Vaticano

Il Sinodo si divide: nuova Assemblea generale anche nel 2024

Il Sinodo della sinodalità avrà due sessioni nella sua fase universale, nell'ottobre 2023 e nell'ottobre 2024.

Giovanni Tridente-18 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha fatto l'annuncio a sorpresa domenica scorsa al termine dell'Angelus, salutando i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro: il processo sinodale in corso nella Chiesa, che doveva concludersi nell'ottobre 2023 con l'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi riunita in Vaticano, sarà esteso a una nuova Assemblea nel 2024.

Mentre inizia la seconda fase di questo processo di ascolto e discernimento, il Pontefice ritiene necessario procedere con cautela, senza fretta, affinché i molti frutti che questo processo sta generando "possano giungere a piena maturazione". Questa, almeno, è la motivazione ufficiale, ma è anche perfettamente in linea con la corretta comprensione di questo strumento voluta quasi sessant'anni fa da San Paolo VI: non si tratta di un parlamento, ma di "un momento di grazia, un processo guidato dallo Spirito che fa nuove tutte le cose", come Francesco ha ricordato pochi giorni fa a un gruppo di pellegrini francesi.

Priorità

In quell'occasione, ha ribadito che in questo percorso di discernimento spirituale ed ecclesiale occorre dare priorità innanzitutto alla preghiera, al culto e alla Parola di Dio, evitando di "partire dalla nostra volontà, dalle nostre idee o dai nostri progetti". Insomma, è importante privilegiare soprattutto l'ascolto, perché è in questa dinamica che "Dio ci indica la strada da seguire, facendoci lasciare le nostre abitudini, chiamandoci a percorrere nuovi sentieri come Abramo".

Visto in questi termini, il Sinodo "ci chiama a chiederci che cosa Dio vuole dirci oggi e in quale direzione vuole condurci", ha spiegato ancora Papa Francesco ai pellegrini di lingua francese.

Partecipazione universale

Commentando la decisione del Papa sulla proroga della data all'ottobre 2024, la Segreteria generale del Sinodo ha parlato di "discernimento prolungato non solo da parte dei membri dell'Assemblea sinodale, ma di tutta la Chiesa" come di un'esigenza che sta maturando in questi primi mesi di inizio del processo di ascolto. 112 delle 114 Conferenze episcopali e Sinodi delle Chiese cattoliche orientali hanno prodotto un documento durante la fase di discernimento nelle Chiese particolari.

Stiamo entrando nella fase continentale, che culminerà con le Assemblee sinodali continentali tra gennaio e marzo del 2023, dopo che le varie comunità avranno riflettuto sulla Documento sulla fase continentale preparati dalla Segreteria Generale, ma basati sulle specificità socio-culturali di ciascuna regione.

Si vedrà in seguito come verranno riformulati i lavori delle due Assemblee generali dell'ottobre 2023 e 2024 in Vaticano e come verrà strutturato il tempo intermedio. Il Segretariato generale ha appena iniziato il suo lavoro.

Cultura

Le catacombe cristiane, origini e caratteristiche

Questo fine settimana, in concomitanza con la festa di San Callisto il 14, a Roma si tiene il "Giornata delle catacombe"Il progetto è un'iniziativa per riscoprire l'eredità archeologica e martiriale cristiana.

Antonino Piccione-18 ottobre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

In occasione del 18° centenario della morte di Papa Callisto (218-222), il tema della quinta edizione della Giornata delle Catacombe è "Callisto e l'invenzione delle catacombe". Al Papa sono infatti legati il primo cimitero ufficiale della Chiesa di Roma, sulla Via Appia Antica, che porta il suo nome, e la Catacomba di Calepodium, sulla Via Aurelia, dove fu sepolto. Come si legge nel comunicato stampa emesso dal Pontificia Commissione per l'Archeologia SacraL'evento intende proporre una serie di itinerari attraverso testimonianze archeologiche e artistiche sia per sottolineare la centralità della figura di Callisto sia per accompagnare i visitatori attraverso le tappe che hanno portato alla nascita e allo sviluppo dei cimiteri sotterranei".

La Jornada ci offre l'opportunità di ricordare alcune note storiche e artistiche sulla Catacombe cristianeFin dall'inizio sono state concepite come uno spazio destinato ad accogliere i fedeli in un luogo di riposo comune e a garantire a tutti i membri della comunità, anche ai più poveri, una sepoltura dignitosa, espressione di uguaglianza e fraternità. 

Le origini delle catacombe

Le catacombe nacquero a Roma tra la fine del II e l'inizio del III secolo d.C., con il pontificato di Papa Zefirone (199-217), che affidò al diacono Callisto, futuro pontefice, il compito di sovrintendere al cimitero sulla via Appia, dove sarebbero stati sepolti i più importanti pontefici del III secolo. L'usanza di seppellire i morti in spazi sotterranei era già nota agli Etruschi, agli Ebrei e ai Romani, ma con il Cristianesimo furono creati cimiteri sotterranei molto più complessi ed estesi per ospitare l'intera comunità in un'unica necropoli.

Il termine antico per questi monumenti è "coemeterium", che deriva dal greco e significa "dormitorio", a sottolineare il fatto che per i cristiani la sepoltura è solo un momento temporaneo, in attesa della resurrezione finale. Il termine catacomba, esteso a tutti i cimiteri cristiani, definiva, nell'antichità, solo il complesso di San Sebastiano sulla via Appia.

Per quanto riguarda le loro caratteristiche, le catacombe sono per lo più scavate nel tufo o in un altro tipo di terreno facilmente estraibile ma solido. Per questo motivo si trovano soprattutto dove ci sono terreni tufacei, cioè nel centro, nel sud e nelle isole dell'Italia. Le catacombe sono costituite da scale che conducono ad ambulatori chiamati, come nelle miniere, gallerie. Le pareti delle gallerie contengono i "loculi", cioè le sepolture dei cristiani comuni fatte in senso longitudinale; queste tombe sono chiuse con lastre di marmo o mattoni. 

Le nicchie funerarie rappresentano il sistema di sepoltura più umile ed egualitario, per rispettare il senso di comunità che animava i primi cristiani. Nelle catacombe, tuttavia, si trovano anche tombe più complesse, come gli arcosoli, che prevedono lo scavo di un arco sopra la bara di tufo, e i cubiculi, che sono vere e proprie camere di sepoltura.

Dati

La maggior parte delle catacombe si trova a Roma, con un numero di circa sessanta, mentre ce ne sono altrettante nel Lazio. In Italia, le catacombe si trovano soprattutto al sud, dove la consistenza del terreno è più tenace e, allo stesso tempo, più duttile allo scavo. La catacomba più a nord si trova sull'isola di Pianosa, mentre i cimiteri sotterranei più a sud si trovano in Nord Africa, soprattutto ad Hadrumetum in Tunisia. Altre catacombe si trovano in Toscana (Chiusi), Umbria (presso Todi), Abruzzo (Amiterno, Aquila), Campania (Napoli), Puglia (Canosa), Basilicata (Venosa), Sicilia (Palermo, Siracusa, Marsala e Agrigento), Sardegna (Cagliari, S. Antioco).

Nelle catacombe si sviluppò, a partire dalla fine del II secolo, un'arte estremamente semplice, in parte narrativa e in parte simbolica. Dipinti, mosaici, rilievi di sarcofagi e arte minore evocano storie dell'Antico e del Nuovo Testamento, come per presentare ai nuovi convertiti esempi di salvezza del passato. Così Giona viene spesso raffigurato mentre viene salvato dal ventre della balena, dove il profeta era rimasto per tre giorni, evocando la resurrezione di Cristo. Sono raffigurati anche i giovani di Babilonia salvati dalle fiamme della fornace, Susanna salvata dalle astuzie degli anziani, Noè che sfugge al diluvio, Daniele che rimane illeso nella fossa dei leoni. 

Dal Nuovo Testamento vengono selezionati i miracoli di guarigione (il cieco, il paralitico, l'emorroissa) e di resurrezione (Lazzaro, il figlio della vedova di Naim, la figlia di Giairo), ma anche altri episodi, come il colloquio con la Samaritana al pozzo e la moltiplicazione dei pani. L'arte delle catacombe è anche un'arte simbolica, nel senso che alcuni concetti difficili da esprimere sono rappresentati con semplicità.

Un pesce è raffigurato per indicare Cristo, una colomba per indicare la pace del paradiso e un'ancora è disegnata per esprimere la fermezza della fede. Alcuni simboli, come le coppe, i pani e le anfore, alludono ai pasti funebri in onore dei defunti, la cosiddetta "refrigeria". La maggior parte dei simboli sono legati alla salvezza eterna, come la colomba, la palma, il pavone, la fenice e l'agnello.

La più antica immagine della Vergine Maria

La più antica immagine della Vergine Maria al mondo.
Catacomba di Santa Priscilla.

La più antica immagine della Vergine Maria è conservata nelle catacombe romane, raffigurata in un dipinto nel cimitero di Priscilla sulla Via Salaria. L'affresco, risalente alla prima metà del III secolo, raffigura la Vergine e il Bambino inginocchiati davanti a un profeta (forse Balaam, forse Isaia) che indica una stella, alludendo alla profezia messianica. Una delle immagini più rappresentate è quella del Buon Pastore che, pur prendendo spunto dalla cultura pagana, assume subito un significato cristologico, ispirato alla parabola della pecora smarrita. Così, Cristo è rappresentato come un umile pastore con una pecora sulle spalle, che veglia su un piccolo gregge, a volte composto da due sole pecore poste al suo fianco.

Nelle catacombe furono sepolti i martiri uccisi durante le sanguinose persecuzioni ordinate dagli imperatori Decio, Valeriano e Diocleziano. Ben presto si sviluppò una forma di culto intorno alle tombe dei martiri, con i pellegrini che lasciavano i loro graffiti e le loro preghiere su queste tombe eccezionali. I cristiani cercavano di collocare le tombe dei loro morti il più vicino possibile a quelle dei martiri, perché si credeva che questa vicinanza mistica si sarebbe stabilita anche in cielo.

L'opinione dei Padri della Chiesa

Tra la fine del IV e l'inizio del V secolo, i Padri della Chiesa descrivono le catacombe. San Girolamo racconta prima di tutto come, da studente, la domenica visitasse con i suoi compagni le tombe degli apostoli e dei martiri: "Entravamo nelle gallerie, scavate nelle viscere della terra... Rare luci provenienti dall'alto attenuavano un po' l'oscurità... Camminavamo lentamente, un passo dopo l'altro, completamente avvolti dalle tenebre".

Nella seconda metà del IV secolo, papa Damaso si mise alla ricerca delle tombe dei martiri situate nelle varie catacombe di Roma. Dopo aver trovato le tombe, le fece restaurare e fece incidere splendidi panegirici in onore di questi primi campioni della fede. 

Nel VI secolo, anche i papi Vigilio e Giovanni III restaurarono le catacombe dopo le incursioni dovute alla guerra greco-gotica. In seguito, tra l'VIII e il IX secolo, i papi Adriano I e Leone III restaurarono i santuari dei martiri nelle catacombe romane. Dopo un lungo periodo di oblio, nel XVI secolo la riscoperta di questi siti sotterranei fornì una preziosa prova dell'autentica fede dei primi cristiani, che fu poi utilizzata dal movimento della Controriforma. Infine, nel XIX secolo, Papa Pio IX creò la Commissione di Archeologia Sacra per preservare e studiare i siti della prima cristianità. Anche attraverso iniziative come quella meritoriamente organizzata per sabato prossimo.

L'autoreAntonino Piccione

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Ecologia integrale

Verso il bene comune. La famiglia e la casa prima di tutto

Il sistema economico deve essere cambiato e orientato al bene comune, come chiede il Papa. È urgente tutelare la famiglia, affrontare una politica di edilizia pubblica e rafforzare il sistema di reddito minimo garantito.

Raul Flores-18 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Prima dell'arrivo della crisi di Covid 19, se torniamo indietro di due anni, la realtà della nostra società (non solo spagnola, europea, globale) era ancora una realtà di disuguaglianza, non di mancanza di beni, ma di distribuzione iniqua di quei beni. E se lo colleghiamo al Dottrina sociale della ChiesaNon stavamo facendo progressi positivi né nella destinazione universale dei beni né in una società orientata al bene comune.

Siamo di fronte a una forma di sviluppo economico e sociale in cui, quando arriva una crisi, aumentano la povertà e l'esclusione sociale; ma quando si esce dalla crisi, non si recuperano i livelli pre-crisi. In altre parole, la maggior parte della popolazione sta accumulando difficoltà di povertà ed esclusione sociale. 

Da questa analisi trarrei tre elementi: occupazione, alloggio e salute. È vero che è stata recuperata molta capacità occupazionale, e questa è un'ottima notizia. Ma è anche vero che l'occupazione è sempre meno in grado di proteggere le famiglie e di integrarle socialmente. In altre parole, in più della metà delle famiglie che la Caritas accompagna, qualcuno lavora. Nonostante il lavoro, ci sono molte famiglie che devono continuare a venire alla Caritas. Anche con due piccoli lavori non ce la fanno. 

Il problema degli alloggi

E perché non arrivano? A causa di molti fattori, ma soprattutto a causa degli alloggi. La questione degli alloggi non è stata risolta per molti anni. Le famiglie devono dedicare molte risorse per poter pagare l'alloggio e le utenze. Ciò significa che in presenza di un reddito basso, derivante da lavori piccoli o instabili, ovviamente non ce la facciamo. E anche se otteniamo condizioni di lavoro migliori, non ce la facciamo nemmeno noi, perché gli alloggi richiedono sempre più soldi.

In terzo luogo, la salute. L'inaccessibilità delle famiglie a un adeguato trattamento di salute mentale. 

Come si possono affrontare questi problemi? Inizio con un profondo emendamento. Dobbiamo fare un passo decisivo verso una nuova economia, che invece di essere al servizio di individui specifici o di interessi particolari, sia al servizio del bene comune. Questo, ovviamente, senza mettere in discussione lo spazio legittimo dell'economia e, in un certo senso, dell'iniziativa. 

E qui lo colleghiamo ai nn. 154 e 155 dell'enciclica Fratelli tutti. Papa Francesco ci dice: "Per rendere possibile lo sviluppo di una comunità mondiale, capace di una fraternità basata su popoli e nazioni che vivono in amicizia sociale, abbiamo bisogno della migliore politica al servizio del vero bene comune".

Tre elementi

Dobbiamo essere in grado di cambiare il sistema economico su cui ci basiamo, di riorientarlo verso il bene comune e di partire dai bisogni degli ultimi, dei più deboli. E qui dobbiamo andare al di là di una visione basata su forme liberali, dice la Fratelli tutti-Il ruolo dell'UE è quello di servire gli interessi economici dei potenti. 

Vorrei inoltre sottolineare tre elementi. Il primo è quello di aumentare e riorientare gli investimenti per la protezione della famiglia. Da molti anni, nel caso specifico della Spagna, stiamo trascurando la famiglia. Le famiglie numerose sono quelle che stanno soffrendo di più gli effetti di questa crisi, come di quella precedente. Dobbiamo essere in grado, una volta per tutte, di far degenerare la protezione universale per la genitorialità.

Abbiamo messo in atto meccanismi per proteggere i nostri anziani, e dobbiamo mettere in atto meccanismi per proteggere le famiglie che crescono i bambini, che sono il cuore delle fondamenta, la roccia su cui costruiamo la nostra società.

In secondo luogo, dobbiamo risolvere la questione degli alloggi una volta per tutte. E anche se non è facile, dobbiamo fare un primo passo: generare uno stock di alloggi pubblici in affitto, che aiuti le persone con meno risorse ad avere uno spazio minimo di sicurezza, che è la casa, l'abitazione, l'ambiente più necessario. 

Infine, ma non meno importante, dobbiamo affrontare la necessità che questa copertura del reddito minimo sia reale e raggiunga tutte le famiglie che ne hanno più bisogno.

Gli elementi sono tre: tutela della famiglia, approccio pubblico alla politica abitativa e rafforzamento del sistema di reddito minimo garantito.

L'autoreRaul Flores

 Coordinatore del gruppo di ricerca Caritas e segretario tecnico della Fondazione Foessa.

Spagna

La Chiesa spagnola lancia "Paradarluz", un portale sulla protezione dei minori e la prevenzione degli abusi

Il portale Paradarluzche è stato presentato ai responsabili della comunicazione degli uffici di protezione dell'infanzia e di prevenzione degli abusi in una riunione tenutasi sabato 15 ottobre a Madrid, è stato diffuso al pubblico.

Maria José Atienza-17 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Paradarluz Il lavoro della Chiesa in Spagna per la protezione dei diritti dei bambini e dei giovani è raccolto in un unico portale web. protezione dei bambini e prevenzione degli abusi e vuole essere anche un mezzo per facilitare i contatti con gli uffici che sono stati creati nelle diocesi, nelle congregazioni religiose e in altre istituzioni ecclesiastiche.

Il presidente della Conferenza episcopale spagnola, mons. Juan José Omella, evidenzia nella lettera di presentazione di questo portale che il lavoro svolto dalla Chiesa spagnola nel campo dell'eliminazione di questi abusi e "accompagnare e accogliere coloro che hanno sofferto più direttamente. Abbiamo fatto molto, e lo potete vedere su questo sito, ma non è sufficiente. Non è mai abbastanza di fronte alla sofferenza. Per questo motivo apriamo questo spazio virtuale in cui tutta la società può conoscere le decisioni prese e quelle che siamo intenzionati a prendere, oltre a mettere a disposizione di tutti i contatti con gli uffici da cui possiamo aiutare chi vuole denunciare".

Uffici diocesani e congregazionali

Paradarluz mostra e informa sui 202 uffici (60 diocesani e 142 di congregazioni) che, in tutta la Spagna, sono stati aperti con l'obiettivo di essere un canale per ricevere le denunce di abusi commessi in passato. Questi uffici Sono inoltre responsabili della definizione di protocolli d'azione e di formazione per la protezione dei minori e la prevenzione degli abusi.

Il documento sottolinea anche il lavoro che la Chiesa ha svolto nei processi comuni per la protezione dei minori, nei protocolli per i centri educativi e nella formazione di insegnanti e studenti per l'individuazione e la prevenzione degli abusi sui minori.

Inoltre, evidenzia e riporta i dati relativi alla revisione contabile indipendente commissionato dai vescovi spagnoli allo studio legale Cremades & Calvo-Sotelo in merito ai rapporti e alle indagini svolte sui casi di abuso di minori commessi da alcuni membri della Chiesa. 

La strada percorsa

Il nuovo portale rende anche tour storico dei passi compiuti in questo compito di prevenzione degli abusi e di giustizia riparativa.

Un percorso iniziato nel 2010 con i primi protocolli d'azione in relazione a questi casi e che si è perfezionato nel corso degli anni con l'aggiornamento delle norme giuridiche relative a questi crimini nel diritto canonico e con l'emanazione da parte della Santa Sede di norme costose e comuni per il trattamento di questi casi.

Oltre a questi, sono stati istituiti uffici diocesani a questo scopo e in molti Paesi si stanno svolgendo indagini indipendenti sugli abusi commessi all'interno della Chiesa.

Documentazione varia

Il portale ha anche la possibilità di effettuare facilmente una segnalazione di abuso all'interno della Chiesa attraverso il contatto diretto con gli uffici predisposti a questo scopo.

Contiene inoltre un'ampia bibliografia di documenti su questi crimini, protocolli e vademecum creati dalle diocesi e dalle istituzioni religiose, oltre a materiale di stampa.

Vaticano

Il Papa incontra i membri di Comunione e Liberazione

Maria José Atienza-17 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Circa 50.000 membri di Comunione e Liberazione si sono riuniti in Piazza San Pietro per incontrare il Papa nel centenario della nascita del suo fondatore, don Luigi Giusssani.

Durante l'incontro, il Papa ha sottolineato che "questi sono tempi di rinnovamento e di rilancio missionario alla luce dell'attuale momento ecclesiale. Ha anche sottolineato il bisogno, la sofferenza e la speranza dell'umanità contemporanea. La crisi ci fa crescere" e ha chiesto loro di non perdere di vista il loro carisma originario.


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Vocazioni

Isidoro Zorzano, presso la Scuola di Ingegneria di Madrid

Qualche giorno fa, la Scuola di Ingegneria Industriale dell'Università Politecnica di Madrid ha ospitato la presentazione di un libro sull'ingegnere Isidoro Zorzano (Buenos Aires, 1902-Madrid, 1943). Enrique Muñiz, l'autore, e Cristina, ingegnere in erba, hanno parlato di colui che potrebbe essere il primo laico dell'Opus Dei a essere canonizzato. La prima donna a essere beatificata è stata Guadalupe Ortiz de Landázuri (2019).

Francisco Otamendi-17 ottobre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Naturalmente Isidoro Zorzano, morto di cancro nel 1943, non è ancora sugli altari. Ma Papa Francesco ha aperto la porta nel 2016, e l'ingegnere argentino Zorzano sta già venerabileHa vissuto le virtù cristiane in modo eroico, secondo la Chiesa. Davanti a lui nella Opus Dei Ci sono solo San Josemaría Escrivá, il Beato Álvaro del Portillo e la catalana Montse Grases, anch'essa venerabile dal 2016. 

Per anni c'è stata una biografia Il libro è stato scritto da José Miguel Pero-Sanz, ex direttore di Palabra, e pubblicato dall'omonima casa editrice, giunta alla quinta edizione. Ora, Enrique Muñiz pubblica questo profilo Isidoro 100 %", un libro illustrato di 175 pagine in un originale formato di conversazione con una giovane donna, Cristina (22 anni), che quest'anno sta terminando la sua laurea in Ingegneria industriale presso la scuola di Madrid. Entrambi hanno riprodotto una sintesi del libro alla presentazione, davanti a decine di studenti e alcuni insegnanti della Scuola, aperta alle domande del pubblico.

Isidoro Zorzano è nato a Buenos Aires nel 1902. Terzo di cinque figli nati da emigranti spagnoli, può dirsi a buon diritto un emigrante, sia in Argentina, in quanto figlio di spagnoli, sia in Spagna, in quanto nato in Argentina. I suoi genitori tornarono in Spagna nel 1905, anche se con l'intenzione di tornare in Argentina. Si stabilirono a Logroño, dove Isidoro fu compagno di San Josemaría quando entrambi studiavano per la maturità a Logroño. La sua famiglia fallì nel 1924, in seguito alle gravi difficoltà del Banco Español del Río de la Plata.

In seguito, Zorzano fu il confidente del fondatore nei primi tempi dell'Opera, e il primo a perseverare nella vocazione all'Opus Dei che l'amico san Josemaría gli aveva proposto direttamente nel 1930. Negli anni successivi, aiuterà eroicamente il fondatore e i fedeli dell'Opera durante la guerra civile spagnola.

259 testimonianze, 2.000 pagine

I capitoli della biografia sono avvincenti, ma se dovessi soggettivamente evidenziarne uno, suggerirei la lettura della breve introduzione, intitolata "Il santo della mia porta di casa", che inizia con un riferimento all'esortazione apostolica Gaudete et exsultate" (Gaudete et exsultate) di Papa Francesco; i capitoli 3 e 4 ̶ "Amici" e "La bottiglia mezza piena" ̶ ; il capitolo 6 ̶ ̶ ̶

Il crocifisso di Isidoro" ̶ , o 10, il cui titolo, "Straordinariamente ordinario", è forse uno dei maggiori contributi del libro. 

In effetti, l'autore lo ha sottolineato quando, al colloquio presso la Scuola degli Ingegneri, ha commentato che la vita di Isidoro Zorzano è stata "piena di cose normalissime e di continui dettagli di servizio agli altri", nella ricerca della santità nell'ordinario.

Isidoro 100%" raccoglie tracce significative delle 259 testimonianze, oltre duemila pagine, che sono state raccolte dopo la sua morte, avvenuta a causa di un linfoma quando stava per compiere 41 anni e lavorava come ingegnere ferroviario.

L'ingegnere Rafael Escolá, che avrebbe fondato una nota società di consulenza, ha sentito dire di lui da San Josemaría: "Ogni giorno rispettava le norme della pietà, lavorava sodo, era sempre allegro e si prendeva cura degli altri". Se questo non è essere santi, cos'è l'essere santi?" (p. 121).

Non stava parlando di sé

Il beato Alvaro del Portillo, che ha vissuto con lui nel centro di Villanueva prima di diventare sacerdote, ha ricordato tra l'altro: "Non ho mai sentito Isidoro parlare di sé, a meno che non glielo chiedessi. Non ho mai ricevuto una risposta da lui. Non si giustificava mai per se stesso, né dava la colpa di qualcosa che era andato meno bene a qualcun altro, anche se di solito poteva farlo, perché ho già detto che Isidoro cercava di fare del suo meglio".

Il beato Alvaro continua con un aneddoto che riflette l'umiltà di Isidoro, che potete leggere integralmente alle pagine 129 e 130: "Quante volte si è ripetuta la scena che sto per descrivere! In un angolo della nostra Segreteria, dietro la sua scrivania, seduto su una poltrona, che cerca di rimanere nascosto, di scomparire, c'è Isidoro. Egli è per tutti noi, per me, il modello vivente di lealtà, di fedeltà al Padre e alla vocazione, di generosità, di perseveranza. È un amico d'infanzia del Padre, il più anziano dell'Opera. Avevo un grande rispetto interiore per lui. Qualche anno fa, il Padre mi aveva nominato Segretario generale dell'Opera. [...]".

"Isidoro lavorava come amministratore generale dell'Opera, nel suo angolo", aggiunge il beato Alvaro. "Non interrompeva il suo lavoro quando altri di noi che vivevano in quella casa dovevano entrare nel suo ufficio: continuava naturalmente il suo lavoro, ma quando non entrava nessun altro con me, si alzava immancabilmente. Ma quando non entrava nessun altro con me, si alzava immancabilmente in piedi. Per l'amor di Dio, Isidoro, perché ti alzi! "No, niente: se vuoi qualcosa". Bisogna tener presente [...] che questa gerarchia interna non era allora che una cosa incipiente, praticamente irreale, che lui era un uomo a sé stante, pieno di prestigio sociale, il più anziano dell'Opera..., e il suo interlocutore era uno studente che aveva quasi il doppio della sua età".

"Quando arriverò in paradiso, cosa vuoi che ti chieda?".

Nell'aula della Scuola degli Ingegneri, e nel suo profilo biografico, Enrique Muñiz spiega che "Isidoro è un esempio che la santità non è una sorta di esplosione degna di titani, ma qualcosa di raggiungibile, che si lavora a poco a poco, con sforzi ordinari e una costante apertura alla grazia di Dio...". Nella sua ricerca, l'autore sottolinea che Zorzano "era vicino, gentile, educato, super-servizio, super-ingegnere, semplice, umile, e nella sua malattia ha mostrato il coraggioso eroismo con cui ha vissuto tutta la sua vita".

Per esempio, "tra coloro che pernottano nel sanatorio, ci sono diverse testimonianze affascinanti di come Isidoro non abbia chiuso occhio mentre si assicurava che dormissero bene", racconta l'autore.

La progressione è stata in crescendo fino alla fine della sua vita, come dimostra questo evento. Nell'ultima conversazione avuta con san Josemaría, il giorno prima di morire, il beato Alvaro scrisse che Isidoro chiese: "Padre, di che cosa devo preoccuparmi quando arrivo in cielo? Cosa vuoi che ti chieda? E il Padre gli rispose "di chiedere, prima di tutto, per i sacerdoti; poi per la sezione femminile dell'Opera, per la parte finanziaria... E quando il Padre se ne andò, con l'emozione che ci si poteva aspettare, vista la reazione straordinariamente soprannaturale di Isidoro, era pieno di gioia: sarebbe andato presto in cielo e, da lì, avrebbe potuto lavorare sodo per ciò che più stava a cuore al Padre!" (pp. 136-137).

I resti mortali di Isidoro Zorzano riposano nella chiesa parrocchiale di San Alberto Magno, a Vallecas (Madrid), situata accanto alla scuola di Tajamar. Ci sono incisioni e schede informative su Isidoro. Il capitolo 12 della biografia, "Devozione", elenca alcuni favori e petizioni a Isidoro Zorzano, e i suoi devoti sono molto vari, dice l'autore, che ha scritto: "Spero che la lettura di queste pagine serva anche a incoraggiare qualcuno a chiedere a Dio un miracolo per intercessione di Isidoro, che servirà per la sua beatificazione..., e poi un altro, a Dio piacendo, per la sua canonizzazione".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Ecologia integrale

Un'economia con un'anima. La sfida di una crisi globale

Le tre recenti crisi - la crisi finanziaria del 2009-2013, la crisi sanitaria di Covid-19 e la crisi energetica inflazionistica con l'invasione russa dell'Ucraina - hanno colpito più duramente i vulnerabili, i più poveri, circa 800 milioni di persone nel mondo. Sradicare la povertà è la sfida più grande oggi. Il Papa ha spinto per questo ad Assisi, L'economia di Francesco (EdF), che promuove un'economia più equa e solidale.

Francisco Otamendi-17 ottobre 2022-Tempo di lettura: 6 minuti

Come se l'impatto delle crisi non fosse sufficiente, catastrofi climatiche senza precedenti stanno causando danni enormi in varie parti del mondo. Tra le ultime località colpite c'è il Pakistan, dove vivono 222 milioni di persone, in maggioranza musulmane, di cui 33 milioni sono state colpite da piogge e inondazioni estreme e più di 1.200 persone, tra cui circa 450 bambini, sono morte. Ad oggi, più di 300.000 case sono state distrutte e altre 692.000 danneggiate.

Inoltre, i funzionari governativi pakistani riferiscono che più di 800.000 ettari di terreno agricolo sono stati distrutti e circa 731.000 capi di bestiame sono andati perduti, lasciando numerosi agricoltori senza mezzi di sostentamento per le loro famiglie. Caritas Internationalis (caritas.org) che ha lanciato un allarme globale per fornire alle persone cibo, acqua pulita, servizi igienici e accesso a materiale igienico.

Le due grandi aree più povere del pianeta, secondo gli esperti, sono l'Africa subsahariana e l'Asia meridionale, dove si trova il Pakistan, ma anche l'Afghanistan, il Paese con il più alto tasso di povertà al mondo, secondo la classifica, dovuto in gran parte a guerre e conflitti successivi. Nelle Americhe, Haiti continua a detenere il primato del tasso di povertà, con gravi episodi di violenza. 

Guardando all'Europa e all'Ucraina, i ricercatori dell'Istituto Reale Elcano hanno già sottolineato che la "come l'invasione russa e la risposta occidentale potrebbero generare problemi nell'economia globale, soprattutto nelle materie prime e nell'energia, ma anche nei settori industriali e dei servizi, in un contesto di inflazione crescente e di catene del valore già molto stressate che si stanno ridefinendo all'indomani della pandemia"..

È chiaro che "L'economia dell'UE sta risentendo dell'impatto della crisi, e la La guerra della Russia in Ucraina"ha sottolineato Euronews prima dell'estate. "L'ulteriore aumento dei prezzi dell'energia ha portato l'inflazione a livelli record. L'Ucraina e la Russia producono quasi un terzo del grano e dell'orzo del mondo e sono grandi esportatori di metalli.

Le interruzioni delle catene di approvvigionamento e l'aumento dei costi di molte materie prime hanno fatto lievitare i prezzi degli alimenti e di altri beni e servizi di base. Questo comporta un onere per le imprese e riduce il potere d'acquisto. Se le cose non cambiano, ci si aspetta una crescita più bassa e un'inflazione più elevata con prezzi in aumento.

Chi è più colpito dalle crisi?

Le tre crisi sopra citate stanno causando "un impatto molto diseguale. Contrariamente all'idea che siano state colpite le classi medie, la realtà della ricerca ci dice che questa crisi ha colpito soprattutto le classi più basse e le persone che erano già in una posizione di vulnerabilità o direttamente di esclusione sociale".Raúl Flores, coordinatore del team di ricerca di Omnes, ha dichiarato a Omnes Caritas Spagnae segretario tecnico di Fondazione FoessaL'economia spagnola è in piena crisi economica.

A suo parere, "Quando abbiamo esaminato l'impatto della crisi del 2009-2013, è successa esattamente la stessa cosa. È successo nella crisi del Covid e sta succedendo di nuovo in questa crisi energetica, che sta generando un'inflazione dei prezzi che supera la capacità delle famiglie che erano al limite. Per non parlare di quelle famiglie che si sono trovate in difficoltà, per le quali questa situazione non fa che approfondire la fossa della povertà e dell'esclusione sociale", aggiunge Raúl Flores.

La povertà può aumentare

Le considerazioni del coordinatore Caritas sono un campanello d'allarme, in linea con il monito lanciato dalle Nazioni Unite in riferimento agli Obiettivi di sviluppo sostenibile 1 e 2 (SDGs). Il primo è "La fine della povertà", e il secondo "Fame zero.

Questo è ciò che dice l'ONU: "Una nuova ricerca pubblicata dall'Istituto mondiale per la ricerca sull'economia dello sviluppo dell'Università delle Nazioni Unite avverte che le conseguenze economiche della pandemia globale potrebbero far aumentare la povertà in tutto il mondo di altri 500 milioni di persone, ovvero di altri 8 % della popolazione mondiale totale. Sarebbe la prima volta che la povertà aumenta a livello globale in 30 anni, dal 1990".. Come è noto, il numero di persone che vivono al di sotto della soglia di povertà (1,90 dollari al giorno) è attualmente stimato in oltre 700 milioni di persone nel mondo, il 10% della popolazione mondiale.

La colpa della disuguaglianza è dei ricchi?

Un dibattito a volte sollevato da alcuni è se la disuguaglianza sia colpa dei ricchi, o in altre parole: i ricchi sono responsabili della disuguaglianza? È quanto ha chiesto un giornalista della CNN, sulla base di un recente rapporto, al professor Luis Ravina, direttore dell'Istituto di ricerca sulla salute umana. Centro Navarra per lo Sviluppo Internazionaleappartenenti al Istituto di cultura e società dell'Università di Navarra.

Luis Ravina ha risposto telematicamente dal Guatemala: "Il rapporto comunica una realtà preoccupante. Quello che non condivido è l'interpretazione che il rapporto dà di questi dati, che è un giudizio, una valutazione, a mio avviso, sbagliata. Dice che la causa della povertà è la concentrazione del potere nelle mani di pochi ricchi, e io non sono d'accordo. Questo è molto vecchio, non è niente di nuovo. Si basa su una concezione errata, che è quella di pensare che la società sia statica, mentre la realtà è che la società è dinamica".

Ravina ha poi aggiunto: "L'idea che viene trasmessa è che l'economia è una torta e che la torta deve essere condivisa in modo equo. Sono d'accordo sull'equità e sono d'accordo sul fatto che un'eccessiva concentrazione di potere sia pericolosa, perché può interferire e influenzare il sano sviluppo della democrazia. Finora sono d'accordo. Ma poi, che ci sia una torta statica e che debba essere divisa in parti uguali, è falso. La società e l'economia, come sappiamo per esperienza, sono una torta in continuo movimento. La società giusta è quella mobile. 

Una società più equa

Finora, ciò che sta accadendo su scala grande e piccola e alcuni dei dibattiti in corso. Vediamo ora alcune iniziative guidate da Papa Francesco. A tal fine, esamineremo diversi osservatori. Il più immediato è il recente incontro di Assisi, dove giovani di tutto il mondo hanno stretto un patto con il Papa e hanno chiamato a raccolta economisti e leader mondiali con proposte per un'economia più giusta, inclusiva e fraterna, con un'anima, L'economia di Francesco. Ne abbiamo parlato in queste pagine con alcuni membri dello staff di EdF.

D'altra parte, sotto la spinta di Fondazione Centesimus Annuspresieduta da Anna Maria Tarantola, terrà una conferenza in Vaticano dal 6 all'8 ottobre. CAPPF 2022con il titolo Crescita inclusiva per sradicare la povertà e promuovere lo sviluppo sostenibile e la paceAll'evento interverrà il Segretario di Stato della Santa Sede, cardinale Pietro Parolin.

La persona umana e la sua dignità

In recenti discorsi, il Santo Padre ha offerto spunti, suggerimenti, che ci incoraggiano a garantire il rispetto della persona umana e della sua dignità, come indicato nella Dottrina sociale della Chiesa. Per esempio, alla fine dello scorso anno, il Papa ha indicato la strada da seguire, come ricordato nei documenti preparatori della Conferenza internazionale della Conferenza mondiale sui diritti umani. Fondazione Centessimus Annus: "In tutti gli ambiti della vita, oggi più che mai, siamo tenuti a testimoniare la nostra attenzione per gli altri, a non pensare solo a noi stessi e a impegnarci liberamente per lo sviluppo di una società più giusta ed equa, dove non prevalgano forme di egoismo e interessi di parte. Allo stesso tempo, siamo chiamati a garantire il rispetto della persona umana e della sua libertà, e a salvaguardare la sua inviolabile dignità. Questa è la missione di mettere in pratica la dottrina sociale della Chiesa.".

La fondazione ricorda anche l'insistenza di Papa Francesco sulla necessità di contare sui poveri: "Se i poveri vengono emarginati, come se la colpa della loro condizione fosse loro, allora il concetto stesso di democrazia è messo a repentaglio e qualsiasi politica sociale sarà fallimentare. Con grande umiltà, dobbiamo confessare che spesso siamo incompetenti quando si tratta di poveri. Ne parliamo in astratto, ci soffermiamo sulle statistiche e pensiamo di poter smuovere i cuori delle persone girando un documentario. La povertà, invece, dovrebbe motivarci a una pianificazione creativa, volta ad aumentare la libertà necessaria per vivere una vita piena secondo le capacità di ciascuno". (Messaggio di Papa Francesco per la Giornata della Parola dei Poveri, 2021).

Le diverse dimensioni della povertà

La Fondazione Centesimus Annus sottolinea anche che "Dobbiamo affrontare la povertà causata da situazioni economiche, climatiche, digitali, spirituali ed educative... Un insieme di situazioni molto complesse e difficili da gestire, ma che dobbiamo affrontare e risolvere con urgenza"..

Inoltre, Tarantola ha dichiarato a una conferenza a Roma organizzata da Rapporti di Romail Fondazione Centro Académico Romano (CARF) e Omnes, con il patrocinio di Caixabankche "L'attività incentrata sulla persona è efficiente".e che "la buona compagnia". non crea valore solo per gli azionisti, ma piuttosto "ha un impatto positivo sulla creazione e per tutti coloro che contribuiscono al successo dell'azienda, dipendenti, clienti, fornitori, ecc.".

"Le buone imprese non impongono costi umani e ambientali elevati alla comunità e riescono a produrre valore per gli azionisti a lungo termine, come dimostrato da più di qualche ricerca".

L'enciclica Laudato si'e la Dottrina sociale della Chiesa, con la sua enfasi sul perseguimento del bene comune e sul considerare l'impresa come un'attività di volontariato. "una comunità di persone e "non solo come società di capitali". come sottolineato dai santi papi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, ha sostenuto le argomentazioni di Anna Maria Tarantola.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

Viaggio in Terra Santa (II): Il giudaismo al tempo di Gesù

Prosecuzione del testo di Gerardo Ferrara, scrittore, storico ed esperto di storia del Medio Oriente. In questa occasione, si concentra sulla spiegazione dei gruppi sociali, delle credenze e delle feste ebraiche al tempo di Gesù.

Gerardo Ferrara-17 ottobre 2022-Tempo di lettura: 6 minuti

La Terra Santa di Gesù (I)

Al tempo di Gesù, il giudaismo non formava un blocco uniforme, ma era diviso in sei scuole:

  • Il Sadducei (in ebraico "saddoqim", dal loro capostipite "Saddoq"), che costituivano la classe sacerdotale e l'élite del tempo. Erano ricchi funzionari religiosi, che prestavano servizio nel tempio, che non credevano nella resurrezione dei morti o nell'esistenza di angeli, demoni e spiriti e che ritenevano che l'unica legge da seguire fosse quella scritta contenuta nella Torah, cioè i primi cinque libri della Bibbia (Pentateuco).
  • Il Farisei (in ebraico "perushim", che significa "separati"), pii osservanti della Legge, erano soliti prestare attenzione anche alle minuzie della Legge, che per loro non era solo la Legge scritta (Torah), ma anche e soprattutto la Legge orale, la "halakhah", che si estendeva alle più svariate azioni della vita civile e religiosa, dalle complicate regole per i sacrifici del culto al lavaggio dei piatti prima dei pasti. I farisei erano molto simili agli ebrei ultraortodossi di oggi, di cui sono praticamente i precursori. Si definivano "separati", poiché si opponevano a tutto ciò che non era puramente ebraico, cioè a loro stessi. Basti pensare che venivano chiamati "am ha-areṣ", gente della terra, in senso dispregiativo.
  • Il erodianiconosciuti più che altro per la loro fedeltà al re Erode. Dovevano anche essere molto vicini ai Sadducei, perché questi ultimi erano l'élite più incline al potere sia di Erode sia dei Romani, piegati com'erano a mantenere i privilegi derivati dallo "status quo".
  • I dottori della legge, o scribi (ebraico "ṣofarím"). Hanno progressivamente codificato tutto ciò che potevano legiferare. Per esempio, al tempo di Gesù la questione più dibattuta, nelle due principali scuole rabbiniche dei grandi maestri Hillel e Shammai, era se fosse lecito mangiare un uovo di gallina durante il sabato).
  • Il zeloti (il cui nome in italiano deriva dal greco "zelotés", ma in ebraico è "qana'ím"). I termini "zeloti" e "qana' īm" significano "seguaci" in entrambe le lingue e si riferiscono allo zelo con cui questo gruppo aderiva alla dottrina ebraica, anche in senso politico. Tra i discepoli di Gesù ce n'è uno chiamato Simone il Cananeo, dove "Cananeo" non si riferisce all'origine geografica, ma all'appartenenza al gruppo dei "qana'īm", cioè degli Zeloti. Si trattava di farisei sostanzialmente intransigenti anche dal punto di vista politico, non solo religioso. I Romani li chiamavano "Sicarii", a causa dei pugnali ("sicæ") che nascondevano sotto il mantello e con i quali uccidevano chiunque infrangesse i precetti della legge ebraica.
  • Il Essenimai menzionati nelle Scritture ebraiche o cristiane, ma di cui parlano Flavio Giuseppe, Filone, Plinio e altri, costituivano una vera e propria confraternita religiosa, diffusa in tutta la terra d'Israele, ma concentrata in particolare intorno al Mar Morto, presso l'oasi di En Gedi (Qumran). Erano molto simili a un ordine religioso e rifiutavano il culto del Tempio e le altre sette ebraiche come impure. Erano letteralmente fanatici della purezza rituale e della rigida separazione dal resto del mondo, che consideravano impuro, e avevano una rigida avversione per le donne. Tra loro non esisteva la proprietà privata e praticavano, con alcune eccezioni, il celibato. È stato ipotizzato che sia Gesù che Giovanni Battista fossero Esseni, ma ciò si scontra con l'universalità del loro messaggio (aperto, tra l'altro, alle donne).

