Vaticano

Gesù Cristo si è fatto povero per voi

La Sala Stampa della Santa Sede ha presentato il messaggio del Santo Padre Francesco per la VI Giornata Mondiale dei Poveri, che si celebrerà domenica 13 novembre 2022, sul tema "Gesù Cristo si è fatto povero per voi" (2 Cor 8,9).

Antonino Piccione-14 giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La guerra, con le sue atrocità e iniquità, aggrava la condizione dei più deboli e indifesi. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, ha innanzitutto ricordato il carico di dolore e di violenza che il conflitto in Ucraina produce e che fa da sfondo al testo del Papa. Al centro c'è l'invito a tenere lo sguardo su Gesù Cristo che, come dice il titolo, "si è fatto povero per voi".

Lungi da ogni retorica, la fede deve essere praticata e testimoniata con responsabilità e pienezza, senza deleghe. Tre sono i passaggi chiave del messaggio di Francesco, individuati da Fisichella: il rifiuto di ogni lassismo o indifferenza, frutti avvelenati di un secolarismo esacerbato ("il sogno dell'indifferenza", "il sogno dell'indifferenza"), Omelia del 29 novembre 2020); la vigilanza della carità, senza la quale non si può essere cristiani; la condivisione con chi non ha nulla, per cui "il povero è un fratello che mi tende la mano per svegliarmi dal letargo in cui sono caduto". 

Il significato cristiano del denaro

Il denaro non può diventare un assoluto, non possiamo finire abbagliati dall'idolo della ricchezza per una vita effimera e infruttuosa: un atteggiamento - accusa il Papa - che ci impedisce di guardare con realismo alla vita quotidiana e ci offusca la vista, impedendoci di vedere i bisogni degli altri".

Al contrario, il sostegno a chi è in difficoltà è un dovere cristiano che va onorato, senza un comportamento assistenzialista, "come spesso accade", ma impegnandosi "perché a nessuno manchi il necessario". Per questo motivo, è urgente trovare nuove strade per superare l'approccio delle politiche sociali "concepite come una politica verso i poveri, ma mai con i poveri, mai dei poveri, e ancor meno come parte di un progetto che unisce i popoli".

Due tipi di povertà

Alla luce della fede, inoltre, c'è un paradosso che definisce due tipi di povertà: "La povertà che uccide", scrive Francesco, "è quella figlia dell'ingiustizia, dello sfruttamento, della violenza e della distribuzione ingiusta delle risorse". È una povertà disperata, priva di futuro, perché imposta da una cultura dell'usa e getta che non dà prospettive né vie d'uscita".

Al contrario, c'è una libertà che libera: "è la libertà che si presenta a noi come una scelta responsabile di alleggerire la zavorra e di concentrarsi sull'essenziale". In effetti, è facile trovare quel senso di insoddisfazione che molti provano, perché sentono che manca qualcosa di importante e vanno alla sua ricerca come vagabondi senza meta. Ansiosi di trovare ciò che può soddisfarli, hanno bisogno di rivolgersi ai piccoli, ai deboli, ai poveri per capire finalmente di cosa hanno veramente bisogno. L'incontro con i poveri mette fine a tante ansie e paure inconsistenti".

L'esempio è Charles de Foucauld, l'espressione per farla nostra è di San Giovanni Crisostomo: "Se non riesci a credere che la povertà ti arricchisce, pensa al tuo Signore e smetti di dubitarne". Se lui non fosse stato povero, voi non sareste ricchi; è straordinario che dalla povertà siano nate ricchezze abbondanti. Paolo intende qui per "ricchezze" la conoscenza della pietà, la purificazione dal peccato, la giustizia, la santificazione e mille altre cose buone che ci sono state date ora e per sempre. Tutto questo lo abbiamo a causa della povertà".

Giornata mondiale dei poveri

Il 13 novembre, il Papa presiederà la celebrazione della Santa Eucaristia nella Basilica di San Pietro, con la partecipazione di migliaia di poveri, assistiti dalle varie associazioni di volontariato presenti a Roma. In riferimento alla Giornata del 2021, Fisichella ha ricordato come Papa Francesco abbia voluto dedicare un'attenzione particolare alle Case Famiglia presenti sul territorio della diocesi di Roma, grazie anche alla generosità delle catene di supermercati Elite, Antico Molino e Pastificio La Molisana, con la consegna di una scorta di prodotti alimentari e per l'igiene personale, in particolare prodotti per la prima infanzia, sufficiente per oltre due mesi.

I rifornimenti sono stati consegnati anche ad alcune parrocchie e associazioni di beneficenza. Un'altra iniziativa è stata la distribuzione di 5.000 "kit" di ausili di base per la salute e la cura della persona a circa 60 parrocchie di Roma, che li hanno poi distribuiti alle famiglie più bisognose.

Oltre all'aiuto sotto forma di distribuzione di cibo e medicinali, la Giornata mondiale dei poveri dello scorso anno è stato segnato anche, ha concluso Fisichella, da un'altra iniziativa resa possibile dalla generosità di UnipolSai. Per circa 500 famiglie con difficoltà economiche è stato possibile pagare le bollette di gas ed elettricità. Queste spese gravano sulle famiglie che, per accedere a questi servizi, spesso rinunciano al cibo o ad altre spese mediche, come ha denunciato Papa Francesco nel Messaggio 2021: "Alcuni Paesi stanno subendo conseguenze molto gravi della pandemia, tanto che le persone più vulnerabili sono private dei beni di prima necessità". Le lunghe code alle mense dei poveri sono un segno tangibile di questo deterioramento".

L'autoreAntonino Piccione

Evangelizzazione

Che cos'è la sinodalità?

Il professor Marco Vanzini spiega il concetto di sinodalità nella Chiesa. Papa Francesco ha invitato tutte le diocesi del mondo a riflettere su questo tema e nell'ottobre 2023 si svolgerà a Roma la fase finale del sinodo.

Marco Vanzini-14 giugno 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Traduzione dell'articolo in inglese

L'ascolto della storia, il dialogo con e nella Tradizione è per la Chiesa la prima forma di cammino sinodale. La Chiesa è una carovana che tiene insieme le generazioni successive con il loro bagaglio di esperienze, di fede compresa e vissuta. Confidando nell'assistenza dello Spirito di verità, la Chiesa sa che la Tradizione è il sito dove Dio continua a parlargli, permettendogli di offrire al mondo una dottrina sempre viva e attuale.

La Chiesa è sempre stata consapevole di essere in cammino. Il modoÈ così che la stessa fede cristiana veniva descritta nei primi secoli, ricordando le parole del Vangelo in cui Gesù dichiara di essere "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6). Il cristianesimo è il modo attraverso cui l'uomo può camminare per raggiungere la vita nel senso più vero, quello che si trova in Dio stesso, nell'abbraccio del Padre. È a Lui che Cristo ci conduce in quel viaggio che è la nostra esistenza sulla terra e i cui passi sono essenzialmente interiori. Sono i passi attraverso i quali il nostro spirito esce dalla sua reclusione e comprende che il senso della vita è l'amore, la comunione con ogni persona, riconosciuta come fratello o sorella in Cristo, figlia dello stesso Padre. 

La Chiesa è sempre stata consapevole di essere in cammino. La via, così veniva designata la stessa fede cristiana nei primi secoli, ricordando le parole del Vangelo in cui Gesù dichiara di essere "la via, la verità e la vita" (Gv 14,6).

La meta del cammino dell'uomo non è immergersi in un rapporto individuale e "privato" con Dio, né il cammino va fatto da soli, ma insieme, nella comunione che già esiste, anche se non pienamente, nella Chiesa. Si tratta di un syn-hodosa viaggio sinodale cosa facciamo. In questo cammino, la Chiesa desidera accompagnare ogni uomo e ogni donna, l'intera famiglia umana di cui essa stessa fa parte e con cui condivide la fatica, la sofferenza, i desideri e le speranze. 

Cosa vuole il Papa

La Chiesa, infatti, "è costituita da persone che, riunite in Cristo, sono guidate dallo Spirito Santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre, e hanno ricevuto un messaggio di salvezza per proporlo a tutti". Per questo la comunità dei cristiani si sente veramente e intimamente unita al genere umano e alla sua storia" (Gaudium et spes, 1).

È questa la consapevolezza di fondo che Papa Francesco vuole far rinascere nella Chiesa, dando slancio alla riflessione sulla sinodalità. Ma se è vero che fin dalle sue origini la Chiesa ha saputo di camminare insieme al mondo nella Camino che è Cristo, allora la prima consapevolezza da riaccendere è quella della propria storia come sito della sinodalità. Infatti, dal giorno della Pentecoste, la ragion d'essere della Chiesa è stata quella di portare Cristo al mondo e il mondo a Cristo. Lo ha fatto attraverso la vita dei credenti, attraverso la loro testimonianza, attraverso la loro carità vissuta e alimentata nell'Eucaristia, attraverso l'annuncio del Vangelo e la sua attualizzazione in ogni periodo della storia. 

La vita di Pietro e Paolo, di Lorenzo e Agnese, il genio teologico di Origene, Agostino e Tommaso, il progresso nella comprensione del mistero di Dio e dell'uomo testimoniato dal Magistero nei Concili e nelle sue varie espressioni, la profondità spirituale di Teresa e Ignazio, l'umiltà di Francesco e la luminosa carità di Giuseppe Cottolengo e Massimiliano Kolbe, sono espressioni dell'inesauribile ricchezza e vitalità di Cristo e del Vangelo. Senza queste espressioni, questa ricchezza rimarrebbe confinata nel passato. 

Queste espressioni sono la mediazione della Chiesa in ogni epoca tra il Vangelo e la vita e la cultura attuale del popolo. Sono ciò che si chiama Tradizione e insieme costituiscono un patrimonio perenne della Chiesa, una sinfonia di voci attraverso le quali essa ha reso udibile la Parola di Cristo in ogni epoca e la rende udibile nel mondo di oggi. La Chiesa, sulla base della promessa di Cristo, è convinta che lo Spirito Santo coordini e concorda Queste voci affinché la Parola sia ascoltata nella sua ricchezza, fedelmente, senza distorsioni. 

Per questo motivo, la Chiesa procede nel suo cammino ascoltando innanzitutto queste voci, attingendo costantemente a questo patrimonio e attualizzandolo. Altrimenti, si correrebbe il rischio di rimanere anacronisticamente ancorati al passato o di allontanarsi dal cammino, abbandonando la "Via" che è Cristo per seguire indicazioni fallaci. 

La sinodalità è una sinodalità storica

Per riprendere un'espressione cara a Papa Francesco, la Chiesa è una carovana solidale che tiene insieme le generazioni successive con la loro ricchezza di esperienze, di fede compresa e vissuta. In questo senso possiamo dire che la sinodalità della Chiesa è prima di tutto storicoNella Chiesa, i cristiani di oggi camminano accanto a quelli di ieri e preparano la strada a quelli di domani. Questo grazie alla sua Tradizione viva, capace di conservare e aggiornare la Parola di Dio per illuminare i problemi e le questioni dell'uomo di oggi. 

Ascoltare la propria storia - la Tradizione - non è facile né scontato, così come non lo è il dialogo tra le generazioni in una famiglia e nella società. Ma nella Chiesa è una questione indispensabile, ancor più che nella famiglia e nella società. Infatti, è in gioco la fede nell'indefettibilità assicurata da Cristo alla Chiesa nella sua missione di trasmettere la verità, con l'assistenza dello "Spirito di verità" (Mt 16,18; Gv 16,13).

La dottrina cristiana ha uno sviluppo perché è la dottrina di un soggetto - la Chiesa - che vive nel tempo e affronta i contesti di ogni tempo e luogo. E perché il mistero da cui attinge - il Dio rivelato in Gesù Cristo - è inesauribile, così come il mistero dell'uomo, che viene illuminato da questa dottrina. Ma, come ha spiegato acutamente J.H. Newman, si tratta di uno sviluppo che non rifiuta il passato, ma sa apprezzarlo e tornare continuamente ad esso come garanzia di una vera continuità storica. 

In questo modo, la Chiesa può manifestare nel suo cammino un vigore perenne e una capacità di rinnovamento mai sopita. In questo modo, un vero approfondimento della verità può avvenire in qualsiasi momento, non solo una trasposizione di insegnamenti del passato in termini e concetti più contemporanei. Nuovi aspetti della verità, precedentemente inespressi o addirittura nascosti, possono emergere sotto lo stimolo di un nuovo contesto storico e culturale. Nuove intuizioni illuminano quelle precedenti, che sempre in qualche misura preparano e anticipano, e così si manifestano la coerenza, l'unità della dottrina cristiana e la sua fecondità.

L'ascolto e il dialogo con la Tradizione e nella Tradizione è una modalità essenziale della sinodalità di cui la Chiesa ha bisogno oggi. Questo ascolto-dialogo è la garanzia che ciò che intendiamo offrire al mondo come comunità di credenti in Cristo non sarà semplicemente una soluzione di sapienza umana alle sfide antropologiche, etiche e spirituali che i tempi che cambiano ci presentano. Sarà piuttosto una parola umana in cui si esprime - incarnata - la Parola divina, l'unica capace di illuminare veramente, in tutta la sua profondità, il mistero dell'uomo, il senso della sua vita e la meta del suo cammino insieme a tutta la comunità umana.

L'autoreMarco Vanzini

Mondo

Il Giubileo della Regina e il suo significato per la Chiesa Cattolica

La Regina Elisabetta II ha contribuito a migliorare le relazioni con la Chiesa cattolica nel Regno Unito. Ha incontrato 5 Papi e, sotto il suo regno, diversi membri della famiglia reale si sono uniti alla Chiesa cattolica.

Sean Richardson-14 giugno 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Questo mese ricorre il Giubileo di platino della Regina Elisabetta II, a 70 anni dalla sua ascesa al trono il 6 febbraio 1952. È la monarca che ha regnato più a lungo nella storia del Regno Unito. In tutto il Paese e in tutto il Commonwealth, la gente si è unita ai festeggiamenti per celebrare questa importante occasione per la Regina. 

Tra le commemorazioni di questo momento storico, la Conferenza episcopale di Inghilterra e Galles ha stabilito che in tutte le Messe domenicali del 4 e 5 giugno 2022, in ogni parrocchia, si pregherà per Sua Maestà la Regina, includendo un'intenzione nella Preghiera dei fedeli e alla fine della Messa.

Papa Francesco ha persino inviato un telegramma per congratularsi con Sua Maestà e ha donato un cedro del Libano all'iniziativa Green Canopy della Regina, un progetto che invita i cittadini di tutto il Regno Unito a piantare un albero in occasione del Giubileo.

Questi gesti di affetto reciproco tra la famiglia reale e la Chiesa cattolica segnano un importante passo storico sia per il Regno Unito che per il Vaticano.

È importante ricordare che solo nel 1829 l'Inghilterra introdusse l'Emancipation Act, ripristinando la maggior parte dei diritti civili dei cattolici.

Tuttavia, anche dopo questa legge, la strada per l'accettazione pubblica dei cattolici nella società inglese è stata lunga.

In passato, convertirsi al cattolicesimo significava talvolta perdere lo status nella società inglese, come dovettero sopportare San John Henry Newman e Mabel, la madre di J.R.R. Tolkien.

Elisabetta II: la chiave per migliorare le relazioni con la Chiesa

La Regina Elisabetta II ha probabilmente contribuito a migliorare le relazioni con la Chiesa cattolica nel Regno Unito. Nel 2014, insieme al marito, il Principe Filippo, Duca di Edimburgo, ha persino fatto visita a Papa Francesco in Vaticano per celebrare il centenario del ripristino delle relazioni diplomatiche tra il Regno Unito e la Santa Sede. Inoltre, ha incontrato personalmente cinque papi, quattro dei quali come Regina, e Papa Pio XII, anche come Principessa.

Si tratta di un fatto piuttosto significativo, poiché prima del regno della regina Elisabetta II il primo sovrano della Gran Bretagna a visitare il Papa è stato il re Edoardo VII nel 1903, dopo tre secoli e mezzo, seguito dal re Giorgio V nel 1923.

Come spiega Joseph Pearce, noto scrittore cattolico e autore del nuovo libro di Ignatius Press "La fede dei nostri padri: una storia della vera Inghilterra".ha scritto per Omnes: "A differenza dei suoi predecessori, la Regina Elisabetta ha favorito relazioni calorose con il papato. In particolare, non ha lesinato incontri con i numerosi papi che hanno occupato la cattedra di Pietro durante il suo lungo e illustre regno. Ha conosciuto Giovanni XXIII in Vaticano nel 1961 e ha incontrato Giovanni Paolo II in tre diverse occasioni: in Vaticano nel 1980, durante la storica visita del Papa in Inghilterra nel 1982 e di nuovo nel 2000. Ha incontrato Benedetto XVI durante la sua fortunata visita in Inghilterra nel 2010, durante la quale ha beatificato John Henry Newman, e Papa Francesco nel 2014".

Parenti cattolici di Elisabetta II

Inoltre, anche all'interno della stessa famiglia della Regina e delle persone a lei vicine, ci sono state conversioni al cattolicesimo. Come aggiunge Joseph Pearce, "nel 1994, la Duchessa di Kent è stata accolta nella Chiesa, primo membro della famiglia reale a convertirsi pubblicamente dall'approvazione dell'Atto di Stabilimento nel 1701. Nello stesso anno, anche Frances Shand Kydd, madre della Principessa Diana, fu accolta nella Chiesa.

Nel 2001, Lord Nicholas Windsor, figlio del Duca e della Duchessa di Kent, è stato accolto nella Chiesa, perdendo così il suo diritto di successione al trono secondo i termini dell'Atto di Regolamentazione.

Al suo battesimo da neonato, Lord Nicholas ebbe come padrini l'erede al trono, il principe Carlo, e Donald Coggan, vescovo anglicano di York e poi arcivescovo di Canterbury.

Nel 2006, come richiesto dal Royal Marriages Act del 1772, ha avuto bisogno del consenso del monarca per il suo matrimonio con una cattolica; la concessione del permesso necessario da parte della Regina è stata un'ulteriore prova del suo atteggiamento cordiale nei confronti della Chiesa. Da quando si è convertito, Nicholas Windsor è stato un instancabile e dichiarato sostenitore della protezione dei bambini non ancora nati. Nel dicembre 2019, l'ex cappellano anglicano della Regina Elisabetta Gavin Ashendon è stato accolto nella Chiesa, dopo aver servito la Regina come suo cappellano personale dal 2008 al 2017". 

Da un'epoca in cui il cattolicesimo era vietato, persino brutalmente punito, in Gran Bretagna, all'attuale accettazione pubblica della fede, anche all'interno della famiglia reale, è una transizione importante.

Non nasconde la sua fede

Anche se ci sono ancora barriere da superare, l'esempio di perseveranza della Regina, la sua disponibilità al dialogo e, in ultima analisi, il suo totale impegno nel servire la nazione sono una testimonianza inestimabile di leadership per tutti.

Come ha osservato il vescovo di Shrewsbury, Mark Davies, durante l'omelia della festa di Pentecoste, "la Regina non fa mistero del fatto che è la sua fede cristiana che le ha permesso di rispondere alla miriade di richieste della sua vita nel corso di sette decenni. Una vita scandita da un ritmo quotidiano di preghiera e di culto domenicale che è stato il filo conduttore di tutti i cambiamenti e gli sconvolgimenti del suo regno. In effetti, nell'era moderna, è impossibile immaginare come si possa vivere un servizio così lungo senza un tale senso di vocazione cristiana".

Il regno della Regina lascerà inevitabilmente un segno significativo nella storia del Regno Unito e, almeno per il momento, molti stanno riflettendo sul futuro della famiglia reale una volta che sarà scomparsa e sull'esempio che vorranno dare.

L'autoreSean Richardson

Per saperne di più
Vaticano

Papa Francesco "Gli anziani hanno tanto da darci!".

Rapporti di Roma-13 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Papa ha proseguito il ciclo di catechesi dedicato alla vecchiaia, sottolineando la saggezza che gli anni portano e che è preziosa per tutti. Ha anche parlato della "cultura dell'usa e getta" che esclude gli anziani dalla comunità.


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Vaticano

Papa Francesco: "Gli Stati devono rimuovere gli ostacoli alle famiglie".

Rapporti di Roma-13 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Papa Francesco ha affermato che l'Europa non sostiene a sufficienza il tasso di natalità e ha invitato i governi a incoraggiare le famiglie, a essere più creativi e ad aprirsi ai bisogni dell'altro.

Ha inoltre sottolineato che la pornografia deve essere denunciata come un attacco permanente alla dignità di uomini e donne.


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FirmeJuan Arana

Paura del tumore

AIl Comitato è preoccupato per il fatto che, prima che la questione venisse portata alla mia attenzione dal vivoC'erano due cose che mi preoccupavano. Il primo è statora che ascoltandoHai un cancro", mi sono detto: "Hai un cancro".sarebbe molto spaventoso, lo sintiera come se una specie di verme mi divorerà all'interno.

13 giugno 2022-Tempo di lettura: 8 minuti

In quanto settantenne, sono abituato al fatto che la corpo di tanto in tanto mi sento un po' un rompiscatole. È come possedere un'auto con anni e chilometri. Dovete portarla in officina più spesso di prima e, quando arriva il momento della revisione, siete pronti ad essere costretti a controllare questo o a cambiare quello.

Naturalmente, anche se siete affezionati all'oggetto e siete disposti a perdonare i suoi difetti, contate sul fatto che a un certo punto non varrà più la pena di ripararlo e dovrete rottamarlo per acquistare un nuovo veicolo, magari uno di quelli elettrici a guida autonoma.

Ma, ahimè, non sembra possibile eseguire una manovra simile con il proprio corpo: si è incatenati ad esso in modo molto più stretto rispetto alla cavalcatura meccanica. Perciò, se il disturbo non può essere curato e non c'è possibilità di trapianto, è meglio che mettiate ordine nei vostri affari e vi mettiate in pace con Lui in alto.

Come la maggior parte dei mortali, sono piuttosto apprensivo. Tuttavia, avendo sofferto di problemi intestinali per tutta la vita, so come affrontare la quotidianità e non do molta importanza a vertigini, coliche e dolori vari.

Pensavo di sbarazzarmi di quella grande, ma poi un controllo di routine ha rilevato qualcosa che il medico di turno ha prudentemente valutato come una "piccola lesione". In realtà, ce n'erano due sospetti e dopo la relativa biopsia è emerso che solo quello dall'aspetto più innocuo meritava il nome temuto.

Mi è stato detto che, tutto sommato, la prognosi è favorevole e la soluzione chirurgica sarà probabilmente radicale. Quindi eccomi qui, in attesa di affrontare il calvario: l'appuntamento è tra dieci giorni. Ho pensato di non perdere l'occasione, ora che posso vedere le orecchie del lupo per la prima volta.

Sarà anche deformazione professionale, ma l'occasione è ghiotta, da condire con la corrispondente meditazione antropologico-filosofica.

Ci sono due aspetti da contemplare: in primo luogo, come sto vivendo la questione da solo senza dare tre quarti al pianto. In secondo luogo, il modo in cui questa esperienza intima viene disturbata dall'interazione con il altro (medici, familiari stretti e meno stretti, amici, colleghi e conoscenti).

A Pilar, una mia collega, è stato diagnosticato un cancro al seno in giovane età. Con enorme coraggio superò l'esperienza, riuscì a diventare professore universitario, si sposò, divenne madre e visse una vita piena fino a quando un secondo tumore, questa volta ai polmoni, la uccise. Stavo discutendo delle sue viscere con il mio compagno Javier, e lui mi ha detto: "Io non sarei capace. Il giorno in cui mi verrà diagnosticato qualcosa di simile, mi arrenderò senza opporre resistenza..." Un maledetto covide lo portò via, contro il quale lottò fino alla fine con tutto il coraggio e l'audacia di cui si vantava di essere sprovvisto.

Sia io che Pilar e Javier siamo (o eravamo) filosofi e cristiani. Doppio motivo per affrontare queste sfide "come Dio comanda".

Quindi, ora che è arrivato il mio turno (anche se in misura ridotta, come commenterò più avanti), mi sembra un momento opportuno per dimostrare che ho imparato qualcosa dalla religione che mi hanno trasmesso i miei genitori e dalla professione che ho esercitato per più di cinquant'anni.

Dopo tutto, Heidegger non ha forse detto che l'uomo "è un essere per la morte"? È una delle poche sue tesi che apprezzo.

Mia suocera mi ha raccontato che quando un certo parente fu sfrattato, la moglie cominciò a lamentarsi un po' (a ragione, poverina), ma il malato troncò l'espansione dicendo: "Fammi il favore di chiamare il prete, e fai venire tutti i miei figli e i miei nipoti, così potranno vedere e constatare come muore un cristiano...".

Ammirevole, ma, comunque, non sono ancora in quella posizione e non saprei come fare lo stesso senza diventare melodrammatico.

Prima che la questione mi riguardasse direttamente, due cose mi preoccupavano.

Il primo è che quando ho sentito dire: "Hai il cancro", ho rabbrividito, mi sono sentita come se una specie di verme mi stesse divorando dall'interno. Pensavo che sarei diventata isterica e l'avrei fatto rimuovere sul posto, come chi salta quando si accorge che un ragno è atterrato su di lui.

Ma no. Non sono nemmeno passato al campo dei negazionisti, come quelli che mettono la testa sotto le ali e procrastinano. sine die il trattamento raccomandato.

Mi sono limitato a rispettare senza fretta né pause le scadenze prescritte dalla superiorità medica. La sorpresa è stata quella di non aver vissuto la malattia come una qualcosa di strano. Senza identificarmi con la cosa, l'ho sentita mia come le parti sane della mia anatomia. Può trattarsi di cancro, ma in ogni caso è il mio cancro. Ho dichiarato guerra ad essa, ma non è una alieno. Questo mi ha dato serenità. Credo di doverlo in parte a un altro amico che se n'è già andato, Paco Vidarte, che ha raccontato gli episodi della sua malattia in un blog. Un giorno i medici gli diedero il permesso di lasciare l'ospedale per qualche ora e lui scattò una foto al ristorante che pubblicò con il seguente commento: "Questa è la bistecca che io e il linfoma abbiamo mangiato". Se si dice che "fino alla coda tutto è toro", per essere in pace con noi stessi dobbiamo accettare che corpo e anima, salute e malattia, virtù e difetti, gioie e dolori, formano una parte indissolubile del nostro essere. Sono riuscita a iniziare a essere felice quando sono riuscita a riconciliarmi con la mia testa calva e con gli altri piccoli difetti di cui soffro. Non ho intenzione di amareggiarmi per una malattia che il medico mi ha assicurato (con quale autorità?) non mi ucciderà. Che diavolo! C'è un aneddoto su Federico II di Prussia che mi ha sempre divertito e che ora mi torna in mente. Stava guidando il suo esercito in battaglia quando una parte delle truppe fuggì in disordine. Al galoppo tagliò la strada ai disertori, dicendo: "Ma pensate davvero di non morire mai!

Può essere un cancro, ma in ogni caso è il mio cancro. Gli ho dichiarato guerra, ma non è un alieno. Questo mi ha dato serenità.

Juan Arana

Il secondo scrupolo che ho avuto è stato quello di essere l'ultimo a saperlo. Chiunque pensi che io non sia in grado di affrontarlo penserà molto poco di me. In effetti, ho fatto un patto reciproco con mia moglie per non nasconderci la gravità della situazione quando si presenta. Fortunatamente, tali cospirazioni compassionevoli sembrano essere cadute in disuso. Naturalmente, ci sono sempre coloro che non vuole sapere. Molti rifiutano di farsi controllare e addirittura ignorano ostinatamente sintomi inequivocabili. Oltre all'autoinganno, chiedono a gran voce di essere ingannati ed è giusto assecondarli, soprattutto se non si può fare molto per curarli. Ma anche se la medicina non riesce ancora a risolvere molti problemi, almeno riesce il più delle volte a li vede arrivare da lontano.

Un altro punto da considerare è che la parola "cancro", grazie a Dio, sta diventando meno drammatica. Un tempo era sinonimo di condanna a morte, di orrore per se stessi e per chi veniva a conoscenza della disgrazia, che guardava al portatore della sindrome come a una sorta di spettro, un moribondo da cancellare a tutti gli effetti, se non come oggetto di pietà e di preghiere.

Quest'ultimo punto è interessante. Sono un credente e come tale pratico regolarmente la preghiera. A casa recitiamo il rosario quasi ogni giorno e abbiamo l'abitudine di dedicare ogni mistero a un'intenzione, come lo proponiamo a turno. Per quanto mi riguarda, è una buona idea, poiché il mio altruismo deve essere rafforzato. La cosa negativa è che quando è il vostro turno, passate il mistero precedente a scervellarvi per decidere a cosa o a chi dedicarlo, invece di concentrarvi sulla preghiera.

In questo senso, avere un malato di cancro vicino è un bene sicuro, anche se malinconico, perché molti finiscono per andare in paradiso, mentre quello che volevamo era che rimanessero con noi più a lungo. Questo mi ha portato a chiedermi: per cosa prego e, soprattutto, per cosa dovrei pregare? Mi ha illuminato il passo di Luca 4,25-30, dove Gesù Cristo dice:

"Al tempo del profeta Elia c'erano molte vedove in Israele, quando non piovve per tre anni e mezzo e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma Elia non fu mandato da nessuna delle vedove d'Israele, bensì da una di Zarefat, vicino alla città di Sidone. Anche al tempo del profeta Eliseo c'erano molti malati di lebbra in Israele, ma nessuno di loro fu guarito, tranne Naaman, che veniva dalla Siria. Quando tutti i presenti nella sinagoga sentirono questo, si arrabbiarono molto.

A parte il fatto che la mia fede non è mai stata di quelle che spostano le montagne, il fatto in sé è chiaro e - se ci pensiamo un po' - giusto, adeguato e persino consolante: i miracoli e gli eventi provvidenziali non sono lì per soddisfare i capricci o anche i bisogni angosciosi degli esseri umani in generale o delle anime oranti in particolare. Non sono lì per far sì che Dio si conformi alle convenienze umane, ma al contrario, per far sì che noi ci conformiamo al disegno divino (che per noi è il più delle volte segreto e oscuro).

È comprensibile e persino salutare esclamare: "Signore, sia fatto come vuoi, ma ti prego, lo voglio!"Tuttavia, se gli effetti ottenuti sono in contrasto con quelli proposti, sarebbe assurdo fare i capricci, come quei parrocchiani che, dopo che la processione del santo patrono per affrettare la fine della siccità si è rivelata infruttuosa, hanno optato per gettarlo nel fiume, con tanto di scalino. Non credo che esista una formula migliore, in questo senso, di quella utilizzata dalla gente comune: Se Dio vuole!

Borges ha scritto da qualche parte:

L'evidenza della morte è statistica
e non c'è nessuno che non corra il rischio di essere il primo immortale.

Un poeta ha il diritto di dire quello che vuole, ma con tutto il rispetto, invece di: "correr el albur" avrebbe dovuto mettere: "tener la veleidad", perché nemmeno come albur la sopravvivenza illimitata si adatta.

Borges stesso ha scritto un racconto, L'immortale, il cui protagonista lo ottiene per magia e scopre che è qualcosa di atroce. Ciò che desideriamo (anche se non lo sappiamo) non è il vita eterna (che sarebbe letteralmente lunghissimo), ma piuttosto il vita eterna. Senza cancro o altro, mi basta guardarmi allo specchio ogni mattina per vedere ritratta la mia mortalità.

Qualche mese fa ho tenuto una conferenza su Ray Kurzweil, una folle eminenza transumanista che pretende, sulla scia di Borges, di diventare il primo immortale. Ho pensato che il modo migliore per confutarlo fosse quello di mostrare sulla stessa diapositiva del powerpoint una sua foto di trent'anni fa e altre di oggi. La vita non è uno stato, è un viaggio, e come tale è altrettanto negativo terminarla troppo presto o troppo tardi.

È inoltre sconsigliabile che questo tipo di prove sia eccessivamente prolungato. Concludo con una riflessione sull'opportunità o meno di informare chi vi conosce della minaccia alla vostra salute. Aristotelicamente, credo che anche in questo caso si possa sbagliare sia per eccesso che per difetto. Dopotutto, non è un segreto di Stato, soprattutto se siete già in pensione e non ricoprite posizioni e funzioni da cui dovreste essere sollevati. D'altra parte, se le cose prendono una brutta piega, non è nemmeno una buona idea che le persone abbiano il vostro necrologio a colazione, senza avere la possibilità di salutarvi prima o - se questo suona funereo - di accompagnarvi per un po'.

Detto questo, vorrei avvertire che non sono così sospettoso da pensare che l'esito felice previsto da professionisti e amatori del res medica del mio ambiente risponde a un complotto vizioso per tenermi sul fico. So bene che il cancro alla prostata non è la stessa cosa del cancro al pancreas, all'esofago o al cervello. Sono meno informato sui gradi di malignità, ma a quanto pare sono stato anche fortunato (perché la fortuna, quella che si chiama fortuna, sarebbe stata meglio se fossi rimasto sano come una mela, non credete?).

Tuttavia, sono anche consapevole che a volte le cose vanno male. La mia biopsia, ad esempio, non aveva nulla di scontato e poi è sopraggiunta una complicazione che mi ha reso le cose difficili. Ho esaurito la mia quota di sfortune imprevedibili?

Gli statistici dicono che sarebbe semplicistico crederci. Ma, in ogni caso, il punto è che anche nel campo delle relazioni pubbliche ci sono effetti inaspettati quando si cerca di non andare troppo da una parte o dall'altra.

