Vaticano

Il Papa a San Pietro incoraggia a "portare il Signore Gesù ovunque".

Nella Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, Papa Francesco ha incoraggiato tutti, e in particolare i nuovi arcivescovi che hanno ricevuto il pallio, a "portare il Signore Gesù ovunque, con umiltà e gioia", soprattutto dove si annida la povertà, e ad essere apostoli come Pietro e Paolo, che erano "persone vere".

Francisco Otamendi-29 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha presentato i santi Pietro e Paolo come "due apostoli innamorati del Signore, due pilastri della fede della Chiesa", e ha incoraggiato a "celebrare Pietro e Paolo vivendo la sequela e annunciando il Vangelo", nell'omelia della Messa e della benedizione del pallio per i nuovi arcivescovi, celebrata presso il Palazzo di Giustizia della Chiesa. Solennità dei Santi Pietro e Paolo nella Basilica di San Pietro.

"È bello se cresciamo come Chiesa del discepolato, come Chiesa umile che non dà mai per scontata la ricerca del Signore. È bello se diventiamo una Chiesa che esce, che non trova la sua gioia nelle cose del mondo, ma nell'annunciare il Vangelo al mondo, per seminare la domanda di Dio nel cuore delle persone", ha aggiunto.

Il pallio

"Portate il Signore Gesù ovunque", ha incoraggiato il Pontefice, "con umiltà e gioia: nella nostra città di Roma, nelle nostre famiglie, nelle relazioni e nei quartieri, nella società civile, nella Chiesa, nella politica, nel mondo intero, specialmente dove si trovano povertà, degrado ed emarginazione".

"E oggi, mentre alcuni dei nostri fratelli arcivescovi ricevono il pallio, segno della comunione con la Chiesa di Roma", ha proseguito il Papa, "vorrei dire loro: siate apostoli come Pietro e Paolo. Siate discepoli nel seguire e apostoli nell'annunciare, e portate la bellezza del Vangelo ovunque, insieme a tutto il popolo di Dio".

Patriarcato ecumenico

Il Papa ha rivolto "un affettuoso saluto alla Delegazione della Patriarcato ecumenicoinviato qui a nome del mio caro fratello Sua Santità Bartolomeo. Grazie per la vostra presenza, grazie: andiamo avanti insieme nella sequela e nell'annuncio della Parola, crescendo nella fraternità. Pietro e Paolo ci accompagnino e intercedano per tutti noi".

Prima della preghiera mariana a AngelusFrancesco ha sottolineato che "Pietro e Paolo Erano persone vere, e oggi più che mai abbiamo bisogno di persone vere". Poi ha pregato la Madonna: "Maria, Regina degli Apostoli, aiutaci a imitare la forza, la generosità e l'umiltà dei santi Pietro e Paolo".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Papato, unità e sinodalità

La festa dei Santi Pietro e Paolo mette in evidenza il compito e la missione del successore di Pietro. Il sacerdote e teologo Ramiro Pellitero presenta con chiarezza la figura del Papa nella Chiesa cattolica, il suo compito di unità al servizio della Chiesa universale, senza dimenticare il processo sinodale in cui la Chiesa è attualmente coinvolta.

Ramiro Pellitero-29 giugno 2023-Tempo di lettura: 8 minuti

La festa annuale dei Santi Pietro e Paolo offre l'opportunità di evidenziare alcune questioni fondamentali riguardanti la figura del Papa e il suo ministero di unità al servizio della Chiesa universale, tenendo conto del contesto attuale, in particolare del processo sinodale in corso. 

Per quanto riguarda le prime domande, queste e altre si possono trovare in modo sintetico in dizionari teologici e altri testi. In questa occasione, abbiamo trovato particolarmente utile il termine "Primato romano", scritto da D. Valentini, nella Dizionario di ecclesiologiadiretto da G. Calabrese e altri, e coordinato nella sua edizione spagnola da J. R. Villar, Madrid 2016.

Il primato di Pietro e la sua trasmissione

Il punto di partenza non può che essere il Nuovo Testamento. Due questioni spiccano: il primato di Pietro nel gruppo degli apostoli - come sottolineano sia i Vangeli sinottici che gli Atti degli Apostoli - e la sua trasmissione nel Vescovo di Roma. 

Pietro (ex Simone) è colui che confessa la divinità di Gesù. A Pietro viene promesso di essere la pietra di fondazione per l'unità e la solidità della Chiesa. A Pietro viene dato il potere di interpretare e trasmettere gli insegnamenti del Maestro, con un'autorità apostolica superiore, ma sempre in comunione con gli altri apostoli. È il primo "pescatore di uomini" e portavoce degli altri discepoli, cui spetta anche il compito di confermarli nella fede, sul fondamento vivo e garantito della preghiera di Gesù. È particolarmente presente nel Vangelo di Giovanni. Riceve il suo primato da Gesù (cfr. Gv 21, 15-17), sotto la categoria del pastore, in riferimento alla sua unione con il Signore, che gli impone di essere pronto al martirio. E tutto questo presuppone la "successione" del ministero primaziale di Pietro nella Chiesa.  

Altri libri del Nuovo Testamento testimoniano l'"esercizio" di questo ministero. Insomma, come scrive il biblista R. Fabris: Pietro "occupa una posizione di rilievo, riconosciuta e attestata da tutta la tradizione neotestamentaria. Pietro è il discepolo storico di Gesù, il testimone autorizzato della sua risurrezione e il garante dell'autenticità della tradizione cristiana". 

Per quanto riguarda la trasmissione Nel caso del primato di Pietro sui suoi successori, una serie di fattori concorrono ad affermarlo: una certa "direzione di senso" nei testi dei Vangeli che si riferiscono a Pietro nel contesto degli atteggiamenti di Gesù; una convinzione di fede, nella tradizione ecclesiale, sulla successione di Pietro, e non solo degli apostoli; la successione stessa come mezzo di tale tradizione; l'interpretazione della funzione di Pietro come rappresentante sia di Gesù che degli apostoli; la successione essenzialmente legata alla trasmissione delle parole di Cristo e quindi della fede, nonché dell'imposizione delle mani.

