Vaticano

Papa Francesco: "Maria porta la Vita nel suo grembo e così ci parla del nostro futuro".

Papa Francesco ha recitato l'Angelus oggi, primo giorno del 2023, nella solennità di Maria, Madre di Dio.

Paloma López Campos-1° gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco si è unito oggi ai fedeli per la preghiera dell'Angelus. Come di consueto, ha rivolto alcune parole al popolo all'inizio del nuovo anno 2023.

Francesco ha iniziato citando il suo predecessore, Benedetto XVIche è morto ieri mattina. Ha detto: "L'inizio di un nuovo anno è affidato a Maria Santissima, che oggi celebriamo come Madre di Dio. In queste ore invochiamo la sua intercessione in particolare per il Papa Emerito Benedetto XVI, che ha lasciato questo mondo ieri mattina. Ci uniamo tutti insieme, con un cuore solo e un'anima sola, nel rendere grazie a Dio per il dono di questo fedele servitore del Vangelo e della Chiesa".

Una Madre che non parla, ma insegna

Il Santo Padre ha rivolto lo sguardo alla Vergine per porre a tutti due domande: "In quale lingua ci parla la Vergine? Cosa possiamo imparare da lei per questo anno che si apre?

Il Papa non tarda a darci la risposta: "Maria non parla. Accoglie con sorpresa il mistero che sta vivendo, conserva tutto nel suo cuore e, soprattutto, si prende cura del Bambino che, come dice il Vangelo, era "adagiato nella mangiatoia" (Lc 2,16). Questo verbo "posare" significa collocare con cura. E ci dice che il linguaggio proprio di Maria è quello della maternità: prendersi teneramente cura del Bambino. Questa è la grandezza di Maria: mentre gli angeli fanno festa, i pastori vengono e tutti lodano Dio ad alta voce per l'evento che si è verificato, Maria non parla, non intrattiene gli ospiti spiegando ciò che le è accaduto, non ruba la ribalta; al contrario, mette al centro il Bambino, curandolo con amore".

Con delicatezza, il Papa ha affermato: "Questo è il linguaggio tipico della maternità: la tenerezza della cura. Infatti, dopo aver portato in grembo per nove mesi il dono di un misterioso prodigio, le madri continuano a mettere i loro figli al centro di tutte le loro attenzioni: li nutrono, li tengono in braccio, li adagiano dolcemente nelle loro culle. La cura: anche questo è il linguaggio della Madre di Dio.

Imparare la lingua di Maria

Francesco ha concluso il suo messaggio dicendo: "Maria porta la vita nel suo grembo e così ci parla del nostro futuro. Ma allo stesso tempo ci ricorda che, se vogliamo davvero che il nuovo anno sia buono, se vogliamo ricostruire la speranza, dobbiamo abbandonare linguaggi, gesti e scelte ispirati all'egoismo e imparare il linguaggio dell'amore, che è la cura. Questo è l'impegno: prendersi cura della nostra vita, del nostro tempo, della nostra anima; prendersi cura del creato e dell'ambiente in cui viviamo; e, inoltre, prendersi cura del prossimo, di coloro che il Signore ha messo al nostro fianco, così come dei nostri fratelli e sorelle che sono nel bisogno e richiedono la nostra attenzione e compassione".

Poiché questa sfida non può essere affrontata senza aiuto, il Papa ha chiesto di "implorare Maria Santissima, Madre di Dio, affinché in quest'epoca inquinata dalla sfiducia e dall'indifferenza, ci renda capaci di compassione e di cura, capaci di 'commuoverci e fermarci davanti all'altro tutte le volte che è necessario' (Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, 169)".

Vaticano

Papa Francesco: "Dio ha una madre e in questo modo si è legato per sempre alla nostra umanità".

Oggi, nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, Papa Francesco ha celebrato la Messa nella Basilica di San Pietro.

Paloma López Campos-1° gennaio 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Papa Francesco ha celebrato oggi la Santa Messa per la Solennità di Maria, Santissima Madre di Dio. La Basilica di San Pietro era piena di fedeli, ai quali il Santo Padre si è rivolto durante l'omelia.

Il Papa ha esordito sottolineando che la maternità di Maria è una verità di fede, ma allo stesso tempo è "una notizia molto bella: Dio ha una Madre e in questo modo si è legato per sempre alla nostra umanità, come un figlio a sua madre, al punto che la nostra umanità è la sua umanità". Francesco afferma che nascendo da Maria, Dio "ha mostrato il suo amore concreto per la nostra umanità, abbracciandola in modo reale e pieno".

Nascendo dalla Vergine Maria, continua il Papa, Dio ci mostra che "non ci ama a parole, ma nei fatti".

Maria, portatrice di speranza

Il titolo di "Madre di Dio" detenuto da Maria Santissima è penetrato "nel cuore del Popolo santo di Dio, nella preghiera più familiare e casalinga, che accompagna il ritmo delle giornate, i momenti più dolorosi e le speranze più ardite: l'Ave Maria".

Il Papa afferma che "a questa invocazione, la Madre di Dio risponde sempre, ascolta le nostre suppliche, ci benedice con suo Figlio in braccio, ci porta la tenerezza di Dio fatto carne. Ci dà, in una parola, speranza. E noi, all'inizio di quest'anno, abbiamo bisogno di speranza, come la terra ha bisogno di pioggia".

Francesco ha voluto chiedere una preghiera speciale, con la Madonna come intercessore, per tutti coloro che soffrono le conseguenze della guerra, per coloro che non pregano più, per coloro che vivono in mezzo alla violenza e all'indifferenza.

Pastori, esempi per i cristiani di oggi

"Attraverso le mani di una Madre, la pace di Dio vuole entrare nelle nostre case, nei nostri cuori, nel nostro mondo. Ma come possiamo accoglierla?". Papa Francesco dà le chiavi di lettura e inizia guardando a "coloro che per primi hanno visto la Madre con il Bambino, i pastori di Betlemme".

Il Papa dice di loro che "erano poveri, forse anche piuttosto sgarbati, e che

notte erano al lavoro. Sono stati proprio loro, e non i sapienti o tanto meno i potenti, a riconoscere per primi il Dio che era vicino a loro, il Dio che è venuto povero e che ama stare con i poveri. Il Vangelo sottolinea due gesti molto semplici dei pastori, che però non sono sempre facili. I pastori andarono e videro: andate e vedete".

Di questo primo atteggiamento di mettersi in cammino per "andare", il Papa dice: "Era notte, dovevano badare alle loro greggi e probabilmente erano stanchi; avrebbero potuto aspettare l'alba, aspettare che sorgesse il sole per andare a vedere un bambino adagiato in una mangiatoia. Invece, se ne sono andati in fretta, perché le cose importanti vanno affrontate in fretta, non rimandate".

Questo, afferma Francesco, ci insegna che "per accogliere Dio e la sua pace non possiamo rimanere immobili e comodi in attesa che le cose migliorino". Dobbiamo alzarci, cogliere le opportunità che la grazia ci offre, andare, rischiare. Oggi, all'inizio dell'anno, invece di stare seduti a pensare e ad aspettare che le cose cambino, sarebbe bene che ci chiedessimo: "Dove voglio andare quest'anno? A chi voglio fare del bene? Molti, nella Chiesa e nella società, aspettano il bene che voi e solo voi potete fare, aspettano il vostro servizio. E di fronte alla pigrizia che anestetizza e all'indifferenza che paralizza, di fronte al rischio di limitarsi a stare davanti a uno schermo, con le mani su una tastiera, i pastori di oggi ci incoraggiano a uscire, a commuoverci per ciò che accade nel mondo, a sporcarci le mani per fare del bene, a rinunciare a tante abitudini e comodità per aprirci alle novità di Dio, che si trovano nell'umiltà del servizio, nel coraggio di farsi carico".

Il secondo aspetto dei pastori che il Papa sottolinea è che essi videro un Bambino in una mangiatoia. "È importante vedere, abbracciare con lo sguardo, rimanere, come i pastori, davanti al Bambino che è tra le braccia della Madre. Senza dire nulla, senza chiedere nulla, senza fare nulla. Guardare in silenzio, adorare, accogliere con gli occhi la tenerezza consolante del Dio fatto uomo; di Maria, sua Madre e nostra. All'inizio dell'anno, in mezzo a tutte le novità che vorremmo sperimentare e alle tante cose che vorremmo fare, prendiamoci il tempo per vedere, cioè per aprire gli occhi e tenerli aperti su ciò che è veramente importante: Dio e gli altri.

Occhi, la sfida per il nuovo anno

Questa contemplazione del Bambino dovrebbe anche condurci al nostro prossimo. Dobbiamo chiederci, conclude il Papa, "quante volte, nella fretta, non abbiamo nemmeno il tempo di trascorrere un minuto in compagnia del Signore, di ascoltare la sua Parola, di pregare, di adorare, di lodare". La stessa cosa accade nei confronti degli altri: nella fretta o presi dalle luci della ribalta, non c'è tempo per ascoltare la moglie, il marito, per parlare con i figli, per chiedere loro come si sentono dentro, non solo come vanno gli studi e la salute. E quanto ci fa bene ascoltare gli anziani, i nonni e le nonne, per guardare nel profondo della vita e riscoprire le nostre radici. Chiediamoci allora se siamo in grado di vedere chi ci vive accanto, chi abita nel nostro condominio, chi incontriamo ogni giorno per strada.

Francesco conclude l'omelia con un invito: "Riscopriamo, nell'impulso ad andare e nello stupore di vedere, i segreti per rendere quest'anno veramente nuovo.

Vocazioni

Mons. Arjan Dodaj: la testimonianza del vescovo venuto dalla cortina di ferro

Monsignor Arjan Dodaj è arcivescovo di Tirana-Durrës. Educato all'ateismo, in gioventù emigrò in Italia per lavorare. Lì ha incontrato Cristo e la sua vocazione sacerdotale nella Fraternità dei Figli della Croce.

Spazio sponsorizzato-1° gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Mons. Arjan Dodaj è arcivescovo di Tirana-Durrës (Albania). La sua vita non è stata facile. È nato a Laç-Kurbin, nella stessa arcidiocesi, il 21 gennaio 1977. Nel 1993, all'età di 16 anni, dopo aver completato gli studi primari e secondari nella sua città natale, emigra in Italia e si stabilisce a Cuneo, dove inizia a lavorare.

"In quel periodo stavamo uscendo dalla cortina di ferro in cui si trovava il nostro Paese e si affacciava il pluralismo, e con esso la possibilità della democrazia, così molti albanesi cercarono di trovare un futuro migliore in Occidente. Personalmente, ho tentato più volte di fuggire, soprattutto in Italia", racconta alla Fondazione CARF.

Ha lavorato come saldatore - più di 10 ore al giorno - e alla fine, nella Congregazione della Fraternità dei Figli della Croce, ha scoperto la sua fede cristiana. È stato educato all'ateismo, ma quando ha incontrato Cristo, è stato battezzato e Dio lo ha chiamato al sacerdozio.

È stato ordinato sacerdote l'11 maggio 2003 da Papa Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro. Ora è il primo vescovo della Fraternità. "Per me, essere vescovo non è un punto di arrivo, ma una chiamata a una vigilanza ancora maggiore, a un servizio ancora più grande e a una risposta sempre più umile.

Alcuni membri della sua congregazione stanno studiando presso la Pontificia Università della Santa Croce per ricevere una formazione adeguata ad affrontare tutte le sfide del mondo.

Riguardo alle sfide apostoliche che il suo Paese deve affrontare, ha affermato che è loro dovere trasmettere che è possibile una relazione fraterna con le altre confessioni. "In Albania, il rapporto con l'Islam e la Chiesa ortodossa è molto particolare, se non unico. Lo stesso Papa Francesco lo ha portato nel mondo come esempio di cooperazione fraterna. È chiaro che si tratta di un dono che non possiamo mai dare per scontato, ma che dobbiamo coltivare, accompagnare e sostenere ogni giorno. Proprio per questo motivo incontriamo spesso i vari leader religiosi in diverse commissioni, per presentare loro iniziative di valore nei settori della cultura, dell'istruzione, delle donne, dei migranti e della carità", afferma.

Per saperne di più
Vaticano

Il testamento spirituale di Benedetto XVI

Benedetto XVI ha ringraziato Dio per la sua famiglia, la sua patria, ha chiesto e ottenuto il perdono e ha tracciato un'unica strada: Gesù Cristo: "Ho visto e vedo come dal groviglio di ipotesi sia emersa e stia riemergendo la ragionevolezza della fede".

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La Santa Sede ha pubblicato il testamento spirituale del Papa emerito. In poche semplici parole, la grandezza interiore di Benedetto XVI è evidente. Un testamento in cui il Papa ringrazia per la sua famiglia, per la fede e per la dedizione di molti suoi amici; chiede perdono a chi può aver ferito e lancia un appello chiaro e inequivocabile a guardare solo a Gesù Cristo e a non lasciarsi ingannare da false certezze. Rimanete saldi nella fede! è il lascito spirituale di uno dei più grandi teologi della Chiesa.

Testo integrale del testamento spirituale di Benedetto XVI

Se guardo indietro a quest'ultima ora della mia vita e rivedo i decenni che ho attraversato, vedo innanzitutto quanti motivi ho per ringraziare. 

Innanzitutto ringrazio Dio stesso, datore di ogni bene, che mi ha dato la vita e mi ha guidato nei vari momenti di confusione; mi ha sempre risollevato quando iniziavo a scivolare e mi ha sempre restituito la luce del suo volto.

Con il senno di poi vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questa strada erano per la mia salvezza e che era in essi che Egli mi guidava bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno dato la vita in un momento difficile e che, con grande sacrificio, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica casa che, come una luce brillante, illumina ogni mia giornata fino ad oggi. 

La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segno è sempre rimasto saldo in mezzo a tutti i miei successi scientifici; la profonda devozione e la grande gentilezza di mia madre sono un'eredità per la quale non la ringrazierò mai abbastanza. 

Mia sorella mi ha assistito per decenni in modo disinteressato e affettuoso; mio fratello, con la lucidità del suo giudizio, la sua vigorosa risoluzione e la serenità del suo cuore, mi ha sempre spianato la strada; senza questa costante precedenza e compagnia, non avrei potuto trovare la strada giusta. 

Ringrazio di cuore Dio per i tanti amici, uomini e donne, che ha sempre messo al mio fianco; per i collaboratori in ogni fase del mio cammino; per gli insegnanti e gli studenti che mi ha dato. Con gratitudine li affido tutti alla Sua bontà. 

E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale ho sempre visto risplendere lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio il popolo della mia patria perché in esso ho sperimentato sempre la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra rimanga una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi allontanare dalla fede. 

Infine, ringrazio Dio per tutta la bellezza che ho potuto sperimentare in ogni tappa del mio viaggio, ma soprattutto a Roma e in Italia, che è diventata la mia seconda patria.

A tutti coloro che ho danneggiato in qualche modo, chiedo scusa dal profondo del cuore.

Quello che ho detto prima ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti coloro che nella Chiesa sono affidati al mio servizio: state saldi nella fede! Non confondetevi. Spesso sembra che la scienza - le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (soprattutto l'esegesi delle Sacre Scritture) dall'altro - sia in grado di offrire risultati inconfutabili in contraddizione con la fede cattolica. 

Ho vissuto i cambiamenti delle scienze naturali per un lungo periodo di tempo, e ho visto come, al contrario, le apparenti certezze contro la fede siano svanite, rivelandosi non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente appartenenti alla scienza; così come, d'altra parte, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio i limiti della portata delle sue pretese, e quindi la sua specificità. 

Da sessant'anni seguo il cammino della Teologia, in particolare delle scienze bibliche, e con il succedersi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano inamovibili e si sono rivelate semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher, ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann, ecc.), la generazione marxista. 

Ho visto e vedo come dal groviglio di ipotesi sia emersa e stia riemergendo la ragionevolezza della fede.

Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita, e la Chiesa, con tutte le sue inadeguatezze, è veramente il suo corpo. 

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, affinché il Signore, nonostante tutti i miei peccati e le mie inadeguatezze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti coloro che sono affidati alle mie cure, giorno per giorno, va la mia preghiera più sentita.

(Traduzione non ufficiale)

Per saperne di più
Vaticano

Papa su Benedetto XVI: "Solo Dio conosce la potenza dei suoi sacrifici offerti per la Chiesa".

Papa Francesco ha presieduto la recita dei Vespri e del Te Deum di ringraziamento nella Basilica di San Pietro l'ultima sera dell'anno 2022 in una cerimonia segnata dal ricordo di Benedetto XVI.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La recita dei Vespri e del Te Deum del 31 dicembre è stata segnata dalla morte del Papa emerito. Nell'omelia di quest'ultimo giorno del 2022, vespro della solennità di Maria, Madre di Dio, Papa Francesco ha messo in risalto la figura del Papa emerito e ha incentrato le sue parole sulla virtù della bontà, che è fondamentale nel mondo di oggi.

Benedetto XVI, un esempio di bontà

La libertà è stato il primo concetto su cui Papa Francesco ha voluto riflettere. Vi ha fatto riferimento quando ha ricordato che Cristo "non è nato da una donna, ma da una donna". Questo è essenzialmente diverso, significa che Dio ha voluto prendere carne da una donna, non l'ha usata ma ha chiesto il suo consenso e con lei ha iniziato il lento cammino della gestazione di un'umanità libera dal peccato e piena di grazia e di verità".

"La maternità verginale di Maria è la via che rivela l'estremo rispetto di Dio per la nostra libertà. Questo suo modo di venire a salvarci è il modo in cui ci invita anche a seguirlo, a continuare con lui a tessere un'umanità nuova, libera e riconciliata. Il Papa si è soffermato su questa parola "umanità riconciliata" per spiegare che "è un modo di rapportarsi gli uni agli altri da cui derivano molte virtù umane, come la bontà".

È in questo momento che le sue parole hanno ricordato "il nostro amato Papa Emerito Benedetto XVI che ci ha lasciato questa mattina". Con emozione trattenuta, il Papa ha detto che "ricordiamo la sua persona, così nobile, così gentile. E sentiamo tanta gratitudine nei nostri cuori: gratitudine a Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo; gratitudine a lui per tutto il bene che ha fatto, e soprattutto per la sua testimonianza di fede e di preghiera, specialmente in questi ultimi anni della sua vita da pensionato. Solo Dio conosce il valore e la potenza della sua intercessione, dei suoi sacrifici offerti per il bene della Chiesa".

I danni dell'individualismo dei consumatori

Il Papa ha voluto offrire questa idea di bontà e di dialogo come via da seguire nella società, sottolineando che "la bontà è un fattore importante della cultura del dialogo, e il dialogo è indispensabile se vogliamo vivere in pace, come fratelli, che non sempre vanno d'accordo - è normale - ma che comunque si parlano, si ascoltano e cercano di capirsi e di incontrarsi".

Francesco ci ha incoraggiato a umanizzare le nostre società esercitando questa gentilezza quotidianamente, e ha sottolineato che "i danni dell'individualismo consumistico sono sotto gli occhi di tutti", poiché i nostri vicini, gli altri, "appaiono come ostacoli alla nostra tranquillità, alla nostra comodità". Gli altri ci "disturbano", ci infastidiscono, ci tolgono tempo e risorse per fare ciò che ci piace fare".

In questo contesto, la bontà, ha sottolineato Papa Francesco, "è un antidoto alla crudeltà, che purtroppo può entrare nel cuore come un veleno e intossicare le relazioni; all'ansia distratta e alla frenesia che ci fanno concentrare su noi stessi e chiudere agli altri".

Francesco ha voluto ricordare le tre parole della coesistenza, "permesso" o "scusa" e "grazie". Sono le "parole della bontà", ha affermato il Papa.

Francesco ha fatto nuovamente riferimento a questi tre atteggiamenti per riflettere se li mettiamo in pratica nella nostra vita, in un mondo che non sembra mai essere gentile.

Infine, il Papa ha rivolto lo sguardo alla Vergine Maria, che mostra come Dio abbia voluto essere concepito nel grembo di Maria, come ogni bambino: "Non passiamo in fretta, fermiamoci a contemplare e meditare, perché qui c'è una parte essenziale del mistero della salvezza", ha incoraggiato il Papa, "e cerchiamo di imparare il 'metodo' di Dio, il suo infinito rispetto, la sua 'bontà' per così dire, perché nella maternità divina della Vergine c'è la via per un mondo più umano".

Il Papa si è unito alla recita del Te Deum in ringraziamento per l'anno trascorso e anche per l'eredità del Papa emerito, e poi ha visitato il presepe allestito fuori da Piazza San Pietro.

Vaticano

Un semplice addio e la sepoltura nelle grotte vaticane per Benedetto XVI

La semplicità caratterizzerà i riti funebri del Papa emerito, che l'aveva chiesta nelle sue ultime ore.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Come comunicato dalla Santa Sede, le spoglie del Papa emerito Benedetto XVI riposeranno nel Monastero Mater Ecclesiae fino alle prime ore di lunedì 2 gennaio. Per questi primi due giorni non sono previste visite ufficiali o preghiere pubbliche.

La salma di Joseph Ratzinger sarà esposta per i fedeli nella Basilica di San Pietro, che sarà aperta lunedì dalle 9 alle 19, martedì e mercoledì dalle 7 alle 19, dalle 9 alle 19.

Messa funebre presieduta da Papa Francesco

I funerali, presieduti dal Santo Padre, si terranno in Piazza San Pietro giovedì 5 gennaio alle 9.30.

Il 5 gennaio 2023, alle ore 9.30, nell'atrio della Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco presiederà la Messa funebre del defunto Sommo Pontefice Emerito Benedetto XVI. Al termine della celebrazione eucaristica, avranno luogo l'Ultima Commendatio e la Valedictio.

Per partecipare non è necessario alcun biglietto. Chi desidera concelebrare può contattare l'Ufficio per le Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Le delegazioni ufficiali presenti saranno quelle di Germania e Italia.

Il feretro del Papa emerito sarà portato nella Basilica di San Pietro e poi nelle Grotte Vaticane per la sepoltura.

Per saperne di più

La giovinezza di Benedetto XVI

Sono uno di quei giovani che oggi vedono come il loro Papa, Benedetto XVI, abbia lasciato il mondo in silenzio. Con la stessa umiltà con cui, dieci anni fa, ha lasciato il posto al suo successore per guidare la Chiesa di Cristo.

31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Sì, sono uno dei giovani del Papa che oggi è andato in cielo.

Sì, sono uno di quei giovani che più di dieci estati fa hanno scandito il nome di Benedetto XVI per le strade di Madrid e nell'aeroporto di Cuatro Vientos.

Di quella giovinezza per la quale un uomo di 83 anni ha sopportato più di 40 gradi al sole e una burrasca d'aria e pioggia di notte, aggrappandosi alla Croce.

Di quei giovani a cui il Papa ha insegnato che - proprio come quella notte in cui abbiamo resistito sotto la pioggia - con Cristo possiamo superare anche tutti gli ostacoli della vita.

Sono uno di quei giovani in cui quel Papa, con la sua fragile costituzione, ha riposto la sua fiducia, quei giovani a cui ha chiesto, senza equivoci, di essere sempre gioiosi e di testimoniare in ogni circostanza.

Sono uno di quei giovani che oggi vedono il loro Papa lasciare il mondo in silenzio. Con la stessa umiltà con cui, dieci anni fa, ha lasciato il posto al suo successore per guidare la Chiesa di Cristo.

Sì, sono uno di quei giovani che dovrebbero ringraziare Benedetto XVI per tutto quello che ha insegnato loro, non solo con le sue parole, ma anche con il suo esempio di dedizione anche nelle difficoltà.

Oggi è un giorno per ringraziare Dio per Joseph Ratzinger, perché un giorno lo ha scelto e lo ha messo al nostro servizio.

Oggi è un giorno per pregare per lui, per pregarlo e per pregare per la Chiesa di Cristo. Oggi come allora, siamo ancora i giovani del Papa. Di colui che era e di colui che verrà.

Perché oggi, come allora, proclamiamo che questo è il nostro Papa, che questa è la nostra Chiesa, che noi siamo, se non nell'età, ma nel cuore, la sua gioia e la sua corona.

L'autoreMaria José Atienza

Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.

Vaticano

Benedetto XVI muore a 95 anni

Rapporti di Roma-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Papa emerito è morto alle 9.34 dell'ultimo giorno dell'anno 2022. Dopo le dimissioni, Benedetto XVI viveva nel monastero Mater Ecclesiae in territorio vaticano, dove si è spento.


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
Per saperne di più
Mondo

Il mondo si congeda da Benedetto XVI

Personalità civili e religiose di tutto il mondo hanno espresso il loro cordoglio per la morte di Papa Benedetto XVI.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

La morte del Papa emerito ha segnato gli ultimi mesi del 2022. Un anno già difficile per l'ex Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica per quasi otto anni.

Personalità religiose e civili di tutto il mondo hanno manifestato il loro rispetto e la loro ammirazione per Joseph Ratzinger, sottolineando la sua umanità e la sua eredità teologica, in particolare la sua attenzione alla carità.

Mons. Georg Bätzing. Presidente della Conferenza episcopale tedesca

Il primo comunicato del presidente dei vescovi tedeschi, patria di Benedetto XVI, afferma che "come Chiesa in Germania, pensiamo con gratitudine a Papa Benedetto XVI: è nato nel nostro Paese, qui era la sua casa, qui ha contribuito a plasmare la vita della Chiesa come professore di teologia e vescovo". Come Chiesa in Germania, pensiamo con gratitudine a Papa Benedetto XVI: è nato nel nostro Paese, qui era la sua casa, qui ha contribuito a plasmare la vita della Chiesa come professore di teologia e vescovo". di Benedetto XVI sottolinea la sua "personalità che ha dato speranza e direzione alla Chiesa anche in tempi difficili". Papa Benedetto ha fatto sentire la voce del Vangelo, opportunamente o inopportunamente". L'arcivescovo Bätzing ha sottolineato che "il suo pensiero teologico, la sua capacità di giudizio politico e la sua interazione personale con molte persone hanno contraddistinto Papa Benedetto XVI. Penso con grande rispetto alla sua coraggiosa decisione di dimettersi da Papa nel 2013.

Mons. Juan José Omella. Presidente della Conferenza episcopale spagnola

Il presidente dei vescovi spagnoli, in un video diffuso dalla CEE sulla morte del Papa emerito, ha ringraziato "il suo profondo ministero come Papa, i suoi scritti teologici e il suo profondo amore per la Chiesa". Omella ha chiesto "di pregare il Padre affinché non ci si allontani dal sentiero che porta al Dio fatto uomo". Ha inoltre voluto sottolineare che "la sua vicinanza alla Chiesa in pellegrinaggio in Spagna rimarrà per sempre" e ha ricordato le "tre occasioni in cui ha visitato la Spagna e la proclamazione del dottorato di San Giovanni d'Avila".

I leader mondiali

I principali leader politici europei si sono uniti al cordoglio per la morte del Papa emerito Benedetto XVI, ricordando l'importanza storica della sua figura e della sua eredità teologica.

Dalla Germania, il cancelliere Olaf Scholz ha definito Benedetto XVI "un teologo e una guida speciale per la Chiesa, capace di superare le frontiere, che ha messo la sua vita al servizio della Chiesa universale e che ha parlato, e continuerà a parlare, ai cuori e alle menti degli uomini con la profondità spirituale, culturale e intellettuale del suo magistero".

Il Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, da parte sua, ha definito il Papa emerito "un grande uomo della storia che la storia non dimenticherà", mentre Emmanuel Macron ha sottolineato il lavoro di Benedetto XVI "con anima e intelligenza per un mondo più fraterno".

Sempre dalla Polonia, Mateusz Morawiecki ha definito Benedetto XVI uno dei più grandi teologi del nostro tempo e ha invitato credenti e non credenti a continuare la sua "grande eredità".

La presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, ha incentrato il suo ricordo sul "segnale" che Benedetto XVI ha inviato con le sue dimissioni, che ha dimostrato come il Papa emerito "si è visto prima di tutto come un servitore di Dio e della Chiesa".

Anche il primo ministro britannico, Rishi Sunak, si è unito alle condoglianze, ricordando la "storica visita che fece nel Regno Unito nel 2010, per cattolici e non".

Ángel Fernández Artime. Rettor Maggiore dei Salesiani

Il superiore della famiglia salesiana ha rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea che "un grande Papa, un grande credente, un grande teologo e pensatore, un uomo capace di costruire ponti di comunicazione con i più diversi filosofi, teologi e intellettuali, è andato incontro al suo Signore". Un Papa rispettato e che sarà ancora più apprezzato negli anni e nei decenni a venire; un uomo e un Papa che ha saputo vivere nella semplicità e nel silenzio. Che il Dio della vita lo tenga con sé. Come figli di Don Bosco, e come lui ha insegnato a tutti i suoi salesiani, anche noi oggi diciamo: Viva il Papa!

Pontificie Opere Missionarie

Anche le Pontificie Opere Missionarie hanno espresso il loro dolore per la morte del Papa emerito, di cui sottolineano che "nei suoi otto anni di pontificato, il Santo Padre Benedetto XVI ci ha contagiato con il suo amore per Dio, non solo attraverso il suo magistero e la sua brillante esposizione della dottrina, ma soprattutto attraverso la testimonianza della sua vita". Come pastore della Chiesa universale, il Papa desiderava diffondere la fede e l'amore di Dio in tutto il mondo. Le Pontificie Opere Missionarie erano uno strumento privilegiato per questo, come egli stesso ha espresso nei suoi messaggi per la Giornata Missionaria Mondiale, il Domund.

Caritas spagnola

La delegazione spagnola della Caritas ha espresso il proprio dolore alla notizia della morte di Benedetto XVI, e ha voluto sottolineare il suo "magistero particolarmente significativo per la Caritas spagnola attraverso le sue encicliche "Deus caritas est" e "Caritas in veritate".

Essi rilevano inoltre che "dopo una lunga vita di ammirevole servizio alla Parola e alla Verità, Benedetto XVI ci lascia l'eredità di uno dei grandi Papi della storia della Chiesa come apostolo della carità e della speranza".

Per saperne di più
Vaticano

Benedetto XVI: il grande discernimento sul Concilio

Il pontificato di Benedetto XVI lascia come segno l'insolita profondità di una fede cristiana che evangelizza cercando il dialogo con il mondo moderno.

Juan Luis Lorda-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Otto anni sono pochi rispetto ai quasi ventisette del precedente pontificato. San Giovanni Paolo II era il Papa - e forse l'essere umano più visibile e mediatico della storia. Aveva anche una grande esperienza sul palcoscenico, una lunga esperienza come vescovo e una particolare sensibilità nel trattare con i media. Benedetto XVI, invece, a 78 anni, ha dovuto imparare a salutare le folle.

Iras dell'islamismo

Dal momento che il famoso Discorso di Ratisbona è apparso chiaro che il nuovo Papa non era "favorevole ai media". Pur essendo un discorso di alta qualità intellettuale, una citazione marginale sull'intolleranza religiosa ha attirato l'attenzione perché ha suscitato le ire dell'islamismo.

Ma ha anche prodotto l'inaspettata e insolita offerta di dialogo da parte di un importante gruppo di intellettuali musulmani. L'aneddoto riflette alcune caratteristiche del Pontificato. Una certa solitudine amministrativa, perché qualsiasi astuto comunicatore che avesse letto il discorso avrebbe potuto avvertirlo di ciò che stava per accadere. Un certo disaccordo con gli usi e i criteri dei media, che hanno bisogno di profili semplici, frasi per i titoli e gesti per le foto. Ma anche una profondità insolita che pone la fede cristiana in dialogo con le scienze, con la politica, con le religioni. E questa profondità di una fede che evangelizza cercando il dialogo sarà probabilmente il segno lasciato dal pontificato di Benedetto XVI.

È arrivato al Pontificato con la saggezza di tanti anni di riflessione teologica, con un'enorme esperienza della situazione della Chiesa, con alcune questioni che gli sembravano poco risolte e con la piena consapevolezza dei limiti imposti dalla sua età. In breve tempo, senza assumere alcuna postura, si è ambientato nel suo faticoso ministero e la sua personalità è diventata chiara: serena, semplice e amichevole. Allo stesso tempo, non perdeva mai una certa serietà accademica quando pronunciava i suoi discorsi, perché era convinto di ciò che diceva.

Discorsi chiave

Alle sue tre importanti encicliche, in cui si possono facilmente scoprire antiche preoccupazioni, si aggiunge il suo magistero ordinario, con alcuni discorsi molto importanti nei suoi viaggi (Regensburg, l'ONU, Westminster), e soprattutto con molti interventi "minori", che hanno la sua impronta: in particolare le udienze e il breve Angelus. Nelle udienze, ha tracciato la storia della teologia e del pensiero cristiano a partire dalle prime figure del Vangelo. E ultimamente ci ha offerto preziose considerazioni sulla fede.

La sua mente si è espressa con particolare vitalità in contesti più piccoli e informali, forse perché gli permettevano maggiore libertà. Paradossalmente, uno dei testi più importanti del Pontificato è proprio il suo primo discorso alla Curia (22 dicembre 2005). È stata una semplice riunione per inviare gli auguri di Natale. Ma lì ha fatto una diagnosi profonda del significato del Concilio Vaticano II e della sua vera interpretazione come riforma e non come rottura della tradizione della Chiesa. E ha aggiunto un accurato discernimento della libertà religiosa, il grande tema della cultura politica della modernità. Risponde così ai lefevbriani, per i quali il Concilio è eretico proprio perché ha cambiato la posizione della Chiesa su questo punto. 

È interessante notare che nel suo saluto al clero a Roma, 14 febbraioè tornato al significato del Concilio. Ancora una volta ha dato una valutazione lucida dei suoi risultati, della sua attualità e anche delle deviazioni post-conciliari e delle loro cause.

Non sappiamo fino a che punto vorrà vivere in pensione, ma sarebbe bello se la sua saggezza ecclesiale e teologica potesse essere raccolta in nuove opere.

Tre questioni principali

Nel suo famoso discorso del Natale 2005, Benedetto XVI disse che il Concilio voleva ristabilire il dialogo con il mondo moderno e che si era posto tre cerchi di domande. Non ci vuole molto acume per capire che anche per Benedetto XVI ci sono state tre grandi domande come teologo, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e come Papa. Si tratta del rapporto tra la fede e le scienze umane (compresa l'esegesi biblica), della situazione della Chiesa in un contesto democratico, soprattutto nei Paesi ex cristiani, e del dialogo con le altre religioni.

È in questo contesto che dobbiamo collocare i suoi tre libri su Gesù di Nazareth, un progetto di lunga data, coltivato per anni, pianificato come occupazione per il suo desiderato pensionamento e scritto nel tempo libero di un'agenda estenuante. Per molti anni prima si era preoccupato di un'interpretazione delle Scritture che, nel suo sforzo di essere scientifica, sembrava dimenticare la fede. In tutti e tre i libri cerca di fare una lettura credente che, allo stesso tempo, rispetti le esigenze scientifiche dell'esegesi. I prologhi sono particolarmente interessanti.