Il primo è che sembra che anche sotto le rocce ci siano vittime e sopravvissuti allo stesso trauma o a traumi simili, il che è molto incoraggiante, anche se toglie le luci della ribalta a voi.

La seconda è che ci sono anche molte persone che, con la buona intenzione di rincuorarti, ti dicono che non è niente di grave, che il tuo cancro è di seconda o terza divisione. Anche se in parte, in effetti, vi stanno rassicurando, in parte vi stanno dando uno schiaffo in faccia come punizione per aver finto di essere la sposa al matrimonio, il bambino al battesimo o il morto (scusate) al funerale.

Quindi, per dimostrare che ho imparato la lezione dell'umiltà, non dico più che ho un carcinoma, né un tumore, nemmeno un piccolo tumore. Comunico ora (e non a tutti) che mi verrà asportata la prostata, come a tutti.

L'autoreJuan Arana

Professore di filosofia all'Università di Siviglia, membro ordinario dell'Accademia Reale di Scienze Morali e Politiche, visiting professor a Mainz, Münster e Parigi VI -La Sorbona-, direttore della rivista di filosofia Natura e Libertà e autore di numerosi libri, articoli e contributi a opere collettive.

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Mondo

Nadia CoppaDobbiamo riflettere sul nuovo modo di presentare la vita consacrata delle donne".

Abbiamo intervistato Nadia Coppa, recentemente nominata Presidente dell'Unione Internazionale dei Superiori Generali (UISG).

Federico Piana-13 giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Traduzione dell'articolo in inglese

L'identità delle organizzazioni appartenenti al Unione Internazionale dei Superiori Generali (UISG) è più globale che mai. Novecento congregazioni femminili di diritto diocesano e pontificio si sono diffuse in tutti i continenti: dall'Europa all'Asia, dalle Americhe all'Oceania.

Dallo scorso maggio, la rete mondiale di suore ha una nuova presidente: Nadia Coppa, appartenente all'istituto religioso delle Adoratrici di Cristo. La mia elezione", dice, "è stata una sorpresa. Ma fin dall'inizio mi sono messo al servizio degli obiettivi dell'UISG. Ad esempio, favorire il collegamento tra le varie congregazioni, condividere una visione comune della vita consacrata in diversi contesti interculturali e promuovere processi di formazione e promozione della vita". 

Non perseguirà questi obiettivi da sola, ma con una buona squadra che condivida gli sforzi. "Sarò sostenuta da un consiglio direttivo di donne che hanno una ricca esperienza missionaria ed ecclesiale e che mi incoraggia a pormi in un atteggiamento di ascolto, apertura e disponibilità", aggiunge la religiosa.

Quali sfide vede all'orizzonte per l'UISG?

- In primo luogo, continuare a sviluppare reti tra le congregazioni. Il processo è in corso da tempo ma, durante la nostra ultima assemblea plenaria, abbiamo sentito il desiderio di rafforzarlo nei processi di formazione e nello scambio di idee e progetti, soprattutto a favore dei più vulnerabili. Un'altra sfida è la maggiore visibilità delle donne consacrate nella Chiesa, con la partecipazione anche ai tavoli decisionali. Questo risultato sarebbe il segno di una Chiesa che allarga la sua visione condividendo i carismi. E poi ci sono le nuove sfide che vengono da un mondo diviso e globalizzato, in cui la nostra presenza è certamente una presenza di comunione, di ascolto e di promozione della cura e della protezione della vita. È un orizzonte davvero affascinante.

Per quanto riguarda il ruolo delle donne nella Chiesa, quale contributo concreto può dare l'UISG?

- Si dovrebbe incoraggiare la riflessione sul ruolo delle donne nella Chiesa. L'UISG opera in un contesto culturale diverso in ogni nazione. Per farlo, deve sensibilizzare sul valore della dignità femminile e spiegare come le donne promuovono la trasformazione del mondo e della Chiesa. Le proposte di Papa Francesco sulla partecipazione delle donne alla vita della Chiesa sono state davvero significative. Dobbiamo proseguire in questo processo in uno spirito di accoglienza, dialogo e discernimento comune.

C'è una parte del mondo che attualmente attira maggiormente la sua attenzione?

- La mia attenzione, e quella dell'UISG, è attualmente rivolta alle congregazioni religiose femminili presenti in Ucraina, Russia e nei Paesi dell'Est, per sostenerle attraverso una solidarietà concreta. Oggi la presenza delle nostre sorelle in questi territori è profetica, perché condividono la loro vita con le persone che si trovano lì in un momento di grande incertezza. Il nostro sguardo è rivolto anche alle nazioni africane che vivono dimensioni ecclesiali ancora bisognose di uno spirito sinodale.

Quindi una delle dimensioni del vostro governo è l'ascolto?

- Insieme al consiglio direttivo dell'UISG, dobbiamo iniziare a riunirci per elaborare una visione comune alla luce dei processi che hanno avuto luogo negli ultimi anni. L'ascolto è l'atteggiamento fondamentale per rispondere al grido dei poveri e della terra.

Qual è il contributo dell'UISG al cammino sinodale?

- Finora sono stati compiuti passi significativi. L'UISG ha collaborato con l'Unione dei Superiori Generali (Usg) garantendo, presso la Santa Sede, una partecipazione attiva ai momenti di condivisione. E vogliamo continuare a incoraggiare momenti simili tra le varie congregazioni che camminano e pensano insieme.

C'è stata una riflessione collettiva sul problema della mancanza di vocazioni che colpisce maggiormente i Paesi occidentali?

- Il numero di vocazioni e l'aumento dell'età media delle suore all'interno delle nostre congregazioni sono due elementi di vulnerabilità di cui abbiamo discusso nell'ultima assemblea plenaria. Allo stesso tempo, però, siamo molto fiduciosi sulle nuove vocazioni. Anche se in numero ridotto, hanno un alto grado di motivazione: sono disponibili per la missione e per vivere il Vangelo in modo radicale. È vero, però, che dobbiamo riflettere su nuovi paradigmi di vita comunitaria e su un nuovo modo di presentare la vita consacrata delle donne.

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

Vaticano

Papa Francesco: "La Trinità ci incoraggia a vivere con e per gli altri".

Nella festa della Santissima Trinità, Papa Francesco riflette su come le persone divine vivono per noi. Seguendo il loro esempio, incoraggia i fedeli a non concentrarsi sui propri problemi e a vivere per gli altri.

Javier García Herrería-12 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

In una soleggiata mattinata romana il Papa ha salutato i fedeli riuniti in Piazza San Pietro. Sebbene nelle ultime settimane siamo stati abituati a vedere il Santo Padre su una sedia a rotelle, alla preghiera dell'Angelus è in grado di stare in piedi e ha un bell'aspetto.

Nelle parole pronunciate prima della preghiera, il Papa ha riflettuto sulla festa del giorno, la Santissima Trinità. Il pontefice ha sottolineato come Dio sia una trinità di persone, non un essere puramente individuale. Inoltre, la misericordia divina vive alla presenza degli esseri umani e dei loro desideri. Allo stesso modo, Papa Francesco riflette su come le persone divine vivono per noi. Seguendo il loro esempio, incoraggia i fedeli a uscire da se stessi e ad essere attenti agli altri. 

Dopo la preghiera dell'Angelus, il Papa ha chiesto un applauso per la beata Maria Paschalis Jahn e i suoi nove compagni di martirio. beatificato in Polonia il giorno prima. Ha avuto anche una parola per le popolazioni del Congo e del Sudan, dopo la recente cancellazione del suo viaggio pastorale previsto in quei Paesi. Infine, si è unito alla celebrazione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile, che viene commemorata oggi.

Libri

Autobiografia di Madre Antonia de Jesus Pereira y Andrade

È stato presentato a Madrid il libro Autobiografía de la fundadora del Carmelo de Santiago, Madre Antonia de Jesús Pereira y Andrade (1700-1768).

Javier García Herrería-12 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Nel 1748, Madre Antonia de Jesus fondò l'associazione Carmelo di Santiago di Santiago di Compostela. Fu una fedele seguace di Santa Teresa d'Avila e, come lei, mistica, scrittrice e fondatrice. Grazie alla conservazione completa dei suoi scritti autobiografici - quasi 800 pagine - è possibile conoscere in profondità non solo lo sviluppo del suo percorso umano. È anche possibile scoprire il suo cammino interiore, spirituale, in cui la mano di Dio la guida, compiendo un'opera meravigliosa nella sua anima.

Per stabilire la riforma teresiana in Galizia, Dio si preoccupò di dotarla di eccellenti qualità proprie di quelle latitudini. Ad esempio, le condizioni temperamentali e fisiche del suo popolo, la profonda religiosità della sua gente, la dolcezza e la fermezza di un carattere mite e sicuro, ricco di sensibilità per tutto ciò che è spirituale e aperto all'azione di Dio, un'azione in definitiva di fluide esperienze mistiche.

In Omnes abbiamo già analizzato la storia di Madre Antonia qualche mese fa. La nuova biografia costituisce un nuovo impulso nello sviluppo della sua devozione. Inoltre, facilita la comprensione del suo pensiero agli studiosi della sua opera.

L'autobiografia è stata pubblicata dal Grupo Editorial Fonte. La presentazione dell'opera è avvenuta di recente presso la Casa de Galicia di Madrid. All'evento hanno partecipato Leticia Casans, direttrice del programma "Monasterios y conventos" di Radio María, Fray Rafael Pascual Elías, OCD, e il cardinale arcivescovo emerito di Madrid, don Antonio María Rouco Varela.

Spagna

Assemblea sinodale in Spagna: "Ascoltiamo lo Spirito Santo ascoltando le persone di oggi".

Più di 600 persone si sono riunite all'Assemblea che segna la fine della prima fase locale del Sinodo della sinodalità in Spagna. Fare di questo processo di sinodalità il nuovo modo di fare Chiesa è già uno dei suoi primi frutti.

Maria José Atienza-11 giugno 2022-Tempo di lettura: 6 minuti

"La vostra iniziativa dimostra che la Chiesa in Spagna è stata mossa dallo Spirito Santo": così il nunzio apostolico in Spagna, mons. Assemblea che pone fine al procedimento al sinodo in Spagna.

Oltre 600 persone hanno partecipato presso la sede della Fondazione Paolo VI durante l'incontro di sabato 11 giugno, al quale hanno partecipato rappresentanti di tutte le diocesi, di altre confessioni e membri della vita consacrata, di movimenti e associazioni.

"Evitare il pensiero chiuso".

"Ascoltiamo lo Spirito Santo che ascolta le persone di oggi", ha detto il cardinale Grech nel suo saluto all'Assemblea. sinodo".

Il Segretario generale del Sinodo ha incoraggiato i partecipanti a questa Assemblea "a non avere una mente chiusa; ad essere completi", secondo le parole del Papa.

Ascoltare lo Spirito Santo

L'ascolto, asse di questo processo sinodale, è stato ancora una volta la chiave di questa Assemblea. Nel suo discorso di apertura, il vescovo Omella ha sottolineato che "siamo abituati a sentire, ma non ad ascoltare" e questo processo sinodale ha fatto sì che la Chiesa si mettesse in ascolto: in ascolto reciproco e, soprattutto, in ascolto dello Spirito Santo. Il personaggio più importante di questo incontro è Dio", ha sottolineato il presidente della CEE.

Infatti, dopo i saluti, c'è stata una preghiera condivisa per invocare lo Spirito Santo, guidata da Sr. María José Tuñón, ACI, anche lei membro dell'équipe sinodale.

Ascoltare e discernere la volontà di Dio e non le opinioni personali è la chiave del processo sinodale, dato che, fin dall'inizio, sia Papa Francesco che i vescovi spagnoli hanno chiarito che non si tratta di una consultazione popolare, ma piuttosto di un ascolto dello Spirito Santo per vedere cosa chiede alla Chiesa nei prossimi anni.

Come ha sottolineato Olalla Rodríguez, dell'équipe sinodale CEE, "lo Spirito Santo sta risvegliando un nuovo tempo nella Chiesa in Spagna. Stiamo costruendo la Chiesa che verrà". In questo senso, il vescovo Carlos Osoro ha sottolineato che "la sinodalità ci invita a essere grandi di cuore, nello stile di Cristo".

Usando il GPS come analogia, il vescovo Omella ha sottolineato che, in questo processo sinodale, la Chiesa sta "ricalcolando la sua rotta per ritrovarsi, ascoltarsi e discernere". Questo non è un momento, è un viaggio", ha detto Omella. Il presidente della Conferenza episcopale spagnola ha aggiunto che questo momento della Chiesa gli ricorda Israele "che cammina nel deserto ma porta la tenda dell'incontro". Il Signore cammina con noi. Non è solo che Dio cammina con noi, ma che Dio cammina in mezzo a noi".

Non è mai troppo tardi per abbracciare Dio

Particolarmente interessanti sono stati il video e le testimonianze sul lavoro che diversi gruppi e comunità in tutta la Spagna hanno svolto negli ultimi mesi. Queste opere, come ha sottolineato Auza, "sono una prova di amore per la Chiesa, in comunione con il Papa".

Un applauso assordante ha chiuso l'intervento di Aaron, un detenuto del carcere di Texeira che ha partecipato a questo processo sinodale nel centro penitenziario. Questo ex prigioniero ha sottolineato che nelle riunioni sinodali, sia lui che i suoi compagni "hanno potuto vedere che, sebbene gli amici e la famiglia ci avessero abbandonato, la Chiesa non mi aveva abbandonato".

Insieme a 11 compagni, Aaron ha fatto parte dei gruppi che si sono formati in 19 carceri spagnole per lavorare al sinodo. Ognuno con le proprie storie e opinioni ma, come ha sottolineato Aaron, c'erano diversi punti d'accordo: "Tutti avevamo ottimi ricordi delle nostre parrocchie".

"Il Sinodo Era un momento in cui ci sentivamo ascoltati dalla Chiesa e volevamo che questo gruppo continuasse. Abbiamo bisogno di "quell'aiuto spirituale per ravvivare il perdono, per perdonare noi stessi e per perdonare gli altri". Non è mai troppo tardi per abbracciare Dio", ha concluso.

La sintesi finale del Sinodo

Le testimonianze sono state seguite dalla presentazione della sintesi finale preparata dall'équipe sinodale della Conferenza episcopale spagnola con i contributi ricevuti.

La sintesi evidenzia che, durante questo processo, "ha predominato la percezione di non essere soli". In effetti, l'aspetto più apprezzato è stato il processo stessoIl senso di comunità, la libertà di esprimersi, la possibilità di ascoltare, la condivisione di preoccupazioni, desideri, difficoltà, dubbi".

La presentazione di questa sintesi ha messo in evidenza alcune delle difficoltà incontrate in processo sinodale: riluttanza, apatia, mancanza di comprensione delle domande... ecc..., realtà che si sono unite alla mancanza di esperienza, in molte comunità, riguardo alla sinodalità e al discernimento. Tuttavia, hanno detto i membri del team CEE incaricati di presentare la sintesi, "ciò che all'inizio ci sembrava astratto è diventato più chiaro strada facendo".

Questo sinodo ha avuto anche l'esperienza precedente del Congresso dei Laici che è stato, per molti, un preludio al cammino sinodale.

La chiave, in questo processo, è stata quella di rendere lo stile sinodale un nuovo modo di fare Chiesa e non semplicemente di "compilare un questionario".

Come punto di partenza, in questa sintesi spiccano due idee fondamentali: la conversioneIl ruolo della preghiera, dei sacramenti, della partecipazione alle celebrazioni, della formazione e dell'addestramento dei fedeli, così come la liturgia che spesso viene vissuto in modo freddo, passivo o monotono.

Forse la parola che si è sentita più spesso, sia all'Assemblea che nel corso del processo sinodale, è stata quella di "....".ascoltare". Infatti, la sintesi riflette la necessità di essere "una Chiesa che ascolta".. Un ascolto che si manifesta nell'accoglienza del "caso di persone che necessitano di un maggiore accompagnamento personale a causa della loro situazione, tra le quali sono state evidenziate quelle che si sentono escluse a causa di situazioni familiari complesse e del loro orientamento sessuale".

Passare dagli eventi ecclesiali ai processi di vita cristiana

Due delle questioni che hanno suscitato maggiore riflessione nei gruppi diocesani e di movimento sono la complementarietà delle tre vocazioni e soprattutto la corresponsabilità dei fedeli laici.

In questo senso, come mostra la sintesi, è emerso il paradosso dei laici che chiedono una migliore formazione ma si impegnano poco.

Per questo motivo, si legge nel documento, il modo in cui viene offerta la formazione deve passare da una semplice offerta di "risorse formative a processi formativi e incoraggiare l'impegno in questi processi".

Anche la frattura tra Chiesa e società è inclusa in questa sintesi, che afferma "che la Chiesa deve avvicinarsi agli uomini e alle donne di oggi, senza rinunciare alla sua natura e alla sua fedeltà al Vangelo, stabilendo un dialogo con altri attori sociali, per mostrare il suo volto misericordioso e contribuire alla realizzazione del bene comune".

Questioni chiave del processo sinodale

Tra i temi che si sono ripetuti nei documenti presentati alla CEE in questa prima fase del progetto sinodoLa sintesi finale comprende le seguenti aree di riflessione e di studio:

Prima di tutto, naturalmente, il riferimento alla il ruolo delle donne nella Chiesa.

C'è un'evidente preoccupazione per la limitata presenza e partecipazione dei giovani nella vita e nella missione della Chiesa.

Il famigliacome area prioritaria di evangelizzazione.

Il abuso sessuale, abuso di potere e abuso di coscienza nella ChiesaIl bisogno di perdono, accompagnamento e riparazione è evidente.

La necessità di istituzionalizzare e potenziare il ruolo dell'Agenzia per la sicurezza alimentare. ministeri laici.

Si dovrebbe prestare particolare attenzione alla questione dialogo con altre denominazioni cristiane e con altre religioni.

Proposte del Sinodo

Il documento contiene anche una serie di proposte per i livelli parrocchiale, diocesano e della Chiesa universale. Nel primo ambito, si evidenzia la proposta di promuovere un nuovo modo di stare sul territorio: organizzare una nuova forma di presenza della Chiesa con sinergie nella vita parrocchiale e un maggiore impegno dei fedeli laici.

Si propone inoltre di rendere i consigli parrocchiali ed economici spazi realmente sinodali e di promuovere i gruppi di fede.

In relazione alle proposte diocesane, il documento propone: un ruolo maggiore per i movimenti ecclesiali, le confraternite e le fratellanze, la vita consacrata e monastica nell'elaborazione dei piani diocesani. Una vera collaborazione tra tutti gli organismi della diocesi, insieme a un impulso ai ministeri formalmente riconosciuti dei laici: ministri della liturgia, della Parola, della Caritas, dei visitatori, dei catechisti.

Infine, in relazione alle proposte a livello di Chiesa universale, il documento incoraggia a riscoprire la vocazione battesimale e ad essere sempre più presenti come voce profetica in tutte le difficoltà del mondo di oggi.

Iniziative

Porto Rico. La scuola di famiglia

La pandemia è stata un momento di slancio per "La Escuela de Familia", organizzata da Porto Rico per aiutare la formazione di altre coppie, per evidenziare la bellezza della famiglia e per offrire l'opportunità di condividere queste esperienze con altre coppie.

Javier Font-11 giugno 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Durante questo anno "Famiglia Amoris LaetitiaLa campagna "Amore familiare", che si concluderà il 26 giugno 2022, ha visto una serie di iniziative apostoliche volte a sottolineare la bellezza e la gioia dell'amore familiare.

Una che è iniziata poco prima, immersa nella pandemia durante l'estate del 2020, ma che ha preso un nuovo slancio in questo Anno dedicato alla famiglia, è stata "La Escuela de Familia" nell'Isola di Porto Rico e dall'Isola di Porto Rico.

Circa cinque coppie si sono riunite come "famiglia".brainstormingma con tre obiettivi chiari: aiutare la formazione di altri matrimoni - tra la coppia e con i figli; mettere in evidenza la bellezza della famiglia; offrire l'opportunità di condividere con altre coppie ("...").rete" e/o "accompagnamento").

Relatori internazionali

Abbiamo deciso di stabilire una struttura minima basata su una conferenza mensile con un relatore di prestigio che fornisse virtualmente argomenti di interesse per le famiglie, che si è concretizzata con la partecipazione di relatori internazionali come Catherine L'Ecuyer su "...".Educare alla consapevolezza"e su"Il legame di attaccamento"Pablo Zubieta su "Felicità professionale"; Joan-Enric Puig su "Gestire lo stress nell'ambiente familiare"Carmen Corominas su "Educare ai valori" e Isabel Rojas Estapé su "Le donne di oggi"oltre a relatori provenienti da Porto Rico, come Carlos Morell e sua moglie Magaly".Connettersi e comunicare con l'adolescente"; Patrick Haggarty e la moglie Emma su "Educazione sessuale ed educazione all'amore. Educare all'affettività".; e Rafael Martinez e sua moglie Miriam su "Il figlio che cambia la vita: dalla sofferenza al senso della vita".

Un denominatore comune a tutti i temi è stata la famiglia, mettendo in evidenza i valori positivi e fornendo soluzioni pratiche alle difficoltà che sempre esistono.

Meglio ancora, un comune denominatore tra i relatori e i partecipanti è stato, innanzitutto, la riscoperta dell'importanza della formazione per le famiglie: si studia per essere ingegneri, medici, avvocati, amministratori, architetti... Come non formarsi meglio per essere buoni mariti e padri?

famiglia scolastica

E poi apprezzare l'importanza di sapere che si è accompagnati da altre famiglie che condividono gli stessi valori e dalle cui esperienze si può nutrire la propria famiglia. Questo secondo punto è stato ulteriormente rafforzato nell'ultimo anno, quando abbiamo deciso, con l'aiuto della riduzione della distanza sociale, di svolgere le attività di persona.

Ricardo Pou e sua moglie Yazmín hanno aperto le porte della loro casa per accogliere una giovanissima senatrice che si è guadagnata il rispetto del popolo di Porto Rico per la sua difesa della famiglia, l'on. Joanne Rodriguez Veve, venuta non in veste politica ma come formatrice di famiglie. I padroni di casa hanno preparato la loro casa con grande entusiasmo e hanno accolto la cinquantina di partecipanti che, al termine della condivisione durante il pranzo, hanno ascoltato l'ospite parlare dei temi della famiglia che sono oggetto di dibattito nel governo e del ruolo che ciascuno può assumere.

Su richiesta di un'altra coppia, Ricardo Negrón e sua moglie Sandra, entusiasti come tutti gli altri della suddetta attività, abbiamo avuto nel loro appartamento l'attività successiva con Jerry Ramirez su "...".Lavoro ottimale"Come ottenere il massimo da ogni ora.

Seguendo il nostro invito, ha applicato per la prima volta questo concetto di lavoro e studio alla famiglia, con molti esempi pratici. René Franceschini e sua moglie Brenda sono stati i prossimi ospiti nella loro casa.

Abbiamo avuto come ospite lo psichiatra Dr. José Manuel Pou che ci ha parlato di "Genitorialità in tempi di pandemia". L'oratore ottuagenario ha tenuto desta l'attenzione di più di due dozzine di coppie che lo hanno ascoltato ammirate dalla saggezza delle sue parole e dai consigli appropriati che ci ha dato.

Ha sottolineato che fare il genitore significa aiutare positivamente i nostri figli ad avere gli strumenti per superare da soli le difficoltà della vita. Ci ha avvertito che oltre alla pandemia COVID-19 c'era la "pandemia familiareLa "famiglia" è una "famiglia" che ci impone di conoscere e trattare meglio i nostri figli, mettendo sempre in evidenza la bellezza della famiglia.

Tecnologia e famiglia

Questo stesso psichiatra ha voluto organizzare la seguente conferenza faccia a faccia con due suoi studenti di psichiatria, che ci hanno parlato di "Vantaggi e rischi dell'uso della tecnologia digitale tra i giovani". Alla fine della conferenza le coppie che hanno partecipato non solo hanno fatto domande, ma soprattutto hanno condiviso con i loro figli esperienze che hanno arricchito tutti noi.

Ad esempio, dopo che Julio Lugo ha spiegato di aver chiesto al figlio dodicenne un consiglio su come promuovere alcuni quadri su Facebook, al che il figlio ha esclamato che questo è già antiquato, che dovrebbe farlo su Instagram o su un'altra piattaforma, Antonio Ocasio e Annette hanno spiegato che anche loro hanno avuto un'esperienza simile, ma hanno approfittato della circostanza per avere un incontro con i loro figli in cui, dopo aver ascoltato le conoscenze e le raccomandazioni che davano con la tecnologia, la madre ha finito per portarli alla lavatrice tecnologica e spiegare come d'ora in poi ognuno avrebbe lavato i propri vestiti con questa tecnologia.

In ognuna di queste attività abbiamo organizzato una cena prima o dopo la conferenza, in modo che le coppie che hanno partecipato avessero l'opportunità di condividere con calma di persona, cosa che apprezziamo di più dopo l'isolamento sociale e che rafforza i legami tra tutti noi.

L'autoreJavier Font

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Vaticano

Chi viene pagato in Vaticano

Con una superficie di 0,49 km² e una popolazione di circa 900 abitanti, il Vaticano rappresenta il centro della Chiesa cattolica, da cui è governato. Ma è anche una piccola nazione con un numero sufficiente di lavoratori retribuiti per portare a termine la sua missione.

Alejandro Vázquez-Dodero-10 giugno 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Traduzione dell'articolo in italiano

Che tipo di lavoro c'è in Vaticano?

Nel Vaticano tutto il lavoro necessario per il governo della Chiesa fondata da Cristo viene svolto lì. È anche una nazione - per questo si chiama "...".Stato della Città del Vaticano"e mantiene relazioni diplomatiche con quasi tutti i Paesi del mondo. Si può fare una distinzione di base tra gli uffici necessari per il governo ecclesiastico e il lavoro necessario per le infrastrutture di uno Stato.

Da un lato, chi lavora in Vaticano è chi governa i cosiddetti Dicasteri - grandi enti ecclesiastici - e chi li amministra. D'altra parte, ci sono coloro che svolgono un'ampia varietà di altri lavori all'interno dello Stato della Città del Vaticano. Dalla gestione e manutenzione del patrimonio, ai musei e a tutto ciò che riguarda la cultura, alla cura del turismo, alla sicurezza - compresa la Guardia Svizzera - e a una moltitudine di altri aspetti che richiedono attenzione e manutenzione. Ad esempio, giardinieri, pompieri o impresari di pompe funebri, oltre ai tipici mestieri di fornitura e manutenzione di qualsiasi paese sviluppato.

Chi può lavorare in Vaticano?

I dipendenti del Vaticano sono per lo più chierici che lavorano nella Santa Sede, guardie svizzere e, infine, funzionari statali. Molti altri, non necessariamente laici o funzionari, e ovviamente uomini o donne, lavorano in Vaticano anche se vivono fuori, a Roma o nelle città vicine. Molti sono cittadini italiani o di nazionalità diversa da quella vaticana.

La politica della Chiesa - denominata Curia romana - è occupata principalmente da chierici, come abbiamo detto. Ci sono anche alcuni compiti di supporto alla Curia che vengono svolti da laici. Per esempio, il lavoro amministrativo o manageriale, che non si riferisce in senso stretto al governo ecclesiastico.

Le qualifiche professionali richieste per tutti i lavori non svolti da chierici nella Curia romana saranno quelle normalmente richieste in ambito civile. In aree altamente specializzate, come l'economia o la comunicazione, cresce la necessità di professionisti e manager qualificati. Naturalmente, avranno i loro criteri di occupabilità e di retribuzione in linea con il loro status.

Gli stipendi e i benefici sociali sono differenziati a seconda che si tratti di chierici o laici. E dopo la decisione di San Giovanni Paolo II, un'attenzione particolare è stata riservata a coloro che devono provvedere alle loro famiglie, con benefici economici appositamente studiati per loro.

Sono richieste altre condizioni per lavorare in Vaticano?

I regolamenti vaticani - e in particolare il Regolamento Generale della Curia Romana - sono molto chiari nel richiedere a questi dipendenti una serie di requisiti di allineamento con la missione spirituale del Romano Pontefice e della Chiesa, che vanno al di là dello svolgimento puramente professionale di un lavoro o dello sviluppo tecnico di un ufficio.

Ha requisiti di idoneità; richiede gli impegni espressi nella professione di fede e nel giuramento di fedeltà e l'osservanza del segreto d'ufficio e, per chi è richiesto, del segreto pontificio; presuppone che il dipendente osservi una condotta morale esemplare, anche nella vita privata e familiare, in conformità con la dottrina della Chiesa; e in generale le norme prescrivono il divieto di agire in modi che non si addicono a un dipendente della Santa Sede.

Con specifico riferimento al lavoro dei laici, è discutibile che un sistema di servizio pubblico sia sostenibile per molti lavori. O forse sarebbe preferibile un ricorso più frequente al mercato del lavoro. In ogni caso, la Sede Apostolica ha politiche del personale che assicurano una seria selezione dei dipendenti, compresi i già citati requisiti di rettitudine personale, morale e religiosa. In questo modo, si favorisce una dimensione di fiducia per questo tipo di lavoro. E per quanto riguarda i laici, come abbiamo sottolineato sopra, prevede la possibilità di assumere lavoratori altamente qualificati che possono essere attratti, insieme a una base di etica e di comprensione della missione ecclesiale, con stipendi paragonabili a quelli disponibili sul mercato per servizi simili. In breve, si tratta di avere persone rette, ben addestrate, leali e che lavorano sodo.

E come fa un chierico ad avere accesso al lavoro nella Curia romana?

Ci sono diverse possibilità per un chierico di lavorare nella Santa Sede, come la fiducia che ha con un superiore perché hanno coinciso in seminario o nella diocesi di origine; distinguersi negli studi svolti nelle università pontificie o in generale nei corsi di formazione offerti dalla Curia romana; essere raccomandato da un'autorità ecclesiastica o civile alla Sede Apostolica; o la manifestazione del chierico stesso di voler occupare quel posto.

Quante persone lavorano nella Santa Sede?

In Vaticano esiste un ufficio che ha la funzione di contribuire al rafforzamento della comunità di lavoro. Si tratta di coloro che lavorano nella Curia romana e nel governo della Città del Vaticano come Stato, nelle agenzie o negli organi amministrativi interessati. Inoltre, facilita la formazione professionale, con il chiaro obiettivo di rendere tutti questi dipendenti consapevoli di rendere un servizio alla Chiesa universale.

Secondo i dati forniti da tale ufficio nell'annuario pontificio degli ultimi anni, circa 2.000 persone lavorano nella Curia romana, senza contare il personale part-time. Di questi, poco più della metà lavora nei dicasteri (tribunali, uffici, ecc.), un altro quarto lavora in altri organismi e l'ultimo quarto nelle nunziature.

Alcuni fatti e cifre per dare un'idea della portata dell'opera di cui stiamo parlando. I musei vaticani impiegano circa 700 dipendenti, la Segreteria di Stato ne impiega altri 200, un quarto dei quali è costituito da personale diplomatico; l'Archivio Segreto Vaticano e la Biblioteca Apostolica Vaticana impiegano circa 150 persone.

Ma la Curia romana è un'amministrazione molto modesta rispetto a qualsiasi ministero di un Paese. In Spagna, ad esempio, il più piccolo dei suoi ministeri ha circa 2.000 dipendenti, un numero superiore al totale dei lavoratori del Vaticano.

Libri

Il grande libro della Creazione

David Fernández consiglia di leggere Il grande libro della Creazionedi Gianfranco Ravasi.

David Fernández Alonso-10 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Libro

TitoloIl Grande Libro della Creazione
AutoreGianfranco Ravasi
Pagine: 250
Editoriale: San Paolo
Città: Madrid
Anno: 2022

Il cardinale Gianfranco Ravasi è uno dei più importanti esegeti internazionali. Dal 2007 è presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e delle Pontificie Commissioni per i Beni Culturali della Chiesa e di Archeologia Sacra. 

Questo nuovo libro tratta della cura della nostra casa comune alla luce della Bibbia. Il punto di partenza dell'autore si può riassumere nella citazione di Papa Francesco nell'enciclica Laudato si': "Dio ha scritto un libro prezioso, "le cui lettere sono la moltitudine delle creature presenti nell'universo".".

Per chi è interessato all'ecologia cristiana, queste pagine sono destinate ai credenti, ma anche ai non credenti, con la creazione come interlocutore comune. 

Il libro è diviso in otto capitoli che vanno dal momento della creazione, attraverso capitoli sulla luce, sull'acqua, ecc. fino a un capitolo sulla lode del Creatore. 

Per i credenti, può servire come una sorta di guida per la vita personale. Per i non credenti, come codice per interpretare la vita culturale e abbracciare la casa comune, la terra.  

Per saperne di più
Vaticano

Francesco: "Cosa significa mettere al centro i più vulnerabili?".

Con questa domanda, il Papa invita a rispondere con un video o una foto, scrivendo a [email protected] o interagendo sui social media della Sezione Migranti e Rifugiati in occasione della 108ª Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati, prevista per domenica 25 settembre 2022.

Antonino Piccione-9 giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

È il Papa, in prima persona e in primo piano, a porre la domanda diretta: Cosa significa mettere al centro i più vulnerabili? Questa domanda apre la video pubblicato nell'ambito della campagna di comunicazione promossa dalla Sezione Migranti e Rifugiati. La sezione, che fa capo al Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale della Santa Sede, l'ha resa nota in occasione della 108ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato, in programma domenica 25 settembre 2022.