Questi erano dunque i gruppi principali in cui si divideva il giudaismo al tempo di Gesù. Dopo la grande catastrofe del 70 e 132 d.C., gli unici a sopravvivere, dal punto di vista dottrinale, furono i farisei, da cui discende il giudaismo moderno.

Credenze, usi e costumi dell'ebraismo

Il giudaismo al tempo di Gesù era nella cosiddetta fase "mishnaica" (10-220 d.C.), dalla radice ebraica "shanah", la stessa delle parole "Mishnah" e "shanah", che significa anno. La "Mishnah", infatti, insieme al Talmud e al Tanakh (termine che indica il corpus della Bibbia ebraica) è il testo sacro della legge ebraica. Tuttavia, il Talmud e la Mishnah non sono la Bibbia, ma piuttosto testi esegetici che raccolgono gli insegnamenti di migliaia di rabbini e studiosi fino al IV secolo d.C..

Ebbene, l'immenso materiale di tali testi esegetici veniva elaborato proprio all'inizio dell'era cristiana, quindi sotto l'occupazione romana, dai Tannaim ("tanna" è l'equivalente aramaico di "shanah" e indica l'atto di ripetere), veri e propri "ripetitori" e divulgatori della dottrina acquisita dai maestri ed essi stessi maestri della Legge orale. Un esempio di questa fase sono gli scribi, che hanno progressivamente codificato tutto ciò che potevano legiferare, dai cibi proibiti alle regole di purezza.

Attraverso questo processo di codificazione, la Legge ebraica non si limitava più alle dieci regole contenute nel Decalogo, ma dominava ormai ogni azione del pio osservante, con 613 comandamenti principali, suddivisi in 365 divieti (come i giorni dell'anno) e 248 obblighi (lo stesso numero delle ossa del corpo umano).

Quando Gesù era in vita, esistevano due grandi scuole di pensiero ebraico, quella di Hillel e quella di Shammai, che rappresentavano due diverse prospettive della legge ebraica, la prima più rigorosa e la seconda che proponeva una riforma spirituale dell'ebraismo basata sul concetto "Amerai il prossimo tuo come te stesso", espresso in un midrash. Gesù, che da un punto di vista puramente ebraico poteva essere considerato uno dei Tannaim, si poneva come sintesi tra le due scuole di Hillel e Shammai, predicando che non sarebbe stato abolito un solo elemento della Legge, ma che il compimento della Legge stessa era l'amore per Dio e per il prossimo.

Due erano i pilastri fondamentali della vita di ogni ebreo, oltre a quello di professare l'unicità di Dio, e su questi pilastri, soprattutto dopo le persecuzioni di Antioco IV Epifane (167 a.C.), si formò l'identità stessa del popolo d'Israele:

CirconcisioneLa circoncisione, che veniva eseguita otto giorni dopo la nascita di ogni bambino maschio e di solito veniva eseguita in casa, dava al bambino un nome. Le pie tradizioni dicevano che anche gli angeli in cielo erano circoncisi e che nessuna persona non circoncisa sarebbe entrata in paradiso (la non circoncisione era un abominio per gli ebrei in quanto simbolo di paganesimo).

Osservanza del sabatoche iniziava al tramonto del venerdì (la parasceve) e terminava al tramonto del giorno successivo. Questa osservanza era così rigorosa che due tratti del Talmud sono stati dedicati alla sua casistica, con tutta una serie di divieti (ad esempio, accendere fuochi di sabato) e decine di minuzie che consentivano di sfuggirvi (ad esempio, era proibito sciogliere un nodo di corda ma, nel caso di una cavezza di bue, cavallo o cammello, se si poteva slegare con una sola mano, non si violava il sabato; Oppure, chi ha mal di denti può sciacquarsi i denti con l'aceto, purché poi lo inghiotta e non lo sputa, perché nel primo caso si tratterebbe di prendere del cibo, che è lecito, e nel secondo di prendere una medicina, che è illecito).

Il sabato era ed è per l'ebraismo un giorno di riposo e di festa, in cui ci si dedica a mangiare con la propria famiglia il cibo preparato alla vigilia del sabato, a vestirsi con abiti e ornamenti appropriati e a trascorrere del tempo in preghiera, nel Tempio o nella sinagoga.

Ai due pilastri sopra menzionati va aggiunta la purezza rituale, alla quale nel Talmud sono dedicati non meno di dodici trattati (le "Tohoroth") su ciò che è permesso mangiare, toccare, bere, ecc. Grande importanza era attribuita, per mantenere o ritrovare la purezza, al lavaggio delle mani, delle stoviglie e di vari oggetti, al punto che, in alcune sentenze, chi non si lava le mani è paragonato a chi va in compagnia di prostitute. Comprendiamo, a questo punto, lo scandalo causato dai discepoli di Gesù che prendevano cibo con mani impure (Marco 7:1-8. 14-15. 21-23).

I festeggiamenti

Oltre al sabato, festa settimanale, l'ebraismo osservava altre festività periodiche, le principali delle quali erano la Pasqua ebraica ("Pesah", la festa che celebra la liberazione del popolo d'Israele dalla schiavitù in Egitto) il 14 del mese di Nisan, seguita dalla Festa dei Pani Azzimi; Pentecoste ("Shavu'ot", che in ebraico significa "settimane" e indica i cinquanta giorni dopo la Pasqua) e Tabernacoli ("Sukkòt", tra settembre e ottobre, che ricorda il soggiorno degli ebrei in Egitto, infatti era ed è usanza costruire tabernacoli o tende e trascorrervi del tempo). Queste tre feste erano chiamate "feste di pellegrinaggio" perché ogni israelita maschio e pubescente era obbligato a recarsi al Tempio di Gerusalemme.

Altre feste erano lo Yom Kippur (il Giorno dell'Espiazione, un giorno di digiuno per tutto il popolo e l'unico in cui il sommo sacerdote poteva entrare nel Santo dei Santi del Tempio), Hannukah e Purim.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Vaticano

"La preghiera è la medicina della fede", dice Papa Francesco

Durante la preghiera dell'Angelus, il Pontefice ha incoraggiato i fedeli a recitare le preghiere eiaculatorie per accendere la presenza di Dio nel mezzo delle loro occupazioni quotidiane.

Javier García Herrería-16 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Il commento al Vangelo di oggi, domenica 16 ottobre, ha dato al Papa l'opportunità di offrire alcune riflessioni sulla preghiera vocale. Seguendo la domanda posta da Gesù: "Quando il Figlio dell'uomo verrà, troverà la fede sulla terra?" (Lc 18,8), Papa Francesco ha invitato i fedeli a riflettere su questa domanda a livello personale: "Troverebbe [Gesù Cristo] qualcuno che gli dedica tempo e affetto, qualcuno che lo mette al primo posto? E soprattutto chiediamoci: cosa troverei in me, se il Signore venisse oggi, cosa troverebbe in me, nella mia vita, nel mio cuore? Quali priorità nella mia vita vedrebbe?".

Il Papa ha sottolineato che nel nostro mondo viviamo a grande velocità, assorbiti da molte cose urgenti ma non importanti, così che involontariamente rendiamo impossibile a Dio di essere vicino a noi e la nostra fede si raffredda gradualmente. "Oggi Gesù ci offre il rimedio per riscaldare una fede tiepida. E qual è il rimedio? Il preghiera. La preghiera è la medicina della fede, il ricostituente dell'anima. Ma deve essere una preghiera costante. Se dobbiamo seguire una cura per guarire, è importante seguirla bene, assumere i farmaci nel modo e nel momento giusto, con costanza e regolarità. 

L'esempio della cura di una pianta

Il Santo Padre ha paragonato l'importanza della costanza nella preghiera alla perseveranza nella cura di una pianta: essa ha bisogno di acqua e nutrimento regolari. Lo stesso vale per la vita di preghiera. "Non è possibile vivere solo di momenti forti o di incontri intensi di tanto in tanto e poi 'andare in letargo'. La nostra fede si inaridisce. Ha bisogno dell'acqua quotidiana della preghiera, ha bisogno di tempo dedicato a Dio, perché entri nel nostro tempo, nella nostra storia; di momenti costanti in cui apriamo il nostro cuore, perché Lui possa riversare in noi ogni giorno amore, pace, gloria, forza, speranza; in altre parole nutrire la nostra fede".

Ecco perché Gesù Cristo insiste con i suoi discepoli sulla necessità di pregare senza perdersi d'animo. Il Papa ha sottolineato che non bisogna lasciarsi trasportare da scuse come: "Non vivo in un convento, non ho tempo per pregare! Se conducete una vita intensa, Papa Francesco vi raccomanda di ricorrere alle preghiere vocali sotto forma di preghiere eiaculatorie. Si tratta di "preghiere molto brevi, facili da memorizzare, che possiamo ripetere spesso durante la giornata, durante le varie attività, per essere 'in sintonia' con il Signore". Facciamo un esempio. Appena alzati possiamo dire: "Signore, ti ringrazio e ti offro questo giorno"; questa è una piccola preghiera; poi, prima di un'attività, possiamo ripetere: "Vieni, Spirito Santo"; e tra una cosa e l'altra possiamo pregare così: "Gesù, confido in te, Gesù, ti amo". Piccole preghiere, ma che ci tengono in contatto con il Signore. 

L'esempio dell'invio di messaggi 

Per illustrare l'efficacia della ripetizione delle preghiere eiaculatorie e il loro significato, Papa Francesco le ha paragonate ai frequenti messaggi che si inviano alle persone che si amano. "Facciamo così anche con il Signore, affinché i nostri cuori rimangano legati a lui. E non dimentichiamo di leggere le loro risposte. Il Signore risponde sempre. Dove li troviamo? Nel Vangelo, che dobbiamo avere sempre a portata di mano e aprire ogni giorno qualche volta, per ricevere una Parola di vita rivolta a noi".

Cambiamenti nel futuro Sinodo

Dopo la preghiera dell'Angelus, il Papa ha indicato che la XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, sul tema "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione", si svolgerà in due fasi. La prima si svolgerà dal 4 al 29 ottobre 2023 e la seconda nell'ottobre 2024. 

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La finanza nella Fratellanza

L'entusiasmo e la buona volontà non bastano per gestire e far progredire una fratellanza; è necessario sostenerla con un lavoro silenzioso, oscuro, generoso, svolto con il massimo rigore e professionalità.

16 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Può sembrare strano che in una pubblicazione che si propone di fornire "uno sguardo cattolico sull'attualità", venga presentato un contributo sulla contabilità e la finanza, anche se queste riguardano il mondo delle confraternite.

Una confraternita è un'associazione ragionevolmente complessa e deve generare e impiegare risorse finanziarie per la realizzazione dei suoi scopi nel tempo, per la sua sostenibilità, come qualsiasi altra organizzazione.

Una confraternita non esiste finché non viene riconosciuta e registrata come tale dall'autorità diocesana. È l'autorità canonica a conferirle personalità giuridica. Da quel momento in poi, tutto ciò che riguarda il suo funzionamento è soggetto alla legislazione canonica.

Non acquisisce personalità giuridica civile finché non viene iscritta nel Registro delle Entità Religiose del Ministero della Giustizia, essendo soggetta alle norme civili che la riguardano.

Quali sono le conseguenze per le questioni finanziarie? Per quanto riguarda la sua personalità canonica, il Codice di Diritto Canonico (canone 1257) chiarisce che "tutti i beni temporali appartenenti alla Chiesa universale, alla Sede Apostolica o ad altre persone giuridiche pubbliche della Chiesa sono beni ecclesiastici".

Coerentemente, la confraternita "amministra i propri beni sotto la superiore direzione dell'autorità ecclesiastica (canone 319.§1)".

Per quanto riguarda la loro personalità civile, le confraternite sono coperte dalla Legge sulla trasparenza (Legge 19/2013) che obbliga gli enti che ricevono fondi pubblici, compresa la Chiesa e le associazioni che ne fanno parte, "a tenere una contabilità trasparente e comparabile, e a consentire a qualsiasi cittadino di accedere alle informazioni pubblicate da questi enti".

C'è una questione su cui entrambe le amministrazioni, canonica e civile, coincidono: l'obbligo di tenere una contabilità trasparente e comparabile e di rendere i propri conti pubblici e accessibili a qualsiasi cittadino, fratello o meno. Questi conti, che devono coprire gli anni solari, devono essere approvati dal Cabildo Generale due mesi dopo la fine dell'anno finanziario, cioè il 28 febbraio, e successivamente depositati presso il Protettorato Canonico, che è come il Registro Mercantile delle confraternite.

Un'altra cosa: i problemi fiscali. L'ordinamento giuridico spagnolo riconosce agevolazioni fiscali alle confessioni e confraternite religiose che, ai fini fiscali, sono equiparate alle organizzazioni non profit i cui scopi sono considerati di interesse generale. Questa considerazione implica un regime economico e fiscale più favorevole, ma è necessario espletare una serie di procedure amministrative per essere formalmente riconosciuti come tali.

I problemi amministrativi delle confraternite non finiscono qui. Proprio perché si tratta di enti senza scopo di lucro, le donazioni effettuate da persone fisiche o giuridiche - di norma i soci - danno luogo a detrazioni fiscali. Queste donazioni comprendono le tasse che vengono normalmente pagate o altre donazioni straordinarie per beneficenza o per qualsiasi altro scopo.

Ciò comporta anche un ulteriore onere amministrativo per la confraternita, che ogni anno a gennaio dovrà informare l'ufficio delle imposte dei donatori e dell'importo totale della donazione (Mod. 182) e rilasciare loro il relativo certificato.

In determinate circostanze, sarebbero anche obbligati a presentare una dichiarazione dei redditi societari (Legge 49/2002).

Capisco che tutte queste considerazioni possano essere noiose, persino fastidiose, per i responsabili delle confraternite. È molto più piacevole dedicarsi agli aspetti essenziali: preparare i servizi di culto annuali o la processione, organizzare una conferenza o un discorso di formazione per i fratelli e le sorelle, e occuparsi del Fondo di carità, tra le altre cose, ma tutte queste attività sono necessariamente supportate da compiti amministrativi noiosi ma essenziali. L'entusiasmo e la buona volontà non bastano per gestire e far progredire una fratellanza; è necessario sostenerla con un lavoro silenzioso, oscuro, generoso, svolto con il massimo rigore e professionalità.

Un'ultima considerazione: anche se molti non lo sanno, le confraternite hanno una doppia contabilità: quella tenuta dai responsabili finanziari nei loro libri contabili e quella tenuta contemporaneamente in Paradiso. È necessario e il Vedi sono stati scritti da Cristo e rivisti da sua Madre.

L'autoreIgnacio Valduérteles

Dottorato di ricerca in Amministrazione aziendale. Direttore dell'Instituto de Investigación Aplicada a la Pyme. Fratello maggiore (2017-2020) della Confraternita di Soledad de San Lorenzo, a Siviglia. Ha pubblicato diversi libri, monografie e articoli sulle confraternite.

Vocazioni

Miguel BrugarolasNel Vangelo non troviamo alcun invito a chiudersi in se stessi".

I molteplici fronti su cui si svolgono oggi la vita e il ministero sacerdotale si combinano con un'immagine che, in molti casi, è logora o ignorata.

Maria José Atienza-16 ottobre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

La vita di un sacerdote cattolico non è stata facile in nessun periodo storico, né lo è oggi. I sacerdoti partono dal presupposto che il loro ministero non sarà facile, a causa di varie circostanze, e in questo lavoro, il compito della formazione permanente, l'aggiornamento nel campo della pastorale e la cura della vita di preghiera sono fondamentali per rispondere alle richieste che la Chiesa e la società pongono ai sacerdoti di oggi.

In questo senso, come sottolinea Miguel Brugarolas, dottore in Teologia sistematica presso l'Università di Navarra e direttore del Convegno di aggiornamento pastorale che si è tenuto in questo centro accademico alla fine di settembre, la "linea rossa" della mondanità "è sempre il peccato, che è l'unica cosa che ci separa da Dio".

Se c'è una figura che viene messa in discussione nelle società occidentali, è quella del sacerdote cattolico. Come può affrontare, spiritualmente e psicologicamente, un ambiente più o meno ostile?

- La società occidentale sotto la bandiera del diversità, patrimonio netto e inclusione e con il pretesto della tolleranza è intransigente verso qualsiasi pretesa di verità o di fondamento trascendente per la vita. Non solo la figura del sacerdote, ma qualsiasi identità e modo di vivere - come la famiglia, l'educazione e altre istituzioni - che proponga una verità e un bene universali sull'uomo e sul mondo, estranei alle regole ideologiche del momento e ai sistemi di potere, viene rifiutato a priori.

Le cose stanno così e bisogna tenerne conto per non creare false aspettative, per posizionarsi bene e per impegnarsi in cose che valgono davvero. Ma non credo nemmeno che dovremmo soffermarci troppo sulle avversità dell'ambiente. Le difficoltà contro cui possiamo sempre lottare perché dipendono direttamente da noi sono quelle interiori.

Ecco come San Paolo VI e San Giovanni Paolo II li hanno descritti anni fa: "la mancanza di fervore che si manifesta nella stanchezza e nella disillusione, nell'accomodamento all'ambiente e nel disinteresse, e soprattutto nella mancanza di gioia e di speranza" (Evangelii nuntiandi, 80; Redemptoris missio, 36). E anche Papa Francesco ha insistito su questo punto: "I mali del nostro mondo non devono essere una scusa per ridurre la nostra dedizione e il nostro fervore" (Evangelii gaudium, 84).

Non crede che ci sia il pericolo di ritirarsi in una rete di sicurezza che porta al rachitismo apostolico?

- Se guardiamo al Vangelo, non troviamo alcun invito a chiuderci in noi stessi; al contrario, Cristo ci invita a "uscire nel profondo", duc in altum! Ogni vocazione cristiana, e quella del sacerdote, in quanto sacerdote, in modo particolare, è essenzialmente apostolica e semina nell'anima il desiderio di aprirsi agli altri. La dinamica opposta, quella del ripiegamento su se stessi, è quella del peccato, che ci isola; è così che funzionano l'orgoglio, l'egoismo, l'impurità, ecc.

Anche la speciale vocazione divina di coloro che si separano dal mondo per vivere nel recinto di un monastero è essenzialmente apostolica e non ritira il cuore, ma lo espande per adattarlo al mondo intero. In questo senso, abbiamo il prezioso esempio, per dirne una, di Santa Teresa di Lisieux, patrona delle missioni.

A questa domanda si potrebbe rispondere anche con un'espressione che Pedro Herrero usa in un altro contesto e che qui acquista un valore ispiratore: chi crede, crea.

Allo stesso tempo, nella ricerca di diventare parte del mondo, dove tracciamo le linee rosse?

- Quando il cristiano parla del "mondo" distingue tra il mondo come l'opposto di Dio, la mondanità, il peccato; e il mondo come la realtà in cui Cristo è stato inviato e in cui gli apostoli e tutti i discepoli sono stati posti per santificarlo ed essere santificati in esso.

Ecco perché noi cristiani amiamo il mondo come luogo proprio della nostra santificazione e ne abbiamo una visione molto positiva. Dio l'ha messo nelle nostre mani per lavorarlo, per trasformarlo con lo Spirito divino all'opera in noi, per essere lievito in tutta la massa. Questo è il mondo che alla fine sarà trasformato nei nuovi cieli e nella nuova terra.

Vivere in questo modo non porta alla mondanità, perché si tratta di porre Cristo al vertice di tutte le realtà umane.

La linea rossa è sempre il peccato, che è l'unica cosa che ci separa da Dio. Piuttosto morire che peccare è il primo scopo di un'autentica vita cristiana. È così che hanno vissuto i santi.

Le società occidentali sono società che invecchiano, non solo a livello fisico, ma anche negli impulsi e nell'ardore, in questo senso, quando si parla di mantenere giovane lo spirito sacerdotale. Troviamo che, a volte, questa vita sacerdotale si sia "indurita" o "invecchiata"?

- La giovinezza, nel suo senso più profondo, è una condizione che non ha tanto a che fare con l'età quanto con la volontà personale di avventurarsi in progetti d'amore e dedizione che valgono la pena, o meglio, che valgono una vita intera.

Infatti, uno dei drammi a cui assistiamo oggi è il numero di persone che, nel momento migliore della loro vita, hanno già rinunciato a tutto. Chi non ha un amore da conquistare o non sa lottare per qualcosa che va oltre se stesso, ha perso la sua giovinezza e sta sprecando le sue capacità migliori.

Il sacerdote, invece, ha conosciuto personalmente l'amore di Dio e nel suo ministero lo sperimenta in modo straordinario. I sacerdoti hanno il miglior motivo possibile per alzarsi ogni mattina: portarci a Dio e condurci a Lui! Naturalmente, tutti noi soffriamo dell'usura del tempo e della fragilità della nostra volontà. Nessuno vive a lungo delle esperienze passate, quindi il problema dell'amore è il tempo. Ma con Dio le cose si rinnovano ogni giorno. Il segreto è conquistare questo amore ogni giorno. Quale eccesso di vita manifesta la fedeltà nell'amore.

Come possono i fedeli aiutare i nostri sacerdoti ogni giorno?

- Il popolo cristiano ha sempre desiderato e pregato per i suoi sacerdoti. La preghiera è ciò che sostiene tutti noi e l'affetto - che, se è autentico, sarà sempre umano e soprannaturale - è ciò di cui abbiamo bisogno perché trasforma la superficie un po' ruvida che la vita a volte ci presenta in una superficie piacevole, ma soprattutto perché ci aiuta a vedere le cose dalla giusta prospettiva. Vediamo bene le persone e le circostanze che le circondano solo quando le guardiamo con affetto.

D'altra parte, ci sono persone che sembrano intenzionate a minare la credibilità e l'affidabilità dei sacerdoti, talvolta fornendo informazioni ingiuste o distorte su chi siano realmente i sacerdoti.

Ritengo che oggi sia molto necessario pubblicizzare buoni esempi di sacerdoti e offrire notizie positive sull'immenso lavoro che svolgono nel silenzio della loro vita normale. È più che mai urgente mostrare la bellezza e la santità del sacerdozio, perché quando le persone sono private della fiducia nei loro sacerdoti, sono in realtà private di qualcosa di molto necessario: i sacerdoti sono coloro che Dio ha messo al nostro fianco con la missione speciale di prendersi cura di noi, di incoraggiarci e di guidarci lungo la strada che tutti dobbiamo percorrere per arrivare in Paradiso.

Ci sono poi innumerevoli azioni concrete che possiamo intraprendere a favore dei sacerdoti. Ad esempio, nel nostro Facoltà di Teologia Ogni anno vengono formati più di duecento seminaristi e sacerdoti provenienti da tutti e cinque i continenti, grazie anche alle tante persone che sostengono generosamente i loro studi attraverso fondazioni come la Fondazione Centro Académico Romano (Carf).

Per saperne di più
Gli insegnamenti del Papa

I messaggi del Papa in Kazakistan

Tra martedì 13 e giovedì 15 settembre Papa Francesco ha compiuto un viaggio apostolico in Kazakistan. Il motivo principale è stato quello di partecipare alla VII Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionali. 

Ramiro Pellitero-16 ottobre 2022-Tempo di lettura: 8 minuti

Da due decenni le autorità kazake organizzano ogni tre anni il Congresso dei leader religiosi. Colpisce il fatto che, a 10 anni dalla sua indipendenza, il Kazakistan abbia deciso, come ha detto Papa Francesco nel suo resoconto di viaggio, "mettere le religioni al centro dell'impegno a costruire un mondo in cui ci si ascolta e ci si rispetta nella diversità".. E ha chiarito che "Questo non è relativismo, no: è ascolto e rispetto", rifiutando i fondamentalismi e gli estremismi (Udienza generale 21-IX-2022).

Secondo il Papa, questo congresso è stato un passo avanti nel percorso avviato dai santi Giovanni XXIII e Paolo VI, insieme a "grandi anime di altre religioni". come Gandhi, e "tanti martiri, uomini e donne di ogni età, lingua e nazione, che hanno pagato con la vita la loro fedeltà al Dio della pace e della fraternità". (ibid.). E non solo nei momenti straordinari, ma nello sforzo quotidiano di contribuire a migliorare il mondo per tutti. In effetti, il Kazakistan è stato descritto da Giovanni Paolo II come "Terra di martiri e di credenti, terra di deportati e di eroi, terra di pensatori e di artisti". (Discorso durante la cerimonia di benvenuto, 22-IX-2001).

Una sinfonia di tradizioni culturali e religiose

Durante l'incontro con le autorità, la società civile e il corpo diplomatico, il Papa ha sottolineato la vocazione del Kazakistan ad essere "Paese di incontro(Discorso tenuto alla sala concerti Qazaq di Nursultan, 13-IX-2022). Vi abitano quasi 150 gruppi etnici e si parlano più di 80 lingue. È una vocazione che merita di essere incoraggiata e sostenuta, insieme al rafforzamento della sua giovane democrazia. Su questa strada, il Paese ha già preso decisioni molto positive, come il rifiuto delle armi nucleari.

Prendendo come simbolo il ombra -Il Papa ha sottolineato, con le parole di Giovanni Paolo II, che le note di due anime, quella asiatica e quella europea, risuonano nel Paese e hanno un carattere duraturo. "missione di collegare due continenti". (Discorso ai giovani, 23-IX-2001); "un ponte tra Europa e Asiaa "un legame tra Oriente e Occidente". (Discorso alla cerimonia di addio, 25 settembre 2001). Francesco ha anche elogiato il concerto di etnie e lingue presenti in Kazakistan, con le loro varie tradizioni culturali e religiose, che riesce a comporre una grande sinfonia, "un laboratorio multietnico, multiculturale e multireligioso unico nel suo genere".a "paese di incontro". 

Una sana laicità, condizione per una cittadinanza libera

In effetti, la Costituzione del Paese, definendolo come una laicoprevede la libertà di religione. Questo equivale, dice Francesco, a una sana laicità, che riconosce "il ruolo prezioso e insostituibile della religione". e si oppone all'estremismo che la corrode. Rappresenta quindi "una condizione essenziale per l'uguaglianza di trattamento di ogni cittadino, nonché per favorire il senso di appartenenza al Paese di tutte le sue componenti etniche, linguistiche, culturali e religiose".. Pertanto, "La libertà religiosa è il miglior canale per la convivenza civile"..

Il Papa ha anche sottolineato il significato del nome "kazako", che evoca un percorso libero e indipendente. La tutela della libertà implica il riconoscimento di diritti, accompagnati da doveri. Francesco ha colto l'occasione per plaudire all'abolizione della pena di morte - in nome del diritto di ogni essere umano alla speranza - insieme alla libertà di pensiero, di coscienza e di espressione, nonché al rafforzamento dei meccanismi democratici nelle istituzioni e al servizio del popolo, alla lotta alla corruzione e alla protezione dei più deboli.

Giovanni Paolo II è venuto nel Paese per seminare speranza, dopo i tragici attacchi alle torri gemelle di New York (2001). "I" -ha detto Francisco. "Arrivo qui mentre è in corso l'insensata e tragica guerra causata dall'invasione dell'Ucraina, mentre altri scontri e minacce di conflitto mettono in pericolo il nostro tempo".. Ha aggiunto: "Vengo ad amplificare il grido di tanti che implorano la pace, una via di sviluppo essenziale per il nostro mondo globalizzato".. Per questo, ha detto, sono necessari comprensione, pazienza e dialogo con tutti. 

La fraternità si basa sul nostro essere "creature".

All'apertura della sessione plenaria del Congresso dei leader delle religioni mondiali e tradizionaliIl Papa si è rivolto ai leader e ai rappresentanti delle religioni "in nome di quella fraternità che ci unisce tutti, come figli e figlie dello stesso cielo". (Discorso al Palazzo dell'Indipendenza, Nursultan, 14-IX-2022). Nel suo discorso, ha citato ampiamente il più celebre poeta del Paese e padre della sua letteratura moderna, Abay Ibrahim Qunanbayuli (1845-1904), conosciuto popolarmente come Abai. "Abbiamo bisogno" -ha detto Francisco. per trovare un senso alle domande ultime, per coltivare la spiritualità; abbiamo bisogno, diceva Abai, di mantenere "l'anima sveglia e la mente chiara""..

Un messaggio per una convivenza più armoniosa

Nel nostro tempo, ha sottolineato il Papa, è giunto il momento di una religiosità autentica, libera dal fondamentalismo. È giunto il momento di rifiutare il "discorsi che [...] hanno instillato sospetto e disprezzo per la religione, come se fosse un fattore di destabilizzazione della società moderna".. In particolare, i discorsi derivanti dall'ateismo di Stato, con le loro "mentalità oppressiva e soffocante per cui il solo uso della parola 'religione' era scomodo".. "In realtà". -Francesco osserva: "Le religioni non sono un problema, ma parte della soluzione per una convivenza più armoniosa"..

Nell'ultima parte del discorso ha indicato quattro sfide che le religioni possono aiutare a vincere: la post-pandemia (prendersi cura soprattutto dei più deboli e bisognosi); la pace (impegnarsi per essa nel nome del Creatore); l'ospitalità e l'accoglienza fraterna (perché ogni essere umano è sacro), soprattutto dei migranti; e la cura della casa comune, che è un dono del padre celeste.

E nel caso in cui non fosse chiaro a nessuno come i credenti possano collaborare a tutto questo (contribuendo con ciò che è positivo e purificandosi da ciò che è negativo), il Papa conclude: "Non cerchiamo falsi sincretismi concilianti - sono inutili - ma piuttosto manteniamo le nostre identità aperte al coraggio dell'alterità, all'incontro fraterno. Solo così, nei tempi bui in cui viviamo, potremo irradiare la luce del nostro Creatore".

Il Papa incoraggia il "piccolo gregge" cristiano aperto a tutti

Nella sua valutazione del viaggio, il successore di Pietro ha osservato: "Per quanto riguarda la Chiesa, sono stato molto felice di trovare una comunità di persone felici, gioiose ed entusiaste. I cattolici sono pochi in questo vasto Paese. Ma questa condizione, se vissuta nella fede, può portare frutti evangelici: soprattutto la beatitudine della piccolezza, dell'essere lievito, sale e luce, affidandosi solo al Signore e a nessuna forma di rilevanza umana. Inoltre, la mancanza di numeri ci invita a sviluppare relazioni con cristiani di altre confessioni, e anche la fraternità con tutti.

Quindi, piccolo gregge sì, ma aperto, non chiuso, non sulla difensiva, aperto e affidato all'azione dello Spirito Santo, che soffia liberamente dove e come vuole".. Ha anche ricordato i martiri: "I martiri di questo santo popolo di Dio - perché hanno sofferto decenni di oppressione atea, fino alla liberazione avvenuta 30 anni fa - uomini e donne che hanno sofferto tanto per la fede durante il periodo della persecuzione: uccisi, torturati, imprigionati per la fede". (Udienza generale, 21-IX-2022).

Infatti, nell'incontro con i vescovi, i sacerdoti, i diaconi, i consacrati, i seminaristi e gli operatori pastorali (cfr. Discorso nella Cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso, Nursultan, 14-IX-2022), il Vescovo di Roma ha ricordato loro che la fede si trasmette con la vita e la testimonianza. E né le nostre debolezze né la nostra piccolezza sono un ostacolo a questo, perché abbiamo la forza di Cristo. Ciò di cui abbiamo bisogno non è l'esibizione illusoria delle nostre forze, ma l'umiltà di lasciarci guidare dalla grazia di Dio. I fedeli laici devono essere, all'interno della società, uomini e donne di comunione e di pace, rifiutando paure e lamentele, con l'aiuto di pastori vicini e compassionevoli. 

Essere cristiani significa "vivere senza veleni".

"Con questo piccolo ma gioioso gregge abbiamo celebrato l'Eucaristia, a Nursultan, nella piazza di Expo 2017, circondati da un'architettura molto moderna. Era la festa della Santa Croce. E questo ci fa riflettere. In un mondo in cui progresso e regresso si intersecano, la Croce di Cristo rimane l'ancora di salvezza: un segno di speranza che non delude perché fondato sull'amore di Dio, misericordioso e fedele". (Udienza generale, 21-IX-2022).

Infatti, l'omelia della Messa della festa dell'Esaltazione della Croce (14 settembre 2022) è stata una lezione di teologia pastorale sul significato della Croce. Francesco ha ricordato la storia dei serpenti che mordevano gli israeliti durante il cammino nel deserto e di come Dio abbia incaricato Mosè di costruire un serpente di bronzo affinché chiunque lo guardasse fosse guarito (cfr. capitolo 21 di Num). 

Da lì, Francesco distinse due tipi di serpenti: il primo, "I serpenti che mordono". (mormorazione, scoraggiamento, sfiducia in Dio, violenza e persecuzione atea e, alla base di tutto, il peccato). In secondo luogo, "il serpente che salvache prefigurava Gesù, inchiodato alla croce; così che "Guardando a Lui, possiamo resistere ai morsi velenosi dei serpenti maligni che ci attaccano".. Le braccia di Gesù, stese sulla croce, ci mostrano la fraternità che dobbiamo vivere tra noi e con tutti: "...".la via dell'amore umile, libero e universale, senza se e senza ma". 

In Kazakistan le religioni sono al servizio della pace

Infine, in occasione della chiusura del congresso, Francesco ha ricordato il motto della sua visita, alludendo ai credenti di tutte le religioni: "Messaggeri di pace e di unità".. E ha ricordato che, dopo gli eventi dell'11 settembre 2001, Giovanni Paolo II ha considerato che "era necessario [...] reagire insieme al clima incendiario che la violenza terroristica voleva provocare e che minacciava di trasformare le religioni in un fattore di conflitto". (Discorso al Palazzo dell'Indipendenza), Nursultan, 15-IX-2022). Per questo nel 2002 ha chiamato i fedeli ad Assisi a pregare per la pace (24 gennaio 2002).

Papa Bergoglio ha aggiunto: "Il terrorismo di matrice pseudo-religiosa, l'estremismo, il radicalismo, il nazionalismo alimentato dalla sacralità, fomentano ancora oggi paure e preoccupazioni nei confronti della religione". "Ecco perché in questi giorni è stato provvidenziale incontrarsi di nuovo e riaffermare la vera e inalienabile essenza della religione".

E cosa ha concluso il congresso a questo proposito? Nelle parole di Francisco: "La Dichiarazione del nostro Congresso afferma che l'estremismo, il radicalismo, il terrorismo e qualsiasi altro incitamento all'odio, all'ostilità, alla violenza e alla guerra, qualunque sia la loro motivazione o il loro scopo, non hanno alcun legame con il vero spirito religioso e devono essere respinti con la massima determinazione (...).cfr. n. 5); devono essere condannati, senza se e senza ma"..

Politica e religione

Il Kazakistan, situato nel cuore dell'Asia, è stato il luogo per chiarire il rapporto tra politica e religione (con il suo appello alla trascendenza), tra autorità terrena e autorità divina. Tra loro c'è distinzione, non confusione o separazione. Non bisogna fare confusione, perché l'essere umano ha bisogno di libertà per volare verso la trascendenza senza essere limitato dal potere terreno; né la trascendenza deve tradursi in potere umano di parte. Allo stesso tempo, non c'è separazione tra politica e trascendenza, poiché, ha sottolineato il Papa, "le più alte aspirazioni umane non possono essere escluse dalla vita pubblica e relegate alla mera sfera privata".Per questo gli Stati devono proteggere la libertà religiosa, anche dalla violenza di estremisti e terroristi. 

Ha ricordato che la Chiesa cattolica crede nella dignità di ogni persona, creata a immagine di Dio (cfr. Gen 1, 26). Crede anche nell'unità della famiglia umana sulla base della stessa origine in Dio Creatore (cfr. Concilio Vaticano II, Decl. Nostra aetate, sulle relazioni con le religioni non cristiane, n. 1). E considera il dialogo interreligioso un cammino di pace, non solo possibile ma indispensabile, sulle orme del cammino dell'uomo, che è il cammino della Chiesa (cfr. Giovanni Paolo II, Enc. Redemptor hominis, 14). 

Francesco ha concluso sottolineando che "L'uomo è la via di tutte le religioni".. Noi credenti siamo chiamati, anche nel periodo post-pandemico, a testimoniare la trascendenza (andare "oltre", verso l'adorazione), la fraternità e la cura del creato. A tal fine, è particolarmente importante dare spazio alle donne e ai giovani.

Vaticano

Diplomazia della carità

Papa Francesco è disposto a correre dei rischi per aiutare i più deboli, ovunque essi siano. Questo è uno dei tratti distintivi del suo pontificato.

Federico Piana-15 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Nell'attuale pontificato, c'è una dimensione che è diventata essenziale per tutta la Chiesa: quella che potrebbe essere chiamata la "Chiesa dello Spirito Santo". diplomazia della carità. Papa Francesco non si stanca di ripetere a tutto il mondo la necessità di essere vicini alle sofferenze dei popoli fino a sentire l'urgenza di venire in loro aiuto, di difenderli senza indugio. Questo modo di agire amorevole nel pontificato di Papa Francesco è diventato una parte essenziale della sua vita. modus operandi L'approccio sistematico che coinvolge anche tutte le istituzioni della Santa Sede.

E quando il Pontefice mobilita la preghiera e gli aiuti umanitari concreti per aiutare un popolo in difficoltà, si innesca un circolo virtuoso di comprensione, rispetto e fiducia, capace di colmare anche le più grandi distanze diplomatiche o di avviare un dialogo dove non c'era. 

Il diplomazia della carità Non ha confini territoriali o religiosi; non si sottrae alle crisi più acute; non si aspetta ringraziamenti o medaglie. Come esempio esaustivo, si potrebbe citare la guerra in Ucraina. 

Il diplomazia della carità Papa Francesco non solo ha permesso l'invio di cibo, medicine e denaro al Paese devastato dalle bombe, ma ha anche permesso a due cardinali, Michael Czerny e Konrad KrajeswkiLa Santa Sede è stata chiaramente annoverata tra le possibili istituzioni che possono aiutare le due parti in guerra a trovare una via d'uscita da un conflitto insensato.  

Da Haiti al Bangladesh, dal Libano all'Iran, la diplomazia della carità Si è rivelato anche uno strumento utile per incoraggiare quelle piccole porzioni di Chiesa che in molte nazioni sono minoranze, spesso discriminate. 

Infine, non si possono dimenticare i frutti della conversione - che non possono essere conteggiati in una statistica - generati dalla diplomazia della carità senza imposizioni: perché Dio si annuncia meglio con una dolce carezza.

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

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Libri

Sienkiewicz: le sue opere, la sua personalità e la fine della sua vita

Seconda parte dell'articolo sul Premio Nobel di origine polacca, questa volta dedicata alle sue opere più conosciute e alla fine della sua vita.

Ignacy Soler-15 ottobre 2022-Tempo di lettura: 14 minuti

Prima parte dell'articolo

La già citata trilogia nazionale polacca di Sienkiewicz- Sangue e fuoco, L'alluvione, Un eroe polaccoè per molti la più grande opera dello scrittore. Si tratta di tre romanzi storici conditi con figure di fantasia. Ciò che più colpisce è la profonda conoscenza della storia polacca del XVII secolo - Sienkiewicz si è documentato metodicamente -, l'uso di una lingua bella e arcaica, l'appassionata storia d'amore che vi si trova, nonché la loro pubblicazione periodica in capitoli sulla rivista Słowo tra il 1883 e il 1886. Sono romanzi storici e, poiché per molti la storia è fatta dalle guerre, c'è una continua presenza di scene di battaglia, con spiegazioni dei motivi, descrizione dei paesaggi e presentazione psicologica dei personaggi. Sono rappresentati i momenti più importanti della storia della Polonia nel XVII secolo, i suoi eroi nazionali, i nobili e i cavalieri. Il tutto all'insegna del motto "rafforzare i cuori", ovvero Sienkiewicz intende incoraggiare i suoi lettori a difendere la patria nel XIX secolo come fecero i loro antenati due secoli prima.

Nel sangue e nel fuoco - Ogiem i mieczem (1883-1884) è un romanzo storico dell'epoca delle guerre cosacche e dell'Ucraina nella regione del Dniepr, negli anni 1648-1654. La perdita di quella che avrebbe potuto essere la Repubblica delle Tre Nazioni (Polonia, Lituania e Ucraina). Il primo grande successo di Sienkiewicz, che già lo poneva in cima alla lista degli scrittori di prosa polacchi. La storia d'amore del nobile militare Skrzetuski riempie l'intera narrazione con il rapimento dell'amata - tema che ripete nelle sue opere - con la sua continua ricerca e il lieto fine: "Il re paga molto bene i servizi, ma il Re dei re li paga con il migliore dei doni". Sienkiewicz vede la donna come un dono, un dono del cielo.

Il Potop (1884-1886), che racconta la storia della lotta contro l'invasione svedese e la difesa nella fortezza-santuario di Jasna Góra a Częstochowa nel 1655. I capitoli tanto attesi e la loro sorprendente diffusione e lettura risvegliarono la coscienza patriottica dei contadini. Ricordiamo che all'epoca il 10% della popolazione era nobile e aveva una profonda consapevolezza della propria identità polacca. Gli altri, i contadini, provenivano dalle campagne e non si preoccupavano più di tanto della presenza dei russi, dei prussiani o degli austriaci, purché fosse loro permesso di vivere bene e con le loro abitudini. Ma leggere L'alluvione ha risvegliato in molti di loro la propria identità, tanto da fargli dire a Sienkiewicz: ci hai fatto diventare polacchi!

Pubblicare un capitolo dopo l'altro del L'alluvioneLo scrittore lotta contro la devastante malattia dell'amata moglie Maria, che muore nell'ottobre 1885 all'età di trentuno anni al Balneario de Reichenhall in Baviera. Henryk è sconvolto ma deve continuare a scrivere, secondo il filo della narrazione, pagine piene di speranza.

Un eroe polacco (1887-1888)  il titolo originale è Pan Wołodyjowski (onorevole Wołodyjowski). Racconta la storia di questo cavaliere militare nella guerra di Turchia e si conclude con la vittoria di Sobieski sui turchi a Chocim (1673). Poiché l'allora repubblica di Polonia aveva un re eletto dai nobili, cosa unica in Europa, Jan III Sobieski fu eletto re e sconfisse nuovamente i turchi nella battaglia di Vienna (1683), e parafrasando Giulio Cesare disse: venimus, vedimus, Deus vicit. Tuttavia, in quest'ultima parte della sua trilogia, Sienkiewicz racconta meno di una storia e disegna invece un romanzo d'avventura.