Test e sfide

Quando è arrivato al Pontificato, era consapevole delle questioni molto difficili che aveva affrontato come Prefetto. In particolare lo scandalo di alcuni sacerdoti e di alcune istituzioni religiose. Egli ordinò immediatamente misure disciplinari e rivitalizzò i processi canonici, piuttosto dimenticati da una certa "buona volontà" post-conciliare. Non gli dispiaceva ammettere che questo era ciò che lo aveva fatto soffrire di più.

Per altre ragioni, lo scisma di Lefevbre è stato un argomento scomodo. Ma Benedetto XVI non voleva che lo scisma si solidificasse. Ha fatto del suo meglio per avvicinare i tradizionalisti, superando ogni tipo di sfogo da parte di interlocutori tesi e difficili, e le critiche feroci di altri che avevano bisogno di sentirsi progressisti. È andata avanti senza riuscire a raggiungere una conclusione.

In parte per rispondere alle critiche di alcuni, ma soprattutto per ragioni di criterio liturgico, Benedetto XVI ha posto fine alla dialettica post-conciliare tra "vecchia" e "nuova" liturgia. È inutile opporsi, perché la stessa Chiesa e con la stessa autorità ha fatto l'una e l'altra. Senza etichette, Benedetto XVI ha voluto chiarire che la Chiesa ha legittimamente riformato la sua liturgia, ma che il rito precedente non è mai stato ufficialmente abolito; per questo ha stabilito che può essere celebrato come forma straordinaria. 

Benedetto XVI ama la liturgia. Lo dichiara nella sua biografia. Per suo espresso desiderio, il volume dedicato alla liturgia è stato il primo ad essere pubblicato tra le sue opere complete. Oltre alla sua pietà personale nella celebrazione, abbiamo visto il suo interesse per lo stile e la bellezza dei paramenti e degli oggetti liturgici, la sua attenzione per il canto e la musica sacra, e la sua raccomandazione di conservare il latino nelle parti comuni della liturgia, specialmente nelle celebrazioni di massa. Inoltre, ha promosso lo studio di alcune questioni particolari (la "pro omnes-pro multis",  il luogo del gesto di pace, ecc.)

Problemi curiosi

Benedetto XVI è un uomo di pensiero e non un uomo di gestione. Come Prefetto aveva vissuto concentrato sul suo lavoro e in relativo isolamento. Per questo si è affidato fin dall'inizio alle persone che costituivano la sua cerchia di fiducia nella Congregazione. In particolare, il suo Segretario di Stato, il cardinale Bertone.

È noto quanto il Papa sia rimasto scontento delle "mosse" curiali, delle difficoltà a mettere ordine nelle questioni economiche o del sorprendente caso dell'intendente e della fuga di documenti. È difficile valutare, senza ulteriori informazioni, quanto tutto questo possa aver influenzato la sua decisione di ritirarsi. Tuttavia, dalle motivazioni da lui stesso addotte, è chiaro che ritiene di aver bisogno di qualcuno con più energie di quelle che gli sono rimaste per affrontare le attuali sfide del governo della Chiesa; e che ritiene che non si debba aspettare.  

Se guardiamo con gli occhi della fede ai problemi che la Chiesa ha sempre affrontato, possiamo vedere quanto dobbiamo ringraziare il Signore per la straordinaria lista di Papi che hanno guidato la barca di Pietro negli ultimi due secoli. Tutti sono stati uomini di fede e ognuno ha dato il meglio di sé. È un elenco quasi uguale a quello dei Papi dei primi secoli, la maggior parte dei quali furono martiri. E molto meglio che in altri secoli difficili, come il decimo o il quindicesimo, quando anche persone indegne hanno raggiunto il Pontificato. I tempi difficili purificano la fede, mentre i tempi facili la imborghesiscono.

Dobbiamo a Benedetto XVI molte cose, ma soprattutto la sua testimonianza di fede e un grande discernimento del Concilio e del dialogo evangelizzatore che la Chiesa deve portare avanti con il mondo moderno.

Per saperne di più

Benedetto XVI. Collaboratore della verità

La verità di Dio Creatore e Redentore, di cui il Santo Padre Benedetto XVI è stato un incessante cercatore, illumina il crepuscolo degli ultimi anni della sua vita trascorsi in preghiera, silenzio e umiltà esemplare.

31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

È morto il Papa emerito Benedetto XVI. Se c'è qualcosa che ha caratterizzato la sua lunga vita, dall'infanzia e l'adolescenza come seminarista nel seminario minore dell'arcidiocesi di Monaco di Baviera, situato a Traunstein, ai piedi delle Alpi bavaresi, fino agli ultimi anni come Papa emerito, è senza dubbio la sua vocazione di voler essere un "Collaboratore della Verità": della Verità di Dio, rivelata in Cristo per la Salvezza dell'umanità. 

Fu un cooperatore della Verità, ricercandola con la passione del cuore e la lucidità intellettuale di una mente inquieta nei suoi studi teologici presso il seminario maggiore di Freissen, che trovarono conferma nella sua tesi di dottorato e nella sua qualifica di docente universitario.

La teologia di Sant'Agostino gli fornisce l'orizzonte teologico per comprendere e spiegare l'essere della Chiesa come "Popolo e Casa di Dio", e da quella di San Bonaventura, dal suo "Itinerario della mente a Dio", riceve l'ispirazione intellettuale per comprendere la Verità del Dio Vivente che si rivela in una storia di Salvezza, culminante in Cristo, il Figlio di Dio, incarnato nel grembo di una Vergine, Maria, crocifisso, morto e risorto.

I suoi due decenni come professore di teologia a Bonn e Münster, Tubinga e Ratisbona, in cui ha combinato insegnamento e ricerca, conferenze e pubblicazioni con una straordinaria fecondità pedagogica, rivelano una comprensione della ricerca della verità rivelata in Dio in cui il dialogo Fede/Ragione si svolge con una rigorosa disciplina logica e, allo stesso tempo, con una straordinaria sensibilità spirituale alle domande dei suoi lettori e ascoltatori. Quanto il suo affascinante trattato di "Introduzione al cristianesimo" ha aiutato le generazioni di giovani universitari di quel drammatico momento storico a trovare la via della verità con la maiuscola: a trovare il Dio vivente al di là, ma non contro, il Dio dei filosofi! 

Le tappe successive della sua biografia come Arcivescovo - appena cinque anni - e come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - quasi venticinque - sono state incentrate sul servizio alla fede della Chiesa come stretto e intimo collaboratore di Papa Giovanni Paolo II nell'adempimento del suo primo dovere di successore di Pietro, che non è altro che "confermare i fratelli nella fede". Il suo metodo di lavoro seguiva il principio "anselmiano" di "Fides quaerens intellectum" - "Intellectus quaerens Fidem" ("fede che cerca l'intelligenza" e "intelligenza che cerca la fede"). Un principio messo in pratica con la squisita cura di un dialogo sempre attento e sempre solidale con le tesi opposte. L'intero dibattito degli anni Ottanta del secolo scorso intorno alla Teologia della Liberazione ne è un'ampia testimonianza.

Infine, il suo magistero negli otto anni di pontificato si concentra sulla Verità di Dio che è Amore (enciclica "Deus Caritas est") e sul fondamento ultimo della Speranza che non delude (enciclica "Spes Salvi"). L'ultima enciclica, "Caritas In Veritate" ("Amore in Verità", CV), pubblicata il 29 giugno 2009, nel bel mezzo della crisi finanziaria globale che ha avuto il suo epicentro nella Borsa di New York - e che ha presto portato a una grave crisi sociale, politica e culturale - intende mostrare come la fede nel Dio vivo e vero, rivelato in Cristo, apra la strada al vero progresso umano - al progresso integrale - o, in altre parole, apra la strada alla realizzazione di un vero e autentico umanesimo. La cosiddetta "svolta antropologica" del pensiero moderno e postmoderno, che lui conosceva bene, non solo viene svuotata di significato, ma al contrario ne viene autenticato e consolidato il significato per il bene trascendente della persona umana e della società. 

Non sorprende, quindi, che una delle conclusioni pratiche dell'enciclica sia che "non c'è pieno sviluppo e non c'è bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, considerate nella loro totalità di anima e corpo" (CV 76) e, allo stesso tempo, che "lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nella preghiera, cristiani consapevoli che l'amore pieno di verità, 'caritas in veritate', da cui procede l'autentico sviluppo, non è il risultato dei nostri sforzi ma un dono" (CV 79). 

Nell'omelia in Piazza Obradoiro, a Santiago de Compostela, il 6 novembre 2010 (nel suo secondo viaggio pastorale in Spagna), ha detto: "Lui solo - Dio - è amore assoluto, fedele, indeclinabile, meta infinita che si intravede dietro tutti i beni, le verità e le bellezze mirabili di questo mondo: mirabili ma insufficienti per il cuore dell'uomo. Lo aveva capito bene Santa Teresa di Gesù quando scriveva: "Dio solo basta"".

Al termine della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, il 21 agosto 2011, salutando la Spagna, ci ha detto: "La Spagna è una grande nazione che, in una convivenza aperta, plurale e rispettosa, sa e può progredire senza rinunciare alla sua anima profondamente cristiana e cattolica", e che "i giovani rispondono con diligenza quando viene loro proposto con sincerità e verità l'incontro con Gesù Cristo, unico Redentore dell'umanità".

La verità di Dio creatore e redentore dell'uomo, la VERITÀ che è Lui e solo Lui, di cui il Santo Padre Benedetto XVI è stato incessantemente cercatore, cooperatore, testimone e maestro durante tutta una vita dedicata a Cristo, illumina il crepuscolo degli ultimi anni della sua vita trascorsi nella preghiera, nel silenzio e nell'umiltà esemplare. Nella prefazione al primo volume della sua monografia "Gesù di Nazareth", pubblicata nel 2007, confessa: "Non ho certo bisogno di dire espressamente che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma solo un'espressione della mia personale ricerca del volto del Signore". Un volto che avrà già trovato nell'eterna contemplazione della sua infinita Bellezza. Così preghiamo, uniti alla preghiera di tutta la Chiesa per lui che si è sempre considerato "il suo umile lavoratore nella vigna del Signore".

L'autoreAntonio M. Rouco Varela

Cardinale arcivescovo emerito di Madrid. Presidente della Conferenza episcopale spagnola dal 1999 al 2005 e dal 2008 al 2014.

Per saperne di più
Vaticano

Muore Benedetto XVI

Il Papa emerito è morto alle 9.34 di questa mattina nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, dopo una vita di ininterrotto servizio alla Chiesa. Aveva 95 anni. Eminente professore ed eminente teologo, ha sorpreso il mondo con le sue dimissioni dal papato nel febbraio 2013.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Benedetto XVI è morto oggi alle 9.34 nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano all'età di 95 anni. Il Papa emerito, che da quando si era dimesso risiedeva nel Monastero Mater Ecclesiae, aveva subito un peggioramento delle sue condizioni di salute negli ultimi giorni. Papa Francesco, appunto, ha chiesto di pregare per la salute del suo predecessore durante l'udienza settimanale di mercoledì 28 dicembre.

Nato a Marktl am Inn, diocesi di Passau (Germania), Josep Ratzinger è nato il 16 aprile 1927 (Sabato Santo) e battezzato lo stesso giorno. La croce rimarrà presente nella vita del giovane, sacerdote, vescovo e cardinale per tutta la sua vita.

Dotato di un'intelligenza eccezionale e di un'umanità che era palpabile a chi lo conosceva, nella Una vasta biografia che si può trovare in OmnesL'umiltà di un brillante professore e di un eminente teologo, il cui Opera Omnia offre un pensiero illuminato e un'analisi della Chiesa e dell'uomo di oggi.

Il magistero papale di Benedetto XVI è condensato, in particolare, nelle sue tre encicliche Caritas in veritateSpe Salvi e Deus caritas est. La sua prolifica eredità teologica, tuttavia, spazia dal suo fase iniziale come insegnante e sacerdote, il tempo come capo della Congregazione per la Dottrina della Fedecosì come il suo come Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Un'opera molto ampia e profonda, di grande spessore dottrinale e morale, senza la quale non si può capire la Chiesa di oggi.

L'istituzione della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger ha dato impulso al lavoro e all'insegnamento del Papa. In particolare, questa fondazione ha promosso la pubblicazione dell'opera omnia di Joseph Ratzinger, Opera Omnia. Anche se attualmente è disponibile solo nella sua interezza in italiano, questi volumi contengono i tratti principali del pensiero teologico di Joseph Ratzinger.

Negli ultimi anni, Benedetto XVI ha dovuto subire una nuova ondata di contraddizioni con l'accusa di non aver agito con sufficiente forza in un caso di abusi durante il suo periodo di guida della diocesi di Monaco. Un'accusa priva di prove concrete che ha portato il teologo svizzero Martin Rhonheimer per denunciare il tentativo di distruggere la reputazione del teologo Joseph Ratzinger alla fine della sua vita.

La fragile salute del Papa emerito si è deteriorata negli ultimi giorni del dicembre 2022, anche se è rimasto "lucido e stabile" nonostante la gravità delle sue condizioni. Questa mattina, con un brevissimo comunicato, la Santa Sede ha annunciato la morte del Papa emerito avvenuta alle 9.34 nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.

Come riferisce Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Papa Francesco presiederà le esequie per l'eterno riposo del suo predecessore il 5 gennaio alle 9.30 nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Bruni ha anche riferito che Benedetto XVI ha ricevuto l'Unzione degli Infermi mercoledì scorso al termine della Messa al Monastero e alla presenza dei Memores Domini, che da anni lo assistono quotidianamente. Prima di morire, il Papa emerito ha chiesto che tutto fosse improntato alla semplicità, qualità con cui ha vissuto.

Per saperne di più
Attualità

Il magistero di Benedetto XVI

Benedetto XVI, il Papa della Parola, oltre ai suoi discorsi sempre ispirati, ci ha lasciato tre magnifiche encicliche e quattro esortazioni apostoliche. Amore, verità, speranza, Parola di Dio e liturgia erano i temi principali dei suoi scritti.

Pablo Blanco Sarto-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Benedetto XVI non è stato solo "il papa della ragione", ma anche il papa dell'amore e della speranza, a giudicare dai titoli delle sue encicliche. È stato anche "il Papa della parola", in termini di discorsi e omelie ispirate che ha pronunciato durante un pontificato breve ma intenso.

In queste righe ci concentreremo soprattutto sulle encicliche e sulle esortazioni apostoliche, per presentare una visione unitaria del programma del suo pontificato.

Amore, verità e speranza

Questi sono i tre pilastri centrali del suo magistero. Benedetto XVI ha iniziato la sua prima enciclica dal titolo Deus caritas est, del giorno di Natale 2005. Prima di tutto, l'amore. Lì ha presentato una "rivoluzione dell'amore" che non è ancora riuscita completamente nel nostro piccolo mondo. Ci sono ancora fame, povertà, ingiustizia e morti innocenti. Perché questa "rivoluzione dell'amore" si compia una volta per tutte, ci ha ricordato, non dobbiamo dimenticare due parole: Dio e Cristo.

Gesù Cristo è "l'amore di Dio incarnato", che si concretizza non solo nella carità verso gli altri, ma soprattutto sulla croce e nell'Eucaristia. Questa è la fonte di tutto il nostro amore per Dio e per il prossimo: tutto il vero amore e la carità vengono da Dio. Il eros può essere trasformato in agape Cristiano, dopo un processo di purificazione. È qualcosa che la Chiesa non poteva dimenticare e che doveva ricordare a questo mondo un po' crudele. L'amore può cambiare il mondo, ha ripetuto Benedetto XVI con una certezza che dovrebbe farci riflettere.

Poi è arrivata una nuova enciclica, questa volta sulla speranza. È apparsa il 30 novembre, festa di Sant'Andrea, l'apostolo a cui gli orientali sono particolarmente devoti, e alla vigilia del periodo di Avvento, la stagione della speranza. Benedetto XVI ha pubblicato questa seconda enciclica sulla seconda virtù teologale, dopo quella sulla carità. Colui che come prefetto era stato il "custode della fede" era ora anche il papa dell'amore e della speranza.

Il titolo è tratto da San Paolo: spe salvisalvati dalla speranza" (Rm 8,24). Nella nuova enciclica si nota un marcato tono ecumenico, soprattutto quando si parla della dottrina del purgatorio, in cui si fa esplicito riferimento alla teologia ortodossa, presentandola con un approccio personalistico e cristocentrico di facile comprensione (cfr. n. 48).

Il Purgatorio è un incontro con Cristo che ci abbraccia e ci purifica. Allo stesso tempo, il Papa tedesco ha proposto un dialogo critico con una modernità che cerca la speranza.

A differenza dell'enciclica sulla speranza, che è stata scritta personalmente dal Papa dalla prima all'ultima riga, nell'enciclica sulla speranza, la Caritas in veritate molte menti e mani si sono messe al lavoro. Benedetto XVI vi ha lasciato la sua impronta, già visibile nelle parole del titolo che uniscono indissolubilmente carità e verità, una proposta decisamente ratzingeriana. "Iniettare nel mondo più verità e più amore", così recitava un titolo di giornale. "Solo con la carità - illuminata dalla fede e dalla ragione - è possibile raggiungere obiettivi di sviluppo dotati di valore umano", ha detto il Papa tedesco.

È stata la prima enciclica sociale del suo pontificato, pubblicata diciotto anni dopo l'ultima enciclica sociale di Giovanni Paolo II, Centesimus annusdel 1991. Giornali, radio e televisioni di tutto il mondo erano ansiosi di sentire cosa il Papa avesse da dire sull'attuale situazione economica. Caritas in veritateTuttavia, è andato oltre la crisi. "Le difficoltà attuali passeranno in pochi anni, ma il messaggio dell'enciclica rimarrà", ha assicurato monsignor Martino.

Pane e Parola

Sacramentum caritatis, Sacramento dell'amore: questo il titolo della lettera apostolica del Papa tedesco sull'Eucaristia, frutto del Sinodo dei vescovi tenutosi a Roma nell'ottobre 2005. È stato un incontro convocato da Giovanni Paolo II per far riflettere tutta la Chiesa su quello che è "il suo centro e il suo vertice". Gesù è lì", ha ricordato, "l'Eucaristia è Cristo stesso e quindi l'Eucaristia "fa la Chiesa"", aveva scritto San Giovanni Paolo II.

Ora, come frutto maturo, questa esortazione apostolica è uscita in continuità con la prima e, fino ad allora, ultima enciclica di Benedetto XVI, significativamente intitolata Dio è amore. Aveva parlato dell'Eucaristia come manifestazione ultima dell'amore di Gesù e come centro di tutta la Chiesa. Le proposte del Sinodo erano già state pubblicate in internetLa nuova lettera apostolica, su richiesta dello stesso Papa Ratzinger, non è stata quindi una grande sorpresa. Si tratta di applicare quanto già detto dal Vaticano II, insiste la nuova lettera apostolica.

Il 30 settembre 2010, festa di San Girolamo, è stato pubblicato un nuovo documento dal titolo Verbum Domini, la parola del Signore. Il tema era logicamente scritturale ed era un frutto maturo del sinodo che si era svolto due anni prima sullo stesso argomento, e con chiarezza, come i partecipanti al sinodo, ha sottolineato innanzitutto che "la fede cristiana non è una 'religione del libro': il cristianesimo è la 'religione della parola di Dio', non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente" (n. 7).

Il cristianesimo non è la religione di un libro (come possono essere l'ebraismo o l'islam), ma di una persona: quella di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Tuttavia, questa Persona - Gesù Cristo - aveva parlato a lungo e predicato parabole sublimi. La parola di Dio è un accesso diretto al Figlio di Dio, che è il vertice di ogni rivelazione, il Verbo fatto carne.

Nuova evangelizzazione

Dopo aver posto le basi sull'amore, la verità e la speranza, nonché sui luoghi in cui si trova Gesù Cristo - il Pane e la Parola - Benedetto XVI si è lanciato nella "nuova evangelizzazione" già proposta da Giovanni Paolo II.

L'esortazione apostolica post-sinodale Africae munus (2011) ha raccolto i frutti del lavoro della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. "Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio [...] Africa, Buona Notizia per la Chiesa, falla diventare tale per il mondo intero", ha detto il Papa. Il documento di 138 pagine contiene una grande varietà di argomenti, ma può essere riassunto in un unico punto: rimanere sul piano spirituale, per non diventare un partito cattolico. Secondo Benedetto XVI, il ruolo a favore della riconciliazione, della giustizia e della pace può essere mantenuto se la Chiesa rimane fedele alla sua missione spirituale di riconciliare l'umanità con Dio e tra di loro attraverso Cristo.

A Porta fidei (2011) il Papa tedesco ha indetto l'Anno della fede, in perfetta continuità con la nuova evangelizzazione, nel contesto del Concilio Vaticano II, a cinquant'anni dal suo inizio. In questo senso, il cristiano di oggi ha a disposizione due strumenti privilegiati per poter concretizzare e realizzare questa nuova evangelizzazione: il Concilio, che ha ormai cinquant'anni, e il suo Catechismopromulgato da Giovanni Paolo II. "Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, ognuno può trovare nella Catechismo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso e indispensabile. È uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II" (n. 11), ha aggiunto ora il suo successore. L'Anno della fede è stato l'anno del Concilio e del suo catechismo.

La fede è un "grande sì" che contiene e implica a sua volta l'intera esistenza umana. Fede e vita, credenza ed esperienza si intrecciano reciprocamente nell'atto di fede. L'evangelizzazione consiste quindi innanzitutto nel mostrare la bellezza e la razionalità della fede, nel portare la luce di Dio agli uomini del nostro tempo con convinzione e gioia. Il tempo ci darà questo primo testo di Papa Francesco, Lumen fidei (2013), un'enciclica "scritta a quattro mani" e il culmine dell'Anno della fede. Fede, speranza e carità sono state l'eredità del pontificato di Benedetto XVI, che ha avuto come fulcro Gesù Cristo stesso presente nel Pane e nella Parola. Con ciò eravamo perfettamente equipaggiati per la nuova evangelizzazione di questo mondo ormai in crisi.

Per saperne di più
Vaticano

I momenti chiave del pontificato di Benedetto XVI

Il destino di colui che avrebbe guidato la Chiesa con il nome di Benedetto XVI era diventato chiaro il giorno del funerale del suo predecessore, quando pronunciò quella commovente omelia che iniziava con la parola "Seguimi".

Giovanni Tridente-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Nell'umiltà e nella verità, nel silenzio e nella preghiera. Così ha vissuto Benedetto XVI, Papa emerito, e così se ne è andato. Eletto al soglio pontificio il 19 marzo 2005, subito dopo il "grande Papa Giovanni Paolo II", nelle sue prime parole alla folla dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro si è definito "un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore". E come tale si presentò, con le maniche della camicia nera che spuntavano dalla tonaca papale, segno di un'attività che non si è mai fermata.
scelta che forse non ci si aspettava.

Timido, ma molto colto, semplice nei modi ma complesso nei pensieri e mai banale. Un lavoratore instancabile. Lo ha dimostrato negli innumerevoli anni trascorsi nella Curia romana come insostituibile collaboratore del suo predecessore, in uno dei dicasteri più importanti e solidi, l'allora Congregazione per la Dottrina della Fede.

Anche nel giorno della sua elezione, si definì uno "strumento insufficiente", confortato dal fatto che il Signore avrebbe saputo utilizzarlo al meglio, senza fargli mancare "il suo aiuto permanente", con la complicità della sua Madre Maria. Ha chiesto di pregare.

Per quasi otto anni, fino alle sue dimissioni, entrate in vigore il 28 febbraio 2013, non si è arreso di fronte a nessun ostacolo, ha messo (e rimesso) mano all'aratro e ha cominciato a puntellare gli elementi fondamentali dell'edificio della Chiesa, appena sbarcata con tutta l'umanità in un nuovo millennio pieno di cambiamenti e di "scosse", da poco orfana di un'imponente guida spirituale, che l'aveva accompagnata per mano per più di 27 anni.

Il suo destino era diventato chiaro il giorno del funerale di San Giovanni Paolo II, quando pronunciò quella commovente omelia che iniziava proprio con la parola "Seguimi". Pochi giorni prima - alla Via Crucis del Colosseo, meditando sulla nona stazione, la terza caduta di Gesù - aveva poi "preso la responsabilità" di denunciare "la sporcizia nella Chiesa", ma anche l'arroganza e l'autosufficienza.

Il suo sogno era quello di tornare in patria, dedicarsi alla lettura e godere della sua passione per i gatti e del suo amore per la musica classica. Invece, ha dovuto farsi carico di tutti quei problemi che aveva imparato a conoscere così bene, e anche di portare la croce delle critiche e delle incomprensioni, ma ha dovuto farsi carico di tutti quei problemi che aveva imparato a conoscere così bene, e anche di portare la croce delle critiche e delle incomprensioni.
aprendo la strada a un processo di riforma che il suo successore - Papa Francesco - ha saputo portare avanti con facilità. Lo ha fatto in umiltà e in verità.

Un compito senza precedenti che va oltre le capacità umane

"Un compito senza precedenti, che supera davvero ogni capacità umana". Domenica 24 aprile 2005, Benedetto XVI ha iniziato il suo ministero petrino come Vescovo di Roma, in una Piazza San Pietro gremita, con oltre 400.000 persone presenti. E nell'esporre la gravità e il peso del mandato che sentiva di dover assumere, disse che, alla fine, il suo programma di governo non sarebbe stato quello di "seguire le mie idee, ma di ascoltare, con tutta la Chiesa, la parola e la volontà del Signore e di lasciarmi guidare".
per Lui, affinché sia Lui stesso a guidare la Chiesa in quest'ora della nostra storia". La volontà di Dio che "non ci allontana, ma ci purifica - forse anche dolorosamente - e ci conduce così a noi stessi".

Essere disposti a soffrire

Il tema della sofferenza compare spesso nel discorso di investitura, come quando spiega che "amare [il popolo che Dio ci affida] significa anche essere pronti a soffrire", "per dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza".

Parole che a posteriori suonano come una profezia. A Benedetto XVI non sono certo state risparmiate le sofferenze, ma le ha sempre vissute con spirito di servizio e umiltà. Guardando indietro ai quasi otto anni di pontificato, spiccano alcuni dei contributi eccezionali che il primo Papa emerito della storia ha lasciato in eredità a tutta la Chiesa.

Le tre encicliche

Il primo contributo è senza dubbio magistrale. A pochi mesi dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ha firmato la sua prima enciclica, "Deus caritas est" (Dio è amore), in cui spiega come l'uomo, creato a immagine di Dio-amore, sia capace di vivere la carità; inizialmente scritta in tedesco e firmata il giorno di Natale del 2005, è stata diffusa il mese successivo.

Il 30 novembre 2007 è stato pubblicato "Spe salvi", che mette a confronto la speranza cristiana con le moderne forme di speranza basate sulle conquiste terrene, che portano a sostituire la fiducia in Dio con una mera fede nel progresso. Ma solo una prospettiva infinita come quella offerta da Dio attraverso Cristo può dare la vera gioia.

L'ultima enciclica che porta la sua firma è datata 29 giugno 2009 e si intitola "Caritas in veritate" (Amore nella verità). Il Pontefice passa in rassegna gli insegnamenti della Chiesa sulla giustizia sociale e invita i cristiani a riscoprire l'etica degli affari e delle relazioni economiche, mettendo sempre al centro la persona e i valori che ne preservano il bene.

Stava preparando una quarta enciclica per completare la trilogia dedicata alle tre virtù teologali; sarebbe stata pubblicata da Papa Francesco il 29 giugno 2013, nell'Anno della fede, completando la parte principale dell'opera che Ratzinger aveva già preparato. Si intitola "Lumen fidei".

Quattro esortazioni post-sinodali

Eucaristia, Parola, Africa e Medio Oriente sono, da parte loro, i temi delle quattro esortazioni apostoliche che hanno visto la luce sotto il pontificato di Benedetto XVI, a coronamento di quattro Sinodi dei Vescovi che si sono svolti rispettivamente nel 2005, generando la "Sacramentum caritatis" (2006); nel 2008, con la pubblicazione della "Verbum Domini" (2010); nel 2009, che ha dato origine all'esortazione "Africae munus" (2011); e nel 2010, che due anni dopo ha dato origine al documento "Ecclesia in Medio Oriente".

Qui sta l'importanza dei sacramenti e la vicinanza alle periferie del mondo, luoghi dove la Chiesa è molto viva, ricca di vocazioni, ma dove spesso manca lo sforzo "da Roma" per essere più presente in queste terre.

La trilogia di Gesù di Nazareth

Grazie alla sua passione per lo studio e alle sue qualità di fine teologo, negli anni del suo pontificato Benedetto XVI ha regalato alla comunità dei credenti anche tre importanti libri sulla figura storica di Gesù, pubblicati rispettivamente nel 2007, 2011 e 2012. Il percorso narrativo inizia con l'"infanzia di Gesù" e prosegue attraverso la vita pubblica del Messia fino alla risurrezione.

È stato un successo editoriale senza precedenti e molti credenti sono stati edificati dalla storia della Persona-Gesù. Pellegrino dei popoli, non ha interrotto la tradizione di viaggi apostolici del suo predecessore, sia in Italia che all'estero; una serie inaugurata a quattro mesi dall'inizio del suo pontificato, recandosi in patria per la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. È tornato in Germania altre due volte, nel 2006 (in Baviera, dove si è verificato il noto "incidente di Ratisbona") e nel 2011, in visita ufficiale al Paese. In totale, Benedetto XVI ha compiuto 24 viaggi apostolici all'estero, diversi in Europa (tre volte in Spagna), ma anche in America Latina (Brasile, Messico, Cuba), negli Stati Uniti (2008), in Africa (Camerun, Benin) e in Australia (2008).

Il suo viaggio in Terra Santa, visitando la Giordania, Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese nel maggio 2009, è stato certamente significativo, così come la sua visita al campo di concentramento di Auschwitz nello stesso mese di tre anni prima, dove ha pregato per onorare la memoria degli ebrei, dei polacchi, dei russi, degli zingari e dei rappresentanti di venticinque nazioni uccisi dall'odio nazista.

Ha inoltre compiuto più di trenta visite pastorali e pellegrinaggi in Italia e altrettanti nella diocesi di Roma, visitando parrocchie, santuari, basiliche, carceri, ospedali e seminari. Per la storia
rimarrà la sua visita a L'Aquila nel 2009, subito dopo il terremoto, quando si recò a pregare sulle spoglie di Celestino V, sulla cui tomba pose il pallio, una premonizione che molti hanno associato alle sue future dimissioni.

Incidenti

All'inizio del suo ministero petrino, Benedetto XVI aveva fatto riferimento alla sofferenza, e purtroppo questo è stato uno degli elementi che non gli sono stati affatto risparmiati, a partire da alcune incomprensioni e polemiche che hanno avuto un'eco internazionale.

La prima risale al 2006, con la famosa "lectio magistralis" all'Università di Regensburg durante il suo secondo viaggio in Germania, in visita alla Baviera. In questo caso, l'incidente è nato dall'infelice citazione di una frase dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo sulla guerra santa, con riferimenti al profeta Maometto. Nel suo discorso, il Papa aveva ricordato la dichiarazione "Nostra Aetate" e l'atteggiamento della Chiesa nei confronti delle religioni non cristiane, ma a quel punto l'incomprensione era già sorta e ci furono reazioni violente nel mondo islamico.

Benedetto XVI si è poi scusato pubblicamente, dicendosi "dispiaciuto" e chiarendo di non condividere il pensiero espresso nel testo citato. Fortunatamente, negli anni successivi sono fioriti gli scambi culturali e teologici tra cattolici e musulmani, culminati persino in un incontro in Vaticano tra una delegazione di teologi e intellettuali islamici e il Pontefice stesso. Questo è stato senza dubbio il preludio al "Documento sulla fraternità umana", che Papa Francesco ha potuto firmare diversi anni dopo ad Abu Dhabi insieme al Grande Imam di Al-Azhar.

Un secondo episodio si è verificato a Roma, nella principale università della capitale, "La Sapienza", dove un gruppo di oltre 60 professori dell'ateneo si è opposto alla visita di Benedetto XVI, che era stato invitato dall'allora rettore a parlare all'inaugurazione dell'anno accademico del 2008. In seguito al turbinio di polemiche, la Santa Sede ha declinato l'invito. Nove anni dopo, nel 2017, il suo successore Francesco ha invece potuto visitare un'altra università civile romana, "Roma Tre".

Dopo l'incomprensione con i musulmani, nel 2009 è arrivato l'incidente con il mondo ebraico. Benedetto XVI aveva deciso di rimettere la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, tra i quali Richard
Williamson. In seguito a questo gesto, è emerso - attraverso la televisione svedese SVT - che in passato il vescovo aveva espresso pubblicamente posizioni negazioniste sulla Shoah. Anche in questo caso la Santa Sede è stata costretta a emettere una nota che, oltre a confermare la condanna e il ricordo del genocidio degli ebrei, ha imposto al vescovo Williamson di prendere le distanze "in modo assolutamente inequivocabile e pubblico dalle sue posizioni sulla Shoah" prima di essere ammesso alle funzioni episcopali nella Chiesa, chiarendo che tali posizioni non erano note al Papa al momento della remissione della scomunica.

Ulteriori critiche sono arrivate durante il suo viaggio in Camerun e Angola nel marzo 2009, quando ha dichiarato in aereo che la distribuzione dei preservativi non sarebbe stata una soluzione all'AIDS - un'affermazione stigmatizzata da governi, politici, scienziati e organizzazioni umanitarie con ripercussioni anche a livello diplomatico.

Lotta contro gli abusi

Eppure, sotto il pontificato di Benedetto XVI, l'intero processo di lotta agli abusi nella Chiesa, che Papa Francesco è riuscito a portare avanti in modo più agevole, ha acquisito uno slancio irreversibile. Papa Ratzinger è stato il primo pontefice a scusarsi esplicitamente con le vittime di abusi clericali e a incontrarle in diverse occasioni, ad esempio durante i viaggi all'estero.

Fu drastico nell'espellere alcuni chierici responsabili di tali crimini e nello stabilire le prime regole e linee guida più severe contro questi fenomeni.

Un esempio tra i tanti è il trattamento del "caso Maciel", che Ratzinger aveva già avuto modo di approfondire durante gli anni in cui era stato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.In qualità di Pontefice, fece in modo che la Congregazione dei Legionari ricevesse una Visita Apostolica, in seguito alla quale fu nominato un Delegato Pontificio - il compianto Cardinale Velasio De Paolis - che portò alla revisione degli statuti e dei regolamenti, dopo che fu pubblicamente riconosciuta la colpa del fondatore e fu avviato un processo completo di rinnovamento e guarigione.