In essa il Papa invita a costruire un futuro inclusivo, un futuro per tutti in cui nessuno debba essere escluso, soprattutto i più vulnerabili, come i più poveri e i più vulnerabili. migrantirifugiati, sfollati e vittime della tratta.

Il Santo Padre incoraggia ad ascoltare le testimonianze dei diretti interessati, come quella della giovane migrante venezuelana Ana, che grazie all'aiuto della Chiesa ha ricostruito una nuova vita in Ecuador con la sua famiglia.

L'invito di Papa Francesco è rivolto a tutti. È quindi possibile rispondere alla domanda "Cosa significa mettere i più vulnerabili al centro?" con un video o una foto, scrivendo a [email protected] o interagendo sui canali social media della Sezione Migranti e Rifugiati.

La Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati

"In vista della 108ª Giornata Mondiale dei Migranti e dei Rifugiati, la Sezione Migranti e Rifugiati", si legge nel comunicato stampa, "sarà lieta di ricevere testimonianze scritte o multimediali e fotografie da parte di Chiese locali e altri attori cattolici che presentino il loro impegno comune nella cura pastorale dei migranti e dei rifugiati".

La Chiesa celebra la Giornata mondiale dei migranti e dei rifugiati dal 1914. È un'occasione per mostrare preoccupazione per le diverse categorie di persone vulnerabili in movimento, per pregare per loro mentre affrontano molte sfide e per sensibilizzare sulle opportunità che la migrazione offre. Ogni anno la GMMR si celebra l'ultima domenica di settembre; nel 2022 si celebrerà il 25 settembre. Il titolo scelto dal Santo Padre per il suo messaggio annuale è "Migrazioni e migranti".Costruire il futuro con migranti e rifugiati".

Il 20 maggio, in un messaggio alla Commissione cattolica internazionale per le migrazioni, Papa Francesco ha esortato la Chiesa a "servire tutti". Incoraggia inoltre a "lavorare instancabilmente per costruire un futuro di pace", soprattutto per coloro che fuggono, che devono essere accolti, protetti e amati.

Ha sottolineato gli sforzi compiuti negli ultimi 70 anni e in particolare "per aiutare le Chiese a rispondere alle sfide del massiccio sfollamento causato dal conflitto in Ucraina".

"Si tratta", ha osservato il Papa, "del più grande movimento di rifugiati che abbia avuto luogo in Europa dalla Seconda guerra mondiale". 

Il testo del messaggio cita anche "i milioni di richiedenti asilo, rifugiati e sfollati in altre parti del mondo, che hanno un disperato bisogno di essere accolti, protetti e amati".

Questa emergenza pone la Chiesa in una servizio e posizione di ascoltoma anche di impegnarsi a "lavorare instancabilmente per costruire un futuro di pace".

Il Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale

Da qui l'indicazione di alcune linee guida come l'importanza dell'impegno comune ad "accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati". Francesco ha anche ricordato che la Commissione, nella sua costituzione apostolica Praedicate Evangeliumè posta sotto la competenza del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, "affinché la sua natura e la sua missione siano salvaguardate secondo i suoi principi originari".

Un'altra indicazione importante è quella di incoraggiare lo sviluppo e l'attuazione di progetti pastorali sulla migrazione. A questo si aggiunge la formazione specializzata degli operatori pastorali nel campo delle migrazioni, "sempre al servizio delle Chiese particolari e secondo le proprie competenze".

Un compito che il Papa ha definito "ad intra". All'esterno, "ad extra", la Commissione deve offrire programmi specifici in grado di rispondere alle sfide globali, svolgendo anche attività di advocacy.

Infine, si impegna per "un'ampia sensibilizzazione internazionale sulle questioni migratorie, al fine di incoraggiare il rispetto dei diritti umani e la promozione della dignità umana secondo gli orientamenti della dottrina sociale della Chiesa".

L'autoreAntonino Piccione

Letture della domenica

"La Trinità ci sta preparando". Solennità della Santissima Trinità 

Andrea Mardegan commenta le letture della Solennità della Santissima Trinità e un breve video dell'omelia del sacerdote Luis Herrera.

Andrea Mardegan / Luis Herrera-9 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel giorno della Trinità leggiamo nel libro dei Proverbi l'inno in cui la Sapienza divina dice di essere stata generata dall'eternità, dall'inizio della terra, quando non c'erano né profondità, né sorgenti, né colline, né campi. Poi la vediamo accanto al creatore, quando fissa i cieli, condensa le nuvole e stabilisce i limiti del mare. Come architetto, come gioia di Dio che si compiace di abitare con gli uomini. Di questo passo si trovano echi nei Vangeli e in Paolo quando presentano Gesù come Sapienza divina: ecco perché, fin da Giustino, la tradizione cristiana vede in questo inno una prefigurazione di Cristo.

Paolo nella lettera ai Romani (5, 1-5) descrive in una sintesi mirabile il progresso della vita cristiana sotto l'azione della Trinità. Per fede siamo stati resi giusti e siamo quindi in pace con il Padre attraverso il Figlio. Attraverso il Figlio abbiamo anche accesso alla grazia di Dio, che ci dà una solida speranza nel compimento del suo piano. Paolo aggiunge un'espressione forte: "ci vantiamo". di questa grazia. Ma anche se ci gloriamo, non cadiamo nell'illusione che tutto fili liscio. Abbiamo tribolazioni, ma anche in esse ci gloriamo, per l'esperienza che la pazienza nasce dalla tribolazione, e grazie alla pazienza le virtù diventano più solide, e così, messe alla prova, ci fanno recuperare la speranza che abbiamo già ricevuto in dono, all'inizio, con la fede. Una speranza più forte che vince la tentazione di essere "delusi", perché è riposta in Dio e non nelle cose terrene, e perché abbiamo ricevuto l'amore di Dio, per cui la speranza è già realizzata: l'amore di Dio abita in noi grazie allo Spirito Santo che ci è stato donato.

Le parole di Paolo ci invitano a esaminare la storia della nostra vita e a riconoscere l'azione delle persone divine e a seguirla con docilità, per facilitare la dinamica che Paolo descrive. 

Gesù, nel brano di Giovanni, ci rivela la profonda unità delle tre persone. Egli ci ha sempre detto ciò che ha sentito dal Padre, e così fa lo Spirito Santo: prende da Gesù, e ciò che è del Figlio è anche del Padre, e ce lo annuncia. L'opera della storia della salvezza è ancora aperta e lo Spirito la porterà avanti. Egli aiuterà la Chiesa ad affrontare ogni evento futuro alla luce della Rivelazione e con la grazia della Redenzione. Poiché Gesù conosce la nostra condizione, sa che non possiamo "carico" con le cose che vorrebbe dirci. Con lo stesso verbo l'evangelista descrive Gesù "caricamento". la croce (19, 17). La Trinità ci prepara progressivamente, come spiega Paolo ai Romani, a essere in grado di "portare" la nostra croce e seguire Gesù. Personalmente e come Chiesa.

L'omelia sulle letture della Santissima Trinità

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

L'autoreAndrea Mardegan / Luis Herrera

Mondo

Le chiavi del viaggio di Papa Francesco in Africa

La Fondazione Centro Accademico Romano affronterà, in un incontro online, il panorama che accompagnerà Papa Francesco nella sua visita in Sud Sudan e nella Repubblica Democratica del Congo.

Maria José Atienza-8 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

L'incontro, che si terrà il 30 giugno alle 20.30, illustrerà la situazione sociale, culturale e religiosa che il Santo Padre incontrerà in queste due nazioni. Entrambi sono stati colpiti da episodi di violenza, ampie sacche di povertà e disuguaglianze sociali.

All'incontro parteciperà anche il sacerdote Belvy Delphane Diandaga, studente di filosofia presso l'Università di Roma. Pontificia Università della Santa Croce (Roma) e originario del Congo; Mark Henry Zoman Tipoi, seminarista del Sud Sudan; e il dottore Gerardo Ferrara, esperto di relazioni internazionali.

Incontri di riflessione CARF

Il Fondazione Centro Accademico Romano organizza periodicamente vari incontri online che trattano argomenti di interesse e attualità. I vari incontri che si sono svolti negli ultimi mesi hanno affrontato temi come la cultura della cancellazione, le nanotecnologie e il dramma del conflitto israelo-palestinese.

Cultura

La collina delle croci. Testimonianza della fede e della resistenza del popolo lituano.

A circa 12 chilometri a nord di Šiauliai, la quarta città più grande della Lituania, ai margini del villaggio di Jurgaičiai e vicino al confine con la Lettonia, si trova una piccola collina allungata densamente popolata di croci. È la famosa Collina delle Croci, o Kryziu Kalnas, testimonianza della fede e della resistenza del popolo lituano.

Marija Meilutyte-8 giugno 2022-Tempo di lettura: 6 minuti

La Collina delle Croci è menzionata per la prima volta in scritti della metà del XIX secolo. Nel 1850, Maurikis Hriškevicius, tesoriere di Šiauliai, scrisse: "La gente attribuisce ancora santità al tumulo di Jurgaiciai. Secondo le ricerche locali, è successo che uno degli abitanti di Jurgaiciai, quando era gravemente malato, promise a Dio che, se fosse sopravvissuto alla malattia, avrebbe eretto una croce sulla collina. Il caso volle che fosse guarito mentre costruiva la croce in quel luogo. Non appena la notizia si diffuse tra la gente, nel giro di pochi anni vennero portate da villaggi lontani così tante croci e ne vennero erette altre che oggi possiamo vederne l'abbondanza".

Storie sulla Collina delle Croci

Secondo le testimonianze successive, le croci furono costruite sulle tombe dei partecipanti alle rivolte del 1831 e del 1863 dell'ex Repubblica delle Due Nazioni contro l'Impero russo, note rispettivamente come "Rivolta di novembre" e "Rivolta di gennaio".

I defunti sono stati sepolti sul tumulo. Questa versione dell'erezione delle croci era particolarmente diffusa durante i decenni dell'occupazione sovietica, nel tentativo di sminuire il significato religioso della Collina delle Croci e trasformarla in un monumento alla resistenza del popolo contro gli sfruttatori.

Tuttavia, con le prime testimonianze, sembra che le prime croci sulla collina siano apparse come segni di sincera pietà popolare e di gratitudine a Dio, a cui si aggiungevano ulteriori motivazioni: il desiderio di onorare i ribelli qui sepolti e, allo stesso tempo, di opporsi alle autorità zariste che vietavano e ostacolavano l'erezione di croci.

Sotto l'impero zarista

Alla fine del XVIII secolo la Lituania era stata incorporata nell'Impero russo. A quell'epoca l'usanza di erigere croci di legno lungo i bordi delle strade, vicino alle case, era già diffusa in tutta la Lituania.

Infatti, la realizzazione di croci e crocifissi in legno in Lituania fa parte del Patrimonio Culturale Immateriale dell'Umanità dal 2008.

Con l'incorporazione nell'Impero russo, questi incrociatori divennero anche un simbolo dell'identità nazionale e religiosa della Lituania.

Nel 1845, il governo russo vietò l'erezione di croci, tranne che nelle chiese e nei cimiteri.

Il popolo resistette a questo decreto, lo ignorò e continuò a costruire le sue croci, riuscendo persino a convincere i funzionari locali a schierarsi dalla loro parte.

Tuttavia, dopo la rivolta del 1863, il divieto fu rinnovato e furono ammesse solo le croci sulle tombe.

Nel 1878, lo zar Alessandro II revocò il divieto, ma il funzionario del centro che aveva inviato la lettera ordinò di non renderla pubblica. Così, la Collina delle Croci, nata come segno di fede sincera, divenne un segno della forza e della resistenza della fede, nonostante le sofferenze e le prove.

Alla fine del XIX secolo, la Collina delle Croci era già abbastanza famosa, soprattutto nell'ambiente locale.

Ciò è dimostrato dalla sua comparsa su alcune mappe o, ad esempio, dall'articolo che, nel 1888, il giornale lituano-americano Lietuviškas zattere ha scritto sulla Collina, intitolato Sulle piccole colline della Lituania.

La devozione spontanea dei fedeli era sostenuta e incoraggiata dai sacerdoti della zona e anche da quelli delle parrocchie più lontane. Nel 1888 sulla collina era stata costruita una Via Crucis di 14 stazioni e nel 1914 c'erano 200 croci e una piccola cappella.

La Lituania ha dichiarato la propria indipendenza nel 1918. Durante il periodo dell'indipendenza, sulla collina continuarono a essere erette croci. Le persone potevano riunirsi per le preghiere, le funzioni, i pellegrinaggi e i pellegrinaggi senza essere disturbate da nessuno.

In questi anni sono stati segnalati pellegrinaggi fino a 10.000 persone. Il numero di croci sulla collina continuò ad aumentare e nel 1923 erano circa 400.

L'era sovietica

L'occupazione sovietica dopo la Seconda Guerra Mondiale segnò l'inizio di un periodo difficile nella vita della Lituania. Durante l'era sovietica, la Collina delle Croci è diventata un noto simbolo della lotta per la libertà religiosa, anche all'estero.

Più la potenza occupante cercava di distruggere la collina, persino di schiacciarla, più essa fioriva. Quanto più ci si sforzava di sopprimere l'erezione di croci, tanto più ne venivano erette.

Durante i difficili decenni dell'occupazione, il significato della croce come fonte di forza e speranza era particolarmente evidente. La Collina delle Croci è stata soprannominata il "Golgota lituano".

Poco si sa della Collina delle Croci durante l'epoca staliniana, quando la repressione e la persecuzione erano particolarmente brutali. Si dice che molte croci siano state poste al calar della sera dai parenti dei partigiani caduti (combattenti per l'indipendenza della Lituania).

croci di collina lituania
Una donna depone una croce sulla Collina delle Croci. ©CNS/Kalnins, Reuters

Dopo la morte di Stalin, la persecuzione dei credenti diminuì di intensità e le autorità adottarono un approccio più rilassato nei confronti dell'erezione di croci. Solo tra il 1956 e il 1959 vi furono piantate circa 1.000 croci.

Nel 1959 è ricominciata la persecuzione dei cristiani in Lituania, con la soppressione di tutte le manifestazioni di vita religiosa, la chiusura delle chiese e la distruzione dei luoghi sacri.

Il Comitato Centrale del Partito Comunista di Lituania ha emesso la risoluzione "Sulle misure per fermare le visite di massa ai luoghi sacri". Sulla base di questa risoluzione, furono avviate una serie di misure con l'intento di distruggere le croci erette sulla collina.

Nel 1961 la Commissione d'inchiesta stabilì che la collina e la sorgente adiacente rappresentavano un serio rischio di diffusione di malattie infettive e che, secondo la Commissione, "la situazione non poteva più essere tollerata".

Il 5 aprile 1961, con l'aiuto di ruspe e bulldozer di un vicino kolkhoz (fattoria collettiva), le croci furono rimosse dalla collina da squadre di prigionieri e soldati su ordine delle autorità comuniste.

Le croci di legno sono state abbattute e bruciate in falò; quelle di cemento e pietra sono state frantumate o seppellite nell'acqua; quelle di ferro sono state portate via come rottami metallici. Tutte le croci sulla collina - 2.179 croci di materiali diversi - sono state distrutte in un giorno. Nonostante la collina sia stata completamente devastata, la gente non ha avuto paura di erigere nuovamente delle croci.

Le croci tornarono sulla collina, eludendo la vigilanza delle forze del KGB. Furono erette così tante croci che tra il 1973 e il 1985 le autorità sovietiche dovettero radere al suolo la collina per ben quattro volte. Si pensava addirittura di allagare la collina per porre fine al problema.

Negli anni '80 e '90 la Collina delle Croci è cresciuta nuovamente di popolarità in Lituania.

Molte delle testimonianze di fede legate a questo luogo sono state descritte nella Cronaca della Chiesa cattolica in Lituania, attraverso la quale hanno raggiunto l'Occidente, così che la lotta per la sopravvivenza della Collina delle Croci è diventata ampiamente nota sia all'estero che in tutta la Lituania.

San Giovanni Paolo II sulla collina delle croci

Poco dopo il ripristino dell'indipendenza nel 1990, ebbe luogo l'evento più importante nella storia della Collina delle Croci: la visita di Papa Giovanni Paolo II il 7 settembre 1993.

Il Santo Padre, insieme ai vescovi della Lituania, ha celebrato la Messa nella cappella eretta per l'occasione alla presenza di una grande folla di persone (circa 100.000).

Nella sua omelia, Papa Giovanni Paolo II ha ricordato i lituani che furono mandati in prigione o nei campi di concentramento, deportati in Siberia o condannati a morte. Prima e dopo la Messa è salito sulla collina per pregare nell'impressionante foresta di croci.

Il Santo Padre si è particolarmente commosso per il fatto che dopo l'attentato del 1981 è stata eretta una croce che pregava per la sua salute. "Come quella croce rimane qui, così la preghiera del Papa rimane con voi. La vostra preghiera per il Papa, che oggi ha sperimentato una grande grazia nel visitare questo luogo santo, rimane con lui", ha detto.

Oggi, un grande crocifisso, inviato da Giovanni Paolo II in persona, si trova al centro della Collina delle Croci ed è il punto di partenza e di arrivo di molti pellegrinaggi.

Al ritorno dai Paesi Baltici, durante la visita al convento francescano della Verna, Giovanni Paolo II incoraggiò i francescani a costruire un eremo sulla Collina delle Croci. Il monastero, che dista solo 300 metri dalla collina, è stato consacrato l'8 luglio 2000.

Nel 1997 è stata istituita la diocesi di Šiauliai e il 20 luglio dello stesso anno, per decisione del vescovo, è stato ripristinato il pellegrinaggio alla Collina delle Croci, che si tiene l'ultima domenica di luglio. Da allora, ogni anno, molte persone provenienti da tutta la Lituania e da altri Paesi si riuniscono per celebrare il pellegrinaggio, al quale di solito partecipano il nunzio apostolico e tutti i vescovi lituani.

Da allora, ogni anno, molte persone mettono le loro croci come individui o gruppi per commemorare diversi eventi.

Sulla collina sono collocate sia piccole e semplici croci di legno che grandi croci artistiche. Nel 2007 sono state contate più di 200.000 croci sulla collina. Un luogo che è diventato un punto di interesse per la devozione e il turismo dei visitatori della Lituania.

L'autoreMarija Meilutyte

Vaticano

Papa Francesco critica l'ottimismo biotecnologico che postula l'immortalità

Papa Francesco continua la sua catechesi sugli anziani. In questa occasione, partendo dal dialogo di Gesù con Nicodemo, il pontefice riflette sulla saggezza degli anziani. Si sofferma in particolare su come essi sappiano scoprire la bellezza della vita orientata a Dio, senza lasciarsi ingannare dal sogno ad occhi aperti transumanista di una vita eterna grazie ai progressi biotecnologici.

Javier García Herrería-8 giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Questa settimana il Papa ha iniziato la sua riflessione partendo dal testo evangelico del dialogo di Gesù con Nicodemo. "Nella conversazione di Gesù con Nicodemo emerge il cuore della rivelazione e della sottomissione redentrice di Gesù, quando dice: "Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna" (v. 16). Gesù dice a Nicodemo che per "vedere il regno di Dio" è necessario "rinascere dall'alto" (cfr. v. 3).

Nicodemo fraintende le parole di Gesù e "fraintende questa nascita, e mette in dubbio la vecchiaia come prova della sua impossibilità: gli esseri umani invecchiano inevitabilmente". Tuttavia, come ha sottolineato il Papa negli ultimi mesi, "l'età avanzata non solo non è un ostacolo alla nascita dall'alto di cui parla Gesù, ma diventa il momento opportuno". È nella vecchiaia che gli anziani devono riscoprire la loro missione di vita.

Il mito dell'eterna giovinezza

Il nostro contesto socio-culturale mostra "una preoccupante tendenza a considerare la nascita di un figlio come una semplice questione di produzione e riproduzione biologica dell'essere umano, coltivando il mito dell'eterna giovinezza come l'ossessione - disperata - di una carne incorruttibile". Perché la vecchiaia è - per molti versi - disprezzata? Perché porta all'evidenza inconfutabile della distruzione di questo mito, che vorrebbe farci tornare al ventre materno, per tornare sempre giovani nel corpo".

Lo sviluppo biotecnologico degli ultimi decenni ha favorito un ottimismo che si spinge fino a sostenere la possibilità dell'immortalità. "La tecnologia è attratta da questo mito in tutti i sensi: sperando di sconfiggere la morte, possiamo tenere in vita il corpo con medicine e cosmetici, che rallentano, nascondono, eliminano la vecchiaia. Naturalmente, una cosa è il benessere, un'altra è alimentare il mito. Non si può negare, tuttavia, che la confusione tra i due aspetti stia creando una certa confusione mentale.

In deroga al testo programmato, Papa Francesco ha fatto alcune preziose considerazioni sulla bellezza delle rughe degli anziani, in contrasto con la cultura delle operazioni cosmetiche. "Si fa tanto per ritrovare questa giovinezza per sempre. Tanto trucco, tanta chirurgia per sembrare giovani. Mi vengono in mente le parole di una saggia attrice italiana. Quando le dissero che doveva sbarazzarsi delle sue rughe, lei rispose: no, non toccarle, mi ci sono voluti molti anni per ottenerle. Cioè, le rughe sono un simbolo di esperienza, di maturità, di aver percorso un cammino. Non toccateli per diventare giovani, ma giovani in viso, ciò che conta è l'intera personalità. Ciò che conta è il cuore che rimane con la giovinezza del vino buono, che più invecchia e più è buono".

La vita nella carne mortale è una bellissima "incompiutezza": come certe opere d'arte, che hanno un fascino unico proprio perché sono incomplete. Perché la vita quaggiù è "iniziazione", non compimento: veniamo al mondo così, come persone vere, per sempre. Ma la vita nella carne mortale è uno spazio e un tempo troppo piccoli per mantenere intatta e portare a compimento la parte più preziosa della nostra esistenza nel tempo del mondo.

Seguendo questa logica, "la vecchiaia ha una bellezza unica: si cammina verso l'Eterno. Nessuno può rientrare nell'utero materno, nemmeno nel suo sostituto tecnologico e consumistico. Sarebbe triste, anche se fosse possibile. Il vecchio cammina in avanti, verso il destino, verso il cielo di Dio. La vecchiaia è quindi un tempo speciale per dissolvere il futuro dell'illusione tecnocratica di una sopravvivenza biologica e robotica, ma soprattutto perché apre alla tenerezza del grembo creativo e generativo di Dio".

Vaticano

La più antica ambasciata presso la Santa Sede celebra il suo 400° anniversario

Rapporti di Roma-8 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

L'ambasciata di Spagna presso la Santa Sede compie 400 anni e festeggia in grande stile. La Spagna è stato il primo Paese con una rappresentanza permanente presso la Santa Sede.

La sua sede, un tempo di proprietà del Conte di Ocaña, si trova in Piazza di Spagna dal 1622 ed è stata decorata per l'occasione, oltre a un ampio programma di attività culturali per questo quarto centenario.


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Cristiani perseguitati e anche ignorati

Dopo il recente attacco in Nigeria, in cui sono state uccise 50 persone, ci si chiede cosa possiamo fare per i cristiani perseguitati.

7 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

In una chiesa in Nigeria 50 cristiani sono stati massacrati mentre celebravano la Pentecoste. I radicali hanno sparato contro di loro e hanno piazzato una bomba durante la cerimonia. Il presidente del Paese e il Papa hanno condannato gli attacchi ed espresso le loro condoglianze. I cittadini occidentali hanno visto la notizia, pubblicata su quasi tutti i giornali. 

Tuttavia, la persecuzione contro i cristiani non è un buon titolo per gli interessi di parte di alcuni gruppi. Il fatto che i cristiani possano essere presentati come una vittima ingiustamente presa di mira non rientra nei soliti cliché. I credenti sono piuttosto il capro espiatorio da incolpare per i maggiori mali dell'Occidente, dal patriarcato alla mancanza di libertà di parola. La reazione internazionale sarebbe stata maggiore se si fosse trattato di un reato di omofobia? Anche se ovviamente non si tratta di confrontare un'ingiustizia con un'altra, possiamo chiederci se la percezione della realtà non sia un po' distorta. 

I dati mostrano che, nell'ultimo decennio, il numero di cristiani uccisi ogni anno per la loro fede ha superato di gran lunga le 3500 vittime. Come è possibile che questo massacro non sia sulla bocca di tutti? Potremmo cercare spiegazioni nel processo di secolarizzazione delle nostre società, nell'indifferenza religiosa o nella discriminazione machiavellica nei confronti dei credenti. E deve esserci un po' di tutto questo.

Tuttavia, vorrei mettere da parte i sentimenti vittimistici e fare autocritica. Siamo credenti preoccupati per questo problema, preghiamo spesso per questa intenzione, condividiamo naturalmente la nostra preoccupazione con i nostri amici, colleghi o familiari? In una parola, è nella nostra mente? La mia impressione generale è che non molto.

È il mese di giugno e le grandi aziende occidentali stanno modificando i loro loghi per mostrare la bandiera arcobaleno. Forse si può anche fare un piccolo gesto e iniziare a parlare di più di questa realtà, vedi l'ultimo rapporto sulla libertà religiosa di Aiuto alla Chiesa che Soffre o iniziare a usare il segno dei cristiani perseguitati: ن. In breve, andare oltre le sterili lamentele. 

L'autoreJavier García Herrería

Editore di Omnes. In precedenza, ha collaborato con diversi media e ha insegnato filosofia a livello di Bachillerato per 18 anni.

Vaticano

Papa Francesco visiterà la tomba del primo Papa dimissionario

Rapporti di Roma-7 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il 28 agosto il Papa visiterà L'Aquila. In questa regione italiana, che non si è ancora ripresa dal terribile terremoto che ha causato più di 300 vittime nel 2009, si trova anche la tomba di Celestino V, il primo pontefice a dimettersi.

Lì incontrerà le vittime e aprirà il Giubileo del "Perdono", iniziato da Papa Celestino V il giorno della sua elezione nel 1294.


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Cultura

Libano: un paese sull'orlo dell'abisso

Negli ultimi anni, scosso dalla crisi economica, dalle esplosioni del 2020, il Libano si trova ad affrontare uno scenario difficile. Le ultime elezioni mostrano un Paese che sta lottando per cambiare, ma che ha perso fiducia e dove il ruolo delle comunità cristiane rimane cruciale per il suo destino.

Gerardo Ferrara-7 giugno 2022-Tempo di lettura: 6 minuti

Traduzione dell'articolo in inglese

L'occupazione siriana di Libano La guerra è terminata solo nel 2005, quando l'ADF (Disbandment Force) ha dovuto lasciare il Paese dopo le proteste, note come Rivoluzione dei Cedri, scaturite dal brutale attentato all'ex Primo Ministro Rafiq Hariri, di cui è stata incolpata Damasco, il cui regime era apertamente ostile a Hariri. Da queste proteste sono emerse due coalizioni politiche.

Il primo, l'Alleanza del 14 marzoLe Falangi Libanesi, storico partito maronita oggi presieduto da un esponente della storica famiglia Gemayel, Sami (nipote del famoso Bashir, figlio di Amine e fratello di Pierre Amine, i primi due presidenti della repubblica, ultimo esponente dell'Alleanza del 14 marzo, tutti assassinati in vari attentati); Le Forze Libanesi, un altro partito maronita (presieduto dal suo fondatore ed ex miliziano Samir Geagea); Il Futuro, un partito sunnita, sciolto dal suo fondatore Saad Hariri, figlio di Rafiq, quando nel 2021 si dimise dalla presidenza del governo e si ritirò dalla scena politica. Questa alleanza è caratterizzata da posizioni antisiriane e antiiraniane e dalla vicinanza all'Arabia Saudita e all'Occidente.

Il secondo, l'Alleanza dell'8 marzoIl Movimento Patriottico Libero, il partito dell'attuale e contestato presidente maronita della Repubblica, Michel Aoun; Amal (il movimento politico sciita legato a Hezbollah) e altri, noti per la loro ostilità a Israele e le loro posizioni apertamente filo-siriane, o meglio filo-iraniane.

Da allora, nonostante l'instabilità endemica nella regione e nel Paese stesso (ne è un esempio la seconda guerra del Libano del 2006, con l'invasione di Israele a seguito del lancio di missili di Hezbollah verso il suo territorio dal Libano meridionale), il Libano, con la sua ricostruzione post-bellica, sembrava essersi lentamente ripreso.

La crisi economica e le esplosioni del 2020

Tuttavia, una nuova e devastante crisi economica (descritta dalla Banca Mondiale come "una delle tre peggiori crisi che il mondo abbia conosciuto dalla metà del XIX secolo"), che ha portato a numerose proteste nel 2019 e all'alternarsi di governi e presidenti a favore o contro Hezbollah, l'emergenza sanitaria legata al COVID19 e, infine, la nota e tremenda esplosione che, il 4 agosto 2020, ha distrutto il porto di Beirut e devastato i quartieri circostanti (a maggioranza cristiana), uccidendo più di 200 persone e lasciandone 300.000 senza tetto, hanno lasciato il Paese in uno stato di crisi.300.000 senzatetto, hanno portato il Paese sull'orlo del baratro.

Si stima che più di 160.000 persone siano emigrate dal Libano (che si aggiunge alla già numerosa diaspora libanese all'estero, tra i 4 e gli 8 milioni di persone, soprattutto cristiani, anche se alcune stime parlano di quasi 14 milioni, il doppio dei libanesi che vivono nel Paese), per non parlare del fatto che il Paese ospita centinaia di migliaia di rifugiati siriani e palestinesi che, insieme al già enorme numero di cittadini libanesi che vivono al di sotto della soglia di povertà, stanno trasformando il Paese dei Cedri in una polveriera.

Crisi politiche ed elezioni

Queste problematiche hanno portato alla caduta e all'alternanza, tra il 2018 e il 2021, di diversi governi: Saad Hariri, Hassan Diab, ancora Hariri e infine Najib Mikati, e all'ascesa di un movimento impegnato a cambiare gli equilibri parlamentari, a combattere la corruzione endemica (legata anche al confessionalismo e al tribalismo) e a fornire soluzioni concrete alla crisi economica.

Tuttavia, questo stesso movimento non è riuscito a federarsi sotto un'unica ala politica e a imporsi a livello nazionale, anche se, per la prima volta nella storia del Paese, le recenti elezioni legislative del 15 maggio 2022 hanno mostrato l'ombra di un possibile cambiamento.

La campagna elettorale e il dibattito politico, infatti, hanno portato alla ribalta quattro questioni chiave su cui ruotava il voto: Hezbollah e l'ingerenza dell'Iran; la "neutralità positiva" del Paese, come proposta e intesa dal patriarca maronita Bechara Boutros Raï; la crisi bancaria e finanziaria; la riforma giudiziaria e la lotta alla corruzione, per far luce sulle cause della deflagrazione del porto di Beirut del 4 agosto 2020 (Hezbollah, peraltro, si è sempre opposto a un'indagine formale e obiettiva su questi tragici eventi).

Il quadro che emerge alla luce dei risultati finali, tuttavia, è quello di un Paese che lotta per il cambiamento e che ha perso fiducia. L'astensionismo ha dominato ovunque, anche nei feudi di Hezbollah: un chiaro messaggio di sfiducia nella classe dirigente.

In ogni caso, il presidente uscente, Michel Aoun, ha visto dimezzare i propri parlamentari eletti (il suo è un partito prevalentemente maronita, ma alleato con Amal e Hezbollah), superato dalle Forze libanesi di Geagea, suo acerrimo rivale, che è diventato il principale partito cristiano del Libano. Una parziale sconfitta, tra l'altro, anche per Amal e per lo stesso Hezbollah, visto che nel sud del Libano, storica roccaforte sciita, sono stati eletti un druso e un cristiano di un'altra fazione.

Il ruolo dei cristiani

Il cuore spirituale e culturale del Libano, dicevamo, è certamente cristiano, soprattutto se pensiamo ai principali centri spirituali del Paese, che sono la valle di Qadisha (la santa) nel nord del Paese, vero fulcro del cristianesimo siriaco e la Chiesa maronita (di rito siro-antiocheno).

La Chiesa maronita, in comunione con Roma, prende il nome dal suo fondatore, San Marone, e ha la sua sede storica nella verde valle di Qadisha, ricca di antichi monasteri, incastonati come perle nella roccia e trasformati, con il passare del tempo, in centri di diffusione (un po' come i monasteri benedettini in Europa) del sapere (in uno di essi è stata costruita la prima tipografia del Libano), dell'arte, della cultura, di vari mestieri e artigianato, centri (un po' come i monasteri benedettini in Europa) di conoscenza (la prima macchina da stampa in Libano è stata costruita in uno di essi), arte, cultura, vari mestieri (tra cui l'agricoltura, soprattutto quella a terrazze), saggezza spirituale e vicinanza alla gente.

Ne è prova la grande devozione di tutti i libanesi, sia cristiani che musulmani, per i santi locali (ad esempio il famoso San Charbel Makhlouf, San Naamtallah Hardini, San Rafqah), i cui santuari sono meta di incessanti pellegrinaggi interconfessionali e interreligiosi.