La trilogia ha dato ai lettori polacchi un rafforzamento dei loro cuori, delle loro speranze per la ripresa del loro Stato, una lezione artistica di patriottismo, una fede nel valore dell'uomo e dell'eroismo. Nelle sue storie, le persone comuni diventano eroi da imitare, difensori della giustizia, vincitori dei nemici, uomini di preghiera e di fede cristiana, pii osservanti della legge di Dio e della Chiesa. Grazie alla Trilogia, Sienkiewicz iniziò a essere una grande figura nazionale, diventando un'autorità letteraria e politica riconosciuta, tanto che alcuni lo consideravano il leader spirituale della nazione. Nessuno ha saputo meglio interpretare il senso di orgoglio nazionale dei lettori polacchi di tutte le classi e generazioni. I suoi libri erano molto letti allora e lo sono ancora oggi. La trilogia è una lettura scorrevole, che si legge con piacere e senza sforzo.

Quo vadis

È interessante pensare a come si compone un libro, un'opera classica della letteratura. Non si tratta solo di qualcosa di materiale o di un supporto elettronico in molti dei suoi diversi formati. Un'opera letteraria esiste davvero quando una persona la legge e la sperimenta. Per questo motivo esistono tante letture e interpretazioni quanti sono i lettori. Ognuno di noi ricorda un momento della propria vita in cui ha letto un'opera della letteratura mondiale che lo ha profondamente commosso.

Il mio primo ricordo di Quo vadis risale al giugno 1975, un mese di molti esami del mio terzo anno di matematica all'Università Complutense di Madrid. In quel periodo stavo lottando personalmente con la materia Statistica matematica, che sono riuscito a superare a giugno. Questo conferma che lo studio, oltre a essere un compito dell'intelligenza, è soprattutto uno sforzo della volontà di apprendere. Studiavo molto in una biblioteca dove c'era uno studente di giurisprudenza che leggeva Quo vadis senza fermarsi. -Non hai gli esami a giugno? - Sì, ma non riesco a smettere di leggere questo romanzo. Giunsi alla conclusione che la legge poteva essere superata senza studiare e che questo romanzo doveva essere appassionante.

L'inverno del 1995 a Cracovia è stato il più freddo che abbia mai trascorso in Polonia. Per diversi mesi il termometro ha oscillato tra i meno venti e i meno dieci. Ricordo un giorno in cui c'erano meno cinque per tutto il giorno ed è stato fantastico. In quel periodo il riscaldamento dell'accademia studentesca in cui vivevo si ruppe e, finché non si decise di acquistare una stufa elettrica, rimase freddo per due settimane. Ero in camera mia, seduta alla scrivania, con cappotto, guanti, cappello di lana e doppi calzini ai piedi, e leggevo in polacco per la prima volta in vita mia, Quo vadis. Il direttore della casa arrivò con un termometro e disse: "Padre, non può lamentarsi, la sua stanza è a zero gradi, né calda né fredda. Non mi importava, perché ero assorto nella mia stanza, assorbito da Quo vadis. Una lettura emozionante. Ma lasciamo i ricordi personali e torniamo all'articolo.

Con l'esperienza della trilogia e il suo successo, Sienkiewicz cambia l'ambientazione: invece della storia della Polonia nella seconda metà del XVII secolo, andiamo a Roma, negli ultimi anni dell'imperatore Nerone (63-68). Tuttavia, il sistema funziona allo stesso modo: storia reale e storia di fantasia si intrecciano in un filo d'amore che dà continuità, coerenza e tensione alla lettura.

Quo vadis Secondo una tradizione leggendaria, durante la persecuzione di Nerone contro i cristiani, Pietro stava fuggendo da Roma lungo la via Appia. Poi vide il Signore risorto che andava nella direzione opposta, verso Roma, e gli disse: "Dove vai? Quo vadis, Domine? Al che Gesù risponde: "Sarò crocifisso a Roma una seconda volta perché avete abbandonato il mio gregge". Vergognandosi della sua codardia, Pietro torna a Roma per affrontare il suo destino: il martirio.

Quo vadis racconta magistralmente com'era Roma nel primo secolo. Il filo conduttore storico del romanzo si concentra sulla persona dell'imperatore romano Nerone, nonché sulla persecuzione e sulla diffusione della fede cristiana. Viene presentato il contrasto tra l'Impero romano e i primi cristiani. C'è un contrasto tra la dissolutezza pagana del palazzo imperiale e la forza delle ragioni morali dei seguaci di Cristo, che sarebbero poi diventate la base per la costruzione della civiltà europea.

La trama principale del romanzo è la storia d'amore tra Marco Vinicio e Lidia. Appartengono a due mondi separati: Vinicius è un patrizio romano, membro dell'esercito, Lygia appartiene a una tribù barbara ed è ostaggio di una famiglia romana e cristiana. L'intreccio amoroso, logicamente fittizio, ha un'influenza decisiva sullo sviluppo dell'azione in cui la fuga di Ligia, la ricerca dell'amata da parte di Vinicius, il tentato rapimento, la trasformazione e il battesimo di Vinicius e la miracolosa salvezza di Ligia nel circo sono i momenti salienti. Il punto culminante della trama è il confronto di Ursus, protettore di Lygia, con il toro. La vittoria dell'uomo sull'animale nell'arena del circo simboleggia il lieto fine della trama, poiché Lidia, Vinicio e lo stesso Ursus sono ora nelle mani del popolo romano. Si tratta di un evento chiave, perché proprio in quel momento il popolo volta le spalle a Nerone e si dichiara a favore dei cristiani.

Un personaggio importante nell'opera è Petronio, un patrizio romano, stretto consigliere di Nerone, che è un esempio del gusto e dell'eleganza dell'antichità classica. arbiter elegantiaePetronio simboleggia la cultura classica del passato, grandiosa rispetto a quella che regna durante il governo di Nerone, una cultura in costante declino. In una lotta costante tra la vita e la morte, Petronio critica l'idea dell'imperatore e perde.

Il personaggio più tragico e comico è Chilon Chilonides, un sofista scettico e privo di principi morali. Si finge cristiano per tradirli. Vende come schiavi la famiglia di Glauco, un medico cristiano di origine greca che, anch'egli tradito, muore da martire perdonando Chilone. Grazie a questo esempio, lo spregevole sofista subì un cambiamento radicale e infine morì sulla croce in difesa di coloro che aveva tradito: i cristiani.

In questo grande romanzo, vale la pena di notare quanto sia ben rappresentata e scritta la Roma del primo secolo. Sienkiewicz era molto ben documentato. C'è un grande elogio della grandezza dell'Impero Romano, con le sue virtù e i suoi difetti. In secondo luogo, come descrive bene i primi cristiani. Uomini e donne appassionati di Cristo: in loro sono ammirevoli le virtù della giustizia, dell'onore e della dignità, della purezza e della povertà. Erano cristiani che credevano e pregavano. In una bella recensione di questo romanzo l'autore si chiede se la descrizione di questi primi cristiani, della loro vita esemplare, sia davvero un'invenzione di Sienkiewicz o se sia realmente accaduta.

È una narrazione piena di valori cristiani. Forse il primo di questi è l'amore tra Vinicius e Lygia. Vinicius, che ha conosciuto Lygia nella famiglia romana di cui è ostaggio, ospite e persino parente, si innamora perdutamente. Vuole possederla abusando di lei nelle orge di Nerone, ma Lygia non vuole. Vinicius scopre gradualmente di amare Lygia perché in lei c'è un segreto, qualcosa che la rende forte, pura, giusta. Vinicius scopre il grande segreto di Lygia: è cristiana. Marco Vinicio cerca disperatamente Lygia e vuole conquistare il suo amore, così inizia a conoscere il cristianesimo. Ciò che scopre lo stupisce: un mondo completamente nuovo, un nuovo modo di pensare, di vivere e di trattare le persone. Vinicius, cercando e amando Lygia, è come se inconsciamente cercasse e amasse il suo segreto: Gesù Cristo.

Per chi non ha ancora letto Quo vadisConsiglio la lettura del capitolo VIII, tre pagine nella mia versione polacca, che in una lettura piacevole richiede dieci minuti, e del capitolo XXXIII, cinque pagine, circa quindici minuti, che è una mancanza fondamentale, ma vorrei confermare che essendo un romanzo di letteratura classica è anche un romanzo di profondi valori cristiani. Il capitolo ottavo descrive l'impressione di Akte, l'ex amante di Nerone, quando vede Lygia in preghiera, che si trova in una situazione disperata. Akte non ha mai visto nessuno pregare in questo modo e sente che sta rivolgendo le sue parole a Qualcuno che la vede e che solo Lui può aiutarla.

Nel capitolo trentatré c'è una dichiarazione d'amore tra Vinicio e Lidia insieme agli apostoli Pietro e Paolo. Alcuni cristiani criticano aspramente Lygia per essersi innamorata di un pagano, ma "Pietro si avvicinò e le disse: 'Lygia, lo ami davvero per sempre? C'è stato un momento di silenzio. Le sue labbra cominciarono a tremare come quelle di un bambino che sta per scoppiare in lacrime e che, sapendo di essere colpevole, si rende conto allo stesso tempo di dover riconoscere la propria colpa. -Rispondetemi! insistette l'apostolo. Poi, umilmente, con voce tremante e sussurrando, si inginocchia davanti a Pietro: "Sì, è così..." Vinicius nello stesso momento si inginocchia anche lui davanti a lei. Pietro stese le mani e le pose sul loro capo, dicendo: "Amatevi gli uni gli altri nel Signore e per la sua gloria, non c'è peccato nel vostro amore".

La narrazione si conclude con la morte di Nerone e l'epitaffio finale: "E così Nerone passò come passano il vento e la tempesta, il fuoco e le pestilenze, ma la Basilica di San Pietro continua a dominare la città e il mondo dal colle Vaticano". Dove un tempo si trovava la Porta di Capena, ora si trova una piccola cappella con una debole iscrizione: Quo vadis, Domine?"Una domanda di attualità che Sienkiewicz collega alla Quo vadis, homine?Dove va l'uomo se perde la sua umanità? Ma c'è ancora speranza, e la sofferenza e il martirio dei cristiani hanno portato frutti, così come la sofferenza degli eroi polacchi.

Il romanzo divenne rapidamente un incredibile successo in tutto il mondo. Più di cento edizioni sono state pubblicate in francese e in italiano. Nel 1916, quando Sienkiewicz morì, la tiratura di Quo vadis Solo negli Stati Uniti ha venduto più di 1,5 milioni di copie. È stato tradotto in più di quaranta lingue e ancora oggi gode di una popolarità eccezionale.

La personalità di Sienkiewicz

Molti sostengono che Henryk Sienkiewicz si identifichi strettamente con il personaggio di Petronio, arbiter elegantiaedel suo Quo vadische è realmente esistito. Colto, distante, elegante, un po' scettico, con un gusto per la bellezza, soprattutto nelle donne, ma sempre con modi delicati e rispettosi. Utilizza una critica ironica e umoristica della realtà in cui vive.

Dopo aver completato la trilogia, Sienkiewicz ha pubblicato due romanzi contemporanei: Bez dogmatu - Nessun dogma e Rodzina Połanieckich - La famiglia Polaniecki. Sotto forma di diario, contengono molti dettagli autobiografici. Nessun dogma è il diario dei pensieri di un ricco conte polacco che vive con il padre a Roma, assiduo frequentatore dei salotti europei, esempio di "improduttività slava" nell'analisi costante della bellezza e dello spirito umano.

Recentemente qualcuno mi ha chiesto se Sienkiewicz fosse credente. Non sapevo come rispondergli, né alla domanda se fosse un cattolico praticante, quest'ultima più facile da trovare perché è un fatto empirico. Ciò che emerge chiaramente dalle sue opere è che la storia della Polonia non può essere compresa senza il cristianesimo, così come Sienkiewicz non può comprendere la propria vita senza la fede cattolica e la devozione alla Madre di Dio. Il suo pensiero è cattolico ma teologicamente non pensato. Mi sembra che le correnti filosofiche dell'epoca, di cui era anche un assiduo lettore, lo portassero a uno scetticismo che voleva superare con un volontarismo: voglio credere.

Scrivere in Nessun dogmaSto aspettando uno stato della mia anima in cui possa credere fermamente e senza alcuna mescolanza di dubbi, per poter credere come credevo da bambino. Ho motivazioni nobili, non cerco alcun interesse personale perché sarebbe più comodo per me essere un animale felice e ingrassato (...) In questo grande "non so" della mia anima cerco di soddisfare tutte le norme religiose e non mi considero un uomo insincero. Lo sarei se invece di dire "non lo so" potessi dire: so che non c'è niente. Ma il nostro scetticismo non è un'aperta negazione, è piuttosto un'intuizione dolorosa e sofferta che forse non c'è nulla, è una nebbia fitta che ci avvolge la testa, ci preme sul petto e ci copre dalla luce. Così allungo le mani verso quel sole che brilla attraverso la nebbia. Penso che non sono solo in questa mia situazione, che la preghiera di molti, di molti di coloro che vanno a messa la domenica, potrebbe essere riassunta in queste parole: Signore, disperdi la nebbia!".

La famiglia Polaniecki è una difesa del ruolo sociale della nobiltà e della borghesia, oltre che un'aperta apoteosi del tradizionalismo cattolico. Il protagonista del romanzo è un nobile impoverito che fa affari a Varsavia. Durante la stesura di questo romanzo incontra Maria Romanowska, figlia adottiva di un ricco uomo di Odessa. Henryk ha ora quarantasei anni, Maria diciotto. Entrambe hanno dei dubbi, ma la madre, affascinata dalla lettura di Nessun dogmaHa fatto pressione sulla figlia affinché si sposasse. Il matrimonio ebbe luogo a Cracovia nel 1893 e fu celebrato dal cardinale vescovo di Cracovia. La suocera passò dal fascino di Sienkiewicz alla riprovazione. Si è attivata per ottenere l'annullamento del matrimonio da parte del Vaticano, che è stato ottenuto meno di un anno dopo la cerimonia nuziale. Sienkiewicz ricevette la conferma papale dell'inesistenza del sacramento del matrimonio con dolore e tristezza. La spiacevole avventura di una suocera che fa e disfa è ritratta nelle pagine di La famiglia Polaniecki.

I Crociati

Poco dopo, lo scrittore progettò di visitare i campi di Grunwald - stava scrivendo Krzyżacy - I crociatiLa storia dei Cavalieri Teutonici nel XV secolo - ma non ha ottenuto il permesso dalla polizia prussiana. Incontra invece un'altra Maria: "Una bellissima donna di Wielkopolska, la signorina Radziejewska, che mi fece un'impressione elettrizzante. Lei era una giornalista, allora ventitreenne, Sienkiewicz cinquantatreenne. Era una donna molto bella e intelligente, ma Henryk, pur essendo molto innamorato di lei, scoprì in lei qualche anomalia psichica. Dopo le tristi esperienze del secondo matrimonio, la scrittrice decise di interrompere la relazione. Anni dopo, lo squilibrio di questa quarta Maria fu tragicamente confermato.

La combinazione di avventura cavalleresca e romanticismo si ritrova in I Crociati (1900). Si tratta di un grande dipinto storico con un contenuto più ampio, profondo e accurato di tutte le sue opere precedenti. L'epopea racconta la storia delle lotte polacco-teutoniche, piena di forte sentimento patriottico, ed è la risposta di Sienkiewicz agli abusi prussiani.

L'idea di scrivere I Crociati è nata dalla constatazione degli abusi commessi dalle autorità prussiane nei confronti della popolazione polacca. La più grave fu la crudele persecuzione dei bambini e dei loro genitori a Września, una città vicino all'attuale Poznań, che protestavano contro l'insegnamento della religione in tedesco a scuola. Non era permesso parlare polacco a scuola, ma il fatto che la religione cattolica fosse insegnata in tedesco fu l'ultima goccia per i polacchi. Henryk partecipò attivamente alle azioni di protesta contro di loro. La descrizione finale della vittoriosa battaglia di Grunwald (1410) fece sì che il romanzo venisse adottato fin dall'inizio come opera di attualità politica, e gli eventi storici successivi - con la sconfitta della Germania in entrambe le guerre mondiali - lo resero quasi profetico.

L'ultima Maria e la sua attività sociale

Nel 1904 Sienkiewicz, 58 anni, sposò Maria Babska, 42. Questa donna era sua cugina ed era innamorata di lui da molto tempo, poiché si conoscevano da tempo come parenti. Il matrimonio è stato intimo, solo in compagnia dei propri cari. I Sienkiewicz si riunirono e vissero insieme per dodici anni felici, fino alla morte dello scrittore.

Henryk Sienkiewicz fu un grande operatore sociale, promuovendo e finanziando molte iniziative sociali: musei, fondazioni per la promozione della cultura, della ricerca scientifica o della promozione di giovani scrittori. Promosse santuari per i bambini affetti da tubercolosi e finanziò la costruzione di chiese. Negli ultimi anni della sua vita ha intensificato la collaborazione a progetti sociali con l'aiuto della moglie.

Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale (1914) sorprese Sienkiewicz a Oblęgorek, la sua residenza di palazzo - Dworek - vicino a Varsavia, da dove partì per la Svizzera passando per Cracovia e Vienna. Con la partecipazione di Ignacy Jan Paderewski, organizzò a Vevey il Comitato Generale Svizzero per l'Aiuto alle Vittime della Guerra in Polonia, inviando denaro, medicine, cibo e vestiti al paese devastato dagli eserciti in lotta.

Il suo ultimo grande romanzo: Attraverso la giungla e le steppe.

Il romanzo per i giovani W pustyni i w puszczy - Attraverso la foresta e la steppa (1911) è l'ultimo grande romanzo d'avventura con cui conclude la sua carriera di scrittore durata più di quarant'anni. Questo romanzo d'avventura, che mostra l'influenza di Jules Verne, racconta il viaggio di due bambini rapiti dai musulmani durante la rivolta del Mahdi in Sudan (1881-1885). Riescono a fuggire e ad attraversare l'intero continente africano per poi essere ritrovati, già in punto di morte, da una squadra di soccorso. L'autore utilizza le proprie esperienze di viaggio in Africa. Ha tutta la maestria delle sue grandi opere, molto facile da leggere, soprattutto per i giovani.

L'amore per la patria e la morte in Svizzera

Nel 1905, in risposta a un'intervista rilasciata al giornale parigino Il Corriere EuropeoHa detto: "Dovete amare la vostra patria sopra ogni cosa e pensare prima di tutto alla sua felicità. Ma allo stesso tempo, il primo dovere di un vero patriota è fare in modo che l'idea di patria non solo non si opponga alla felicità dell'umanità, ma ne diventi uno dei fondamenti. Solo a queste condizioni l'esistenza e lo sviluppo della Patria diventeranno una questione di interesse per tutta l'umanità. In altre parole, lo slogan di tutti i patrioti deve essere: per la Patria agli uomini, e non: per la Patria contro gli uomini".

Henryk Sienkiewicz è morto come ha vissuto, lavorando all'estero. La sua ultima opera è un romanzo dell'epoca napoleonica. LegioneLegioniun'opera pubblicata postuma. È morto nella sua residenza temporanea a Vevey, in Svizzera, per un attacco di cuore. Nel 1924, nella Polonia libera, le ceneri dello scrittore furono portate solennemente da Vevey al paese. Le sue spoglie riposano nella Cattedrale di San Giovanni a Varsavia.

Concludiamo sottolineando che il talento letterario di Henryk Sienkiewicz si misura con la sua capacità di usare parole prese in prestito dal linguaggio di epoche passate, con l'uso di termini che rendono unico lo stile di questo scrittore. Inoltre, l'autore della Trilogia ha dato un contributo decisivo alla formazione della coscienza nazionale dei polacchi del XIX secolo. Witold Gombrowicz, noto scrittore e critico della letteratura polacca, scrisse queste parole nel suo Diario (1953 - 1956): "Chi ha letto Mickiewicz di sua spontanea volontà, chi ha conosciuto Słowacki? Ma Sienkiewicz è il vino con cui ci si ubriaca davvero. Qui batte il nostro cuore... e con chiunque parli, un medico, un operaio, un insegnante, un proprietario terriero, un impiegato, incontrerà sempre Sienkiewicz. Sienkiewicz è l'ultimo e più intimo segreto del gusto polacco: il sogno della bellezza polacca".

Henryk Sienkiewicz è tuttora considerato un classico del romanzo storico, uno dei più grandi scrittori della storia della letteratura polacca e uno stilista impareggiabile. Le liste bibliografiche internazionali dimostrano che Sienkiewicz è uno degli scrittori polacchi più popolari al mondo. Le sue opere continuano ad apparire in ristampe e nuove traduzioni.

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Cultura

La rivista "Mission" presenta i suoi premi 2022

Dieci iniziative e persone legate alla promozione della famiglia, della vita e del credo cristiano hanno ricevuto questa settimana all'Università Francisco de Vitoria di Madrid i 2022 premi della rivista "Misión", in una serata di gala che si è svolta in un'atmosfera festosa.

Francisco Otamendi-14 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Le iniziative e le personalità premiate quest'anno sono state i Soccorritori di Giovanni Paolo II (Marta Velarde); Puy du Fou Spagna (José Ramón Molinero); Manuel Martínez-Sellés (Collegio dei Medici di Madrid); la campagna "Vivan los padres" dell'Associazione Cattolica dei Propagandisti (ACdP) (Pablo Velasco); il "Proyecto Nosotras" di Dale una Vuelta (Blanca Elía); il documentario 'Soy Fuego, la vida del padre Henry' (padre Brian Jackson); il Rosario delle 23.00 (Belén Perales); il regista Juan Manuel Cotelo (Sofía Cotelo); lo Xacobeo 2021-2022 (Javier Vázquez Prado); e il film Cuore di padre (Andrés Garrigó).

All'inizio del gala della rivista, che ha più di 60.000 abbonati in tutta la Spagna e 14 anni di vita, il rettore dell'Universidad Francisco de Vitoria, Daniel Sada, si è congratulato con "Misión" e ha ricordato che l'istituzione è sempre stata strettamente legata e impegnata con la rivista fin dalla sua nascita.

"Questa pubblicazione ci sembra ancora un miracolo che rientra nella categoria dell'improbabile, visto che continua a essere pubblicata ogni anno, mantenendo la qualità che ha e rappresentando non solo una buona proposta per le famiglie, ma per la società nel suo complesso". In 'Mission' vi prestate alle cose improbabili che Dio intende improvvisamente fare nella nostra vita", ha detto Daniel Sada.

Ai vincitori del premio: "Ci restituite la speranza".

Isabel Molina Estrada, direttrice della pubblicazione, ha ringraziato tutte le iniziative vincenti, dicendo: "A volte sembra che la fede si stia spegnendo, ma voi ci ridate la speranza. Insieme ai vincitori degli altri anni, ci dimostrate che il Vangelo è vivo, che Cristo continua a suscitare conversioni ogni giorno e a infiammare il mondo.

Legata all'Università Francisco de Vitoria, al movimento Regnum Christi e ai Legionari di Cristo, "Misión" è una pubblicazione generalista, trimestrale, di ispirazione cattolica, focalizzata sul pubblico delle famiglie, con più di 400.000 lettori, e gratuita al cento per cento, secondo i suoi promotori.

Javier Cereceda L.C., direttore territoriale dei Legionari di Cristo in Spagna, ha invitato a lavorare uniti all'interno della Chiesa. "Che il Signore ci conceda di non perderci d'animo in questo mondo, di continuare ad essere orgogliosamente in piedi per Lui, ne vale pienamente la pena. Grazie a coloro che già lo fanno, spesso con il disprezzo del mondo, spesso nell'ignoranza, ma sempre uniti e nella Chiesa. Grazie a coloro che lavorano attraverso questa rivista affinché possiamo essere un piccolo centro di unione per tanti sforzi nella Chiesa", ha detto.

L'autoreFrancisco Otamendi

Vaticano

"L'uomo del mistero. L'esposizione della Sindone di Torino

Rapporti di Roma-14 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

La Cattedrale di Salamanca (Spagna) ospita la mostra "L'uomo del mistero", organizzata da Artisplendore Exhibitions, che presenta un'opera iperrealistica dell'uomo la cui sagoma è raffigurata nella sindone.

L'idea degli organizzatori è che questa mostra "L'uomo del mistero La ricostruzione più accurata di quello che potrebbe essere stato il volto e il corpo di Gesù sta facendo il giro del mondo. 

Papa Francesco ha celebrato la Messa nel 60° anniversario del Concilio Vaticano II. Durante la celebrazione è stato ricordato il discorso di apertura di Giovanni XXIII. Il pontefice ha chiesto di non lasciarsi scoraggiare da chi sostiene che la Chiesa sia peggiore che mai, senza ricordare i problemi che hanno accompagnato altri concili del passato.


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Iniziative

Omnes - Incontro Carf su "Le donne nella Chiesa".

L'incontro Omnes - Carf "Donne nella Chiesa" potrà essere seguito sul canale YouTube di Omnes mercoledì 19 ottobre dalle ore 19:00 con la partecipazione di Franca Ovadje (Nigeria) e Janeth Chavez (USA).

Maria José Atienza-14 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Negli ultimi anni, la riflessione e il dibattito sulla presenza delle donne nella Chiesa sono stati una costante della vita sociale ed ecclesiale.

Nello sviluppo di questa riflessione, in molte occasioni, la visibilità delle donne è stata confusa con il fatto di occupare posizioni, senza completarla con la rivalutazione dell'enorme e vario lavoro che le donne svolgono in tutti i campi della società.

Questo tema sarà al centro della prossima edizione del Incontri Omnes - Carf.

Attraverso il lavoro di due donne impegnate a favore delle loro compagne in campi eterogenei, potremo conoscere l'importanza di progetti e lavori diversi affinché le donne abbiano, sotto tutti gli aspetti, le maggiori opportunità e la meritata valorizzazione nei campi in cui sono presenti.

All'incontro parteciperanno Franca OvadjePremio Harambee 2022Fondatore e direttore esecutivo del Istituto di ricerca Dannein Nigeria, che guida il progetto TECH, attraverso il quale sostiene e incoraggia l'accesso delle donne alle carriere nel campo della tecnologia e dell'ingegneria, e con Janeth Chávezdirettore di Gruppi magnifici, una piattaforma di formazione umana per le donne negli Stati Uniti.

"Le donne nella Chiesa"può essere seguito tramite il file Canale YouTube di OmnesL'evento si terrà mercoledì 19 ottobre a partire dalle 19:00 ora spagnola.

L'arma dell'Apocalisse

Rileggendo l'Apocalisse in chiave odierna, possiamo trovare oggi le nuove bestie e i draghi che ci spaventano, ma che non raggiungeranno la vittoria finale.

14 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

"Non voglio tristezza e malinconia nella mia casa", diceva Santa Teresa di Gesù alle sue suore. Alla vigilia della sua festa, mi chiedo se ci sia davvero un motivo per essere gioiosi in un mondo che sembra sprofondare sotto i nostri piedi.

Quando la più grande pandemia globale degli ultimi decenni sembrava allontanarsi dallo specchietto retrovisore, lasciandoci la sensazione che fosse solo un brutto sogno, la "terza guerra mondiale", come lo stesso Papa Francesco ha già ribattezzato il conflitto che l'intera umanità sta combattendo, per ora, sullo scacchiere dell'Ucraina, copre di nubi oscure il futuro dell'Europa e del mondo.

Se a ciò si aggiungono le conseguenze del cambiamento climatico, con siccità record e la minaccia di eventi meteorologici estremi, cosa possiamo aspettarci nei prossimi anni se non sofferenze di ogni tipo? Inoltre, con la possibilità di un armageddon nucleare sul tavolo, gli anni a venire esisteranno o l'umanità sarà stata solo un blip insignificante in mezzo agli eoni di vita sul pianeta Terra?

Sono certo che la fede cristiana può aiutarci a ritrovare la speranza facendo qualcosa di più che pregare per la fine delle ostilità e per un miglioramento del clima - anche se questo è molto necessario - e la soluzione si trova nel Libro dell'Apocalisse, un libro tanto nominato quanto sconosciuto dagli stessi credenti.

L'ultimo libro della Bibbia, infatti, lungi dal servire a incutere paura e terrore, come sembrerebbe a un lettore non esperto di fronte alle visioni che descrive, cerca di incoraggiare, confortare e promuovere la speranza nella comunità cristiana a cui si rivolge. Le terribili visioni che descrive non sono previsioni future da temere, ma modi metaforici per alludere a mali già presenti, come la mostruosa persecuzione dell'Impero romano in quel periodo, incoraggiando i fedeli a resistere confidando nell'assistenza divina. Non è, insomma, un testo catastrofista, ma ha un carattere positivo e gioioso.

Rileggendo l'Apocalisse in chiave odierna, possiamo trovare oggi le nuove bestie e i draghi che ci spaventano, ma che non otterranno la vittoria finale, perché la donna vestita di sole (immagine di Maria o della Chiesa) e l'agnello ucciso (immagine di Cristo) prevarranno alla fine della storia. È un invito, insomma, a non avere paura nonostante tutti i dolori, perché la chiave degli eventi è nelle mani di Dio, e solo Lui conosce il giorno e l'ora di ciascuno.

Ci sono tempi duri, come ce ne sono sempre stati nella storia dell'umanità, ma il cristiano è sostenuto dallo spirito delle beatitudini, pilastro del Vangelo: beati i poveri, quelli che piangono, i perseguitati... Nonostante le prove di questo mondo, possiamo sperimentare, già qui, le primizie del Regno dei cieli: la gioia, la consolazione, la speranza della giustizia alla fine dei tempi. Sapere di essere amati e riconoscere Dio nelle pieghe della storia è motivo di speranza e repellente per i demoni della tristezza e della malinconia che ci attendono.

Di fronte alla paura e all'incertezza, è bene invocare la speranza cantando, con il salmista: "Il Signore è con me, non temo; che cosa può farmi l'uomo?" e rivolgersi ancora una volta alla santa d'Avila che ci ricorda: "Aspettate, aspettate, perché non sapete quando verrà il giorno o l'ora". Osservate con attenzione, perché tutto passa velocemente, anche se il vostro desiderio rende il certo dubbio e il breve tempo lungo. Vedete che più combattete, più mostrerete l'amore che avete per il vostro Dio e più gioirete con il vostro Amato con una gioia e un piacere che non possono avere fine".

La speranza è un'arma invincibile. Letteralmente, l'arma dell'apocalisse.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Evangelizzazione

250 evangelizzatori digitali partecipano al processo sinodale

Tra le molte ramificazioni del processo sinodale in corso in tutta la Chiesa, una in particolare ha riguardato l'ambiente digitale, che ha guadagnato un proprio spazio di rilevanza.

Giovanni Tridente-14 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

RIIALil Rete informatica della Chiesa in America Latinache da oltre trent'anni realizza iniziative di comunicazione e pastorale digitale. Su sua iniziativa e con la supervisione del Dicastero per la Comunicazione, nei mesi scorsi è stata avviata una consultazione con il persone di internet con il progetto La Chiesa vi ascoltaapplicare la "pastorale dell'orecchio" tanto cara a Papa Francesco, con l'approccio della "Chiesa in uscita", anche in questi spazi.

Circa 250 partecipanti hanno preso parte evangelisti digitaliLa "Commissione Europea", come è stata chiamata, che attraverso un questionario online ha aperto questa conversazione di ascolto per coinvolgere soprattutto chi è lontano, ma anche per cominciare a gettare le basi di un vero e proprio la pastorale del continente digitale.

Per quanto riguarda le diocesi e le conferenze episcopali, la missionari digitali ha prodotto anche una sintesi di questa prima fase di ascolto, consegnata alla Segreteria generale del Sinodo. Sono stati compilati 110.000 questionari, per un numero stimato di 20 milioni di persone coinvolte, tenendo conto degli impegni e delle azioni della rete: 115 Paesi coinvolti e 7 lingue coperte (inglese, spagnolo, francese, portoghese, italiano, malayalam e tagalog).

Una realtà trasversale da accompagnare

Le dieci pagine del documento chiariscono, prima di tutto, che si tratta di una progetto pilotaSi tratta di una finestra su una realtà trasversale, come il continente digitale, che va anch'essa accompagnata.

Una delle scoperte fatte dall'esperienza dell'ascolto digitale è l'esistenza di un gran numero di laici, non solo sacerdoti, religiosi o consacrati, che evangelizzano sul web con audacia e creatività. In realtà, esistono veri e propri processi interattivi "tra annuncio, ricerca della fede e accompagnamento".Il documento afferma che. Di tutte le influencer coinvolti, 63 % erano, ovviamente, catechisti e laici impegnati.

Allo stesso tempo, "Gli evangelizzatori hanno espresso il bisogno di essere ascoltati, aiutati, riconosciuti e integrati nell'azione più ampia della Chiesa".. Oltre a stabilire una relazione "formale e reciproca". con l'Istituzione, al fine di contribuire anche alla sua cultura comunicativa.

Un'altra questione è quella di abbandonare la considerazione della realtà digitale come un mero strumento e di intenderla invece come una sito (locus) da abitare "con un linguaggio e una dinamica propri"..

Oltre ai credenti battezzati e praticanti, si è registrata una significativa partecipazione di persone distante o che hanno preso le distanze (40 %); agnostici, membri di altre religioni e atei (10 %) che hanno voluto partecipare al progetto di ascolto compilando il questionario. L'immagine che è emersa è quella di "Persone ferite che esprimono le loro domande esistenziali".. Molti si sentono esclusi, disillusi... e tra i motivi che spingono all'abbandono, il principale riguarda la "scandalo legato alla pederastia e alla corruzione nella Chiesa".che, tra l'altro, non risponde nemmeno a "le loro preoccupazioni e priorità; altri si sentono giudicati"..

Si tratta ovviamente di un primo passo, che tutti si augurano possa essere proseguito nelle prossime fasi del progetto. Sinodoper dare maggiore consistenza alla presenza della Chiesa in questo luogo trasversale che è internet.

"Aver realizzato il progetto La Chiesa vi ascolta è un frutto bello e grande".Lucio Adrian Ruiz, segretario del Dicastero per la Comunicazione, ha confidato, "che getta un seme importante già nel presente, e soprattutto per il futuro".. Infatti, "Al di là dell'importanza e della grandezza dei contenuti prodotti, c'è qualcosa di ancora più essenziale ed è il processo sinodale stesso, come ripete spesso Papa Francesco".

L'iniziativa è stata anche convalidato pubblicamente dalla Segreteria Generale del Sinodo, in occasione della conferenza stampa di presentazione della fase continentale del cammino sinodale, che inizia questo mese.

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Mondo

Samad: la guerra ha stravolto la sua vita e gli ha dato una nuova vita, sempre per gli altri.

Abbiamo parlato con Samad Qayumi, originario dell'Afghanistan, per conoscere la sua storia di migrante in Europa.

Leticia Sánchez de León-14 ottobre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Samad è un amico del Suore Scalabriniane Secolari Missionarieche lo ha incontrato a Solothurn, in Svizzera. Come molti migranti, anche lui è stato trovato in un momento molto critico, poco dopo l'arrivo in terra straniera, quando la ferita della partenza è fresca, le incertezze dovute ai permessi di soggiorno sono molte e la necessità di condividere il viaggio con qualcuno è molto importante.

Così è stato con Samad: dai primi passi, attraverso le diverse tappe del percorso, l'amicizia è cresciuta e si è rafforzata e la sua testimonianza, che ci ha fatto bene fin dall'inizio, è diventata nel tempo un dono per tanti giovani, un aiuto per riflettere, per imparare ad apprezzare ogni momento della vita, anche quelli più difficili, e per non smettere mai di sperare, perché l'amore attraversa sempre la storia, qualunque cosa accada, e la sta portando avanti.

Samad, puoi presentarti?

Mi chiamo Samad Qayumi. Sono nato e cresciuto a Kabul, in Afghanistan, dove ho anche completato gli studi universitari con una laurea in ingegneria. Ho lavorato nel settore petrolifero in Iran e poi, tornato in patria, sono stato assunto in un'azienda di Mazar-e-Sharif che produceva fertilizzanti e impiegava 3.000 persone. Ho iniziato come ingegnere capo, sono diventato vice direttore e poi direttore di questo impianto. Ho sempre cercato di fare bene il mio lavoro e di andare d'accordo con tutti.

E come è arrivato ad assumere responsabilità politiche?

Inaspettatamente, nel 1982, ricevetti un telegramma dal Primo Ministro che mi invitava a recarmi a Kabul. Si trattava della mia nomina a capo di tutte le province, carica che ho ricoperto per quattro anni. Quando si presentavano problemi nei settori dell'istruzione, della sanità, dell'agricoltura, dell'edilizia o in altri ambiti, venivo contattato e, insieme al ministro competente, cercavo una soluzione.

E poi il salto nel mondo della formazione... 

In seguito sono stato nominato Ministro dell'Istruzione. In questa posizione mi sono occupato principalmente della costruzione e del miglioramento delle scuole nel nostro Paese. Ho sempre creduto che l'istruzione sia fondamentale per il futuro dell'Afghanistan.

Per essere meglio preparata a questo compito ho fatto un dottorato in pedagogia. Il lavoro è stato immenso perché il sistema educativo era arretrato e anche perché i fondamentalisti erano molto attivi e continuavano a distruggere gli edifici scolastici e a uccidere gli insegnanti.

Cosa ha cambiato il corso della sua storia?

Nel 1989, sono stato nuovamente nominato responsabile delle province e sono rimasto in questa posizione fino al 1992, quando la mujhaiddin sono saliti al potere. Sei milioni di afghani hanno dovuto lasciare il Paese. Anch'io sono dovuto fuggire con la mia famiglia nel giro di due ore, lasciandomi tutto alle spalle. Altri membri del governo erano già stati uccisi. Per due mesi siamo rimasti vicino al confine con il Pakistan, in attesa che la situazione migliorasse. Poi abbiamo lasciato il Paese e, con due dei nostri tre figli, siamo arrivati in Svizzera. Avrei preferito andare in Germania, ma all'epoca i trafficanti che organizzavano la fuga avevano più facilità a portare i richiedenti asilo in Svizzera.

Quando siete arrivati in Svizzera, siete riusciti a ricostruire le vostre vite?

Una volta in Svizzera, ci siamo sentiti finalmente al sicuro. Tuttavia, per sei anni e mezzo, mentre la nostra domanda di asilo veniva esaminata, non abbiamo potuto né studiare né lavorare: abbiamo dovuto vivere con il sostegno dello Stato. Ci siamo chiesti: ¿Quando finirà la nostra attesa? È stato un periodo molto difficile. In Afghanistan non avevo tempo libero, non avevo vacanze e qui mi sono trovato improvvisamente senza alcuna occupazione... Mia moglie in Afghanistan era un'insegnante. Ogni giorno pensava ai suoi studenti, piangeva e si interrogava sul suo destino. Ha avuto anche momenti di depressione.

Come siete riusciti a resistere?

Vivere senza avere un lavoro da svolgere può portare a una perdita di fiducia in se stessi, a non sapere più se si è in grado di fare qualcosa. In quegli anni, durante il lungo periodo di inattività a cui sono stata costretta, ho letto il Corano e la Bibbia e sono riuscita a vivere quel periodo senza rabbia e rancore grazie alla fede e alla preghiera: ho sempre creduto che Dio non mi avrebbe abbandonata. Leggendo il Vangelo, sono rimasto particolarmente affascinato dalla risposta di Gesù alla domanda dei suoi discepoli sul comandamento più grande: "Ama il prossimo tuo come te stesso", "Amatevi come io vi ho amato".

Allora qualcosa è migliorato?

Dopo più di sei anni di attesa, abbiamo finalmente ricevuto una risposta positiva alla nostra richiesta di asilo e da quel giorno mi è stato detto che dovevo trovare subito un lavoro, ma non è stato facile. Dopo i primi tentativi di trovare un lavoro, l'agenzia di collocamento mi ha chiesto per quanto tempo volessi continuare a vivere a spese degli altri. Sono andata a fare domanda in molti posti, ma quando mi chiedevano cosa avessi fatto prima, ricevevo sempre risposte negative. Tuttavia, non ho smesso di cercare, perché è importante per un uomo essere in grado di fare qualcosa con e per gli altri.

Dopo tre anni, un giorno ho avuto l'opportunità di fare domanda per un lavoro come portiere nel condominio in cui vivevamo. La prima volta che ho tagliato l'erba mia moglie ha pianto. In seguito, dato che il lavoro era troppo impegnativo, ha iniziato ad aiutarmi anche lei. Questo ha cambiato anche i rapporti con i vicini: prima erano molto distanti, ci evitavano, poi hanno iniziato a parlare e a intrattenersi con noi.

In seguito sono stato assunto come guardia in un museo storico di armi e armature. Ma dopo due anni, grazie alle mie competenze tecniche, sono diventato restauratore di armature antiche.

Credete che la vostra vita passata e la vostra storia possano essere un dono prezioso per gli altri?

In quegli anni ho conosciuto il Centro Internazionale di Formazione Giovanile (IBZ) "Il Centro Internazionale di Formazione Giovanile (IBZ)".J. B. Scalabrini"Ho iniziato a collaborare con i missionari secolari scalabriniani nell'opera di sensibilizzazione e formazione dei giovani. Ho potuto presentare la mia esperienza e le mie riflessioni a molti studenti universitari, soprattutto delle facoltà di pedagogia e giurisprudenza, o a gruppi di giovani di diverse nazionalità che partecipavano a incontri internazionali. I temi che solitamente tratto sono la situazione in Afghanistan, le condizioni di vita dei richiedenti asilo e dei rifugiati, ma anche la mia personale testimonianza di vita, i valori che mi hanno guidato fin dalla giovinezza.

Spesso dico ai giovani che è importante avere molta pazienza ed essere pronti a fare il primo passo verso l'altro. L'amore fa crescere l'altro ed è la chiave per costruire la pace. Chi ama fa tutto per l'altro. Chi non ama distrugge, viene per odiare e fare la guerra. Attraverso l'amore è possibile perdonare, superare l'odio ed essere felici.

L'autoreLeticia Sánchez de León

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Zoom

60° anniversario del Concilio Vaticano II

Papa Francesco presiede la Messa nella Basilica di San Pietro l'11 ottobre 2022, 60° anniversario dell'apertura del Concilio Vaticano II.

Maria José Atienza-13 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Spagna

Carmen PeñaIl diritto canonico ha il compito di creare un quadro di riferimento per la prevenzione degli abusi".

L'abuso di coscienza, la vulnerabilità o l'indagine preventiva nei casi di abuso sessuale sono alcuni dei temi che verranno affrontati in una giornata straordinaria di diritto penale, il Associazione spagnola dei canonisti.

Maria José Atienza-13 ottobre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Da quando la Chiesa ha assunto un ruolo guida nella lotta contro gli abusi sessuali, promulgando varie iniziative politiche, si è assistito a una crescente preoccupazione di porre l'accento sulla protezione della vittima e sulla salvaguardia dei diritti di coloro che sono coinvolti in un procedimento giudiziario.

Abbiamo parlato con Carmen Peña, presidente dell'Associazione spagnola dei canonisti, pochi giorni prima dell'incontro.

