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Il giocatore d'azzardo" di Dostoevskij: storia di una dipendenza

In quest'opera magistrale, Dostoevskij ci mostra due chiavi per guardare correttamente nel labirinto della dipendenza: la storia di ogni essere umano e la resa irrazionale alla passione.

Juan Ignacio Izquierdo Hübner-7 gennaio 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Nel XIX secolo era la roulette, oggi è il poker online. In ogni caso, la lotta di un uomo contro la dipendenza dal gioco d'azzardo può essere tanto terrificante per lui quanto enigmatica e disperata per le persone che lo circondano.

Capita spesso che chi vede una persona cara sprecare il proprio tempo negli ostinati miraggi della fortuna cerchi di fermarla, di aiutarla, di farla ragionare... e invece riesce solo ad alternare allarme e frustrazione per le cadute e le ricadute di questa persona sempre più posseduta dal vizio. Come riflettere su questo?

Dostoevskij conosce bene l'arte di presentare personaggi borderline per mostrarci nuove dimensioni dell'essere umano. Nel romanzo "Il giocatore d'azzardo" (di sole 183 pagine!), Fëdor ci presenta la caduta di un giovane normale negli inferi del gioco d'azzardo compulsivo. Questa storia, se la guardiamo con umiltà, ha una forza molto potente per aiutarci a empatizzare con le persone che sono cadute nella dipendenza, e anche a capire meglio noi stessi.

L'argomento

Nel romanzo emergono due filoni narrativi principali, entrambi in competizione nel cuore del protagonista: l'amore struggente per una donna e la febbre crescente per la roulette. Di fronte a queste due forze così difficili da moderare, la domanda è imminente: quale delle due conquisterà l'anima di Alexei?

La famiglia di un generale russo in pensione sta trascorrendo un periodo di svago nella città fittizia di "Rulettenburg", nel sud-ovest della Germania. Come suggerisce il nome della città, il casinò è il centro dell'attenzione.

L'atmosfera intorno alla roulette è cupa e nervosa: le persone sono trascinate dall'avidità di moltiplicare il denaro, i debiti incombono negli angoli come fantasmi beffardi e i vizi sfilano impudenti per i corridoi: avidità, egoismo, invidia, rabbia, frivolezza, disperazione, eccetera; anche se tutto questo si tinge di dissimulazione, buone maniere e generale inconsapevolezza.

All'interno dell'entourage del generale troviamo il protagonista della storia: Alexei Ivanovich, un giovane precettore russo che parla e legge tre lingue e che lavora per il capofamiglia nell'educazione dei suoi giovani figli.

Il generale è vedovo ed è innamorato di una francese sofisticata e frivola che, a detta di tutti, dirà di sì alla proposta di matrimonio non appena si saprà dell'eredità che il pretendente aspetta.

Sono accompagnati da altri membri della famiglia, un cinico francese, un inglese dal cuore gentile e la figliastra del generale, Polina, di cui Alexei è innamorato fino ai denti.

Inizialmente, il giovane Alexei riesce più o meno a respingere lo spirito di cattiveria generale, ma Polina gli chiede di giocare per la prima volta, per scommettere sul suo conto. La prima operazione gli riesce bene, e questo lo spinge a rischiare in prima persona; vince, e allora il romanzo prende un volo diverso: l'adrenalina gli scorre nelle vene, una forza lo spinge a tornare con seducenti promesse di fama, gloria e successo; si accorge lontanamente che la roulette va contro la sua ragione, ma quanto è difficile allontanarsi, come può non riconquistare ciò che ha perso?

Dopo molte vicissitudini che alternano episodi d'amore e d'angoscia, nel cuore di Alexei cresce la pulsione al gioco d'azzardo; la situazione è tesa e una catastrofe familiare fa esplodere la rete di relazioni (non ne darò i dettagli per non fare spoiler). La famiglia si disperde e il giovane Alexei si ritrova solo, degradato nella pelle di un drogato inconfessato. Non più precettore, ora è un giocatore d'azzardo compulsivo che a volte si rende conto della sua prigionia, ma non appena ottiene qualche moneta corre tra le braccia del Caso.

La sua stessa descrizione della situazione è commovente: "Vivo, manco a dirlo, in perenne ansia; gioco pochissimo e sono in attesa di qualcosa, faccio calcoli, passo intere giornate al tavolo da gioco a osservarlo, lo vedo persino nei miei sogni; e da tutto questo deduco che sto diventando insensibile, come se affondassi in un'acqua stagnante".

Il doppio volto della dipendenza

Dostoevskij sa che i problemi umani necessitano di un duplice approccio per essere risolti, quello della teoria e quello dell'esperienza. Nel suo caso, la seconda contiene spesso più informazioni della prima. In questo modo, l'autore ci conduce con un'abilità senza precedenti attraverso l'intricato labirinto di un uomo che perde gradualmente il suo autocontrollo.

Quando il caso sposta Dio dal suo trono e gli uomini si affidano a lui, quell'idolo mostra le sue zanne; a volte dà, a volte chiede; ma soprattutto chiede, e a volte chiede anche, sacrifici umani.

Alexei era un uomo che sapeva risparmiare, pianificare e vivere, ma finisce per degradarsi in qualcuno che spende, si pente e vive male. Un uomo con un futuro, una carriera e degli amici finisce per respirare come un semplice uccellino di campagna, nervoso e inconsapevole della sua alienazione, dedito anima e corpo alla ricerca di vermi da mangiare, in una voracità senza fine e senza senso.

Scorge la sua miseria, ma si condanna rimandando il cambiamento di vita a un sempre illusorio "domani".

Dostoevskij ci fornisce due chiavi per guardare correttamente nel labirinto della dipendenza: in primo luogo, ci mostra la storia di un essere umano che viene irrimediabilmente ingannato da un'esca diabolica e ci fa assistere a ogni passo, a ogni esitazione di un uomo divorato dalla passione.

Grazie a questo sforzo, ci rendiamo improvvisamente conto di essere in grado di immedesimarci nella sua sofferenza. La seconda chiave di lettura, a mio avviso più interessante, è che Dostoevskij suscita in noi l'inquietante domanda se Alexei, in qualche modo non troppo remoto, possa forse essere io.

Se foste stati nei panni di Alexei, vi sareste comportati meglio? La verità è che abbiamo la stessa probabilità di cadere nella dipendenza del personaggio di Dostoevskij; il giocatore d'azzardo del romanzo vive dentro di noi e aspetta che giochiamo con il fuoco prima di saltare dentro e prendere il controllo della nostra vita. È così, siamo perfettamente in grado di raggiungere l'ultimo gradino dell'esistenza morale (inoltre, oggi è molto più facile trovare una roulette, o altre fonti di dipendenza, perché le portiamo in tasca...).

Con la consapevolezza della nostra natura decaduta ci è più facile essere caritatevoli con il peccatore, perché come posso disprezzare qualcuno per le sue cadute, quando domani il tossicodipendente potrebbe essere io? Con questo atteggiamento umile e realistico possiamo avvicinarci a quella persona e cercare di capirla, aiutarla e persino amarla.

Questo ci apre la porta per dare un aiuto efficace, perché nell'amore per il prossimo scopriamo Cristo, e solo Lui può salvarci.

Immagino che Dostoevskij abbia pensato a tutto questo quando ha creato questi personaggi, perché ha dettato il romanzo solo tre anni dopo essere caduto nella stessa rete che ha intrappolato Alexei. Nel suo caso, tutto iniziò alla fine di agosto del 1863. Fëdor era di passaggio in Germania, oberato dai debiti, e tentò la fortuna alla roulette: vinse circa 10.000 franchi. Finora sembrava andare bene, ma ha commesso l'errore di non lasciare la città.

Una tentazione irresistibile lo spinse a tornare al casinò e così iniziò una febbre che lo avrebbe tormentato per il resto della sua vita. Scrivere "Il giocatore d'azzardo" nel 1866 lo aiutò a sopravvivere e da allora ci aiuta a vivere.

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Vaticano

Papa Francesco: "Dio ci chiama attraverso i nostri desideri più grandi".

Nella festa dell'Epifania del Signore, Papa Francesco ha recitato l'Angelus e ha tenuto una breve riflessione, come di consueto.

Paloma López Campos-6 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 6 gennaio, solennità dell'Epifania, Papa Francesco ha incentrato la consueta riflessione dell'Angelus sui doni dei tre Magi: la chiamata, il discernimento e la sorpresa.

La chiamata

Per quanto riguarda il primo dei doni, la chiamata, il Papa dice che "i Magi non l'hanno intuito leggendo le Scritture o attraverso una visione di angeli, ma studiando le stelle. Questo ci dice una cosa importante: Dio ci chiama attraverso i nostri desideri e le nostre aspirazioni più grandi". Per rispondere a questa chiamata, dice Francesco, "i Magi si lasciarono stupire e scoraggiare". Quando hanno visto la stella, "si sono sentiti chiamati ad andare oltre". Questo è importante anche per noi: siamo chiamati a non accontentarci, a cercare il Signore uscendo dalla nostra zona di comfort, camminando verso di lui con gli altri, immergendoci nella realtà. Perché Dio chiama ogni giorno, qui e oggi, nel nostro mondo".

Discernimento

Il secondo dono dei tre Re è il discernimento. "Poiché sono alla ricerca di un re, si recano a Gerusalemme per parlare con il re Erode, che però è un uomo avido di potere e vuole usarli per eliminare il Messia bambino. Ma i Magi non si lasciano ingannare da Erode. Sanno distinguere tra la meta del loro viaggio e le tentazioni che incontrano lungo il cammino. Ricordando le catechesi che il Papa ha predicato sul discernimento a partire dall'agosto 2022, durante l'Angelus ha esclamato: "Quanto è importante saper distinguere la meta della vita dalle tentazioni del cammino! Saper rinunciare a ciò che seduce, ma porta fuori strada, per comprendere e scegliere le vie di Dio!".

La sorpresa

C'è un terzo dono che possiamo contemplare se riflettiamo sul passaggio dei Re Magi. Il Papa ci invita a guardare cosa succede quando i Magi arrivano al presepe che, "dopo un lungo viaggio, cosa trovano questi uomini di alto livello sociale? Un bambino con la sua mamma". Si potrebbe pensare a una delusione perché "non vedono gli angeli come i pastori, ma trovano Dio nella povertà". Forse si aspettavano un Messia potente e prodigioso, e trovano un bambino". Ma i Magi non si lasciano trascinare dalle loro aspettative, "non pensano di aver sbagliato, sanno riconoscerlo". Accettano la sorpresa di Dio e vivono l'incontro con lui con meraviglia, adorandolo: nella loro piccolezza riconoscono il volto di Dio". Il Santo Padre ci assicura che "è così che si trova il Signore: nell'umiltà, nel silenzio, nell'adorazione, nei piccoli e nei poveri".

I tre doni nella vita del cristiano

Francesco conclude invitando tutti i cristiani a cercare e custodire nella propria vita i tre doni del passaggio dei tre Magi. "Tutti siamo chiamati da Gesù, tutti possiamo percepire la sua presenza, tutti possiamo sperimentare le sue sorprese. Oggi sarebbe bene ricordare questi doni, che abbiamo già ricevuto: ricordare quando abbiamo sentito una chiamata di Dio nella nostra vita; o quando, magari dopo molti sforzi, siamo riusciti a discernere la sua voce; o ancora, in una sorpresa indimenticabile che ci ha fatto, stupendoci. La Madonna ci aiuti a ricordare e a custodire i doni che abbiamo ricevuto.

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Vaticano

Papa Francesco: "Non possiamo confinare la fede tra le mura delle chiese".

Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa nella Solennità dell'Epifania del Signore, penultima delle grandi celebrazioni di questa Settimana di Natale, segnata dall'addio a Benedetto XVI.

Maria José Atienza-6 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La Basilica di San Pietro è tornata ad essere l'epicentro della vita della Chiesa di Roma. Insieme a vescovi e sacerdoti e a circa 5.000 fedeli, Papa Francesco ha presieduto la Santa Messa per la Solennità dell'Epifania del Signore. Una celebrazione in cui Papa Francesco ha paragonato la vita di fede al viaggio dei Magi dall'Oriente.

Il Papa ha voluto iniziare le sue parole sottolineando come "la fede non nasce dai nostri meriti o da ragionamenti teorici, ma è un dono di Dio", una grazia di Dio che risveglia in noi una "inquietudine che ci tiene svegli; quando ci lasciamo interrogare, quando non ci accontentiamo della tranquillità delle nostre abitudini, ma la mettiamo in gioco".

La risposta personale è quella di mettersi sulla strada dei magi che, correndo i loro rischi, lasciano la loro tranquillità per cercare Dio. Su questa linea, il Papa ha messo in guardia dai "tranquillanti dell'anima", che oggi si moltiplicano e che si presentano come "surrogati per sedare le nostre inquietudini e spegnere le domande, dai prodotti del consumismo alle seduzioni del piacere, dai dibattiti sensazionalistici all'idolatria del benessere".

Così il Papa ha sottolineato i primi due punti che possiamo imparare dall'atteggiamento dei magi: in primo luogo, l'inquietudine delle domande. In secondo luogo, il rischio del percorso in cui troviamo Dio.

Questo atteggiamento di cammino, di interrogazione interiore e di ricerca sincera di Dio pur rinunciando alle comodità, "non serve a nulla attivarsi pastoralmente se non mettiamo Gesù al centro e non lo adoriamo", è ciò che descrive la vita di fede, ha proseguito il Papa, "senza un continuo cammino e un costante dialogo con il Signore, senza l'ascolto della Parola, senza la perseveranza, non è possibile crescere". La fede, se rimane statica, non cresce; non possiamo ridurla a mera devozione personale o confinarla tra le mura dei templi, ma dobbiamo manifestarla".

Il Papa ha concluso le sue parole con un appello ad "adorare Dio e non il nostro io; adoriamo Dio per non piegarci alle cose che accadono o alla logica seducente e vuota del male".

La celebrazione ha seguito il suo corso abituale, terminando con l'adorazione dell'immagine di Gesù Bambino, tipica del periodo natalizio.

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Autori invitatiJulio Iñiguez Estremiana

Con Benedetto XVI a Cuatro Vientos

Milioni di persone erano con Papa Benedetto XVI a Cuatro Vientos durante l'adorazione del Santissimo Sacramento, sotto la pioggia e il forte vento che si è alzato inaspettatamente.

6 gennaio 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Ho avuto il privilegio di stare con Benedetto XVI molte volte durante il suo pontificato: in Spagna, a Roma e a Castel Gandolfo; ma ce n'è una che ricordo vividamente - credo che non la dimenticherò mai - e che voglio condividere con voi in questo momento in cui il cattolicesimo e il mondo intero si accomiatano dal Papa emerito, e non sempre con l'onestà che la sua figura egregia merita. E lo faccio come riconoscimento e gratitudine per il molto che ci ha dato: è il mio umile omaggio a Papa Benedetto XVI.

Prolegomeni

Torniamo a sabato 20 agosto 2011, a Madrid, durante la Giornata mondiale della pace. Giovani. Quel giorno era previsto un incontro con il Papa a Cuatro Vientos, ed è lì che i due milioni di persone arrivate al mattino si sono recate per accompagnarlo, ascoltarlo e partecipare agli eventi - quel pomeriggio Niña Pastori ha eseguito una meravigliosa Ave Maria per il Papa.

La mattina, appena arrivata da Siviglia, dove partecipavo a un corso estivo, ho preso la metropolitana per raggiungere la spianata dove si sarebbe tenuto l'incontro con il Papa; uscendo dalla stazione di destinazione, sono rimasta sorpresa dalla scena che ho trovato: fiumane di pellegrini, giovani e meno giovani, donne e uomini, provenienti da tutto il mondo - a giudicare dalle bandiere che sventolavano - che camminavano tutti verso la stessa meta: Cuatro Vientos. 

La giornata è stata soleggiata e molto calda, tanto che i vicini delle strade in cui siamo passati sono stati incoraggiati ad alleviare la nostra sudorazione con acqua in ogni tipo di recipiente, e ci hanno persino fatto la doccia con tubi dalle finestre e dai balconi. Tutte queste attenzioni disinteressate sono state accolte con enorme gratitudine. Non si vedeva una nuvola all'orizzonte.

I numerosi e diversi gruppi di pellegrini sono arrivati alla spianata e, dopo aver passato i controlli in cui ognuno doveva dimostrare di avere un invito all'evento, abbiamo occupato le rispettive piazzole o sedie riservate. Molti gruppi montano tende o ombrelli per proteggersi dal sole per il resto della giornata. C'erano anche tende sparse per tutta la spianata in cui erano custoditi con il dovuto rispetto i sacri formulari che sarebbero stati consegnati il giorno seguente nella comunione eucaristica presieduta da Benedetto XVI e che avrebbe chiuso gli eventi della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid.

A metà pomeriggio è apparsa una piccola nuvola da sud, che non ha incusso alcun timore nella gente, dato che nessuna previsione meteorologica prevedeva la minima incidenza per quel pomeriggio o per il giorno successivo; ma la nuvola è cresciuta, prima lentamente e poi sempre più velocemente, fino a quando tutto il cielo davanti a noi era completamente buio ed estremamente minaccioso. Improvvisamente si alzò una burrasca, poi cominciò a piovere e infine si scatenò un furioso temporale, che potremmo definire una "tempesta perfetta": il vento minacciava di far saltare in aria l'intera struttura allestita per la predella e l'altare, infatti alcune porte e altri elementi furono spazzati via. Il terreno era completamente fangoso e pieno d'acqua, tutti i vestiti delle persone erano inzuppati d'acqua e si vedevano molti pregare in ginocchio nel fango.

Esposizione e adorazione del Santissimo Sacramento

A causa di questi eventi del tutto inaspettati, i commenti che si sentivano dappertutto erano del tipo che l'esposizione e l'adorazione del Santissimo Sacramento, previste come ultimo atto della serata, sarebbero state sospese; ma all'improvviso abbiamo visto la croce dell'ostensorio di Arfe apparire sulla predella e alzarsi, in mezzo a un silenzio impressionante - eravamo ancora più di un milione - fino a quando non era tutta lì, maestosa e abbagliante, in piena vista di tutti sulla predella, accanto all'altare. Si trattava dell'ostensorio di Arfe, portato da Toledo per l'occasione, una delle più belle opere di oreficeria mai realizzate.

Non mi sento in grado di descrivere quello che è successo dopo. Mi limiterò a scrivere i fatti e a lasciare che l'immaginazione di ognuno si scateni: per molto tempo, tutti inginocchiati in assoluto silenzio sul fango del terreno, abbiamo pregato e adorato il Santissimo Sacramento esposto nell'ostensorio, ognuno di noi interiormente.

Al termine della cerimonia, il Papa ci ha rivolto alcune parole calorose, ringraziandoci per la nostra presenza e incoraggiandoci a riposare prima di ritrovarci il giorno successivo per la Santa Messa. Ricordo una frase che ci disse: "Abbiamo vissuto un'avventura insieme". Ed era vero: un'avventura emozionante. 

Una spiegazione dei fatti

Ho sentito il sacerdote Javier Cremades, che faceva parte dell'équipe di organizzatori dell'evento di Cuatro Vientos e che era presente la sera di quel giorno, raccontare che i più stretti collaboratori del Papa hanno insistito per sospendere l'esposizione e l'adorazione con il Santissimo Sacramento, perché temevano che potesse accadere qualche disgrazia, a causa dei danni provocati dalla tempesta di vento alla struttura della piattaforma dove il Papa avrebbe dovuto pregare, insieme alle molte persone che lo accompagnavano - soprattutto ecclesiastici. Ma Benedetto XVI, secondo Javier, rimase fermo e diede l'ordine di innalzare l'Ostensorio di Arfe e di celebrare l'esposizione e l'adorazione del Santissimo Sacramento come previsto.

Ricordo anche che il signor Javier, a titolo personale, ci disse che era convinto che la burrasca e il temporale di quel pomeriggio e di quella sera a Madrid fossero opera del diavolo, nel tentativo di sabotare l'evento. Questa interpretazione non è affatto da escludere; ricordiamo, come ho detto sopra, che nessuna previsione meteorologica prevedeva pioggia per quel giorno a Madrid.

La mia umile opinione su questi fatti è che Benedetto XVI era certo, in qualsiasi modo, che il demonio avesse effettivamente cercato di sabotare l'esposizione e l'adorazione del Santissimo Sacramento, e anche che nessuno si sarebbe fatto male, perché il demonio ha solo il potere di spaventare noi uomini, ma non può farci del male.

L'autoreJulio Iñiguez Estremiana

Fisico. Insegnante di matematica, fisica e religione a livello di baccalaureato.

Esperienze

I Re Magi sono... cinque

Dono missionario è l'iniziativa di cinque amici che, per un periodo di tempo, si trasformano in singolari Re Magi per portare doni a ospedali, ricoveri e case di riposo. Grazie all'aiuto di decine di persone e aziende, i doni distribuiti sono migliaia e sperano di raggiungere ancora più persone. 

Arsenio Fernández de Mesa-6 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

È Natale, la stagione dei regali. Mentre molti si svegliano nelle loro case il giorno dei Re Magi e aprono i regali provenienti dall'Oriente, non pochi rimangono senza assaporare le delizie di questo giorno magico. 

Il progetto Dono missionario cerca di far sì che chi di solito non ha nulla da scartare riceva dei regali e possa così sentire un po' di spirito natalizio, perché chi riceve un regalo sente che qualcuno gli vuole bene: ne sono stati distribuiti 4.000! 

Mi siedo per un caffè con Laura, María, Bea, Aída e Antonio, cinque amici che si stanno avvicinando sempre di più grazie al gruppo di fede parrocchiale a cui partecipano. Senza dubbio questo desiderio di trattare Dio e di farlo conoscere ha contribuito all'intenso lavoro per questa bella iniziativa che porta gioia a tante persone. 

All'inizio si pensava solo ai bambini, ma grazie a una mia amica, che lavora a CaritasSi sono resi conto che tutte le età sono entusiaste di ricevere regali. 

María mi racconta che questo progetto è iniziato ai tempi di Covid ed è cresciuto in modo esponenziale: "Abbiamo iniziato con 16 centri beneficiari e ora siamo a 60. Tra i singoli beneficiari, la maggior parte sono bambini, ma ci sono molti anziani.. Tra questi ci sono le residenze per persone con poche risorse, ma anche alcuni ospedali, centri di cure palliative o case di accoglienza: "....tutto proviene da donazioni, sia da privati che da aziende". Hanno fatto campagna da metà novembre con molti manifesti. Lo hanno pubblicizzato sui social network, sui social whatsapp e gruppi di amici. Anche da parte delle parrocchie. Le persone portano loro regali, oggetti usati, ma è essenziale che siano mantenuti in buone condizioni. Il loro motto è che Se non va bene per me, non va bene per nessuno.. Molte persone fanno anche donazioni in denaro. Aziende, negozi o grandi magazzini fanno numerose donazioni dei loro prodotti. Alcuni negozi, ad esempio, hanno regalato loro scatole piene di sciarpe. L'effusione di generosità è stata impressionante. 

I cinque Sono loro che si occupano di questa avventura, ricevendo le donazioni, contattando i centri per sapere quanti sono i residenti, cosa vorrebbero ricevere o in quali date i regali sarebbero più adatti a loro: "...".Ci piacerebbe ricevere, ad esempio, settanta sciarpe, come è successo in un'occasione. 

Materiali filtranti. I regali vengono suddivisi per età. Poi sbarcano i volontari, che si impegnano per tutto il fine settimana: "Abbiamo preparato dei moduli per far iscrivere le persone, in modo da poter distribuire i turni, da dieci a due e da quattro a otto. In una sola mattinata abbiamo avuto un gruppo di 60 volontari, di tutte le età, che hanno impacchettato i regali. Ci sono gruppi di tutti i tipi: dalle scuole superiori, agli scout, agli adulti, alle signore anziane, agli sconosciuti... In totale ci sono stati quasi 400 volontari in tutti i fine settimana". Viene chiesto loro se hanno a disposizione un'auto o un furgone per le consegne e viene loro assegnato un centro. 

"Pacchetti per noi? Le suore raccontano la grande sorpresa e l'incredulità dei residenti, che non si aspettavano nulla. Questa bella iniziativa è stata accompagnata da molti coincidenzeche attribuiscono alla provvidenza. Un'amica di Laura, quando le ha parlato del progetto, ha confessato di aver chiesto ai suoi amici di non regalarle nulla per il suo compleanno quest'anno, ma di darle dei soldi perché li potesse donare a chiunque ne avesse bisogno: "E quando stavo cercando qualcuno a cui darlo, sei arrivato tu! 

Il Natale è diverso quando si smette di fare l'ombelico: c'è così tanto da fare! La creatività, l'entusiasmo e il generoso sacrificio di questi cinque amici hanno portato gioia a tanti che sarebbero rimasti senza regali.

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Evangelizzazione

Kénosis, musica con senso al Senso

Kénosis è un gruppo di giovani del Regnum Christi con un progetto musicale in ascesa. Con Cristo al centro, cantano per portare Dio a tutti attraverso la musica.

Paloma López Campos-6 gennaio 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Kénosis è una band di rock cristiano che ha già più di tremila ascoltatori su piattaforme come Spotify. La loro missione è avvicinare Dio a tutti attraverso la musica. Questo gruppo di giovani si è classificato secondo nell'ultima edizione del concorso Madrid Live Talent. In Omnes parlano del loro percorso musicale e della loro visione della musica cristiana.

Potete iniziare raccontando la vostra storia come gruppo?

Kénosis è nata come risposta a una situazione che alcuni di noi hanno osservato. All'inizio, alcuni di noi hanno iniziato a cantare alle adorazioni e alle messe del Regnum Christi, e vedevamo come le canzoni aiutavano le persone ad avvicinarsi a Dio, come uscivano dalle messe o dalle ore eucaristiche e ci ringraziavano perché una certa canzone li aveva aiutati molto nella loro preghiera. Inoltre, alcuni di noi hanno iniziato a creare le proprie canzoni e a condividerle tra coloro che vedevano che avevamo un dono per la musica.

Logo del gruppo (Foto: Regnum Christi)

Così, nell'estate del 2021, tutto questo ha portato alla decisione di riunire queste persone e di formalizzare un apostolato la cui missione è quella di dare gloria a Dio con la nostra musica e di aiutare le persone ad avvicinarsi a Lui attraverso di essa. Abbiamo iniziato a incontrarci di tanto in tanto per le prove, soprattutto per le ore eucaristiche e per registrare la nostra prima canzone, RisortoNelle prove c'era sempre una grande atmosfera, di amicizia, di famiglia e di preghiera, che abbiamo visto essere il frutto della presenza dello Spirito Santo nel progetto. Seguirono comunioni, matrimoni, funerali... Partecipammo persino a un concorso di musica cattolica a Madrid e arrivammo secondi! E così, ancora oggi, siamo aperti a nuove persone che vogliono condividere questo apostolato. 

Come definirebbe la musica cattolica?

Probabilmente perché il gruppo è così numeroso, la risposta a questa domanda è un po' diversa. Ma dal mio punto di vista, la musica cattolica è tutto ciò che, ispirato dallo Spirito Santo, dà parole a intuizioni, sentimenti, ringraziamenti, suppliche a, per e a Cristo. E sono queste parole che aiutano gli altri a pregare, perché spesso il nostro cuore non trova le parole, e anche se Cristo legge direttamente quello che c'è dentro, come esseri umani abbiamo bisogno di esprimerlo a parole. 

Cosa vi differenzia dalla musica di chiesa?

Anche in questo caso, ci possono essere delle sfumature all'interno del gruppo. Ma in generale riteniamo che la musica da chiesa è quella pensata per momenti specifici e celebrazioni del liturgia o in contesti religiosi. E in questo senso, parte della nostra musica è sacra, perché sacro non implica uno stile specifico, ma è vero che ampliamo il quadro al di là di questa musica, facendo canzoni che possono essere usate nella vita di tutti i giorni, da suonare in macchina, da cantare con gli amici, sotto la doccia, in studio... Ed è molto importante sottolineare e renderci consapevoli che essere cristiani, avere fede, non è una cosa con un orario, ma uno stile di vita, che tutta la nostra vita, ogni secondo è una preghiera, uno stare con Cristo anche quando non siamo in chiesa o davanti al Santissimo Sacramento, è anche parte di ciò che vogliamo che la nostra musica faccia nelle persone. 

Qual è il vostro processo creativo per comporre le canzoni di Kénosis?

Supponiamo di avere due tipi di composizione. Da un lato, ci sono quelli che hanno il dono completo, nel senso che fanno testi e musica, canzoni incredibili. Queste persone possono avere diversi processi creativi, come risultato della Parola, della preghiera personale, alcuni hanno persino ispirazioni dallo Spirito Santo mentre dormono, si svegliano e registrano ciò che gli è venuto in mente per poi lucidarlo e dargli forma. Alcune di queste canzoni rimangono già pronte e altre subiscono piccole modifiche a seconda del gruppo nel suo insieme, perché alla fine è questo che siamo. Il secondo modo è più sotto forma di gruppo, ci riuniamo, invochiamo lo Spirito Santo e mettiamo insieme testi, preghiere o cose che non siamo riusciti a mettere in musica. Insieme, ciascuno con i propri doni, gli diamo forma e gli mettiamo la musica, diamo una svolta alle parole o inseriamo cose nuove. 

Perché la musica è un buon modo per avvicinarsi a Dio?

A parte il fatto che la musica mette le parole alle intuizioni dell'uomo. cuore che sono difficili da esprimere, crediamo che la musica elevi anche l'uomo, lo faccia trascendere in un senso limitato, avvicinandolo a Dio. I ritmi, le melodie raggiungono una parte molto intima dell'essere umano, che è il luogo in cui inizia l'esperienza religiosa. Riesce a passare attraverso le preoccupazioni, i problemi della vita lavorativa, i problemi, per andare al cuore di chi siamo e da lì connettersi con qualsiasi cosa la musica stia esprimendo. Questo accade in generale con tutta la musica, solleva le persone su un altro piano, le "evade". Ma quando si tratta di musica con un senso trascendentale, essa non si sottrae al nulla o ai problemi, ma si sottrae al senso del significato.

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Letture della domenica

Gesù, il giusto. Solennità del Battesimo del Signore (A)

Joseph Evans commenta le letture della Solennità del Battesimo del Signore (A) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-6 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il racconto di Matteo del battesimo di Gesù, la grande festa che celebriamo oggi, colloca gli eventi al fiume Giordano in un contesto molto ebraico. Il Vangelo di Matteo è stato scritto soprattutto per gli ebrei, sia per i convertiti dal giudaismo che per quelli non ancora convertiti, per convincerli che Gesù era il Messia che desideravano. Lo dimostra il modo in cui descrive il battesimo di Cristo da parte di Giovanni.

Il testo che leggiamo oggi è preceduto, nel Vangelo odierno, da un resoconto del ministero del Battista, in cui egli si scaglia contro i capi religiosi di Israele, i farisei e i sadducei, definendoli "razza di vipere".. Nella versione di Luca, Giovanni dice questo "a coloro che venivano a battezzarsi".in generale. Limitando questo rimprovero all'élite religiosa di Israele, Matteo affronta il battesimo di Cristo dal punto di vista del rinnovamento di Israele (mentre Luca ha una visione più universale).

Gesù chiarirà più tardi, nel Discorso della Montagna (non a caso, nella versione di Matteo), che era venuto "dare pienezza". (in greco: plerosai) alla legge (Mt 5,17). E nel racconto di Matteo, quando Giovanni si oppone a battezzarlo, nostro Signore insiste usando esattamente la stessa parola: "È opportuno che in questo modo si compia (plerosai) tutta la giustizia". (Mt 3,15).

"Rettitudine" (dikaiosuné) è una parola chiave in tutta la Bibbia. Sarà molto utilizzato da San Paolo. Al massimo può riferirsi a uomini santi, "giusti", come San Giuseppe (Mt 1,19). Ma può anche essere frainteso se pensiamo di poter essere graditi a Dio con le nostre opere e le nostre offerte rituali (Lc 18,11-12). Fondamentalmente si riferisce alla fedeltà alla legge di Dio. Gesù è "il giusto" per eccellenza (At 22, 14). La rettitudine era spesso legata all'eliminazione del peccato: i sacrifici venivano offerti a Dio per espiare i peccati, per essere in uno stato di giustizia davanti a lui. Questo è ciò che i sacrifici dell'Antico Testamento cercavano di fare, senza successo, secondo Paolo. Gesù insiste nel farsi battezzare da Giovanni per far capire che, pur essendo senza peccato, entra nel peccato umano, così come entra nell'acqua, per esserne ricoperto o "bagnato". Egli prenderà su di sé i nostri peccati. Come Isaia profetizza nelle sue visioni dell'"uomo dei dolori", prevedendo il Messia sofferente, Gesù, "Il mio servo giustificherà molti". (Is 53,11). Egli è veramente giusto, senza peccato, in uno stato di giustizia davanti a Dio (è Dio) e può renderci giusti e senza peccato. 

Comprendere il racconto di Matteo sul battesimo nel suo contesto ebraico ci dà una grande speranza. Gesù inizia il suo ministero pubblico con questo episodio straordinario, in cui viene rivelata la Trinità e Gesù viene dichiarato Figlio di Dio. Ma l'attenzione si concentra sul compimento delle speranze dell'Antico Testamento. Ciò che i numerosi sacrifici di Israele non hanno potuto ottenere, Gesù lo otterrà: la riconciliazione dell'umanità con il Padre celeste.

Omelia sulle letture della Solennità del Battesimo del Signore (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Vaticano

L'ultimo saluto a Benedetto XVI

Papa Francesco ringrazia Benedetto XVI per "la sua saggezza, dolcezza e dedizione" ai funerali del Papa emerito.

Stefano Grossi Gondi-5 gennaio 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il 5, alle 9.30, Papa Francesco ha presieduto la Messa funebre di Benedetto XVI in Piazza San Pietro. Hanno concelebrato più di 400 vescovi e quattromila sacerdoti. Erano presenti anche 120 cardinali. Alla Messa erano presenti più di 50.000 fedeli (oltre ai 165.000 fedeli dei giorni precedenti, che hanno potuto rendere omaggio a Benedetto XVI). tributo nella Basilica di San Pietro). Sono stati accreditati circa 1000 giornalisti. Le preghiere per il Papa emerito e tutti i riti che hanno preceduto e seguito le esequie sono stati trasmessi in diretta dalla televisione vaticana.