Le recenti elezioni hanno anche confermato che il ruolo delle comunità cristiane rimane cruciale per il destino del Paese. Infatti, anche grazie al contributo dei cristiani e del presidente Michel Aoun, la maggioranza uscita dalle precedenti elezioni del 2018 aveva spinto il Paese nell'orbita sciita, sotto l'egida dell'Iran; in questo caso, con l'affermazione dei partiti cristiani che fanno riferimento all'Alleanza del 14 marzo, il Libano potrebbe avvicinarsi all'Arabia Saudita, a Israele e, per estensione, al blocco occidentale. Tutto questo, però, se si riuscirà a formare un governo, vista l'incapacità di creare una maggioranza parlamentare adeguata, con la prospettiva di un'ulteriore paralisi politica e del ristagno, se non dell'aggravamento, della crisi attuale.

Tra l'altro, la peculiarità libanese nel mondo arabo-islamico non è solo quella di aver istituzionalizzato la presenza cristiana a livello politico, ma anche quella di vedere, tra i cristiani stessi, la predominanza dei cattolici, in particolare maroniti (le altre Chiese cattoliche sui iuris presenti nel Paese sono la Chiesa melchita o greco-cattolica, che rappresenta almeno il 12% della popolazione, la Chiesa armeno-cattolica e la Chiesa siro-cattolica. Anche i latini sono presenti, naturalmente, anche se in numero minore).

Chi scrive ha sperimentato quanto sia affascinante questo ecumenismo popolare: non è raro assistere a pranzi di famiglie numerose, dove madri, padri, fratelli, sorelle, cognati, cognate, cugini, sono espressione di tutte le chiese presenti in Libano, siano esse cattoliche, ortodosse o protestanti.

Così, nel corso degli anni, il Patriarca maronita è diventato una figura di spicco, non solo come rappresentante ideale di tutte le comunità cristiane, ma anche dell'intera società civile. La sua Chiesa, infatti, oltre ad essere espressione di una parte significativa della popolazione libanese, è anche la più attiva nel fornire assistenza non solo ai cristiani, ma a tutto il popolo.

Recentemente, in occasione della festa di San Marone del 2022, il Patriarca ha ricordato alle autorità civili del Paese che "i libanesi maroniti hanno fatto della libertà la loro spiritualità" oltre che un "progetto sociale e politico", e che questo progresso si traduce non solo nella fede e nel progresso, ma anche nella promozione di valori come l'amore, la dignità e la forza, in contrasto con "il rancore, l'invidia, l'odio, la vendetta e lo spirito di resa".

Il cardinale Raï ha difeso con forza la pluralità culturale e religiosa del Libano, la democrazia e la separazione della religione dallo Stato, promuovendo quel concetto a lui particolarmente caro di "neutralità positiva" del Paese, che ne preserva l'anima e l'identità di terra d'incontro tra civiltà, di fatto snaturata da chi l'ha trasformata in "teatro di conflitto nella regione e piattaforma missilistica" (il riferimento a Hezbollah è evidente). Secondo Raï, che è diventato il vero polso del Paese, è indispensabile, "per salvare l'unità del Libano e dimostrare la sua neutralità", rispettare il triangolo storico che lega "lo scopo del Patto di coesistenza, lo scopo del ruolo dei cristiani e lo scopo della fedeltà al Libano stesso".

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Non è sufficiente desiderare accompagnare per sapere come accompagnare le famiglie

La formazione delle persone in famiglia oggi richiede non solo di trasmettere conoscenze, ma anche di essere in grado di vicinanza alle famiglie.

7 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Lo scorso maggio si è svolta a Barcellona la 1° Workshop internazionale sull'accompagnamento familiareAll'evento hanno partecipato di persona più di 500 persone provenienti da oltre 50 Paesi del mondo e nei prossimi mesi sarà possibile partecipare anche in modalità registrata. Un evento dall'approccio marcatamente pratico e realistico, che combina conferenze con tavole rotonde di esperti e rete.

La formazione delle persone in famiglia oggi richiede non solo di trasmettere conoscenze, ma anche di essere in grado di vicinanza alle famiglie. Essere dove si trovano le famiglie. Sostenere le persone a scoprire le proprie risorse e a saper risolvere le difficoltà che tutte le relazioni personali comportano è proprio il senso dell'accompagnamento.

Questo cambiamento di paradigma implica un approccio che va oltre la terapia, la mediazione o la risoluzione dei conflitti. Pur comprendendo tutti questi aspetti, l'accompagnamento mira a stare al passo con la realtà quotidiana della maggior parte delle famiglie, che attraversano - in misura maggiore o minore - crisi e dilemmi.

La nuova cultura familiare va ricostruita più con le buone pratiche - con gli stili di vita - che con le idee, che pure sono ovviamente necessarie. Mariolina Ceriottineuropsichiatra e terapeuta familiare di Milano, affronta un tema fondamentale: la forza intrinseca dei legami come pilastri fondanti della famiglia in un mondo di crescente individualizzazione. Una visione ottimistica è completata da Raphael Bonelli, psichiatra viennese, che si occupa della gestione delle crisi familiari.

Altri esperti, come il francese Thierry Veyron La Croix, fondatore de La Maison des Families di Lione, hanno portato le loro buone pratiche di accompagnamento delle famiglie di diversi Paesi e ambiti (reti sociali, radio, centri educativi, studi professionali, pastorale familiare, ecc.

Secondo le parole di Juan José Pérez-Soba, professore dell'Istituto Giovanni Paolo II su Matrimonio e Famiglia di Roma, e "investendo tempo", secondo Rafael Lafuente, esperto di educazione affettivo-sessuale, "dobbiamo essere in grado di parlare ai giovani della bellezza dell'amore, della sessualità e della famiglia". con Lingua Mercadonain modo che la gente comune possa capirci.

Da parte sua, María Pilar Lacorte, vicedirettore del Istituto per gli studi avanzati sulla famigliaHa sottolineato che non basta voler accompagnare per saper accompagnare. È importante imparare, allenarsi. È contraddittorio che ci formiamo molto per quasi tutto: carriere, master, patenti di guida, lingue... e molto meno, se non per niente, in quella funzione o compito che ci occuperà per il resto della nostra vita: lo sviluppo della nostra vita familiare.

È a questo che si dedica l'Istituto che organizza l'evento: studiare come sono le famiglie oggi e quali sono i loro reali bisogni, offrire una formazione per accompagnarle e aiutarle a sviluppare le competenze. Con un atteggiamento ottimista e fiducioso, basato sulla convinzione che la forza che tiene insieme il tessuto sociale risiede nella qualità dei legami familiari.

L'autoreMontserrat Gas Aixendri

Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Internazionale della Catalogna e direttore dell'Istituto di Studi Superiori sulla Famiglia. Dirige la cattedra sulla solidarietà intergenerazionale nella famiglia (cattedra IsFamily Santander) e la cattedra sull'assistenza all'infanzia e le politiche familiari della Fondazione Joaquim Molins Figueras. È anche vicepreside della Facoltà di Giurisprudenza dell'UIC di Barcellona.

Attualità

Jordi PujolRead more : "I leader della Chiesa devono assumere un atteggiamento proattivo, vigile e responsabile".

Tenere insieme apertura e riservatezza, combattere gli insabbiamenti e proteggere la presunzione di innocenza. Questi temi emergono da un recente studio sul contesto degli abusi sessuali nella Chiesa, con particolare attenzione alla trasparenza e alla segretezza, scritto da un professore di diritto delle comunicazioni e da un sacerdote di Cuba. 

Giovanni Tridente-6 giugno 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

Guardando alla questione degli abusi nella Chiesa negli ultimi anni, è chiaro che tutti i Papi hanno avuto un momento chiave in cui sono diventati particolarmente consapevoli del problema. Con Papa Francesco è stato al ritorno dal suo viaggio in Cile nel gennaio 2018. Cominciò a ricevere vittime e poi scrisse due lettere: la Lettera al popolo di Dio in pellegrinaggio in Cile (31 maggio 2018), in cui apre la riflessione sull'"esercizio dell'autorità" e "l'igiene delle relazioni interpersonali" nella Chiesa. Y la Lettera al popolo di Dio (20 agosto 2018), dove mette sullo stesso piano l'abuso di potere, l'abuso di coscienza e l'abuso sessuale, usando l'espressione "cultura dell'abuso".

"Il fatto che la Chiesa sia gerarchico non è un problema", spiega il sacerdote a OMNES. Jordi Pujol -Professore di Diritto ed Etica della Comunicazione presso la Pontificia Università della Santa Croce di Roma. "Il diritto comune della Chiesa, così come il diritto particolare delle sue istituzioni, con i suoi Statuti, le sue Regole e i suoi Consigli ai quali i superiori devono sottomettersi, sono un freno naturale all'autoritarismo o al personalismo. Il problema è l'abbandono della dimensione del servizio che l'esercizio dell'autorità ha", sottolinea. In questo senso, "è difficile che l'abuso di autorità costituisca un reato, ma il fatto che non sia formalmente rilevante dal punto di vista penale non significa che sia giuridicamente o moralmente indifferente", aggiunge Pujol.

Di recente, Pujol ha pubblicato un libro insieme a un sacerdote della diocesi di Camagüey a Cuba, Rolando Montes de Oca, intitolato: Trasparenza e segreto nella Chiesa Cattolica (Trasparenza e segretezza nella Chiesa cattolica) pubblicato in italiano da Marcianum Pres. In un contesto segnato dalla realtà degli abusi, gli autori evidenziano una serie di sfide per la Chiesa, come la conquista dell'apertura e la salvaguardia della riservatezza, la lotta contro gli insabbiamenti e la tutela della presunzione di innocenza.

Immagine dell'opera di Jordi Pujol

"È interessante la lezione che abbiamo imparato dopo il caso McCarrick. Sembrava che se si ottenevano favori sessuali con adulti (in quel caso seminaristi) non succedeva nulla. Ora non è più così: la categoria adulto vulnerabile e questo si ripercuote anche sui laici che lavorano nel settore funzioni dell'autorità nella Chiesa 一 riflette il professore一. Una delle sfide poste dal Papa in queste lettere del 2018 è la cultura dell'assistenzaL'Unione Europea, che ci chiama a promuovere, come dice Jordi Bertomeu, sane relazioni ecclesiali asimmetriche, che generano libertà e pace interiore".

Il tema dell'abuso viene spesso discusso da un punto di vista emotivo, puntando il dito contro l'accusato e dimenticando spesso le soluzioni?

Da un lato, l'istituzione si sente spesso "pubblicamente individuata", assediata di fronte a questi casi che vengono denunciati nello spazio pubblico. La reazione dei leader è spesso difensiva, di fronte a ciò che viene visto come una minaccia o un attacco. D'altra parte, parlare pubblicamente dei propri errori rende vulnerabili e attaccabili le istituzioni. È un'umiliazione dolorosa da subire. È una ferita aperta, un processo che non deve essere chiuso in maniera falsa. Il percorso di comunicazione fluida e di responsabilità che proponiamo nel libro ci sembra la strada giusta per un'istituzione come la Chiesa, in cui milioni di persone ripongono la loro fiducia.

La reazione dei leader è spesso difensiva, di fronte a ciò che viene visto come una minaccia o un attacco. D'altra parte, parlare pubblicamente dei propri errori rende vulnerabili e attaccabili le istituzioni.

Jordi Pujol. Professore di etica delle comunicazioni

Come intervenire?

Come ha affermato Papa Francesco, le diocesi e le istituzioni ecclesiastiche devono aprire canali di denuncia e di ascolto adeguato, devono creare équipe di accoglienza che facilitino la scoperta di comportamenti abusivi e stabilire protocolli di intervento. L'ascolto attivo e aperto delle vittime porterà all'assunzione delle opportune responsabilità legali e morali.

I vescovi e i superiori sono chiamati a essere proattivi, vigili e responsabili. In seguito alle ultime riforme, la leadership della Chiesa non è solo responsabile nei confronti di Dio, ma è anche vincolata dal diritto canonico. Nessuna autorità è al di sopra della legge. La negligenza, l'insabbiamento e la mancanza di responsabilità di chi governa sono punibili. Credo che non si possa tornare indietro da questa forma di governo più trasparente e responsabile. 

Cosa emerge chiaramente dallo studio che avete condotto?

Il nostro libro sottolinea che è necessario fare ulteriori passi avanti in questo cambiamento culturale che determina uno stile di governo della Chiesa. Siamo tutti d'accordo sui principi: vogliamo una Chiesa aperta, che ascolti, che non veda le vittime come una minaccia o un problema, che valorizzi i laici e le donne, che non sia elitaria ma corresponsabile....

In realtà, questi principi, che contribuiscono a una Chiesa più propensa a dare informazioni, a rendere conto anche ai fedeli, ecc. sono tutti inclusi nel Magistero, ma a volte rimangono lì. Alcuni di essi sono diventati obblighi legali, ma le leggi da sole non cambiano realmente i rapporti nella Chiesa.

Il libro parla molto di stabilire processi di comunicazione con i nostri pubblici (esterni e interni), di responsabilità condivisa e non solo "verso l'alto", in quanto i leader sono responsabili anche "verso il basso" nei confronti dei loro collaboratori e della società in generale. 

Pensa che le autorità ecclesiastiche siano ben disposte verso questi cambiamenti?

Non possiamo essere ingenui, c'è una certa tendenza all'immobilismo nella Chiesa e ci sono indubbiamente delle resistenze. Ma allo stesso tempo si stanno avviando nuovi processi: la Chiesa sta imparando a non vedere le vittime come una minaccia, come un problema. In questo senso, i leader della Chiesa sono chiamati a perdere la paura ascoltare le testimonianze e le esperienze delle vittime. Solo così potremo aprire gli occhi e adottare le necessarie misure di cura e prevenzione.

Una struttura di governance piramidale probabilmente non aiuta, ma lei ha detto che "essere gerarchici" non è l'ostacolo principale. Il problema è il modo in cui viene esercitata l'autorità?

Le cose stanno così. Nella Chiesa diciamo che chi intende "l'autorità come potere" ha un atteggiamento sbagliato, perché "l'autorità nella Chiesa è servizio". Ma io sostengo che non solo questo. I leader della Chiesa devono dimostrare, oltre al loro desiderio di servire, un vero amore per la Chiesa. Un modo per superare gli abusi è ricordare a coloro che assumono queste posizioni di comando che la loro autorità è radicata in Cristo e deve essere alimentata dall'unione con Cristo. 

I vescovi e i superiori non sono semplici manager o politici. Non è facile, perché pretendiamo tutto da loro: che abbiano conoscenze giuridiche per agire come giudici nella loro circoscrizione, che siano competenti negli aspetti economici per amministrare i beni, che abbiano capacità di leadership e di governo, che siano pastori empatici e disponibili, che siano preparati dottrinalmente, che predichino bene e siano santi... quasi nulla!

Nella Chiesa diciamo che chi intende "l'autorità come potere" ha un atteggiamento sbagliato, perché "l'autorità nella Chiesa è servizio".

Jordi Pujol. Professore di etica delle comunicazioni

Recentemente, l'arcivescovo Scicluna, che ha seguito da vicino la questione degli abusi dal Vaticano fin dall'inizio, ha parlato dell'accompagnamento non solo delle vittime ma anche degli accusati e persino dei condannati. Come si possono integrare questi aspetti?

Non è facile perché quando si solleva la questione della presunzione di innocenza può sembrare che si prenda posizione. Benedetto XVI ha indicato la strategia in modo molto chiaro già nel 2010, prima nella lettera ai cattolici in Irlanda e, poco dopo, nel viaggio nel Regno Unito, insistendo su tre punti: mettere al primo posto le vittime; in secondo luogo, attenzione al colpevole, al quale deve essere garantita una giusta punizione e deve essere tenuto lontano dal contatto con i giovani e, in terzo luogo, prevenzione e selezione dei candidati al sacerdozio, perché anche la fede deve essere salvaguardata.

È possibile mettere le vittime al primo posto e sostenere la presunzione di innocenza?

Dovrebbe essere. La presunzione di innocenza è un principio del diritto canonico che, nel diritto penale, è stato formalizzato nella Can. 1321 del Nuovo Libro VI del Codice di Diritto Canonico. Un'altra cosa è la sua applicazione infattiIl modo in cui vengono comunicate e applicate le misure precauzionali a un sacerdote segnalato come potenziale abusatore (lasciare la parrocchia, smettere di officiare in pubblico o di vestire i panni del sacerdote, ecc.)

Michael Mazza ha spiegato per Omnes alcuni di questi dettagli. Alcuni sacerdoti sono stati informati di queste misure da WhatsApp, e questo è molto grave. Siamo interessati alla giustizia e alla verità, ma anche alla cura di tutte le persone coinvolte in questi processi spesso dolorosi e lunghi.

Infine, cosa pensa del balletto di rapporti sugli abusi nella Chiesa che sono stati pubblicati in diversi Paesi e delle pressioni che la Chiesa in Spagna e in Italia sta ricevendo a questo proposito?

L'audit esterno e le commissioni d'inchiesta indipendenti sono strumenti utili per garantire che un certo numero di Paesi sia in grado di occhi esterni vi diranno verità che a volte sono difficili da riconoscere, purché siano esperti. 

Nella Chiesa abbiamo faticato a permettere agli altri di dirci cosa vedono. La politica secondo cui "i segreti di famiglia non vengono messi in onda perché non verrebbero compresi", o che "i panni sporchi si lavano in casa" è stata frequente, non tanto per cattiveria quanto per mancanza di apertura. 

Il giornalismo onesto, come nel caso di Riflettore ha aiutato la Chiesa a riconoscere una realtà scandalosa che era riluttante ad affrontare. Tuttavia, non tutte le commissioni d'inchiesta, non tutte e non tutte rapporti né attrezzature riflettore sono ugualmente competenti e ben intenzionati. I rapporti del Commissione reale in Australia o nel Rapporto John Jay negli Stati Uniti sono due buoni esempi di indagini approfondite e oneste. La Chiesa ha dato ascolto a più di 90% delle raccomandazioni del Commissione reale Australiano. 

Si può dire lo stesso degli ultimi rapporti pubblicati?

Non proprio, non considero i rapporti francesi e tedeschi allo stesso livello. Sarebbe troppo lungo da spiegare. Il potenza Il valore che diamo a queste commissioni indipendenti per parlare di noi è enorme e, in questo senso, il valore dell'"indipendenza" è un fattore importante, ma non è l'unico, né dovrebbe essere dato a qualsiasi prezzo. Questa indipendenza deve andare di pari passo con una competenza indiscussa, altrimenti gli audit esterni non hanno senso. Uno dei problemi che possono verificarsi in Spagna o in Italia è che essere sempre sotto la pressione dei riflettori dei media può influenzare la composizione delle squadre o le indagini, e questa non è la strada da seguire. L'indagine sulla verità e sulla giustizia richiede serenità e tempo, non spettacolo mediatico.

L'autoreGiovanni Tridente

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Educazione

L'educazione dietro le leggi sull'istruzione

Dovremmo impegnarci in una prospettiva di personalizzazione dell'istruzione. Una visione in cui lo scopo dell'educazione non è il cambiamento delle strutture sociali, ma la formazione della persona.

Javier Segura-6 giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Ancora una volta assistiamo al dibattito sulla nuova legge spagnola in materia di istruzione, la LOMLOE in questi giorni in cui vengono pubblicati i primi libri di testo che verranno utilizzati nel prossimo anno scolastico. In realtà, è lo stesso dibattito che abbiamo vissuto fin dall'inizio della sua attuazione, ora reso visibile nei libri di testo con cui gli studenti dovranno lavorare.

La denuncia è che questa legge sull'istruzione propone di portare in classe il modello ideologico del partito al governo. E che lo fa in modo trasversale con le sue linee ideologiche più forti, come la cosiddetta prospettiva di genere, e in modo diretto proponendo i suoi postulati specifici in materie come l'economia o la storia, ad esempio.

Il problema più fondamentale è il modo in cui concepiamo la educazionea cosa serve l'educazione. Perché LOMLOE scommette su un modello di educazione.

In modo semplice, riprendendo gli insegnamenti del grande maestro che è stato Abilio de Gregorio, Potremmo dire che abbiamo tre approcci generali all'educazione.

In primo luogo, c'è il prospettiva didattica. In questo modello, l'educazione è vista principalmente come trasmissione di conoscenze, nella speranza che la conoscenza in sé produca personalità solide e virtuose. È l'approccio che deriva in gran parte dall'Illuminismo e che, in un modo o nell'altro, è presente anche oggi in diverse proposte educative.

In secondo luogo, c'è quella che potrebbe essere definita una prospettiva socializzante-riproduttiva. L'educazione è lo strumento della società per riprodurre se stessa. Il bambino deve essere preparato per inserirsi nella società, per essere inserito o per essere collocato in una buona posizione sociale. È l'approccio che guarda all'istruzione come a un meccanismo per trovare un lavoro e per essere ben posizionati nel futuro. Questo approccio insegna i contenuti richiesti dalla società, i contenuti utili. E quelli che sono considerati obsoleti o meno utili per il mercato del lavoro vengono scartati. Questo è il terreno fertile per l'ascesa dell'inglese o della tecnologia e il declino delle scienze umane o del sapere artistico. In larga misura, l'istruzione diventa una variabile del sistema economico. 

La terza visione è la prospettiva socializzante-anticipatoria. In questo caso l'educazione è concepita come un'arma per trasformare la società. L'istruzione è vista come il meccanismo per una società migliore in futuro. Chiunque abbia un'istruzione ha il potere di generare un certo tipo di cittadino e un certo tipo di società. In questo caso, l'educazione è al servizio dell'ideologia e quindi è un'area di conflitto politico.

L'attuale legge sull'istruzione è completamente immersa in quest'ultima mentalità, che è la proposta educativa abituale dei partiti di sinistra e nazionalisti. Così come la prospettiva socializzante-riproduttiva è tipica dei partiti politici di destra. Con due visioni di fondo dell'educazione così diverse, siamo destinati a un conflitto costante.

La prospettiva personalizzante dell'educazione

In realtà, Abilio apre una nuova possibilità che ci porta fuori da questo circolo di confronto, e che è la più appropriata da un vero umanesimo cristiano. Perché possiamo anche parlare di un prospettiva personalizzata dell'istruzione. In questa visione, lo scopo dell'educazione non è il cambiamento delle strutture sociali, ma la formazione dell'individuo. Il discente è al centro. Il suo scopo è quello di formare persone intere e complete. È un'educazione che porta il discente a essere singolare, originale e autonomo, padrone di se stesso.

Questa prospettiva, che pone al centro la persona e la sua formazione integrale, contribuisce certamente a migliorare le società, perché con persone pienamente sviluppate avremo società più giuste in futuro. Ma elimina la tentazione della manipolazione politica. Sicuramente permette alle persone di lavorare perché fa emergere il potenziale che ognuno ha dentro di sé. Ma non trascura altre conoscenze necessarie per la formazione integrale della persona. Fornisce conoscenza, perché senza conoscenza l'intelligenza non può svilupparsi. Ma coltiva anche l'intera persona e tutte le sue facoltà, mettendole al servizio della società.

Mettere al centro la persona, come ci chiede Papa Francesco nella sua proposta di un patto globale per l'educazione, è la prospettiva che ci aiuterà a capire il vero valore dell'educazione. 

Vaticano

Papa Francesco: "Cosa può dire il Vangelo nell'era di Internet?".

Dopo la celebrazione della Messa di Pentecoste, Papa Francesco ha recitato il Regina Caeli e ha invitato i fedeli a trattare lo Spirito Santo. 

Javier García Herrería-5 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha presieduto nella Basilica di San Pietro Santa Messa in occasione della festa dello Spirito Santo. Le grandi celebrazioni con i fedeli sono tornate alla normalità in Vaticano dopo la pandemia. Al termine della cerimonia, il Papa è uscito sul balcone del suo ufficio per salutare i pellegrini riuniti e pregare con loro. Regina Caeli per l'ultima volta quest'anno.

Con la sua solita pedagogia chiara e accessibile, il pontefice ha evidenziato due dei principali compiti dello Spirito Santo, insegnare e ricordare. Nell'era di Internet e della globalizzazione, il Vangelo sembra a molti un libro superato. Papa Francesco ha commentato: "Ci si può preoccupare che ci sia una grande distanza tra il Vangelo e la vita quotidiana. Gesù è vissuto duemila anni fa, c'erano altri tempi, altre situazioni, e per questo il Vangelo sembra già superato, inadeguato a parlare al nostro presente con le sue esigenze e i suoi problemi.

Trattare con lo Spirito Santo

L'opera dello Spirito Santo è fondamentale per la santità personale e per l'opera di evangelizzazione, per questo il cristiano deve avere un atteggiamento di ascolto attento. "Infatti, quando lo Spirito insegna, aggiorna e mantiene sempre giovane la fede. Noi corriamo il rischio di fare della fede una cosa da museo, Lui invece la mette in sintonia con i tempi. Lo Spirito Santo, infatti, non si lega alle epoche o alle mode passeggere, ma porta nel presente l'attualità di Gesù, risorto e vivo. Come fa lo Spirito a fare questo? Realizzando ricordiamo. Ecco il secondo verbo,  ri-membrarecioè riportare il cuore".

Nelle sue parole finali il Santo Padre ha incoraggiato i fedeli a fare un esame di coscienza e a leggere il Vangelo per scoprire la volontà di Dio. "E noi - proviamo a chiederci - siamo cristiani smemorati? Basta forse un'avversità, una fatica, una crisi per dimenticare l'amore di Gesù e cadere nel dubbio e nella paura? Il rimedio è invocare lo Spirito Santo. Facciamolo spesso, soprattutto nei momenti importanti, prima delle decisioni difficili. Prendiamo in mano il Vangelo e invochiamo lo Spirito. Possiamo dire: "Vieni, Spirito Santo, ricordami Gesù, illumina il mio cuore". Poi apriamo il Vangelo e leggiamo un piccolo brano, lentamente. E lo Spirito lo farà parlare nella nostra vita. 

Vaticano

"Praedicate Evangelium": una riforma attesa da tempo

La Costituzione apostolica entra in vigore il 5 giugno 2022 Praedicate Evangelium, sulla Curia romana e il suo servizio alla Chiesa.

Ricardo Bazán-5 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco sarà sicuramente ricordato come uno dei più grandi riformatori che la Chiesa abbia mai avuto. È sufficiente inserire il sito web della Santa Sedefare clic sulla sezione Francisco per trovare i documenti pontifici attraverso i quali il Santo Padre ha legiferato nel corso degli anni.

La Costituzione apostolica entra in vigore il 5 giugno 2022 Praedicate Evangelium, sulla Curia romana e il suo servizio alla Chiesa.

Francesco si aggiunge così alla lista dei papi che hanno riformato questo insieme di organismi che assistono il governo della Chiesa. Da Sisto V, con il Immensae Aeterni Dei (1588), passando per San Pio X con la Sapienti consilio (1908), San Paolo VI con il Regimini Ecclesiae universi (1967) e San Giovanni Paolo II con il Pastor Bonus (1988).

Si tratta di una riforma attesa da tempo, da quando Francesco ha annunciato nel 2013 la creazione di un Consiglio di cardinali per assisterlo nel governo della Chiesa e per aiutarlo a redigere una nuova costituzione per la Curia romana. Ma quanto è importante la Curia romana? Sebbene non sia essenziale per la costituzione della Chiesa, il lavoro che svolge non è insignificante. I cosiddetti dicasteri assistono il Papa nella direzione di tutta la Chiesa, composta da oltre 1,3 miliardi di fedeli, secondo l'Annuario Pontificio. Comprendiamo perché questa norma, che finalmente è entrata in vigore il 19 marzo 2022, era tanto attesa.

Riforma progressiva

Tuttavia, Papa Francesco sembra aver optato per una riforma progressiva. L'attuale costituzione apostolica riprende una serie di riforme che il Papa aveva già avviato all'inizio del suo pontificato.

Ne è un esempio il Dicastero per la Dottrina della Fede, che è stato riformato il 14 febbraio scorso con il motu proprio Fidem servareIl nuovo ufficio è stato istituito con due sezioni al posto delle quattro precedenti: una per le questioni dottrinali e una per le questioni disciplinari, ciascuna con un proprio segretario e sotto la direzione del prefetto del dicastero.

Un altro cambiamento o riforma progressiva è stata la creazione del Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale, che ha assorbito quattro consigli pontifici: Pontificio Consiglio Cor Unum, Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti e Pontificio Consiglio della Pastorale per gli Operatori Sanitari.

Valutazione di Praedicate Evangelium

Quale valutazione possiamo fare di Praedicate Evangelium?

Un elemento positivo è la semplificazione dell'organigramma della curia, che elimina le barriere di un'organizzazione complessa.

Un altro elemento è il rafforzamento dello scopo della curia, di assistere il Papa nella missione della Chiesa. Da qui il nome di costituzione apostolica, che allude al comando di Cristo ai suoi apostoli di predicare il Vangelo.

Allo stesso tempo, il Papa sottolinea che la Curia romana ha il compito di rafforzare il legame tra il successore di Pietro, il Collegio episcopale e le strutture gerarchiche orientali. Anche con i singoli vescovi e con i vari organismi nazionali, regionali o continentali.

Questo è un punto essenziale per il successo della riforma. Ricordate il motivo dell'esistenza della Chiesa: servire tutte le anime per portarle alla salvezza.

In questo modo, saremo liberi da visioni umane, politiche o ideologiche che non trovano posto nella Chiesa, altrimenti la missione affidatale da Cristo sarà distorta.

Educazione

Fermín LabargaL'anacronismo è un modo letale di giudicare la storia".

Un invito alla prudenza nel giudicare la storia e a contestualizzare ogni momento storico. È quanto propone il dottor Fermín Labarga, direttore dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose dell'Università di Navarra, in un'intervista a Omnes, in cui sottolinea il compito dell'ISCR: "Offrire una formazione cristiana di qualità".

Francisco Otamendi-4 giugno 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

"Oggi siamo molto tentati di giudicare tutto ciò che è accaduto nella storia con i nostri criteri, i criteri del XXI secolo. Questo è anacronistico. Non posso giudicare la società del XVI secolo, del XIII secolo o del IV secolo a.C. con i criteri che ho oggi. Se agiamo in questo modo, purtroppo così diffuso, non saremo mai in grado di comprendere correttamente lo sviluppo della storia. L'anacronismo, il giudicare gli eventi di un'epoca con i criteri di un'altra, è un pericolo letale per chi vuole giudicare la storia con i criteri di oggi.

Questa è l'opinione del Dr. Fermín Labarga, professore di La Rioja, direttore dell'Istituto di ricerca per l'agricoltura. Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISCR) dell'Università di Navarra, con il quale abbiamo parlato di Storia della Chiesa e di storia in generale, ma prima ancora, naturalmente, dell'ISCR, sul cui sito web lancia qualche parola di benvenuto.

Benvenuti a chi? In particolare agli studenti, ai professionisti laici di tutti i ceti sociali; a coloro che operano nel settore dell'istruzione, della formazione e della qualificazione; alle donne e agli uomini che si uniscono o desiderano unirsi alla barca della formazione di qualità da tutto il mondo in un Istituto che ha aperto il suo periodo di ammissione il 1° maggio.

Omnes ha già parlato di questo Istituto di Scienze Religiose. Lo ha fatto con il suo vicedirettore, il prof. Tomás Trigo, abbiamo chiesto studenti Ora, dopo qualche tempo, parliamo con il dottor Fermín Labarga, il suo direttore. Un teologo e storico la cui specialità è la storia e lo studio delle manifestazioni di devozione popolare, come le confraternite, "un grande tesoro che si è accumulato nei secoli, perché fa parte anche di qualcosa di importante come l'inculturazione della fede", dice.

L'ISCR dell'Università di Navarra

Cominciamo con i vostri dati. Sei un servitore. Di che quinta sei? Dove ha studiato e quando è stato ordinato sacerdote? Da quanto tempo è direttore dell'ISCR?

- Sono nato nel 1969 a Logroño, ho studiato all'Università di Navarra, ho conseguito il dottorato in Teologia e Storia e sono sacerdote dal 1° ottobre 1994; sono sacerdote della diocesi di Calahorra e La Calzada-Logroño e sono stato nominato direttore dell'Istituto Superiore di Scienze Religiose (ISCR) dell'Università di Navarra il 3 luglio 2020.

Conosceva già l'ISCR, aveva in mente qualche obiettivo particolare?

- Sono stato professore della Facoltà di Teologia per moltissimi anni. In realtà non mi sono posto alcun obiettivo se non quello di continuare il lavoro che si stava già facendo, perché mi sembra fondamentale, quando si arriva a dirigere qualcosa come l'ISCR, aggiungere qualcosa a quello che si sta facendo, perché ha avuto un grande sviluppo della sua attività negli anni precedenti. Pertanto, il mio obiettivo non era altro che mantenere ciò che già veniva fatto e, per quanto possibile, contribuire al suo ulteriore miglioramento.

Cosa dovevamo fare? Fornire un insegnamento sempre migliore e che raggiunga il maggior numero di persone possibile, perché è un'opportunità per molte persone che non possono frequentare le lezioni frontali, per mancanza di tempo o perché non vengono tenute nel luogo in cui vivono. Ebbene, qui avete la possibilità di avere una formazione Qualità cristiana.

Molti studenti dell'ISCR con cui abbiamo parlato ci hanno espresso la loro gratitudine. Perché pensate che siano così soddisfatti?

- Abbiamo riscontrato che ciò si verifica anche quando gli studenti vengono intervistati. Gli studenti si rivolgono alla formazione impartita dall'Istituto di Scienze Religiose dell'Università di Navarra fondamentalmente per due motivi. In primo luogo, l'istituzione, il marchio dell'Università di Navarra, gode di un certo prestigio, sia in Spagna che a livello internazionale. In secondo luogo, gli studenti che vengono cercano una formazione rigorosa e seria; e in questo caso, dà loro molta sicurezza sapere che l'insegnamento è, come non potrebbe essere altrimenti in un'istituzione come questa, in linea con la dottrina della Chiesa cattolica.