Da alcuni anni stiamo osservando diversi cambiamenti e progressi nel trattamento dell'abuso sessuale nel Diritto Canonico. Quali sono, secondo lei, le chiavi del nuovo Libro VI del Codice? 

-La questione dell'abuso sessuale è molto complessa e consente diversi approcci, tra cui il diritto penale. In effetti, la punizione penale è l'ultimo rimedio, potremmo dire, in quanto punisce il crimine già commesso, che è di per sé un fallimento del sistema.

Il trattamento ecclesiale degli abusi, sia sessuali che di coscienza e di potere, consente - e richiede - un approccio molto più ampio, che è stato sviluppato negli ultimi anni nelle norme e negli interventi pontifici che si sono succeduti: così, l'attenzione è stata posta maggiormente sulla prevenzione, sulla creazione di ambienti sicuri nelle entità ecclesiali e nelle opere religiose, e si è cercato di generare un cambiamento di atteggiamento nel trattamento di questi abusi.

Anche dal punto di vista penale - insufficiente, ma necessario - c'è stato un susseguirsi di regolamenti. In particolare, nel recente riforma del sesto libro del Codicesono intervenuti significativi cambiamenti nella disciplina sostanziale di questi abusi, non solo con un generale inasprimento delle pene per questi reati o con la limitazione dei termini di prescrizione, ma anche con l'ampliamento dei soggetti suscettibili di commettere questi delitti canonici, che non sono più solo i chierici, ma anche i laici che svolgono uffici o funzioni nella Chiesa.

Uno degli ambiti in cui si è verificato un significativo cambiamento di mentalità è quello del cosiddetto abuso di autorità: come si fa a capire se questo tipo di abuso, certamente complesso da individuare, è esistito? Come si pone il Codice di Diritto Canonico di fronte a questo tipo di abuso, cosa che prima non faceva? 

-In effetti, le nuove norme hanno introdotto concetti molto difficili da delimitare dal punto di vista giuridico, e ancor più in campo penale, dove l'interpretazione è necessariamente rigorosa. Questo sarebbe il caso di concetti come l'abuso di autorità o i soggetti vulnerabili, la cui esatta portata e il cui contenuto sono tutt'altro che chiari. Per questo motivo, in occasione della Conferenza dell'Associazione spagnola dei canonisti del 20 ottobre, abbiamo voluto prestare particolare attenzione a questi concetti per cercare di chiarirli, non tanto dal punto di vista dell'elucubrazione teorica, ma con l'obiettivo di facilitare il compito degli agenti legali nel trattamento e nella risoluzione di questi casi.

Per quanto riguarda il abusi di autorità In particolare, al di là della sua configurazione penale, è necessario insistere sulla necessità di portare un cambiamento nelle abitudini e nelle modalità di governo che aiutino a evitare abusi e arbitrarietà. L'obiettivo non è solo quello di evitare esercizi abusivi o criminali dell'autorità, ma anche di evitare l'uso di pratiche arbitrarie e arbitrarie.r creare in modo proattivo dinamiche e abitudini di buon governo nell'esercizio dell'autorità nella Chiesa, oltre a promuovere una cultura della cura, verso tutte le persone e soprattutto verso i più vulnerabili.

Dopo questi anni in cui questo è stato "l'argomento" nei media e nelle conversazioni degli esperti all'interno della Chiesa, quali sono le aree che meritano maggiore attenzione? Perché continuare a studiare e approfondire questo campo del diritto canonico? 

-Sebbene l'approccio all'abuso, sia esso sessuale, di coscienza o di autorità, debba necessariamente essere interdisciplinare, esso comporta anche questioni teologiche, spirituali, morali e psicologiche, Anche il diritto canonico ha un ruolo importante da svolgere. In realtà, nel diritto canonico esistevano già norme che tutelavano l'inviolabilità della coscienza delle persone, che predicavano la distinzione delle giurisdizioni, che sanzionavano l'uso della penitenza per fini spuri, ecc.

Ma c'è ancora molto da fare.

Nel campo della prevenzione, il Diritto Canonico è responsabile della creazione di un quadro di buon governo e di relazioni interpersonali che favoriscano l'eliminazione dell'arbitrio, l'istituzione di meccanismi di controllo e l'individuazione di comportamenti irregolari.

E, per quanto riguarda il abuso Oltre alla creazione di canali di segnalazione chiari, accessibili ed efficaci, sarà essenziale migliorare l'approccio al diritto penale, soprattutto a livello procedurale.

A titolo personale, ritengo che la riforma dei procedimenti penali sia ancora in corso e che debba garantire meglio i diritti di tutte le persone coinvolte. Ciò implicherebbe la revisione di aspetti quali la regolamentazione della posizione giuridica e la possibilità di azione delle vittime nei procedimenti per questi reati, la necessità di evitare la rivittimizzazione, o il raggiungimento di un effettivo risarcimento per i danni causati, ma anche la salvaguardia dei diritti delle vittime. certezza del diritto e il diritto di difesa degli accusati, il ripristino del loro buon nome in caso di false accuse, ecc.

Come combinare il lavoro del diritto canonico e del diritto civile ordinario in questioni di questa natura?

Nel caso specifico del perseguimento dei reati sessuali, il principio da seguire, una volta superate le vecchie concezioni autodifensive, è quello della piena collaborazione delle autorità ecclesiastiche con quelle civili nelle indagini su questi reati.

Tuttavia, a livello giuridico, sarebbe opportuno, nell'interesse delle vittime, della certezza del diritto, dei diritti delle parti e dell'indagine sul reato stesso, approfondire questioni come la ricezione reciproca dei procedimenti svolti nei tribunali statali e canonici, la portata dell'obbligo di denuncia, ecc.

Poiché si tratta di abusi all'interno della Chiesa e non solo da parte di chierici/religiosi, come procedete nei casi di abusi da parte di laici in ambito ecclesiale?

-Come ho indicato, la commissione di questi reati da parte di laici non è stata regolamentata dal diritto canonico fino al recente riforma del libro VICiò è dovuto in gran parte allo scopo del diritto penale canonico stesso, che non intende sostituire o duplicare il diritto penale statale, che già prevede questi reati, indipendentemente dal fatto che siano commessi da chierici o da laici.

Tuttavia, questo non significa che la Chiesa non abbia la responsabilità di prevenire gli abusi commessi da laici in ambienti che dipendono da essa, ed è per questo che, anche prima della riforma del Codice, si chiedeva di attuare misure per creare ambienti sicuri per i bambini e gli adolescenti nelle scuole, nelle parrocchie, ecc.

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Spagna

San Isidro. Storia e devozione

Sant'Isidoro è sorprendentemente attuale. Un contadino del XII secolo è ancora attuale nell'era tecnologica del XXI secolo. La sua vita e la devozione mantenuta nei secoli ci ricordano che è un esempio che non passa mai di moda.

Cristina Tarrero-13 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Cattedrale dell'Almudena ospita beni legati alla figura di sant'Isidoro il Labrador che ci aiutano a dare forma e a scoprire la sua figura. Il suo corpo riposa nella collegiata che porta il suo nome, ma il suo legame con il tempio principale di Madrid è evidente fin dal momento in cui si entra in chiesa per pregare. Dal 1993, la Cattedrale dell'Almudena espone l'arca che conteneva il corpo del santo. Nell'anno del Giubileo, l'arca, senza spostarsi dalla sua collocazione originaria, è stata musealizzata e permette al visitatore di osservarla in modo più dettagliato e minuzioso. Qui possiamo scoprire i suoi miracoli e la prima immagine del santo, che ci avvicina senza dubbio al mondo medievale, un'immagine molto diversa da quella presentata oggi. Secondo il dipinto sull'arca, Isidro, con un'aureola in testa (halo o nimbus), indossa la lunga tunica tipica dei braccianti castigliani, la saya, con maniche strette. La sua rappresentazione è molto familiare, in quanto è accompagnata dalla moglie, Santa María de la Cabeza. Questa immagine è molto diversa da quella che è giunta fino a noi e che riconosciamo nelle incisioni e nelle tele, così come è stata fissata tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo, quando è stata canonizzata e ha seguito modelli moderni piuttosto che medievali. L'immagine dell'arca è quindi la rappresentazione artistica più fedele del santo, in quanto indossa gli abiti che gli corrispondono. 

In questa stessa cappella si possono contemplare alcuni leoncini che sostenevano l'arca e due figure della santa coppia realizzate dallo scultore Alonso de Villalbrille y Ron, di grande qualità. I miracoli descritti nell'arca sono ancora oggi di grande attualità, in quanto ci mostrano la preghiera del santo durante il suo lavoro, la sua cura della natura con i piccioni e l'aiuto che lui e sua moglie davano ai bisognosi. 

Visitare la Giostra in questo anno giubilare e vedere l'arca del Santo non significa solo conoscere la sua immagine e scoprire uno dei suoi primi sepolcri, ma anche approfondire la sua figura attraverso un cronogramma che è stato installato e che descrive il fervore che ha suscitato nel corso della storia. Questo cronoprogramma non solo ci conduce attraverso Madrid e la fede di tanti devoti, ma ci sorprende anche con la devozione che i re spagnoli professavano nei suoi confronti. Su uno dei pannelli si può vedere una fotografia della cassa d'argento che abbiamo visto lo scorso maggio quando Sant'Isidoro ha fatto la sua processione verso la Cattedrale. Era un dono della regina Mariana di Neoburgo e completava quello realizzato qualche anno prima in occasione della sua beatificazione. La corporazione degli argentieri di Madrid aveva realizzato nel 1619 un pezzo eccezionale per custodire il corpo del santo in occasione della sua beatificazione e nel 1692 la regina Mariana di Neoburgo, essendo malata, si affidò al santo per chiederne la guarigione; a tal fine, il suo corpo fu trasferito negli appartamenti reali. Una volta guarita, attribuì la guarigione all'intervento di Sant'Isidoro e ordinò di realizzare un nuovo interno, che è quello attualmente conservato. Abbiamo potuto vedere questo scrigno solo durante l'esposizione e la venerazione del corpo incorrotto del santo lo scorso maggio, poiché il corpo è conservato all'interno dell'urna esposta nella Collegiata di San Isidro. Il pezzo commissionato dalla regina è realizzato in noce e in seta con filigrana d'argento e ha otto serrature. È stato realizzato dall'argentiere Simón Navarro, dal ricamatore José Flores e dal fabbro Tomas Flores. In occasione del centenario della canonizzazione, è stata restaurata dal laboratorio di argenteria Martínez, a spese del Capitolo della Cattedrale, erede del Capitolo di San Isidro, che era responsabile della cura e della devozione del santo e aveva sede nella Collegiata prima della costituzione della diocesi. 

Il Capitolo della Cattedrale custodisce anche pezzi eccezionali che ci avvicinano alla devozione per Sant'Isidoro, tra cui il codice di Juan Diácono e il terno della sua canonizzazione. Il codice è il più antico testo che riporta i miracoli del santo, datato intorno al XIII secolo, ed è un documento trascendentale per conoscerlo. Descrive i miracoli da lui compiuti e funge da guida per i sacerdoti che custodiscono il corpo e assistono i pellegrini che si recano alla parrocchia di Sant'Andrea, dove fu inizialmente sepolto. Il codice è stato studiato in molte occasioni e quest'anno, in occasione dell'anno giubilare, il Capitolo della Cattedrale ha incaricato l'Instituto de Estudios Madrileños di digitalizzarlo e tradurlo per farlo conoscere. La sua lettura è indubbiamente arricchente. D'altra parte, insieme ad altri oggetti, il museo espone la veste che tradizionalmente si ritiene sia stata indossata nel 1622 in occasione della canonizzazione, eccezionalmente ben conservata. Per tutti questi motivi, la cattedrale è un luogo da visitare in questo anno giubilare. Completa le visite ai templi isidrici e ci ricorda che la devozione ai santi patroni della diocesi è sempre stata strettamente legata.

L'autoreCristina Tarrero

Direttore del Museo della Cattedrale dell'Almudena. Madrid

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Spagna

Sant'Isidoro, nove secoli di esempio di santità nel matrimonio e nella vita familiare

Sant'Isidro Labrador, insieme alla sua sposa, Santa María de la Cabeza, sono un esempio di matrimonio cristiano, di santità nascosta sviluppata nella vita ordinaria. Nell'anno giubilare del santo patrono degli agricoltori, diamo uno sguardo alla sua figura e al suo esempio nel mondo di oggi.

Maria José Atienza-13 ottobre 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

"Mi piace vedere la santità nel popolo paziente di Dio: nei genitori che crescono i loro figli con tanto amore, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare a casa il pane: questa citazione da Gaudete et exsultate di Papa Francesco può essere applicata a Sant'Isidoro Labrador e a sua moglie, Santa Maria del Capo. 

La figura di sant'Isidoro, la cui canonizzazione risale a 400 anni fa, emerge con forza e piena attualità quasi dieci secoli dopo. 

Laico, marito e padre di famiglia, lavoratore..., sono le caratteristiche di questo Il "santo della porta accanto". sono stati riscoperti, non solo a Madrid, dove riposano le sue spoglie, ma anche nei molti luoghi del mondo in cui la devozione a Sant'Isidoro sopravvive ancora.

Una devozione quasi millenaria

Come sottolinea Joaquín Martín Abad, dottore in teologia, canonico della Cattedrale dell'Almudena e cappellano maggiore del Monastero Reale dell'Incarnazione di Madrid, per Omnes, "La devozione a sant'Isidoro è iniziata fin dall'inizio per tradizione orale. Fu quarant'anni dopo la sua morte che la popolazione di Madrid divenne collettivamente consapevole che Isidro, nome apocopato di Isidoro, era vissuto come un santo. E quarant'anni dopo la sua morte, come narrato nella Codice Giovanni Diacono Dopo un secolo e mezzo, furono i madrileni a procedere all'esumazione dal cimitero e alla traslazione del suo corpo, poi scoperto incorrotto, nella chiesa di San Andrés dove era stato battezzato".

Conoscitore della figura del santo patrono degli agricoltori, Martín Abad sottolinea che "La narrazione del codice è dettagliata e ci dice che questo trasferimento è stato fatto 'senza autorità pastorale', spontaneamente. Fino all'undicesimo e persino al dodicesimo secolo, il elevatio corporisl'esumazione dal suolo per innalzare il corpo su un altare, e la traslatio corporisIl trasferimento dal cimitero all'interno di una chiesa, se effettuato dal vescovo diocesano con il permesso dell'arcivescovo metropolitano e del consiglio provinciale, equivaleva a una canonizzazione locale. In questo caso, poiché è stato fatto senza autorità ecclesiastica, questo stesso fatto è diventato una difficoltà per la sua canonizzazione precoce da parte del Papa, poiché la canonizzazione è avvenuta solo cinque secoli dopo. Tuttavia, fin dall'inizio del trasferimento dal cimitero di San Andrés alla sua chiesa, il popolo e il clero di Madrid lo consideravano già santo".

Questa prima devozione si diffuse rapidamente. "La vita e i miracoli del santo erano persino inclusi nei libri dei santi. Dopo la beatificazione da parte di Papa Paolo V nel 1619 e la canonizzazione da parte di Gregorio XV nel 1622, con gli sforzi insistenti del consiglio di Madrid e dei re Filippo II, III e IV, e dell'arcivescovado di Toledo, il culto della santa si diffuse in tutto il regno di Spagna e in tutti i suoi regni, in tutta Europa e soprattutto in America e in Asia, dove questa devozione fu portata dai missionari spagnoli. Da allora, molte associazioni sono state sotto il suo patrocinio, e ci sono città e diocesi con lo stesso nome di "San Isidro" in Argentina e Costa Rica. Fu Papa Giovanni XXIII che, nel 1960, su richiesta del cardinale Pla y Deniel, arcivescovo di Toledo, dichiarò Sant'Isidoro patrono degli agricoltori spagnoli"..

Il codice di Giovanni Diacono

Uno dei più antichi documenti che riportano la vita del santo agricoltore si trova nella nota Codice Giovanni Diaconodel 1275. 

Questo codice, nota Jiménez Abad, "racconta dei miracoli che Sant'Isidoro operò durante la sua vita e, per sua intercessione, dopo la sua morte. Le cinque durante la sua vita: quella dei piccioni affamati che davano loro il grano che poi si moltiplicava; quella dei buoi che aravano con lui; quella del suo asino e del lupo che non lo attaccava; quella della pentola che sua moglie diceva essere vuota eppure c'era abbastanza da dare ai poveri che la chiedevano; e quella della confraternita, in cui si moltiplicava anche il cibo per tutti". 

Accanto a questo documento, la Bolla di Benedetto XIII pubblicata nel 1724, un secolo dopo la canonizzazione, "...".L'autore registra questi miracoli e, d'altra parte, ignora le bufale esistenti sul santo, inventate nel XVI secolo, e fissa la data della sua morte "intorno all'anno 1130". Poiché vi è consenso sull'anno di nascita (1082 circa), Sant'Isidoro sarebbe morto prima del suo cinquantesimo compleanno, e non all'età di novant'anni come volevano coloro che associano Sant'Isidoro al pastore che guidò Alfonso VIII e le sue truppe nella battaglia di Navas de Tolosa. E questa età, inferiore ai cinquant'anni al momento della morte, è ora confermata dallo studio medico legale della TAC. Quindi il toro aveva e ha ragione"..

Il santo che ti guarda

Martín Abad è prelato onorario del Papa dal 1998 e, in quest'anno 2022, è stato promotore di giustizia nel Tribunale delegato per i diritti umani. recognitio canonica e l'esposizione pubblica del corpo incorrotto di Sant'Isidro Labrador, esposizione che ha avuto luogo lo scorso maggio in occasione della celebrazione del Giubileo, che non si svolgeva dal 1985, quando si è celebrato il primo centenario della creazione della Diocesi di Madrid. 

Come spiega Martín Abad, "Il Cardinale Osoro, Arcivescovo di Madrid, ha nominato un tribunale per il processo di esumazione, riconoscimento canonico ed esposizione del corpo di Sant'Isidoro, composto dal Delegato Episcopale, dal Promotore di Giustizia, da un Notaio, da quattro esperti forensi e da due testimoni. Questo tribunale era presente: alla prima apertura dell'urna, il 12 gennaio; il 26 febbraio, quando è stata effettuata una TAC, i cui risultati saranno resi pubblici presso la Facoltà di Medicina dell'Università Complutense il 28 novembre; anche il 25 aprile e il 21 maggio, quando il corpo è stato esposto al pubblico fino al 29 maggio; in quei giorni circa centomila visitatori sono venuti a venerarlo.

Come Promotore di Giustizia, quando ho esaminato il corpo incorrotto del Santo con il tribunale, sono rimasto colpito non solo dallo stato di conservazione di tutto il corpo, poiché il suo scheletro è ricoperto da tessuti molli, carnosi ed epidermici, ma, soprattutto, dal fatto che le orbite oculari non sono vuote, poiché i bulbi oculari e le iridi di ciascuno di essi sono perfettamente conservati, in modo tale che guardandolo faccia a faccia sembrerebbe addirittura che avrebbe potuto guardarvi".

Lo stato di conservazione del santo, infatti, è stato oggetto di studio e di ammirazione da parte di devoti e non, fin dalle prime aperture della bara.

In questo senso, anche Joaquín Martín Abad sottolinea che ".Nel 1504, quando Juan de Centenera verificò la completezza del corpo, lo descrisse in uno stato di incorruzione: "in ossa e carne", e questa è la prima descrizione scritta conosciuta. Un vero e proprio presagio"..

Il Santo nella vita ordinaria

Sant'Isidoro Labrador è stato canonizzato nel 1622 insieme a Sant'Ignazio di Loyola, San Francesco Saverio, San Filippo Neri e Santa Teresa di Gesù. Era l'unico laico in un gruppo di illustri religiosi.

Sebbene la santità nella vita ordinaria sia stata una costante della Chiesa fin dalle sue origini, l'invito a riscoprire la vocazione universale alla santità vissuta oggi con la massima naturalezza, fa emergere la figura di sant'Isidoro, laico, lavoratore, padre di famiglia, come modello pienamente contemporaneo.

Questo aspetto viene sottolineato da Joaquín Martín Abad quando ricorda che "San Isidro è un modello di lavoratori. C'è una diffusa distorsione di ciò che il codice ci dice. Il santo lavorava, in compagnia della moglie, dando a Dio ciò che gli appartiene e ai suoi vicini la dovuta fraternità, come è dipinto sulla cassa funeraria in cui fu conservato il suo corpo dalla fine del XIII o dall'inizio del XIV secolo fino al XVIII secolo, cassa che si può vedere in una cappella del deambulatorio della cattedrale dell'Almudena. 

Quando fu accusato di non lavorare perché pregava, il suo datore di lavoro, andando a rimproverarlo, "vide improvvisamente nello stesso campo, per disegno della potenza divina, due gioghi di buoi bianchi che aravano accanto al servo di Dio, arando il campo con rapidità e determinazione". E poiché in seguito alcuni artisti dipinsero nello stesso quadro Sant'Isidoro che pregava e gli angeli con i buoi che aravano, ciò fece nascere falsamente la convinzione che, mentre lui pregava, altri lavoravano per lui. Ma non è stato così. Sant'Isidoro prima pregava e poi arava. Stava adempiendo ai doveri di Dio e ai doveri del suo lavoro.

La santità di Sant'Isidro, contadino laico in una cittadina minuscola come la Madrid di allora, in un angolo dell'arcivescovado di Toledo, è la santità nell'ordinario, l'eroismo delle virtù nella vita quotidiana. Un buon lavoratore, uno splendido marito e padre di famiglia".

Come ha sottolineato l'arcivescovo di Madrid all'apertura dell'Anno Santo di Sant'Isidoro: "È urgente promuovere il valore e la dignità della famiglia, difendere il lavoro dignitoso, prendersi cura della terra... Sant'Isidoro non era un teorico di queste realtà, ma un testimone cristiano dell'importanza di queste realtà nella vita dell'uomo, nella sua dignità di figlio di Dio". 

Un modello di santità matrimoniale che si riflette anche nell'iconografia e nel luogo in cui si venerano le spoglie della santa coppia. 

Nella collegiata di San Isidro "Colpisce il fatto che il sarcofago con il corpo incorrotto di Sant'Isidoro e l'urna con le reliquie di sua moglie, Santa Maria de la Cabeza, siano integrati al centro della pala d'altare della chiesa", Martin Abad sottolinea che. Aggiunge, "Lo stesso sguardo ci fa capire che il matrimonio dei santi è esemplare per tutti coloro che sono uniti da questo sacramento. E, stando insieme sulla pala d'altare, mostrano la fedeltà che hanno mantenuto in vita, perché questa fedeltà è stata perpetuata in questo modo, facendo esporre le reliquie dei due nello stesso luogo. L'amore vero nel matrimonio è per sempre, perché l'amore che non è per sempre non è autentico. Inoltre, l'amore coniugale è un processo in cui c'è sempre spazio per altro"..

L'anno giubilare di Sant'Isidoro

Il 15 maggio 2022, una Santa Messa presieduta dal cardinale arcivescovo di Madrid, monsignor Carlos Osoro, e celebrata nella collegiata che ospita le spoglie del santo e di sua moglie, ha aperto l'Anno Santo di Sant'Isidoro. 

Da allora, molti fedeli e devoti del santo agricoltore passano per la Reale Basilica Collegiata di Sant'Isidoro e possono salire alla cappella, dove possono pregare davanti alla cassa contenente il corpo incorrotto di Sant'Isidoro e alla teca contenente le reliquie di sua moglie, Santa Maria de la Cabeza.

Recandovi in pellegrinaggio potrete ricevere l'indulgenza plenaria soddisfacendo le consuete condizioni stabilite dalla Chiesa, e potrete persino ottenere un documento di accreditamento del vostro pellegrinaggio. 

Un momento per promuovere la devozione alla famiglia del santo contadino e per seguire il suo esempio di santità nella vita quotidiana nove secoli dopo.

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Vaticano

"Il desiderio non è il desiderio del momento", dice Papa Francesco

La quarta catechesi del Papa sul discernimento spirituale, incentrata sul ruolo del desiderio, si è svolta in Piazza San Pietro in una soleggiata mattinata romana.

Javier García Herrería-12 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Papa Francesco ha continuato la sua catechesi mercoledì 12 ottobre, in occasione della festa di San Giovanni Battista. discernimento. Nelle sessioni precedenti avevo parlato dell'importanza della preghiera e della conoscenza di sé per scoprire la volontà di Dio. Oggi ha riflettuto su un "ingrediente indispensabile": il desiderio. Infatti, il discernimento è una forma di ricerca, e la ricerca nasce sempre da qualcosa che ci manca ma che in qualche modo conosciamo"..  

Tutti gli uomini hanno desideri, alcuni nobili e altri egoistici. Alcune ci elevano e puntano alla migliore versione di noi stessi, altre ci sviliscono. Il Papa ha sottolineato che "il desiderio non è il desiderio del momento", ma la radice di "un desiderio di pienezza che non è mai pienamente soddisfatto, ed è il segno della presenza di Dio in noi". Se si sanno individuare i desideri che fanno bene all'uomo, si ha una "bussola per capire dove sono e dove sto andando".

Auguri

Le riflessioni del Papa hanno riconosciuto che spesso il problema è saper riconoscere quali desideri sono buoni e quali no. Per scoprirlo, suggerisce di notare come "un desiderio sincero sa colpire in profondità le corde del nostro essere, per questo non si spegne di fronte alle difficoltà o alle battute d'arresto", così che "gli ostacoli e i fallimenti non soffocano il desiderio, al contrario, lo rendono ancora più vivo in noi". A differenza del desiderio o dell'emozione del momento, il desiderio dura nel tempo, anche a lungo, e tende a realizzarsi. Se, ad esempio, un giovane desidera diventare medico, dovrà intraprendere un percorso di studio e di lavoro che occuperà diversi anni della sua vita, e di conseguenza dovrà porsi dei limiti, dire "no" innanzitutto ad altri percorsi di studio, ma anche a possibili svaghi o distrazioni, soprattutto nei momenti di studio più intenso. Ma il desiderio di dare una direzione alla sua vita e di raggiungere questo obiettivo gli permette di superare queste difficoltà.  

Il nostro mondo postmoderno ha scoperchiato il vaso di Pandora dei desideri umani, esaltando una libertà separata dal bene e dalla verità. Come ha detto il Santo Padre, "l'epoca in cui viviamo sembra favorire la massima libertà di scelta, ma allo stesso tempo atrofizza il desiderio, che si riduce per lo più al desiderio del momento". Siamo bombardati da migliaia di proposte, progetti, possibilità, che rischiano di distrarci e di non permetterci di valutare con calma ciò che vogliamo davvero".  

Imparare dal Vangelo

Per distinguere tra un desiderio e l'altro, il Papa ha suggerito di guardare all'atteggiamento di Gesù nel Vangelo. "È sorprendente che Gesù, prima di compiere un miracolo, chieda spesso alla persona il suo desiderio. E a volte questa domanda sembra essere fuori luogo. Ad esempio, quando incontra il paralitico alla piscina di Bethesda, che era lì da molti anni e non riusciva mai a trovare il momento giusto per entrare nell'acqua. Gesù gli chiede: "Vuoi essere guarito" (Jn 5,6) Perché? In realtà, la risposta del paralitico rivela una serie di strane resistenze alla guarigione, che non riguardano solo lui. La domanda di Gesù è un invito a liberare il cuore, ad accogliere un possibile salto di qualità: a non pensare più a se stesso e alla propria vita come a un "paralitico", portato da altri. Ma l'uomo sulla barella non sembrava così convinto. Nel dialogo con il Signore, impariamo a capire cosa vogliamo veramente dalla nostra vita.  

Il Papa ha fatto riferimento anche a un'altra scena evangelica, la guarigione del cieco di Gerico, quando Gesù chiede al protagonista "'Cosa vuoi che ti faccia?Mc 10,51), come rispondere? Forse potremmo finalmente chiedergli di aiutarci a conoscere il profondo desiderio di lui che Dio stesso ha messo nel nostro cuore. E dacci la forza di renderlo concreto. È una grazia immensa, alla base di tutte le altre: permettere al Signore, come nel Vangelo, di fare miracoli per noi. Perché anche Lui ha un grande desiderio per noi: renderci partecipi della sua pienezza di vita".  

Vaticano

Il movimento di Comunione e Liberazione in udienza dal Papa

Il 15 ottobre 2022 ricorre il centenario della nascita del Servo di Dio don Luigi Giussani. Un anno particolarmente opportuno per riflettere oggi sui suoi insegnamenti.

Giovanni Tridente-12 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

"Vogliamo affermare ancora una volta la nostra affettuosa sequela del Papa e in lui il nostro appassionato amore per Cristo e per la Chiesa". Questo è stato scritto qualche settimana fa dal presidente dell'associazione Fraternità di Comunione e LiberazioneDavide Prosperi, a tutti gli aderenti al movimento italiano fondato dal sacerdote Luigi Giussani, che sabato 15 ottobre saranno ricevuti in udienza speciale da Papa Francesco in Piazza San Pietro.

Sono attese più di 50.000 persone da oltre 60 Paesi di tutto il mondo, e il motivo principale è proprio il centenario della nascita del sacerdote, teologo e insegnante carismatico che, all'inizio degli anni '70, spinto anche dagli eventi sociali di quegli anni, diede vita a questo fiorente movimento giovanile dedicato all'evangelizzazione, che poi si diffuse in tutto il mondo.

L'allora cardinale Joseph Ratzinger, durante l'omelia dei funerali di don Giussani nel 2005, poche settimane prima della sua elezione a Papa, ricordò come fosse stato lo Spirito Santo a far nascere nella Chiesa, attraverso questo sacerdote, un movimento "che testimoniava la bellezza dell'essere cristiani in un tempo in cui era diffusa l'opinione che il cristianesimo fosse qualcosa di faticoso e opprimente da vivere".

Giussani, quindi, è riuscito a risvegliare nei giovani "l'amore per Cristo 'Via, Verità e Vita', ripetendo che solo Lui è la via per il compimento dei desideri più profondi del cuore umano" e che Cristo ci salva proprio attraverso la nostra umanità.

Una fase di "rinascita

I loro figli, scossi da molti processi negli ultimi anni - più recentemente, alcuni incomprensioni I nuovi cambi di leadership che hanno portato alle dimissioni anticipate del precedente presidente, lo spagnolo Julián Carrón, sono ora in una fase di "rinascita" che dovrebbe portare a superare alcune incomprensioni proprio in relazione al cambio di leadership alla guida del Movimento. 

La Santa Sede è intervenuta per accompagnare questo processo, che riguarda poi tutti i Movimenti di vecchia e nuova generazione, che devono ora seguire le linee guida del Decreto sull'esercizio del governo nelle associazioni internazionali di fedeli, private e pubbliche, emanato nel giugno 2021 dal Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita. In sostanza, questo decreto definisce una durata massima di 5 anni per i mandati nell'organo direttivo centrale, con possibilità di rinnovo ma non superiore a 10 anni, ad eccezione dei fondatori.

Costruire il bene comune

Tornando alla lettera di Prosperi agli aderenti di CL (come viene comunemente chiamata l'Associazione), leggiamo: "A Papa Francesco affidiamo dunque, come figli, il desiderio che dal profondo del cuore ci anima di offrire, attraverso la concretezza della nostra esistenza, il nostro contributo di fede e di costruzione del bene comune a beneficio di tutti i nostri fratelli e sorelle umani, continuando a supplicare, prima di tutto per noi stessi, Colui che solo può dissetare il cuore dell'uomo: Gesù di Nazareth".

L'evento in Piazza San Pietro

La cerimonia in Piazza San Pietro si aprirà con la recita della preghiera delle Lodi, la lettura di brani del Vangelo e la proiezione di interventi audiovisivi di don Giussani, che si alterneranno a canti eseguiti dal coro di Comunione e Liberazione.

L'arrivo di Papa Francesco è previsto per le 11.30; dopo i saluti del Presidente della Fraternità CL, saranno ascoltate le testimonianze di Rose Busingye (fondatrice e guida dell'organizzazione caritativa "Meeting Point International" di Kampala, Uganda) e di Hassina Houari (ex allieva del centro di aiuto allo studio di Portofranco, Milano).

Il giorno precedente, nell'Auditorium della Pontificia Università Urbaniana, verrà presentato il libro "Il cristianesimo come avvenimento. Saggi sul pensiero teologico di Luigi Giussani".La prima di tre raccolte di articoli sul pensiero del Fondatore di CL. Interverranno il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto del Dicastero per i Vescovi, Mons. Giuseppe Baturi, Arcivescovo di Cagliari e Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, e Don Javier Prades, Rettore dell'Università San Dámaso di Madrid.

"Siamo consapevoli del nostro nulla e, allo stesso tempo, siamo pieni di un'indomabile speranza in Colui che può tutto, nel seguire quel "bel cammino" di cui don Giussani non ha mai smesso di darci certezza", conclude Prosperi nella sua lettera agli aderenti, convocando tutti in Piazza San Pietro.

Letture della domenica

Il dono di una preghiera che non si stanca. 29a domenica del Tempo Ordinario (C)

Andrea Mardegan commenta le letture della 29ª domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera propone una breve omelia video.

Andrea Mardegan-12 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Quando Mosè persiste nella preghiera, Giosuè sconfigge Amalek. Ma se le sue braccia cadono per la fatica, Giosuè perde la battaglia. È faticoso tenere le braccia alzate per molto tempo: è un'immagine della stanchezza della preghiera. L'aiuto delle persone che ci amano, di Aronne e di Korah per Mosè, ci sostiene: continuiamo a pregare. 

Paolo scrive a Timoteo di altri aspetti della fermezza: nella fede che ha ricevuto e nell'istruzione delle Scritture, di cui loda l'efficacia: essa serve a insegnare, convincere, correggere, educare, maturare l'uomo di Dio e prepararlo per ogni opera buona. Non è cosa da poco! Timoteo è anche incoraggiato a insistere sulla proclamazione della parola, ammonendo, rimproverando ed esortando. In ogni caso, ciò che renderà efficace il suo discorso, anche se il momento non è quello giusto, è la forma: "con tutta la magnanimità". Con un cuore grande, con la carità come criterio di fondo, gli ricorda Paolo. 

La parabola della vedova che insiste con il giudice è raccontata solo da Luca, che la introduce già con l'interpretazione: la necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai. I protagonisti della storia sono la vedova, il giudice e l'avversario. Una vedova a quel tempo rappresentava il massimo della povertà e della fragilità. Forse anche i primi cristiani si sentivano così nei confronti dei loro avversari. Gesù delinea una differenza totale tra il giudice e Dio. Un giudice che non teme Dio e non ha riguardo per nessuno è la cosa peggiore che possa capitare: l'obbedienza al comando di Dio di amare e servire il prossimo non lo tocca, così come il rispetto della dignità umana. Si muove solo perché l'insistenza della vedova nuoce al suo benessere. Paradossalmente, Gesù propone lo stesso comportamento nella preghiera: essere insistenti, gridare a Dio giorno e notte, e ci assicura che Dio verrà subito a farci giustizia. Si potrebbe obiettare: se Dio è così diverso dal giudice, nella sua paternità e misericordia, perché è così necessario gridare a lui notte e giorno? E ancora: l'esperienza dei credenti è che a volte Dio non sembra intervenire o è lento a rispondere. Si può rispondere che il dono della preghiera è, in gran parte, la preghiera stessa, che ci mette in comunione con Dio, ci fa credere in lui, ci esercita alla speranza e all'abbandono fiducioso, ci porta ad amare e ad essere amati da lui. La preghiera ci permette di vincere l'Amalek che ci aspetta e ci tenta di diffidare di Dio e del suo amore, di vederlo come un nemico. Vincendo Amalek ci convertiamo e abbiamo la certezza che Dio viene subito in nostro aiuto, dandoci la fede di vedere le cose della vita come le vede Lui, e di abbandonarci alla sua volontà: in questo modo Dio risolverà tutto, ma a suo modo e a suo tempo. 

Omelia sulle letture della domenica 29

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Evangelizzazione

La "santità oggi" al centro di un convegno in Vaticano

Nella prima settimana di ottobre si è tenuto in Vaticano un congresso per riflettere sulla santità.

José Carlos Martín de la Hoz-11 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Il congresso "Santità oggi" (3-6 ottobre 2022), organizzato dall'associazione Dicastero per le cause dei santiL'incontro si è aperto con le parole di benvenuto del Cardinale Prefetto, Marcello Semeraro, e con l'espressa volontà di organizzarlo ogni anno e, infine, di pubblicarne al più presto gli atti. 

L'affluenza è stata tale da riempire l'auditorium dell'"Augustinianum" di Roma, poiché la risposta dei consultori, dei membri del Dicastero, dei postulatori romani, dei delegati episcopali di molte diocesi e dei postulatori diocesani provenienti dall'Italia, dalla Spagna e da altri Paesi d'Europa e d'America, è stata massiccia, non solo all'inaugurazione ma anche a tutte le sessioni del Congresso.

In particolare, Lourdes Grosso, direttrice dell'Ufficio per le Cause dei Santi della Conferenza Episcopale Spagnola, in qualità di direttrice del Master che si è appena tenuto a Madrid organizzato con il Dicastero e la Facoltà di Diritto Canonico dell'Università di San Dámaso di Madrid, ha incoraggiato un buon gruppo di postulatori del corso e di professori del Master a partecipare al Congresso, in cui mons. Demetrio Fernández, vescovo di Córdoba, consultore del Dicastero, che ha firmato i diplomi del Master di Madrid insieme al Prefetto del Dicastero romano.

Relatori e argomenti

Il Congresso "La santità oggi" è stato organizzato dal Dicastero per le Cause dei Santi e dall'Università Lateranense. È stato interessante vedere i cardinali, gli arcivescovi e i vescovi consultori, in quanto veri e propri membri del Dicastero, presenti a tutte le sessioni del Congresso e vedere il Prefetto, il Promotore della Fede e il Segretario del Dicastero seduti in cattedra a tutti gli eventi.

La distribuzione dei relatori è stata molto accurata, in modo da avere una rappresentanza di tutti i principali ordini e congregazioni religiose: domenicani, francescani, gesuiti, agostiniani, carmelitani, sacerdoti, teologi, canonisti, professori della Gregoriana, dell'Angelicum e della Lateranense. Inoltre, sacerdoti, teologi, canonisti, professori della Gregoriana, dell'Angelicum e della Lateranense. Si nota il peso importante dei grandi ordini religiosi nella vita quotidiana del Dicastero. Nella sala c'era un'ampia rappresentanza di consacrati e membri di movimenti e nuove forme ecclesiali, ma non sono stati menzionati. 

Il contenuto delle lezioni e delle sessioni ha espresso lo stato attuale della teologia spirituale. Il capitolo V della Lumen Gentium sulla chiamata universale alla santità e la "Gaudete et exultate" di Papa Francesco sono stati ampiamente citati e menzionati, ma poi gli sviluppi teologici si sono concentrati sui testi classici della Scrittura, della Tradizione e dei grandi teologi e santi, Sant'Agostino, San Tommaso, San Francesco e Sant'Ignazio. 

La santità oggi

Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto con un'importante relazione su "La santità, frutto dello Spirito Santo" e il miglior intervento del Congresso quello di Rosalba Manes, docente dell'Università Gregoriana, che ha sviluppato il tema "Le beatitudini, cammino di santità". La conferenza sulla "chiamata universale alla santità" è stata tenuta da padre Maruzio Faggioni dell'Accademia Alfonsiana che ha messo a confronto il percorso di santità di Santa Teresa e quello di Santa Teresa.

Indubbiamente, c'è ancora molto lavoro di aggiornamento e approfondimento teologico, canonico e storico da fare nei prossimi anni, poiché, ad esempio, l'attuale "Positio" è ancora in fase di stesura sull'esercizio eroico delle virtù cristiane, ma le virtù non sono state trattate in modo approfondito in questo Congresso. C'è ancora molto spazio per un urgente sviluppo teologico della spiritualità laica e secolare.

Il benvenuto del Papa

Il Santo Padre è stato così gentile da ricevere il Congresso e ha salutato personalmente le 400 persone presenti. Il cardinale prefetto Semararo ha ringraziato il Santo Padre per l'Esortazione "Gaudete et exultate" e ha parlato della grande varietà di carismi e profili umani dei santi studiati. 

Il Santo Padre ha sottolineato due idee nel suo discorso: una per il Congresso, ovvero la necessità di promuovere una stabile devozione privata e una reputazione di santità e di evitare di cadere in un'effimera fama "digitale". Allo stesso tempo, rivolgendosi alla Chiesa universale, ha parlato di santità gioiosa e ha citato il "noto testo": "Un santo triste è un santo triste" e ha parlato dell'importanza del buon umore e dell'ottimismo cristiano, citando il Beato Giovanni Paolo I, Carlo Accutis, San Tommaso Moro e San Francesco come esempi di santi gioiosi.

Le giornate sono state soleggiate ed è stata una gioia vedere Roma di nuovo piena di turisti e di vita in tutta la città, visto che in effetti non c'era nessun riferimento al COVID, né alle maschere da nessuna parte.

Per saperne di più
Teologia del XX secolo

La teologia del Concilio Vaticano II

Nel Concilio Vaticano II, il Concilio ha ripreso e ha fatto molta teologia. Sono stati tre anni di lavoro di numerosi esperti e vescovi per pensare alla fede ("fides quaerens intellectum") con l'obiettivo proposto da Giovanni XXIII: per spiegare meglio il messaggio della Chiesa al mondo intero.derno.

Juan Luis Lorda-11 ottobre 2022-Tempo di lettura: 8 minuti

Traduzione dell'articolo in italiano

Parlare di una "teologia del Concilio" è perfettamente legittimo. Il Consiglio Aveva un orientamento pastorale, ma raccoglieva i frutti di tanta buona teologia e consolidava molte espressioni e prospettive. Senza poterli citare tutti, è utile tentare una sintesi. Ci concentreremo solo sulle quattro Costituzioni e sul Decreto sulla libertà religiosa.

La Dei Verbum e la forma della rivelazione cristiana

Il Concilio iniziò trattando della rivelazione, ma il primo schema (1962) non piacque perché troppo scolastico. Questo ha portato a un cambiamento in tutti gli schemi preparati. Rahner e Ratzinger ne proposero uno per questo documento, ma non ebbe successo. Dopo una lunga elaborazione, si è giunti a un breve testo su Rivelazione e Scrittura, che riprende il rinnovamento della Teologia fondamentale (1965) (e le ispirazioni di Newman). I primi capitoli trattano della rivelazione, di Dio, della risposta umana (fede) e della trasmissione o tradizione (I e II); il resto tratta della Sacra Scrittura.