Rappresentanti internazionali

Ai funerali di Benedetto XVI hanno partecipato delegazioni ufficiali della Germania e dell'Italia, guidate dal Presidente Sergio Mattarella e dal Presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier, insieme a rappresentanti delle case reali, tra cui la Regina Sofia, madre di Felipe VI, Re di Spagna, delegazioni di governi e istituzioni internazionali e numerose altre personalità. rappresentanti ecumenicitra cui i metropoliti Emmanuel di Calcedonia e Policarpo d'Italia per il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli, e il metropolita Antonio di Volokolamsk, presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne del Patriarcato di Mosca. Erano presenti anche vescovi di molte Chiese ortodosse in Europa, America e Asia. Era presente anche il moderatore del Consiglio ecumenico delle Chiese, il vescovo Heinrich Bedford-Strohm.

Messa funebre

La Messa è durata due ore e le letture erano, come di consueto, in diverse lingue. "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito", ha esordito Francesco nell'omelia, con le ultime parole pronunciate dal Signore sulla croce. Papa Francesco ha ringraziato Benedetto XVI per la "saggezza, delicatezza e dedizione" che "ha saputo diffondere in questi anni". Francesco si è riferito a Ratzinger "come al Maestro, che porta sulle sue spalle la fatica dell'intercessione e la stanchezza dell'unzione per il suo popolo, specialmente dove il bene è in lotta e i suoi fratelli vedono messa in pericolo la loro dignità". "Amare significa essere pronti a soffrire" e "dare alle pecore il vero bene", che secondo Francesco è "il nutrimento della presenza di Dio".

Papa Francesco si congeda da Benedetto XVI

Il Papa ha anche sottolineato la "ricerca appassionata" del suo predecessore di comunicare il Vangelo e ha esortato la Chiesa a "seguire le sue orme". Al termine dell'omelia si è riferito direttamente al Papa emerito, pronunciando il suo nome: "Benedetto, fedele amico dello Sposo, sia perfetta la tua gioia nell'ascoltare la sua voce nei secoli dei secoli". Papa Francesco ha presieduto la Messa, concelebrata come officiante principale dal decano del Collegio cardinalizio, l'italiano Giovanni Battista Re.

Il trasferimento della bara

Al termine della celebrazione eucaristica, Papa Francesco ha presieduto il rito dell'elezione del Signore. Ultima Commendatio (l'ultima raccomandazione) e la Valedictio (il commiato). Il feretro del Papa emerito è stato poi trasferito nella Basilica di San Pietro e quindi nelle Grotte Vaticane per la sepoltura. Durante il rito, è stato posto privatamente un nastro intorno alla bara, con i sigilli del Capitolo di San Pietro, della Casa Pontificia e dell'Ufficio per le Celebrazioni Liturgiche. La bara di cipresso è stata poi collocata all'interno di una bara di zinco più grande che è stata saldata e sigillata. Questa bara di zinco è stata a sua volta posta in una cassa di legno, che sarà collocata nel posto precedentemente occupato, fino alla beatificazione, dalla bara di San Giovanni Paolo II.

Alle 12.30 Piazza San Pietro si è svuotata. Le bandiere della Baviera rimangono, accanto a quelle della Germania e della Città del Vaticano. La folla attraversa Via della Conciliazionedove è ancora possibile vedere le barriere che vengono rimosse altrove. La Basilica e la piazza sono attualmente chiuse al pubblico, ma riapriranno alle 16.30, come mostrato sui maxischermi.

Un Papa che ha segnato la vita di molti

A poco a poco, i fedeli che hanno partecipato ai funerali di Joseph Ratzinger, il Papa emerito Benedetto XVI, stanno lasciando i dintorni di San Pietro. Tra i tanti religiosi e fedeli, c'erano molti stranieri e famiglie con bambini che hanno sfidato il freddo per rendere l'ultimo omaggio a Ratzinger, come un sacerdote americano, George Wohl, 28 anni, che ha detto: "Vivo a Roma, dove studio teologia dogmatica, ma sono canadese". "Ero in Quebec, a casa, in vacanza. Ma sono tornato prima, volevo concelebrare per Papa Benedetto, un grande uomo e un grande Pontefice", o come un ventiseienne tedesco di Bonn, che dice (mentre piange e abbraccia la fidanzata Margaretha): "È come se fosse morto mio padre". Scusate, non posso parlare, per noi è come se fosse morto nostro padre.

L'autoreStefano Grossi Gondi

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Vaticano

Tre pensieri del Papa alla Messa funebre di Benedetto XVI

Nella Messa funebre celebrata in Piazza San Pietro per Benedetto XVI, Papa Francesco ha incentrato la sua omelia sull'esempio di Gesù Cristo, il Pastore che dona la sua vita al Padre sulla croce, un modello realizzato in "Benedetto, fedele amico dello Sposo".

Francisco Otamendi-5 gennaio 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

L'omelia del Santo Padre Papa Francesco in occasione del sobrio La Messa funebre di Benedetto XVI, come voleva il Papa emerito, è stata incentrata su Gesù Cristo e si potrebbe riassumere in tre idee. 

Innanzitutto, l'affidamento del Signore nelle mani di suo Padre come Pastore e modello di pastori. Così il Romano Pontefice ha iniziato la sua omelia: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito (Lc 23,46). Sono le ultime parole che il Signore ha pronunciato sulla croce; l'ultimo respiro, potremmo dire, capace di confermare ciò che ha caratterizzato tutta la sua vita: un continuo abbandono nelle mani del Padre". 

In secondo luogo, il Papa ha delineato i profili e le caratteristiche dell'abbandono del Signore nelle mani di suo Padre Dio: la dedizione grata del servizio, l'abbandono orante e adorante e la consolazione dello Spirito. 

Infine, il Papa ha sottolineato come questo modello di Pastore si sia realizzato in Benedetto XVI. 

Nella parte finale, dopo aver citato San Gregorio Magno, il Santo Padre ha tracciato un'ampia panoramica della Messa funebre: "È il popolo fedele di Dio che, riunito, accompagna e affida la vita di colui che è stato il suo pastore. Come le donne del Vangelo al sepolcro, siamo qui con il profumo della gratitudine e l'unguento della speranza per mostrargli, ancora una volta, l'amore che non è andato perduto; vogliamo farlo con la stessa unzione, saggezza, delicatezza e dedizione che ha saputo elargire nel corso degli anni".

Infine, il Papa ha concluso riprendendo le parole iniziali della sua breve omelia, con un esplicito riferimento al defunto Papa Emerito: "Vogliamo dire insieme: Padre, nelle tue mani affidiamo il suo spirito. Benedetto, fedele amico dello Sposo, la tua gioia sia perfetta nell'ascoltare la sua voce nei secoli dei secoli!

Queste parole ricordano quelle che ha pronunciato alla fine della prima Angelus di quest'anno, nella solennità della Madre di Dio, all'indomani della morte di Benedetto XVI, che ha definito un fedele servitore del Vangelo e della Chiesa": 

"L'inizio di un nuovo anno è affidato a Maria Santissima, che oggi celebriamo come Madre di Dio. In queste ore invochiamo la sua intercessione in particolare per il Papa Emerito Benedetto XVI, che ha lasciato questo mondo ieri mattina. Ci uniamo tutti insieme, con un cuore solo e un'anima sola, nel rendere grazie a Dio per il dono di questo fedele servitore del Vangelo e della Chiesa".

"Si è lasciato cesellare dalla volontà di Dio".

Nella sua bella omelia, il Papa, che ha fatto riferimento a Gesù per tutto il tempo, ha descritto le "mani del perdono e della compassione, le mani della guarigione e della misericordia, le mani dell'unzione e della benedizione, che lo hanno spinto a consegnarsi anche nelle mani dei suoi fratelli". Il Signore, aperto alle storie che incontrava sul suo cammino, si è lasciato cesellare dalla volontà di Dio, portando sulle sue spalle tutte le conseguenze e le difficoltà del Vangelo, fino a vedere le sue mani piene d'amore: "Guarda le mie mani", ha detto a Tommaso (Gv 20,27), e lo dice a ciascuno di noi".

"Mani ferite che si protendono e non cessano di offrirsi, affinché possiamo conoscere l'amore che Dio ha per noi e credere in lui (cfr. 1 Gv 4,16)", ha proseguito il Romano Pontefice. Padre, nelle tue mani affido il mio spirito" è l'invito e il programma di vita che sussurra e vuole plasmare come un vasaio (cfr. Is 29,16) il cuore del pastore, finché in esso palpitino gli stessi sentimenti di Cristo Gesù (cfr. Fil 2,5)".

Enumerando le caratteristiche di questa dedizione, il Papa ha parlato di una "grata dedizione di servizio al Signore e al suo popolo, nata dall'aver accolto un dono totalmente gratuito: "Tu mi appartieni... tu appartieni a loro", balbetta il Signore; "sei sotto la protezione delle mie mani, sotto la protezione del mio cuore". Rimani nell'incavo delle mie mani e dammi le tue". 

"Una dedizione orante, silenziosamente plasmata e affinata in mezzo ai bivi e alle contraddizioni che il pastore deve affrontare (cfr. 1 Pt 1,6-7) e all'invito affidatogli di pascere il gregge (cfr. Gv 21,17)", ha proseguito il Santo Padre. "Come il Maestro, egli porta sulle sue spalle la fatica dell'intercessione e la fatica dell'unzione per il suo popolo, soprattutto laddove il bene deve lottare e la dignità dei fratelli è minacciata (cfr. Eb 5,7-9)".

"In questo incontro di intercessione, il Signore genera la dolcezza capace di comprendere, accogliere, attendere e fidarsi al di là delle incomprensioni che questo può provocare. Una dolcezza invisibile e inafferrabile, che deriva dal sapere in quali mani si ripone la propria fiducia (cfr. 2 Tim 1, 12)", ha aggiunto.

"Pastorizia significa essere disposti a soffrire".

"Una fiducia orante e adorante", ha sottolineato Francesco, "capace di interpretare le azioni del pastore e di adattare il suo cuore e le sue decisioni ai tempi di Dio (cfr. Gv 21,18): Pastore significa amare, e amare significa anche essere pronti a soffrire. Amare significa: dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza".

E anche, infine, "la dedizione sostenuta dal conforto dello Spirito, che sempre lo precede nella missione: nell'appassionata ricerca di comunicare la bellezza e la gioia del Vangelo (cfr. Esort. ap. Gaudete et exsultate57), nella testimonianza feconda di chi, come Maria, rimane in molti modi ai piedi della croce, in quella pace dolorosa ma robusta che non assedia né sottomette; e nella speranza ostinata ma paziente che il Signore compia la sua promessa, come ha promesso ai nostri padri e alla sua discendenza per sempre (cfr. Lc 1,54-55)". 

"Affida il nostro fratello nelle mani del Padre".

"Anche noi", ha sottolineato il Papa, "saldamente uniti alle ultime parole del Signore e alla testimonianza che ha segnato la sua vita, desideriamo, come comunità ecclesiale, seguire le sue orme e affidare il nostro fratello alle mani del Padre: possano queste mani di misericordia trovare la loro lampada accesa con l'olio del Vangelo, che egli ha versato e testimoniato durante la sua vita (cfr. Mt 25,6-7)".

L'autoreFrancisco Otamendi

Autori invitatiHanna-Barbara Gerl-Falkovitz

Benedetto XVI, un profeta in Israele

Benedetto XVI è una figura che ha fatto notizia, ha ispirato studenti e commosso milioni di persone, ma sempre con un'umiltà e una serenità che chi ha conosciuto il Papa emerito sottolinea.

5 gennaio 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Tra i vari incontri che ho avuto con il professore, poi cardinale e quindi Papa Benedetto, ne spicca uno: l'inaspettato onore di parlare della Nuova Evangelizzazione nelle conversazioni con il suo "Circolo degli studenti" presso la residenza estiva di Castel Gandolfo nell'agosto 2011. Ho unito la mia esperienza con il pubblico prevalentemente agnostico dell'Università Tecnica (TU) di Dresda con uno sguardo agli incoraggianti sviluppi filosofici, perché proprio nell'era postmoderna molti pensatori stanno (di nuovo) facendo uso del "Tesauro"biblico". Il mio tema, "Atene e Gerusalemme", era dedicato al Papa come "teorico della ragione".

Nella bella ma semplice cornice di Castel Gandolfo abbiamo incontrato di nuovo il Professore che, ancora un po' stanco e ingobbito per la Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, seguiva comunque con attenzione le lezioni e dirigeva i 60 studenti, contenendo con umorismo le loro lunghe disquisizioni intellettuali e riportandole al tema, ma anche correggendo speculazioni filologiche o di altro tipo. C'era un clima gioioso di amicizia, permeato anche dall'atmosfera di un seminario universitario, quando il Santo Padre incoraggiava i suoi "studenti" a prendere posizione o a sollevare obiezioni. Soprattutto, era impressionante la notevole semplicità del suo comportamento, come avevo già sperimentato in diverse occasioni. Non c'era una "corte", e ci si poteva muovere liberamente nelle stanze designate e godere della meravigliosa vista del lago di Albano e dei giardini irrigui, fino a una Roma che si confondeva nella nebbia.

Il carattere di Benedetto XVI

Domenica a mezzogiorno si è svolta la classica preghiera dell'Angelus con un breve discorso del Papa. Già un'ora prima, il cortile interno di Castel Gandolfo era gremito di pellegrini. L'entusiasmo era già palpabile, come un'onda, molto prima che il Papa apparisse e, con qualche difficoltà, riportasse la calma. Ho notato la naturalezza e la grande gioia con cui lo hanno accolto, e ho pensato con vergogna ai media mitteleuropei, che hanno sviluppato una vera e propria maestria nel sottovalutare anche i grandi e visibili successi, come la Giornata Mondiale della Gioventù. Ci si chiede perché non pochi media abbiano distorto, o voluto distorcere, la sua immagine. Il suo carisma inconfondibile e pacato, la sua profondità e la sua saggezza hanno certamente raggiunto coloro che avevano gli occhi aperti. Se confronto questi incontri con il primo al castello di Rothenfels (Burg Rothenfels) nel 1976, hanno ancora qualcosa in comune: la tranquillità, la profonda gentilezza, la serenità.

Nelle ultime impressioni ha prevalso un'altra cosa: l'umiltà. E questo atteggiamento è probabilmente la cosa più sorprendente per un Papa. Può sembrare strano sottolineare questa impressione facendo riferimento a Goethe: "Le persone più grandi che io abbia mai conosciuto, e che avevano il cielo e la terra liberi davanti agli occhi, erano umili e sapevano ciò che dovevano apprezzare gradualmente" (Artemis Gedenkausgabe 18, 515). "Gradualmente" significa conoscere una gerarchia di beni, aver sviluppato una capacità di discernere nella diversità ciò che è importante. E ancora, con un tono diverso: "Tutte le persone dotate di forza naturale, sia fisica che spirituale, sono di norma modeste" (Ibidem. 8, 147).

Il Papa e l'opinione pubblica

Il defunto Papa emerito non ha bisogno di giudizi di questo tipo, ma è notevole come questa immediata impressione di umiltà e di riserbo venga spesso trascurata, forse addirittura distorta frettolosamente o deliberatamente. Questa allusione può essere applicata a quelli che sono probabilmente i più sciocchi rimproveri mediatici rivolti a lui, dopo la "morte del Papa".Panzerkardinal" al "rottweiler di Dio" (in realtà, si resiste a ripetere tali sciocchezze). Questi errori sono un'ulteriore conferma di una stupidità che è cattiveria, o di una cattiveria che è stupidità (o forse solo disperazione). Ma sono anche il segno di un clima che ha percepito qualcosa di invincibile in quest'uomo e nel suo ministero, e per questo ha voluto intervenire, con un istinto di distorsione e un desiderio di fraintendere che tuttavia, e per questo, fa male.

Questo pone l'uomo e il suo compito in stretta vicinanza. È implicita ogni volta che approvazione e contraddizione si incontrano. Hans Urs von Balthasar ha scritto con impressionante acutezza a proposito del primo Papa: "Pietro deve essere sembrato piuttosto ridicolo quando è stato crocifisso con i piedi in alto; era solo un bello scherzo..., e il modo in cui il suo stesso succo gocciolava continuamente dal naso... Va bene che la crocifissione qui è a testa in giù, per evitare ogni confusione, e tuttavia crea un riflesso suggestivo dell'unico, puro, retto, nelle acque torbide del cristiano-troppo cristiano. Si fa penitenza per colpe impensabili, accumulate fino al collasso del sistema".

E Balthasar esprime il pensiero tremendo che il ministero nella Chiesa, fin dal suo primo rappresentante, ha a che fare con la vicarianza della colpa. "Guai a noi, se non c'è più il punto in cui il peccato di tutti noi si riunisce per manifestarsi, proprio come il veleno che circola nell'organismo si concentra in un punto e scoppia come un ascesso. E così benedetto è l'ufficio - sia esso il papa, i vescovi o i semplici sacerdoti che si fanno valere, o chiunque sia alluso quando si dice 'la Chiesa deve' - che indulge a questa funzione di essere il centro della malattia" (Chiarimenti. Sull'esame degli alcoliciFriburgo 1971, 9).

Per coloro che trovano queste affermazioni troppo amare, ci sono i frutti di questa amarezza. Vengono dalla lotta incessante di Giacobbe, senza la quale l'antico e il nuovo Israele sono impensabili. Questo intreccio di sfida e benedizione, di resistenza e vittoria, di notte e alba finale, è un messaggio dell'essenza di Dio e dell'essenza degli eletti. La potenza di Dio non si ottiene con la frantumazione. Richiede un massimo di forza, un "ottimale virtutis"ma non travolge. Come resistenza vuole essere afferrata anche come amore. Ciò che si presenta come resistenza e apparente contropotere, si presenta - quando si combatte la buona battaglia - come benedizione. Ecco perché c'è qualcosa di solido e irraggiungibile nella figura calma e vulnerabile del Papa. Proprio i suoi viaggi all'estero, considerati in anticipo un fallimento, come ad esempio il viaggio in Inghilterra, o anche nella difficile Germania, si sono rivelati vittorie notevoli. Un cantante rock italiano lo ha definito "fresco". Sarà anche una parola d'ordine poco elegante, ma colpisce nel segno.

Mi scuso per aver citato Goethe una terza volta, questa volta per una profondità che è paragonabile in questi due tedeschi. La citazione viene dal grande saggio geologico di Goethe sulle rocce granitiche, un'immagine che - a mio avviso - è anche un po' simbolica del modo di essere di Joseph Ratzinger: "Così solo, dico, è l'uomo che vuole solo aprire la sua anima ai sentimenti più antichi, primi e profondi della verità".

Benedetto XVI e il Logos

L'ultimo pensiero va quindi alla verità che sta al di sopra di questo pontificato: quando è stata l'ultima volta che un Papa ha difeso la rivendicazione della ragione in modo così implacabile e al tempo stesso attraente? E quando è stata la ragionevolezza della fede e l'ecumenismo della ragione, esistente già dall'antichità greca, che può riunire filosofie, teologie e scienze? Il Cantico dei Cantici del Logos di Benedetto XVI accede proprio al "tribunale dei gentili", e ha stimolato una conversazione che lascia la stagnazione del postmoderno priva di senso. Gerusalemme "ha a che fare" con Atene, e questo nonostante tutti i verdetti, sia dell'ortodossia settaria da un lato che della scienza settaria dall'altro. "Una corda non può essere tesa se è tenuta solo da un lato", ha detto Heiner Müller, il drammaturgo della Repubblica Democratica Tedesca, in relazione all'aldilà (apparentemente perduto) (Lettre international 24, 1994). Così, con Joseph Ratzinger, la patristica si risveglia a una nuova vita inaspettata, che deve al Logos il discernimento degli spiriti, per impiantare la saggezza del mondo antico nella giovane cristianità. In questo modo, non solo "salva" l'antichità e la Chiesa primitiva per la nuova era, ma salva anche il momento attuale dal suo contraddittorio scrollare le spalle sulla verità. C'è una pietà del pensiero che è allo stesso tempo una conversione alla realtà.

Questa capacità di chiarire l'inafferrabile, il controverso, con la fede nella possibilità della verità, era già in atto fin dall'inizio, e divenne visibile molto presto. Ascoltiamo la voce di Ida Friederike Görres (1901-1971), l'incorruttibile. In una lettera del 28 novembre 1968 a Paulus Gordan, benedettino a Beuron, scrive dello "sconforto ecclesiastico" in tutto il Paese per il rapido crollo di un certo cattolicesimo provinciale in seguito alla propaganda del 1968. Ma ora, aggiunge, ha trovato il suo "profeta in Israele", un giovane professor Ratzinger a Tubinga, a lei sconosciuto fino ad allora, che potrebbe diventare "la coscienza teologica della Chiesa tedesca".

"Ecce, unus propheta in Israele". Con queste righe vorrei esprimere un sentito ringraziamento al compianto Papa emerito Benedetto XVI.

L'autoreHanna-Barbara Gerl-Falkovitz

Premio Ratzinger 2021

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Vaticano

Cinque giorni per l'addio a Benedetto XVI

Il mondo dà l'ultimo saluto a Benedetto XVI il 5 gennaio, dopo alcuni giorni intensi in cui migliaia di fedeli e personaggi pubblici hanno dimostrato il loro affetto e rispetto per il Papa emerito visitando la sua salma esposta nella Basilica di San Pietro.

María José Atienza / Paloma López-5 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La mattina del 31 dicembre 2022 è stata segnata sul calendario del mondo con l'annuncio da parte della Santa Sede dell'istituzione di un'agenzia per la pace. morte di Benedetto XVI alle 9:34. quella stessa mattina.

Giorni prima, Papa Francesco aveva esortato i fedeli a preghiere per la salute del Papa emerito "che era molto malato".. Lo stesso giorno, il pontefice si è recato al monastero Mater Ecclesiae, luogo di residenza di Benedetto XVI, per visitare il suo predecessore. 

L'ultimo giorno dell'anno, Il Papa emerito è morto in Vaticano Questo ha portato a una cascata di informazioni sulla sua vita, ai saluti delle persone a lui vicine e di altri e, naturalmente, alla reazione affettuosa della maggior parte dei fedeli cattolici.

Il testamento spirituale di Benedetto XVI era appena stato pubblicato quando già numerose persone si erano avvicinate al monastero Mater Ecclesiae per rendere omaggio e pregare davanti al defunto. 

Papa Francesco, da parte sua, ha dato il benvenuto al nuovo anno pregare la Vergine MariaIl giorno della sua solennità, per l'anima del suo predecessore.

Nelle prime ore del 2 gennaio, la salma di Benedetto XVI è stata trasferita nella Basilica di San Pietro, dove è stata esposta per cinque giorni per coloro che desiderano vederla, potrebbe venire a dare l'addio al saggio papa il cui pensiero spirituale ed erudito ha lasciato un'impronta indelebile sulla Teologia del XX secolo.

"Il più grande teologo che si sia mai seduto sulla cattedra di Pietro".

In questo senso, una delle persone che ha conosciuto meglio Benedetto XVI è il suo biografo, Peter Seewald, che, in una recente intervista a Thomas Kycia di OSV News, descrive Joseph Ratzinger come "una testa molto intelligente, che non si mette in primo piano, ma piuttosto, dal conoscenza della ChiesaDalle testimonianze del Vangelo, dalla tradizione del cattolicesimo e dalla propria forza di pensiero e di ispirazione, può raccontare qualcosa che trasforma una persona del nostro tempo, una persona moderna.

Nella stessa intervista, ricorda che Papa Francesco afferma che L'insegnamento di Benedetto XVI è indispensabile per il futuro della Chiesa e che nel tempo diventerà sempre più grande e potente. Seewald nota che il Papa emerito è stato "senza dubbio, il teologo il più grande che si sia mai seduto sulla sedia di Pietro".

L'intensa settimana, non solo in Vaticano ma in tutto il mondo, si conclude con i funerali presieduti da Papa Francesco e a cui partecipano rappresentanti di varie confessioni religiose e personalità del mondo civile, culturale e politico.

Tuttavia, i funerali di Joseph Ratzinger non hanno nulla a che vedere con quelli dei suoi predecessori. In questo caso, sono presenti solo due delegazioni ufficiali provenienti dalle nazioni della Germania, patria del pontefice, e dell'Italia.

A funerale semplicecome richiesto dal Benedetto XVISarà deposto nella tomba nelle grotte vaticane occupata dal suo predecessore, San Giovanni Paolo II, prima di essere trasferito nella Basilica di San Pietro dopo la canonizzazione.

L'autoreMaría José Atienza / Paloma López

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Attualità

Benedetto XVI. La voce della ragione etica

L'autore dell'articolo, che ha conseguito il dottorato di ricerca in Scienze politiche e Diritto pubblico internazionale, ha scritto recentemente "La voce della ragione etica. Benedetto XVI dalla Westminster Hall di Londra e dal Reichstag di Berlino".

José Ramón Garitagoitia-5 gennaio 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Joseph Ratzinger (1927-2022) ha sentito fin da giovane una profonda vocazione accademica. Quando Giovanni Paolo II lo nominò arcivescovo di Monaco e Frisinga nel 1977, gli fu difficile abbandonare l'insegnamento all'Università di Ratisbona.

Qualche tempo dopo, nel 1982, fu chiamato a Roma per lavorare con il Papa polacco come uno dei suoi più stretti collaboratori. Ha accettato, ma non è stata una decisione facile. In diverse occasioni chiese di essere sollevato dai suoi incarichi in Vaticano, e San Giovanni Paolo II rispose confermandolo nel suo incarico: aveva bisogno di lui vicino, fino alla fine.

Dopo la morte di Wojtyla, l'ex professore 78enne di Ratisbona è diventato il 264° successore di San Pietro il 19 aprile 2005. Ha scelto il nome di Benedetto, in continuità simbolica con Benedetto XV, salito alla cattedra di Roma nei tempi turbolenti della Prima Guerra Mondiale.

Vedere l'incredibile realizzarsi è stato uno shock per lui: "Ero convinto che ce ne fossero di migliori e più giovani". Dalla sua profonda dimensione di fede, si è abbandonato a Dio. "Dovevo familiarizzare lentamente con quello che potevo fare e mi limitavo sempre al passo successivo", spiegherà con semplicità anni dopo.

All'inaugurazione del suo pontificato, Benedetto XVI ha alluso a coloro che vagano nei deserti contemporanei: "il deserto della povertà, il deserto della fame e della sete; il deserto dell'abbandono, della solitudine, dell'amore spezzato (...), dell'oscurità di Dio, del vuoto delle anime, che non sono più consapevoli della dignità e della direzione dell'essere umano". Da quel giorno fino alle sue dimissioni, il 28 febbraio 2013, ha messo il suo enorme potere intellettuale al servizio della missione ricevuta. Ha visitato diverse parti del mondo in 24 occasioni. Ogni viaggio è stato per lui uno sforzo notevole: "mi hanno sempre richiesto molto", riconosceva con semplicità.

Papa insegnante

Cinque anni dopo l'elezione, ha rilasciato un'ampia intervista al giornalista Peter Seewald, pubblicata con il titolo Light of the World. La conversazione copre un'ampia gamma di argomenti, tra cui il pontificato, le crisi della Chiesa, le vie da seguire, la società contemporanea e il paesaggio culturale nel passaggio dal XX al XXI secolo.

Per quanto riguarda la sua missione di Romano Pontefice, dovrà fare molto affidamento sui suoi collaboratori, e lasciare molte cose nelle loro mani per concentrarsi sullo specifico: "mantenere la visione interiore dell'insieme, il raccoglimento, da cui poi può venire la visione dell'essenziale".

Giovanni Paolo II è stato un gigante sotto molti aspetti. Con la sua sola presenza, la sua voce e i suoi gesti, ha avuto un'ampia risonanza mediatica. La personalità del Papa tedesco era diversa: "Non avete necessariamente la stessa altezza, né la stessa voce, questo è stato un problema", gli ha chiesto Seewlad. La risposta mostra dubbi sulla sua capacità di resistenza: "A volte sono preoccupato e mi chiedo se da un punto di vista puramente fisico sarò in grado di resistere fino alla fine.

A partire da questo semplice atteggiamento, era determinato a compiere la sua missione: "Ho semplicemente detto a me stesso: sono come sono. Non cerco di essere qualcun altro. Quello che posso dare lo do, e quello che non posso dare non cerco nemmeno di darlo. Non cerco di fare di me qualcosa che non sono, sono stato scelto - i cardinali sono colpevoli di questo - e faccio quello che posso".

Quando il giornalista gli ha chiesto una chiave di lettura del pontificato, ha fatto riferimento alla sua vocazione accademica: "Penso che, poiché Dio ha fatto un Papa professore, abbia voluto che proprio questo aspetto della riflessività, e soprattutto la lotta per l'unità di fede e ragione, venisse in primo piano".

Il pontificato della ragione

I suoi sette anni e dieci mesi alla guida della Chiesa cattolica passeranno alla storia come un pontificato della ragione. Nello svolgere la sua missione, ha seguito il consiglio del filosofo Jürgen Habermas (Düsseldorf, 1929) nel colloquio che hanno tenuto a Monaco nel gennaio 2004: fare proposte che possano essere comprese dal grande pubblico. Il dialogo tra i due intellettuali sui "fondamenti morali pre-politici dello Stato liberale" era ormai alle spalle, ma le idee contrastanti erano più che mai attuali.

Nei suoi discorsi cercò di contribuire all'interiorizzazione delle idee, sollevando domande e rendendo accessibili ai suoi interlocutori le argomentazioni sul grande tesoro dell'essere persona e sulla trasformazione spirituale del mondo: "Questo è il grande compito che ci attende in questo momento. Possiamo solo sperare che la forza interiore della fede, che è presente nell'uomo, diventi poi potente nell'arena pubblica, plasmando il pensiero a livello pubblico e non permettendo alla società di cadere semplicemente nell'abisso". Ha insistito sul fatto che l'essere umano è soggetto a una serie di standard più elevati. Sono proprio queste esigenze a rendere possibile una maggiore felicità: "solo attraverso di esse raggiungiamo l'altezza, e solo allora possiamo sperimentare la bellezza dell'essere". Ritengo sia di grande importanza sottolinearlo".

Era fermamente convinto che la felicità sia una sfida e un obiettivo accessibile a tutti, ma che sia necessario trovare la strada: "Essere umani è come una spedizione in montagna, che comprende alcuni pendii ardui. Ma quando arriviamo in cima siamo in grado di sperimentare per la prima volta quanto sia bello essere lì. Sottolineare questo aspetto è di particolare interesse per me". La comodità non è il modo migliore di vivere, né il benessere è l'unico contenuto della felicità.

Dai moderni areopagi

Benedetto XVI non si è tirato indietro di fronte a questioni complicate e ha sempre sollevato questioni in modo positivo. Egli puntava in alto nelle sue argomentazioni sulla natura e sul destino delle persone e sulle esigenze morali della società. Gli areopaghi più disparati della società contemporanea gli hanno aperto le porte, con grande impatto sull'opinione pubblica.

Ho un ricordo indelebile delle sue parole in Auschwitz (2006) sul silenzio di Dio, che ho ascoltato contemplando da vicino il suo volto sofferente.

Nello stesso anno è stato invitato alla sua ex alma mater, la Università di Regensburg. Ha dedicato la sua conferenza a spiegare il rapporto tra religione e ragione. Nel discorso che ha preparato per l'apertura dell'anno accademico dell'Università La Sapienza (2008) di Roma, si è chiesto cosa potesse dire un Papa in un'università pubblica.

Ha affrontato l'emergere dell'università medievale come riflessione sulla verità della persona nelle varie discipline. Il fondamento dei diritti umani è stato al centro del suo discorso all'Assemblea Generale dell'ONU (2008), e nel Collegio dei Bernardini di Parigi ha condiviso le fonti della cultura europea con l'intellighenzia francese.

Anche la visita di Benedetto XVI nel Regno Unito nel settembre 2010 ha avuto un'indubbia dimensione politica. Un momento molto speciale è stato il suo discorso nella Westminster Hall, dove si è rivolto alla società britannica dal più antico parlamento del mondo: 1800 ospiti, in rappresentanza del mondo politico, sociale, accademico, culturale e imprenditoriale del Regno Unito, insieme al corpo diplomatico e ai membri di entrambe le Camere del Parlamento, Lord e Comuni.

Nello stesso luogo in cui il Lord Cancelliere Thomas More era stato processato e condannato a morte nel 1535, ricevette un caloroso benvenuto. Consapevole del momento e dell'ambiente, ha dedicato il suo discorso a sottolineare l'importanza del dialogo costante tra fede e ragione e il ruolo della religione nel processo politico.

Le fonti della cultura europea

L'anno successivo, in occasione della sua visita in Germania, si è rivolto al parlamento federale nel Reichstag di Berlino. Da questo luogo emblematico, ha parlato dei fondamenti etici delle opzioni politiche, della democrazia e dello Stato di diritto. Ha affrontato il tema della giustizia e del servizio politico, con i loro obiettivi e limiti. Nel suo stile scolastico, poneva domande e offriva risposte: "Come possiamo riconoscere ciò che è giusto, come possiamo distinguere tra giusto e sbagliato, tra la vera legge e la legge solo apparente?

Ha spiegato che la cultura occidentale, compresa quella giuridica, si è sviluppata in un humus umanista che ha permeato tutto, anche le aree considerate non strettamente religiose. Era una conseguenza delle fonti comuni della cultura europea, che aveva lasciato il segno sia nell'Illuminismo sia nella Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948. Ma nella seconda parte del XX secolo si era verificato un cambiamento nella situazione culturale a cui era necessario rispondere, liberando la ragione dal suo auto-recinto: "dove domina il dominio esclusivo della ragione positivista - e questo è in gran parte il caso della nostra coscienza pubblica - le fonti classiche di conoscenza dell'ethos e del diritto sono fuori gioco". Era urgente aprire un dibattito pubblico sulla questione, ed egli riconobbe che questo era stato l'obiettivo principale del suo discorso al Reichstag.