D'altra parte, gli studenti se ne vanno contenti perché sentono di aver fatto buon uso del loro tempo, di aver imparato, di aver conosciuto persone interessanti, non solo tra gli insegnanti ma anche tra gli altri studenti, e di essere stati trattati bene. Queste sono chiavi importanti perché uno studente possa completare i suoi studi ed essere orgoglioso di aver investito tempo e denaro.

La maggior parte di questi studi è online?

- Dipende. L'Istituto di Scienze Religiose offre tutti gli studi che portano alla laurea in Scienze Religiose. Ciò richiede una maggiore presenza. Ma a parte questo, abbiamo i diplomi, che sono interamente online. Si tratta di lauree proprie dell'Università di Navarra, in questo caso accessibili a molte persone di tutto il mondo e, in generale, potremmo dire, con una qualificazione professionale abbastanza elevata; studi, come ho detto, che contribuiscono a sviluppare le conoscenze in alcune aree della Teologia, come la Teologia Morale, la Teologia Biblica, che è sempre un diploma di grande successo.

C'è anche quello che tratta vari aspetti della teologia, potremmo dire che è come un diploma in Teologia di base, e poi abbiamo quello in Pedagogia della fede, che è orientato a coloro che hanno un maggiore interesse per l'insegnamento, sia perché insegnano religione, sia perché sono catechisti o svolgono qualsiasi altro servizio di questo tipo. Abbiamo anche un'interessante sessione su Filosofia, Scienza e Religione, dove abbiamo un buon numero di persone interessate a questo rapporto molto fruttuoso, potremmo dire, tra il mondo filosofico, il mondo scientifico e la religione cristiana, che deve essere presente in questo dibattito anche a livello accademico. Si tratta di diplomi interamente online che interessano molte persone. La verità è che abbiamo studenti praticamente in ogni continente.

Storia della Chiesa

Vorrei soffermarmi sulla sua specialità, la Storia della Chiesa.

- Abbiamo appena rilasciato il Manuale di Storia della Chiesa antica e medievale. L'ISCR ha una collezione di Manuali, e il 33° è proprio quello di Storia della Chiesa antica e medievale, seguito da Storia della Chiesa moderna e contemporanea. I manuali sono scritti da ciascun insegnante della propria materia. Ho scritto la Storia della Chiesa Antica e Medievale, numero 33. La caratteristica di questi manuali, scritti dai professori delle diverse materie, è quella di cercare di riunire in un manuale accessibile tutta la materia corrispondente, con uno scopo molto pedagogico: ci sono schemi, riassunti, ecc.

manuale di storia della chiesa

In questo sulla Storia della Chiesa antica e medievale, oltre ai testi da commentare, c'è una guida per il commento stesso e sono state disegnate delle mappe per capire meglio la storia della Chiesa. E ho cercato di offrire tre tipi di bibliografia in ogni tena: una per prolungare lo studio con libri accessibili; un'altra per approfondire l'argomento di questo tema, con libri classici, già di pensiero; e un terzo campo con letture piacevoli, che sono romanzi che hanno a che fare con il periodo che si studia, e che aiutano a capire, forse in modo più giocoso, il periodo che si studia.

I Manuali saranno tradotti in altre lingue?

- La raccolta di manuali ha un grande successo, dura ormai da diversi anni, ne esistono più di trenta e sono in corso di traduzione in inglese, polacco e cinese.

Cultura e formazione Woke

Sembra che ora ci sia un desiderio di oscurare la storia, in generale, nella educazione dei giovani. Inoltre, c'è il cultura woke', la cancellazione di epoche, autori, persone?

- Nel Manuale, nell'introduzione, c'è una serie di avvertimenti che do a chi vuole studiare la storia della Chiesa, perché ci sono una serie di pericoli. Il primo, e lo metto in grassetto maiuscolo, è l'anacronismo, che consiste nel giudicare gli eventi di un periodo con i criteri di un altro. Oggi siamo molto tentati di interpretare tutto ciò che è accaduto nella storia secondo i nostri criteri, i criteri del XXI secolo. Questo è anacronistico.

Non posso giudicare la società del XVI secolo, del XIII secolo o del IV secolo a.C. con i criteri che ho oggi. Se agiamo in questo modo, purtroppo così diffuso, non saremo mai in grado di comprendere correttamente lo sviluppo della storia, sottolineo nel Manuale. Ad esempio, non possiamo comprendere il vero significato delle Crociate se lo affrontiamo con i criteri contemporanei dei diritti e delle libertà, come la libertà religiosa, riconosciuti dai grandi trattati... settecento anni dopo! Dobbiamo stare molto attenti all'anacronismo, è un pericolo letale per chi vuole giudicare la storia con i criteri di oggi.

Ma riconoscete che ci sono certamente cose che non vanno.

- Naturalmente. Per esempio, l'omicidio è sempre stato un omicidio. A prescindere dal periodo storico. Questo non significa che dobbiamo scendere a compromessi, per così dire, con ciò che è stato sbagliato. Tutt'altro. Ma è vero che è necessario contestualizzare per comprendere ogni momento storico. Oggi la schiavitù ci sembra terribile, ma cinquecento anni fa non lo sembrava quasi per nessuno. È necessario comprendere ogni momento storico con le sue coordinate storiche e contestualizzare gli eventi.

Questo ci porterà a non farci governare da movimenti che fanno parte di un revisionismo storico che a volte ci fa più male che bene, perché in realtà le cose sono come sono. E non possiamo cercare di manipolare la storia. Questo è un aspetto tipico di tutti i tempi, non solo di adesso. La manipolazione della storia. Manipolare la storia non ci giova.

Dobbiamo essere in grado di riconoscere le luci e le ombre di ogni periodo storico. E poi, nel giudicare i personaggi, dobbiamo anche tenere presente che non possiamo fare una dissezione manichea. O, per dirla in altro modo, come i film sul buono/cattivo. Non è tutto bianco o nero. C'è una grande scala di grigi. Probabilmente troveremo persone che hanno fatto cose molto buone, ma anche cose cattive. Cose degne di lode e cose degne di riprovazione. Questo dovrebbe aiutarci a essere più misurati, cauti, equilibrati nel giudicare gli eventi. E sempre pubbliche, perché la storia non giudica ciò che non è pubblico.

Nell'introduzione si sottolinea anche che la Storia della Chiesa non è per chi si scandalizza facilmente.

- Vorrei ricordare che la Chiesa è l'unica istituzione al mondo che ha chiesto scusa o si è scusata per alcuni degli errori che alcuni dei suoi membri hanno commesso nel corso della storia. Se dovessimo fare una valutazione complessiva, il bene che la Chiesa ha fatto nel corso della storia è infinitamente più grande del male che alcuni dei suoi membri possono aver commesso in certi momenti.

Anche così, Giovanni Paolo II, in occasione dell'anno 2000, ha avuto il coraggio di chiedere perdono. D'altra parte, la Santa Sede ha da tempo assunto l'impegno di aprire gli archivi alla verità, un esercizio di trasparenza che rende gli archivi vaticani e tutti gli altri accessibili al pubblico, con l'accesso a documenti che chiariscono cosa è successo. Questo è molto importante.

La Chiesa, o una particolare nazione, o una comunità, deve essere in grado di fare i conti con la propria storia. Con le sue luci e le sue ombre. Perché altrimenti può succedere a noi come succede alle persone, che a volte non sono in grado di assumere una parte della loro storia, per esempio una parte traumatica, e questo finisce per creare enormi problemi psicologici. Questo può accadere anche alle istituzioni, o alle nazioni, se non siamo in grado di fare i conti con la nostra storia, con le sue luci e le sue ombre. Non credo che esista un collettivo umano che non abbia avuto luci e ombre.

Abbiamo percorso i sentieri della storia e non c'è quasi più tempo. Un commento alla religiosità popolare e alla confraternite...

- L'intero studio della religiosità popolare può essere fondamentalmente inserito all'interno delle tendenze più contemporanee della storia. Al giorno d'oggi, la storia non è tanto lo studio dei grandi personaggi, dei grandi eventi, ma di ciò che hanno fatto gli Annali, la storia degli Annali, per esempio in Francia, negli anni '60 e '70, è lo studio di ciò che ha fatto la gente comune.

All'interno della Chiesa abbiamo dato troppa importanza alla figura dei Papi, che ha, e dei vescovi... E sembra che abbiamo confuso l'episcopologia di una diocesi con la vera storia della diocesi. La storia di una diocesi è plasmata da ciò che hanno fatto i vescovi, ma anche da ciò che hanno fatto il clero, i religiosi e, naturalmente, il popolo fedele. In questo senso, studiare il popolo dei fedeli non è facile, perché non ha lasciato molte tracce storiche. Ma è possibile studiare le loro manifestazioni di devozione, tutto ciò che ha a che fare con la devozione popolare, che è un grande tesoro accumulato nel corso dei secoli, perché fa anche parte di qualcosa di importante come l'inculturazione della fede. La fede cattolica, la fede cristiana, è stata inculturata ovunque sia arrivata. È interessante notare che l'inculturazione in America non è esattamente la stessa di quella in Asia o in Africa.

Nel nostro caso, che è quello che ho studiato di più in Spagna, c'è un'inculturazione della fede molto antica, molto accettata, con manifestazioni molto ricche. Basti pensare alla settimana di Pasqua o, in questo momento, ai pellegrinaggi e alle feste in onore della Vergine Maria. Perché lì abbiamo le tracce di ciò che il Popolo di Dio ha fatto nel corso dei secoli. Dai documenti storici delle confraternite, ad esempio, possiamo analizzare questo che, come ho detto, è un tesoro della Chiesa, che va valorizzato. Credo che negli ultimi anni questo sia stato fatto e stia diventando chiaro, come risultato delle molte indagini che si stanno conducendo in questo campo.

La conversazione potrebbe continuare a lungo, perché l'Istituto Superiore di Scienze Religiose dell'Università di Navarra genera una grande attività. E perché una lettura sommaria dell'introduzione al Manuale di storia della Chiesa antica e medievale, del dottor Fermín Labarga, ci permette di passare in rassegna altri pericoli che l'autore formula, come ad esempio l'"ingenuità". Il direttore dell'ISCR sottolinea inoltre che "i santi sono i veri protagonisti della storia della Chiesa". Lo si può leggere nel suo Manuale.

L'autoreFrancisco Otamendi

Vaticano

Il video del Papa per il mese di giugno: la famiglia, cammino di santità nella vita quotidiana

Javier García Herrería-3 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il Rete mondiale di preghiera del Papa ha pubblicato il video di giugno con l'intenzione mensile di pregare per, in questo caso, la famiglia. Alla fine del mese il Incontro mondiale delle famiglie.

Con grande realismo, il Papa sottolinea come "non esiste una famiglia perfetta, ci sono sempre dei ma". Ma va bene così. Non dobbiamo avere paura degli errori, dobbiamo imparare da essi per andare avanti.

"Noi pochi; noi, felici pochi".

Incontriamo insegnanti, giornalisti, panettieri e parrucchieri la cui chiaroveggenza nella diagnosi socio-culturale del nostro mondo ci fa rizzare i capelli sulla nuca. Pochi, certo, ma capaci di far luce su questioni come la difesa della vita, la libertà di espressione o la natura della famiglia.

3 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Luis Hererra, nell'ampio e non meno interessante articolo che vi proponiamo in questo numero di Omnes sulla cultura woke, cita l'affermazione premonitrice di G. K. Chesterton: "...la cultura dei woke".Presto ci troveremo in un mondo in cui un uomo potrà essere fischiato per aver detto che due più due fa quattro"..

Considerando questa frase nel contesto in cui un governo ha cambiato, per legge, la matematica perché "sono sessisti".La visione dell'eminente scrittore inglese è addirittura spaventosa.

Ci sono persone che non sono solo occhiali, ma occhiali per la società. Insegnanti, giornalisti, panettieri o parrucchieri la cui diagnosi socioculturale chiaroveggente fa rizzare i capelli sulla nuca. Ad alcuni fa accapponare la pelle, sì, perché li mette direttamente alla prova nel loro lavoro; ad altri, perché li mette di fronte all'inconsistenza della cultura dominante e, quindi, alla fretta della distruzione che si sta divorando.

Mariano Fazio, nell'intervista rilasciata nell'ultimo numero di Omnes, ha sottolineato che, attualmente, "Proclamiamo la libertà come il più alto valore umano, ma viviamo come schiavi delle nostre dipendenze".. La cosiddetta cultura svegliato ha elevato ciascuna di queste dipendenze al rango di principio morale.

Oggi non tutto va bene, solo quello che pochi decidono sia giusto. 

Siamo passati dai dieci comandamenti ai centomila. Spesso contraddittori tra loro e uniti solo dall'astio nei confronti della nuovi nemiciI valori radicati nella fede, nella famiglia, nella libertà di educazione o nel patriottismo. Da "vivere e lasciar vivere a "O vivi secondo le mie regole o non vivi affatto"..

Fortunatamente, in questa giungla di mandati e nuovi diritti, si levano nuove voci: poche o molte, conosciute o sconosciute, che mettono nero su bianco l'importanza della famiglia, dell'educazione plurale, dell'innegabile differenza tra uomo e donna o della difesa della vita.

Sì, esistono anche oggi. Sono pochi, pochi "Pochi felici, una banda di fratelli", che ribaltano le scatole in cui, paradossalmente, questa dittatura libertaria cerca di etichettare e nascondere chiunque non pensi in linea con il mainstream.

Anzi, forse pochi, rari, sono coloro che osano alzare la voce, senza grida istrioniche, in difesa della verità, del la verità reale che chiedevamo nei giochi per bambini. Quei pochi che cambieranno il mondo e che ci invitano a unirci a loro. Perché in realtà, come sappiamo, "La verità vi renderà liberi". e perché, come ha sottolineato Flanery O'Connor, "La verità vi renderà strani"..

La libertà impegnata, quella libertà che nasce direttamente dall'unione con la verità, quella libertà che difende la realtà senza tradirla con l'ideologia, è oggi un bene raro che abbiamo l'obbligo morale di condividere e mostrare in tutta la sua grandezza.

L'autoreOmnes

Spagna

Il Sinodo in Spagna: il processo è già un risultato

Luis Manuel Romero, direttore della Commissione episcopale per i laici, la famiglia e la vita, e José Gabriel Vera, direttore dell'Ufficio informazioni della CEE, hanno presentato i punti chiave del lavoro svolto nella prima fase del Sinodo dei vescovi "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione".

Maria José Atienza-2 giugno 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

"La fine di questo Sinodo è l'evangelizzazione". Luis Manuel Romero ha iniziato così il suo discorso, ricordando che lo stile sinodale è stato particolarmente presente nella Chiesa a partire dal Concilio Vaticano II, da cui si sono tenuti 29 sinodi nella Chiesa.

Tuttavia, come ha voluto sottolineare il direttore della Commissione episcopale per i laici, la famiglia e la vita, questo Sinodo "presenta due novità. Il primo riguarda l'argomento, in quanto non ha un tema specifico, ma si occupa della sinodalità stessa.

L'altra novità è la metodologia, poiché il Papa ha deciso che questo sinodo sarà organizzato in tre fasi: diocesana, continentale e universale.

Ha anche ricordato che questo Sinodo avrà due Instrumentum laboris, il primo di questi documenti raccoglierà i contributi ricevuti nella fase diocesana e l'altro sarà quello che emergerà dalla fase continentale.

Al momento, il Gruppo sinodale CEE sta effettuando la sintesi con tutti i i contributi ricevuto dalla Conferenza episcopale negli ultimi mesi. Questa sintesi sarà inviata alla Segreteria generale del Sinodo con tutti i contributi dei gruppi "affinché tutte le parole, tutte le voci siano ascoltate".

La sinodalità, un modo di essere Chiesa

Una delle caratteristiche di questi mesi di lavoro è stata la coinvolgimento dei laici in questo processo sinodale, cosa che lo stesso Luis Manuel ha sottolineato, affermando che "i più entusiasti sono i laici; i sacerdoti hanno trovato un po' più di difficoltà a farsi coinvolgere in questa dinamica".

A questo proposito, ha sottolineato lo stesso Romero, la Chiesa in Spagna è avvantaggiata poiché "nel febbraio 2020 la Congresso dei Laici e questo ha influenzato il nostro processo sinodale, perché il congresso è stato concepito in modo simile.

La nota dinamica di lavoro nelle chiavi della sinodalità e del discernimento è stata notata nel lavoro delle diocesi e dei movimenti della Chiesa nel nostro Paese. Infatti, ha detto Luis Manuel Romero, "il processo sinodale è stato concepito come una continuazione di questo congresso dei laici".

Luis Manuel Romero ha sottolineato che il processo sinodale, la cui prima fase si chiude l'11 giugno con l'Assemblea di tutta la Spagna, "non finisce, è un processo che deve essere portato avanti". Richiede una conversione personale e pastorale. In questo sinodo il processo è già un risultato. La sinodalità dà un modo di essere Chiesa". Questo stile, caratterizzato dall'ascolto reciproco, è quello che, sia da parte della Santa Sede sia da parte delle Chiese particolari, vuole essere la chiave di lettura che permea la vita pastorale della Chiesa.

Discernimento: parola chiave

Discernimento: conoscere e realizzare ciò che lo Spirito Santo chiede a tutta la Chiesa in questo momento: fedeli, religiosi, sacerdoti, ecc. è una delle parole e degli atteggiamenti chiave di questo Sinodo.

Lo ha ribadito Luis Manuel Romero, che ha sottolineato come questo lavoro sia stato realizzato per "scoprire che il protagonista è lo Spirito Santo". Si tratta di chiedersi, sempre insieme, dove lo Spirito Santo vuole condurci in questi momenti storici e non cosa pensiamo noi".

Ascolto, illusione e speranza

Per Luis Manuel Romero, il bilancio di questo processo sinodale nel nostro Paese è molto positivo. Infatti, ha voluto sottolineare che "entusiasmo e speranza" sono le parole che potrebbero definire questi contributi.

In particolare, ha sottolineato il grande coinvolgimento e l'entusiasmo dei laici, affermando che "in Spagna c'è un risorgimento dei laici". Questo è fondamentale, visto il clericalismo che ha ancora molto peso sia tra i fedeli che tra alcuni sacerdoti.

Partecipazione: Donne, laiche e di circa 55 anni.

Per quanto riguarda il lavoro svolto in Spagna, Luis Manuel Romero ha sottolineato che più di 13.000 gruppi parrocchiali, così come gruppi di comunità religiose, più di 200 monasteri e vari Istituti Secolari hanno partecipato a questo processo sinodale).

Inoltre, 28 movimenti e associazioni laicali hanno partecipato attraverso il Forum dei Laici di Spagna.

Un fatto sorprendente è stata la partecipazione di 19 carceri a questo processo, che ha riunito quasi un migliaio di persone, tra detenuti, volontari e operatori. Inoltre, sono state ricevute proposte da gruppi Caritas e da persone del mondo dell'arte, della cultura e della politica.

In totale, ha detto il direttore della Commissione episcopale per i laici, la famiglia e la vita, "più di 200.000 persone hanno partecipato a questo sinodo". Di questo numero, spicca la partecipazione di "laici e soprattutto donne, con un'età media di 55 anni".

Come ha sottolineato lo stesso Romero, "è stato difficile per noi raggiungere chi è lontano, chi è assente, i giovani e i bambini, e anche le persone di altre fedi". Tutti questi gruppi sono di particolare interesse nella concezione di questo processo sinodale.

L'Assemblea sinodale dell'11 giugno

Luis Manuel Romero e José Gabriel Vera, direttore dell'Ufficio di Informazione del CAE, hanno anche riferito su come la Assemblea sinodale che si terrà l'11 giugno presso la sede della Fondazione Pablo VI a Madrid.

Vi parteciperanno circa 600 persone provenienti da tutte le diocesi spagnole. La maggior parte dei partecipanti saranno laici, ma sono attesi anche 52 vescovi e il Nunzio Apostolico in Spagna, Mons. Bernardito Auza.

A loro si uniranno circa 70 sacerdoti, religiosi e religiose di diverse congregazioni e membri di altre denominazioni.

L'Assemblea, che vuole essere "una giornata di incontro e piena di speranza", inizierà con la presentazione della sintesi preparata dall'équipe sinodale della CEE. Seguirà un discernimento personale e di gruppo con l'obiettivo di riflettere sui punti chiave o di aggiungere aspetti che non si riflettono in questa sintesi. 

Nel pomeriggio, questi punti salienti saranno raccolti per lavorarci sopra in modo che la sintesi da inviare alla Santa Sede rifletta al meglio la realtà e le aspirazioni di tutta la Chiesa in Spagna.

La giornata si concluderà con una Santa Messa presieduta dal Presidente della CEE, Monsignor Juan José Omella, e con un atto finale di invio presieduto da Monsignor Luis Argüello, Segretario Generale della CEE. Inoltre, hanno voluto sottolineare che "il Santissimo Sacramento sarà esposto in una cappella della Fondazione durante tutta la giornata" per esprimere "che desideriamo che questa Assemblea sia un tempo abitato dal Signore".

 Religione, lapidazione

Entrambe le parti sono riuscite nell'oltraggiosa impresa di mettere all'angolo la materia della religione, che gode di grande prestigio nei Paesi che ci circondano, dove è socialmente apprezzata e perfettamente integrata nei programmi scolastici.

2 giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Molti sono chiamati e pochi, e sempre meno, sono scelti per affrontare il tema della religione in Spagna.

L'educazione religiosa nel nostro Paese ha subito un vero e proprio calvario negli ultimi decenni, essendo il capro espiatorio di molti dei complessi che i nostri politici si portano dietro.

Quando governa la sinistra, a causa del suo anti-cattolicesimo superato e, quando è il turno della destra, perché si lava le mani "per non far sembrare che...".

Il fatto è che entrambe le parti sono riuscite nell'oltraggiosa impresa di mettere all'angolo una materia che gode di grande prestigio nei Paesi vicini, dove è socialmente apprezzata e perfettamente integrata nei programmi scolastici.

Con la pazienza di Giobbe, gli insegnanti di religione hanno sopportato anno dopo anno leggi che sembrano pensate per dissuadere gli studenti dall'iscriversi.

Una materia opzionale ridotta al minimo in termini di carico didattico, che non ha alternative serie per chi non la studia e che, come se non bastasse, non conta per la media dei voti, è una materia destinata a essere abbandonata dagli studenti.

Anche se molti vorrebbero vedere la testa del soggetto della religione su un piatto d'argento, la verità è che si sta difendendo come Davide contro Golia. Secondo gli ultimi dati resi pubblici dalla Conferenza episcopale spagnola, ben il 60% degli studenti (più di tre milioni) rifiuta di svendersi per un piatto di lenticchie e continua a sostenere un'educazione completa che non prescinda dalla dimensione religiosa di ogni essere umano.

Nel XXI secolo, il vecchio discorso secondo il quale la religione è una sciocchezza dei Maccabei non regge, perché è di buon senso che la nostra cultura, la nostra arte, il nostro sistema di pensiero e i valori che condividiamo in Occidente e che si cristallizzano nei diritti umani abbiano le loro radici nel cristianesimo.  

In tempi di vacche grasse, molti volevano vendere l'idea che Dio non è necessario per lo sviluppo della persona; ma poi sono arrivate le vacche magre della crisi economica, della pandemia, della guerra, e molti giovani e meno giovani cominciano a rendersi conto che la società del benessere, il vitello d'oro, non ha tutte le risposte.

Lo slogan "se non lo vedo non ci credo" si è ritorto contro chi negava qualsiasi dimensione trascendente, perché ciò che molti giovani vedono e toccano realmente è la ferita di un mondo sempre più diseguale, dove i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri, dove le promesse di felicità, prosperità e uguaglianza delle ideologie si rivelano più false del bacio di Giuda.

La torre di Babele che il Parlamento è diventato non è in grado di trovare una soluzione consensuale, il patto educativo che i genitori e i professionisti dell'educazione hanno così spesso invocato.

Nel frattempo, la classe di religione continuerà il suo lungo viaggio nel deserto, passando da Erode a Pilato ed evitando le trappole sadducee che le diverse amministrazioni continueranno a porre lungo il cammino.

Sarebbe una storia diversa per l'istruzione se, invece di fomentare problemi, un governo decidesse di prendere la salomonica decisione di rispettare una materia che, anno dopo anno, riceve l'esplicito sostegno della maggioranza dei genitori e degli studenti del Paese.

La religione cattolica, un argomento con una faccia da ecce homo dopo anni di pestaggio, ma necessario per capire il nostro mondo e, se siete stati attenti, ognuna delle frasi che compongono questo articolo. Forse ve ne siete già accorti e avete deciso di condividerlo con chi sapete che capirà; o forse preferite non farlo perché non vale la pena di gettare le perle davanti ai porci.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Matilde di Canossa nella Basilica di San Pietro

Matilde di Canossa e della Tuscia (1046-1115) fu una potente sovrana che ereditò vaste terre in Italia. Nel 1079, la contessa lasciò per testamento i suoi beni alla Sede Apostolica, e lal territorio dello Stato Pontificio è aumentato in modo significativo.

Omnes-2 giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Letture della domenica

"Una presenza dinamica al lavoro nel tempo". Letture per la domenica di Pentecoste

Andrea Mardegan commenta le letture della domenica di Pentecoste e Luis Herrera tiene una breve omelia video. 

Andrea Mardegan / Luis Herrera-2 giugno 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Luca inizia il racconto della Pentecoste negli Atti con l'espressione: "Quando il giorno di Pentecoste fu compiuto". Nel suo Vangelo usa lo stesso verbo greco con lo stesso significato: "Quando furono compiuti i giorni in cui sarebbe stato esaltato in alto, decise di partire per Gerusalemme" (9,51) e per il riempimento della barca nella tempesta sul lago (8,23).

Trasmette quindi l'idea di una pienezza che deve ancora venire. Infatti, la Pentecoste è il compimento della Pasqua e della sua pienezza. Ma non è la pienezza come punto di arrivo, bensì come inizio di una presenza, quella dello Spirito nella Chiesa e in ciascuno dei suoi membri: una presenza dinamica che agisce nel tempo. 

Come il vento impetuoso con cui è apparso nel Cenacolo, che modella le dune del deserto e leviga le rocce. Come il fuoco che ha scelto di essere visibile, che illumina, riscalda, cuoce progressivamente il cibo rendendolo più commestibile e rende malleabili i metalli affinché il lavoro degli uomini possa produrre utensili e gioielli.

Così, la permanenza "per sempre" con noi dell'"altro Paraclito" è una permanenza attiva, che ci trasforma, ci plasma e ci fa crescere nel cammino della nostra storia.

Nel corso della storia della Chiesa e della nostra vita, lo Spirito Santo ci insegna tutto, ci ricorda le parole di Gesù e ce le fa capire. Egli, che è l'amore stesso di Dio, ci porta ad amare Gesù e quindi ad osservare i suoi comandamenti e a preparare la nostra anima come dimora fissa del Padre e del Figlio. 

La liturgia di oggi ci dice che lo Spirito Santo è la capacità di farsi capire in tutte le lingue umane: il superamento della torre di Babele.

È il creatore dell'unità nel rispetto della diversità. È l'inviato che rinnova la faccia della terra: è lo Spirito creatore.

È Lui che, come scrive Paolo ai Romani, abitando in noi, ci aiuta a superare la tendenza a essere dominati dalla carne. Gli esegeti spiegano che con "carne" Paolo intende quel principio negativo che porta una persona a essere egocentrica, a perseguire i propri bisogni e le proprie ambizioni, a contare sulle proprie risorse, a essere piena di sé, a essere orgogliosa, schiava e soggetta alla paura. 

Lo Spirito, invece, supera questa resistenza dovuta al peccato originale donando alla persona la libertà dei figli di Dio, la capacità di uscire da sé per aprirsi a Dio, agli altri in fraternità e alla creazione.

Con mancia e in beneficenza. Vieni, Padre dei poveri; vieni, datore di doni; vieni, luce dei cuori.

Consolazione perfetta; dolce ospite dell'anima; dolcissimo sollievo.

Nella fatica, il riposo; nel caldo, il rifugio; nel pianto, il conforto.

Omelia sulle letture di Pentecoste

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

L'autoreAndrea Mardegan / Luis Herrera

Ecologia integrale

Michael TaylorIl Dio invisibile diventa visibile attraverso la sua creazione".

Il professor Michael Taylor è stato uno dei vincitori della quinta edizione dei premi Open Reason, in occasione di una conferenza dell'Università Francisco de Vitoria, insieme alla Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI. "Difendere la natura significa difendere la dignità dell'essere umano", afferma Taylor, che cita San Paolo: "L'invisibile di Dio diventa visibile attraverso la creazione del mondo".

Francisco Otamendi-2 giugno 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Traduzione dell'articolo in inglese

Il Università Francisco de Vitoria e la Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI hanno consegnato pochi giorni fa il 4° e 5° Premio Open Reason, come tocco finale del 5° Congresso Open Reason, in cui docenti e ricercatori universitari provenienti da Stati Uniti, Regno Unito e Spagna hanno riflettuto su "L'uomo nella scienza contemporanea".

L'oggetto del congresso L'obiettivo è stato quello di approfondire una visione della realtà che pone la scienza sulla strada del rispetto e del servizio all'uomo e al mondo, in modo tale che ricercatori e docenti universitari siano entrati in dialogo con la filosofia e la teologia, come ha sottolineato Daniel Sada, rettore dell'Università Francisco de Vitoria, durante la cerimonia di premiazione.

Per le coincidenze della vita, l'"incontro" ha avuto luogo nel bel mezzo del Settimana Laudato Si' 2022, che si è svolta dal 22 al 29 maggio nel settimo anniversario dell'enciclica di Papa Francesco sulla cura del creato.

Nel corso delle cinque edizioni dei premi, il Istituto Razón Abierta, diretto dal vice rettore María Lacalle, ha ricevuto documenti da tutto il mondo, con la partecipazione di professori di università cattoliche e non. Tra i vincitori delle prime edizioni ci sono professori dell'Università di Oxford, dell'Università Austral, di Notre Dame, di Navarra, di Siviglia, di La Sabana, di Loyola Chicago, dell'Università Campus Bio-Medico di Roma, ecc.

Michael Taylor, dell'Istituto di Filosofia Edith Stein e dell'Istituto Internazionale Laudato Si', è uno dei premiati di quest'anno. Taylor è visiting professor presso il Thomas More College of Liberal Arts di Merrimack, NH, ed è laureato in filosofia, bioetica, biologia e studi ambientali. Una delle sue opere più note è "I fondamenti della natura: metafisica del dono per un'etica ecologica integrale", di cui abbiamo discusso in una conversazione.

Insegnante, Può commentare qualche idea che ha sollevato al congresso? In particolare, alla tavola rotonda sulla meraviglia del mondo.

- Abbiamo iniziato a parlare di meraviglia e realtà, dell'importanza della meraviglia per aiutarci a comprendere la realtà e la ragione stessa e il suo rapporto, perché la realtà è al di là di noi. Essere aperti a sperimentare la meraviglia e ad approfondirla ci aiuta ad essere intellettualmente umili. L'umiltà intellettuale non consiste nel non poter comprendere il mistero, e quindi nel mantenere un atteggiamento intellettuale di consapevolezza di non capire e di essere in una situazione di ignoranza; piuttosto, seguendo San Tommaso, l'umiltà intellettuale significa avere fiducia di poter comprendere la realtà, avere fiducia nei sensi, avere fiducia di poter conoscere la verità, ma allo stesso tempo sapere di non poterla conoscere in modo esaustivo.

Questo è il grande errore della mentalità scientista che accompagna la modernità. E finiamo per pensare che se non riusciamo a capirlo, non è reale, o se la ragione non riesce a comprenderlo, non è reale; e questo è l'orgoglio intellettuale che non vuole accettare i limiti della ragione.

Quando parliamo dei limiti della ragione, se c'è un limite, significa che c'è qualcosa che va oltre; allora dobbiamo modellare il nostro atteggiamento, la nostra ricerca di conoscenza, tenendo conto di questa realtà. Ci sono cose che possiamo conoscere con una certa certezza, empiricamente, e ci sono cose che possiamo conoscere con la ragione, ma non scientificamente, e in queste cose siamo aiutati dalla filosofia e dalla ragione umana.

E poi ci sono cose che possiamo conoscere solo per rivelazione. Applichiamo la ragione attraverso la teologia. È stato un grande punto, come la meraviglia ci apra all'intero panorama della guarigione della ragione umana, che oggi è molto malconcia. E la meraviglia è, come dice Platone, l'inizio della filosofia. Aveva ragione. È anche una delle prime esperienze dei bambini, e Cristo ci dice che dobbiamo diventare come bambini. Dobbiamo apprezzarlo.

Qual è la metafisica del dono di cui ha scritto e parlato alla conferenza?

- La metafisica del dono non è una mia invenzione, ma segue tutta la tradizione cattolica, aristotelica, tomistica, e si sviluppa con San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, perché anche Tommaso non ha fatto tutto. Ma si sviluppa sulla base delle sue idee, che sono molto chiare. Per quanto riguarda la metafisica del dono, dobbiamo capire innanzitutto che ogni persona che vive nel mondo e prende decisioni sulla propria vita dimostra di avere una metafisica, che è semplicemente una concezione della realtà. Una cosa che il mondo moderno ama fare è negare la metafisica, perché la metafisica parla dell'immateriale, e poiché il mondo moderno è materialista, non vuole parlare di questo, dice che la metafisica non esiste. Ed è per questo che non viene studiato.

