazione morale di Kant

In occasione del trecentesimo anniversario della nascita di Kant, analizziamo alcuni aspetti meno noti del primo e più importante rappresentante del criticismo e precursore dell'idealismo tedesco, coraggioso difensore della libertà di fronte ai poteri politici e religiosi.

6 febbraio 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

Il recente biografia di Manfred Kuehn (2024) rivela un Kant poco noto al grande pubblico, che fu un eccellente ospite e un amico devoto. Associato all'Illuminismo, è stato testimone della nascita del mondo moderno e il suo pensiero è al tempo stesso espressione di un'epoca in rapida evoluzione e via d'uscita dalle sue aporie, rendendolo uno dei pensatori più influenti dell'Europa moderna e della filosofia universale.

La vita di Kant abbraccia quasi tutto il XVIII secolo. La sua maturità è stata testimone di alcuni dei cambiamenti più significativi del mondo occidentale, cambiamenti che risuonano ancora oggi. È il periodo in cui nasce il mondo in cui viviamo oggi. La filosofia di Kant è stata in gran parte un'espressione e una risposta a questi cambiamenti. La sua vita intellettuale rifletteva gli sviluppi speculativi, politici e scientifici più significativi dell'epoca. Le sue opinioni sono reazioni al clima culturale del suo tempo. La filosofia, la scienza, la letteratura, la politica e le buone maniere inglesi e francesi costituivano il tessuto delle sue conversazioni quotidiane. Anche eventi relativamente lontani come le rivoluzioni americana e francese ebbero un impatto preciso su Kant, e quindi anche sulla sua opera. La sua filosofia deve essere vista in questo contesto globale.

Immanuel, che in seguito cambiò il suo nome in Immanuel, era figlio di Johann Georg Kant (1683-1746), maestro sellaio a Königsberg, e di Anna Regina Reuter (1697-1737), figlia di un altro sellaio della stessa città. Kant era il quarto figlio della coppia, anche se alla sua nascita sopravviveva solo una sorella di cinque anni. Il giorno del battesimo, la madre scrisse nel suo libro di preghiere: "Che Dio lo conservi secondo la sua promessa di grazia fino alla fine dei suoi giorni, per amore di Gesù Cristo, Amen". Il nome imposto le sembrava di buon auspicio. Questa preghiera non era solo l'espressione di un pio desiderio, ma rispondeva anche a un desiderio reale ed esprimeva un sentimento molto profondo. Dei cinque fratelli nati dopo Kant, solo tre sopravvissero alla prima infanzia.

L'educazione ricevuta

Il grande filosofo è sempre stato profondamente grato al educazione dai suoi genitori, soprattutto attraverso il suo esempio di vita. La sua famiglia fu colpita da dispute professionali tra diversi mestieri: "... nonostante ciò, i miei genitori trattarono i loro nemici con un tale rispetto e considerazione e con una così ferma fiducia nel futuro che il ricordo di questo incidente non sarà mai cancellato dalla mia memoria, anche se all'epoca ero solo un ragazzo".

Anni dopo, il suo amico Kraus scrisse: "Kant una volta mi fece notare che, guardando più da vicino l'educazione nella casa di un conte non lontano da Königsberg... pensava spesso alla formazione incomparabilmente più nobile che aveva ricevuto a casa dei suoi genitori. Era loro molto grato per questo, aggiungendo che non aveva mai sentito o visto nulla di indecente in casa loro".

Kant aveva solo cose buone da dire sui suoi genitori. Così, in una lettera dell'ultimo periodo della sua vita, scrive: "Entrambi i miei genitori (che appartenevano alla classe degli artigiani) erano perfettamente onesti, moralmente decenti e disciplinati. Non mi hanno lasciato in eredità una fortuna (ma nemmeno debiti). E, dal punto di vista morale, mi hanno dato un'educazione assolutamente superba. Ogni volta che penso a questo mi assale un sentimento di gratitudine intensissimo"..

Sua madre morì all'età di quarant'anni, quando il futuro filosofo ne aveva solo 13 e ne fu profondamente colpito. Morì per la malattia di un'amica malata, che lei accudì sul letto di morte. Kant scrisse anni dopo che "la sua morte fu un sacrificio all'amicizia". Quando suo padre morì nel 1746, un Immanuel quasi ventunenne scrisse nella Bibbia di famiglia: "Il 24 marzo il mio caro padre ci ha lasciati con una morte pacifica... Possa Dio, che non gli ha dato molte gioie in questa vita, permettergli di partecipare alla beatitudine eterna"..

Kant e la religione

I genitori di Kant erano religiosi fortemente influenzati dal Pietismo, un movimento religioso all'interno delle chiese protestanti tedesche che era in gran parte una reazione al formalismo dell'ortodossia protestante. I pietisti sottolineavano l'importanza dello studio indipendente della Bibbia, della devozione personale, dell'esercizio del sacerdozio tra i laici e di una fede incarnata da atti di carità. Di solito insistevano su un'esperienza personale di conversione o rinascita radicale e sul disprezzo del successo mondano, che spesso poteva essere datato con precisione. Il "vecchio io" doveva essere superato dal "nuovo io" in una battaglia combattuta con l'aiuto della grazia di Dio. Ogni credente doveva formare una piccola chiesa di "veri cristiani" nel suo ambiente., diversa dalla chiesa formale che può essersi allontanata dal vero significato del cristianesimo.

Sulle idee religiose dei suoi padri, che sarebbero apparse come "esigenze di santità" nella seconda "Critica" di Kant, scrisse anche: "Anche se le idee religiose di quel tempo... e le concezioni di ciò che si chiamava virtù e pietà non erano chiare e sufficienti, la gente era davvero virtuosa e pia. Si può dire tutto il male che si vuole del pietismo. Ma le persone che lo prendevano sul serio erano caratterizzate da un certo tipo di dignità. Possedevano le qualità più nobili che un essere umano possa avere: quella tranquillità e dolcezza, quella pace interiore che non è turbata da alcuna passione. Nessuna necessità, nessun litigio poteva farli infuriare o renderli nemici di qualcuno.

Educazione dei bambini

Nelle sue "Lezioni di pedagogia" (1803) ha lasciato buone idee per l'educazione morale dei bambini, ai quali dovrebbero essere insegnati i doveri comuni verso se stessi e verso gli altri. Doveri che si basano su "una certa dignità che l'essere umano possiede nella sua natura interiore e che lo rende dignitoso rispetto a tutte le altre creature. È suo dovere non negare questa dignità di umanità nella sua stessa persona".

L'ubriachezza, i peccati innaturali e ogni tipo di eccesso sono per Kant esempi di quella perdita di dignità con cui ci poniamo al di sotto del livello degli animali. Anche l'azione del "grovelling", ovvero l'indulgere in complimenti e suppliche per ottenere favori, ci pone al di sotto della dignità umana. La menzogna va evitata, perché "rende l'essere umano oggetto del disprezzo generale e tende a privare il bambino del rispetto di sé"., qualcosa che tutti dovrebbero possedere. E quando un bambino evita un altro bambino perché è più povero, quando lo spinge o lo colpisce, dovremmo fargli capire che questo comportamento contraddice il diritto all'umanità.

Nella sua "Metafisica della morale". (1785) fa l'esempio di un uomo che abbandona il suo progetto di dedicarsi a un'attività che gli piace "immediatamente, anche se a malincuore, al pensiero che se la perseguisse dovrebbe tralasciare uno dei suoi doveri di funzionario o trascurare un padre malato", e che così facendo mette alla prova la sua libertà al massimo grado.

Kant era inorridito quando ricordava i suoi anni scolastici al Collegium Fridericianum e, con qualche eccezione, diceva dei suoi insegnanti che "sarebbero stati incapaci di accendere un fuoco con un'eventuale scintilla della nostra mente sulla filosofia o sulla matematica, ma sarebbero stati molto bravi a spegnerlo".. Kant riconosceva che "è molto difficile per ogni individuo uscire da quella minorità dell'età, che è quasi diventata la sua natura... Principi e formule, strumenti meccanici di uso razionale - o piuttosto di abuso - delle sue dotazioni naturali, sono le catene di una permanente minorità dell'età"..

Di fronte al rigorismo dei suoi insegnanti, nelle sue lezioni di antropologia scrisse che il gioco delle carte "ci coltiva, tempra il nostro spirito e ci insegna a controllare le nostre emozioni. In questo senso può esercitare un'influenza benefica sulla nostra moralità".. A causa di diverse esperienze spiacevoli con i soldati della sua città natale, non aveva un'alta opinione dell'establishment militare.

Nella sua opera "L'unico argomento possibile nella dimostrazione dell'esistenza di Dio". (1763) Kant conclude affermando che "è assolutamente necessario essere convinti che Dio esiste; ma che la sua esistenza debba essere dimostrata non è altrettanto necessario" (1763).. E nelle sue "Osservazioni sul sentimento del bello e del sublime". (1764) commenta che "gli uomini che agiscono in base a principi sono molto pochi, il che è anche molto conveniente, perché questi principi si rivelano facilmente sbagliati, e poi il danno che ne deriva va tanto più lontano quanto più generale è il principio e quanto più salda è la persona che lo ha adottato".. Kant pensava che a quarant'anni si fosse acquisito il carattere definitivo e che la prima e più rilevante massima per giudicare il carattere di una persona fosse quella della veridicità verso se stessi e verso gli altri.

In un famoso passo della "Critica della ragion pratica". (1788) Kant dice: "Due cose riempiono la mente di ammirazione e di rispetto, sempre nuovi e crescenti quanto più frequentemente la riflessione si occupa di loro: il cielo stellato sopra di me e la legge morale dentro di me"..

Fu un entusiasta sostenitore della Rivoluzione francese, che vide come il primo trionfo pratico della filosofia che aveva contribuito a creare un governo basato sui principi di un sistema ordinato e razionalmente costruito. Nella sua opera "La religione entro i limiti della mera ragione". (1794) afferma che può accadere che "la persona del maestro dell'unica religione valida per tutti i mondi sia un mistero, che la sua apparizione sulla terra e la sua scomparsa da essa, che la sua vita movimentata e la sua passione siano puri miracoli... che la storia stessa della vita del grande maestro sia essa stessa un miracolo (una rivelazione soprannaturale); possiamo dare a tutti questi miracoli il valore che vogliamo, e onorare anche l'involucro... che ha messo in moto una dottrina che è iscritta nei nostri cuori...".

Nel 1799, quando la sua debolezza non era ancora molto evidente, Kant disse ad alcuni conoscenti: "Signori miei, sono vecchio e debole, e dovete considerarmi come un bambino... Non ho paura della morte; saprò come morire. Vi giuro davanti a Dio che se durante la notte sentirò la morte avvicinarsi, unirò le mani e griderò Dio sia lodato. Ma se un demone malvagio si mettesse alle mie spalle e mi sussurrasse all'orecchio: Hai reso infelici gli esseri umani, allora la mia reazione sarebbe molto diversa".. Il 12 febbraio 1804 Kant muore alle 11.00, a due mesi dal suo 80° compleanno.

Uomo imperfetto come tutti, San Giovanni Paolo II lo ammirava per la sua difesa della dignità della persona umana (senza mai usare la persona come mezzo). Era un uomo retto e veramente preoccupato per i fondamenti della morale. L'aspetto più criticabile è la sua gnoseologia, che è servita come base per il successivo soggettivismo, anche se probabilmente lui stesso non è mai stato un soggettivista, come risulta da alcune delle sue frasi più famose.

Per saperne di più
Vangelo

Ascoltare e agire. Quinta domenica del Tempo Ordinario (C)

Joseph Evans commenta le letture del 9 febbraio 2025, che corrisponde alla Quinta Domenica del Tempo Ordinario (C)

Giuseppe Evans-6 febbraio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il tema della chiamata è evidente nelle letture di oggi. La prima lettura ci offre la straordinaria rivelazione della gloria di Dio che il profeta Isaia ricevette nel Tempio di Gerusalemme nell'VIII secolo a.C.. 

La seconda lettura ci racconta le apparizioni di Gesù risorto ai suoi discepoli dopo la risurrezione, soprattutto all'apostolo Pietro (Cefa). Infine, il Vangelo ci offre la prima pesca miracolosa, che per Pietro fu come una rivelazione del potere di Cristo. 

Tuttavia, nonostante il carattere straordinario di questi episodi, essi erano anche molto ordinari. Isaia stava esercitando la sua attività sacerdotale. Pietro e i suoi compagni stavano svolgendo il più banale dei compiti: riparare le reti. 

Gesù entra nella sua barca. Non chiede loro il permesso. Una volta nella barca, rende la vita difficile a Pietro, chiedendogli di "per spostarlo un po' da terra". Era solo una piccola richiesta, che interrompeva il lavoro dell'apostolo. Ma ebbe un effetto decisivo: costrinse Pietro ad ascoltare. Gesù costringe Pietro ad allontanarsi dal suo lavoro per ascoltare la sua predicazione. Cristo ci incontra e ci chiama nel bel mezzo del nostro lavoro. Ma anche noi dobbiamo smettere di lavorare per ascoltare, per sentire e riflettere sulla Parola di Dio.

Dopo aver ascoltato Gesù, può lanciare a Pietro una sfida: "...".Uscite in mare aperto e calate le reti per la pesca". Cristo ci sfida sempre a uscire dalle acque basse della nostra comodità e mediocrità.

Pietro aveva passato una notte infruttuosa. Ma aveva fede. Il suo stesso fallimento non lo scoraggiò. "Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo raccolto nulla; ma alla tua parola, getterò le reti.". Chiunque cerchi di conquistare anime a Cristo conosce questa sensazione. Ma un'anima di fede non si arrende. Fedele al comando di Gesù, getta le reti ancora e ancora. Alla fine, viene pescata una tale quantità di pesce che porta con sé il bel problema di essere temporaneamente incapaci di gestire una tale abbondanza.

Pietro è sopraffatto da questo miracolo. La potenza di Dio in Cristo lo fa sentire completamente peccatore, come Isaia si era sentito peccatore quando aveva visto la gloria divina. "Signore, allontanati da me, perché sono un uomo peccatore.", dice. Al che Gesù risponde: "Non temere; d'ora in poi sarai un pescatore di uomini.". In altre parole, proprio perché riconoscete la vostra indegnità, vi chiamo all'apostolato. L'umile accettazione della nostra miseria non ci impedisce di servire Cristo. Anzi, da questa consapevolezza, Nostro Signore ci chiama. 

Vaticano

La Visitazione di Maria e il Magnificat al centro della catechesi del Papa

All'udienza di oggi, Papa Francesco ci ha incoraggiato a metterci "alla scuola di Maria", che nella Visitazione sente l'impulso dell'amore e va incontro agli altri. Ha anche considerato il Magnificat della Madonna come un "canto di redenzione" e ci ha esortato a pregare anche per "gli sfollati della Palestina".    

Francisco Otamendi-5 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Con un raffreddore che gli ha impedito di tenere la catechesi, dovendo lasciare il discorso a un funzionario della Segreteria di Stato, Pier Luigi Giroli, Papa Francesco ha ripreso la sua catechesi alla Pubblico Il tema dell'Anno giubilare, "Gesù Cristo, nostra speranza", sarà annunciato mercoledì. Il riflessione era basato sul Vangelo di Luca (1,39-42), con il titolo: "E beata colei che ha creduto" (Lc 1,45).

In un'Aula Paolo VI gremita di pellegrini, la meditazione del Papa si è concentrata sulla Visitazione della Madonna a sua cugina Santa Elisabetta, il secondo mistero gaudioso della Chiesa. Rosarioe nel Magnificat. 

Il Pontefice ha incoraggiato a chiedere oggi "al Signore la grazia di saper attendere il compimento di tutte le sue promesse; e ci aiuti ad accogliere la presenza di Maria nella nostra vita. Mettendoci alla sua scuola, possiamo tutti scoprire che ogni anima che crede e spera "concepisce e genera il Verbo di Dio" (Sant'Ambrogio, Esposizione del Vangelo secondo Luca 2, 26)".

Per i sacerdoti e le persone consacrate, e per gli sfollati della Palestina

Nel suo saluto ai pellegrini polacchi, il Papa li ha incoraggiati "a pregare per i sacerdoti e i consacrati che svolgono il loro ministero nei Paesi poveri e a pregare per coloro che sono stati inviati in Polonia per la loro missione". distrutto dalla guerrasoprattutto in Ucraina, in Medio Oriente e nella Repubblica Democratica del Congo. Per molti, questa presenza è la prova che Dio si ricorda sempre di loro.

Al termine, rivolgendosi ai pellegrini in italiano, Francesco ha chiesto ancora una volta di pregare per "i martiri dell'Ucraina, per Israele, per la Giordania, per tanti Paesi che soffrono e per gli sfollati della Palestina. Preghiamo per loro", ha pregato.

Richieste ai pellegrini 

Ai pellegrini di lingua francese il Successore di Pietro ha chiesto di "seguire la scuola di Maria, coltivando un cuore aperto a Dio e ai fratelli"; ai pellegrini di lingua inglese l'augurio che "il Giubileo sia per voi occasione di rinnovamento spirituale e di crescita nella gioia del Vangelo"; ai fedeli di lingua tedesca, "che anche noi possiamo portare Cristo agli uomini del nostro tempo"; ai fedeli di lingua spagnola, che si sono fatti sentire, come i polacchi, ha chiesto di "elevare a Dio il canto del Magnificat, come Maria, ricordando con gratitudine le grandi cose che Egli ha fatto nella nostra vita".

Ai cinesi, il Pontefice ha esortato a "essere sempre costruttori di pace"; ai portoghesi, a "imparare da lei la disponibilità a servire chi è nel bisogno"; agli arabi, a "testimoniare il Vangelo per costruire un mondo nuovo con mitezza, attraverso i doni e i carismi ricevuti".

Adesione a Cristo visitando le tombe degli Apostoli

Prima di recitare il Padre Nostro e dare la benedizione finale, il Papa ha letto personalmente altre due preghiere. La prima: "Auspico che la visita alle tombe degli Apostoli susciti nelle vostre comunità un rinnovato desiderio di adesione a Cristo e di testimonianza cristiana".

In conclusione, ha detto: "Come esorta l'apostolo Paolo, vi esorto a essere gioiosi nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera, attenti alle necessità dei fratelli (cfr. Rm 12,12-13)".

Maria, l'impulso dell'amore

Nelle sue catechesi, e utilizzando la Vergine Maria come esempio, il Papa ha incoraggiato uscire per incontrare degli altri. "Questa giovane figlia di Israele non sceglie di proteggersi dal mondo, non teme i pericoli e i giudizi degli altri, ma va incontro agli altri. Quando una persona si sente amata, sperimenta una forza che mette in moto l'amore; come dice l'apostolo Paolo, "l'amore di Cristo ci possiede" (2 Cor 5,14), ci spinge, ci muove".

"Maria Sente l'impulso dell'amore e va ad aiutare una donna sua parente, ma anche un'anziana che, dopo una lunga attesa, aspetta una gravidanza inaspettata, difficile da affrontare alla sua età. Ma la Vergine viene da Elisabetta anche per condividere la sua fede nel Dio dell'impossibile e la sua speranza nel compimento delle sue promesse. 

Il Magnificat

La presenza massiccia del motivo pasquale, ha commentato il Santo Padre, "fa anche della Magnificat un canto di redenzione, che ha come sfondo la memoria della liberazione di Israele dall'Egitto. I verbi sono tutti al passato, impregnati di una memoria d'amore che accende di fede il presente e illumina di speranza il futuro: Maria canta la grazia del passato, ma è la donna del presente che porta in grembo il futuro".

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

Sant'Agata, vergine e martire di Catania

Il 5 febbraio la Chiesa celebra Sant'Agata (Agatha), patrona di Catania. Fu martire cristiana durante la persecuzione dell'imperatore Decio (III secolo), dopo aver difeso la sua verginità e la sua fede. Il suo nome compare nel Canone Romano insieme a Felicità e Perpetua, (Agata), Lucia, Agnese, Cecilia, Anastasia... 

Francisco Otamendi-5 febbraio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Nata in una famiglia cristiana, Agata decise in giovane età di consacrarsi a Dio, fece voto di verginità e ricevette dal Vescovo di Catania il velo rossosimbolo delle vergini consacrate. Questo rappresentava il suo impegno a vivere una vita di purezza e di servizio a Dio. La storia di Sant'Agata si svolge tra Catania e Palermo, che ne contestano la nascita.

In concomitanza con la persecuzione di Decio contro i cristiani, il proconsole Quinziano notò la sua bellezza. Quando fu rifiutata, fu torturata con lo squartamento e la mutilazione dei seni. Le sue preghiere vennero ascoltate e, secondo la tradizione, fu confortata con l'apparizione di San PietroQuando Quinziano ordinò che Agata, avvolta solo nel velo rosso della sposa di Cristo, fosse bruciata sui carboni ardenti, un terremoto lo impedì. Morì nella cella.

Il verbale del martirio che un anno dopo ci fu una grande eruzione del vulcano Etna e la colata lavica si diresse verso la città di Catania. Molte persone si recarono alla tomba di Agata per chiedere la sua intercessione e il suo velo fu posto davanti al fiume di lava. Miracolosamente la lava si fermò. Le sue reliquie sono conservate a Catania, nella cattedrale a lei dedicata. Il festa di Sant'Agata è un'istituzione in città, ed è stato registrato il suo culto primitivo. È nominato nella Preghiera I- .Canone romano

L'autoreFrancisco Otamendi

Ecologia integrale

Altruismo e cultura della cura: una risposta alla crisi antropologica

Un Convegno all’Università della Santa Croce, dal 6 all’8 marzo, esplorerà l’attualità dell’altruismo e della cultura della cura. Il professor Francesco Russo ne spiega alcuni aspetti specifici in questa intervista.

Giovanni Tridente-5 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Nel contesto di un mondo contemporaneo segnato in larga misura dall'individualismo e dalla crisi antropologica, la prossima proposta accademica della Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce - la XXV Congresso di studi-sarà dedicato all'altruismo. 

Parte di un più ampio progetto di ricerca triennale sulla cultura della cura, l’evento si propone di esplorare il ruolo dell’altruismo nell’esistenza umana, andando oltre le interpretazioni riduttive che lo legano a semplici atti di beneficenza o a calcoli utilitaristici.

L’attività, che si svolgerà dal 6 all’8 marzo, vedrà il contributo di filosofi, neuroscienziati, medici, sociologi ed economisti, e vuole collocarsi nel quadro della sfida culturale ed educativa a cui ha fatto spesso riferimento Papa Francesco, invitando sostanzialmente a un ripensamento profondo della relazione tra individuo e comunità. A questo proposito, OMNES ha intervistato il professore Francesco Russo, ordinario di Antropologia della cultura e della società nonché membro del comitato organizzatore del Convegno.

Professore, come mai avete scelto questo argomento? per il Congresso?

- Perché la filosofia non è estranea al suo contesto socio-culturale e oggi tutti concordano sul fatto che viviamo in una società malata di individualismo. Per questo è importante riflettere sull'altruismo per capire il suo ruolo nell'esistenza umana.

La riflessione filosofica è necessaria perché non lo si può ridurre a qualche superficiale gesto di beneficenza, né inquadrarlo in quello che viene chiamato l’“altruismo efficace”, secondo una visione che in fondo deriva dall’utilitarismo oppure dall’egocentrismo alla ricerca di un mero benessere emotivo. L’altruismo è il vincolo essenziale tra l’io e il tu, ed è un tratto essenziale dell’essere umano, che implica la compassione e l’empatia.  

Può spiegare anche questo legame più ampio con la cosiddetta “cultura della cura” e come questa possa essere una risposta alla crisi antropologica?

- La crisi antropologica a cui si riferisce è stata segnalata nel 2009 da Benedetto XVI e recentemente evidenziata in diverse occasioni da Papa Francesco. Di fronte ai problemi da affrontare, le soluzioni politiche o sociologiche o economiche non saranno sufficienti se non ci rendiamo conto che sono in gioco l'identità e la specificità della persona umana. Su Veritatis GaudiumPapa Francesco, al n. 6, ha invitato gli studiosi, in particolare le università e le facoltà ecclesiastiche, a prendere coscienza del fatto che "quella che si sta delineando oggi davanti ai nostri occhi è 'una grande sfida culturale, spirituale ed educativa che comporterà lunghi processi di rigenerazione'".

Perciò, nel progetto di ricerca promosso dalla Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce abbiamo coinvolto 14 ricercatori di dieci istituzioni universitarie europee ed americane per contribuire a rifondare la cultura della cura, che costituisce la profonda vocazione della persona umana, come ha ricordato lo stesso Papa Francesco nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace del 2021: la cura dell’essere umano e la sua fioritura nelle diverse dimensioni dell’esistenza (come, ad esempio, le relazioni, l’ambiente, il bene comune, il patrimonio artistico, il sacro). 

È possibile un dialogo tra filosofia e scienze umane su questi temi?

- Il dialogo non è solo possibile, ma indispensabile. Infatti, la conferenza coinvolgerà non solo filosofi, ma anche neuroscienziati, medici, sociologi, pedagogisti ed economisti. Questa interdisciplinarità si riflette non solo negli interventi principali, ma anche nella quarantina di relazioni che verranno presentate.

Le scienze umane, in particolare le neuroscienze, stanno conoscendo un progresso notevole, ma non colgono la persona nella sua integralità corporeo-spirituale: non siamo soltanto un organismo biologicamente complesso e governato da un cervello altamente specializzato. Altrimenti, resterebbero inspiegabili o privi di senso il dolore, la libertà, la compassione verso il prossimo, la donazione verso gli altri, la stessa ricerca della verità sulla nostra condizione umana e del significato delle nostre azioni. Il rigore della scienza e la visione olistica dell’antropologia filosofica possono e devono confrontarsi e dialogare. 

Lei ha accennato alla compassione e all’empatia. C’è ancora posto per questi sentimenti nell'odierna società tecnologizzata?

- Nella sfera sentimentale, l'onnipresenza della tecnologia accentua l'analfabetismo, perché non ci aiuta a comprendere, esprimere e riconoscere i nostri e gli altrui sentimenti. D'altra parte, la compassione e l'empatia non coinvolgono solo il livello emotivo, nel senso che vanno oltre uno stato d'animo passeggero. Al contrario, sono due atteggiamenti esistenziali che implicano l'apertura del cuore ai bisogni degli altri, la consapevolezza della nostra costitutiva relazionalità e la volontà di cercare il bene degli altri.

Mi piace sottolineare che in modo provvidenziale il convegno coincide con il Giubileo del Volontariato; ce ne siamo resi conto solo dopo aver stabilito le date e vi abbiamo visto una conferma di quanto le ho accennato: l’altruismo è insito nella natura umana, anche se la cultura individualista ne offusca i lineamenti e la portata. 

"Cantategli l'inno più bello".

Il canto è fondamentale per l'adorazione di Dio, per esprimere fede e devozione. La Chiesa lo ha sempre valorizzato come mezzo di lode e di trasmissione della fede.

5 febbraio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Se c'è una cosa che la Parola di Dio ci incoraggia a fare è cantare: "Cantate! 

Il popolo salvato canta e danza. Lo fanno in mezzo al deserto, quando Maria, la sorella di Mosè, incoraggiava a cantare "al Signore, l'eccellente conquistatore". Ballo David "con tutto il loro entusiasmo, cantando con cetre e arpe, con tamburelli, sistri e cimbali".Maria intona un salmo ritmico, il Magnificat, alle porte della casa di Elisabetta; Cristo stesso lamenta l'incredulità del popolo con un paragone musicale: "Abbiamo cantato al suono del flauto e voi non avete ballato".

Il musica è intimamente legato alle emozioni umane più profonde, ed è lì che si trova Dio. Adorare Dio con il canto e la danza mostra questo abbandono totale dell'uomo: questo movimento che viene dal profondo del cuore e si manifesta fisicamente. 

Non per niente si dice che la musica sia il linguaggio degli angeli, creato per l'eterna adorazione e lode di Dio. Dio canta e crea; crea cantando, e c'è chi ha immaginato la creazione del mondo come una composizione musicale seguendo la potente immagine di C. S. Lewis in Le Cronache di Narnia.

Uomini e donne di tutti i tempi hanno cantato le loro aspirazioni e i loro desideri più profondi, i loro amori più chiari, il loro inizio e la loro fine. Anche la Chiesa, come popolo di Dio, ha cantato il centro del suo amore fin dalle sue origini: "la tradizione musicale della Chiesa universale costituisce un tesoro di inestimabile valore che spicca tra le altre espressioni artistiche, soprattutto perché il canto sacro, unito alle parole, costituisce una parte necessaria o integrante della liturgia solenne". afferma la Sacrosanctum Concilium

In un'opera magistrale e non priva di polemiche, articolo di Marcos Torres pubblicato su Omnes il 9 ottobre 2024, l'autore sottolinea come "a tal punto la musica religiosa è stata importante nella trasmissione della verità dei contenuti della fede che la Chiesa, attraverso la successione apostolica, si è sempre preoccupata di discernere e verificare le espressioni e le forme concrete delle varie creazioni musicali".. Espressioni che vanno dalla musica liturgica, propria della celebrazione del mistero sacramentale eucaristico, ai nuovi movimenti musicali legati all'adorazione (culto). 

La musica, in quanto espressione profondamente umana e divina, è un veicolo privilegiato per adorare Dio e trasmettere la fede, per incarnare l'amore e amare il Dio che si è fatto uomo e che, sicuramente, ha anche danzato e cantato.

L'autoreOmnes

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Mondo

Mali, Congo e Nigeria: la situazione attuale della Chiesa in Africa

La Chiesa in Africa sta attraversando un periodo di grande dinamismo e di sfide. Se da un lato il continente sta vivendo una crescita significativa del numero di fedeli, dall'altro sta affrontando difficoltà come la violenza contro le comunità cristiane, la povertà e l'instabilità politica in varie regioni.

Arturo Pérez-5 febbraio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

L'istruzione in Mali

Il sistema educativo cattolico in Mali è seriamente minacciato dall'aumento della violenza jihadista nel Paese. Gruppi estremisti hanno attaccato e distrutto scuole, soprattutto nelle regioni settentrionali e centrali del Mali, costringendo alla chiusura di numerosi istituti scolastici. Questa situazione mette a rischio l'istruzione di migliaia di bambini e giovani e colpisce duramente le comunità cristiane locali.

La Chiesa cattolica, attraverso le sue istituzioni educative, ha svolto un ruolo cruciale nella promozione della pace e della convivenza in Mali. Tuttavia, la crescente insicurezza ostacola il suo lavoro e minaccia di smantellare il sistema educativo cattolico nel Paese.