Il ministero petrino: comunione e giurisdizione

Come è stato interpretato il primato romano nel corso della storia della Chiesa? San Giovanni Paolo II ha scritto: "La Chiesa cattolica è consapevole di aver conservato, nella fedeltà alla tradizione apostolica e alla fede dei Padri, il ministero del successore di Pietro, che Dio ha costituito "principio e fondamento perpetuo e visibile dell'unità" (Lumen gentium, 23)" (Lettera al cardinale Ratzingerin "L'Osservatore Romano", esp., 13-XII-1996).

Nel primo millennio Vanno sottolineati i riferimenti dei Padri (San Clemente di Roma, Sant'Ignazio di Antiochia e Sant'Ireneo) alla confessione di Pietro (cfr. Mt 16,16), anche se è solo a partire dal IV secolo che viene elaborata una dottrina teologica sul ministero del successore di Pietro. A questo si aggiunge il prestigio dell'autorità della "prima sede" e alcuni interventi decisivi dei Papi, in varie forme, in occasione dei concili del tempo o di questioni sollevate dai vescovi o dalle comunità ecclesiali. 

Nel secondo millennio le modalità di intervento dei primati cambiarono. Tra l'XI e il XV secolo, il primato romano fu fortemente enfatizzato. Al Concilio di Costanza (XV secolo), l'enfasi fu posta sulla figura del concilio, con il rischio del conciliarismo. Da allora fino al Concilio Vaticano I (XIX secolo) si è voluta una sintesi armonica tra il ruolo del Papa e quello dei vescovi. Nel Vaticano I le circostanze portarono a definire il potere del Papa in categorie giuridiche. Il Concilio Vaticano II ha fatto un passo avanti in questa sintesi desiderata, approfondendo il rapporto tra il Papa e i vescovi nel quadro della comunione ecclesiale. Il ministero petrino è compreso all'interno e al servizio dell'episcopato e quindi al servizio dell'intera comunità ecclesiale, promuovendo al contempo l'impegno ecumenico.

Da allora è continuato l'approfondimento di quella comprensione sostanziale del primato romano, una comprensione immutabile e permanente, presente fin dai primi secoli. Ciò che è cambiato è la modalità dell'esercizio del primato del successore di Pietro, a seconda di numerosi fattori e circostanze. In ogni caso, l'essenziale rimane lo stesso, per cui tra il secondo e il primo millennio non c'è rottura, ma anzi novità nella continuità.Certamente, nel primo millennio, l'enfasi è stata posta sulla comunione ecclesiale, mentre la seconda enfatizza la giurisdizioneMa entrambe le dimensioni sono sempre presenti. 

L'infallibilità del Papa al servizio dell'unità 

La Costituzione dogmatica Pastor aeternus del Concilio Vaticano I (1869-1870) si concentrò sul ministero del "primato romano" o "primato apostolico". Voleva affrontare soprattutto il rischio del gallicanesimo. Sottolinea che lo scopo del ministero primaziale di Pietro è l'unità tra i vescovi, l'unità della fede e l'unità tra tutti i fedeli. Afferma che Pietro ha ricevuto da Cristo una vera e propria primato della giurisdizione (di obbedienza e non solo di onore) su tutta la Chiesa e che questo primato rimane ai successori di Pietro. Il potere di giurisdizione del primate è qualificato come supremo (non solo come un primum inter pares; e inappellabile), pieno (in tutte le materie), universale (in tutto il mondo), ordinario (non delegato), immediato (non necessita della mediazione di vescovi o governi) e "veramente episcopale" (non soppianta il vescovo locale). Non distingue tra potere di giurisdizione (insegnare e governare) e potere d'ordine (santificare). 

Per quanto riguarda l'infallibilità del Papa, il Concilio Vaticano I ha solennemente definito che il Papa è infallibile nelle sue dichiarazioni ex cathedracioè nelle sue dichiarazioni dogmatiche. L'infallibilità del Papa è qui intesa al servizio del suo ministero petrino, non in modo isolato, ma come capo del collegio episcopale e della comunità ecclesiale.

La fine affrettata del Concilio Vaticano I non ha permesso una configurazione armonica della dottrina dell'episcopato nel suo rapporto con il primato, cosa che avverrà dopo il Concilio Vaticano II nel quadro di un'ecclesiologia di comunione, dichiarando la dottrina della sacramentalità dell'episcopato e della collegialità episcopale.

Nel Concilio Vaticano II la dottrina sul primato romano si colloca in continuità con il Vaticano I, o meglio nella prospettiva di una novità nella continuità. Questa novità è dovuta principalmente al contesto ecclesiologico, più che ai concreti contributi dottrinali. Segnaliamo tre contributi principali relativi al primato del Papa:

Il Consiglio dichiara il sacramentalità dell'episcopato. Vale a dire che con il sacramento dell'Ordine sacro al vescovo viene conferita la triplice funzione di munus insegnare, santificare e governare, in comunione gerarchica con il capo e i membri del collegio episcopale. 

Insegna anche il significato di collegialità episcopaleIl collegio dei vescovi succede al collegio degli apostoli, sotto il capo che oggi è il Papa, successore di Pietro. L'unità tra il Papa e il collegio episcopale si manifesta solennemente nel Concilio Ecumenico.

Oltre al infallibilità delle dichiarazioni dogmatiche del Papa, la Concilio Vaticano II dichiara altri tre modi in cui la Chiesa partecipa alla infallibilità divino (l'unico assoluto). 1) Il Concilio ecumenico, in cui si esercita solennemente il magistero del Papa e dei vescovi. 2) Il magistero ordinario e universaleL'infallibilità, esercitata dal Papa e dai vescovi in comunione con lui, quando propongono una dottrina definitiva in materia di fede e di morale, anche se non sono riuniti in Concilio, ma dispersi nel mondo. 3) L'intero corpo dei fedeli in comunione con il papa e i vescovi in materia di fede e di morale gode dell'infallibilità (infallibilità in credendo) come manifestazione del "senso della fede".