Il papa-docente parlava sempre in modo gentile e rispettoso, con rigore intellettuale. In ognuno di questi luoghi ha discusso di ciò che interessava agli altri, indipendentemente dalla loro ideologia, dal loro credo o dal loro status politico. Ha sempre ragionato a fondo le sue proposte sugli obiettivi e le responsabilità di una società degna della condizione umana.

L'autoreJosé Ramón Garitagoitia

Dottorato di ricerca in Scienze politiche e Diritto pubblico internazionale

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Vaticano

Incontri del "nonno del mondo" con il "nonno d'Italia".

Lino Banfi e Benedetto XVI, l'uno il "nonno d'Italia" e l'altro il "nonno del mondo" hanno avuto almeno due incontri, come ricorda lo stesso attore.

Francisco Otamendi-5 gennaio 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

La prima volta che ho sentito parlare dell'attore italiano Lino Banfi è stato dallo stesso Banfi, in diretta, quando si è rivolto a Benedetto XVI durante l'Incontro Mondiale delle Famiglie del 2006 a Valencia e gli ha detto che lui era "il nonno dell'Italia" e Papa Benedetto "il nonno del mondo".

Sono stati registrati almeno due incontri dell'attore italiano Lino Banfi con Benedetto XVI: uno come Papa a Valencia e un altro come Papa emerito nel 2016. Esiste anche una registrazione di un'udienza con Papa Francesco il 2 marzo 2022.

Era il luglio 2006 a Valencia, forse qualcuno di voi se lo ricorda. Il sole splendeva luminoso. Valencia e innumerevoli famiglie spagnole hanno rivolto il loro cuore a Benedetto XVI, al "nonno del mondo", come lo chiamava affettuosamente l'attore Lino Banfi, a sua volta chiamato "nonno d'Italia". Banfi aveva all'epoca 69 anni, forse 70, e il suo nome è in realtà Pasquale Zagaria.

Il successore di San Giovanni Paolo II, che era stato un suo convinto sostenitore fino al 2005, ha continuato a esporre le idee centrali sul matrimonio e sulla famiglia, che sono diventate patrimonio dell'umanità.

"La famiglia è un bene necessario per i popoli, un fondamento indispensabile per la società e un grande tesoro per i coniugi durante tutta la loro vita", ha detto Benedetto XVI. "È un bene insostituibile per i figli, che devono essere il frutto dell'amore, della donazione totale e generosa dei genitori. Proclamare la verità integrale della famiglia, fondata sul matrimonio come Chiesa domestica e santuario della vita, è una grande responsabilità per tutti. Invito quindi i governi e i legislatori a riflettere sull'evidente bene che case pacifiche e armoniose assicurano all'uomo, alla famiglia, centro nevralgico della società, come ricorda la Santa Sede nella Carta dei diritti della famiglia".

Più tardi, nello stesso incontro di festa e di testimonianza, l'allora Papa Benedetto XVI si è riferito direttamente ai nonni, come Lino Banfi: "Vorrei riferirmi ora ai nonni, che sono così importanti nelle famiglie. Possono essere - e spesso lo sono - i garanti dell'affetto e della tenerezza che ogni essere umano ha bisogno di dare e ricevere. Danno ai più piccoli la prospettiva del tempo, sono la memoria e la ricchezza delle famiglie. Speriamo che, in nessun caso, siano esclusi dalla cerchia familiare. Sono un tesoro che non possiamo togliere alle nuove generazioni, soprattutto quando testimoniano la fede di fronte all'avvicinarsi della morte".

Anni dopo, nel 2013

Qualche anno dopo, nell'ottobre 2013, mesi dopo le sue dimissioni, si sono incontrati di nuovo, questa volta nel monastero Mater Ecclesiae. Dopo un incontro durato circa 35 minuti, Lino Banfi ha detto che il Papa emerito Benedetto XVI "suona il pianoforte, legge, studia e prega" e sta "molto bene", ha ricordato alla radio RT, secondo quanto riportato da Europa Press.

L'attore italiano ha sottolineato di aver trovato il Papa emerito "molto sereno" e ha ricordato la sua partecipazione all'Incontro Mondiale delle Famiglie a Valencia, quando parlò in "spagnolo-pugliese" e definì Benedetto XVI "nonno del mondo", che a Valencia aveva 79 anni, dieci in più di Lino Banfi.

Nel 2022, con Lolo Kiko

Il 2 marzo scorso, prima dell'udienza generale, Papa Francesco ha avuto un incontro con l'attore italiano Lino Banfi, il "nonno d'Italia". Il Ufficio stampa La Santa Sede ha condiviso la testimonianza di Banfi, che ha chiesto al Santo Padre "una preghiera per la pace in Ucraina e un'altra per mia moglie Lucia, perché ieri abbiamo festeggiato 60 anni di matrimonio".

"Io e il Papa abbiamo la stessa età, siamo nati nel 1936: gliel'ho ricordato, facendogli notare che io sono più vecchio di cinque mesi", ha commentato il comico. "Trovo straordinario che abbia scelto di tenere una catechesi sulla vecchiaia, che non è l'età dello 'scarto'... anzi! Sono contento di essere chiamato "nonno d'Italia", e ho detto al Papa che è davvero il "nonno del mondo", perché gli anziani sono fondamentali per il futuro... sempre di più!".

Ma, "proprio perché sono anziano", ha proseguito Banfi, "ho confidato al Papa che non avrei mai pensato di vedere un'altra guerra in Europa, e che mi sento vicino alle persone che soffrono, come un nonno, che prega per la pace".

Qualche anno prima della pandemia, nel bel mezzo del Sinodo dei vescovi sui giovani, la fede e il discernimento vocazionale, Papa Francesco ha avuto un incontro in cui ha consigliato ai nonni come trasmettere la fede ai loro nipoti. Ha ricordato "un ricordo molto bello". Quando ero nelle Filippine, la gente mi salutava chiamandomi: Lolo Kiko! Nonno Francesco! Lolo Kiko, gridavano! Sono stato molto felice di vedere che si sono sentiti vicini a me come nonno", ha detto il Papa.

Come avere un nonno saggio a casa".

In un rapporto di Omnes Negli ultimi anni, quando i giornalisti hanno chiesto a Papa Francesco del suo rapporto con il Papa emerito Benedetto XVI, egli ha detto: "è come se fossero fratelli, davvero"; "mi sembra di avere un nonno saggio in casa"; "mi fa bene ascoltarlo"; "mi incoraggia anche molto". "Come avere un nonno saggio in casa", ha ripetuto Francesco all'incontro con gli anziani nel settembre 2014.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cultura

Un libro raccoglierà il pensiero spirituale di Benedetto XVI

Dio è sempre nuovo (Dio è sempre nuovo) è il titolo del libro che sarà pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana, la casa editrice ufficiale della Santa Sede, con la prefazione di Papa Francesco.

Maria José Atienza-4 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

"Dio è sempre nuovo perché è la fonte e la ragione della bellezza, della grazia e della verità. Dio non è mai ripetitivo, Dio ci sorprende, Dio porta novità", così Papa Francesco sintetizza nella sua prefazione l'azzeccato titolo con cui la casa editrice vaticana raccoglie una "sintesi spirituale" del scritti di Benedetto XVI in cui, come sottolinea Francesco, "brilla la sua capacità di mostrare sempre di nuovo la profondità della fede cristiana". 

Il libro, pubblicato dalla Libreria editrice Vaticanache sarà pubblicato il 14 gennaio, affronta, secondo le parole della prefazione, "una serie di temi spirituali ed è uno stimolo a rimanere aperti all'orizzonte di eternità che il cristianesimo porta nel suo DNA". Il pensiero e il magistero di Benedetto XVI è e continuerà ad essere fecondo nel tempo, perché ha saputo mettere a fuoco i riferimenti fondamentali della nostra vita cristiana: innanzitutto la persona e la parola di Gesù Cristo, e poi le virtù teologali, cioè la carità, la speranza e la fede. E per questo tutta la Chiesa gli sarà grata".

Papa Francesco ha voluto esprimere anche in questo prologo la sua gratitudine a Dio "per averci dato Papa Benedetto XVI: con la sua parola e la sua testimonianza, ci ha insegnato che attraverso la riflessione, il pensiero, lo studio, l'ascolto, il dialogo e, soprattutto, la preghiera, è possibile servire la Chiesa e fare del bene a tutta l'umanità; ci ha offerto strumenti intellettuali vivi perché ogni credente potesse rendere ragione della sua speranza con un modo di pensare e di comunicare comprensibile ai suoi contemporanei". La sua intenzione era costante: entrare in dialogo con tutti per cercare insieme le vie attraverso le quali possiamo trovare Dio".

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Vaticano

I momenti divertenti di Benedetto XVI

Rapporti di Roma-4 gennaio 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Nei suoi quasi otto anni di pontificato, Benedetto XVI ha vissuto alcuni momenti divertenti, tra cui, ad esempio, alcune udienze originali come quella concessa a un gruppo di artisti del circo in cui il Papa accarezzò un cucciolo di leone o il dono di un volante di Formula 1.


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Vaticano

Papa Francesco: "La fragilità è, in realtà, la nostra vera ricchezza".

Papa Francesco ha incontrato oggi i fedeli in Aula Paolo VI per l'udienza generale del mercoledì. È il primo pubblico del 2023.

Paloma López Campos-4 gennaio 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Papa Francesco era oggi in Aula Paolo VI con i fedeli di tutto il mondo che hanno partecipato all'udienza generale, molti dei quali hanno anche salutato il Papa emerito. Benedetto XVI.

Il Santo Padre ha iniziato l'udienza menzionando Benedetto XVIil cui "pensiero acuto e colto non era autoreferenziale, ma ecclesiale, perché voleva sempre accompagnarci all'incontro con Gesù". Gesù, il Crocifisso Risorto, il Vivente e il Signore, è stata la meta a cui Papa Benedetto ci ha condotto, prendendoci per mano".

Farsi conoscere

Con la sua predicazione all'udienza odierna, il Papa conclude il catechesi sul discernimentoche va avanti da agosto. Per chiudere questo ciclo, Francesco ha fatto riferimento all'"accompagnamento spirituale, importante prima di tutto per la conoscenza di sé, che abbiamo visto essere una condizione indispensabile per il discernimento".

Nell'accompagnamento spirituale, ha detto il Papa, "è importante, innanzitutto, farsi conoscere, senza aver paura di condividere i nostri aspetti più fragili, in cui ci scopriamo più sensibili, deboli o timorosi di essere giudicati". La fragilità è, infatti, la nostra vera ricchezza, che dobbiamo imparare a rispettare e ad accogliere, perché, offerta a Dio, ci rende capaci di tenerezza, misericordia e amore. Ci rende umani. Questa fragilità non è tanto negativa, quanto parte della bellezza della natura umana, perché "Dio, per renderci simili a sé, ha voluto condividere fino in fondo la nostra fragilità".

Accompagnamento spirituale e discernimento

L'accompagnamento spirituale è uno strumento necessario per il discernimento, perché "se è docile allo Spirito Santo, aiuta a smascherare equivoci anche gravi nella considerazione di noi stessi e nel rapporto con il Signore". Attraverso un accompagnamento spirituale che assomiglia alle confidenze dei personaggi del Vangelo con Cristo, si può trovare Dio. Ci sono esempi di questo nei racconti evangelici che ci ricordano che "le persone che hanno un vero incontro con Gesù non hanno paura di aprirgli il loro cuore, di presentargli la loro vulnerabilità e inadeguatezza". In questo modo, la loro condivisione diventa un'esperienza di salvezza, di perdono liberamente ricevuto".

Il Santo Padre afferma che "raccontare a qualcun altro ciò che abbiamo vissuto o che stiamo cercando aiuta, innanzitutto, a fare chiarezza al nostro interno, portando alla luce i tanti pensieri che ci abitano e che spesso ci disturbano con i loro insistenti ritornelli". Attraverso l'accompagnamento, "scopriamo con sorpresa modi diversi di vedere le cose, segni di bontà che sono sempre stati presenti in noi".

Tuttavia, è importante ricordare che "chi accompagna non sostituisce il Signore, non fa l'opera al posto dell'accompagnato, ma cammina al suo fianco, lo incoraggia a leggere ciò che si muove nel suo cuore, il luogo per eccellenza dove il Signore parla".

Le basi dell'accompagnamento spirituale

Il Papa non ha voluto dimenticare i pilastri su cui si basa l'accompagnamento spirituale. Così, afferma che "l'accompagnamento può essere fruttuoso se, da entrambe le parti, abbiamo sperimentato la filiazione e la fratellanza spirituale. Scopriamo di essere figli di Dio quando scopriamo di essere fratelli e sorelle, figli dello stesso Padre. Per questo è fondamentale far parte di una comunità itinerante. Non andiamo al Signore da soli. Come nella storia evangelica del paralitico, spesso siamo sostenuti e guariti grazie alla fede di un'altra persona. Quando queste basi non sono solide, "l'accompagnamento può portare ad aspettative irrealistiche, incomprensioni e forme di dipendenza che lasciano la persona in uno stato infantile".

Maria, insegnante

Non è solo in Gesù che si trova un maestro che insegna come vivere nell'accompagnamento, il Papa sottolinea la figura di Santa MariaÈ una "maestra di discernimento: parla poco, ascolta molto e custodisce il suo cuore". Quando parla, ha detto Francesco al pubblico, lo fa con saggezza. "Nel Vangelo di Giovanni, c'è una brevissima frase pronunciata da Maria che è una parola d'ordine per i cristiani di tutti i tempi: "... è maestra di discernimento".Fate quello che vi dice"(cfr. 2.5)".

Questa saggezza della Madonna nasce perché "Maria sa che il Signore parla al cuore di ciascuno di noi e ci chiede di tradurre questa parola in azioni e scelte". Ella ha saputo incarnare tutto questo nella sua vita, così che "è presente nei momenti fondamentali della vita di Gesù, soprattutto nell'ora suprema della sua morte in croce".

Discernimento, arte e dono

Il Papa ha concluso quest'ultima catechesi sul discernimento affermando che il discernimento "è un'arte, un'arte che si può imparare e che ha le sue regole. Se viene appresa bene, ci permette di vivere la nostra esperienza spirituale in modo sempre più bello e ordinato. Soprattutto il discernimento è un dono di Dio, che va sempre chiesto, senza mai presumere di essere esperti e autosufficienti".

È importante tenere presente che "la voce del Signore è sempre riconoscibile, ha uno stile unico, è una voce che rasserena, incoraggia e rassicura nelle difficoltà". È questa voce che in tutta la Bibbia ripete "Non temere". Sapendo questo, "se confidiamo nella sua parola, giocheremo bene il gioco della vita e saremo in grado di aiutare gli altri". Come il SalmoLa sua Parola è una lampada per i nostri piedi e una luce per il nostro cammino (cfr. 119,105)".

Vaticano

Le sfide "politiche" dei viaggi all'estero di Benedetto XVI

Il suo segretario personale, Georg Gänswein, riflette sul contributo politico e diplomatico di alcuni dei discorsi più significativi pronunciati durante i suoi viaggi apostolici da Benedetto XVI presso le istituzioni europee e internazionali.

Giovanni Tridente-4 gennaio 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Come dimostrano le numerose notizie degli ultimi giorni, anche il Papa emerito Benedetto XVI è stato un Pontefice che ha mantenuto la tradizione dei suoi predecessori di intraprendere viaggi apostolici all'estero, e non solo in Italia. Una serie inaugurata a quattro mesi dall'inizio del suo pontificato con il viaggio in patria per la Giornata Mondiale della Gioventù a Colonia.

È tornato in Germania altre due volte, nel 2006 (in Baviera, dove è avvenuto il noto "incidente di Ratisbona") e nel 2011, in visita ufficiale al Paese.

In totale, Benedetto XVI ha compiuto 24 viaggi apostolici all'estero, diversi in Europa (tre volte in Spagna), ma anche in America Latina (Brasile, Messico, Cuba), negli Stati Uniti (2008), in Africa (Camerun, Benin) e in Australia (2008), come ha riferito nei giorni scorsi anche OMNES.

Conferma nella fede

Ovviamente, la prima ragione di questi viaggi fuori dal Vaticano in Paesi lontani è di natura spirituale: il Vicario di Cristo si reca in pellegrinaggio in terre abitate da cattolici battezzati - anche se in minoranza - per confermarli nella fede e portare loro la vicinanza e la benedizione di tutta la Chiesa.

Ci sono anche ragioni politiche, perché si tratta di visite a un Paese specifico, con una sua rappresentanza istituzionale che lo accoglie - e soprattutto lo invita - con le sue tradizioni e culture, i suoi problemi, le sue sfide e le sue prospettive per il futuro, che ogni Pontefice si impegna a valorizzare e integrare nell'insieme del suo magistero, lasciando sempre semi di possibile crescita e sviluppo.

Così è stato anche per Benedetto XVI, che durante il suo settennato alla guida della Chiesa universale non ha mancato di incontrare diversi leader politici e culturali dei Paesi europei e delle realtà internazionali.

Questa esperienza - e i discorsi che ha tenuto di volta in volta nei suoi vari viaggi - ci permette di trarre una serie di riflessioni su questioni fondamentali della società, come il rapporto tra giustizia e libertà religiosa, il confronto tra fede e ragione, la dinamica tra legge e diritto, ecc.

Diplomazia in stile Ratzinger

Su questi temi, il suo segretario particolare, monsignor Georg Gänswein, ha offerto nel 2014, un anno dopo le dimissioni di Benedetto XVI, alcune riflessioni che evidenziano proprio l'impatto "politico" della diplomazia formattata di Ratzinger, concentrandosi su cinque grandi discorsi del Papa emerito, rivolti ad altrettanti contesti e pubblici diversi, ma dai quali emergono alcune "idee chiave", sviluppate "in modo organico e coerente".

Il primo di questi discorsi messi in evidenza dal Prefetto della Casa Pontificia è senza dubbio quello pronunciato in occasione dia Regensburg il 12 settembre 2006Il vero significato di questo pronunciamento, ovviamente, non risiede nelle critiche che ne sono seguite. Naturalmente, la vera importanza di questo pronunciamento non risiede nelle critiche che ne sono seguite.

Un secondo discorso è stato pronunciato alle Nazioni Unite a New York due anni dopo, incentrato sui diritti umani e sul progetto che sessant'anni prima ha portato all'adozione della Dichiarazione universale dei diritti umani.

Gänswein ha poi sottolineato l'importanza del discorso pronunciato in occasione del Collegio dei Bernardini di Parigi (12 settembre 2008), rivolto alle élite culturali di un Paese considerato secolarizzato e ostile alle religioni. Benedetto XVI ha ricordato qui il contributo della fede cristiana allo sviluppo della civiltà europea.

Nel 2010, il 17 settembre, Benedetto XVI ha parlato a Londra nella sede di quel Parlamento che, tra le altre cose, decretò la morte di Tommaso Moro in seguito a dissensi religiosi. In quell'occasione ha apprezzato la tradizione liberaldemocratica, denunciando al contempo gli attacchi alla libertà religiosa che si stavano verificando in Occidente.

Infine, di importanza politica e diplomatica è stato il suo discorso al Bundestag tedesco il 22 settembre 2011, in cui Benedetto XVI ha affrontato la questione dei fondamenti dell'ordine giuridico e dei limiti del conseguente positivismo che ha dominato l'Europa per tutto il XX secolo.

Sulla base di questi pronunciamenti, il Segretario particolare di Benedetto XVI traccia un filo conduttore in tre prospettive.

Religione e diritto

Il primo ha a che fare con il nucleo del pensiero di Benedetto XVI sul contributo della religione al dibattito pubblico e, di conseguenza, alla costruzione dell'ordine giuridico. Lo si vede molto chiaramente nel discorso al Bundestag di Berlino, quando Ratzinger afferma: "Nella storia, gli ordinamenti giuridici hanno quasi sempre avuto una motivazione religiosa: sulla base di un riferimento alla volontà divina, si decide ciò che è giusto tra gli uomini.

A differenza di altre grandi religioni, il cristianesimo non ha mai imposto allo Stato e alla società una legge rivelata, un ordine giuridico derivato da una rivelazione. Invece, ha fatto riferimento alla natura e alla ragione come vere fonti del diritto, ha fatto riferimento all'armonia tra ragione oggettiva e soggettiva, un'armonia che, tuttavia, presuppone che entrambe le sfere siano fondate sulla Ragione creatrice di Dio".

Aveva proposto un concetto simile a Westminster Hall, per fugare il timore che la religione sia un'"Autorità" che in qualche modo si impone nelle questioni legali e politiche, frustrando la libertà e il dialogo con gli altri.

La proposta di Benedetto XVI, invece, ha una visione universale e si colloca proprio nell'interrelazione tra ragione e natura. Gänswein riflette: "Il primo e fondamentale contributo di Benedetto XVI è il ricordo che le fonti ultime del diritto si trovano nella ragione e nella natura, non in un mandato, chiunque esso sia".

Ragione e natura

Una seconda prospettiva pedagogica riguarda l'ambito del rapporto tra ragione e natura, in cui "è in gioco il destino delle istituzioni democratiche, la loro capacità di produrre il 'bene comune', cioè la possibilità, da un lato, di decidere a maggioranza gran parte della materia da regolare giuridicamente e, dall'altro, di sforzarsi continuamente di riconoscere e riaffermare ciò che non può essere votato", ricorda monsignor Gänswein.

Nei suoi discorsi pubblici Benedetto XVI denuncia apertamente la tentazione di ridurre la ragione a qualcosa di misurabile e la paragona a un bunker di cemento senza finestre. Piuttosto: "Dobbiamo riaprire le finestre, dobbiamo vedere di nuovo l'immensità del mondo, il cielo e la terra, e imparare a usare tutto questo in modo giusto", ha detto a Berlino.

Per questo non bisogna avere paura di misurarsi con la realtà, pensando che l'unico modo per accedervi sia ridurla a schemi precostituiti o addirittura preconcetti. Qui c'è praticamente "una correzione del razionalismo moderno, che permette di ristabilire un corretto rapporto tra ragione e realtà". Una ragione positivista o autosufficiente non è in grado di uscire dalla palude delle incertezze", commenta Gänswein.

Interrelazione tra ragione e fede

Infine, un paradigma fondamentale dell'intero pontificato, l'interrelazione tra ragione e fede, che brilla nei discorsi che l'allora Pontefice tenne con il continente europeo come punto di riferimento. "La cultura europea è nata dall'incontro tra Gerusalemme, Atene e Roma; dall'incontro tra la fede nel Dio di Israele, la ragione filosofica dei greci e il pensiero giuridico di Roma. Questo triplice incontro plasma l'identità intima dell'Europa", ha detto ancora Ratzinger nel suo discorso al Bundestag.

La riflessione su come la fede cristiana abbia contribuito alla riabilitazione della ragione emerge invece dal contenuto dell'intervento al Collège des Berardins di Parigi, quando l'emerito cita l'esempio del monachesimo occidentale come occasione di rinascita di una civiltà finora "sepolta sotto le rovine della devastazione della barbarie" - ricorda Gänswein - avendo "rovesciato vecchi ordini e vecchie certezze".

Insomma, secondo Benedetto XVI c'è un profondo rapporto di amicizia tra fede e ragione, e nessuna delle due vuole sottomettere l'altra. Nella Westminster Hall ha dichiarato: "Il mondo della ragione e il mondo della fede - il mondo della razionalità secolare e il mondo del credo religioso - hanno bisogno l'uno dell'altro e non dovrebbero avere paura di impegnarsi in un dialogo profondo e continuo, per il bene della nostra civiltà". La religione, quindi, per qualsiasi legislatore, non è affatto un problema da risolvere, i legislatori non sono un problema da risolvere, "ma un contributo vitale al dibattito nazionale".

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Benedetto, un uomo incompreso

Ci vorranno anni, forse decenni, per apprezzare la statura intellettuale, umana e spirituale del Papa emerito Benedetto XVI, morto la mattina di sabato 31 dicembre.

4 gennaio 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Ci sono persone che si distinguono per qualche tratto eminente della personalità - per esempio, un talento artistico o un'intelligenza eccezionale - ma che sono impedite di brillare al massimo delle loro potenzialità da una certa goffaggine del carattere: un genio focoso, un'eccessiva sensibilità o una timidezza sovrapposta all'insicurezza.

A volte non si tratta di un fattore temperamentale, ma di una battuta d'arresto o di un contrattempo esterno a loro, come una circostanza storica avversa. Oppure può essere una combinazione di entrambi, in un cocktail sfortunato. Fortunatamente, il passare del tempo spesso fa giustizia e mette tutti al posto giusto.

È quello che è successo ad artisti come il Caravaggio o Vincent Van Gogh. Più di un santo ha lasciato questo mondo avvolto da controversie. Credo di non esagerare quando dico che ci vorranno anni, forse decenni, per apprezzare la statura intellettuale, umana e spirituale di Benedetto XVI.

Nei giorni trascorsi dal suo recente morte il 31 dicembre scorsoIn una presuntuosa ignoranza - doppia ignoranza - alcuni hanno sottolineato il suo passato nel movimento giovanile hitleriano o lo hanno accusato di aver coperto i casi di pederastia perpetrati da chierici all'interno della Chiesa.

Tuttavia, un fatto che nessuno può squalificare è la decisione presa nel 2013 di dimettersi dalla Sede di Pietro di fronte ai crescenti limiti fisici e psicologici causati dall'età. Ed è proprio lì che, se si ha un minimo di onestà intellettuale, si comincia a intravedere la grandezza di Joseph Ratzinger, un uomo profondamente fedele al Dio a cui ha dedicato le sue forze migliori e a se stesso.

L'emerito ha iniziato il suo pontificato presentandosi ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro e al mondo come un umile lavoratore nella vigna del Signore. Chiunque avesse avuto a portata di mano il suo curriculum all'epoca non avrebbe avuto altra scelta che aggrottare le sopracciglia e attribuirgli una falsa modestia. Ma Ratzinger non stava mentendo. È così che si sentiva ed è così che aveva cercato di trascorrere tutta la sua vita.

Avrebbe potuto essere uno dei teologi più prolifici del XX secolo, ma accettò l'invito a diventare pastore della diocesi di Monaco di Baviera e a lavorare nell'ingrato lavoro di un'altra persona. Congregazione per la Dottrina della FedeEra un uomo che amava i libri, nonostante fosse più bravo nei libri che nelle pecore, e nonostante sapesse che lo stigma inquisitorio si sarebbe ritorto contro di lui e lo avrebbe accompagnato da quel momento in poi.

La timidezza fu il suo peggior difetto, ma sicuramente anche la sua migliore virtù, perché divenne la salvaguardia della sua umiltà e, di conseguenza, di una fede incrollabile.

Non ha mai cercato di difendersi dalle critiche. Aveva tempo solo per la missione affidatagli al servizio della Chiesa. Solo alla fine dei suoi giorni decise di mettere le cose in chiaro. di fronte alle accuse di insabbiamento di un prete pedofilo quando era vescovo di Monaco. Scrisse una lettera in cui chiariva la situazione, ma soprattutto in cui chiedeva nuovamente perdono a nome di tutta l'istituzione per il peggior flagello della sua storia millenaria.

L'insegnamento di Ratzinger come Romano Pontefice è una delizia per l'orecchio, cibo per l'intelletto e balsamo per il cuore. Attraverso di lui ha agito come "pater familias", alla maniera evangelica, estraendo ciò che è buono dallo stivale della dottrina e dandolo squisitamente masticato ai suoi figli. Saranno generazioni di cristiani a nutrirsi dei suoi insegnamenti nel corso del tempo.

Due fattori esterni hanno giocato a sfavore di questo pontificato, che passerà alla storia per il suo brusco e inaspettato epilogo: da un lato, il relativismo imperante che il Papa stesso ha denunciato e cercato di combattere con le sue armi migliori.

Un relativismo che ha generato, insieme alla superficialità, quella presuntuosa ignoranza a cui mi riferivo prima. Dall'altro lato, la scelta di consiglieri e alleati che non hanno saputo accompagnarlo in un viaggio travagliato. E così si sono scatenate crisi come quella dei figli di Lefebvre, l'errata interpretazione del discorso di Ratisbona, lo scandalo Vatileaks e persino la tardiva risposta dell'istituzione - non di Papa Benedetto - alla condanna della pedofilia.

Si dice che quando stava pensando di dimettersi dal pontificato abbia condiviso questo dubbio con alcuni dei suoi più stretti consiglieri. Tutti cercarono di dissuaderlo, ma egli aveva già preso la sua decisione alla presenza di Dio. Il tempo ha dimostrato che aveva ragione a non tenere conto delle loro parole.

La storia chiamerà questa generazione ingiusta per non aver capito Benedetto XVI e per non averlo apprezzato in tutta la sua grandezza. Dovremo scusarci dicendo che la sua timidezza, nell'era dell'immagine, non ci ha aiutato, o che testate di parte e bugiarde ci hanno impedito di farlo. Ma in ogni caso spero che sia più precisa di noi e che faccia risplendere per le prossime generazioni la figura di questo uomo di Dio, che sotto un aspetto goffo e fragile portava in sé un gigante.

Vaticano

I partecipanti ai funerali di Benedetto XVI

È stato pubblicato l'elenco dei rappresentanti religiosi che parteciperanno ai funerali di Benedetto XVI a Roma giovedì 5 gennaio. Questi partecipanti si uniscono alle migliaia di persone attese in Vaticano per salutare il Papa emerito.

Paloma López Campos-3 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

I rappresentanti di molte denominazioni religiose vogliono partecipare al funerale di Benedetto XVI che si terrà giovedì 5 gennaio a Roma. Questi nomi si aggiungono a quelli di tante persone che si mobiliteranno nei prossimi giorni per dare una l'ultimo saluto al Papa emerito.

Rappresentanti ortodossi

Così, il Patriarcato ecumenico della Chiesa ortodossa di Costantinopoli attende la partecipazione delle sue eminenze Policarpo d'Italia ed Emmanuele di Calcedonia. È atteso anche il vescovo Gennadios del Botswana come rappresentante greco-ortodosso.

Il Patriarcato di Mosca, da parte sua, in RussiaAi funerali parteciperanno il presidente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, Antonio di Volokolamsk, e l'assistente del Dipartimento per le relazioni ecclesiastiche esterne, Ivan Nikolaev. Il Patriarcato serbo sarà rappresentato dal Vescovo di Bec.

Dalla Romania arriveranno il vescovo della diocesi ortodossa romena del Nord Italia, monsignor Siluan, e il suo vescovo ausiliare, Atanasio, a nome del Patriarcato romeno.

I Patriarcati di Bulgaria e Georgia saranno rappresentati rispettivamente da Ivan Ivanov, amministratore delle comunità bulgare in Italia, e dal parroco della comunità georgiana a Roma, Ioane Khelaia.

La Chiesa di Cipro invierà il vescovo metropolita Basilio di Costanza, mentre la Chiesa greca sarà rappresentata dal metropolita Ignazio di Dimitriade. A rappresentare la Macedonia del Nord ci saranno Sua Altezza Josif di Tetovo-Gostivar e il diacono Stefan Gogovski.

A nome della Chiesa ortodossa in America (OCA), il primate dell'IOA, Tikhon, e il suo segretario, Alessandro Margheritino, parteciperanno ai funerali.

Sarà presente anche il vescovo per l'Italia del Patriarcato copto ortodosso, mons. Barnabas El Soryany. Dalla Chiesa apostolica armena sono attesi il rappresentante presso la Santa Sede, l'arcivescovo Khajag Barsamian, Bagrat Galstanyan della diocesi di Tavush in Armenia e il legato pontificio per l'Europa centrale, Tiran Petrosyan. Dalla stessa chiesa, ma dalla Cilicia, sarà presente l'arcivescovo Nareg Alemezian.

Abraham Mar Stephanos, metropolita per il Regno Unito e l'Europa, rappresenterà la Chiesa siriaca malankara; e Mar Odisho Oraham, vescovo per la Scandinavia e la Germania, è l'inviato della Chiesa assira d'Oriente.

Rappresentanti veterocattolici

La Chiesa vetero-cattolica di Utrecht sarà rappresentata dal vescovo di Utrecht Heinrich Lederleitner. Austria.

Rappresentanti anglicani

A nome della Comunione anglicana, si recheranno a Roma il rappresentante dell'arcivescovo di Canterbury presso la Santa Sede e direttore del Centro anglicano di Roma, Ian Ernest; il rappresentante del Segretario generale della Comunione anglicana, mons. Christopher Hill; e il vescovo suffraganeo della diocesi in Europa, mons. David Hamid.

Rappresentanti metodisti

Matthew Laferty, direttore dell'Ufficio ecumenico metodista di Roma.

Rappresentanti luterani

La parrocchia luterana di Roma sarà invece rappresentata dal pastore Michael Jonas della Comunità Evangelica Luterana di Roma.

Rappresentanti del Consiglio ecumenico

Il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, moderatore del Consiglio ecumenico delle Chiese, si recherà in Vaticano a nome del Consiglio ecumenico delle Chiese.

Rappresentanti evangelici

Samuel Chiang, segretario generale aggiunto per i ministeri dell'Alleanza evangelica mondiale, è il rappresentante degli evangelici ai funerali.

Rappresentanti dei giovani

Infine, a rappresentare l'Associazione Cristiana Giovani Uomini in Italia saranno il Presidente del Congresso Federico Serra, il Presidente del Comitato Nazionale Maurizio Donnangelo e il Segretario Generale della Federazione Alessandro Indovina.

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Cose per nome

Gli eccessi del linguaggio inclusivo, che a volte sfiorano il ridicolo, o il rullo compressore dell'ideologia gender, che minaccia di trasformare in criminale chiunque si rifiuti di dire che il bianco è nero, sono solo esempi di una pratica ben nota ai governanti di ogni epoca.

3 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

"La guerra è pace, la libertà è schiavitù, l'ignoranza è forza. Questi sono i tre slogan di partito che coronano il faraonico edificio del Ministero della Verità nel romanzo 1984. La manipolazione del linguaggio raggiunge oggi livelli simili.

Non sono certo un teorico della cospirazione, ma non credo che siamo molto lontani dalla società distopica e schiacciante immaginata da George Orwell. Lì, la cosiddetta "neolingua" serviva all'onnipresente Grande Fratello per controllare i cittadini; qui, le ideologie usano il linguaggio per addolcire ciò che non inghiottiremmo se chiamassero le cose con il loro nome.