Progetto di pace per il Congo

La Conferenza episcopale nazionale del Congo (CENCO) e la Chiesa di Cristo in Congo (ECC), che riunisce 64 denominazioni protestanti ed evangeliche, hanno firmato il "Patto sociale per la pace e la convivenza in Congo". Repubblica Democratica del Congo e nella Regione dei Grandi Laghi". L'accordo mira a ripristinare la pace nelle province orientali del Paese, colpite da oltre 30 anni di violenze e dalla presenza di numerosi gruppi armati, molti dei quali con il sostegno straniero. Il patto si ispira al concetto africano di "Bumuntu", che promuove l'empatia, il rispetto reciproco e la solidarietà, favorendo la coesione sociale e rifiutando l'esclusione e la violenza. 

Per attuare il patto, la CENCO e l'ECC formeranno commissioni tematiche sulla pace e la coesione sociale, incaricate di redigere una Carta nazionale per la pace e l'armonia. Inoltre, sarà convocata una "Conferenza internazionale per la pace, il co-sviluppo e la coesistenza nei Grandi Laghi".

Il rischio di essere sacerdote in Nigeria

In Nigeria, i sacerdoti cattolici sono diventati "bersagli facili" per i rapitori. La convinzione che la Chiesa sia un'istituzione ricca è rafforzata dall'osservazione dei veicoli guidati da alcuni sacerdoti, che inducono i criminali a pensare che, rapendoli, la Chiesa pagherà un riscatto considerevole. Il rapimento è diventato un'attività lucrativa e i sacerdoti sono visti come obiettivi vulnerabili con accesso a risorse finanziarie.

Sebbene anche l'odio religioso possa giocare un ruolo in questi rapimenti, i fattori economici giocano un ruolo cruciale. Il rettore del seminario, padre Raymond Olusesan Aina, deplora la violenza che i cristiani e i cattolici in particolare affrontano in NigeriaIl rapporto rileva che molti hanno sofferto e persino perso la vita a causa della loro fede, soprattutto nel nord del Paese.

L'autoreArturo Pérez

Libri

L'errore teologico dell'Inquisizione spagnola

Come sostiene Mercedes Temboury Redondo, l'errore teologico dell'Inquisizione consisteva nel cercare di forzare la conversione degli accusati attraverso un processo legale.

José Carlos Martín de la Hoz-5 febbraio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Mercedes Temboury Redondo, dottore di ricerca in Storia moderna spagnola e instancabile ricercatrice della Suprema Inquisizione spagnola e dei suoi tribunali suffraganei nei regni di Castiglia e Aragona, nelle collezioni dell'Archivio Storico Nazionale di Spagna, presenta in questo ampio volume volume che ora commentiamo una sintesi della sua ricerca.

L'Inquisizione sconosciuta: l'Impero spagnolo e il Sant'Uffizio

AutoreMercedes Temboury Redondo
Editoriale: Arzalia
Lingua: Inglese
Numero di pagine: 496

L'angolo di visuale di quest'opera e il suo obiettivo coincidono nell'offrire una sintesi dell'Inquisizione dalla prospettiva e dagli interessi dell'Impero spagnolo in Europa, Asia e America durante il XVI e XVII secolo.

La leggenda nera

Questa visione cerca di illuminare i punti oscuri della leggenda nera fabbricata soprattutto da Juan Antonio Llorente, l'ultimo segretario della Suprema Inquisizione che nel XIX secolo andò in esilio in Francia e visse della pubblicazione delle carte "segrete" che aveva sottratto agli archivi.

In effetti, sono passati molti anni da quando il Papa San Giovanni Paolo II fare luce sull'origine e sugli errori teologici dell'Inquisizione spagnola. Il 12 marzo 2000, in un'imponente cerimonia in Vaticano davanti a un crocifisso del XII secolo, il Santo Padre, circondato dai cardinali della Curia, ha chiesto perdono per tutti i peccati dei cristiani di tutti i tempi, e in particolare per l'uso della violenza per difendere la fede.

Infatti, il diritto romano affermava, e come tale trasmetteva alla Chiesa, il principio: "de internis neque Ecclesia iudicat". Di cose interne non può giudicare la Chiesa, solo Dio conosce l'interno dell'uomo.

Errore teologico dell'Inquisizione

L'errore teologico dell'Inquisizione consisteva, quindi, nel cercare di forzare la conversione del prigioniero attraverso un processo giuridico. Come è dottrina comune della Chiesa, e come affermano il Nuovo Testamento e la Tradizione, solo la grazia di Dio può aprire l'anima alla conversione: "Nessuno viene a me se il Padre non lo attira" (Gv 6,40). Pertanto, solo la persuasione, la preghiera, la penitenza e il buon esempio possono spingere le anime al pentimento e alla rettifica.

Come sanno bene tutti coloro che hanno esercitato la direzione spirituale o l'accompagnamento spirituale, quando una persona è sincera nel sacramento della Penitenza, con questo dono arriva il dono della contrizione e l'anima può ritrovare la pace della misericordia di Dio. Cogliere una persona in una mancanza di coerenza di fede e di vita e tentare il pentimento porta solo all'indurimento del cuore e all'orgoglio ferito.

In effetti, gli studi che abbiamo condotto sull'argomento e che abbiamo pubblicato in molti articoli e monografie sull'"errore teologico dell'Inquisizione" gettano questa luce: l'obiettivo del processo inquisitoriale era quello di oggettivare l'errore teologico in cui era caduto il prigioniero e poi di cercare la conversione sotto pressione: l'eresia giudaizzante, l'apostasia e il ritorno all'Islam del nuovo convertito, la negazione dei peccati stabiliti dalla legge divina positiva. Gli inquisitori erano di solito di buon cuore e sapevano di dover rendere conto alla Corte Suprema delle loro giuste intenzioni e a Dio, che è il Signore delle coscienze; per questo motivo sono stati conservati così tanti fascicoli, e molti di essi sono così lunghi.

Finezza spirituale e giuridica

Evidentemente si è trattato di un errore per il quale dobbiamo chiedere perdono, perché anche se fosse avvenuto un solo processo, dovremmo già pentirci e rettificarlo. È necessario tornare a confidare in Dio che muove l'anima alla conversione e nell'uomo che può pentirsi e correggersi davanti al buon esempio e alla felicità di altri cattolici: "Se tuo fratello pecca contro di te, vai a correggerlo da solo con lui. Se ti ascolta, hai vinto il tuo fratello. Se non vi ascolta, portatene uno o due con voi, in modo che ogni questione possa essere chiarita dalla parola di due o tre testimoni. Ma se non li ascolta, ditelo alla Chiesa. Se non ascolterà neppure la Chiesa, consideratelo un pagano e un esattore delle tasse" (Mt 18,15-17).

D'altra parte, l'analisi dell'autrice è ricca di finezze giuridiche, grazie alle quali dimostra che il sistema processuale dell'Inquisizione proteggeva gli imputati dalla tentazione di sequestrare i beni degli accusati o di essere condannati per false denunce o per risolvere problemi di inimicizia o dispute nei villaggi. In realtà, come dimostra l'autore, il complesso sistema giuridico diede risultati impressionanti: la maggior parte dei processi si concluse con l'assoluzione perché non si trattava di veri eretici, ma di persone prive di un'istruzione cristiana elementare. Alcuni vennero effettivamente condannati per eresia, ma dopo il pentimento ricevettero pene mediche. E solo pochissimi furono condannati a morte. Come ha già mostrato Jaime Contreras nel suo database dell'Inquisizione, solo 1,8 % furono consegnati al braccio secolare.

Evidentemente, solo un processo inquisitorio sarebbe sufficiente per chiedere perdono per aver violato la coscienza, anche se si sostiene, come fa l'autore, che il processo inquisitorio ci ha salvato da eventi come: i 50.000 ugonotti uccisi in Francia nella notte di San Bartolomeo del 23-24 agosto 1572; le 500.000 streghe bruciate in Germania nei processi luterani senza documenti; la morte di Michele Serveto da parte di Calvino solo per riparare all'offesa della giustizia divina e il martirio del gesuita Edmund Servetus nei processi luterani.000 streghe bruciate in Germania nei processi luterani senza documenti; la morte di Serveto da parte di Calvino semplicemente per riparare all'offesa della giustizia divina e il martirio del gesuita Edmund Campion e di molti altri sacerdoti cattolici in Inghilterra perché il tribunale inquisitorio anglicano li considerava colpevoli di morte per aver celebrato la Messa cattolica, in quanto sarebbe stato un alto tradimento nei confronti della regina Elisabetta, capo della Chiesa anglicana.

Una nuova visione

In realtà, questo lavoro è una nuova visione dell'Inquisizione ricavata dalla lettura e dalla ricerca di molti fascicoli tratti dall'Archivio Storico Nazionale e da altri archivi consultati. L'autore si è concentrato soprattutto sulla seconda vita del processo inquisitorio. Vale a dire, dal 1511 al 1833. In questo periodo, l'Inquisizione avrebbe dovuto scomparire, poiché era stata creata per i processi contro i giudaizzanti e questi ultimi erano praticamente scomparsi in questo periodo.

In effetti, è comprensibile che l'obiettivo di questo libro sia quello di dimostrare che l'Inquisizione operò soprattutto al servizio delle autorità civili ed ecclesiastiche dell'Impero spagnolo, in un momento di stretta unione tra potere civile ed ecclesiastico, quando l'unità della fede era cruciale per il rinnovamento della Chiesa dopo Trento e l'espansione dell'impero spagnolo in America e in Asia.

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Vaticano

Il Papa prepara un documento per aiutare la Chiesa a promuovere i diritti dei bambini

Papa Francesco sta preparando un documento rivolto ai bambini e incentrato sui diritti dell'infanzia, ha confermato il 3 febbraio al termine di un vertice sul tema tenutosi in Vaticano.

Agenzia di stampa OSV-4 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

-(Notizie OSV / Carol Glatz, Catholic News Service)

A conclusione di un vertice vaticano sui diritti dell'infanzia, il Papa Francesco ha annunciato che avrebbe pubblicato un documento papale dedicato ai bambini.

Ha descritto il vertice del 3 febbraio, tenutosi nelle sale affrescate del Palazzo Apostolico, come una sorta di "osservatorio aperto" in cui i relatori hanno esplorato "la realtà dell'infanzia nel mondo, un'infanzia che purtroppo è spesso ferita, sfruttata, negata".

Circa 50 esperti e leader provenienti da tutto il mondo, che hanno condiviso la loro esperienza e compassione, ha detto, hanno anche "elaborato proposte per la protezione dei diritti dei bambini, considerandoli non come numeri, ma come volti".

"I bambini ci guardano", ha detto, "per vedere come ce la caviamo" in questo mondo. Il Papa ha detto che intende preparare un documento papale "per dare continuità a questo impegno e per promuoverlo in tutta la Chiesa". Il pubblico ha applaudito il Papa e le sue brevi osservazioni conclusive, tributandogli una standing ovation.

Promuovere e difendere i diritti dei bambini

Il vertice di un giorno dei leader mondiali, intitolato "Amali e proteggili", ha discusso una serie di questioni di interesse, tra cui il diritto dei bambini all'alimentazione, all'assistenza sanitaria, all'istruzione, alla famiglia, al tempo libero e il diritto a vivere liberi dalla violenza e dallo sfruttamento. È stato organizzato dalla neonata Pontificio Comitato per la Giornata Mondiale dell'Infanziapresieduta dal francescano padre Enzo Fortunato.

Tra gli ospiti, premi Nobel, ministri e capi di Stato, leader di organizzazioni internazionali e no-profit, alti funzionari del Vaticano e altri esperti.

L'ex vicepresidente degli Stati Uniti Al Gore, premio Nobel per la pace 2007 con il Gruppo intergovernativo di esperti sul cambiamento climatico, ha dichiarato nel suo discorso: "La minaccia della devastazione ecologica - che comprende la crisi del clima e quella della biodiversità - è un terribile fardello che stiamo imponendo ai nostri figli.

Ha elogiato il Papa per aver sottolineato che "la crisi spirituale che affrontiamo deriva in parte dalla cecità intenzionale che impedisce a tanti di vedere come il nostro sistema economico ci stia portando verso lo sfruttamento sia delle persone che del pianeta, a spese dei nostri valori morali e del futuro dei bambini".

Conoscere i problemi, conoscere le soluzioni

"Chi è al potere oggi deve cambiare il nostro modo di pensare; e il nostro nuovo modo di pensare deve portare a profondi cambiamenti che trasformino i nostri attuali sistemi economici e politici, inaugurando un sistema più equo e più verde che metta la giustizia ambientale e sociale al centro dei nostri piani e dei nostri sforzi", ha detto Gore. "Abbiamo tutte le soluzioni necessarie.

L'indiano Kailash Satyarthi, covincitore del Premio Nobel per la Pace 2014 e attivista che si batte contro il lavoro minorile in India e per il diritto universale all'istruzione, ha detto nel suo discorso che, pur confidando nella preoccupazione di tutti per i bambini, prova anche vergogna.

"Mi vergogno perché stiamo deludendo i nostri figli ogni giorno. Mi vergogno di sentire tutti questi fatti e statistiche che ho sentito" e di cui ho parlato negli ultimi 45 anni", ha detto.

"Conosciamo i problemi, conosciamo le soluzioni", ha detto, ma finora sono rimaste solo retorica e parole.

Compassione per i bambini

Chi risolve i problemi del mondo "non è veramente onesto (con) coloro che li subiscono", ha affermato, quando manca un senso di "responsabilità morale e di responsabilità morale".

"La soluzione sta in un sentimento e in un legame autentico" con ogni bambino, come se fosse il proprio, ha detto. Solo quando le persone provano un'autentica compassione sentiranno "l'impulso sincero ad agire con urgenza".

"Dobbiamo combattere questa minaccia (del lavoro minorile e della povertà) e tutte le altre crisi attraverso la compassione in azione. Dobbiamo creare una cultura della risoluzione dei problemi. Globalizziamo la compassione perché sono tutti nostri figli", ha detto Satyarthi.


Questo articolo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

L'autoreAgenzia di stampa OSV

Gli insegnamenti del Papa

Pedagogia della speranza

Francesco ha tracciato i contorni di un programma educativo cristiano che potrebbe essere definito una pedagogia della speranza, illuminando il cammino di questo Anno giubilare. 

Ramiro Pellitero-4 febbraio 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

In pieno periodo natalizio, il 4 gennaio, Papa Francesco ha dedicato un discorso a un importante gruppo di educatori cattolici italiani, basato su quello che ha chiamato Pedagogia di Dio. Con rapidi tratti ha delineato un programma per l'educazione di ispirazione cristiana. Un programma che potremmo definire pedagogia della speranzae che illumina il nostro cammino nell'anno del Giubileo.

"¿Che cosa è -Francisco si chiedeva. Il metodo educativo di Dio?"E la risposta fu: "È quello della vicinanza e della prossimità". Il trinomio che ripete spesso riecheggia in sottofondo: vicinanza, compassione e tenerezza. E questo può portarci a chiederci: come dobbiamo comportarci noi cristiani di fronte ad una pedagogia della speranza?

Si alza il sipario sulla pedagogia divina: "La pedagogia divina non è una novità.Come un maestro che entra nel mondo dei suoi alunni, Dio sceglie di vivere tra gli uomini per insegnare con il linguaggio della vita e dell'amore. Gesù è nato in una condizione di povertà e semplicità: questo ci chiama a una pedagogia che valorizza l'essenziale e mette al centro l'umiltà, la gratuità e l'accoglienza.". 

Al contrario", spiega il Papa, "una pedagogia distante e lontana dagli alunni non è né utile, né servirebbe. Infatti, il Natale ci insegna che la grandezza non si manifesta nel successo o nella ricchezza, ma nell'amore e nel servizio agli altri.  

La pedagogia di Dio

"Dio -ha detto. è una pedagogia del dono, una chiamata a vivere in comunione con Lui e con gli altri, come parte di un progetto di fraternità universale, un progetto in cui la famiglia occupa un posto centrale e insostituibile.".

Notiamo come questo orientamento risuoni con le corde principali dell'insegnamento di Francesco, il cui centro è la comunione con Dio e con le persone. E che porta a lodarlo e ringraziarlo (Laudato si'Lode a te), soprattutto per il dono che ci è stato fatto nel Cuore di Cristo (Dilexit noiche ci ha amato). Questo è l'orizzonte dell'annuncio cristiano (Evangelii gaudiumdella gioia del Vangelo). Un annuncio che implica, di fatto, il progetto di una fraternità universale (Fratelli tutti, tutti i fratelli), in cui la famiglia ha un ruolo nucleare (Amoris laetitiala gioia dell'amore).

Per questo, continua, la pedagogia di Dio è "un invito a riconoscere la dignità di ogni persona, a partire dagli scartati e dagli emarginati, come venivano trattati i pastori duemila anni fa, e ad apprezzare il valore di ogni fase della vita, compresa l'infanzia. La famiglia è al centro, non dimentichiamolo!

Vale la pena di citare la Dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede, Dignitas infinita (8-IV-2024) che sottolinea questo valore della dignità umana, facilmente riconoscibile per il credente, poiché Dio ama ogni essere umano con un amore infinito e "..." (8-IV-2024).conferendogli così una dignità infinita" (Fratelli tuttiL'espressione è di Giovanni Paolo II, Messaggio ai disabili16-XI-1980).

Sul tema della famiglia, e per incoraggiare la comunicazione in famiglia, il Papa si sofferma a raccontare un episodio. Domenica, una persona stava mangiando in un ristorante. Al tavolo accanto c'era una famiglia, padre e madre, figlio e figlia, ognuno attento al proprio cellulare, senza parlarsi. Quest'uomo si alzò e disse loro che, essendo una famiglia, perché non si parlavano. Di conseguenza, lo hanno mandato via e hanno continuato a fare quello che stavano facendo...

La nostra speranza, il motore dell'educazione 

Nella seconda parte del suo discorso, Papa Francesco ha ripreso la sua posizione sulla il cammino verso il giubileo stiamo iniziando. Con l'incarnazione del Figlio di Dio, la speranza è entrato nel mondo. 

"Il Giubileo -ha sottolineato- ha molto da dire al mondo dell'educazione e della scuola. Infatti, i "pellegrini della speranza" sono tutti coloro che sono alla ricerca di un senso nella loro vita, e anche coloro che aiutano i giovani a seguire questo percorso.".

Esatto. Una parentesi. Nel Patto educativo globale che Francesco ha proposto, e il cui lancio è stato interrotto dalla pandemia, la questione della indirizzo occupa un posto centrale (cfr. Instrumentum laborisNel delineare le linee generali del compito educativo di cui abbiamo bisogno oggi, Benedetto XVI viene citato nel suo Lettera alla Diocesi e alla Città di Roma sul compito urgente dell'educazione (21-I-2008) quando afferma: "Si parla di una grande 'emergenza educativa', confermata dagli insuccessi in cui versano i nostri sforzi per formare persone solide, capaci di collaborare con gli altri e di dare un senso alla propria vita".

(Nel 2023, uno studio ha dimostrato che in Spagna il suicidio è la principale causa di morte nei giovani e negli adolescenti tra i 12 e i 29 anni).

Continuiamo con il discorso di Francesco. Egli sostiene l'evidenza che l'educazione ha al centro la speranza: la speranza, fondata sull'esperienza della storia umana, che le persone possano maturare e crescere. E questa speranza sostiene l'educatore nel suo compito: 

"Un buon insegnante è un uomo o una donna di speranza, perché si impegna con fiducia e pazienza in un progetto di crescita umana. La sua speranza non è ingenua, è radicata nella realtà, sostenuta dalla convinzione che ogni sforzo educativo ha un valore e che ogni persona ha una dignità e una vocazione che meritano di essere coltivate.". 

A questo proposito, il Papa esprime il suo dolore quando vede bambini che non hanno un'istruzione e che vanno a lavorare, spesso sfruttati, o che vanno a cercare cibo o cose da vendere dove c'è la spazzatura.

Piccole e grandi speranze

Ma, si chiede, "Come non perdere la speranza e alimentarla ogni giorno?

E consiglia: "Tenete lo sguardo fisso su Gesù, maestro e compagno di strada: questo vi permette di essere veramente pellegrini di speranza. Pensate alle persone che incontrate a scuola, bambini e adulti".

Già nella Bolla di indizione del Giubileo si leggeva: ".Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona c'è la speranza come desiderio e aspettativa di bene, anche se non si sa cosa porterà il domani." (Spes non confundit, 1). 

Si tratta di un argomento che è già apparso nell'enciclica Spe salvi (cfr. Benedetto XVI, nn. 30 ss.): ci sono le piccole o grandi speranze umane (che ognuno ha, in relazione all'amore, al lavoro, ecc.), a seconda anche dei tempi della vita. E poi c'è la speranza proclamata dalla fede cristiana: "la più grande speranza che non può essere distrutta nemmeno dalle frustrazioni nelle piccole cose o dal fallimento in eventi di importanza storica". (n. 35).

Ebbene, dice Francesco: "Queste speranze umane, attraverso ognuno di voi.educatori-, può trovare la speranza cristiana, quella che nasce dalla fede e vive nella carità.". E aggiunge: "Non dimentichiamo: la speranza non delude. L'ottimismo delude, ma la speranza non delude. Una speranza che supera ogni desiderio umano, perché apre le menti e i cuori alla vita e alla bellezza eterna.".

Come può accadere, allora, che ciò avvenga in scuole o collegi di ispirazione cristiana? 

Una proposta incisiva e articolata

Ecco il proposta di Francesco: "Siete chiamati a sviluppare e trasmettere una nuova cultura, basata sull'incontro tra le generazioni, sull'inclusione, sul discernimento del vero, del buono e del bello; una cultura della responsabilità, personale e collettiva, per affrontare le sfide globali come le crisi ambientali, sociali ed economiche, e la grande sfida della pace. È possibile "immaginare la pace" a scuola, cioè gettare le basi per un mondo più giusto e fraterno, con il contributo di tutte le discipline e la creatività di bambini e ragazzi.".

Notiamo alcuni elementi della proposta. Innanzitutto, l'educatore cristiano non sorvola sulle speranze umane per prendere una scorciatoia verso l'unica cosa importante, che sarebbe la speranza cristiana. Capire questo sarebbe un errore. La speranza cristiana assume le speranze umane, siano esse personali o sociali, purché siano vere, buone e belle, anche se alcune di esse possono essere considerate come più piccolo dalla sua portata o durata. "La speranza cristiana assume tutte le speranze". che abbiamo oggi, come la pace, anche se il suo raggiungimento sembra difficile o lontano. 

In secondo luogo, la grande speranza cristiana, in questo cammino di assunzione delle più piccole - se così si può dire - speranze umane, è quella di rendere una nuova cultura, che deve essere "una cultura della responsabilità personale e collettiva".È proprio attraverso l'educazione. Ma questo richiede uno sforzo, nel campo personale e sociale, nella direzione dell'incontro, dell'inclusione, della responsabilità etica. 

In terzo luogo, l'istruzione, non solo a livello universitario ma anche a livello scolastico e universitario, ha bisogno della interdisciplinaritàIl lavoro di mettere insieme le diverse materie del curricolo, in modo che ognuna di esse dia il meglio di sé in dialogo con le altre, e possa così arricchire l'istruzione e aiutare meglio gli alunni nella loro crescita personale.

Nella sua costituzione apostolica Veritatis gaudium (2017), su questa base antropologica o culturale dell'interdisciplinarità, Francisco fa un ulteriore passo avanti: la transdisciplinarità, compreso "come collocazione e maturazione di ogni conoscenza nello spazio di Luce e Vita offerto dalla Sapienza che scaturisce dalla Rivelazione di Dio". (cfr. 4 c).

Quarto e ultimo, tutto questo chiede, da scuola o dall'università, discernimento e creatività. Innanzitutto negli insegnanti, nella loro mente, nel loro lavoro, personale e di gruppo. E poi, devono insegnare agli alunni questi atteggiamenti fondamentali: discernere il vero, il buono e il bello; e favorire la loro creatività. E a non perdersi in inutili immaginazioni o sogni a occhi aperti, ma a "gettare le fondamenta". di un mondo più giusto e fraterno; di "raccogliere le sfide". personale e globale.

La speranza non è una mera utopia

Ci si potrebbe chiedere: non sono forse troppi gli obiettivi, e questo progetto educativo proposto da Francesco non è in qualche modo utopico, forse attraente, ma irrealizzabile nella realtà?

Ed è proprio in questo momento, di fronte a questa domanda, quando la nostra speranza è messa alla provaquello di ogni educatore. E, prima ancora, quella di ogni famiglia. E, successivamente e contemporaneamente, quello di ogni centro educativo. 

Quindi potreste dire o dire loro, o dire a noi: avete (avete) tanta speranza, avrete (avrete) tanto motore, per il vostro (o i vostri) compito educativo. 

Per il resto, il Papa non abbandona il realismo. Dice: tutto questo (immaginare la pace con sogni realistici) non sarà possibile se la scuola permetterà che il "guerre"tra gli educatori o il bullismo Allora la pace sarebbe inimmaginabile, così come tutti i sogni dell'educazione. 

La fine del discorso è vicina. Ciò che è importante in una scuola o in un'università non è l'edificio, ma le persone. Per sua natura, il compito educativo implica un percorso e una comunità, un luogo di testimonianza dei valori umani. 

Lo sapevano i grandi promotori ed educatori delle istituzioni educative in cui lavoravano coloro che hanno ascoltato il Papa quel giorno. Chi di noi sta leggendo ora questo discorso lo sa e vuole approfittarne per continuare nel campo educativo o per ritrovare nuovo slancio.

Francesco lo sa bene. E offre, in conclusione, alcuni consigli o suggerimenti che, nella loro apparente semplicità, meritano di essere meditati e lavorati. Essi si rivolgono sia al "passione educativa". e alla responsabilità e al discernimento degli educatori e dei dirigenti scolastici.

Sono condensati in questo paragrafo:

"Non dimenticate mai da dove venite, ma non camminate con la testa rivolta all'indietro, rimpiangendo i vecchi tempi. Pensate piuttosto al presente della scuola, che è il futuro della società, in piena trasformazione epocale. Pensate ai giovani insegnanti che muovono i primi passi nella scuola e alle famiglie che si sentono sole nel loro compito educativo. Proponete a ciascuno il vostro stile educativo e associativo con umiltà e novità".

Francesco ci incoraggia a lavorare insieme sul cammino della speranza: "La speranza non delude mai, mai, la speranza non sta mai ferma, la speranza è sempre in cammino e ci fa andare avanti".

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Cultura

Alla ricerca del fondamento teologico della musica sacra e liturgica

L'approccio alla musica deve essere teologico e liturgico. Se questa prospettiva fosse stata adottata fin dall'inizio, si sarebbero potuti evitare molti problemi storici e i frutti spirituali nel mondo sarebbero stati maggiori.

Ramón Saiz-Pardo Hurtado-4 febbraio 2025-Tempo di lettura: 10 minuti

Qualche tempo fa, mentre preparavo una conferenza sulla musica sacra, mi è tornato in mente un episodio biblico che mi colpisce sempre per la sua potenza: il canto del popolo d'Israele dopo aver attraversato il Mar Rosso. Quella scena, riportata nel libro dell'Esodo, ci mostra una risposta di stupore e gratitudine di fronte all'intervento salvifico di Dio:

Canterò al Signore, gloriosa è la sua vittoria... Mia forza e mia potenza è il Signore, egli è stato la mia salvezza. (Es 15,1b-18).

Questo momento non è solo un racconto storico, ma una chiave teologica. Di fronte all'ineffabile - l'amore di Dio, la sua meraviglia nel salvare il popolo - le parole non bastano. È allora che il canto emerge come linguaggio capace di esprimere ciò che il momento richiede.

Stiamo perdendo il senso dell'ineffabile?

    Per illustrare la lezione, ho voluto guardare come i film classici su Mosè avevano rappresentato questi momenti. La mia sorpresa è stata grande: molti omettono il canto, concentrandosi sulla meraviglia dell'acqua aperta, sfocando la reazione del popolo. Questo mi ha portato a pormi una domanda: stiamo perdendo la capacità di riconoscere l'ineffabile?

    Viviamo in una cultura che sembra convinta che tutto possa essere detto, spiegato o definito. Ma la realtà ci ricorda sempre che ci sono cose che sfuggono alle nostre parole: come descrivere il colore giallo a una persona nata cieca? Come spiegare il suono di una tromba a una persona sorda? Anche in questioni così umane come l'amore o l'amicizia, le parole non bastano.

    La musica come linguaggio

      Quindi, se non siamo in grado di cogliere nel linguaggio ordinario ciò che ci circonda, come possiamo esprimere a parole il mistero di Dio, l'amore che ha per noi, il nostro timore e la nostra gratitudine? Inoltre, come potremmo dialogare veramente con Lui se ci rifiutiamo di mettere in campo tutte le capacità che Lui stesso ha impresso nella nostra natura per farlo? 

      Pensiamo alla liturgia. È il luogo privilegiato in cui Dio ci parla di sé, non solo con le parole, ma anche attraverso segni, gesti, colori, odori e, naturalmente, musica. La liturgia che Gesù Cristo ci ha donato ha un carattere profondamente dialogico: vuole essere un incontro tra Lui e noi. E Sant'Agostino, nonostante il dilemma personale che aveva con la musica a causa delle sue radici neoplatoniche, ci dice: "Il canto è un'espressione di gioia e, se lo consideriamo più attentamente, è un'espressione di amore" (Sermone 34).

      Un punto fondamentale, di ordine diverso: se si scopre che Gesù Cristo stesso e i suoi discepoli hanno cantato durante l'Ultima Cena, chi potrebbe avere da ridire sul canto liturgico? 

      Fin qui tutto sembra bello e coerente. Ma allora, cosa succede oggi nelle nostre parrocchie?

      Musica, bellezza e mistero

        Prima di tutto, la "Musica". Cosa ci fa un argomento del genere in una rivista teologica seria come Omnes? La domanda non è ovvia e merita una riflessione. Joseph Ratzinger la considera "musica di fede", perché procede dalla fede e ci conduce alla fede. Già questo basterebbe a giustificare il posto della musica sacra nella riflessione teologica.

        Tuttavia, quando parliamo di "musica liturgica", le sue parole assumono un peso ancora maggiore. Commentando il Concilio Vaticano II - "il canto sacro, unito alle parole, costituisce una parte necessaria o integrante della Liturgia solenne" (Sacrosanctum Concilium112), Ratzinger lo sottolinea chiaramente: la musica stessa è liturgia. Quindi la risposta è chiara: parliamo di musica in Omnes - di una certa musica, naturalmente - perché parliamo di teologia.

        La "Bellezza", che ha molto da dire anche in questo ambito, sarà trattata più avanti. Per quanto riguarda il "Mistero", concentreremo la nostra riflessione soprattutto sulla musica liturgica, senza tralasciare di illuminare ciò che essa ci può portare sulla musica sacra in generale. In questo modo, potremo approfondire con maggiore chiarezza.

        Dialoghi... impossibili?