Dopo il Concilio Vaticano IIIl Magistero ha spiegato che il primato del Papa e del collegio episcopale appartengono all'essenza di ogni Chiesa particolare "dall'interno" di se stessa (lettera Communionis notio1992, 14; cfr. Lumen gentium, 8).

Da quanto sopra esposto si evince che è necessario distinguere tra la suprema autorità pastorale, che il Papa ha, e gli aspetti e i modi di esercitarla. Questa autorità non può che essere unica. Vengono escluse due posizioni estreme: quella conciliarista-episcopalista, che definisce l'autorità dei vescovi riuniti in concilio al di sopra del Papa; quella considerata "papalista", secondo la quale solo il Papa (o il solo Papa) avrebbe la suprema autorità nella Chiesa, e i vescovi la riceverebbero da lui. 

Il rapporto tra il Papa e i vescovi oggi tende ad essere considerato nella prospettiva di un unico "soggetto" di suprema autorità nella Chiesa: il collegio dei vescovi con il suo capo; e due modi di esercitarlo: attraverso il Papa, come capo del collegio; attraverso il collegio dei vescovi in comunione con il suo capo. 

Per quanto riguarda la collegialità episcopale, oggi si parla di collegialità episcopale "effettiva" e "affettiva". Entrambe sono necessarie e devono essere realizzate in comunione con il ministero petrino e viceversa. Quella "effettiva" si manifesta nel Concilio ecumenico (in modo solenne e pienamente tecnico-giuridico) e nel magistero ordinario universale dei vescovi in comunione con il Sommo Pontefice. La collegialità "affettiva" si riferisce a realizzazioni parziali della collegialità, come il Sinodo dei Vescovi, il Curia Romani, consigli locali e conferenze episcopali.

Primato, unità e sinodalità

Passando al ministero del Papa nel momento attuale, e in continuità soprattutto con i pontificati a ridosso del Concilio Vaticano II, va notato che il papato si manifesta su un duplice piano che è anche una duplice sfida: da una parte la servizio all'unità della fede e della comunione per i cristiani (con modalità di esercizio e di spiegazione adeguate al contesto ecumenico); e allo stesso tempo, la loro innegabile autorità morale universale (su temi centrali come la dignità della persona e il servizio al bene comune e alla pace, l'attenzione effettiva ai più deboli e bisognosi, la difesa della vita e della famiglia, la cura della Terra come casa comune).   

Il presente Instrumentum laboris fa riferimento al primato del Papa in diverse occasioni, proprio in relazione alla sinodalità. 

In primo luogo, egli cita il Concilio Vaticano II e la sua visione della cattolicità della Chiesa, per esprimere che la sinodalità deve essere attuata "mentre rimane immutato il primato della cattedra di Pietro, che presiede l'assemblea universale della carità, protegge le legittime differenze e allo stesso tempo assicura che le differenze servano all'unità invece di danneggiarla" (Lumen gentium, 13). 

In secondo luogo, il primato compare in tre delle domande formulate come aiuto alla preghiera, alla riflessione e al discernimento sinodale.

Il primo è così formulato: "Come può il processo sinodale in corso contribuire a 'trovare un modo di esercitare il primato che, senza rinunciare in alcun modo all'essenziale della sua missione, sia aperto a una nuova situazione'" (la citazione è di San Giovanni Paolo II, Enc. Ut unum sint, 1995, n. 95, testo citato da Papa Francesco nell'esortazione ap. Evangelii gaudium,32 e in Const. Episcopalis communio, 10). 

Più avanti si chiede ancora: "Come dovrebbe evolvere il ruolo del vescovo di Roma e l'esercizio del primato in una Chiesa sinodale?

Si tratta poi di un'affermazione che deve essere sostanziata e spiegata, oltre che accompagnata, con le risorse adeguate (a livello spirituale, formativo, teologico e canonico), dalle condizioni perché possa contribuire efficacemente al bene di tutti:

"Il Sinodo 2021-2024 sta dimostrando chiaramente che il processo sinodale è il contesto più adatto per l'esercizio integrato del primato, della collegialità e della sinodalità come elementi inalienabili di una Chiesa in cui ogni soggetto svolge il suo ruolo peculiare nel miglior modo possibile e in sinergia con gli altri".

Infine, il primato riappare in una considerazione e in una domanda sul quadro generale della sinodalità: "Alla luce del rapporto dinamico e circolare tra sinodalità della Chiesa, collegialità episcopale e primato petrino, come perfezionare l'istituzione del Sinodo affinché diventi uno spazio certo e garantito per l'esercizio della sinodalità, assicurando la piena partecipazione di tutti - Popolo di Dio, Collegio episcopale e Vescovo di Roma - nel rispetto dei loro ruoli specifici? Come valutare l'esperimento di apertura partecipativa a un gruppo di "non vescovi" nella prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (ottobre 2023)"?

Vaticano

Il galateo cristiano per i discepoli digitali

Nel 2009, Papa Benedetto XVI ha parlato dell'importanza del galateo mediatico e ha consigliato ai media di promuovere "una cultura del rispetto, del dialogo e dell'amicizia".

Jennifer Elizabeth Terranova-29 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Il Dicastero per la Comunicazione ha recentemente pubblicato un documento intitolato ".Verso la piena presenza. Una riflessione pastorale sull'impegno con i social media"(Verso la piena presenza. Una riflessione pastorale sull'impegno nei social media), che offre consigli e indicazioni alla comunità religiosa per orientarsi nei social media.

Il documento è stato firmato dal suo prefetto laico Paolo Ruffini e dal suo segretario argentino monsignor Lucio A. Ruiz, che hanno incluso stralci di molti discorsi di Papa Francesco alle passate Giornate mondiali delle comunicazioni sociali.

Forse dovremmo cambiare il nome della canzone "Life is a Highway" in "Life is a Digital Highway", perché non si può tornare indietro: stiamo assistendo alla digitalizzazione della Chiesa.

Ma la domanda è: come possiamo, come individui e come comunità di fede, vivere nel mondo digitale come "vicini amorevoli" che sono genuinamente presenti e attenti gli uni agli altri nel nostro viaggio condiviso lungo queste "autostrade digitali". Sebbene siano stati fatti grandi passi avanti nell'era digitale, questo problema deve ancora essere affrontato.