In contrasto con la vecchia abitudine scolastica di concentrarsi sulla rivelazione come insieme di verità rivelate (dogmi), la "Dei verbum" si concentra sul fenomeno storico della rivelazione (nn. 1 e 6). Dio si manifesta operando la salvezza nella storia, per gradi, fino alla sua pienezza in Cristo. "Con fatti e parole", non solo con parole. C'è una profonda rivelazione in eventi come la Creazione e l'Esodo, l'Alleanza e, ancora di più, l'Incarnazione, la Morte e la Resurrezione del Signore. Questi sono i grandi misteri della storia della salvezza. Inoltre, "non c'è più da aspettarsi alcuna rivelazione pubblica prima della manifestazione gloriosa del nostro Signore Gesù Cristo" (n. 4).

Presenta la fede come risposta personale (nella Chiesa) a questa rivelazione (così inizia il Catechismo) e spiega il concetto di tradizione (vivente) e il suo rapporto con il Magistero e la Scrittura (cap. II). La stessa Scrittura è il frutto della prima tradizione. "La Sacra Tradizione e la Sacra Scrittura costituiscono un unico deposito sacro" (10), superando così l'infelice schema delle "due fonti".

Descrive la peculiare relazione tra l'azione di Dio e la libertà (e la cultura) umana nella scrittura dei testi (ispirazione). Riconosce la convenienza di distinguere i generi letterari per interpretarli (una narrazione simbolica non è la stessa cosa della descrizione storica di un evento). E propone un intero trattato di esegesi credente in tre righe: "La Sacra Scrittura deve essere letta e interpretata con lo stesso spirito con cui è stata scritta per trarne l'esatto significato dei testi sacri, e dobbiamo prestare un'attenzione non meno diligente al contenuto e all'unità di tutta la Sacra Scrittura, tenendo conto della Tradizione viva di tutta la Chiesa e dell'analogia della fede" (12).

Dopo aver spiegato la profonda relazione tra l'Antico e il Nuovo Testamento, dà un forte impulso pastorale a conoscere e usare di più la Scrittura (cap. VI), con buone traduzioni e istruendo i fedeli. Egli sottolinea che "lo studio della Sacra Scrittura deve essere come l'anima della Sacra Teologia" (24). E anche della predicazione e della catechesi (24). Perché "l'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo" (25).

Sacrosanctum Concilium e il cuore della vita della Chiesa

Quando lo schema sulla rivelazione fu ritirato, il Concilio iniziò a lavorare su questo bel documento, che raccoglie il meglio del movimento liturgico, dal rinnovamento di Solesmes (Dom Geranguer) a "Il senso della liturgia" di Guardini, passando per la teologia dei misteri di Odo Casel.

Egli presenta la liturgia come una celebrazione del mistero di Cristo, dove si realizza la nostra salvezza e cresce la Chiesa. Il primo capitolo, il più lungo, tratta dei principi della "riforma" (come la chiama lui). La seconda tratta del "sacrosanto Mistero dell'Eucaristia" (II), e poi degli altri sacramenti e sacramentali (III), dell'Ufficio divino (IV), dell'anno liturgico (V), della musica sacra (Vl), dell'arte e degli oggetti di culto (VII). Si chiude con un'appendice sulla possibilità di adattare il calendario e la data della Pasqua.

La liturgia celebra sempre il mistero pasquale di Cristo (6), a partire dal Battesimo in cui i fedeli, morendo al peccato e risorgendo in Cristo, vengono incorporati al suo Corpo attraverso la vita eterna donata dallo Spirito Santo. È un culto rivolto al Padre, in Cristo, animato dallo Spirito Santo, e sempre ecclesiale, perché è l'intero corpo della Chiesa unito al suo Capo (dimensione ecclesiale). E celebra l'unico mistero pasquale di Cristo, sia in terra che in cielo, e per sempre (dimensione escatologica).

Il Concilio voleva che i fedeli partecipassero meglio al mistero liturgico aumentando la loro formazione. Inoltre, ha fornito una moltitudine di indicazioni per migliorare il culto cristiano in tutti i suoi aspetti.

Purtroppo, l'attuazione di queste sagge indicazioni ha travolto completamente gli organi preposti ("Consilium" e conferenze episcopali). Prima che i vescovi ricevessero istruzioni e molto prima che i libri liturgici fossero rielaborati, molti appassionati alterarono la liturgia con banalizzazioni arbitrarie. Le denunce di molti teologi (De Lubac, Daniélou, Bouyer, Ratzinger...) e intellettuali cattolici (Maritain, Von Hildebrand, Gilson...) non sono state sufficienti. Questo disturbo ha provocato in
alcuni fedeli sconcertati una reazione anticonciliare che dura tuttora, dando vita anche allo scisma di Lefebvre. Vale la pena rileggere il documento per capire quanto c'è ancora da imparare.

Lumen Gentium, il culmine del Concilio

Questa Costituzione "dogmatica" (l'unica così chiamata) è il cuore teologico del Concilio, perché sulla scia del Concilio Vaticano I e della "Mystici corporis", sviluppa in modo esauriente la dottrina sulla Chiesa e illumina le altre documenti conciliari sui vescovi, il clero, i religiosi, l'ecumenismo, le relazioni con le altre religioni e l'evangelizzazione. La sua ricchezza teologica e la sua articolazione devono molto a Johan Adam Moeller, Guardini, De Lubac e Congar, e alla sapiente redazione di Gerard Philips, che in seguito ne ha fatto uno splendido commento.

Già il primo numero pone tutto ad un livello molto alto: "La Chiesa è in Cristo come un sacramento, cioè segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano". Questa convocazione universale esprime ciò che la Chiesa è, e allo stesso tempo la realizza tra gli uomini unendoli al Padre in Cristo attraverso lo Spirito. È quindi "come un sacramento".

Va sottolineata la relativa novità del termine patristico "mistero", perché la Chiesa è essa stessa un mistero della presenza, della rivelazione e dell'azione salvifica di Dio, e quindi un mistero di fede. Mistero unito al mistero della Trinità (Chiesa della Trinità) perché la Chiesa è un popolo creato e chiamato a raccolta da Dio Padre, riunito per il culto nel Corpo di Cristo, che ne è il capo (e che svolge il culto), ed edificato in Cristo come tempio di pietre vive dall'azione dello Spirito Santo. È quindi intimamente legata al Mistero della liturgia ("Ecclesia de Eucharistia"). È anche la Chiesa della Trinità, perché la sua comunione di persone (comunione dei santi, comunione nelle cose sante) riflette e si espande nel mondo, come lievito e anticipazione del Regno, la comunione trinitaria di persone, che è il destino ultimo dell'umanità (dimensione escatologica).

Comprendere la Chiesa come mistero salvifico di comunione con Dio e tra gli uomini ci permette di superare una visione esteriore, sociologica o gerarchica della Chiesa; di affrontare correttamente il rapporto tra il Primato e il Collegio episcopale. E per sottolineare la dignità del Popolo di Dio e la chiamata universale alla santità, e per partecipare pienamente al culto liturgico e alla missione della Chiesa.

Tutti gli esseri umani sono chiamati ad essere uniti a Cristo nella sua Chiesa. Questa viene realizzata nella storia dallo Spirito Santo in vari gradi e forme, dalla comunione esplicita di coloro che vi partecipano pienamente, alla comunione interiore di coloro che sono fedeli a Dio nella loro coscienza ("Lumen Gentium", nn. 13-16).

Ecco perché questo mistero dell'unità è la chiave dell'ecumenismo, un nuovo impegno del Concilio per volontà del Signore ("che tutti siano una cosa sola"), con un cambio di prospettiva in un grande documento ("Unitatis redintegrario"). È diverso contemplare la genesi storica delle divisioni con i loro strascichi, piuttosto che il loro stato attuale, in cui i cristiani di buona fede (ortodossi, protestanti e altri) condividono realmente i beni della Chiesa. Da lì si deve cercare la piena comunione, attraverso la preghiera, la collaborazione, il dialogo e la conoscenza reciproca, e soprattutto attraverso l'azione dello Spirito Santo. La piena comunione in sacris non è il punto di partenza, ma il punto di arrivo.

Gaudium et Spes e ciò che la Chiesa può offrire al mondo

Per comprendere la portata teologica della Gaudium et Spes, occorre ricordarne la storia.

Quando furono ritirati i primi abbozzi, come abbiamo visto sopra, si decise di orientare il Concilio con due questioni: ciò che la Chiesa dice di se stessa, che ha dato origine alla "Lumen gentium", e ciò che la Chiesa può contribuire alla "costruzione del mondo", che avrebbe dato origine alla "Gaudium et spes". Già allora si pensava ai grandi temi: la famiglia, l'educazione, la vita sociale ed economica e la pace, che costituiscono i capitoli della seconda parte.

Anche se sembra facile parlare cristianamente di questi argomenti, non è altrettanto facile stabilire una dottrina teologica universale, perché ci sono troppe questioni temporali, specialistiche e... opinabili. Per questo motivo le fu dato il titolo di costituzione "pastorale", e si notò che la seconda parte, ricca di suggerimenti interessanti, era più opinionistica della prima, più dottrinale.

Questa prima parte era nata spontaneamente, dalla necessità di dare un fondamento dottrinale a ciò che la Chiesa poteva apportare al mondo. E si è rivelato un felice compendio di antropologia cristiana, con tre intensi capitoli sulla persona umana e la sua dignità, sulla dimensione sociale dell'essere umano e sul senso del suo agire nel mondo. E un quarto capitolo riassuntivo (apparentemente redatto in gran parte dallo stesso Karol Wojtyła con Daniélou). Paolo VI, nel suo viaggio all'ONU, ricordava che la Chiesa è "esperta in umanità".

Giovanni Paolo II ha costantemente sottolineato che Cristo conosce l'essere umano ed è la vera immagine dell'uomo (n. 22) e che "esiste una certa somiglianza tra l'unione delle persone divine e l'unione dei figli di Dio nella verità e nella carità" (24), come avviene nelle famiglie, nelle comunità cristiane e deve essere ricercata nell'intera società. La frase si conclude con questa luminosa espressione della vocazione umana: "Questa similitudine mostra che l'uomo, unica creatura sulla terra che Dio ha amato per se stesso, non può trovare la propria realizzazione se non nel dono sincero di sé agli altri" (24).

Inoltre, l'ultimo capitolo della prima parte della Costituzione pastorale ricordava che: "I laici sono propriamente, anche se non esclusivamente, responsabili dei compiti secolari e del dinamismo [...] devono sforzarsi di acquisire una vera competenza in tutti i settori" e "spetta alla coscienza ben formata dei laici assicurare che la legge divina sia impressa nella città terrena" (43). Anche qui c'è ancora molto da fare...

Dignitatis humanae e un cambiamento di approccio al liberalismo

Pur essendo un documento minore, questo decreto ha un'importanza strategica nel rapporto della Chiesa con il mondo moderno.

Molti vescovi avevano chiesto al Concilio di proclamare il diritto alla libertà religiosa perché soggetti a dittature comuniste, come nel caso di Karol Wojtyła. I regimi liberaldemocratici hanno riconosciuto questo diritto come parte essenziale del loro pedigree. I cittadini sono liberi di cercare la verità religiosa e di esprimerla liberamente nel culto, anche pubblico, nel rispetto dell'ordine pubblico. L'esperienza storica ha dimostrato che la proclamazione liberale della libertà di culto è stata molto vantaggiosa per la Chiesa cattolica dove era perseguitata o dove esisteva una religione ufficiale, come in Inghilterra e nei Paesi ufficialmente protestanti (Svezia, Danimarca...), e sarebbe stata una grande liberazione nei Paesi comunisti e anche musulmani.

Ma questa non era la tradizione delle vecchie nazioni cristiane (né cattoliche né protestanti) perché, si sosteneva, "la verità non ha gli stessi diritti dell'errore". Per questo motivo, nel XIX secolo, le autorità ecclesiastiche a tutti i livelli, così come si erano opposte alla diffusione di pubblicazioni anti-fede e anti-morale, si opposero con forza ai tentativi liberali di stabilire la "libertà di religione" nei Paesi cattolici. Si trattava di un conflitto tra prospettive: quella di una nazione intesa come comunità religiosa e quella della coscienza dell'individuo.

È vero che in un regime di supervisione, come quello di una famiglia con bambini, i genitori possono e addirittura devono impedire, entro certi limiti, la diffusione di opinioni errate nella loro casa. Ma questo è fuori luogo quando i bambini sono emancipati, perché allora prevale il diritto fondamentale di ciascuno di cercare la verità per se stesso. E questo è ciò che accade nelle società moderne, con persone emancipate e in pieno possesso dei loro diritti. Si passa dalla tutela del bene comune di una società omogeneamente religiosa al riconoscimento del diritto fondamentale di ogni persona a cercare la verità.

Tuttavia, questo cambiamento fu considerato eretico da monsignor Lefebvre e portò al suo scisma. Egli sostenne che il Concilio su questo punto contraddiceva la dottrina tradizionale della Chiesa ed era quindi invalido.

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Amare la Chiesa

Oggi dobbiamo tornare ad attualizzare il desiderio di sentirci con la Chiesa, di amarla con tutto il cuore, superando i suoi limiti, scoprendo la sua vera grandezza.

11 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Da anni c'è una triplice linea di messaggi in molti media quando si tratta di notizie che hanno a che fare con la religione e, più specificamente, con la Chiesa cattolica.

Da un lato, si può notare come la notizia che deve trattare il tema religioso metta a tacere la dimensione trascendente, proprio quella più specifica, e dia la notizia con i dati più "terra-terra". Il Cammino di Santiago è ridotto a turismo, le cattedrali e i templi ad arte, la Giornata Mondiale della Gioventù a reddito economico per il Paese ospitante.

Una seconda linea di comunicazione tende a presentare ed evidenziare il lato negativo, mettendo a tacere le cose positive che i cristiani fanno. Il bombardamento di notizie sulla pederastia tra sacerdoti e religiosi va in questa direzione. In questo modo si genera un rifiuto dell'istituzione nel suo complesso.

La terza chiave è presentare una chiesa divisa tra il popolo e i pastori, in modo che si apra una frattura all'interno del popolo di Dio. Separare, allontanare affettivamente l'uno dall'altro è anche un messaggio che sta gradualmente prendendo piede.

Indubbiamente, questa linea di informazione sta gradualmente generando una mentalità di ignoranza e persino di rifiuto, che si aggiunge alle sfide che la Chiesa deve affrontare nell'evangelizzazione. Come si può affrontare questa sfida?

Naturalmente è necessario comunicare bene, diremmo noi, in ordine inverso. Dare notizie religiose con uno sguardo profondo, raccontare anche le storie di amore e generosità che nascono nella vita dei cristiani, mostrare i nostri pastori e il loro lavoro di servizio che svolgono dai loro posti con vicinanza.

Ma soprattutto penso che sia importante coltivare una vera visione (e vivere) di ciò che è la Chiesa. Finché noi cristiani non vivremo una visione profonda della Chiesa, trascineremo i limiti che ogni istituzione umana ha.

Perché la Chiesa è molto più di un gruppo, un collettivo, un'associazione. Il nostro rafforzamento della "percezione" della Chiesa non può essere quello di trovare i nostri punti di forza, di generare una corrente di orgoglio di appartenenza o di rafforzare l'appartenenza come potrebbe fare qualsiasi collettivo. No, non è così.

Dobbiamo capire che la Chiesa è la nostra madre. Vivere in questa dimensione spirituale sarà ciò che ci farà avere un vero senso di appartenenza che supererà qualsiasi crisi o sfida. La Chiesa ci dà Cristo, un Cristo reale, vivo, non ritoccato dalle nostre idee o gusti, dalle mode storiche. La Chiesa ci coinvolge nella vita di Dio e ci nutre affinché cresciamo in quella vita che ci è stata donata. È davvero la nostra madre. Amo la Chiesa con quell'amore che viene dal cuore e dal cuore è l'amore per mia madre. Un amore caldo, che unisce e aderisce con quel cordone ombelicale che supera di gran lunga qualsiasi campagna di marketing o di rafforzamento dell'immagine pubblica.

È questa esperienza di Chiesa che dobbiamo trasmettere, soprattutto alle nuove generazioni. E ho la sensazione che stiamo fallendo in questo, forse per superficialità, forse perché siamo in registri culturali diversi. Ma il rischio di una visione meramente sociologica della nostra appartenenza alla Chiesa, senza una comprensione profonda, è qualcosa che dobbiamo prendere in considerazione e riorientare, se necessario.

Sant'Ignazio di Loyola incluse nei suoi Esercizi Spirituali le "regole per sentirsi con la Chiesa" in quel convulso secolo di rottura dovuto alla Riforma protestante. Forse oggi abbiamo bisogno di attualizzare il desiderio di sentirci con la Chiesa, di amarla con tutto il cuore, andando oltre i suoi limiti, scoprendo la sua vera grandezza, che sta soprattutto nella sua maternità. Per questo il nostro rapporto con la Chiesa è innanzitutto un rapporto d'amore.

Amore per la Chiesa e amore per Cristo. Che non è qualcosa di diverso.

L'autoreJavier Segura

Delegato all'insegnamento nella diocesi di Getafe dall'anno accademico 2010-2011, ha precedentemente svolto questo servizio nell'arcivescovado di Pamplona e Tudela per sette anni (2003-2009). Attualmente combina questo lavoro con la sua dedizione alla pastorale giovanile, dirigendo l'Associazione Pubblica dei Fedeli "Milicia de Santa María" e l'associazione educativa "VEN Y VERÁS". EDUCACIÓN", di cui è presidente.

Vaticano

Rivivere il fervore dell'epoca conciliare, a sessant'anni dall'evento

È un nuovo anniversario dell'inizio del Concilio Vaticano II, il cui impulso evangelizzatore è fonte di ispirazione per il processo sinodale in cui si trova la Chiesa universale.

Giovanni Tridente-11 ottobre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Traduzione dell'articolo in italiano

L'11 ottobre, nella memoria liturgica di San Giovanni XXIII, Papa Francesco celebrerà una Santa Messa in occasione del 60° anniversario dell'inizio della Concilio Ecumenico Vaticano II. Sarà senza dubbio un'occasione per rilanciare lo slancio di rinnovamento della Chiesa, che è arrivato solo qualche decennio fa grazie alla volontà di un Pontefice lungimirante, che non ha avuto paura di intraprendere una mobilitazione generale che all'epoca poteva solo sembrare rivoluzionario: Giovanni XXIII.

È un po' lo stesso dinamismo riformatore che anche Papa Francesco ha impresso alla Chiesa fin dalla sua elezione, fedele comunque alle richieste che erano venute dalle congregazioni generali dei cardinali prima del voto nella Cappella Sistina. 

Dalla sua apparizione nella loggia di Piazza San Pietro, la missione del Papa "venuto quasi dalla fine del mondo" si è avvalsa di tanti piccoli tasselli che hanno messo al centro il protagonismo di ogni battezzato, la gioia dell'evangelizzazione, l'attenzione agli ultimi, il dialogo interreligioso, la denuncia delle tante contraddizioni del nostro tempo e la convocazione dell'intera comunità ecclesiale in stato di "...".sinodale"permanente".

Innestato sulle radici del passato

Francesco ha sempre detto chiaramente che non è importante "occupare spazi". ma "avviare i processi".È qualcosa di simile alla dinamica che ha caratterizzato i lavori del Concilio Vaticano II per tre anni. Non tutti i processi avviati in quella sede sono stati portati a termine, anzi, dopo 60 anni ci sono probabilmente alcune cose che ancora oggi potrebbero sembrare avanguardia se interpretato nella giusta luce e con il giusto discernimento.

La celebrazione del 60° anniversario dell'inizio del cammino conciliare ha probabilmente lo scopo di far rivivere al Pontefice l'ardore di allora e la solennità dell'apertura del Concilio, che fu senza dubbio, in linea con la storia precedente, segno di una vitalità ancora presente.

Nessuna iniziativa conciliare nella Chiesa ha mai cercato di cancellare il passato; al contrario, si è sempre innestata su quelle solide radici che hanno permesso a Cristo di rimanere presente attraverso i secoli.

Lo stesso Giovanni XXIII lo affermò l'11 ottobre 1962: ".Dopo quasi venti secoli, le situazioni e i problemi più gravi dell'umanità non sono cambiati, perché Cristo occupa sempre il posto centrale nella storia e nella vita. Gli uomini o aderiscono a Lui e alla sua Chiesa, e così godono della luce, del bene, dell'ordine giusto e della bontà della pace; oppure vivono senza di Lui o lottano contro di Lui e rimangono deliberatamente fuori dalla Chiesa, e così c'è confusione tra di loro, i rapporti reciproci diventano difficili, si profila il pericolo di guerre sanguinose, eccetera, eccetera.".

Quanta lungimiranza in queste parole, quanta verità e quanta corrispondenza con il tumulto in cui viviamo oggi, comprese le guerre sanguinose. Sicuramente vorrà tornare con la mente e con il cuore a quella unità di intenti che sessant'anni dopo è ancora vivo e vegeto. C'è un altro aspetto che riecheggia oggi nella rilettura del discorso di apertura del Consiglio, ovvero i numerosi "....".catastrofisti"che"nelle condizioni attuali della società umana"Vieni e basta".rovina e problemicomportamento "...".come se non avessero nulla da imparare dalla storia".

In un perenne stato di missione

Piuttosto, come chiedeva già Papa Roncalli, dobbiamo riscoprire ".i misteriosi disegni della Divina Provvidenza"Vale a dire, discernere ciò che lo Spirito Santo vuole comunicarci, come direbbe Papa Francesco, per il nostro bene e per quello della Chiesa". 

Un po' come si cerca di fare da tempo attraverso lo strumento del Sinodo dei Vescovi, che è, tra l'altro, un frutto concreto del Concilio Vaticano II, e che l'attuale Pontefice considera fondamentale e indispensabile per design una Chiesa e una comunità di fede in perenne stato di missione, che sappia diffondere con frutto la luce e la bellezza del Vangelo, mostrando e testimoniando la presenza viva del Signore Gesù Cristo. E poi arriverà il Giubileo della speranza?

Due nuovi santi per la Chiesa di oggi

Due figure nate nel XIX secolo, che si sono occupate entrambe di periferie esistenziali che, a dire il vero, non sono mai mancati nella vita dell'umanità, saranno canonizzati da Papa Francesco in Piazza San Pietro il 9 ottobre, come annunciato nell'ultimo Concistoro di agosto. Si tratta di due italiani, Giovanni Battista Scalabrini e Artemide Zatti. 

Il primo fu vescovo di Piacenza e fondatore delle Congregazioni dei Missionari e dei Missionari di San Carlo (Scalabriniani), con la missione di servire i migranti. È stato lo stesso Papa Francesco ad autorizzare, lo scorso maggio, la dispensa del secondo miracolo per la sua canonizzazione.

Il suo lavoro pastorale è stato giudicato da molti come un "profezia di una Chiesa vicina al popolo e ai suoi problemi concreti". Il suo ministero episcopale, vissuto a diretto contatto con la gente, ha lasciato segni indelebili nei fedeli. Tra le altre cose, avviò la riforma della vita diocesana, si avvicinò al suo presbiterio, con una costante attenzione all'insegnamento della dottrina cristiana e alle opere di carità per i più bisognosi.

L'impulso a occuparsi degli emigranti venne quando, all'inizio del secolo, si rese conto che quasi 9 milioni di italiani avevano lasciato il Paese per il Brasile, l'Argentina e poi gli Stati Uniti. Ma la sua preoccupazione per questi fedeli non era solo materiale ma anche pastorale: riteneva, infatti, che sradicati dal loro contesto culturale, molti migranti avessero perso la fede. Da qui è nata l'idea della Congregazione Missionaria, che oggi conta tre istituti: religiosi, religiose e secolari.

Compassione e misericordia

Il secondo a diventare santo è stato Artemide Zatti, un curato salesiano che ha lavorato soprattutto per i malati in Argentina, emigrato con i genitori dall'Emilia Romagna. Voleva diventare sacerdote, divenne infermiere e si associò alle sofferenze dei suoi pazienti, contraendo persino la tubercolosi, per poi guarire grazie all'intercessione di Maria Ausiliatrice.

"Un segno vivente della compassione e della misericordia di Dio per i malati."Pierluigi Cameroni, postulatore generale dei Salesiani, lo ha descritto in diverse occasioni. E anche la sua vocazione di curato salesiano lo caratterizzava completamente: era ancora un laico a tutti gli effetti, pur avendo professato i voti di carità, castità e obbedienza come religioso, condividendo anche la vita comunitaria.

"La sua grandezza non è stata nell'accettare, ma nello scegliere il piano che Dio aveva per lui". -Il postulatore ha poi spiegato, e la radicalità evangelica con cui si è messo alla sequela di Cristo, nello spirito di Don Bosco, cioè senza mai far mancare la gioia e il sorriso che nasce dall'incontro con il Signore".".

Nel Concistoro che ha annunciato la canonizzazione, Papa Francesco li ha descritti come "... le persone più importanti del mondo".esempi di vita cristiana e santità"per proporli a tutta la Chiesa".soprattutto alla luce della situazione dei nostri tempi". Non a caso il Prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi ha sottolineato come la sua testimonianza "... sia una testimonianza dei santi".riporta la questione dei migranti all'attenzione dei credenti in Cristo"che, come ha detto il Papa in varie occasioni, "se integrati, possono aiutare a respirare l'aria di una diversità che rigenera l'unità"..

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Evangelizzazione

I vescovi polacchi ribadiscono il valore della "Veritatis splendor".

La Conferenza episcopale polacca ha pubblicato una breve lettera che evidenzia il magistero di Giovanni Paolo II sulla morale cattolica.

Javier García Herrería-10 ottobre 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

La domenica precedente il 22 ottobre, festa di San Giovanni Paolo II, la Polonia celebra la "Giornata del Papa" in ricordo della sua eredità. In questa occasione, i vescovi polacchi hanno voluto ricordare i messaggi dell'enciclica "...".Veritatis splendor"che ha illustrato le motivazioni della Morale cristiana. L'episcopato polacco ritiene che, nonostante i tentativi di distorcere il testo, esso rimanga una proposta rilevante per promuovere l'autentica ricerca della felicità.

Il testo dei vescovi è breve e utilizza un linguaggio semplice, attraverso il quale mette in relazione le tesi dell'enciclica con il problema della disinformazione e della proliferazione di nuovi diritti (ad esempio l'aborto) che non offrono una vera felicità. L'autentico splendore della verità "può essere raggiunto solo mostrando il vero volto della fede cristiana". Per questo l'enciclica rimane così importante per la Chiesa e per il mondo, perché Cristo ha il potere di liberare l'uomo. 

Nella lettera, i vescovi incoraggiano il sostegno alla Fondazione Nuovo Millennio della Conferenza episcopale polacca, fondata nel 2000 per aiutare i giovani che vogliono studiare ma non hanno mezzi finanziari. La colletta di domenica prossima, 16 ottobre, sarà utilizzata a questo scopo. "Grazie ai sacrifici fatti, abbiamo l'opportunità di mantenere e spesso ripristinare nel cuore dei giovani la speranza di un futuro migliore e la realizzazione delle loro aspirazioni educative per il bene della Chiesa e del Paese", si legge nella lettera.

Giovanni Paolo II
San Giovanni Paolo II

Pubblichiamo il testo integrale della lettera in una traduzione non ufficiale.

Il bagliore della verità

Lettera pastorale dell'Episcopato polacco che annuncia la celebrazione nazionale della XXII Giornata del Papa

Amate sorelle e fratelli in Cristo!

I dieci lebbrosi che incontrarono Gesù al confine tra Samaria e Galilea sperimentarono il miracolo della guarigione solo grazie alla loro obbedienza alle parole di Gesù (cfr. Lc 17,14). Lo stesso accadde al siriano Naaman che, seguendo il comando del profeta Eliseo, si immerse sette volte nel fiume Giordano (cfr. 2 Re 5:14). Così il Signore Dio nella sua Parola mostra l'essenza dell'atto di fede, che si esprime non solo nella conoscenza intellettuale della verità rivelata, ma soprattutto nella scelta quotidiana alla sua luce. "La fede è una decisione che porta (...) alla fiducia in Cristo e ci permette di vivere come Lui" (VS, 88). .

Tra una settimana, domenica 16 ottobre, 22ª Giornata Pontificia, con il motto "Lo splendore della verità", vogliamo riprendere il messaggio che San Paolo ci ha dato. Giovanni Paolo II ha incluso nella "Veritatis splendor". Lo scopo dell'enciclica, il cui titolo in polacco è "Lo splendore della verità", è quello di ricordare i fondamenti della morale cristiana. Nonostante i tentativi di distorcerla o sminuirla, è ancora una buona proposta che può portare gioia nella vita di una persona.

I. La crisi del concetto di verità

Oggi l'esistenza della legge naturale, scritta nell'anima umana, è sempre più messa in discussione. Anche l'universalità e l'immutabilità dei suoi comandi sono minate. "La drammaticità della situazione attuale", dice San Giovanni Paolo II, "in cui i valori morali fondamentali sembrano scomparire, dipende in gran parte dalla perdita del senso del peccato" (Catechesi del 25 agosto 1999, Roma). In effetti, l'uomo è tentato di sostituirsi a Dio e di determinare da solo ciò che è bene e ciò che è male (cfr. Gen 3,4). Di conseguenza, la verità diventa dipendente dalla volontà della maggioranza, dai gruppi di interesse, dalle circostanze, dai contesti culturali e di moda e dai giudizi individuali delle singole persone. Allora qualsiasi comportamento è considerato la norma di comportamento e tutte le opinioni sono uguali tra loro.

Mentre diventa sempre più difficile distinguere la verità dalla falsità, i confini tra fatti e opinioni, tra pubblicità e bugie intenzionali si fanno sempre più labili. Gli algoritmi ci accompagnano costantemente nell'utilizzo di Internet. Selezionano i contenuti che cerchiamo e visualizziamo in modo che corrispondano il più possibile ai nostri interessi e alle nostre aspettative. Questo, però, rende difficile confrontarsi con opinioni alternative e, di conseguenza, arrivare alla verità oggettiva. Gli utenti dei social network spesso non sono guidati dal desiderio di presentarsi in modo autentico, ma adattano i materiali preparati alle aspettative dei destinatari. Nella ricerca della popolarità, superano i limiti della moralità, del buon gusto e della privacy. Nello spazio mediatico ci troviamo sempre più spesso di fronte ai cosiddetti "fatti alternativi" ("fake news"). La conseguenza è un calo della fiducia nei confronti di tutti i contenuti pubblicati. Nell'era della post-verità non ci sono solo verità e bugie, ma anche una terza categoria di affermazioni ambigue, ovvero "non verità, esagerazione, colorazione della realtà".

In un mondo in cui la capacità di distinguere la verità dalla menzogna sta scomparendo, la cultura si sta chiudendo anche sul significato e sul valore dell'umanità. Concetti come amore, libertà, comunità e la stessa definizione di persona umana e dei suoi diritti vengono distorti. Viviamo in tempi "in cui le persone diventano oggetti da usare, proprio come si usano le cose" (GS, 13). La tragica conferma di questo processo è l'aborto, che viene presentato come "diritto di scelta" dei coniugi, soprattutto delle donne. I figli sono trattati come un ostacolo allo sviluppo dei genitori e la famiglia diventa un'istituzione che limita la libertà dei suoi membri. Questi processi colpiscono i pilastri della civiltà e mettono in discussione il patrimonio della cultura cristiana.

II. Il legame inscindibile tra verità, bene e libertà

Il rinnovamento della vita morale può avvenire solo mostrando il vero volto della fede cristiana, "che non è un insieme di tesi che richiedono l'accettazione e l'approvazione della ragione". È comunque la conoscenza di Cristo" (VS, 88). "Ecco perché l'Enciclica sullo "splendore della verità" ("Veritas splendor") è così importante per la Chiesa e per il mondo. Solo lo splendore della verità che è Gesù può illuminare la mente affinché l'uomo possa scoprire il senso della sua vita e della sua vocazione e distinguere il bene dal male.

La sequela di Cristo è il fondamento della morale cristiana. Le sue parole, le sue azioni e i suoi comandamenti costituiscono la regola morale della vita cristiana. Tuttavia, l'uomo non può seguire Cristo da solo. È possibile grazie all'apertura al dono dello Spirito Santo. Il frutto della sua azione è un "cuore nuovo" (cfr. Ez 36,26), che permette all'uomo di scoprire la legge di Dio non più come una costrizione, un peso e una limitazione della libertà, ma come un bene che lo protegge dalla schiavitù del peccato. La verità che Cristo porta diventa così la forza che libera l'uomo. Così scopre che "la libertà umana e la legge di Dio non sono in contraddizione, ma si riferiscono l'una all'altra" (VS, 17). L'essenza della libertà si esprime nel dono di sé al servizio di Dio e degli uomini. Consapevole dell'altezza di questo compito, così come delle debolezze della condizione umana, la Chiesa offre all'uomo la misericordia di Dio, che gli permette di superare le sue debolezze.

L'armonia tra libertà e verità a volte richiede sacrifici e deve essere pagata. In certe situazioni, osservare la legge di Dio può essere difficile, ma non è mai impossibile. Lo conferma la Chiesa, che ha elevato alla gloria degli altari numerosi santi che, con parole e fatti, hanno testimoniato la verità morale nel martirio, preferendo morire piuttosto che commettere peccato. Anche ognuno di noi è chiamato a dare questa testimonianza di fede, anche a costo di sofferenze e sacrifici.

III. La formazione della coscienza

La coscienza è lo spazio per il dialogo della verità e della libertà in ogni essere umano. È qui che si esprime un giudizio pratico, su ciò che si deve fare e su ciò che si deve evitare. Ma la coscienza non è esente dal pericolo dell'errore. Pertanto, il compito fondamentale di pastori ed educatori, ma anche di ogni credente, è quello di formare la coscienza. Solo una coscienza ben formata permette a una persona di adattarsi a norme morali oggettive e di evitare il cieco arbitrio nelle decisioni (cfr. KDK 16). Un ruolo speciale è svolto qui dalla "Chiesa e dal suo Magistero, che è maestro di verità e ha il dovere di annunciare e insegnare autenticamente la Verità che è Cristo, e allo stesso tempo di spiegare e confermare i principi dell'ordine morale che derivano dalla natura dell'umanità" (VS, 64). La grande opera del pontificato di San Giovanni Paolo II, che è il Catechismo della Chiesa Cattolica. Rimane un punto di riferimento nelle nostre scelte e valutazioni quotidiane della realtà.

La Chiesa svolge la missione della formazione delle coscienze attraverso la catechesi regolare dei bambini, dei giovani e degli adulti, la formazione nei movimenti e nelle associazioni e sempre più nelle reti sociali, sotto forma di risposte alle domande poste. Fondamentale è il lavoro dei confessori e dei direttori spirituali che formano le coscienze delle persone attraverso conversazioni, istruzioni e, soprattutto, attraverso la celebrazione dei sacramenti. Qui incoraggiamo la formazione personale di tutti i credenti attraverso la pratica quotidiana della preghiera, dell'esame di coscienza e della confessione frequente.

IV. "Monumento vivente" di San Giovanni Paolo II

La Fondazione "Dzieło Nowy Tysiąclecia" si occupa anche della formazione della coscienza dei giovani. "La comunità dei borsisti di Toruń" - ricorda Magdalena, diplomata del programma di borse di studio - "è stata per me un sostegno e una casa spirituale a cui mi piace tornare. La consapevolezza che ci sono persone nella stessa città che sono guidate da valori simili e sono in grado di capire i miei dubbi o di cercare insieme le risposte a domande difficili, è stata molto incoraggiante durante i miei studi". Ogni anno, la Fondazione serve circa duemila alunni e studenti di talento provenienti da famiglie povere, villaggi e piccole città di tutta la Polonia e, recentemente, anche dall'Ucraina.

Domenica prossima, durante la raccolta nelle chiese e nei luoghi pubblici, potremo sostenere materialmente il "memoriale vivente" di San Giovanni Paolo II. Oggi, di fronte alle difficoltà economiche di molte famiglie, abbiamo la possibilità di mantenere, e spesso ripristinare nel cuore dei giovani, la speranza di un futuro migliore e la realizzazione delle loro aspirazioni educative per il bene della Chiesa e della Patria, attraverso i sacrifici fatti. Che il sostegno così dato, anche di fronte alle difficoltà e alle carenze personali, sia espressione della nostra solidarietà e della fantasia della misericordia.

Durante la fruttuosa esperienza della 22ª Giornata Pontificia, abbiamo impartito a tutti la benedizione pastorale.

Firmato da: Cardinali, arcivescovi e vescovi presenti alla 392ª riunione plenaria della Conferenza episcopale polacca,

Zakopane, 6 e 7 giugno 2022. La lettera sarà letta domenica 9 ottobre 2022.

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Spagna

"Uno Stato democratico non può imporre una visione antropologica in tutti i settori".

I vescovi della Sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita della Conferenza episcopale spagnola hanno pubblicato una nota sugli aspetti più preoccupanti delle nuove leggi sull'aborto o sui diritti delle persone LGTBI.

Maria José Atienza-10 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

L'approvazione del Legge sulla salute sessuale e riproduttiva e sull'interruzione volontaria della gravidanza e il Legge per l'uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti delle persone LGTBI. ha guidato i vescovi che compongono il Sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita La Conferenza episcopale spagnola si è espressa contro gli attacchi alla dignità personale e alla vita umana contenuti in queste norme.

I vescovi parlano infatti di una colonizzazione ideologica di fronte alla quale "vogliamo richiamare la corretta antropologia che ci mostra che la persona è l'unione di corpo e anima".

Legge sull'aborto

A questo proposito, i vescovi sottolineano il loro netto rifiuto della nuova legge sull'aborto che non solo lo protegge, ma promulga l'aborto come diritto e contiene aspetti preoccupanti come la possibilità di "abortire per i disabili fino a cinque mesi e mezzo, la possibilità per le ragazze di 16 e 17 anni di abortire, la possibilità per le ragazze di 16 e 17 anni di essere in grado di aborto senza il consenso dei genitori, l'obbligo per i medici che si rifiutano di praticare l'aborto di essere registrati come obiettori di coscienza o l'eliminazione del periodo di riflessione prima dell'aborto e delle informazioni sulle alternative all'aborto".

In effetti, questa nuova legge sull'aborto eleva l'eliminazione del nascituro a "bene giuridico", come ha sottolineato Pilar Zambrano, docente di Filosofia del diritto all'Università di Barcellona, per Omnes qualche settimana fa. Università di Navarra.

La cosiddetta "legge trans

Allo stesso modo, la Sottocommissione ha sottolineato la totale ideologizzazione della norma giuridica che si manifesta nella "Legge per l'uguaglianza reale ed effettiva delle persone trans e per la garanzia dei diritti delle persone LGTBI", che impone, in maniera unilaterale, la teoria gay nel sistema giudiziario e sanitario spagnolo "stabilendo e imponendo arbitrariamente un'unica concezione antropologica". 

A questo punto, i vescovi hanno voluto ricordare alcuni punti chiave che sostengono il rifiuto dei vescovi all'imposizione di questa legge:

- Le testimonianze di famiglie, madri, giovani e adolescenti che hanno sofferto le conseguenze di questa imposizione della teoria del gender a cui i prelati hanno mostrato il loro "sostegno e aiuto"..

- L'imposizione di "una visione antropologica peculiare e ridotta in tutti i settori: istruzione, diritto, salute, occupazione, media, cultura, sport e tempo libero", che è aumentata negli ultimi anni da parte di vari organismi governativi.

- La mancanza di rigore scientifico nella stesura di queste leggi. Come sottolinea questa nota, "gli studi scientifici concordano sul fatto che più di 70% dei bambini che chiedono di cambiare sesso, una volta raggiunta l'adolescenza, non continuano a chiedere il cambiamento". In questa linea, i vescovi ricordano che "la depatologizzazione della transessualità si identifica con il favorire un intervento medico, ma senza criteri medici, bensì con criteri soggettivi del paziente". Una soggettivizzazione che "obbliga il personale sanitario a obbedire alla volontà dei pazienti, anche se questo comporta gravi rischi per la persona". 

Inoltre, la nuova legge "nega la possibilità di un trattamento psicosessuale e persino la necessità di ottenere una diagnosi per le persone con disturbo dell'identità di genere, confondendo la diagnosi medica con un tentativo di annullamento della personalità". A ciò si aggiungono "le testimonianze di persone che si sono sottoposte a riassegnazione e non hanno visto risolta la loro situazione". È inoltre necessario valutare i trattamenti e spiegarne i postumi, gli effetti collaterali e le complicazioni".

La posizione dei fedeli

Oltre a elencare alcuni dei principali aspetti criticabili di questa norma, i vescovi hanno voluto anche delineare l'atteggiamento dei fedeli cristiani nei confronti delle persone con disforia di genere, di fronte alle quali "la comunità cristiana e, in particolare, i pastori devono sempre sviluppare sentimenti di accoglienza".

Allo stesso tempo hanno incoraggiato a "parlare con forza e denunciare il ricorso a trattamenti prematuri e irreversibili, tanto più quando non c'è certezza dell'esistenza di una vera Disforia di Genere". Gli interventi medici effettuati sui minori, dopo un'attenta valutazione, non dovrebbero mai essere irreversibili". 

Allo stesso tempo, i vescovi hanno affermato che coloro che soffrono di questo tipo di disforia di genere "sono chiamati da Gesù Cristo alla santità e a compiere, animati dallo Spirito Santo, la volontà di Dio nella loro vita, unendo al sacrificio della croce le sofferenze e le difficoltà che possono sperimentare a causa della loro condizione", unendo al sacrificio della croce le sofferenze e le difficoltà che possono sperimentare a causa della loro condizione" e hanno fatto appello al rispetto della "libertà di coscienza e di scienza per tutti i professionisti nei vari ambiti della vita sociale senza condizionare la prestazione professionale nella libertà" a fronte di un indottrinamento che condiziona "la prestazione professionale nei settori dell'educazione, della sanità, del servizio pubblico, della magistratura, della cultura, dei media".

L'imposizione di leggi che minacciano la vita umana in varie fasi ha portato la Conferenza Episcopale Spagnola a pubblicare, lo scorso marzo, una nota dottrinale sull'obiezione di coscienza in cui intendono offrire criteri e principi di fronte ai problemi che leggi come l'eutanasia o la nuova legge sull'aborto pongono ai cattolici.

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Stati Uniti

Stephen Siller, la commovente storia di un vigile del fuoco cristiano durante l'11 settembre

Jimmy Chart, uno spagnolo che vive a New York da un anno per motivi di lavoro, racconta la storia di Stephen Gerard Siller, una preziosa testimonianza di dedizione agli altri.

Grafico Jimmy-10 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

All'inizio di settembre, un collega ha inviato un'e-mail a tutto il mio team per incoraggiarci a partecipare all'iniziativa "Il mio lavoro". Gara 5K Tunnel to Towers di NYC il 25 settembre. Questa corsa di poco più di cinque chilometri è diventata uno degli eventi più importanti del calendario cittadino, in quanto commemora i 343 vigili del fuoco e tutti coloro che sono morti nell'attacco dell'11 settembre, in particolare Stephen Siller. Vi racconto la sua storia.