          Dopo ventuno secoli di storia della Chiesa, la musica liturgica è ancora una questione irrisolta in molti luoghi. I problemi sono evidenti e si possono osservare con un semplice test: chiedete a due o tre persone della stessa parrocchia la loro opinione sulla musica della Messa. È probabile che, se la conversazione non viene gestita con tatto, finisca in conflitto.

          Sorge allora la domanda: perché il musicista e il liturgista non dialogano per chiarire le cose? Anche se l'idea sembra logica, oggi, in molti casi, è impossibile. Il motivo è chiaro: il contenuto di tale dialogo dovrebbe essere teologico e liturgico, ma la teologia necessaria a sostenerlo non è ancora sufficientemente elaborata.

          Un esempio illustrativo

            Immaginate una conversazione tra un liturgista e un musicista:

             - Liturgista (L): Ho bisogno che componiate qualcosa per l'offertorio della Messa di domenica.

             - Musicista (M): Va bene, cosa vuoi che faccia? dire la mia musica?

             - L: Non so, qualcosa di bello, sai!

             - M: Aspetta, io me ne intendo di musica, ma ti sto chiedendo cosa dovrebbe esprimere la mia musica nell'offertorio di questa domenica. È una cosa che dovresti dirmi tu.

             - L (borbottando): Questi musicisti... complicano sempre tutto!

            La conversazione finisce in una situazione di stallo perché nessuno dei due ha gli strumenti necessari per andare avanti. Il musicista cerca un significato e uno scopo; il liturgista non riesce ad articolarlo. E non si tratta di ignoranza da parte di un particolare liturgista. Prova? I libri liturgici usano espressioni come: "Canta qui un inno appropriato". Nei casi più favorevoli, le indicazioni arrivano a proporre il testo di un salmo come esempio. E la musica? Quando è "appropriata"? O la musica è neutra e non "appropriata"? dice niente? Sono queste le domande che dobbiamo affrontare con urgenza per costruire un dialogo proficuo.

            Una questione di radici profonde

              La mancanza di comunicazione tra musicisti e liturgisti non è superficiale, ma ha radici profonde. Ricordiamo che la liturgia non è semplicemente un evento umano: è un dono divino, dato a prezzo della Croce. La sua corretta conformazione non dipende solo dalle buone intenzioni, ma richiede di riconoscere che la sua vera opera è portata avanti dallo Spirito Santo, anche se vuole contare sulla nostra collaborazione. Proprio qui sta il cuore dell'attività musicale all'interno del canto liturgico.

              Due riflessioni aiutano a capire meglio questo punto. In primo luogo, consideriamo quanto sarebbe difficile apportare una minima modifica al testo della preghiera eucaristica. A questo si contrappone la facilità con cui il canto della Messa viene talvolta improvvisato o banalizzato, anche nelle celebrazioni solenni. Per non parlare delle insolite offerte disponibili su Internet per la musica di un matrimonio cattolico...

              La seconda riflessione nasce da un'esperienza nell'amato continente americano. In una facoltà teologica, stavo cercando di spiegare questi argomenti sulla necessità di uno sviluppo teologico della musica liturgica. All'inizio sembra che non sia stato chiaro, perché un professore ha commentato: "Quindi, quello che state cercando è lo stile della musica liturgica, giusto?

              Questo commento mi ha dato l'opportunità di chiarire un punto fondamentale: l'attenzione non è sugli stili o sugli strumenti. È sui fondamenti teologici.

              Oltre il gusto e lo stile

                È necessario un serio sviluppo teologico su un argomento che sembra sempre sfuggire dalle mani. Portare la musica a questa profondità la apre alla libertà, alla ricchezza e alla profondità del Mistero di Dio. Senza questa prospettiva, ogni discussione sulla musica liturgica finisce per ridursi al gusto personale o alla possibilità di usare violini o chitarre. In realtà, questa tensione non è nuova: già più di un millennio fa si discuteva di qualcosa di simile, anche se in altre forme.

                Il Magistero pontificio ha dato molte indicazioni, ma lo sviluppo teologico è ancora insufficiente. Le domande sono talvolta sorprendenti: cosa significa che il canto gregoriano è "il modello supremo di tutta la musica sacra" (San Pio X, Motu proprio, Motu proprio, p. 4)? Tra le applicazioni, 4)? Altre volte, le domande sono essenziali: cosa deve avere la musica per essere definita liturgica? 

                Verso una nuova era

                  Questo sviluppo teologico è necessario e richiede lo sforzo congiunto di teologi e liturgisti, musicisti, musicologi e filosofi. È una questione aperta e attiva, perché tutta questa mole di studi deve concludersi con la composizione e l'esecuzione di una musica che sia liturgica.

                  Quello che vogliamo trasmettere è che stiamo assistendo a una novità importante: si sta aprendo un percorso epistemologico che ci invita a una nuova era nel nostro lavoro. È questo il programma che vogliamo proporre in queste righe e nei contributi successivi: questi percorsi e modi che permettono di lavorare insieme a studiosi di materie tradizionalmente considerate disparate, ma che non lo sono, perché dicono di Dio e dicono Dio nella liturgia.

                  Una domanda teologica (I). La musica dice

                    Pertanto, l'approccio alla musica deve essere teologico e liturgico. Se questa prospettiva fosse stata adottata fin dall'inizio, si sarebbero potuti evitare molti problemi storici e i frutti spirituali nel mondo sarebbero stati maggiori. 

                    Vogliamo soffermarci su un'idea fondamentale: la musica dice. Per gli scettici, l'impatto comunicativo della musica può sembrare discutibile. Tuttavia, quando sono coinvolti interessi economici, il problema viene immediatamente riconosciuto. Basti pensare all'uso strategico della musica nella pubblicità o nei film per trasmettere messaggi specifici. Per illustrarlo, consigliamo questi video accessibili al pubblico, che ne sono un esempio eloquente:

                    Esempio 1:

                    Esempio 2:

                    Il compito di trasmettere questo messaggio musicale appartiene all'arte e al mestiere del compositore. È qui che inizia il potenziale dialogo tra musicista e liturgista, a condizione che entrambi siano disposti e abbiano chiaro il loro mestiere. La domanda centrale sarà: che cosa ha da dire la musica? dire nel contesto liturgico.

                    Imparare dal passato

                      In questa serie di pubblicazioni, la nostra intenzione è quella di partire da ciò che già esiste nella storia della musica - che ha visto innumerevoli successi - e di imparare da essa. In questo modo, saremo in grado di discernere ciò che dovremmo continuare a fare e come farlo meglio. Il vantaggio che abbiamo oggi - insistiamo - è che ora conosciamo il metodo. Tuttavia, il lavoro da fare resta immenso.

                      Prima di descrivere questo approccio generale, vogliamo soffermarci su un punto di partenza che potrebbe risultare familiare ad alcuni. Stiamo parlando di liturgia e, come abbiamo spiegato, nella liturgia le parole non bastano.

                      Una questione teologica (II). Un gioco concreto

                        Romano Guardini, in Lo spirito della liturgiaha proposto poco più di un secolo fa che la liturgia, sotto certi aspetti, può essere intesa come un gioco. I giochi creano un piccolo universo in cui le preoccupazioni quotidiane svaniscono ed emerge un mondo con regole proprie, che appare e scompare nel tempo.

                        La leggenda della conversione del principe Vladimir di Kiev aggiunge una dimensione importante a questa idea. Secondo la storia, nel cercare una religione per il suo popolo, Vladimir chiamò i rappresentanti di alcune delle principali religioni per parlare con loro. Poiché nessuno di loro lo convinse, decise di inviare degli emissari alle celebrazioni religiose delle diverse fedi. Al loro ritorno, coloro che avevano partecipato alla liturgia di Santa Sofia, a Costantinopoli, diedero una testimonianza commovente: "Non sappiamo se eravamo in cielo o in terra. Ma abbiamo sperimentato che lì Dio è in mezzo agli uomini". La liturgia non aveva lo scopo di convincere nessuno. L'argomento definitivo per il principe Vladimir era che tutte le cose venivano fatte lì, non per uno scopo, ma solo per piacere a Dio.

                        Ratzinger, senza rifiutare completamente la visione di Guardini, qualifica l'idea. La liturgia può assomigliare a un gioco, ma non a un gioco qualsiasi, perché ha a che fare con il modo giusto di adorare Dio. Solo Lui sa come vuole essere adorato e Gesù Cristo ha voluto rivelarcelo. In questa prospettiva, la liturgia diventa un'anticipazione della vita futura (Sacrosanctum Concilium, 8).

                        La liturgia, tra gioco e culto

                          Pertanto, un gioco con un regole per il culto, in cui sappiamo di piacere a Dio. All'interno di queste regole, giochiamo in libertà. Tutti giocano con le stesse regole, anche se alcuni lo fanno meglio di altri, perché la chiave è partire alla ricerca dell'essenziale: uno spazio di verità e di bellezza in cui Dio ci viene incontro perché possiamo cercarlo e trovarlo. Il carattere dialogico della liturgia è oggi più profondamente compreso.

                          Ebbene, questo contesto di verità e bellezza, di libertà di trovare ciò che è essenziale, è indicato da due autori come importante per lo sviluppo della musica sacra. I due autori sono Joseph Ratzinger e padre Angelo De Santi, S.J. (1847-1922), che è stato direttamente coinvolto nella stesura del Motu Proprio Tra le applicazioni di San Pio X (1903). Il riferimento di entrambi è al capitolo VIII della Politica di Aristotele, insieme alla nozione di paideia Greco. Lo sviluppo non è immediato, ma possiamo proporre qui le conclusioni.

                          Musica, paideia e educazione alla libertà

                            Il paideia La lingua greca era una guida educativa con una dimensione religiosa, volta a condurre l'individuo verso l'essenziale. D'altra parte, i contenuti di questo capitolo finale della Politica si avvicina all'educazione come mezzo per formare l'individuo al di là dei bisogni utili e pratici, orientandola verso il tempo libero inteso come attività nobile ed elevata. Questo tempo libero non è un semplice riposo, ma uno spazio per la coltivazione della verità, della bellezza e della realizzazione umana.

                            La chiave della nostra riflessione è che Aristotele individua nella musica la disciplina principale per questa formazione, grazie alla sua capacità unica di plasmare l'anima e le emozioni. Più che un semplice intrattenimento, la musica è uno strumento educativo che favorisce l'armonia interiore, il carattere virtuoso e l'integrazione in una comunità orientata al bene comune. Joseph Ratzinger lo spiega così:

                            Se pensiamo che la Chiesa, a causa del luogo in cui si è formata, ha fatto suo, sotto molti aspetti, l'atteggiamento del polis classico, l'associazione aristotelica di polis e musica sarebbe stato un punto di partenza ideale per la questione della musica sacra. 

                            E anche: 

                            La teoria della musica che Aristotele sviluppa nella sua Politica VIII è fortemente influenzato dall'idea del paideiaL'obiettivo dell'educazione musicale è quello di andare oltre il necessario e l'utile e di formare al buon uso del tempo libero, trasformandolo in un'educazione alla libertà e alla bellezza.

                            (J. Ratzinger, Il fondamento teologico della musica sacra). 

                            Il nostro scopo

                              Per affrontare questa trattazione della musica come liturgia, inizieremo con una serie di articoli sulla musica nella storia della Chiesa. Si tratterà di un viaggio particolare, da a storia della musica sacra. La conclusione sarà inquietante e speranzosa allo stesso tempo. 

                              Successivamente, ci dedicheremo allo svolgimento della questione teologica. A questo punto, sottolineiamo che lo sviluppo richiede non una, ma due prospettive teologiche distinte e complementari. Una breve descrizione servirà ora:

                              1. Teologia della musica sacra (TMS). Questo approccio cerca di rispondere a domande fondamentali sulla musica sacra, analogamente a come la teologia riflette sulla natura della liturgia e del culto. Si tratta di uno studio ampio che attinge ai contributi di diverse discipline, dall'antropologia teologica e filosofica ad aree specifiche come la cristologia, l'escatologia, la teologia della creazione, l'incarnazione e la liturgia. Il suo obiettivo principale è quello di capire che cos'è la musica sacra, qual è la sua natura e come è legata alla rivelazione divina.

                              2. Teologia liturgico-musicale (TLM). Qui troviamo la proposta epistemologica più innovativa. La TLM è un'estensione della teologia liturgica integrata con i mezzi specifici della musica e della musicologia. Per comprendere meglio questo approccio, è utile guardare a come viene intesa la teologia liturgica in generale.

                              La teologia liturgica studia la liturgia. in actucioè dall'esperienza concreta di ogni celebrazione. Analizza, ad esempio, il significato teologico di un salmo responsoriale nel contesto di una specifica celebrazione; il simbolismo di alcuni gesti del celebrante; o le peculiarità di un particolare momento liturgico. Questo approccio trascende l'aspetto descrittivo e risponde al motto classico fides quaerens intellectumLa liturgia stessa è l'atto di ricerca di Dio e della sua Parola.

                              Allo stesso modo, il TLM si concentra sullo studio teologico della musica liturgica. in actu. Il suo compito è quello di esplorare come la musica contribuisca alla teologia esistenziale propria di ogni celebrazione, aggiungendo una dimensione unica e specifica che non si trova in nessun altro elemento della liturgia.

                              Un dialogo necessario

                                La nostra proposta è che la TMS e la TLM si sviluppino in costante comunicazione. La TMS fornisce le basi concettuali e teologiche, mentre la TLM si concentra sull'applicazione concreta della musica nel contesto liturgico. Tuttavia, il risultato di questa collaborazione non rimane teorico: culmina nell'atto musicale, che ha la capacità di esprimere liturgicamente la Parola di Dio e di manifestare il Cristo presente nella liturgia.

                                Questo progetto trascende l'ambito strettamente teologico e coinvolge discipline come la musicologia, l'antropologia e l'estetica, in modo che la teologia trovi la sua espressione ultima nella musica. In questo senso, l'atto musicale liturgico non è solo arte, ma anche teologia vissuta.

                                Nei prossimi articoli di questa serie inizieremo quindi il nostro particolare viaggio nella storia.

                                L'autoreRamón Saiz-Pardo Hurtado

                                Professore associato, Pontificia Università della Santa Croce. Progetto internazionale MBM (Musica, Bellezza e Mistero)

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                                Educazione

                                Esplorare la crescita dell'educazione cattolica classica alle arti liberali

                                Jay Boren, preside della St. Benedict Classical Academy dal 2015, ritiene che coltivare la saggezza e la virtù nella ricerca della verità e della conformità a Cristo sia lo scopo ultimo dell'educazione classica cattolica.

                                Agenzia di stampa OSV-4 febbraio 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

                                -Notizie OSV / Charlie Camosy

                                Jay Boren, direttore del Accademia Classica San Benedetto dal 2015, ritiene che coltivare la saggezza e la virtù nella ricerca della verità e della conformità a Cristo sia lo scopo ultimo dell'educazione cattolica classica. Recentemente ha parlato con Charlie Camosy di OSV News di come tornare al cuore dell'educazione cattolica. educazione L'educazione cattolica e se l'educazione cattolica stia vivendo un momento di "rinascita" dopo un promettente aumento delle iscrizioni alle scuole cattoliche nel 2023.

                                Negli ultimi anni un buon numero di persone ha sentito parlare molto di educazione cattolica classica, ma forse non sa esattamente cosa significhi o a cosa si riferisca. Cominciamo da qui: cos'è l'educazione cattolica classica? È qualcosa di molto più fondamentale del semplice apprendimento del latino e della lettura dell'Odissea, non è vero?

                                - L'educazione cattolica classica non riguarda tanto l'apprendimento del latino e la lettura dell'Odissea, quanto piuttosto il ritorno a quello che gli uomini della tradizione classica e medievale ritenevano essere il vero scopo dell'educazione, ossia la coltivazione della saggezza e della virtù e la conversione delle nostre menti e dei nostri cuori a ciò che è vero, buono e bello.

                                Come cattolici, crediamo che questo processo di conversione ci conforma a Cristo e ci conduce a Dio. In altre parole, un'educazione cattolica classica ci aiuta a realizzare lo scopo per cui siamo stati creati: conoscere, amare e servire Dio.

                                L'educazione cattolica classica si sforza di ritrovare un legame con questa concezione tradizionale dell'educazione. Pensiamo certamente che la lettura di testi classici e l'apprendimento del latino siano importanti, ma solo perché ci collegano alla saggezza della nostra tradizione.

                                Vogliamo che i nostri studenti sappiano cosa è vero, buono e bello, ma sarebbe terribilmente presuntuoso pensare che spetti a noi decidere cosa conta come "verità". Per farlo, dobbiamo tornare umilmente alla nostra tradizione: a ciò che ha superato la prova del tempo e a ciò che le menti migliori e le anime più nobili della storia ci hanno insegnato e mostrato su queste cose.

                                Questa idea dello scopo dell'istruzione contrasta con una prospettiva che vede l'istruzione soprattutto come preparazione all'università o alla carriera. Certamente vogliamo che i nostri studenti trovino un lavoro significativo, si guadagnino da vivere e mantengano le loro famiglie. Ma questo obiettivo è secondario. Se produciamo laureati che entrano nelle migliori università e finiscono per guadagnare molto denaro con il loro lavoro, ma non sono virtuosi, non si impegnano per la santità e non hanno il desiderio di cercare la verità, non lo consideriamo un successo. Questo non è un buon biglietto da visita per i nostri studenti. Essi sono chiamati a molto di più.

                                Sono chiamati a fiorire pienamente, con tutte le facoltà della mente, del cuore e dell'anima liberate per conoscere ciò che è vero, amare ciò che è bello e fare ciò che è buono. Sant'Ireneo diceva che la gloria di Dio è l'uomo pienamente vivo. Vogliamo che i nostri studenti siano pienamente vivi per poter dare gloria a Dio.

                                È troppo forte definire ciò che sta accadendo ultimamente come un'esplosione dell'educazione cattolica classica? Sembra che ovunque io guardi ci sia una nuova scuola che viene creata, una nuova conferenza sull'argomento, società professionali che si riuniscono annualmente, scuole cattoliche più tipiche che "diventano classiche" e altro ancora. Può darci una breve descrizione di ciò che sta accadendo ora?

                                - Non so se sia un'esplosione o meno, ma di certo è una rinascita! Ogni mese nascono nuove scuole in tutte le regioni del Paese. Personalmente parlo con otto o dieci persone all'anno che stanno per fondare una nuova scuola. È molto eccitante sentire di nuove realtà fondate all'interno della Chiesa e per lo più da laici. Le scuole sono nate per prime, ma stiamo assistendo anche alla nascita di molte nuove iniziative che rispondono alle esigenze di quelle scuole. La rinascita dell'educazione classica sta anche servendo come veicolo creativo per mettere in contatto fedeli cattolici in tutto il Paese che sono coinvolti nel rinnovamento dell'educazione cattolica.

                                Queste nuove scuole rispondono a una richiesta molto reale che esiste nella Chiesa in questo momento. Ci sono molti genitori che desiderano ardentemente un'educazione classica rigorosa, formata e fondata sull'autentico cattolicesimo. Credo che questo sia sicuramente un "momento" per la Chiesa e per l'educazione cattolica. Sta a noi decidere come affrontare questo momento.

                                Una delle cose che mi entusiasmano di più di questo movimento è che ci costringe a rivedere il modello di scuola cattolica e a reimmaginare la nostra comprensione dell'educazione cattolica.

                                Molte di queste scuole sono state fondate da laici. Spesso sono gestite e governate da un consiglio di amministrazione laico. Si stanno lasciando alle spalle un modello che si basava molto sugli ordini religiosi. Capire come gestire le loro scuole dopo la perdita di questi ordini è qualcosa che la Chiesa americana non è riuscita a fare. È molto emozionante, perché invece di gestire il declino, stiamo costruendo qualcosa di nuovo che è vivo e in crescita. Come sottolinea il nostro cappellano, padre Peter Stamm: "Le cose sane crescono".

                                Lei personalmente ha fatto la sua parte per guidare questa tendenza come preside di una nuova scuola cattolica classica. Può dire qualcosa su ciò che lei e la sua comunità avete creato?

                                - Tutto questo è stato una benedizione e una cosa incredibilmente eccitante di cui far parte. La nostra scuola ha 12 anni, io sono qui da 10 anni. Siamo passati da 60 studenti quando sono arrivato a oltre 320 quest'anno. Una scuola che ha iniziato in un ufficio condiviso si è appena trasferita in un edificio scolastico maestosamente bello e dal design classico.

                                Tuttavia, per quanto bella sia la scuola, la cosa più bella di questa scuola è la comunità. Ci sono famiglie che percorrono un'ora di strada, passando davanti a molte scuole, per portare i loro figli alla nostra scuola. Avere una scuola che è allineata alla missione in tutti i suoi aspetti è unico e una benedizione. Abbiamo lavorato duramente per garantire che le famiglie allineate alla missione che desiderano questa istruzione possano accedervi, indipendentemente dalla loro capacità di pagare l'intera retta. Abbiamo lottato per mantenere le tasse scolastiche il più possibile accessibili e continuiamo a investire in un solido programma di assistenza alle tasse scolastiche. L'anno prossimo prevediamo di assegnare più di 1.000.000 di dollari in assistenza alle tasse scolastiche.

                                Amo tutto di questa scuola, ma l'aspetto più importante, senza dubbio, è la comunità. Spesso dico che ciò che amo di più di questa scuola sono gli amici delle mie figlie. È stato così edificante vedere quante famiglie desiderano questa educazione per i loro figli e la considerano un degno investimento di tempo, energia e denaro.

                                Secondo lei, cosa può fare la Chiesa in generale per sostenere questa tendenza nell'educazione cattolica? Penso in particolare ad aiutare a orientare e formare i nuovi insegnanti e il personale quando si tratta di pensare in una direzione che possono trovare poco chiara o addirittura intimidatoria.

                                - Ogni giorno nascono nuove iniziative per affrontare questo momento. Siamo membri dell'Istituto per l'educazione cattolica liberale. Sono stati davvero all'avanguardia nel progettare programmi per sostenere le scuole che stavano cambiando la loro programmazione o che stavano per essere fondate. Molte scuole cattoliche stanno progettando programmi per aiutare a sviluppare gli studenti che vogliono lavorare in queste scuole.

                                Tom Carroll ha fondato il Catholic Talent Project per aiutare a reclutare e formare insegnanti per queste scuole. Stanno accadendo molte cose positive. Credo che questa tendenza non potrà che continuare e avremo bisogno di ancora più iniziative per contribuire a soddisfare questo slancio. Molti sacerdoti hanno sostenuto i nostri sforzi e il nostro seminario locale e i seminaristi sono stati così solidali che mi piacerebbe vedere crescere altre collaborazioni tra i seminari e queste nuove scuole.

                                Inoltre, da una prospettiva ancora più ampia, spero che la Chiesa continui a ispirare e incoraggiare i giovani a studiare letteratura, storia, filosofia... le arti liberali! E confido che lo sforzo di padroneggiare queste grandi discipline ai più alti livelli di istruzione li aiuti a discernere la loro vocazione personale e professionale.

                                Abbiamo reclutato giovani insegnanti di incredibile talento che non hanno studiato educazione in modo esplicito e che tuttavia, grazie a uno stretto tutoraggio, allo sviluppo professionale e, soprattutto, alla profonda saggezza acquisita attraverso i loro studi, sono stati in grado di colpire nel segno come insegnanti.


                                Questo articolo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

                                L'autoreAgenzia di stampa OSV

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                                Rapporti di Roma-3 febbraio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
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                                Papa Francesco ha recitato l'Angelus davanti a più di 20.000 fedeli riuniti in Piazza San Pietro in Vaticano. Durante il suo messaggio, il pontefice ha rivolto un appello speciale alle coppie, invitandole ad accogliere il dono della vita e a valorizzare l'importanza della famiglia come dono divino. Ha inoltre sottolineato la necessità di proteggere e curare la vita in tutte le sue fasi, ricordando il ruolo fondamentale dell'amore e della responsabilità nella costruzione di un futuro più attento e umano.


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                                Vaticano

                                La Giornata della vita consacrata, un antidoto all'individualismo

                                Sia Papa Francesco che il Prefetto per gli Istituti di Vita Consacrata, Suor Simona Brambilla, hanno sottolineato nel fine settimana l'"antidoto all'individualismo solitario" che i voti di vita consacrata rappresentano.    

                                CNS / Omnes-3 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                Il modo in cui le donne e gli uomini consacrati vivono i loro voti di povertà, castità e obbedienza può offrire luce e speranza a un mondo alla ricerca di relazioni autentiche, segnate dall'amore e dal dono di sé, ha detto Papa Francesco in occasione dell'incontro con la comunità internazionale. eves della festa della Presentazione del Signore.

                                In vista della celebrazione della Giornata mondiale di preghiera per i diritti umani da parte della Chiesa cattolica, la Vita consacrataIl Papa ha ringraziato i membri delle congregazioni religiose per la loro testimonianza, notando che essa è "lievito per la Chiesa". 

                                Papa Francesco è stato accompagnato da centinaia di suore, fratelli, vergini consacrate e sacerdoti degli ordini religiosi, tra cui la nuova guida del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, la missionaria della Consolata Simona Brambilla, prefetto, e il cardinale Ángel Fernández Artime, salesiano, pro-prefetto.

                                Portatori di luce e di pace

                                Alla vigilia, il Pontefice ha invitato i consacrati e le consacrate a essere portatori di luce e la pace attraverso i voti di povertà, castità e obbedienza. E ha ricordato che il più importante "ritorno alle origini" "è il ritorno a Cristo e al suo 'sì' al Padre", ha riferito Vatican News.

                                La povertà "è radicata nella vita stessa di Dio, dono eterno e totale reciproco del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Nell'esercizio della povertà, la persona consacrata, con un uso libero e generoso di tutte le cose, diventa per esse portatrice di benedizione".

                                La castità ha la sua "origine nella Trinità e manifesta un riflesso dell'amore infinito che unisce le tre Persone divine". La sua professione, nella rinuncia all'amore coniugale e nel cammino di continenza, riafferma il primato assoluto, per l'essere umano, dell'amore di Dio, accolto con cuore indiviso e nuziale (cfr. 1 Cor 7, 32-36), e lo indica come fonte e modello di ogni altro amore".

                                Obbedienza contro individualismo

                                Sul voto di obbedienza, il Pontefice ha indicato che "è un antidoto a tale individualismo solitario, promuovendo invece un modello di relazione basato sull'ascolto effettivo, in cui al "dire" e all'"ascoltare" segue la concretizzazione dell'"agire", anche a costo di rinunciare ai propri gusti, programmi e preferenze. Solo così, infatti, la persona può sperimentare fino in fondo la gioia del dono, sconfiggendo la solitudine e scoprendo il senso della propria esistenza nel grande disegno di Dio".

                                Suor Simona Brambilla: "passare dall'io al noi".

                                In una riflessione sulla Giornata mondiale pubblicata su L'Osservatore Romano, il Prefetto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, Suor Simona Brambilla ha fatto riferimento al fatto che "il Documento finale del Sinodo sulla sinodalità afferma che 'la vita consacrata è chiamata a sfidare la Chiesa e la società con la sua voce profetica'. 

                                E ha sottolineato: "Papa Francesco ha più volte parlato della chiamata a passare dall'io al noi, della necessità di "incontrarsi in un noi che è più forte della somma delle piccole individualità" (Fratelli tutti, 78), della "sfida a scoprire e trasmettere la mistica del vivere insieme" (Evangelii gaudium, 87), dell'"esperienza liberante e responsabile di vivere come Chiesa la mistica del noi" (Veritatis gaudium sulle università e le facoltà ecclesiastiche, 4)".

                                "Un solo corpo, popolo di Dio

                                "Il processo sinodale ha ripreso, tra le altre, l'immagine paolina dell'unico corpo e ci ha fatto sperimentare il 'sapore spirituale' dell'essere il Popolo di Dio, raccolto da tutte le tribù, lingue, popoli e nazioni, che vivono in contesti e culture diverse. Non è mai la semplice somma dei battezzati, ma il soggetto comunitario e storico della sinodalità e della missione", ha scritto il Prefetto.

                                "Questo è il ritornello che percorre la 'Laudato si' di Papa Francesco. L'immagine del corpo esprime in modo plastico e chiaro il legame che esiste tra noi: noi creature, noi uomini, noi cristiani, noi membra del Corpo di Cristo che è la Chiesa, noi appartenenti a un Istituto di Vita Consacrata, a una Società di Vita Apostolica, a una Famiglia spirituale animata da un carisma unico e originale. Come in un corpo fisico, ogni parte, ogni organo, ogni cellula di un "corpo carismatico" influenza il resto (...).

                                Il carisma è "Spirito, è Vita".

                                Simona Brambilla aggiunge poi: "Il carisma non è proprietà di un Istituto, di una Società, di una Famiglia carismatica. È un dono di Dio al mondo, è Spirito, è Vita. L'Istituto (o Società, o Famiglia) e ogni sorella e fratello che ne fa parte, lo riceve come un dono gratuito, una forza vitale da lasciar fluire creativamente, liberamente, non da 'mummificare' o imbalsamare come un pezzo da museo".

                                Nelle parole di Papa Francesco: "Ogni carisma è creativo, non è una statua da museo, no, è creativo. Si tratta di rimanere fedeli alla fonte originaria cercando di ripensarla ed esprimerla in dialogo con le nuove situazioni sociali e culturali. Ha radici solide, ma l'albero cresce in dialogo con la realtà. Questo lavoro di aggiornamento è tanto più fecondo quanto più è svolto in armonia con la creatività, la saggezza, la sensibilità verso tutti e la fedeltà alla Chiesa" (Al Movimento dei Focolari, 6 febbraio 2021).

                                L'autoreCNS / Omnes

                                Evangelizzazione

                                Sant'Oscar, apostolo della Scandinavia

                                Il santo francese Ansgarius (Oscar) fu vescovo di Amburgo e Brema e gettò i primi semi dell'annuncio della fede in Cristo in Scandinavia. Oggi, 3 febbraio, la Chiesa celebra anche San Biagio, medico e poi vescovo di Sebaste (Armenia) nel IV secolo. San Biagio compì numerosi miracoli e viene invocato per le malattie della gola.   

                                Francisco Otamendi-3 febbraio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

                                Sant'Angario (Oscar), nativo di Corbie (Francia), fu un grande studioso che fin da giovanissimo studiò con i Benedettini presso la Abbazia di Corbie. Mentre era un monaco, fu nominato da Papa Gregorio IV come eredità per tutti i Terre scandinave dell'Europa settentrionale, proclamando il Vangelo in Danimarca e Svezia. Giovanissimo fu vescovo di Amburgo.