Nuovo spazio digitale

Fin dalla loro comparsa, i social media hanno sperimentato le proprie difficoltà di crescita e molti fedeli cristiani sono alla ricerca di "guida e ispirazione" mentre la cultura digitale continua a influenzare le loro traiettorie individuali e collettive.

Le proposte sono tempestive, ma non sono intese come "linee guida precise" per la pastorale in questo spazio; l'obiettivo e la speranza è di "promuovere una cultura del vicinato" in uno spazio in cui le sfide sono inevitabili. La Chiesa riconosce che il mondo digitale è una parte significativa dell'identità e dello stile di vita della maggior parte delle persone, quindi "la questione non è più se impegnarsi o meno con il mondo digitale". La questione ora è come i seguaci di Cristo si comportano nel regno digitale e rimangono fedeli agli insegnamenti di Gesù e... non a Twitter.

Nel 2009, Papa Benedetto XVI ha parlato dell'importanza del galateo mediatico e ha consigliato ai media di promuovere "una cultura del rispetto, del dialogo e dell'amicizia". Allo stesso modo, Papa Francesco comprende che lo "spazio" digitale in cui siamo tutti immersi ha cambiato il modo in cui l'umanità riceve la conoscenza, "diffonde le informazioni e sviluppa le relazioni".

Inoltre, la Chiesa è pienamente consapevole che i media digitali sono, di fatto, uno strumento efficace e "potente per il suo ministero". Non c'è stata prova migliore che durante la pandemia di Covid-19, quando il mondo ha affrontato la sua peste moderna, ed è stato in quello spazio digitale che gli spaventati, i soli, i malati e i dolenti si sono riversati e hanno trovato rifugio e speranza.

La riflessione ha posto ai fedeli domande come la seguente: Quale tipo di umanità si riflette nella nostra presenza negli ambienti digitali? Quale parte delle nostre relazioni digitali è frutto di una comunicazione profonda e veritiera, e quale parte è semplicemente plasmata da opinioni indiscutibili e reazioni appassionate? Quale parte della nostra fede trova espressioni digitali vivaci e rinfrescanti? E chi è il mio "prossimo" nei social network?".

Un nuovo mondo

Nel testo si osserva anche che mentre alcuni sono nati in questa cultura digitale, altri, descritti come "immigrati digitali", si stanno ancora adattando. Che si tratti di un professionista del digitale o di un principiante, "online" e "offline" non fanno più parte del vocabolario del discepolo digitale, che afferma che "la nostra cultura è ormai una cultura digitale".

Dato che i social media giocano un ruolo decisivo nel plasmare i nostri valori, le nostre convinzioni, il nostro linguaggio e le nostre ipotesi sulla vita quotidiana, la riflessione suggerisce di essere consapevoli delle "insidie sull'autostrada digitale". Ad esempio, i social network possono essere pericolosi quando ci affidiamo ad essi per convalidarci e ci impegniamo in comportamenti incompatibili con i valori cristiani, quindi dobbiamo essere consapevoli dell'etica dei circoli digitali in cui ci riuniamo.

In questo "ecosistema, si chiede alle persone di fidarsi dell'autenticità delle dichiarazioni di missione delle aziende di social media", che sostengono di riunire le persone e di creare spazi sani in cui le idee vengono condivise.

Troppo spesso, però, le aziende sono più attente al "profitto". Inoltre, i social media hanno "trasformato gli utenti in consumatori... e gli individui sono sia consumatori che merci". Spesso molte persone "accettano a proprio rischio e pericolo termini di accordo" che raramente leggono o comprendono.

Il testo ci ricorda che dobbiamo essere consapevoli anche di altri pericoli, come "incoraggiare comportamenti estremi" in un ambiente che può essere terreno fertile per la violenza, l'abuso e la disinformazione. Sebbene il divario digitale sia reale e non possa essere ignorato, possiamo combattere e trovare soluzioni al "malcontento digitale".

Il buon samaritano online

La riflessione offre un buon consiglio: "Per umanizzare gli ambienti digitali, non dobbiamo dimenticare coloro che sono "rimasti indietro". Possiamo vedere cosa sta succedendo solo se guardiamo dalla prospettiva dell'uomo ferito nella parabola del Buon Samaritano. Come nella parabola, dove ci viene raccontato ciò che l'uomo ferito ha visto, la prospettiva dell'emarginato e del ferito digitale ci aiuta a comprendere meglio il mondo di oggi, sempre più complesso".

Ricorda inoltre ai cristiani di essere parte della soluzione, non del problema. Dovremmo chiederci: "Come possiamo creare esperienze online più sane in cui le persone possono impegnarsi in conversazioni e superare i disaccordi in uno spirito di ascolto reciproco?

Aggiunge che dobbiamo essere "ascoltatori intenzionali". Ricorda: "Il discepolo che ha incontrato lo sguardo misericordioso di Cristo ha sperimentato qualcosa di più. Sa che comunicare bene inizia con l'ascolto e la consapevolezza che un'altra persona è davanti a me. L'ascolto e la consapevolezza hanno lo scopo di favorire l'incontro e di superare gli ostacoli esistenti, compreso quello dell'indifferenza....".

Il documento è ricco di richiami al fatto che, come cristiani, dobbiamo incarnare le virtù di Cristo e prenderci cura del nostro "prossimo ferito", ed essere il cambiamento che speriamo di trovare. "E può darsi che dalla nostra presenza amorevole e genuina in queste sfere digitali della vita umana si apra una strada verso ciò che San Giovanni e San Paolo desideravano nelle loro lettere: l'incontro faccia a faccia di ogni persona ferita con il Corpo del Signore, la Chiesa, in modo che in un incontro personale, cuore a cuore, le loro e le nostre ferite possano essere guarite e "la nostra gioia sia completa" (2 Gv 12).