Un altro fenomeno è quello dell'Irlanda, dopo la pubblicazione dei rapporti Ryan e Murphy che hanno denunciato numerosi casi di abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti e religiosi dagli anni '30 al 2000, con tentativi di insabbiamento da parte della Chiesa locale. Già nel 2006, rivolgendosi ai vescovi del Paese giunti a Roma in visita "ad limina", Benedetto XVI aveva detto che "le ferite causate da tali atti sono profonde, ed è urgente il compito di ripristinare la fiducia laddove è stata danneggiata". Inoltre, è necessario "prendere tutte le misure per evitare che si ripetano in futuro, per garantire il pieno rispetto dei principi di giustizia e, soprattutto, per guarire le vittime e tutti coloro che sono stati colpiti da questi crimini abominevoli".

Quattro anni dopo scrisse una lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda in cui confidava di "condividere lo sgomento e il senso di tradimento" che avevano provato, e ai colpevoli aggiungeva: "dovrete risponderne davanti a Dio Onnipotente, oltre che davanti ai tribunali debitamente costituiti".

I Consigli

Nel corso del suo pontificato, Benedetto XVI ha presieduto cinque concistori per la creazione di nuovi cardinali, creando un totale di 90 "eminenze", di cui 74 elettori. Significativamente, nell'ultimo, il 24 novembre 2012, oltre a essere il secondo Concistoro nello stesso anno (dal 1929 non c'erano state due diverse creazioni di cardinali nello stesso anno), questa volta non erano presenti cardinali europei, quasi a inaugurare una tradizione di "pesca" di collaboratori del Papa anche lontano da Roma. Una cosa che da allora è diventata molto comune con Papa Francesco.

È stato l'anno della creazione del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo metropolita di Manila (Filippine), o di Baselios Cleemis Thottunka, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankari (India), per esempio.

Dimissioni

L'ultimo atto che rimane nella storia del pontificato di Benedetto XVI è senza dubbio la sua rinuncia, annunciata l'11 febbraio 2013 durante un Concistoro per alcune cause di canonizzazione come una "decisione di grande importanza per la vita della Chiesa".

Tra le motivazioni che lo hanno portato a questa decisione - presa in assoluta umiltà e in spirito di servizio alla Chiesa, anche in questo caso - c'è la consapevolezza che "per condurre la barca di San Pietro occorre anche vigore di corpo e di anima, vigore che, negli ultimi mesi, è diminuito in me a tal punto da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero affidatomi".

Parole di una pulizia unica, offerte con il cuore in mano e con la libertà di chi non ha paura di riconoscere i propri limiti, pur essendo pronto a servire il Signore "non meno soffrendo e pregando".

Fedele alla sua parola, Benedetto XVI ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a pregare per la Chiesa, nel "nascondiglio" del Monastero Mater Ecclesiae, con il cuore, con la riflessione e con tutta la sua forza interiore, come disse nel suo ultimo saluto ai fedeli dalla Loggia del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il 28 febbraio di quasi dieci anni fa. Come un pellegrino "nell'ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra", ormai giunto al suo compimento, veglia su di noi dal Cielo!

Per saperne di più
Zoom

Addio, Benedetto XVI

La Chiesa si congeda dal Papa emerito Benedetto XVI. La sua morte, avvenuta all'età di 95 anni, lascia una vasta eredità teologica e magisteriale senza la quale la Chiesa del XXI secolo non può essere compresa. Nella foto: durante la GMG di Madrid 2011.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

Joseph Ratzinger. Una vita spesa al servizio della Chiesa

Le sue doti intellettuali si sono sempre distinte: nei suoi diciotto anni di insegnamento universitario, nel suo breve periodo come arcivescovo di Monaco, nella Congregazione per la Dottrina della Fede e infine nel suo ministero come Papa.

Henry Carlier-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 10 minuti

La biografia di qualsiasi persona offre quasi sempre abbondanti indizi per decifrare il temperamento, la personalità e persino alcune delle principali decisioni prese dal biografo. Questo è anche il caso di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.

Ad esempio, una chiave biografica che aiuta a comprendere la stanchezza che lo ha portato a dimettersi non è solo l'età avanzata, ma soprattutto l'enorme logorio che ha subito a causa del suo intenso, dedicato e ininterrotto lavoro al servizio della Chiesa universale negli oltre trentuno anni trascorsi a Roma: prima come stretto collaboratore di San Giovanni Paolo II alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal 25 novembre 1981; e poi, quando il cardinale Ratzinger già pensava al suo meritato pensionamento, nei quasi otto anni di faticoso ministero come Vicario di Cristo.

Bambini e giovani

Joseph Ratzinger è nato nella cittadina bavarese di Marktl, sul fiume Inn, in un giorno di grande significato religioso: il Sabato Santo (16 aprile 1927). Il fatto che sia stato battezzato nello stesso giorno è indicativo della sua precocità spirituale e liturgica (la Veglia Pasquale è la cornice battesimale per eccellenza).

Tuttavia, trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Traunstein, una piccola città quasi al confine con l'Austria, a trenta chilometri da Salisburgo. In questo ambiente "mozartiano", come lui stesso lo definì, fu educato umanamente, culturalmente e musicalmente sotto l'influenza cristiana della sua famiglia. Suo padre, commissario della gendarmeria, proveniva da un'antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera di modeste condizioni. Sua madre, figlia di artigiani di Rimsting, prima di sposarsi lavorava come cuoca in diversi alberghi. Joseph è il più giovane di tre fratelli. Maria, la figlia maggiore, è morta nel 1996, mentre Georg (89 anni), sacerdote e musicista, vive a Ratisbona.

L'educazione ricevuta gli permise di superare la dura esperienza del regime nazista, ostile alla Chiesa cattolica. Il giovane Joseph vide con i suoi occhi come i nazisti picchiavano un sacerdote che stava per celebrare la Messa. Paradossalmente, anche perché vide in suo padre il rifiuto cristiano del nazismo, quella complessa situazione storica finì per aiutarlo a scoprire la verità e la bellezza della fede.

Poco prima della fine della Seconda guerra mondiale - il giovane Ratzinger aveva allora 16 anni - fu costretto ad arruolarsi nei servizi ausiliari antiaerei. Questo episodio è stato duramente criticato in alcune biografie esageratamente critiche. È il caso di un primo schizzo biografico scritto dal vaticanista John Allen, per il quale la resistenza al nazismo fu difficile e rischiosa, ma non impossibile. Ma Joseph Ratzinger ebbe il coraggio di disertare in quelle circostanze, anche se rischiava di essere fucilato.   

Sacerdote e teologo

In ogni caso, non era l'attivismo politico l'inclinazione fondamentale del giovane Joseph Ratzinger, ma lo studio. Molto presto iniziò a dedicarsi e a eccellere in quello che sarebbe diventato il suo compito principale: l'insegnamento della teologia. Dal 1946 al 1951 ha studiato filosofia e teologia alla Scuola di Filosofia e Teologia di Frisinga e all'Università di Monaco. Insieme al fratello Georg, fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1951. Questo era, come avrebbe detto in seguito, il giorno più importante della sua vita.

Un anno dopo, all'età di 25 anni, ha iniziato a insegnare all'Università di Scienze Applicate di Frisinga. Ben presto cominciò a farsi un nome come insegnante e ricercatore di scienze teologiche, in particolare nei campi dell'antropologia e dell'ecclesiologia.

Joseph Ratzinger

Nel 1953 ha conseguito il dottorato in teologia con una tesi: "Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa in Sant'Agostino". Quattro anni dopo, sotto la guida del professor Gottlieb Söhngen, ha ottenuto l'abilitazione all'insegnamento con una tesi su: "La teologia della storia di San Bonaventura".

Dopo aver insegnato teologia dogmatica e fondamentale alla Scuola di Filosofia e Teologia di Frisinga, ha proseguito la sua attività didattica a Bonn dal 1959 al 1963, a Monaco dal 1963 al 1966 e a Tubinga dal 1966 al 1969. In quest'ultimo anno divenne professore di dogmatica e storia del dogma all'Università di Ratisbona, dove ricoprì anche la carica di vicerettore.

Esperto del Consiglio

Dal 1962 al 1965 ha contribuito ai lavori del Concilio Vaticano II come "esperto". Ha partecipato al Concilio come teologo consulente del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia. Benedetto XVI ha raccontato come sia arrivato a partecipare al Concilio per caso. Quando era professore all'Università di Bonn, il cardinale Joseph Frings gli chiese di preparare il testo di una conferenza che avrebbe dovuto tenere a Genova. Poco dopo, Giovanni XXIII chiamò a Roma il cardinale Frings. Quest'ultimo temeva il peggio. Tuttavia, il Papa lo abbracciò e gli disse: "Grazie, Eminenza; ha detto quello che avrei voluto dire ma non riuscivo a trovare le parole". Fu così che il cardinale Frings invitò il professor Ratzinger ad andare con lui al Concilio come suo assistente personale.

I contributi di Joseph Ratzinger ai documenti conciliari sulla liturgia e sulla Parola di Dio sono stati fondamentali. La sua intensa attività scientifica lo porterà in seguito a ricoprire importanti incarichi al servizio della Conferenza episcopale tedesca e della Commissione teologica internazionale.

Nel corso degli anni, grazie al suo prestigio come teologo e al suo lavoro alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger ha ricevuto numerosi dottorati honoris causa: dal College of St. Thomas di St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall'Università Cattolica di Eichstätt (Germania) nel 1985; dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986; dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986; e dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986. È stato insignito del dottorato honoris causa dal College of St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall'Università Cattolica di Eichstätt (Germania) nel 1985; dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986; dall'Università Cattolica di Lublino (Polonia) nel 1988; dall'Università di Navarra (Pamplona, Spagna) nel 1998; dalla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) (Roma) nel 1999; dalla Facoltà di Teologia dell'Università di Wroclaw (Polonia) nel 2000.

Alcuni sostengono che Ratzinger abbia avuto una prima fase liberale come teologo, ma che alla fine degli anni Sessanta si sia allontanato dalle correnti teologiche meno sicure. Insieme a Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e altri grandi teologi, ha fondato nel 1972 la rivista teologica "Communio.

Vescovo di Monaco e Cardinale

Il 25 marzo 1977, Paolo VI lo ha nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga. Questa è stata la fine di un periodo di 18 anni come professore in alcune delle migliori università pubbliche tedesche.

Quando è stato ordinato vescovo il 28 maggio, è diventato il primo sacerdote diocesano in 80 anni ad assumere il governo pastorale della grande arcidiocesi bavarese. Come motto episcopale ha scelto "Cooperatore della verità".Questa è la chiave per interpretare il servizio di Ratzinger alla Chiesa nelle sue varie sfaccettature al servizio della verità. Ecco come l'ha spiegato lui stesso: "Da un lato, mi sembrava che esprimesse il rapporto tra il mio precedente compito di insegnante e la mia nuova missione. Anche se in modi diversi, la posta in gioco era e resta quella di seguire la verità, di essere al suo servizio. E d'altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità è quasi completamente messo a tacere; viene presentato come qualcosa di troppo grande per l'uomo eppure, se manca la verità, tutto si sgretola".

Nel concistoro del 27 giugno 1977, Papa Paolo VI creò il giovane arcivescovo di Monaco (allora 50enne) cardinale con il titolo di Nostra Signora della Consolazione al Tiburtino.

Nel 1978 Ratzinger partecipò al suo primo conclave: quello che elesse Giovanni Paolo I il 26 agosto. Nell'ottobre dello stesso anno partecipò anche al conclave che elesse Giovanni Paolo II.

In seguito sarebbe diventato relatore alla 5ª Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell'autunno del 1980 sul tema: "La missione della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo", e presidente delegato della 6ª Assemblea Generale Ordinaria del 1983 su "Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa".

Benedetto XVI
Papa Giovanni Paolo II con il cardinale Ratzinger all'aeroporto di Monaco di Baviera nel novembre 1980 ©CNS photo from KNA

Prefetto del Sant'Uffizio

La vita di Joseph Ratzinger prende una nuova e definitiva piega il 25 novembre 1981, quando Giovanni Paolo II lo chiama a Roma per metterlo a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Vi ha lavorato, in perfetta sintonia con il Pontefice polacco, per oltre 23 anni.

Giovanni Paolo II non ha mai voluto fare a meno di questa testa teologica privilegiata. Il cardinale Ratzinger era diventato il suo principale e più fedele collaboratore, soprattutto quando si trattava di risolvere le questioni dottrinali più difficili, come, ad esempio, rispondere alle cosiddette teologie della liberazione o metterlo a capo della Commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Il 5 aprile 1993, Giovanni Paolo II ha elevato il Cardinale Ratzinger all'ordine dei Vescovi e il 30 novembre 2002 ha approvato la sua elezione a Decano del Collegio Cardinalizio, rendendolo così il supervisore dell'elezione del futuro Papa.

Scheda. Joseph Ratzinger durante una conferenza stampa nel giugno 2000 ©Foto CNS da Reuters

Dopo la morte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005, Ratzinger si aspettava che al termine del conclave sarebbe terminato anche il suo servizio diretto alla Sede Apostolica. Tuttavia, lo Spirito Santo aveva altri piani per lui.

Il Papa teologo

Il pontificato di Benedetto XVI non aveva ancora compiuto otto anni. L'arrivo di Joseph Ratzinger alla Sede di Pietro ha indubbiamente coinciso con l'inizio di uno dei periodi più difficili per la Chiesa cattolica: il grave problema degli abusi sessuali da parte di chierici e religiosi, l'instabilità economica globale e il cambiamento del paradigma sociale hanno indubbiamente segnato la linea del pontificato e le sue sorprendenti dimissioni.

Come pastore, le catechesi del Papa bavarese costituiscono una notevole raccolta di formazione catechistica accessibile e precisa. I suoi commenti a figure come San Paolo e i Padri della Chiesa, o la scoperta di uomini e donne talvolta sconosciuti alla stragrande maggioranza dei fedeli, fanno di queste conferenze un tesoro di fede e formazione cristiana.

Una menzione speciale va fatta per la sua trilogia Gesù di Nazarethil cui primo volume è uscito nell'aprile 2007, il secondo nel marzo 2011 e il terzo nel novembre 2012, è stato un successo editoriale mondiale. In questi libri, il Papa disegna la figura di Cristo con grande profondità e una conoscenza approfondita della fede e della tradizione, mettendola in perfetto dialogo con l'uomo moderno.

Le sue encicliche "Deus Caritas est"Spe Salvi e "Caritas in veritate costituiscono la spina dorsale del Magistero papale di Joseph Ratzinger. A queste si aggiungono le numerose lettere e i messaggi privati che il Papa ha indirizzato ai diplomatici, ai giovani, ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità, alla Curia romana e ad altre entità in tutto il mondo.

Come Papa, Benedetto XVI ha affrontato i principali problemi della Chiesa. Tra i suoi sforzi più notevoli ci sono stati quelli di portare alla luce i casi di abusi sessuali all'interno della Chiesa, l'incontro con le vittime e la definizione di istruzioni per tutte le Conferenze episcopali affinché questi casi non si ripetano. Egli ha così proseguito il cammino iniziato dal suo predecessore per sradicare tali comportamenti all'interno della Chiesa e i cui sforzi continuano tuttora.

Sotto il suo pontificato è iniziata anche la riforma del sistema finanziario vaticano per allinearlo agli standard internazionali di trasparenza.

Papa Benedetto XVI si è distinto per il suo dialogo con le religioni non cristiane e per i suoi numerosi viaggi in tutto il mondo. Benedetto XVI ha fatto 24 viaggi apostoliciDalla sua prima visita a Colonia per la XX Giornata Mondiale della Gioventù nell'agosto 2005, al suo viaggio in Libano nel settembre 2012. Benedetto XVI ha visitato tutti i continenti, con tappe in Turchia, Brasile, Stati Uniti, Sydney, Camerun e Angola, Giordania, Benin, Messico e Cuba, oltre ad altri viaggi in Europa: Polonia, Spagna, Austria, Francia, Repubblica Ceca, Malta, Portogallo, Cipro, Regno Unito, Croazia e, naturalmente, la sua patria, la Germania.

Nel dicembre 2012, Benedetto XVI ha inaugurato, con il suo primo tweet, l'account @pontifex su questo social network. Attualmente, l'account ufficiale del Papa ha più di 53 milioni di follower ed è scritto in 9 lingue.

Il Papa invia il suo primo tweet il 12 dicembre 2012 ©CNS photo/L'Osservatore Romano via Reuters

L'ampiezza dei problemi interni ed esterni della Chiesa e la consapevolezza della sua fragile salute hanno portato Papa Benedetto XVI ad annunciare a sorpresa le sue dimissioni l'11 febbraio 2013, citando la "mancanza di forze". Non c'erano state dimissioni papali da quando Celestino V, stanco delle lotte intestine, si era dimesso dal timone della nave di Pietro nel 1294. Lo stesso Benedetto XVI aveva visitato la tomba di questo papa a L'Aquila. Le dimissioni papali hanno avuto effetto il 28 febbraio dello stesso anno.

Dopo l'elezione di Jorge Mario Bergoglio come successore alla guida della Chiesa cattolica, Joseph Ratzinger è diventato Papa emerito e si è insediato nel monastero Mater Ecclesiae in territorio vaticano.

Anni recenti

Da quando si è dimesso dal papato, Benedetto XVI è rimasto in disparte, senza molte apparizioni pubbliche o pubblicazioni. Nella maggior parte delle occasioni, le immagini di lui sono state rese disponibili grazie alle frequenti visite di Papa Francesco per congratularsi con lui in occasione di importanti feste cristiane o anniversari personali. Nell'aprile 2014 ha partecipato alle cerimonie di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, e successivamente alla beatificazione di Paolo VI. Ha inoltre partecipato ad alcuni concistori pubblici di cardinali e ha aperto la Porta Santa nell'anno giubilare del 2015.

Nel 2016 ha pubblicato un libro-intervista scritto con il giornalista Peter Seewald, in cui fa un bilancio del suo pontificato e affronta temi come la sua giovane posizione sull'enciclica Humanae vitae, il suo rapporto con il teologo Hans Küng e altri argomenti della sua vita personale.

Benedetto XVI prega con il fratello Georg Ratzinger ©CNS photo/L'Osservatore Romano via Reuters

Nel giugno 2020 si recò per cinque giorni a Ratisbona per visitare il fratello gravemente malato, Georg Ratzinger, che morì pochi giorni dopo. Questo è stato l'unico viaggio del Papa emerito fuori dalla Città del Vaticano dopo le sue dimissioni. 

Nelle prime ore del mattino del 31 dicembre 2022, la Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato la morte del Papa emerito: "È con rammarico che annuncio che il Papa Emerito Benedetto XVI è deceduto oggi alle 9:34 presso il Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.", si legge nella nota.

L'autoreHenry Carlier

Per saperne di più
Mondo

Diciotto missionari uccisi nel 2022

Nel 2022, 18 missionari in tutto il mondo sono morti in circostanze violente. Tra le vittime ci sono soprattutto sacerdoti e religiosi.

Paloma López Campos-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Secondo le informazioni fornite dal Agenzia FidesDiciotto missionari sono stati uccisi nel 2022. In totale, 12 sacerdoti, 3 suore, 1 religioso, 1 seminarista e 1 laico. Il maggior numero di vittime si trova in Africa, dove sono morti 7 sacerdoti e 2 religiosi. In particolare, gli omicidi sono avvenuti in Mozambico, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Tanzania.

L'America Latina è il Paese con il maggior numero di vittime, con 4 sacerdoti, 1 religioso, 1 seminarista e 1 laico assassinati. I Paesi in cui sono avvenuti gli attacchi sono Messico, Honduras, Bolivia e Haiti. D'altra parte, in Asia, in particolare in Vietnam, un sacerdote è stato assassinato.

Uno dei progetti delle Pontificie Opere Missionarie (OMP / Flickr)

Anche se non si sa molto sulle circostanze delle morti, i rapporti e le notizie ottenute dall'Agenzia Fides mostrano che questi testimoni della fede non erano in missione straordinaria, ma svolgevano il loro lavoro pastorale quotidiano "in contesti particolarmente difficili, segnati da violenza, miseria, mancanza di giustizia e di rispetto per la vita umana".

Nel Rapporto completo L'agenzia offre una breve biografia delle vittime di quest'anno e un confronto degli omicidi nel corso degli anni. Il documento fornisce anche dati come il numero di missionari uccisi tra il 2001 e il 2022 (544 in totale) e le attività che i missionari stavano svolgendo al momento della loro morte.

Testimoni di Cristo

Il rapporto specifica che il termine ".missionario" non si applica esclusivamente ai missionari "ad gentes", ma include qualsiasi battezzato, poiché "in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio diventa discepolo missionario". Ogni battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa o la sua conoscenza della fede, è un soggetto attivo dell'evangelizzazione" (EG 120).

Oltre a questa considerazione fatta da Fides, la dichiarazione fatta dalla Papa Francesco durante il Giornata missionaria mondialeAi discepoli viene chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione. Gesù li manda nel mondo non solo per compiere la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione loro affidata; non solo per testimoniare, ma anche e soprattutto per essere suoi testimoni... L'essenza della missione è testimoniare Cristo, cioè la sua vita, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione, per amore del Padre e dell'umanità".

Per saperne di più
Cultura

Il passaggio

Una storia, o forse no, per questi giorni di Natale che ci ricorda che, anche sulla terra, riceviamo di più quando diamo.

Juan Ignacio Izquierdo Hübner-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Questo aneddoto è vecchio di anni, ma è reale; anche il nome del protagonista è autentico (ho il suo permesso). Si tratta di un evento breve e simbolico accaduto a un mio amico cileno, amico e compagno di studi alla Facoltà di Giurisprudenza.

Ricordo che era il periodo degli esami e che mancavano poche settimane a Natale. E con questo credo di aver dato un contesto sufficiente.

John è uscito di casa tardi per sostenere un esame orale con un professore notoriamente esigente. In abito scuro, cravatta blu e scarpe rigide, è corso alla stazione della metropolitana Pedro de Valdivia, ha sceso le scale a fatica, ha attraversato la folla, ha strisciato la carta attraverso il validatore e si è messo in fila. pip, pip, lNon aveva più equilibrio! Controlla frettolosamente il portafoglio: niente contanti. Cercò la carta di credito, ma si ricordò che i suoi genitori non avevano ancora depositato la sua paghetta. Uscì dalla fila con le mani sulla testa e il volto pallido, terrorizzato al pensiero che l'insegnante potesse bocciarlo per mancata frequenza; cosa fare?

All'improvviso, qualcuno gli batte sulla spalla. John si voltò e trovò la signora che di solito siede sul gradino più alto delle scale a chiedere l'elemosina. Lei sorrideva e aveva aperto la mano: per chiedergli qualcosa? No, al contrario: per offrirle una moneta da 500 pesos. "Per comprare il biglietto", ha detto. Il mio amico è rimasto molto sorpreso, ha cercato di resistere all'aiuto, hanno lottato un po': no, sì, no, sì; e tale è stata la sua angoscia che ha finito per accettare.

Il mio collega è arrivato all'esame in tempo e ha ottenuto un voto ragionevole. Il giorno dopo, quando scese alla stazione, notò la signora che lo aveva aiutato e le restituì la moneta - insieme a un cioccolatino, naturalmente - e chiacchierarono per un po'.

Dopo qualche settimana, la mendicante smise di apparire. Sono passati diversi anni da allora; ora John è un avvocato di prestigio e scende in metropolitana con abiti più eleganti e scarpe più comode di quelle che indossava per dare gli esami orali in Facoltà, ma sempre, prima di attraversare il tornello, si ferma un attimo per controllare se quella brava donna che un tempo lo aveva aiutato possa essere seduta da qualche parte in un angolo della stazione, a sorridergli.

Cultura

San Silvestre e la fine dell'anno

Papa San Silvestro non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato lui a dare il suo nome all'ultimo giorno dell'anno solare in diversi Paesi del mondo. Questa data è un'ottima occasione per ricordare la figura di questo santo papa.

Stefan M. Dąbrowski-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Probabilmente al 33° vescovo di Roma non è mai passato per la testa che la sua persona sarebbe stata perpetuata nei secoli con sontuose celebrazioni in tutto il mondo. In molti paesi, il Capodanno è chiamato semplicemente il Silvestro. Paradossalmente, Sylvester era un sacerdote molto tranquillo. Il suo zelante servizio a Dio gli valse il rispetto universale e nel 314 fu eletto papa.

Ha ricoperto la carica per vent'anni. Il suo pontificato coincise con la promulgazione dell'Editto di Milano, che garantiva ai cristiani la libertà religiosa. Le fonti ci dicono che egli ordinò che il giorno del sole romano (muore solis) fu celebrata come giorno del Signore e Costantino il Grande dichiarò la domenica libera dal lavoro con un decreto del 321.

Egli eseguì la consacrazione solenne delle basiliche di San Pietro in Vaticano (326 d.C.) e di San Giovanni in Laterano (324 d.C.), entrambe costruite dall'imperatore, dando così inizio alla tradizione delle consacrazioni solenni di edifici simili.

In questo periodo, il vescovo di Roma non poteva essere paragonato per importanza ai vescovi delle Chiese orientali o alle eminenti personalità che esercitavano un'influenza decisiva su Costantino, l'imperatore protettore della Chiesa.

Durante il pontificato di Silvestro si svolse il Concilio di Nicea (325 d.C.), che sancì il Credo niceno. La limitata partecipazione del Papa a questo primo concilio ecumenico, forse a causa della sua lontananza dalla scena del conflitto o del suo rispetto per l'autonomia delle Chiese orientali, fu accolta con qualche critica.

Probabilmente perché l'episcopato di Silvestro giunse in un momento cruciale della storia della Chiesa, i suoi successori e la sempre più importante comunità cristiana di Roma non si accontentarono del ruolo secondario che egli svolgeva accanto al primo imperatore cristiano. In questo contesto, soprattutto quando gli imperatori non risiedevano più in città, emersero leggende che dipingevano un ritratto idealizzato di Silvestro.

Festeggiamenti di Capodanno

Nella maggior parte del mondo, il Capodanno è associato all'ultima notte dell'anno solare. Il modo in cui viene celebrata dipende dalla cultura locale, anche se la globalizzazione sta sempre più erodendo tutte le differenze e le usanze locali. Musica ad alto volume e fuochi d'artificio accompagnano spesso i festeggiamenti della notte. Probabilmente l'usanza più diffusa è quella di brindare a mezzanotte.

L'ultimo giorno dell'anno è una grande occasione per ricordare la figura di questo santo papa. È bene perpetuare questo riferimento nella mente dei nostri amici. Questo santo ogni anno può ricordarci le due basiliche papali, la celebrazione della domenica e la professione di fede nel Credo. Questo ci permette di prendere la giusta direzione per il nuovo anno.

L'autoreStefan M. Dąbrowski

Per saperne di più
Attualità

Le 10 notizie Omnes più lette nel 2022

Il 2022 è stato un anno di crescita per Omnes e vorremmo dare il benvenuto al 2023 con uno sguardo alle migliori novità dell'anno che sta per concludersi.

Paloma López Campos-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Nel corso di quest'anno, Omnes vi ha portato notizie quotidiane da una prospettiva cattolica. Nell'ultimo giorno del 2022, ecco una selezione delle principali notizie pubblicate sul nostro sito web negli ultimi dodici mesi.

Una spiegazione del carisma e della gerarchia nella Prelatura dell'Opus Dei

A luglio abbiamo intervistato Enrique Rojas, che ha parlato dell'iperconnessione nella nostra società.

Una spiegazione dell'organizzazione interna della Chiesa

Quest'anno l'Opus Dei ha celebrato il suo 40° anniversario come Prelatura e noi diamo uno sguardo indietro alla sua storia e al suo carisma.

Luis Alberto Rosales, direttore del CARF, ha rilasciato un'intervista a Omnes lo scorso agosto.

Qualche mese fa, la Pontificia Facoltà Teologica di Bratislava ha conferito la laurea honoris causa a Fernando Ocáriz

Una sintesi di ciò che sta accadendo in Nicaragua

Joseph Weiler, vincitore del Premio Ratzinger di Teologia 2022, è stato il relatore dell'ultimo Forum Omnes.

Mariano Fazio è venuto a parlarci di libertà e amore in un'intervista sul suo libro Liberare l’amore attraverso i classici

Per saperne di più
Zoom

Preghiere per Benedetto XVI

Il mondo sta pregando in questi giorni per il Papa emerito Benedetto XVI, la cui salute si è indebolita nelle ultime ore. Qui, Benedetto XVI saluta la folla al termine di un'udienza in Piazza San Pietro nel febbraio 2017.

Maria José Atienza-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Cultura

"Siamo tutti veramente responsabili gli uni degli altri".

Trentacinque anni fa, il 30 dicembre 1987, veniva pubblicata l'enciclica Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, nel ventesimo anniversario della Populorum Progressio di Paolo VI.

Antonino Piccione-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: 12 minuti

Giovanni Paolo II ha reso omaggio all'enciclica Populorum Progressio del suo predecessore Paolo VI pubblicando - trentacinque anni fa, il 30 dicembre 1987 - l'enciclica sociale Sollecitudo Rei Socialis. È arrivata 20 anni dopo la pubblicazione dell'enciclica di Papa Montini rivolta agli uomini e alla società negli anni Sessanta.

Sollicitudo Rei Socialis conserva tutta la forza dell'appello di Paolo VI alle coscienze e fa riferimento al nuovo contesto storico-sociale degli anni Ottanta, nel tentativo di indicare i contorni del mondo di oggi, sempre con un occhio al motivo ispiratore, lo "sviluppo dei popoli", che è ancora lontano dall'essere raggiunto. "Propongo di estendere la loro eco, collegandola con possibili applicazioni all'attuale momento storico, non meno drammatico di quello di vent'anni fa", scrive Giovanni Paolo II.

Il tempo - come ben sappiamo - scorre sempre allo stesso ritmo; oggi, però, abbiamo l'impressione che sia soggetto a un movimento di continua accelerazione, dovuto soprattutto alla moltiplicazione e alla complessità dei fenomeni in mezzo ai quali viviamo. Di conseguenza, la configurazione del mondo negli ultimi vent'anni, pur mantenendo alcune costanti fondamentali, ha subito notevoli cambiamenti e presenta aspetti del tutto nuovi".

Con Sollicitudo rei socialis (di seguito SRS), viene offerta un'analisi del mondo odierno che tiene conto dell'intera verità sull'uomo: anima e corpo, essere comunitario e persona con valore in sé, creatura e figlio di Dio, peccatore e redento da Cristo, debole e rafforzato dalla forza dello Spirito.

L'enciclica pone l'accento sulla base etica dello sviluppo, sottolineando la necessità dell'impegno personale di tutti nei confronti dei fratelli e delle sorelle.

Questo sforzo per lo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo è l'unico modo per consolidare la pace e la felicità relativa in questo mondo. Secondo Enrique Colom (in AA.VV., Giovanni Paolo teologo. En el signo de las encíclicas, Mondadori, Milano 2003, pp. 128-141) "in un certo senso, l'insegnamento dell'enciclica potrebbe essere riassunto in un'unica frase piena di conseguenze pratiche: "siamo tutti veramente responsabili di tutti" (SRS 38)".

Come è noto, le encicliche del Papa, anche quelle del Magistero sociale, non sono documenti politici o sociologici, ma di natura teologica.

Una delle idee più enfatizzate nella SRS è proprio che la povertà, lo sviluppo, l'ecologia, la disoccupazione, la solidarietà, ecc. sono problemi etici più che tecnici, e la loro soluzione reale e duratura non si trova solo in un miglioramento strutturale, ma deve basarsi su un cambiamento etico, cioè sulla volontà di cambiare, magari, abitudini mentali e di vita che, se autentiche, influiranno sulle istituzioni.

L'uomo è una persona, non solo l'homo faber o l'oeconomicus. Pertanto, come insegnava la Populorum Progressio, il vero sviluppo è il passaggio, per ogni persona, da condizioni meno umane a condizioni più umane: "Più umane: l'ascesa dalla povertà al possesso dei beni di prima necessità, la vittoria sui mali sociali, l'espansione della conoscenza, l'acquisizione della cultura. Anche più umana: maggiore considerazione per la dignità degli altri, passaggio allo spirito di povertà, cooperazione per il bene comune, desiderio di pace. Ancora più umano: il riconoscimento da parte dell'uomo dei valori supremi e di Dio, che è la sua fonte e il suo fine. Più umana, infine e soprattutto: la fede, dono di Dio accolto dalla buona volontà dell'uomo, e l'unità nella carità di Cristo, che ci chiama tutti a partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini" (n. 21). Già Paolo VI, come poi farà Giovanni Paolo II, senza trascurare gli aspetti economico-sociali dello sviluppo, mostra la maggiore importanza della sfera spirituale e trascendente.

Certo, per realizzarsi la persona ha bisogno di "avere" cose, ma queste non bastano, occorre anche una crescita interiore: culturale, morale, spirituale. "L'"avere" di oggetti e beni non perfeziona di per sé il soggetto umano se non contribuisce alla maturazione e all'arricchimento del suo "essere", cioè alla realizzazione della vocazione umana in quanto tale" (SRS 28).

L'essenziale, quindi, è la piena realizzazione della persona, cioè "essere" di più, crescere in umanità senza trascurare nessuna virtù umana, e farlo in modo armonico, secondo un'autentica gerarchia di valori, secondo tutta la verità sull'uomo. Pertanto, il Papa non propone né pensa a un'antinomia tra "essere" e "avere", ma mette in guardia da un "avere" che ostacola l'"essere", proprio o altrui, e insegna che, se c'è incompatibilità, è preferibile "avere" meno che "essere" meno.

La caratteristica più importante della verità sull'uomo dipende dal fatto che è una creatura di Dio, elevata a suo figlio: da questa condizione gli uomini ricevono la loro consistenza, la loro verità, la loro bontà, il loro giusto ordine e la loro legge conveniente. Pertanto, la realizzazione dei disegni divini è l'unico impegno veramente "assoluto" della persona, che la orienta verso la sua pienezza integrale; gli altri impegni non sono annullati, ma devono essere subordinati ad esso.

Infatti, lo sviluppo umano - ci ricorda la SRS - "è possibile solo perché Dio Padre ha deciso fin dall'inizio di rendere l'uomo partecipe della sua gloria in Gesù Cristo risorto (...), e in Lui ha voluto vincere il peccato e metterlo al servizio del nostro maggior bene, che supera infinitamente quello che il progresso può raggiungere" (SRS 31). Al contrario, l'uomo può costruire la società e "organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio può solo organizzarla in ultima analisi contro l'uomo". L'umanesimo escludente è un umanesimo disumano" (Populorum progressio, 42).