Ma questa è di per sé una metafisica, molto negativa, ma è un'idea di come stanno le cose, è una realtà. C'è molta cecità ai nostri giorni. La metafisica del dono si chiama così, e non sono il primo a farlo. Un dono ci apre alla gratitudine, all'umiltà, all'esperienza, al sapere che non siamo autosufficienti, a ciò che ci viene dall'esterno. E questo è molto importante, perché ci spinge a cercare chi dona, il donatore, che in definitiva è Dio. Ma seguendo solo la ragione, la filosofia, i non credenti possono accedere a queste idee e decideranno se credere o meno.

Un dono ci apre alla gratitudine, all'umiltà e ci spinge a cercare chi ce lo dà, come dite voi. E lei ha fatto riferimento al dono dell'esistenza.

-Nella metafisica di San Tommaso, il dono si riferisce anche al dono dell'esistenza, e questo è stato il suo grande contributo alla filosofia e alla metafisica antica, perché né Aristotele né Platone avevano un concetto molto chiaro dell'atto di essere. Per entrambi le cose erano eterne, le forme erano eterne, l'esistenza era portata all'interno della forma. Ma ciò che San Tommaso spiega è che la forma, che è attiva sulla materia, è anche passiva rispetto al dono dell'esistenza, all'atto dell'essere. Questo atto di essere è ciò che mantiene tutto nell'esistenza, è il dono di Dio che è la creazione.

La creazione non è qualcosa che è accaduto nel lontano passato, ma sta accadendo. Descrive una relazione per tutte le cose e per tutti noi, che non siamo la fonte della nostra stessa esistenza. E solo in Dio l'esistenza corrisponde all'essenza. Dio è la sua esistenza, che è eterna. E in questo senso noi filosofi non diciamo. Dio esiste, ma Dio è l'esistenza stessa, mentre tutto ciò che è stato creato esiste grazie a Lui.

La metafisica del dono parte da questa idea, ma si vede anche in tutte le cose, perché ogni effetto mostra segni e caratteristiche della sua causa. Tutta la bontà, la bellezza e la razionalità della fonte, di Dio, e anche la sua relazionalità - e qui mi riferisco all'ontologia trinitaria, tre Persone in una - si vede in tutta la creazione. Lo si vede nell'ecologia, nelle reti alimentari [catene alimentari], nel modo in cui tutte le cose sono collegate, nel modo in cui animali e piante si consumano per creare la generazione successiva. E come tutte le cose, ci appaiono come verità, buone e belle.

Un altro punto importante: nella visione scientifica, non intendiamo le cose come verità, buone e belle, nel senso profondo, nel senso cattolico; ma la scienza rende tutto neutro, il che è falso, perché ogni cosa creata è buona perché esiste, anche una zanzara, e questo è un principio metafisico. Questo è un aspetto che dobbiamo recuperare.

Il mondo naturale non è una macchina. Non basta scambiare le parti, bisogna trattare la natura in modo diverso.

Michael Taylor

Propone anche un'etica ecologica, in opposizione alla visione meccanicistica dominante del mondo naturale... È corretto?

- Le cose stanno così. Il mondo moderno, partendo da uno scientismo, che va distinto dalla scienza, dalla ricerca della verità con un metodo empirico. Se si assolutizza questo metodo, si finisce nello scientismo e si finisce per interpretare tutta la natura come se fosse una macchina. Questo è molto facile da fare e molto naturale, e le analogie possono aiutarci. Ma la metafisica del mondo moderno è fatta così, tratta il naturale come se fosse una macchina.

La scienza moderna è un metodo per imparare a manipolare le cose, e così trattiamo la natura a volte ignorando il suo telos, il suo fine proprio che le è dato da Dio nella sua essenza, e ignoriamo la sua dignità, nel senso che ogni cosa esiste perché riceve il dono dell'esistenza da Dio, e questo dovrebbe almeno farci riflettere. Non dico che sia sbagliato mangiare la carne di un animale, ma dovremmo almeno avere gratitudine e capire che è un dono per noi. Dio ha voluto che vivesse, e ha voluto anche che ci aiutasse a portare avanti la nostra esistenza.

L'etica ecologica a volte tratta le cose in questo modo. Beh, se si inquina un'area, significa che si deve sistemare o preservare un'altra, e non importa. Mi ha sorpreso vedere che oggi si dice che le compagnie aeree non producono carbonio, perché pagano una tassa per bilanciare l'equazione. Non funziona così. Il mondo naturale non è una macchina. Non basta scambiare i pezzi, bisogna trattare la natura in modo diverso.

Lei parla anche di difendere la dignità della natura, il che, se non abbiamo capito male, significa difendere la dignità degli esseri umani.

- Così è. Dalla metafisica capiamo che tutto ciò che è stato creato ha una dignità propria, in base alla sua essenza. Una pietra non è uguale a un uccello, ma entrambi sono buoni, nella misura in cui lo sono, e tutti sono amati da Dio. Spesso capisco che, nella situazione attuale, gli animalisti, ad esempio, vogliono che valutiamo gli animali come esseri umani e che non dobbiamo maltrattare gli animali. Ma allo stesso tempo sono abortisti. Vediamo, hanno tutti la stessa dignità o no? O come è? Ritengo che la difesa della vita, la difesa della dignità della persona umana, sia assolutamente essenziale, e la difesa della dignità della natura e degli animali non deve essere contrastata.

È molto interessante capire che, quando combattevano il marxismo in Polonia, dicevano di non aver bisogno di un nemico per affermare il valore della persona e i valori del Vangelo. Mentre il marxismo sì. Il marxismo aveva bisogno di attaccare un nemico per giustificare la sua esistenza e la sua lotta.

Lo stesso vale per la difesa della dignità dell'essere umano. E questo si può vedere negli scritti dello stesso Giovanni Paolo II. Cronologicamente, ha parlato molto della dignità dell'essere umano. Infatti, è stato uno dei principali fondatori del personalismo, che ha combattuto contro il marxismo. Ma due mesi dopo la caduta del Muro di Berlino, il 1° gennaio 1990, iniziò a parlare della dignità della creazione. Ciò che accade è che la dignità dell'essere umano si fonda sulla dignità della creazione, siamo creature. In questo senso, parlo di difesa della dignità della natura, come base per la difesa della dignità dell'essere umano.

Alla luce delle sue argomentazioni, parliamo per un momento dell'enciclica Laudato Si' di Papa Francesco. Come riassumerebbe un paio di contributi dell'enciclica, ora che sono passati sette anni dalla sua promulgazione?

 - Questa visione di cui parlo è presente nella Laudato Si'. Ci sono persone che vogliono manipolare il documento e dire che riguarda solo il cambiamento climatico, o essere attivisti, politici. No. La visione della Laudato Si' è molto profonda, riguarda la visione di ciò che significa essere creati o la creazione stessa. Il primo atteggiamento è quello di non scendere in strada a protestare. Il primo atteggiamento è quello di fermarsi, fare silenzio e contemplare la natura, contemplare la bellezza del creato e soprattutto la creazione di noi stessi. Siamo il culmine della creazione. E questo non significa che possiamo fare quello che vogliamo, ma piuttosto che abbiamo una grande responsabilità. Questa è la visione che sta alla base dell'enciclica Laudato Si'.

Il prossimo passo?

- Poi, quando si è in atteggiamento di preghiera, aperti a comprendere il dono della creazione attraverso la contemplazione, si può lavorare sulla virtù della prudenza, che ci aiuta a prendere decisioni pratiche per vivere la nostra vita quotidiana.

Ovviamente, una vita più semplice, che richiede meno risorse, è una conclusione ovvia. Viviamo in un mondo tecnocratico e siamo costantemente invitati a pensare che la felicità si trovi nell'avere molte cose, nel fare molte cose, nel viaggiare in molti luoghi. Ma la ricchezza della creazione che la Laudato Si' descrive è che tutto ciò di cui abbiamo bisogno, tutto ciò che il cuore umano desidera, la bontà, la verità, la bellezza, può essere trovato, e trovato meglio, in una vita semplice che presta attenzione a ciò che è essenziale nella creazione. Che non si preoccupa tanto di ciò che abbiamo o possiamo avere, che vive vicino alla terra. È molto disumanizzante non sapere da dove viene il nostro cibo, dover mangiare sempre cose in plastica [confezionate], non vedere un albero o un uccello nel suo luogo naturale.

Ma questo è molto difficile per molte persone. C'è anche una rivalutazione del lavoro e dell'agricoltura, non un'agricoltura meccanicistica, moderna, che usa prodotti chimici per tutto, ma un'agricoltura più semplice, un po' più a misura d'uomo. Credo che il mondo si renda conto che questa vita di popolo, vicino alla natura, ha un valore intrinseco che ci aiuta a vivere meglio, a capire meglio la nostra fede. Ciò che Paolo dice in Romani 1:20 è che il Dio invisibile diventa visibile attraverso la sua creazione.

Lì possiamo capire Dio. Se viviamo in un mondo completamente costruito dall'uomo, diventa difficile vedere Dio. Penso che dobbiamo esserne consapevoli.

Siamo l'apice della creazione. E questo non significa che possiamo fare quello che vogliamo, ma piuttosto che abbiamo una grande responsabilità. Questa è la visione che sta alla base dell'enciclica Laudato Si'.

Michael Taylor

Concludiamo la stimolante conversazione con il professor Michael Taylor, che proseguirà. Alla cerimonia di premiazione è intervenuto anche Pierluca Azzaro, Segretario Generale della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI, che ha ricordato come questa collaborazione "sia iniziata sei anni fa, al termine del Congresso "La preghiera, forza che cambia il mondo" che la Fondazione Ratzinger-Benedetto XVI ha tenuto all'UFV nell'ambito delle celebrazioni del V Centenario della nascita di Santa Teresa".

Omnes ha avuto come relatori nel 2021 due professori che hanno ricevuto i premi annuali assegnati dalla Fondazione vaticana Joseph Ratzinger - Benedetto XVI a Roma: la Australiano Tracey Rowland, Premio Ratzinger 2020, e la Tedesco Hanna-Barbara Gerl-Falkovitz, Premio Ratzinger 2021.

L'autoreFrancisco Otamendi

Per saperne di più
Vaticano

Il perdono, al centro della riflessione dell'Incontro Mondiale delle Famiglie

Rapporti di Roma-1° giugno 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il 10° Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Roma e nelle diocesi, rifletterà sul perdono come asse delle relazioni familiari e cammino verso la santità.

Inoltre, si parlerà del ruolo missionario delle famiglie, del ruolo degli anziani, del dialogo intergenerazionale e dell'accompagnamento dei coniugi non credenti.


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Vaticano

Papa Francesco: "Gli anziani sono messi all'angolo dell'esistenza".

La catechesi di Papa Francesco sulla vecchiaia sta mettendo sul tavolo le principali questioni che riguardano gli anziani.

Javier García Herrería-1° giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Papa continua un prezioso equilibrio nelle sue udienze del mercoledì sulla vecchiaia. La settimana scorsa li ha esortati a non sentirsi vittimizzati dall'età e a essere di buon umore. Tuttavia, oggi è uscito dal copione e ha improvvisato alcune idee molto suggestive. Ha detto che "non mancano persone che approfittano dell'età degli anziani per ingannarli, intimidirli in mille modi... per prendere i loro risparmi". Ha poi aggiunto che "sono lasciati senza protezione e abbandonati senza cure". Offesi da forme di disprezzo o intimiditi a rinunciare ai loro diritti, anche nelle famiglie. È una cosa seria, ma succede anche nelle famiglie".

Papa Francesco ha iniziato la sua riflessione con il Salmo 71, che dice: "Non abbandonarmi quando le mie forze vengono meno". Ha poi denunciato con tono pacato come "gli anziani vengono scartati, abbandonati nelle case di riposo, i loro figli non vanno a trovarli, o ci vanno solo poche volte all'anno". Gli anziani sono messi all'angolo dell'esistenza. E questo accade oggi. Dobbiamo riflettere su questo.

Un problema globale

Il Papa considera questo tema della massima importanza, anche se non fa notizia e non è nell'agenda delle questioni politiche più urgenti del giorno. "L'intera società deve affrettarsi a prendersi cura dei suoi anziani, che sono sempre più numerosi e spesso anche più trascurati. Quando sentiamo che gli anziani vengono privati della loro autonomia, della loro sicurezza, persino della loro casa, capiamo che l'ambivalenza della società odierna nei confronti degli anziani non è un problema di emergenze isolate, ma una caratteristica della cultura dell'usa e getta che avvelena il mondo in cui viviamo".

Sembra impossibile ascoltare il Papa e non mettere in relazione le sue riflessioni con la mentalità pro-eutanasia che sta diventando sempre più diffusa. "Le conseguenze sono fatali. La vecchiaia non solo perde la sua dignità, ma dubita anche di meritare di continuare. Così, siamo tutti tentati di nascondere la nostra vulnerabilità, di nascondere la nostra malattia, la nostra età, la nostra vecchiaia, perché temiamo che siano il preludio della nostra perdita di dignità. Chiediamoci: è umano indurre questo sentimento? Perché la civiltà moderna, così avanzata ed efficiente, si sente così a disagio con la malattia e la vecchiaia? E perché la politica, così impegnata a definire i limiti di una sopravvivenza dignitosa, è allo stesso tempo insensibile alla dignità di una convivenza amorevole con gli anziani e i malati?".

Affidarsi al potere della preghiera

Il Papa incoraggia gli anziani a pregare con fiducia, perché "la preghiera rinnova nel cuore degli anziani la promessa della fedeltà e della benedizione di Dio". Gli anziani riscoprono la preghiera e ne testimoniano la potenza. Gesù, nei Vangeli, non rifiuta mai la preghiera di chi ha bisogno di aiuto. Gli anziani, per la loro debolezza, possono insegnare a chi vive in altre età della vita che tutti abbiamo bisogno di abbandonarci al Signore, di invocare il suo aiuto. In questo senso, dobbiamo tutti imparare dalla vecchiaia: sì, c'è un dono nell'essere vecchi, inteso come abbandono alla cura degli altri, a cominciare da Dio stesso".

Prima di chiudere l'incontro, Papa Francesco ha nuovamente improvvisato alcune domande per un esame di coscienza. "Ognuno di noi può pensare ai membri anziani della propria famiglia: come mi relaziono con loro, come li ricordo? Cerco di stare con loro, li rispetto? Ho cancellato gli anziani della mia famiglia dalla mia vita o vado da loro per cercare la saggezza, la saggezza della vita? Ricordate a voi stessi che anche voi sarete un uomo o una donna anziani. La vecchiaia arriva per tutti, e come vorreste essere trattati in età avanzata? Trattate così gli anziani della vostra famiglia, che sono la memoria della famiglia, dell'umanità, del Paese.

Gli insegnamenti del Papa

Educazione, misericordia, famiglia

Nel mese di maggio, tra i tanti temi affrontati da Papa Francesco, spiccano questi tre interventi delle ultime settimane: educazione, misericordia e famiglia.

Ramiro Pellitero-1° giugno 2022-Tempo di lettura: 8 minuti

Nelle ultime settimane, il Papa è stato tempestato di insegnamenti, discorsi e discorsi a vari gruppi in occasione di anniversari o pellegrinaggi a Roma. Abbiamo scelto tre temi: l'educazione, la misericordia (in occasione della Domenica della Misericordia) e la famiglia (in occasione dell'Anno della Misericordia). Famiglia Amoris LaetitiaL'Incontro Mondiale delle Famiglie, che si concluderà il 26 giugno 2022, con il 10° Incontro Mondiale delle Famiglie a Roma).

Educazione: qualità, visione cristiana, integrità

Francesco ha recentemente dedicato due discorsi all'educazione. Il primo, indirizzato al Ricercatori globali che portano avanti un progetto cattolico (20-IV-2022). Già nella sua esortazione programmatica Evangelii gaudium (2013), il Papa ha avvertito che in una società dell'informazione che ci satura indiscriminatamente di dati, tutti allo stesso livello, e finisce per portarci a una tremenda superficialità quando si tratta di questioni morali, [...] diventa necessaria un'educazione che ci insegni a pensare in modo critico e che offra un percorso di maturazione dei valori. (n. 64). 

Riprendendo questo argomento dal contesto socio-culturale contemporaneo, egli indica ora l'obiettivo di un progetto educativo cattolico: 

"Come educatori, siete chiamati a nutrire il desiderio di verità, bontà e bellezza che abita nel cuore di tutti, affinché tutti imparino ad amare la vita e ad aprirsi alla pienezza della vita".

Questo, aggiunge, implica la ricerca di modalità di ricerca che combinino metodi validi per al servizio della persona nella sua interezza, in un processo di sviluppo umano integrale. In altre parole, formare insieme testa, mani e cuore: preservare e rafforzare il legame tra imparare, fare e sentire nel senso più nobile del termine.. In questo modo, gli educatori cattolici possono offrire al tempo stesso un eccellente curriculum accademico e una visione coerente della vita ispirata agli insegnamenti di Cristo.

Maturità, identità cristiana, impegno sociale

In secondo luogo, Francesco esprime la continuità di questa preoccupazione con quanto indicato dal Concilio Vaticano II: che l'opera educativa della Chiesa è rivolta non solo "...ai poveri e agli emarginati, ma anche ai bisognosi".ma tende soprattutto a far sì che i battezzati, progressivamente iniziati alla conoscenza del mistero della salvezza, diventino sempre più consapevoli del dono della fede che hanno ricevuto." (Decl. Gravissimum educationis, 2). 

Sulla base di una visione cristiana della vita (conoscere se stessi, educatori e alunni, figli amati di Dio nell'unica famiglia umana), dice il Papa, "L'educazione cattolica ci impegna, tra l'altro, a costruire un mondo migliore insegnando la coesistenza reciproca, la solidarietà fraterna e la pace".. Dobbiamo sviluppare strumenti per promuovere questi valori nelle istituzioni educative e tra gli studenti. 

In terzo luogo, oltre ad affrontare l'attuale situazione educativa e a sottolineare le basi della visione cristiana, il Papa osserva che "L'educazione cattolica è anche evangelizzazione: testimoniare la gioia del Vangelo e la sua capacità di rinnovare le nostre comunità e di dare speranza e forza per affrontare con saggezza le sfide di oggi".

Il secondo discorso è quello pronunciato dal Santo Padre i rettori delle università del Lazio (16-V-2022). Anche questo fa parte della situazione attuale: "Gli anni della pandemia, l'espansione in Europa della 'terza guerra mondiale' che è iniziata a pezzi e ora sembra non esserlo più, la questione ambientale globale, la crescita delle disuguaglianze, ci sfidano in modo inedito e accelerato".

La sfida educativa, spiega Francisco, ha quindi una forte implicazione culturale, intellettuale e morale, in quanto deve confrontarsi con questa situazione, che coinvolge la "rischiano di generare un clima di scoraggiamento, smarrimento, perdita di fiducia e, peggio ancora, di assuefazione".. È una crisi che, d'altra parte, può farci crescere, a patto di superarla.

Francesco evoca il Patto educativo globaleIl documento sulla fraternità umana sarà lanciato a livello mondiale, insieme alla firma, nel febbraio 2019, del documento sulla fraternità umana, che afferma: "Ci occupiamo di un'educazione integrale che si riassume nella conoscenza di se stessi, del fratello, della creazione e del Trascendente.". Questo orizzonte, dice il Papa ai rettori delle università, può essere affrontato solo con "con senso critico, libertà, sano confronto e dialogo".al di là di barriere e confini. Fa anche parte dell'ideale dell'università, che è una comunità, ma anche una convergenza di conoscenze intorno alla verità e al dialogo. 

A riprova di ciò, osserva, c'è il movimento di molti dottorandi in economia, interessati a "costruire risposte nuove ed efficaci, superando vecchie incrostazioni legate a una sterile cultura di competizione per il potere".

Tutto questo richiede ascolto (degli studenti e dei colleghi, anche della realtà), oltre che immaginazione e investimenti, per formare gli studenti anche al rispetto di se stessi, degli altri, del mondo creato e del Creatore. 

In breve: un'educazione che deve essere legata alla vita, alle persone e alla società; senza pregiudizi ideologici, senza paure, fughe o conformismi. 

Misericordia: gioia, perdono e consolazione

Secondo tema: misericordia. Nella sezione "massa della misericordia divina".Nel suo discorso, celebrato nella Basilica di San Pietro nella seconda domenica di Pasqua (24 aprile 2022), Francesco ha preso spunto dal saluto di Cristo che porta la pace (cfr. Gv 20:19,21,26). In questa pace, il Papa ha indicato tre dimensioni: "....dà gioiaallora spinge al perdonoe infine conforto nella fatica". Abbiamo sicuramente bisogno di molto di questo nel nostro mondo. 

Gesù non rimprovera i suoi discepoli per i fallimenti e i peccati del passato, ma li incoraggia. Egli porta loro "una gioia che solleva senza umiliare". E come il Padre ha mandato lui, manda loro a perdonare (cfr. vv. 21 e 23) nel sacramento della riconciliazione. 

Questo ci sfida tutti: "Chiediamoci: io, qui dove vivo, nella mia famiglia, al lavoro, nella mia comunità, promuovo la comunione, sono un architetto della riconciliazione? Mi impegno a placare i conflitti, a portare il perdono dove c'è l'odio, la pace dove c'è il rancore? O cado nel mondo del pettegolezzo che uccide sempre?"

Vediamo", ha invitato il Papa, "anche nel modo in cui Gesù tratta l'apostolo Tommaso, che il Signore non viene in modo trionfale e travolgente, con miracoli roboanti, ma ci consola con la sua misericordia, presentandoci le sue ferite. Ecco perché "Nel nostro ministero di confessori dobbiamo far vedere alle persone che davanti ai loro peccati ci sono le ferite del Signore, che sono più potenti del peccato.

Gesù, il successore di Pietro, ripeterà nel Regina Caeli, "non cerca cristiani perfetti".ma di ritornare a Lui, sempre, sapendo che abbiamo bisogno della sua grazia, soprattutto dopo i nostri dubbi, le nostre debolezze e le nostre crisi; perché Lui vuole sempre donarci "un'altra possibilità".Vuole che ci comportiamo allo stesso modo con gli altri.  

Il lunedì successivo (25-IV-2022) ha avuto una incontro con i sacerdoti "Missionari della Misericordia".. Si tratta della terza, dopo le altre due del 2016 e del 2018. Questa volta ha sorvolato sulla figura biblica di Ruth, la cui fedeltà e generosità è stata riccamente ricompensata da Dio. Come Dio, che rimane in silenzio nel libro di Ruth, anche i sacerdoti devono agire: "Non dimentichiamo mai che Dio non agisce nella vita quotidiana delle persone con atti eclatanti, ma in modo silenzioso, discreto, semplice, tanto che si manifesta attraverso le persone che diventano sacramento della sua presenza. E voi siete un sacramento della presenza di Dio. Vi prego di tenere lontana da voi ogni forma di giudizio e di mettere sempre il desiderio di capire la persona che vi sta di fronte"..

E Francesco ha concluso ricordando alcune figure di sacerdoti misericordiosi, che hanno confessato molte persone e che, come il Signore, non si sono mai stancati di perdonare. 

La famiglia: rimedio all'individualismo 

Nell'ambito di quest'anno Famiglia Amoris laetitiaIl Papa si è rivolto alla sessione plenaria della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali (Discorso29-IV-2022), si sono riuniti per discutere della realtà della famiglia. Nel contesto dell'attuale crisi, prolungata e multipla, che sta mettendo a dura prova tante famiglie, Francesco desidera riscoprire "il valore della famiglia come fonte e origine dell'ordine sociale, come cellula vitale di una società fraterna capace di prendersi cura della casa comune"..

In primo luogo, egli sottolinea che, nonostante i numerosi cambiamenti avvenuti nella storia e tra i diversi popoli, "Il matrimonio e la famiglia non sono istituzioni puramente umane".. Sono anche un rimedio all'individualismo imperante. 

Il genoma sociale della famiglia

Il bene promosso dalla famiglia non è semplicemente associativo, un'aggregazione di persone a scopo di utilità, ma piuttosto un legame relazionale di perfezione. Esatto, perché i membri della famiglia maturano aprendosi l'un l'altro e con gli altri. Questo potrebbe essere chiamato il loro "genoma sociale".. Allo stesso tempo, "La famiglia è un luogo di accoglienza"Soprattutto se ci sono membri fragili o disabili, visto che è anche una scuola gratuita. 

Per dispiegare la sua natura, la famiglia ha bisogno di "politiche sociali, economiche e culturali da promuovere in tutti i Paesi...". "amici di famiglia"..

Il Papa ha concluso osservando alcune condizioni per riscoprire la bellezza della famiglia. Per prima cosa, togliere dagli occhi "Le cataratte delle ideologie".. In secondo luogo, riscoprire "la corrispondenza tra matrimonio naturale e sacramentale". (che non è, in quest'ultimo caso, un'aggiunta giustapposta all'istituzione familiare). Terza condizione: consapevolezza di "la grazia del sacramento del matrimonio - che è il sacramento "sociale" per eccellenza - guarisce ed eleva l'intera società umana ed è un lievito di fraternità". (cfr. Amoris laetitia, n. 74).

L'unico grande obiettivo: la famiglia evangelizzatrice  

Infine, sempre in tema di famiglia, vale la pena di citare la Discorso del Papa al Congresso internazionale di teologia morale (13-V-2022). Si inizia con una riflessione sulla ricchezza spirituale della famiglia, come sottolineato dal Amoris laetitia. Prosegue poi considerando che le sfide del nostro tempo richiedono che la teologia morale, da una parte, parli "un linguaggio comprensibile". per i partner, e non solo per gli esperti; e inoltre che, in vista della conversione pastorale e della trasformazione missionaria della Chiesa, sia attenta a "le ferite dell'umanità. Aggiunge che tutto ciò può essere favorito dall'interdisciplinarità, tra teologia, scienze umane e filosofia. 

"L'unico grande obiettivodice il Papa, "è rispondere alla domanda: come le famiglie cristiane oggi, nella gioia e nello sforzo dell'amore coniugale, filiale e fraterno, testimoniano la buona notizia del Vangelo di Gesù Cristo?.

Il congresso fa parte, non solo di fatto ma anche come prospettiva di sfondo, del sinodalità. 

La sinodalità", spiega il successore di Pietro, "non è solo una questione tattica, ma una necessità per approfondire la verità della Rivelazione, che non è qualcosa di astratto, ma legata all'esperienza delle persone, delle culture e delle religioni. "La verità della Rivelazione è rivolta alla storia - è storica - ai suoi destinatari, che sono chiamati a realizzarla nella "carne" della loro testimonianza".. Anche le famiglie: "Che ricchezza di bene c'è nella vita di tante famiglie, in tutto il mondo!".

E cosa c'entra tutto questo con la teologia morale? Ebbene, il matrimonio e la famiglia cristiana sono "luoghi" e "volte" (kairos) dell'azione di Dio, da cui la riflessione teologica può attingere per approfondire e presentare meglio la fede e la morale. 

Proprio per questo motivo - sottolinea il Papa - è più che mai necessario praticare il discernimentoapertura dello spazio "alla coscienza dei fedeli, che spesso rispondono al meglio al Vangelo in mezzo ai loro limiti e sono in grado di compiere il loro discernimento personale in situazioni in cui tutte le regole vengono infrante". (Amoris laetitia, 37.).

La teologia morale, infatti, affronta una sfida non da poco al servizio del grande obiettivo che le famiglie devono annunciare e testimoniare il messaggio evangelico. 

Questo è ciò che Francesco dice ai moralisti: "A tutti voi è chiesto oggi di ripensare le categorie della teologia morale, nel loro reciproco legame: il rapporto tra grazia e libertà, tra coscienza, bontà, virtù, norma e phronesis aristotelica, prudentia tomistica e discernimento spirituale, il rapporto tra natura e cultura, tra pluralità di linguaggi e unicità dell'agape".

Il Vescovo di Roma invita i moralisti a tenere conto delle arricchenti differenze delle culture e, soprattutto, delle esperienze concrete dei credenti. Li incoraggia ad ispirarsi alle radici cristiane, come i teologi devono sempre fare, non per tornare indietro ma per andare avanti sulla strada dell'obbedienza a Gesù Cristo, senza chiudersi in una casistica impoverente o decadente. 

Conclude insistendo sul vero scopo, su quell'unico grande obiettivo: il ruolo evangelizzatore della famiglia, con gioia: "...il ruolo evangelizzatore della famiglia, con gioia: "...il ruolo evangelizzatore della famiglia, con gioia...".Che la gioia dell'amore, che trova una testimonianza esemplare nella famiglia, diventi un segno efficace della gioia di Dio che è misericordia e della gioia di chi riceve in dono questa misericordia! Gioia!".

Cercasi confratelli intellettuali

È importante che le confraternite, in quanto spina dorsale della società civile, partecipino attivamente alla fondazione di modelli di pensiero conformi alla dignità umana e alla missione della Chiesa che servono.

1° giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Fin dal XVI secolo, e anche prima, le confraternite e le organizzazioni sono state testimoni e protagoniste della storia del loro ambiente. Questa partecipazione è stata ampiamente studiata nelle pubblicazioni ad essa legate, più o meno direttamente, oltre che nei verbali dei consigli direttivi, in alcuni casi perfettamente conservati, che forniscono informazioni dettagliate sulla confraternita e sugli usi, costumi e avvenimenti dell'epoca. Questo abbondante materiale è aumentato negli ultimi anni, sia in progetti di ricerca che in manuali, monografie, articoli accademici, tesi di laurea, ecc.

Sarebbe interessante effettuare una meta-analisi, forse è stata fatta e non ne sono a conoscenza, per verificare gli argomenti trattati in questi lavori e il peso statistico di ciascuno. Se dovessi azzardare i risultati di questo ipotetico lavoro di ricerca, oserei dire che i temi più trattati sarebbero: storia delle confraternite, arte, società, antropologia, rapporti con il potere politico ed ecclesiastico, assistenza sociale e poco altro.

Ma c'è una questione che non ho visto nella bibliografia consultata: il ruolo delle confraternite nella storia delle idee contemporanee, la loro influenza sulla storia del pensiero. La prima considerazione è se abbiano davvero un ruolo da svolgere o se debbano essere incapsulati, protetti dall'ambiente, racchiusi in una cappa di sicurezza per evitare di essere contaminati dalle varie correnti di pensiero.

La storia delle idee dal XVI secolo in poi è affascinante. Il passaggio dal Medioevo all'Età Moderna, dall'Ancien Régime al Nuovo Regime, è stato segnato dal riconoscimento dell'autonomia temporale e della dignità universale della persona come immagine di Dio. In quegli anni, oltre alle attività di culto e di assistenza sociale, le confraternite assunsero anche un ruolo di catechizzazione, di catechesi, in contrapposizione alla Riforma.

Non è questo il momento né il luogo per fare anche solo una breve sintesi della storia delle idee contemporanee. In linea di massima, si potrebbe tracciare un rapporto cronologico, partendo dall'Illuminismo, che pone la ragione scientifica al centro della sua visione del mondo, passando per il liberalismo, che ruota attorno a una concezione individualistica della natura umana, e il marxismo, che privilegia il collettivo sull'individuale e propone una visione dialettica della storia.

Il XX secolo è iniziato con un radicale nichilismo o scetticismo di fronte all'impossibilità, si dice, di conoscere la verità, che ha lasciato il posto all'esistenzialismo, nelle sue diverse varianti, centrato sulla persona e sulla sua esperienza immediata, senza altri orizzonti.

Molti pensatori identificano negli eventi del maggio 1968 il momento in cui la crisi culturale e antropologica che si trascinava dal secondo dopoguerra ha portato a una società permissiva, che ha messo fine ai sistemi precedenti.

Dal relativismo assoluto, li sostituisce con i movimenti sociali: la rivoluzione sessuale, il femminismo radicale, la transl'ecologia come ideologia, la revisione della storia e della cultura svegliato, metaversi e così via.

In tutto questo tempo la Chiesa è stata incessantemente attiva, individuando e correggendo le deviazioni e proponendo modelli conformi alla natura umana e alla Rivelazione. Il Concilio Vaticano II è la risposta globale della Chiesa a queste sfide e definisce il ruolo dei fedeli nella società.

E le confraternite - sono rimaste ai margini della storia delle idee contemporanee, chiuse in una campana di laboratorio? Sono state influenzate dalle correnti di pensiero di ogni epoca o sono rimaste ai margini? Fa parte della loro missione partecipare a questo dibattito?

La decisione non è facoltativa. Il globalismo odierno tende a cancellare l'identità e le differenze culturali, per questo le confraternite devono rafforzare la propria identità per evitare di essere spazzate via. È importante che le confraternite, in quanto spina dorsale della società civile, partecipino attivamente alla fondazione di modelli di pensiero conformi alla dignità umana e alla missione della Chiesa che servono. Non necessariamente in modo corporativo, ma incoraggiando la partecipazione dei loro fratelli e sorelle più capaci a entrare in questo dibattito permanente. Il contributo di questi fratelli è importante, sia singolarmente che in gruppi di riflessionein questo entusiasmante compito.