Gli eccessi del linguaggio inclusivo, che a volte sfiorano il ridicolo, o il rullo compressore dell'ideologia gender, che minaccia di trasformare in criminale chiunque si rifiuti di dire che il bianco è nero, sono solo esempi di una pratica ben nota ai governanti di ogni epoca.

Le ultime a lamentarsi della manipolazione del linguaggio sono state le associazioni delle famiglie numerose, che vedono nella nuova legge preparata dal governo spagnolo un'aggressione. Nella motivazione del disegno di legge, rivelata dal quotidiano ABC, il governo riconosce chiaramente la natura ideologica della legge, affermando che "non esiste più la famiglia, ma piuttosto le famiglie al plurale".

Secondo il regolamento, scompare il concetto di famiglia numerosa, riconoscendo al suo posto fino a 16 tipi diversi di famiglie, tra cui (che cosa!) la famiglia composta da una sola persona.

Le famiglie numerose protestano giustamente che "se tutto è famiglia, niente è più famiglia", adducendo il mancato riconoscimento, nell'attuale contesto demografico, della funzione sociale che svolgono.

Nonostante il fatto che, anno dopo anno, la famiglia continui a comparire al primo posto nella classifica delle istituzioni più apprezzate, la verità è che, man mano che le pratiche sociali la rendono sempre più piccola e fragile, il suo ruolo diventa sempre più sfumato. C'è già chi dice che la vera famiglia sono gli amici, perché sono "quelli che ti scegli", così che il Grande Fratello sta realizzando, passo dopo passo, il suo progetto di ingegneria sociale di eliminare i legami per rendere gli individui sempre più soli, più senza radici, più dipendenti dallo Stato e, quindi, più manipolabili. Svuotare la parola famiglia del suo significato ci avvicina sempre di più alla mandria - o al branco o al gregge, che dir si voglia; ci rende meno umani e più quell'altra cosa in cui vogliono trasformarci.

Cosa succederebbe se, nella ricerca di un'effettiva uguaglianza, ci chiamassimo tutti con lo stesso nome? Il mondo sarebbe nel caos, nessuno saprebbe chi è chi, nemmeno se stesso.

Oggi celebriamo la festa del Santissimo Nome di Gesù, un termine che in ebraico significa "Dio salva", indicando chiaramente la missione del bambino. Che si sappia chiamare le cose con il loro nome e non ci si lasci manipolare da questi falsi salvatori dell'umanità. Perché l'umanità è già stata salvata da un uomo semplice che ha imparato a essere e a portare avanti questo concetto fino in fondo in quella scuola di umanità chiamata famiglia. Il suo nome, al di sopra di tutti i nomi: Gesù. Rivolgiamoci a lui quando siamo confusi.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Ecologia integrale

Cosa deve l'ecologia a Papa Benedetto XVI

La questione ecologica in Benedetto XVI mantiene un interessante equilibrio tra l'essere aperto al mondo di oggi, valorizzando gli aspetti positivi che esso incorpora, e allo stesso tempo saper illuminare i problemi e le aspettative dei suoi contemporanei con la luce del cristianesimo più autentico.

Emilio Chuvieco-3 gennaio 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Mi sembra superfluo allungare il lungo elenco di riconoscimenti che l'opera teologica e pastorale di Papa Benedetto ha meritato nei giorni scorsi in occasione della sua morte. Né perderò un minuto a rispondere alle farneticazioni di chi lo critica senza conoscere a malapena i suoi scritti e senza averlo incontrato personalmente.

Mi sembra molto più opportuno sottolineare un'altra dimensione del suo pensiero - forse non centrale, ma certamente importante - che mi sta a cuore. Servirà quindi come modesto omaggio e gratitudine a un grande intellettuale, un uomo saggio e buono, che ha avuto il compito di guidare la Chiesa negli ultimi 40 anni - prima come fondamentale sostegno di San Giovanni Paolo II e poi come Vescovo di Roma - verso un autentico rinnovamento della Chiesa del XXI secolo, facendo propri gli aspetti più sostanziali e fecondi del Concilio, coniugando la Tradizione con l'apertura alla Modernità, in una fedeltà dinamica che chiede sempre ciò che Gesù Cristo chiederebbe a noi se predicasse ai nostri contemporanei.

Mi riferisco alle opinioni di Benedetto XVI sulle questioni ambientali oggi tanto dibattute. Trovo particolarmente attraente la posizione di Benedetto XVI su questo tema, perché esemplifica molto bene quell'equilibrio tra chi è aperto al mondo di oggi, valorizzando le cose positive che incorpora, e allo stesso tempo sa illuminare i problemi e le aspettative dei suoi contemporanei con la luce del cristianesimo più autentico.

Per molti cristiani si tratta di questioni che, nella migliore delle ipotesi, sono estranee alla nostra fede, se non addirittura un'opportunità per minare il messaggio cristiano con interessi spuri o apertamente pagani. Per altri, la Chiesa non può rimanere in silenzio su qualsiasi questione che abbia un significato intellettuale e un ampio interesse sociale.

La traiettoria del magistero ecclesiastico sulla cosiddetta "questione ecologica" sembra, a prima vista, molto recente, anche se ci sono riferimenti molto interessanti all'ammirazione e all'apertura verso la natura in autori rilevanti come San Basilio, Sant'Agostino e San Benedetto.

Tuttavia, l'analisi del magistero recente parte da alcune allusioni in testi di San Giovanni XXIII, San Paolo VI, e alcuni scritti più specifici di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, per finire all'enciclica dedicata a questo tema da Papa Francesco nel 2015. Il testo dell'attuale Papa è molto profondo e attuale, con alcune note originali, ma non nasce dal vuoto: attinge agli scritti dei suoi predecessori, così come ai documenti prodotti da varie conferenze episcopali. Vorrei ora soffermarmi sui contributi di Papa Benedetto a questa traiettoria.

Vale la pena ricordare che Benedetto XVI era tedesco e che in Germania la sensibilità ambientale è una componente fondamentale della vita quotidiana (vale la pena ricordare che è uno dei pochi Paesi al mondo ad avere un partito dei Verdi con un'ampia rappresentanza parlamentare).

Il questione ecologica in Benedetto XVI

I suoi riferimenti alla "questione ecologica" sono frequenti e profondi. Per esempio, in quattro anni del suo pontificato di otto anni, egli dedica a questo tema riferimenti centrali nei suoi messaggi per la Giornata mondiale della pace.

Nell'edizione del 2007 introduce un tema estremamente importante, il concetto di ecologia umana, dandone un'interpretazione sia morale che dottrinale: "L'umanità, se è veramente interessata alla pace, deve sempre tenere presente l'interrelazione tra l'ecologia naturale, cioè il rispetto della natura, e l'ecologia umana. L'esperienza dimostra che ogni atteggiamento irrispettoso nei confronti dell'ambiente porta danni alla convivenza umana e viceversa" (n. 8).

Benedetto XVI è anche il primo a collegare direttamente la giustizia ambientale con le generazioni future, un aspetto che ora è pienamente incluso nella legislazione internazionale come principio morale, anche se è giuridicamente complicato da applicare. Ricordando che... "Il rispetto dell'ambiente non significa che la natura materiale o animale sia più importante dell'uomo", ha affermato che non possiamo usare la natura "...in modo egoistico, a completa disposizione dei nostri interessi, perché anche le generazioni future hanno il diritto di beneficiare del creato, esercitando in esso la stessa libertà responsabile che rivendichiamo per noi stessi" (Benedetto XVI, Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, 2008, n. 7).

Tuttavia, l'ecologia umana proposta da Benedetto XVI va oltre. Si riferisce alla profonda connessione tra l'equilibrio naturale e l'equilibrio umano, proponendo di farsi guidare dalla legge naturale, collegando la natura umana con quella "naturale", perché in fondo siamo parte dello stesso substrato naturale. La verità dell'uomo e della natura porta a un atteggiamento di rispetto e cura: non sono aspetti separati.

In questo senso, egli riprende quanto già evidenziato da San Giovanni Paolo II, ovvero che il degrado ambientale è legato al degrado morale dell'uomo, poiché entrambi implicano il disprezzo per il disegno creativo di Dio, ma Benedetto XVI estende questo discorso a varie sfaccettature dell'agire morale: "Se non si rispetta il diritto alla vita e alla morte naturale, se si rendono artificiali il concepimento, la gestazione e la nascita dell'uomo, se si sacrificano gli embrioni umani alla ricerca, la coscienza comune finisce per perdere il concetto di ecologia umana e con esso l'ecologia ambientale". È una contraddizione chiedere alle nuove generazioni di rispettare l'ambiente naturale quando l'educazione e le leggi non le aiutano a rispettare se stesse.

Il libro della natura è uno e indivisibile, sia che riguardi la vita, la sessualità, il matrimonio, la famiglia, le relazioni sociali, in una parola, lo sviluppo umano integrale" (Caritas in veritate, 2009, n. 51). Da qui nasce il concetto, più recentemente sviluppato da Papa Francesco, di ecologia integrale, che si riferisce alla cura della natura e delle persone, perché in fondo questo pianeta è la nostra casa comune.

Non ci può essere discontinuità tra questi due aspetti, né a un estremo né all'altro. Chi si preoccupa dell'ambiente denigrando le persone che lo abitano sarebbe altrettanto fuorviato di chi degrada gratuitamente l'ambiente per favorire presumibilmente le persone. C'è solo una crisi - come spesso cita Papa Francesco - sia sociale che ambientale.

La soluzione al problema ambientale, quindi, non è solo tecnica ma anche morale. Ognuno ha bisogno di scoprire quali aspetti della propria vita possono essere rinnovati. In questo quadro si inserisce il concetto di conversione ecologica, che tanto piace a Papa Francesco, ma che è stato proposto da Giovanni Paolo II, e ampliato da Benedetto XVI, concretizzandolo in cambiamenti personali: "Occorre un effettivo cambiamento di mentalità che ci porti ad adottare nuovi stili di vita, "in cui la ricerca della verità, della bellezza e del bene, nonché la comunione con gli altri per una crescita comune, siano gli elementi che determinano le scelte di consumo, di risparmio e di investimento" (Benedetto XVI, Caritas in veritate, 2009, n. 51). 51).

Da notare anche le allusioni di Benedetto XVI alla questione ambientale nel suo memorabile discorso al Parlamento tedesco. In quell'occasione ha sottolineato che il rispetto per la natura è anche un modo per riconoscere una verità oggettiva che non creiamo noi, ma alla quale dobbiamo riconoscerci.

Per questo ha indicato che: "Dobbiamo ascoltare il linguaggio della natura e rispondervi in modo coerente", collegando questo riconoscimento a quello della stessa natura umana: "L'uomo non è solo una libertà che si crea da sé. L'uomo non crea se stesso. Egli è spirito e volontà, ma anche natura, e la sua volontà è giusta quando rispetta la natura, la ascolta e quando si accetta per quello che è, ammettendo di non aver creato se stesso. In questo modo, e solo in questo modo, si realizza la vera libertà umana".

Insomma, nell'amplissimo magistero di Benedetto XVI, la dimensione ecologica viene proposta come centrale nell'esperienza cristiana, a partire da una concezione di Dio Creatore, che ha abbellito il mondo che ci circonda con un'immensa biodiversità, di Dio Redentore, che ha voluto condividere la nostra natura umana, vivendo in armonia con il suo ambiente, e di Dio Santificatore, che utilizza la materia naturale come veicolo di Grazia nei sacramenti.

Papa Francesco ce lo ha ricordato nella sua enciclica e nelle numerose allusioni del suo magistero, ma anche i papi precedenti, soprattutto Benedetto XVI, meritano un posto d'onore tra i precedenti di questo magistero.

L'autoreEmilio Chuvieco

Professore di geografia presso l'Università di Alcalá.

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Spagna

Mayte Rodríguez: "Ebrei e cristiani devono lavorare e dialogare su tutto ciò che ci unisce".

Qualche settimana fa, la sala capitolare della Cattedrale dell'Almudena di Madrid si è trasformata in un punto di incontro interreligioso per la celebrazione del 50° anniversario della fondazione del Centro di Studi Giudeo-Cristiani. Mezzo secolo "essere l'istituzione ufficiale della Chiesa per il dialogo con l'ebraismo", come sottolinea Mayte Rodríguez, direttrice del Centro.

Maria José Atienza-3 gennaio 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

La storia del Centro di studi giudaico-cristianiLa congregazione delle Suore di Nostra Signora di Sion, dipendente dall'arcivescovado di Madrid, non può essere compresa senza menzionare la congregazione delle Suore di Nostra Signora di Sion. 

Questa congregazione, fondata sotto l'ispirazione di Theodore e Alphonse Ratisbonne, due fratelli di origine ebraica che si sono convertiti al cattolicesimo e sono stati ordinati sacerdoti, ha come carisma il lavoro e la preghiera nella Chiesa per rivelare l'amore fedele di Dio per il popolo ebraico e per realizzare il regno di Dio sulla terra attraverso la collaborazione fraterna. 

Questa è stata la linea di questi 50 anni di lavoro, come sottolinea in questa intervista Mayte Rodríguez, una laica che ha conosciuto il carisma delle Suore di Sion poco dopo essere arrivata in Spagna e che, da allora, fa parte di questo Centro Studi. 

Quando è stato fondato il Centro di Studi Ebraico-Cristiani? 

-Intorno al 1960, suor Esperanza e suor Ionel arrivarono in Spagna. La prima cosa che hanno fatto è stata quella di recarsi alla comunità ebraica, che li ha accolti a braccia aperte. È stato lì che è stata fondata la Amicizia giudeo-cristiana, approvato dall'arcivescovado di Madrid.

Stiamo parlando di prima del Concilio Vaticano II. Dopo il Concilio, il cardinale Tarancòn decise di erigere una Centro di studi giudaico-cristianiL'istituzione ufficiale della Chiesa, cioè la rende un'istituzione ufficiale della Chiesa.

Di fatto, siamo l'unica istituzione ecclesiastica ufficiale per il dialogo con l'ebraismo qui in Spagna. Il Centro in quanto tale è stato istituito il 21 settembre 1972, affidandone la gestione alla Congregazione di Nostra Signora di Sion.

Perché la Congregazione si è stabilita in Spagna? 

-Nell'estate del 1947, un folto gruppo di ebrei e cristiani provenienti da 19 Paesi si riunì a Seelisberg, in Svizzera. Tra questi, Jacques Maritain e Jules Isaac. Quell'incontro è stato un evento chiave. Ha mostrato, tra l'altro, come una certa parte dell'orrore del recente olocausto ebraico possa derivare da una visione errata dei cristiani nei confronti degli ebrei. Ci riferiamo ad idee come quella che gli ebrei siano "colpevole della morte di Cristo". Seelisberg promuove la cosiddetta "amicizia ebraico-cristiana". 

È vero che in Spagna, non avendo partecipato alla Seconda Guerra Mondiale, forse non abbiamo avuto la stessa percezione della persecuzione degli ebrei che avremmo potuto avere in Francia o in Germania, ma in Spagna c'era un'evidente radice sefardita, ebraica. Non a caso gli ebrei si dividono in sefarditi e ashkenaziti, i primi di origine spagnola e i secondi di origine mitteleuropea. 

In questa storia, quale ruolo svolge la dichiarazione Nostra Aetate?

-Negli ultimi anni si sono moltiplicati i documenti della Chiesa su questo tema. Certo, ci sono stati secoli di malintesi e questo ha portato a malintesi, malintesi e così via. 

Negli ultimi anni sono stati compiuti molti progressi. A tal proposito, il contributo del Concilio Vaticano II e, in particolare, della dichiarazione Nostra Aetate, è stato fondamentale. Questo è dovuto, a mio avviso, a tre persone: San Giovanni XXIII, Jules Isaac e il cardinale Agustin Bea SJ.

Dopo questo incontro con Seelisberg, Jules Isaac chiese un colloquio con San Giovanni XXIII. In quell'intervista ha espresso il suo rammarico perché, pur non trovando punti antisemiti nei Vangeli, si chiedeva da dove venisse l'astio storico verso il popolo ebraico. In quella conversazione, Isaac chiese al Papa: "Santità, posso portare speranza al mio popolo?"Giovanni XXIII rispose: "Avete diritto a qualcosa di più della speranza. Dopo quell'incontro, il Papa affidò al cardinale Agustín Bea la preparazione di quella che sarebbe poi diventata la dichiarazione Nostra Aetate. Questa dichiarazione è stata molto controversa: per alcuni settori della Chiesa era insufficiente, per altri eccessiva. C'è stato anche un fraintendimento da parte delle altre confessioni. Alla fine Nostra Aetate e fu l'inizio del cambiamento. Non solo da parte dei cattolici, ma, nel caso della comunità ebraica, per come vedevano noi cristiani. 

C'è stato anche un cambiamento di mentalità da parte della comunità ebraica?

-Va ricordato che per gli ebrei i cristiani sono stati spesso considerati una sorta di setta, un'eresia del giudaismo. 

Negli ultimi anni sono stati compiuti passi significativi. Ad esempio, in documenti recenti gli ebrei riconoscono che i cristiani fanno parte del piano infinito di Dio. Non solo, ma in un certo senso seguiamo strade parallele e quando Dio vorrà ci incontreremo. Nel frattempo, dobbiamo lavorare e dialogare su tutto ciò che ci unisce. Questo è molto importante. 

È davvero paradossale, ma ciò che più ci unisce ai nostri fratelli maggiori nella fede è anche ciò che più ci separa: la figura di Cristo. Gesù era ebreo, sua madre era ebrea, gli apostoli erano ebrei... La grande differenza è che per noi è il Messia e per loro è un grande rabbino. A questo punto, faccio spesso riferimento al nome della rivista del centro, El Olivo. Questa rivista deve il suo nome a queste parole tratte dall'XI capitolo della lettera ai Romani: "Se la radice è santa, lo sono anche i rami. D'altra parte, se alcuni dei rami sono stati spezzati, mentre tu, che sei un olivo selvatico, sei stato innestato al suo posto e reso partecipe della radice e della linfa dell'olivo. Gli ebrei sono il tronco e se noi siamo santi è perché anche loro sono santi. Molte volte, all'interno degli stessi cristiani, si apprezza una visione distante del popolo ebraico. Penso che sia più una mancanza di interesse che altro. Tuttavia, grazie a Dio, vediamo che la situazione sta cambiando e c'è più apertura. Ma è necessario molto di più. 

Ora che ha 50 anni, quali sono le prospettive del Centro per il futuro?

-Penso che questo Centro sia qualcosa che Dio vuole, così saprà cosa fare per il futuro. Abbiamo attraversato, e stiamo ancora attraversando, molti alti e bassi. Ogni mattina, quando arrivo al Centro, vado alla cappella che abbiamo qui e dico al Signore: "Vado alla cappella". "Questo è tuo, vediamo cosa sai fare!".. Penso che sia questo, un'opera di Dio. Lavoriamo per il suo popolo e per il suo popolo, e quelli di noi che sentono questo affetto lo vedono in questo modo. 

Al Centro siamo quasi tutti volontari, anche il magnifico gruppo di insegnanti che partecipa alle nostre conferenze lo fa su base volontaria. Quando le Sorelle di Sion sono venute in Spagna e hanno riunito un gruppo di intellettuali, politici, ecc. il punto chiave era che amavano il popolo ebraico e volevano diffondere la loro cultura, ed è quello che continuiamo a fare. Oltre ai cicli di conferenze su vari argomenti legati all'ebraismo e al cristianesimo, abbiamo corsi di ebraico aperti a tutti. La maggior parte delle persone che vengono qui sono anziane, perché hanno più tempo e sono interessate a conoscere la storia del popolo ebraico o il rapporto con i cristiani. Vorremmo che venissero più giovani, ma con il tempo limitato che hanno a disposizione è difficile. Abbiamo anche un'ottima biblioteca, aperta a studiosi e insegnanti, su tutto ciò che riguarda il mondo ebraico e cristiano. 

Come definirebbe l'attuale rapporto con la comunità ebraica? 

-Eccellente. Grazie a Dio, abbiamo un rapporto fraterno. C'è una collaborazione costante tra noi, e va notato che ci aiutano in molti modi diversi: sia per mantenere questo Centro, sia per collaborare molte volte alle opere di carità della Chiesa, ad esempio nelle campagne della Caritas o nelle raccolte alimentari. Alcuni dei momenti più belli sono quelli in cui ci accompagniamo l'un l'altro in occasioni speciali. Celebriamo con loro feste come Yom Kippur o Purim e vengono il 20 gennaio, giorno di vacanza annuale della nostra scuola. Dobbiamo tenere conto che, inoltre, molti degli ebrei che vivono in Spagna hanno frequentato scuole o università cattoliche e le nostre feste sono molto vicine a loro.

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Vaticano

Migliaia di persone visitano le spoglie di Benedetto XVI

Migliaia di persone sono in coda in questi giorni per dare l'ultimo saluto al Papa emerito. Il protocollo vaticano sta lavorando a un funerale senza precedenti che sarà presieduto da Papa Francesco. 

Stefano Grossi Gondi-2 gennaio 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

È stata una giornata intensa la prima in cui è stato possibile rendere un ultimo omaggio e una preghiera a Benedetto XVI nella Basilica Vaticana.

La traslazione delle spoglie di Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro è avvenuta questa mattina alle 7.00 e l'arrivo in Basilica è avvenuto alle 7.15. Il breve rito è stato presieduto dal card. Il breve rito è stato presieduto dal card. Gambetti, che si è protratta fino alle 7.40 del mattino.

La preparazione della Basilica per l'arrivo dei fedeli in visita al Papa emerito è stata poi completata. Dall'inizio, alle 9 del mattino, quando la Basilica è stata aperta, e per tutto il lunedì, c'è sempre stato un senso di calma nelle code, senza molti selfie, con un senso di raccoglimento.

Le prime immagini delle spoglie di Benedetto XVI hanno suscitato qualche commento tra i fedeli e i pellegrini. Quando Giovanni Paolo II morì nel 2005, non indossò la mitra e il pastorale quando fu deposto nella sua cappella privata. Mentre Benedetto lo ha fatto.

Uno dei grandi dubbi su un evento senza precedenti come la morte di un pontefice emerito era il rito funebre e il protocollo che sarebbe stato stabilito.

L'abbigliamento fornisce alcuni indizi, poiché Benedetto XVI era vestito di rosso papale, ma senza il pallio: l'ornamento al collo che indica il potere esercitato al momento della sua morte. L'assenza del pallio indica che il tedesco si era appena ritirato. Benedetto XVI era vestito con i paramenti pontificali rossi, il colore riservato ai pontefici. Indossa una solenne casula rossa e una mitra bordata d'oro.

Avendo rinunciato alla carica di pontefice, non indossa nemmeno la "croce pastorale", il bastone sormontato da una croce che ha un significato parallelo a quello del pallio. Non indossa nemmeno scarpe bordeaux, che nella tradizione papale evocano il sangue versato dai martiri sulle orme di Cristo.

Inoltre, Benedetto tiene tra le mani un rosario intrecciato. È appoggiato a un catafalco coperto da un drappo di velluto rosso e sostenuto da due cuscini marroni. Accanto a lui c'è una candela accesa. Una curiosità: il Papa emerito Benedetto si trova sull'altare con la casula che indossava alla messa di chiusura della Giornata Mondiale della Gioventù a Sydney nel 2008.

L'arcivescovo Ganswein, segretario personale di Papa Benedetto, è stato presente alla tomba fin dalle prime ore del mattino e ha ricevuto il cordoglio di numerose personalità nel corso della giornata, a partire dal Presidente della Repubblica Matarella e dal Presidente del Consiglio Giorgia Meloni. 

Benedetto XVI ganswein
Il vescovo Georg Gänswein davanti alla salma di Benedetto XVI nella Basilica di San Pietro ©CNS photo/Paul Haring

Lunghe code in Piazza San Pietro per l'addio a Benedetto XVI

Per tutto il giorno ci sono state lunghe code in Piazza San Pietro per dare l'addio a Benedetto XVI.
Le persone in entrata e in uscita si incrociano e iniziano i preparativi per il funerale di giovedì. Siamo anche in una situazione molto particolare, perché non abbiamo vissuto quello che è successo quando è morto Giovanni Paolo II, il Papa in carica. Benedetto XVI è in pensione da 10 anni, ma Piazza San Pietro è di nuovo viva e giovane. Abbiamo potuto vedere molti giovani pellegrini per i quali Benedetto XVI è stato, è e continuerà ad essere un riferimento nella loro vita cristiana. Questo è un Papa che ha creduto profondamente nel potere della Verità, che ha amato la Verità, che è morto con la Verità sulle labbra.

Si cominciano a contare molte reazioni dopo la scomparsa del primo "papa emerito" della storia, un papa che ha prodotto un'opera dottrinale enorme: 3 encicliche, 275 lettere, 125 costituzioni apostoliche, 4 esortazioni apostoliche, 67 lettere apostoliche, 13 Motu proprio, 199 messaggi, 349 omelie e circa 1500 discorsi.

Raccogliendo le impressioni di turisti e pellegrini, è frequente ascoltare valutazioni come quelle di una famiglia italiana, originaria di Milano, che sottolinea (una coppia di mezza età) come Benedetto fosse soprattutto una persona affabile, dall'eloquio semplice e diretto, tipico di una persona straordinariamente colta, con una rara capacità di catturare il cuore con un concetto e un'idea".

Il ricordo di Lluís Clavell, ex rettore dell'Università di Barcellona, non è molto diverso. Pontificia Università della Santa Croce e professore di metafisica presso la stessa università. "È venuto a trovarci due volte. Una volta solo per stare con noi e rispondere alle nostre domande. E dalle sue risposte ponderate si capiva che aveva una rara capacità di ascolto. Per rispondere bisogna innanzitutto ascoltare bene. Ratzinger possedeva entrambe le qualità.

Abbiamo anche sentito alla radio le dichiarazioni del cardinale Pell, che ha confermato: "Papa Ratzinger era un gentiluomo cristiano. Un vero professore tedesco, un uomo dai modi squisiti, di alta cultura, un gentiluomo della vecchia scuola, molto, molto colto".

Altre persone in piazza hanno detto, come la suora italiana Lucia: "Sono qui dal mattino presto. Gli dovevo un saluto in questo momento, dopo tutto quello che ha fatto per la Chiesa. Al suo fianco, migliaia di persone hanno fatto la fila tutto il giorno per entrare nella Basilica. Si prevede che circa 35.000 persone visiteranno ogni giorno la cappella, che rimarrà aperta fino a mercoledì. Oggi è stato confermato che 40.000 persone hanno attraversato la Basilica. 

I primi fedeli a entrare nella basilica furono un gruppo di sacerdoti provenienti dall'India. La coincidenza della morte di Benedetto XVI con le festività natalizie ha fatto sì che molti curiosi fossero semplici turisti. Come Jennifer K., un'americana che, insieme a diversi amici, ha sottolineato quanto sia stata "fortunata" a trovarsi a Roma in questi giorni. "Sono triste per la morte di Benedetto XVI, ma per noi è stata una grande coincidenza che ci abbia colto a Roma, ed eccoci qui". Altri, come un gruppo di spagnoli a pochi metri di distanza, hanno approfittato del loro viaggio di vacanza per partecipare al funerale. "Lo facciamo per rispetto a Benedetto, anche se in realtà non lo conosciamo molto bene", ha detto Luis Mesa, 36 anni.

Per altre personalità, come suor Alessandra Smerilli, segretaria di uno dei più importanti Dicasteri della Santa Sede, il testamento di Papa Benedetto XVI ricorda le sue umili origini, il rapporto con la famiglia. Un testamento semplice, semplice la sua vita, è rimasto saldo, rimanendo saldo davanti a Dio momento per momento".
Altri, come Gustavo Entrala, il comunicatore spagnolo che ha aiutato Benedetto a inviare il suo primo tweet, hanno ricordato online come lui e il suo team hanno portato Papa Benedetto XVI sui social media. Oggi, @Pontifex è un successo indiscusso. E questo ha avuto origine con il Papa precedente, consigliato dal comunicatore spagnolo. 

Secondo l'arcivescovo di Malta, Charles Scicluna, è stato Benedetto XVI che per primo ha iniziato ad affrontare "il lato oscuro" degli abusi sessuali dei chierici, spingendo una serie di misure che oggi costituiscono il nucleo della politica di "tolleranza zero" della Chiesa. Prima della sua elezione al soglio pontificio, l'allora cardinale Joseph Ratzinger "ha svolto un ruolo decisivo nel lungo processo di aggiornamento della legislazione e delle procedure" per affrontare crimini gravi come gli abusi sessuali sui minori, ha detto Scicluna. Come prefetto vaticano e come papa, ha detto Scicluna, Benedetto XVI ha guidato la riforma "in costante dialogo con gli esperti canonici" e ha promosso "la formazione a tutti i livelli". Durante i suoi otto anni di pontificato, ha detto Scicluna, Benedetto ha passato del tempo ogni settimana a esaminare i casi di sacerdoti violenti che avevano bisogno di decisioni.

In una rapida rassegna dell'eredità di Benedetto, che tanti ricordano oggi, potremmo citare "Fede e ragione si incontrano di nuovo in modo nuovo", e anche che durante il suo pontificato ha ripetuto più volte che l'uomo è capace di verità e deve cercarla. Che ha bisogno di criteri da verificare e deve andare di pari passo con una reale tolleranza. La misura della verità per i cattolici è il Figlio di Dio. Riguardo al Vaticano II, ha sempre ricordato "L'ermeneutica della riforma". Si è battuto per una vera comprensione del significato del Concilio Vaticano II, come ricerca di una "sintesi di fedeltà e dinamismo". Nell'ambito della nuova evangelizzazione, ha insistito sulla "Riscoperta della gioia di credere": per Benedetto, la nuova evangelizzazione deve preoccuparsi di trovare il modo di rendere più efficace l'annuncio della salvezza, senza il quale l'esistenza personale rimane contraddittoria e priva dell'essenziale. Pur essendo sempre fermo nella difesa della fede, Benedetto XVI ha cercato di appianare le differenze e di costruire ponti all'interno e all'esterno della Chiesa. Spinto dal desiderio di unità, cercò di attirare coloro che per un motivo o per l'altro si erano allontanati da Roma.

Preparazione dei funerali 

Fervono i preparativi per i solenni funerali di Papa Benedetto XVI, in programma giovedì 5. I funerali di Joseph Ratzinger saranno quelli di un Romano Pontefice, con i riti e la venerazione che la Chiesa ha sempre tributato al successore (Benedetto era il 265°) dell'Apostolo Pietro.

Nonostante il protocollo vaticano, solitamente molto preciso e dettagliato per l'addio di un Papa, si trova per la prima volta nella sua storia bimillenaria a registrare il funerale di un Pontefice celebrato dal suo successore, Papa Francesco. Per questo si sta lavorando alla stesura di nuove regole.

Ma cosa sono gli Ultima Commendatio e il Valedictiole benedizioni che precedono la sepoltura? La traduzione latina della prima suona come "l'ultimo encomio". Come prescrive il rituale liturgico romano, al termine della liturgia della parola (cioè le letture di passi della Bibbia e del Vangelo, accompagnate da inni, dall'omelia, dalla professione di fede e dall'universale o preghiera dei fedeli) il celebrante con i concelebranti asperge la bara con acqua benedetta e incenso. Segue una preghiera, che di solito è: "Affidiamo il corpo mortale del nostro fratello (o sorella) alla terra in attesa della sua risurrezione; il Signore accolga la sua anima nella gloriosa comunione dei santi; apra le braccia della sua misericordia, affinché questo nostro fratello, redento dalla morte, assolto da ogni colpa, riconciliato con il Padre e portato sulle spalle del Buon Pastore, partecipi alla gloria eterna nel Regno dei Cieli".

La Valedictio, dal saluto latino "Vale", che i Romani dicevano o scrivevano quando si salutavano e che equivale al nostro "Ci vediamo dopo" con l'aggiunta di un augurio di salute e pace, rappresenta l'ultimo saluto al defunto. Il più usato è "Venite, santi di Dio, affrettatevi, angeli del Signore". Accogliete la sua anima e presentatela al trono dell'Altissimo. Che Cristo, che vi ha chiamati, vi accolga e che gli angeli vi conducano con Abramo in paradiso. Accogliete la sua anima e presentatela al trono dell'Altissimo. Concedigli l'eterno riposo, o Signore, e fa' che su di lui risplenda la luce perpetua. Ricevi la sua anima e presentala al trono dell'Altissimo".

Il feretro viene poi portato nel luogo di sepoltura, che per Papa Ratzinger dovrebbe essere, secondo la sua richiesta, il loculo delle Grotte Vaticane dove riposò la salma di Giovanni Paolo II prima di essere trasferita nella parte superiore della Basilica.

L'autoreStefano Grossi Gondi

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Amici di Monkole 2022: oltre 400.000 euro in 11 progetti

Dalla sua fondazione, 12 anni fa, Friends of Monkole ha già aiutato più di mille donne incinte presso il Centro ospedaliero di Monkole, situato in uno dei quartieri più poveri di Kinshasa (RD Congo).

Maria José Atienza-2 gennaio 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il Fondazione Amici di Monkoleè riuscita a finanziare i suoi 11 progetti di solidarietà nella Repubblica Democratica del Congo con oltre 400.000 euro, "una cifra record, circa 40% in più rispetto al 2021, grazie ai nostri donatori e agli aiuti ricevuti da varie istituzioni e organizzazioni pubbliche e private", come ha spiegato Enrique Barrio, presidente della fondazione. Più di 35.000 persone, soprattutto donne e bambini, hanno beneficiato, direttamente o indirettamente, di questi progetti.

I progetti a cui sono stati destinati i fondi vanno dalle operazioni di rachitismo nei bambini (20.000 euro), alle operazioni di protesi d'anca (18.290,5 euro), al Forfait Mamá, assistenza alla nascita per 107 madri (29.000 euro), alla Neonatologia (39.200 euro, compreso un finanziamento di 20.000 euro della Fondazione Ordesa), al Progetto Elikia: screening del cancro all'utero (29.700 euro).