Anche nella sfera sociale ed economica si realizzano le parole di Gesù: "C'è più gioia nel dare che nel ricevere" (At 20,35). Inoltre, non bisogna dimenticare che Dio è il Signore di tutto l'universo, di ogni minuto, del più piccolo evento; pertanto, come insegna Giovanni Paolo II, la piena realizzazione dello sviluppo sarà innanzitutto il frutto della "fedeltà alla nostra vocazione di uomini e donne credenti". Perché dipende innanzitutto da Dio" (SRS 47).

Purtroppo, le dottrine utilitaristiche misurano il progresso esclusivamente in termini immanenti e terreni. Tuttavia, le evidenti contraddizioni osservate nel nostro mondo mettono ulteriormente in luce "la contraddizione intrinseca di uno sviluppo limitato al solo aspetto economico". Subordina facilmente la persona umana e i suoi bisogni più profondi alle esigenze della pianificazione economica o del profitto esclusivo (...). Quando gli individui e le comunità non vedono rigorosamente rispettate le esigenze morali, culturali e spirituali, basate sulla dignità della persona e sull'identità propria di ogni comunità, a partire dalla famiglia e dalle società religiose, tutto il resto - disponibilità di beni, abbondanza di risorse tecniche applicate alla vita quotidiana, un certo livello di benessere materiale - sarà insoddisfacente e, alla lunga, trascurabile" (SRS 33).

Lo sviluppo umano e il progresso economico vanno di pari passo, come ha ricordato Giovanni Paolo II: "Le origini morali della prosperità sono ben note nel corso della storia. Si trovano in una costellazione di virtù: operosità, competenza, ordine, onestà, iniziativa, sobrietà, parsimonia, spirito di servizio, fedeltà alle promesse, audacia: in breve, l'amore per il lavoro ben fatto. Nessun sistema o struttura sociale può risolvere magicamente il problema della povertà senza queste virtù; a lungo andare, sia i programmi che il funzionamento delle istituzioni riflettono queste abitudini dell'essere umano, che si acquisiscono essenzialmente nel processo educativo, dando vita a una vera e propria cultura del lavoro". Affinché lo sviluppo trascendente e quello terreno degli esseri umani vivano in armonia, è necessario che ciascuno svolga le proprie attività, comprese quelle socio-economiche, in modo tale da raggiungere il loro pieno significato umano, in accordo con il destino trascendente ultimo dell'uomo; e che le altre persone e la società siano consapevoli del valore e dei bisogni di ciascun essere umano e agiscano di conseguenza.

Una pietra miliare di questi bisogni umani è la necessità di condividere la produzione e il godimento dei beni umani, a tutti i livelli; ancor più oggi, quando l'interdipendenza è aumentata. Questo si ottiene proprio attraverso il principio e la virtù della solidarietà: uno dei temi più frequenti negli insegnamenti di Giovanni Paolo II.

Il Papa insiste tanto su di essa, da un lato, per la sua intima relazione con la carità - l'amore per Dio e per il prossimo - vertice della vita cristiana; dall'altro, perché nelle attuali condizioni di sviluppo tecnologico, le disuguaglianze socio-economiche sono il prodotto dell'egoismo, del non vedere nell'altro un fratello, un figlio dell'eterno Padre, una persona umana con la stessa dignità; in altre parole, sono il prodotto di un comportamento non solidale. Si tratta di due ragioni reciprocamente correlate: la prima è puramente religiosa, la seconda è sociale, ma con un fondamento trascendente. 

San Giovanni ci ricorda che "Dio è amore" (1 Gv 4,8.16), un amore che è costante donazione reciproca all'interno della Trinità. E poiché l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), bisogna anche dire che la sua verità più intima si trova nell'amore, nel dono di sé.

Questo è in perfetta sintonia con il "comandamento nuovo" di Gesù Cristo in cui sono contenuti tutta la legge e i profeti: la carità è la legge fondamentale della perfezione umana e quindi anche della trasformazione del mondo. Tuttavia, visti gli equivoci sulla nozione di amore, occorre sottolineare che il vero amore implica la gratuità (Gv 3,16; 15,13) e il servizio (1 Pt 2,16; Gal 5,13), e non tanto la ricerca del proprio bene (Mt 16,25); e abbraccia tutte le dimensioni della persona: nessuna caratteristica umana è fuori dalla carità e dall'amore.

La dimensione fraterna è così essenziale per la vita del cristiano (e di qualsiasi uomo) che non si può immaginare un orientamento verso Dio che dimentichi i legami che uniscono ogni persona ai suoi fratelli e sorelle. Alla luce di queste verità, ne consegue che la vita cristiana non può essere vissuta come se le persone fossero scollegate.

Al contrario, l'impegno per il progresso materiale e spirituale dell'intera società è parte integrante della vocazione con cui Dio chiama ogni persona: l'identificazione con l'amato che è propria dell'amore porta a mantenerlo presente in tutte le azioni, che vengono compiute come dono gratuito all'amato.

Ciò significa che l'amore di Dio richiede un impegno sociale e che questo impegno trova il suo solido fondamento in un'autentica vita d'amore: solo un amore in armonia con tutta la verità sull'uomo è in grado di plasmare una vita sociale degna della persona.

Questa realtà è confermata, in negativo, dalla nascita e dalla crescita della "questione sociale", proprio nel momento in cui il pensiero ideologico indicava nell'opposizione, nella lotta e persino nell'odio il motore della storia.

"Il mondo è malato", disse Paolo VI (Populorum Progressio, 66), e sembra che da allora la malattia si sia aggravata: Basti pensare ai campi profughi, agli esiliati, alle zone calde (guerra, guerriglia e terrorismo), alle discriminazioni razziali e religiose, alla mancanza di libertà politiche e sindacali, ai fenomeni di evasione come la droga e l'alcolismo, alle aree in cui sfruttamento e corruzione sono istituzionalizzati, ai luoghi di lavoro in cui si ha l'impressione di essere usati come mezzi e a quelli in cui l'umiliazione è diventata uno stile di vita, alle zone di carestia, siccità e malattie endemiche, alle campagne antinataliste spesso razziste, alla diffusione dell'aborto e dell'eutanasia, ecc. Il quadro mondiale odierno, compreso quello economico, invece di preoccuparsi di un vero sviluppo che porti tutti verso una vita "più umana" - come chiedeva l'enciclica Populorum Progressio - sembra destinato a portarci più rapidamente verso la morte" (SRS 24).

Ci troviamo così di fronte a un paradosso: le persone conoscono - in larga misura - i criteri del vero sviluppo, desiderano - in larga misura - fare il bene ed evitare il male, possiedono - in quantità sufficiente - i mezzi tecnici per farlo; eppure il mondo è ancora malato, forse più di prima. Il paradosso richiede quindi una spiegazione - molto più profonda dell'analisi socio-economica - che arrivi all'origine ultima dei mali del mondo; richiede un'analisi che affronti il nucleo più intimo del comportamento umano: un'analisi etica, che arrivi all'origine stessa delle strutture ingiuste, cioè che arrivi alla radice delle azioni immorali dell'uomo, ciò che il cristianesimo chiama peccato.

E le azioni immorali di una persona non sono altro che il peccato, con le sue conseguenze istituzionalizzate - le "strutture di peccato" - che, condizionando la condotta delle persone, diventano fonte di altri peccati: "La vera natura del male con cui ci confrontiamo nella questione dello "sviluppo dei popoli": è un male morale, frutto di molti peccati, che porta a "strutture di peccato"" (SRS 37). Certamente, "peccato" e "strutture di peccato" sono categorie che non vengono solitamente applicate alla situazione del mondo contemporaneo. Non è facile arrivare a una comprensione profonda della realtà così come si presenta ai nostri occhi senza nominare la radice dei mali che ci affliggono" (SRS 36). E "questi atteggiamenti e 'strutture di peccato' possono essere superati - supponendo l'aiuto della grazia divina - solo da un atteggiamento diametralmente opposto: l'impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a 'perdersi' per l'altro invece di sfruttarlo, e a 'servirlo' invece di opprimerlo per il proprio tornaconto (cfr. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27)" (SRS 38).

Chi non vuole riconoscere - e rimediare - a questa fonte morale dei mali sociali, non vuole nemmeno seriamente essere curato dal male; è quindi necessario esaminare i propri peccati, soprattutto - quando si parla di mali socio-economici - quelli che incidono più direttamente sulla vita sociale: orgoglio, odio, rabbia, avidità, invidia, ecc. senza rifugiarsi in una collettività anonima; e anche riconoscere le conseguenze deleterie di questi peccati nella vita personale, familiare, sociale e politica. "Diagnosticare il male in questo modo significa individuare con precisione, sul piano della condotta umana, il percorso da seguire per superarlo" (SRS 37). 

L'identificazione della radice del male incoraggia la ricerca delle soluzioni e dei mezzi più appropriati per sradicarlo. Essi, come l'ostacolo, saranno principalmente di natura morale, a livello personale (il peccato) e a livello istituzionale (le strutture di peccato): "Quando sono disponibili i mezzi scientifici e tecnici che, insieme alle necessarie e concrete decisioni politiche, devono finalmente contribuire a mettere i popoli sulla strada del vero sviluppo, gli ostacoli più grandi possono essere superati solo in virtù di determinazioni essenzialmente morali, che, per i credenti, specialmente per i cristiani, saranno ispirate dai principi della fede con l'aiuto della grazia divina" (SRS 35).

Non possiamo ingannarci: non andremo più lontano nella giustizia e nella carità sociale che nella giustizia e nella carità personale. L'atteggiamento morale di una comunità dipende dalla conversione personale dei cuori, dall'impegno nella preghiera, dalla grazia dei sacramenti e dallo sforzo nelle virtù dei suoi membri. Tuttavia, la priorità della conversione personale non elimina, al contrario, la necessità di un cambiamento strutturale.

In questo senso, il Papa richiama sia un'effettiva volontà politica sia una decisione essenzialmente morale (cfr. SRS 35; 38): la prima da sola potrebbe - fortuitamente - portare a qualche cambiamento, ma l'esperienza ne attesta l'inutilità e che spesso le ingiustizie causate sono maggiori di quelle corrette; la seconda senza la prima rimarrebbe sterile per la sua inautenticità: la vera conversione interiore non è quella che non porta a miglioramenti sociali.

La nozione di solidarietà riecheggia quindi il significato etimologico -participare in solidum-, che designa l'insieme dei legami che uniscono le persone e le spingono all'aiuto reciproco.
Dal punto di vista etico, viene chiamato in causa un modo di agire virtuoso e stabile, in funzione di un comportamento solidale, inteso come impegno concreto al servizio dei fratelli: "È innanzitutto una questione di interdipendenza, sentita come sistema di relazioni determinante nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economiche, culturali, politiche e religiose, e assunta come categoria morale. Quando si riconosce l'interdipendenza, la risposta correlativa, come atteggiamento morale e sociale, come "virtù", è la solidarietà" (SRS 38).

La solidarietà deve quindi essere vista come il fine e il criterio dell'organizzazione sociale e come uno dei principi fondamentali della dottrina sociale cristiana. Ma non come un buon auspicio moralistico, bensì come una forte esigenza della natura umana: le persone sono un essere per gli altri e possono svilupparsi solo in un'apertura oblativa agli altri.

Anche questo è sottolineato dal messaggio evangelico, come insegna la SRS: "La consapevolezza della comune paternità di Dio, della fratellanza di tutti gli uomini in Cristo, 'figli nel Figlio', della presenza e dell'azione vivificante dello Spirito Santo, darà alla nostra visione del mondo un nuovo criterio di interpretazione. Oltre ai già forti e stretti legami umani e naturali, si prospetta un nuovo modello di unità del genere umano alla luce della fede, che deve in definitiva ispirare la solidarietà. Questo modello supremo di unità, che riflette la vita intima di Dio, una in tre Persone, è ciò che noi cristiani designiamo con la parola "comunione"" (SRS 40).

Una comunione così forte che ci rende tutti veramente responsabili gli uni degli altri, perché ciò che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi, a maggior ragione a Gesù Cristo (Mt 25,40.45).

La solidarietà non va confusa con "un sentimento di vaga compassione o di superficiale simpatia per i mali di tante persone, vicine o lontane". Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, cioè per il bene di tutti e di ciascuno" (SRS 38).

Tutto questo sforzo di solidarietà sociale acquista valore e forza in un atteggiamento di solidarietà personale; così l'enciclica: "L'esercizio della solidarietà all'interno di qualsiasi società è valido quando i suoi membri si riconoscono come persone" (SRS 39). Ciò implica il superamento della tendenza all'anonimato nei rapporti umani; la trasformazione della "solitudine" in "solidarietà", della "diffidenza" in "collaborazione"; la promozione della comprensione, della fiducia reciproca, dell'aiuto fraterno, dell'amicizia e della disponibilità a "perdere se stessi" per il bene dell'altro. Infatti, "alla luce della fede, la solidarietà tende a superarsi, ad assumere le dimensioni specificamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione. 

Se questo atteggiamento sembra "ideale" e poco "realistico", non bisogna dimenticare che questo "ideale" è l'unico che permetterà di costruire una nuova società e un mondo migliore, che consentirà un autentico sviluppo degli individui e delle comunità, che permetterà di raggiungere una pace vera e duratura. 

La Sollicitudo rei socialis propone che tutti gli uomini, in particolare i cristiani, si assumano la responsabilità dello sviluppo integrale di tutti gli altri uomini. È un ideale arduo, che richiede uno sforzo costante, ma è confortato dalla grazia del Signore.

La Chiesa proclama la realtà di questo sviluppo, già all'opera nel mondo, ma non ancora consumato; e afferma anche, sulla base della promessa divina - volta a far sì che la storia presente non rimanga chiusa in se stessa, ma sia aperta al Regno di Dio - la possibilità di superare gli ostacoli che si frappongono alla crescita integrale delle persone; confida quindi nel raggiungimento di una vera - anche se parziale su questa terra - liberazione (cfr. SRS 26; 47).

D'altra parte, "la Chiesa ha anche fiducia nell'uomo, pur conoscendo il male di cui è capace, perché sa bene che - nonostante il peccato ereditario e il peccato che ciascuno può commettere - nella persona umana ci sono qualità ed energie sufficienti, c'è una 'bontà' fondamentale (cfr. Gen 1,31), perché è l'immagine del Creatore, posta sotto l'influsso redentivo di Cristo, "che si è unito in un certo modo a ogni essere umano" (cfr. Gaudium et spes, 22; Redemptor hominis, 8), e perché l'azione efficace dello Spirito Santo "riempie la terra" (Sap 1,7)" (SRS 47).

L'autoreAntonino Piccione

Vaticano

Incontri tra Papa Francesco e Benedetto XVI

Papa Francesco e il suo predecessore si sono incontrati molte volte negli ultimi dieci anni. Il pontefice non ha mai smesso di apprezzare e ringraziare l'umile esempio di Joseph Ratzinger e la sua incessante preghiera per la Chiesa.

Giovanni Tridente-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Il primo incontro tra Papa Francesco e Benedetto XVI si è svolta pochi giorni dopo l'elezione dell'attuale Pontefice, il 23 marzo 2013, con un caloroso abbraccio sull'eliporto di Castel Gandolfo, la residenza dove il Papa emerito aveva trascorso il suo periodo di vacanza.

Entrambi si sono presentati vestiti di bianco e prima di incontrarsi nella biblioteca privata hanno sostato in preghiera nella cappella, fianco a fianco; Francesco ha ceduto il posto d'onore sedendosi nei banchi con Benedetto: "siamo fratelli".

Ci ha insegnato l'umiltà

Significativo il dono che Francesco ha portato al suo predecessore quel giorno, l'icona della Madonna dell'Umiltà: "Non la conoscevo, ho pensato subito a lei, ci ha insegnato l'umiltà". Qualche mese dopo, i due si sono incontrati nei Giardini Vaticani per la benedizione della nuova statua di San Michele Arcangelo, patrono dello Stato della Città del Vaticano.

L'anno successivo, nel 2014, c'è stato un nuovo abbraccio tra il Pontefice regnante e l'emerito, il 28 settembre in Piazza San Pietro, in occasione del grande incontro con gli anziani organizzato dalla Pontificia Accademia per la Vita; nel 2015 le telecamere hanno ripreso un nuovo saluto e abbraccio nel mese di giugno, prima che Benedetto XVI partisse per un nuovo periodo di riposo a Castel Gandolfo.

Nel 2015, Benedetto XVI è stato nuovamente presente a una cerimonia pubblica con Papa Francesco, questa volta per la cerimonia di apertura della Porta Santa della Basilica Vaticana l'8 dicembre, in occasione dell'inizio del Giubileo della Misericordia.

Il 28 giugno 2016, nella Sala Clementina si è svolta anche la cerimonia di commemorazione del 65° anniversario dell'ordinazione sacerdotale del Papa emerito, alla presenza di numerosi cardinali della Curia romana. Nel suo discorso, Francesco ha sottolineato l'amore testimoniato da Benedetto XVI, descrivendolo come una "nota che domina una vita spesa nel servizio sacerdotale e nella teologia".

Altri incontri frequenti e pubblici avvenivano tra i due al termine di ogni Concistoro per la creazione di nuovi cardinali, con tutto il gruppo che puntualmente saliva al monastero Mater Ecclesiae per salutare il Papa emerito e avere un momento di preghiera nella cappella della residenza. Poi ci sono i numerosi incontri privati e il continuo scambio di telefonate, anche alla vigilia di ogni viaggio all'estero.

Ministero nascosto

Nei dieci anni di pontificato, Papa Francesco ha spesso fatto riferimento al suo predecessore, chiedendo preghiere per il suo "ministero nascosto" e ringraziandolo per il suo sostegno orante alla Chiesa. Preghiere che ha sempre chiesto di ricambiare nei confronti del Papa emerito. Oltre alle occasioni ufficiali, come la consegna del "Premio Ratzinger" promosso dall'omonima Fondazione vaticana, il Pontefice regnante ha parlato di Benedetto XVI anche durante le udienze, gli Angelus o le interviste con i giornalisti.

Il primo riferimento risale senza dubbio alla notte stessa della sua elezione dalla Loggia della Basilica Vaticana: "Prima di tutto, vorrei dire una preghiera per il nostro Vescovo Emerito"; "che il Signore lo benedica e che la Madonna lo protegga".

Teologia in ginocchio

Nel 2013, in occasione del conferimento dell'onorificenza di Premio Ratzinger Nello stesso anno, Francesco ha espresso "gratitudine e grande affetto" per il suo predecessore, valorizzando il lavoro svolto con la pubblicazione dei libri su Gesù di Nazareth, attraverso i quali "ha fatto dono alla Chiesa, e a tutti gli uomini, di ciò che aveva di più prezioso: la sua conoscenza di Gesù", maturata attraverso una teologia fatta "in ginocchio".

Un uomo di fede, così umile

Durante il viaggio di ritorno da Terra SantaNel maggio 2014, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se in futuro avrebbe seguito la scelta del suo predecessore di lasciare prematuramente il pontificato, Francesco disse di Benedetto XVI: "è un uomo di fede, così umile"; "dobbiamo guardarlo come un'istituzione".

Come avere un nonno saggio in casa

Qualche mese dopo, di ritorno questa volta in agosto dal suo viaggio in Corea, i giornalisti gli hanno chiesto specificamente del suo rapporto con Papa Ratzinger, e Francesco ha detto innanzitutto che Benedetto XVI con il suo gesto ha di fatto istituito il papato emerito, aprendo "una porta che è istituzionale, non eccezionale". Per quanto riguarda il rapporto, "è quello di fratelli, davvero"; "mi sembra di avere un nonno a casa per la saggezza", "mi fa bene ascoltarlo". Mi incoraggia anche molto".

"Come avere il nonno saggio in casa", ha ripetuto Francesco all'incontro con gli anziani nel settembre 2014, quando ha ringraziato pubblicamente Benedetto XVI per la sua presenza all'evento.

Il 16 aprile 2015, durante la Messa mattutina a Casa Santa Marta in occasione dell'88° compleanno dell'emerito, Francesco ha invitato i presenti a unirsi a lui nella preghiera per Benedetto XVI, "perché il Signore lo sostenga e gli dia molta gioia e felicità".

Grande uomo di preghiera e di coraggio

Nel giugno 2016 è stata la volta di una nuova domanda dei giornalisti sul volo di ritorno dall'Armenia. Qui Francesco ha aggiunto che per lui "è l'uomo che custodisce le mie spalle e la mia schiena con la sua preghiera". Tra le altre cose, "è un uomo di parola, un uomo retto, un uomo integro", "un grande uomo di preghiera, di coraggio".

Maturità, dedizione e fedeltà

Più tardi nello stesso mese, alla cerimonia di commemorazione del 65° anniversario del suo sacerdozio, Francesco ha aggiunto che dal piccolo monastero dove risiede Benedetto XVI "emana una tranquillità, una pace, una forza, una fiducia, una maturità, una fede, una dedizione e una fedeltà che mi fanno tanto bene e danno a me e a tutta la Chiesa tanta forza".

Per l'infallibile "Premio Ratzinger" 2016 - "ancora una volta" - l'espressione del "nostro grande affetto e gratitudine" per Benedetto XVI, "che continua ad accompagnarci anche ora con la sua preghiera".

Presenza discreta e incoraggiante

"La sua preghiera e la sua presenza discreta e incoraggiante ci accompagnano nel cammino comune; la sua opera e il suo magistero restano un'eredità viva e preziosa per la Chiesa e per il nostro servizio", sono state le parole pronunciate nello stesso anniversario l'anno successivo. Per Papa Francesco, Ratzinger "rimane un maestro e un interlocutore amichevole per tutti coloro che esercitano il dono della ragione per rispondere alla vocazione umana della ricerca della verità".

La stima, l'affetto e la gratitudine si ripetono negli anni successivi. Nel 2019, Papa Francesco esprime la sua gratitudine "per l'insegnamento e l'esempio che ci avete dato di servire la Chiesa riflettendo, pensando, studiando, ascoltando, dialogando e pregando, affinché la nostra fede rimanga viva e consapevole nonostante il cambiamento dei tempi e delle situazioni, e affinché i credenti sappiano rendere conto della loro fede in un linguaggio capace di essere compreso dai loro contemporanei e di entrare in dialogo con loro, per cercare insieme le vie dell'incontro con Dio nel nostro tempo".

Il Vaticano contemplativo

Al termine dell'Angelus del 29 giugno 2021, 70° anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Benedetto XVI, Francesco lo ha definito "caro padre e fratello", "il contemplativo del Vaticano, che trascorre la sua vita pregando per la Chiesa e per la diocesi di Roma, di cui è vescovo emerito". Lo ha poi ringraziato per la sua "testimonianza credibile" e per il suo "sguardo continuamente rivolto all'orizzonte di Dio".

Nella consegna del Premio Ratzinger 2022Francesco ha ribadito che "per me non mancano momenti di incontro personale, fraterno e affettuoso con il Papa emerito", evidenziando come tutti sentano "la sua presenza spirituale e il suo accompagnamento nella preghiera per tutta la Chiesa: quegli occhi contemplativi che sempre mostra".

Testimone dell'amore fino alla fine

Infine, non possiamo dimenticare il riferimento all'udienza generale dopo il Natale, il 28 dicembre 2022, quando ha invitato i presenti e tutta la Chiesa a intensificare la preghiera per colui "che nel silenzio sostiene la Chiesa", affinché il Signore "lo sostenga in questa testimonianza di amore per la Chiesa, fino alla fine".

Per saperne di più
Spagna

Le famiglie numerose sono a rischio di estinzione?

La Federazione spagnola delle famiglie numerose lavora per dare visibilità e preservare i diritti delle famiglie con più membri.

Paloma López Campos-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La Federazione spagnola delle famiglie numerose (FEFN) lavora da anni per dare visibilità, informare e lottare per i diritti delle famiglie con più figli. Grazie alle iniziative legislative, alle dichiarazioni dei politici e alle attuali tendenze di pensiero, è facile rendersi conto che le famiglie, soprattutto quelle numerose, stanno vivendo una situazione complicata.

In seguito alla modifica della denominazione delle famiglie numerose, ora considerate "famiglie con maggiori esigenze di sostegno alla genitorialità", il dibattito si è riacceso. In questa intervista, un rappresentante della Federazione parla delle difficoltà, ma anche dei cambiamenti positivi, che si stanno verificando in Spagna in questo settore.

Qual è la sfida più grande che le famiglie numerose devono affrontare oggi?

Se parliamo della vita quotidiana di una famiglia numerosa, possiamo evidenziare due sfide principali: una è l'equilibrio tra lavoro e vita privata, l'altra è la questione economica, poiché i prezzi sono alle stelle, il carrello della spesa è diventato molto più costoso per i beni di prima necessità, così come le forniture domestiche di base: elettricità, gas, ecc. Inoltre, queste due questioni sono collegate perché quando si hanno molti figli, per soddisfare tutte le esigenze, sono necessari due stipendi a casa, e se il padre e la madre lavorano entrambi fuori casa, è difficile far quadrare i conti e l'equilibrio tra lavoro e vita privata è molto difficile. In ogni caso, nonostante tutte le difficoltà, con sforzi e rinunce, alla fine si riesce a fare tutto, o almeno le cose importanti, e in cambio ci sono molti aspetti positivi quando si ha una famiglia numerosa.

Come viene considerata la famiglia numerosa dagli enti pubblici in Spagna?

La famiglia numerosa in Spagna non ha tutti i riconoscimenti che dovrebbe avere. È vero che negli ultimi anni, grazie al movimento associativo, alle associazioni e alle federazioni di famiglie numerose, si sono fatti passi avanti su alcuni temi, ma il nostro Paese non valorizza ancora a sufficienza la famiglia e, in particolare, chi ha più figli; non viene riconosciuta come un bene sociale. Proprio in questi giorni è in fase di elaborazione una nuova legge sulla famiglia che mira a migliorare il sostegno alla famiglia con alcune misure positive, ma non si concentra sul tasso di natalità, che è una questione fondamentale, e nemmeno sulle famiglie che hanno più figli. 

Qual è la sua opinione sul progetto di legge in cui il governo "classifica" le famiglie?

La legge è positiva su alcuni temi, come la conciliazione e la volontà di migliorare il sostegno a un maggior numero di famiglie, ma nel caso delle famiglie numerose ci sentiamo un po' attaccati perché propone l'eliminazione del concetto di famiglia numerosa, che sarà sostituito dal concetto di "famiglie con maggiori esigenze di sostegno alla genitorialità", che includerà le famiglie numerose e le famiglie con meno figli e circostanze particolari. Crediamo che il sostegno debba essere dato alle famiglie che ne hanno più bisogno, senza però trascurare il riconoscimento e la tutela delle famiglie numerose per il loro contributo alla società. Ci sembra che la legge sottovaluti questo contributo sociale delle famiglie numerose.  

Quali misure ha proposto per il diritto di famiglia?

Chiediamo una revisione delle agevolazioni per le famiglie numerose, in primo luogo che la legge sulle famiglie numerose venga aggiornata perché per alcuni aspetti è obsoleta; inoltre che la categoria speciale che oggi hanno le famiglie con 5 figli venga istituita per le famiglie con 4 o più figli, visto l'attuale basso tasso di natalità. Abbiamo anche chiesto che ci sia proporzionalità nei benefici e nei requisiti per gli aiuti, cioè che nel fissare i limiti di reddito si tenga conto del "reddito pro capite", perché una famiglia numerosa deve avere un reddito più alto e se non si tiene conto della composizione familiare, siamo esclusi da molti benefici perché superiamo soglie di reddito molto basse. Lo stesso vale per i giorni di congedo per l'assistenza all'infanzia: se una famiglia ha 5 giorni di congedo all'anno per un figlio, una famiglia con 4 figli non può avere anch'essa 5 giorni di congedo all'anno, perché ha più figli e le sue esigenze di assistenza sono maggiori. Tutti i bambini contano, tutti mangiano, tutti vanno a scuola, tutti devono essere portati dal medico, ecc. ma sembra che le amministrazioni dimentichino la metà dei nostri bambini.

Quali interessi delle famiglie numerose sono attualmente a rischio?

In questo momento, a causa della nuova legge, il riconoscimento stesso delle famiglie numerose è in pericolo, poiché esse cesseranno di essere chiamate famiglie numerose e quindi cesseranno di esistere a questi fini, se la nuova legge sulle famiglie verrà approvata così come è stata proposta. Per questo motivo, stiamo lanciando accuse e chiedendo il sostegno dei gruppi politici affinché non si proceda, e abbiamo anche avviato una campagna di raccolta firme contro questo cambiamento che il Governo vuole apportare. Abbiamo già raccolto 15.000 firme e sappiamo che ci sono molte famiglie che non sono d'accordo con quanto proposto dalla nuova legge. Tutte le famiglie che sono contrarie e vogliono salvare il concetto di famiglia numerosa possono firmare qui: https://chng.it/xRyB8kPt

Per saperne di più
Famiglia

La famiglia, culla della vocazione all'amore

Oggi celebriamo la Giornata della Sacra Famiglia, con il motto "la famiglia, culla della vocazione all'amore".

Paloma López Campos-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Dal Conferenza episcopale spagnolai vescovi ricordano che la famiglia è "un luogo privilegiato di accoglienza e discernimento della vocazione all'amore". Questo nucleo essenziale nella società è qualcosa di cui Cristo stesso non si è privato. Papa Francesco sottolinea che "è bello vedere Gesù inserito nella rete degli affetti familiari, nascere e crescere nell'abbraccio e nella preoccupazione dei suoi" (Angelus, 26 dicembre 2021).

La Sacra Famiglia, un modello per le nostre case

"In questa festa della Sacra Famiglia", affermano i vescovi, "veniamo a contemplare, dalla mano della Vergine Maria e di San Giuseppe il mistero di Dio che si è incarnato per amore nostro". La casa di Nazareth ci ricorda l'importanza delle nostre famiglie e la necessità di proteggerle: "Nessuna istituzione può sostituire l'opera della famiglia nell'educazione dei figli, specialmente nella formazione della coscienza. Qualsiasi interferenza in questa sfera sacra deve essere denunciata perché viola il diritto dei genitori di trasmettere ai propri figli un'educazione conforme ai loro valori e alle loro convinzioni".

La Sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita ha preparato un opuscolo per la preghiera in casa in occasione del Natale. Questo documento è disponibile sul sito web della Conferenza episcopale spagnola.

Linee guida CEE sull'educazione in famiglia

Sulla base dei punti chiave definiti dal Papa Francesco nell'esortazione Christus vivitI vescovi condividono le linee guida "per il discernimento della vocazione e la riflessione sull'educazione in famiglia":

1. La famiglia è il luogo "dove si è amati per se stessi, non per ciò che si produce o per ciò che si possiede".

2.Gesù Cristo è "il membro più importante della famiglia, colui al quale si consultano tutte le questioni importanti, al quale si affidano tutte le situazioni, al quale si chiede perdono quando abbiamo fallito".

3.È nel nucleo familiare che si promuovono le virtù "affinché coloro che sono chiamati diano il loro generoso sì al Signore e rimangano fedeli a questo sì".

4.Nelle case si può facilitare l'incontro con Cristo per imparare ad "ascoltare la sua Parola e a riconoscere la sua voce attraverso il discernimento".

5.I genitori devono riconoscere, guardando i loro figli, che non sono "proprietari del dono, ma suoi attenti amministratori".

6. I genitori devono insegnare ai figli a "riconoscersi come un dono".

7. È importante inculcare l'idea che la vita è un dono di sé, in modo che i bambini possano dire: "Sono una missione su questa terra, ed è per questo che sono in questo mondo".

8. "La famiglia non è una cellula isolata in se stessa, che non si cura di ciò che le accade intorno. Questa dimensione caritativa inizia nella famiglia allargata, che si prende cura soprattutto dei nonni e degli anziani, ma deve aprirsi ai bisogni degli altri".

9. È essenziale che i genitori non "si oppongano alla vocazione dei figli al sacerdozio o alla vita consacrata o chiedano loro di dare priorità al loro futuro professionale, rimandando la chiamata del Signore". Inoltre, per quanto riguarda le vocazioni, i vescovi sottolineano che "non c'è nulla di più stimolante per i figli che vedere i genitori vivere il matrimonio e la famiglia come una missione, con felicità e pazienza, nonostante le difficoltà, i momenti tristi e le prove".

10.Come Chiesa "abbiamo la missione di accompagnare le famiglie che vivono nelle nostre comunità". Dobbiamo essere vicini alle "famiglie che vivono in condizioni di emarginazione e povertà; dobbiamo essere attenti alle famiglie di immigrati; non dobbiamo lasciare da parte le famiglie che hanno subito separazioni e divorzi".

Per saperne di più
Vaticano

I viaggi del Papa nel 2023, nei 10 anni di pontificato

Il 13 marzo 2023, Papa Francesco compirà 10 anni di pontificato alla guida della Chiesa cattolica. Il primo Papa americano della storia ha compiuto 86 anni a dicembre e sta già pensando alla sua eredità, ma non rallenta la sua attività, nonostante il ginocchio; sta lavorando al Sinodo della sinodalità e al Giubileo del 2025 e sta programmando alcuni viaggi, dove potrà lanciare i suoi messaggi con ancora più forza.

Francisco Otamendi-29 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Il Papa è da tempo impegnato in una catechesi sul discernimento. A Audizione di mercoledì Il 21 dicembre 2022, il Santo Padre ha detto che il discernimento è molto complicato, ma "in realtà è la vita ad essere complicata e, se non impariamo a leggerla, corriamo il rischio di sprecarla, portandola avanti con trucchi che finiscono per scoraggiarci".

La sua riflessione era globale, ma poteva benissimo applicarsi ai suoi viaggi apostolici, perché ha aggiunto che bisogna sempre discernere, anche nelle piccole cose della giornata, perché "la vita ci mette sempre davanti a delle scelte, e se non le facciamo consapevolmente, alla fine è la vita che sceglie per noi, portandoci dove non vorremmo andare".

Infatti, per l'anno 2023, forse in considerazione dell'età e dei problemi di mobilità al ginocchio, la Santa Sede ha confermato un solo viaggio apostolico, tra il 31 gennaio e il 5 febbraio, nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan.

Anche se, se non ci sarà uno "stop" medico, è molto probabile che si recherà anche all'incontro dei vescovi del Mediterraneo a Marsiglia (Francia) in febbraio o marzo, a cui di solito partecipano le autorità civili. E molto probabilmente lo vedremo anche alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona, dal 1° al 6 agosto. Ma facciamo un passo alla volta.

Quinto viaggio in Africa

La visita in terra congolese è molto attesa: era prevista per il luglio 2022, ma è stata ufficialmente rinviata su consiglio dei medici. Forse è stato anche influenzato dalla situazione nell'est del Paese congolese, dove "decine di milizie, con la complicità dei Paesi vicini e di politici desiderosi di ricchezza, si sono confrontate con la presenza dei caschi blu [ONU] sul territorio congolese fin dall'inizio dei conflitti", spiega Alberto García Marcos da Kinshasa. Anche per questo motivo, lo slogan della visita papale alla Repubblica Democratica del Congo è "Tutti riconciliati in Cristo".