L'autoreIgnacio Valduérteles

Dottorato di ricerca in Amministrazione aziendale. Direttore dell'Instituto de Investigación Aplicada a la Pyme. Fratello maggiore (2017-2020) della Confraternita di Soledad de San Lorenzo, a Siviglia. Ha pubblicato diversi libri, monografie e articoli sulle confraternite.

Mondo

Mons. Paolo Martinelli: "Il Vicariato Apostolico dell'Arabia Meridionale è una Chiesa dei popoli".

Intervista a Paolo Martinelli, neoeletto vicario apostolico dell'Arabia del Sud.

Federico Piana-1° giugno 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Quando gli è stato chiesto se si aspettava che Papa Francesco lo nominasse vicario apostolico dell'Arabia del Sud qualche settimana fa, monsignor Paolo Martinelli ha risposto con assoluta certezza: "No, non c'era nulla che mi facesse sospettare di questa scelta".

Tuttavia, il religioso appartenente all'Ordine dei Frati Minori Cappuccini, fino a poco tempo prima del suo nuovo incarico di vescovo ausiliare di Milano, non era sorpreso che la scelta cadesse ancora una volta su un cappuccino: "Siamo presenti nella Penisola Arabica da più di cento anni e il vicario è sempre stato scelto tra i nostri religiosi. Inoltre, due terzi del clero presente in queste aree appartengono al nostro Ordine. È la storia di un rapporto consolidato".

La giurisdizione del Vicariato Apostolico dell'Arabia Meridionale ricade su tutti i cattolici che vivono negli Emirati Arabi Uniti, in Oman e nello Yemen. Ci sono più di un milione di persone", spiega Martinelli, "tutte migranti, che sono venute in questi territori per lavoro: ecco, allora, che il primo compito del Vicariato è quello di sostenere il cammino di fede di questi fedeli che, in generale, frequentano molto la Chiesa".

Un altro compito importante del Vicariato è anche quello di mantenere vive le buone relazioni con i musulmani?

- Anzi, è il secondo grande pilastro dell'azione del Vicariato. Questo rapporto, negli ultimi anni, è stato segnato dalla firma del Documento sulla fraternità umana, avvenuta ad Abu Dhabi nel 2019, da parte del Papa e del Grande Imam di al-Azhar. È un evento che per noi rimane un punto di riferimento fondamentale e ha una visione profetica. In sostanza, le religioni devono sostenere la fratellanza universale e la pace.

Noi, nei territori del Vicariato, siamo chiamati a mantenere viva la memoria di questo evento e allo stesso tempo dobbiamo impegnarci a svilupparne le implicazioni dal punto di vista sociale, del dialogo e delle relazioni culturali e interreligiose.

I cattolici nei territori del Vicariato provengono già da culture molto diverse e si può dire senza alcun dubbio che abbiamo a che fare con una Chiesa dei popoli.

Mons. Paolo Martinelli. Vicario apostolico dell'Arabia del Sud

In termini di dialogo, quali sono le prossime azioni concrete che intendete attuare?

- Una cosa che sto facendo ora è ascoltare la realtà che sto vivendo per conoscerla ancora meglio, soprattutto per capire bene cosa ha fatto il mio predecessore, monsignor Paul Hinder, nei lunghi anni in cui mi ha preceduto come Vicario.

Ma posso dire che mi sono resa conto che ci sono aspetti molto concreti che vanno sostenuti, approfonditi e rafforzati: innanzitutto il valore interculturale, già presente all'interno dell'esperienza di fede cattolica.

Non dobbiamo dimenticare che i cattolici nei territori del Vicariato provengono già da culture molto diverse e possiamo dire senza alcun dubbio che abbiamo a che fare con una Chiesa dei popoli.

Il secondo aspetto è quello dell'educazione. Il Vicariato ha quindici scuole che gestisce anche grazie all'aiuto di alcuni istituti di vita consacrata: molto spesso gli alunni sono in maggioranza musulmani e questo significa che il luogo di educazione diventa anche uno spazio di confronto, di dialogo interreligioso.

Come intendete affrontare le varie sfide sociali, politiche e culturali dei diversi Paesi che compongono il territorio del Vicariato?

Paolo Martinelli

- È vero che i territori sono molto diversi tra loro e anche la presenza della Chiesa e dei cristiani è varia. Ad esempio, negli Emirati Arabi Uniti e in Oman la situazione è più tranquilla, mentre lo Yemen è segnato da tensioni sociali e religiose.

Ogni giorno il mio pensiero va alle quattro suore di Madre Teresa di Calcutta che, sei anni fa, sono state uccise nello Yemen per essere rimaste fedeli alla loro missione di accoglienza e sostegno agli anziani e ai disabili.

È in queste situazioni che l'enciclica Fratelli Tutti di Papa Francesco, che promuove la fraternità universale e l'amicizia sociale, dovrebbe ispirarci.

Come viene vissuto il cammino sinodale nel Vicariato?

- Mi sono informato su quanto sperimentato finora: ho appreso con piacere che è stato fatto un percorso ben strutturato e devo riconoscere che monsignor Paul Hinder ha lavorato molto bene. Pochi giorni fa è stata celebrata nella Chiesa particolare la Messa conclusiva della fase di consultazione ed è stato prodotto un documento contenente i risultati del lavoro svolto in tutte le comunità e parrocchie del Vicariato. Sono rimasto molto colpito dalla passione con cui i fedeli hanno condotto il dibattito sinodale, il cui bilancio è stato poi trasmesso alla segreteria del Sinodo. Sono certo che il Vicariato Apostolico dell'Arabia del Sud è veramente una Chiesa dei popoli.

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

Famiglia

Un incontro per sperimentare cosa sia una famiglia cristiana

La conferenza stampa di presentazione del 10° Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Roma dal 22 al 26 giugno 2022, si è tenuta oggi, martedì 31 maggio, alle ore 13:00 presso la Sala Stampa della Santa Sede.

Antonino Piccione-31 maggio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; il dott. Leonardo Nepi, officiale del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; mons. Leonardo Nepi, officiale del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita; Monsignor Walter Insero, Direttore dell'Ufficio per le Comunicazioni Sociali della Diocesi di Roma; Amedeo Sebastiani e Giovanna Civitillo, coniugi, conduttori del Festival delle Famiglie (collegati in remoto); Gigi De Palo e Anna Chiara Gambini, coniugi, rappresentanti della Pastorale Familiare della Diocesi di Roma.

Durante la conferenza è stato proiettato un video di saluto de Il Volo, il gruppo musicale formato da Piero Barone, Ignazio Boschetto e Gianluca Ginoble. 

Gambino ha elencato i temi del Congresso pastorale emersi dal confronto tra i vescovi del mondo: la corresponsabilità di sposi e sacerdoti; le difficoltà delle famiglie; la preparazione al matrimonio; le periferie esistenziali; la formazione dei formatori; il ruolo dell'incontro e dell'ascolto.

Un programma vario e arricchente

Sono previsti trenta interventi, per un totale di 62 relatori e 13 moderatori per le sessioni.
Grazie al fondo di solidarietà del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, le Conferenze episcopali che hanno chiesto un sostegno finanziario per inviare una delegazione a Roma potranno partecipare. Tra questi, anche l'Ucraina con due delegazioni.

Il 10° Incontro Mondiale delle Famiglie, ha annunciato Papa Francesco in un videomessaggio, avrà caratteristiche diverse dagli eventi degli anni precedenti. L'evento, rinviato di un anno a causa della pandemia, non può tuttavia ignorare il cambiamento del contesto globale dovuto alla situazione sanitaria. L'evento principale si svolgerà quindi a Roma. Parteciperanno delegati delle Conferenze episcopali di tutto il mondo e rappresentanti di movimenti internazionali impegnati nella pastorale della famiglia. Allo stesso tempo, ogni diocesi è invitata a organizzare eventi simili nelle proprie comunità locali.

"Nei precedenti Incontri - ha detto il Papa nel videomessaggio - la maggior parte delle famiglie rimaneva a casa e l'Incontro era percepito come una realtà lontana, al massimo seguita in televisione, o sconosciuta alla maggior parte delle famiglie. Questa volta avrà una formula inedita: sarà l'occasione della Provvidenza per realizzare un evento mondiale capace di coinvolgere tutte le famiglie che vogliono sentirsi parte della comunità ecclesiale".

Pertanto, l'Incontro mondiale si svolgerà in due modi paralleli. Roma rimarrà la sede principale, il Festival delle Famiglie e il Congresso teologico-pastorale si svolgeranno nell'Aula Paolo VI. La Messa sarà celebrata dal Papa in Piazza San Pietro.

Un matrimonio sugli altari

"È con grande gioia che annuncio, in accordo con il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, che i Beati Luigi e Maria Beltrame Quattrocchi saranno i patroni del X Incontro Mondiale delle Famiglie, che si terrà a Roma dal 22 al 26 giugno 2022". Lo ha scritto il cardinale vicario Angelo De Donatis in una lettera alla diocesi di Roma. I Beltrame Quattrocchi sono stati la prima coppia ad essere beatificata dalla Chiesa cattolica, il 21 ottobre 2001, sotto il pontificato di Giovanni Paolo II, nella Basilica di San Pietro, alla presenza dei figli Tarcisio, Paolo ed Enrichetta. La storia di tutta la famiglia, che ha trascorso la maggior parte della sua vita a Roma, rimane oggi", ha sottolineato De Donatis, "una testimonianza autentica, credibile e attuale dell'amore coniugale". Il loro matrimonio, celebrato il 25 novembre 1905 nella Basilica di Santa Maria Maggiore, fu vissuto in un costante cammino di crescita spirituale".

Quattro i figli che hanno allietato il loro matrimonio e che la coppia, animata da una fede viva, ha educato al Vangelo fin dalla più tenera età. I primi tre hanno abbracciato la vita consacrata: Filippo è diventato monaco benedettino con il nome di don Tarcisio; Stefania è entrata nel monastero benedettino del Santissimo Sacramento a Milano e ha preso il nome di suor Cecilia; Cesare, diventato padre trappista con il nome di Paolino, è candidato agli altari. La figlia minore, Enrichetta, laica consacrata e dichiarata venerabile da Papa Francesco il 30 agosto 2021, ha trascorso la sua vita sempre al fianco dei genitori, nella preghiera perseverante, consacrandosi al Signore nel servizio del prossimo.

"Ai coniugi Beltrame Quattrocchi - conclude la lettera il vicario del Papa per la diocesi di Roma - spetta anche il merito di aver creato la prima esperienza di itinerari vocazionali per aiutare i giovani a comprendere la bellezza e l'importanza del sacramento del matrimonio o per guidarli verso la scelta della vita consacrata". Infatti, sono stati gli iniziatori della Pastorale familiare nella diocesi di Roma. Vi incoraggio ad abbracciare l'esempio e la testimonianza della famiglia Beltrame Quattrocchi, che incarna il tema del prossimo Incontro Mondiale delle Famiglie, "Amore familiare, vocazione e cammino di santità".. Edificati dalla loro testimonianza di fede, affidiamo al Beato Luigi e alla Beata Maria tutte le famiglie del mondo, specialmente quelle ferite e in difficoltà, provate dalla povertà, dalla malattia e dalla guerra. Alla loro intercessione affidiamo la preparazione e la celebrazione dell'Incontro e gli abbondanti frutti spirituali che il Signore, attraverso questo evento ecclesiale, concederà. Che la Madonna del Divino Amore, nel cui Santuario riposano le spoglie del Beato, vegli sulle famiglie del mondo con la cura e la tenerezza con cui vegliava sulla Famiglia di Nazareth".

https://www.romefamily2022.com/es/ è il sito web dell'Assemblea, dove si possono trovare tutte le informazioni aggiornate.

L'autoreAntonino Piccione

Teologia del XX secolo

Il rinnovamento dell'escatologia

Nel corso del XX secolo, una moltitudine di ispirazioni di vario genere ha trasformato il contenuto e l'importanza di questo trattato sull'aldilà e sulle "ultime cose". È passata dall'essere più o meno marginale ad essere al centro della teologia. 

Juan Luis Lorda-31 maggio 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

Nel XX secolo, due trattati teologici (tralasciando l'esegesi) hanno preteso di occupare l'intera teologia. Una è la Teologia fondamentale, perché pretendeva di essere la giustificazione di tutte le questioni di teologia. L'altra, più minoritaria, è l'Escatologia, quando sostiene che l'intero messaggio cristiano è e deve essere escatologico. Si tratta di approcci antitetici. La pretesa della Teologia fondamentale nasce dalle esigenze della ragione, a volte dalla ragione accademica. La pretesa dell'escatologia, invece, è principalmente di ispirazione teologica. Il primo può sbagliare sul piano del razionalismo. Il secondo, nei suoi estremi, può puntare verso l'utopia. Questo porta alla conclusione che sono necessari per compensarsi a vicenda.

Gesù Cristo, il centro dell'escatologia

L'escatologia è veramente onnicomprensiva, perché Cristo stesso ha presentato il suo Vangelo annunciando il Regno che verrà. E anche perché l'essenza del cristianesimo, nelle parole di Guardini, è una persona, Gesù Cristo. Ma Gesù Cristo nella sua pienezza, e quindi risorto. Viviamo in tensione verso la Parousia. E sia nella liturgia che nell'azione cristiana: ci aspettiamo che il Signore venga ora e alla fine. 

Alcuni teologi protestanti hanno sottolineato che la teologia deve concentrarsi su Gesù Cristo risorto (Karl Barth), mentre altri l'hanno concretizzata nell'escatologia (Althaus, Le lezten Dinge). Gesù Cristo è la causa, il modello e l'anticipazione dell'essere umano nella sua pienezza, come mostra San Paolo. 

I manuali cattolici avevano diviso l'escatologia in due parti: individuale e finale. Nella prima parte hanno affrontato il problema della morte (con il problema, forse, dell'anima separata), del giudizio e dei tre stati possibili (paradiso, inferno e purgatorio), aggiungendo talvolta una riflessione sulla beatitudine. Nella seconda parte, l'escatologia finale, si trattava della seconda venuta di Cristo con i suoi segni, la resurrezione dei corpi e i nuovi cieli e la nuova terra. Poiché questi argomenti erano più misteriosi, si trattava di una sorta di appendice. L'escatologia era incentrata sulla fine di ogni persona. È stato persino chiesto se la risurrezione dei corpi aggiungesse qualcosa, e la risposta è stata una certa gloria accidentale. Ciò era in contrasto con l'idea che la risurrezione di Cristo è l'evento essenziale del cristianesimo e deve essere il centro dell'escatologia.

Ispirazioni dalle Scritture

Molti punti evidenziati dall'Esegesi hanno contribuito alla stessa linea. Prima di tutto, naturalmente, la centralità di Cristo. Poi, il fatto che la predicazione di Cristo è stata escatologica fin dall'inizio: ha annunciato un Regno, il cui lievito in questo mondo è la Chiesa. Questo dà un tono escatologico a tutto l'annuncio cristiano e a tutta la sua storia. 

E non è innanzitutto una questione individuale, ma si realizza nel Corpo di Cristo nella storia, che è la Chiesa. Prima di tutto in Gesù Cristo, che "È risorto dai morti come primizia di coloro che si sono addormentati". (1 Cor 15,20) e in questo movimento trascina il suo Corpo mistico e persino l'intera creazione, "che attende con ardente desiderio la manifestazione dei figli di Dio". (Rm 8,19). La rivelazione di Dio è allo stesso tempo la storia dell'Alleanza, la storia della salvezza e anche la storia del Regno. Il Regno (con Cristo al centro) è il grande tema dell'escatologia e attraversa tutta la storia della salvezza. 

Approvazioni patristiche e liturgiche

Era necessario capovolgere il trattato: partire dalla risurrezione di Cristo, primizia, promessa e causa della nostra risurrezione; parlare della storia della salvezza o del Regno e della realizzazione della Chiesa; dare a tutto il messaggio cristiano e a tutta la teologia questa tensione escatologica. Inoltre, è eminentemente espressa nella Liturgia, in ogni Eucaristia, dove si rinnova la Pasqua del Signore fino al suo ritorno. E nell'anno liturgico, dall'Avvento all'ultima settimana del Tempo Ordinario, la seconda venuta di Cristo (Cristo Re e Giudice della storia).

Il contatto tra escatologia e liturgia è stato molto arricchente per entrambi i trattati. In realtà, queste relazioni ora riscoperte erano già presenti nei Padri della Chiesa. Era l'ennesima manifestazione di un effetto comune nella storia della teologia. La Scolastica si era concentrata sullo studio della realtà delle cose con l'ontologia ereditata da Aristotele; l'anima separata, la contemplazione, la condizione dei corpi resuscitati, anche la "res" dei sacramenti o della Chiesa come realtà sociale. Questo è stato il suo contributo. Ma non aveva un metodo per affrontare la dimensione simbolica. È stata una sua svista. Ricollegandosi alla teologia patristica (e anche a quella orientale, che è patristica per tradizione) gli approcci si sono rinnovati. 

Una novità: la teologia della speranza

Un'altra ispirazione è arrivata da una direzione completamente diversa. Già il grande intellettuale cristiano russo Nicolai Berdiaev (1874-1948) aveva avvertito che il marxismo è una sorta di eresia cristiana e che aveva secolarizzato la speranza, promettendo un paradiso in terra. Un pensatore critico marxista, Ernst Bloch (1885-1977), ha osservato proprio questo nel suo voluminoso saggio Il principio della speranza (1949). E ha individuato nella speranza l'impulso fondamentale della vita umana, che ha bisogno di un futuro. Oppure è addirittura futuro, perché deve realizzarsi come persona e, soprattutto, come società (che è ciò che è permanente). In questo senso, non si tratta di essere, ma di diventare. Ecco perché la speranza e, nella stessa misura, l'utopia come obiettivo sono le chiavi dell'essere umano.

L'idea colpì un allora giovane teologo protestante, Jürgen Moltmann, che recensì il libro e ne discusse con Bloch. La critica che si poteva muovere a Bloch era ovvia: la speranza è sì il grande motore della psicologia umana, ma il Regno sulla terra è impossibile, perché non si possono superare né la morte né i limiti e i fallimenti umani. A parte il fatto che ogni speranza personale scompare davvero per immolarsi a beneficio di un regno sociale. Ma per quanto si faccia, in questo mondo è impossibile passare dalla fatticità alla trascendenza. Qui c'è sempre qualcosa da fare e non se ne esce mai, per quanto si possa migliorare. Con tutti i paradossi che ne possono derivare, inoltre, su cosa significhi realmente migliorare.

Ma era chiaro che Bloch aveva ragione. La speranza è una forza motrice, l'essere umano è speranza. La speranza secolare non ha una meta credibile, ma la speranza cristiana sì. Riprendendo le ispirazioni che abbiamo citato e la sfida di Bloch, Moltmann ha costruito il suo Teologia della speranza (1966). E ha avuto un impatto enorme. È diventato chiaro che un'escatologia è, alla fine, una teologia della speranza, e viceversa. La speranza non era più la sorella minore delle altre due virtù, come aveva poetizzato Péguy (Il portico del mistero della seconda virtù). 

Moltmann è sempre stato un uomo di facili parole e di grandi prospettive, ma forse ha il problema opposto alla scolastica. Nella scolastica, l'attenzione alla realtà portava a trascurare il simbolico. Qui, a volte, l'attenzione al simbolico può portare al distacco dalla realtà. Questo è ciò che tende alla mitologia... La risurrezione di Cristo è reale e non è solo un'attesa nel futuro in cui deve essere rivelata. 

Il luogo dell'utopia

Tra le altre cose, la "teologia della speranza" poneva il ruolo delle utopie come forza motrice della storia umana. Proprio quando il marxismo si era diffuso come ideologia planetaria, quando aveva raggiunto varie simbiosi con il pensiero cristiano e quando era diventato chiaro che non era il paradiso. Sarà una delle ispirazioni della teologia politica e della teologia della liberazione di Metz. 

Abbiamo bisogno di utopie, ripeterà poi nostalgicamente una certa sinistra cristiana, cercando di giustificare un passato piuttosto imperfetto (e in molti casi criminale). Ma l'utopia di Tommaso Moro, che fu la prima, non uccise nessuno. E l'utopia marxista ha ucciso molti milioni di persone. Da qui la reazione postmoderna: non vogliamo grandi narrazioni, che sono molto pericolose. La gestione dell'utopia richiede discernimento, ma soprattutto una profonda accettazione del grande principio morale secondo cui il fine utopico non giustifica i mezzi; non si può fare nulla in nome dell'utopia. 

Il manuale di Joseph Ratzinger

In tutto questo fermento di idee, l'allora teologo e poi papa insegnava escatologia, tra le altre materie, a Ratisbona. E ha composto un piccolo manuale (1977) con molte cose intelligenti e ben valutate. Come sottolinea nella prefazione, il manuale ha due obiettivi. Da un lato, accoglie con favore lo sforzo di ricentrare l'escatologia su Cristo, che è il fulcro della teologia della speranza, e ne discerne le conseguenze politiche e storiche. Inoltre, qualifica l'idea che la morte sia un momento di pienezza, come Rahner aveva voluto presentarla; piuttosto, l'esperienza è opposta. 

Ma contiene una notevole novità. Affronta il tema dell'anima separata, difficile da presentare nel nostro contesto scientifico moderno. È aiutata dall'ispirazione della filosofia dialogica di Ebner e di Martin Buber, che la formula in modo più persuasivo. Dal punto di vista cristiano, l'essere umano è un essere creato da Dio per una relazione d'amore con Lui per sempre. Questa è la base teologica per comprendere la sopravvivenza delle persone (dell'anima) oltre la morte. Non dipende dalla plausibilità attuale delle dimostrazioni antiche dell'anima o dalla visione di Platone. Il messaggio cristiano ha la sua base in questo "personalismo dialogico", che ci permette anche di approfondire cosa significa essere una persona. Questo tema, già segnalato nella Introduzione al cristianesimo, è stato un bel contributo del manuale di Joseph Ratzinger, anche se non è il suo originale. Ma gli ha dato forza e diffusione. 

I problemi dell'anima separata  

In realtà, lo stato dell'anima separata tra la morte e la risurrezione è una questione complessa. San Tommaso d'Aquino l'aveva visto, e su questo argomento ha una quaestio disputata. Deve esserci una sopravvivenza, altrimenti ogni resurrezione, anche quella di Cristo, sarebbe una ri-creazione. Ma quell'anima è priva delle risorse psicologiche della sensibilità e quindi il suo tempo soggettivo non può essere continuo come quello che sperimentiamo con il corpo. Anche San Tommaso se ne accorse. È quindi possibile pensare a una certa vicinanza soggettiva tra il momento della morte e quello della resurrezione. Alcuni autori cattolici hanno identificato i due momenti (Greshake), ma questo non è possibile, perché ci sono eventi intermedi, come il giudizio e le relazioni della comunione dei santi. Ma non può essere pensato con la nostra esperienza, perché l'anima è già davanti a Dio che opera su di essa. Non si tratta di una sopravvivenza naturale, ma di una situazione escatologica. 

È interessante notare che, mentre la questione dell'anima separata è difficile da presentare a un pubblico abbastanza materialista, la credenza nella reincarnazione o nella metempsicosi è cresciuta, per osmosi culturale, dalle convinzioni buddiste o induiste. E richiede attenzione.   

E la teologia della storia

Parallelamente a questi sviluppi dell'escatologia, il XX secolo è stato testimone di un'abbondante riflessione sulla teologia della storia, che non ha quasi interagito con il trattato, ma che merita di essere presa in considerazione. 

Sono note le tesi del filosofo ebreo Karl Löwitz sulla teologia della storia di Agostino e i suoi saggi su storia e salvezza e sul significato della storia. Anche Berdiaev, citato sopra, ha un notevole saggio su Il significato della storia. E il grande storico francese Henri Irenée Marrou. D'altra parte, abbiamo Il mistero del tempodi Jean Mouroux. E il Il mistero della storiadi Jean Daniélou. E il Filosofia della storiadi Jacques Maritain, che vede crescere contemporaneamente il bene e il male. E il Teologia della storiadi Bruno Forte, la cui teologia è costruita proprio a partire dalla storia. E, d'altra parte, quell'attenzione all'utopismo, che Henri De Lubac, nel suo saggio su La posterità spirituale di Gioacchino da Fiore. E Gilson, in Le metamorfosi della città di Dio.

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Vocazioni

Suor Lucía Vitoria: "Serve una formazione catechistica più solida".

Suor Lucia Vitoria è portoghese e appartiene alla Fraternità Arca de Maria. Sta frequentando il primo anno di laurea in Teologia morale presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma, grazie a una borsa di studio della Fondazione CARF.

Spazio sponsorizzato-31 maggio 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

È nato nel 1975. L'inizio della sua conversione è avvenuto all'età di 23 anni, mentre stava terminando gli studi di ingegneria chimica. "A quel tempo il mio progetto si basava sull'essere un buon ingegnere, guadagnare bene e avere successo. Proprio alla vigilia del mio compleanno, mi trovavo in ritiro e ho avuto il mio primo incontro con la persona di Gesù. Poi tutto nella mia vita è cambiato radicalmente", racconta.

Tuttavia, prima di decidere di farsi suora, ha lavorato per 8 anni presso il Laboratorio Doping di Lisbona, presso l'Istituto Portoghese dello Sport, dove si è sentita molto realizzata grazie alla ricerca scientifica con un'immediata applicazione pratica.

Dopo questo periodo, avendo intrapreso un cammino di discernimento vocazionale e avendo incontrato la Fraternità Arca de María nel 2007, vi è entrato nel 2008.

"Sono rimasto molto colpito dal carisma di questa Fraternità, nata nel Cuore della Vergine Maria, come crediamo, per aiutare a realizzare il desiderio di Gesù espresso a Fatima nel luglio 1917: "Mio Figlio vuole stabilire nel mondo la devozione al mio Cuore Immacolato".

Dopo una prima fase di formazione in Brasile (dove è stata fondata la comunità), è stata inviata alla casa di missione in Italia, dove, insieme ad altri membri della comunità e a laici locali, lavora in attività missionarie legate al carisma.

Negli ultimi anni, la Fraternità ha potuto individuare la necessità di una formazione catechistica più solida e completa per poter curare le anime con maggiore attenzione. Per questo motivo, si trova a Roma per studiare Teologia morale. 

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Iniziative

Agire in difesa dei nostri valori

Come dobbiamo comportarci in mezzo a questa società considerata da molti "post-cristiana"? L'Instituto de Formación y Liderazgo Acción Cristiana, nella Repubblica Dominicana, vuole essere un centro di pensiero basato su una visione cristiana del mondo, dove sviluppare un pensiero critico che abbia un impatto positivo sui decisori e sull'intera nazione.

José Francisco Tejeda-31 maggio 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Chi di noi è cresciuto nel secolo scorso è cresciuto con una chiara consapevolezza di ciò che è giusto e sbagliato, del bene e del male. Non si trattava di una generazione irreprensibile nei suoi comportamenti, ma semplicemente di riconoscere ciò che era giusto e ciò che era sbagliato, anche se spettava a ciascun individuo decidere come agire. La generazione di oggi, al contrario, è caratterizzata da un relativismo schiacciante, in cui la cosa "giusta" da fare è, paradossalmente, non giudicare nulla come sbagliato. Secondo il postmodernismo odierno, non esiste una verità assoluta, ma ognuno ha la sua verità. Tuttavia, questo argomento è contraddittorio e rapidamente autodistruttivo, perché si presenta come una verità assoluta.

Anche se questi tempi sono etichettati come "post-verità", ci sono ancora molti di noi che sanno che la verità esiste e mantengono un filtro attraverso cui passare ogni nuovo concetto o idea. Quelli di noi che ancora basano le proprie opinioni e il proprio modo di vedere la vita su una verità trascendente e oggettiva, si chiedono: come dobbiamo comportarci in mezzo a questa società considerata da molti "post-cristiana"? È una domanda fondamentale a cui devono rispondere tutti noi che cerchiamo di seguire Gesù di Nazareth come Maestro e Signore.

È facile essere sopraffatti da un opprimente senso di sconfitta di fronte alla valanga di anti-valori che ci assale praticamente in ogni ambito del mondo odierno. I diversi gruppi che sostengono i nuovi "diritti" si uniscono con l'obiettivo comune di eliminare tutto ciò che si oppone a che questi cosiddetti diritti diventino legge. Il problema è che queste leggi, contrariamente a quanto affermano, danneggiano i bambini e le famiglie e non garantiscono l'uguaglianza di fronte alla legge, ma piuttosto esacerbano i conflitti sociali, violano le libertà fondamentali e violano i diritti delle persone a vivere in modo coerente con i loro valori. 

Alcuni si chiedono se valga la pena combattere questa battaglia impari e diseguale, visto che questi gruppi sono sostenuti dalle persone più potenti del pianeta. Nel dubbio, la nostra risposta è sì: vale la pena lottare, sapendo che questa lotta è simile a quella di Davide contro Golia. Per questo motivo, alcuni anni fa un gruppo di domenicani si è unito con lo scopo di agire in difesa e promozione dei valori cristiani nella nostra nazione, onorando i nostri padri fondatori che, nel fondare la nostra Repubblica, hanno messo Dio al primo posto.

Abbiamo fondato il Gruppo di Azione Cristiana proprio per agire come sale e luce nella nostra società. Il nostro desiderio è che ogni giorno un numero sempre maggiore di noi si unisca a questa missione per preservare i nostri valori fondanti, riflessi nel nostro motto nazionale: Dio, Patria e Libertà. E che, allo stesso modo, si moltiplichino ogni giorno i cittadini dei diversi Paesi dell'America Latina che assumono un impegno simile a favore delle rispettive nazioni.

Diverse fasi

Sulla base della nostra esperienza, condividiamo i passi che suggeriamo a chi desidera agire in questa direzione:

È necessario conoscere la realtà in cui viviamo. Esiste un'agenda ideologica che, sebbene contraddica la scienza e la ragione, viene imposta con successo in diverse nazioni. Proprio per il suo successo, ci sono già prove sufficienti per dimostrare che in pratica le sue proposte sono molto dannose per le famiglie, i bambini e le libertà civili. Dobbiamo imparare a conoscere questa agenda e le sue argomentazioni, e identificare le falsità che fanno parte della sua strategia.

Dobbiamo unirci e fare squadra con altri di pari visione. "L'unione fa la forza", e questo è ben noto e praticato da coloro che cercano a tutti i costi di imporre il loro nuovo ordine morale e sociale. Siamo chiamati a unirci per formare un corpo coeso di uomini e donne che capiscono i tempi, sanno cosa è bene per la nostra nazione e sono pronti ad agire a suo favore.  

Dobbiamo metterci in condizione di agire efficacemente. Sappiamo che la nostra battaglia non è fatta di armi carnali, ma è soprattutto spirituale, culturale e legale. Pertanto, dobbiamo educarci intellettualmente, esercitare il nostro discernimento e attrezzarci per presentare la verità ed esercitare un'influenza efficace nella nostra società. Ciò include lo sviluppo del pensiero critico e l'apprendimento del dibattito sulle idee per essere sempre pronti a difendere la verità, sempre con dolcezza e rispetto.

Dobbiamo abbandonare la passività e iniziare ad avere un impatto sul nostro ambiente. Per molto tempo siamo rimasti passivi e silenziosi nella società, perché non avevamo concetti chiari e, pur essendo in grado di discernere che certe cose non erano giuste, non avevamo la capacità di opporci ad esse, ma una volta che abbiamo dedicato tempo e attenzione a formarci su questi temi, è il momento di agire, ognuno dal proprio scenario. Non dobbiamo sottovalutare le nostre capacità quando consideriamo gli esperti, perché ogni persona ha la sua sfera di influenza.

I genitori possono iniziare con i propri figli, portando loro indicazioni e consigli; gli insegnanti possono guidare i loro studenti quando notano confusione; gli adolescenti e i giovani adulti possono scambiare idee con i loro coetanei e amici; i medici possono usare la loro formazione per confutare le falsità ideologiche diffuse come cosiddetta scienza. Alla fine, ognuno è chiamato a partire da dove Dio lo ha collocato, mantenendo sempre l'amore e la compassione, ricordando che non si tratta di vincere un dibattito, ma di conquistare vite per avvicinarle alla verità.

Istituto di formazione e leadership dell'azione cristiana

Vi invitiamo a unirvi a questo movimento attraverso il Istituto per la formazione e la leadership nell'azione cristiana, IFLAC, partecipando al corso virtuale che abbiamo preparato. Questo corso presenta i principali concetti ideologici che si stanno diffondendo nel mondo di oggi, portando tanta confusione e facendo tanti danni a bambini, giovani, famiglie e intere società.

Lo scopo dell'istituto non è solo quello di fornire formazione, ma anche di costruire insieme un gruppo di riflessione fondato su una visione cristiana del mondo, in cui sviluppare un pensiero critico che abbia un impatto positivo sui responsabili delle decisioni e sulla nazione nel suo complesso.

Il Diploma in Pensiero Critico e Battaglia Culturale è completamente online e asincrono, e viene erogato tramite www.iflac.org. I docenti sono professionisti internazionali, esperti di questi temi e protagonisti della battaglia culturale di oggi: Agustín LajeIl modulo comprende un modulo sulle tattiche per la battaglia culturale, su come essere un influencer della rete, ecc. e un altro modulo sulla teoria politica; Amparito Medina tratta dell'aborto come attività commerciale, delle sue reali conseguenze e delle alternative all'aborto; Pablo Muñoz Iturrieta discute di ideologia di genere, femminismo e identità LGBTQ+; Miklos Lukacs copre il globalismo, il transumanesimo e le tecnologie convergenti; e Christian Rosas copre il modulo su Cristianesimo e libertà.