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Vangelo

Ricompensati al centuplo. Tredicesima domenica del Tempo Ordinario (A)

Joseph Evans commenta le letture della 13ª domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-29 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Tutto ciò che diamo a Dio è ampiamente ricompensato. Questo è il messaggio fondamentale delle letture della Messa di oggi. La prima lettura racconta di una donna importante di un luogo chiamato Shunem che "premeva" sul profeta Elia perché rimanesse con lei e suo marito. Come si scoprì Da allora, si fermava lì a mangiare ogni volta che passava di lì", ha raccontato.". La buona donna, percependo la santità del profeta, convinse allora il marito a fare un piccolo riparo per Elia con "un letto, un tavolo, una sedia e una lampada, in modo che quando viene possa ritirarsi". Ma questa coppia generosa non aveva figli. Allora Elia la chiamò e le disse che avrebbe concepito un figlio, e così fu l'anno successivo. Non solo, ma anni dopo, quando il figlio, ormai cresciuto, ebbe un'emorragia e morì, Elia lo resuscitò.

Che benedizione è contribuire alla Chiesa e ai suoi ministri! Sebbene non si debba mai abusare di questa fiducia e generosità (cosa che, in effetti, farà il servo di Elia, Gehazi, in un altro episodio - con grande dispiacere di Elia e incorrendo in una grande punizione per il suo peccato), Dio benedice riccamente la generosità di coloro che danno i propri beni per sostenere la missione della Chiesa. 

Come Gesù si rallegrò per la donna che gli versò sul capo un unguento costoso (cfr. Mt 26,13). Vediamo anche diverse donne che sostengono Gesù e i discepoli. "li ha serviti con i loro beni". (Lc 8,3). 

E nel Vangelo di oggi Gesù non solo loda, ma esige questa generosità. Non dobbiamo solo dargli il meglio, ma anche anteporlo a qualsiasi legame familiare o personale.. Chi ama suo padre o sua madre più di me non è degno di me; e chi ama suo figlio o sua figlia più di me non è degno di me".". Non si tratta di una richiesta irragionevole. Come Dio, Gesù ha diritto a tutto ciò che abbiamo e siamo: ce l'ha dato lui per primo. Ma lo chiede per noi, non per Lui. Solo se diamo tutto a Dio saremo felici. 

È sciocco preferire la creatura al Creatore. Quindi il discepolato può comportare una perdita, prendere la nostra croce per seguire Gesù, perdere la nostra vita per guadagnarla. Ma qualsiasi cosa diamo sarà ricompensata al centuplo (cfr. Mc 10,30). La donna di Shunem ricevette il dono della vita, un figlio, per essersi presa cura di un profeta. Dio promette la vita eterna a chi dona. Ogni piccolo dono viene preso in considerazione e ricompensato. Come ci dice Gesù: "Chiunque darà da bere a uno di questi piccoli, anche una tazza d'acqua fresca, solo perché è mio discepolo, in verità vi dico che non perderà la sua ricompensa". Dare ai ministri di Dio e ai poveri di Dio ci farà guadagnare "Tesori nel cielo (Mt 6,20).

Omelia sulle letture di domenica 13a domenica del Tempo Ordinario (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Mondo

Diminuzione del numero di cattolici in Germania

Più di mezzo milione di persone hanno lasciato la Chiesa cattolica in Germania nel 2022. Tuttavia, sulla scia della pandemia di COVID, è aumentata la somministrazione dei sacramenti, soprattutto del matrimonio.

José M. García Pelegrín-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel 2022, un numero record di 522.821 persone ha lasciato la Chiesa cattolica in Germania, dopo 359.338 nel 2021.

Questo numero senza precedenti è dovuto principalmente al fatto che una persona che lascia ufficialmente la Chiesa ("Kirchenaustritt") è esentata dal pagamento della cosiddetta tassa ecclesiastica ("Kirchensteuer"), che - a seconda del paese in cui si trova - può essere applicata anche a un'altra persona. terra L'importo dell'imposta in cui vive ammonta all'8-9 per cento dell'imposta sul reddito... e non viene sostituito da nessun'altra imposta. In altre parole, chi non ha un vero impegno nella Chiesa risparmia una quantità non trascurabile di tasse.

Non si sa, invece, se il fatto che il Cammino sinodale tedesco possono aver influenzato queste cifre. In ogni caso, questo processo di "riforma" ha creato disillusione in molte persone che vedono affrontate questioni che, in realtà, hanno poco a che fare con la loro vita di fede.

In contrasto con questi numeri enormi di ritiri, il numero di adulti ammessi per la prima volta nella Chiesa cattolica è di 1.447 nel 2002 (2021: 1.465) e il numero di coloro che si erano ritirati e vengono nuovamente accolti è di 3.753 (2021: 4.116).

I dati sopra riportati derivano dalle statistiche pubblicate mercoledì 28 giugno 2023 dal Conferenza episcopale tedesca e le 27 diocesi tedesche. I cattolici rappresentano oggi solo il 24,8% della popolazione totale (20.937.590 su 84,5 milioni). Anche il numero di membri della Chiesa protestante è diminuito, passando a 19,1 milioni nel 2022, pari al 22,60%.

Nel 2021, degli 83,2 milioni di abitanti totali, i cattolici rappresentavano il 25,96% (21,6 milioni), mentre i membri della Chiesa evangelica il 23,68% (19,7 milioni).

Con questi dati, il numero totale di cristiani in Germania è nuovamente diminuito da 41,30 milioni (49,36%) a 40,1 milioni (48,87%). Naturalmente, quando si confrontano le percentuali, si deve anche tenere conto del fatto che i migranti provenienti da religioni diverse dal cristianesimo giocano un ruolo importante nell'aumento della popolazione tedesca totale (da 83,2 milioni nel 2021 a 84,5 milioni nel 2022).

Aumento della ricezione dei sacramenti dopo la Covida

Passando ai dati relativi alla Chiesa cattolica, si registra un leggero aumento nella ricezione dei sacramenti, ora che la pandemia COVID è ufficialmente terminata: la frequenza alle messe domenicali si attesta al 5,7% (2021: 4,3%).

Se nel 2021 sono stati amministrati 141.992 battesimi, nel 2022 sono stati 155.173. 162.506 bambini hanno ricevuto la Prima Comunione (2021: 156.574) e 110.942 giovani hanno ricevuto la Cresima (2021: 125.818).