                                Anni dopo, a causa delle spinte dei Vichinghi, fu costretto a rifugiandosi a Brema dove, come vescovo, trascorse gli ultimi anni della sua vita lavorando, secondo alcune fonti, all'edizione di una Bibbia per i poveri. Frammenti di questa antica Bibbia sono conservati nella cattedrale della città. Sant'Oscar morì nell'865, senza aver visto il sogno di un profondo evangelizzazione dell'Europa del Nord, ma con la gioia di aver gettato i primi semi della fede in quelle terre.

                                Oggi la Chiesa celebra anche la patrocinio di San Biagio Viene utilizzato dagli otorinolaringoiatri e per i disturbi della gola. Secondo la tradizione, una volta salvò la vita a un bambino che aveva una lisca di pesce incastrata nella gola. Nel XVII secolo, il vescovo e martire San Biagio godeva di grande popolarità come santo protettore contro le malattie, motivo per cui veniva raffigurato nell'immaginario del Cattedrale di Oviedo. Una reliquia del santo è venerata nel monastero delle Pelayas, accanto alla cattedrale, che è molto popolare in tutto il mondo. Paraguay.

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                Evangelizzazione

                                Mons. Martinelli parla di "miracolo" a Dubai e vuole essere in Yemen

                                Il vescovo cappuccino Paolo Martinelli (Milano, 1958) è il Vicario dell'Arabia Meridionale, una giurisdizione ecclesiastica che comprende Yemen, Oman ed Emirati Arabi Uniti. In occasione della sua visita a Madrid, ha dichiarato di voler riprendere la presenza della Chiesa in Yemen. Rivela inoltre che "a Dubai abbiamo la parrocchia più grande del mondo, con più di 150.000 fedeli ogni fine settimana, provenienti da cento Paesi. Tutti migranti. È un 'miracolo'".  

                                Francisco Otamendi-3 febbraio 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

                                All'età di 66 anni, l'italiano Paolo Martinelli mostra la grinta di un giovane di vent'anni. Proprio questa settimana ha predicato gli esercizi spirituali ai sacerdoti di Comunione e Liberazione in Spagna, ed è di ottimo umore. 

                                Martinelli è passato da vescovo ausiliare di Milano (2014) a vicario della giurisdizione ecclesiastica dell'Arabia del Sud (2022), con quasi un milione di fedeli cattolici, provenienti da più di cento Paesi, 65 sacerdoti, 50 suore. "L'Arabia del Sud è una Chiesa di migranti", dice.

                                "Anche il vescovo è un migrante".

                                L'85% proviene dal rito latino e il 15% dalle chiese cattoliche orientali. "Siamo tutti migranti, anche il vescovo è un migrante", ha detto a Madrid. In effetti, alcune centinaia di persone di Comunione e Liberazione lo hanno ascoltato e applaudito di cuore nello spazio della Fondazione Paolo VI, e chissà se ha anche infilato l'arpione missionario in più di un partecipante. 

                                Sul manifesto, sotto il titolo del colloquio con José Luis Restán ("Essere cristiani in Medio Oriente"), c'era una sua frase, che ha poi sviluppato: "Essere in missione significa essere inviati da qualcuno, a qualcuno, con qualcuno".

                                Dalla città al deserto

                                Martinelli è passato dalla città a un deserto con infrastrutture gigantesche e intelligenti, circondato da migranti. Un luogo unico anche dal punto di vista ambientale, il deserto. "Ero seguito da alcuni frati e c'erano 42 gradi all'ombra". Ha concluso dicendo che l'Arabia meridionale è un "laboratorio per il futuro della Chiesa".

                                "Il mio predecessore (Paul Hinder, 80 anni, da 20 anni nel Golfo), era anch'egli cappuccino, tre quarti del clero sono cappuccini (45 su 65 sacerdoti), e non pochi di loro erano stati miei allievi a Roma. Mi sono reso conto che il mio Ordine è impegnato in questa terra dalla prima metà del XIX secolo. Ecco perché, il vescovo lì è quasi sempre stato un cappuccino. "Questa elezione di Papa Francesco ha realizzato qualcosa che era scritto nella mia vita. Sono venuto in Arabia perché sono stato mandato in Arabia".

                                EAU: 7 emirati con 9 milioni di migranti

                                Gli Emirati Arabi Uniti (EAU), centro e sede del vicariato, sono un'unione di 7 emirati dal 1971. Lo Stato è ufficialmente islamico. Il presidente è l'emiro di Abu Dhabi, che ha una popolazione di 10 milioni di abitanti, di cui 9 milioni sono immigrati: 4,5 milioni sono indiani e, oltre all'Islam, vi sono cristiani, buddisti, ecc. I Paesi di provenienza sono quasi duecento, e "nel vicariato abbiamo un milione di cattolici, di cui 850.000 vivono negli emirati. La maggior parte di loro sono filippini, molti indiani e di altri Paesi", ha spiegato al convegno.

                                Fin dall'inizio gli Emirati hanno avuto un atteggiamento molto tollerante verso tutte le culture e le religioni. Abbiamo persino un Ministero della Tolleranza e della Coesistenza", ha aggiunto.

                                "È sorprendente che modernità e tradizione coesistano pacificamente, a differenza della situazione occidentale. Il padre della nazione è stato un grande visionario e lo sviluppo del Paese è stato molto rapido.

                                "La politica migratoria è stata molto attenta. C'è una presenza importante di lavoratori, in vari gruppi. Molti arrivano senza famiglia. La Chiesa cerca di avere un rapporto stabile con tutti loro, promuovendo iniziative di sostegno e di contatto con i cattolici che desiderano vivere una vita di fede".

                                "Il miracolo di Dubai

                                Mons. Martinelli dice che "abbiamo 9 parrocchie nei vari emirati. A Dubai abbiamo la parrocchia più grande del mondo, con più di 150.000 fedeli ogni fine settimana. È un miracolo rendere possibile a tutti la partecipazione alla Messa e alla catechesi, è davvero un miracolo. Siamo tutti migranti, una Chiesa in continuo movimento, la cui organizzazione dipende dal lavoro dei suoi fedeli, provenienti da cento Paesi.

                                Per questo motivo, aggiunge, "la parrocchia è strutturata in comunità linguistiche, che sono il primo segno della vicinanza della Chiesa alla gente. Esse si prendono cura dei nuovi arrivati, li aiutano a mantenere le loro tradizioni, la loro lingua, ecc.

                                "Quando Papa Francesco in visita negli Emirati Arabi Uniti, ha affermato che la vocazione di questa chiesa è quella di essere "una polifonia della fede". In questo modo, la vera fede viene vissuta universalità della Chiesa. Pur essendo diversi, abbiamo ricevuto lo stesso Battesimo, la stessa Fede, lo stesso Spirito.

                                "È Cristo che manda"

                                Cosa significa essere inviati? "In aereo ho riflettuto: missione significa che qualcuno ti manda. È Cristo che manda. Gesù ha detto: come il Padre ha mandato me, così io mando voi. Attraverso qualcuno, attraverso la Chiesa, attraverso il Papa, attraverso una chiamata che ricevi inaspettatamente".

                                "Poi ho pensato: non vado da solo. Vado con qualcuno, il tema della missione è sempre una comunione, con i miei fratelli, i sacerdoti, sarebbe impossibile essere lì da solo; è stato anche un grande aiuto conoscere alcune famiglie del Movimento, soprattutto alcuni sacerdoti. Memores Dominisono un dono speciale", e ha citato specificamente Giussani.

                                "E a qualcuno: penso soprattutto a tutti i migranti che vivono nel Golfo. La nostra è una Chiesa di migranti.

                                "Essere inviati ti fa amare le persone".

                                "Sono lì per confermarli nella loro fede e per essere un segno di unità. Allo stesso tempo, riconosco di essere inviato ai fedeli di altre religioni, in particolare ai fedeli dell'Islam, sull'esempio di San Francesco d'Assisima anche gli indù e tanti altri", ha aggiunto ieri. "Per testimoniare il Vangelo, per riconoscere in loro il barlume di quella verità che illumina tutti gli uomini e per lavorare insieme per un mondo più fraterno e umano".

                                In breve, "la parola missione, l'esperienza dell'invio è un principio di azione perché ti muove, ti mette in movimento, un principio di conoscenza e un principio di affetto. Essere inviati fa amare le persone".

                                Yemen: ristabilire la presenza della Chiesa

                                Tre frasi su altri Paesi del vicariato dell'Arabia meridionale. In primo luogo, su YemenPer noi è di fondamentale importanza storica, perché il Vicariato Apostolico d'Arabia è nato nello Yemen 135 anni fa e la sua sede era lì.

                                Dopo dieci anni di guerra civile, rimane ben poco. Tutte e quattro le chiese sono in rovina e solo nel nord, sotto il controllo dei ribelli huthi, esistono due comunità di Missionarie della Carità (Santa Teresa di Calcutta), che svolgono una grande opera di carità, e un sacerdote. Nel 1998 e nel 2026, le suore di Madre Teresa hanno subito attentati che sono costati la vita a 7 suore, martiri del nostro tempo, come le ha definite Papa Francesco. 

                                Sono rimaste solo poche centinaia di cattolici. Quasi tutti i migranti hanno lasciato lo Yemen. "Il mio desiderio più grande sarebbe quello di ripristinare la presenza della Chiesa in Yemen, dove ci sono cattolici autoctoni, cosa che non avviene in altri Paesi del Golfo. 

                                La situazione interna tra il Nord e il Sud dello Yemen "è ora abbastanza calma rispetto al passato. Preghiamo che si aprano nuove strade per la presenza cristiana e speriamo che la tregua tra Hamas e Israele possa portare qualche cambiamento anche nello Yemen".

                                Buone relazioni con l'Oman

                                La situazione in Oman è molto diversa, perché la violenza è rifiutata, ha spiegato il vicario Martinelli. Il Paese è un sultanato e la popolazione è molto docile: "Sono gli interlocutori dello Yemen e comunque i nostri rapporti con le autorità omanite sono molto buoni, così come quelli del nunzio. Abbiamo quattro parrocchie, anche se per ora non ci sono scuole, e i buoni rapporti con la Santa Sede fanno sì che in futuro ci possano essere nuove parrocchie, e forse un asilo".

                                Pensiamo che in Oman ci siano molti cattolici, ma non sono coinvolti nella vita della Chiesa, forse per la distanza dai luoghi di culto, perché non hanno un veicolo, considera il vicario. È il caso dei filippini, più di 45.000 in Oman, e quasi tutti cattolici. Ci sono anche cattolici indiani. 

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                La proposta pro-vita di J.D. Vance

                                La storica Marcia per la Vita di Washington ha avuto tra i suoi oratori il nuovo Vicepresidente J.D. Vance. La sua storia personale spiega il suo forte impegno per la difesa della vita.

                                3 febbraio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

                                Il 24 gennaio 2025 si è svolta a Washington l'imponente e storica Marcia per la Vita, pochi giorni dopo che Trump aveva firmato diversi ordini esecutivi - tra cui il Born-Alive Abortion Survivor Protection Act - come riportato da Omnes nel articolo di María Wiering e Marietha Góngora V. (Notizie OSV)L'articolo metteva in evidenza il discorso del Vicepresidente degli Stati Uniti d'America in occasione dell'imponente giornata pro-vita. Ma chi è e da dove viene il suo impegno per la vita?

                                James David Vance compie 40 anni il 2 agosto 2024. È nato a Middletown, in Ohio. Figlio di una famiglia disastrata e di una madre tossicodipendente, è stato un marine e ha prestato servizio nella guerra in Iraq, poi ha frequentato la facoltà di legge, conseguendo il dottorato a Yale nel 2013. Nel 2014 ha sposato Usha, una compagna di corso di legge di Yale. Vive a Cincinnati, Ohio, e ha tre figli. Nel 2016 ha scritto un libro che spiega il suo background e le sue idee".Hillbilly, un'elegia rurale".

                                Nel 2017 ha iniziato a lavorare per Revolution LLC nella Silicon Valley. Nel 2019 è stato accolto nella Chiesa cattolica e ha scelto Sant'Agostino d'Ippona come patrono della cresima, per la sua capacità di trasmettere la fede. Dello stesso anno è il suo famoso articolo, intitolato "Un'elegia per il sogno americano", pubblicato sulla rivista digitale Unherd nel 2019. Nel 2023 viene eletto senatore dell'Ohio, dopo alcuni anni di preparazione alla carriera politica. Nel luglio 2024 è stato scelto da Trump come candidato alla vicepresidenza degli Stati Uniti, nonostante in passato fosse stato un suo strenuo oppositore. Attualmente è vicepresidente degli Stati Uniti..

                                Nel già citato articolo di Unherd, ripubblicato dalla stessa rivista nel luglio 2024, spiega brevemente le sue idee conservatrici, che derivano in gran parte da una mancanza nella sua infanzia, come l'assenza di una famiglia strutturata.

                                Una delle sue grandi priorità è la vita e la sua difesa, come si legge in questo pezzo: "Quando penso alla mia vita, ciò che ha reso la mia vita migliore è il fatto che sono padre di un bambino di due anni. Quando penso ai demoni della mia infanzia e al modo in cui quei demoni sono svaniti nell'amore e nelle risate del mio figlio maggiore; quando guardo i miei amici che sono cresciuti in circostanze difficili e sono diventati genitori e sono diventati più legati alle loro comunità, alle loro famiglie, alla loro fede, grazie al ruolo dei loro figli, dico che vogliamo bambini non solo perché sono economicamente utili. Vogliamo più bambini perché i bambini sono buoni".

                                Questa testimonianza permette di comprendere meglio il discorso tenuto alla Marcia per la Vita, quando ha detto: "Lasciatemi dire molto semplicemente: voglio più bambini negli Stati Uniti d'America: Voglio più bambini negli Stati Uniti d'America". Questa rinascita pro-vita sta passando inosservata in Europa, ma alla fine contribuirà a fermare questo genocidio silenzioso che sta devastando il mondo.

                                L'autoreÁlvaro Gil Ruiz

                                Professore e collaboratore regolare di Vozpópuli.

                                Per saperne di più
                                Mondo

                                Cristianesimo e modernità nel pensiero di san Josemaría

                                In occasione dell'anniversario della "Gaudium et spes" e come percorso di riflessione verso il centenario della fondazione dell'Opus Dei, la Pontificia Università della Santa Croce ha preparato un programma triennale di approfondimento, con seminari e incontri di esperti, su temi quali il rapporto tra fede e cultura, il lavoro e il ruolo dei cristiani nella società.

                                Giovanni Tridente-2 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                In occasione del 60° anniversario della pubblicazione della Costituzione pastorale "....".Gaudium et spes"La Pontificia Università della Santa Croce ha preparato un programma triennale di riflessione sul rapporto tra fede e cultura, sul significato del lavoro e sul ruolo dei cristiani nella promozione del bene comune, con seminari e incontri di esperti, come modo per riflettere sul centenario della fondazione dell'Opus Dei (1928-2028).

                                Il secondo evento di questa iniziativa si è svolto lunedì 13 gennaio, nell'Aula Alvaro del Portillo, con la partecipazione di Luis Romera, professore di Metafisica nella Facoltà di Filosofia, e Giuseppe Tanzella-Nitti, professore di Teologia fondamentale nella Facoltà di Teologia, che hanno parlato sul tema "Identità e telos delle realtà secolari alla luce del pensiero di San Josemaría". 

                                Il lavoro come strumento di santificazione

                                Il dibattito è stato aperto da Luis Romera, con una riflessione sulla centralità del lavoro nel pensiero del fondatore dell'associazione. Opus DeiIn questo modo, ogni attività umana, anche la più apparentemente ordinaria, acquista un valore trascendente. "Il lavoro non è solo un mezzo di sussistenza, ma una chiamata a partecipare al piano creativo e redentivo di Dio", ha spiegato, riprendendo il numero 40 della "Gaudium et spes".

                                Il filosofo ha poi citato il teologo tedesco Gerhard Lohfink, per sottolineare come il Regno di Dio non sia relegato all'escatologia, ma si realizzi nel presente attraverso l'azione responsabile dei credenti. Ha poi ribadito l'importanza del lavoro come mezzo per rendere visibile l'amore di Dio: "Cristo è presente nel cuore stesso del lavoro umano: lo ispira, lo trasforma e lo orienta verso il Padre", ha aggiunto.

                                In un passaggio centrale, Romera ha sottolineato che questa visione richiede una profonda formazione teologica e intellettuale, capace di coniugare competenza e fede. Infatti, "non basta conoscere il catechismo; è necessario comprenderlo a fondo, perché solo così il cristiano può vivere autenticamente il suo impegno nel mondo".

                                Il professore di Metafisica ha concluso il suo intervento ricordando con forza il ruolo del cristiano come costruttore del Regno di Dio attraverso il suo lavoro: "ogni gesto, ogni attività, se fatta in Cristo, può contribuire a rendere visibile l'amore di Dio nel mondo". E non si tratta di "un'utopia lontana, ma di una realtà che si costruisce nel presente", poiché ogni cristiano "è chiamato a trasformare le realtà secolari, rendendole un riflesso dell'amore di Dio".

                                Autonomia e libertà filiale

                                L'intervento di Giuseppe Tanzella-Nitti si è concentrato sui numeri 33-39 della "Gaudium et spes", dedicati al tema dell'autonomia delle realtà terrene. Il teologo ha analizzato come la modernità abbia trasformato il concetto di autonomia in una pretesa di autoaffermazione e di rifiuto di Dio, portando a risultati come il relativismo e il nichilismo. Piuttosto, ha spiegato, citando autori come Cornelio Fabro e Augusto Del Noce, "la modernità ha frainteso l'autonomia, separandola dal suo legame ontologico con Dio".

                                Lo studioso ha poi sottolineato che nel pensiero di San Josemaría ci sono elementi preziosi per superare questo equivoco, poiché "autonomia e filiazione non si escludono a vicenda, ma si rimandano l'una all'altra". Inoltre, la vera libertà non è opposizione a Dio, ma relazione filiale con Lui.

                                Particolarmente incisivo è stato il riferimento alla "forma Christi", cioè alla capacità del cristiano di trasformare il mondo secolare dall'interno, ispirato dalla carità e dalla filiazione divina. "La libertà filiale non diminuisce l'autonomia dell'uomo, ma ne è il fondamento e la forza", ha aggiunto.

                                Lo stesso vale per la questione della laicità cristiana, che si distingue dalla secolarizzazione. Infatti, la laicità cristiana "non nega l'autonomia delle realtà terrene, ma le riconosce come spazio per vivere la fede. È il luogo in cui la creatura esercita la sua libertà nella carità, conducendo il mondo verso la sua pienezza in Cristo".

                                Concludendo il suo intervento, il teologo ha rivolto un invito alla pratica, concretizzando questa sintesi tra cristianesimo e modernità al di là della riflessione teorica e attraverso "esperienze di vita che rivelino come la forma Christi possa informare tutti gli aspetti dell'esistenza umana". 

                                Prossima iniziativa

                                La prossima iniziativa prevista dalla Santa Croce in questo programma triennale di approfondimento verso il centenario dell'Opus Dei sarà un incontro di esperti che rifletteranno sulle Immagini del lavoro umano nel pensiero contemporaneo. Si terrà il 29 e il 30 maggio e per l'occasione sarà organizzato un invito a presentare proposte di documenti.

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                                Evangelizzazione

                                Santa Brigida di Kildare, badessa e co-patrona d'Irlanda

                                Il 1° febbraio la Chiesa celebra Santa Brigida, fondatrice di uno dei primi monasteri in Irlanda, a Kildare. Fu una fedele continuatrice dell'opera di evangelizzazione di San Patrizio e condivide il patrocinio dell'Irlanda con San Patrizio e San Colombano. È considerata la prima monaca irlandese.  

                                Francisco Otamendi-1 febbraio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

                                Esistono numerosi scritti che attestano il culto di Santa Brigida in Irlanda, ma non ci sono molti fatti accertati sulla sua vita. Secondo la storia, nacque nel V secolo a Faughart, vicino a Dunkalk, in un periodo in cui si svolgeva l'evangelizzazione dell'Europa, e fin da giovane si consacrò a Dio e fu scelta da Lui. Si recò a conto che sua madre la mandò a raccogliere il burro che le donne facevano con il latte delle mucche e lo diede ai poveri.

                                Si sa molto poco della grande fondazione religiosa di Kill-dara (il tempio della quercia) e del suo dominio. Si suppone che fosse un "doppio monastero", cioè che comprendesse sia uomini che donne, come era pratica comune tra i Celti. È molto probabile che Santa Brigida presiedeva entrambe le comunità. A questo santo irlandese sono attribuiti a numerosi miracoli, come ridare la vista ai ciechi, sedare le pestilenze, moltiplicare il cibo e persino trasformare l'acqua in birra per dissetarsi durante le celebrazioni religiose. È anche conosciuta come la patrona dei lattai.

                                Santa Brígida è stata rappresentato nel arte con la chiesa di Kildare in fiamme. Grazie ad essa, il paganesimo del luogo fu sostituito dal fuoco della Pasqua di Cristo. L'immagine della quercia è legata a quella del roveto ardente, poiché si trova vicino al tabernacolo. La Vergine che genera il corpo di Cristo è il roveto ardente, la Chiesa è questo roveto ardente. 

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                Cultura

                                Gesù di Nazareth e la storia

                                Con l'Illuminismo e la secolarizzazione, molte cose date per scontate sono state messe in discussione, fino a negare l'esistenza storica di Gesù di Nazareth e la sua identità divina.

                                Gerardo Ferrara-1 febbraio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

                                Viviamo in un'epoca di grande incertezza. Spesso crediamo ciecamente a ciò che ci propongono gli influencer sui social media, senza approfondire. Eppure siamo affamati di verità e di certezze.

                                Lo stesso è accaduto alla fede cristiana negli ultimi due secoli: con l'Illuminismo e la secolarizzazione, molte cose che erano date per scontate sono state messe in discussione, fino a negare l'esistenza storica di Gesù di Nazareth, nonché la sua identità divina. Allo stesso tempo, si dà credito a sedicenti storici che diffondono teorie prive di fonti e di basi solide.

                                Per coloro che desiderano avvicinarsi alla figura storica di Gesù, verrà effettuata una ricognizione delle fonti e dei metodi di ricerca sul Nazareno che segue una serie di articoli già pubblicati da Omnes sulla vita di Gesù di Nazareth, il suo ambiente culturale e geografico e la sua morte.

                                Che cos'è la storia?

                                Iniziamo a definire che cos'è la storia. Innanzitutto, va notato che il termine deriva dal greco ἱστορία (historia) che significa ricerca, e ha la stessa radice ιδ- del verbo ὁράω (orao, vedere, vedere, verbo con tre radici: ὁρά-; ιδ-; ὄπ-). Il perfetto ὁίδα, òida, significa quindi letteralmente "ho visto", ma, per estensione, "so". Si riferisce, in pratica, all'osservare e, di conseguenza, al conoscere dopo aver sperimentato: lo stesso senso che troviamo anche nella radice del verbo latino video (v-id-eo e nel termine di origine greca "idea"). Aggiungerei, inoltre, che un requisito della ricerca storica è, oltre al senso critico, l'intelligenza, nel senso letterale della parola latina: intus lĕgĕre, cioè leggere dentro, approfondire, mantenendo la capacità di considerare l'insieme dei fatti e degli eventi.

                                Il metodo storico-critico

                                L'Illuminismo ha sollevato dubbi sulla figura del Nazareno, ma ha anche dato impulso allo sviluppo della ricerca storica attraverso il metodo storico-critico, volto a valutare l'attendibilità delle fonti. Questo metodo, sviluppato a partire dal XVII secolo, viene applicato non solo ai Vangeli, ma a qualsiasi testo trasmesso in diverse varianti, al fine di ricostruirne la forma originale e verificarne il contenuto storico.

                                Negli ultimi 150 anni, la necessità di fondare storicamente la dottrina cristiana ha portato la Chiesa cattolica a riaffermare con forza la storicità dei Vangeli, mentre storici, studiosi e archeologi hanno utilizzato il metodo storico-critico per distinguere tra il "Gesù storico" e il "Cristo della fede". Tuttavia, un'applicazione troppo ideologica di questo metodo ha spesso portato a una netta separazione tra il Gesù precristiano e il "Cristo della fede". Pasqua e il Cristo post-pasquale. Per rispondere a questi dubbi, la Chiesa ha approfondito lo studio esegetico e archeologico, riaffermando nel Concilio Vaticano II ("...") che "l'interpretazione propria della Chiesa della morte di Cristo e della risurrezione del Cristo del mistero pasquale" è una interpretazione "molto importante".Dei Verbum") "fermamente e senza alcuna esitazione la storicità" dei Vangeli, che "trasmettono fedelmente ciò che Gesù, Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, ha effettivamente fatto e insegnato per la loro salvezza eterna, fino al giorno in cui è stato assunto in cielo".

                                La posizione della Chiesa unisce quindi il "Gesù storico" e il "Cristo della fede" in un'unica figura. Tuttavia, la grande maggioranza degli storici - cristiani, ebrei, musulmani o non credenti - non dubita dell'esistenza storica di Gesù di Nazareth. Al contrario, le prove storiche e archeologiche a suo favore continuano a crescere, rafforzando l'affidabilità dei Vangeli e degli altri scritti del Nuovo Testamento.

                                L'approccio del "Gesù storico

                                Oggi, la maggior parte degli storici concorda sull'esistenza storica di Gesù, con un numero crescente di prove storiche e archeologiche a sostegno. Questo perché la ricerca storica si è sviluppata intorno alla sua figura in tre fasi principali:

                                1. Prima o Vecchia Ricerca, iniziata da Hermann S. Reimarus (1694-1768) e proseguita da studiosi come Ernest Renan, autore della famosa "Vita di Gesù". Questa fase, influenzata dal razionalismo illuminista, negava sistematicamente tutti i fatti prodigiosi legati alla figura di Gesù, senza metterne in dubbio l'esistenza. Tuttavia, si scontrò presto con i propri limiti ideologici, come sottolineò Albert Schweitzer. Infatti, nessuno dei protagonisti di questa fase di ricerca ha mai prestato attenzione al contesto storico e alle fonti archeologiche, anche se lo stesso Renan si riferiva romanticamente alla Palestina come a un "quinto vangelo".
                                2. New Quest o Second Quest, iniziata ufficialmente nel 1953 dal teologo luterano Ernst Käsemann, ma in realtà già avviata da Albert Schweitzer, che sottolineò i limiti della prima. Si contrapponeva a una fase precedente, chiamata No Quest, sostenuta da Rudolf Bultmann, convinto che la ricerca storica su Gesù fosse irrilevante per la fede cristiana. La Second Quest rifiutava il rifiuto ideologico del "Cristo della fede", adottando un approccio più critico e integrativo, che includeva gli eventi prodigiosi senza escluderli a priori.
                                3. Terza ricerca, oggi predominante. 

                                La terza missione

                                Mentre la Prima Ricerca è stata condizionata dall'ideologia razionalista e la Seconda Ricerca ha introdotto un approccio più equilibrato, la Terza Ricerca si caratterizza per una maggiore attenzione al contesto storico e all'interdisciplinarità, combinando filologia, archeologia ed ermeneutica. Oggi, grazie a questo metodo, abbiamo un quadro sempre più solido dell'esistenza storica di Gesù e della sua rilevanza nella storia del I secolo.

                                Gli esponenti di questa Terza Ricerca partono dall'assunto formulato da Albert Schweitzer: non si può rifiutare ideologicamente tutto ciò che nei Vangeli e nel Nuovo Testamento ha un carattere miracoloso, liquidandolo perché non conforme ai canoni del razionalismo illuminato. Inoltre, come aggiunge Benedetto XVI (esponente della Third Quest, insieme ad autori e scienziati come gli italiani Giuseppe Ricciotti e Vittorio Messori, l'ebreo israeliano David Flusser e il tedesco Joachim Jeremias) nel suo libro Gesù di Nazareth, i limiti del metodo storico-critico consistono sostanzialmente nel "lasciare la parola nel passato", senza riuscire a renderla "attuale, oggi"; nel "trattare le parole che abbiamo davanti come parole umane"; infine, nel "suddividere ulteriormente i libri della Scrittura secondo le loro fonti, ma l'unità di tutti questi scritti come Bibbia non risulta come un fatto storico immediato".

                                La Terza Ricerca ricorre all'analisi testuale e all'ermeneutica per avvicinarsi il più possibile alla forma originale delle fonti prese in esame (in questo caso quelle relative a Gesù) e comprende, come abbiamo detto, studiosi come l'ebreo israeliano David Flusser (1917-2000), autore di scritti fondamentali sul giudaismo antico e convinto, come molti altri ebrei contemporanei, che i Vangeli e gli scritti paolini rappresentino la fonte più ricca e affidabile per lo studio del giudaismo del Secondo Tempio, come molti altri ebrei contemporanei, che i Vangeli e gli scritti paolini rappresentino la fonte più ricca e affidabile per lo studio del Giudaismo del Secondo Tempio, data la perdita di altri materiali contemporanei a causa delle distruzioni causate dalle Guerre Giudaiche (tra il 70 e il 132 d.C.).c.).

                                Nei prossimi articoli vedremo come questa metodologia sia già stata applicata dalla Chiesa, nel corso dei secoli, alle fonti storiche e archeologiche riguardanti la figura di Cristo.

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                                Separazione Stato-Chiesa

                                Il cardinale Fernando Sebastián è stato una figura chiave della transizione spagnola, con una profonda influenza sulla separazione tra Chiesa e Stato. Ha partecipato a incontri decisivi con i leader politici di entrambe le parti, contribuendo alla creazione di una democrazia libera e pluralista.

                                1 febbraio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                Ho avuto l'immensa fortuna di essere allievo del cardinale Fernando Sebastián, un vero uomo di Dio che ha svolto un ruolo chiave nella transizione politica in Spagna. In contrasto con il pensiero corrente, ci spiegò come fosse proprio la Chiesa la più impegnata nella separazione tra Chiesa e Stato.

                                Rettore della Pontificia Università di Salamanca dal 1971, la sua enorme statura intellettuale portò il cardinale Tarancón, allora presidente della Conferenza episcopale spagnola, a sceglierlo come suo fidato consigliere. Lo accompagnava negli incontri segreti che teneva con i principali leader della destra e della sinistra, alcuni dei quali erano ancora in clandestinità. Ordinato vescovo nel 1979, fu segretario generale dei vescovi spagnoli negli anni '80 e vicepresidente in vari momenti dei due decenni successivi. Testimone d'eccezione e, in più occasioni, protagonista di quegli eventi storici, ci ha ricordato che la dottrina sociale e politica emersa dal Concilio Vaticano II è stata la chiave per portare la Spagna alla democrazia in modo pacifico.

                                Nel famoso testo: Affermazioni per un tempo di ricerca (1976)firmata da diversi vescovi e teologi, D. Fernando chiedeva di "differenziare la Chiesa dalla società civile, dalle sue istituzioni e dai suoi obiettivi". La posizione della Chiesa in quel momento era di non accettare alcun tipo di privilegio, al di là della libertà religiosa e del riconoscimento della Chiesa cattolica in uno Stato non confessionale, come infine sancito dalla Costituzione del 1978.