Altri progetti sono il Progetto Odontoiatrico con l'appoggio dell'Associazione Odontoiatrica delle Asturie (5.600 euro), la Scuola Infermieri (90.000 euro), la Formazione in Africa con medici provenienti dall'Europa (10.605,89 euro), la riabilitazione dell'antenna sanitaria di Kimbondo (6.000 euro, con l'appoggio della Junta de Castilla y León), la consegna di lavatrici e stiratrici industriali (50.251,27 euro, con l'appoggio della Junta de Castilla y León), il pozzo sanitario di Niangara (17.800 euro), la produzione di ossigeno (30.700 euro), la creazione di mense per la popolazione per la produzione di mense (30.700 euro).251,27 euro, con l'aiuto della Junta de Castilla y León), pozzo sanitario a Niangara (17.800 euro), produzione di ossigeno (30.700 euro), creazione di Cantinas Populares per l'alimentazione infantile (7.000 euro insieme alla Fondazione Roviralta, al Fondo María Felicidad Jiménez Ferrer e a Moneytrans), campagna di lotta all'HIV (48.531,78 euro con il Comune di Valladolid). In totale, gli aiuti inviati ammontano a 402.679,44 euro.

Zoom

I fedeli dicono addio a Benedetto XVI

La salma di Benedetto XVI è stata trasferita nella Basilica di San Pietro per ricevere l'ultimo saluto dai fedeli. I funerali saranno officiati da Papa Francesco il 5 gennaio.

Maria José Atienza-2 gennaio 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

Benedetto XVI. Un funerale con solo 2 delegazioni ufficiali

Rapporti di Roma-2 gennaio 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Vaticano si prepara ai funerali di Benedetto XVI. La salma del Papa emerito potrà essere ammirata nella Basilica di San Pietro dalla mattina del 2 gennaio.

Giovedì 5 gennaio, alle 9.30, Papa Francesco officerà i suoi funerali, ai quali saranno presenti solo due delegazioni ufficiali. Da una parte l'Italia e dall'altra la Germania, paese d'origine di Benedetto XVI.

Il Vaticano ha confermato che i suoi resti riposeranno nella cripta dei Papi, vicino alla tomba di San Pietro.


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Cultura

Le chiavi dei tesori dei Musei Vaticani

Il "Clavigero Vaticano", erede dell'ex Maresciallo del Conclave, possiede 2.798 chiavi, con le quali può accedere alle parti più inaccessibili dei Musei Vaticani.

Antonino Piccione-2 gennaio 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Questa è la storia di Gianni Crea, il "Gianni Crea".Clavigero Vaticano"È uno dei custodi autorizzati a usare le 2.797 chiavi che aprono e chiudono i tesori papali, cioè i Musei Vaticani, ben undici diverse collezioni esposte al pubblico oltre le Mura Leonine nella Città del Vaticano.
La Cappella Sistina, le Stanze di Raffaello e la Loggia, i marmi romani, i musei Gregoriano-Egizio ed Etrusco, la Galleria degli Arazzi, la Galleria dei Candelabri, la Galleria delle Carte Geografiche, l'Appartamento Borgia e l'Appartamento di San Pio V, e potrei continuare all'infinito.

Non c'è luogo al mondo così ricco di arte, genio, gusto e fede. Un viaggio esclusivo che colpisce il cuore e la mente, nessuno può rimanere indifferente, nessuno si sente escluso, è il miracolo laico della grande arte. Paolo Ondarza ha dichiarato al Vatican News il 13 dicembre.

Il percorso del clavigero

Ogni giorno apre e chiude le porte dei sette chilometri di percorso espositivo dei Musei Vaticani. È poco dopo le 5 del mattino quando tutto ha inizio. Davanti al bistrot che tra poche ore accoglierà i visitatori di tutto il mondo, il clavigero apre una porta: conduce al bunker che ospita, protette da un sistema di climatizzazione progettato per evitare la ruggine, le 2798 chiavi che aprono gli 11 settori dei Musei. Vengono testati settimanalmente, uno per uno, per verificare il funzionamento delle serrature e garantirne l'integrità.

"Tre chiavi sono più importanti delle altre: la numero '1' apre la porta monumentale all'uscita dei Musei Vaticani; la '401' pesa circa mezzo chilo, è stata forgiata nel 1700 ed è la più antica e apre la porta d'ingresso del Museo Pio Clementino, primo nucleo dei Musei Vaticani; infine la più preziosa, la chiave senza numero, forgiata nel 1870, apre la porta della Cappella Sistina, sede del Conclave dal 1492", spiega Gianni Crea, clavigero dal 1999. La chiave, non numerata, è custodita in una busta sigillata dalla direzione dei Musei Vaticani. Ogni mattina, il rituale con cui viene estratta evoca il fascino di secoli lontani e il legame storico tra la clavigeros - e l'ex Maresciallo del Conclave e Custode di Santa Romana Chiesa: colui che fino al 1966 era incaricato di sigillare tutti gli ingressi di Santa Romana Chiesa. sacello quando i cardinali si riunirono per eleggere il Papa. 

Il clavigero inizia all'alba, in solitudine, il percorso che ripeterà al tramonto. Apre, una dopo l'altra, le cinquecento porte e finestre dell'intero percorso per visitare le collezioni papali, coprendo cinque secoli di storia in circa un'ora. Aprire il pesante cancello del Museo Pio Clementino. Passeggiate attraverso il nucleo più antico della collezione vaticana, passando per la Biblioteca fino alle Stanze di Raffaello. Scoprite tutti i segreti dei Musei Vaticani, come i rudimentali sismografi, nascosti nelle pareti della Sala dell'Immacolata Concezione dipinta nel XIX secolo da Francesco Podesti: servivano a controllare la stabilità dell'edificio dopo eventuali scosse sismiche. 

Il fascio di luce della lanterna con cui ispeziona ogni stanza al buio fa emergere la bellezza immortale di affreschi e sculture, rivelando segreti e dettagli che l'occhio riesce a malapena a cogliere in pieno giorno, quando il museo è affollato.

Lungo l'antico corridoio delle Carte, l'insolita rappresentazione rovesciata della Sicilia e della Calabria è un interrogativo per lo sguardo. Sono così raffigurate perché sono viste da Roma su due delle 40 mappe giganti che corrono per 120 metri lungo la più lunga rappresentazione topografica mai realizzata dell'Italia, da nord a sud, in estremo dettaglio. Fu commissionato da Gregorio XIII Boncompagni ai migliori paesaggisti del XVI secolo.
Lasciandosi alle spalle porte e cancelli aperti, il passaggio della clavigero evoca per un attimo lo storico "passo da gigante per l'umanità" del 20 luglio 1969. Nelle gallerie inferiori, infatti, sono esposti frammenti di rocce lunari della spedizione Apollo 11, donati dal Presidente degli Stati Uniti Richard Nixon, e la bandiera dello Stato della Città del Vaticano portata nello spazio dagli astronauti in quella memorabile data.

Tutti i tipi di chiavi

Chiavi antiche e moderne, in ferro o in alluminio, forgiate a mano, segnate dal tempo, oggi anche elettroniche, le chiavi aprono anche stanze inaccessibili al pubblico, che il custode ha il dovere di ispezionare quotidianamente: magazzini sotterranei che custodiscono, avvolti nel mistero, anonimi ritratti di epoca romana il cui sguardo interroga chiunque vi si imbatta; magazzini e soffitte sulle cui pareti antichi custodi hanno lasciato tracce del loro passaggio nei secoli con graffiti e iscrizioni a matita.

Sono circa le 7 del mattino. L'ultima porta che si apre è la più attesa. In legno, con una maniglia in ottone a forma di "S", "S" sta per "secreto", che significa riservato, chiuso; è la stanza dove avviene lo scrutinio e l'elezione del Successore di Pietro: la Cappella Sistina.

Il guardiano dei cancelli

"Essere clavigero è un compito che dà quasi la sensazione di custodire la storia. In occasione dell'elezione del papa, 12 chiavi permettono di clavigero di chiudere l'intera area circostante la Cappella Sistina. Subito dopo, osservando scrupolosamente un antico protocollo, gli tocca seguire, insieme alle autorità competenti, il lavoro del fabbro che pone i sigilli per tenere segreto tutto ciò che accade all'interno della cappella più famosa del mondo; poi, il clavigero Mette le chiavi in una scatola di metallo: resterà sotto la custodia della Gendarmeria fino all'elezione del nuovo Papa".

Fino al pontificato di San Giovanni Paolo IIUna volta entrati in Conclave, i cardinali potevano lasciare l'area intorno alla Cappella Sistina solo a elezione avvenuta: erano ospitati, in stato di clausura, all'interno di varie stanze dei Palazzi Vaticani, adattate a dormitorio per l'occasione. Subito dopo il punto "extra omnes".Era compito del Maresciallo del Conclave assicurarsi che tutte le porte, le finestre e gli spioncini dell'area in cui alloggiavano i cardinali fossero ben chiusi. Al termine del controllo, l'addetto alla sicurezza ha riposto le chiavi in una borsa rossa. Qui sono rimasti fino alla fumata bianca.

Come laico appartenente all'aristocrazia romana, il Maresciallo del Conclave ha svolto un ruolo chiave durante la sede vacante. Inizialmente fu la casata romana dei Savelli a detenere il titolo, ereditato dal 1712 fino alla sua soppressione sotto Paolo VI dal figlio maggiore della casata dei Chigi. Infatti, la bandiera del Maresciallo reca lo stemma della nobile famiglia di origine senese insieme al simbolo del camarlengo e alle due chiavi, non incrociate come negli stemmi papali, ma separate e pendenti lateralmente.

La Cappella Sistina è il luogo in cui termina il percorso Clavigera, che dal 2017 è disponibile su prenotazione. "Quando ho iniziato nel 1999", racconta Gianni Crea, "eravamo in tre, ma ho dovuto aspettare tre anni per poter aprire la Cappella Sistina. Ho immaginato a lungo quel momento e l'emozione è ancora indescrivibile: ogni giorno stento a credere di avere l'onore di aprire il centro della cristianità ai visitatori di tutto il mondo".

Sulle pareti affrescate da artisti del XV secolo, spicca per l'alto valore semantico e simbolico un dipinto di Pietro Perugino, maestro di Raffaello. Raffigura la "Consegna delle chiavi a San Pietro". Una è dorata e rivolta verso Cristo, l'altra d'argento: ricordano rispettivamente il potere sul Regno dei Cieli e l'autorità spirituale del papato sulla terra.

A te darò le chiavi del regno dei cieli e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli": questo è il comando di Gesù all'apostolo Pietro, il "...".clavigero dal cielo".

L'autoreAntonino Piccione

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Letture della domenica

La saggezza dei Magi. Solennità dell'Epifania del Signore (A)

Joseph Evans commenta le letture della Solennità dell'Epifania del Signore (A) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-2 gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

I Magi videro una stella straordinaria, che illuminava il cielo delle loro terre orientali. Conoscevano gli scritti profetici di Israele che preannunciavano la nascita di un grande Messia, un re salvatore, e vedevano questo presagio come un segno che tale re era nato. Ispirati dallo Spirito Santo, uscirono ad adorarlo. E così, come ha sottolineato Papa Benedetto XVI, sono stati condotti a Gesù dalla stella e dai libri sacri di Israele, o, in altre parole, dalla creazione e dalla parola di Dio. Hanno fatto uso di ciò che Dio aveva mandato loro. La stella non era un segno inequivocabile. Il suo movimento era un invito a seguirlo, ma non era un messaggio esplicito. Ai Magi non è stata fornita una spiegazione completa o una mappa chiara. Allo stesso modo, la loro conoscenza delle Scritture sarebbe stata limitata. Come abbiamo detto, avrebbero sentito parlare delle profezie del Messia, ma probabilmente non ne avevano una copia personale. Avevano sentito ed erano disposti ad ascoltare; per chi ha il cuore aperto, anche una piccola informazione è sufficiente.

I Magi erano saggi proprio perché facevano uso di ciò che Dio dava loro. Non si lamentarono che Dio non avesse dato loro istruzioni più esplicite, che il piano fosse così sconosciuto e così incerto. La saggezza consiste nel fare buon uso di ciò che abbiamo, anche se poco, e nel combattere l'illusione di avere di più o qualcosa di diverso.

Gli esperti di Gerusalemme, i capi dei sacerdoti e gli scribi, erano molto più preparati dei Magi. Ma i Magi erano saggi e gli esperti no: gli esperti conoscevano la teoria, ma la loro conoscenza più perfetta non li ha portati ad agire. Furono in grado di dire a Erode che il Messia sarebbe nato: "A Betlemme di Giudea, perché così ha scritto il profeta: 'E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei affatto l'ultimo del popolo di Giuda, perché da te uscirà un capo che pascerà il mio popolo Israele'".. Ma, sia per indifferenza che per paura del re, non abbiamo sentito nessuno di loro seguire la stella.

La saggezza è versatile e disposta a seguire nel buio, come i Magi seguirono la stella nella notte. Ma c'è sempre una stella in quell'oscurità, che sia la nostra coscienza, l'insegnamento della Chiesa o il consiglio di un sacerdote saggio o di un amico. 

Seguendo la stella, alla fine del loro viaggio hanno trovato colui che è la luce del mondo. Tutte le verità parziali, se le seguiamo con sincerità, portano alla pienezza della verità, che è Gesù Cristo stesso, anche se questa verità viene "avvolta" nella povertà e nella debolezza. Presentarono i loro doni e ricevettero l'ordine di tornare nella loro terra. "in un altro modo". al sicuro da Erode. La generosa disponibilità a cercare la verità conduce infine a Dio, che ci mostra una via sicura per seguirlo nella vita ordinaria, "nella nostra terra".

Omelia sulle letture della Solennità dell'Epifania del Signore (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliauna breve riflessione di un minuto per queste letture.

Vaticano

Papa Francesco: "Maria porta la Vita nel suo grembo e così ci parla del nostro futuro".

Papa Francesco ha recitato l'Angelus oggi, primo giorno del 2023, nella solennità di Maria, Madre di Dio.

Paloma López Campos-1° gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco si è unito oggi ai fedeli per la preghiera dell'Angelus. Come di consueto, ha rivolto alcune parole al popolo all'inizio del nuovo anno 2023.

Francesco ha iniziato citando il suo predecessore, Benedetto XVIche è morto ieri mattina. Ha detto: "L'inizio di un nuovo anno è affidato a Maria Santissima, che oggi celebriamo come Madre di Dio. In queste ore invochiamo la sua intercessione in particolare per il Papa Emerito Benedetto XVI, che ha lasciato questo mondo ieri mattina. Ci uniamo tutti insieme, con un cuore solo e un'anima sola, nel rendere grazie a Dio per il dono di questo fedele servitore del Vangelo e della Chiesa".

Una Madre che non parla, ma insegna

Il Santo Padre ha rivolto lo sguardo alla Vergine per porre a tutti due domande: "In quale lingua ci parla la Vergine? Cosa possiamo imparare da lei per questo anno che si apre?

Il Papa non tarda a darci la risposta: "Maria non parla. Accoglie con sorpresa il mistero che sta vivendo, conserva tutto nel suo cuore e, soprattutto, si prende cura del Bambino che, come dice il Vangelo, era "adagiato nella mangiatoia" (Lc 2,16). Questo verbo "posare" significa collocare con cura. E ci dice che il linguaggio proprio di Maria è quello della maternità: prendersi teneramente cura del Bambino. Questa è la grandezza di Maria: mentre gli angeli fanno festa, i pastori vengono e tutti lodano Dio ad alta voce per l'evento che si è verificato, Maria non parla, non intrattiene gli ospiti spiegando ciò che le è accaduto, non ruba la ribalta; al contrario, mette al centro il Bambino, curandolo con amore".

Con delicatezza, il Papa ha affermato: "Questo è il linguaggio tipico della maternità: la tenerezza della cura. Infatti, dopo aver portato in grembo per nove mesi il dono di un misterioso prodigio, le madri continuano a mettere i loro figli al centro di tutte le loro attenzioni: li nutrono, li tengono in braccio, li adagiano dolcemente nelle loro culle. La cura: anche questo è il linguaggio della Madre di Dio.

Imparare la lingua di Maria

Francesco ha concluso il suo messaggio dicendo: "Maria porta la vita nel suo grembo e così ci parla del nostro futuro. Ma allo stesso tempo ci ricorda che, se vogliamo davvero che il nuovo anno sia buono, se vogliamo ricostruire la speranza, dobbiamo abbandonare linguaggi, gesti e scelte ispirati all'egoismo e imparare il linguaggio dell'amore, che è la cura. Questo è l'impegno: prendersi cura della nostra vita, del nostro tempo, della nostra anima; prendersi cura del creato e dell'ambiente in cui viviamo; e, inoltre, prendersi cura del prossimo, di coloro che il Signore ha messo al nostro fianco, così come dei nostri fratelli e sorelle che sono nel bisogno e richiedono la nostra attenzione e compassione".

Poiché questa sfida non può essere affrontata senza aiuto, il Papa ha chiesto di "implorare Maria Santissima, Madre di Dio, affinché in quest'epoca inquinata dalla sfiducia e dall'indifferenza, ci renda capaci di compassione e di cura, capaci di 'commuoverci e fermarci davanti all'altro tutte le volte che è necessario' (Esortazione apostolica Evangelii Gaudium, 169)".

Vaticano

Papa Francesco: "Dio ha una madre e in questo modo si è legato per sempre alla nostra umanità".

Oggi, nella Solennità di Maria Santissima Madre di Dio, Papa Francesco ha celebrato la Messa nella Basilica di San Pietro.

Paloma López Campos-1° gennaio 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Papa Francesco ha celebrato oggi la Santa Messa per la Solennità di Maria, Santissima Madre di Dio. La Basilica di San Pietro era piena di fedeli, ai quali il Santo Padre si è rivolto durante l'omelia.

Il Papa ha esordito sottolineando che la maternità di Maria è una verità di fede, ma allo stesso tempo è "una notizia molto bella: Dio ha una Madre e in questo modo si è legato per sempre alla nostra umanità, come un figlio a sua madre, al punto che la nostra umanità è la sua umanità". Francesco afferma che nascendo da Maria, Dio "ha mostrato il suo amore concreto per la nostra umanità, abbracciandola in modo reale e pieno".

Nascendo dalla Vergine Maria, continua il Papa, Dio ci mostra che "non ci ama a parole, ma nei fatti".

Maria, portatrice di speranza

Il titolo di "Madre di Dio" detenuto da Maria Santissima è penetrato "nel cuore del Popolo santo di Dio, nella preghiera più familiare e casalinga, che accompagna il ritmo delle giornate, i momenti più dolorosi e le speranze più ardite: l'Ave Maria".

Il Papa afferma che "a questa invocazione, la Madre di Dio risponde sempre, ascolta le nostre suppliche, ci benedice con suo Figlio in braccio, ci porta la tenerezza di Dio fatto carne. Ci dà, in una parola, speranza. E noi, all'inizio di quest'anno, abbiamo bisogno di speranza, come la terra ha bisogno di pioggia".

Francesco ha voluto chiedere una preghiera speciale, con la Madonna come intercessore, per tutti coloro che soffrono le conseguenze della guerra, per coloro che non pregano più, per coloro che vivono in mezzo alla violenza e all'indifferenza.

Pastori, esempi per i cristiani di oggi

"Attraverso le mani di una Madre, la pace di Dio vuole entrare nelle nostre case, nei nostri cuori, nel nostro mondo. Ma come possiamo accoglierla?". Papa Francesco dà le chiavi di lettura e inizia guardando a "coloro che per primi hanno visto la Madre con il Bambino, i pastori di Betlemme".

Il Papa dice di loro che "erano poveri, forse anche piuttosto sgarbati, e che

notte erano al lavoro. Sono stati proprio loro, e non i sapienti o tanto meno i potenti, a riconoscere per primi il Dio che era vicino a loro, il Dio che è venuto povero e che ama stare con i poveri. Il Vangelo sottolinea due gesti molto semplici dei pastori, che però non sono sempre facili. I pastori andarono e videro: andate e vedete".

Di questo primo atteggiamento di mettersi in cammino per "andare", il Papa dice: "Era notte, dovevano badare alle loro greggi e probabilmente erano stanchi; avrebbero potuto aspettare l'alba, aspettare che sorgesse il sole per andare a vedere un bambino adagiato in una mangiatoia. Invece, se ne sono andati in fretta, perché le cose importanti vanno affrontate in fretta, non rimandate".

Questo, afferma Francesco, ci insegna che "per accogliere Dio e la sua pace non possiamo rimanere immobili e comodi in attesa che le cose migliorino". Dobbiamo alzarci, cogliere le opportunità che la grazia ci offre, andare, rischiare. Oggi, all'inizio dell'anno, invece di stare seduti a pensare e ad aspettare che le cose cambino, sarebbe bene che ci chiedessimo: "Dove voglio andare quest'anno? A chi voglio fare del bene? Molti, nella Chiesa e nella società, aspettano il bene che voi e solo voi potete fare, aspettano il vostro servizio. E di fronte alla pigrizia che anestetizza e all'indifferenza che paralizza, di fronte al rischio di limitarsi a stare davanti a uno schermo, con le mani su una tastiera, i pastori di oggi ci incoraggiano a uscire, a commuoverci per ciò che accade nel mondo, a sporcarci le mani per fare del bene, a rinunciare a tante abitudini e comodità per aprirci alle novità di Dio, che si trovano nell'umiltà del servizio, nel coraggio di farsi carico".

Il secondo aspetto dei pastori che il Papa sottolinea è che essi videro un Bambino in una mangiatoia. "È importante vedere, abbracciare con lo sguardo, rimanere, come i pastori, davanti al Bambino che è tra le braccia della Madre. Senza dire nulla, senza chiedere nulla, senza fare nulla. Guardare in silenzio, adorare, accogliere con gli occhi la tenerezza consolante del Dio fatto uomo; di Maria, sua Madre e nostra. All'inizio dell'anno, in mezzo a tutte le novità che vorremmo sperimentare e alle tante cose che vorremmo fare, prendiamoci il tempo per vedere, cioè per aprire gli occhi e tenerli aperti su ciò che è veramente importante: Dio e gli altri.

Occhi, la sfida per il nuovo anno

Questa contemplazione del Bambino dovrebbe anche condurci al nostro prossimo. Dobbiamo chiederci, conclude il Papa, "quante volte, nella fretta, non abbiamo nemmeno il tempo di trascorrere un minuto in compagnia del Signore, di ascoltare la sua Parola, di pregare, di adorare, di lodare". La stessa cosa accade nei confronti degli altri: nella fretta o presi dalle luci della ribalta, non c'è tempo per ascoltare la moglie, il marito, per parlare con i figli, per chiedere loro come si sentono dentro, non solo come vanno gli studi e la salute. E quanto ci fa bene ascoltare gli anziani, i nonni e le nonne, per guardare nel profondo della vita e riscoprire le nostre radici. Chiediamoci allora se siamo in grado di vedere chi ci vive accanto, chi abita nel nostro condominio, chi incontriamo ogni giorno per strada.

Francesco conclude l'omelia con un invito: "Riscopriamo, nell'impulso ad andare e nello stupore di vedere, i segreti per rendere quest'anno veramente nuovo.

Vocazioni

Mons. Arjan Dodaj: la testimonianza del vescovo venuto dalla cortina di ferro

Monsignor Arjan Dodaj è arcivescovo di Tirana-Durrës. Educato all'ateismo, in gioventù emigrò in Italia per lavorare. Lì ha incontrato Cristo e la sua vocazione sacerdotale nella Fraternità dei Figli della Croce.

Spazio sponsorizzato-1° gennaio 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Mons. Arjan Dodaj è arcivescovo di Tirana-Durrës (Albania). La sua vita non è stata facile. È nato a Laç-Kurbin, nella stessa arcidiocesi, il 21 gennaio 1977. Nel 1993, all'età di 16 anni, dopo aver completato gli studi primari e secondari nella sua città natale, emigra in Italia e si stabilisce a Cuneo, dove inizia a lavorare.

"In quel periodo stavamo uscendo dalla cortina di ferro in cui si trovava il nostro Paese e si affacciava il pluralismo, e con esso la possibilità della democrazia, così molti albanesi cercarono di trovare un futuro migliore in Occidente. Personalmente, ho tentato più volte di fuggire, soprattutto in Italia", racconta alla Fondazione CARF.

Ha lavorato come saldatore - più di 10 ore al giorno - e alla fine, nella Congregazione della Fraternità dei Figli della Croce, ha scoperto la sua fede cristiana. È stato educato all'ateismo, ma quando ha incontrato Cristo, è stato battezzato e Dio lo ha chiamato al sacerdozio.

È stato ordinato sacerdote l'11 maggio 2003 da Papa Giovanni Paolo II nella Basilica di San Pietro. Ora è il primo vescovo della Fraternità. "Per me, essere vescovo non è un punto di arrivo, ma una chiamata a una vigilanza ancora maggiore, a un servizio ancora più grande e a una risposta sempre più umile.

Alcuni membri della sua congregazione stanno studiando presso la Pontificia Università della Santa Croce per ricevere una formazione adeguata ad affrontare tutte le sfide del mondo.

Riguardo alle sfide apostoliche che il suo Paese deve affrontare, ha affermato che è loro dovere trasmettere che è possibile una relazione fraterna con le altre confessioni. "In Albania, il rapporto con l'Islam e la Chiesa ortodossa è molto particolare, se non unico. Lo stesso Papa Francesco lo ha portato nel mondo come esempio di cooperazione fraterna. È chiaro che si tratta di un dono che non possiamo mai dare per scontato, ma che dobbiamo coltivare, accompagnare e sostenere ogni giorno. Proprio per questo motivo incontriamo spesso i vari leader religiosi in diverse commissioni, per presentare loro iniziative di valore nei settori della cultura, dell'istruzione, delle donne, dei migranti e della carità", afferma.

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Vaticano

Il testamento spirituale di Benedetto XVI

Benedetto XVI ha ringraziato Dio per la sua famiglia, la sua patria, ha chiesto e ottenuto il perdono e ha tracciato un'unica strada: Gesù Cristo: "Ho visto e vedo come dal groviglio di ipotesi sia emersa e stia riemergendo la ragionevolezza della fede".

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La Santa Sede ha pubblicato il testamento spirituale del Papa emerito. In poche semplici parole, la grandezza interiore di Benedetto XVI è evidente. Un testamento in cui il Papa ringrazia per la sua famiglia, per la fede e per la dedizione di molti suoi amici; chiede perdono a chi può aver ferito e lancia un appello chiaro e inequivocabile a guardare solo a Gesù Cristo e a non lasciarsi ingannare da false certezze. Rimanete saldi nella fede! è il lascito spirituale di uno dei più grandi teologi della Chiesa.

Testo integrale del testamento spirituale di Benedetto XVI

Se guardo indietro a quest'ultima ora della mia vita e rivedo i decenni che ho attraversato, vedo innanzitutto quanti motivi ho per ringraziare. 

Innanzitutto ringrazio Dio stesso, datore di ogni bene, che mi ha dato la vita e mi ha guidato nei vari momenti di confusione; mi ha sempre risollevato quando iniziavo a scivolare e mi ha sempre restituito la luce del suo volto.

Con il senno di poi vedo e capisco che anche i tratti bui e faticosi di questa strada erano per la mia salvezza e che era in essi che Egli mi guidava bene.

Ringrazio i miei genitori, che mi hanno dato la vita in un momento difficile e che, con grande sacrificio, con il loro amore mi hanno preparato una magnifica casa che, come una luce brillante, illumina ogni mia giornata fino ad oggi. 

La lucida fede di mio padre ha insegnato a noi figli a credere, e come segno è sempre rimasto saldo in mezzo a tutti i miei successi scientifici; la profonda devozione e la grande gentilezza di mia madre sono un'eredità per la quale non la ringrazierò mai abbastanza. 

Mia sorella mi ha assistito per decenni in modo disinteressato e affettuoso; mio fratello, con la lucidità del suo giudizio, la sua vigorosa risoluzione e la serenità del suo cuore, mi ha sempre spianato la strada; senza questa costante precedenza e compagnia, non avrei potuto trovare la strada giusta. 

Ringrazio di cuore Dio per i tanti amici, uomini e donne, che ha sempre messo al mio fianco; per i collaboratori in ogni fase del mio cammino; per gli insegnanti e gli studenti che mi ha dato. Con gratitudine li affido tutti alla Sua bontà. 

E voglio ringraziare il Signore per la mia bella patria nelle Prealpi bavaresi, nella quale ho sempre visto risplendere lo splendore del Creatore stesso. Ringrazio il popolo della mia patria perché in esso ho sperimentato sempre la bellezza della fede. Prego affinché la nostra terra rimanga una terra di fede e vi prego, cari compatrioti: non lasciatevi allontanare dalla fede. 

Infine, ringrazio Dio per tutta la bellezza che ho potuto sperimentare in ogni tappa del mio viaggio, ma soprattutto a Roma e in Italia, che è diventata la mia seconda patria.

A tutti coloro che ho danneggiato in qualche modo, chiedo scusa dal profondo del cuore.

Quello che ho detto prima ai miei compatrioti, lo dico ora a tutti coloro che nella Chiesa sono affidati al mio servizio: state saldi nella fede! Non confondetevi. Spesso sembra che la scienza - le scienze naturali da un lato e la ricerca storica (soprattutto l'esegesi delle Sacre Scritture) dall'altro - sia in grado di offrire risultati inconfutabili in contraddizione con la fede cattolica. 

Ho vissuto i cambiamenti delle scienze naturali per un lungo periodo di tempo, e ho visto come, al contrario, le apparenti certezze contro la fede siano svanite, rivelandosi non scienza, ma interpretazioni filosofiche solo apparentemente appartenenti alla scienza; così come, d'altra parte, è nel dialogo con le scienze naturali che anche la fede ha imparato a comprendere meglio i limiti della portata delle sue pretese, e quindi la sua specificità. 

Da sessant'anni seguo il cammino della Teologia, in particolare delle scienze bibliche, e con il succedersi delle diverse generazioni ho visto crollare tesi che sembravano inamovibili e si sono rivelate semplici ipotesi: la generazione liberale (Harnack, Jülicher, ecc.), la generazione esistenzialista (Bultmann, ecc.), la generazione marxista. 

Ho visto e vedo come dal groviglio di ipotesi sia emersa e stia riemergendo la ragionevolezza della fede.

Gesù Cristo è veramente la via, la verità e la vita, e la Chiesa, con tutte le sue inadeguatezze, è veramente il suo corpo. 

Infine, chiedo umilmente: pregate per me, affinché il Signore, nonostante tutti i miei peccati e le mie inadeguatezze, mi accolga nelle dimore eterne. A tutti coloro che sono affidati alle mie cure, giorno per giorno, va la mia preghiera più sentita.

(Traduzione non ufficiale)

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Vaticano

Papa su Benedetto XVI: "Solo Dio conosce la potenza dei suoi sacrifici offerti per la Chiesa".

Papa Francesco ha presieduto la recita dei Vespri e del Te Deum di ringraziamento nella Basilica di San Pietro l'ultima sera dell'anno 2022 in una cerimonia segnata dal ricordo di Benedetto XVI.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 3 minuti

La recita dei Vespri e del Te Deum del 31 dicembre è stata segnata dalla morte del Papa emerito. Nell'omelia di quest'ultimo giorno del 2022, vespro della solennità di Maria, Madre di Dio, Papa Francesco ha messo in risalto la figura del Papa emerito e ha incentrato le sue parole sulla virtù della bontà, che è fondamentale nel mondo di oggi.

Benedetto XVI, un esempio di bontà

La libertà è stato il primo concetto su cui Papa Francesco ha voluto riflettere. Vi ha fatto riferimento quando ha ricordato che Cristo "non è nato da una donna, ma da una donna". Questo è essenzialmente diverso, significa che Dio ha voluto prendere carne da una donna, non l'ha usata ma ha chiesto il suo consenso e con lei ha iniziato il lento cammino della gestazione di un'umanità libera dal peccato e piena di grazia e di verità".

"La maternità verginale di Maria è la via che rivela l'estremo rispetto di Dio per la nostra libertà. Questo suo modo di venire a salvarci è il modo in cui ci invita anche a seguirlo, a continuare con lui a tessere un'umanità nuova, libera e riconciliata. Il Papa si è soffermato su questa parola "umanità riconciliata" per spiegare che "è un modo di rapportarsi gli uni agli altri da cui derivano molte virtù umane, come la bontà".

È in questo momento che le sue parole hanno ricordato "il nostro amato Papa Emerito Benedetto XVI che ci ha lasciato questa mattina". Con emozione trattenuta, il Papa ha detto che "ricordiamo la sua persona, così nobile, così gentile. E sentiamo tanta gratitudine nei nostri cuori: gratitudine a Dio per averlo donato alla Chiesa e al mondo; gratitudine a lui per tutto il bene che ha fatto, e soprattutto per la sua testimonianza di fede e di preghiera, specialmente in questi ultimi anni della sua vita da pensionato. Solo Dio conosce il valore e la potenza della sua intercessione, dei suoi sacrifici offerti per il bene della Chiesa".

I danni dell'individualismo dei consumatori

Il Papa ha voluto offrire questa idea di bontà e di dialogo come via da seguire nella società, sottolineando che "la bontà è un fattore importante della cultura del dialogo, e il dialogo è indispensabile se vogliamo vivere in pace, come fratelli, che non sempre vanno d'accordo - è normale - ma che comunque si parlano, si ascoltano e cercano di capirsi e di incontrarsi".

Francesco ci ha incoraggiato a umanizzare le nostre società esercitando questa gentilezza quotidianamente, e ha sottolineato che "i danni dell'individualismo consumistico sono sotto gli occhi di tutti", poiché i nostri vicini, gli altri, "appaiono come ostacoli alla nostra tranquillità, alla nostra comodità". Gli altri ci "disturbano", ci infastidiscono, ci tolgono tempo e risorse per fare ciò che ci piace fare".

In questo contesto, la bontà, ha sottolineato Papa Francesco, "è un antidoto alla crudeltà, che purtroppo può entrare nel cuore come un veleno e intossicare le relazioni; all'ansia distratta e alla frenesia che ci fanno concentrare su noi stessi e chiudere agli altri".

Francesco ha voluto ricordare le tre parole della coesistenza, "permesso" o "scusa" e "grazie". Sono le "parole della bontà", ha affermato il Papa.