Si è registrato un aumento significativo del numero di matrimoni canonici: da 20.140 nel 2021 a 35.467 nel 2022. Per quanto riguarda le sepolture canoniche, le cifre sono rimaste praticamente invariate: 240.144 rispetto alle 240.040 dell'anno precedente.

Da anni le diocesi tedesche stanno concentrando le loro parrocchie, il che ha portato a una diminuzione del numero di parrocchie da 9.790 nel 2021 a 9.624 nel 2022. In Germania vivono 11.987 sacerdoti (2021: 12.280), di cui 6.069 lavorano nel ministero parrocchiale (2021: 6.215). Anche il numero di diaconi permanenti è diminuito, passando da 3.253 nel 2021 a 3.184 lo scorso anno. Il numero di ordinazioni sacerdotali nel 2022 è stato di 45 (33 sacerdoti diocesani e 12 religiosi), tre in meno rispetto al 2021.

Spagna

Caritas ha aiutato 2,8 milioni di persone nel 2022

Questa mattina, la Caritas ha pubblicato il suo Rapporto annuale 2022 nel corso di una conferenza stampa tenutasi presso la sede dell'istituzione a Madrid.

Loreto Rios-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Manuel Bretón, presidente di Cáritas, e Natalia Peiro, segretario generale, hanno partecipato alla conferenza stampa in cui sono stati presentati i dati del rapporto.

Il presidente della Caritas ha iniziato la sua presentazione ringraziando le migliaia di volontari che collaborano con la Caritas per aiutare i più bisognosi, nonché tutte le persone e le istituzioni che rendono possibile il suo lavoro. Ha inoltre sottolineato che il campagna Caritas "Tu c'entri molto" vuole sottolineare l'importanza della collaborazione di ciascuno nel migliorare le condizioni di vita degli altri.

Aumento della povertà

Natalia Peiro ha presentato i dati più rilevanti del Rapporto 2022, indicando che quest'anno è stato segnato dalla fine della pandemia e dall'inizio della guerra in Ucraina, oltre che dall'inflazione e dall'aumento del costo dell'energia. Ciò ha aumentato le condizioni di povertà delle famiglie più vulnerabili, dato che il prezzo dei prodotti alimentari di base è aumentato maggiormente.

"Viviamo in un'epoca di crisi accumulate. Dopo la pandemia causata dalla Covid-19, è arrivata la guerra in Ucraina, l'aumento della mobilità umana, l'evoluzione dei costi energetici e dell'inflazione... Questa situazione, sia a livello locale che globale, ha aumentato la povertà e la disuguaglianza", ha sottolineato il segretario generale.

Ha inoltre sottolineato l'importanza della distribuzione delle tessere del borsellino alimentare selezionate. Questo progetto, di cui hanno beneficiato 385.000 persone, consente alle famiglie di acquistare autonomamente i prodotti, contribuendo alla dignità delle persone che partecipano al programma.

La Caritas ha aiutato anche i disoccupati. Nel 2022, le persone in cerca di lavoro sono state 11,7 % in più rispetto al 2021. 1 persona su 5 ha trovato lavoro.

Aiuto all'alloggio

Per l'assistenza abitativa, la Caritas ha investito 54 milioni di euro (46 milioni di euro in affitti e 8 milioni di euro in bollette) e altri 46 milioni di euro in generi alimentari.

"A causa dell'aumento del costo della vita, le famiglie spendono una quota maggiore del loro budget per l'alloggio e altre spese essenziali. L'abitazione è diventata un pozzo senza fondo per i redditi delle famiglie. Dedicare più risorse di quelle raccomandate all'abitazione significa non essere in grado di coprire altri bisogni primari, come garantire un livello minimo di comfort termico o generare debiti a causa di mancati pagamenti", ha dichiarato Natalia Peiro.

Cooperazione internazionale

Al di fuori dei confini della Spagna, la Caritas ha risposto a emergenze come la guerra di UcrainaL'UE ha fornito assistenza agli sfollati, sia all'interno dei propri confini che nei Paesi limitrofi in cui sono stati costretti a spostarsi per trovare rifugio. Gli aiuti sono stati estesi anche ad altri importanti punti caldi, come il Mali, il Burkina Faso e l'intera area del Sahel, il Libano e il Bangladesh, tra gli altri.

L'investimento annuale di Caritas aumenta

In totale sono stati investiti 457,2 milioni di euro, 54 in più rispetto al 2021, e sono state aiutate più di 2,8 milioni di persone, di cui 1,5 milioni in Spagna e il resto all'estero.

Solo il 5,9 % delle entrate della Caritas è stato speso per i costi di gestione, una percentuale che è stata mantenuta negli ultimi 20 anni.

È stato evidenziato anche il sostegno delle amministrazioni pubbliche, con 152 951 184 milioni di euro, 24,2 % in più rispetto al 2021. Questo aumento è dovuto all'incremento dei fondi europei per la ripresa post-pandemia. Pertanto, nel 2022, 66 % dei finanziamenti Caritas sono stati privati e 33 % pubblici.

Inoltre, in questo periodo pre-elettorale, la Caritas ha inviato una serie di proposte a tutti i partiti politici dell'arco parlamentare, affinché introducano misure per migliorare le condizioni di vita delle persone più bisognose e vulnerabili.

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Vaticano

Francesco chiede un "patto educativo" esaltando Santa Maria MacKillop

Il Papa ha elogiato oggi la suora australiana Santa Mary MacKillop, fondatrice delle Suore di San Giuseppe del Sacro Cuore, che ha dedicato la sua vita alla formazione intellettuale e religiosa dei poveri dell'Australia rurale. Ha anche chiesto un "patto educativo" per unire famiglie e scuole e ha ricordato la festa dei Santi Pietro e Paolo.

Francisco Otamendi-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Dopo il ricovero al Policlinico Gemelli e la sua graduale guarigione, Papa Francesco ha puntato oggi lo sguardo sull'Oceania, e prima del periodo di riposo luglio, ha ripreso nel Pubblico generale il ciclo di catechesi sulla passione per l'evangelizzazione con la suora australiana Santa Mary MacKillop (1842-1909)

"Oggi andiamo in Oceania, un continente composto da tante isole, grandi e piccole. La fede in Cristo, che tanti emigranti europei hanno portato in queste terre, si è ben presto radicata e ha dato frutti abbondanti", ha esordito nella sua catechesi.