                                Ricordo il saggio e amato professore perché sono un po' stufo, come cittadino, di dover tacere quando alcuni cercano di presentare un'immagine antidemocratica della Chiesa spagnola. Questo pregiudizio di una Chiesa avida di potere politico, che cerca solo privilegi e non dà valore alla libertà, è una grande menzogna, per quanto rumore possano sempre fare le persone o i gruppi di minoranza su questa o quella particolare via d'uscita.

                                Nel suo "Ricordi con speranza" (Encuentro, 2016), il Cardinale ha espresso la sua tristezza per questa manipolazione della memoria del ruolo della Chiesa cattolica in quegli anni difficili: "Ho l'impressione che oggi il contributo della Chiesa all'avvento pacifico della democrazia in Spagna sia stato un po' dimenticato. Il rinnovamento del Concilio", ha ricordato, "ha aiutato noi cattolici spagnoli a sostenere con decisione l'instaurazione di una società libera e aperta, rispettosa delle libertà politiche, culturali e religiose di tutti, senza privilegi di alcun tipo".

                                Ciò che è paradossale è che coloro che oggi continuano con il ritornello, abusando dei presunti privilegi della Chiesa cattolica e chiedendo una separazione Chiesa-Stato ancora maggiore, dall'altra parte ribaltano la situazione e vogliono sottomettere la fede della Chiesa ai presupposti morali e ideologici del partito. Non si vuole più confinare la voce della Chiesa nelle sacrestie, ma si vuole che siano loro, dalle sacrestie, a interpretare il Vangelo e la tradizione ecclesiale e a spiegarla ai fedeli. In una sorta di cesaropapismo estemporaneo, minacciano con leggi e sanzioni coercitive, intimidendo il personale e mettendo in pericolo la libertà religiosa, quella per cui gli spagnoli hanno combattuto e votato, invadendo l'indipendenza e l'autonomia delle confessioni religiose nel proprio ambito.

                                Forse dovremmo scendere in piazza per chiedere non la separazione tra Chiesa e Stato, ma la separazione tra Stato e Chiesa, perché se continuiamo così corriamo il rischio di ritrovarci con una Chiesa nazionale come quella cinese.

                                In giorni come questi, in cui la Transizione viene riletta in modo autoreferenziale, concludo con un altro monito profetico che ho trovato nelle memorie di D. Fernando, la cui morte, tra l'altro, risale a sei anni fa: "Non abbiamo ancora superato i resabios anticlericali", diceva il saggio professore. È vero che il clericalismo è stato forte tra noi. Ma le cose sono cambiate quasi cinquant'anni fa. Nonostante ciò, le nostre sinistre sono ancora determinate a imporre quello che chiamano "Stato laico", con una laicità escludente e antireligiosa che è chiaramente anticostituzionale. La tentazione di un laicismo escludente mina la chiarezza democratica della nostra società. Le restrizioni alla piena libertà religiosa dei cittadini sono un deficit di democrazia". Attenzione, stiamo facendo una scommessa.

                                L'autoreAntonio Moreno

                                Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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                                Vaticano

                                Sacerdote spagnolo in Cina: "Il cristianesimo in Cina è silenzioso, ma ha radici profonde".

                                Da anni gli analisti dell'informazione religiosa discutono se l'accordo provvisorio tra il governo cinese e il Vaticano per la nomina dei vescovi sia positivo. Abbiamo intervistato un sacerdote spagnolo che lavora in Cina sulla situazione della Chiesa nel Paese.

                                Javier García Herrería-31 gennaio 2025-Tempo di lettura: 12 minuti

                                Padre Esteban Aranaz è un sacerdote aragonese, incardinato nella diocesi di Tarazona (Saragozza) e svolge il suo ministero pastorale in Cina. È a Shanghai da quasi dieci anni, anche se il suo lavoro sacerdotale in Asia è iniziato 22 anni fa a Taiwan, dove ha lavorato per sette anni. Prima di partire per la Cina è stato Rettore del Seminario Maggiore e Direttore dell'Istituto Teologico della sua Diocesi, professore della stessa e Vicario Generale a Tarazona. Parla il mandarino e altre sette lingue. È appassionato di arte e musica.

                                Abbiamo parlato con lui della situazione della Chiesa in Cina e della sua valutazione del funzionamento della Chiesa. accordo tra la Chiesa e il governo cinese per la nomina dei vescovi. Si stima che in Cina vi siano tra i 15 e i 20 milioni di cattolici, che rappresentano circa l'1% della popolazione. In confronto, la comunità evangelica è un po' più numerosa.

                                Ci dica chi è, da quanto tempo è in Asia e in Cina e in cosa consiste il suo lavoro pastorale.

                                - Sono un sacerdote diocesano di Tarazona, Spagna. Il mio lavoro sacerdotale in Asia è iniziato 23 anni fa a Taiwan. Sono rimasto lì per sette anni prima di trasferirmi a Shanghai, dove mi trovo ormai da dieci anni. 

                                Il mio lavoro in Cina si concentra sulla cura pastorale della comunità cattolica di lingua spagnola e portoghese a Shanghai e della comunità Yiwú nella provincia di Zhejiang. Inoltre, mi reco mensilmente a Pechino per altre attività pastorali, dove tengo anche due ritiri per i giovani.

                                Come è possibile che possa lavorare in Cina? Non è previsto che i sacerdoti stranieri lavorino lì?

                                - Ci sono restrizioni sulla presenza di sacerdoti stranieri in Cina, ma il mio lavoro rientra in un quadro autorizzato per la comunità straniera e la mia situazione è migliorata notevolmente negli ultimi tre anni. Ufficialmente svolgo il mio ministero per i cattolici di lingua spagnola e portoghese, ma grazie ai contatti personali e all'amicizia ho anche un rapporto significativo con molti cinesi. Dallo scorso Natale, infatti, sono organista della Cattedrale di Shanghai.

                                Anche se dedico la mia attività ministeriale esclusivamente agli stranieri, lavorare in Cina implica comunque adattarsi a una realtà complessa. Non si tratta solo di restrizioni amministrative, ma anche di sapersi muovere con prudenza e discrezione, rispettando sempre il quadro giuridico di un Paese che finalmente ti apre le porte e ti accoglie. Ecco perché, sebbene il numero di conversioni ogni anno sia significativo, la crescita della Chiesa in Cina non è né massiccia né rumorosa, ma si sviluppa in piccoli circoli, nella vita quotidiana, nella fiducia che si genera con ogni persona. La fede qui è un seme che cresce silenziosamente, ma ha radici profonde.

                                Come sono i cattolici cinesi e come viene vissuta la fede in Cina?

                                - La pietà dei cattolici cinesi è impressionante. In Asia, in generale, c'è una grande riverenza per la religione, che in Cina si riflette in una partecipazione molto attiva alla liturgia. Nella Cattedrale di Shanghai, ad esempio, la domenica si riuniscono fino a 700 fedeli per ogni funzione con un atteggiamento di profonda fede e devozione. 

                                A differenza di molti cattolici in Occidente, qui è comune vedere i fedeli, molti dei quali molto giovani, partecipare attivamente alla Messa e mantenere una postura di profonda pietà. I gesti sono molto importanti: inginocchiarsi, tenere le mani sempre unite, sono espressioni che parlano di una fede profonda di fronte al mistero. La liturgia è molto curata e i cori sono eccezionali, poiché la musica è molto apprezzata dai cinesi.

                                Gli stranieri sono molto sorpresi da questo fervore. Molti sono colpiti dalla profondità e dal rispetto con cui i cinesi vivono la loro fede. Raccomando sempre ai visitatori del Paese di assistere a una Messa in cinese, anche se non capiscono la lingua. L'atteggiamento e la devozione dei fedeli parlano da soli.

                                Che ruolo ha la comunità cattolica nella società cinese?

                                - La presenza della Chiesa in Cina è sia culturale che sociale. Per questo non si può parlare della fede cattolica come di una fede di stranieri come in passato. In Cina c'è almeno una chiesa cattolica in quasi ogni città, per quanto piccola. Inoltre, in molte diocesi ci sono case per anziani e orfanotrofi gestiti da suore o fedeli laici. Tuttavia, l'accesso a determinati spazi pubblici e responsabilità all'interno dello Stato è ancora limitato per i credenti, almeno ufficialmente.

                                In alcune province, come Hebei e Shanxi, la presenza cattolica è più visibile, con grandi comunità e chiese ben tenute. Tuttavia, la Chiesa rimane una comunità minoritaria e non ha la stessa influenza sociale di altri Paesi.

                                In che modo le politiche del governo cinese influenzano la formazione di nuovi sacerdoti e l'educazione religiosa dei fedeli?

                                - La Cina ha diversi seminari prestigiosi, come il seminario diocesano di Pechino o il seminario nazionale sempre nella capitale, che ospita più di 100 seminaristi e più di 30 religiose come centro di formazione. Va detto che la formazione è seria e ben strutturata, con biblioteche, sale di studio e una solida formazione teologica.

                                Oltre ai seminari di Pechino, esistono altri centri di formazione, come il Seminario di Sheshan a Shanghai, che in passato ha avuto una grande importanza e, dopo alcuni anni di declino, sta tornando in auge. Ci sono anche il Seminario di Xi'an e il Seminario di Shijiazhuang nella provincia di Hebei, quest'ultimo il più grande del Paese con oltre 100 studenti. 

                                Da anni la situazione della formazione dei sacerdoti cinesi sta migliorando grazie ai miglioramenti materiali dei seminari all'interno del Paese e all'aiuto di "Propaganda Fide" e di varie istituzioni ecclesiastiche in luoghi come Roma, Germania, Salamanca, Pamplona, Francia, Belgio, Stati Uniti, ecc... Questo ha notevolmente innalzato il livello del clero in Cina. Diocesi come quelle di Pechino o di Shanghai, tra le tante, sono state pioniere nella formazione di un clero giovane e preparato, con molti sacerdoti che, oltre agli studi ecclesiastici, hanno anche completato la carriera civile. 

                                In breve, il livello dottrinale è buono.

                                - In Cina, nonostante ciò che alcuni credono, la dottrina, la morale e la liturgia della Chiesa non sono mai state cambiate nella storia. La successione apostolica è sempre stata mantenuta. Per questo motivo Roma non ha mai considerato la Chiesa cinese come una Chiesa scismatica. 

                                Perché Benedetto XVI ha invitato le comunità clandestine a uscire allo scoperto? Come procede questo processo?

                                - Nella sua lettera ai cattolici cinesi del 2007, Benedetto XVI ha spiegato che la clandestinità è una situazione eccezionale nella vita della Chiesa e non è il modo normale di vivere la fede. Per questo motivo, il Papa tedesco ha esortato le comunità clandestine a integrarsi laddove possibile, e a poco a poco si stanno facendo progressi in questa direzione. Va detto che non è sempre facile, perché ci sono sacerdoti che cercano di regolarizzarsi all'interno della legge cinese, ma le autorità in alcuni luoghi pongono ancora condizioni molto restrittive. 

                                E ha ancora senso oggi in Cina parlare di comunità patriottica e comunità clandestina?

                                - Dalla firma dell'accordo tra la Santa Sede e il governo cinese nel 2018, tutti i vescovi in Cina sono riconosciuti dalla Santa Sede e in comunione con il Papa. Ciò significa che non si può più parlare di una Chiesa ufficiale e di una Chiesa clandestina. Sebbene vi siano ancora molti vescovi e alcune comunità che non hanno ancora ottenuto il riconoscimento pubblico da parte dello Stato, a livello ecclesiastico e dottrinale la Chiesa in Cina è una sola Chiesa, con i suoi vescovi pienamente riconosciuti da Roma.

                                Questo accordo provvisorio, inizialmente rinnovato per periodi di due anni, sarà in vigore per quattro anni a partire dal settembre 2024. Si tratta di un risultato molto positivo e significativo, che ha permesso alla Chiesa di crescere nell'unità e di rafforzare i legami tra la comunità cattolica cinese e la Chiesa universale.

                                Come valuta l'accordo provvisorio dello Stato cinese con il Vaticano?

                                - L'accordo provvisorio tra la Santa Sede e la Cina è stato, a mio avviso, uno sviluppo molto positivo. Sebbene rimanga una questione controversa per alcuni, credo che debba essere considerata con calma. Non si tratta di un accordo completo o definitivo, poiché si concentra solo sulla nomina dei vescovi. Tuttavia, ha permesso la regolarizzazione di molti vescovi e ha contribuito a normalizzare la vita ecclesiale e pastorale di molte diocesi, come nel caso di Shanghai, facilitando il dialogo con le autorità. Sebbene il contenuto dell'accordo non sia pubblico, il suo scopo è quello di preservare l'unità della Chiesa in Cina e di garantire la comunione di tutti i vescovi con il Papa. 

                                In un contesto così complesso, ogni progresso, per quanto piccolo, è di grande valore, anche se le sfide da affrontare sono ancora molte. A mio avviso, l'atteggiamento di dialogo promosso da Papa Francesco e il lavoro della Segreteria di Stato della Santa Sede sono stati accolti positivamente dalle autorità cinesi e tutto ciò sta contribuendo a compiere progressi significativi dopo anni di allontanamento e incomprensioni.

                                E cosa pensa del pessimismo del cardinale Zen su questo accordo?

                                - Ho grande stima e rispetto per il cardinale Zen, con il quale ho avuto modo di conversare in diverse occasioni. Infatti, è stato lui a dirmi in un'occasione, anni fa, "che sostenere la comunità ufficiale o quella clandestina era ugualmente importante, perché in Cina c'era una sola chiesa.

                                Tuttavia, credo che la sua visione critica di questo accordo, pur comprensibile e molto rispettabile, non favorisca un approccio costruttivo alla realtà attuale della Cina. Roma ha chiaramente optato per una strategia cauta ma più orientata al dialogo, che cerca di evitare il confronto. Questo non significa fuggire dalla croce o altro, come talvolta viene percepito in Occidente. Ma c'è la necessità di andare avanti.

                                E questa strategia sta dando i suoi frutti?

                                - Va ricordato che in Cina c'è libertà di culto e la pratica religiosa dei cattolici, come quella di altre confessioni, è rispettata, l'istruzione è consentita e i fedeli possono assistere ai sacramenti, ci sono libri nei seminari e non si studia con le fotocopie come in passato. Insomma, se si guardano le cose da qui si nota che ci sono molte cose che sono migliorate. 

                                Per me, questa situazione di vittoria da un lato, pur tenendo conto delle cose che devono ancora essere migliorate, mi ricorda quello che abbiamo vissuto in Spagna durante la Transizione. In quel contesto, tutti hanno dovuto cedere su alcuni punti, facilitando l'armonia e la riconciliazione. Nella vita degli individui e dei popoli arriva un momento in cui, se non si perdona, è impossibile vivere insieme e andare avanti, 

                                Come siete legati al vostro vescovo dalla Cina?

                                - Anche se il mio lavoro pastorale si svolge in Cina, rimango incardinato a Tarazona e mantengo una comunicazione regolare con il mio vescovo in Spagna, informandolo del mio lavoro e ricevendo sempre il suo sostegno. 

                                Ma vivo anche il mio sacerdozio in piena comunione con il vescovo locale di Shanghai, che considero il mio pastore in questo contesto. Anche se non posso ancora avere un rapporto contrattuale con la diocesi di Shanghai, partecipo attivamente alla sua vita ecclesiale. Dall'arrivo del nuovo vescovo Joseph Shen, ho potuto concelebrare l'Eucaristia tre volte nella cattedrale di Xujiahui. Questo doppio legame riflette l'universalità della Chiesa e la collaborazione tra diverse diocesi per l'evangelizzazione, che rafforza anche la comunione ecclesiale. 

                                Dal 29 settembre dello scorso anno, il mio lavoro sacerdotale e la comunità che servo a Shanghai sono stati ufficialmente riconosciuti dalle autorità, il che mi ha aiutato a vivere e lavorare come sacerdote praticamente integrato nella Chiesa locale.

                                Quindi, chiaramente, apprezza la nuova situazione della Chiesa in Cina.

                                - Dal 2018 sono stati nominati 11 vescovi in conformità all'accordo tra la Santa Sede e il governo cinese, il che rappresenta un passo avanti. A parte quanto accaduto a Shanghai, dove il vescovo Shen è stato trasferito unilateralmente da Pechino, il Papa ha finito per riconoscere il vescovo nominato, sinceramente preferisco vedere la bottiglia mezza piena e sottolineare gli aspetti positivi del processo. Come nel mondo della corrida, non si tratta solo di superare il toro, ma di andare avanti con coraggio e determinazione fino a portare a termine il lavoro con successo.

                                Sul sito della Chiesa cattolica in Cina colpisce la costante presenza di funzionari agli eventi religiosi: quanta autonomia ha davvero la Chiesa?

                                - In Cina la presenza e il controllo dello Stato sono presenti in tutti i settori della vita pubblica ed economica, dell'istruzione, dei media e quindi anche nella vita religiosa, perché dal punto di vista amministrativo la Chiesa, e tutte le confessioni religiose in Cina, dipendono dallo Stato. Ciononostante, la Chiesa è in grado di continuare la sua missione nonostante le numerose sfide.

                                Quello che raccomando a tutti è di non perdere di vista le circostanze particolari di questo Paese immenso per dimensioni e popolazione, che ha subito, come tutti sappiamo, evidenti cambiamenti e trasformazioni negli ultimi decenni. Tuttavia, in Occidente ci sono ancora molte diffidenze e pregiudizi su questo Paese. Invito le persone a visitarlo, a conoscere la sua realtà e a comprendere il suo particolare contesto.

                                È quindi importante comprendere il processo di "sinizzazione" di tutti gli ambiti della vita pubblica e sociale in Cina, che logicamente riguarda anche la vita della Chiesa, che si trova ad affrontare con questo nuovo concetto sfide molto importanti, ma anche opportunità di crescita. Qualche mese fa ho partecipato a un importante incontro organizzato dalla diocesi di Pechino con la presenza di vescovi, sacerdoti, suore, seminaristi e vari laici, professori e membri del governo. Ho avuto una comunicazione che mi ha permesso di esprimere con franchezza alcuni punti di vista su questo interessante processo di "sinisation". 

                                A mio avviso, la Cina può contribuire molto alla Chiesa universale e, al contrario, la Chiesa in Cina ha bisogno di mantenere viva la comunione con la Chiesa universale per la sua crescita e missione.

                                Qual è la sua prospettiva sul futuro della Chiesa in Cina?

                                - Sono ottimista. La fede in Cina non si è spenta, ma è ancora viva, sta crescendo nella vita quotidiana di molti cinesi. Come ha ricordato Papa Francesco durante il suo viaggio in Mongolia: "I cattolici in Cina devono essere buoni cittadini e buoni cristiani". Le sfide sono molte, ma la Chiesa ha sempre saputo adattarsi e trovare modi per evangelizzare. Il futuro dipenderà dalla capacità della Chiesa di mantenere vivo l'ardore apostolico e di continuare a promuovere un dialogo costruttivo con le autorità che incoraggi i fedeli a continuare a vivere la loro fede in modo autentico.

                                Che ruolo ha l'amicizia nel vostro rapporto con i fedeli cinesi?

                                - L'amicizia è fondamentale, io la chiamo "l'ottavo sacramento". Anche se il mio lavoro ufficiale è con gli stranieri, ho davvero molti amici cinesi. Inoltre, la musica e l'arte sono stati strumenti preziosi per avvicinarmi a loro, attraverso iniziative come "Amici della bellezza", incontri e riunioni in cui condividiamo la ricchezza culturale della Cina e l'umanesimo cristiano davanti a una buona tazza di tè. Ora, insieme ad alcuni amici, sto promuovendo un Istituto che ritengo un progetto molto interessante.

                                Di cosa si tratta esattamente?

                                - Vogliamo creare l'"Istituto Diego de Pantoja", un progetto per costruire ponti tra la Cina e l'Occidente in tutti i settori delle relazioni umane: storia, arte, filosofia, affari ed economia, relazioni internazionali e diplomazia. Diego de Pantoja, originario di Valdemoro (Madrid), era un gesuita contemporaneo di Mateo Ricci, che nel XVII secolo promosse il dialogo tra Cina ed Europa. Attraverso l'Istituto, promuoviamo scambi accademici e artistici, come quello che abbiamo recentemente realizzato collaborando all'installazione di alcune opere pittoriche di grande valore artistico, del pittore malaghegno Raúl Berzosa, nella Cattedrale Sud di Pechino, o un progetto musicale per la Cattedrale di Shanghai, tra gli altri.

                                Un'ultima domanda: come fa a rimanere così ottimista?

                                - Il mio lavoro in Cina non sarebbe possibile senza le preghiere e il sostegno della mia famiglia e di molti amici. A questo proposito vorrei sottolineare l'aiuto spirituale e umano della Società Sacerdotale della Santa Croce. L'Opus Dei non è certamente perfetto, come nessun'altra istituzione, ma nonostante i suoi errori e le sue difficoltà, fornisce un servizio inestimabile alla Chiesa e soprattutto ai sacerdoti diocesani.

                                Vorrei dirlo forte e chiaro: l'Opus Dei si è impegnato ad accompagnare i sacerdoti fin dalle sue origini. E la formazione del clero è stata una delle sue priorità, promuovendo un gran numero di borse di studio, frutto della generosità di tante brave persone, per studiare a Pamplona e a Roma. La maggior parte dei sacerdoti che vi si sono formati non appartengono all'Opera, oggi alcuni sono addirittura vescovi, ma tutti hanno beneficiato di mezzi che da tempo vanno a vantaggio della Chiesa universale. 

                                È un'eredità di cui dobbiamo ringraziare un sacerdote diocesano di Saragozza e santo universale, Josemaría Escrivá, che ha amato e vissuto per i sacerdoti. Il beato Álvaro del Portillo ha continuato quest'opera. Ci sono istituzioni come il Seminario Internazionale Bidasoa di Pamplona e il Sædes Sapientiæ di Roma, la Facoltà di Teologia dell'Università di Navarra, la Pontificia Università della Santa Croce di Roma e molti altri centri che continuano ad aiutare la Chiesa e i sacerdoti di tutto il mondo.

                                Io stesso ho studiato all'Università di Navarra, che è la mia "alma mater", e mi sono formato nel Collegio Ecclesiastico Bidasoa. Dopo alcuni anni di vita ministeriale, ho ottenuto la Licenza in Teologia Dogmatica presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

                                Desidera concludere l'intervista con qualche pensiero?

                                -Se mi è consentito, non vorrei concludere questo interessante incontro senza condividere con i nostri lettori un pensiero che ho scritto qualche anno fa e che può aiutare a capire il mio amore per la Cina:

                                "Dobbiamo la nostra esistenza a Dio, ai nostri genitori che ci hanno dato la vita. Siamo parte di una tradizione con i nostri antenati! Ma il cuore risponde solo alla libertà dell'amore! E io, proprio perché sono libero, per amore di Cristo, ho deciso di donarlo per sempre al popolo cinese. Quindi, ovunque la Provvidenza mi porti, ovunque io sia, voglio essere sempre un altro cinese!

                                Per saperne di più
                                Evangelizzazione

                                San Giovanni Bosco, fondatore dei Salesiani

                                Un grande pedagogo, un grande maestro di vita spirituale e un apostolo della devozione a Maria. Auxilium Christianorum. La vita e l'eredità di San Giovanni Bosco, che la Chiesa celebra il 31 gennaio, sono oggi una guida per migliaia di persone.    

                                Manuel Belda-31 gennaio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                San Giovanni Bosco nacque il 16 agosto 1815 a Castelnuovo d'Asti, un piccolo paese vicino a Torino. famiglia di contadini, poveri e molto cristiani. Il padre morì quando aveva meno di due anni, così fu allevato esclusivamente dalla sua santa madre, Margherita Occhiena.

                                Il 30 ottobre 1835 entra nel Seminario di Chieri. Fu ordinato sacerdote il 5 giugno 1841 a Torino, dove esercitò il suo ministero sacerdotale nelle carceri, per le strade e nei luoghi di lavoro. Ben presto raccolse intorno a sé un gruppo di giovaniLi pose sotto il patrocinio di San Francesco di Sales. Nel 1846 affitta dei locali a Valdocco, un sobborgo a nord di Torino, che diventano il primo nucleo stabile del suo lavoro con i giovani.

                                Prime scuole professionali e altre

                                San Giovanni Bosco comprese chiaramente che, all'alba del nuovo mondo industriale, i giovani dovevano essere preparati alla vita, non solo moralmente ma anche professionalmente, e così fondò le prime scuole professionali e successivamente numerose altre scuole. Il 28 dicembre 1859, con 17 giovani, fondò la Società di San Francesco di Sales, tanto che i suoi membri sono chiamati "salesiani". Le sue Costituzioni furono approvate definitivamente dalla Santa Sede il 3 aprile 1874. Il 5 agosto 1872 fondò il ramo femminile, la Congregazione delle "Figlie di Maria Ausiliatrice".

                                Morì il 31 gennaio 1888, all'età di 72 anni. Fu beatificato da Pio XI il 2 giugno 1929 e canonizzato dallo stesso Papa il 1° aprile 1934. Il 24 maggio 1989 è stato proclamato Patrono dei giovani da San Giovanni Paolo II.

                                Le sue opere

                                San Giovanni Bosco scrisse molte opere, ma non trattati sistematici, bensì di natura pastorale, sempre mosso dalle circostanze della sua vita e del suo apostolato. Possono essere classificati nei seguenti generi: scritti pedagogici, di intrattenimento, teatrali, agiografici, biografici, autobiografici, di istruzione religiosa, di preghiera, documenti governativi ed epistolari.

                                Insegnamenti del Papa

                                San Giovanni Bosco è stato prima di tutto un grande pedagogoIl sistema scolastico era ancora "repressivo" in un'epoca in cui il sistema educativo era ancora "repressivo", consistente nel reprimere e punire gli errori commessi dagli alunni.

                                Fu anche un grande maestro di vita spirituale, che basava su una solida pietà sacramentale. La ricezione frequente dei sacramenti era un elemento indispensabile nella sua pedagogia per condurre i giovani alla santità, ed era la chiave del suo progetto educativo: Comunione e Confessione frequenti, Messa quotidiana.

                                "Tutti hanno bisogno della Comunione".

                                Egli insegnava che la Comunione frequente è altamente raccomandata, perché l'Eucaristia è sia medicina che nutrimento per l'anima: "Alcuni dicono che per ricevere la Comunione frequentemente bisogna essere santi. Questo non è vero. Questo è un inganno. La comunione è per coloro che vogliono diventare santi, non per i santi; la medicina è data ai malati, il nutrimento è dato ai deboli". La Comunione, quindi, è necessaria per tutti i cristiani: "Tutti hanno bisogno della Comunione: i buoni per rimanere buoni, i cattivi per diventare buoni: e così, giovani, acquisterete la vera sapienza che viene dal Signore".

                                Meditazione!

                                San Giovanni Bosco ha insistito molto sulla necessità della preghiera mentale. Un ricordo personale del Beato Filippo Rinaldi, che nel 1922 divenne Rettore Maggiore della Società Salesiana e che curò il suo fondatore negli ultimi anni di vita, mostra l'importanza che egli attribuiva alla meditazione: "Andando a confessarlo nell'ultimo mese di vita, gli dissi: "Non devi stancarti, non devi parlare, parlerò io; alla fine mi dirai una sola parola". Il buon Padre, dopo avermi ascoltato, disse solo una parola: Meditazione! Non ha aggiunto ulteriori spiegazioni o commenti. Solo una parola: Meditazione! Ma quella parola valeva per me più di un lungo discorso.

                                La Vergine Maria, ispiratrice e protettrice, Madre

                                La spiritualità di San Giovanni Bosco era eminentemente mariana. Ha detto che, insieme alla Santa Cena, Maria è l'altro pilastro su cui poggia il mondo. Ha anche affermato: "Maria Santissima è la fondatrice e colei che sostiene le nostre opere". Per questo motivo, fece collocare l'immagine della Vergine Maria in ogni angolo delle case salesiane, affinché fosse invocata e onorata come ispiratrice e protettrice della Società salesiana. Non esitava a dire e ad assicurare: "La moltiplicazione e la diffusione della Società Salesiana si può dire che siano dovute a Maria Santissima".

                                San Giovanni Bosco è stato l'apostolo della devozione a Maria. Auxilium Christianorumma ha finito per preferire questo titolo a quello di Maria Ausiliatrice. Nel dicembre 1862 annunciò la decisione di costruire una chiesa a Torino sotto il patrocinio di Maria Ausiliatrice, la cui prima pietra fu posta il 27 aprile 1865.

                                Tuttavia, sul letto di morte, non fu l'invocazione "Ausiliatrice" a uscire dalle sue labbra, ma "Madre", poiché morì dicendo: "...".In manus tuas, Domine, commendo spiritum meum...Madre... Madre, aprimi le porte del Paradiso".

                                L'autoreManuel Belda

                                Vocazioni

                                Sebastian Muggeridge: "La vocazione non la dai a te stesso, la dà Dio".

                                Influenzato da Santa Teresa di Calcutta, il giornalista inglese Malcolm Muggeridge si è convertito al cattolicesimo con la moglie nel 1982. Ora, nel 2025, il suo pronipote Sebastian Muggeridge sarà ordinato sacerdote.

                                Fernando Emilio Mignone-31 gennaio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

                                Influenzato da Santa Teresa di Calcutta, il giornalista inglese Malcolm Muggeridge si convertì al cattolicesimo con la moglie nel 1982, all'età di 79 anni. Nel 1969 aveva prodotto il documentario "Something Beautiful for God" per la BBC e due anni dopo aveva scritto un libro omonimo sulla fondatrice delle Missionarie della Carità, facendola conoscere al mondo.

                                Il 24 maggio 2025, un suo pronipote, il canadese Sebastian Muggeridge, 32 anni, uno dei cinque figli di John Muggeridge Jr. e di sua moglie Christine, sarà ordinato sacerdote.

                                L'unica figlia, Cecilia, è una numeraria ausiliaria dell'Opus Dei. Lavora presso il Collegio Romano di Santa Maria a Roma. "Mens sana in corpore sano": per Cecilia è utile conoscere l'inglese, il francese, lo spagnolo e l'italiano, perché aiuta a fare da madre a decine di studenti che studiano Teologia, Diritto canonico, Filosofia e Comunicazione sociale istituzionale della Chiesa presso la Pontificia Università della Santa Croce. Qui potete trovarla testimonianza.