Il vigile del fuoco Stephen Gerard Siller è nato nel 1966 in una grande famiglia cattolica del Queens. Era figlio di Mae e George Siller e il più giovane di sette fratelli. All'età di otto anni perde il padre e un anno e mezzo dopo muore anche la madre. Cresciuto dai suoi sei fratelli maggiori, dopo il diploma si è arruolato nel corpo dei vigili del fuoco di New York. Stephen era un membro della Squadra N.1 di Brooklyn, una delle unità più rinomate della polizia. 

La mattina dell'11 settembre

La mattina dell'11 settembre 2001, Stephen aveva appena terminato una lunga notte di guardia. Alle 8:46, mentre si recava in auto a giocare a golf con i fratelli, è stato allertato dal "walkie talkie" che portava sempre con sé. Fu lanciato l'allarme che un aereo si era schiantato contro la Torre Nord del World Trade Center. In quel momento, Stephen chiamò sua moglie Sally e le chiese di informare i fratelli che si sarebbe unito alla loro partita di golf più tardi. Si voltò e tornò alla postazione della Squadra 1 per cambiarsi e prendere l'equipaggiamento. 

Quando è arrivato con il camion all'ingresso del Battery Tunnel (che collega Brooklyn a Manhattan), questo era chiuso per motivi di sicurezza. Deciso a unirsi ai suoi compagni per salvare le molte persone rimaste intrappolate nelle Torri Gemelle, si è vestito con l'equipaggiamento completo da pompiere (pesando 27 kg) e ha percorso i 5 km del tunnel il più velocemente possibile. Morì lo stesso giorno, all'età di 34 anni. 

La vita cristiana di una persona normale

Stephen aveva tutto nella sua vita: una moglie meravigliosa, cinque figli e molti, molti amici. Poiché i suoi genitori erano molto vicini all'ordine francescano, gli insegnarono a vivere secondo la filosofia di San Francesco d'Assisi. A Stefano piaceva molto il detto del santo "finché abbiamo tempo, facciamo del bene". Stefano è davvero un grande esempio di persona che dà la vita per gli altri.

Pochi giorni fa, in suo onore, si è svolta una corsa a cui partecipano persone provenienti da tutto il mondo. Molti vigili del fuoco di tutto il Paese vengono a New York per correre con le loro uniformi. Il percorso è tappezzato di bandiere e l'atmosfera è spettacolare. 

La commemorazione annuale di quel fatidico giorno da parte dei newyorkesi mette in luce anche storie di dedizione come quella di Stephen.

L'autoreGrafico Jimmy

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Il Papa, primo missionario

10 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il 22 giugno di 400 anni fa, Papa Gregorio XV, con la bolla Inscrutabili DivinaeLa Congregazione è costituita Propaganda Fide. Con questa Congregazione il Papa intendeva porre fine al fatto che il compito dell'evangelizzazione fosse affidato alle corone europee. La Chiesa, che ha ricevuto il mandato del Signore di portare il Vangelo a tutto il mondo, deve anche organizzare l'intero compito missionario secondo criteri evangelici. Nel 1967 Paolo VI cambiò il nome in Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli.

E il Santo Padre Francesco, il 19 marzo scorso, ha pubblicato la nuova struttura della curia vaticana con la Costituzione Praedicate EvangeliumVoleva che tutte le attività della Santa Sede fossero permeate dallo spirito di evangelizzazione.

Se all'inizio del suo pontificato Francesco sognava "una nuova era", allora è "un sogno del futuro".con un'opzione missionaria capace di trasformare tutto, affinché i costumi, gli stili, gli orari, la lingua e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adatto all'evangelizzazione del mondo di oggi piuttosto che all'autoconservazione". (EG 27), con questa Costituzione vuole realizzarlo.

Sì, con tutte queste proposte i Papi hanno voluto sottolineare che il compito dell'evangelizzazione è l'esigenza fondamentale della Chiesa e che essi, in quanto successori di Pietro, hanno la responsabilità principale di far vivere questo atteggiamento.

Francesco lo ha affermato più volte. Due sono infatti le cose veramente significative: il nuovo Dicastero per l'Evangelizzazione è il primo proposto tra tutti i dicasteri che compongono la Curia e... il Santo Padre ne assume la presidenza! Sono due segni chiari e concreti dello spirito missionario di Papa Francesco e del suo desiderio che tutto abbia l'impronta della missione, e da qui... gliene siamo grati!

L'autoreJosé María Calderón

Direttore delle Pontificie Opere Missionarie in Spagna.

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Evangelizzazione

Per terra, per aria o per mare; la missione "di frontiera" dei missionari scalabriniani

Oggi, domenica 9 ottobre, Papa Francesco ha proclamato santo Giovanni Battista Scalabrini, il padre dei migranti, come lo chiamava Giovanni Paolo II. È un vescovo italiano del XIX secolo, fondatore della Congregazione dei Missionari di San Carlo Borromeo, noti anche come "Scalabriniani".

Leticia Sánchez de León-9 ottobre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Lo scorso 27 agosto, al termine del Concistoro per la creazione di nuovi cardinali, Papa Francesco ha annunciato che il 9 ottobre proclamerà due santi: un argentino, Artemide Zatti, e il vescovo italiano Giovanni Battista Scalabrini, fondatore della Congregazione internazionale dei Missionari di San Carlo, comunemente noti come "Scalabriniani". La missione specifica di questi missionari è fornire sostegno spirituale alle persone in difficoltà. migranti e rifugiati e di assisterli nella tutela dei loro diritti civili, politici ed economici e nella loro integrazione sociale nei Paesi di destinazione.

Il vescovo profeta

Giovanni Battista Scalabrini era un uomo lungimirante. Oltre alla sua missione di vescovo della diocesi di Piacenza, il vescovo italiano ha guardato oltre i confini della sua patria. L'Italia stava attraversando tempi difficili e questo ha fatto sì che molti italiani partissero per altri Paesi. Il vescovo di Piacenza soffrì di questo fenomeno e, con il desiderio che queste persone mantenessero viva la loro fede e fossero accolte nel modo più dignitoso possibile, nel 1887 fondò la congregazione che porta il suo nome e iniziò a inviare missionari nei luoghi dove si trovavano gli immigrati italiani che avevano dovuto lasciare la loro terra in cerca di una possibilità di futuro.

Nella prima delle missioni scalabriniane, sette sacerdoti e tre fratelli laici della Congregazione furono inviati a New York e in Brasile nell'estate del 1888. L'opera si diffuse rapidamente tra le comunità italiane negli Stati Uniti e in Brasile. In queste comunità sono state fondate chiese, scuole e case missionarie, dove si sono conservati usi e costumi italiani. Nel 1969, gli Scalabriniani hanno iniziato a svolgere missioni tra immigrati diversi dagli italiani.

I Missionari Scalabriniani sono conosciuti anche come "Missionari di San Carlo", nome scelto in onore di San Carlo Borromeo, considerato uno dei baluardi della Riforma Cattolica in Italia nel XVI secolo. La "famiglia scalabriniana" è composta da tre rami: da una parte i Fratelli Missionari di San Carlo e le Suore Missionarie di San Carlo, dall'altra le Suore Missionarie Secolari, donne laiche consacrate che, ispirandosi agli insegnamenti di Giovanni Battista Scalabrini, hanno seguito l'esempio e le orme dei missionari scalabriniani.

L'aiuto che viene dato oggi in tutto il mondo è di vario tipo: sanitario, familiare, sociale, economico; ma non è un sostegno a distanza, che fornisce un lavoro, denaro, medicine, ecc. I missionari scalabriniani "diventano immigrati con gli immigrati". È, infatti, ciò che è proprio del loro carisma: è il loro modo di portare Dio agli altri e di "vedere" Dio negli altri. 

Chiesa "di frontiera

Quel che è certo è che, visto con gli occhi del presente, Mons. Scalabrini è stato un uomo in anticipo sui tempi, avendo visto, con uno sguardo di madre (lo sguardo della Chiesa che vede in pericolo la fede e l'integrità dei suoi figli), una realtà che esiste ancora oggi e a cui non sempre viene data la giusta attenzione.

Non per niente Papa Francesco ha ripetutamente ricordato che i migranti e i rifugiati non devono essere visti come "distruttori o invasori". Al contrario: il Papa, nella messaggio per la Giornata dei migranti e dei rifugiati del 25 settembre, ci ricorda che "il contributo di migranti e rifugiati è stato fondamentale per la crescita sociale ed economica delle nostre società. E continua ad esserlo anche oggi". 

In questo modo, la "Chiesa in movimento" di cui parla spesso Papa Francesco, per i missionari scalabriniani potrebbe essere chiamata piuttosto "Chiesa di frontiera", perché è lì che svolgono la maggior parte del loro lavoro. Presenti in 33 Paesi del mondo, gli Scalabriniani cercano di "far sentire a casa propria chi ha dovuto lasciare il proprio Paese d'origine e ricominciare da zero, spesso con i soli vestiti che ha addosso". Così, i missionari di questa congregazione si recano nei porti, nelle navi, negli aeroporti, ecc. per aiutare e accompagnare tante persone che arrivano in cerca di un futuro migliore. Ma non si limitano a una prima accoglienza, li aiutano anche nei Paesi di destinazione e forniscono loro le basi nelle loro case, negli orfanotrofi, nelle piccole località per immigrati anziani, ecc. 

Fare del mondo una patria umana

Giulia Civitelli, italiana e medico del Poliambulatorio della Caritas diocesana di Roma, assiste gli stranieri senza permesso di soggiorno e le persone in situazione di esclusione sociale. È una delle missionarie laiche che hanno seguito le orme di Mons. Scalabrini e, oltre alla sua professione, si dedica alla formazione di giovani migranti e rifugiati. 

"La parola chiave è 'accoglienza', uno sguardo negli occhi, un tentativo di parlare anche se spesso non si parla la stessa lingua, ed è proprio da qui che nasce questo incontro fraterno", spiega a Omnes. 

Giulia è una delle missionarie che spesso si reca in Svizzera per aiutare nella formazione dei giovani. Di quei tempi, ricorda in particolare la storia di un rifugiato afghano, Samad Quayumi, costretto a fuggire dal suo Paese a causa della guerra: 

"Era un ingegnere di formazione, ma alla fine è diventato ministro dell'Istruzione in Afghanistan. È arrivato in Svizzera più di 20 anni fa con la moglie e due dei suoi tre figli, quando è dovuto fuggire all'arrivo dei Talebani nel Paese. Nei primi sette anni, in attesa del permesso di soggiorno, la sua vita è cambiata radicalmente: da ministro dell'Istruzione è diventato quasi invisibile, per così dire. Con il permesso di soggiorno ha potuto iniziare a lavorare, e lo ha fatto come portinaio nella casa in cui viveva. 

Qualche tempo dopo si è specializzato nel restauro di armature. Ha imparato da solo questo mestiere perché voleva lavorare a tutti i costi, tanto da diventare uno dei restauratori di armature più noti del Paese. Quando l'ho conosciuto, era ancora molto interessato alla formazione dei giovani, così ha iniziato a partecipare agli incontri che organizzavamo con i giovani. Condividendo la sua storia con i giovani, ha fatto riflettere molti di loro sulla sua vita, su cosa significhi valorizzare ogni momento, anche quelli difficili, come la fuga da un Paese in guerra, o su cosa siano la fede e la speranza, perché ha anche suscitato nei giovani domande sulla loro fede. Era musulmano, ma nutriva grande affetto e rispetto per la religione cattolica.

La canonizzazione di Mons. Scalabrini, insieme a quella dell'argentino Artemide Zatti, è una buona notizia non solo per tutti gli Scalabriniani, o per i migranti e i rifugiati, ma per tutta la Chiesa. Lo sguardo materno di Giovanni Battista Scalabrini verso i rifugiati e i migranti segna una strada da percorrere. Se i Papi, nel corso della storia della Chiesa, hanno proclamato santi molti uomini e donne di tutti i tempi, è stato per presentarli come riferimenti davanti al popolo di Dio e, perché no, al mondo.

L'autoreLeticia Sánchez de León

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Famiglia

Iniziative e libri sul matrimonio e la famiglia

Imparare a conoscere la natura umana è essenziale per il successo della vita matrimoniale. Per questo abbiamo bisogno di una formazione continua.

Leticia Rodríguez-9 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Nel 1981 è stata approvata in Spagna la legge sul divorzio, che ha stabilito i motivi del divorzio. 24 anni dopo è nato quello che conosciamo come diritto del divorzio espressoIn base a ciò, non è necessario fornire una motivazione. Come abbiamo sentito e letto innumerevoli volte, è più facile divorziare che staccarsi dalla linea del cellulare. Oggi molte persone accettano senza battere ciglio realtà come il sesso senza amore, la pornografia o persino il poliamore. Al giorno d'oggi, amare qualcuno per tutta la vita non è un compito facile, altrimenti non parleremmo dell'attuale tasso di divorzi in Spagna (60 %). 

C'è una questione su cui credo che abbiamo fatto passi da gigante negli ultimi decenni. Gli uomini contribuiscono molto più di prima alla sfera familiare e le donne fanno lo stesso nella sfera lavorativa. È una grande ricchezza che dobbiamo continuare a migliorare. 

Papa Francesco in Amoris Laetitia dice che, finora, noi cristiani abbiamo spesso dimostrato scarsa capacità di mostrare vie di felicità. Credo che i cristiani siano chiamati a dare il buon esempio. Un esempio di amore incondizionato. Un esempio di famiglie imperfette che a volte fanno le cose male, ma che non perdono l'illusione di farle bene e che cercano di fornire i mezzi per riuscirci. 

I cristiani hanno due mezzi di lotta in questa vita, quello naturale e quello soprannaturale. E dobbiamo usare entrambi. Il soprannaturale è la preghiera e i sacramenti. Quelle naturali, in questo ambito, sono quelle che consistono nell'attingere alla saggezza di persone che hanno studiato profondamente e ampiamente il matrimonio e la famiglia e che hanno consigli meravigliosi per facilitarci il cammino. Un esempio è quello di attingere ai contenuti del Congresso digitale. L'amore parlasulla sessualità e sull'affettività.

Tra i libri che consiglio ci sono I 7 principi dei matrimoni che funzionano di John Gotmann. Spettacolare la distinzione che fa tra problemi perpetui e risolvibili nelle coppie. Che grande studio ha fatto e quanto può aiutarci nella nostra vita quotidiana. 

Un altro è I 5 linguaggi dell'amoredi Gary Chapman, che parla di come il segreto per un amore che duri nel tempo sia parlare il linguaggio emotivo del nostro partner piuttosto che il nostro. Ci sono cinque linguaggi che esprimono l'amore: parole di affermazione, contatto fisico, regali, atti di servizio e tempo di qualità. È facile per tutti noi parlare il nostro linguaggio dell'amore, ma non è altrettanto facile parlare il linguaggio dell'amore degli altri. È importante identificare il prima possibile il proprio linguaggio dell'amore e quello del partner e agire di conseguenza. 

Le persone sono una sorta di contenitori emotivi. Alcune persone hanno il serbatoio emotivo pieno perché si sono sentite amate regolarmente. Ci sono persone che hanno un serbatoio emotivo vuoto perché sono state molto carenti da questo punto di vista. Se ci assicuriamo di mantenere i nostri serbatoi emotivi pieni, sicuramente questo compito a cui ci siamo impegnati il giorno del "lo voglio" sarà molto più sopportabile.

A volte i bambini hanno la fortuna di assistere all'amore reciproco (anche se mai perfetto) della madre e del padre. Altre volte i bambini impareranno l'amore incondizionato da un coniuge abbandonato che perdona, da un coniuge che per lunghi periodi di tempo deve amare l'altro anche quando l'altro apparentemente non lo merita. Spesso ciò che ci trasforma è il fatto di sentirci amati quando in realtà non ci sentiamo, o non siamo, degni di quell'amore.

Lavoro per l'IFFD da 20 anni (Federazione Internazionale per lo Sviluppo della Famiglia). È una meraviglia ciò che l'IFFD ha fatto da quando il suo predecessore è stato fondato nel '78. Oggi siamo presenti in 70 Paesi e abbiamo lo status consultivo generale presso le Nazioni Unite. Utilizziamo principalmente la metodologia dei casi, che aiuta le persone a identificare i fatti (anziché le opinioni), a diagnosticare i problemi e a essere molto creativi nel trovare soluzioni. Continueremo a lavorare con entusiasmo e impegno per progettare nuove dinamiche che aiutino a scoprire la bellezza della vita familiare.

Il miglior regalo che possiamo fare ai nostri figli è il nostro amore. Quando uno di noi viene meno alla sua promessa, abbiamo ancora la possibilità di rimanere fedeli alla nostra promessa, perdonando l'altro e rendendo i nostri figli testimoni di questo perdono. Siamo chiamati ad amarci l'un l'altro. Siamo capaci di amarci. Siamo degni di essere amati.

L'autoreLeticia Rodríguez

Direttore dell'Arricchimento familiare dell'IFFD.

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Vaticano

Messa per l'anniversario del Concilio Vaticano II

Rapporti di Roma-8 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Papa Francesco ha celebrato la Messa nel 60° anniversario del Concilio Vaticano II. Durante la celebrazione è stato ricordato il discorso di apertura di Giovanni XXIII. Il pontefice ha chiesto di non lasciarsi scoraggiare da chi sostiene che la Chiesa sia peggiore che mai, senza ricordare i problemi che hanno accompagnato altri concili del passato.


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Cultura

Henryk Sienkiewicz, la forgiatura di un famoso scrittore

In questo primo articolo l'autore ripercorre la prima parte della vita del premio Nobel di origine polacca, seguita da una seconda parte dedicata alle sue opere più note e alla fine della sua vita.

Ignacy Soler-8 ottobre 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

"Petroniusz obudził się zaledwie koło południa i jak zwykle, zmęczony bardzo". Ecco come inizia Quo vadis. Parole assolutamente incomprensibili per chi non conosce la lingua di Henryk Sienkiewicz, così come le parole che qualsiasi persona di lingua spagnola è in grado di riconoscere immediatamente sono totalmente indecifrabili per chi non conosce la lingua di Cervantes: "In un luogo della Mancia, di cui non voglio ricordare il nome, non molto tempo fa vivevano un nobile con la lancia in un cantiere navale, un'antica adarga, un rocín magro e un levriero corridore". Ma in questi testi ci sono due parole comprensibili agli ignoranti: Petroniusz e La Mancha.

Senza dubbio, le lingue dividono e plasmano i modi di pensare e di comunicare. La bellezza della letteratura e del romanzo è legata ai modi di esprimersi. Per questo gli italiani dicono giustamente che traduttore-traditoreÈ possibile leggere il Don Chisciotte in polacco? È possibile leggere il Don Chisciotte in polacco? Pan Tadeusz o Quo vadis in spagnolo? La risposta è sì, perché c'è qualcosa di comune a tutte le lingue: la comprensibilità della realtà e dell'essere umano. Tuttavia, è necessario aggiungere che la loro comprensione e bellezza è limitata dalla loro traduzione-interpretazione. Infatti, ogni capolavoro della letteratura e del pensiero dovrebbe essere letto nella lingua scritta in originale, perché ogni opera letteraria è il frutto di un pensiero radicato in una lingua, in una cultura e in una storia. Diamo uno sguardo al contesto culturale letterario e storico in cui Sienkiewicz vive.

Romanziere, giornalista, editorialista e studioso. È il primo vincitore polacco del Premio Nobel per la letteratura, ammirato da generazioni di suoi compatrioti per aver risvegliato un senso di comunità nazionale e di spirito patriottico. Nacque il 5 maggio 1846 a Wola Okrzejska, nella cosiddetta campagna polacca a metà strada tra Varsavia e Lublino, nella regione di Podlaskie, nella Polonia nord-orientale, e morì il 15 novembre 1916 a Vevey, in Svizzera.

All'epoca della nascita di Henryk Sienkiewicz, Kierkegard stava scrivendo la sua opera Malattia mortale con l'analisi della natura dell'angoscia esistenziale e dell'atto di fede come qualcosa di terrificante, un salto non razionale verso un impegno appassionato, totale e personale con Dio. Auguste Comte terminò il suo Corso di filosofia positivarifiutando tutta la teologia e la metafisica per affermare che solo la scienza positiva è in grado di dare ordine e progresso all'essere umano. Ernest Renan inizia il percorso di ricerca del Gesù storico, senza fede nella sua divinità, che sfocerà nell'opera Vita di Gesù. La seconda metà del XIX secolo fu un'epoca di scetticismo e di dubbi sulla vecchia fede, e in Polonia fu un'epoca di penitenza in attesa di una nuova nascita.

Non è possibile capire Sienkiewicz e la sua trilogia nazionale polacca - non è possibile capire Sienkiewicz e la sua trilogia nazionale polacca. Sangue e fuoco, L'alluvione, Un eroe polacco -Senza spiegare brevemente la storia di quel Paese. La Repubblica delle Due Nazioni (Polonia e Lituania) scomparve dalla mappa politica quando fu definitivamente divisa tra Russia, Prussia e Austria tra il 1772 e il 1795.

Tutto il XIX secolo è stato una lotta per l'identità nazionale polacca per acquisire un proprio Stato, una propria indipendenza politica, soprattutto dalla Russia. Per questo motivo è necessario citare le due rivolte di lotta armata: la Sondaggio di novembre (1830-1831) e il Sondaggio di gennaio (1863-1864). Entrambe si conclusero con la sconfitta dei polacchi da parte dei russi, con enormi deportazioni della popolazione in Siberia e grandi sofferenze della popolazione. Tuttavia, sono serviti a mantenere viva la fiamma della speranza per le libertà, per la nascita di un nuovo Stato.

Per tutta la sua opera letteraria, non solo per il suo Quo vadisSienkiewicz ricevette il Premio Nobel per la letteratura nel 1905. Alla cerimonia di premiazione, Sienkiewicz ha sottolineato con forza le sue origini polacche.

Per evitare la repressione da parte del governo russo, non ha tenuto il suo discorso alla cerimonia ufficiale di premiazione. Tuttavia, tre giorni dopo, alla presenza del re di Svezia e di altri scrittori, espresse il suo pensiero in latino con queste parole: "Tutte le nazioni del mondo cercano di ottenere premi prestigiosi per i loro poeti e scrittori. Questo grande Areopago, che assegna il premio alla presenza del monarca che lo presenta, è un'incoronazione non solo del poeta, ma allo stesso tempo dell'intera nazione di cui quella persona è figlio. Allo stesso tempo conferma che questa nazione partecipa a questo evento, che porta frutti e che è necessario per il bene di tutta l'umanità. Questo onore, importante per tutti, è ancora più importante per un figlio della Polonia. È stato proclamato che la Polonia è morta, ma qui abbiamo una delle mille ragioni per affermare che è viva. È stato detto che è incapace di pensare e lavorare, ed ecco la prova che agisce. Si è detto che è stata sconfitta, ma ora abbiamo nuove prove della sua vittoria.

Le origini

Henryk proveniva da una famiglia di nobili proprietari terrieri impoveriti che discendevano dai Tatari insediatisi in Lituania. I suoi genitori erano nobili istruiti con antenati gloriosi che avevano combattuto nelle varie rivolte per l'indipendenza della Polonia.

Dal 1858 iniziò a studiare in varie scuole secondarie di Varsavia, vivendo in pensioni. La difficile situazione finanziaria della famiglia lo costrinse fin da giovane a guadagnarsi da vivere come precettore, impartendo lezioni private. Questo è uno dei tratti fondamentali della personalità di Sienkiewicz: era un lavoratore instancabile, sempre in movimento, sempre impegnato, con una grande iniziativa sociale.

Fin da giovane si è interessato alla storia e alla letteratura, iniziando a scrivere e vincendo un premio nazionale di letteratura all'età di 18 anni. Gli autori che lo influenzarono maggiormente in quel periodo e che lasciarono per sempre il segno nei suoi scritti furono Omero, Adam Mickiewicz, Juliusz Słowacki, Walter Scott e Aleksander Dumas. Ha ricevuto i voti più alti nelle materie umanistiche e non ha prestato molta attenzione alle altre materie.

Dopo aver conseguito la licenza liceale nel 1866, secondo il desiderio dei genitori, si iscrisse alla facoltà di medicina della Scuola principale di Varsavia. Tuttavia, passò rapidamente a giurisprudenza e infine scelse filologia e storia, grazie alle quali conobbe a fondo la letteratura e la lingua polacca antica.

È interessante notare che nello stesso anno e nella stessa scuola Bolesław Prus e Aleksander Świętochowski iniziarono i loro studi. Quest'ultimo ha ricordato i suoi studi universitari in un articolo pubblicato su Prawda nel 1884, quando Sienkiewicz era già famoso: "C'era uno studente nel piccolo gruppo della Facoltà di Storia e Filologia, che non lasciava presagire grandi talenti e viveva completamente al di fuori di questa cerchia di scelta. Ricordo che una volta, passeggiando con lui per strada, rimasi stupito dalla sua capacità di riconoscere gli stemmi sui palazzi e sulle carrozze aristocratiche e dalla sua notevole conoscenza della storia delle famiglie nobili. Esile, malaticcio. Partecipava poco alla vita studentesca e si teneva in disparte. Attirava così poca attenzione da parte dei suoi colleghi che quando, dopo la laurea, Kotarbiński ci assicurò che Sienkiewicz aveva scritto un bellissimo romanzo InvanoAbbiamo riso di cuore e non abbiamo dato importanza al fatto.

Nel 1869, mentre era ancora studente, iniziò a pubblicare articoli di critica letteraria e sociale sul giornale settimanale Przegląd TygodniowyNegli anni successivi si affermò nella stampa di Varsavia come reporter ed editorialista di talento. Nel 1873 contribuì alla pubblicazione conservatrice Gazeta Polska. Le sue sagaci rubriche sono apparse sui cicli di Senza titolo (1873) y Momento presente (1875) con lo pseudonimo di Litwos. Era presente nei salotti culturali di Varsavia, soprattutto nella cerchia della drammaturga shakespeariana Helena Modrzejewska. È stata la più nota attrice polacca dell'epoca, che in seguito è diventata cittadina americana e si è guadagnata una meritata reputazione anche come attrice teatrale, interpretando opere shakespeariane in inglese.

In questo periodo incontra Maria Kellerówna, appartenente a una ricca e nobile famiglia di Varsavia, la prima delle cinque "Marie della sua vita". La comprensione dell'opera di Sienkiewicz è legata non solo alle sue radici nazionali, soprattutto nella letteratura e nella storia polacca, ma anche al suo amore appassionato per le donne e alle sue radici nel pensiero e nella tradizione cattolica. In molte delle sue opere, i tratti autobiografici sono costantemente visibili.

Il suo primo grande amore fu Maria Kellerówna. Questi due giovani si amavano alla follia. Erano già fidanzati, ma quando chiesero la mano ai genitori della sposa, questi rifiutarono e ruppero il fidanzamento, preoccupati per il futuro finanziario della figlia. Henryk non era abbastanza ricco, non era abbastanza adatto. La giovane Kellerówna, profondamente innamorata di Henryk, soffrì molto, non riuscì mai a dimenticarlo e non si sposò mai.

Viaggi

Anche Sienkiewicz lo ha vissuto dolorosamente, rifiutato e umiliato, non aveva dove rivolgere il suo cuore. Fortunatamente, all'orizzonte si profilò un viaggio in America con i suoi amici della cultura teatrale e con Helena Modrzejewska. Sienkiewicz ottenne un contratto come redattore della rivista Gazeta Polska dei suoi racconti di viaggio attraverso l'oceano. Il viaggio di due anni in Nord America (1876/1878) - il primo sogno dei Robinson divenuto realtà - ebbe un grande impatto sull'opera dello scrittore e ne consolidò la personalità.

Sienkiewicz e i suoi amici cercarono di creare una comunità culturale agricola in California e stabilirono il loro "quartier generale" americano ad Anaheim, una città dell'Orange Country, non lontano da Los Angeles. Era una piccola città, circondata da terreni agricoli. Fu lì che arrivò l'intera troupe di bellezze polacche, guidata da Helena Modrzejewska.

I tentativi di coltivare la tenuta non durarono a lungo e finirono quasi in bancarotta, come era prevedibile, ma in qualche modo i nostri viaggiatori romantici non ci avevano pensato prima. E sebbene il suo soggiorno ad Anaheim sia durato meno di un anno, la città riconoscente ha poi eretto un monumento al grande artista polacco.

Il progetto è crollato, il che è andato a vantaggio di Helena Modrzejewska, che è dovuta tornare sul palcoscenico. Le sue interpretazioni furono accolte calorosamente dal pubblico americano e Sienkiewicz riferì minuziosamente, nella corrispondenza per la stampa nazionale, del fenomenale successo dell'attrice polacca nelle sue svolte artistiche.

Fu durante questo soggiorno americano biennale che Sienkiewicz acquisì una caratteristica della sua scrittura. Ha sempre scritto in movimento, in viaggio, senza fermarsi. Le sue future opere letterarie, proprio come Dumas in Francia, furono pubblicate periodicamente in capitoli sulla stampa polacca. Ha trascorso più di 17 anni viaggiando fuori dalla Polonia e scrivendo.

Il suo lavoro è stato ampiamente diffuso. Lettere da un viaggio in America (1876-1879), che portavano con sé un resoconto contemporaneo della vita americana con le sue conquiste e le sue minacce. Con senso del dettaglio e non senza umorismo, Sienkiewicz racconta i costumi dell'America dell'epoca. Ai suoi occhi, tuttavia, la spinta tecnologica e di civilizzazione dell'America non giustificava i profondi contrasti sociali.

Lo scrittore lo ha espresso nei suoi testi, condannando lo sterminio degli indiani in modo particolare ed energico. Sto leggendo questo libro e come esempio traduco un piccolo testo da una di queste lettere, che mi ha particolarmente divertito. L'anno è il 1877.

"Nel sud della California senza lo spagnolo non si fa nulla. Inoltre, sono stato incoraggiato a studiare questa lingua trattando con diverse "señoritas" con le quali ho iniziato a parlare nella loro lingua madre. La Señorita America e la Señorita Sol mi hanno aiutato con molto entusiasmo e grazie a loro ho fatto progressi ammirevoli. Mi hanno anche dato un dizionario francese-spagnolo, quindi non ho avuto bisogno di altro. Non mi mancava nemmeno il desiderio, perché amavo questa lingua, che considero una delle più belle del mondo delle lingue. Ogni parola ha un suono come l'argento, ogni lettera vibra con una propria melodia, così virile, così nobile e musicale che si incide facilmente nella memoria, attratta dalle parole come una calamita attrae il ferro. Chi ha affrontato tutte le difficoltà dell'inglese, piegando la lingua come una conocchia, pronunciando suoni senza alcuna identità, e ora inizia con lo spagnolo, gli sembra di passare attraverso rovi e spine, per ritrovarsi improvvisamente in un giardino pieno di fiori. Non conosco una lingua più facile da pronunciare e da imparare".

Pubblicazioni e storie

Sienkiewicz non si limitò a pubblicare sulla stampa polacca dall'America. L'8 settembre 1877 pubblicò l'articolo Polonia e Russia nel giornale della California Quotidiano della Sera. In essa condannava la politica ingannevole delle autorità russe, che si atteggiavano a difensori degli Slavi nei Balcani, perseguitando allo stesso tempo i Polacchi nel territorio della Polonia. Nel 1878 tornò in Europa. Ha soggiornato a Londra e poi a Parigi per un anno. Ha visitato anche l'Italia.

Dopo essere tornato in Polonia nel 1879 e aver viaggiato a Leopoli, incontra Maria Szetkiewiczówna e se ne innamora. Quando ha saputo che la famiglia di lei era in viaggio verso Venezia, li ha seguiti. Dopo il periodo di fidanzamento, il 18 agosto 1881, Maria e Henryk si sposarono nella chiesa della Congregazione delle Suore Canoniche in Piazza del Teatro a Varsavia. Ebbero due figli, Henryk Józef e Jadwiga Maria. La moglie morì di tubercolosi nel 1885.

Già da sposi nel 1880, Henryk accompagnava costantemente la sua amata e cercava i posti migliori in Europa per le sue cure mediche. Dopo la morte dell'amata moglie, continuò a viaggiare con i figli in centri termali austriaci, italiani e francesi.

Costantemente in viaggio, scrive senza sosta da ogni angolo del mondo. Nel 1886 viaggiò via Bucarest fino a Costantinopoli e Atene, poi a Napoli e Roma. Nel 1888 era in Spagna. Da questo viaggio ha scritto il suo libro CorridaIl libro è stato recentemente tradotto in spagnolo. Alla fine del 1890 partì per una spedizione di caccia a Zanzibar e pubblicò il suo libro Lettere dall'Africa. Tra le città polacche, gli piaceva particolarmente Zakopane, anche se si lamentava costantemente del clima troppo piovoso dei Tatra.

Sienkiewicz iniziò la sua attività letteraria con racconti brevi; ne scrisse più di quaranta. Gli piaceva il modo umoristico di raccontare le storie, descrivendo ciò che vedeva come se fosse un diario. Oltre a molti fatti specifici dell'epoca, in essi è presente una nota patriottica, che sarà una caratteristica specifica dell'intera opera di Sienkiewicz.

Le opere umoristiche sono caratterizzate da retorica e didascalismo, ma contengono elementi grotteschi che rivelano il talento satirico dello scrittore. Si ritrova anche nella prosa successiva, soprattutto in Szkice węglem - Schizzi a carboncino (1877), dove il grottesco e il caricaturale contrastano con il significato tragico della storia dello sterminio di una famiglia di contadini da parte della nobiltà e del clero, insieme ai funzionari zaristi e comunali. Il destino dei contadini, confusi e indifesi, trattati come carne da cannone dagli eserciti delle potenze divise, è un tema importante per Sienkiewicz. Nella storia Bartek Zwycięzca - Bartek il vincitore (1882) accusa le élite polacche di aver tradito gli interessi nazionali e descrive la situazione di un contadino di fronte ai prussiani. Il tragico destino dell'emigrazione contadina in America è stato tratteggiato nel suo saggio Za chlebemPer il pane (1880). Tra questi capolavori c'è un eccellente studio sui sentimenti patriottici. LatarnikIl guardiano del faro (1881).

Le storie di Sienkiewicz erano una testimonianza eloquente della vivacità con cui reagiva alle questioni che toccavano l'opinione pubblica, dimostrando allo stesso tempo una profonda comprensione della psicologia umana.

Aveva un senso acuto della natura della fiaba, era in grado di riassumere drammaticamente una situazione di vita reale, di spiegarla saturandola di tensione e di concluderla con un finale inaspettato. Con le sue opere prolifiche, ha contribuito in modo significativo alla magnifica fioritura della fiaba polacca alla fine del XIX secolo e ha creato una vasta collezione di racconti classici molto letti.

Cultura

Manuel Lucena: "Le Leggi delle Indie, un monumento all'umanitarismo cristiano".

"L'impero spagnolo ha diffuso la religione cristiana e ha sviluppato i diritti umani e il diritto internazionale", spiega a Omnes Manuel Lucena Giraldo, ricercatore e accademico che dirige la cattedra di Studi spagnoli e ispanici dell'Università di Madrid. Lucena difende la storia professionale dalle opinioni populiste.

Francisco Otamendi-8 ottobre 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Qualche settimana fa, Omnes ha intervistato il messicano Rodrigo GuerraIl libro è stato pubblicato dal Segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina, che ha partecipato come relatore al I Congreso Internacional Hispanoamericano organizzato dalle università UNIR e UFV. Oggi proponiamo una svolta sul tema della storia e della Hispanidad, argomento di crescente portata e richiesta, in una conversazione con l'accademico e ricercatore dell'Istituto di Storia del CSIC, Manuel Lucena, direttore dal maggio di quest'anno della Cattedra di Spagnolo e Hispanidad dell'Università di Madrid, che ha la presidenza onoraria di Mario Vargas Llosa.

La scoperta dell'America, che nel 1492 non aveva un nome - apparve nel 1507 - ha a che fare con il fatto che "il continente americano si ricollegava al grande nucleo della civiltà globale comune eurasiatica, in primo luogo", dice lo storico. E poi, "con l'azione culturale e politica spagnola fondare città, diffondere la religione cristiana, in nome del provvidenzialismo umanitario, sviluppare i diritti umani e anche il diritto internazionale".

D'altra parte, Manuel Lucena sottolinea che, a suo avviso, "il dramma degli Indiani d'America risale soprattutto ai secoli XIX e XX, quando furono sterminati dalle entità politiche che ottennero l'indipendenza dalla Spagna dopo il 1820. Il problema sono gli indigeni contemporanei, non gli indigeni del passato". Abbiamo iniziato parlando della cattedra e poi dell'America.

Quali sono i compiti principali della sua cattedra di Studi spagnoli e ispanici?

- Postula una presenza istituzionale della Comunità Autonoma di Madrid nelle questioni relative alla prospettiva dello spagnolo come lingua globale e della Hispanidad come concetto che articola una comunità di parlanti con molte cose in comune e differenze anche dal punto di vista culturale. La presidenza è in fase di allestimento.

Secondo l'Instituto Cervantes, circa 600 milioni di persone parlano spagnolo nel mondo, il 7,6 % della popolazione mondiale. Qual è la sua valutazione in merito?

- In breve, lo spagnolo è la seconda lingua globale. La prima lingua parlata, in termini di parlanti, è ovviamente il cinese, in quanto lingua specifica di una determinata comunità. La prima lingua globale è l'inglese, ma la seconda lingua globale è lo spagnolo, e questo perché ci sono culture in spagnolo, al plurale, culture ispaniche, se volete usare il termine - mi sento molto a mio agio con esso - e questo equivale a 600 milioni di persone.

Fernando Rodríguez Lafuente, che è stato il direttore della Istituto Cervantesdice che la lingua spagnola è il petrolio che abbiamo, il petrolio della Spagna. In questo senso, la valutazione di questo fatto ha a che fare con il fatto che oltre le frontiere della Spagna, ci sono le frontiere dello spagnolo. E le frontiere sono globali, si trovano in tutti i continenti, fanno parte dei movimenti più dinamici nell'innovazione e nella costruzione del futuro del mondo, e per questo dovremmo sentirci molto orgogliosi. Quindi la valutazione non può che essere molto positiva.

Uno storico ha commentato in Omnes che "l'anacronismo è letale nel giudicare la storia. Oggi siamo molto tentati di giudicare ciò che è accaduto nella storia con i criteri del XXI secolo". Ci sono commenti?

- Sono d'accordo che ogni buon storico, direi ogni persona, ha l'obbligo di stare in guardia dal giudicare il passato secondo i parametri del presente. Nel caso degli storici, in particolare, c'è un difficile adattamento allo studio del passato, che ti costringe a vivere in esso, a ricrearlo, a pensare ai suoi valori, ai suoi stili, ai suoi linguaggi, e allo stesso tempo a raccontarlo ai tuoi contemporanei.

L'altro giorno mi è venuto in mente Benedetto Croce, quando diceva che tutta la storia è storia contemporanea.

Sono d'accordo con l'affermazione che l'anacronismo è letale nel giudicare la storia, ma dobbiamo anche occuparci dei nostri contemporanei. Ed essere in grado di spiegare loro che l'esperienza umana, la storia, ha elementi di verità, che la verità nella storia esiste, questo non è relativismo. In questo senso, la verità della storia è la verità dello storico. Condivido quindi questo criterio e aggiungo semplicemente che non dobbiamo avere paura di dire che la verità della storia esiste e che possiamo avvicinarci ad essa il più possibile, anche se è ovvio che dobbiamo tenere molto in considerazione questo principio di anacronismo.

Lei parla della verità della storia.

- La vita della storia è la vita dello storico, dice un vecchio maestro. Ma allo stesso tempo dobbiamo essere in grado di affrontare, diffondere, raccontare, rispondere alle esigenze del passato nel presente e distinguere la storia come scrittura saggistica dall'invenzione.

La storia, la scienza politica, la sociologia, l'economia, rispondono tutte alla scrittura saggistica, alle narrazioni che raccontano la verità, la verità che siamo stati in grado di salvare, dal punto di vista delle fonti scientifiche, filtrate dalla critica delle fonti. Perché anche il passato è pieno di bugie, così come il presente. La disinformazione non è un'invenzione del presente.

Ma ovviamente dobbiamo raccontarlo. E per questo credo sia fondamentale raccontare bene le cose, rendere la storia una disciplina attraente, avvicinarsi il più possibile al nostro pubblico. Sempre sottolineando che qui c'è un contratto. E il contratto è che vi dirò la verità di ciò che ho scoperto come storico, la verità della storia. Il pubblico della storia è molto importante e in crescita. La domanda di conoscenze storiche è molto interessante, e non è coperto da nessun presunto romanzo storico, da nessuna invenzione o da nessuna menzogna del passato. La storia esiste come studio della verità. Non possiamo rinunciare a dire la verità del passato, la verità del presente e la verità del futuro.

Con questo anacronismo non voglio coprire nulla. Per fare un esempio, l'assassinio di Cesare. O Caino, che secondo la Bibbia uccise suo fratello Abele.

̶ Il mio insegnante John Elliot ha sottolineato che il compito dello storico è quello di illuminare le opzioni di libertà. Era un grande umanista. Ci stava dicendo che, in effetti, vado alla storia, e un magnicidio come la morte di Cesare, quasi il nostro primo magnicidio politico in Occidente, di cui ci ricordiamo ̶ ce ne sono molti altri, naturalmente, prima e dopo ̶ , c'è un fatto che è un assassinio politico, che i disinformatori cercano di giustificare, come risultato della reazione alla tirannia, ecc. ecc.

Questo è il lavoro della storia. E trova fonti che dicono: questo è un assassinio, questo è un crimine; e fonti che dicono: questo è giustificato perché Cesare era un tiranno, e c'è un diritto morale di eliminare i tiranni. L'aspetto affascinante dell'approccio dello storico e della storia a questo fatto, o a qualsiasi altro fatto, è che illuminiamo le complessità delle decisioni degli esseri umani.

Il lavoro dello storico è duro, difficile e molto impegnativo, e bisogna trascorrere molte ore in biblioteca e in archivio, alla ricerca di fonti e per recuperare una prospettiva sul passato. È importante parlarne alla gente, e parlarne ai giovani oggi è fondamentale.

Passiamo a un evento specifico. Da alcuni anni alcuni leader americani criticano la colonizzazione dell'America da parte degli spagnoli, compreso il presidente messicano. D'altra parte, Papi come San Giovanni Paolo II e Francesco hanno chiesto perdono per gli errori commessi, persino per i "crimini". Come vede questo compito degli spagnoli in America?