Il Santo Padre ha spiegato che la santa australiana Mary MacKillop si è concentrata sulla realizzazione di numerose opere di carità, "come la fondazione di scuole e case per i più bisognosi, in particolare nelle aree rurali dell'Australia". 

E ha portato come esempio "la loro testimonianza di vita", che si è basata "sulla fede e sulla fiducia nella Provvidenza di Dio", e sul fatto di "portare la croce con pazienza, che è parte integrante della missione", ha detto il Papa, sottolineando che "i santi hanno avuto opposizione anche all'interno della Chiesa".

In un'occasione, nella festa dell'Esaltazione della Croce, il Papa ha ricordato che "Maria disse a una delle sue sorelle: 'Figlia mia, da molti anni ho imparato ad amare la Croce'". 

Mary MacKillop è nata vicino a Melbourne da genitori emigrati in Australia dalla Scozia. "Da bambina si sentì chiamata da Dio a servirlo e a testimoniarlo non solo con le parole, ma soprattutto con una vita trasformata dalla presenza di Dio (Evangelii Gaudium, 259)", ha detto Francesco. 

"Come Maria Maddalena, che fu la prima a incontrare Gesù risorto e fu inviata da lui a portare l'annuncio ai discepoli, Maria era convinta di essere inviata anche lei a diffondere la Buona Novella e ad attirare gli altri all'incontro con il Dio vivente". 

Unire le famiglie, le scuole e la società

Il Pontefice ha sottolineato che "l'apostolato svolto da Maria MacKIllop, basato principalmente sull'accompagnamento delle persone nella loro crescita umana e spirituale, è ancora pienamente attuale, poiché vediamo la necessità di un patto educativo che unisca le famiglie, le scuole e l'intera società. Sappiamo che non è facile, anche la nostra santa ha dovuto affrontare diversi problemi e difficoltà.

"Fratelli e sorelle, il discepolato missionario di Santa Mary MacKillop", ha sottolineato il Papa, "la sua risposta creativa alle esigenze della Chiesa del suo tempo, il suo impegno per la formazione integrale dei giovani, ispirano tutti noi oggi, chiamati a essere lievito del Vangelo nelle nostre società in rapido cambiamento". 

"Chiediamo al Signore, per intercessione di Santa Maria MacKillop e di tutti i santi che si sono dedicati all'educazione, di sostenere il lavoro quotidiano di genitori e insegnanti, di catechisti e formatori, per il bene della gioventù e in vista di un futuro di pace e fraternità. Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vegli su di voi", ha proclamato il Santo Padre.

Nel suo benvenuto ai pellegrini di lingua inglese, il Papa ha menzionato in particolare quelli provenienti da Inghilterra, Australia, Palestina, Filippine, Canada e Stati Uniti d'America. "A tutti voi e alle vostre famiglie invoco la gioia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo, Dio vi benedica!

Santi Pietro e Paolo, intercessori per l'Ucraina

Nella sua catechesi in varie lingue, il Papa ha ricordato la festa del 29 giugno nella Chiesa. "Domani celebreremo la Solennità dei Santi Pietro e Paolo. Che l'esempio e la protezione di questi due apostoli possano sostenere ciascuno di noi nella sequela di Cristo", ha detto.  

"Alla sua intercessione affidiamo l'amato popolo di UcrainaSpero che presto ritrovi la pace. In Ucraina c'è tanta sofferenza. Non dimentichiamolo. A tutti la mia benedizione".

Domani, giovedì, il Papa presiederà la Santa Messa nella Basilica di San Pietro, con la benedizione del pallio per i nuovi arcivescovi metropoliti, tra cui alcuni provenienti dall'America Latina, come il nuovo arcivescovo di Buenos Aires (Argentina), Mons. Jorge García Cuerva.

Alla Messa parteciperanno i nuovi arcivescovi spagnoli. Alcuni di loro hanno potuto salutare il Santo Padre questa mattina, dopo la catechesi in Piazza San Pietro. Si tratta dell'arcivescovo Enrique Benavent di Valencia, dell'arcivescovo José María Gil Tamayo di Granada, dell'arcivescovo Francisco Jose Prieto di Santiago de Compostela, dell'arcivescovo Emilio Rocha OFM di Tangeri e dell'arcivescovo José Cobo, arcivescovo eletto di Madrid.

Nella sua catechesi, il Papa ha sottolineato, come si è visto, l'importanza dei più poveri e bisognosi nella Chiesa. "Non c'è santità senza questa attenzione, in un modo o nell'altro, ai poveri, ai bisognosi, a coloro che sono ai margini della società", ha detto.

L'autoreFrancisco Otamendi

Stati Uniti

L'eredità di san Josemaría Escrivá continua a vivere

Il 26 giugno la Chiesa ha celebrato la festa di San Josemaria Escriva, fondatore dell'Opus Dei. Il cardinale Dolan ha tenuto un'omelia in cui ha elogiato il santo nella Cattedrale di San Patrizio a New York.

Jennifer Elizabeth Terranova-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La festa di San Josemaría Escrivá è stata celebrata il 26 giugno presso l'Istituto di Cultura di Roma. Cattedrale di San Patrizio di New York e Sua Eminenza, il Cardinale Timothy Dolan, è stato il celebrante principale, che ha parlato della sua vita, della sua eredità e del suo impegno per il futuro. Opus Dei.

Uomo di preghiera, di riflessione e di grande gioia, san Josemaría Escrivá sentiva sempre il desiderio di fare di più, e lo fece. Credeva che tutti gli uomini potessero diventare santi vivendo una vita ordinaria nel mondo ordinario. Nella sua omelia, il cardinale Dolan ha citato alcuni dei molti motivi per esaltare i doni di San Josemaría.