                                Omnes ha parlato con il diacono Sebastian Muggeridge, a pochi mesi dall'ordinazione sacerdotale. Ma prima della conversazione, trascriviamo una citazione del fondatore dei Compagni della Croce, padre Bob Bedard: "Amo la Chiesa... 'il gigante addormentato'. Quando inizieremo a riscoprire cosa significa evangelizzare e a intraprendere una rinascita su larga scala di questo ministero, vedo la Chiesa risvegliarsi e prendere vita in modo così esplosivo che, nella potenza dello Spirito Santo, scuoterà la terra e le nazioni con la sua presenza dinamica".

                                Come ha scoperto la sua vocazione?

                                - Se qualcuno mi avesse detto alle superiori Avrei riso. Dopo il liceo ho studiato infermieristica all'Università di Ottawa e ho vissuto come se Dio non esistesse. Tutto è cambiato nel 2013 con una confessione che mi ha portato una gioia profonda. Era un ritiro universitario e il sacerdote era un Compagno della Croce. Un giovane missionario universitario mi ha incoraggiato a chiedere ogni giorno a Gesù di essere al centro della mia vita. Ho pregato così e questo mi ha trasformato. Ho iniziato ad andare a Messa tutti i giorni. 

                                Alcune signore che mi hanno visto in chiesa mi hanno chiesto perché non sono diventato sacerdote. Quando ne parlai a un sacerdote, lui mi rassicurò dicendo che la vocazione non te la dai da solo, ma è Dio che te la mette nel cuore. Ma un giorno, seduto nella mia chiesa parrocchiale, ho recitato una preghiera pericolosa: "Dio, farò tutto quello che vuoi, anche ordinarmi. Ti chiedo solo di mettere questo desiderio nel mio cuore".

                                Dio ha risposto facendomi diventare amico, quasi senza rendermene conto, di diversi sacerdoti, alcuni dei quali erano Compagni. Ho chiesto di entrare nel loro noviziato nel 2016. Sono stato ordinato diacono il 14 settembre 2014, festa dell'Esaltazione della Santa Croce, e sarò ordinato sacerdote nella Cattedrale di Notre Dame dall'arcivescovo di Ottawa, Marcel Damphousse.

                                Chi sono i Compagni della Croce?

                                - Dal 2003 siamo una Società di Vita Apostolica, fondata come comunità di fratelli chierici 40 anni fa a Ottawa dall'allora sacerdote diocesano Bob Bedard. Non l'ho mai incontrato perché è morto, a Ottawa, nel 2011. Abbiamo più di 40 sacerdoti e anche due vescovi canadesi sono Compagni.

                                Vicino al Seminario del Sacro Cuore di Detroit, la nostra comunità ha una casa di formazione dove risiediamo noi, una dozzina di seminaristi CC. Il nostro carisma è l'evangelizzazione, lavoriamo molto nelle parrocchie e siamo coinvolti anche in altre attività come le cappellanie universitarie. Siamo presenti nelle province canadesi di Ontario, New Brunswick e Nuova Scozia e negli Stati del Michigan e del Texas. Il nostro superiore generale è padre Roger Vandenakker.

                                Cosa può dirci dei suoi antenati?

                                - Come racconta mia sorella Cecilia in un video, parte della tradizione orale della nostra famiglia Muggeridge è la storia di Malcolm che, dopo aver condotto una vita mondana da giovane, si convertì al cattolicesimo con la moglie Kitty Dobbs. Quest'ultima era la nipote della nota femminista e socialista inglese Beatrice Webb. Dei tre figli di Malcolm, uno si convertì anche lui, mio nonno John Sr., la cui moglie, Anne Roche Muggeridge, era una nota scrittrice cattolica canadese, autrice di due libri sulle sfide nella Chiesa dopo il Vaticano II. Anne aiutò mio nonno e i miei bisnonni a convertirsi. John e Anne ebbero quattro figli, una figlia e 28 nipoti.

                                Secondo Zygmunt Bauman, oggi c'è un modo di vivere abituale, caratterizzato dalla mancanza di direzione: è una "società liquida". Lei e sua sorella avete trovato la vocazione al celibato: come possiamo incoraggiare più giovani oggi a impegnarsi vocazionalmente, anche nel matrimonio cristiano?

                                - Se avessi la risposta, sarebbe una risposta di grande valore... Dobbiamo dare ai giovani la possibilità di incontrare Cristo di persona. Hanno difficoltà a prendere decisioni. Ma vogliono l'autenticità. Nel profondo, vogliono donarsi in modo reale, nobile e stimolante. Dobbiamo incoraggiare questo incontro, in modo che molti di loro sentano la chiamata alla vita religiosa, all'amore per la vita religiosa. sacerdozioal matrimonio.

                                Incoraggio i giovani a provare quella preghiera pericolosa che io ho fatto un tempo, che è terrificante ma vale la pena. Ora apprezzo di più quello che ha fatto mia sorella. Poiché è più grande di me, quando si è unita all'Opus Dei lo capivo meno di adesso. La sua dedizione è totale. Ora capisco meglio la sua vocazione al servizio. Ho cominciato a notarla al Manoir de Beaujeu, una casa di ritiro vicino a Montreal, dove ha lavorato per un po'. La vedrò questa primavera quando verrà in Canada per la mia ordinazione e per il matrimonio di mio fratello minore. Spero di ricambiare la sua visita a Roma durante il Giubileo, dopo la mia ordinazione.

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                                La grandezza del grigio

                                Il grigio ha una bellezza e una ricchezza proprie, con una capacità unica di completare e valorizzare altri colori. La mia nostalgia per i cieli azzurri dell'estate mi aveva accecato di fronte al sottile splendore del grigio.

                                31 gennaio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                L'estate è una delle stagioni più amate in Europa. Il suo fascino è stato celebrato per secoli e basta guardare i sonetti di Shakespeare per capire come ne esalti la bellezza. Personalmente, amo anche l'estate, soprattutto il blu radioso del cielo. È una tonalità profonda e vibrante, che preferisco descrivere come un "bel blu".

                                Lasciando l'Europa per l'estate, ho detto addio ai cieli blu intenso per tornare ai tropici per la stagione delle piogge. Al mio arrivo, sono stata accolta da un cielo nuvoloso, dominato da nuvole grigie. Sembrava che la natura non mi sorridesse, come se avesse cospirato per togliermi la gioia e la speranza, sostituendo il blu vivace con un grigio cupo. Avevo scambiato il "bel blu" con il "grigio spento". I giorni passavano e il pregiudizio verso il tempo grigio cominciava a influenzare il mio umore. Cominciai a percepire il cielo grigio come privo di bellezza, credendo che mi avrebbe condannato a una serie di giorni monotoni e senza vita.

                                In questo stato d'animo, stava gradualmente cadendo in ciò che G.K. Chesterton definisce "eresia" etichettare una giornata grigia come "incolore". Egli sostiene il contrario, affermando che il grigio è in realtà un colore, potente e piacevole. Se il blu è bello, lo è anche il grigio. Se il blu è vibrante, il grigio è altrettanto ricco. Allora perché equipariamo il grigio alla mancanza di vita? Il grigio ha una sua bellezza e una sua ricchezza, con una capacità unica di completare e valorizzare altri colori. La mia nostalgia per i cieli blu dell'estate mi aveva accecato di fronte al sottile splendore del grigio.

                                Soffermiamoci sulla grande capacità di cambiamento e adattamento che il colore grigio possiede. La forza è nella diversità e il grigio ne ha molta. Pensiamo alle tante sfumature di grigio; qualcuno una volta ha detto che sono cinquanta, ma io non sono d'accordo. Potrebbero essere quarantanove o cinquantuno, non mi interessa. Ciò che conta è l'incredibile gamma delle sue espressioni. Alcuni giorni le nuvole grigie brillano come l'argento; altri giorni evocano il luccichio dell'acciaio, la morbidezza del piumaggio di una colomba o la pallida bellezza della cenere, un ricordo di quel solenne Mercoledì delle Ceneri.

                                A volte le nuvole diventano dense e pesanti, simili ai macchinari di un'acciaieria. Trattengono la pioggia all'interno e la rilasciano sotto forma di delicati ruscelli che cadono sui tetti e sulle strade, trasformando il cielo grigio in una grande fabbrica di tubi d'acciaio, lunghi tubi d'acqua. "Versate la pioggia, cieli, dall'alto!", potremmo esclamare, meravigliandoci della loro generosità. Rorate Caeli!

                                I cieli grigi non sono solo belli di per sé, ma sono anche catalizzatori di altri colori. Sono generosi, rendono gli altri colori più vividi. Quando arrivano le piogge, dipingono la terra di un verde più brillante e di un rosso più intenso; abbiamo un fogliame più verde e un fango più rosso.

                                Dobbiamo ancora dubitare delle bellezze del grigio? Non solo permette agli altri colori di fiorire, ma sa anche come combinarsi e mescolarsi con essi. Mi chiedevo perché i miei studenti abbinassero pantaloni o gonne grigie a camicette rosa o blu, finché non ho visto l'alba filtrare attraverso le nuvole grigie.

                                Il sottile gioco di grigi con i rosa e gli arancioni dell'alba o del tramonto riflette le scelte di queste uniformi: l'influenza della natura al suo meglio. Inoltre, le macchie di nuvole grigie sparse in un cielo blu si adattano perfettamente. Ho smesso di pormi questa domanda.

                                Continueremo a cantare le glorie del grigio? Le nuvole grigie agiscono come un grande ombrello sulla terra, un ombrello che attenua i raggi del sole che ci raggiungono, rendendo il suo calore più piacevole, più umano.

                                Il grigio, pur essendo un colore distintivo, ha un carattere intermedio. Il dizionario ci dirà che è un colore intermedio tra il bianco e il nero. Sembra sempre sull'orlo di qualcosa, sulla soglia dell'evoluzione; vederlo significa essere sul punto di assistere a un cambiamento.

                                Chesterton coglie magnificamente questa essenza, osservando che il grigio esiste affinché "ci venga perennemente ricordata la speranza indefinita che è nel dubbio stesso; e quando c'è tempo grigio sulle nostre colline o capelli grigi sulle nostre teste, possiamo ancora ricordarci del mattino".

                                Il grigio è davvero un colore glorioso. E se qualcuno avesse ancora dei dubbi, consideri che ho scritto questo saggio con una matita di piombo, uno strumento grigio come i cieli che ho imparato ad ammirare.

                                L'autoreVitus Ntube

                                Spagna

                                Banco Sabadell rafforza il suo sostegno alle istituzioni religiose in diverse città spagnole

                                Il Banco Sabadell rafforza il suo ruolo di alleato delle istituzioni religiose e del Terzo Settore, estendendo il suo quadro d'azione ad altre città spagnole.

                                Redazione Omnes-30 gennaio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

                                Banco Sabadell ha compiuto un passo importante nella sua strategia di specializzazione, dislocando unità specializzate per le istituzioni religiose e il Terzo Settore in città chiave come Barcellona, Valencia, Alicante, Murcia e le Isole Baleari, in aggiunta all'unità già esistente di Madrid. Questa espansione riflette l'impegno della banca nell'offrire un servizio personalizzato e di alta qualità a questi settori, che hanno mostrato una crescita notevole dal lancio del servizio nel 2018.

                                Dal suo lancio, il segmento ha registrato un notevole successo: il numero di clienti è quadruplicato e il volume di affari gestito è triplicato entro la fine del 2024. Per rispondere alle esigenze di queste organizzazioni, il Banco Sabadell ha ideato prodotti innovativi come il DONE System, il primo sistema digitale in Spagna per la raccolta di donazioni attraverso le carte, e un'offerta speciale rivolta alle confraternite e alle fratellanze con cui ha stipulato accordi.

                                Assistenza, consulenza e formazione

                                Santiago Portas, direttore del settore Istituzioni religiose e Terzo settore del Banco Sabadell, sottolinea che la vicinanza e l'alta specializzazione di queste nuove unità posizionano l'ente come punto di riferimento in questo segmento. "I nostri professionisti sono formati per offrire il miglior servizio e una consulenza attenta, adattandosi alle esigenze di ogni cliente", afferma Portas.

                                Oltre ai servizi finanziari tradizionali, Banco Sabadell incoraggia la collaborazione tra le istituzioni religiose e gli enti del Terzo Settore attraverso eventi e programmi di formazione periodici. Uno di questi programmi è il Corso di Consulenza Finanziaria per Enti Religiosi e del Terzo Settore, organizzato in collaborazione con l'Università Francisco de Vitoria, il cui quarto bando è ora aperto.

                                Trasparenza e rispetto degli obiettivi

                                Grazie a politiche chiare basate sulla trasparenza e sugli standard ESG (ambientali, sociali e di governance), il Banco Sabadell garantisce che sia le grandi che le piccole istituzioni possano accedere a servizi e supporti adeguati alle loro esigenze. Questo approccio specializzato facilita il raggiungimento degli obiettivi fondamentali delle entità, promuovendo al contempo un modello di gestione sostenibile e responsabile.

                                Con queste nuove aperture e il continuo sviluppo di prodotti innovativi, il Banco Sabadell rafforza il suo ruolo di alleato delle istituzioni religiose e del Terzo Settore.

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                                Vaticano

                                Il "caso Cipriani": cronologia e dubbi che solleva

                                La notizia, pubblicata dai media spagnoli, di un presunto caso di abuso che coinvolge l'ex cardinale di Lima, Juan Luis Cipriani, è stata seguita da un susseguirsi di comunicati da varie parti, che sollevano la questione degli abusi dell'ex cardinale di Lima, Juan Luis Cipriani. vari domande relative allo sviluppo di questo caso.

                                María José Atienza / Javier García Herrería-30 gennaio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

                                Il susseguirsi di comunicati, affermazioni e accuse che sono stati pubblicati negli ultimi giorni in seguito alla fuga di notizie di una denuncia contro l'ex arcivescovo di Lima per due decenni, oltre all'evidente necessità di continuare a lottare contro questa realtà, evidenzia l'importanza di una gestione trasparente da parte della Chiesa in questi casi dolorosi.  

                                Di seguito riportiamo una cronologia dettagliata dei diversi comunicati che si sono susseguiti nell'ultima settimana.

                                Sabato 25 gennaio 2025

                                Pubblicazione delle accuse

                                Il giornale El País riferisce che, nel 2019, Papa Francesco ha rimosso il cardinale Juan Luis Cipriani, ex arcivescovo di Lima e membro dell'Opus Dei, dopo che era stato accusato di abuso sessuale a una minorenne nel 1983. La vittima, oggi 58enne, che desidera rimanere anonima, sostiene che i fatti sono avvenuti quando aveva 16 o 17 anni in un centro dell'Opus Dei a Lima e sono consistiti in alcuni toccamenti. 

                                Lettera del Cardinale Cipriani

                                Poche ore dopo, Cipriani ha pubblicato una lettera in cui smentisce categoricamente i fatti e assicura di non aver mai commesso abusi sessuali. Ha espresso il suo rammarico per la fuga di notizie così delicate e ha ribadito la sua unità con Papa Francesco. 

                                Nella sua lettera, fa notare che la denuncia contro di lui non gli è stata consegnata e non è stato aperto alcun procedimento nei suoi confronti, anche se la Congregazione per la Dottrina della Fede gli ha imposto come misure cautelari di vivere fuori dal Perù e di limitare la sua attività ministeriale. Aggiunge inoltre che, in occasione di un'udienza con Papa Francesco nel febbraio 2020, gli è stato concesso di riprendere parte della sua attività sacerdotale (predicazione di ritiri, celebrazione pubblica dei sacramenti, ecc.) 

                                Comunicato dell'Opus Dei in Perù

                                Lo stesso giorno, il vicario regionale dell'Opus Dei in Perù ha pubblicato una dichiarazione in cui si scusava per non aver incontrato il denunciante di Cipriani quando questi aveva chiesto udienza nel 2018.

                                Spiega che, essendo Cipriani sotto inchiesta da parte del Vaticano, non aveva alcuna competenza legale nel caso e preferiva non interferire nel processo per non causare interferenze sgradite. Tuttavia, riconosce che avrebbe potuto offrirgli un sostegno personale e spirituale.

                                Chiarisce inoltre che non esiste alcuna traccia di un processo formale contro Cipriani mentre il cardinale era incardinato nella prelatura. L'attuale vicario regionale sottolinea che in quegli anni non esistevano protocolli rigorosi come quelli odierni, il che avrebbe potuto permettere che le denunce non venissero registrate.

                                Sottolinea che le denunce seguono ora una procedura chiara e non sono limitate a conversazioni private. Ribadisce il suo impegno per la prevenzione, il miglioramento della gestione delle denunce e la solidarietà con le vittime di abusi.

                                Domenica 26 gennaio 2025

                                Dichiarazione del Vaticano

                                Interpellato da alcuni media, il portavoce vaticano conferma che nel 2019 sono state imposte misure disciplinari al cardinale Cipriani a causa di accuse di pederastia. Tali misure comprendevano il suo ritiro, la residenza fuori dal Perù, il divieto di rilasciare dichiarazioni pubbliche e di utilizzare i simboli cardinalizi. 

                                Assicura inoltre che le misure cautelari erano ancora in vigore, cosa particolarmente rilevante perché Cipriani aveva ricevuto il 7 gennaio 2025 un importante riconoscimento civile, la più importante medaglia al merito della città di Lima. 

                                Martedì 28 gennaio 2025

                                Comunicato dell'arcivescovo di Lima

                                L'arcivescovo di Lima, Carlos Castillo, rilascia una dichiarazione a sostegno delle vittime della pederastia e dei giornalisti che denunciano questi casi. Critica aspramente coloro che negano la verità e rifiutano le decisioni della Santa Sede, invitandoli a convertirsi e ad abbandonare le giustificazioni.

                                Non cita esplicitamente Cipriani, ma il suo messaggio è stato inteso come una presa di posizione sul caso, tenendo conto del contesto della controversia.

                                Comunicato stampa della Conferenza episcopale peruviana

                                La Conferenza episcopale esprime il proprio dolore per la notizia del cardinale Cipriani e deplora la sofferenza della vittima e della comunità ecclesiale. I vescovi peruviani apprezzano la decisione di Papa Francesco, sottolineando la combinazione di giustizia e misericordia nelle misure imposte e chiedono di pregare per il denunciante, per Cipriani e per la Chiesa, affinché sia uno spazio sicuro di riconciliazione.

                                Mercoledì 29 gennaio 2025

                                Lettera di Cipriani al Presidente della Conferenza episcopale peruviana

                                In seguito alle varie dichiarazioni sulla questione, il cardinale Cipriani ha scritto una lettera ai suoi confratelli dell'episcopato peruviano. In essa ha ribadito la sua innocenza e ha sostenuto di aver firmato le restrizioni imposte dal Vaticano nel 2019, dichiarando nello stesso atto che l'accusa era falsa e che stava obbedendo per amore della Chiesa. Ha insistito sul fatto che ha accettato le misure preventive mentre la verità veniva chiarita, anche se sostiene di non essere stato in grado di difendersi. 

                                In questa lettera, l'ex arcivescovo di Lima per due decenni, esprime la sua sorpresa per il fatto che l'episcopato peruviano non abbia rispettato la sua presunzione di innocenza di fronte alle accuse e ribadisce la sua comunione con il Papa e la sua fedeltà alla Chiesa.

                                Questioni legali e procedurali

                                La chiamata Caso Cipriani ha sollevato diversi interrogativi da quando è venuta alla luce meno di una settimana fa, e in modo del tutto sorprendente. I dubbi, espressi da diversi media e istituzioni, partono dal fatto che il cardinale è stato sanzionato nel 2019 senza aver avuto un chiaro iter legale.

                                Ad oggi, il Vaticano non ha smentito né il fatto che il cardinale peruviano non abbia avuto accesso alla denuncia, né le condizioni alle quali Cipriani sostiene di aver firmato le restrizioni imposte. Alcuni hanno anche sottolineato la "coincidenza" che la fuga di notizie su questo caso si sia verificata in un momento in cui migliaia di giornalisti erano riuniti a Roma per l'incontro con la stampa. Giubileo dei comunicatoricon accesso alla Sala Stampa del Vaticano, che di solito non è aperta nei giorni festivi. 

                                Sebbene la denuncia e i provvedimenti disciplinari da parte del Vaticano siano confermati da entrambe le parti, si ha l'impressione che non ci sia stata alcuna indagine formale sui fatti, né un processo legale normalizzato del caso, nonostante il fatto che nel 2019 il processo canonico di questa natura sia stato chiarito dal Vaticano. Vos estis lux mundi. Una serie di questioni che rendono difficile la comprensione di questo processo, che continua a suscitare interrogativi.

                                L'autoreMaría José Atienza / Javier García Herrería

                                Vaticano

                                La moralità dell'IA dipende dalle decisioni umane, dice il Vaticano in un nuovo documento

                                Il Vaticano mette in guardia sull'uso etico dell'intelligenza artificiale, ricordando che dovrebbe servire il bene comune e non causare danni. Pur riconoscendone il potenziale positivo, il documento chiede una regolamentazione per garantire la dignità umana e prevenire gli abusi.

                                Cindy Wooden-30 gennaio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

                                (Notizie OSV). "Il progresso tecnologico fa parte del piano di Dio per la creazione", ha dichiarato il Vaticano, ma le persone devono assumersi la responsabilità di utilizzare tecnologie come l'intelligenza artificiale (AI) per aiutare l'umanità e non danneggiare individui o gruppi.

                                "Come per ogni strumento, il IA è un'estensione del potere umano, e mentre le sue capacità future sono imprevedibili, le azioni passate dell'umanità forniscono chiari avvertimenti", afferma il documento firmato dai cardinali Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, e José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione.

                                Il documento, approvato da Papa Francesco il 14 gennaio e reso pubblico dal Vaticano il 28 gennaio - il giorno dopo la Giornata internazionale della memoria dell'Olocausto - afferma che "le atrocità commesse nel corso della storia sono sufficienti a suscitare profonda preoccupazione per eventuali abusi dell'IA".

                                Antiqua et Nova

                                Intitolato "Antiqua et Nova (Old and New): A Note on the Relationship between Artificial Intelligence and Human Intelligence", il documento si concentra in particolare sull'uso morale della tecnologia e sull'impatto che l'intelligenza artificiale sta già avendo o potrebbe avere sulle relazioni interpersonali, sull'istruzione, sul lavoro, sull'arte, sull'assistenza sanitaria, sulla legge, sulla guerra e sulle relazioni internazionali.

                                La tecnologia AI non è utilizzata solo in applicazioni come ChatGPT e motori di ricerca, ma anche nella pubblicità, nelle auto a guida autonoma, nei sistemi di armi autonome, nei sistemi di sicurezza e sorveglianza, nella robotica nelle fabbriche e nell'analisi dei dati, persino nella sanità.

                                I Papi e le istituzioni vaticane, in particolare la Pontificia Accademia delle Scienze, monitorano ed esprimono preoccupazione per lo sviluppo e l'uso dell'intelligenza artificiale da oltre 40 anni.

                                "Come ogni prodotto della creatività umana, l'intelligenza artificiale può essere indirizzata verso fini positivi o negativi", si legge nel documento vaticano. Se usata in modo da rispettare la dignità umana e promuovere il benessere degli individui e delle comunità, può dare un contributo positivo alla vocazione umana".

                                Decisioni umane

                                "Tuttavia, come in tutti gli ambiti in cui gli esseri umani sono chiamati a fare delle scelte, anche qui l'ombra del male incombe", hanno affermato i dicasteri. "Laddove la libertà umana consente la possibilità di scegliere ciò che è sbagliato, la valutazione morale di questa tecnologia deve tenere conto del modo in cui viene diretta e utilizzata".

                                Sono gli esseri umani, non le macchine, a prendere le decisioni morali, si legge nel documento. Pertanto, "è importante che la responsabilità ultima delle decisioni prese utilizzando l'IA spetti ai decisori umani e che vi sia una responsabilità per l'uso dell'IA in ogni fase del processo decisionale".

                                Il documento vaticano insiste sul fatto che l'intelligenza artificiale, pur essendo in grado di svolgere rapidamente alcuni compiti molto complessi o di accedere a grandi quantità di informazioni, non è veramente intelligente, almeno non allo stesso modo degli esseri umani.

                                "Una corretta comprensione dell'intelligenza umana non può essere ridotta alla mera acquisizione di fatti o alla capacità di svolgere compiti specifici. Al contrario, implica l'apertura di una persona alle questioni ultime della vita e riflette un orientamento verso il vero e il bene.

                                L'aspetto specificamente umano

                                L'intelligenza umana implica anche l'ascolto degli altri, l'empatia, la costruzione di relazioni e la formulazione di giudizi morali, azioni che nemmeno i programmi di intelligenza artificiale più sofisticati sono in grado di eseguire.

                                "Tra una macchina e un essere umano, solo l'essere umano può essere sufficientemente consapevole di sé al punto da ascoltare e seguire la voce della coscienza, per discernere con prudenza e cercare il bene possibile in ogni situazione", si legge nel documento.

                                I dicasteri vaticani hanno lanciato diversi avvertimenti o avvertenze nel documento, invitando i singoli utenti, gli sviluppatori e persino i governi a esercitare un controllo sull'uso dell'IA e a impegnarsi "a garantire che l'IA sostenga e promuova sempre il valore supremo della dignità di ogni essere umano e la pienezza della vocazione umana".

                                In primo luogo, hanno osservato, "impersonare l'IA dovrebbe essere sempre evitato; farlo per scopi fraudolenti è una grave violazione etica che potrebbe erodere la fiducia sociale". Allo stesso modo, l'uso dell'IA per ingannare in altri contesti - come l'istruzione o le relazioni umane, compresa l'area della sessualità - dovrebbe essere considerato immorale e richiede un'attenta supervisione per evitare danni, mantenere la trasparenza e garantire la dignità di tutte le persone".

                                Nuove discriminazioni

                                I dicasteri hanno avvertito che "l'IA potrebbe essere usata per perpetuare l'emarginazione e la discriminazione, creare nuove forme di povertà, ampliare il 'divario digitale' e peggiorare le disuguaglianze sociali esistenti".

                                Se da un lato l'IA promette di aumentare la produttività sul posto di lavoro "assumendo compiti banali", dall'altro, secondo il documento, "spesso costringe i lavoratori ad adattarsi alla velocità e alle richieste delle macchine, piuttosto che le macchine siano progettate per aiutare chi lavora".

                                Anche i genitori, gli insegnanti e gli studenti dovrebbero fare attenzione alla loro dipendenza dall'IA e conoscere i loro limiti.

                                "L'uso diffuso dell'intelligenza artificiale nell'istruzione potrebbe aumentare la dipendenza degli studenti dalla tecnologia, compromettendo la loro capacità di svolgere alcuni compiti in modo autonomo e aggravando la loro dipendenza dagli schermi", si legge nel documento.

                                Secondo il documento, l'intelligenza artificiale può fornire informazioni, ma non è in grado di educare, cosa che richiede pensiero, ragionamento e discernimento.

                                IA e disinformazione

                                Gli utenti devono inoltre essere consapevoli del "grave rischio che l'IA generi contenuti manipolati e informazioni false, che possono facilmente indurre in errore le persone a causa della loro somiglianza con la verità". Questa disinformazione può verificarsi involontariamente, come nel caso dell'"allucinazione" dell'IA, in cui un sistema di IA generativa produce risultati che sembrano reali ma non lo sono, poiché è programmato per rispondere a tutte le richieste di informazioni, indipendentemente dal fatto che vi abbia accesso o meno.

                                Naturalmente, secondo il documento, la falsa rappresentazione dell'IA può anche "essere intenzionale: individui o organizzazioni generano e diffondono intenzionalmente contenuti falsi con lo scopo di ingannare o causare danni, come immagini, video e audio". deepfake - riferito a una falsa rappresentazione di una persona, modificata o generata da un algoritmo di intelligenza artificiale.

                                Secondo il documento, le applicazioni militari della tecnologia AI destano particolare preoccupazione a causa della "facilità con cui le armi autonome rendono più praticabile la guerra", del potenziale dell'AI di eliminare la "supervisione umana" dell'impiego delle armi e della possibilità che le armi autonome diventino oggetto di una nuova "corsa agli armamenti destabilizzante, con conseguenze catastrofiche per i diritti umani".


                                Questo articolo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

                                L'autoreCindy Wooden

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                                Una messa per tempi duri: la Messa di Nelson di Haydn

                                Ascoltare la musica composta per l'ordinario della Messa da un grande compositore è sempre un'esperienza che alimenta la fede e il piacere estetico. Se il compositore è anche un sincero cattolico, e la musica si adatta in modo unico a una particolare situazione spirituale e storica, l'ascolto della Messa diventa un'interessante esperienza spirituale e umana. Un buon esempio è la "Messa di Nelson" di Franz Joseph Haydn.

                                Antonio de la Torre-30 gennaio 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

                                Quando pensiamo ai grandi compositori cattolici, ne troviamo alcuni che sono cattolici solo di nome e altri che hanno vissuto un'autentica vita di fede, devozione e pratica all'interno della Chiesa. Tra questi ultimi, uno dei più importanti è l'austriaco Franz Joseph Haydn (1732-1809), il grande patriarca del classicismo musicale viennese, che sviluppò la parte più importante della sua carriera musicale all'apice dell'Illuminismo secolarista, nella seconda metà del XVIII secolo. In un'epoca in cui la fede cattolica era spesso associata, negli ambienti più colti, alla superstizione, all'oscurantismo e all'immobilismo culturale, ci sorprende trovare un vero cattolico tra i musicisti più equilibrati, luminosi e fantasiosi del secolo dei Lumi.

                                Senza entrare nei dettagli personali della sua vita religiosa, ci soffermeremo su uno degli esempi più evidenti della sua fede: una delle Messe appartenenti al suo ampio catalogo di composizioni per la liturgia cattolica. Molti suoi contemporanei si dedicarono a questo tipo di musica, tra cui il suo grande amico Mozart o suo fratello Michael Haydn, ma in nessuno di loro troviamo la sincerità dell'espressione, l'illustrazione della fede con l'intensità di un'opera che non ha nulla da invidiare alle altre. musica e la serena dignità dello stile liturgico come in Franz Joseph Haydn.

                                Una prima serie di otto Messe fu composta tra il 1749 (all'età di 17 anni, la prima, dedicata a San Giovanni di Dio) e il 1782 (all'età di 50 anni, composta per il santuario di Mariazeller). Gli obblighi verso il principe Esterhazy, suo mecenate, e i viaggi a Londra per la prima esecuzione della sua musica, comportarono una lunga pausa nella sua dedizione alla musica liturgica. Tra il 1782 e il 1795 si dedicò intensamente a questi due impegni e in questo periodo sviluppò meravigliosamente il suo stile compositivo per la musica da camera e per l'orchestra, tanto da essere considerato il padre del quartetto d'archi e della sinfonia, i due generi più importanti in entrambi i generi musicali.