In questa quinta visita del Papa nel continente africano ̶̶̶Le precedenti sono state in Kenya, Repubblica Centrafricana e Uganda (2015), Egitto (2017), Marocco (2019) e Mozambico, Madagascar e Mauritius (2019). ̶ Francesco si recherà anche in Sud Sudan, insieme a Justin Welby, arcivescovo di Canterbury e leader della Chiesa anglicana, e Jim Wallance, moderatore dell'Assemblea generale della Chiesa di Scozia. "Un segno di unità e un esempio per il popolo di mettere da parte le divisioni. Il motto del viaggio dice tutto: "Prego perché tutti siano una cosa sola" (Gv 17). Sarà un viaggio di pace e allo stesso tempo ecumenico", afferma García Marcos.

"Il Mediterraneo, un cimitero freddo".

Il Papa vuole andare a Marsiglia per l'incontro dei vescovi del Mediterraneo, perché è uno dei temi centrali del suo pontificato: trasformare la cultura dello scarto, in questo caso di migranti e rifugiati, in una cultura dell'accoglienza, dell'inclusione e della cura. L'anno scorso l'incontro si è tenuto a Firenze e il Papa ha visitato il capoluogo toscano a febbraio.

Ancora oggi, i media fanno eco al le parole del Santo Padre ad Atene e nel campo profughi di Mitilene, Lesbo (Grecia), alla fine del 2021. Davanti al Partenone e alle autorità greche, ha detto: "Oltre a guardare verso l'alto, il nostro sguardo è rivolto anche verso l'altro. Ci viene in mente il mare, su cui Atene si affaccia e che guida la vocazione di questa terra, situata nel cuore del Mediterraneo, a essere un ponte tra i popoli. 

A LesboCinque anni dopo la sua prima visita, ha aggiunto: "Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre lontane, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande spazio d'acqua, culla di molte civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il "mare nostrum" diventi un desolato "mare mortuum".

GMG di Lisbona

Il 27 gennaio 2019, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù a Panama, il cardinale Kevin Farrell, prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita della Santa Sede, ha annunciato che Lisbona sarà la prossima città ad ospitare l'evento. Inizialmente prevista per l'estate del 2022, la GMG di Lisbona è stata rinviata di un anno a causa della pandemia.

Papa Francesco ha partecipato alle Giornate Mondiali della Gioventù di Rio de Janeiro (2013), Cracovia (2016) e Panama (2019). Il Vaticano non ha ancora confermato la presenza del Romano Pontefice a Lisbona. Tuttavia, è prevedibile che lo farà nei prossimi mesi. È tradizione che il Papa partecipi agli ultimi giorni di questi incontri di massa con i giovani, come è accaduto tante volte con San Giovanni Paolo II e, ad esempio, con Benedetto XVI nel 2011 a Madrid.

Orecchini: Papua Nuova Guinea....

La visita di Papa Francesco in Papua Nuova Guinea (Oceania), e forse in un Paese a metà strada tra il Sud-Est asiatico e l'Australia, come l'Indonesia, è stata rinviata nel 2020 anche a causa della pandemia, e non ci sono particolari notizie che confermino il viaggio del Papa, almeno nel prossimo futuro, ma tutto può succedere. L'Indonesia è un Paese insulare di oltre 200 milioni di persone, l'80% delle quali sono musulmane, anche se non mancano i cristiani, circa l'8%.

La destinazione originaria del viaggio del 2020 era la Papua Nuova Guinea, divenuta indipendente nel 1975 dopo decenni di amministrazione australiana e situata nel nord dell'Australia, occupando la metà orientale dell'isola di Nuova Guinea. In Papua Nuova Guinea vivono molti gruppi etnici e popolazioni rurali e si parlano più di 800 lingue native. Dopo il Sinodo dell'Amazzonia nel 2019 e il viaggio apostolico in Canada nel 2022, il Papa potrebbe recarsi in Papua Nuova Guinea, medici permettendo.

Australia?

Una visita in Oceania potrebbe forse includere uno scalo in Australia, ma questo non è noto. San Giovanni Paolo II si è recato due volte in Australia e il Papa emerito Benedetto XVI ha presieduto una Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney nel 2008, prima di quella di Madrid (2011).

D'altra parte, il 1° novembre è entrata in vigore nell'Australia occidentale una legge denominata "Legge australiana sulla protezione dei diritti del bambino". Proposta di legge di modifica dei servizi comunitari e familiari 2021", che obbliga i sacerdoti a denunciare gli abusi sessuali sui minori, anche se commessi da un sacerdote. manifestarsi sotto il segreto sacramentale della confessione.

L'arcivescovo di Perth, la capitale dello Stato, monsignor Timothy Costelloe SDB, che ha riconosciuto la "storia orribile" degli abusi sessuali sui minori, ha sostenuto la sua opposizione alla recente legge. Sottolinea, tra l'altro, che "i peccati non si confessano al sacerdote ma a Dio" e che il sacerdote "non ha il diritto o l'autorità di rivelare nulla di ciò che accade in questo incontro intimo con Dio".

Speculazione sull'Ucraina

Sul volo di ritorno a Roma dal Kazakistan dopo la sua partecipazione al 7° Congresso dei leader delle religioni e la sua visita al Paese kazako a settembre, il Papa ha detto, in risposta alle domande sull'invasione dell'Ucraina da parte della Russia, che "è difficile parlare con qualcuno che ha iniziato una guerra, ma deve essere fatto".

La domanda è dove e come. All'epoca si era ipotizzato che il Romano Pontefice avrebbe visitato l'Ucraina, ma finora coloro che si sono recati a portare incoraggiamento, coperte e medicine sono i cardinali Konrad Krajewski e Michael Czerny, rispettivamente prefetti dei dicasteri per i Servizi della Carità e dello Sviluppo Umano Integrale.

Il diplomazia Il Vaticano continua a lavorare agli sforzi di mediazione, mentre il Papa lancia appelli urgenti affinché le armi tacciano e torni la pace. La guerra in Ucraina, "insieme ad altri conflitti in tutto il mondo, rappresenta una sconfitta per l'umanità nel suo insieme e non solo per le parti direttamente coinvolte", ha detto il Santo Padre nel suo discorso. Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace il 1° gennaio, che fa riferimento al "ripartire da Covid, per tracciare insieme sentieri di pace", perché "nessuno può salvarsi da solo".

Il suo dolore per la guerra, per tutte le guerre, lo porta a cercare e promuovere la fratellanza umana, come ha fatto in Iraq, Kazakistan e Bahrein, sulla scia di Abu Dhabi. Questa è forse la strada da esplorare nei futuri viaggi papali.

L'autoreFrancisco Otamendi

Famiglia

Consapevolezza di sé e dell'ego

Include il podcast - Vivere con un egocentrico è particolarmente difficile. È necessario un serio esercizio delle virtù per aiutare a reindirizzare questo tipo di atteggiamento, che può essere fatale in qualsiasi relazione umana.

José María Contreras-29 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Ascolta il podcast "Autocoscienza e ego".

Vai al download

Da qualche tempo la parola ego ha assunto un ruolo di primo piano nelle conversazioni più comuni.

Prima non era così. Ricordo la prima volta che mi ci sono imbattuto in una conversazione. Devo aver fatto una faccia strana perché il mio interlocutore ha detto: "Sì, sì, ego, arroganza".

È un termine ormai frequente e ha più "prestigio" della parola "arroganza" perché quest'ultima sembra meno delicata, meno elegante. Tuttavia, in fin dei conti, si tratta della stessa cosa.

Paradossalmente, ci sono persone che sono molto orgogliose del proprio ego, anzi lo ammettono apertamente: "Ho un grande ego", dicono quando glielo si chiede.

Tendono a essere persone inflessibili con una scarsa conoscenza di sé. Non è raro che vi dicano che non si pentono di nulla di ciò che hanno fatto in passato. Questo li porta a essere ingrati. Fanno tutto bene. Non devono nulla a nessuno. Di conseguenza, sono incapaci di chiedere perdono.

Come può una persona dire che non cambierebbe nulla, quando gli esseri umani commettono errori più volte al giorno? Man mano che alimentano il loro ego, aumenta la sfiducia nelle persone che li circondano.

Chiedere scusa per gli errori è una delle caratteristiche della leadership, ma a loro sembra una debolezza, quindi, come abbiamo detto, non si scusano mai. Hanno difficoltà ad amare e a sentirsi amati. Chiedere perdono fa parte dell'amore. Nella coesistenza, spesso è necessario farlo. È umano commettere errori.

Una persona "non umana" produce rifiuto. Hanno una certa incapacità di educare. È probabile che siano molto inflessibili di fronte agli errori degli altri.

Questi egomaniaci hanno la sensazione di fare regolarmente un favore agli altri e questo li rende incapaci, a lungo andare, non solo di amare come abbiamo detto, ma anche di mantenere i loro amori. Le persone con molto ego si disuniscono molto.

A causa della loro mancanza di autoconsapevolezza, bisogna fare attenzione quando si vive insieme, qualsiasi cosa può turbarli. Siete tesi quando li circondate.

È quello che è sempre stato definito una persona arrogante.

 Una persona difficile da vivere e incapace di educare a causa della sua mancanza di consapevolezza di sé.

Nonostante tutto, avere un ego è di moda e, a volte, ben considerato. È vero che è possibile uscire dall'ego: basta acquisire una certa formazione personale e aumentare la conoscenza di sé.

Semplicemente per rendersi conto che l'essere umano è debole e spesso ha bisogno degli altri.

In altre parole, è sufficiente essere nella realtà, in ciò che le cose sono.

Per saperne di più
Letture della domenica

Contemplazione orante. Solennità di Maria, Madre di Dio (A)

Joseph Evans commenta le letture della Solennità di Maria, Madre di Dio (A) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-29 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Iniziamo il nuovo anno sotto la protezione della Vergine Maria, grazie a questa bella festa di Santa Maria, Madre di Dio. E le letture liturgiche cercano di esprimere questa realtà in modi diversi. Il Vangelo ci riporta al Natale menzionando i pastori che "trovarono" la Sacra Famiglia a Betlemme. La fretta dei pastori - letteralmente, "andarono a correre"- contrasta con la pace del bambino "giacere nella mangiatoia". Allo stesso modo, la loro eccitata necessità di parlare - "raccontarono" ciò che l'angelo aveva detto loro - e l'"ammirazione" degli ascoltatori contrasta con la calma contemplazione di Maria, la quale Egli "conservava tutte queste cose, meditandole nel suo cuore". I pastori vanno avanti per la loro strada "dando gloria e lode a Dio".

Attraverso questo testo, la Chiesa ci invita a iniziare un nuovo anno solare con lo spirito contemplativo di Maria e la pace di Gesù Bambino. Egli giace in silenzio, mentre gli altri si affannano e chiacchierano intorno a lui, e Maria, mentre sente e vede ciò che accade, guarda con amorevole adorazione. Come la sua successiva omonima, "Maria ha scelto la parte migliore". (Lc 10, 42).

Pertanto, la Chiesa non si concentra tanto sulla maternità fisica di Maria, quanto sul suo atteggiamento spirituale. Come Gesù, insiste sul fatto che Maria è grande non tanto per la sua maternità biologica, quanto per aver "ascoltato la parola di Dio e averla adempiuta" (cfr. Lc 11,28). Come insegnano diversi Padri della Chiesa, prima di concepire Cristo nel suo grembo, Maria lo ha concepito nel suo cuore. Per questo motivo siamo incoraggiati a iniziare l'anno con un atteggiamento contemplativo. Invece di correre come velocisti olimpici, in un'esplosione di attività, iniziamo con calma e in uno spirito di preghiera. Un buon modo per farlo è considerare le nostre benedizioni, ed è proprio quello che ci invitano a fare le prime due letture e il salmo. 

La prima lettura, tratta dal libro dei Numeri, parla di Aronne e dei sacerdoti ebrei che benedicono il popolo. Il salmo invoca anche le benedizioni di Dio. E la seconda lettura, tratta dalla lettera di San Paolo ai Galati, ci aiuta a considerare la benedizione più grande di tutte: che, attraverso l'incarnazione di Cristo, ci viene offerta la possibilità di diventare figli di Dio. Prendendo in prestito un'altra audace affermazione patristica, possiamo dire con Sant'Atanasio: "Dio si è fatto uomo perché l'uomo diventi Dio". Ed entrambi attraverso Maria. Siamo resi liberi: attraverso la divina maternità di Maria, che è anche nostra Madre, possiamo esclamare: "Abba, papà, padre!".

L'attività è necessaria, con tutti i doveri familiari, sociali, professionali e religiosi che la nostra vita comporta: così il Vangelo mostra Maria e Giuseppe che portano Gesù a farsi circoncidere l'ottavo giorno. Ma oggi la Chiesa ci incoraggia a iniziare l'anno non con l'attività, ma con la contemplazione orante. Non possiamo ricevere un consiglio migliore di questo.

Omelia sulle letture della Solennità di Maria, Madre di Dio (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Documenti

Il Papa invita alla vita spirituale con una lettera dedicata a San Francesco di Sales

Papa Francesco riflette sull'insegnamento di San Francesco di Sales in una lettera apostolica pubblicata in occasione del quarto centenario della morte del santo.

Giovanni Tridente-28 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Nel quarto centenario della morte del vescovo e dottore della Chiesa vissuto in Francia alla fine del XVII secolo, Papa Francesco ha dedicato una riflessione al suo magistero, per trarne insegnamenti per il nostro tempo.

L'esperienza di Dio dell'uomo è totalmente ancorata nel suo cuore; solo contemplando e vivendo l'Incarnazione si può leggere la storia e abitarla con fiducia; chiedersi in ogni momento e circostanza della vita dove si trova "più amore"; coltivare una sana vita spirituale ed ecclesiale; imparare a distinguere la vera devozione attraverso il discernimento; concepire la propria esistenza come un realistico cammino di santità nelle proprie occupazioni quotidiane....

Sono queste le innumerevoli intuizioni che Papa Francesco ha tratto dalla vita e dall'esempio di San Francesco di Sales e che ha donato alla Chiesa di oggi attraverso la Lettera apostolica Totum amoris est. Un testo basato in gran parte sulla Trattato sull'amore di Dio del santo vescovo di Ginevra, vissuto dal 1567 al 1622, pubblicato in occasione del 400° anniversario della sua morte.

In un certo senso, si tratta anche di presentare ai cristiani del nostro tempo l'eredità di questo pastore che ha annunciato il Vangelo fin dalla giovinezza "aprendo nuovi e imprevedibili orizzonti in un mondo in rapida transizione".

Lo stesso "cambiamento" che sta vivendo oggi la Chiesa, chiamata - scrive Francesco - a non essere autoreferenziale, "libera da ogni mondanità", ma allo stesso tempo capace di "condividere la vita della gente, di camminare insieme, di ascoltare e di accogliere", come aveva già detto lo scorso anno ai vescovi e ai sacerdoti incontrati durante il suo viaggio a Bratislava.

Di nobili natali, Francesco di Sales scelse la strada del sacerdozio dopo aver completato gli studi giuridici a Parigi e a Padova. Per le sue doti, fu inviato come missionario nella regione calvinista dello Chablais; fu poi nominato curato del vescovo di Ginevra, al quale succedette dal 1602 al 1622. Il suo apostolato si è sviluppato soprattutto a contatto con il mondo della Riforma, utilizzando un metodo non oppressivo di "...".dialogoIl "Dio del mondo", che ha generato nell'interlocutore il desiderio che Dio sia liberamente accettato.

Non è un caso che nei suoi testi più noti, Trattato e FiloteaSia chiaro che la relazione con Dio è sempre "un'esperienza di gratuità che manifesta la profondità dell'amore del Padre", riflette Papa Francesco nella Lettera.

Totum amoris si ispira inizialmente all'esperienza biografica del Santo Dottore della Chiesa, che tra l'altro è anche il patrono dell'opera di San Giovanni Bosco - non a caso conosciuto come "salesiano" - che da lui ha preso i principi dell'ottimismo, della carità e dell'umanesimo cristiano.

La sintesi del suo pensiero

Papa Francesco inizia chiarendo subito qual è la sintesi del pensiero di San Francesco di Sales, ovvero che "l'esperienza di Dio è un'evidenza del cuore umano", che usa lo stupore e la gratitudine per riconoscere Colui che porta alla profondità e alla pienezza dell'amore in tutte le circostanze della vita.

Un atteggiamento di fede che porta a "una verità che si presenta alla coscienza come una 'dolce emozione', capace di suscitare un corrispondente e irrinunciabile benessere per ogni realtà creata".

Il criterio dell'amore

Il criterio ultimo rimane quello dell'amore, che è il culmine di un desiderio profondo che deve essere messo alla prova attraverso il discernimento, ma anche attraverso "un ascolto attento dell'esperienza" che matura evidentemente attraverso una relazione disinteressata con gli altri. In breve, non c'è dottrina senza l'illuminazione dello Spirito e senza una vera azione pastorale.

Le caratteristiche essenziali della teologia

Pur non avendo mai inteso elaborare un vero e proprio sistema teologico articolato, Papa Francesco riconosce nel santo e mistico francese alcuni tratti essenziali del fare teologia, che si avvalgono di "due dimensioni costitutive": la vita spirituale - "è nella preghiera umile e perseverante, nell'apertura allo Spirito Santo, che si può cercare di comprendere ed esprimere la Parola di Dio" - e la vita ecclesiale - "sentirsi nella Chiesa e con la Chiesa".

Sintesi di Vangelo e cultura

Inevitabilmente, egli attinse anche all'esempio della sua azione pastorale, maturata in circostanze di tempi mutevoli che ponevano grandi problemi e nuovi modi di guardarli, da cui emergeva anche una sorprendente domanda di spiritualità, come nel caso dell'ambiente calvinista che dovette affrontare come missionario nello Chablais.

"L'incontro con queste persone e la presa di coscienza delle loro domande fu una delle circostanze provvidenziali più importanti della sua vita", scrive il Pontefice. Tanto che quella che inizialmente sembrava un'impresa inutile e infruttuosa si trasformò in una "sintesi feconda" tra "Evangelizzazione e cultura", "da cui trasse l'intuizione di un metodo autentico, maturo e chiaro per un raccolto duraturo e promettente", capace di interpretare i tempi che cambiano e di guidare le anime assetate di Dio. Questo, del resto, era anche lo scopo del suo Trattato.
Che cosa ha da insegnare San Francesco di Sales ancora oggi? Papa Francesco nella sua Lettera apostolica Totum Amoris Est evidenzia "alcune delle sue decisioni cruciali è importante anche oggi, per vivere il cambiamento con saggezza evangelica".

Relazione tra Dio e l'uomo

Innanzitutto, è fondamentale ripartire dalla "felice relazione tra Dio e l'essere umano", per rileggerla e proporla a ciascuno secondo la propria condizione, senza imposizioni esterne o forze dispotiche e arbitrarie, come spiegava San Francesco nella sua Trattato. Piuttosto, scrive il Papa, occorre "la forma persuasiva di un invito che mantenga intatta la libertà dell'uomo".

Vera devozione

Bisogna anche imparare a distinguere la vera devozione dalla falsa devozione, in cui spesso ci si sente appagati e "arrivati", dimenticando invece che essa è piuttosto una manifestazione della carità e conduce ad essa: "è come una fiamma rispetto al fuoco: ne ravviva l'intensità, senza cambiarne la natura". Non si può essere devoti, insomma, senza la concretezza dell'amore, un "modo di vivere" che "raccoglie e interpreta le piccole cose di ogni giorno, il cibo e il vestito, il lavoro e il riposo, l'amore e la prole, l'attenzione agli obblighi professionali", illuminando così la propria vocazione.

L'estasi dell'azione vitale

Il culmine di questo impegno d'amore per ogni uomo si traduce in quella che il santo vescovo definisce "l'estasi del lavoro e della vita", che emerge dalle "pagine centrali e più luminose della Trattato", come li chiama Papa Francesco.

È un'esperienza "che, di fronte a tutta l'aridità e alla tentazione di ripiegarsi su se stessa, ha ritrovato la fonte della gioia", una risposta vera anche al mondo di oggi, invaso dal pessimismo e dai piaceri superficiali. Il segreto di questa estasi sta nel saper uscire da se stessi, il che non significa abbandonare la vita ordinaria o isolarsi dagli altri, perché "chi presume di elevarsi verso Dio, ma non vive la carità verso il prossimo, inganna se stesso e gli altri".

Il mistero della nascita di Gesù

Anche Papa Francesco ha dedicato l'udienza generale del mercoledì al santo vescovo e dottore della Chiesa, soffermandosi in particolare su alcuni suoi pensieri sul Natale, tra cui quello affidato a Santa Jeanne-Françoise de Chantal - con la quale, tra l'altro, ha fondato l'istituto della Visitandina: "Preferisco cento volte vedere il caro Bambinello nella mangiatoia, piuttosto che tutti i re sui loro troni".

E infatti il Santo Padre ha riflettuto: "Il trono di Gesù è il presepe o la strada, durante la sua vita quando predicava, o la croce alla fine della sua vita: questo è il trono del nostro Re", "la strada della felicità".

L'autoreGiovanni Tridente

Vaticano

Il Papa chiede preghiere per Benedetto XVI, che "è molto malato".

Questa mattina, al termine dell'udienza del mercoledì, il Santo Padre Papa Francesco ha chiesto una preghiera speciale per Benedetto XVI, "che nel silenzio sostiene la Chiesa" e "è molto malato". La Santa Sede aggiunge che c'è stato "un peggioramento" del suo stato di salute.

Francisco Otamendi-28 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha ricordato oggi il suo predecessore Benedetto XVI, avvertendo che è molto malato e chiedendo di pregare per lui. Ha dato la notizia al termine dell'udienza generale di oggi.

"Chiediamo al Signore di consolarlo e sostenerlo in questa testimonianza di amore per la Chiesa, fino alla fine", ha aggiunto Papa Francesco al termine della tradizionale udienza del mercoledì, che oggi è stata dedicata a San Francesco di Sales, nel quarto centenario della sua morte.

Pochi minuti dopo, il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha dichiarato: "Per quanto riguarda lo stato di salute del Papa emerito, per il quale Papa Francesco ha chiesto preghiere al termine dell'udienza generale di questa mattina, posso confermare che nelle ultime ore c'è stato un peggioramento dovuto all'avanzare dell'età. Per il momento la situazione rimane sotto controllo, costantemente monitorata dai medici".

La Sala Stampa della Santa Sede riferisce inoltre che "al termine dell'udienza generale, Papa Francesco si è recato al monastero Mater Ecclesiae per visitare Benedetto XVI. Ci uniamo a lui nella preghiera per il Papa emerito".

D'altra parte, secondo l'agenzia ufficiale vaticana, le parole testuali di Papa Francesco sono state: "Vorrei chiedere a tutti voi una preghiera speciale per il Papa Emerito Benedetto, che sta sostenendo silenziosamente la Chiesa. Ricordatevi di lui - è molto malato - chiedendo al Signore di confortarlo e di sostenerlo in questa testimonianza di amore per la Chiesa, fino alla fine".

La salute di Benedetto XVI è stata stabile negli ultimi tempi, ma le sue condizioni sono molto fragili e le parole del Papa hanno destato ulteriore preoccupazione. Il segretario personale di Benedetto XVI, l'arcivescovo Georg Gänswein, ha detto in diverse occasioni quest'anno che "è fragile, ma sta bene".

Negli ultimi anni, il Papa emerito è stato assistito, secondo la stessa agenzia, dalle donne consacrate dell'Associazione. Memores Domini e da monsignor Georg Gänswein, che negli anni ha sempre parlato di una vita dedicata alla preghiera, alla musica, allo studio e alla lettura.

Benedetto XVI è nato il 16 aprile 1927, è stato eletto Papa il 19 aprile 2005 nel conclave seguito alla morte di San Giovanni Paolo II, si è dimesso il 28 febbraio 2013 e ha festeggiato il suo 95° compleanno il Sabato Santo. Da quando si è dimesso ha risieduto nel monastero Mater Ecclesiae all'interno del Vaticano.

In numerose occasioni, aggiunge Vatican News, Papa Francesco ha parlato del legame con il suo predecessore, che ha chiamato "padre" e "fratello" all'Angelus del 29 giugno 2021, in occasione del 70° anniversario dell'ordinazione sacerdotale di Ratzinger. Inoltre, fin dall'inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha iniziato la "tradizione" dell'incontro con il Papa emerito, a partire dalla prima storica visita del neoeletto Pontefice, che è arrivato in elicottero alla residenza di Castel Gandolfo, dove il suo predecessore ha soggiornato per qualche settimana prima di trasferirsi nel monastero. Mater Ecclasiae.

Alla vigilia delle festività natalizie o pasquali, o in occasione dei concistori con i nuovi cardinali, Papa Francesco non ha mai voluto far mancare un gesto di vicinanza e cortesia e venire al monastero vaticano per salutarlo ed esprimergli gli auguri.

L'autoreFrancisco Otamendi

Per saperne di più
Vaticano

Papa Francesco: "La mangiatoia è il trono del nostro Re".

Il Papa ha dedicato l'udienza generale di oggi a San Francesco di Sales e alle sue riflessioni sul Natale, a causa della lettera apostolica che sarà pubblicata oggi per il quarto centenario della morte del santo.

Paloma López Campos-28 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha iniziato la sua udienza generale congratulandosi con i fedeli riuniti in Aula Paolo VI per il Natale. All'inizio ha ricordato che "questo tempo liturgico ci invita a soffermarci e a riflettere sul mistero del Natale e, poiché oggi ricorre il quarto centenario della morte della Vergine Maria, siamo invitati a riflettere sul mistero della San Francesco di SalesPossiamo trarre ispirazione da alcuni dei suoi pensieri".

Per questo ricordo del santo, il Papa ha annunciato che oggi "viene pubblicata una lettera apostolica per commemorare questo anniversario". Il titolo è Tutto appartiene all'amoreper prendere a prestito un'espressione caratteristica del santo vescovo di Ginevra".

Seguendo il Dottore della Chiesa, Francesco ha voluto "approfondire il mistero della nascita di Gesù in compagnia di San Francesco di Sales".

Tenendo conto degli scritti del vescovo di Ginevra, il Santo Padre ha iniziato analizzando l'elemento della mangiatoia in cui è nato Gesù. "L'evangelista Luca, nel raccontare la nascita di Gesù, insiste molto sul dettaglio della mangiatoia. Questo significa che è molto importante, non solo come dettaglio logistico, ma come elemento simbolico per capire che tipo di Messia è quello nato a Betlemme, che tipo di Re, chi è Gesù".

"Guardando il presepe, guardando la croce, guardando la sua vita di semplicità, possiamo capire chi è Gesù. Gesù è il Figlio di Dio che ci salva, diventando uomo come noi. Spogliandosi della sua gloria e umiliandosi. Questo mistero lo vediamo concretamente nel punto centrale del presepe, cioè nel Bambino".

Questo umile dettaglio del presepe ci avvicina al modo di agire di Dio. Così, Francesco dice: "Non dimentichiamolo mai. La via di Dio è la vicinanza, la compassione e la tenerezza. 

La conseguenza di questo stile del Padre è che "Dio non ci prende con la forza, non ci impone la sua verità e la sua giustizia, non fa proselitismo. Vuole attrarci con amore, tenerezza e compassione".

Per tutto questo, Francesco afferma che "Dio ha trovato i mezzi per attrarci, chiunque siamo, con l'amore". Non un amore possessivo ed egoista".

L'amore di Dio "è puro dono e pura grazia". È tutto e solo per noi, per il nostro bene. È così che ci attrae, con questo amore disarmato e persino disarmante. Ma quando vediamo questa semplicità di Gesù, gettiamo via anche tutte le nostre armi, il nostro orgoglio.

Continuando la sua analisi della nascita di Cristo, Francesco ritiene che "un altro aspetto che risalta nel Presepe è la povertà". Non si tratta di una povertà esclusivamente materiale, ma, dice il Papa, deve essere "intesa come rinuncia a ogni vanità mondana".

Conoscere questo mistero di povertà ci permette di comprendere meglio il significato dell'autentico Natale. Il Papa avverte che c'è un Natale che è "la caricatura mondana che lo riduce a una celebrazione kitsch e consumistica". È necessario festeggiare, ma questo non è il Natale. Il Natale è un'altra cosa. L'amore di Dio non è dolce. Il presepe di Gesù ce lo dimostra. L'amore di Dio non è una bontà ipocrita che nasconde la ricerca di piaceri e comodità".

Ispirandosi a una lettera scritta da San Francesco di Sales prima della sua morte, il Papa conclude dicendo che "c'è un grande insegnamento che ci viene da Gesù Bambino attraverso la saggezza di San Francesco di Sales. Non desiderare nulla e non rifiutare nulla, accettare tutto ciò che Dio ci manda. Ma attenzione. Sempre e solo per amore. Perché Dio ci ama e vuole sempre e solo il nostro bene".

Zoom

Ucraina: Natale nel bunker

Soldati ucraini celebrano la cena di Natale in una località non specificata dell'Ucraina. La foto è stata diffusa dal servizio stampa delle Forze armate dell'Ucraina il 25 dicembre 2022.

Maria José Atienza-28 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Chiedere una preghiera

Se c'è una cosa che ho capito è che la preghiera ci rende davvero una famiglia. Ci rende famiglia in Dio.

28 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Qualche anno fa, Miguel Ángel Robles ha pubblicato su ABC un articolo antologico dal titolo Pregate per me. Quell'articolo è ancora uno di quelli che continuano a segnare il mio profilo professionale e personale. Non ho ancora finito di scrivere queste righe quando mi arriva tra le mani la seconda parte di questo articolo.

In questi giorni, posso dire di aver sperimentato in prima persona le parole di Robles: "Pregare non fa miracoli, o fa miracoli, non lo sapremo mai, ma offre consolazione a colui che prega e a colui per il quale si prega. La preghiera non è mai inutile, perché conforta sempre".

Come molti a Madrid, qualche giorno fa, tra canti natalizi e lotterie, abbiamo ricevuto la gelida notizia dell'incidente in cui hanno perso la vita due giovani fratelli. Erano buoni figli, amici dei loro amici e anche amici di Dio. Forse non li conoscevamo, ma erano vicini.

Insieme alla triste notizia, la sua famiglia, i credenti, ci hanno chiesto di pregare. Ho trasmesso la richiesta a chi conoscevo e anche, quasi senza pensarci, ho chiesto di pregare attraverso un social network: di pregare per loro, per la loro famiglia..., alla fine, per tutti. Perché, se c'è una cosa che ho capito grazie a queste migliaia di persone, è proprio questa, migliaiaIl messaggio delle persone che hanno detto una, forse piccola, preghiera per loro, è che, in effetti, la preghiera ci rende famiglia. Ci rende famiglia in Dio.

Non è che Diego e Alex "potrebbero essere" i miei fratelli, ma è solo che erano i miei fratelli..., e i miei cugini e i miei zii, e i miei amici. Erano te e erano me.

Ho capito che ci sono molte più persone buone di quanto a volte pensiamo. Quelle migliaia di persone sconosciute, provenienti da luoghi sconosciuti a molti di noi, cristiani e di altre confessioni, hanno dedicato un momento della loro vita non solo a pensare, ma a pregare, per quei bambini, per quella madre e quel padre, per quei fratelli e sorelle e amici.

Non so voi, ma io, che credo in quella che chiamano la Comunione dei Santi, ho avuto la fortuna di sperimentarla, nella sua versione 3.0 più autentica.

Continuerò a chiedere preghiere. Sono sicuro che lo farò. Non so se da una parte o dall'altra; se per strada o in rete, con segnali di fumo o con una canzone. Continuerò a chiedere preghiere senza complessi e a mettere sveglie sul mio cellulare per pregare per chi le chiede perché, con la preghiera, con questo metterci davanti a un Dio che forse a volte non capiamo, io e voi saremo sempre migliori.

L'autoreMaria José Atienza

Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.

Per saperne di più
Ecologia integrale

Ricardo Martino: "C'è ancora molto da fare nelle cure palliative".

Che cosa significa la malattia per i bambini? Qual è l'impatto sulle famiglie? Come entra in gioco la presenza di Dio in queste situazioni critiche? Abbiamo intervistato Ricardo Martino, responsabile della sezione di cure palliative pediatriche dell'Ospedale pediatrico Niño Jesús, su questi temi.

Paloma López Campos-28 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Ricardo Martino è il responsabile della Sezione di Cure Palliative Pediatriche dell'Istituto di Ricerca per la Salute e l'Educazione. Ospedale Infantile Niño Jesús. È dottore in medicina, specializzato in pediatria e promotore di vari progetti di sensibilizzazione alle cure palliative. Per tutti questi motivi, è consulente del Ministero della Salute su questi temi. In Omnes ha parlato delle implicazioni della malattia per i bambini, dell'impatto sulle famiglie e della presenza di Dio in queste situazioni critiche.

Ricardo Martino in una foto dell'UNIR

È difficile vedere l'innocenza dei bambini ferita dalla malattia, al punto che i piccoli finiscono in cure palliative. Come si affronta una simile realtà?

- Per una famiglia è la cosa peggiore che possa capitare. In effetti, non esiste un termine in inglese per descrivere lo stato permanente di perdita di un figlio. Si può essere vedovi o orfani, ma fino ad ora non abbiamo dato una spiegazione a questo fatto. Questo evento irrompe nella vita di un bambino e ne tronca il futuro, o il futuro che pensavamo avesse.

La malattia non è una realtà che colpisce solo il paziente, tutta la famiglia ne soffre con i figli. Come ci si prende cura di tutti i membri della famiglia?

- La vita dell'intera famiglia ne risente. La vita coniugale dei genitori viene sconvolta e possono perdere il lavoro per occuparsi del bambino; i fratelli passano in secondo piano e perdono il loro ruolo, i nonni soffrono e vengono coinvolti nelle cure di tutti... Noi ci occupiamo del bambino e insegniamo alla famiglia come fornire le cure di cui ha bisogno. Li aiutiamo anche ad affrontare la situazione e li sosteniamo dopo il decesso. Ciò richiede un'équipe che comprende medici, infermieri, assistenti sociali, psicologi, un accompagnatore spirituale, farmacisti, fisioterapisti...

Si può trovare Dio in mezzo a tanta sofferenza?

- Tutti hanno una dimensione spirituale. Affrontare la morte o la morte di un figlio o di un fratello tocca l'intera persona. Lo spirito aiuta a far fronte alla situazione. Le persone che hanno una fede hanno più risorse per accettare la situazione. Dio è presente, anche se a volte suscita "rabbia" per ciò che è accaduto. Spesso troviamo la dolcezza di un Dio provvidente e misericordioso nel modo in cui gli eventi si verificano e nella pace del cuore che molte famiglie sperimentano alla morte del proprio figlio.

Come si parla ai bambini e alle loro famiglie di un buon Padre?