- A proposito, il nonno del presidente messicano era di Santander... Per venire al punto, siamo in affari diversi, storia e propaganda politica, intendendo la storia come storia professionale, non come storia dei propagandisti. La storia professionale si scontra con visioni populiste che non obbediscono alla realtà del passato e che non sarebbero sostenibili dal punto di vista dello storico professionista.

La prima entità politica nella storia del mondo è la monarchia universale, cattolica e spagnola. Perché la monarchia di Filippo II, e di Filippo III e Filippo IV, spagnolo-portoghese, è stata la prima entità politica nella storia dell'umanità, che ha integrato definitivamente i possedimenti, in questo senso i territori in condizioni di parità, in America, in Asia, in Africa e in Europa. Fu questo il carattere pionieristico dell'impero spagnolo, che durò per tre secoli. È difficile da spiegare in termini di continuità, io la metterei così. L'impero spagnolo, il vicereame della Nuova Spagna, è durato anche più a lungo della Repubblica messicana, che ha appena compiuto duecento anni.

Il nazionalismo come modo di costruire una comunità politica - la nazione è più antica del nazionalismo, anche questo è molto importante da tenere a mente - si articola in una costruzione di economie politiche di risentimento, di abbandono delle responsabilità, di vittimismo. Negli ultimi due secoli, ogni nazione politica ha basato il proprio nazionalismo su qualcuno da odiare, qualcuno da incolpare per ciò che non siamo in grado di risolvere da soli.

Continua...

- Chiunque sia suscettibile di ascoltare le odiose dottrine del populismo, a ciascuno il suo. In questo caso, ovviamente, bisogna dire che non è così. La scoperta dell'America, che nel 1492 non aveva ancora un nome - il nome apparve nel 1507 - ha a che fare, in primo luogo, con il fatto che il continente americano si ricollega al grande nucleo della civiltà globale comune eurasiatica; in secondo luogo, ha a che fare con il fatto che l'azione dell'impero spagnolo, l'azione culturale e politica spagnola fondò città, diffuse la religione cristiana, fu fatta in nome di un provvidenzialismo umanitario, sviluppò i diritti umani e sviluppò il diritto internazionale.

Tutto questo avveniva molto prima che il Messico esistesse come entità politica indipendente. Se oggi ci sono messicani che vogliono rinunciare a una parte essenziale del loro passato e della loro esemplarità politica e culturale, questo dipende da ciascuno. Conosco bene il Messico, lo ammiro profondamente e ha un'enorme statura politica e culturale nell'era della globalizzazione, fondamentalmente grazie al suo periodo spagnolo, al suo periodo ispanico. Il Messico era la capitale dell'impero spagnolo. Il Messico era al centro di quell'entità politica globale che era l'impero spagnolo.

E le condizioni?

Per quanto riguarda l'uso di questi termini, popoli nativi o precolombiani, credo che qualsiasi studioso della globalizzazione sappia che tutti noi veniamo da qualche altra parte. Non esistono popoli originari, popoli nativi, che non vi conferiscono un'entità politica distinta che obbliga il resto di noi a riconoscere una priorità o una superiorità nei loro confronti. Questo naturalmente non significa che non riconosciamo il dramma degli indiani d'America, che risale soprattutto al XIX e al XX secolo, quando furono sterminati dalle entità politiche che si resero indipendenti dalla Spagna dopo il 1820, questo è il problema. Il problema sono gli indigeni contemporanei, non gli indigeni del passato.

Come spagnoli oggi dobbiamo essere molto tranquilli. C'è un'entità politica che è scomparsa nel 1825, che si chiamava impero spagnolo, la monarchia spagnola, che si è spezzata in 22 pezzi. Una è la Spagna europea, quella attuale, e ci sono altri 21 pezzi, che si chiamano le attuali repubbliche latinoamericane, e ognuno può adattarsi al passato come vuole. Ci sono persone che lavorano e lavorano in modo molto positivo, integrandosi nella globalizzazione sulla base dell'eredità ispanica, senza rifiutarla, senza negarla, ma al contrario integrandola.

Il segretario della Pontificia Commissione per l'America Latina, Rodrigo Guerra, ha dichiarato a Omnes che "l'esperienza dimostra che la buona notizia del Vangelo, vissuta in comunione, è fonte di umanità rinnovata, di vero sviluppo".

- Mi piace molto il libro scritto da uno storico americano ora scomparso, Lewis Hanke, intitolato "La lotta per la giustizia nella conquista dell'America". Descrive molto bene come il grande problema degli spagnoli nel XVI secolo fosse quello di capire queste altre umanità, questo numero di origini, le persone che si trovavano lì, alle quali bisognava dire quale status giuridico avrebbero avuto, se erano sudditi di Sua Maestà o meno. Isabella la Cattolica lo risolse nel suo testamento del 1504, quando disse che tutti i nativi delle nuove terre erano discepoli della Corona di Castiglia e basta.

Tutto il XVI secolo è il dibattito in termini di diritti. Stiamo parlando della nascita dei diritti umani e del diritto internazionale. È stato un dibattito difficile e complicato, in cui alcuni lo hanno accettato, altri no. La cosa fondamentale è che la Corona accettò questo dibattito, lo patrocinò, sospese le conquiste e alla fine normalizzò la situazione della colonizzazione. Le Leggi delle Indie sono un monumento all'umanitarismo cristiano. Chiunque non accetti questo semplice principio deve leggere il libro Leggi delle Indie. [NotaLe Leggi delle Indie sono la raccolta messa in atto dal re Carlo II di Spagna nel 1680 della legislazione speciale emanata dalla Spagna per il governo dei suoi territori d'oltremare nel corso di quasi due secoli].

Recentemente è stato realizzato un musical sulla nascita del mestizaje, Malinche. Una parola sulla miscegenazione...

- Il viaggio di Magellano ed Elcano, conclusosi cinque secoli fa, ha costretto gli esseri umani di questo pianeta a rendersi conto che la terra è una sola, geograficamente parlando, non è vero? Ma l'altro dibattito che hanno aperto, e che anche loro hanno visto, è che l'umanità è una, non è vero? La miscegenazione è lo scenario che si è verificato fin dal primo momento, dal 1492, quando Colombo e i suoi compagni arrivano alle Bahamas e pensano di essere in Asia, la miscegenazione è il risultato di un'umanità globale, è lo specchio dell'umanità globale. E naturalmente è un fatto di valore assoluto. Essere meticci significa essere umani in un mondo globale.

Il meticciato non è solo etnico, è culturale, emotivo, biologico, naturalmente, un prodotto del capitale, delle tecnologie. La mescolanza è ciò che ci ha portato qui. Siamo il risultato di una miscegenazione, di questo desiderio di conoscere l'altro, di sapere chi è e cosa vuole dirci. E anche proiettare i valori su di loro, ma anche che l'altro li proietti su di voi.

In questo senso, pensare al mondo globale significa pensare alla miscegenazione, rivendicarla come soluzione, come scenario da cui proveniamo. La monarchia spagnola era globale, multietnica, policentrica, come abbiamo detto in TERZO uno di questi giorni, parlando di un libro, 'Conversazione con un meticcio della nuova Spagna', dello storico francese Serge Gruzinski.

Concludiamo parlando con l'accademico Manuel Lucena dell'espressione "Leggenda Nera", nata nel 1910 da una figura del Ministero degli Affari Esteri, Julián Juderías, che vinse un concorso dell'Accademia Reale di Storia. Sulla Leggenda Nera, "non è né autocosciente né eccessiva. Quello che dovete fare è studiare la storia spagnola, leggerla, amarla. Le culture di lingua spagnola hanno molto da dire".

L'autoreFrancisco Otamendi

Articoli

L'urgenza della missione

Il cardinale arcivescovo di Madrid fa un bilancio del recente concistoro straordinario a cui ha partecipato e indica le chiavi dell'impegno cristiano richiesto dalla società di oggi: rinnovare il senso missionario per portare la Buona Novella in tutti gli ambienti.

Carlos Osoro Sierra-8 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Alla fine dello scorso agosto, ho partecipato a Roma a un convegno di concistoro riunione straordinaria convocata dal Papa per discutere della costituzione apostolica Praedicate Evangelium. Con questo bellissimo e raccomandatissimo testo si conclude la riforma della Curia romana e ci viene ricordato che la Chiesa "adempie al suo mandato soprattutto quando testimonia, con le parole e con le opere, la misericordia che essa stessa ha gratuitamente ricevuto" (n. 1).

Anche se gli incontri sono a porte chiuse, posso dire che, per me, è stato un dono poter condividere tempo e riflessioni su questo mandato con il Successore di Pietro e con l'intero Collegio Cardinalizio, la cui composizione parla proprio della ricchezza della nostra Chiesa. Insieme abbiamo sentito ancora una volta che il Signore ci incoraggia alla missione; abbiamo sperimentato come ci incoraggia e ci spinge a portare la Buona Novella ai nostri contemporanei, ovunque si trovino e in qualsiasi condizione si trovino.

Come Francesco ha sottolineato in innumerevoli occasioni in questi anni di pontificato, Gesù stesso ci mette in viaggio: "Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a tutta la terra" (Mc 16,15). Oggi, quando il mondo è colpito da tanti conflitti e scontri - dall'Ucraina all'Etiopia, dall'Armenia al Nicaragua - e molte persone - soprattutto le più vulnerabili - affrontano il futuro con paura e incertezza, è più urgente che mai per i cattolici proclamare che Cristo ha vinto la morte e che il dolore non può avere l'ultima parola.

Per sottolineare l'urgenza della missione, nella mia lettera pastorale per l'anno accademico appena iniziato, intitolata In missione: tornare alla gioia del VangeloMi rivolgo alla parabola del figliol prodigo o, meglio, del padre misericordioso. 

Noi cattolici non possiamo rimanere chiusi in noi stessi; non possiamo essere compiacenti e autoreferenziali, né dobbiamo perdere la capacità di sorprenderci o di ringraziare, come è accaduto al figlio maggiore nella parabola. Dobbiamo raggiungere i battezzati che, come il figlio minore, hanno lasciato la casa e si sono allontanati dall'amore di Dio, mentre dobbiamo cercare coloro che non conoscono Gesù Cristo o lo rifiutano.

In questa chiave, è commovente rileggere ciò che dice il padre della parabola: "Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo, ma dovevamo fare festa e rallegrarci, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto e lo abbiamo ritrovato". (Lc 15,31-32). In questo padre vediamo Dio, un Dio che ci ama, un Dio misericordioso che ci ha dato tutto e che ci lascia persino liberi di andarcene. 

Nella fase diocesana del Sinodo di Madrid è emerso chiaramente il desiderio di vivere che Dio ci ama e di mostrarlo anche ai nostri fratelli e sorelle, a quelli che se ne sono andati e a quelli che non lo hanno mai conosciuto. Per fare questo, innanzitutto, nella nostra arcidiocesi è emerso chiaramente che è necessario che ognuno di noi credenti curi la propria preghiera e il proprio incontro con Dio, cerchi di vivere il Vangelo con coerenza e lo faccia in comunità. Non possiamo essere isole deserte o chiuderci nei nostri gruppi, ma dobbiamo sentirci parte della Chiesa in pellegrinaggio nel mondo.

Solo così potremo affrontare, in secondo luogo, le sfide della Chiesa stessa emerse in questa fase, come il concetto di autorità e di clericalismo; la responsabilità dei laici e la creazione di spazi di partecipazione; il ruolo dei giovani e delle donne; l'attenzione alla vita familiare; la cura delle celebrazioni, affinché siano vivaci e profonde; la valorizzazione della pluralità dei carismi; la formazione alla sinodalità e alla dottrina sociale della Chiesa e una maggiore trasparenza.

Questo ci porterà, in terzo luogo, ad essere una Chiesa che, senza nascondere la verità, è sempre in un necessario dialogo con la società. E ci porterà anche a essere una Chiesa samaritana con le porte aperte; una Chiesa che non lascia nessuno a piedi sulla strada, che aiuta e accompagna coloro che la società ha lasciato ai margini - come tante persone in situazioni di vulnerabilità - e che accoglie coloro che possono essersi sentiti rifiutati persino dalla Chiesa stessa.

In una catechesi sul discernimento all'udienza generale del 28 settembre - che sto rileggendo mentre finisco queste righe - il Papa si è rivolto al suo amato Sant'Ignazio per chiedere la grazia di "vivere un rapporto di amicizia con il Signore, come un amico parla a un amico". Secondo lui, ha incontrato "un anziano fratello religioso che era custode della scuola".che, quando poteva, "si avvicinò alla cappella, guardò l'altare, disse: "Ciao", perché era vicino a Gesù. "Non ha bisogno di dire: 'Bla, bla, bla', non: 'Ciao, io sono vicino a te e tu sei vicino a me'", ha detto Francesco, sottolineando che "questo è il rapporto che dobbiamo avere nella preghiera: la vicinanza, la vicinanza affettiva, come fratelli, la vicinanza con Gesù".. Che tutti noi sappiamo mantenere questo rapporto con il Signore per intraprendere, con determinazione, l'entusiasmante missione che ci è stata affidata.

L'autoreCarlos Osoro Sierra

Cardinale arcivescovo di Madrid.

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Vaticano

L'ultimo appello di Papa Francesco per l'Ucraina

Con il suo appello per la fine della guerra in Ucraina il 2 ottobre 2022, Papa Francesco ha tracciato una linea chiara e ha chiarito la sua posizione sulla guerra. Un chiarimento probabilmente necessario, dopo che le parole e la posizione di Papa Francesco hanno suscitato critiche nella stessa Ucraina.

Andrea Gagliarducci-7 ottobre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Il discorso di Papa Francesco del 2 ottobre 2022 è stato un testo ben congegnato, diplomatico, calibrato in ogni parola, volto proprio a sottolineare la gravità della situazione. Non sappiamo cosa abbia spinto il Papa a fare questo appello, se la nuova minaccia nucleare o la situazione dopo le annessioni russe di Donetsk. Luhansk, Zaporizhzhia e Kherson, e il discorso di Putin, che ha sollevato lo spettro della minaccia nucleare.

Tuttavia, sappiamo che le parole di Papa Francesco sono giunte al culmine di un grande sforzo diplomatico da parte della Santa Sede, che ha lavorato instancabilmente dietro le quinte fin dall'inizio del conflitto.

Discorso di Papa Francesco

Papa Francesco ha scelto di parlare durante la preghiera dell'Angelus. L'appello per la fine della guerra in Ucraina è stato fatto al posto del commento al Vangelo che di solito precede la preghiera dell'Angelus. Solo in un'altra occasione è successo: il 1° settembre 2013, quando il Papa ha affrontato il tema della guerra in Siria e ha lanciato la giornata di preghiera e digiuno per la pace del 7 settembre successivo.

Il rischio, facendo questa scelta, era di dare al discorso del Papa una connotazione puramente politico-diplomatica, senza ancorarlo al Vangelo, come tendono ad essere tutti i discorsi del Papa. Come è stato detto, questo è accaduto solo in un'altra occasione. È un segno che la situazione per il Papa è tragica.

Nel discorso, Papa Francesco ha sottolineato che "certe azioni non possono mai essere giustificate" e ha detto che è "angosciante che il mondo stia imparando la geografia dell'Ucraina attraverso nomi come Bucha, Irpin, Mariupol, Izium, Zaporizhzhia e altri luoghi, che sono diventati luoghi di indescrivibile sofferenza e paura". E che dire del fatto che l'umanità sta affrontando di nuovo la minaccia atomica? È assurdo.

Chiaramente, il Papa ha stigmatizzato le uccisioni di massa e le prove di tortura trovate in questi siti.

Papa Francesco si è quindi rivolto per primo al Presidente della Federazione Russa "chiedendogli di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte".

Il Papa ha anche invitato il presidente ucraino ad essere "aperto a serie proposte di pace".

Questo non è un appello al presidente ucraino affinché accetti l'invasione. Il dettaglio importante è che sia aperto a proposte di pace "serie". Per la Santa Sede, le "serie proposte di pace" devono essere intese come proposte di pace che non tocchino l'integrità territoriale dell'Ucraina, che mettano fine allo stillicidio della guerra, che ristabiliscano l'equilibrio nella regione. 

Dialogo con la Federazione Russa

La Santa Sede non ha mai interrotto il dialogo con la Federazione Russa. Papa Francesco ha fatto sapere in diverse occasioni di essere disposto ad andare a Mosca. Il 25 febbraio, quando la guerra era appena iniziata, decise, in modo non convenzionale, di visitare l'ambasciata russa presso la Santa Sede, cercando un dialogo con il presidente russo Vladimir Putin, una "finestra" aperta, come ha sottolineato il Papa stesso.

Questa "finestrella" non è mai stata aperta. Tuttavia, il dialogo è rimasto costante. Il cardinale Pietro Parolin ha avuto un colloquio telefonico con il ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov l'8 marzo 2022 e lo ha incontrato a margine dell'Assemblea generale delle Nazioni Unite a New York.

Secondo il Ministero degli Esteri russo, durante la conversazione Lavrov "spiegherà le ragioni dell'attuale crisi nelle relazioni tra Russia e Occidente, che è il risultato della 'crociata' della NATO per distruggere la Russia e dividere il mondo". Il Ministero degli Esteri ha inoltre sottolineato che "le misure adottate dal nostro Paese mirano a garantire l'indipendenza e la sicurezza, nonché a contrastare le aspirazioni egemoniche degli Stati Uniti a controllare tutti i processi globali".

In quell'occasione sono stati discussi anche i referendum che, secondo il Ministero degli Esteri russo, "sono la realizzazione dei legittimi diritti degli abitanti di questi territori all'autodeterminazione e all'organizzazione della propria vita secondo le proprie tradizioni civili, culturali e religiose".

Ovviamente, questa è solo la versione russa della storia. La Santa Sede non ha fatto alcuna comunicazione ufficiale. Tuttavia, si sa che è stato il cardinale Parolin a chiedere l'incontro.

Dall'incontro è emersa non solo una situazione complicata, ma anche la pura difficoltà (per non dire l'impossibilità) di coinvolgere i russi in un negoziato di pace. Da qui, probabilmente, l'Angelus sfumato di Papa Francesco. Come se fosse consapevole che la Santa Sede non può essere una forza di mediazione.

Mediazione della Santa Sede per porre fine alla guerra?

Non può essere perché la mediazione, per dare frutti, deve essere voluta da entrambe le parti. Al momento, tuttavia, non sembra che la Russia sia disposta a mediare. Anche una recente intervista con il metropolita Antonij, capo del Dipartimento per le relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ha mostrato che la Russia e la Santa Sede non sembrano essere così vicine.

Per il momento, le relazioni tra il Vaticano e il Patriarcato di Mosca sono congelate", ha dichiarato Antonij all'agenzia di stampa russa Interfax. Per quanto si parli di relazione ecumenica, questa relazione ha anche ripercussioni politiche, soprattutto per il modo in cui il Patriarcato di Mosca è inestricabilmente legato alla presidenza della Federazione Russa.

Sono tempi molto diversi da quelli di giugno, quando fu l'agenzia governativa russa Ria Novosti a dare la notizia del sostegno della Federazione Russa alla mediazione della Santa Sede per risolvere la guerra in Ucraina. Lo ha fatto riportando le dichiarazioni di Alexei Paramonov, capo del primo dipartimento europeo del Ministero degli Esteri russo, che aveva notato, con un cambio di tono molto significativo, che "la leadership vaticana ha ripetutamente dichiarato di essere pronta a fornire tutta l'assistenza possibile per raggiungere la pace e fermare le ostilità in Ucraina". Queste osservazioni trovano conferma nella pratica. Manteniamo un dialogo aperto e fiducioso su una serie di questioni, principalmente legate alla situazione umanitaria in Ucraina".

Cosa è cambiato tra giugno e oggi? Innanzitutto, è cambiato il corso della guerra e quindi anche la disponibilità a negoziare. E poi, l'impegno della Santa Sede è cambiato. Questo, diplomaticamente parlando, parte sempre da un punto ineludibile: il rispetto dell'integrità territoriale ucraina.

Integrità territoriale ucraina

L'arcivescovo Paul Richard Gallagher, "ministro degli Esteri" del Vaticano, aveva invitato a "resistere alla tentazione di compromettere l'integrità territoriale ucraina" a margine di una conferenza alla Pontificia Università Gregoriana il 14 giugno.

Gallagher aveva visitato l'Ucraina tra il 18 e il 21 maggio, e durante quel viaggio aveva sottolineato che la Santa Sede "difende l'integrità territoriale dell'Ucraina".

Ovviamente, per la Santa Sede è necessaria una soluzione negoziata, non una guerra.

Come Chiesa, ha detto Gallagher, "dobbiamo lavorare per la pace e sottolineare anche la dimensione ecumenica". Inoltre, dobbiamo resistere alla tentazione di compromettere l'integrità territoriale dell'Ucraina. Dobbiamo usare questo", quello della territorialità, "come principio di pace. Speriamo di poter avviare presto i negoziati per un futuro di pace".

Il gesto di Papa Francesco deve quindi essere compreso in questo quadro diplomatico. L'integrità territoriale dell'Ucraina non è in discussione. Così come non è in discussione il giudizio della Santa Sede sulla guerra. Basti pensare che già nel 2019, quando il Papa convocò il Sinodo e i vescovi greco-cattolici ucraini a Roma per un incontro interdicasteriale, il cardinale Parolin definì quanto stava accadendo in Ucraina una "guerra ibrida".

Con la sua dichiarazione, Papa Francesco ha voluto chiarire ulteriormente la sua posizione. Si tratta forse di un chiarimento tardivo, a fronte di diverse situazioni che hanno colpito la sensibile opinione pubblica ucraina: dalla decisione di far portare la croce nella Via Crucis del Venerdì Santo a una donna russa e a una ucraina, gesto visto come una spinta alla riconciliazione, alla preghiera per l'intellettuale russa Darya Dugina, lanciata senza riferimenti alla persona, ma collegando l'attentato che ne ha causato la morte alla guerra in Ucraina, quando ancora non si sa chi abbia messo una bomba nella sua auto.

In ogni caso, il Papa ha tracciato una linea chiara, un punto di non ritorno. Può sembrare un tentativo disperato, un ultimo appello all'Ucraina. Ma forse è l'inizio di una nuova offensiva diplomatica della Santa Sede, che si sta svolgendo dietro le quinte.

L'autoreAndrea Gagliarducci

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Ecologia integrale

Pilar AriasPer saperne di più : "Una campagna per attirare gli abbonamenti deve essere accompagnata da una minore "aggressività" nel passaggio del canestro".

Abbiamo intervistato Pilar Arias, responsabile della gestione delle sottoscrizioni con addebito diretto per le donazioni alle parrocchie di Madrid. Ci racconta i dettagli di questo modo di ottenere entrate, che sta diventando sempre più importante per il sostegno delle parrocchie.

Diego Zalbidea-7 ottobre 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Nata a Madrid 37 anni fa, sposata e madre di tre figli di 9, 6 e 4 anni. Laurea in Giurisprudenza e in Amministrazione e gestione aziendale presso l'Universidad Autónoma de Madrid. Dal 2009 al 2011 ha lavorato nel reparto di pianificazione e analisi finanziaria di Kraft Foods, oggi Mondelez International Inc, l'azienda che produce Ahoy Chips, Oreo e le gomme da masticare Trident. Da allora fino al 2016 ha lavorato nel dipartimento di Analisi Economico-Finanziaria e Controllo di Bilancio di CLH (ora Exolum). In quell'anno è stata nominata alla carica che ricopre attualmente, quella di vicedirettore dell'amministrazione diocesana dell'Arcivescovado di Madrid.

Quante famiglie preferiscono abbonamenti regolari per sostenere la Chiesa di Madrid?

Molti. Più di 23.000 famiglie hanno una sottoscrizione a favore della loro parrocchia a Madrid. Tuttavia, c'è ancora una gran parte della popolazione che non è consapevole dei vantaggi che questa forma di collaborazione comporta, sia per loro che per la parrocchia con cui collaborano. 

Ci accorgiamo che molte persone, quando parlano di conti a livello parrocchiale, di risorse necessarie o utilizzate, di detrazioni, delle dichiarazioni dei redditiecc. sono scollegati perché le questioni sono difficili da comprendere. Dobbiamo creare un linguaggio molto semplice per questo gruppo.

C'è anche una percentuale di persone che "ha sempre messo i soldi nel cestino della colletta a Messa" e non è disposta a cambiare questa abitudine. Inoltre, non sanno come gestire il momento in cui il canestro viene superato se si abbonano. Si sentono violenti se non gettano qualcosa e sono osservati dai vicini, che non sanno che contribuiscono già con un abbonamento. Per questo motivo riteniamo che una campagna di attrazione degli abbonamenti debba essere accompagnata da una minore "aggressività" nel passaggio del cestino.

L'approccio deve essere lo stesso per tutti i pubblici?

Dobbiamo raggiungere ogni segmento della popolazione con un messaggio diverso, a seconda dell'età, della situazione economica, del luogo di residenza e così via. E questa è la sfida. Nel cambiare il messaggio per raggiungere tutti.

Incontriamo un'altra difficoltà nella comunicazione con i parrocchiani: attualmente abbiamo una popolazione altamente digitalizzata e una che non lo è affatto. Quando conosciamo la loro età, li consideriamo digitalizzati fino a 60 anni. Non possiamo conoscere il grado di digitalizzazione degli ultrasessantenni: molti non sono affatto digitalizzati, ma altri, anche oltre i 90 anni, lo sono. La pandemia ci ha aiutato in questo senso.

In ogni caso, è necessario individuare nelle parrocchie il tipo di comunicazione più adatto ai parrocchiani e raggiungere ciascuno nel modo che preferisce. La sfida consiste nel raggiungerli con il messaggio giusto e attraverso il canale giusto.

Quali sono i vantaggi di questo tipo di collaborazione?

In Spagna, la Chiesa non riceve alcuno stanziamento nel bilancio generale dello Stato dal 2007. È sostenuta principalmente dai contributi volontari di tutti i fedeli, ciascuno secondo le proprie possibilità. Lo 0,7% di imposta sul reddito delle persone fisiche che i contribuenti decidono liberamente di devolvere alla Chiesa di Madrid copre solo 18,14% delle spese totali. 

Contribuire con una sottoscrizione regolare, anziché con un cestino, va a vantaggio sia della parrocchia che del donatore. La parrocchia può prevedere le entrate per far fronte alle spese e risparmiare sui costi di gestione del contante. Inoltre, il donatore beneficia di importanti detrazioni fiscali nel caso in cui debba presentare una dichiarazione dei redditi. Ecco perché gli abbonamenti sono così importanti.

Quanto può chiedere il donatore in termini di sgravi fiscali?

Sui primi 150 euro donati a una parrocchia, il donatore può detrarre 80%, se si tratta della sua unica donazione, e 35% (in alcuni casi 40%) da ciò che supera questo importo. Se il donatore effettua più donazioni, la percentuale 80% si applica a una di esse e la percentuale 35% o 40% si applica alle altre, a seconda che si tratti di una donazione ricorrente o meno.

Pertanto, se calcoliamo quanto metteremmo nel cesto ogni anno, e consideriamo di farlo tramite una sottoscrizione, possiamo fare una donazione maggiore, in quanto detrarremo una cifra significativa e la parrocchia riceverà più soldi. È una situazione vantaggiosa per tutti.

A titolo di esempio, è interessante dare un'occhiata alla seguente tabella:

(il vostro sforzo finanziario) SE VOLETE FARE UNA DONAZIONE ALL'ANNO: (cosa riceverà la parrocchia) È POSSIBILE DARE UN CONTRIBUTO DI: PERCHÉ VI VERRÀ DETRATTA:
30 €150 €120 €
95 €250 €155 €
160 €350 €190 €
225 €450 €225 €

La gestione, la promozione e la manutenzione del sistema di abbonamento richiedono molto lavoro per la diocesi?

Nell'Arcivescovado di Madrid abbiamo un dipartimento con tre persone, tutte donne, che aiutano la maggior parte delle 479 parrocchie dell'arcidiocesi di Madrid con il lavoro amministrativo generato dalle sottoscrizioni e sviluppano campagne per promuoverle. 

Serviamo più di 18.000 donatori. In questo modo le parrocchie si liberano di molte incombenze amministrative e possono concentrarsi su un lavoro più pastorale, assistenziale e caritativo. Inoltre, poiché siamo in grado di negoziare con le banche con cifre più alte, otteniamo commissioni più basse per l'addebito diretto e il rimborso delle bollette. Le parrocchie hanno costi inferiori e quindi ricevono più denaro.

Le rimesse vengono inviate alla banca, si registrano le entrate mensili di ogni parrocchia e di ogni donatore, si genera il modulo 182 per la dichiarazione dei redditi e si consigliano le parrocchie sulle loro necessità. A questo proposito, possiamo essere contattati sia dai parroci che dai membri dei consigli finanziari parrocchiali.

Quindi, ne vale davvero la pena

Richiede lavoro, ma in ore complessive, meno di quelle che si spenderebbero in ogni parrocchia, e con la sicurezza che deriva dal dedicarsi professionalmente a questo, conoscendo e applicando tutte le normative che ci riguardano, come la legge organica e i regolamenti sulla protezione dei dati, la legge 49/2002, sul regime fiscale per le organizzazioni non profit e gli incentivi fiscali per i patronati, eccetera.

Il donatore può iscriversi compilando un modulo, cosa che di solito fanno i donatori "non digitalizzati". Quando il modulo arriva al dipartimento, i dati vengono inseriti nel sistema, elaborati e quindi gestiti.

Esistono altre forme di collaborazione?

C'è un altro modo per fare una sottoscrizione, ovvero il portale di donazione della Conferenza episcopale "Dona alla mia Chiesa" (www.donoamiigleisa.es), da cui è possibile effettuare donazioni a qualsiasi parrocchia in Spagna. Anche questa banca dati è gestita da questo dipartimento, e le parrocchie sono tenute pienamente informate sugli abbonamenti che ricevono attraverso questo canale.

Teniamo informate le parrocchie di tutti gli sviluppi via e-mail e prendiamo accordi per il recupero delle donazioni restituite. La parrocchia non si dissocia mai dal donatore. Ad esempio, se ci accorgiamo che un abbonamento deve essere cancellato perché una famiglia si trova in difficoltà economiche, informiamo il parroco affinché si prenda cura di loro.

Ci sono continue chiamate da parte degli abbonati per notificare nuovi conti correnti, variazioni di importo e così via. Tutte le chiamate ricevono una risposta. Nel caso in cui tutti i telefoni siano occupati o le chiamate siano effettuate al di fuori del nostro orario di lavoro, il donatore può lasciare un messaggio; anche se non lascia un messaggio, il suo numero di telefono è registrato presso di noi e rispondiamo a tutte le chiamate perse. 

Suppongo che ci sarà anche un calo dei donatori.

Sì, spesso i parenti ci chiamano per cancellare gli abbonamenti dei donatori deceduti. Si porgono le condoglianze e si commemora il donatore durante una delle messe che si tengono presso la nostra sede.

Terzo mercoledì del mese la messa celebrata nell'Arcivescovado di Madrid viene offerta per tutti i nostri benefattori. Senza di loro la missione evangelizzatrice della Chiesa non potrebbe essere portata avanti.

E con i donatori, che comunicazione c'è?

Periodicamente realizziamo anche campagne per raccogliere i dati dei donatori, i cambi di indirizzo, l'e-mail se ora la usano, l'età... Vogliamo comunicare digitalmente con tutti i donatori che sono abituati a questo metodo, perché è più economico, e ogni euro conta, ma per questo dobbiamo ottenere il loro indirizzo e-mail.

Ci assicuriamo anche di essere in costante comunicazione con i donatori, perché sono una parte fondamentale della Chiesa e vogliamo che si sentano tali, e che siano informati sulle attività della Chiesa che contribuiscono a sostenere. Li contattiamo in occasione della campagna per l'imposta sul reddito, quando la La Conferenza episcopale produce il Rapporto annuale di attivitàLa Giornata della Chiesa diocesana e il Natale. 

Infine, quando il tempo lo consente, dato che le risorse sono limitate, produciamo materiale per aiutare le parrocchie ad attirare le sottoscrizioni: volantini, manifesti, ecc.

Quali esperienze positive avete avuto con il sistema nel corso degli anni?

La cosa più importante di avere un database aggregato di donatori di tutte le parrocchie è che ci permette di avere visibilità su ciò che accade nella società. Possiamo trarre diverse statistiche. I grandi numeri non mentono. 

Oltre alla gestione amministrativa e all'attenzione verso i donatori, riteniamo che il valore aggiunto del dipartimento sia la raccolta di "buone pratiche" da parte delle parrocchie che ci raccontano di iniziative interessanti che hanno dato frutti, in quanto possiamo esportarle in parrocchie con caratteristiche simili. A volte non ci contattano per comunicarcelo, ma possiamo rilevarlo perché possiamo vedere come si evolvono gli abbonamenti di ognuno di loro.

Continuiamo ad allenarci in raccolta fondi e nel marketing digitale, per poter offrire consulenza e formazione alle parrocchie, ai parroci e ai consigli economici senza i quali tutto questo non sarebbe possibile.

Siamo anche consapevoli di ciò che accade nel terzo settore. In un certo senso, le ONG sono nostre concorrenti, nel senso che ogni famiglia ha una quantità limitata di risorse da aiutare. Se collaborano con tre ONG che sono più avanti di noi nelle campagne di raccolta fondi, potrebbero non avere più soldi per collaborare con noi. Dobbiamo quindi essere molto attenti a ciò che accade nel settore, in modo da poter trasmettere questa conoscenza in modo pratico alle parrocchie.

Dal punto di vista amministrativo, ci prendiamo cura dei nostri database, cercando di mantenerli il più possibile aggiornati. In tutte le comunicazioni che i donatori ricevono, compaiono il nostro numero di telefono e l'indirizzo e-mail, in modo che possano contattarci e farci sapere se i loro dati sono cambiati o se vogliono modificare la loro iscrizione. E i donatori apprezzano la nostra vicinanza. 

Poiché prendiamo accordi con i donatori che hanno restituito le ricevute, in coordinamento con le parrocchie, spesso non perdiamo le donazioni a causa delle restituzioni, ma le recuperiamo. Spesso si tratta di cambiamenti di conti bancari che i donatori non si sono ricordati di comunicare.

I criteri sono gli stessi per tutte le parrocchie e, lavorando con un numero maggiore di donatori, risparmiamo sui costi di invio della documentazione cartacea e digitale e sulle commissioni bancarie. I parroci lo apprezzano.

Questo modo di sostenere la Chiesa ha qualche "ombra"?

Oggi non ne vediamo l'ombra e non dubitiamo che tra qualche anno sarà il modo prevalente con cui i parrocchiani sceglieranno di collaborare finanziariamente, anche perché nella società circola sempre meno denaro contante. Se non ci sono monete, non possiamo contribuire al cestino. Rimangono quindi gli abbonamenti o i leggii con dataphone per i pagamenti con carta bancaria, che dovranno essere installati nelle parrocchie che ancora non li hanno.

Un tale sistema potrebbe essere utilizzato per l'impegno di tempo, qualità e preghiera, oltre che per il sostegno finanziario della Chiesa?

Sebbene la raccolta di fondi, a cui ci dedichiamo, sia necessaria per il sostegno delle parrocchie, non è tutto, né la cosa più importante, per lo scopo a cui Dio ha chiamato la sua Chiesa. Ogni fedele deve contribuire con quello che può, e questo non sempre include il denaro. Il tempo, la preghiera e le qualità di ciascuno sono fondamentali, e sono atti d'amore che Dio apprezza e fa fruttare come il granello di senape, di questo siamo certi. L'Arcivescovado di Madrid sostiene le parrocchie in questi aspetti dai diversi Vicariati e Delegazioni. 

Avete incontrato particolari difficoltà nel metterlo in funzione?

Inizialmente, i donatori erano riluttanti a farsi rilasciare dall'Arcivescovado di Madrid le ricevute per le loro donazioni, perché sospettavano che l'importo donato sarebbe andato interamente alle parrocchie, oppure non ci conoscevano e questo li portava a diffidare di noi. Con il tempo, però, i parroci e i consigli economici hanno contato su di noi per la gestione delle sottoscrizioni e hanno spiegato ai parrocchiani le ragioni, tra cui la gratuità dei nostri servizi e la trasparenza dell'intero processo, e queste perplessità sono state superate. 

Siamo vicini, reattivi e forniamo il servizio necessario, e crediamo che questo abbia aiutato il dipartimento a crescere enormemente in pochi anni.

Quali sono le sfide da affrontare una volta che il sistema è in funzione?

Vogliamo portare più valore, esportando le esperienze da una parrocchia all'altra, promuovendo tavole rotonde con i parroci, incontri con i consigli economici e offrendo formazione in materia di comunicazione e raccolta fondi, tra le altre cose. 

Abbiamo molte idee, ma non abbiamo abbastanza tempo per concretizzarle. Una cosa su cui stiamo lavorando è il reclutamento di nuovi abbonati. Il primo obiettivo è comunicare con i parrocchiani che non sono ancora abbonati. Dobbiamo trovare il modo di ottenere i loro dati, trovare messaggi utili per stabilire relazioni con loro e, a poco a poco, fargli capire i vantaggi che un abbonamento ha per loro e per la parrocchia. 

Esiste un profilo di donatore che preferisce gli abbonamenti ad altre forme di collaborazione?

Ci rendiamo conto che molti parrocchiani iniziano ad abbonarsi tra i 30 e i 40 anni. Crediamo che questo avvenga quando sono già abbastanza stabili finanziariamente. La popolazione digitalizzata ha la possibilità di registrare in qualche modo tutti i propri movimenti finanziari, e questo è il risultato che ottiene. Inoltre, i donatori che sono obbligati a presentare la dichiarazione dei redditi e che sono consapevoli dei vantaggi fiscali sopra illustrati, preferiscono sottoscrivere donazioni anonime, in quanto ne traggono vantaggio. 

C'è un importo minimo per contribuire in questo modo, o ci sono anche fedeli che contribuiscono con sottoscrizioni "minuscole" dal punto di vista finanziario? 

Non è previsto un importo minimo per l'abbonamento. Sì, ci sono molti parrocchiani che fanno dei veri e propri giochi di prestigio per collaborare, anche se con poco, da un punto di vista puramente economico, perché non hanno più nulla. Come spiegò il Signore quando vide la vedova depositare la sua moneta nel tesoro, queste somme hanno più valore delle grandi donazioni fatte da chi vive circondato dalla ricchezza. Per questo è importante fare attenzione a come si spendono i soldi. La chiave deve essere l'austerità.

Ecologia integrale

"Be to Care", un congresso per ripensare l'innovazione sociale

Harambee Africa InternazionaleIn occasione del suo 20° anniversario, in collaborazione con il Comitato per il Centenario dell'Opus Dei, l'Opus Dei sta organizzando un Congresso internazionale a Roma: uno spazio di riflessione e dialogo sulle possibili risposte alle sfide sociali del nostro tempo.

Stefano Grossi Gondi-7 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Il simposio si è svolto il 28, 29 e 30 settembre presso la sede di Pontificia Università della Santa Croce (Roma, Italia), a cui hanno partecipato 200 persone, in rappresentanza di 70 iniziative provenienti da 30 Paesi del mondo.

I lavori sono iniziati il 28 settembre con due tavole rotonde con esperti di vari continenti, che hanno riflettuto sulle sfide dell'innovazione sociale.

La giornata del 29 è iniziata con una conferenza di mons. Fernando Ocáriz sull'azione sociale cristiana nel messaggio di San Josemaría (potete leggere la conferenza completa qui). Verso la fine del suo intervento, il Presule ha incoraggiato questo incontro a essere un'occasione per rivitalizzare il servizio ai più bisognosi collaborando con tutti e facendo propria un'espressione del fondatore dell'Opus Dei ("tutto è stato fatto e tutto resta da fare"), che può essere applicata anche alle istituzioni e alle persone che vi lavorano, senza accontentarsi di ciò che è già stato fatto.

Fernanda Lopes, presidente del Comitato per il Centenario (2028-30), ha poi presentato il quadro di questa giornata di brainstorming in vista del centenario dell'Opus Dei: la trasformazione del cuore come motore dell'innovazione sociale. Tra gli aspetti proposti per la riflessione e il dialogo: la santificazione del lavoro e le sue conseguenze per il miglioramento della società; la trasformazione del mondo dall'interno; l'impegno sociale dei cristiani; la cittadinanza e l'amicizia sociale; l'attrattiva di far vivere la dottrina sociale della Chiesa; l'importanza di prendersi cura della casa comune e delle persone, specialmente le più vulnerabili; il legame tra sostenibilità ambientale e sostenibilità sociale.

Dopo il tempo di lavoro dei 200 partecipanti suddivisi in nove gruppi ("Promuovere la sensibilità sociale"), i portavoce hanno presentato le conclusioni che ruotano attorno a vari temi: il valore dell'esperienza, il protagonismo dei beneficiari stessi, la fiducia nelle nuove generazioni, la formazione che porta le persone a servire meglio gli altri. La giornata è proseguita nel pomeriggio con il secondo workshop, "La missione di servizio delle iniziative sociali": l'ascolto di tutti, la ricerca di nuovi bisogni, il non perdere l'identità dei progetti e lo scopo che li anima, la sfida della comunicazione. L'ultimo workshop si è occupato dell'eredità che il futuro centenario dell'Opus Dei potrà portare nel campo dello sviluppo sociale.

I diversi gruppi hanno aperto una vasta gamma di idee. Da atteggiamenti e spazi per la formazione e la sensibilizzazione, a iniziative per una maggiore professionalizzazione delle istituzioni, nonché piattaforme per la condivisione di esperienze, think tank e spazi per il dialogo intergenerazionale, tra gli altri.

Venerdì 30 si è conclusa la manifestazione con una giornata dedicata all'innovazione sociale e ai giovani in Africa.

L'autoreStefano Grossi Gondi

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America Latina

Ricardo García, vescovo prelato di Yauyos-Cañete: "Dobbiamo "vaccinare" con i sacramenti".

La pandemia di Covid è stata molto grave in Perù, con 200.000 morti. "Siamo stati il Paese con il maggior numero di morti pro capite al mondo".Ricardo García, vescovo-prelato di Yauyos, Cañete e Huarochirí, in un'intervista a Omnes. "La Chiesa ha aiutato in modo importante in Perù, e la gente se ne è accorta, aggiunge, considerando che "Abbiamo avuto una pandemia medica, ma anche una pandemia spirituale"..

Francisco Otamendi-7 ottobre 2022-Tempo di lettura: 8 minuti

Il vescovo prelato di Yauyos-Cañete è tornato da Roma alla fine di maggio, dove ha ordinato 24 nuovi sacerdoti dell'Opus Dei. Tra le altre cose, ha detto loro: "La vostra vita, da oggi in poi, sarà segnata dal ministero dei sacramenti, dal ministero della parola e dal ministero della carità. Aiuta molte persone a conoscere la vita di Gesù".