                                Pertanto, quando tornò a comporre Messe nel 1796, il suo stile era già maturo e la sua padronanza della tecnica orchestrale era ammirevole, rendendo la sua ultima serie di sei Messe, composte tra il 1796 e il 1802, sicuramente la più importante raccolta di musica liturgica cattolica del periodo classico. Il ritmo annuale delle Messe è dovuto al fatto che furono composte ciascuna per la festa della sua patrona e amica Maria, moglie del principe Nicola di Esterhazy. Così, per ogni 12 settembre, Haydn aveva già composto una magnifica Messa da eseguire durante la celebrazione liturgica del Nome di Maria. La terza di queste, composta nel 1798, è forse la migliore: la "Missa in angustiis", nota come "Messa di Nelson".

                                Un salvatore per le angosce più dure

                                È sorprendente che una Messa composta per un'occasione di festa porti un nome così drammatico. Le circostanze in cui fu composta, tuttavia, spiegano il tono cupo e inquietante suggerito dal titolo, e anche la comparsa dell'ammiraglio Horatio Nelson nel titolo con cui è solitamente conosciuta. Nel 1798 Haydn, all'età di 66 anni, sta attraversando momenti difficili. La sua salute si sta deteriorando sempre di più (morirà 11 anni dopo) e le sue forze sono esaurite dall'enorme lavoro necessario per completare il suo capolavoro, l'oratorio "La Creazione", presentato per la prima volta nell'aprile 1798. D'altra parte, l'estate del 1798 è stata molto dura per l'Austria e per Vienna, la sua città preferita, minacciata e sconfitta in successione dalle armate rivoluzionarie di Napoleone.

                                Come se non bastasse, l'economia di guerra tagliò sostanzialmente il budget musicale del principe Esterhazy, che dovette fare a meno di tutti i fiati (corni, oboi, flauti, clarinetti e fagotti). Poiché sono questi ultimi a dare colore all'orchestra di Haydn, la Messa dovette essere composta per un organico piuttosto oscuro: solo archi, trombe e timpani. Lo stato d'animo, senza dubbio, suggerisce in tutte le sue dimensioni un'angoscia e una preoccupazione molto forti.

                                Tuttavia, poco prima della prima della Messa, il 1° agosto 1798, la flotta inglese, comandata da Lord Nelson, fece a pezzi la squadra francese nella Battaglia d'Egitto, infliggendo così il primo colpo mortale all'inarrestabile espansionismo di Napoleone. Il nome dell'ammiraglio divenne sinonimo di speranza contro i francesi e la sua figura salì immediatamente alla ribalta come quella di un salvatore, come una risposta divina all'implorazione di Haydn nella sua Messa. Come se non bastasse, Nelson stesso si recò a Vienna e al palazzo Esterhazy nel 1800, e Haydn, ben noto al pubblico inglese dopo i suoi viaggi a Londra, potrebbe aver eseguito in suo onore la Messa che aveva composto per quel momento di angoscia e pericolo. Da allora, è universalmente conosciuta come la "Messa di Nelson".

                                Una supplica che fa rabbrividire

                                Il primo numero della Messa, "Kyrie", con i suoi squilli di tromba e timpani, scritto nel cupo modo di Re minore, contiene alcune emozionanti invocazioni del coro all'unisono, che invocano la misericordia divina in tempi bui. Questo è ben lontano dagli inizi solitamente luminosi e brillanti delle Messe del periodo classico, nel modo maggiore e pieni di melodia ed equilibrio. Dopo un breve periodo imitativo del coro, un'agghiacciante coloratura del soprano, la parte solista più virtuosa della Messa, irrompe sulle trombe, gridando "eleison": abbi pietà.

                                Il "Gloria", invece, è iniziato dal soprano in re maggiore, in uno stile più convenzionale e luminoso, che ricorda i migliori cori dell'oratorio "La creazione". Interventi solistici e corali conducono a una sezione più calma, in si bemolle maggiore, che viene ricreata con le parole "qui tollis peccata mundi", "tu che togli il peccato del mondo". Il tono della preghiera piena di fede è serenamente trasparente in questo passaggio luminoso, caldo e armonioso nel contesto dell'angoscia e delle continue alterazioni musicali. Il basso, altro solista virtuoso, accompagna il soprano in questo meraviglioso duetto, completato da piccoli interventi del coro e da passaggi solistici dell'organo. La fine del "Gloria" ripete il suo inizio, tracciando così un'equilibrata struttura musicale tipica del classicismo viennese.

                                Dalla contemplazione al combattimento

                                Il passaggio centrale del "Credo" è una delle parti più elaborate e originali della "Messa di Nelson", in cui si percepisce con quale dettaglio Haydn contempli musicalmente il dogma centrale della fede che professava con tutto il cuore: l'incarnazione, la passione, la morte e la risurrezione del Figlio di Dio. Infatti, dopo un inizio leggero, sempre in re maggiore, la musica si ferma alle parole "Egli discese dal cielo". Un'ampia sezione lenta, in sol maggiore, scritta per soli archi e soprano, illustra dolcemente l'incarnazione del Figlio di Dio.

                                Dopo l'eco del coro, la musica passa alla Passione e alla morte di Gesù Cristo, accompagnata da squilli di tromba e timpani, come in un terribile corteo funebre. Il tono profondamente contemplativo e allo stesso tempo di esposizione alla fede di questo passaggio raggiunge un momento struggente quando il soprano, nella ricapitolazione della Crocifissione da parte dei solisti, ripete tre volte "pro nobis": "per noi". Dopo di lei, solo i violoncelli dell'orchestra accompagnano silenziosamente il ricordo della sepoltura di Cristo: "et sepultus est".

                                Alla fine della Messa, prima di arrivare al solenne "Agnus Dei", che culmina la Messa con un trionfale finale in re maggiore, Haydn lascia nella seconda parte del "Sanctus" (il "Benedictus") un altro momento di ispirata originalità. Alludendo a colui "che viene nel nome del Signore", compone una marcia militare in tempo 2/4, sempre nella cupa tonalità di re minore. Una formula strana per una sezione che nelle Messe di questo periodo è solitamente composta nel modo maggiore e in un tono sereno e melodioso. Ma le circostanze lo impongono: il salvatore "che viene nel nome del Signore" dovrà venire in mezzo alla guerra e con un potere militare sovrano per vincere le minacce e le ansie che dominano l'atmosfera. Se non possiamo dire letteralmente che Lord Nelson fosse la risposta a questo tremendo appello, bisogna riconoscere che la sua figura si adatta in modo impressionante alle ansie e alle speranze espresse da Haydn in questa magnifica Messa.

                                Eraldo Salmieri dirige poi la Filarmonica Slovacca nell'esecuzione della "Messa di Nelson".

                                L'autoreAntonio de la Torre

                                Dottore in Teologia

                                Vangelo

                                Cuori sognanti. Presentazione del Signore (C)

                                Joseph Evans commenta le letture per la Presentazione del Signore (C) di domenica 2 febbraio 2025.

                                Giuseppe Evans-30 gennaio 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

                                La festa della Presentazione del Signore è una festa più importante di quanto spesso si pensi. Infatti, in diversi riti e calendari segna la fine del periodo natalizio. Non sorprende quindi che venga celebrata anche quest'anno, anche se cade di domenica. 

                                La festa ci parla di speranza, di cuore, di desiderio. Pensiamo alla speranza degli anziani Simeone e Anna, che speravano "...".La consolazione di Israele" y "la liberazione di Gerusalemme". Potremmo accontentarci di consolazioni più meschine: qualche piacere o soddisfazione. Vediamo più chiaramente i desideri di Simeone quando parla di Cristo come "...".Salvador" y "una luce per illuminare le nazioni e la gloria del tuo popolo Israele". È straordinario. Di fronte alla missione pubblica e all'insegnamento di Cristo, quest'uomo si preoccupa tanto che la luce della fede raggiunga i pagani quanto che Israele scopra la vera gloria di Dio, rivelata in Gesù. 

                                Si tratta di un uomo guidato dallo Spirito Santo - il Vangelo ce lo dice esplicitamente - un uomo i cui desideri erano stati ispirati e modellati dallo Spirito, il cui cuore era stato formato dallo Spirito. Ed è per questo che era così generoso e universale, persino Cattolico. In un'epoca in cui gli ebrei erano, nel complesso, fanaticamente anti-stranieri, ecco un uomo profondamente preoccupato per la salvezza di tutti gli uomini, ebrei e gentili. 

                                L'esempio di Simeone ci invita ad avere un cuore con grandi desideri: era un uomo anziano, ma il suo cuore ardeva di un desiderio universale, la salvezza di tutti. Infatti, i desideri meschini ci impediscono di vedere Cristo. Molte altre persone si trovavano nel Tempio quel giorno, ma probabilmente erano andate per piccoli motivi: per la routine, o per spuntare una casella, o per essere visti, o per pregare per il successo in un affare o per i figli che si sposano e vanno bene, e così via. Cercavano le cose di Dio, non Dio. Cercavano le cose di Dio, non Dio stesso. Ecco perché non riconoscevano Gesù. Nostro Signore viene riconosciuto da coloro che hanno un grande cuore e grandi desideri. Simeone era in relazione con lo Spirito Santo, era guidato dallo Spirito. Ha trovato Dio tra le braccia di un povero paesano, perché Dio si trova nella povertà e nei poveri. 

                                Anne ha trovato Dio grazie alla sua profonda vita di fede. Per circa 60 anni si è dedicata a "con il digiuno e la preghiera notte e giornonel Tempio". La sua è stata una ricerca profonda e sincera di Dio, premiata dall'incontro con Cristo.

                                Vaticano

                                Il Papa sottolinea la fiducia di San Giuseppe in Dio, pregando per la RD Congo

                                Nel ciclo dedicato a "Gesù Cristo, nostra speranza" di questo Anno giubilare, Papa Francesco ha sottolineato oggi "l'annuncio a Giuseppe", la sua fiducia in Dio e il suo atteggiamento: Giuseppe crede, spera e ama. Il Romano Pontefice ha pregato per la fine della violenza nella Repubblica Democratica del Congo e si è congratulato con milioni di famiglie cinesi per il nuovo anno lunare.  

                                Francisco Otamendi-29 gennaio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                Con una visione ancora una volta universale, il Papa ha toccato un'ampia gamma di argomenti nel corso della sua visita. Pubblico di questo mercoledì: il Giubileo di speranza, l'esempio di San GiuseppeCapodanno lunare per il Famiglie cinesiil suo ricordo del vittime dello sterminio nei campi di concentramento della Seconda Guerra Mondiale, l'appello a porre fine alla violenza nella Repubblica Democratica del Congo, la pace nel mondo e la memoria di San Giovanni Bosco il 31.

                                Il tema centrale della sua catechesi, incentrata su Gesù Cristo, nostra speranza, e incentrata sull'infanzia di Gesù, è stato l'annuncio dell'Angelo a San Giuseppe e la sua risposta di fede. 

                                "Il loro amore è stato messo alla prova

                                "Giuseppe entra in scena nel Vangelo di Matteo come promesso sposo di Maria. Per gli ebrei, il fidanzamento era un vero e proprio vincolo giuridico, che preparava a ciò che sarebbe avvenuto circa un anno dopo, la celebrazione del matrimonio", ha esordito il Papa. 

                                È in questo periodo che Giuseppe scopre la gravidanza di Maria "e il suo amore viene messo a dura prova". Di fronte a tale situazione, che avrebbe portato alla rottura del fidanzamento, la Legge suggeriva due possibili soluzioni: o un atto giuridico pubblico, come la convocazione della donna in tribunale, o un atto privato, come la consegna alla donna di una lettera di ripudio".

                                José si fida

                                "Matteo definisce Giuseppe come un uomo 'giusto' (zaddiq), un uomo che vive secondo la Legge del Signore, che si ispira ad essa in ogni occasione della sua vita". In sogno, Giuseppe sente queste parole: "Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua moglie. Perché il bambino che è stato concepito in lei viene dallo Spirito Santo; partorirà un figlio e lo chiamerai Gesù, perché egli salverà il suo popolo dai suoi peccati" (Mt 1,20-21).

                                Di fronte a questa rivelazione, ha sottolineato il Papa, "Giuseppe non chiede altre prove, si fida. Giuseppe si fida di Dio, accetta il sogno di Dio per la sua vita e per quella della sua promessa sposa. In questo modo entra nella grazia di coloro che sanno vivere la promessa divina con fede, speranza e amore".

                                "Credere, sperare e amare", "obbedienza".

                                Il successore di Pietro ha continuato: "JoséIn tutto questo, non pronuncia una parola, ma crede, spera e ama. Non parla con "parole al vento", ma con fatti concreti. Egli appartiene alla razza di coloro che l'apostolo Giacomo chiama coloro che "mettono in pratica la Parola" (cfr. Gc 1,22), traducendola in fatti, in carne e ossa, in vita. Giuseppe si fida di Dio e obbedisce: "Il suo essere interiormente attento a Dio... diventa spontaneamente obbedienza" (Benedetto XVI, L'infanzia di Gesù, Milano-Città del Vaticano 2012, 57)" (Benedetto XVI, L'infanzia di Gesù, Milano-Città del Vaticano 2012, 57).

                                Sorelle, fratelli, Francesco ha esortato, "Chiediamo al Signore anche la grazia di ascoltare più di quanto parliamo, la grazia di sognare i sogni di Dio e di accogliere responsabilmente Cristo che, dal momento del nostro battesimo, vive e cresce nella nostra vita".

                                RD Congo: appello alla comunità internazionale

                                "Esprimo la mia preoccupazione per il peggioramento della situazione della sicurezza nella Repubblica Democratica del Congo. Congo", ha rivelato il Papa. "Esorto tutte le parti in conflitto a impegnarsi per la cessazione delle ostilità e a proteggere la popolazione civile a Goma e nelle altre aree interessate dalle operazioni militari". 

                                "Seguo anche con apprensione quanto sta accadendo nella capitale, Kinshasa, sperando che ogni forma di violenza contro le persone e le loro proprietà cessi al più presto. Mentre prego per il rapido ripristino della pace e della sicurezza, faccio appello alla popolazione di Kinshasa per una appello le autorità locali e la comunità internazionale a fare tutto il possibile per risolvere la situazione del conflitto con mezzi pacifici". 

                                Capodanno lunare: pace, serenità e salute 

                                Rivolgendosi ai pellegrini di lingua cinese, il Papa ha ricordato che "in Asia orientale e in diverse parti del mondo, milioni di famiglie celebrano oggi il Capodanno lunare, un'occasione per vivere più intensamente i rapporti familiari e di amicizia". Con i miei migliori auguri per il nuovo anno, possa la mia benedizione raggiungere tutti voi, mentre invoco dal Signore pace, serenità e salute per ciascuno di voi".

                                Custodi della verità e della memoria dello sterminio nella Seconda Guerra Mondiale

                                Nel suo saluto ai polacchi, Francesco ha ricordato "i vostri compatrioti che, insieme a membri di altre nazioni, sono stati vittime dello sterminio nei campi di concentramento tedeschi durante la Seconda Guerra Mondiale".

                                "Siate custodi della verità e della memoria di questa tragedia e delle sue vittime, tra cui molti martiri cristiani", ha detto. "Ricordate il vostro costante impegno per la pace e per la difesa della dignità della vita umana in tutte le nazioni e religioni. Vi benedico di cuore.

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                Vaticano

                                Anniversario della chiusura del Vaticano II (1965-2025)

                                A sei decenni dalla chiusura del Concilio Vaticano II, la sua eredità continua a segnare la vita della Chiesa e le sue sfide nel XXI secolo. Di fronte alle voci che chiedono una revisione o addirittura un nuovo Concilio, è tempo di riflettere sull'applicazione dei suoi insegnamenti e sulla loro rilevanza per l'evangelizzazione e la vita cristiana di oggi.

                                José Carlos Martín de la Hoz-29 gennaio 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

                                Negli ultimi anni si sono sentite alcune voci che chiedevano di archiviare il Concilio Vaticano II e di convocare un Concilio Vaticano III per riconsiderare la situazione della Chiesa in questo primo quarto del XXI secolo e per ripensare le strategie e la comunicazione per il millennio appena iniziato.

                                Indubbiamente, tutte le formulazioni di fede e tutti gli appelli all'evangelizzazione in pochi anni devono essere riformulati, perché le espressioni umane decadono, si svuotano di contenuto, diventano routine e non esprimono più con vivacità il contenuto perenne della Rivelazione. In ogni caso, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei: "La parola di Dio è viva e operante, come una spada a doppio taglio, che penetra nel profondo dell'anima" (Eb 4,12).

                                In realtà, è necessario invocare sempre di nuovo lo Spirito Santo affinché, a partire dalle formulazioni di fede approvate dal magistero della Chiesa, illumini il cuore degli uomini. Come affermava con forza San Paolo: "La lettera uccide, ma lo spirito dà vita" (2 Cor 3,6).

                                Rileggere il Concilio Vaticano II

                                Rileggendo la ricca teologia contenuta nei documenti del Concilio Vaticano II, la prima cosa che colpisce è la straordinaria freschezza dei documenti, scritti per trasmettere con forza la verità su Gesù Cristo, la Chiesa e il mondo. 

                                Inoltre, la teologia dei laici, le fonti della rivelazione, la libertà di coscienza, il principio della libertà religiosa, la dignità della persona umana, l'ecumenismo, il sacerdozio comune dei fedeli e tante altre questioni hanno riempito di vitalità il messaggio cristiano per la fine del XX secolo e l'inizio del XXI secolo e stanno annunciando che il Concilio Vaticano II ha ancora molta vita. San Giovanni Paolo II ha affermato nell'Esortazione "....Novo Milenio ineunte"Il primo dialogo della Chiesa con il mondo contemporaneo è stato senza dubbio quello di invitarlo alla conoscenza e all'amicizia con Gesù Cristo, che è la santità.

                                I discorsi di San Paolo VI, sessant'anni fa, erano di grande ottimismo, perché si aspettava davvero una nuova primavera per la Chiesa di Gesù Cristo negli anni a venire.

                                Interpretazioni del Consiglio

                                Come ben sappiamo, è successo che prima dell'arrivo dei testi conciliari nelle chiese particolari, c'è stato un travisamento delle dottrine conciliari promosso dal cosiddetto "fenomeno della contestazione", come lo ha definito il cardinale Ratzinger nel suo famoso rapporto sulla fede, una lunga intervista rilasciata al famoso giornalista italiano Messori.

                                Anni dopo, da pontefice, Benedetto XVI si riferì a quegli anni duri e tristi della Chiesa post-conciliare e li interpretò come "ermeneutica della rottura" in opposizione all'ermeneutica della Tradizione.

                                Senza dubbio, l'ermeneutica della Tradizione era l'applicazione del Concilio autentico alla vita della Chiesa e a tutte le sue istituzioni nel mondo.

                                Chiamata universale alla santità

                                La prima e più importante questione è stata la chiamata universale alla santità (cfr. Lumen Gentium" n. 40), che il Magistero ha saputo in questi anni mettere in relazione con il sacerdozio comune dei fedeli (cfr. Catechismo n. 1456) con cui tutti i cristiani hanno scoperto la loro chiamata alla pienezza della santità e alle beatitudini. Allo stesso tempo questo sacerdozio comune si è espresso nell'importanza dell'azione apostolica dei fedeli laici per essere lievito nelle masse ed esercitare un'evangelizzazione capillare nel mondo portando i valori del Vangelo e la notizia di Gesù Cristo a tutti gli uomini. 

                                Inoltre, come afferma la "Gaudium et spes", i fedeli laici sono "l'anima del mondo" (n. 4) e quindi devono governare le loro famiglie, il territorio in cui lavorano e tutti gli ambienti sociali e professionali.

                                I viaggi del Santo Padre San Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Papa Francesco hanno attraversato il mondo intero e in molte occasioni. La presenza del Romano Pontefice fino agli estremi confini della terra, portando la fiamma dell'amore di Dio e dell'amore della Chiesa, ha favorito l'unione delle Chiese e allo stesso tempo valorizzato le tradizioni locali, per essere un unico popolo con un unico pastore.

                                La dignità umana

                                Senza dubbio, le dottrine conciliari sulla dignità della persona umana sono aumentate rivalutando i diritti umani, ma li hanno anche fondati solidamente mostrando che si basano sull'uomo come immagine e somiglianza di Dio. Dio è nella sua vita intima relazione sussistente: relazione sussistente di Paternità, relazione sussistente di Figliolanza e relazione sussistente di Amore tra il Padre e il Figlio. 

                                L'uomo è stato quindi definito dal Consiglio come relazione. Relazione con Dio in primo luogo e relazione con gli altri. Venendo dall'amore di Dio è finalizzato da Dio ad amare nella libertà dei figli di Dio. Quindi l'uomo, conoscendo e amando Dio e gli altri, matura e cresce.

                                L'attuazione del Consiglio

                                Se si leggono tutte le Encicliche e le Esortazioni Apostoliche pubblicate da San Giovanni Paolo II, si può vedere che il Concilio è stato applicato a tutti i settori della Chiesa e a tutti gli aspetti della sua vita. Nessuna domanda è rimasta senza risposta: la Chiesa, i misteri della vita, della morte e della risurrezione di Gesù Cristo, gli anni dedicati alla Trinità, alla vita eucaristica e penitenziale. Il Concilio ha fatto davvero molta luce. Abbiamo anche il catechismo e il Codice di diritto canonico.

                                Nel campo dell'ecumenismo, San Giovanni Paolo II ha pubblicato la fondamentale enciclica "Ut unum sint", che incoraggiava il popolo cristiano a conoscere e apprezzare la parte di rivelazione comune con i fratelli separati, a conoscersi e a capirsi e, come affermava "Unitatis redintegratio": dobbiamo lavorare insieme per la carità.

                                In effetti, il sinodalità che Papa Francesco ha applicato alla vita della Chiesa nel terzo millennio era già stato sostenuto dai sinodi dei vescovi che si sono tenuti ogni due anni a Roma con una rappresentanza della Chiesa universale, con i quali i vari pontefici romani hanno continuato ad applicare il Concilio Vaticano II alla vita della Chiesa universale. 

                                Per saperne di più
                                Evangelizzazione

                                Joost Joustra: "Le opere d'arte hanno da dire quanto i teologi".

                                In questa intervista a Omnes, Joost Joustra, professore al King's College di Londra, esplora il rapporto tra arte e religione, sostenendo che le opere prodotte da alcuni artisti possono contribuire molto alla comprensione delle questioni teologiche.

                                Paloma López Campos-29 gennaio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                Joost Joustra è uno dei relatori che parteciperanno al 14° Seminario Professionale sugli Uffici di Comunicazione della Chiesa, che si terrà alla fine di gennaio 2025 presso la sede dell'Università di Roma. Pontificia Università della Santa Croce. Attualmente insegna presso il King's College di Londra, dove aiuta gli studenti a comprendere il complesso rapporto tra la arte e religione.

                                Come definirebbe l'interazione tra religione e arte?

                                - Non è una risposta facile perché sono entrambi argomenti molto ampi. Direi che essenzialmente il rapporto tra religione e arte, o in particolare tra cristianesimo e arte, è che anche per le persone che non si considerano credenti, ci sono alcune cose in cui possono identificarsi in queste storie che si trovano nella Bibbia, per esempio. L'arte visiva è un modo molto accessibile di entrare in questi temi.

                                Per fare un esempio, ho lavorato a una mostra sul tema del peccato e, naturalmente, uno dei temi importanti della mostra era la caduta dell'umanità e la storia del libro della Genesi. Se siete cristiani o ebrei conoscerete molto bene questa storia, ma se non lo siete, un'immagine di Adamo ed Eva che mostra una certa esitazione di Adamo quando accetta il frutto può rendere la storia molto accessibile. In definitiva, questo è il potere dell'arte quando si tratta di questi argomenti.

                                Qual è la rilevanza di questa relazione nel contesto contemporaneo?

                                - Tradizionalmente, le chiese sono molto decorate e le persone amano visitare questi luoghi indipendentemente dalla loro fede, quindi sembra esserci una sorta di attrazione. Anche se le persone non hanno un legame personale con l'aspetto religioso dell'arte, ne sono attratte.

                                Come vede l'evoluzione dell'arte religiosa e quali tendenze attuali le sembrano particolarmente significative dal punto di vista teologico?

                                - Un buon esempio, che non vorrei definire una "tendenza" ma una "preoccupazione", è che credo che le persone stiano pensando molto attivamente all'ambiente in questi giorni. Per esempio, la mostra alla National Gallery su San Francesco d'Assisi. Il rapporto di San Francesco con l'ambiente e l'utilizzo dei suoi scritti da parte di Papa Francesco negli ultimi anni sono un buon esempio di una persona vissuta centinaia di anni fa ma che ha ancora qualcosa da dire sul nostro momento attuale.

                                Ci sono alcuni elementi o simboli ricorrenti nell'arte che considera universali nella rappresentazione del divino?

                                - Certo, sono ovunque. Possono essere molto esplicite, l'immagine più essenziale del cristianesimo potrebbe essere Cristo sulla croce o la Vergine con il Bambino, ma la gente trova una certa presenza divina anche nei dipinti astratti. Ma la gente trova una certa presenza divina anche nei dipinti astratti. È necessario che l'arte sia figurativa per trasmettere un certo senso di divinità? Non credo. Gli artisti possono fare molte cose.

                                Quali opportunità ci sono oggi per un'ulteriore collaborazione tra questi due campi nei prossimi decenni?

                                - Nel mio lavoro quotidiano al King's College di Londra ho capito che l'insegnamento è importante in questo rapporto. Al King's College offriamo un programma MA in Cristianesimo e Arte, il che significa che le persone si riuniscono e alcune di loro possono avere una formazione in teologia e altre in storia dell'arte. Ma tutti si riuniscono per questo interesse comune.

                                Durante questo percorso, gli storici dell'arte familiarizzano con la Bibbia e con alcuni concetti religiosi e i teologi con la visione.

                                Una sfida, che è anche un'opportunità, è che dobbiamo reintrodurre l'immagine nella religione. Dopo la Riforma queste immagini sono un po' scomparse, almeno in alcune parti del mondo. Ma credo che le immagini e le opere d'arte abbiano tanto da dire quanto i testi e i teologi.

                                Da una prospettiva storica dell'arte, come si è evoluta la rappresentazione dei temi religiosi nel corso degli anni?

                                - L'arte paleocristiana si basava su alcuni simboli, come la croce o il pesce. Gradualmente è emersa una tradizione, sono state raccontate storie e la figurazione e il naturalismo sono diventati importanti. In definitiva, si trattava di identificazione, di persone che si identificavano con queste storie. Ecco perché il culto dei santi divenne così importante nell'Europa medievale.

                                Il periodo di massimo splendore del Rinascimento e della Controriforma rappresenta la vera fioritura di questo tipo di arte. Durante l'Illuminismo l'interesse è un po' diminuito, ma anche se si pensa ai grandi pittori e artisti del XIX secolo, c'è un grande interesse per questi soggetti che, anche se la rappresentazione cambia, rimangono gli stessi.

                                Evangelizzazione

                                San Tommaso d'Aquino, "lampada della Chiesa e del mondo".

                                Il 28 gennaio la Chiesa celebra San Tommaso d'Aquino, il Dottore Angelico. San Paolo VI lo definì "lampada della Chiesa e del mondo intero". San Giovanni Paolo II, "maestro di pensiero". Benedetto XVI ha sottolineato la sua opera di "armonia tra fede e ragione", e Papa Francesco ci ha incoraggiato a metterci "alla sua scuola" dando il via a tre anni di celebrazioni.  

                                Francisco Otamendi-28 gennaio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

                                L'influenza che la figura e l'opera di San Tommaso d'Aquino (Roccasecca, 1225-Abbazia di Fossanova(7 marzo 1274), appena cinquantenne, ha avuto un'influenza indiscutibile sullo sviluppo del pensiero filosofico e teologico occidentale, non solo per gli "iniziati", a partire dalla sua dottrina dell'essere, ma anche sulla teologia trinitaria. Lo hanno sottolineato Papi e numerosi specialisti, come il Prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, Mauro Mantovani, in un dossier di Omnes nel numero dell'estate 2024.

                                Dopo l'anniversario della canonizzazione nel 2023 (700 anni) e della morte nel 2024 (750), è arrivato nel 2025 l'anniversario della nascita (800 anni) del sacerdote domenicano (Ordine dei Predicatori), patrono delle università e delle scuole cattoliche (Leone XIII). L'invito di Papa Francesco è stato riscoprire attraverso il lavoro di San TommasoIl tesoro che se ne può trarre "per rispondere alle sfide culturali di oggi". San Tommaso ha scritto la "Summa Theologica" ed è l'autore, ad esempio, dei cinque modi filosofici per dimostrare l'esistenza di Dio.

                                Il dottor Mauro Mantovani, Lorella Congiunti e altri esperti hanno sintetizzato un grande contributo del saggio aquinate. Vedi spiegato Benedetto XVI nel 2010: "Seguendo la scuola di Alberto Magno, ha compiuto un'operazione di fondamentale importanza per la storia della filosofia e della teologia; direi per la storia della cultura: ha compiuto uno studio approfondito di Aristotele e i loro interpreti, ottenendo nuove traduzioni latine dei testi originali greci. (...) Tommaso d'Aquino ha mostrato che esiste un'armonia naturale tra la fede cristiana e la ragione (vanno insieme). Questa è stata la grande opera di San Tommaso".

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                Libri

                                Consapevolezza escatologica e segni dei tempi

                                Viviamo già in una fase escatologica della storia della salvezza, foriera della parousia? Enrique Cases riflette su questo tema nel suo ultimo libro "Il Vangelo eterno". 

                                Francisco Otamendi-28 gennaio 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

                                "La forza travolgente (del messaggio di Gesù) consisteva nel fatto che Gesù annunciava con autorità l'imminente fine del mondo, l'avvento del Regno di Dio", ha affermato Joseph Ratzinger nella sua opera "Escatologia. Morte e vita eterna" (1977), che Casi Enrique cita nell'introduzione del suo libro.

                                "Nel vigore di questa speranza sarebbe consistita l'esplosività, la novità, la grandezza di Gesù, e tutte le sue parole devono essere interpretate a partire da questo centro. Per Gesù, l'essere cristiano si sarebbe riassunto in questa petizione centrale del Padre Nostro: "Venga il tuo Regno", una petizione che si sarebbe incastonata nel crollo del mondo e nell'irruzione di ciò che solo Dio può fare", ha aggiunto. Ratzinger.

                                L'annuncio della venuta di Cristo alla fine dei tempi

                                Tuttavia, "il escatologiacome 'dottrina degli ultimi giorni', ha occupato l'ultimo posto nei trattati teologici" e "per secoli ha dormito il sonno dei giusti". Solo "recentemente, come conseguenza della crisi storica del nostro tempo, è tornata al centro del pensiero teologico", ha analizzato. quello che poi sarebbe Benedetto XVI.