- Le più importanti sono le "esperienze del bene" che i bambini fanno, anche prima di essere in grado di comprendere il fatto religioso o la persona di Dio. Essere amati, perdonati, festeggiati... Sono esperienze che si possono fare a qualsiasi età e che costituiscono il substrato necessario per poter comprendere l'azione di Dio come Padre buono.

Esiste un conforto spirituale per i bambini e le loro famiglie in queste situazioni? complicato?

- C'è conforto se c'è accettazione. E l'accettazione non presuppone la comprensione. Se viene compreso aiuta, ma questo è molto difficile da capire. Quello che si può fare è accettare anche se non si capisce. Per elaborare il lutto in modo sano è necessario lavorare sulla gestione e sull'accettazione.

Oltre alle cure mediche altamente specializzate, di cosa hanno più bisogno i bambini in cure palliative e di cosa hanno più bisogno i familiari?

- Devono essere considerati e trattati come persone. In questo modo si tiene conto di ciò che è importante per loro, al di là della malattia stessa. Il bene della persona è più importante di ciò che le accade a causa della sua malattia. Inoltre, ciò che è bene per il paziente cambia nel tempo a seconda dell'evoluzione della sua malattia, dei suoi limiti, delle sue aspettative e delle sue possibilità di risposta al trattamento. Anche i familiari devono essere accolti, accettati e accompagnati dai professionisti, che agiscono senza pregiudizi e cercano di tenere conto di ciò che è importante per loro, purché non prevalga sul bene del bambino.

Quanti bambini in Spagna hanno bisogno di cure palliative e pensa che le autorità investano a sufficienza per soddisfare le esigenze di così tanti bambini?

- In Spagna ci sono 25.000 bambini che necessitano di cure palliative. Più di 80% non lo ricevono. Ma oggi non c'è equità nell'erogazione delle cure. Dipende da dove si vive e dalla malattia che si ha. E questo nonostante il fatto che, almeno dal 2014, le raccomandazioni del Ministero della Salute sul da farsi siano chiare.

Qual è la situazione delle cure palliative pediatriche in Spagna rispetto all'Europa?

- Da un lato, ciò non è negativo perché sempre più squadre vengono gradualmente create, soprattutto grazie alla motivazione e all'impegno dei professionisti. D'altra parte, però, mancano istituzioni sociali e sanitarie, come per gli adulti, che forniscano supporto in queste fasi della vita. Inoltre, la formazione richiesta non è riconosciuta e viene fornita attraverso studi post-laurea.

Cosa manca in questo campo?

- Manca il riconoscimento sociale di questa realtà. Ci sono bambini che muoiono. Molti dopo anni di evoluzione della malattia. Tutta la famiglia ne risente. Nelle cure palliative pediatriche, il tempo è contro il tempo. Invecchiare di mesi o di anni significa peggiorare e avvicinarsi alla morte. Per un gran numero di pazienti, il compimento del diciottesimo anno di età rappresenta un salto nel buio, poiché il sistema è rigido e l'età ha la precedenza sulle caratteristiche cliniche del paziente al fine di fornirgli le cure di cui ha bisogno. Ci sono bambini di 20 anni che pesano 20 chili, che sono in pannolino dalla nascita e hanno bisogno di essere curati, nutriti e mobilitati. C'è ancora molto da fare.

Per saperne di più
Evangelizzazione

Nolan Smith: "Amo la mia fede. Voglio far parte della chiesa, partecipare alle sue attività".

Nolan Smith ha fatto parte del gruppo di persone che hanno dato voce alla comunità di persone con diverse disabilità nella Chiesa attraverso il documento La Chiesa è la nostra casa. Questo giovane con la sindrome di Down mostra, insieme alla sua famiglia, la sfida della piena integrazione delle persone con diverse disabilità all'interno della Chiesa. 

Maria José Atienza-27 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

A 22 anni, Nolan Smith vive a Lawrence, in Kansas, e attualmente fa parte del gruppo dei Programma di transizione verso l'istruzione post-secondaria dell'università del Kansas e studia Educazione della prima infanzia. Fin dalla nascita, ha condiviso la vita di fede nella sua casa. La sua partecipazione alla vita parrocchiale ha anche aperto nuove strade nella sua comunità.

Nolan ha partecipato allo sviluppo del documento. La Chiesa è la nostra casa. Insieme al padre, Sean Joseph, ha rilasciato un'intervista a Omnes per parlare della sua esperienza. Un'esperienza che mette in luce la ricchezza che queste persone portano alla comunità, la loro disponibilità a offrire i loro talenti e il sostegno della loro famiglia nella vita di fede. 

Nolan, come hai vissuto la tua fede a casa, in famiglia, con gli amici?

-Ho vissuto la mia fede a casa in molti modi. Per prima cosa, come famiglia, preghiamo. Abbiamo pregato durante i pasti e anche la sera. Abbiamo anche aiutato la comunità e la parrocchia come una famiglia. I miei genitori dicono che fare questo aiuta gli altri ed è ciò che Dio vorrebbe. Cerco di essere una brava persona. Cerco di condividere con gli altri. Voglio assicurarmi che i miei amici sappiano di essere speciali. Ci tengo a loro e voglio renderli felici. Se posso aiutarli in qualche modo, lo faccio. Ho pregato anche con mia nonna. Ha vissuto vicino a noi negli ultimi quattro anni della sua vita. Ogni sera andavo a casa sua, mio padre ci portava la cena e mangiavamo entrambi. Poi suonavamo musica e recitavamo anche il rosario.

Sean, come padre di Nolan, qual è la sua prospettiva su questa esperienza?

-Nolan è uno dei nostri quattro figli. Come i suoi fratelli, ha partecipato all'educazione religiosa, ai sacramenti, alle preghiere a casa e all'educazione attraverso la Chiesa. Come famiglia, partecipiamo alla messa. È stato chiesto loro di aiutare la Chiesa in vari eventi, comprese le attività parrocchiali. 

I nostri figli più piccoli frequentavano la scuola parrocchiale. Nolan e la sorella maggiore non l'hanno fatto perché a Nolan non è stato permesso di partecipare. Ora accettano ed educano i bambini con la sindrome di Down.

Ora sei un giovane uomo, Nolan, come partecipi alla tua comunità parrocchiale? 

-Ho aiutato la mia chiesa in vari modi. Ho servito come chierichetto, ho aiutato nell'insegnamento dell'educazione religiosa con mio padre e in questo momento sono un lettore. Ho anche aiutato con la recita della vigilia di Natale per i bambini e ho anche decorato la chiesa a Natale e a Pasqua.

 Avete trovato difficile o facile vivere la vostra fede?

-Amo la mia fede. Mia nonna era molto speciale per me e mi ha anche aiutato a conoscere Dio. Mi manca, ma sento che mi ha aiutato a vivere la mia fede. Andare in chiesa e conoscere Dio fa parte delle nostre attività familiari. Quindi, è abbastanza facile vivere la mia fede.

Lei è stato uno dei partecipanti alla riunione del Dicastero che ha portato al documento. La Chiesa è la nostra casaCom'è stata la vostra partecipazione all'incontro?

-Era buono. Ho avuto l'opportunità di presentarmi e di ascoltare gli altri: chi erano e da dove venivano. Il primo incontro attraverso lo zoom è stato un incontro per conoscersi. Mi è piaciuto ascoltare il traduttore e mi ha sorpreso vedere tutte le lingue parlate. Ci è stato dato il compito di completare un libretto. Mio padre e io abbiamo scritto ciò che pensavamo della Chiesa, ciò che vedevamo della visione della Chiesa per le persone con disabilità e simili. Poi ci hanno fatto un riassunto di ciò che avevano imparato. 

Cosa chiedete alla Chiesa?

-Voglio far parte della Chiesa. Farne parte significa poter partecipare alla messa. Ma anche per partecipare alle attività della chiesa, agli eventi sociali, all'apprendimento e ad altri eventi. Prima della pandemia, andavo a un evento organizzato da un sacerdote la domenica dopo la messa. Ci andavo con mia nonna, prendevamo un rinfresco e ascoltavamo il sacerdote che parlava delle letture e di altre cose della chiesa. Facevo parte di questo gruppo e questo era importante. Cose del genere sono importanti per me.

Pensa che ci sia un cambiamento di mentalità all'interno della Chiesa nella cura pastorale delle persone con disabilità? 

-[Nolan] Non lo so. So di essere parte della mia parrocchia. Ho potuto fare tutto quello che volevo fare. Ho potuto partecipare come i miei fratelli. Mio padre dice che la scuola cattolica non mi accettava, ma ora insegnano ai bambini con la sindrome di Down. Quindi è una buona cosa.

-[Sean Joseph] Penso che la Chiesa sia stata più lenta della società. Faccio parte del nostro comitato per la disabilità. L'obiettivo attuale della parrocchia e dell'arcidiocesi è l'accesso. Accesso nel senso che dobbiamo fornire un accesso di base alla Chiesa e ai sacramenti. La società parlava di accesso e di accesso di base 40 anni fa. Oggi la società parla e facilita l'inclusione significativa. Inclusione, in cui le persone con disabilità fanno parte della comunità, sono incluse nelle attività tipiche (ad esempio, servire all'altare, essere un lettore, la scuola parrocchiale) e sono membri contribuenti della società. Purtroppo, a volte la Chiesa si limita a parlare di come costruire rampe negli edifici, di come fornire supporti audio alle persone sorde. Non parlano delle esigenze delle persone con disabilità intellettiva o autismo. Non si concentrano sulle disabilità dello sviluppo, su cui la società è molto concentrata. 

Purtroppo, direi che guardano le cose da una prospettiva del XX secolo, mentre siamo nel terzo decennio del XXI secolo.

A La Chiesa, la nostra casa Sottolinea che anche le persone con disabilità sono chiamate a dare. Cosa portano alla comunità ecclesiale?

-[Nolan] Beh, prima di tutto, sono una persona. L'idea che io sia una persona bisognosa è un problema. Se la Chiesa si apre e vengono offerti accomodamenti ragionevoli, posso farne parte. 

Non trattatemi come una persona diversa, che deve essere compatita o di cui si ha bisogno. In questo modo trattiamo le persone con disabilità in modo diverso. Ho tre fratelli. Non trattatemi in modo diverso dai miei fratelli solo perché ho una disabilità. 

La Chiesa deve imparare da ciò che la società ha imparato. Posso contribuire come chiunque altro. Sono stato un chierichetto. Ora sono un lettore. Posso partecipare al coro. Ho aiutato a insegnare la scuola domenicale. Datemi solo una possibilità e qualche sostegno (quando necessario) e farò la mia parte.

Se mi trattano in modo diverso perché ho la sindrome di Down o mi impediscono di aiutare perché ho la sindrome di Down, è sbagliato.

- [Sean Joseph] Nolan fa parte della parrocchia. È un membro e un membro attivo. Ora, direi che questo è stato inizialmente dovuto alle mie aspettative e al mio sostegno. Per esempio, l'ho aiutato a essere formato come chierichetto e ho anche facilitato la sua partecipazione a questo processo. Anche suo fratello lo aiutava quando erano insieme all'altare. Sono anche responsabile dei lettori e quindi l'ho istruito. 

La comunità parrocchiale, quando ha partecipato a queste attività, è stata accolta molto bene. Sono stati di grande sostegno e hanno appoggiato la sua partecipazione in tutta la parrocchia. Lo considerano un comportamento tipico di Nolan. 

Tuttavia, ho visto che altre persone con disabilità non sono così incluse. Quindi la parrocchia ha del lavoro da fare. Perché? Perché le persone con disabilità possono e devono partecipare in condizioni di parità alla comunità ecclesiale. 

Siamo tutti figli di Dio e quando li trattiamo come tali (ad esempio offrendo sostegno, creando una struttura e un clima di inclusione, vedendo ognuno prima come una persona, non come una disabilità e poi come una persona), possiamo facilmente includerli nella nostra Chiesa.

Evangelizzazione

Una nuova sfida per la Chiesa

La piena integrazione delle persone con disabilità nella vita della Chiesa viene presentata come una "una nuova sfida per la Chiesa". e per la società. È quanto afferma Antonio Martínez-Pujalte, dottore in Giurisprudenza presso l'Università di Valencia e professore di Filosofia del Diritto presso l'Università Miguel Hernández di Elche.  riflette su questo lavoro in Omnes. 

Antonio-Luis Martínez-Pujalte-27 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha recentemente pubblicato un interessante documento, La Chiesa è la nostra casaIl risultato della partecipazione al viaggio sinodale di un gruppo di persone con disabilità provenienti da diversi Paesi dei cinque continenti.

Si tratta di un documento particolarmente significativo, soprattutto nella misura in cui rappresenta l'assunzione del nuovo paradigma auspicato dalla Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità - anche se non viene espressamente citato - che deve riflettersi anche nella Chiesa.

Un nuovo paradigma che implica il superamento della tradizionale visione assistenziale che considerava le persone con disabilità solo come destinatari passivi dell'assistenza che altri dovevano fornire loro, per affermarle come protagonisti a pieno titolo della vita sociale, che devono esercitare i loro diritti e le loro responsabilità su un piano di parità con tutte le altre persone.

Caratteristica del nuovo paradigma è anche quella di sottolineare l'individualità delle persone con disabilità, lontana da qualsiasi pregiudizio o stereotipo: le persone con disabilità non sono migliori o peggiori di altre.

Non sono, come talvolta si è pensato nella Chiesa, né peccatori né esseri angelici benedetti dalla loro sofferenza: sono persone normali, con le loro qualità e i loro difetti, con i loro desideri e le loro preferenze, che meritano lo stesso rispetto di tutte le altre persone.

È chiaro che il vecchio paradigma è stato e continua ad essere presente nella vita della Chiesa, così come nell'intera società che la circonda. Il documento si riferisce in questo senso all'atteggiamento paternalistico che ha presieduto al modo di guardare alle persone con disabilità, che ci ha portato addirittura a vederle come già sante o "Cristi in croce" a causa della loro condizione di disabilità, dimenticando che sono, come tutti gli altri cristiani, semplici credenti bisognosi di conversione. Egli cita alcune manifestazioni concrete di esclusione, principalmente due: la negazione dei sacramenti alle persone con disabilità, che avviene per una serie di motivi.dal pregiudizio sulla capacità di comprendere la natura del sacramento, all'inutilità di offrire la riconciliazione a chi già espia i propri peccati con la propria sofferenza, al pregiudizio sulla capacità di esprimere un consenso definitivo, alla mancanza di un approccio pastorale profondo che utilizzi tutti i sensi per facilitare la comunicazione"e la segregazione di molte persone con disabilità in istituti di assistenza, non di rado gestiti da enti ecclesiastici, dove i loro desideri non sono presi in considerazione e i diritti e le libertà fondamentali sono spesso limitati.

È necessario un cambiamento di mentalità. E non perché è di moda, perché è politicamente corretto o perché lo indica la Convenzione sui diritti delle persone con disabilità. Al contrario, si tratta di assumere il significato profondo della dignità intrinseca di ogni essere umano - e, nella Chiesa, di ogni fedele - che esige la piena affermazione della loro radicale uguaglianza e, di conseguenza, la garanzia dell'uguale partecipazione di tutti e dell'uguale esercizio dei loro diritti.

Questo paradigma ha conseguenze molto concrete: ad esempio, per quanto riguarda l'accesso delle persone con disabilità intellettiva alla comunione sacramentale, il nuovo paradigma si opporrebbe a negare la comunione alle persone con disabilità intellettiva sul presupposto di un insufficiente grado di discernimento, come spesso è stato fatto, e richiederebbe di cercare di offrire loro la spiegazione del sacramento che sia accessibile, tenendo anche presente che, come ha già sottolineato Benedetto XVI nell'Esortazione apostolica Sacramentum Caritatis (n. 58), indipendentemente dal loro grado di comprensione, ricevono il sacramento nella fede della Chiesa.

Il nuovo paradigma deve manifestarsi anche nel linguaggio, che non è banale, in quanto contribuisce alla diffusione di una nuova mentalità o alla perpetuazione di quella vecchia: in questo senso, è necessario evitare qualsiasi denominazione che sostanzia la disabilità, e mettere sempre al primo posto la condizione della persona. Da qui l'appropriatezza dell'espressione "persone con disabilità". E dobbiamo anche evitare di equiparare la disabilità alla sofferenza: la disabilità è una condizione della persona, che di per sé non genera necessariamente sofferenza - in molti casi, anzi, stimola il desiderio di superarla - e che nella stragrande maggioranza dei casi è pienamente compatibile con la gioia e una vita dignitosa e felice. 

Inoltre, affinché le persone con disabilità possano esercitare pienamente i propri diritti e responsabilità all'interno della Chiesa, l'accessibilità è un requisito imprescindibile, ovvero la condizione che edifici, spazi, prodotti e servizi devono avere per poter essere utilizzati da tutte le persone a parità di condizioni e nel modo più indipendente possibile. Come sottolinea il documento, si tratta di una questione ancora irrisolta, a partire dalla frequente esistenza di barriere fisiche per l'accesso alle chiese da parte delle persone a mobilità ridotta. 

Ma l'accessibilità non significa solo accessibilità fisica: non c'è accessibilità all'istruzione per i non vedenti, ad esempio, se non ci sono testi scritti in Braille; l'accessibilità per le persone sorde non è garantita se non ci sono interpreti della lingua dei segni nelle celebrazioni liturgiche e se non ci sono confessori in grado di ascoltare le confessioni nella lingua dei segni; o non c'è accessibilità per le persone con disabilità intellettiva se non si usano testi di facile lettura o se le omelie non usano un linguaggio chiaro, semplice e accessibile a tutti (che, peraltro, non gioverebbe solo alle persone con disabilità intellettiva).

Il documento chiede anche la piena partecipazione delle persone con disabilità alla vita e al governo della Chiesa. In particolare, dovrebbero essere coinvolti negli organismi che si occupano specificamente di disabilità. "Nulla per le persone con disabilità senza persone con disabilità".Questo motto, che ha guidato la maggior parte dei movimenti per la disabilità per più di cinquant'anni, si riflette anche nel testo ed è del tutto ragionevole, poiché sono le persone con disabilità a conoscere meglio le proprie esigenze e richieste.

Siamo quindi di fronte a una nuova sfida per la Chiesa: la piena inclusione delle persone con disabilità nella sua azione pastorale. E l'obiettivo non è, ovviamente, che ci sia una pastorale specializzata per le persone con disabilità, né tanto meno una pastorale specializzata per i diversi tipi di disabilità, ma che si presti attenzione alle persone con disabilità nella pastorale ordinaria della Chiesa. 

Tuttavia, per raggiungere questo obiettivo, credo che sarebbe molto necessario creare, ai diversi livelli di governo, sezioni o organismi specificamente dedicati alla disabilità (delegazioni episcopali nelle diocesi, almeno nelle diocesi più importanti, commissioni nelle conferenze episcopali, ecc.), poiché c'è molto lavoro da fare: l'accessibilità deve essere promossa nei diversi ambiti, il nuovo paradigma di cui abbiamo parlato in queste righe deve essere trasmesso a tutti i sacerdoti e anche ai laici, ecc.

Ma è una sfida entusiasmante che, oltre a essere parte integrante della nuova evangelizzazione, sarà un messaggio chiaro e vivo contro la "cultura dell'usa e getta" così spesso denunciata da Papa Francesco.

In definitiva, includere le persone con disabilità non significa altro che assumere le piene conseguenze dell'universalità della redenzione di Cristo.

A questo proposito, il documento cita giustamente la frase di Gaudium et Spes, n. 22: "Il Figlio di Dio con la sua incarnazione si è unito in un certo senso a ogni essere umano". Gesù Cristo è stato unito anche alla disabilità, che è una caratteristica della condizione umana.

L'autoreAntonio-Luis Martínez-Pujalte

Dottore di ricerca in Giurisprudenza presso l'Università di Valencia e professore di Filosofia del Diritto presso l'Università Miguel Hernández di Elche.

Vaticano

Il Papa invita alla pace durante la benedizione Urbi et Orbi

Rapporti di Roma-26 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

I luoghi colpiti da guerre e disastri sono stati al centro del discorso papale dell'Angelus di domenica 25 dicembre 2022.

Nella benedizione Urbi et OrbiFrancesco ha invitato a riscoprire il significato del Natale. Ha detto che il significato della festa è "anestetizzato dal consumismo".


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.

Per saperne di più
Mondo

Il cardinale Mendonça ai giovani: "La vita è uno spreco se si vive a metà".

Il cammino verso la GMG 2023 continua e ora vengono diffusi dei video in cui il cardinale Mendonça parla di Chiesa, giovani e GMG a giovani di diversi Paesi.

Paloma López Campos-26 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Il cardinale José Tolentino Mendonça è prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione. Oltre a essere poeta e saggista, è uno specialista di studi biblici. Il suo lavoro intellettuale si concentra essenzialmente sul rapporto tra cristianesimo e cultura.

Gli organizzatori della GMG stanno incoraggiando il cardinale Mendonça a dialogare con giovani di diverse nazionalità per discutere di vari argomenti. Il primo video di questi dialoghi è già disponibile.

Tempo di attesa

I primi giovani a incontrare il Cardinale sono stati Sara e David, rispettivamente del Comitato organizzatore locale e del Comitato organizzatore diocesano. Durante la conversazione, il Cardinale ha parlato di come i giovani dovrebbero vivere il Natale: "Il Natale richiede un progressivo cammino interiore, di ascolto, di attenzione, di disponibilità all'incontro con noi stessi e di disponibilità all'incontro con la Parola di Dio".

Mendonça ha parlato dell'importanza dell'attesa. "Chi aspetta? Colui che sa che manca qualcosa. Tutti noi dobbiamo sentire che siamo incompleti, che la nostra vita non è autosufficiente, quindi ci fermiamo e aspettiamo". Il periodo di Avvento è quello che "ci prepara all'attesa, che è anche una forma di speranza".

I cristiani, ci dice il Cardinale, "non aspettano le cose immediate. Aspettiamo il Principe della Pace. Aspettiamo il Signore della nostra vita, il Signore della storia, che dà senso a ciò che siamo e a ciò che costruiamo.

Quest'anno, oltre all'attesa dell'Avvento, c'è anche l'attesa della GMG 2023 a Lisbona. In questa attesa che precede l'incontro tra il Papa e i giovani, dice Mendonça, "siamo già felici, perché il cuore è già proiettato in questo grande momento che si vive nel cuore e segnerà tutti i partecipanti". Questo ci deve riempire di entusiasmo perché "è molto bello pensare a una comunità globale che ci toglie dalla solitudine e ci dà la gioia di stare insieme per confermare la nostra speranza".

La GMG e la sua efficacia trasformativa

È facile chiedersi come si possano cambiare i cuori in pochi giorni. Il cardinale ritiene che la GMG possa essere più di un evento isolato se "investiamo seriamente nella preparazione e usiamo questo tempo come un momento di crescita, di scoperta e di approfondimento della fede". Possiamo anche approfittarne per unirci più strettamente alla Chiesa e prendere coscienza che "noi siamo Chiesa".

Citando il Papa, Mendonça ritiene che "i giovani devono essere i nuovi poeti della storia". Se in questo tempo ci scopriamo protagonisti della storia, se ci rendiamo conto di essere il volto di Cristo, l'incontro con il Santo Padre non sarà il punto di arrivo ma un gigantesco punto di partenza che potrà proiettarci in tante dinamiche creative che segneranno senza dubbio l'inizio di una nuova era".

Incontrare Cristo

La GMG implica un incontro con Cristo perché "per la Chiesa i grandi raduni sono incontri con Lui". È questo che fa la differenza per noi, perché attraverso la fede guardiamo la vita e il mondo con occhi diversi.

"Quando guardiamo in profondità", dice il cardinale, "vediamo che è Gesù il protagonista della storia e ci dà audacia e coraggio. Cristo è il trampolino di lancio dei nostri sogni, riempie il nostro cuore di desiderio.

Questa audacia dei giovani deve portarli a non essere ripetitori, ma a dedicarsi a ricreare, sognando "un mondo d'amore che non sia impossibile". Quello che sentiamo dire da Gesù nel Vangelo è possibile, a partire dalla vita di ciascuno di noi".

La chiave di tutto questo, dice senza dubbi Mendonça, "è Cristo, ed è per questo che è così importante che in questo tempo di preparazione la scoperta di Cristo e della sua Parola sia al centro di tutto". Questo significa che "prima di prenotare un viaggio a Lisbona, dobbiamo accettare che nella nostra vita venga con noi quel compagno di Emmaus, quel compagno di viaggio che è Gesù".

Santa Maria e i giovani

"Maria è la nostra maestra, nel senso che ci insegna l'arte dell'attesa. Santa Maria lascia "un'impronta nel nostro cuore". I giovani possono guardare a tre atteggiamenti fondamentali che la Madre di Dio ci insegna.

"Il primo è il suo ascolto del piano di Dio". Maria dà a Dio la sua attenzione, "apre il suo cuore a questo incontro con il Signore". Allo stesso modo, i giovani devono ascoltare ciò che Dio dice loro "perché ha un piano in cui tu sei il protagonista".

In secondo luogo, troviamo "la capacità di Maria di dire sì, di impegnarsi". Nostra Madre "ci dà la forza di innamorarci". Ci ricorda che "la vita è uno spreco se viviamo a metà".

Infine, possiamo imparare molto sul "temperamento di Maria". La sua andatura, il suo ascolto, la sua fretta... "Si immerge nella sua storia" e questo è un segno del "cuore giovane di Maria". La Madre di Dio, con il suo atteggiamento, "spinge la storia in avanti". Va veloce perché il suo cuore è pieno d'amore.

Giovani amati da Cristo

"Quando abbiamo qualcosa di grande nel cuore, non riusciamo a contenerci, scoppiamo se non raccontiamo quello che abbiamo dentro". Il cardinale afferma che questo è ciò che ogni giovane dovrebbe condividere con gioia quando si rende conto che Cristo lo ama: "Cristo è nella mia vita, il Vangelo è vivo in me".

Questa convinzione fa di tutti noi dei giovani missionari e "Lisbona è il luogo per stare tutti insieme a dire: vogliamo, sogniamo, siamo qui, abbiamo questa notizia da annunciare al mondo". Il viaggio a Lisbona sarà quindi "un'esplosione di speranza di cui il mondo ha tanto bisogno".

Per saperne di più
FirmeSantiago Leyra Curiá

Europa e Spagna in Menéndez Pelayo

L'idea di Spagna di Marcelino Menéndez Pelayo si basa su un profondo amore per il suo popolo e sulla ricchezza di appartenere a un mondo più grande e aperto.

26 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

"Quando nel 1877 pubblicò la sua "Epistola a Orazio", il giovane Marcelino Menéndez Pelayo (1856/1912) desiderava che i popoli europei fossero uniti dall'arte e dalla parola, lavorando la bellezza con mano e cuore cristiani, come quei popoli mediterranei che avevano promosso la cultura rinascimentale. Quattordici anni dopo, vide nel Rinascimento "il periodo più brillante del mondo moderno, per aver raggiunto la formula estetica definitiva, superiore in alcuni casi a quella dell'antichità, nelle opere di artisti come Raffaello, Leonardo da Vinci, Michelangelo, Miguel de Cervantes, Fray Luis de León...". (discorso di ammissione alla Royal Academy of Moral and Political Sciences)".

In contrasto con coloro che vedevano una concordanza tra i postulati iniziali del Rinascimento e il Protestantesimo, egli affermava che "La grande tempesta della Riforma è nata nei chiostri nominalisti della Germania, non nelle scuole di lettere umane in Italia".. E ha confessato di non poterlo avvicinare ai popoli del Nord Europa. "La Riforma, figlio illegittimo dell'individualismo teutonico". che aveva significato la fine dell'unità europea (Storia dell'eterodossia spagnola e La scienza spagnola).

In ogni caso, non ha smesso di ammirare "La meravigliosa Canzone della campana di Schiller, la più religiosa, la più umana e la più lirica delle canzoni tedesche, e forse il capolavoro della lirica moderna". Rabbrividì anche quando lesse la lettera in cui Schiller diceva a Goethe che "Il cristianesimo è la manifestazione della bellezza morale, l'incarnazione del santo e del sacro nella natura umana, l'unica religione veramente estetica". E, a proposito di Goethe stesso, ricordava che era stato lui a introdurre l'espressione "letteratura universale, che ha inventato e in virtù della quale dobbiamo chiamarlo cittadino del mondo". Allo stesso modo, si è soffermato sulle opere delle figure più rappresentative dell'età d'oro della letteratura tedesca, come Winckelmann, Lessing, Herder, Fichte, gli Humboldt e Hegel, "che insegna anche quando sbaglia... il cui libro (su Estetica) respira e infonde l'amore per la bellezza immacolata e spirituale". Così come si meravigliava della letteratura inglese, "uno dei villaggi più poetici della terra". (Storia delle idee estetiche in Spagna, 1883/1891).

Come vedeva Menéndez Pelayo la Spagna in quell'Europa? 

Egli riteneva che il valenciano Juan Luis Vives fosse stato "il pensatore più brillante ed equilibrato del Rinascimento"., "lo scrittore più completo ed enciclopedico di quel tempo". E vide in Vives la persona più impegnata nell'Europa del suo tempo, che "ha contemplato Cristo come Maestro di pace, per coloro che lo ascoltano e per coloro che non lo ascoltano, con la sua azione nell'intimo delle loro coscienze".a colui che, mosso da "per l'amore della concordia di tutti i popoli d'Europa", vedendola così divisa, si era rivolto all'Imperatore e ai re Enrico VIII e Francesco I, ricordando loro che la loro divisione facilitava le piraterie del Barbarossa e le incursioni turche (Antologia di poeti lirici castigliani).

Ha coinciso con un altro spagnolo, Jaume Balmes, autore di "Il protestantesimo a confronto con il cattolicesimo nei suoi rapporti con la civiltà europea", in cui lo scrittore catalano si era trovato in aperto disaccordo con Guizot, l'autore della "Storia generale della civiltà in Europa". Per Guizot, cattolicesimo e protestantesimo erano sullo stesso piano, in quanto avevano svolto un ruolo simile nella formazione dell'Europa; dal suo punto di vista calvinista, Guizot riteneva che la Riforma protestante avesse portato in Europa un movimento espansivo della ragione e della libertà umana.

Da parte sua, Menéndez Pelayo riteneva che la Riforma, iniziata con le idee di libero esame, servo arbitrio e fede senza opere, avesse significato una deviazione dal maestoso corso della civiltà europea: "... lo dimostrò... iniziando ad analizzare la nozione di individualismo e il sentimento di dignità personale, che Guizot considerava caratteristici dei barbari, come se non fossero un risultato legittimo della grande instaurazione, trasformazione e dignificazione della natura umana, portata dal cristianesimo...". (Due parole sul centenario di Balmes). 

Si basava sul presupposto che "L'ideale di una nazionalità perfetta e armoniosa non è altro che un'utopia... Bisogna prendere le nazionalità come le hanno fatte i secoli, con unità in alcune cose e varietà in molte altre, e soprattutto nella lingua". (Difesa del programma di letteratura spagnola). E di come lo spirito spagnolo, che era emerso durante tutta la Reconquista, fosse "Uno nel credo religioso, diviso in tutto il resto, per razza, per lingua, per costumi, per privilegi, per tutto ciò che può dividere un popolo". (Discorso di ingresso all'Accademia Reale Spagnola).

Nelle sue opere di storia della cultura spagnola, non si limitò a scrivere nella lingua spagnola comune, il castigliano, che non mancò di considerare "l'unico tra i moderni che sia riuscito a esprimere qualcosa dell'idea suprema". e in cui è stato scritto "l'epopea comica della razza umana, l'eterno breviario del riso e del buon senso".

Infatti, considerando che la Spagna è una nazione ricca e variegata di lingue, vedrei bene nel maiorchino Ramón Llull, "al primo che rese la lingua volgare utile per le idee pure e le astrazioni, a colui che separò la lingua catalana da quella provenzale, rendendola grave, austera e religiosa". (Discorso di ingresso alla RAE nel 1881).

Avendo iniziato gli studi universitari a Barcellona, conosceva la lingua catalana nella quale, anni dopo, avrebbe tenuto un discorso alla regina reggente Maria Cristina. E, nel suo "Semblanza de Milá y Fontanals". ricorderebbe che "Furono i poeti che, rendendosi conto che nessuno può raggiungere la vera poesia se non nella propria lingua, si dedicarono a coltivarla artisticamente per scopi e finalità elevate".

Alfredo Brañas, in "Regionalismo", ricorda come, in ambito letterario, la Catalogna avesse raggiunto la massima rappresentanza della letteratura ispanica nel 1887. In quell'anno, il poeta catalano Federico Soler aveva vinto il premio dell'Accademia Reale Spagnola per la migliore opera drammatica rappresentata nei teatri di Spagna. Brañas commenta che, prima dell'assegnazione, mentre alcuni accademici erano dell'opinione che il premio dovesse essere assegnato solo a opere teatrali rappresentate nei teatri della Corte, altri, come Menéndez Pelayo, ritenevano che dovesse essere aperto a drammaturghi di tutte le regioni spagnole.

Nella sua "Antología de poetas líricos castellanos" (Antologia di poeti lirici castigliani), Menendez Pelayo ha dedicato pagine considerevoli alla poesia galiziana medievale e avrebbe giudicato, in due relazioni e con criteri corretti, il "Dizionario galiziano-spagnolo". di Marcial Valladares e il "Canzoniere popolare galiziano". di José Pérez Ballesteros. Nella stessa antologia, elogerei Valencia perché "Era predestinata a essere bilingue... perché non ha mai abbandonato la sua lingua madre". E, in una lettera del 6 ottobre 1908, dirà a Carmelo Echegaray: "la mia biblioteca che, grazie a voi, sta diventando una delle più ricche in questo interessante ramo (i libri baschi), così difficile da raccogliere al di fuori dei Paesi Baschi...".

In un'altra lettera, indirizzata alla rivista "Cantabria" (28/11/1907), Menéndez Pelayo avrebbe scritto che "Non può amare la sua nazione chi non ama la sua patria e inizia affermando questo amore come base per un patriottismo più ampio. Il regionalismo egoista è odioso e sterile, ma il regionalismo benevolo e fraterno può essere un grande elemento di progresso e forse l'unica salvezza della Spagna".

L'autoreSantiago Leyra Curiá

Membro corrispondente dell'Accademia Reale di Giurisprudenza e Legislazione di Spagna.

Vaticano

Il Papa rivolge il suo sguardo ai più vulnerabili all'Angelus di Natale

"Torniamo a Betlemme", ha sottolineato il Papa nel suo discorso dell'Angelus nella domenica speciale in cui la Chiesa celebra la solennità della nascita di Nostro Signore Gesù Cristo. Un ritorno a Betlemme significa volgere lo sguardo a coloro che oggi soffrono di più.