La centralità di Gesù, il guardare a Gesù, è lo stesso messaggio lanciato dalla Conferenza episcopale peruviana nel maggio 2020, all'indomani dell'attentato di Covid: "In questi momenti cruciali che la nostra società sta attraversando, i vescovi del Perù, come pastori del popolo di Dio, desiderano trasmettere al popolo peruviano un messaggio di fede e di speranza, dalla luce di Cristo risorto, l'eterno vivente, nostro Dio e Salvatore". 

Durante la sua sosta in Spagna, prima di partire per il Perù, monsignor Ricardo García ha rilasciato questa intervista a Omnes, in cui abbiamo parlato della pandemia [lui stesso è stato molto malato nel 2020]; del territorio della Prelatura, tra le creste delle Ande e la costa; del Sinodo sul sinodalitàHa parlato anche della storia della Prelatura: della migrazione venezuelana (un milione di persone) e dell'immigrazione interna, dell'educazione, di San Josemaría, dei suoi sacerdoti, della famiglia, che "è martoriata", come in tanti Paesi, e del suo recente viaggio in Germania per chiedere donazioni.

Come si potrebbe descrivere la Prelatura di Yauyos?

-Quando fu creata nel 1957, la Prelatura di Yauyos aveva due province: Yauyos e Huarochirí. Qualche anno dopo, nel 1962, il vescovo Orbegozo chiese l'aggiunta di Cañete, che ha maggiori ricchezze naturali, un litorale, ora industriale e, ultimamente, ottime spiagge, che sono diventate le spiagge di Lima. 

Abbiamo 22 parrocchie abbastanza grandi, due delle quali sono affidate a comunità di suore. Una delle congregazioni, una congregazione peruviana, ha suore con varie facoltà, ad esempio possono sposarsi e battezzare.

La parte andina della Prelatura (Yauyos) è molto diversa dalla costa...

-Indeed. C'è una bella differenza tra la costa e la sierra. La sierra è molto difficile, con strade asfaltate minime, ma con strade sterrate ai lati. Sessant'anni fa bisognava andare con i muli o a cavallo, ci sono stato qualche volta, ma non ora. Un problema degli altopiani è che la popolazione è molto dispersa. Inoltre, la popolazione andina, e questo sta accadendo in tutto il Perù, si sta spostando verso la costa, perché c'è più sviluppo e i giovani possono studiare. Lo sviluppo è sulla costa. La popolazione andina vive di agricoltura di sussistenza. La mentalità della gente è cambiata.

Il mio popolo, in entrambi i luoghi, è ancora pio. C'è rispetto per il sacerdote, per non parlare del vescovo, ti trattano con grande affetto, è imbarazzante la loro gentilezza, ti toccano, come se fossi un santo che sta arrivando.

Parliamo un attimo di educazione, anche per collocarci. Yauyos ha diverse scuole parrocchiali.

-Abbiamo quattro scuole parrocchiali, una minore; una ha millecento studenti, un'altra ne ha mille, un'altra ne ha cinquecento. Il seminario minore ha cento studenti: non è che tutti gli studenti del seminario minore vadano al seminario maggiore. Un anno ce ne sono quattro, un altro uno, un altro ancora nessuno, un altro anno aumentano... Io guardo la cosa da un altro punto di vista. Il 60% dei miei sacerdoti sono ex studenti del seminario minore. È un indicatore interessante. 

Cosa vi preoccupa di più?

-Sono ancora in difficoltà economiche. Ho bisogno di un'auto per la Caritas. Ho bisogno di aiuto finanziario. Sono andato in Germania a cercare soldi, perché lì ho diverse parrocchie amiche. Ho percorso migliaia di chilometri in Germania, visitando parrocchie, persone semplici che fanno l'elemosina. 

Su un'altra nota, posso commentare le spiagge. Le spiagge di Lima sono le spiagge di Cañete. È un pubblico nuovo, che in estate deve essere accontentato. La sierra è molto piovosa e si spopola di più in estate, e i sacerdoti della sierra si occupano delle spiagge. E ci sono spiagge che aiutano generosamente. Arrivano persone che hanno contribuito a risolvere questioni economiche, per esempio, al seminario, e danno una borsa di studio per la formazione di un sacerdote, eccetera.

Nel settore sociale, ad esempio, ha nel suo territorio Valle Grande e Condoray.

-Sì, c'è un lavoro sociale importante. Esistono due opere corporative dell'Opus Dei. L'Istituto Valle Grande è specializzato in materie agricole. La scuola ha un corso triennale per tecnici agricoli, con ottimi risultati. I giovani trovano subito lavoro e sono molto ben inseriti, perché c'è un moderno sviluppo agricolo. Da qualche tempo c'è anche l'informatica. Ci sono stati anche consulenze agricole, corsi di formazione, aiuti ai piccoli agricoltori per poter esportare... Tutto questo è rimasto in stand-by per alcuni anni, a causa di vari fattori.

Hanno pensato a lungo a cosa fare con queste persone. Si concentrano sull'istruzione e sulla formazione professionale. Durante la pandemia è stato un periodo complicato, sono passati all'apprendimento a distanza, è andato bene, e continueranno a distanza, si stanno equilibrando economicamente. Per quanto riguarda le donne, a Cañete c'è Condoray, dove si formano le ragazze per il lavoro di segreteria, la gestione alberghiera, e ha prestigio, è amato dalla gente e funziona molto bene.

   Naturalmente a Cañete c'è molta devozione per San Josemaría [fondatore dell'Opus Dei], che è stato lì nel 1974. "Cañete, valle benedetta", Questa frase è stata coniata e compare persino negli slogan delle aziende turistiche, ecc. La gente ne è ghiotta. 

Come state lavorando nel Sinodo, nel processo di ascolto, nella vostra Prelatura?

-Fin dall'inizio, abbiamo affrontato il Sinodo come un'opportunità per ascoltare le persone lontane dalla Chiesa. Questo è stato il nostro obiettivo. Ci siamo organizzati secondo due linee. Uno era l'ascolto della parrocchia, l'ambiente naturale. Abbiamo trasformato i documenti che c'erano in domande, perché alle persone sembravano un po' astratti, a causa del Sinodo sulla sinodalità. E ha funzionato.

E poi abbiamo analizzato settore per settore, diciamo per raggruppamenti settoriali, per settori lavorativi. Per esempio, gli insegnanti, i dipendenti pubblici, anche la polizia, i professionisti, e c'è stata anche una buona risposta. Cosa chiede la gente? Cose molto semplici. Per esempio, che ci sia una presenza, una maggiore attenzione da parte dei sacerdoti, una maggiore formazione dottrinale. Nessuno ha chiesto che le donne siano ordinate sacerdote. 

Stiamo già compilando un compendio di tutte le cose che sono state ascoltate. Molto è stato fatto per zoom. Penso che la risposta sia stata positiva. Sì, mi sarebbe piaciuto raggiungere più persone nuove. Ci sono persone a me vicine che rispondono sempre. Ma le risposte sono andate in quella direzione, attenzione da parte dei sacerdoti, più formazione, ecc.

Lei presiede la Commissione episcopale per l'educazione e la cultura della Conferenza episcopale peruviana: quali sono i suoi obiettivi attuali? 

-In primo luogo, rafforzare il nostro ONDEC (Ufficio Nazionale dell'Educazione Cattolica), in modo che possa aiutare gli uffici diocesani (ODEC), perché a volte mancano di sostegno, in modo che abbiano le risorse per formare i loro insegnanti. In secondo luogo, rafforzare le relazioni con lo Stato, con il governo, in modo che alcuni diritti che la Chiesa ha siano rispettati, che siano messi in pratica, che siano rispettati gli incarichi di insegnamento, ecc. Le ODEC in ogni diocesi dovrebbero avere più budget e lo Stato dovrebbe dare loro più soldi per il loro lavoro. 

L'attuale Costituzione riconosce il contributo della Chiesa cattolica all'educazione in Perù, gli accordi sono riconosciuti e c'è un quadro che, in linea di principio, è abbastanza positivo per la Chiesa. Inoltre, per anticipare le questioni che vengono sollevate. Per esempio, per quanto riguarda gli studi religiosi nelle scuole, non dobbiamo aspettare che il Ministero venga a dire: domani dovete dire cosa è giusto e cosa è sbagliato. Dobbiamo andare avanti e dire: questo è il nostro progetto. Siate proattivi. 

I genitori possono scegliere la scuola che vogliono per i loro figli in base alle loro convinzioni, o c'è un'imposizione dello Stato?

-Possono scegliere la scuola, ma c'è una realtà: se vengono da un villaggio del Perù dove ce n'è solo una, non c'è altra possibilità. O quella scuola o quella scuola, non hanno scelta. Ma sì, in linea di principio c'è libertà. 

Lo Stato finanzia l'istruzione privata? 

-No. Lo Stato non finanzia l'istruzione privata. Ma ci sono scuole convenzionate, prima di tutto con la Chiesa, dove lo Stato paga gli stipendi. Questo deve essere sottolineato. 

Le scuole della Prelatura di Yauyos sono convenzionate?

-No. In uno di essi lo Stato finanzia tutti i posti, ma negli altri solo alcuni posti. Abbiamo una scuola bilingue, dove lo Stato paga tutti i posti. C'è un'altra scuola, chiamata Cerro Alegre, dove il sacerdote è molto apostolico, con grandi capacità umane. Una delle difficoltà della mia Prelatura è che tra parrocchia e parrocchia c'è una grande distanza, e in mezzo c'è la sabbia, o il deserto. Ho Cañete, che è tutta collegata, ma ho anche Mala, che dista 70 chilometri ed è come un'unità indipendente, o Chisca, a 80 chilometri. A Cañete, Mala, come in molti altri luoghi, ci sono persone molto buone.

In Perù ci sono molti immigrati.

-C'è molta immigrazione straniera, soprattutto dal Venezuela. Negli ultimi tre anni sono arrivati un milione di immigrati venezuelani. Naturalmente ce ne sono di tutti i tipi, ma la gente è molto brava. Per esempio, l'organista della mia cattedrale è un immigrato venezuelano, arrivato con la moglie e la famiglia. Molto bello. 

Naturalmente questo ha creato dei problemi, ma li abbiamo accolti. Ricordo una migrante che ha studiato teologia a Roma e che è stata assunta in una scuola per insegnare letteratura e aiutare nelle pubbliche relazioni. Ci sono persone molto brave. Ma un milione è molto. Il Perù ha 32 milioni di abitanti. Ecuador lo stesso. E in Colombia ci sono tre milioni di venezuelani. Sono trattati bene, almeno nelle cose più importanti, c'è una pastorale che li accoglie, li segue, li accompagna, ecc. 

E c'è anche l'immigrazione interna

-Ci sono persone che scendono dagli altipiani verso le città principali. Cañete è cresciuta grazie ai migranti provenienti dagli altopiani. Per non parlare di Lima, che ha una periferia... Lima ha quasi 12 milioni di abitanti. Ricordo qualche anno fa, lasciando Lima, tratti che erano deserti, ora sono popolati. 

Un aspetto positivo per Cañete, per tutti, è che la crescita verso sud è più ordinata, più urbanizzata. In breve tempo, quasi tutto sarà popolato, da Lima a Cañete e da Cañete a Lima. Si dice che si voglia mettere un treno, speriamo bene. 

Nel vostro Paese avete avuto un periodo molto difficile con la pandemia.

-È vero. E la Chiesa ha aiutato in modo importante durante la pandemia in Perù. Quando non c'era il vaccino, la medicina che si pensava funzionasse, le campagne per portare i farmaci, mano nella mano con il Ministero della Salute. Cibo. Per molto tempo ho allestito mense per i poveri. Per nove mesi abbiamo dato da mangiare a più di mille persone ogni giorno. Abbiamo anche costruito un impianto di ossigeno. 

Come dicevo, la percezione dell'assistenza della Chiesa è stata molto evidente e positiva. La gente se ne è accorta. Anche le aziende private hanno contribuito attraverso la Chiesa. 

Le persone tornano nelle chiese?

-Spesso dico che abbiamo avuto una pandemia medica, ma anche una pandemia spirituale, perché molte persone si sono allontanate, non sono andate in chiesa. Con molta cautela, dobbiamo anche ridurre il numero di Messe a distanza, per recuperare la presenza. Dobbiamo vaccinare le persone con i sacramenti. 

In molti luoghi le chiese erano piene durante la Settimana Santa. Qui abbiamo un santuario molto bello, il santuario della Madre del Buon Amore, dove si possono stringere quattro o cinquemila persone. Durante la Settimana Santa c'era molta gente a Cañete, e questo succede in tutte le parrocchie. Poi abbiamo avuto un incontro con i vescovi, con lo zoom, e sono stati molto contenti dell'ottima risposta della gente. Covid è stato molto duro in Perù. Sono morte duecentomila persone. Bisogna considerare questi numeri in relazione alla popolazione. Siamo il Paese con il maggior numero di morti pro capite al mondo. Le cifre sono state nascoste fino a quando non sono venute alla luce con il cambio di governo. E la Chiesa ha svolto un ruolo importante nell'aiutare.

Se qualcuno volesse essere incoraggiato a sostenere il lavoro della vostra Prelatura, quale riferimento potrebbe dargli? Qualche destinazione concreta?

Potete vedere il sito web prelaturayauyos/org.pe/ e posso fornirvi un indirizzo e-mail: [email protected] Cosa mi preoccupa? Anche se si tratta di una cosa unica, una casa per i miei sacerdoti. 

Come è stato risolto questo problema in passato? 

-Il seminario è anche un istituto pedagogico. I sacerdoti seguono corsi supplementari in estate per diventare insegnanti. Hanno una laurea in didattica. La grande maggioranza è anche insegnante di religione. Nei villaggi, il sacerdote, che è un personaggio, ha uno stipendio e una pensione, e anche assistenza medica, ha la sicurezza sociale. Quasi tutti, anche se non tutti, perché alcuni lavorano in curia o in seminario. Anche il mio seminario, essendo un istituto pedagogico, riceve alcune indennità dallo Stato, che vengono assorbite da coloro che sono formatori in seminario.

Abbiamo concluso la nostra conversazione con il vescovo prelato di Yauyos, Cañete e Huarochirí. Ci sono rimaste due idee. Il Perù ha passato un periodo molto brutto durante la pandemia, e vescovi e sacerdoti hanno lavorato con la popolazione. E don Ricardo García, il vescovo prelato, è preoccupato per le necessità economiche della Caritas e dei suoi sacerdoti.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Alcune domande comuni sull'Opus Dei

In relazione all'Opus Dei, vengono spesso sollevate diverse questioni, sia sulla missione che svolge sia sul suo contesto e posto nella Chiesa. L'autore si concentra su tre di queste domande comuni, evitando i tecnicismi giuridici che uno studio del diritto canonico richiederebbe, ma senza rinunciare alla precisione.

Ricardo Bazán-6 ottobre 2022-Tempo di lettura: 10 minuti

Qualche settimana fa, quando il motu proprio Ad carisma tuendum Papa Francesco sulla prelatura personale dell'Opus Dei, ho avuto modo di parlare con alcuni giovani che cercavano di chiarire alcuni dubbi su una serie di commenti a questa norma pontificia e all'istituzione a cui si riferisce.

In questa occasione ho optato per chiedere loro quale definizione darebbero di Opus Dei. Tra le diverse risposte che mi hanno dato, mi limito a una: è un'istituzione della Chiesa cattolica i cui membri cercano la santità attraverso il lavoro e la vita quotidiana. Questa definizione ci aiuterà a discutere di cosa sia una prelatura personale, del suo contesto e del suo posto nella Chiesa, nonché ad affrontare alcune questioni: se sia un privilegio per un'élite della Chiesa e se l'Opus Dei sia una sorta di "Chiesa parallela".

La prelatura personale è un privilegio dell'Opus Dei?

Il 28 novembre 1982, papa Giovanni Paolo II ha eretto il Opus Dei in una prelatura personale attraverso la Costituzione Apostolica Ut sit. Fino a quella data, questa istituzione aveva avuto lo status giuridico di Istituto secolare, nel quale si potevano trovare diverse realtà ecclesiali equiparate agli istituti religiosi, cioè ai fedeli della Chiesa che si consacrano a Dio attraverso i voti e vivono secondo regole debitamente approvate dall'autorità della Chiesa. È quindi naturale che sorga la seguente domanda: perché San Giovanni Paolo II ha concesso questa nuova figura di prelatura personale all'Opus Dei? È forse un privilegio? Per rispondere a queste domande, dobbiamo innanzitutto sapere cos'è una prelatura personale e in cosa consiste la realtà dell'Opus Dei.

La figura della prelatura personale è relativamente nuova, come risulta dal n. 10 del decreto Presbyterorum ordinis, del Concilio Vaticano II. Lì leggiamo: "Dove la considerazione dell'apostolato lo richiede, si renda più fattibile non solo l'adeguata distribuzione dei sacerdoti, ma anche le opere pastorali proprie dei vari gruppi sociali da realizzare in qualche regione o nazione, o in qualsiasi parte della terra. A questo scopo, pertanto, possono essere utilmente istituiti alcuni seminari internazionali, diocesi speciali o prelature personali e altri accordi del genere, nei quali i sacerdoti possono entrare o essere incardinati per il bene comune di tutta la Chiesa, secondo norme da determinare per ogni caso, salvaguardando sempre i diritti degli ordinari locali" (cfr. canone 294 del Codice di Diritto Canonico).

Si tratta cioè di una figura molto flessibile, orientata non solo alla distribuzione dei sacerdoti, ma a particolari opere pastorali in cui i sacerdoti sono incardinati, cioè dipendono da essa, in vista dell'assistenza a quella particolare opera o, in altre parole, all'assistenza a un gruppo di fedeli.

Così, le prelature personali sono figure che permettono una migliore cura dei fedeli in base a quella particolare opera, in base a quel bisogno, a differenza delle diocesi, che sono caratterizzate dal territorio in cui si trovano. Cioè, i fedeli di una diocesi appartengono a quella circoscrizione perché risiedono in quel territorio e quindi, per quanto riguarda la missione generale della Chiesa, dipenderanno dal vescovo del luogo e potranno godere dell'attenzione dei sacerdoti incardinati in quella diocesi.

Le prelature personali, invece, hanno un criterio personale, cioè ogni volta che c'è un membro della prelatura che ha bisogno di questa attenzione speciale, deve essere curato.

È quanto accade con le eparchie orientali in territori di rito diverso, i cui fedeli richiedono un'attenzione particolare a causa della tradizione a cui appartengono (antiochiana, alessandrina, caldea, ecc.). In questi casi, ciò che conta è la persona piuttosto che il criterio territoriale.

La prelatura personale è una figura che ha come capo un prelato, attorno al quale ci sono alcuni sacerdoti, la cui missione è quella di occuparsi dei fedeli che richiedono un'attenzione particolare, ad esempio per le loro particolari condizioni di vita, il loro lavoro, la loro vocazione, ecc. In altre parole, la prelatura personale non può essere compresa se non ha un gruppo di fedeli a cui fornire assistenza spirituale, perché, in fondo, questa è la missione della Chiesa.

Così San Josemaría Escrivá, fondatore dell'Opus Dei, comprese che questa figura, la prelatura personale, era la forma appropriata per la realtà dell'Opera, un'istituzione il cui carisma è che i suoi membri - la maggior parte laici, il resto sacerdoti - cercano la santità attraverso l'adempimento dei doveri ordinari, come lo studio o il lavoro, lì in mezzo al mondo, come normali fedeli, allo stesso modo in cui i primi cristiani cercavano di essere santi.

Era opportuno che l'Opus Dei avesse uno status giuridico che proteggesse quel carisma, quella missione e quella fisionomia peculiare, in cui potessero entrare sia uomini che donne, semplici battezzati che non sono né religiosi (consacrati) né simili a loro: avvocati, operai, tassisti, uomini d'affari, studenti universitari, insegnanti, domestici, ecc. Ed è proprio questa la seconda caratteristica da custodire, il fatto che si tratta di fedeli ordinari, fedeli laici ai quali, come sottolinea il Concilio Vaticano II, "spetta la vocazione di cercare di ottenere il regno di Dio gestendo le cose temporali e ordinandole secondo la volontà di Dio". Essi vivono nel mondo, cioè in tutti e singoli i doveri e le occupazioni del mondo, e nelle condizioni ordinarie della vita familiare e sociale, con le quali la loro esistenza è per così dire intrecciata" (Lumen gentium, n. 31). Sono persone che si trovano in mezzo al mondo e nel mondo intero.

Poiché l'Opus Dei era divinamente ispirato e per il bene di tante anime, era giusto che gli venisse data una forma giuridica in linea con la sua natura. A tal fine, il fondatore ricorse all'autorità della Chiesa.

San Paolo VI indicò a San Josemaría l'opportunità di aspettare il Concilio Vaticano II; e anche le circostanze successive resero consigliabile aspettare un po'. Finalmente, 17 anni dopo, San Giovanni Paolo II concesse all'Opus Dei la figura di una prelatura personale, ma non prima di aver effettuato uno studio approfondito sull'opportunità di farlo, diremmo anche sulla giustizia dell'accoglimento di questa richiesta (a questo scopo fu fatto uno studio approfondito a livello delle congregazioni della Curia romana direttamente coinvolte, passando per una commissione congiunta, composta da esperti della Santa Sede e dell'Opus Dei per poter rispondere a tutte le domande che potevano sorgere, fino alla firma del Papa). In accordo con il carisma, la missione e la fisionomia spirituale dell'Opus Dei, la prelatura personale era effettivamente la figura appropriata.

Da quanto detto finora possiamo sollevare una nuova domanda: se la prelatura personale non è un privilegio concesso all'Opus Dei, perché finora è l'unica prelatura personale?

La risposta definitiva può essere data solo da Dio. Tuttavia, possiamo dire un paio di cose. In primo luogo, la prelatura personale è una figura aperta, che può servire anche per altre realtà che lo richiedano; infatti, è regolata in modo generico nei canoni dal 294 al 297 del Codice di Diritto Canonico, che prevedono anche gli statuti di ciascuno di essi per entrare nello specifico. Non è quindi destinato solo all'Opus Dei, né è limitato ad esso.

Vale anche la pena di ricordare che nella Chiesa gli anni si contano in secoli, cioè le prelature personali sono nuove nella Chiesa, e inoltre (questa è la seconda idea) questa figura ha caratteristiche proprie che non possono essere applicate a tutte le realtà ecclesiali senza un attento studio della sua adeguatezza.

L'Opus Dei è per pochi privilegiati?

Dal punto precedente, si potrebbe forse erroneamente interpretare che la prelatura personale dell'Opus Dei sarebbe per i privilegiati, poiché è pensata per persone che richiedono un'attenzione particolare e un lavoro speciale. Istituzionalmente, "speciale" può far pensare all'esclusività o al privilegio, che si riferisce a un'esenzione da un obbligo esclusivo o a un vantaggio di cui una persona gode, concesso da un superiore.

Chi può appartenere all'Opus Dei? Secondo gli statuti dell'Opus Dei (Statuta), la prima condizione è che, per appartenere a questa prelatura personale, è richiesta una vocazione divina (cfr. Statuta, n. 18).

Non si tratta di un privilegio in senso stretto, ma piuttosto di un elemento che ci permette di differenziare chi può far parte di questa istituzione, che è un'opera speciale proprio per il suo carisma e la sua missione - contribuire in modo specifico all'annuncio della chiamata universale alla santità - e per la chiamata divina che hanno i suoi membri.

Pertanto, possono e devono appartenere all'Opus Dei le persone di tutti gli strati sociali, delle più svariate condizioni, razze, professioni, ecc. che hanno ricevuto da Dio la vocazione specifica a cercare la santità in mezzo al mondo, nella loro occupazione quotidiana o nel loro lavoro, su questa strada specifica, che richiede un'attenzione pastorale speciale.

I dati ufficiali dell'Annuario Pontificio 2022 ci dicono che 93.510 fedeli cattolici appartengono a questa prelatura. Non si tratta di un numero esiguo per un'istituzione che non ha ancora compiuto un secolo di vita.

Allo stesso tempo, questo non significa che le persone che non hanno una vocazione all'Opus Dei non possano beneficiare dei beni spirituali della Prelatura. Come ha detto il suo fondatore, l'Opera è una grande catechesi, cioè l'istituzione e i suoi membri si dedicano alla formazione cristiana attraverso diversi mezzi.

Logicamente, questa formazione è rivolta a tutti gli uomini, dove non avrebbe senso fare distinzioni tra persone o gruppi chiusi, poiché la missione consiste nel diffondere la chiamata universale alla santità e all'apostolato, universale, non particolare, non chiusa. Indirizzare questo messaggio o questa chiamata a un gruppo privilegiato sarebbe del tutto contrario al suo carisma e alla sua missione (cfr. Statuta, n. 115).

Abbiamo più volte parlato di missione, carisma e vocazione. Poiché abbiamo presentato la missione, vediamo in cosa consistono la vocazione e il carisma.

La vocazione è una chiamata divina che richiede un processo di discernimento, come sottolinea Papa Francesco nei suoi interventi pubblici e nelle sue catechesi.

Questa vocazione è legata a un carisma e presenta alcune caratteristiche dello spirito dell'Opus Dei, che non si basano sullo status sociale o economico, su caratteristiche fisiche o culturali, ecc. ma piuttosto su una serie di caratteristiche soprannaturali come la filiazione divina, la santificazione del lavoro, lo spirito laicale, la Santa Messa come centro e radice della vita interiore, tra le altre.

L'Opus Dei è una Chiesa nella Chiesa?

In un'occasione una persona ha commentato a un membro dell'Opus Dei che i membri dell'Opus Dei sono tipicamente anti-aborto. Gli ha spiegato che l'aborto non è qualcosa a cui l'Opus Dei si oppone come proprio, ma perché fa parte degli insegnamenti della Chiesa cattolica, come affermato nella Catechismo. Questo aneddoto descrive molto bene l'idea che si può avere in alcuni casi che l'Opus Dei sia un gruppo a parte della Chiesa. È quindi comprensibile che la concessione della prelatura personale da parte di San Giovanni Paolo II sia intesa da alcuni come un privilegio, tanto da essere una sorta di Chiesa nella Chiesa.

Tuttavia, ciò non è ammissibile nella struttura della Chiesa, che ha come autorità suprema il Romano Pontefice e il Collegio Apostolico con a capo il Papa (cfr. canoni 330-341 del Codice di Diritto Canonico).

Così, il Papa esercita il suo potere universalmente, essendo il Vescovo di Roma. I vescovi, da parte loro, esercitano il loro potere entro i limiti della loro diocesi e nel contesto del collegio episcopale. Che si tratti del Papa o dei vescovi, tutti esercitano questo potere in conformità alla missione ricevuta da Gesù Cristo, in questa triplice funzione: insegnare, santificare e governare.

Se Giovanni Paolo II avesse concesso un privilegio all'Opus Dei attraverso la prelatura personale sarebbe una contraddizione con la struttura che abbiamo delineato.

Infatti, la norma che istituisce le prelature personali dice chiaramente che questa figura deve essere data "mantenendo sempre intatti i diritti degli ordinari locali" (Presbyterorum ordinis, n, 10). In altre parole, nella sua configurazione iniziale, la prelatura personale è pensata per coesistere pacificamente con il potere dei vescovi ovunque essi operino, e il potere del prelato si riferisce solo ai fini della prelatura.

Questo non è solo dovuto a un rapporto di giustizia, ma è anche una logica conseguenza del fatto che i fedeli dell'Opus Dei sono persone comuni, che devono cercare la santità ovunque si trovino, proprio nelle diocesi in cui vivono, tenendo presente, ad esempio, che nessuno viene battezzato nella prelatura, ma in una parrocchia che è parte della diocesi, quella porzione del popolo di Dio.

In altre parole, poiché i fedeli dell'Opus Dei sono persone comuni, non dovrebbero essere esenti dal potere del vescovo (si noti che i fedeli dell'Opus Dei appartengono innanzitutto alla diocesi in cui vivono), non dovrebbero formare un gruppo separato nella diocesi o nella parrocchia, ma piuttosto dovrebbero vivere nell'ambiente cristiano in cui vivono.

Allo stesso tempo, queste persone, per la vocazione specifica che hanno, richiedono un'attenzione propria, secondo il loro carisma, ma soprattutto ognuno di questi fedeli, uomini e donne, deve santificare il proprio mestiere, lavoro o compito ovunque si trovi, secondo lo spirito dell'Opus Dei.

In pratica, secondo le norme del diritto ecclesiastico e la struttura giuridica dell'Opera, L'Opus Dei può diventare una Chiesa parallela? Per spiegare questo dobbiamo parlare della persona che guida la prelatura personale, il prelato.

La prelatura personale prende il nome proprio dal prelato, che è stato posto a capo di questa istituzione per guidarla nella sua missione, ed è quindi investito di una serie di capacità in vista del raggiungimento di questo fine, un fine strettamente soprannaturale. Tuttavia, queste capacità sono ben delimitate, poiché sono già limitate dal potere esercitato dal Papa in ogni Chiesa e da quello dei vescovi nelle rispettive diocesi.

Pertanto, le capacità del prelato sono limitate o circoscritte alla missione della prelatura e non sono sufficienti per dire che si tratta di una Chiesa parallela. Così, il prelato può chiedere ai suoi membri di prestare particolare attenzione alla partecipazione alla Santa Messa, come centro e radice della vita interiore, per identificarsi più strettamente con Cristo.

D'altra parte, non può imporre ai membri della prelatura di cambiare il loro lavoro, così come non possono farlo il Papa o i vescovi, perché non è di loro competenza, né tantomeno chiedere loro di disobbedire alle norme dettate dal Romano Pontefice o dai vescovi in comunione con il Papa.

Il motu proprio Ad charisma tuendum non è una norma che ha privato l'Opus Dei di qualsiasi privilegio. Questa istituzione della Chiesa rimane una prelatura personale secondo la norma data da Giovanni Paolo II, la costituzione apostolica Ut sitnonché i suoi Statuti approvati dalla Santa Sede.

Inoltre, questo motu proprio sottolinea in modo particolare il carisma ricevuto da San Josemaría e l'importanza di questa opera di Dio nella missione evangelizzatrice della Chiesa, e Papa Francesco afferma: "Per salvaguardare il carisma, il mio predecessore San Giovanni Paolo II, nella Costituzione Apostolica Ut sitdel 28 novembre 1982, ha eretto la Prelatura della Opus DeiLa Chiesa gli ha affidato il compito pastorale di contribuire in modo speciale alla missione evangelizzatrice della Chiesa.

Secondo il dono dello Spirito ricevuto da San Josemaría Escrivá, infatti, la Prelatura della Prelatura della Opus Deisotto la guida del suo Prelato, svolge il compito di diffondere la chiamata alla santità nel mondo, attraverso la santificazione del lavoro e degli impegni familiari e sociali" (introduzione).

A tal fine, sottolinea l'importanza dei chierici (sacerdoti) incardinati in questa prelatura con la collaborazione organica dei fedeli laici. Quest'ultimo aspetto è di vitale importanza, perché sia i chierici che i laici sono chiamati a svolgere funzioni diverse a seconda del proprio status nella Chiesa, così che i fedeli laici richiedono il ministero del sacerdote, e il sacerdozio esiste proprio per servire questi fedeli della prelatura, così come tutti quelli che si rivolgono ai suoi apostolati.

Gli uni e gli altri si rivendicano a vicenda, sotto l'unità di un prelato che li guida secondo lo stesso carisma e la stessa vocazione, nella stessa barca della Chiesa.

Ecologia integrale

"È necessaria una nuova medicina che sia equa per tutti".

Il presidente della Pontificia Accademia per la Vita ha difeso la necessità di un cambiamento di mentalità nella nostra società che metta al centro la cura dei più vulnerabili: anziani e bambini.

Maria José Atienza-6 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Un migliaio di medici di base statunitensi a Madrid per il simposio Promuovere la salute della comunità e benessere  guidato da SiamoL'iniziativa, fondata dal dottor Ramon Tallaj, riunisce più di 2.000 medici al servizio dei poveri nello Stato di New York.

Una lettera di riflessione sulla medicina di oggi

Nell'ambito di questo simposio, Mons. Vicenzo Paglia ha annunciato una Carta che rifletterà l'importanza del rapporto tra medici di base e pazienti.

Un rapporto che non è commerciale ma che va oltre, considerando il paziente nella sua integrità personale, e che è l'inizio di una "riflessione politica, culturale ed economica sulla salute per dare vita a una nuova medicina che sia giusta per tutti", ha sottolineato il presidente dell'Associazione. Pontificia Accademia per la Vita.

"Vediamo ingiustizie economiche e sanitarie", ha continuato Paglia, e "è necessaria una rivoluzione culturale" a questo proposito.

Paglia si è concentrato in particolare su quello che ha definito "un nuovo popolo che vive nel mondo", ovvero gli anziani.

Oggi, ha sottolineato, "gli anziani sono più che mai nel mondo, milioni di persone che costituiscono un popolo sconosciuto, ignorato, su cui nessuno riflette". In questo senso, ha affermato che "grazie alla medicina viviamo 30 anni in più e non sappiamo perché". Tutti, non solo i governi, ma anche la Chiesa, devono riflettere sugli anziani".

Paglia ha ricordato i recenti eventi durante la pandemia di coronavirus, mesi in cui sono morte migliaia di persone. In questo contesto, ha detto che "abbiamo affrontato tutti la stessa tempesta, ma su barche diverse; le barche dei poveri, degli anziani, quelle sono state distrutte con tremenda crudeltà, a volte senza poter dire addio ai loro parenti".

Di questi anziani, "molti sono morti più per la solitudine che per il virus", ha detto Paglia, che ha sottolineato che "il vaccino più importante è l'amore in una società individualista", da cui l'importanza di questa lettera, che è già in corso.

Assistenza comunitaria SOMOS

Da parte sua, il direttore esecutivo di SOMOS, Mario Paredes, ha presentato questa organizzazione fondata sette anni fa dal medico Ramón Tallaj e che mira a "umanizzare il sistema sanitario", soprattutto nello Stato di New York.

La sua missione è quella di umanizzare e migliorare l'assistenza sanitaria di base, e quindi le condizioni di salute della popolazione, soprattutto di quella cosiddetta "povera". centro città.

Ramón Tallaj, fondatore di SOMOS, ha sottolineato la relazione tra il malato "e colui che lo cura, che è ciò che conosciamo come medicina".

Oggi, SOMOS serve più di un milione di persone non servite e la sua rete di medici, molti dei quali di origine ispanica, si occupa dei pazienti Medicalaid di New York City con un approccio olistico e integrato.

Un migliaio di questi medici sono giunti a Madrid per il simposio medico di quest'anno, incentrato sull'equità sanitaria e sull'accesso universale e garantito all'assistenza sanitaria.

Vaticano

La sfida del cambiamento climatico: la Santa Sede nell'Accordo di Parigi

Esce un documentario sui problemi ecologici del nostro tempo, con la partecipazione di Papa Francesco. 

Giovanni Tridente-6 ottobre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Gli strumenti di adesione della Santa Sede alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) del 1992 e all'Accordo di Parigi del 2015 sono entrati in vigore il 4 ottobre, solennità di San Francesco d'Assisi.

L'iniziativa era già stata annunciata a luglio, con il deposito degli stessi strumenti presso il Segretariato generale delle Nazioni Unite. In questo modo, la Chiesa, e in particolare la Stato della Città del Vaticanovuole essere in prima linea per sostenere moralmente gli sforzi degli Stati per cooperare in modo adeguato ed efficace "alle sfide che il cambiamento climatico pone alla nostra umanità e alla nostra casa comune", che poi ha un impatto particolare sui più poveri e fragili.

Una sfida che riguarda tutti

È stato Papa Francesco, nel suo Enciclica "Laudato si'".Ha rinnovato l'invito a tutti i popoli del pianeta a dialogare di fronte a "un confronto che ci unisce tutti, perché la sfida ambientale che stiamo affrontando, e le sue radici umane, ci riguardano e ci toccano tutti".

Nell'ottobre dello scorso anno, in un Messaggio alla COP-26 dell'UNFCCC, il Santo Padre aveva chiesto "una vera e propria conversione, individuale ma anche comunitaria", auspicando la "transizione verso un modello di sviluppo più integrale e completo, basato sulla solidarietà e sulla responsabilità".

Il film "La lettera

Alla vigilia di questo importante evento di adesione all'Accordo di Parigi, è stato lanciato in Vaticano un nuovo documentario intitolato "La Lettera", che racconta i viaggi a Roma di diversi leader che sono in prima linea nel promuovere i temi della Laudato si', dall'Amazzonia brasiliana, dal Senegal, dall'India e dagli Stati Uniti.

Tra loro c'è Arouna Kandé, laureato in lavoro sociale, che sta esplorando i modi per sviluppare il suo villaggio natale in modo sostenibile, compresa la costruzione di una clinica locale. Il Cacique Dadá guida un gruppo di lavoro regionale per migliorare la salute delle comunità indigene e ha sviluppato un programma di formazione per attivisti ambientali.

Un'altra protagonista è Ridhima Pandey, la cui iniziativa fornisce istruzione e sostegno alle comunità più povere dell'India, mentre Greg Asner e Robin Martin hanno creato MERC Hawaii, un centro educativo nelle Hawaii che unisce le competenze della scienza, delle comunità e dei partner indigeni per proteggere e ripristinare la biodiversità marina.

Il film è stato prodotto dai vincitori dell'Oscar "Off the Fence" e include un dialogo esclusivo con Papa Francesco e filmati inediti del suo insediamento come Pontefice.

È presentato da Youtube Originals ed è la prima volta che un film con il Papa viene reso disponibile gratuitamente attraverso un servizio di streaming. È possibile visualizzarlo qui:

Campagna globale

Nei prossimi mesi è prevista una campagna di screening globale in varie parti del mondo per fare pressione sui responsabili del vertice sul clima COP27 e del vertice sulla natura delle Nazioni Unite COP15.

"Guidati dalla bussola morale fornita da Papa Francesco, spero che tutti noi possiamo trovare una motivazione e un impegno rinnovati per proteggere la nostra casa comune e avere compassione per tutti gli esseri viventi, compresi gli esseri umani", ha dichiarato il direttore Nicolas Brown.

Al progetto hanno collaborato il Movimento Laudato Si', che riunisce oltre 800 organizzazioni e 1.000 volontari in tutto il mondo, il Dicastero per la Comunicazione e il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale.

Zoom

Benedizione degli animali nelle Filippine

Un sacerdote cosparge di acqua santa i cani durante una benedizione di animali domestici a Manila, nelle Filippine, il 2 ottobre 2022, in occasione della Giornata mondiale degli animali del 4 ottobre, festa di San Francesco d'Assisi.

Maria José Atienza-6 ottobre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Attualità

La povertà come mancanza di risorse e come virtù cristiana

Questi sono i contenuti del numero del Numero di ottobre della rivista Omnes (disponibile per gli abbonati). Tra i punti salienti, un ampio dossier sulla povertà, i chiarimenti di Juan Luis Lorda sul concetto di "tradizione", un articolo su Chesterton nel centenario della sua conversione e le altre sezioni.

Redazione-6 ottobre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La 6ª Giornata mondiale dei poveri si celebrerà il 13 novembre. Le forme di povertà nel mondo continuano a essere molteplici e a causa delle tre recenti crisi - la crisi finanziaria del 2009-2013, la crisi sanitaria dovuta alla Covid-19 e la crisi energetica inflazionistica con l'invasione russa dell'Ucraina - colpiscono soprattutto i più poveri, che nel mondo sono circa 800 milioni. Per contribuire a sradicarla, il Papa ha promosso ad Assisi l'incontro "L'economia di Francesco", che promuove un'economia più giusta e solidale.

Di questo si parla in un articolo pubblicato sul numero di ottobre di Omnes, seguito da un articolo di Raúl Flores, coordinatore dell'équipe di ricerca di Caritas Spagna e segretario tecnico della Fondazione Foessa, e da un'intervista a Isaías Hernando, co-coordinatore dell'"Economia di Comunione" e membro della comunità globale dell'"Economia di Francesco".

Nella sua Messaggio per la Giornata dei poveriIl Papa sottolinea che nel Vangelo troviamo una povertà "che ci libera e ci rende felici", perché è "una scelta responsabile per alleggerire il peso e concentrarsi sull'essenziale". Quest'altra forma di povertà, che non è una mancanza di risorse ma una virtù cristiana proposta e vissuta da Gesù Cristo, è oggetto di una serie di articoli, dedicati a ciascuna delle sue espressioni nei diversi stati di vita: nella vita dei laici, dei cristiani comuni nel mondo, dei sacerdoti e delle persone consacrate. Sono scritti da Pablo Olábarri, avvocato e padre di famiglia, Mons. José María Yanguas, vescovo di Cuenca (Spagna), e Francisco Javier Vergara, religioso francescano, che presenta una profonda testimonianza personale.

Tra i restanti contenuti esclusivi della rivista, cioè non offerti apertamente sul sito web ma riservati agli abbonati alla versione cartacea o online (che possono leggerli attraverso l'area abbonati di questo sito), spiccano le spiegazioni di Juan Luis Lorda su "Tradizione e tradizioni". Si tratta di un chiarimento necessario, poiché la crisi post-conciliare ha rivelato una dialettica nella Chiesa tra il progressismo, che voleva un altro Concilio "al passo con i tempi", e il tradizionalismo, ferito dalle novità del Vaticano II o del periodo post-conciliare. Questa dialettica ha reso necessario chiarire diversi concetti, tra cui la nozione cattolica di Tradizione. Questo è un altro articolo della serie "La teologia nel XX secolo" scritto dal professore di Teologia dell'Università di Navarra.

I Santi Padri sono alle "radici della nostra tradizione". Antonio de la Torre sottolinea come essi testimonino la loro fede nelle istituzioni e negli scritti; i martiri, dal canto loro, lo fanno offrendo la loro vita. Nel suo articolo in questo numero, presenta alcuni degli scritti che hanno conservato per noi la memoria della loro testimonianza.

Il professor Juan Luis Caballero è l'autore del testo sulla Sacra Scrittura presente in questo numero. È dedicato al commento dei versetti da 1 a 16 del quarto capitolo della Lettera di San Paolo agli Efesini: "E diede doni agli uomini".

Gilbert Keith Chesterton è diventato cattolico cento anni fa, nel 1922. È molto citato, ma poco conosciuto. Vale la pena guardare a figure come Thomas More, John Henry Newman o lo stesso Chesterton per scoprire ragionamenti di una logica chiara e sorprendente. Suggeriamo l'articolo di Victoria de Julián e Jaime Nubiola.

La "Tribuna" è scritta dal cardinale arcivescovo di Madrid, Carlos Osoro Sierra, che indica le chiavi dell'impegno cristiano richiesto dalla società di oggi: rinnovare il senso missionario per portare la Buona Novella in tutti gli ambienti.

L'autoreRedazione