Francesco ha fatto nuovamente riferimento a questi tre atteggiamenti per riflettere se li mettiamo in pratica nella nostra vita, in un mondo che non sembra mai essere gentile.

Infine, il Papa ha rivolto lo sguardo alla Vergine Maria, che mostra come Dio abbia voluto essere concepito nel grembo di Maria, come ogni bambino: "Non passiamo in fretta, fermiamoci a contemplare e meditare, perché qui c'è una parte essenziale del mistero della salvezza", ha incoraggiato il Papa, "e cerchiamo di imparare il 'metodo' di Dio, il suo infinito rispetto, la sua 'bontà' per così dire, perché nella maternità divina della Vergine c'è la via per un mondo più umano".

Il Papa si è unito alla recita del Te Deum in ringraziamento per l'anno trascorso e anche per l'eredità del Papa emerito, e poi ha visitato il presepe allestito fuori da Piazza San Pietro.

Vaticano

Un semplice addio e la sepoltura nelle grotte vaticane per Benedetto XVI

La semplicità caratterizzerà i riti funebri del Papa emerito, che l'aveva chiesta nelle sue ultime ore.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Come comunicato dalla Santa Sede, le spoglie del Papa emerito Benedetto XVI riposeranno nel Monastero Mater Ecclesiae fino alle prime ore di lunedì 2 gennaio. Per questi primi due giorni non sono previste visite ufficiali o preghiere pubbliche.

La salma di Joseph Ratzinger sarà esposta per i fedeli nella Basilica di San Pietro, che sarà aperta lunedì dalle 9 alle 19, martedì e mercoledì dalle 7 alle 19, dalle 9 alle 19.

Messa funebre presieduta da Papa Francesco

I funerali, presieduti dal Santo Padre, si terranno in Piazza San Pietro giovedì 5 gennaio alle 9.30.

Il 5 gennaio 2023, alle ore 9.30, nell'atrio della Basilica di San Pietro, il Santo Padre Francesco presiederà la Messa funebre del defunto Sommo Pontefice Emerito Benedetto XVI. Al termine della celebrazione eucaristica, avranno luogo l'Ultima Commendatio e la Valedictio.

Per partecipare non è necessario alcun biglietto. Chi desidera concelebrare può contattare l'Ufficio per le Celebrazioni Liturgiche del Sommo Pontefice. Le delegazioni ufficiali presenti saranno quelle di Germania e Italia.

Il feretro del Papa emerito sarà portato nella Basilica di San Pietro e poi nelle Grotte Vaticane per la sepoltura.

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La giovinezza di Benedetto XVI

Sono uno di quei giovani che oggi vedono come il loro Papa, Benedetto XVI, abbia lasciato il mondo in silenzio. Con la stessa umiltà con cui, dieci anni fa, ha lasciato il posto al suo successore per guidare la Chiesa di Cristo.

31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Sì, sono uno dei giovani del Papa che oggi è andato in cielo.

Sì, sono uno di quei giovani che più di dieci estati fa hanno scandito il nome di Benedetto XVI per le strade di Madrid e nell'aeroporto di Cuatro Vientos.

Di quella giovinezza per la quale un uomo di 83 anni ha sopportato più di 40 gradi al sole e una burrasca d'aria e pioggia di notte, aggrappandosi alla Croce.

Di quei giovani a cui il Papa ha insegnato che - proprio come quella notte in cui abbiamo resistito sotto la pioggia - con Cristo possiamo superare anche tutti gli ostacoli della vita.

Sono uno di quei giovani in cui quel Papa, con la sua fragile costituzione, ha riposto la sua fiducia, quei giovani a cui ha chiesto, senza equivoci, di essere sempre gioiosi e di testimoniare in ogni circostanza.

Sono uno di quei giovani che oggi vedono il loro Papa lasciare il mondo in silenzio. Con la stessa umiltà con cui, dieci anni fa, ha lasciato il posto al suo successore per guidare la Chiesa di Cristo.

Sì, sono uno di quei giovani che dovrebbero ringraziare Benedetto XVI per tutto quello che ha insegnato loro, non solo con le sue parole, ma anche con il suo esempio di dedizione anche nelle difficoltà.

Oggi è un giorno per ringraziare Dio per Joseph Ratzinger, perché un giorno lo ha scelto e lo ha messo al nostro servizio.

Oggi è un giorno per pregare per lui, per pregarlo e per pregare per la Chiesa di Cristo. Oggi come allora, siamo ancora i giovani del Papa. Di colui che era e di colui che verrà.

Perché oggi, come allora, proclamiamo che questo è il nostro Papa, che questa è la nostra Chiesa, che noi siamo, se non nell'età, ma nel cuore, la sua gioia e la sua corona.

L'autoreMaria José Atienza

Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.

Vaticano

Benedetto XVI muore a 95 anni

Rapporti di Roma-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Papa emerito è morto alle 9.34 dell'ultimo giorno dell'anno 2022. Dopo le dimissioni, Benedetto XVI viveva nel monastero Mater Ecclesiae in territorio vaticano, dove si è spento.


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Mondo

Il mondo si congeda da Benedetto XVI

Personalità civili e religiose di tutto il mondo hanno espresso il loro cordoglio per la morte di Papa Benedetto XVI.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

La morte del Papa emerito ha segnato gli ultimi mesi del 2022. Un anno già difficile per l'ex Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica per quasi otto anni.

Personalità religiose e civili di tutto il mondo hanno manifestato il loro rispetto e la loro ammirazione per Joseph Ratzinger, sottolineando la sua umanità e la sua eredità teologica, in particolare la sua attenzione alla carità.

Mons. Georg Bätzing. Presidente della Conferenza episcopale tedesca

Il primo comunicato del presidente dei vescovi tedeschi, patria di Benedetto XVI, afferma che "come Chiesa in Germania, pensiamo con gratitudine a Papa Benedetto XVI: è nato nel nostro Paese, qui era la sua casa, qui ha contribuito a plasmare la vita della Chiesa come professore di teologia e vescovo". Come Chiesa in Germania, pensiamo con gratitudine a Papa Benedetto XVI: è nato nel nostro Paese, qui era la sua casa, qui ha contribuito a plasmare la vita della Chiesa come professore di teologia e vescovo". di Benedetto XVI sottolinea la sua "personalità che ha dato speranza e direzione alla Chiesa anche in tempi difficili". Papa Benedetto ha fatto sentire la voce del Vangelo, opportunamente o inopportunamente". L'arcivescovo Bätzing ha sottolineato che "il suo pensiero teologico, la sua capacità di giudizio politico e la sua interazione personale con molte persone hanno contraddistinto Papa Benedetto XVI. Penso con grande rispetto alla sua coraggiosa decisione di dimettersi da Papa nel 2013.

Mons. Juan José Omella. Presidente della Conferenza episcopale spagnola

Il presidente dei vescovi spagnoli, in un video diffuso dalla CEE sulla morte del Papa emerito, ha ringraziato "il suo profondo ministero come Papa, i suoi scritti teologici e il suo profondo amore per la Chiesa". Omella ha chiesto "di pregare il Padre affinché non ci si allontani dal sentiero che porta al Dio fatto uomo". Ha inoltre voluto sottolineare che "la sua vicinanza alla Chiesa in pellegrinaggio in Spagna rimarrà per sempre" e ha ricordato le "tre occasioni in cui ha visitato la Spagna e la proclamazione del dottorato di San Giovanni d'Avila".

I leader mondiali

I principali leader politici europei si sono uniti al cordoglio per la morte del Papa emerito Benedetto XVI, ricordando l'importanza storica della sua figura e della sua eredità teologica.

Dalla Germania, il cancelliere Olaf Scholz ha definito Benedetto XVI "un teologo e una guida speciale per la Chiesa, capace di superare le frontiere, che ha messo la sua vita al servizio della Chiesa universale e che ha parlato, e continuerà a parlare, ai cuori e alle menti degli uomini con la profondità spirituale, culturale e intellettuale del suo magistero".

Il Presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, da parte sua, ha definito il Papa emerito "un grande uomo della storia che la storia non dimenticherà", mentre Emmanuel Macron ha sottolineato il lavoro di Benedetto XVI "con anima e intelligenza per un mondo più fraterno".

Sempre dalla Polonia, Mateusz Morawiecki ha definito Benedetto XVI uno dei più grandi teologi del nostro tempo e ha invitato credenti e non credenti a continuare la sua "grande eredità".

La presidente della Commissione europea, la tedesca Ursula Von der Leyen, ha incentrato il suo ricordo sul "segnale" che Benedetto XVI ha inviato con le sue dimissioni, che ha dimostrato come il Papa emerito "si è visto prima di tutto come un servitore di Dio e della Chiesa".

Anche il primo ministro britannico, Rishi Sunak, si è unito alle condoglianze, ricordando la "storica visita che fece nel Regno Unito nel 2010, per cattolici e non".

Ángel Fernández Artime. Rettor Maggiore dei Salesiani

Il superiore della famiglia salesiana ha rilasciato una dichiarazione in cui sottolinea che "un grande Papa, un grande credente, un grande teologo e pensatore, un uomo capace di costruire ponti di comunicazione con i più diversi filosofi, teologi e intellettuali, è andato incontro al suo Signore". Un Papa rispettato e che sarà ancora più apprezzato negli anni e nei decenni a venire; un uomo e un Papa che ha saputo vivere nella semplicità e nel silenzio. Che il Dio della vita lo tenga con sé. Come figli di Don Bosco, e come lui ha insegnato a tutti i suoi salesiani, anche noi oggi diciamo: Viva il Papa!

Pontificie Opere Missionarie

Anche le Pontificie Opere Missionarie hanno espresso il loro dolore per la morte del Papa emerito, di cui sottolineano che "nei suoi otto anni di pontificato, il Santo Padre Benedetto XVI ci ha contagiato con il suo amore per Dio, non solo attraverso il suo magistero e la sua brillante esposizione della dottrina, ma soprattutto attraverso la testimonianza della sua vita". Come pastore della Chiesa universale, il Papa desiderava diffondere la fede e l'amore di Dio in tutto il mondo. Le Pontificie Opere Missionarie erano uno strumento privilegiato per questo, come egli stesso ha espresso nei suoi messaggi per la Giornata Missionaria Mondiale, il Domund.

Caritas spagnola

La delegazione spagnola della Caritas ha espresso il proprio dolore alla notizia della morte di Benedetto XVI, e ha voluto sottolineare il suo "magistero particolarmente significativo per la Caritas spagnola attraverso le sue encicliche "Deus caritas est" e "Caritas in veritate".

Essi rilevano inoltre che "dopo una lunga vita di ammirevole servizio alla Parola e alla Verità, Benedetto XVI ci lascia l'eredità di uno dei grandi Papi della storia della Chiesa come apostolo della carità e della speranza".

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Vaticano

Benedetto XVI: il grande discernimento sul Concilio

Il pontificato di Benedetto XVI lascia come segno l'insolita profondità di una fede cristiana che evangelizza cercando il dialogo con il mondo moderno.

Juan Luis Lorda-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Otto anni sono pochi rispetto ai quasi ventisette del precedente pontificato. San Giovanni Paolo II era il Papa - e forse l'essere umano più visibile e mediatico della storia. Aveva anche una grande esperienza sul palcoscenico, una lunga esperienza come vescovo e una particolare sensibilità nel trattare con i media. Benedetto XVI, invece, a 78 anni, ha dovuto imparare a salutare le folle.

Iras dell'islamismo

Dal momento che il famoso Discorso di Ratisbona è apparso chiaro che il nuovo Papa non era "favorevole ai media". Pur essendo un discorso di alta qualità intellettuale, una citazione marginale sull'intolleranza religiosa ha attirato l'attenzione perché ha suscitato le ire dell'islamismo.

Ma ha anche prodotto l'inaspettata e insolita offerta di dialogo da parte di un importante gruppo di intellettuali musulmani. L'aneddoto riflette alcune caratteristiche del Pontificato. Una certa solitudine amministrativa, perché qualsiasi astuto comunicatore che avesse letto il discorso avrebbe potuto avvertirlo di ciò che stava per accadere. Un certo disaccordo con gli usi e i criteri dei media, che hanno bisogno di profili semplici, frasi per i titoli e gesti per le foto. Ma anche una profondità insolita che pone la fede cristiana in dialogo con le scienze, con la politica, con le religioni. E questa profondità di una fede che evangelizza cercando il dialogo sarà probabilmente il segno lasciato dal pontificato di Benedetto XVI.

È arrivato al Pontificato con la saggezza di tanti anni di riflessione teologica, con un'enorme esperienza della situazione della Chiesa, con alcune questioni che gli sembravano poco risolte e con la piena consapevolezza dei limiti imposti dalla sua età. In breve tempo, senza assumere alcuna postura, si è ambientato nel suo faticoso ministero e la sua personalità è diventata chiara: serena, semplice e amichevole. Allo stesso tempo, non perdeva mai una certa serietà accademica quando pronunciava i suoi discorsi, perché era convinto di ciò che diceva.

Discorsi chiave

Alle sue tre importanti encicliche, in cui si possono facilmente scoprire antiche preoccupazioni, si aggiunge il suo magistero ordinario, con alcuni discorsi molto importanti nei suoi viaggi (Regensburg, l'ONU, Westminster), e soprattutto con molti interventi "minori", che hanno la sua impronta: in particolare le udienze e il breve Angelus. Nelle udienze, ha tracciato la storia della teologia e del pensiero cristiano a partire dalle prime figure del Vangelo. E ultimamente ci ha offerto preziose considerazioni sulla fede.

La sua mente si è espressa con particolare vitalità in contesti più piccoli e informali, forse perché gli permettevano maggiore libertà. Paradossalmente, uno dei testi più importanti del Pontificato è proprio il suo primo discorso alla Curia (22 dicembre 2005). È stata una semplice riunione per inviare gli auguri di Natale. Ma lì ha fatto una diagnosi profonda del significato del Concilio Vaticano II e della sua vera interpretazione come riforma e non come rottura della tradizione della Chiesa. E ha aggiunto un accurato discernimento della libertà religiosa, il grande tema della cultura politica della modernità. Risponde così ai lefevbriani, per i quali il Concilio è eretico proprio perché ha cambiato la posizione della Chiesa su questo punto. 

È interessante notare che nel suo saluto al clero a Roma, 14 febbraioè tornato al significato del Concilio. Ancora una volta ha dato una valutazione lucida dei suoi risultati, della sua attualità e anche delle deviazioni post-conciliari e delle loro cause.

Non sappiamo fino a che punto vorrà vivere in pensione, ma sarebbe bello se la sua saggezza ecclesiale e teologica potesse essere raccolta in nuove opere.

Tre questioni principali

Nel suo famoso discorso del Natale 2005, Benedetto XVI disse che il Concilio voleva ristabilire il dialogo con il mondo moderno e che si era posto tre cerchi di domande. Non ci vuole molto acume per capire che anche per Benedetto XVI ci sono state tre grandi domande come teologo, come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e come Papa. Si tratta del rapporto tra la fede e le scienze umane (compresa l'esegesi biblica), della situazione della Chiesa in un contesto democratico, soprattutto nei Paesi ex cristiani, e del dialogo con le altre religioni.

È in questo contesto che dobbiamo collocare i suoi tre libri su Gesù di Nazareth, un progetto di lunga data, coltivato per anni, pianificato come occupazione per il suo desiderato pensionamento e scritto nel tempo libero di un'agenda estenuante. Per molti anni prima si era preoccupato di un'interpretazione delle Scritture che, nel suo sforzo di essere scientifica, sembrava dimenticare la fede. In tutti e tre i libri cerca di fare una lettura credente che, allo stesso tempo, rispetti le esigenze scientifiche dell'esegesi. I prologhi sono particolarmente interessanti.

Test e sfide

Quando è arrivato al Pontificato, era consapevole delle questioni molto difficili che aveva affrontato come Prefetto. In particolare lo scandalo di alcuni sacerdoti e di alcune istituzioni religiose. Egli ordinò immediatamente misure disciplinari e rivitalizzò i processi canonici, piuttosto dimenticati da una certa "buona volontà" post-conciliare. Non gli dispiaceva ammettere che questo era ciò che lo aveva fatto soffrire di più.

Per altre ragioni, lo scisma di Lefevbre è stato un argomento scomodo. Ma Benedetto XVI non voleva che lo scisma si solidificasse. Ha fatto del suo meglio per avvicinare i tradizionalisti, superando ogni tipo di sfogo da parte di interlocutori tesi e difficili, e le critiche feroci di altri che avevano bisogno di sentirsi progressisti. È andata avanti senza riuscire a raggiungere una conclusione.

In parte per rispondere alle critiche di alcuni, ma soprattutto per ragioni di criterio liturgico, Benedetto XVI ha posto fine alla dialettica post-conciliare tra "vecchia" e "nuova" liturgia. È inutile opporsi, perché la stessa Chiesa e con la stessa autorità ha fatto l'una e l'altra. Senza etichette, Benedetto XVI ha voluto chiarire che la Chiesa ha legittimamente riformato la sua liturgia, ma che il rito precedente non è mai stato ufficialmente abolito; per questo ha stabilito che può essere celebrato come forma straordinaria. 

Benedetto XVI ama la liturgia. Lo dichiara nella sua biografia. Per suo espresso desiderio, il volume dedicato alla liturgia è stato il primo ad essere pubblicato tra le sue opere complete. Oltre alla sua pietà personale nella celebrazione, abbiamo visto il suo interesse per lo stile e la bellezza dei paramenti e degli oggetti liturgici, la sua attenzione per il canto e la musica sacra, e la sua raccomandazione di conservare il latino nelle parti comuni della liturgia, specialmente nelle celebrazioni di massa. Inoltre, ha promosso lo studio di alcune questioni particolari (la "pro omnes-pro multis",  il luogo del gesto di pace, ecc.)

Problemi curiosi

Benedetto XVI è un uomo di pensiero e non un uomo di gestione. Come Prefetto aveva vissuto concentrato sul suo lavoro e in relativo isolamento. Per questo si è affidato fin dall'inizio alle persone che costituivano la sua cerchia di fiducia nella Congregazione. In particolare, il suo Segretario di Stato, il cardinale Bertone.

È noto quanto il Papa sia rimasto scontento delle "mosse" curiali, delle difficoltà a mettere ordine nelle questioni economiche o del sorprendente caso dell'intendente e della fuga di documenti. È difficile valutare, senza ulteriori informazioni, quanto tutto questo possa aver influenzato la sua decisione di ritirarsi. Tuttavia, dalle motivazioni da lui stesso addotte, è chiaro che ritiene di aver bisogno di qualcuno con più energie di quelle che gli sono rimaste per affrontare le attuali sfide del governo della Chiesa; e che ritiene che non si debba aspettare.  

Se guardiamo con gli occhi della fede ai problemi che la Chiesa ha sempre affrontato, possiamo vedere quanto dobbiamo ringraziare il Signore per la straordinaria lista di Papi che hanno guidato la barca di Pietro negli ultimi due secoli. Tutti sono stati uomini di fede e ognuno ha dato il meglio di sé. È un elenco quasi uguale a quello dei Papi dei primi secoli, la maggior parte dei quali furono martiri. E molto meglio che in altri secoli difficili, come il decimo o il quindicesimo, quando anche persone indegne hanno raggiunto il Pontificato. I tempi difficili purificano la fede, mentre i tempi facili la imborghesiscono.

Dobbiamo a Benedetto XVI molte cose, ma soprattutto la sua testimonianza di fede e un grande discernimento del Concilio e del dialogo evangelizzatore che la Chiesa deve portare avanti con il mondo moderno.

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Benedetto XVI. Collaboratore della verità

La verità di Dio Creatore e Redentore, di cui il Santo Padre Benedetto XVI è stato un incessante cercatore, illumina il crepuscolo degli ultimi anni della sua vita trascorsi in preghiera, silenzio e umiltà esemplare.

31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 4 minuti

È morto il Papa emerito Benedetto XVI. Se c'è qualcosa che ha caratterizzato la sua lunga vita, dall'infanzia e l'adolescenza come seminarista nel seminario minore dell'arcidiocesi di Monaco di Baviera, situato a Traunstein, ai piedi delle Alpi bavaresi, fino agli ultimi anni come Papa emerito, è senza dubbio la sua vocazione di voler essere un "Collaboratore della Verità": della Verità di Dio, rivelata in Cristo per la Salvezza dell'umanità. 

Fu un cooperatore della Verità, ricercandola con la passione del cuore e la lucidità intellettuale di una mente inquieta nei suoi studi teologici presso il seminario maggiore di Freissen, che trovarono conferma nella sua tesi di dottorato e nella sua qualifica di docente universitario.

La teologia di Sant'Agostino gli fornisce l'orizzonte teologico per comprendere e spiegare l'essere della Chiesa come "Popolo e Casa di Dio", e da quella di San Bonaventura, dal suo "Itinerario della mente a Dio", riceve l'ispirazione intellettuale per comprendere la Verità del Dio Vivente che si rivela in una storia di Salvezza, culminante in Cristo, il Figlio di Dio, incarnato nel grembo di una Vergine, Maria, crocifisso, morto e risorto.

I suoi due decenni come professore di teologia a Bonn e Münster, Tubinga e Ratisbona, in cui ha combinato insegnamento e ricerca, conferenze e pubblicazioni con una straordinaria fecondità pedagogica, rivelano una comprensione della ricerca della verità rivelata in Dio in cui il dialogo Fede/Ragione si svolge con una rigorosa disciplina logica e, allo stesso tempo, con una straordinaria sensibilità spirituale alle domande dei suoi lettori e ascoltatori. Quanto il suo affascinante trattato di "Introduzione al cristianesimo" ha aiutato le generazioni di giovani universitari di quel drammatico momento storico a trovare la via della verità con la maiuscola: a trovare il Dio vivente al di là, ma non contro, il Dio dei filosofi! 

Le tappe successive della sua biografia come Arcivescovo - appena cinque anni - e come Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede - quasi venticinque - sono state incentrate sul servizio alla fede della Chiesa come stretto e intimo collaboratore di Papa Giovanni Paolo II nell'adempimento del suo primo dovere di successore di Pietro, che non è altro che "confermare i fratelli nella fede". Il suo metodo di lavoro seguiva il principio "anselmiano" di "Fides quaerens intellectum" - "Intellectus quaerens Fidem" ("fede che cerca l'intelligenza" e "intelligenza che cerca la fede"). Un principio messo in pratica con la squisita cura di un dialogo sempre attento e sempre solidale con le tesi opposte. L'intero dibattito degli anni Ottanta del secolo scorso intorno alla Teologia della Liberazione ne è un'ampia testimonianza.

Infine, il suo magistero negli otto anni di pontificato si concentra sulla Verità di Dio che è Amore (enciclica "Deus Caritas est") e sul fondamento ultimo della Speranza che non delude (enciclica "Spes Salvi"). L'ultima enciclica, "Caritas In Veritate" ("Amore in Verità", CV), pubblicata il 29 giugno 2009, nel bel mezzo della crisi finanziaria globale che ha avuto il suo epicentro nella Borsa di New York - e che ha presto portato a una grave crisi sociale, politica e culturale - intende mostrare come la fede nel Dio vivo e vero, rivelato in Cristo, apra la strada al vero progresso umano - al progresso integrale - o, in altre parole, apra la strada alla realizzazione di un vero e autentico umanesimo. La cosiddetta "svolta antropologica" del pensiero moderno e postmoderno, che lui conosceva bene, non solo viene svuotata di significato, ma al contrario ne viene autenticato e consolidato il significato per il bene trascendente della persona umana e della società. 

Non sorprende, quindi, che una delle conclusioni pratiche dell'enciclica sia che "non c'è pieno sviluppo e non c'è bene comune universale senza il bene spirituale e morale delle persone, considerate nella loro totalità di anima e corpo" (CV 76) e, allo stesso tempo, che "lo sviluppo ha bisogno di cristiani con le braccia alzate verso Dio nella preghiera, cristiani consapevoli che l'amore pieno di verità, 'caritas in veritate', da cui procede l'autentico sviluppo, non è il risultato dei nostri sforzi ma un dono" (CV 79). 

Nell'omelia in Piazza Obradoiro, a Santiago de Compostela, il 6 novembre 2010 (nel suo secondo viaggio pastorale in Spagna), ha detto: "Lui solo - Dio - è amore assoluto, fedele, indeclinabile, meta infinita che si intravede dietro tutti i beni, le verità e le bellezze mirabili di questo mondo: mirabili ma insufficienti per il cuore dell'uomo. Lo aveva capito bene Santa Teresa di Gesù quando scriveva: "Dio solo basta"".

Al termine della Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid, il 21 agosto 2011, salutando la Spagna, ci ha detto: "La Spagna è una grande nazione che, in una convivenza aperta, plurale e rispettosa, sa e può progredire senza rinunciare alla sua anima profondamente cristiana e cattolica", e che "i giovani rispondono con diligenza quando viene loro proposto con sincerità e verità l'incontro con Gesù Cristo, unico Redentore dell'umanità".

La verità di Dio creatore e redentore dell'uomo, la VERITÀ che è Lui e solo Lui, di cui il Santo Padre Benedetto XVI è stato incessantemente cercatore, cooperatore, testimone e maestro durante tutta una vita dedicata a Cristo, illumina il crepuscolo degli ultimi anni della sua vita trascorsi nella preghiera, nel silenzio e nell'umiltà esemplare. Nella prefazione al primo volume della sua monografia "Gesù di Nazareth", pubblicata nel 2007, confessa: "Non ho certo bisogno di dire espressamente che questo libro non è in alcun modo un atto magisteriale, ma solo un'espressione della mia personale ricerca del volto del Signore". Un volto che avrà già trovato nell'eterna contemplazione della sua infinita Bellezza. Così preghiamo, uniti alla preghiera di tutta la Chiesa per lui che si è sempre considerato "il suo umile lavoratore nella vigna del Signore".

L'autoreAntonio M. Rouco Varela

Cardinale arcivescovo emerito di Madrid. Presidente della Conferenza episcopale spagnola dal 1999 al 2005 e dal 2008 al 2014.

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Vaticano

Muore Benedetto XVI

Il Papa emerito è morto alle 9.34 di questa mattina nel monastero Mater Ecclesiae in Vaticano, dopo una vita di ininterrotto servizio alla Chiesa. Aveva 95 anni. Eminente professore ed eminente teologo, ha sorpreso il mondo con le sue dimissioni dal papato nel febbraio 2013.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Benedetto XVI è morto oggi alle 9.34 nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano all'età di 95 anni. Il Papa emerito, che da quando si era dimesso risiedeva nel Monastero Mater Ecclesiae, aveva subito un peggioramento delle sue condizioni di salute negli ultimi giorni. Papa Francesco, appunto, ha chiesto di pregare per la salute del suo predecessore durante l'udienza settimanale di mercoledì 28 dicembre.

Nato a Marktl am Inn, diocesi di Passau (Germania), Josep Ratzinger è nato il 16 aprile 1927 (Sabato Santo) e battezzato lo stesso giorno. La croce rimarrà presente nella vita del giovane, sacerdote, vescovo e cardinale per tutta la sua vita.

Dotato di un'intelligenza eccezionale e di un'umanità che era palpabile a chi lo conosceva, nella Una vasta biografia che si può trovare in OmnesL'umiltà di un brillante professore e di un eminente teologo, il cui Opera Omnia offre un pensiero illuminato e un'analisi della Chiesa e dell'uomo di oggi.

Il magistero papale di Benedetto XVI è condensato, in particolare, nelle sue tre encicliche Caritas in veritateSpe Salvi e Deus caritas est. La sua prolifica eredità teologica, tuttavia, spazia dal suo fase iniziale come insegnante e sacerdote, il tempo come capo della Congregazione per la Dottrina della Fedecosì come il suo come Sommo Pontefice della Chiesa Cattolica. Un'opera molto ampia e profonda, di grande spessore dottrinale e morale, senza la quale non si può capire la Chiesa di oggi.

L'istituzione della Fondazione vaticana Joseph Ratzinger ha dato impulso al lavoro e all'insegnamento del Papa. In particolare, questa fondazione ha promosso la pubblicazione dell'opera omnia di Joseph Ratzinger, Opera Omnia. Anche se attualmente è disponibile solo nella sua interezza in italiano, questi volumi contengono i tratti principali del pensiero teologico di Joseph Ratzinger.

Negli ultimi anni, Benedetto XVI ha dovuto subire una nuova ondata di contraddizioni con l'accusa di non aver agito con sufficiente forza in un caso di abusi durante il suo periodo di guida della diocesi di Monaco. Un'accusa priva di prove concrete che ha portato il teologo svizzero Martin Rhonheimer per denunciare il tentativo di distruggere la reputazione del teologo Joseph Ratzinger alla fine della sua vita.

La fragile salute del Papa emerito si è deteriorata negli ultimi giorni del dicembre 2022, anche se è rimasto "lucido e stabile" nonostante la gravità delle sue condizioni. Questa mattina, con un brevissimo comunicato, la Santa Sede ha annunciato la morte del Papa emerito avvenuta alle 9.34 nel Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.

Come riferisce Matteo Bruni, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Papa Francesco presiederà le esequie per l'eterno riposo del suo predecessore il 5 gennaio alle 9.30 nella Basilica di San Pietro in Vaticano. Bruni ha anche riferito che Benedetto XVI ha ricevuto l'Unzione degli Infermi mercoledì scorso al termine della Messa al Monastero e alla presenza dei Memores Domini, che da anni lo assistono quotidianamente. Prima di morire, il Papa emerito ha chiesto che tutto fosse improntato alla semplicità, qualità con cui ha vissuto.

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Attualità

Il magistero di Benedetto XVI

Benedetto XVI, il Papa della Parola, oltre ai suoi discorsi sempre ispirati, ci ha lasciato tre magnifiche encicliche e quattro esortazioni apostoliche. Amore, verità, speranza, Parola di Dio e liturgia erano i temi principali dei suoi scritti.

Pablo Blanco Sarto-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 5 minuti

Benedetto XVI non è stato solo "il papa della ragione", ma anche il papa dell'amore e della speranza, a giudicare dai titoli delle sue encicliche. È stato anche "il Papa della parola", in termini di discorsi e omelie ispirate che ha pronunciato durante un pontificato breve ma intenso.

In queste righe ci concentreremo soprattutto sulle encicliche e sulle esortazioni apostoliche, per presentare una visione unitaria del programma del suo pontificato.

Amore, verità e speranza

Questi sono i tre pilastri centrali del suo magistero. Benedetto XVI ha iniziato la sua prima enciclica dal titolo Deus caritas est, del giorno di Natale 2005. Prima di tutto, l'amore. Lì ha presentato una "rivoluzione dell'amore" che non è ancora riuscita completamente nel nostro piccolo mondo. Ci sono ancora fame, povertà, ingiustizia e morti innocenti. Perché questa "rivoluzione dell'amore" si compia una volta per tutte, ci ha ricordato, non dobbiamo dimenticare due parole: Dio e Cristo.

Gesù Cristo è "l'amore di Dio incarnato", che si concretizza non solo nella carità verso gli altri, ma soprattutto sulla croce e nell'Eucaristia. Questa è la fonte di tutto il nostro amore per Dio e per il prossimo: tutto il vero amore e la carità vengono da Dio. Il eros può essere trasformato in agape Cristiano, dopo un processo di purificazione. È qualcosa che la Chiesa non poteva dimenticare e che doveva ricordare a questo mondo un po' crudele. L'amore può cambiare il mondo, ha ripetuto Benedetto XVI con una certezza che dovrebbe farci riflettere.

Poi è arrivata una nuova enciclica, questa volta sulla speranza. È apparsa il 30 novembre, festa di Sant'Andrea, l'apostolo a cui gli orientali sono particolarmente devoti, e alla vigilia del periodo di Avvento, la stagione della speranza. Benedetto XVI ha pubblicato questa seconda enciclica sulla seconda virtù teologale, dopo quella sulla carità. Colui che come prefetto era stato il "custode della fede" era ora anche il papa dell'amore e della speranza.

Il titolo è tratto da San Paolo: spe salvisalvati dalla speranza" (Rm 8,24). Nella nuova enciclica si nota un marcato tono ecumenico, soprattutto quando si parla della dottrina del purgatorio, in cui si fa esplicito riferimento alla teologia ortodossa, presentandola con un approccio personalistico e cristocentrico di facile comprensione (cfr. n. 48).

Il Purgatorio è un incontro con Cristo che ci abbraccia e ci purifica. Allo stesso tempo, il Papa tedesco ha proposto un dialogo critico con una modernità che cerca la speranza.

A differenza dell'enciclica sulla speranza, che è stata scritta personalmente dal Papa dalla prima all'ultima riga, nell'enciclica sulla speranza, la Caritas in veritate molte menti e mani si sono messe al lavoro. Benedetto XVI vi ha lasciato la sua impronta, già visibile nelle parole del titolo che uniscono indissolubilmente carità e verità, una proposta decisamente ratzingeriana. "Iniettare nel mondo più verità e più amore", così recitava un titolo di giornale. "Solo con la carità - illuminata dalla fede e dalla ragione - è possibile raggiungere obiettivi di sviluppo dotati di valore umano", ha detto il Papa tedesco.

È stata la prima enciclica sociale del suo pontificato, pubblicata diciotto anni dopo l'ultima enciclica sociale di Giovanni Paolo II, Centesimus annusdel 1991. Giornali, radio e televisioni di tutto il mondo erano ansiosi di sentire cosa il Papa avesse da dire sull'attuale situazione economica. Caritas in veritateTuttavia, è andato oltre la crisi. "Le difficoltà attuali passeranno in pochi anni, ma il messaggio dell'enciclica rimarrà", ha assicurato monsignor Martino.

Pane e Parola

Sacramentum caritatis, Sacramento dell'amore: questo il titolo della lettera apostolica del Papa tedesco sull'Eucaristia, frutto del Sinodo dei vescovi tenutosi a Roma nell'ottobre 2005. È stato un incontro convocato da Giovanni Paolo II per far riflettere tutta la Chiesa su quello che è "il suo centro e il suo vertice". Gesù è lì", ha ricordato, "l'Eucaristia è Cristo stesso e quindi l'Eucaristia "fa la Chiesa"", aveva scritto San Giovanni Paolo II.