Maria José Atienza-25 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Una mattinata di sole ha accompagnato l'Angelus del Papa in questa domenica di Natale. Dal balcone della Basilica di San Pietro, Papa Francesco si è rivolto ai fedeli, incoraggiandoli a superare "la letargia del sonno spirituale e le false immagini della festa che ci fanno dimenticare chi viene onorato". Il suo discorso è stato caratterizzato da un richiamo alla mancanza di pace nel mondo e alle nazioni colpite dalla guerra.

"Torniamo a Betlemme, dove risuona il primo suono del Principe della Pace. Sì, perché lui stesso, Gesù, è la nostra pace; quella pace che il mondo non può dare e che Dio Padre ha donato all'umanità inviando suo Figlio", ha proseguito il Santo Padre.

Francesco ha voluto ricordare che seguire la via della pace tracciata da Gesù presuppone l'abbandono dei pesi "dell'attaccamento al potere e al denaro, dell'orgoglio, dell'ipocrisia e della menzogna". Questi pesi rendono impossibile andare a Betlemme, ci escludono dalla grazia del Natale e ci chiudono l'accesso alla via della pace. E in effetti, dobbiamo constatare con dolore che, mentre ci viene donato il Principe della Pace, sull'umanità continuano a soffiare forti venti di guerra".

Nazioni in guerra

Il Papa ha indicato i nuovi volti del Bambino di Betlemme: "Il nostro sguardo si riempia dei volti dei nostri fratelli e sorelle ucraini, che vivono questo Natale nelle tenebre (...) Pensiamo alla Siria, ancora martirizzata da un conflitto che è passato in secondo piano ma non è finito; pensiamo anche alla Terra Santa, dove negli ultimi mesi sono aumentati la violenza e i conflitti, con morti e feriti. Imploriamo il Signore che lì, nella terra della sua nascita, possa riprendere il dialogo e la ricerca della fiducia reciproca tra israeliani e palestinesi".

Una delle regioni recentemente visitate dal Papa e che ha fatto parte del suo ricordo in questo giorno è stato il Medio Oriente. Francesco ha poi pregato affinché "il Bambino Gesù sostenga le comunità cristiane che vivono in tutto il Medio Oriente, affinché in ognuno di questi Paesi si sperimenti la bellezza della convivenza fraterna tra persone di fedi diverse". Che aiuti in particolare il Libano, affinché possa finalmente riprendersi, con il sostegno della comunità internazionale e con la forza della fraternità e della solidarietà. Che la luce di Cristo illumini la regione del Sahel, dove la convivenza pacifica tra popoli e tradizioni è interrotta da scontri e violenze. Che possa guidare verso una tregua duratura nello Yemen e verso la riconciliazione in Myanmar e in Iran, affinché cessi ogni spargimento di sangue".

Il Papa non ha voluto nemmeno dimenticare il suo continente d'origine, l'America, dove alcuni Paesi stanno vivendo momenti di incertezza e destabilizzazione sociale, come il Nicaragua e il Perù. Il Papa ha elevato la sua preghiera chiedendo a Dio "di ispirare le autorità politiche e tutte le persone di buona volontà del continente americano a fare uno sforzo per pacificare le tensioni politiche e sociali che colpiscono diversi Paesi; penso in particolare al popolo haitiano, che sta soffrendo da molto tempo".

Fissa e affamata

Ha anche fatto un paragone tra il significato di Betlemme, "Casa del Pane", sottolineando "le persone che soffrono la fame, soprattutto i bambini, mentre ogni giorno grandi quantità di cibo vengono sprecate e i beni vengono sperperati per le armi". A questo punto, si è soffermato sulle conseguenze della guerra in Ucraina che "ha ulteriormente aggravato la situazione, lasciando intere popolazioni a rischio di carestia, soprattutto in Afghanistan e nei Paesi del Corno d'Africa". Ogni guerra - come sappiamo - causa la fame e usa il cibo stesso come arma, impedendone la distribuzione a persone che già soffrono". In un giorno in cui molte famiglie si riuniscono a una tavola speciale, il Papa ha chiesto che "il cibo non sia altro che uno strumento di pace".

Infine, il Papa ha ricordato "i tanti migranti e rifugiati che bussano alla nostra porta in cerca di conforto, calore e cibo". Non dimentichiamo gli emarginati, le persone sole, gli orfani e gli anziani che rischiano di essere scartati; i prigionieri che guardiamo solo per i loro errori e non come esseri umani.

Il Santo Padre ha concluso chiedendo di lasciarsi "muovere dall'amore di Dio e di seguire Gesù, che si è svuotato della sua gloria per renderci partecipi della sua pienezza".

Dopo le parole, il Papa ha impartito la benedizione Urbi et orbi a tutti i presenti in Piazza San Pietro e a coloro che hanno seguito questa benedizione attraverso i media.

Vaticano

Il Papa alla Messa di Natale: "Aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede".

Dove cercare il significato del Natale? Questa è stata la domanda attorno alla quale ha ruotato l'omelia di Papa Francesco in quella che è stata la sua decima celebrazione della Messa della Natività del Signore.

Maria José Atienza-25 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

La Basilica di San Pietro ha accolto ancora una volta centinaia di persone, tra cui molti bambini, e decine di sacerdoti che hanno accompagnato il Santo Padre nella celebrazione eucaristica.

Il Papa ha voluto rivolgere lo sguardo al presepe, indicandolo come il luogo in cui si trova il vero significato del Natale, che a volte è affogato nei regali e nelle decorazioni. "Per trovare il significato del Natale, bisogna guardare lì (alla mangiatoia). Ma perché il presepe è così importante? Perché è il segno, non casuale, con cui Cristo entra nella scena del mondo". E del presepe il Papa ha indicato tre significati su cui riflettere: vicinanza, povertà e concretezza.

Per quanto riguarda il prossimitàIl Papa ha sottolineato che "il presepe serve ad avvicinare il cibo alla bocca e a consumarlo più velocemente. Un'idea che richiama la voracità del mondo, avido di comodità e denaro. Al contrario, "nella mangiatoia del rifiuto e del disagio", ha proseguito il Papa.

"Dio si accomoda: arriva lì, perché lì c'è il problema dell'umanità, l'indifferenza generata dalla vorace corsa al possesso e al consumo. Cristo nasce lì e in quella mangiatoia lo scopriamo vicino".

Sul povertà della mangiatoia, ha osservato il Papa, "la mangiatoia ci ricorda che egli non aveva intorno a sé altri che coloro che lo amavano". Una realtà che "mette così in luce le vere ricchezze della vita: non il denaro e il potere, ma le relazioni e le persone". E la prima persona, la prima ricchezza, è Gesù stesso".

Infine, il Papa si è fermato al concrezione che segna l'ingresso di Cristo nella storia umana. In un bambino concreto, in una terra concreta e in un anno concreto: "Dalla mangiatoia alla croce, il suo amore per noi è stato tangibile, concreto: dalla nascita alla morte, il figlio del falegname ha abbracciato la ruvidità del legno, la ruvidità della nostra esistenza".

"Gesù, ti guardiamo, disteso nella mangiatoia. Ti vediamo così vicino, sempre vicino a noi: grazie, Signore. Ti vediamo povero, insegnandoci che la vera ricchezza non è nelle cose, ma nelle persone, soprattutto nei poveri: perdonaci, se non ti abbiamo riconosciuto e servito in loro. Ti vediamo concreto, perché il tuo amore per noi è concreto: Gesù, aiutaci a dare carne e vita alla nostra fede", ha concluso il Papa.

Durante la celebrazione, il Santo Padre ha rinnovato l'usanza dell'adorazione dell'immagine di Gesù Bambino e si è soffermato, in modo particolare, davanti al presepe allestito all'interno della Basilica Petrina.

Per saperne di più
Risorse

Natale in chiusura

Diverse monache di clausura raccontano la loro preparazione durante l'Avvento e come vivono il Natale nella loro dedizione contemplativa.

Paloma López Campos-25 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Il Natale è un momento che tutti viviamo in modo speciale, ma come viene vissuto nelle comunità claustrali? La celebrazione tra le mura è molto diversa da quella per le strade? Come si preparano i consacrati alla venuta di Cristo?

Le Clarisse come riparatrici

Le monache clarisse del convento di San José (Ourense) ci raccontano come vivono queste feste speciali.

Come si preparano i claustrali alla nascita di Cristo?

- Ci prepariamo, innanzitutto, con la Parola di Dio contenuta nelle letture dell'Ufficio divino, nella Sacra Scrittura, nei Sacramenti... Anno dopo anno ci concentriamo sull'approfondimento di questi testi ricchissimi per avvicinarci alla comprensione insondabile del mistero della Natività di Cristo".

Nelle strade tutto è pieno di luci, musica, vetrine appariscenti... Come possiamo guardare indietro a ciò che è importante in questo tempo liturgico?

- Tutte queste manifestazioni di luci, suoni, canti, regali, dolci... sono segni che ci parlano di un evento. Dal punto di vista della fede, il più importante. Dio si avvicina all'uomo prendendo la nostra natura per salvarci. Il modo in cui lo fa ci risveglia tremendamente: nasce in una grotta di pastori, muore (o meglio, noi lo uccidiamo) su una croce. Perché? "Guardatelo e sarete raggianti".

Le attività e gli orari del convento cambiano quando si avvicina l'Avvento e il Natale?

- In questo periodo dell'anno, è necessario modificare il nostro orario abituale per rendere il nostro lavoro compatibile con i nostri obblighi di vita contemplativa. È la pasticceria, in particolare il dolce "panettone", molto popolare al momento, a richiedere questo adattamento".

Qual è, dal vostro punto di vista, l'aspetto più importante del Natale?

- Dal nostro punto di vista e da quello di qualsiasi cristiano, la fede, l'unico modo per vedere Dio, è senza dubbio l'aspetto più importante. Tutto ha senso a partire dalla fede. Naturalmente, festeggiamo come in ogni casa che vive nella speranza, perché Dio ha amato l'uomo fino a questo punto, e Dio non delude.

Avete qualche raccomandazione da fare per prepararci ad accogliere Cristo?

- Tornare alla "Parola di Dio", meditarla, pregarla, è il nostro suggerimento. Ad esempio:

a) Leggete il n. 3-4 della Costituzione dogmatica. Dei Verbum sulla rivelazione divina del Concilio Vaticano II.

b) n. 48 della Costituzione dogmatica Lumen Gentium sulla Chiesa del Concilio Vaticano II

c) Leggere il libro della Sapienza nella Bibbia.

d) Capitolo 12 della Lettera di Paolo ai Romani.

e) Infine "PREGA", prega senza sosta. Ma come? Quando non è possibile fare altrimenti, con il "desiderio". "Tutto il mio desiderio è alla tua presenza. Se non vuoi smettere di pregare, non interrompere il desiderio".

Monastero della Seconda Visitazione

D'altra parte, le suore della Visitazione affermano che il loro "lavoro consiste nel pregare per le vocazioni in generale, e per il mondo ateo che purtroppo stiamo subendo oggi". L'Avvento per noi è un tempo di maggior raccoglimento prima della venuta del nostro Salvatore e Redentore. La gioia che pervade i nostri chiostri non può in alcun modo essere paragonata ai festeggiamenti del trambusto e del poco o nulla che ci ricorda questi giorni.

Suore Mercedarie di Cantabria

Dal monastero di Santa María de la Merced in Cantabria, anche loro hanno voluto condividere la loro esperienza:

"In un convento di vita contemplativa, il tempo dell'Avvento e del Natale, senza cambiare sostanzialmente nulla, viene vissuto come un'alba, con nuova gioia e speranza. Si preparano la culla e il cesto del Bambino che verrà, attraverso atti personali di virtù, preghiere, servizi fraterni, ecc. La liturgia viene vissuta con maggiore intensità, unendoci alla grande attesa del popolo di Israele, all'ansia urgente del nostro mondo che, anche senza rendersene conto, desidera un "Salvatore o Liberatore".

Tutto questo desiderio universale rivive nella nostra preghiera personale, comunitaria e liturgica. Il canto gregoriano delle antifone "O" nell'immediata attesa del Natale crea un'atmosfera di gioiosa aspettativa e di atteso silenzio che permea la nostra vita fraterna quotidiana. Materialmente, anche noi decoriamo il nostro piccolo convento con murales dell'Avvento, con sospiri di preghiera di "Marana tha"Vieni Signore Gesù", con musica natalizia per svegliarsi al mattino, ecc.

Per noi la cosa più importante del Natale è che viviamo la nascita di Gesù, il Figlio di Dio, che prende la nostra natura umana per salvarci e darci un esempio di vita. È un evento sorprendente di amore infinito che raggiunge un tale livello di abnegazione per puro amore dell'uomo decaduto, di ciascuno di noi, che ci riempie di amorevole stupore e ci porta a una gioia e a una gratitudine traboccanti che si traducono in un'atmosfera corale e fraterna e anche in "extra" di cibo. Perché, come dicevano gli antichi monaci, si festeggia "a Messa e a tavola".

Tutto questo ci porta a condividere spiritualmente, liturgicamente e materialmente con i nostri fratelli e sorelle, con il nostro aiuto alle persone bisognose, con la partecipazione alle visite e alle telefonate, cercando di condividere la nostra fede, la nostra gioia, la nostra gratitudine al Dio dell'Amore fatto Bambino a Betlemme.

È un grande peccato che in molte famiglie la fede e la gioia del Natale cristiano stiano scomparendo e vengano sostituite da feste pagane in cui non si ricorda più il motivo della festa. Il nostro augurio e la nostra raccomandazione alle famiglie cristiane è che non si lascino trascinare da correnti che non hanno nulla di buono e di profondo da apportare, e che l'unità familiare si rafforzi di più attorno alla tavola di casa con i canti natalizi, la Natività e il calore della famiglia, piuttosto che con tanti surrogati offerti dal mondo di oggi, che non portano al miglioramento della nostra società.

 A tutti voi auguriamo che il Bambino Dio possa nascere e crescere nei vostri cuori, nelle vostre famiglie, nelle vostre parrocchie e nel vostro ambiente sociale. BUON NATALE INSIEME AL BAMBINO GESÙ; MARIA E GIUSEPPE".

Natale per tutti

Le monache di clausura ci ricordano l'importanza di concentrarci sull'essenziale durante queste feste, ricordando sempre che ciò che stiamo celebrando è la nascita di Gesù Cristo. La vita claustrale può invitarci a chiederci, con San Giovanni Paolo II: "Come è nato Cristo, come è venuto nel mondo, perché è venuto nel mondo?" (Udienza generale del 27 dicembre 1978). La risposta ce la dà il Pontefice stesso: "È venuto nel mondo perché gli uomini lo trovino, quelli che lo cercano. Proprio come i pastori lo trovarono nella grotta di Betlemme. Dirò ancora di più. Gesù è venuto nel mondo per rivelare tutta la dignità e la nobiltà della ricerca di Dio, che è il bisogno più profondo dell'anima umana, e per andare incontro a questa ricerca".

Cultura

Tradizioni natalizie in Lituania e Polonia

In Lituania, il Natale è ancora un momento speciale per vivere le tradizioni. L'influenza della vicina Polonia e la cristianizzazione di antiche usanze sono la chiave di molte delle usanze che le famiglie lituane fanno rivivere ogni anno intorno alla Natività di nostro Signore.

Marija Meilutyte-24 dicembre 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Polonia e Lituania condividono alcune delle tradizioni natalizie più diffuse. La veglia del 24 dicembre e quella del 25 sono segnate da varie manifestazioni di affetto, fede e devozione, così profondamente radicate in entrambi i popoli che, a distanza di secoli e dopo molte vicissitudini storiche, sono ancora presenti nelle famiglie polacche e lituane.

Lituania: dal kalėdaičiai ai 12 piatti della vigilia di Natale

Per comprendere le usanze lituane relative alla vigilia e al Natale, ci sono due cose da capire. Da un lato, il cristianesimo è arrivato in Lituania da due direzioni: da Est, cioè da Bisanzio attraverso gli Slavi orientali, e da Ovest, cioè da Roma attraverso gli Slavi germanici e occidentali, soprattutto i Polacchi. D'altra parte, la Lituania è stata una delle ultime nazioni europee a cristianizzarsi, nel XIV secolo, quindi in molte di queste tradizioni paganesimo e cristianesimo si mescolano.

La parola del Natale, Kalėdosha origine dallo slavo orientale коляда, derivato dallo slavo ecclesiastico kolędache a sua volta deriva dal latino kalendae attraverso i greci bizantini. Kalendae si riferisce al primo giorno di ogni mese nell'antica contabilità romana ed ecclesiastica. Ancora oggi, il testo del "martirologio romano", che riassume la storia dell'umanità e le speranze di salvezza che trovano il loro compimento in Cristo, viene chiamato "calenda" o annuncio di Natale.

La parola per la vigilia di Natale, Kūčiosderiva dallo slavo orientale kuтя (ucraino: кутя, russo antico: кутья). Il suo luogo di nascita è Bisanzio, non Roma, ed è associato a Kūčiapiatto a base di cereali (grano, orzo, segale, ecc.) mescolati con acqua addolcita con miele. Questo piatto è tradizionale anche in Bielorussia e Ucraina.

In epoca precristiana, intorno al solstizio d'inverno, si commemoravano i morti e si celebravano anche alcuni riti del raccolto. Ad esempio, il piatto Kūčia serviva a nutrire gli spiriti degli antenati. Da questo culto degli antenati rimane ancora oggi la tradizione di lasciare intatta la tavola della Vigilia di Natale durante la notte, in modo che le anime dei defunti possano banchettare o pregare per i defunti nella preghiera di benedizione della tavola, soprattutto per coloro che sono morti durante l'anno.

Un'altra usanza pagana, poi cristianizzata, è quella di mettere del fieno o della paglia sotto la tovaglia: in origine serviva per far riposare i morti, oggi viene messa in ricordo della mangiatoia dove fu deposto il Bambino Gesù dopo la sua nascita.

Cena della vigilia di Natale

Molte delle tradizioni propriamente cristiane sono arrivate dalla Polonia, per cui oggi lituani e polacchi condividono molte di queste usanze.

La cena della Vigilia inizia con una preghiera, di solito guidata dal capofamiglia. Dopo la preghiera, il kalėdaičiaiLe kalėdaitis: ostie allungate decorate con immagini della Natività di Gesù. Ognuno offre la propria kalėdaitis a un'altra persona presente, benedicendola e augurandole qualcosa per l'anno a venire; quando tutti gli ospiti si sono scambiati un pezzo di ostia, inizia il pasto. Normalmente, queste ostie vengono vendute nelle chiese dall'inizio dell'Avvento, dopo essere state benedette dai sacerdoti. Se una persona non festeggia la vigilia di Natale in Lituania, i parenti le inviano kalėdaičiai per non farla mancare alla loro tavola.

Le ostie simboleggiano il corpo di Gesù Cristo, poiché la celebrazione della vigilia di Natale riunisce la tavola dell'Ultima Cena di Cristo e la mangiatoia di Betlemme.

I kalėdaičiai ce lo ricordano, ci parlano del Pane vivo fatto carne; spezzare e scambiare un pezzo di ostia simboleggia la comunione dei cristiani con e in Gesù Cristo.

Sulla tavola della Vigilia di Natale ci devono essere dodici piatti (per piatti si intendono dodici cibi diversi), secondo l'interpretazione cristiana, in onore dei dodici apostoli che si sedettero alla tavola dell'Ultima Cena.

Sia in Polonia che in Lituania, l'Avvento è un periodo di astinenza e, nella tradizione più rigorosa, il 24 dicembre è un giorno di "astinenza secca", cioè non solo niente carne, ma anche niente latticini e uova. Per questo motivo, la maggior parte dei piatti è a base di pesce, soprattutto aringhe, funghi e verdure.

Le bevande tipiche includono aguonpienas (latte di semi di papavero), fatto con acqua, zucchero e semi di papavero schiacciati e il kisielius (kisel) bevanda a base di bacche o frutta a cui viene aggiunta fecola di patate o mais, che conferisce alla bevanda una consistenza molto densa.

Sulla tavola della Vigilia non può mancare il kūčiukaiQueste palline a base di farina, lievito e semi di papavero sono diventate particolarmente popolari dopo la restaurazione dell'Indipendenza, quando hanno ricominciato a essere celebrate liberamente durante le festività natalizie.

Un curioso retaggio dell'era sovietica è la popolarità dell'insalata russa, che in Lituania è conosciuta come "insalata russa". insalata bianca o ensaladilla casera, come piatto del giorno di Natale. Il motivo era che veniva preparato con piselli e maionese in scatola, che erano difficili da trovare e quindi considerati beni di lusso.

Ancora oggi, queste tradizioni sono osservate nella maggior parte delle famiglie e il Natale è un momento di forte esperienza cristiana nel Paese.

Polonia. La Messa dei pastori e la frazione del pane

Testo: Ignacy Soler

Un tempo, e ancora oggi, si dice che tutte le feste sono conosciute dai loro vespri. In Polonia, la vigilia di Natale è conosciuta come la Veglia e ha usanze profondamente radicate in ogni famiglia, credente o meno.

Il Natale è la festa della nascita di un Bambino nel quale noi cristiani riconosciamo il Figlio di Dio, Dio fatto uomo per la nostra salvezza. Per molti il Natale non è più una festa cristiana, ma è ancora un momento di affermazione della bontà della vita umana, in particolare del neonato: un dono per la famiglia, il Paese e il mondo intero. Ogni bambino è unico, irripetibile, una novità che rende tutto diverso. Il Natale è anche un momento per augurarsi pace, gioia, felicità, un mondo migliore, senza guerre, senza dolore e senza male: l'utopia di un mondo irraggiungibile per gli uomini di tutti i tempi. Ma ciò che l'uomo non può, Dio può.

La Veglia di Natale, come suggerisce il nome, ci invita a essere vigili e preparati alla celebrazione. La vigilia di Natale inizia nelle case polacche, spesso coperte dalla neve bianca e fredda di quei giorni, con la cena della Vigilia all'apparire della prima stella, verso le cinque di sera. Tutti si siedono al tavolo comune dopo una dura giornata di lavoro. Fin dalle prime ore del 24 tutti sono coinvolti nella preparazione della Veglia. Qualche giorno prima, l'albero di Natale è già stato montato e vestito con tutte le sue luci, le decorazioni, i regali e la stella in cima. Se non è stato fatto prima, la mattina del 24 si deve montare l'albero di Natale. Anche il presepe tradizionale, in particolare le figure del Mistero - Gesù, Maria e Giuseppe - hanno tradizione e radici, ma meno dell'albero di Natale e non così diffuso come in Italia o nei Paesi di lingua spagnola.

Dopo alcune ore di preparativi, non solo per il pasto ma anche per la casa, soprattutto per la pulizia delle finestre (non capisco bene perché in Polonia le finestre vengano pulite a fondo la vigilia di Natale e la domenica di Pasqua), ci si riunisce alla tavola di Natale con i piatti e le posate migliori. Si riuniscono ma non si siedono, perché la Cena della Vigilia inizia - tutti insieme e in piedi - con la lettura della Nascita di Gesù dal Vangelo di San Matteo (1, 18-25) o di San Luca (2, 1-20). Di solito viene letto dal padre di famiglia o dal figlio più giovane.

Spezzare il pane: Opłatek

Segue la cosiddetta Opłatek, in inglese oblea, che deriva dal latino oblatum - offerta in dono. L'ostia, chiamata anche pane dell'angelo o pane benedetto e, nel nostro caso, ostia di Natale, è una sfoglia di pane bianco, cotta con farina bianca e acqua non lievitata, che viene condivisa alla tavola della Vigilia. Tutti rimangono in piedi e ogni partecipante alla Veglia prende un'ostia da un vassoio preparato con loro. Ogni commensale tiene la sua cialda nella mano sinistra e con la destra spezza un pezzo della cialda di un altro partecipante, esprimendo allo stesso tempo i suoi migliori auguri per quella persona, con parole improvvisate, brevi o lunghe, emotive o ufficiali, secondo i desideri di ciascuno. E mangia quel piccolo pezzo di ostia dell'altro. L'azione è ricambiata dall'altra persona. E alla fine si stringono la mano, logicamente la mano destra, che è quella libera.

L'ostia di Natale è un segno di riconciliazione e di perdono, di amicizia e di amore. Condividerlo all'inizio della cena della Vigilia esprime il desiderio di stare insieme, ha un significato non solo spirituale ma anche materiale: il pane bianco sottolinea la natura terrena dei desideri, dell'avere e del condividere. Tutti devono essere come un pane buono e divisibile, qualcosa che può essere regalato. È logicamente collegata alla petizione del Padre Nostro e all'Eucaristia.

La tradizione di condividere (dividere), cioè di rompere reciprocamente una parte dell'ostia o dell'ospite natalizio, affonda le sue radici nei primi secoli del cristianesimo. Inizialmente non collegato al Natale, era un simbolo della comunione spirituale dei membri della comunità. L'usanza di benedire il pane era chiamata eulogia (pane benedetto). Alla fine, il pane è stato portato alla messa della vigilia di Natale, benedetto e condiviso. Veniva anche portata a casa dei malati o di coloro che per vari motivi non erano in chiesa, oppure inviata a parenti e amici. La pratica di celebrare l'elogio, popolare nei primi secoli del cristianesimo, cominciò a scomparire nel IX secolo sotto i decreti dei sinodi carolingi, che volevano evitare la confusione tra il pane consacrato (l'Eucaristia) e il pane benedetto (l'elogio).

Cena della Veglia di Natale

La cena della Vigilia è una cena gioiosa, familiare e penitenziale, certo suona curioso ma è una cena di astinenza dalla carne. È consuetudine offrire la mortificazione di non mangiare carne in quel giorno per prepararsi alla grande solennità della Natività del Signore. Non mangiare carne è qualcosa di ancora importante in Polonia, in quanto si celebra ogni venerdì dell'anno, e i polacchi non sono indifferenti a questo. La cena della Vigilia consiste in dodici piatti diversi, molti dei quali a base di pesce, tutti molto ben preparati e gustosi. Si inizia con una zuppa, che di solito è una borschuna zuppa di barbabietole rosse. Poi arrivano i pierogiil cui nome deriva dall'antica radice slava pir-La festa, che consiste in una sorta di pasta, una crocchetta ripiena di diversi tipi e varietà di verdure, ha una certa somiglianza con i ravioli italiani. Tra i pesci, spicca la carpa fritta. Come bevanda, è d'obbligo provare anche il kompotun succo tradizionale ottenuto facendo bollire alcuni frutti come fragole, mele, ribes o prugne in una grande quantità di acqua a cui viene aggiunto zucchero o uva sultanina. Come dessert, non può mancare il kutia, è una sorta di budino dolce a base di cereali, o il makówkiuna torta a base di semi di papavero.

A tavola per la cena della Vigilia, sotto la tovaglia viene posta una piccola paglia che ricorda la mangiatoia di Betlemme. È anche tradizione lasciare un posto per l'ospite inatteso. Questo è molto slavo: un'accoglienza amichevole per il visitatore, che è sempre invitato a sedersi al tavolo comune. Dopo la cena, tutta la famiglia si riunisce intorno all'albero di Natale, dove i regali vengono sparsi sotto i suoi rami. Qualcuno della famiglia, di solito vestito da San Nicola, è incaricato di distribuirli, recitando poesie o barzellette che alludono alla persona da onorare. Al termine, si intonano canti natalizi, kolendaSi tratta di antiche canzoni natalizie, ricche di contenuti teologici, che vengono cantate anche nelle chiese. In alcuni kolenda parla di come in questa speciale notte di Natale gli animali parlino con voce umana e comprendano il nostro vocabolario. Forse si tratta di un'interpretazione delle parole del profeta Isaia (1,3): Il bue conosce il suo padrone e l'asino la greppia del suo padrone; Israele non mi conosce, il mio popolo non mi comprende..

La massa del gallo, che in Polonia viene chiamata PasterskaLa messa dei pastori viene sempre celebrata a mezzanotte. Molte famiglie affollano le chiese, le chiese sono materialmente sovraffollate e le strade delle città e delle campagne sono piene di auto e luci che vanno e vengono.

L'Eucaristia è il momento culminante della celebrazione della Veglia. Prima di questo ci sono stati i cosiddetti rekolecjeesercizi spirituali di tre giorni, in tutte le parrocchie, con confessione finale. Qualche mese fa ho ascoltato una conversazione casuale per strada: dove vai, Marek? - Vado in chiesa, a confessarmi. - Ma come può essere, se non è Natale o Pasqua? Il fatto è che anche recarsi al sacramento della penitenza durante questi due importanti tempi liturgici è un'abitudine molto radicata. La confessione frequente è certamente importante, ma è più importante che ci sia almeno la confessione non frequente di un paio di volte all'anno. I fatti parlano chiaro: in questo Paese si vedono ancora code interminabili per confessarsi in Avvento e Quaresima. Io stesso ho fatto questa esperienza in questi giorni: il parroco dove vivo mi ha chiamato e mi ha chiesto se potevo aiutarlo ad ascoltare le confessioni in quei giorni. Per tre giorni, quattro di noi sacerdoti sono stati impegnati nella confessione per diverse ore. Se c'è penitenza, c'è senso del peccato, c'è bisogno di un Salvatore, della venuta di Gesù.

L'autoreMarija Meilutyte

Risorse

Un tesoro riscoperto nel periodo natalizio

Santiago Populín Such scrive per Omnes questo breve racconto sul Natale, molto adatto per essere letto ai più piccoli della famiglia.

Santiago Populín Tale-24 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Era un freddo pomeriggio di dicembre, la neve ricopriva il parco giochi e le tranquille altalene invitavano a giocare. Mancavano cinque minuti al suono della campanella, le vacanze di Natale erano ormai alle porte. Tutti gli alunni del quarto anno della scuola primaria guardavano il vecchio e rumoroso orologio sopra la lavagna. All'improvviso, l'insegnante interruppe i loro sguardi e disse a voce alta: 

- Il compito di questo Natale è che scrivano cosa sognano di fare da grandi. L'elaborato più apprezzato - che sarà votato da diversi insegnanti - vincerà due biglietti per la pista di pattinaggio sul ghiaccio.

Detto questo, l'orologio passò in secondo piano; la mente degli alunni era ora rivolta alla pista di pattinaggio. La campanella suonò e Thomas si affrettò a raggiungere l'auto dove la madre lo stava aspettando. Salì in macchina con i suoi quattro fratelli e disse alla madre con grande ansia: 

- Ciao, mamma! Non sai il premio che il professor Luis darà a chi vincerà il miglior racconto su ciò che sogniamo di fare da grandi? 

La madre e i fratelli lo guardarono incuriositi e risposero: 

- Qual è il premio?

- Chi vincerà questo saggio riceverà due biglietti per la pista di ghiaccio!

- Impressionante", disse la madre in tono sorpreso. - Sapete già di cosa scriverete? L'anno scorso sognavi di fare l'archeologo, come Indiana Jones. 

I suoi fratelli maggiori, Lucía e Paco, si misero a ridere. Arrossendo, Tomás rispose:

- Beh, non più, mamma, l'anno scorso ero un bambino, ora sono più grande, mi piacciono altre cose. Per esempio, mi piacerebbe essere un ingegnere, come papà; o un medico, per guidare un'ambulanza; o un insegnante, per non dover dare i compiti ai bambini; o forse mi piacerebbe essere un avvocato e avere un ufficio con una grande sedia come lo zio Manuel.

Maria, la sorella di cinque anni, lo interrompe con la voce di una vecchia imperatrice: 

- Potresti fare il pompiere, ti piace molto il fuoco... vero, mamma? 

Marta, la madre, si mise a ridere.

- Non so... come ho detto, ci sono molte professioni che mi attraggono. Quello di cui sono sicuro è che voglio fare qualcosa di importante", ha continuato Tomás.

Pochi secondi prima di arrivare a casa, Tomás chiese a Marta:

- Mamma, qual era il tuo sogno da bambina e l'hai realizzato?

Marta rimase senza parole alla domanda e, dopo alcuni secondi che al ragazzo sembrarono un'eternità, rispose:

- Beh, fammi pensare. Oh, eccoci qui, entriamo perché fa molto freddo e facciamo una bella merenda, ho preparato dei churros ripieni di dulce de leche! 

- Bene! - gridarono tutti, festeggiando il delizioso spuntino.

Martha era un po' angosciata dalla domanda. Prima che si sedessero tutti a tavola, si sentì il rumore della porta e lei aggiunse:

- Papà è qui! 

Dopo aver mangiato tutti insieme, Marta disse a Giovanni, suo marito: 

- Tesoro, vado un attimo a casa di mio padre per portargli delle medicine, ha il raffreddore. Tornerò verso le 20.00. 

Juan l'aveva notata un po' strana durante lo spuntino pomeridiano, ma pensò di chiederle cosa le fosse successo dopo cena, quando sarebbero stati più rilassati per parlare. 

Non appena Marta entrò dalla porta, suo padre notò che aveva un aspetto un po' strano.

- Ciao, papà, sono qui, ti ho portato le medicine. Come va il raffreddore?

- Figlia mia, ora sto meglio, ma vorrei piuttosto chiederti: come stai? Vedo che sei angosciata.

- Niente, papà, perché dici così?

- Hai una faccia... Dai, ti conosco, cosa c'è che non va?

- Oh, papà, ti rendi conto di tutto, di come mi conosci, non posso ingannarti.

- Sediamoci un attimo", disse il padre.

Martha, facendo un respiro profondo, disse: 

- Sono andata a prendere i bambini a scuola e Tomás ci ha parlato del compito che gli era stato assegnato per Natale: scrivere cosa sognano di fare da grandi. 

- Beh, non è questo che ti preoccupa, vero? 

- No, papà. È successo che Tomi ci ha raccontato quali sono i suoi sogni: diventare un grande ingegnere, o un medico, o un insegnante o un prestigioso avvocato. Poi mi ha chiesto cosa sognavo da piccola e se l'avevo realizzato. Questo è ciò che mi ha ferito e angosciato. Sai che ho sempre sognato di andare all'università, ma la vita si è complicata e non ho potuto realizzarlo. Non ho realizzato il mio sogno e ora sono una semplice casalinga senza alcuna professione.

Prima che Marta potesse parlare ancora, il padre la prese per mano e le disse:

- Marta, figlia mia, come mai non hai realizzato il tuo sogno? La tua famiglia, la tua casa, il tuo sogno non sono stati realizzati? E perché sei una semplice casalinga senza professione? Avete tutte le professioni che Tomasito sogna. Sei un ingegnere, perché hai costruito una grande cattedrale, la tua bella famiglia; sei un medico, la settimana scorsa hai curato Juan da quella brutta influenza grazie alle tue cure e ora stai curando me; sei anche un insegnante, gli amici dei tuoi figli non vengono a casa tua a fare i compiti perché tu glieli spieghi così bene; e sei un avvocato, perché li difendi dalle ingiustizie della vita. E soprattutto, fate in modo che Dio sia nella vostra casa, nella vostra cucina, alla vostra tavola, nella vita della vostra gente. 