                                Casi Enrique, autore prolifico, che ha già trattato il tema dell'Aldilà, riflette sulle tappe della storia della salvezza e, nel suo libro sul "Vangelo eterno", considera due cose:

                                1) In primo luogo, "l'annuncio della venuta di Cristo alla fine dei tempi è contenuto in tutte le manifestazioni di fede della Chiesa, nella testimonianza dei Padri, nella liturgia e nell'insegnamento del Magistero". E l'assenza di una riflessione teologica commisurata alla sua trascendenza costituiva un vuoto deplorevole. Oggi la situazione è cambiata (,.). L'interesse per la parousia si è ravvivato".

                                Com'è il paradiso e com'è l'inferno?

                                Inoltre, come ulteriore riflessione, l'autore di "The Eternal Gospel" (pubblicato da ExLibric), dirà anche: "Com'è il Paradiso? È di grande interesse sapere qualcosa o tutto su questa domanda, perché è per sempre" (p. 140). 

                                Lo stesso vale per il infernoche l'autore riprende da San Giovanni Bosco e da Santa Teresa di Gesù, accennando anche alla visione in Fatima i tre pastorelli, e alcune altre persone, diversi santi, che "l'hanno visto e lo raccontano" (p. 149).

                                Tuttavia, lo spazio dedicato alla Il cielo è di gran lunga superiore, tutta la seconda parte del libro, che racconta un bellissimo dialogo tra una donna benedetta dal cielo, di San Luis Potosí, e un laico del Messico, intitolato "La gloria accidentale del cielo", che fa parte de "Le delizie dell'aldilà". La raccomandazione è di leggerlo a sostegno della fede e della speranza cristiana, senza farsi distrarre da dettagli pittoreschi o scientifici.

                                Il Vangelo eterno

                                AutoreCasi Enrique
                                Editoriale: ExLibric
                                Numero di pagine: 338
                                Lingua: Inglese

                                Effetti collaterali dell'intorpidimento

                                Abbiamo detto che l'autore considera due cose. La seconda è questa: 2) "I postumi di questo progressivo intorpidimento della coscienza escatologica hanno dato un taglio negativo alla condotta ecclesiale". Una Chiesa che non si sente più - anche se sa di essere teoricamente - la comunità di coloro che attendono la venuta del Signore Gesù, "quasi senza percepirlo, sarà portata a sistemarsi nel mondo il più comodamente possibile", sottolinea Enrique Cases (pp. 132-133).

                                "Solo la memoria inquietante dell'imminenza della Parousia può liberare la Chiesa per una funzione liberatrice", aggiunge. Nella chiave di "una Chiesa convinta della reale vicinanza del Signore, dobbiamo collocare il ruolo dei segni della Parousia". 

                                Gioacchino da Fiore e la storia della salvezza

                                Vedremo tra poco quali sono questi segni. Ma prima vale la pena ricordare alcuni contributi dell'abate cistercense Gioacchino da Fiore (1130-1202), analizzati dal teologo catalano.

                                Partendo dalla fede nel Dio trino, Gioacchino da Fiore deduce uno sviluppo storico in tre fasi: l'età o epoca del Padre, il tempo tra Adamo e Cristo (Antico Testamento); l'età del Figlio, che inizia con Gesù, il Messia, e continua con la Chiesa, e che si conclude con la sua seconda venuta o Parousia; e l'età dello Spirito Santo, che termina con la venuta finale di Cristo, la fine dei tempi. 

                                L'età dello Spirito Santo

                                L'autore dedica allo Spirito Santo diversi capitoli saltati, soprattutto man mano che il libro procede. Durante l'Ultima Cena, Gesù annuncia agli Apostoli che manderà loro lo Spirito Santo, "che li condurrà alla verità". A Pentecoste vediamo "parte di quell'azione". 

                                Nell'era del Figlio questa azione è "molto intensa nella santità individuale, nei contemplativi, nei doni, nelle fondazioni, nelle iniziative apostoliche, nelle conversioni, nell'efficacia dei sacramenti... "Ma nella prossima era sarà più intensa".

                                Chiesa di Pietro-Chiesa di Giovanni, i laici

                                Nell'era di Spirito SantoGli vengono attribuiti altri doni: ispirazioni, carismi (ad essi è dedicato un altro capitolo), impulsi divini, luci, conversioni ferventi, perdono, rigenerazione ("il grande dono di questo tempo, seguendo San Paolo: 'Non moriremo tutti, ma saremo tutti cambiati'"), rinnovamento e santificazione, "guidando la Chiesa, che può essere chiamata Chiesa di Giovanni, senza cessare di essere la Chiesa di Pietro", sottolinea il libro.

                                Nei primi duemila anni della Chiesa, "il Papato era il fondamento della fede", riflette l'autore, e "il prestigio della Chiesa era soprattutto nei monaci e nei religiosi", con un'attività contemplativa, civilizzatrice, formativa e apostolica. Ma nel millennio successivo alla Seconda Venuta, "nell'era dello Spirito Santo, si estenderà ai laici, come si può già vedere nel XX secolo in una moltitudine di movimenti, fondazioni e nuovi percorsi, che uniscono lavoro e preghiera, famiglia e preghiera, scienza e preghiera, cultura e preghiera", scrive il professore di Barcellona.

                                Parametri della seconda venuta di Cristo

                                Prima di questa età dello Spirito Santo, il millennio, ci sarà la fine dell'età del Figlio, la seconda venuta di Gesù, annunciata da Lui stesso., "tra la nascita e il Giudizio Universale". 

                                In queste pagine, l'autore riflette su Matteo 24, "in cui Cristo ha annunciato molti dei segni che precedono la seconda venuta, insieme ai suoi paralleli Marco 13 e Luca 21", e sull'invito a essere vigili, "perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà".

                                Molte delle promesse annunciate dai profeti "non si sono realizzate nell'epoca del Figlio, come l'immortalità, la pace, la conversione degli ebrei...", ma "la Parola di Dio è infallibile, il che significa che si realizzeranno in futuro, dopo la seconda venuta di Cristo". Enrique Cases entra qui nel merito dei tempi della seconda venuta e dei segni, anche se lasciamo al lettore la sua riflessione sui mille anni, il millenarismo. "Per sei volte (l'Apocalisse) dice che il Regno di Cristo durerà mille anni" (Ap 20).

                                Il tempo della seconda venuta 

                                Quando avverrà questa seconda venuta di Gesù e l'inizio del millennio? Questa domanda è già stata posta a Gesù dai discepoli. Non conosciamo né il giorno né l'ora, ma si profetizzano segni che la precederanno, come la stella per i magi con la loro scienza astronomica" (p. 87). E quando Gesù salì al cielo all'Ascensione, due uomini vestiti di bianco dissero: "Galilei (...), lo stesso Gesù che è stato preso di mezzo a voi e portato in cielo, tornerà come l'avete visto andare in cielo" (p. 87). 

                                Segnali dettagliati

                                Necessariamente sintetizzato, l'autore cita questi "segni dettagliati" che precederanno la seconda venuta (i segni citati e i commentari sono testuale del libro): 

                                "Partenza da Satana e dal suo (…). –Predicare il Vangelo al mondo intero. – Ritorno delle dodici tribù a Gerusalemme (completato nel 1948). Grande apostasia. Noi ci siamo. - Grande Tribolazione. Noi ci siamo. -Guerre. Noi siamo in loro, ma secondo i profeti ne arriveranno altri sempre più micidiali. -Persecuzione dei cristiani (…). –Confusione. Molti falsi profeti appariranno e inganneranno molte persone. -Aumento dei peccati (I peccati di quest'epoca sono schiaccianti: leggi anti-Dio, aborti a milioni, bestemmie, satanismi). Quando vedete l'abominio della desolazioneannunciato dal profeta Daniele (...). Il segno che precede la venuta di Cristo può essere la soppressione dell'Eucaristiail sacrificio perpetuo. Ci saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle.; (...)".

                                L'apostolo Paolo ha aggiunto a questi segni, nella sua prima Lettera ai Tessalonicesi, "...".apostasia e l'Anticristo".

                                Il Regno Eucaristico

                                Un altro contributo del libro riguardante "la venuta intermedia di Cristo tra la nascita di Gesù e il Giudizio Universale" è il concetto che "l'intermedio sarà eucaristico", dice Sant'Ireneo di Lione. Infatti, tra le caratteristiche del successivo millennio, l'autore sottolinea innanzitutto il "regno eucaristico". "Gesù Cristo ha istituito l'Eucaristia per perpetuare la sua visibilità all'uomo. Dio vuole prolungarla nel tempo. A questo scopo, fa dell'uomo l'Eucaristia vivente".

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                Stati Uniti

                                I vescovi statunitensi respingono le misure di Trump sull'immigrazione

                                I vescovi statunitensi hanno respinto alcune politiche migratorie proposte dal nuovo presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

                                Gonzalo Meza-28 gennaio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                Di fronte a una serie di ordini esecutivi emanati dal presidente Donald Trump nel primo giorno del suo mandato, i vescovi statunitensi hanno espresso il loro rifiuto di politiche contrarie alla legge morale. In due dichiarazioni, il vescovo Timothy P. Broglio, presidente della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) e il vescovo Mark J. Seitz di El Paso, presidente del Comitato USCCB per le migrazioni.ha osservato: "L'insegnamento della Chiesa riconosce il diritto e la responsabilità di un Paese di promuovere la legge e l'ordine, la sicurezza e l'incolumità attraverso confini ben regolati e limiti equi all'immigrazione. Tuttavia, come pastori, non possiamo tollerare l'ingiustizia e sottolineiamo che l'interesse nazionale non giustifica politiche con conseguenze contrarie alla legge morale".

                                I vescovi rifiutano anche l'uso di epiteti per squalificare le persone prive di documenti: "L'uso di ampie generalizzazioni per denigrare qualsiasi gruppo, ad esempio descrivendo gli immigrati privi di documenti come 'criminali' o 'invasori', per privarli della protezione della legge, è un affronto a Dio", affermano i vescovi.

                                Tra gli ordini esecutivi firmati dal presidente degli Stati Uniti ci sono quelli che riguardano la fine del diritto di asilo, la dichiarazione di "emergenza al confine" con il Messico e quindi la "sigillatura" della frontiera per "respingere l'invasione che comprende l'immigrazione illegale di massa, il contrabbando di droga, il traffico di esseri umani e altre attività criminali". Altri due decreti ordinano deportazioni di massa, la sospensione del programma di ammissione dei rifugiati e la reintroduzione del programma "Resta in Messico". MessicoI "richiedenti asilo aspettano in quel Paese mentre il loro caso viene trattato, il che può richiedere mesi o anni per essere concluso".

                                Il rifiuto dell'USCCB

                                In risposta a queste disposizioni, i vescovi statunitensi affermano: "Mentre l'enfasi sulla lotta al traffico di esseri umani è benvenuta, diversi ordini esecutivi firmati dal presidente Trump questa settimana mirano specificamente a smantellare le protezioni umanitarie sancite dalla legge federale e a minare il giusto processo, sottoponendo famiglie e bambini vulnerabili a gravi pericoli". Il dispiegamento a tempo indeterminato di mezzi militari per sostenere l'applicazione delle leggi civili sull'immigrazione lungo il confine tra Stati Uniti e Messico è particolarmente preoccupante".

                                I presuli invitano il presidente degli Stati Uniti a riconsiderare le nuove disposizioni, in particolare quelle riguardanti i migranti e i rifugiati, l'ambiente, la pena di morte e l'assistenza finanziaria estera: "Speriamo che riconsideri queste disposizioni che ignorano non solo la dignità umana di pochi, ma di tutti noi. Esortiamo il presidente Trump ad abbandonare queste politiche di applicazione e ad adottare soluzioni giuste e misericordiose, lavorando in buona fede con i membri del Congresso per ottenere una riforma dell'immigrazione significativa e bipartisan che promuova il bene comune con un sistema di immigrazione efficace e ordinato", ha detto il vescovo Broglio. I vescovi si sono impegnati a sostenere gli immigrati "in accordo con il Vangelo della Vita".

                                Cura autentica

                                Tuttavia, i purpurates sottolineano che non tutti i nuovi ordini emessi da Trump sono negativi, alcuni possono essere visti in una luce più positiva, come la disposizione che riconosce a livello federale che esiste solo il maschio o la femmina e nessun altro "genere".

                                Le nostre azioni, dice Mons. Broglio, devono mostrare una "genuina cura per i nostri fratelli e sorelle più vulnerabili, compresi i non nati, i poveri, gli anziani, i malati, i migranti e i rifugiati". Il Giudice giusto non si aspetta niente di meno".

                                Il Papa esprime anche la sua preoccupazione

                                Non solo i vescovi della Chiesa hanno espresso la loro grave preoccupazione al leader statunitense, ma anche Papa Francesco, che domenica 19 gennaio in un'intervista televisiva ha detto che una deportazione di massa negli Stati Uniti sarebbe una "vergogna" perché "fa pagare ai poveri i costi dello squilibrio". Anche membri di altre confessioni cristiane hanno espresso al presidente Trump il loro disappunto per le nuove disposizioni sull'immigrazione.

                                Le deportazioni di massa causeranno inoltre gravi problemi alle città messicane di confine, molte delle quali non hanno più la capacità logistica di accogliere un numero maggiore di persone che cercano di raggiungere gli Stati Uniti. Per alleviare il problema, il Messico ha attuato un programma chiamato "Il Messico ti abbraccia", riservato ai soli cittadini messicani, in base al quale verrà fornita assistenza ai deportati. Inoltre, la rete dei 50 consolati messicani è in allerta per fornire assistenza ai propri cittadini.

                                Per saperne di più
                                Evangelizzazione

                                Fede intransigente nei campionati di football universitario

                                La notizia più importante nel campionato nazionale di football di questi giorni non è che l'Università di Notre Dame ha perso contro Ohio State per 34-23. È che la rivalità esistente ha ceduto il passo a un'altra rivalità. dimostrazione di fede cristiana da parte di entrambe le squadre, in campo e nelle conferenze stampa.  

                                OSV / Omnes-27 gennaio 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

                                In una cultura i cui leader cercano spesso di relegare il credo religioso nella sfera privata e di emarginare le espressioni di fede, la sfida del campionato nazionale di football universitario tra Notre Dame e Ohio State ha mostrato una storia diversa.

                                La disinvolta dimostrazione di fede cristiana da parte di entrambe le squadre - sul campo, nelle conferenze stampa e attraverso testimonianze personali - ha offerto un rinfrescante promemoria del fatto che la fede non dovrebbe essere nascosta, ma vissuta con coraggio nello spazio pubblico.

                                Avvicinarsi a Gesù

                                "Per quanto sia bello essere su questo podio, ci sono molte cose nella vita che apprezzo un po' di più", ha detto il quarterback di Notre Dame (leader offensivo della squadra) Riley Leonard durante la conferenza stampa pre-partita. "Come, prima di tutto, il mio rapporto con Cristo.

                                TreVeyon Henderson, giocatore dell'Ohio State, ha postato su X giorni prima del campionato: "Non dobbiamo avere paura di venire a Gesù, Lui sa cosa abbiamo fatto e ha comunque scelto di morire per te e per me perché ci ama. Metti la tua fede in Gesù e Lui ti salverà dal peccato e ti darà una vita nuova ed eterna. Non abbiate paura, seguite Gesù".

                                Una verità che trascende il calcio

                                Questi atleti usano le loro piattaforme per proclamare una verità che trascende il calcio: che Dio è reale, attivo e centrale nella loro vita. La loro testimonianza è più di un sentimento personale: è un appello a una società che ha bisogno di speranza.

                                Questa manifestazione pubblica di fede è particolarmente sorprendente se si considera il clima culturale in cui, negli ultimi anni, le espressioni del cristianesimo sono state accolte con scetticismo o vera e propria ostilità. 

                                Per decenni abbiamo assistito a una crescente tendenza a confinare la fede nella vita personale, come se non avesse spazio al di fuori delle nostre chiese o delle nostre case. Eppure, in momenti come questo, ci viene ricordato che la fede non è solo una questione di convinzione personale, ma plasma sia gli individui che le istituzioni, hanno commentato.

                                Cultura di Notre Dame

                                Notre Dame, un'università cattolica, ha una lunga tradizione nel promuovere la crescita spirituale insieme all'eccellenza atletica. L'allenatore Marcus Freeman, che ha ristabilito la tradizione della Messa prima della partita e parla apertamente della propria conversione al cattolicesimo, capisce che la vera leadership richiede di guidare i giovani a crescere nella loro fede.

                                "Ho una fede molto forte", ha detto Freeman in una conferenza stampa prima del campionato. "E molte volte parliamo di fiducia al di là delle prove, di fiducia al di là della conoscenza, che è un altro motto per avere fede. E non siamo timidi nel farlo".

                                Presso lo Stato pubblico dell'Ohio, anche

                                Anche l'Università statale dell'Ohio, benché pubblica, ha abbracciato la fede in modo notevole. L'anno scorso, guidati in parte dai giocatori di football dei Buckeye, il campus è stato teatro di decine di studenti battezzati e di molti altri ispirati a cercare Cristo. Le storie dei compagni di squadra che si sono riuniti per studiare la Bibbia e pregare prima delle partite dimostrano che oggi la fede prospera anche in luoghi che non ci si aspetterebbe.

                                "Venendo alla partita ci rafforziamo nella fede".

                                Nei suoi commenti post-partita, Riley Leonard ha elogiato la cultura della fede presente in entrambe le squadre. "L'Ohio State e noi di Notre Dame siamo le due squadre che più lodano Gesù Cristo", ha detto Leonard. "Penso che ci rafforziamo a vicenda nella nostra fede venendo a questa partita e competendo l'uno contro l'altro. Quindi sono felice di vedere uomini di Dio avere successo, indipendentemente dalle circostanze".

                                Quest'anno, il campionato nazionale sarà più di una celebrazione dell'eccellenza atletica, come dicono diversi giocatori. La fede, se vissuta autenticamente e pubblicamente, può cambiare la vita e trasformare la cultura. Alla fine, la conversione dei cuori e delle menti è la vittoria più grande.

                                Ohio State ha vinto, ma Notre Dame è stata orgogliosa di se stessa

                                La ricerca del 12° titolo nazionale da parte di Notre Dame si è conclusa con una sconfitta contro Ohio State al Mercedes-Benz Stadium di Atlanta. Ma l'allenatore Marcus Freeman e i capitani Riley Leonard e Jack Kiser hanno elogiato la perseveranza e la convinzione della squadra. "È un momento difficile", ha detto Freeman, che ha aggiunto della squadra: "Sono orgoglioso di loro e di quello che hanno fatto". 

                                Leonard ha ringraziato Gesù Cristo e ha sottolineato le Scritture che lo hanno ispirato, tra cui Matteo 23:12 e Proverbi 27:17. Ha riconosciuto la sua delusione, ma ha ringraziato gli allenatori e i giocatori di Notre Dame per aver aiutato il suo percorso. Ha riconosciuto la sua delusione, ma ha ringraziato gli allenatori e i giocatori di Notre Dame per aver aiutato il suo percorso. Kiser ha detto: "Sono le persone che rendono questo posto diverso.

                                L'autoreOSV / Omnes

                                Attualità

                                80 anni di Auschwitz e tre Papi lo hanno visitato

                                Rapporti di Roma-27 gennaio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
                                rapporti di roma88

                                Il 27 gennaio ricorre l'80° anniversario della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, uno dei simboli più dolorosi dell'Olocausto.

                                Nel corso degli anni, il sito è stato visitato da tre Papi che, con la loro presenza, hanno reso omaggio alle vittime e ribadito l'impegno della Chiesa per la memoria e la riconciliazione. Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno visitato il sito di Auschwitz, ciascuno con il proprio messaggio di riflessione, di condanna dell'orrore e di appello alla pace, sottolineando l'importanza di non dimenticare i tragici eventi che hanno segnato la storia dell'umanità.


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                                Evangelizzazione

                                Sant'Angela Merici e i santi Timoteo e Tito, ieri

                                Il 27 gennaio la Chiesa celebra l'italiana Sant'Angela Merici (XV-XVI secolo), fondatrice dell'Ordine delle Orsoline, la cui patrona è Sant'Orsola, vergine martire del IV secolo. Ieri, domenica 26, sono stati commemorati i Santi Timoteo e Tito, vescovi e discepoli di San Paolo. La conversione dell'apostolo è stata celebrata sabato.

                                Francisco Otamendi-27 gennaio 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

                                Sant'Angela Merici nacque intorno al 1474 a Desenzano, nel nord Italia. La famiglia si riuniva la sera per ascoltare il padre, Giovanni, che leggeva le vite dei santi. Grazie a queste letture, Angela iniziò a coltivare una speciale devozione per Sant'Orsola, una giovane donna martirizzata nel IV secolo insieme alle sue compagne. All'età di 15 anni perse prematuramente la sorella e il padre e divenne terziaria francescana.

                                Nel 1535, insieme ad alcuni collaboratori, Sant'Angela fondò la "Compagnia dei minimi di Sant'Orsola" (non indossavano il tradizionale abito monastico), che lasciarono la clausura per dedicarsi alla educazione e la formazione delle giovani donne, in obbedienza al vescovo e alla Chiesa. La sua nome è ora Unione Romana dell'Ordine di Sant'Orsola.

                                I santi Timoteo e Tito, la cui memoria ricorreva ieri, 26 gennaio, in seguito alla conversione di San Paolo, sono stati discepoli e collaboratori dell'apostolo. Nominati da lui, lo assistono nel suo ministero come vescovi rispettivamente di Efeso (il primo) e di Creta, ed egli li chiama "figli nella fede". San Paolo a loro, due lettere a Timoteo e una a Tito, che sono incluse nel Nuovo Testamento, che contengono suggerimenti per il loro compito di pastori nella Chiesa, come la tutela della sana dottrina, e con allusioni personali di affetto.

                                L'autoreFrancisco Otamendi

                                Vaticano

                                La speranza cristiana fin dalla Bolla "Spes non confundit".

                                La Bolla "Spes non confundit" sviluppa una profonda riflessione sulla speranza cristiana, sostenuta soprattutto dai Paolini. Il documento evidenzia l'amore di Dio, la centralità di Cristo e la forza della speranza di fronte alle tribolazioni, invitando i fedeli a vivere questa virtù come fonte di trasformazione spirituale e comunitaria.

                                Rafael Sanz Carrera-27 gennaio 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

                                In questo Anno Santo della Speranza, inaugurato da Papa Francesco, la Chiesa ci invita a riflettere su questa fondamentale virtù teologica. Uno dei principali strumenti per questa riflessione è la bolla papale "L'Anno Santo della Speranza".Spes non confundit"Questo documento presenta una profonda meditazione teologica sulla speranza cristiana, supportata da un'attenta selezione di testi biblici, soprattutto dalle lettere paoline.

                                Se dovessi valutare la percentuale di influenza delle citazioni bibliche sulla composizione del documento, la stimerei intorno al 70-80%. Può sembrare esagerato, ma ho basato questa valutazione sul modo in cui il documento interpreta e applica gli insegnamenti biblici al contesto giubilare; sull'uso frequente e diretto delle citazioni per avvalorare i punti principali; sulla struttura del documento, che segue da vicino gli insegnamenti biblici sulla speranza; e infine sul linguaggio e sui concetti utilizzati, che sono fortemente radicati nella tradizione biblica. Cercherò di dimostrarlo in questo articolo.

                                La Scrittura in "Spes non confundit"

                                Il documento presenta una selezione di passi biblici che formano un chiaro schema tematico sulla speranza. Di seguito vengono presentate le principali citazioni e il loro contesto teologico:

                                1. Romani 5,5E la speranza non sarà delusa, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato". Questo passo evidenzia la certezza della speranza cristiana, basata sull'amore divino comunicato dallo Spirito Santo.
                                2. Giovanni 10,7.9Perciò Gesù disse ancora: "In verità vi dico la verità, io sono la porta delle pecore". [...] "Io sono la porta. Chi entra da me sarà salvato; potrà entrare e uscire e trovare il suo cibo"". Queste parole di Gesù evidenziano il suo ruolo di unico mezzo di salvezza, fondamento essenziale della speranza cristiana.
                                3. 1 Timoteo 1,1Paolo, apostolo di Cristo Gesù per ordine di Dio nostro Salvatore e di Cristo Gesù nostra speranza". Questo testo sottolinea il carattere cristocentrico della speranza, presentando Cristo non solo come suo fondamento, ma anche come sua personificazione.
                                4. Romani 5,1-2.5Pertanto, essendo giustificati per fede, siamo in pace con Dio per mezzo del nostro Signore Gesù Cristo. Per mezzo di lui abbiamo ottenuto per fede la grazia in cui siamo stabiliti e per mezzo di lui gioiamo nella speranza della gloria di Dio. [...] E la speranza non sarà delusa, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo, che ci è stato dato". Questo brano integra la speranza come frutto della giustificazione e della pace con Dio che essa genera.
                                5. Romani 5,10Se infatti, mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio, molto più ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita". Qui la speranza nella salvezza viene valorizzata come dono derivante dalla riconciliazione con Dio.
                                6. Romani 8,35.37-39Chi dunque potrà separarci dall'amore di Cristo? Tribolazione, angoscia, persecuzione, carestia, nudità, pericolo o spada? Ma in tutte queste cose abbiamo ottenuto una grande vittoria, a motivo di Colui che ci ha amati. Sono infatti certo che né la morte né la vita, né gli angeli né i principati, né le cose presenti né quelle future, né le potenze spirituali, né l'altezza né la profondità, né alcun'altra creatura potrà mai separarci dall'amore di Dio, manifestato in Cristo Gesù, nostro Signore". Questo passo sottolinea l'indistruttibilità dell'amore divino che fonda la speranza.
                                7. Romani 5,3-4Inoltre, ci gloriamo anche nelle tribolazioni stesse, perché sappiamo che la tribolazione produce costanza; la costanza, virtù provata; la virtù provata, speranza". Questo versetto evidenzia come le prove e le tribolazioni rafforzino e perfezionino la virtù della speranza.
                                8. 2 Corinzi 6,3-10Anche se non è citato testualmente, questo passo descrive le difficoltà che i cristiani devono affrontare nel seguire Cristo, insieme alla profonda gioia e alla ricchezza spirituale che esse generano.
                                9. Romani 15,5Il Dio della costanza e della consolazione vi conceda di avere gli stessi sentimenti gli uni verso gli altri, sull'esempio di Gesù Cristo". Qui si sottolinea l'importanza dell'unità e della consolazione reciproca nella comunità cristiana come frutto della speranza.
                                10. 1 Tessalonicesi 1,3Ricordiamo senza sosta l'opera della loro fede, la fatica del loro amore e la costanza della loro speranza nel Signore nostro Gesù Cristo davanti a Dio nostro Padre". Questo testo collega la speranza con lo sforzo e l'amore perseverante nella vita cristiana.

                                Schema teologico della speranza

                                Dalle citazioni bibliche contenute nel documento, possiamo ricavare uno schema teologico che illumina le principali dimensioni della speranza cristiana:

                                1. Fondazione della speranza

                                • L'amore di Dio (Romani 5,5).
                                • La fede in Cristo (Romani 5,1-2).
                                • L'azione dello Spirito Santo (Romani 5,5).

                                2. Cristo al centro

                                • Cristo è la "Porta" della salvezza (Gv 10,7.9).
                                • Cristo è la nostra speranza (1 Timoteo 1,1).

                                3. Effetti della speranza

                                • Pace con Dio (Romani 5,1).
                                • Gloriarsi nelle tribolazioni (Romani 5,3-4).
                                • Perseveranza (Romani 5,3-4).

                                4. La sicurezza della speranza

                                • La speranza non delude (Romani 5,5).
                                • Si basa sulla riconciliazione con Dio (Romani 5,10).
                                • Nulla può separarci dall'amore di Dio (Romani 8,35.37-39).

                                5. Vivere nella speranza

                                • Solidità e conforto (Romani 15,5).
                                • Fede, speranza e amore in azione (1 Tessalonicesi 1,3).

                                Conseguenze spirituali

                                Dalla carrellata di citazioni bibliche presentate, possiamo trarre importanti conclusioni e applicazioni spirituali che evidenziano la portata teologica e pratica della speranza cristiana:

                                1. Una speranza fondata sull'amore di Dio
                                  La citazione centrale di Romani 5,5, "La speranza non sarà delusa", costituisce l'asse tematico del documento, sottolineando che la speranza cristiana non si basa su aspettative umane, ma sull'amore di Dio riversato nei cuori dallo Spirito Santo. Questo amore divino è la garanzia della solidità della nostra speranza e della sua capacità di sostenerci in ogni momento.
                                2. Il carattere cristocentrico della speranza
                                  La riflessione biblica sottolinea che Cristo non è solo l'oggetto della nostra speranza, ma anche il suo fondamento e la sua personificazione. La metafora di Gesù come "porta delle pecore" (Giovanni 10,7.9) e l'affermazione che Cristo è "la nostra speranza" (1 Timoteo 1,1) rafforzano l'idea che la salvezza e l'interezza possono essere raggiunte solo in Lui.
                                3. Giustificazione e riconciliazione come base della speranza
                                  Il legame tra giustificazione per fede, riconciliazione con Dio e speranza (Romani 5,1-2.5) sottolinea che questa virtù non è un'idea astratta, ma una realtà profondamente radicata nell'opera salvifica di Cristo. La pace con Dio e la promessa della gloria divina sono i pilastri su cui si fonda la speranza del credente.
                                4. La speranza in mezzo alle tribolazioni
                                  Un insegnamento chiave del documento è la capacità della speranza di fiorire nelle difficoltà. Secondo Romani 5:3-4, le tribolazioni rafforzano la fermezza, che a sua volta rafforza la virtù della speranza. Questo approccio paolino, completato da 2 Corinzi 6:3-10, offre una visione della speranza come forza robusta che non solo persiste nella sofferenza, ma si affina attraverso di essa.
                                5. L'indistruttibilità dell'amore divino
                                  Romani 8:35,37-39 sottolinea che nulla può separarci dall'amore di Dio in Cristo Gesù. Questa certezza fornisce una base incrollabile per la speranza, anche di fronte alle prove più dure, dimostrando che la speranza cristiana è immutabile perché radicata nella fedeltà divina.

                                Conclusione

                                L'analisi delle citazioni bibliche nel libro ".Spes non confunditLa "Teologia della speranza" rivela una teologia della speranza profonda e pratica. Questa virtù, ancorata all'amore di Dio, trova il suo centro e il suo garante in Cristo, ed è pensata per sostenere il credente in mezzo alle tribolazioni e rafforzare la sua vita spirituale.

                                In questo Anno Santo della Speranza, Papa Francesco ci invita a riscoprire questa virtù teologica come forza trasformatrice, capace di rinnovare i cuori e le comunità. In un mondo che affronta incertezze e sfide, il messaggio è chiaro: in Cristo la speranza non delude, ma ispira, sostiene e dà vita.

                                L'autoreRafael Sanz Carrera

                                Dottore in Diritto Canonico