Ora, come frutto maturo, questa esortazione apostolica è uscita in continuità con la prima e, fino ad allora, ultima enciclica di Benedetto XVI, significativamente intitolata Dio è amore. Aveva parlato dell'Eucaristia come manifestazione ultima dell'amore di Gesù e come centro di tutta la Chiesa. Le proposte del Sinodo erano già state pubblicate in internetLa nuova lettera apostolica, su richiesta dello stesso Papa Ratzinger, non è stata quindi una grande sorpresa. Si tratta di applicare quanto già detto dal Vaticano II, insiste la nuova lettera apostolica.

Il 30 settembre 2010, festa di San Girolamo, è stato pubblicato un nuovo documento dal titolo Verbum Domini, la parola del Signore. Il tema era logicamente scritturale ed era un frutto maturo del sinodo che si era svolto due anni prima sullo stesso argomento, e con chiarezza, come i partecipanti al sinodo, ha sottolineato innanzitutto che "la fede cristiana non è una 'religione del libro': il cristianesimo è la 'religione della parola di Dio', non di una parola scritta e muta, ma del Verbo incarnato e vivente" (n. 7).

Il cristianesimo non è la religione di un libro (come possono essere l'ebraismo o l'islam), ma di una persona: quella di Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo. Tuttavia, questa Persona - Gesù Cristo - aveva parlato a lungo e predicato parabole sublimi. La parola di Dio è un accesso diretto al Figlio di Dio, che è il vertice di ogni rivelazione, il Verbo fatto carne.

Nuova evangelizzazione

Dopo aver posto le basi sull'amore, la verità e la speranza, nonché sui luoghi in cui si trova Gesù Cristo - il Pane e la Parola - Benedetto XVI si è lanciato nella "nuova evangelizzazione" già proposta da Giovanni Paolo II.

L'esortazione apostolica post-sinodale Africae munus (2011) ha raccolto i frutti del lavoro della Seconda Assemblea Speciale per l'Africa del Sinodo dei Vescovi. "Africa, terra di una nuova Pentecoste, abbi fiducia in Dio [...] Africa, Buona Notizia per la Chiesa, falla diventare tale per il mondo intero", ha detto il Papa. Il documento di 138 pagine contiene una grande varietà di argomenti, ma può essere riassunto in un unico punto: rimanere sul piano spirituale, per non diventare un partito cattolico. Secondo Benedetto XVI, il ruolo a favore della riconciliazione, della giustizia e della pace può essere mantenuto se la Chiesa rimane fedele alla sua missione spirituale di riconciliare l'umanità con Dio e tra di loro attraverso Cristo.

A Porta fidei (2011) il Papa tedesco ha indetto l'Anno della fede, in perfetta continuità con la nuova evangelizzazione, nel contesto del Concilio Vaticano II, a cinquant'anni dal suo inizio. In questo senso, il cristiano di oggi ha a disposizione due strumenti privilegiati per poter concretizzare e realizzare questa nuova evangelizzazione: il Concilio, che ha ormai cinquant'anni, e il suo Catechismopromulgato da Giovanni Paolo II. "Per accedere a una conoscenza sistematica dei contenuti della fede, ognuno può trovare nella Catechismo della Chiesa Cattolica un sussidio prezioso e indispensabile. È uno dei frutti più importanti del Concilio Vaticano II" (n. 11), ha aggiunto ora il suo successore. L'Anno della fede è stato l'anno del Concilio e del suo catechismo.

La fede è un "grande sì" che contiene e implica a sua volta l'intera esistenza umana. Fede e vita, credenza ed esperienza si intrecciano reciprocamente nell'atto di fede. L'evangelizzazione consiste quindi innanzitutto nel mostrare la bellezza e la razionalità della fede, nel portare la luce di Dio agli uomini del nostro tempo con convinzione e gioia. Il tempo ci darà questo primo testo di Papa Francesco, Lumen fidei (2013), un'enciclica "scritta a quattro mani" e il culmine dell'Anno della fede. Fede, speranza e carità sono state l'eredità del pontificato di Benedetto XVI, che ha avuto come fulcro Gesù Cristo stesso presente nel Pane e nella Parola. Con ciò eravamo perfettamente equipaggiati per la nuova evangelizzazione di questo mondo ormai in crisi.

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Vaticano

I momenti chiave del pontificato di Benedetto XVI

Il destino di colui che avrebbe guidato la Chiesa con il nome di Benedetto XVI era diventato chiaro il giorno del funerale del suo predecessore, quando pronunciò quella commovente omelia che iniziava con la parola "Seguimi".

Giovanni Tridente-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 9 minuti

Nell'umiltà e nella verità, nel silenzio e nella preghiera. Così ha vissuto Benedetto XVI, Papa emerito, e così se ne è andato. Eletto al soglio pontificio il 19 marzo 2005, subito dopo il "grande Papa Giovanni Paolo II", nelle sue prime parole alla folla dalla loggia centrale della Basilica di San Pietro si è definito "un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore". E come tale si presentò, con le maniche della camicia nera che spuntavano dalla tonaca papale, segno di un'attività che non si è mai fermata.
scelta che forse non ci si aspettava.

Timido, ma molto colto, semplice nei modi ma complesso nei pensieri e mai banale. Un lavoratore instancabile. Lo ha dimostrato negli innumerevoli anni trascorsi nella Curia romana come insostituibile collaboratore del suo predecessore, in uno dei dicasteri più importanti e solidi, l'allora Congregazione per la Dottrina della Fede.

Anche nel giorno della sua elezione, si definì uno "strumento insufficiente", confortato dal fatto che il Signore avrebbe saputo utilizzarlo al meglio, senza fargli mancare "il suo aiuto permanente", con la complicità della sua Madre Maria. Ha chiesto di pregare.

Per quasi otto anni, fino alle sue dimissioni, entrate in vigore il 28 febbraio 2013, non si è arreso di fronte a nessun ostacolo, ha messo (e rimesso) mano all'aratro e ha cominciato a puntellare gli elementi fondamentali dell'edificio della Chiesa, appena sbarcata con tutta l'umanità in un nuovo millennio pieno di cambiamenti e di "scosse", da poco orfana di un'imponente guida spirituale, che l'aveva accompagnata per mano per più di 27 anni.

Il suo destino era diventato chiaro il giorno del funerale di San Giovanni Paolo II, quando pronunciò quella commovente omelia che iniziava proprio con la parola "Seguimi". Pochi giorni prima - alla Via Crucis del Colosseo, meditando sulla nona stazione, la terza caduta di Gesù - aveva poi "preso la responsabilità" di denunciare "la sporcizia nella Chiesa", ma anche l'arroganza e l'autosufficienza.

Il suo sogno era quello di tornare in patria, dedicarsi alla lettura e godere della sua passione per i gatti e del suo amore per la musica classica. Invece, ha dovuto farsi carico di tutti quei problemi che aveva imparato a conoscere così bene, e anche di portare la croce delle critiche e delle incomprensioni, ma ha dovuto farsi carico di tutti quei problemi che aveva imparato a conoscere così bene, e anche di portare la croce delle critiche e delle incomprensioni.
aprendo la strada a un processo di riforma che il suo successore - Papa Francesco - ha saputo portare avanti con facilità. Lo ha fatto in umiltà e in verità.

Un compito senza precedenti che va oltre le capacità umane

"Un compito senza precedenti, che supera davvero ogni capacità umana". Domenica 24 aprile 2005, Benedetto XVI ha iniziato il suo ministero petrino come Vescovo di Roma, in una Piazza San Pietro gremita, con oltre 400.000 persone presenti. E nell'esporre la gravità e il peso del mandato che sentiva di dover assumere, disse che, alla fine, il suo programma di governo non sarebbe stato quello di "seguire le mie idee, ma di ascoltare, con tutta la Chiesa, la parola e la volontà del Signore e di lasciarmi guidare".
per Lui, affinché sia Lui stesso a guidare la Chiesa in quest'ora della nostra storia". La volontà di Dio che "non ci allontana, ma ci purifica - forse anche dolorosamente - e ci conduce così a noi stessi".

Essere disposti a soffrire

Il tema della sofferenza compare spesso nel discorso di investitura, come quando spiega che "amare [il popolo che Dio ci affida] significa anche essere pronti a soffrire", "per dare alle pecore il vero bene, il nutrimento della verità di Dio, della parola di Dio, il nutrimento della sua presenza".

Parole che a posteriori suonano come una profezia. A Benedetto XVI non sono certo state risparmiate le sofferenze, ma le ha sempre vissute con spirito di servizio e umiltà. Guardando indietro ai quasi otto anni di pontificato, spiccano alcuni dei contributi eccezionali che il primo Papa emerito della storia ha lasciato in eredità a tutta la Chiesa.

Le tre encicliche

Il primo contributo è senza dubbio magistrale. A pochi mesi dall'inizio del suo pontificato, Benedetto XVI ha firmato la sua prima enciclica, "Deus caritas est" (Dio è amore), in cui spiega come l'uomo, creato a immagine di Dio-amore, sia capace di vivere la carità; inizialmente scritta in tedesco e firmata il giorno di Natale del 2005, è stata diffusa il mese successivo.

Il 30 novembre 2007 è stato pubblicato "Spe salvi", che mette a confronto la speranza cristiana con le moderne forme di speranza basate sulle conquiste terrene, che portano a sostituire la fiducia in Dio con una mera fede nel progresso. Ma solo una prospettiva infinita come quella offerta da Dio attraverso Cristo può dare la vera gioia.

L'ultima enciclica che porta la sua firma è datata 29 giugno 2009 e si intitola "Caritas in veritate" (Amore nella verità). Il Pontefice passa in rassegna gli insegnamenti della Chiesa sulla giustizia sociale e invita i cristiani a riscoprire l'etica degli affari e delle relazioni economiche, mettendo sempre al centro la persona e i valori che ne preservano il bene.

Stava preparando una quarta enciclica per completare la trilogia dedicata alle tre virtù teologali; sarebbe stata pubblicata da Papa Francesco il 29 giugno 2013, nell'Anno della fede, completando la parte principale dell'opera che Ratzinger aveva già preparato. Si intitola "Lumen fidei".

Quattro esortazioni post-sinodali

Eucaristia, Parola, Africa e Medio Oriente sono, da parte loro, i temi delle quattro esortazioni apostoliche che hanno visto la luce sotto il pontificato di Benedetto XVI, a coronamento di quattro Sinodi dei Vescovi che si sono svolti rispettivamente nel 2005, generando la "Sacramentum caritatis" (2006); nel 2008, con la pubblicazione della "Verbum Domini" (2010); nel 2009, che ha dato origine all'esortazione "Africae munus" (2011); e nel 2010, che due anni dopo ha dato origine al documento "Ecclesia in Medio Oriente".

Qui sta l'importanza dei sacramenti e la vicinanza alle periferie del mondo, luoghi dove la Chiesa è molto viva, ricca di vocazioni, ma dove spesso manca lo sforzo "da Roma" per essere più presente in queste terre.

La trilogia di Gesù di Nazareth

Grazie alla sua passione per lo studio e alle sue qualità di fine teologo, negli anni del suo pontificato Benedetto XVI ha regalato alla comunità dei credenti anche tre importanti libri sulla figura storica di Gesù, pubblicati rispettivamente nel 2007, 2011 e 2012. Il percorso narrativo inizia con l'"infanzia di Gesù" e prosegue attraverso la vita pubblica del Messia fino alla risurrezione.

È stato un successo editoriale senza precedenti e molti credenti sono stati edificati dalla storia della Persona-Gesù. Pellegrino dei popoli, non ha interrotto la tradizione di viaggi apostolici del suo predecessore, sia in Italia che all'estero; una serie inaugurata a quattro mesi dall'inizio del suo pontificato, recandosi in patria per la Giornata Mondiale della Gioventù di Colonia. È tornato in Germania altre due volte, nel 2006 (in Baviera, dove si è verificato il noto "incidente di Ratisbona") e nel 2011, in visita ufficiale al Paese. In totale, Benedetto XVI ha compiuto 24 viaggi apostolici all'estero, diversi in Europa (tre volte in Spagna), ma anche in America Latina (Brasile, Messico, Cuba), negli Stati Uniti (2008), in Africa (Camerun, Benin) e in Australia (2008).

Il suo viaggio in Terra Santa, visitando la Giordania, Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese nel maggio 2009, è stato certamente significativo, così come la sua visita al campo di concentramento di Auschwitz nello stesso mese di tre anni prima, dove ha pregato per onorare la memoria degli ebrei, dei polacchi, dei russi, degli zingari e dei rappresentanti di venticinque nazioni uccisi dall'odio nazista.

Ha inoltre compiuto più di trenta visite pastorali e pellegrinaggi in Italia e altrettanti nella diocesi di Roma, visitando parrocchie, santuari, basiliche, carceri, ospedali e seminari. Per la storia
rimarrà la sua visita a L'Aquila nel 2009, subito dopo il terremoto, quando si recò a pregare sulle spoglie di Celestino V, sulla cui tomba pose il pallio, una premonizione che molti hanno associato alle sue future dimissioni.

Incidenti

All'inizio del suo ministero petrino, Benedetto XVI aveva fatto riferimento alla sofferenza, e purtroppo questo è stato uno degli elementi che non gli sono stati affatto risparmiati, a partire da alcune incomprensioni e polemiche che hanno avuto un'eco internazionale.

La prima risale al 2006, con la famosa "lectio magistralis" all'Università di Regensburg durante il suo secondo viaggio in Germania, in visita alla Baviera. In questo caso, l'incidente è nato dall'infelice citazione di una frase dell'imperatore bizantino Manuele II Paleologo sulla guerra santa, con riferimenti al profeta Maometto. Nel suo discorso, il Papa aveva ricordato la dichiarazione "Nostra Aetate" e l'atteggiamento della Chiesa nei confronti delle religioni non cristiane, ma a quel punto l'incomprensione era già sorta e ci furono reazioni violente nel mondo islamico.

Benedetto XVI si è poi scusato pubblicamente, dicendosi "dispiaciuto" e chiarendo di non condividere il pensiero espresso nel testo citato. Fortunatamente, negli anni successivi sono fioriti gli scambi culturali e teologici tra cattolici e musulmani, culminati persino in un incontro in Vaticano tra una delegazione di teologi e intellettuali islamici e il Pontefice stesso. Questo è stato senza dubbio il preludio al "Documento sulla fraternità umana", che Papa Francesco ha potuto firmare diversi anni dopo ad Abu Dhabi insieme al Grande Imam di Al-Azhar.

Un secondo episodio si è verificato a Roma, nella principale università della capitale, "La Sapienza", dove un gruppo di oltre 60 professori dell'ateneo si è opposto alla visita di Benedetto XVI, che era stato invitato dall'allora rettore a parlare all'inaugurazione dell'anno accademico del 2008. In seguito al turbinio di polemiche, la Santa Sede ha declinato l'invito. Nove anni dopo, nel 2017, il suo successore Francesco ha invece potuto visitare un'altra università civile romana, "Roma Tre".

Dopo l'incomprensione con i musulmani, nel 2009 è arrivato l'incidente con il mondo ebraico. Benedetto XVI aveva deciso di rimettere la scomunica a quattro vescovi lefebvriani, tra i quali Richard
Williamson. In seguito a questo gesto, è emerso - attraverso la televisione svedese SVT - che in passato il vescovo aveva espresso pubblicamente posizioni negazioniste sulla Shoah. Anche in questo caso la Santa Sede è stata costretta a emettere una nota che, oltre a confermare la condanna e il ricordo del genocidio degli ebrei, ha imposto al vescovo Williamson di prendere le distanze "in modo assolutamente inequivocabile e pubblico dalle sue posizioni sulla Shoah" prima di essere ammesso alle funzioni episcopali nella Chiesa, chiarendo che tali posizioni non erano note al Papa al momento della remissione della scomunica.

Ulteriori critiche sono arrivate durante il suo viaggio in Camerun e Angola nel marzo 2009, quando ha dichiarato in aereo che la distribuzione dei preservativi non sarebbe stata una soluzione all'AIDS - un'affermazione stigmatizzata da governi, politici, scienziati e organizzazioni umanitarie con ripercussioni anche a livello diplomatico.

Lotta contro gli abusi

Eppure, sotto il pontificato di Benedetto XVI, l'intero processo di lotta agli abusi nella Chiesa, che Papa Francesco è riuscito a portare avanti in modo più agevole, ha acquisito uno slancio irreversibile. Papa Ratzinger è stato il primo pontefice a scusarsi esplicitamente con le vittime di abusi clericali e a incontrarle in diverse occasioni, ad esempio durante i viaggi all'estero.

Fu drastico nell'espellere alcuni chierici responsabili di tali crimini e nello stabilire le prime regole e linee guida più severe contro questi fenomeni.

Un esempio tra i tanti è il trattamento del "caso Maciel", che Ratzinger aveva già avuto modo di approfondire durante gli anni in cui era stato prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.In qualità di Pontefice, fece in modo che la Congregazione dei Legionari ricevesse una Visita Apostolica, in seguito alla quale fu nominato un Delegato Pontificio - il compianto Cardinale Velasio De Paolis - che portò alla revisione degli statuti e dei regolamenti, dopo che fu pubblicamente riconosciuta la colpa del fondatore e fu avviato un processo completo di rinnovamento e guarigione.

Un altro fenomeno è quello dell'Irlanda, dopo la pubblicazione dei rapporti Ryan e Murphy che hanno denunciato numerosi casi di abusi sessuali su minori da parte di sacerdoti e religiosi dagli anni '30 al 2000, con tentativi di insabbiamento da parte della Chiesa locale. Già nel 2006, rivolgendosi ai vescovi del Paese giunti a Roma in visita "ad limina", Benedetto XVI aveva detto che "le ferite causate da tali atti sono profonde, ed è urgente il compito di ripristinare la fiducia laddove è stata danneggiata". Inoltre, è necessario "prendere tutte le misure per evitare che si ripetano in futuro, per garantire il pieno rispetto dei principi di giustizia e, soprattutto, per guarire le vittime e tutti coloro che sono stati colpiti da questi crimini abominevoli".

Quattro anni dopo scrisse una lettera pastorale ai cattolici d'Irlanda in cui confidava di "condividere lo sgomento e il senso di tradimento" che avevano provato, e ai colpevoli aggiungeva: "dovrete risponderne davanti a Dio Onnipotente, oltre che davanti ai tribunali debitamente costituiti".

I Consigli

Nel corso del suo pontificato, Benedetto XVI ha presieduto cinque concistori per la creazione di nuovi cardinali, creando un totale di 90 "eminenze", di cui 74 elettori. Significativamente, nell'ultimo, il 24 novembre 2012, oltre a essere il secondo Concistoro nello stesso anno (dal 1929 non c'erano state due diverse creazioni di cardinali nello stesso anno), questa volta non erano presenti cardinali europei, quasi a inaugurare una tradizione di "pesca" di collaboratori del Papa anche lontano da Roma. Una cosa che da allora è diventata molto comune con Papa Francesco.

È stato l'anno della creazione del cardinale Luis Antonio Tagle, arcivescovo metropolita di Manila (Filippine), o di Baselios Cleemis Thottunka, arcivescovo maggiore di Trivandrum dei Siro-Malankari (India), per esempio.

Dimissioni

L'ultimo atto che rimane nella storia del pontificato di Benedetto XVI è senza dubbio la sua rinuncia, annunciata l'11 febbraio 2013 durante un Concistoro per alcune cause di canonizzazione come una "decisione di grande importanza per la vita della Chiesa".

Tra le motivazioni che lo hanno portato a questa decisione - presa in assoluta umiltà e in spirito di servizio alla Chiesa, anche in questo caso - c'è la consapevolezza che "per condurre la barca di San Pietro occorre anche vigore di corpo e di anima, vigore che, negli ultimi mesi, è diminuito in me a tal punto da dover riconoscere la mia incapacità di amministrare bene il ministero affidatomi".

Parole di una pulizia unica, offerte con il cuore in mano e con la libertà di chi non ha paura di riconoscere i propri limiti, pur essendo pronto a servire il Signore "non meno soffrendo e pregando".

Fedele alla sua parola, Benedetto XVI ha dedicato gli ultimi anni della sua vita a pregare per la Chiesa, nel "nascondiglio" del Monastero Mater Ecclesiae, con il cuore, con la riflessione e con tutta la sua forza interiore, come disse nel suo ultimo saluto ai fedeli dalla Loggia del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo il 28 febbraio di quasi dieci anni fa. Come un pellegrino "nell'ultima tappa del suo pellegrinaggio su questa terra", ormai giunto al suo compimento, veglia su di noi dal Cielo!

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Addio, Benedetto XVI

La Chiesa si congeda dal Papa emerito Benedetto XVI. La sua morte, avvenuta all'età di 95 anni, lascia una vasta eredità teologica e magisteriale senza la quale la Chiesa del XXI secolo non può essere compresa. Nella foto: durante la GMG di Madrid 2011.

Maria José Atienza-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

Joseph Ratzinger. Una vita spesa al servizio della Chiesa

Le sue doti intellettuali si sono sempre distinte: nei suoi diciotto anni di insegnamento universitario, nel suo breve periodo come arcivescovo di Monaco, nella Congregazione per la Dottrina della Fede e infine nel suo ministero come Papa.

Henry Carlier-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 10 minuti

La biografia di qualsiasi persona offre quasi sempre abbondanti indizi per decifrare il temperamento, la personalità e persino alcune delle principali decisioni prese dal biografo. Questo è anche il caso di Joseph Ratzinger - Benedetto XVI.

Ad esempio, una chiave biografica che aiuta a comprendere la stanchezza che lo ha portato a dimettersi non è solo l'età avanzata, ma soprattutto l'enorme logorio che ha subito a causa del suo intenso, dedicato e ininterrotto lavoro al servizio della Chiesa universale negli oltre trentuno anni trascorsi a Roma: prima come stretto collaboratore di San Giovanni Paolo II alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, dal 25 novembre 1981; e poi, quando il cardinale Ratzinger già pensava al suo meritato pensionamento, nei quasi otto anni di faticoso ministero come Vicario di Cristo.

Bambini e giovani

Joseph Ratzinger è nato nella cittadina bavarese di Marktl, sul fiume Inn, in un giorno di grande significato religioso: il Sabato Santo (16 aprile 1927). Il fatto che sia stato battezzato nello stesso giorno è indicativo della sua precocità spirituale e liturgica (la Veglia Pasquale è la cornice battesimale per eccellenza).

Tuttavia, trascorse l'infanzia e l'adolescenza a Traunstein, una piccola città quasi al confine con l'Austria, a trenta chilometri da Salisburgo. In questo ambiente "mozartiano", come lui stesso lo definì, fu educato umanamente, culturalmente e musicalmente sotto l'influenza cristiana della sua famiglia. Suo padre, commissario della gendarmeria, proveniva da un'antica famiglia di agricoltori della Bassa Baviera di modeste condizioni. Sua madre, figlia di artigiani di Rimsting, prima di sposarsi lavorava come cuoca in diversi alberghi. Joseph è il più giovane di tre fratelli. Maria, la figlia maggiore, è morta nel 1996, mentre Georg (89 anni), sacerdote e musicista, vive a Ratisbona.

L'educazione ricevuta gli permise di superare la dura esperienza del regime nazista, ostile alla Chiesa cattolica. Il giovane Joseph vide con i suoi occhi come i nazisti picchiavano un sacerdote che stava per celebrare la Messa. Paradossalmente, anche perché vide in suo padre il rifiuto cristiano del nazismo, quella complessa situazione storica finì per aiutarlo a scoprire la verità e la bellezza della fede.

Poco prima della fine della Seconda guerra mondiale - il giovane Ratzinger aveva allora 16 anni - fu costretto ad arruolarsi nei servizi ausiliari antiaerei. Questo episodio è stato duramente criticato in alcune biografie esageratamente critiche. È il caso di un primo schizzo biografico scritto dal vaticanista John Allen, per il quale la resistenza al nazismo fu difficile e rischiosa, ma non impossibile. Ma Joseph Ratzinger ebbe il coraggio di disertare in quelle circostanze, anche se rischiava di essere fucilato.   

Sacerdote e teologo

In ogni caso, non era l'attivismo politico l'inclinazione fondamentale del giovane Joseph Ratzinger, ma lo studio. Molto presto iniziò a dedicarsi e a eccellere in quello che sarebbe diventato il suo compito principale: l'insegnamento della teologia. Dal 1946 al 1951 ha studiato filosofia e teologia alla Scuola di Filosofia e Teologia di Frisinga e all'Università di Monaco. Insieme al fratello Georg, fu ordinato sacerdote il 29 giugno 1951. Questo era, come avrebbe detto in seguito, il giorno più importante della sua vita.

Un anno dopo, all'età di 25 anni, ha iniziato a insegnare all'Università di Scienze Applicate di Frisinga. Ben presto cominciò a farsi un nome come insegnante e ricercatore di scienze teologiche, in particolare nei campi dell'antropologia e dell'ecclesiologia.

Joseph Ratzinger

Nel 1953 ha conseguito il dottorato in teologia con una tesi: "Popolo e casa di Dio nella dottrina della Chiesa in Sant'Agostino". Quattro anni dopo, sotto la guida del professor Gottlieb Söhngen, ha ottenuto l'abilitazione all'insegnamento con una tesi su: "La teologia della storia di San Bonaventura".

Dopo aver insegnato teologia dogmatica e fondamentale alla Scuola di Filosofia e Teologia di Frisinga, ha proseguito la sua attività didattica a Bonn dal 1959 al 1963, a Monaco dal 1963 al 1966 e a Tubinga dal 1966 al 1969. In quest'ultimo anno divenne professore di dogmatica e storia del dogma all'Università di Ratisbona, dove ricoprì anche la carica di vicerettore.

Esperto del Consiglio

Dal 1962 al 1965 ha contribuito ai lavori del Concilio Vaticano II come "esperto". Ha partecipato al Concilio come teologo consulente del cardinale Joseph Frings, arcivescovo di Colonia. Benedetto XVI ha raccontato come sia arrivato a partecipare al Concilio per caso. Quando era professore all'Università di Bonn, il cardinale Joseph Frings gli chiese di preparare il testo di una conferenza che avrebbe dovuto tenere a Genova. Poco dopo, Giovanni XXIII chiamò a Roma il cardinale Frings. Quest'ultimo temeva il peggio. Tuttavia, il Papa lo abbracciò e gli disse: "Grazie, Eminenza; ha detto quello che avrei voluto dire ma non riuscivo a trovare le parole". Fu così che il cardinale Frings invitò il professor Ratzinger ad andare con lui al Concilio come suo assistente personale.

I contributi di Joseph Ratzinger ai documenti conciliari sulla liturgia e sulla Parola di Dio sono stati fondamentali. La sua intensa attività scientifica lo porterà in seguito a ricoprire importanti incarichi al servizio della Conferenza episcopale tedesca e della Commissione teologica internazionale.

Nel corso degli anni, grazie al suo prestigio come teologo e al suo lavoro alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede, Ratzinger ha ricevuto numerosi dottorati honoris causa: dal College of St. Thomas di St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall'Università Cattolica di Eichstätt (Germania) nel 1985; dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986; dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986; e dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986. È stato insignito del dottorato honoris causa dal College of St. Paul (Minnesota, USA) nel 1984; dall'Università Cattolica di Eichstätt (Germania) nel 1985; dall'Università Cattolica di Lima (Perù) nel 1986; dall'Università Cattolica di Lublino (Polonia) nel 1988; dall'Università di Navarra (Pamplona, Spagna) nel 1998; dalla Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) (Roma) nel 1999; dalla Facoltà di Teologia dell'Università di Wroclaw (Polonia) nel 2000.

Alcuni sostengono che Ratzinger abbia avuto una prima fase liberale come teologo, ma che alla fine degli anni Sessanta si sia allontanato dalle correnti teologiche meno sicure. Insieme a Hans Urs von Balthasar, Henri de Lubac e altri grandi teologi, ha fondato nel 1972 la rivista teologica "Communio.

Vescovo di Monaco e Cardinale

Il 25 marzo 1977, Paolo VI lo ha nominato arcivescovo di Monaco e Frisinga. Questa è stata la fine di un periodo di 18 anni come professore in alcune delle migliori università pubbliche tedesche.

Quando è stato ordinato vescovo il 28 maggio, è diventato il primo sacerdote diocesano in 80 anni ad assumere il governo pastorale della grande arcidiocesi bavarese. Come motto episcopale ha scelto "Cooperatore della verità".Questa è la chiave per interpretare il servizio di Ratzinger alla Chiesa nelle sue varie sfaccettature al servizio della verità. Ecco come l'ha spiegato lui stesso: "Da un lato, mi sembrava che esprimesse il rapporto tra il mio precedente compito di insegnante e la mia nuova missione. Anche se in modi diversi, la posta in gioco era e resta quella di seguire la verità, di essere al suo servizio. E d'altra parte, ho scelto questo motto perché nel mondo di oggi il tema della verità è quasi completamente messo a tacere; viene presentato come qualcosa di troppo grande per l'uomo eppure, se manca la verità, tutto si sgretola".

Nel concistoro del 27 giugno 1977, Papa Paolo VI creò il giovane arcivescovo di Monaco (allora 50enne) cardinale con il titolo di Nostra Signora della Consolazione al Tiburtino.

Nel 1978 Ratzinger partecipò al suo primo conclave: quello che elesse Giovanni Paolo I il 26 agosto. Nell'ottobre dello stesso anno partecipò anche al conclave che elesse Giovanni Paolo II.

In seguito sarebbe diventato relatore alla 5ª Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell'autunno del 1980 sul tema: "La missione della famiglia cristiana nel mondo contemporaneo", e presidente delegato della 6ª Assemblea Generale Ordinaria del 1983 su "Riconciliazione e penitenza nella missione della Chiesa".

Benedetto XVI
Papa Giovanni Paolo II con il cardinale Ratzinger all'aeroporto di Monaco di Baviera nel novembre 1980 ©CNS photo from KNA

Prefetto del Sant'Uffizio

La vita di Joseph Ratzinger prende una nuova e definitiva piega il 25 novembre 1981, quando Giovanni Paolo II lo chiama a Roma per metterlo a capo della Congregazione per la Dottrina della Fede, della Pontificia Commissione Biblica e della Commissione Teologica Internazionale. Vi ha lavorato, in perfetta sintonia con il Pontefice polacco, per oltre 23 anni.

Giovanni Paolo II non ha mai voluto fare a meno di questa testa teologica privilegiata. Il cardinale Ratzinger era diventato il suo principale e più fedele collaboratore, soprattutto quando si trattava di risolvere le questioni dottrinali più difficili, come, ad esempio, rispondere alle cosiddette teologie della liberazione o metterlo a capo della Commissione per la preparazione del Catechismo della Chiesa Cattolica.

Il 5 aprile 1993, Giovanni Paolo II ha elevato il Cardinale Ratzinger all'ordine dei Vescovi e il 30 novembre 2002 ha approvato la sua elezione a Decano del Collegio Cardinalizio, rendendolo così il supervisore dell'elezione del futuro Papa.

Scheda. Joseph Ratzinger durante una conferenza stampa nel giugno 2000 ©Foto CNS da Reuters

Dopo la morte di Giovanni Paolo II, avvenuta il 2 aprile 2005, Ratzinger si aspettava che al termine del conclave sarebbe terminato anche il suo servizio diretto alla Sede Apostolica. Tuttavia, lo Spirito Santo aveva altri piani per lui.

Il Papa teologo

Il pontificato di Benedetto XVI non aveva ancora compiuto otto anni. L'arrivo di Joseph Ratzinger alla Sede di Pietro ha indubbiamente coinciso con l'inizio di uno dei periodi più difficili per la Chiesa cattolica: il grave problema degli abusi sessuali da parte di chierici e religiosi, l'instabilità economica globale e il cambiamento del paradigma sociale hanno indubbiamente segnato la linea del pontificato e le sue sorprendenti dimissioni.

Come pastore, le catechesi del Papa bavarese costituiscono una notevole raccolta di formazione catechistica accessibile e precisa. I suoi commenti a figure come San Paolo e i Padri della Chiesa, o la scoperta di uomini e donne talvolta sconosciuti alla stragrande maggioranza dei fedeli, fanno di queste conferenze un tesoro di fede e formazione cristiana.

Una menzione speciale va fatta per la sua trilogia Gesù di Nazarethil cui primo volume è uscito nell'aprile 2007, il secondo nel marzo 2011 e il terzo nel novembre 2012, è stato un successo editoriale mondiale. In questi libri, il Papa disegna la figura di Cristo con grande profondità e una conoscenza approfondita della fede e della tradizione, mettendola in perfetto dialogo con l'uomo moderno.

Le sue encicliche "Deus Caritas est"Spe Salvi e "Caritas in veritate costituiscono la spina dorsale del Magistero papale di Joseph Ratzinger. A queste si aggiungono le numerose lettere e i messaggi privati che il Papa ha indirizzato ai diplomatici, ai giovani, ai movimenti ecclesiali e alle nuove comunità, alla Curia romana e ad altre entità in tutto il mondo.

Come Papa, Benedetto XVI ha affrontato i principali problemi della Chiesa. Tra i suoi sforzi più notevoli ci sono stati quelli di portare alla luce i casi di abusi sessuali all'interno della Chiesa, l'incontro con le vittime e la definizione di istruzioni per tutte le Conferenze episcopali affinché questi casi non si ripetano. Egli ha così proseguito il cammino iniziato dal suo predecessore per sradicare tali comportamenti all'interno della Chiesa e i cui sforzi continuano tuttora.

Sotto il suo pontificato è iniziata anche la riforma del sistema finanziario vaticano per allinearlo agli standard internazionali di trasparenza.

Papa Benedetto XVI si è distinto per il suo dialogo con le religioni non cristiane e per i suoi numerosi viaggi in tutto il mondo. Benedetto XVI ha fatto 24 viaggi apostoliciDalla sua prima visita a Colonia per la XX Giornata Mondiale della Gioventù nell'agosto 2005, al suo viaggio in Libano nel settembre 2012. Benedetto XVI ha visitato tutti i continenti, con tappe in Turchia, Brasile, Stati Uniti, Sydney, Camerun e Angola, Giordania, Benin, Messico e Cuba, oltre ad altri viaggi in Europa: Polonia, Spagna, Austria, Francia, Repubblica Ceca, Malta, Portogallo, Cipro, Regno Unito, Croazia e, naturalmente, la sua patria, la Germania.