E prima di vedere Marta scoppiare in lacrime, aggiunse:

-E ora prendiamo una tazza di tè caldo.

Erano le 20.00 e Marta si spaventò:

  • Oh, è così tardi! Papà, ora devo andare, devo preparare la cena. Grazie come sempre, è un piacere averti con noi! Papà, cosa farei senza i tuoi saggi consigli? 

Marta saluta il padre con un grande abbraccio e un grande sorriso. E così si incamminò verso casa, avvolta dal calore della gioia ritrovata, che annientava il freddo polare, e in questo modo la sua riscoperta la riportò a casa in un attimo. 

Quando aprì la porta di casa sua, trovò una scena accattivante: Juan, suo marito, che leggeva una storia al piccolo Pedro; María, che giocava con il bue e l'asino nel presepe; Tomás, che scriveva i suoi compiti per vincere i biglietti del pattinaggio, e un odore di salsa di pomodoro la condusse in cucina, dove trovò Paco e Lucía che preparavano delle pizze. In quel momento, dopo aver osservato con attenzione tutto ciò che aveva visto da quando era entrata nella porta, Marta si commosse, con gli occhi come vetro sotto la pioggia, ricordando le parole che suo padre le aveva detto solo pochi minuti prima.

- Mamma, cosa c'è che non va?", chiese Lucia.

Sorridendo, Marta disse:

-Tutto bene, non ho niente che non vada, figlia, vado a preparare la tavola, mi hanno già risparmiato abbastanza lavoro per preparare la cena.

Quando i sette si sedettero a tavola, Lucía prese la parola e, guardando Marta sorridente, disse in tono adolescenziale:

- Papà, la mamma ha qualcosa che non va e non vuole dircelo. È molto strana da quando è tornata a casa dal nonno.

John guardò Martha e disse: 

-Cosa c'è, tesoro?

Marta, sorridendo, disse con voce gentile: 

- Non preoccupatevi, va tutto bene. La verità è che sono molto felice perché ho già ricevuto il mio regalo di Natale.

In quel momento, il piccolo Pedrito si precipitò in salotto per vedere se c'era un regalo per lui sulla mensola del camino. 

- Mamma, che regalo hai ricevuto?", chiese Tomás incuriosito.

- Non è ancora il 6 gennaio", continua Maria con un'espressione sorpresa.

Mentre Paco mangiava tutta la pizza, Pedrito tornò nella sala da pranzo gridando con tono deluso:

- Mamma, mamma, non c'è nessun regalo per me nel camino! 

Marta, con una risata sorniona, prese Pedrito per mano e, guardando tutti, disse:

- Vediamo, il regalo di Natale che ho ricevuto siete voi, la mia famiglia, il mio sogno realizzato. 

A questo punto Pedrito, non capendo cosa stesse succedendo a tavola, chiese ancora una volta: 

-Mamma, papà, dov'è il mio regalo", e tutti scoppiarono a ridere.

L'autoreSantiago Populín Tale

Laurea in Teologia presso l'Università di Navarra. Laurea in Teologia spirituale presso l'Università della Santa Croce, Roma.

Per saperne di più
Risorse

La storia di "Notte silenziosa" ("Stille Nacht")

"Silent Night, Holy Night": così inizia in lingua originale uno dei canti natalizi più conosciuti al mondo, cantato in tutte le lingue possibili nei cinque continenti. Quando e come è nata e chi è il compositore di questo famoso canto, forse Wolfgang Amadeus Mozart in persona? Diamo uno sguardo al passato dell'Europa: ecco la storia di "Silent Night".

Fritz Brunthaler-24 dicembre 2022-Tempo di lettura: 7 minuti

Le circostanze storiche

L'anno era il 1818. Le guerre contro Napoleone avevano portato grandi difficoltà al popolo. La regione di Salisburgo, un principato ecclesiastico del Sacro Romano Impero, governato per secoli da un arcivescovo, aveva perso la sua indipendenza nel 1805 ed era completamente impoverita. Le cronache raccontano che folle di mendicanti si aggiravano per le strade della città di Salisburgo, chiedendo alla popolazione donazioni caritatevoli per sopravvivere. Le conseguenze della guerra non si fecero sentire solo in città e in campagna: distruzione, saccheggio e morte. 

Le disposizioni del Congresso di Vienna del 1814-1815 tracciarono il nuovo confine tra Baviera e Austria 20 chilometri a nord di Salisburgo, attraverso il centro della città di Laufen, lungo il fiume Salzach, in modo che il piccolo sobborgo di Oberndorf fosse tagliato fuori dal centro della città. Le famiglie vengono distrutte e la città si impoverisce, poiché i barcaioli e i costruttori navali perdono ciò che per secoli era stato alla base della loro prosperità, ossia i privilegi per il trasporto del sale lungo il Salzach fino al Danubio e attraverso quest'ultimo fino all'Ungheria. Seguono catastrofi alluvionali e fallimenti dei raccolti, come quello del 1816, passato alla storia come "anno senza estate", perché l'eruzione del vulcano Tambora in Indonesia ha un impatto negativo sul clima mondiale. Tempi incerti, povertà, difficoltà: cosa può dare speranza?

Vigilia di Natale, 24 dicembre 1818

Non ci sono prove certe che i topi abbiano rosicchiato i mantici dell'organo della chiesa di San Nicola a Oberndorf fino a renderli inutilizzabili. Il fatto è che l'organo, da tempo bisognoso di restauro, non funziona più - ed è la vigilia di Natale! L'assistente pastorale Joseph Mohr, 26 anni, sta cercando una soluzione per l'arrangiamento musicale natalizio. Porta una poesia natalizia di sei strofe all'organista Franz Xaver Gruber, che la mette in musica. L'aveva scritta nel 1816 a Mariapfarr, una località nel cuore delle Alpi, quando era viceparroco. Forse la raffigurazione del Bambino Gesù sulla pala d'altare, con una suggestiva testa riccioluta, gli ispirò il verso della prima strofa: "Dolce ragazzo dai capelli ricci". 

Lo stesso giorno, Gruber compose una semplice melodia per due voci e coro. "Silent Night, Holy Night" è stata cantata dopo la Messa di mezzanotte da Joseph Mohr (tenore) e Franz Xaver Gruber (basso) a due voci a lume di candela accanto al presepe nella chiesa - ora nella città dell'Alta Austria di Ried - accompagnati da Mohr alla chitarra. L'albero di Natale era ancora sconosciuto all'epoca e si diffuse solo nella prima metà del XIX secolo in Europa centrale.

Gli abitanti di Oberndorf - contadini, artigiani, barcaioli - festeggiavano il Natale decorando le loro case con legno di conifere e rami di abete rosso. Poi pulirono accuratamente tutte le stanze e passarono in rassegna tutte le stanze e la stalla con una ciotola di incenso acceso. La sera andavano in chiesa per la Messa di mezzanotte. Lì, queste persone semplici di Oberndorf ascoltarono per la prima volta la canzone "Silent Night", che toccò subito i loro cuori: in quei tempi di guerra, di bisogno e di insicurezza, era un messaggio di pace, di raccoglimento e di salvezza grazie al Bambino appena nato: "Gesù, il Salvatore, è qui!

Il popolo

Joseph Mohr nacque nella città di Salisburgo nel 1792. Era un figlio illegittimo, ma sua madre non era affatto una donna di vita leggera, perché a quel tempo la gente semplice poteva sposarsi solo se il proprietario terriero o le autorità politiche lo permettevano. Giuseppe era una persona dotata, soprattutto dal punto di vista musicale, ed era aiutato da signori spirituali. Sembra che non avesse altra alternativa che diventare sacerdote. Non si è mai fermato a lungo in un luogo come pastore, forse anche a causa della sua fragile salute, soprattutto dei polmoni. Rimase a Oberndorf solo per due anni, dal 1817 al 1819.

Grazie alla sua esperienza, come sacerdote fu sempre attento ai poveri. Quando fu accusato di aver comprato un capriolo da un bracconiere, si giustificò dicendo che era per i più poveri tra i poveri. A Wagrain ha venduto la sua mucca per permettere ai bambini di comprare i libri di scuola. Come parroco gli piaceva stare con la gente, sedersi con loro nella locanda, suonare la chitarra che spesso portava con sé. Non visse per vedere la fama della sua canzone: morì nel 1848 per una paralisi polmonare ed è sepolto a Wagrain. Non si sa esattamente quale fosse il suo aspetto, poiché non è sopravvissuta alcuna foto.

Franz Xaver Gruber ebbe, per certi versi, una vita più facile di Mohr. È nato nel 1787 a Hochburg, nel Salisburghese. Grazie al suo talento musicale - secondo la tradizione, già a 12 anni suonava l'organo in chiesa - riuscì a convincere i genitori e, pur non essendo un musicista professionista, divenne insegnante ed esecutore di musica, in particolare dell'organo. Nel 1816 fu insegnante di scuola elementare e organista ad Arnsdorf, un piccolo villaggio a tre chilometri a nord di Oberndorf, e in seguito anche assistente organista a Oberndorf.

Dai suoi tre matrimoni - le mogli erano tutte morte - ebbe dodici figli, di cui solo quattro sopravvissero. Forse anche il suo amore per la musica lo aiutò a superare queste perdite, perché per lui "Silent Night" non fu inizialmente la sua grande opera: compose diverse messe, che ora sono state pubblicate. Nel 1854 fu determinante per chiarire la paternità di "Silent Night", quando si era ipotizzato che la musica potesse provenire da Michael Haydn, compositore di corte a Salisburgo e fratello minore del più noto Joseph Haydn. In risposta a una richiesta di informazioni da parte della Cappella Reale di Corte Prussiana sugli autori della canzone, egli menzionò Joseph Mohr e se stesso, indicando la composizione della canzone il 24 dicembre 1818. Franz Xaver Gruber morì nel 1863 e fu sepolto a Hallein.

La canzone

Quando "Silent Night, Holy Night!" suonò per la prima volta la notte del 24 dicembre 1818, nessuno, nemmeno i suoi due creatori Gruber e Mohr, poteva immaginare che sarebbe diventata così conosciuta e popolare. Una melodia semplice, conforme alle istruzioni delle autorità ecclesiastiche per la coltivazione dei canti religiosi dell'epoca, in tempo 6/8, per due voci e coro, non è un inno liturgico. Non si tratta di un inno liturgico in senso stretto, per questo è entrato presto nelle case borghesi per la celebrazione del Natale, favorito anche dall'uso della lingua colta al posto del dialetto. La melodia presenta caratteristiche sia del canto pastorale che della ninna nanna, ed entrambe si ritrovano nel tipo melodico "siciliano", di cui sono caratteristici la dolce melodia e il ritmo oscillante.

All'inizio era considerata una "canzone tirolese", perché l'organaro Mauracher della Zillertal, in Tirolo, che nel 1824 si offrì di restaurare l'organo di Oberndorf, lo riportò nella sua patria. Diverse famiglie di cantori della Zillertal diffusero la canzone: si dice che la famiglia Rainer la cantasse già nel Natale del 1819, e tre anni dopo anche per l'imperatore Francesco I d'Austria e il suo ospite russo, lo zar Alessandro. La famiglia Strasser, anch'essa originaria della Zillertal, produceva guanti e combinava le esibizioni alle fiere con spettacoli musicali. È provato che i quattro bambini Strasser cantarono "Silent Night" a Lipsia nel Natale del 1831.

I viaggi canori della famiglia Rainer li portarono a New York, dove "Silent Night" fu ascoltata per la prima volta nel 1839. La canzone si diffuse ancora di più grazie alla sua inclusione in varie raccolte e tra gli inni liturgici protestanti, il che si spiega con il fatto che il testo della canzone sottolineava meno la forte devozione cattolica a Maria che era comune nel Natale dell'epoca. Nel XIX secolo ci furono persino voci critiche da parte di ecclesiastici cattolici: sul testo, perché secondo loro era sentimentale e di cattivo gusto, e quindi non poteva catturare il mistero del Natale; sulla melodia, perché era piatta e monotona, e perché erano preferibili altri inni religiosi. Ma questo non ha impedito che si diffondesse in tutto il mondo.

Oggi

La chiesa di San Nicola, dove fu ascoltata per la prima volta "Silent Night", fu demolita all'inizio del XX secolo a causa delle continue inondazioni e del pericolo di cedimenti. Dal 1937, la cappella commemorativa ottagonale Gruber-Mohr si trova in un luogo sicuro a Oberndorf.

Esistono traduzioni e versioni della canzone in più di 320 lingue e dialetti. Di solito si cantano la prima, la seconda e la sesta strofa.

Nei luoghi in cui Gruber e Mohr sono nati e hanno lavorato, a Salisburgo e nell'Alta Austria, ci sono musei e monumenti commemorativi della Notte silenziosa. Ma anche altrove, tra cui negli Stati Uniti, a Frankenmuth, nel Michigan, esiste un vasto archivio legato alla canzone, donato dalla famiglia Bronner, e nella proprietà adiacente ci sono targhe con il testo di "Silent Night" in 311 lingue.

Nel 2004, a un asteroide è stato dato il nome di "Gruber-Mohr". Nel 2011, "Silent Night, Holy Night" è stata riconosciuta dall'UNESCO come patrimonio culturale immateriale dell'umanità.

Il testo originale in tedesco e il testo in traduzione spagnola

Il testo originale di "Silent Night" è riportato di seguito, così come una traduzione privata diretta, senza rime né adattamenti.

Testo originale di Joseph Mohr in tedesco

1. Stille Nacht! Heilige Nacht! Tutto si dissolve; tutto va avanti Nur das traute heilige Paar. Holder Knab im lockigten Haar, Schlafe in himmlischer Ruh! Schlafe in himmlischer Ruh!

2. Stille Nacht! Heilige Nacht! Gottes Sohn! O wie lacht Lieb' aus deinem göttlichen Mund, Da uns schlägt die rettende Stund`. Gesù in deiner Geburt! Gesù in deiner Geburt!

3. Stille Nacht! Heilige Nacht! Die der Welt Heil gebracht, Aus des Himmels goldenen Höhn Uns der Gnaden Fülle läßt seh'n Jesum in Menschengestalt, Jesum in Menschengestalt

4. Stille Nacht! Heilige Nacht! Wo sich heut alle Macht Väterlicher Liebe ergoß Und als Bruder huldvoll umschloß Jesus die Völker der Welt, Jesus die Völker der Welt.

5. Stille Nacht! Heilige Nacht! Lange schon uns bedacht, Als der Herr vom Grimme befreit, In der Väter urgrauer Zeit Aller Welt Schonung verhieß, Aller Welt Schonung verhieß.

6. Stille Nacht! Heilige Nacht! Hirten erst kundgemacht Durch der Engel Alleluja, Tönt es laut bei Ferne und Nah: Jesus der Retter ist da! Jesus der Retter ist da!

Traduzione privata in spagnolo

1. Notte silenziosa, notte santa! Tutti dormono; solo la santa coppia veglia in solitudine. Dolce bambino dai capelli ricci, dormi nel riposo celeste! Dormi nel riposo celeste!

2. Notte silenziosa, notte santa, Figlio di Dio! Oh, come ride l'amore nella tua bocca divina, quando suona per noi l'ora della salvezza, Gesù, nella tua nascita! Gesù nella tua nascita!

3. Notte silenziosa, notte santa! Colei che ha portato la salvezza al mondo, dalle altezze dorate del cielo ci fa vedere la pienezza della grazia, Gesù in forma umana, Gesù in forma umana!

4. Notte silenziosa, notte santa! Dove oggi si è riversata tutta la potenza dell'amore paterno, e come un fratello Gesù ha abbracciato con gentilezza i popoli del mondo, Gesù i popoli del mondo.

5. Notte silenziosa, notte santa! Avendo da tempo pensato a noi, quando il Signore libera dall'ira, nel tempo remoto dei padri promise l'indulgenza a tutto il mondo, promise l'indulgenza a tutto il mondo.

6. Notte silenziosa, notte santa! Reso noto per la prima volta ai pastori dall'Alleluia degli angeli, risuona forte in lungo e in largo: Gesù, il Salvatore, è qui! Gesù, il Salvatore, è qui!

L'autoreFritz Brunthaler

Austria

Per saperne di più

L'inizio di una storia

Un breve racconto che ricorda ciò che può aver circondato quell'evento che ha segnato il corso della storia.

23 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

Un giovane di appena vent'anni cammina lungo la strada, portando per la sella un asino con la sua bisaccia e alcuni seroni in cui trasporta il necessario per il viaggio. In cima all'animale, orgogliosa del suo carico, una donna, quasi una ragazza, quasi cresciuta, se non lo è già. Giuseppe, preoccupato, continua a guardare la moglie vergine: "Stai bene, vuoi che ci riposiamo? "Non preoccuparti Giuseppe", sorride Maria, "il Bambino e io stiamo bene. Credo che l'andatura stanca dell'asino lo abbia fatto addormentare. Non si muove quasi più"; ma Giuseppe non si calma.

C'è troppa confusione nel villaggio. Cercano un luogo più tranquillo per godersi la propria privacy. Arrivano a una grotta attrezzata per le stalle e gli attrezzi, dove si fermano.

Quasi tutto è organizzato dalla Divina Provvidenza. Quasi tutto, perché ci sono cose che il Signore lascia organizzare a sua Madre e, ora che il parto sembra imminente, è lei a prendere il comando.

Mentre Giuseppe toglie le briglie all'asino e mette le cose dentro, Maria pulisce e mette in ordine la stalla. Rimuove la paglia sporca e prepara un pavimento di paglia pulita su cui sparge del rosmarino come tappeto. Sullo sfondo c'è una mangiatoia, che la donna riempie con il suo morbido mantello come materasso, sul quale stende un panno di filo che la madre aveva preparato per lei. Sarà il caporale ad accogliere il bambino.

Quando i preparativi sono terminati, finalmente si siedono per riposare. Sullo sfondo, un mulo caparbiamente docile e un bue coraggioso e gentile si ergono a testimonianza, offrendo loro protezione e compagnia. Seduti per terra, tenendosi per mano, Giuseppe e Maria parlano a bassa voce.

I due stavano parlando, o stavano pregando, quando Maria strinse le mani di Giuseppe:

-Mi sembra che sia già qui.

L'aria si assottigliò, la luna si fermò per un attimo e il miracolo si compì! Quasi senza che Maria se ne accorga, il Bambino passa dal suo seno al cespuglio di rosmarino, per tornare dal cespuglio di rosmarino al suo fianco.

Così, in modo così semplice, la terra ha ricevuto l'irruzione di Dio nel tempo, la presenza abbagliante del divino nella vita ordinaria.

Con l'esperienza che deriva dall'amore di una madre, Maria prende in braccio il Figlio, lo stringe dolcemente al petto, gesto che ripeterà anni dopo ai piedi della Croce, e lo bacia, il suo primo bacio al Dio fatto uomo!

- Mio Figlio e mio Dio!

Le prime lacrime d'amore scendono sul capo del Bambino, come un battesimo.

Gesù, Parola eterna del Padre, il neonato tace. La Vergine, ignara di tutto, guarda il Figlio che sorride e le fa tornare in mente i ricordi che ha conservato nel suo cuore. Ricordi di nove mesi fa, quando l'Arcangelo Gabriele le fece la proposta più sorprendente mai ricevuta da un essere umano: "Vuoi essere la Madre di Dio, vuoi essere il co-redentore dell'umanità?

Ora i tre sono soli nella cattedrale di Betlemme in una serena esplosione d'amore. La creatura è stata creata per amare e si perfeziona nel dono di sé, quindi l'amore è un dono gratuito di amore ricevuto da Dio, accettato con umiltà. Gli angeli contemplano con ammirazione il flusso d'amore in cui si afferma questa Santa Famiglia.

La gente viene alla stalla. Donne avvolte nei loro mantelli che portano ceste di cibo; altre, più giovani, con lenzuola ricamate per avvolgere il Bambino; uomini rudi, del villaggio, per dare una mano in qualsiasi cosa sia necessaria, e bambini, molti bambini che nessuno sa da dove vengano. Sono quelli che sono andati in cielo prima di nascere. Alcuni perché lo ha voluto la Vergine Maria, altri perché le loro madri non hanno aperto loro le braccia e hanno dovuto rifugiarsi tra le braccia della Madre Gentile. Lo hanno aspettato a lungo e ora, finalmente, possono goderne.

Una carovana colorata si muove alla periferia del villaggio. Sono re, o magi, o qualcosa del genere. Con la solennità che si addice al loro rango entrano nella stalla, salutano la Madre, baciano i piedi del Bambino in adorazione - la conoscenza di Dio è inseparabile dall'adorazione - e, secondo l'usanza orientale, si avvicinano al padre per abbracciarlo e offrirgli dei doni: l'oro, per incoronare il Re, l'incenso, per adorare il Dio, la mirra, per imbalsamare il Redentore.

Come è proseguita la storia, credo che, dopo molte vicissitudini, la famiglia si sia stabilita a Nazareth e vi abbia vissuto per molti anni; ma questo è un altro capitolo, ora ci stiamo godendo questo.

L'autoreIgnacio Valduérteles

Dottorato di ricerca in Amministrazione aziendale. Direttore dell'Instituto de Investigación Aplicada a la Pyme. Fratello maggiore (2017-2020) della Confraternita di Soledad de San Lorenzo, a Siviglia. Ha pubblicato diversi libri, monografie e articoli sulle confraternite.

Per saperne di più
Risorse

I migliori canti per le feste

Omnes vi propone un elenco di canti natalizi da ascoltare in questo periodo di festa.

Paloma López Campos-23 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il conto alla rovescia per la vigilia e il giorno di Natale è iniziato. Tra preparativi, pasti e commissioni dell'ultimo minuto, vi lasciamo una lista con alcuni canti natalizi per trascorrere questi giorni di festa.

Mary, lo sapevi? - Pentatonix

Sarò a casa per Natale - Michael Bublé

In the bleak mid-winter - I ragazzi del coro

O Notte Santa - Il Coro del Tabernacolo

Che nevichi - Frank Sinatra

Tu scendi dalle stelle - I tre tenori

Veni, veni Emmanuel - Inno cattolico

Il burrito di Belén - Juanes

Canzone di Natale - José Luis Perales

Sizalelwe Indonana - Musica di Kimbolton Prep

O Tannenbaum - Andrea Bocelli

Adeste, fideles - Ars Cantus

Il est né le divin enfant

Per saperne di più
Mondo

Il Cardinale FiloniDobbiamo amare la Terra Santa": "Dobbiamo amare la Terra Santa".

Il Cardinale Filoni, Gran Maestro dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro, parla ad Omnes della Terra Santa e del suo rapporto con i cristiani di tutto il mondo.

Federico Piana-23 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

C'è un'istituzione della Chiesa cattolica che ha una missione che non è mai cambiata nel corso dei secoli: curare e sostenere i cristiani del mondo. Terra Santa. Si tratta dell'Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, le cui origini storiche risalgono al 1336 e al quale si deve San Giovanni Paolo II concesso la personalità giuridica vaticana.

Oggi l'Ordine conta 30.000 cavalieri e dame laici in tutto il mondo, è organizzato in 60 Luogotenenze e una dozzina di Delegazioni Magistrali, e circa due anni fa ha rinnovato il proprio statuto con l'approvazione di Papa Francesco. "Crediamo che la Terra Santa non possa essere considerata un sito archeologico di fede, ma debba essere una realtà viva fatta dalle famiglie cristiane che vi abitano e dai tanti pellegrini che la visitano ogni anno", spiega il cardinale Fernando Filoni, Gran Maestro dell'Ordine, secondo il quale la forza dell'istituzione che dirige "è radicata nel grande entusiasmo che i suoi membri mettono in tutte le attività che svolgiamo".

Nel complicato contesto internazionale di oggi, come riesce l'Ordine a svolgere la sua missione principale? 

- Innanzitutto, dobbiamo dire che dobbiamo amare la Terra Santa: non solo per ciò che rappresenta culturalmente, ma soprattutto per il fatto che Gesù è nato, ha vissuto, ha predicato e ha svolto lì la sua missione di salvezza. Ora, sostenere i cristiani significa continuare la presenza di una realtà viva in Terra Santa. La prima comunità cristiana era costituita dai discepoli del Signore e non si è mai estinta. Ciò significa, tuttavia, che questa "Chiesa madre", che poi ha dato vita, attraverso l'evangelizzazione, a molte altre Chiese nel mondo, deve essere sostenuta. Ecco perché le Chiese del mondo sentono il dovere di sostenere la Chiesa in Terra Santa in questo momento storico, perché la presenza dei cristiani in queste zone è molto diminuita, e se non c'è un contributo finanziario oltre che emotivo, la Terra Santa rischia di diventare un sito turistico, un sito archeologico della fede. E noi non vogliamo che questo accada. Il sostegno dell'Ordine alla Terra Santa serve ad aiutare tutti coloro che hanno una ragione di vita in Terra Santa: non solo i cristiani, ma anche gli ebrei e i musulmani.

Recentemente, l'Ordine si sta sviluppando anche in Slovacchia e ha avviato progetti di espansione in Africa: in cosa consiste questo grande sforzo e quali sono le motivazioni?

- La nostra intenzione è quella di aprire un po' di più l'Ordine, che è già molto presente nei Paesi europei e in Nord America. L'idea è di aumentare la nostra presenza in Sud e Centro America, ma anche di avviare alcuni progetti in Africa e Asia. Facciamo tutto questo perché l'Ordine è aperto a tutti: e la preoccupazione per la Terra Santa deve portare anche tutte le altre Chiese del mondo - siano esse maggioritarie o minoritarie - ad avere a cuore la Terra Santa. Se la Chiesa è cattolica, la cattolicità deve raggiungere anche quelle realtà continentali che al momento sono meno presenti, ma che non devono essere escluse. I nostri cavalieri e dame non sono quelli che si occupano occasionalmente della Terra Santa, ma che lo fanno con una stabilità di impegno, ed è bello pensare che si possano formare anche in Paesi dove l'Ordine è oggi meno presente.

Quale impegno è richiesto oggi ai membri dell'Ordine in tutto il mondo, ed è cambiato rispetto alle nuove sfide geopolitiche globali?

- Dico sempre che l'impegno dei membri dell'Ordine poggia su tre pilastri: la formazione spirituale, nata dal mistero della Passione, Morte e Risurrezione del Signore, l'amore per la Terra Santa e la dedizione alla propria Chiesa locale. In generale, i nostri cavalieri e le nostre dame sono laici, professionisti altamente qualificati, che possono dare un contributo davvero qualificato a ogni Chiesa locale. Il loro amore per la Chiesa locale si estende a tutta la Terra Santa.

Come l'Ordine sta vivendo il cammino sinodale?

- L'Ordine non è una diocesi e, sebbene io scherzi dicendo di essere un parroco con 30.000 fedeli sparsi in tutto il mondo, non è nemmeno una parrocchia. I suoi membri fanno parte delle Chiese locali e, come tali, portano e porteranno il loro contributo all'intero percorso sinodale.

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

Vaticano

Gratitudine, conversione e pace: gli auguri del Papa alla Curia romana

Papa Francesco ha tenuto il tradizionale incontro natalizio con i collaboratori della Curia vaticana. Conversione, gratitudine e perdono sono stati al centro delle parole del Santo Padre nel suo discorso di quest'anno.

Giovanni Tridente-22 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

Per il suo decimo discorso alla Curia romana in occasione dello scambio di auguri natalizi, Papa Francesco ha scelto la pratica di un prolungato "esame di coscienza", basato su un profondo atteggiamento di gratitudine, per favorire una vera conversione dei cuori e generare sentimenti di pace nell'ambiente.

Ricevendo in udienza i Cardinali e i Superiori della Curia Romana, il Pontefice ha ripetuto la pratica della parresia, cioè dire liberamente cose che non vanno, ma proporre una "soluzione" realistica a ogni caduta che può sorgere nella Chiesa, e in particolare nella Curia Romana.

Francesco ha parlato innanzitutto della necessità di "tornare all'essenziale della propria vita", liberandosi da tutto ciò che è superfluo e che impedisce un vero cammino di santità. Per questo, però, è importante avere "memoria del bene" ricevuto da Dio ad ogni passo della nostra vita, per raggiungere quell'atteggiamento interiore che porta alla gratitudine.

Lo sforzo è quello di fare, in ogni circostanza, un esercizio consapevole di "tutto il bene possibile", superando l'"orgoglio spirituale" che ci fa credere di aver già imparato tutto o di essere al sicuro e dalla parte giusta.

Questo processo si chiama "conversione" e si traduce nella "vera lotta contro il male", riuscendo a smascherare anche quelle tentazioni più insidiose, spesso mascherate, che ci fanno "confidare troppo in noi stessi, nelle nostre strategie, nei nostri programmi". A questo proposito, il Pontefice ha citato specificamente il rischio del "fissismo" (come se non ci fosse bisogno di una maggiore comprensione del Vangelo) e dello "spirito pelagiano", nonché l'eresia di non tradurre il Vangelo "nelle lingue e nei modi di oggi".

Papa Francesco vede il più grande esempio di questo tipo di conversione nella Chiesa nel Concilio Vaticano II, la più grande e recente occasione per "comprendere meglio il Vangelo, per renderlo attuale, vivo e operativo in questo momento storico". Ed è in questa scia che si inserisce il cammino sinodale attualmente in corso, perché la "comprensione del messaggio di Cristo non ha fine e ci provoca continuamente".

Tra le parole chiave usate dal Santo Padre per non convertirsi continuamente c'è "vigilanza" proprio nei confronti di tutti quei "demoni educati" che si insinuano nelle nostre giornate senza che ce ne accorgiamo, causando tra l'altro l'inganno di "sentirsi giusti e disprezzare gli altri". È qui che entra in gioco "la pratica quotidiana dell'esame di coscienza", ha suggerito Francesco, che ci permette anche di abbandonare "la tentazione di pensare che siamo al sicuro, che siamo migliori, che non abbiamo più bisogno di convertirci".

Eppure, ha avvertito il Pontefice, coloro che sono all'interno del recinto, "nel cuore stesso del corpo ecclesiale", come coloro che lavorano nella Curia romana, sono "più in pericolo di tutti gli altri, insidiati proprio "dal diavolo istruito".

Il Papa ha rivolto un ultimo pensiero alla pace, con riferimento senza dubbio all'Ucraina e a tutte le altre parti del mondo, dove nel fallimento di questa tragedia e nel rispetto di coloro che vi soffrono "possiamo solo riconoscere Gesù crocifisso". Ma anche qui non dobbiamo essere ingenui, perché se ci preoccupiamo della cultura della pace, dobbiamo essere consapevoli che "inizia nel cuore di ciascuno di noi".

Questo significa che anche tra gli "ecclesiastici", e forse soprattutto, dobbiamo sradicare "ogni radice di odio, di risentimento verso i fratelli che vivono accanto a noi".

"Ognuno cominci da se stesso", ha aggiunto Papa Francesco, citando i tanti tipi di violenza che non riguardano solo le armi o la guerra, ma - proprio pensando agli ambienti curiali - la violenza verbale, la violenza psicologica, l'abuso di potere o la violenza nascosta del pettegolezzo: "Deponiamo ogni arma di qualsiasi tipo".

Infine, l'invito a praticare la misericordia, riconoscendo che tutti possono avere dei limiti e che "non c'è una Chiesa pura per i puri", e a esercitare il perdono, dando sempre un'altra possibilità, poiché "si diventa santi per tentativi ed errori".

L'anno della Curia: riforma e più laici

Il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, ha salutato il Santo Padre a nome della Curia romana. Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, ha salutato il Santo Padre a nome dei membri della Curia romana. Nel suo saluto, il cardinale Re ha ricordato "la drammatica situazione che l'umanità sta attraversando, non solo a causa della pandemia di Covid, che non è ancora terminata nel mondo, ma soprattutto a causa delle tragiche guerre, che continuano a far versare fiumi di lacrime e di sangue", e ha fatto riferimento in particolare alla guerra con l'Ucraina, che si avvicina al suo primo anniversario e di fronte al quale "Sua Santità ha continuamente alzato la voce per chiarire che 'con la guerra siamo tutti sconfitti' e per sottolineare che la guerra è una follia, un inutile massacro, una mostruosità, chiedendo con forza la fine delle armi e seri negoziati di pace".

Per quanto riguarda la Curia, il Decano del Collegio Cardinalizio ha sottolineato che "l'anno che si sta concludendo continua ad essere segnato dalla riforma promulgata con la Costituzione Apostolica Praedicate EvangeliumHa anche sottolineato "la soddisfazione in Curia per l'aumento del numero di uomini e donne laici in varie posizioni di responsabilità importanti, che non presuppongono il sacramento dell'Ordine". "Questa riforma", ha sottolineato, "ci impegna tutti a una spiritualità più profonda, a una maggiore dedizione e a un più intenso spirito di servizio, con un intimo senso di responsabilità verso la Chiesa e il mondo e con una più intensa fraternità tra di noi".

Il cardinale Re ha anche ricordato i viaggi del Santo Padre in Canada, Bahrein e Malta, che dimostrano il suo impegno ad affrontare "i problemi turbolenti della società".

Per saperne di più
Iniziative

Gesù è nato per tutti

Dopo due anni, torna "Seminatori di stelle", una delle iniziative di Infancia Misionera per celebrare il Natale in Spagna.

Paloma López Campos-22 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

L'obiettivo di questa iniziativa è che i membri più giovani della famiglia diventino giovani missionari, restituendo al Natale il suo vero significato. I bambini scendono in strada e distribuiscono adesivi con lo slogan "Gesù è nato per te", intonano canti natalizi e camminano per le strade.

Seminatori di Stelle è nato nel 1977, grazie a un sacerdote gesuita. Grazie a lui, nelle ultime settimane di Avvento, centinaia di bambini si recano nei loro villaggi e città per fare gli auguri di Natale a tutti a nome dei missionari.

Le Pontificie Opere Missionarie propongono ai bambini un'attività artigianale per realizzare le proprie stelle con i colori missionari. Fornisce anche uno script per "l'invio dei seminatori di stelle"che consiste in un breve saluto, nella lettura di un brano del Vangelo e, infine, nell'invio.

La lettura di quest'anno è Matteo 2, 9-12: "[I magi] si misero in cammino e all'improvviso la stella che avevano visto sorgere cominciò a guidarli fino a posarsi sul luogo dove si trovava il bambino. Quando videro la stella, furono pieni di grande gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, caddero in ginocchio e lo adorarono; poi, aprendo i loro scrigni, gli offrirono doni: oro, incenso e mirra. E avendo ricevuto in sogno l'oracolo di non tornare da Erode, se ne andarono nel loro paese per un'altra strada.

Questa iniziativa serve a preparare la Giornata dei bambini missionari, che celebreremo il 15 gennaio. Grazie al sostegno dei bambini, ogni anno i missionari sono in grado di aiutare più di 4 milioni di bambini in 2500 progetti diversi delle Pontificie Opere Missionarie.

Crea la tua stella missionaria