L'autoreJosé Francisco Tejeda

Corrispondente di Omnes nella Repubblica Dominicana

Cultura

Il Palazzo Lateranense: uno scrigno di arte e fede

Il Palazzo Lateranense è un tesoro che attraversa più di tre secoli di storia cristiana e, dallo scorso dicembre, ha aperto le sue porte al pubblico con un allestimento unico e innovativo che attraversa il primo piano del Palazzo Apostolico.

Giuseppe Tetto-31 maggio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Traduzione dell'articolo in italiano

Arte, cultura e fede. Il Palazzo Lateranense è un tesoro che attraversa più di tre secoli di storia cristiana. Nel cuore della Città Eterna, accanto alla Basilica di San Giovanni in Laterano, è da sempre la "Madre e Capo" di tutte le chiese di Roma e del mondo.

Ancora oggi, il Papa, Vescovo di Roma, prende possesso "fisico" della sua diocesi recandosi nella cattedrale di San Giovanni in Laterano.

Dal 13 dicembre scorso, il Palazzo Lateranense ha aperto le sue porte al pubblico con un allestimento unico e innovativo che attraversa il primo piano del Palazzo Apostolico. Qui i visitatori rimangono incantati dalla maestosità delle dieci sale - tra cui quella in cui vennero firmati i Patti Lateranensi - che presentano affreschi del XVI secolo, arazzi pregiati, dipinti di grandi artisti e preziosi mobili antichi. Questi erano i luoghi di rappresentanza dei Papi che hanno vissuto nel complesso per più di 1.000 anni. Dopo averli attraversati, si entra negli appartamenti privati del Santo Padre che, insieme alla cappella, possono essere visitati per la prima volta nella loro storia.

Le Suore Missionarie della Divina Rivelazione, impegnate nell'evangelizzazione attraverso la bellezza, accompagnano il visitatore lungo il percorso. Il tour si conclude all'interno della Basilica di San Giovanni in Laterano con l'accesso alla maestosa scalinata monumentale.

È stato Papa Francesco a suggerire di rivitalizzare quella che per secoli è stata la "Casa del Vescovo di Roma", prima che venisse trasferita in Vaticano. In una lettera del 20 febbraio 2021, indirizzata al cardinale vicario Angelo De Donatis, il Santo Padre ha invitato a condividere il "frutto del genio e della maestria degli artisti, spesso testimonianza di esperienze di fede" e a "rendere fruibile la bellezza e il risalto del patrimonio e dei beni artistici" affidati alla tutela del Vescovo di Roma.

Storia del Palazzo Lateranense

Ripercorrere la storia del Palazzo LateranenseLa storia della città risale al 28 ottobre 312, quando le truppe di Costantino sconfissero Massenzio nella famosa battaglia di Ponte Milvio. Sul trono di Pietro sedeva allora Papa Milziade I, al quale Costantino donò l'area e gli edifici appartenuti all'antica famiglia dei Laterani.

Fu proprio Costantino che, con l'Editto di Milano del 313, concesse la libertà di culto ai cristiani che, fino ad allora, avevano professato la loro fede in mezzo a intolleranze e persecuzioni, e promosse la costruzione di luoghi per la professione di fede.

La Basilica del Santissimo Salvatore, che in seguito fu dedicata anche ai Santi Battista ed Evangelista, fu l'unica a non essere costruita sul luogo di sepoltura di un martire, ma piuttosto come una ex voto suscepto (per grazia ricevuta), sulle spoglie del Castra Nova Equitum singulariumLa basilica era il quartier generale dei pretoriani del rivale di Costantino, Massenzio. La basilica fu consacrata il 9 novembre 318 e dedicata al Santo Salvatore da Papa Silvestro I. Oltre al Battistero, fu successivamente annesso il Patriarchium, noto come "Casa del Vescovo di Roma".

Nel corso dei secoli, tra danni, vicissitudini e saccheggi, questi luoghi conobbero il loro massimo splendore in epoca medievale, sotto il papato di Innocenzo III e Bonifacio VIII.

Il trasferimento in Vaticano

Il Palazzo è stato la residenza dei Papi per circa mille anni, ma è stato abbandonato quando l'autorità papale è tornata dopo la "cattività avignonese" (1309-1377). Infatti, il Vaticano fu designato come luogo prescelto per ospitare il Papa, non solo per gli aspetti geografici che lo rendevano più sicuro, ma soprattutto per la presenza della tomba di Pietro. Nonostante ciò, il Palazzo continuerà a mantenere la sua prerogativa di Patriarcato: tutti i Papi, infatti, una volta eletti al soglio pontificio, prenderanno residenza in Laterano.

L'intero complesso fu riqualificato per volere di Papa Sisto V (1585-1590), che in soli cinque anni di pontificato intraprese una serie di ristrutturazioni e di interventi edilizi nell'area circostante e in tutta la città. Alla fine, però, Sisto V poté rimanere in Laterano solo per un anno e tutti i suoi successori scelsero il Vaticano come loro dimora.

Ma l'importanza del sito si è mantenuta nei secoli. Il palazzo del Laterano sarebbe stato raramente utilizzato come abitazione. Il suo uso principale era quello di "casa dell'elemosina", per offrire ai poveri della città un luogo in cui vivere e lavorare.

Fu allora, con le figure di Gregorio XVI, Pio IX e Pio XI, che fu destinato ad ospitare i documenti storici e le memorie relative alla propagazione universale del Vangelo.

Giovanni XXIII prima, e Paolo V poi, realizzarono un ampio intervento di ristrutturazione e restauro del Palazzo, che si concluse nel 1967 con il trasferimento degli uffici del Vicariato di Roma.

Oggi è possibile entrare nel Palazzo Lateranense solo con visite guidate, in gruppi di massimo 30 persone. Per prenotare, basta scegliere la data preferita su www.palazzolateranense.com

L'autoreGiuseppe Tetto

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Cinema

Sudiamo testosterone insieme. Il top gun è tornato

Patricio Sánchez-Jáuregui commenta il nuovo film con Tom Cruise, Top gun: Maverick.

Patricio Sánchez-Jáuregui-30 maggio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

È difficile realizzare una seconda parte decente. Nessuno è mai del tutto felice. La forza del tempo e la nostalgia hanno trasformato Top Gun in qualcosa di più di un'icona degli anni Ottanta, e ora il suo eroe torna per dare più cera e allungare la gomma da masticare. Chi altro potrebbe avere dei dubbi. Ma dopo la triade di Planet Hollywood (Stallone, Willis, Schwarzenegger) ci sono poche persone nella lista che hanno creato, alimentato e portato sulle spalle il peso del cinema hollywoodiano post anni Ottanta come Tom Cruise. Quindi è il momento di sedersi, divertirsi e lasciare i giudizi calvinisti alla porta.

Specifiche tecniche

TitoloTop gun: Maverick
DirettoreJoseph Kosinski
La storiaPeter Craig; Justin Marks
Musica: Harold Faltermeyer; Lady Gaga; Hans Zimmer; Lorne Balfe

Tom Cruise è ancora Maverick. Un pilota temerario che non conosce altro che il volo (o i blockbuster) ed è ancora mortificato per la perdita del suo partner Goose (Anthony Edwards), il cui figlio ha seguito le orme del defunto padre. Tra il morire e il morire, Tom Cruise non riesce a decidersi, finché non trova nel figlio del suo compagno caduto (Miles Teler: Whiplash) un percorso di redenzione attraverso una missione congiunta che gli darà la possibilità di trovare la pace che gli sfugge. Ci saranno allenamenti a ritmo serrato, momenti sportivi iconici e sudati, battute che fanno pensare al tabacco e un climax ricco d'azione in pieno stile Aquila d'acciaio (1986).

Più spettacolare

Senza dubbio, Top Gun: Maverick è uno spettacolo che a volte ci fa persino trattenere il fiato e piegare in avanti sulla sedia. È un film che guadagna in spettacolarità rispetto al precedente ma perde in iconicità (anche se il tempo lo dirà, e dove dico io, dico io, muore). I suoi finali - perché ne ha diversi - possono essere un po' irritanti, ma forniscono anche gag umoristiche e chiusure sentimentali che potrebbero essere esagerate ma sono piacevoli da guardare. Tuttavia, il film si misura nel tempo ed è all'altezza delle aspettative: dall'F-14 all'F-18 e viceversa, il film non viene meno alla sua parte di omaggio, a metà strada tra sequel e remake, senza pretendere in nessun momento di essere uno spin-off, come molti potrebbero pensare.

È un'opera i cui punti sono realizzati da un cast tecnico di nuovi artigiani del cinema hollywoodiano (Joseph Kosinski alla regia, con il collega epico Only the Brave Eric Warren Singe) con la competenza e l'esperienza del produttore epistemologico Jerry Bruckheimer e di Tom Cruise, quest'ultimo ha coinvolto il suo partner-criminale Christopher McQuarrie per ravvivare le cose (come ha fatto - e bene - con la saga di Mission Impossible e tante altre) per aggiungere un conto alla rovescia a ogni storia che realizza (e funziona).

Un film fatto su misura per piacere, il cui flusso soffre a volte di inspiegabili dissolvenze in nero che a volte danno l'impressione di essere episodiche, ma con tutti i pezzi del puzzle al loro posto per realizzare un grande prodotto di intrattenimento. Il peso drammatico è sostenuto da Tom e Teler, e il suo punto più basso e asettico è la decaffeinata storia d'amore con Jennifer Connelly (sì, l'amore c'è, ma non è chiaro da dove venga o dove vada e non ha particolare importanza per lo spettatore).

Un passaggio di consegne generazionale

Menzione d'onore a Val Kilmer (Iceman) in una scena sapientemente realizzata che emana fascino e malinconia, e alla presenza molto passeggera di Ed Harrys che porta sempre carisma e in due minuti lascia il segno nel dare il tono al film. Un meraviglioso mix di azione, testosterone e commedia con bella gente e una canzone di Lady Gaga a guarnire una colonna sonora OK (un omaggio alla precedente) ma con la firma di Hans Zimmer a dare più clamore.

Sebbene Top Gun: Maverick abbia un po' di ricambio generazionale e una buona formazione di giovani attori non protagonisti - Miles Teller in testa, con la sua nemesi, il sempre simpatico Glen Powell (Everybody wants some) - a differenza di quanto fatto da Stallone con Creed, è un film che non riesce a passare il testimone. Tom Cruise è senza tempo e non va da nessuna parte. Sembra ancora lontano secoli dall'entrare nel genere del crepuscolo. A prescindere dall'età del cast, nessuno riesce a tenere il passo di quest'uomo che sembra bere carburante e dà la sua impronta a questo film che non delude. Un buon intrattenimento per tutti i tipi di pubblico.

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Cultura

Santuario di Ozernoye: un'oasi di fede nella steppa kazaka

Il prossimo settembre, Papa Francesco visiterà il Kazakistan. In questo Paese multietnico e a maggioranza musulmana, il tempio di Ozernoye, santuario nazionale di Santa Maria, Regina della Pace, è un punto di riferimento del cattolicesimo.

Aurora Díaz Soloaga-30 maggio 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Ci sono pochi luoghi isolati come questo piccolo villaggio di Ozernoye, nel nord del Paese. Kazakistan. La sua posizione, lontana da qualsiasi centro abitato, dalle strade e dalle grandi città, la rendeva una destinazione perfetta per la deportazione. Nel 1936, centinaia di deportati di origine polacca e ucraina - si parla di 70.000 - arrivarono in queste zone in ondate successive. Il loro unico crimine contro il regime sovietico era spesso la loro fede. La stessa fede che li ha portati a sperare che in mezzo a queste terre deserte sarebbero stati in grado di ricominciare una vita minimamente dignitosa, con l'aiuto di Dio.

Le esperienze e i ricordi di quegli anni sono registrati storicamente o in forma di romanzo in grandi libri: La steppa infinita, Zuleijá apre gli occhi.... Romanzi potenti che ritraggono le difficoltà di uomini e donne spesso eroici che hanno sfidato la natura nelle sue forme più estreme per ricostruire una vita che le autorità sovietiche avevano destinato a scomparire.

Questi deportati (stimati in centinaia di migliaia sia in Asia Centrale che in Siberia) costruirono villaggi, aprirono miniere, padroneggiarono il clima, o meglio, giunsero a un tacito accordo con le condizioni climatiche estreme, in modo da garantire almeno la sopravvivenza di alcuni: un nucleo di fede, un'oasi in una terra inospitale in mezzo alla steppa.

Ozernoye Kazakistan

Sotto la protezione della Madonna

È stata questa fede a farli rivolgere con forza alla Madonna, chiedendo la sopravvivenza delle loro famiglie. Il freddo e le condizioni estreme dei primi anni hanno portato via decine di deportati nei primi anni: gli inverni in questa zona quasi siberiana possono far scendere il termometro a -40 gradi, con venti gelidi che possono rendere il wind chill così forte. Ecco perché l'arrivo della primavera ha sempre significato una nuova rinascita, la stupita consapevolezza che, ancora una volta, si poteva continuare a vivere.

Ma la carestia rimase una minaccia reale, mietendo molte vittime. La comparsa di un lago stagionale (formato dallo scioglimento delle nevi) ricco di pesci nel marzo 1941, intorno alla festa dell'Annunciazione, fu vista dai cattolici locali come una risposta della Madonna alle loro insistenti preghiere.

Le sorgenti di neve che si scioglievano si sono improvvisamente intasate e nei pressi del villaggio si è miracolosamente formato un lago largo 5 km e profondo 7 metri. I pesci che sono apparsi miracolosamente in questo lago hanno salvato molte vite.

Da allora, l'enclave ha sempre ricordato questa speciale protezione della Vergine. Intorno al lago è sorto un piccolo insediamento quando è visibile (essendo stagionale, ci sono interi decenni in cui le condizioni meteorologiche non ne permettono la formazione), e nel corso degli anni è stata costruita una chiesa, tenendo conto dell'allentamento delle restrizioni che hanno in qualche modo migliorato le condizioni di vita dei deportati in quella zona.

La costruzione iniziale era molto semplice, ma costituiva già il nucleo di quello che sarebbe diventato un punto di riferimento del cattolicesimo in questo Paese multietnico a maggioranza musulmana.

Con la formazione del Kazakistan moderno dopo la sua indipendenza nel 1991, questo piccolo insediamento nel distretto di Burabay della regione di Akmola, nel Kazakistan settentrionale, è cresciuto.

Nel 1990, con il permesso delle autorità, è stata costruita una chiesa molto più grande. Nel 1997 è stata eretta una statua della Vergine, in cima a un palo alto 5 metri, che a volte si trova al centro del lago, a seconda della sua formazione stagionale. In un gesto materno, la Vergine di quella statua dona il pesce ai fedeli che si rivolgono a lei per chiederlo nei momenti di fame.

Ozernoye Kazakistan

L'attuale parrocchia e chiesa di Nostra Signora Regina della Pace è oggi un centro di pellegrinaggio con diversi luoghi significativi per i fedeli di questo paese e dei paesi vicini.

L'11 luglio 2011 il tempio di Ozernoye è stato ufficialmente dichiarato santuario nazionale di Santa Maria, Regina della Pace, patrona del Kazakistan.

Negli anni successivi i vescovi locali hanno consacrato alla Madonna, proprio qui, le vaste regioni di questa parte del mondo: nel 2020 il Kazakistan è stato consacrato qui alla Madonna.

Recentemente, il 1° maggio 2022, i vescovi della nuova Conferenza episcopale dell'Asia centrale (che comprende otto Paesi: Kazakistan, Kirghizistan, Tagikistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Mongolia, Afghanistan e Azerbaigian), ha consacrato alla Madonna non solo la totalità di questi Paesi, ma anche tutti.ma della sua gente, delle sue speranze e delle sue sfide.

L'altare della pace

Qui ci sono altri luoghi di grande importanza. In una parte del tempio è stato installato anni fa il secondo "Altare della Pace".

Un enorme ostensorio, ricco di simbolismi, in cui la Santa Eucaristia viene adorata in permanenza dai fedeli del luogo, dalle monache carmelitane scalze di un vicino convento e dai monaci benedettini svizzeri che vivono qui.

Questo altare, il secondo dei dodici (in ricordo delle dodici stelle nella corona della donna dell'Apocalisse, immagine della madre di Dio) che si prevede di installare in tutto il mondo, ha lo scopo particolare di offrire a Dio una preghiera ininterrotta per la pace.

Ozernoye Kazakistan

Il primo altare si trova a Betlemme, dopo un breve periodo trascorso a Gerusalemme. Gli artisti che hanno costruito l'altro altare di Ozernoye, l'"altare kazako", hanno inserito motivi etnici kazaki.

L'altare offre una catechesi estetica e conserva al suo interno le reliquie di San Giovanni Paolo II e di Santa Faustina Kowalska, oltre a frammenti dell'Antico Testamento, che per questo Paese, amalgama di etnie e religioni, mira a creare ponti, salvando e avvicinando l'origine di altre religioni monoteiste. 

La cappella che contiene l'altare ha una grande vetrata davanti a sé che apre una vista sulla steppa infinita e deserta. Questo simbolismo ha anche lo scopo di convogliare le preghiere per la pace in tutto il mondo (in un certo senso, l'invocazione della Madonna in questo luogo è provvidenzialmente confusa, poiché la stessa parola usata in russo, "mir", è usata per designare la pace e anche il mondo). 

Un ultimo luogo forse riporta alla memoria il ricordo più triste di queste steppe. A 12 km da Ozernoye, nella zona di Ahimbetau, si trova un'enorme croce, eretta nel 1998, come simbolo e memoriale delle decine di migliaia di vittime della repressione attuata in Kazakistan durante gli anni della dominazione sovietica.

Il titolo che gli abitanti del luogo gli attribuiscono familiarmente è "Golgota del Kazakistan", e il suo simbolismo è carico di forza: considerato il centro geografico dell'Eurasia, esattamente a metà strada tra Fatima e Hiroshima, la traduzione letterale del nome dell'area in kazako lo indica come "la montagna della consolazione". E le lettere scritte ai piedi della croce in quattro lingue sono una vera consolazione:

"A Dio tutta la gloria

Ai popoli - pace

Ai martiri - il Regno dei cieli

Al popolo del Kazakistan: grazie

Al Kazakistan: prosperità "

Per tutti questi motivi, è ovvio che il numero di pellegrini che visitano Ozernoye aumenta ogni anno: si svolgono incontri internazionali di giovani cattolici, arrivano pellegrini dai Paesi vicini e il governo kazako ha persino inserito il percorso tra le destinazioni consigliate nella mappa della "Geografia sacra del Kazakistan", un progetto che elenca i luoghi di simbolismo religioso e spirituale del Paese.

L'autoreAurora Díaz Soloaga

Cultura

Il mosaico libanese. Un Paese dal volto arabo e dal cuore cristiano

Le comunità che compongono il Libano sono il risultato di varie invasioni, insediamenti e conversioni, sia arabe che cristiane.

Gerardo Ferrara-30 maggio 2022-Tempo di lettura: 6 minuti

Una famosa pubblicità italiana di qualche anno fa presentava la Svizzera come un Paese dal cuore di cioccolato. Al centro di questo cuore, c'era un altro cuore: una famosa azienda che produce questo delizioso cibo. Il Libanoun tempo conosciuta come la "Svizzera del Medio Oriente", è una piccola striscia di terra lunga circa 250 km e larga non più di 60 km, ricca di alte montagne, nel cuore del mondo arabo-islamico e del Mediterraneo orientale. Tuttavia, al suo interno c'è un altro cuore (la catena montuosa del Monte Libano), famoso per essere il fulcro e il centro di influenza della cultura e della spiritualità cristiana maronita, il perno della stessa identità libanese.

Il Libano è sempre stato conosciuto per la bellezza dei suoi paesaggi, l'ospitalità dei suoi abitanti e la convivenza, anche se non sempre pacifica, tra le diverse componenti etniche e religiose che compongono la sua popolazione.

Libano: una nazione diversificata

Il termine che forse meglio lo descrive è "pluralità", l'espressione latina è e pluribus unum un motto rappresentativo. La sua geografia, spesso aspra, è fatta di contrasti tra alte montagne, valli e coste. Le due principali catene montuose che corrono parallele da nord a sud, il Monte Libano (il candore delle sue cime dà il nome al Paese, dalla parola semitica "laban" che significa "bianco") e l'Anti-Libano (la cui vetta principale è il Monte Hermon, al confine con Siria e Israele), sono separate dalla Valle della Bekaa, il ramo più settentrionale della Great Rift Valley. La costa è fiancheggiata da alte montagne che si tuffano letteralmente nel mare, dal confine siriano a nord fino al confine meridionale di Naqoura, con le sue bianche scogliere, dove il Paese incontra Israele.

Ed è forse proprio la varietà di questo paesaggio che ha favorito, e in parte preservato, l'insediamento di popolazioni diverse, prima i Fenici, poi i Greci, gli Arabi, i Crociati, i Circassi, i Turchi, i Francesi, e così via. Il mosaico di comunità che compongono il popolo libanese è anche il risultato di varie invasioni, conquiste, insediamenti e conversioni.

Geografia

Nelle città costiere come Tripoli e Sidone (anche se con significative minoranze cristiane, sia cattoliche di varie denominazioni che ortodosse) e in alcuni quartieri di Beirut, la maggioranza della popolazione è musulmana sunnita. Nel governatorato (muhazafah) del Monte Libano, in altre aree montuose, soprattutto nel nord, in città come Jounieh e Zahleh (nelle propaggini occidentali della Bekaa) e in diversi quartieri di Beirut, gran parte della popolazione è prevalentemente cristiana maronita e cattolica melchita, prevalentemente, ma anche greco-ortodossa o armena, sia ortodossa che cattolica (la comunità armena è cresciuta esponenzialmente accogliendo i sopravvissuti al famigerato genocidio perpetrato dai turchi).

Tuttavia, i cristiani sono diffusi in tutto il Paese e, laddove non sono in maggioranza, rimangono una componente importante della popolazione; l'elemento maronita, e la loro spiritualità siro-antiochena, ha permeato fortemente la loro mentalità e cultura. La componente sciita, oggi maggioritaria in tutto il Paese, è concentrata soprattutto nel sud del Paese (tra Tiro e la regione circostante, ma anche nei quartieri meridionali di Beirut, soprattutto intorno all'aeroporto) e nella Bekaa. Infine, i Drusi (un gruppo etnico-religioso la cui dottrina è una derivazione dell'Islam sciita) hanno la loro roccaforte nelle montagne di Shuf, nel sud del governatorato del Monte Libano (nel centro del Paese).

Libano

Identità musulmana e cristiana

Fino alla fine degli anni '30, il Libano era un Paese prevalentemente cristiano. L'ultimo censimento ufficiale, risalente al 1932, riportava una cifra di 56% di cristiani (per lo più cattolici, soprattutto di rito maronita) e 44% di musulmani (in prevalenza sciiti). Da allora, per non turbare gli equilibri interconfessionali e politici, la popolazione non è più stata contata ufficialmente.

Questo equilibrio, tra l'altro, era stato sancito alla vigilia dell'indipendenza del Paese dalla Francia nel 1944 dal Patto Nazionale del 1943. In esso le diverse confessioni si sono accordate su come distribuire le principali cariche dello Stato: la Presidenza della Repubblica ai maroniti; la Presidenza del Consiglio dei Ministri (quindi il capo del governo) ai musulmani sciiti; la Presidenza del Parlamento ai musulmani sciiti.

Altre cariche continuano a essere distribuite tra i vari gruppi e, inoltre, attraverso un complesso sistema elettorale tuttora in vigore, ogni comunità confessionale libanese (lo Stato ne riconosce fino a 18: 5 musulmane, 12 cristiane e una ebraica) è stata dotata di un'adeguata rappresentanza parlamentare.

Legislazione

L'appartenenza a una comunità piuttosto che a un'altra è stabilita ancora oggi non dalla pratica religiosa in sé, ma dalla nascita. Il sistema libanese distingue infatti tra fede e appartenenza confessionale: si fa parte della comunità maronita, ad esempio, se si è figli di un padre maronita (ci sono molti matrimoni misti, soprattutto tra le comunità cristiane).

Così, le diverse comunità godono di una relativa autonomia e di una propria giurisdizione in materia di status personale (diritto di famiglia), secondo il modello del millet, un'eredità ottomana (il Libano era una parte del Impero ottomano fino al 1918).

Lo stesso Patto Nazionale aveva stabilito che il Libano è un Paese "dal volto arabo": il fattore arabo è quindi un elemento dell'identità nazionale libanese, ma non l'unico. Molti cristiani, infatti, non si identificano come arabi, ma come "arabofoni" di origine fenicia o crociata.

Sebbene la Costituzione affermi che "il Libano è arabo nella sua identità e appartenenza", il dibattito sull'identità araba del Paese rimane dominante nella società, proprio mentre sempre più intellettuali e membri di spicco della società chiedono la fine del confessionalismo e la necessità di un'identità nazionale condivisa che non sia quindi esclusivamente araba.

Tra confessionalismo e guerre civili

I problemi del sistema confessionale sono diventati evidenti già alla fine degli anni Quaranta. Infatti, l'alto tasso di emigrazione della popolazione cristiana, unito al più alto tasso di fertilità della popolazione musulmana e all'afflusso di rifugiati palestinesi (per lo più musulmani sunniti) dopo il 1948 e soprattutto dopo il 1967, ha alterato notevolmente le proporzioni numeriche all'interno della popolazione, stimata oggi in circa 7 milioni (indagini non ufficiali riportano 66% di musulmani, sciiti e sunniti, e 34% di cristiani).

Gli squilibri causati dalle differenze sociali, economiche e politiche tra le varie comunità e la crescente influenza dell'OLP di Yasser Arafat, che fece del Libano la sua roccaforte, portarono a diverse guerre civili (1958; 1975-76, ma di fatto fino al 1989). Ciò ha acuito i contrasti tra i partiti e le organizzazioni che aspirano a rappresentare le diverse componenti etno-religiose della popolazione (ad esempio la destra cristiana, con la Falange libanese di Pierre Gemayyel, più propensa ad alleanze con il blocco occidentale e anche con Israele, e la sinistra, con il blocco progressista dei drusi e altre forze islamiche sunnite e sciite, ma anche cristiane, con idee compatibili con il nazionalismo arabo e l'antisionismo).

Questo ha portato all'intervento della Siria (attraverso la Forza di dissuasione, un pretesto per trasformare il Paese in un protettorato) da un lato (1975-76), e di Israele dall'altro (1978, ma soprattutto dal 1982, con la prima guerra del Libano).

Massacri

Da allora si sono verificati massacri di migliaia di civili innocenti, perpetrati sia da musulmani contro cristiani (il più famoso è il massacro di Damour del 1976 da parte dei palestinesi, i cui avversari non erano solo cristiani della destra nazionale ma anche sciiti) sia da cristiani contro musulmani (come dimenticare Qarantine, 1976, e Sabra e Shatila, 1982).

I massacri di Sabra e Shatila sono stati poi giustamente imputati alla Falange cristiana libanese, che ha agito con la complicità israeliana, ma non c'è dubbio che la tattica del leader dell'OLP Yasser Arafat sia stata quella di acuire i contrasti tra le varie comunità libanesi, anche a scapito di un numero crescente di "martiri" tra i profughi palestinesi, che avrebbero dato maggiore visibilità alla sua causa.

Il ritiro israeliano a metà degli anni '80 (con l'eccezione del mantenimento del controllo in una stretta "fascia di sicurezza" nel sud del Paese) ha poi portato all'aumento dell'influenza politica e militare della Siria, anche se nel 1989 gli accordi di Taif avevano ufficialmente posto fine alla guerra civile, e alla nascita e alla rapida crescita della milizia sciita anti-israeliana nel sud del Libano, chiamata Hezbollah (Partito di Dio).

Hezbollah, pur diventando negli anni un partito politico attivamente presente nel contesto libanese, ha mantenuto la sua forza militare, anche grazie al sostegno dell'Iran e della Siria, diventando di fatto più potente dello stesso esercito regolare siriano e infliggendo negli anni un duro colpo non solo a Israele ma anche agli oppositori del regime di Bashar al-Assad durante la guerra civile siriana.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Vaticano

Il Papa annuncia la creazione di nuovi cardinali

Dopo il Regina Caeli il Papa ha annunciato che il 29 e 30 agosto si terrà una riunione di tutti i cardinali per riflettere sulla nuova Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, mentre sabato 27 agosto si svolgerà il Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali.

Javier García Herrería-29 maggio 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

In una soleggiata mattinata romana, Papa Francesco ha meditato sull'Ascensione del Signore. "Cosa significa questo evento, come dobbiamo intenderlo?" Ha aggiunto che "Gesù non abbandona i discepoli. Sale in cielo, ma non ci lascia soli. Al contrario, è proprio nell'ascendere al Padre che egli assicura l'effusione del suo Spirito. In un'altra occasione aveva detto: "È bene che io me ne vada, perché se non me ne vado, il Paraclito non verrà da voi" (Gv 16,7)".

La nostra mentalità attuale pone l'accento sull'autonomia individuale, ma la logica divina segue altri passi: "La sua è una presenza che non vuole limitare la nostra libertà. Al contrario, ci fa spazio, perché il vero amore genera sempre una vicinanza che non schiaccia, non è possessiva, è vicina, ma non possessiva. Il vero amore ci rende protagonisti. Per questo Cristo ci assicura: "Io vado al Padre e voi sarete rivestiti di potenza dall'alto; vi manderò il mio Spirito e con la sua potenza porterete avanti la mia opera nel mondo" (cfr. Lc 24,49).

Una settimana prima della festa di Pentecoste, il Papa ricorda che "lo Spirito Santo rende presente Gesù in noi, oltre le barriere del tempo e dello spazio, affinché possiamo essere suoi testimoni nel mondo". E ha aggiunto: "Fratelli e sorelle, pensiamo oggi al dono dello Spirito che abbiamo ricevuto da Gesù per essere testimoni del Vangelo. Chiediamoci se lo siamo davvero; e anche se siamo in grado di amare gli altri, lasciandoli liberi e dando loro spazio. E poi: sappiamo essere intercessori per gli altri, cioè sappiamo pregare per loro e benedire la loro vita? Oppure serviamo gli altri per i nostri interessi? Impariamo questo: la preghiera di intercessione, intercedere per le speranze e le sofferenze del mondo, per la pace. E benediciamo con i nostri occhi e le nostre parole coloro che incontriamo ogni giorno.

Dopo il Regina Caeli il Papa ha annunciato che il 29 e 30 agosto si terrà una riunione di tutti i cardinali per riflettere sulla nuova Costituzione Apostolica Praedicate Evangelium, mentre sabato 27 agosto si svolgerà il Concistoro per la creazione dei nuovi cardinali. Questi sono i loro nomi:

  1. S.A.R. Mons. Arthur Roche - Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti.
  2. Lazzaro You Heung-sik - Prefetto della Congregazione per il Clero.
  3. S.E.R. Mons. Fernando Vérgez Alzaga L.C. - Presidente della Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano e Presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano.
  4. Mons. Jean-Marc Aveline - Arcivescovo metropolita di Marsiglia (Francia).
  5. Mons. Peter Ebere Okpaleke - Vescovo di Ekwulobia (Nigeria).
  6. Leonardo Ulrich Steiner, O.F.M. - Arcivescovo metropolita di Manaus (Brasile).
  7. Filipe Neri António Sebastião do Rosário Ferrão - Arcivescovo di Goa e Damão (India).
  8. Reverendissimo Robert Walter McElroy - Vescovo di San Diego (U.S.A.)
  9. Virgilio Do Carmo Da Silva, S.D.B. - Arcivescovo di Dili (Timor Orientale).
  10. Oscar Cantoni - Vescovo di Como (Italia).
  11. Mons. Anthony Poola - Arcivescovo di Hyderabad (India).
  12. S.A.R. Mons. Paulo Cezar Costa - Arcivescovo metropolita dell'Arcidiocesi di Brasilia (Brasile).
  13. Mons. Richard Kuuia Baawobr M. Afr - Vescovo di Wa (Ghana).
  14. William Goh Seng Chye - Arcivescovo di Singapore (Singapore).
  15. S.A.R. Mons. Adalberto Martínez Flores - Arcivescovo metropolita di Asunción (Paraguay).
  16. S.E.R. Mons. Giorgio Marengo, I.M.C. - Prefetto Apostolico di Ulaanbaatar (Mongolia).

Insieme a loro, verranno creati altri cardinali ultraottantenni, che quindi non parteciperanno al prossimo conclave:

  1. Jorge Enrique Jiménez Carvajal - Arcivescovo emerito di Cartagena (Colombia).
  2. Lucas Van Looy S.D.B. - Arcivescovo emerito di Gand (Belgio).
  3. Mons. Arrigo Miglio - Arcivescovo emerito di Cagliari (Italia).
  4. Gianfranco Ghirlanda SJ - Professore di Teologia.
  5. Fortunato Frezza - Canonico di San Pietro.
Vaticano

Come sono i nuovi cardinali scelti da Francesco?

Rapporti di Roma-29 maggio 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Papa Francesco ha annunciato la creazione di 21 nuovi cardinali, 16 dei quali saranno elettori, quindi potranno votare in caso di conclave.

Tra loro ci sono due indiani, un missionario italiano in Mongolia, uno della Nigeria e uno del Ghana.

Queste nomine lasciano 133 cardinali elettori. Di questi, 11 sono stati nominati da Giovanni Paolo II, 38 da Benedetto XVI e 84 da Francesco.


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