Nel dicembre 2012, Benedetto XVI ha inaugurato, con il suo primo tweet, l'account @pontifex su questo social network. Attualmente, l'account ufficiale del Papa ha più di 53 milioni di follower ed è scritto in 9 lingue.

Il Papa invia il suo primo tweet il 12 dicembre 2012 ©CNS photo/L'Osservatore Romano via Reuters

L'ampiezza dei problemi interni ed esterni della Chiesa e la consapevolezza della sua fragile salute hanno portato Papa Benedetto XVI ad annunciare a sorpresa le sue dimissioni l'11 febbraio 2013, citando la "mancanza di forze". Non c'erano state dimissioni papali da quando Celestino V, stanco delle lotte intestine, si era dimesso dal timone della nave di Pietro nel 1294. Lo stesso Benedetto XVI aveva visitato la tomba di questo papa a L'Aquila. Le dimissioni papali hanno avuto effetto il 28 febbraio dello stesso anno.

Dopo l'elezione di Jorge Mario Bergoglio come successore alla guida della Chiesa cattolica, Joseph Ratzinger è diventato Papa emerito e si è insediato nel monastero Mater Ecclesiae in territorio vaticano.

Anni recenti

Da quando si è dimesso dal papato, Benedetto XVI è rimasto in disparte, senza molte apparizioni pubbliche o pubblicazioni. Nella maggior parte delle occasioni, le immagini di lui sono state rese disponibili grazie alle frequenti visite di Papa Francesco per congratularsi con lui in occasione di importanti feste cristiane o anniversari personali. Nell'aprile 2014 ha partecipato alle cerimonie di canonizzazione di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, e successivamente alla beatificazione di Paolo VI. Ha inoltre partecipato ad alcuni concistori pubblici di cardinali e ha aperto la Porta Santa nell'anno giubilare del 2015.

Nel 2016 ha pubblicato un libro-intervista scritto con il giornalista Peter Seewald, in cui fa un bilancio del suo pontificato e affronta temi come la sua giovane posizione sull'enciclica Humanae vitae, il suo rapporto con il teologo Hans Küng e altri argomenti della sua vita personale.

Benedetto XVI prega con il fratello Georg Ratzinger ©CNS photo/L'Osservatore Romano via Reuters

Nel giugno 2020 si recò per cinque giorni a Ratisbona per visitare il fratello gravemente malato, Georg Ratzinger, che morì pochi giorni dopo. Questo è stato l'unico viaggio del Papa emerito fuori dalla Città del Vaticano dopo le sue dimissioni. 

Nelle prime ore del mattino del 31 dicembre 2022, la Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato la morte del Papa emerito: "È con rammarico che annuncio che il Papa Emerito Benedetto XVI è deceduto oggi alle 9:34 presso il Monastero Mater Ecclesiae in Vaticano.", si legge nella nota.

L'autoreHenry Carlier

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Mondo

Diciotto missionari uccisi nel 2022

Nel 2022, 18 missionari in tutto il mondo sono morti in circostanze violente. Tra le vittime ci sono soprattutto sacerdoti e religiosi.

Paloma López Campos-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Secondo le informazioni fornite dal Agenzia FidesDiciotto missionari sono stati uccisi nel 2022. In totale, 12 sacerdoti, 3 suore, 1 religioso, 1 seminarista e 1 laico. Il maggior numero di vittime si trova in Africa, dove sono morti 7 sacerdoti e 2 religiosi. In particolare, gli omicidi sono avvenuti in Mozambico, Nigeria, Repubblica Democratica del Congo e Tanzania.

L'America Latina è il Paese con il maggior numero di vittime, con 4 sacerdoti, 1 religioso, 1 seminarista e 1 laico assassinati. I Paesi in cui sono avvenuti gli attacchi sono Messico, Honduras, Bolivia e Haiti. D'altra parte, in Asia, in particolare in Vietnam, un sacerdote è stato assassinato.

Uno dei progetti delle Pontificie Opere Missionarie (OMP / Flickr)

Anche se non si sa molto sulle circostanze delle morti, i rapporti e le notizie ottenute dall'Agenzia Fides mostrano che questi testimoni della fede non erano in missione straordinaria, ma svolgevano il loro lavoro pastorale quotidiano "in contesti particolarmente difficili, segnati da violenza, miseria, mancanza di giustizia e di rispetto per la vita umana".

Nel Rapporto completo L'agenzia offre una breve biografia delle vittime di quest'anno e un confronto degli omicidi nel corso degli anni. Il documento fornisce anche dati come il numero di missionari uccisi tra il 2001 e il 2022 (544 in totale) e le attività che i missionari stavano svolgendo al momento della loro morte.

Testimoni di Cristo

Il rapporto specifica che il termine ".missionario" non si applica esclusivamente ai missionari "ad gentes", ma include qualsiasi battezzato, poiché "in virtù del Battesimo ricevuto, ogni membro del Popolo di Dio diventa discepolo missionario". Ogni battezzato, qualunque sia la sua funzione nella Chiesa o la sua conoscenza della fede, è un soggetto attivo dell'evangelizzazione" (EG 120).

Oltre a questa considerazione fatta da Fides, la dichiarazione fatta dalla Papa Francesco durante il Giornata missionaria mondialeAi discepoli viene chiesto di vivere la loro vita personale in chiave di missione. Gesù li manda nel mondo non solo per compiere la missione, ma anche e soprattutto per vivere la missione loro affidata; non solo per testimoniare, ma anche e soprattutto per essere suoi testimoni... L'essenza della missione è testimoniare Cristo, cioè la sua vita, la sua passione, la sua morte e la sua risurrezione, per amore del Padre e dell'umanità".

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Cultura

Il passaggio

Una storia, o forse no, per questi giorni di Natale che ci ricorda che, anche sulla terra, riceviamo di più quando diamo.

Juan Ignacio Izquierdo Hübner-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Questo aneddoto è vecchio di anni, ma è reale; anche il nome del protagonista è autentico (ho il suo permesso). Si tratta di un evento breve e simbolico accaduto a un mio amico cileno, amico e compagno di studi alla Facoltà di Giurisprudenza.

Ricordo che era il periodo degli esami e che mancavano poche settimane a Natale. E con questo credo di aver dato un contesto sufficiente.

John è uscito di casa tardi per sostenere un esame orale con un professore notoriamente esigente. In abito scuro, cravatta blu e scarpe rigide, è corso alla stazione della metropolitana Pedro de Valdivia, ha sceso le scale a fatica, ha attraversato la folla, ha strisciato la carta attraverso il validatore e si è messo in fila. pip, pip, lNon aveva più equilibrio! Controlla frettolosamente il portafoglio: niente contanti. Cercò la carta di credito, ma si ricordò che i suoi genitori non avevano ancora depositato la sua paghetta. Uscì dalla fila con le mani sulla testa e il volto pallido, terrorizzato al pensiero che l'insegnante potesse bocciarlo per mancata frequenza; cosa fare?

All'improvviso, qualcuno gli batte sulla spalla. John si voltò e trovò la signora che di solito siede sul gradino più alto delle scale a chiedere l'elemosina. Lei sorrideva e aveva aperto la mano: per chiedergli qualcosa? No, al contrario: per offrirle una moneta da 500 pesos. "Per comprare il biglietto", ha detto. Il mio amico è rimasto molto sorpreso, ha cercato di resistere all'aiuto, hanno lottato un po': no, sì, no, sì; e tale è stata la sua angoscia che ha finito per accettare.

Il mio collega è arrivato all'esame in tempo e ha ottenuto un voto ragionevole. Il giorno dopo, quando scese alla stazione, notò la signora che lo aveva aiutato e le restituì la moneta - insieme a un cioccolatino, naturalmente - e chiacchierarono per un po'.

Dopo qualche settimana, la mendicante smise di apparire. Sono passati diversi anni da allora; ora John è un avvocato di prestigio e scende in metropolitana con abiti più eleganti e scarpe più comode di quelle che indossava per dare gli esami orali in Facoltà, ma sempre, prima di attraversare il tornello, si ferma un attimo per controllare se quella brava donna che un tempo lo aveva aiutato possa essere seduta da qualche parte in un angolo della stazione, a sorridergli.

Cultura

San Silvestre e la fine dell'anno

Papa San Silvestro non avrebbe mai immaginato che sarebbe stato lui a dare il suo nome all'ultimo giorno dell'anno solare in diversi Paesi del mondo. Questa data è un'ottima occasione per ricordare la figura di questo santo papa.

Stefan M. Dąbrowski-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: 2 minuti

Probabilmente al 33° vescovo di Roma non è mai passato per la testa che la sua persona sarebbe stata perpetuata nei secoli con sontuose celebrazioni in tutto il mondo. In molti paesi, il Capodanno è chiamato semplicemente il Silvestro. Paradossalmente, Sylvester era un sacerdote molto tranquillo. Il suo zelante servizio a Dio gli valse il rispetto universale e nel 314 fu eletto papa.

Ha ricoperto la carica per vent'anni. Il suo pontificato coincise con la promulgazione dell'Editto di Milano, che garantiva ai cristiani la libertà religiosa. Le fonti ci dicono che egli ordinò che il giorno del sole romano (muore solis) fu celebrata come giorno del Signore e Costantino il Grande dichiarò la domenica libera dal lavoro con un decreto del 321.

Egli eseguì la consacrazione solenne delle basiliche di San Pietro in Vaticano (326 d.C.) e di San Giovanni in Laterano (324 d.C.), entrambe costruite dall'imperatore, dando così inizio alla tradizione delle consacrazioni solenni di edifici simili.

In questo periodo, il vescovo di Roma non poteva essere paragonato per importanza ai vescovi delle Chiese orientali o alle eminenti personalità che esercitavano un'influenza decisiva su Costantino, l'imperatore protettore della Chiesa.

Durante il pontificato di Silvestro si svolse il Concilio di Nicea (325 d.C.), che sancì il Credo niceno. La limitata partecipazione del Papa a questo primo concilio ecumenico, forse a causa della sua lontananza dalla scena del conflitto o del suo rispetto per l'autonomia delle Chiese orientali, fu accolta con qualche critica.

Probabilmente perché l'episcopato di Silvestro giunse in un momento cruciale della storia della Chiesa, i suoi successori e la sempre più importante comunità cristiana di Roma non si accontentarono del ruolo secondario che egli svolgeva accanto al primo imperatore cristiano. In questo contesto, soprattutto quando gli imperatori non risiedevano più in città, emersero leggende che dipingevano un ritratto idealizzato di Silvestro.

Festeggiamenti di Capodanno

Nella maggior parte del mondo, il Capodanno è associato all'ultima notte dell'anno solare. Il modo in cui viene celebrata dipende dalla cultura locale, anche se la globalizzazione sta sempre più erodendo tutte le differenze e le usanze locali. Musica ad alto volume e fuochi d'artificio accompagnano spesso i festeggiamenti della notte. Probabilmente l'usanza più diffusa è quella di brindare a mezzanotte.

L'ultimo giorno dell'anno è una grande occasione per ricordare la figura di questo santo papa. È bene perpetuare questo riferimento nella mente dei nostri amici. Questo santo ogni anno può ricordarci le due basiliche papali, la celebrazione della domenica e la professione di fede nel Credo. Questo ci permette di prendere la giusta direzione per il nuovo anno.

L'autoreStefan M. Dąbrowski

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Attualità

Le 10 notizie Omnes più lette nel 2022

Il 2022 è stato un anno di crescita per Omnes e vorremmo dare il benvenuto al 2023 con uno sguardo alle migliori novità dell'anno che sta per concludersi.

Paloma López Campos-31 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto

Nel corso di quest'anno, Omnes vi ha portato notizie quotidiane da una prospettiva cattolica. Nell'ultimo giorno del 2022, ecco una selezione delle principali notizie pubblicate sul nostro sito web negli ultimi dodici mesi.

Una spiegazione del carisma e della gerarchia nella Prelatura dell'Opus Dei

A luglio abbiamo intervistato Enrique Rojas, che ha parlato dell'iperconnessione nella nostra società.

Una spiegazione dell'organizzazione interna della Chiesa

Quest'anno l'Opus Dei ha celebrato il suo 40° anniversario come Prelatura e noi diamo uno sguardo indietro alla sua storia e al suo carisma.

Luis Alberto Rosales, direttore del CARF, ha rilasciato un'intervista a Omnes lo scorso agosto.

Qualche mese fa, la Pontificia Facoltà Teologica di Bratislava ha conferito la laurea honoris causa a Fernando Ocáriz

Una sintesi di ciò che sta accadendo in Nicaragua

Joseph Weiler, vincitore del Premio Ratzinger di Teologia 2022, è stato il relatore dell'ultimo Forum Omnes.

Mariano Fazio è venuto a parlarci di libertà e amore in un'intervista sul suo libro Liberare l’amore attraverso i classici

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Zoom

Preghiere per Benedetto XVI

Il mondo sta pregando in questi giorni per il Papa emerito Benedetto XVI, la cui salute si è indebolita nelle ultime ore. Qui, Benedetto XVI saluta la folla al termine di un'udienza in Piazza San Pietro nel febbraio 2017.

Maria José Atienza-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: < 1 minuto
Cultura

"Siamo tutti veramente responsabili gli uni degli altri".

Trentacinque anni fa, il 30 dicembre 1987, veniva pubblicata l'enciclica Sollicitudo rei socialis di Giovanni Paolo II, nel ventesimo anniversario della Populorum Progressio di Paolo VI.

Antonino Piccione-30 dicembre 2022-Tempo di lettura: 12 minuti

Giovanni Paolo II ha reso omaggio all'enciclica Populorum Progressio del suo predecessore Paolo VI pubblicando - trentacinque anni fa, il 30 dicembre 1987 - l'enciclica sociale Sollecitudo Rei Socialis. È arrivata 20 anni dopo la pubblicazione dell'enciclica di Papa Montini rivolta agli uomini e alla società negli anni Sessanta.

Sollicitudo Rei Socialis conserva tutta la forza dell'appello di Paolo VI alle coscienze e fa riferimento al nuovo contesto storico-sociale degli anni Ottanta, nel tentativo di indicare i contorni del mondo di oggi, sempre con un occhio al motivo ispiratore, lo "sviluppo dei popoli", che è ancora lontano dall'essere raggiunto. "Propongo di estendere la loro eco, collegandola con possibili applicazioni all'attuale momento storico, non meno drammatico di quello di vent'anni fa", scrive Giovanni Paolo II.

Il tempo - come ben sappiamo - scorre sempre allo stesso ritmo; oggi, però, abbiamo l'impressione che sia soggetto a un movimento di continua accelerazione, dovuto soprattutto alla moltiplicazione e alla complessità dei fenomeni in mezzo ai quali viviamo. Di conseguenza, la configurazione del mondo negli ultimi vent'anni, pur mantenendo alcune costanti fondamentali, ha subito notevoli cambiamenti e presenta aspetti del tutto nuovi".

Con Sollicitudo rei socialis (di seguito SRS), viene offerta un'analisi del mondo odierno che tiene conto dell'intera verità sull'uomo: anima e corpo, essere comunitario e persona con valore in sé, creatura e figlio di Dio, peccatore e redento da Cristo, debole e rafforzato dalla forza dello Spirito.

L'enciclica pone l'accento sulla base etica dello sviluppo, sottolineando la necessità dell'impegno personale di tutti nei confronti dei fratelli e delle sorelle.

Questo sforzo per lo sviluppo di tutto l'uomo e di ogni uomo è l'unico modo per consolidare la pace e la felicità relativa in questo mondo. Secondo Enrique Colom (in AA.VV., Giovanni Paolo teologo. En el signo de las encíclicas, Mondadori, Milano 2003, pp. 128-141) "in un certo senso, l'insegnamento dell'enciclica potrebbe essere riassunto in un'unica frase piena di conseguenze pratiche: "siamo tutti veramente responsabili di tutti" (SRS 38)".

Come è noto, le encicliche del Papa, anche quelle del Magistero sociale, non sono documenti politici o sociologici, ma di natura teologica.

Una delle idee più enfatizzate nella SRS è proprio che la povertà, lo sviluppo, l'ecologia, la disoccupazione, la solidarietà, ecc. sono problemi etici più che tecnici, e la loro soluzione reale e duratura non si trova solo in un miglioramento strutturale, ma deve basarsi su un cambiamento etico, cioè sulla volontà di cambiare, magari, abitudini mentali e di vita che, se autentiche, influiranno sulle istituzioni.

L'uomo è una persona, non solo l'homo faber o l'oeconomicus. Pertanto, come insegnava la Populorum Progressio, il vero sviluppo è il passaggio, per ogni persona, da condizioni meno umane a condizioni più umane: "Più umane: l'ascesa dalla povertà al possesso dei beni di prima necessità, la vittoria sui mali sociali, l'espansione della conoscenza, l'acquisizione della cultura. Anche più umana: maggiore considerazione per la dignità degli altri, passaggio allo spirito di povertà, cooperazione per il bene comune, desiderio di pace. Ancora più umano: il riconoscimento da parte dell'uomo dei valori supremi e di Dio, che è la sua fonte e il suo fine. Più umana, infine e soprattutto: la fede, dono di Dio accolto dalla buona volontà dell'uomo, e l'unità nella carità di Cristo, che ci chiama tutti a partecipare come figli alla vita del Dio vivente, Padre di tutti gli uomini" (n. 21). Già Paolo VI, come poi farà Giovanni Paolo II, senza trascurare gli aspetti economico-sociali dello sviluppo, mostra la maggiore importanza della sfera spirituale e trascendente.

Certo, per realizzarsi la persona ha bisogno di "avere" cose, ma queste non bastano, occorre anche una crescita interiore: culturale, morale, spirituale. "L'"avere" di oggetti e beni non perfeziona di per sé il soggetto umano se non contribuisce alla maturazione e all'arricchimento del suo "essere", cioè alla realizzazione della vocazione umana in quanto tale" (SRS 28).

L'essenziale, quindi, è la piena realizzazione della persona, cioè "essere" di più, crescere in umanità senza trascurare nessuna virtù umana, e farlo in modo armonico, secondo un'autentica gerarchia di valori, secondo tutta la verità sull'uomo. Pertanto, il Papa non propone né pensa a un'antinomia tra "essere" e "avere", ma mette in guardia da un "avere" che ostacola l'"essere", proprio o altrui, e insegna che, se c'è incompatibilità, è preferibile "avere" meno che "essere" meno.

La caratteristica più importante della verità sull'uomo dipende dal fatto che è una creatura di Dio, elevata a suo figlio: da questa condizione gli uomini ricevono la loro consistenza, la loro verità, la loro bontà, il loro giusto ordine e la loro legge conveniente. Pertanto, la realizzazione dei disegni divini è l'unico impegno veramente "assoluto" della persona, che la orienta verso la sua pienezza integrale; gli altri impegni non sono annullati, ma devono essere subordinati ad esso.

Infatti, lo sviluppo umano - ci ricorda la SRS - "è possibile solo perché Dio Padre ha deciso fin dall'inizio di rendere l'uomo partecipe della sua gloria in Gesù Cristo risorto (...), e in Lui ha voluto vincere il peccato e metterlo al servizio del nostro maggior bene, che supera infinitamente quello che il progresso può raggiungere" (SRS 31). Al contrario, l'uomo può costruire la società e "organizzare la terra senza Dio, ma senza Dio può solo organizzarla in ultima analisi contro l'uomo". L'umanesimo escludente è un umanesimo disumano" (Populorum progressio, 42).

Anche nella sfera sociale ed economica si realizzano le parole di Gesù: "C'è più gioia nel dare che nel ricevere" (At 20,35). Inoltre, non bisogna dimenticare che Dio è il Signore di tutto l'universo, di ogni minuto, del più piccolo evento; pertanto, come insegna Giovanni Paolo II, la piena realizzazione dello sviluppo sarà innanzitutto il frutto della "fedeltà alla nostra vocazione di uomini e donne credenti". Perché dipende innanzitutto da Dio" (SRS 47).

Purtroppo, le dottrine utilitaristiche misurano il progresso esclusivamente in termini immanenti e terreni. Tuttavia, le evidenti contraddizioni osservate nel nostro mondo mettono ulteriormente in luce "la contraddizione intrinseca di uno sviluppo limitato al solo aspetto economico". Subordina facilmente la persona umana e i suoi bisogni più profondi alle esigenze della pianificazione economica o del profitto esclusivo (...). Quando gli individui e le comunità non vedono rigorosamente rispettate le esigenze morali, culturali e spirituali, basate sulla dignità della persona e sull'identità propria di ogni comunità, a partire dalla famiglia e dalle società religiose, tutto il resto - disponibilità di beni, abbondanza di risorse tecniche applicate alla vita quotidiana, un certo livello di benessere materiale - sarà insoddisfacente e, alla lunga, trascurabile" (SRS 33).

Lo sviluppo umano e il progresso economico vanno di pari passo, come ha ricordato Giovanni Paolo II: "Le origini morali della prosperità sono ben note nel corso della storia. Si trovano in una costellazione di virtù: operosità, competenza, ordine, onestà, iniziativa, sobrietà, parsimonia, spirito di servizio, fedeltà alle promesse, audacia: in breve, l'amore per il lavoro ben fatto. Nessun sistema o struttura sociale può risolvere magicamente il problema della povertà senza queste virtù; a lungo andare, sia i programmi che il funzionamento delle istituzioni riflettono queste abitudini dell'essere umano, che si acquisiscono essenzialmente nel processo educativo, dando vita a una vera e propria cultura del lavoro". Affinché lo sviluppo trascendente e quello terreno degli esseri umani vivano in armonia, è necessario che ciascuno svolga le proprie attività, comprese quelle socio-economiche, in modo tale da raggiungere il loro pieno significato umano, in accordo con il destino trascendente ultimo dell'uomo; e che le altre persone e la società siano consapevoli del valore e dei bisogni di ciascun essere umano e agiscano di conseguenza.

Una pietra miliare di questi bisogni umani è la necessità di condividere la produzione e il godimento dei beni umani, a tutti i livelli; ancor più oggi, quando l'interdipendenza è aumentata. Questo si ottiene proprio attraverso il principio e la virtù della solidarietà: uno dei temi più frequenti negli insegnamenti di Giovanni Paolo II.

Il Papa insiste tanto su di essa, da un lato, per la sua intima relazione con la carità - l'amore per Dio e per il prossimo - vertice della vita cristiana; dall'altro, perché nelle attuali condizioni di sviluppo tecnologico, le disuguaglianze socio-economiche sono il prodotto dell'egoismo, del non vedere nell'altro un fratello, un figlio dell'eterno Padre, una persona umana con la stessa dignità; in altre parole, sono il prodotto di un comportamento non solidale. Si tratta di due ragioni reciprocamente correlate: la prima è puramente religiosa, la seconda è sociale, ma con un fondamento trascendente. 

San Giovanni ci ricorda che "Dio è amore" (1 Gv 4,8.16), un amore che è costante donazione reciproca all'interno della Trinità. E poiché l'uomo è stato creato a immagine e somiglianza di Dio (Gen 1,26), bisogna anche dire che la sua verità più intima si trova nell'amore, nel dono di sé.

Questo è in perfetta sintonia con il "comandamento nuovo" di Gesù Cristo in cui sono contenuti tutta la legge e i profeti: la carità è la legge fondamentale della perfezione umana e quindi anche della trasformazione del mondo. Tuttavia, visti gli equivoci sulla nozione di amore, occorre sottolineare che il vero amore implica la gratuità (Gv 3,16; 15,13) e il servizio (1 Pt 2,16; Gal 5,13), e non tanto la ricerca del proprio bene (Mt 16,25); e abbraccia tutte le dimensioni della persona: nessuna caratteristica umana è fuori dalla carità e dall'amore.

La dimensione fraterna è così essenziale per la vita del cristiano (e di qualsiasi uomo) che non si può immaginare un orientamento verso Dio che dimentichi i legami che uniscono ogni persona ai suoi fratelli e sorelle. Alla luce di queste verità, ne consegue che la vita cristiana non può essere vissuta come se le persone fossero scollegate.

Al contrario, l'impegno per il progresso materiale e spirituale dell'intera società è parte integrante della vocazione con cui Dio chiama ogni persona: l'identificazione con l'amato che è propria dell'amore porta a mantenerlo presente in tutte le azioni, che vengono compiute come dono gratuito all'amato.

Ciò significa che l'amore di Dio richiede un impegno sociale e che questo impegno trova il suo solido fondamento in un'autentica vita d'amore: solo un amore in armonia con tutta la verità sull'uomo è in grado di plasmare una vita sociale degna della persona.

Questa realtà è confermata, in negativo, dalla nascita e dalla crescita della "questione sociale", proprio nel momento in cui il pensiero ideologico indicava nell'opposizione, nella lotta e persino nell'odio il motore della storia.

"Il mondo è malato", disse Paolo VI (Populorum Progressio, 66), e sembra che da allora la malattia si sia aggravata: Basti pensare ai campi profughi, agli esiliati, alle zone calde (guerra, guerriglia e terrorismo), alle discriminazioni razziali e religiose, alla mancanza di libertà politiche e sindacali, ai fenomeni di evasione come la droga e l'alcolismo, alle aree in cui sfruttamento e corruzione sono istituzionalizzati, ai luoghi di lavoro in cui si ha l'impressione di essere usati come mezzi e a quelli in cui l'umiliazione è diventata uno stile di vita, alle zone di carestia, siccità e malattie endemiche, alle campagne antinataliste spesso razziste, alla diffusione dell'aborto e dell'eutanasia, ecc. Il quadro mondiale odierno, compreso quello economico, invece di preoccuparsi di un vero sviluppo che porti tutti verso una vita "più umana" - come chiedeva l'enciclica Populorum Progressio - sembra destinato a portarci più rapidamente verso la morte" (SRS 24).

Ci troviamo così di fronte a un paradosso: le persone conoscono - in larga misura - i criteri del vero sviluppo, desiderano - in larga misura - fare il bene ed evitare il male, possiedono - in quantità sufficiente - i mezzi tecnici per farlo; eppure il mondo è ancora malato, forse più di prima. Il paradosso richiede quindi una spiegazione - molto più profonda dell'analisi socio-economica - che arrivi all'origine ultima dei mali del mondo; richiede un'analisi che affronti il nucleo più intimo del comportamento umano: un'analisi etica, che arrivi all'origine stessa delle strutture ingiuste, cioè che arrivi alla radice delle azioni immorali dell'uomo, ciò che il cristianesimo chiama peccato.

E le azioni immorali di una persona non sono altro che il peccato, con le sue conseguenze istituzionalizzate - le "strutture di peccato" - che, condizionando la condotta delle persone, diventano fonte di altri peccati: "La vera natura del male con cui ci confrontiamo nella questione dello "sviluppo dei popoli": è un male morale, frutto di molti peccati, che porta a "strutture di peccato"" (SRS 37). Certamente, "peccato" e "strutture di peccato" sono categorie che non vengono solitamente applicate alla situazione del mondo contemporaneo. Non è facile arrivare a una comprensione profonda della realtà così come si presenta ai nostri occhi senza nominare la radice dei mali che ci affliggono" (SRS 36). E "questi atteggiamenti e 'strutture di peccato' possono essere superati - supponendo l'aiuto della grazia divina - solo da un atteggiamento diametralmente opposto: l'impegno per il bene del prossimo con la disponibilità, in senso evangelico, a 'perdersi' per l'altro invece di sfruttarlo, e a 'servirlo' invece di opprimerlo per il proprio tornaconto (cfr. Mt 10,40-42; 20,25; Mc 10,42-45; Lc 22,25-27)" (SRS 38).

Chi non vuole riconoscere - e rimediare - a questa fonte morale dei mali sociali, non vuole nemmeno seriamente essere curato dal male; è quindi necessario esaminare i propri peccati, soprattutto - quando si parla di mali socio-economici - quelli che incidono più direttamente sulla vita sociale: orgoglio, odio, rabbia, avidità, invidia, ecc. senza rifugiarsi in una collettività anonima; e anche riconoscere le conseguenze deleterie di questi peccati nella vita personale, familiare, sociale e politica. "Diagnosticare il male in questo modo significa individuare con precisione, sul piano della condotta umana, il percorso da seguire per superarlo" (SRS 37). 

L'identificazione della radice del male incoraggia la ricerca delle soluzioni e dei mezzi più appropriati per sradicarlo. Essi, come l'ostacolo, saranno principalmente di natura morale, a livello personale (il peccato) e a livello istituzionale (le strutture di peccato): "Quando sono disponibili i mezzi scientifici e tecnici che, insieme alle necessarie e concrete decisioni politiche, devono finalmente contribuire a mettere i popoli sulla strada del vero sviluppo, gli ostacoli più grandi possono essere superati solo in virtù di determinazioni essenzialmente morali, che, per i credenti, specialmente per i cristiani, saranno ispirate dai principi della fede con l'aiuto della grazia divina" (SRS 35).

Non possiamo ingannarci: non andremo più lontano nella giustizia e nella carità sociale che nella giustizia e nella carità personale. L'atteggiamento morale di una comunità dipende dalla conversione personale dei cuori, dall'impegno nella preghiera, dalla grazia dei sacramenti e dallo sforzo nelle virtù dei suoi membri. Tuttavia, la priorità della conversione personale non elimina, al contrario, la necessità di un cambiamento strutturale.

In questo senso, il Papa richiama sia un'effettiva volontà politica sia una decisione essenzialmente morale (cfr. SRS 35; 38): la prima da sola potrebbe - fortuitamente - portare a qualche cambiamento, ma l'esperienza ne attesta l'inutilità e che spesso le ingiustizie causate sono maggiori di quelle corrette; la seconda senza la prima rimarrebbe sterile per la sua inautenticità: la vera conversione interiore non è quella che non porta a miglioramenti sociali.

La nozione di solidarietà riecheggia quindi il significato etimologico -participare in solidum-, che designa l'insieme dei legami che uniscono le persone e le spingono all'aiuto reciproco.
Dal punto di vista etico, viene chiamato in causa un modo di agire virtuoso e stabile, in funzione di un comportamento solidale, inteso come impegno concreto al servizio dei fratelli: "È innanzitutto una questione di interdipendenza, sentita come sistema di relazioni determinante nel mondo contemporaneo, nelle sue componenti economiche, culturali, politiche e religiose, e assunta come categoria morale. Quando si riconosce l'interdipendenza, la risposta correlativa, come atteggiamento morale e sociale, come "virtù", è la solidarietà" (SRS 38).

La solidarietà deve quindi essere vista come il fine e il criterio dell'organizzazione sociale e come uno dei principi fondamentali della dottrina sociale cristiana. Ma non come un buon auspicio moralistico, bensì come una forte esigenza della natura umana: le persone sono un essere per gli altri e possono svilupparsi solo in un'apertura oblativa agli altri.

Anche questo è sottolineato dal messaggio evangelico, come insegna la SRS: "La consapevolezza della comune paternità di Dio, della fratellanza di tutti gli uomini in Cristo, 'figli nel Figlio', della presenza e dell'azione vivificante dello Spirito Santo, darà alla nostra visione del mondo un nuovo criterio di interpretazione. Oltre ai già forti e stretti legami umani e naturali, si prospetta un nuovo modello di unità del genere umano alla luce della fede, che deve in definitiva ispirare la solidarietà. Questo modello supremo di unità, che riflette la vita intima di Dio, una in tre Persone, è ciò che noi cristiani designiamo con la parola "comunione"" (SRS 40).

Una comunione così forte che ci rende tutti veramente responsabili gli uni degli altri, perché ciò che facciamo agli altri lo facciamo a noi stessi, a maggior ragione a Gesù Cristo (Mt 25,40.45).

La solidarietà non va confusa con "un sentimento di vaga compassione o di superficiale simpatia per i mali di tante persone, vicine o lontane". Al contrario, è la determinazione ferma e perseverante di impegnarsi per il bene comune, cioè per il bene di tutti e di ciascuno" (SRS 38).

Tutto questo sforzo di solidarietà sociale acquista valore e forza in un atteggiamento di solidarietà personale; così l'enciclica: "L'esercizio della solidarietà all'interno di qualsiasi società è valido quando i suoi membri si riconoscono come persone" (SRS 39). Ciò implica il superamento della tendenza all'anonimato nei rapporti umani; la trasformazione della "solitudine" in "solidarietà", della "diffidenza" in "collaborazione"; la promozione della comprensione, della fiducia reciproca, dell'aiuto fraterno, dell'amicizia e della disponibilità a "perdere se stessi" per il bene dell'altro. Infatti, "alla luce della fede, la solidarietà tende a superarsi, ad assumere le dimensioni specificamente cristiane della gratuità totale, del perdono e della riconciliazione. 

Se questo atteggiamento sembra "ideale" e poco "realistico", non bisogna dimenticare che questo "ideale" è l'unico che permetterà di costruire una nuova società e un mondo migliore, che consentirà un autentico sviluppo degli individui e delle comunità, che permetterà di raggiungere una pace vera e duratura. 

La Sollicitudo rei socialis propone che tutti gli uomini, in particolare i cristiani, si assumano la responsabilità dello sviluppo integrale di tutti gli altri uomini. È un ideale arduo, che richiede uno sforzo costante, ma è confortato dalla grazia del Signore.

La Chiesa proclama la realtà di questo sviluppo, già all'opera nel mondo, ma non ancora consumato; e afferma anche, sulla base della promessa divina - volta a far sì che la storia presente non rimanga chiusa in se stessa, ma sia aperta al Regno di Dio - la possibilità di superare gli ostacoli che si frappongono alla crescita integrale delle persone; confida quindi nel raggiungimento di una vera - anche se parziale su questa terra - liberazione (cfr. SRS 26; 47).

D'altra parte, "la Chiesa ha anche fiducia nell'uomo, pur conoscendo il male di cui è capace, perché sa bene che - nonostante il peccato ereditario e il peccato che ciascuno può commettere - nella persona umana ci sono qualità ed energie sufficienti, c'è una 'bontà' fondamentale (cfr. Gen 1,31), perché è l'immagine del Creatore, posta sotto l'influsso redentivo di Cristo, "che si è unito in un certo modo a ogni essere umano" (cfr. Gaudium et spes, 22; Redemptor hominis, 8), e perché l'azione efficace dello Spirito Santo "riempie la terra" (Sap 1,7)" (SRS 47).

L'autoreAntonino Piccione