Il cardinale Dolan ha iniziato la Messa esprimendo la sua gratitudine per l'Opus Dei, il suo carisma e la sua missione. Ha raccontato come, nell'arcidiocesi di New York, "ho conosciuto e amato la vocazione ispirata da san Josemaria Escriva". Ha definito il defunto santo come un "profeta precoce della chiamata universale alla santità". La sua eredità spirituale vive attraverso molti "cari uomini e donne dell'Opus Dei".

L'identità dell'Opus Dei nella vita quotidiana

Sua Eminenza ha offerto tre spunti di riflessione sulla sua missione e ha lodato l'enfasi dell'Opus Dei su ciò che è silenzioso, l'enfasi su ciò che è invisibile e la sua strategia di evangelizzazione.

"Voi, figli e figlie di San Josemaría, non indossate un abito religioso distintivo; non avete un'identità religiosa evidente nella vostra residenza; rispondete al telefono, non con una cortese [risposta] di un titolo, di un apostolato o di una parrocchia... ma di solito con un semplice ciao".

Inoltre, il cardinale Dolan ha elogiato l'Opus Dei per aver evitato qualsiasi affiliazione con "relazioni pubbliche scivolose e rumorose". Ha ricordato che Nostro Signore "ha preferito lasciare che la gente scoprisse chi era attraverso le sue azioni e conoscendolo meglio, e non diffondendolo su ....". Ha continuato: "Egli taceva sulla sua identità, e anche voi lo fate, e questo mi piace.

L'importanza dell'invisibile

Ha iniziato la seconda parte di quella che ha definito la "tripletta" elogiando l'attenzione dell'Opus Dei per ciò che è "invisibile". Ha paragonato San Josemaría e i suoi seguaci agli apostoli del Vangelo della sera. "Gli apostoli... non agiscono in base al verificabile... basavano le loro azioni sui comandi di Gesù, e così fate voi".

Il cardinale Dolan ha concluso la sua omelia evocando Madre Teresa e lodando la missione dell'Opus Dei e la sua capacità di evangelizzare "uno a uno, anima a anima". Quando qualcuno chiese a Madre Teresa come si potesse sradicare la povertà globale, lei rispose: "Non è la povertà globale che sto cercando di risolvere; è nutrire, vestire e amare questa persona povera che ho tra le braccia, nel canale di scolo, in questo momento".

Ha elogiato San Josemaría e ha detto che il santo e il carisma dell'Opus Dei condividono la saggezza di Gesù Cristo.

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Stati Uniti

Juneteenth: la seconda indipendenza degli USA

Il Juneteenth, il 19 giugno, è considerato il secondo Giorno dell'Indipendenza negli Stati Uniti, in quanto segna l'abolizione della schiavitù nel Paese.

Gonzalo Meza-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Nel XIX secolo, le lettere e le comunicazioni impiegavano settimane, mesi o addirittura anni per arrivare a destinazione. Questo processo era ulteriormente ritardato dall'assenza di infrastrutture come le strade o dalle guerre. Molte di queste notizie urgenti riguardavano la vita o la morte, la schiavitù o la libertà. Questo era il caso degli Stati Uniti. All'approssimarsi del terzo anno della guerra civile americana (1861-1865), il 1° gennaio 1863 il presidente Abraham Lincoln emise il Proclama di emancipazione, decretando che tutte le persone detenute come schiavi sarebbero state d'ora in poi libere. Il documento cambiò lo status giuridico di circa tre milioni e mezzo di schiavi che vivevano negli Stati Uniti. Ma molti di loro ne vennero a conoscenza solo due anni dopo.

Il 19 giugno 1865, le truppe dell'Unione arrivarono nella baia di Galveston, in Texas, con una buona notizia per gli schiavi, erano liberi: "Il popolo del Texas è informato che, in conformità con un Proclama dell'Esecutivo degli Stati Uniti, tutti gli schiavi sono liberi. Ciò implica un'assoluta uguaglianza di diritti e proprietà tra gli ex padroni". Da allora l'evento viene commemorato localmente il 19 giugno e chiamato "Juneteenth Independence Day". Alcuni la chiamano la seconda indipendenza del Paese. 

Dopo la fine della guerra civile americana, all'inizio dell'era della ricostruzione (1863-1877), il Juneteenth iniziò a essere celebrato localmente in Texas. La commemorazione era un evento solenne e celebrativo, durante il quale si pregava, si leggeva il testo del proclama di Lincoln e si cantavano inni della comunità afroamericana, tra cui il poema di James Weldon Johnson "Lift Every Voice", creato nel 1900, che sarebbe diventato noto come "Negro National Anthem".

Nel corso degli anni, queste celebrazioni del Juneteenth si arricchirono di altre attività, come i sermoni domenicali nelle chiese protestanti, le conferenze e le sfilate per le strade della città. Anche i viali si arricchirono di piatti afroamericani. Tuttavia, durante gli anni dell'era "Jim Crow" (leggi sulla segregazione razziale tra il 1876 e il 1965), la festa di Juneteenth venne emarginata, assumendo invece un tono commerciale. Solo nel 1979 il Texas l'ha adottata come festa di Stato e nel 2021 il presidente Joe Biden l'ha elevata a festa federale, rendendola, insieme ad altri giorni come l'Independence Day e il Memorial Day, un giorno festivo.

Contribuire al futuro

Per commemorare il Juneteenth, il 18 giugno 2023 il cardinale Wilton D. Gregory, arcivescovo di Washington DC, ha presieduto una Messa presso la Mount Calvary Parish di Forestville, nel Maryland. Nella sua omelia, il prelato ha affrontato il significato di Juneteenth per i cattolici afroamericani: "Le persone di colore negli Stati Uniti hanno una propensione a interpretare la Parola di Dio come direttamente collegata alla nostra situazione di vita. La storia dell'Esodo, quando gli Ebrei fuggirono dal Faraone, è forse l'analogia biblica più applicata nella nostra storia".

Monsignor Gregory ha sottolineato che la Proclamazione di Emancipazione ha impiegato più di due anni per raggiungere il Texas e "le sue implicazioni hanno richiesto un tempo considerevole per raggiungere le regioni più lontane della nazione", in parte perché "non tutti volevano che la libertà di coloro che erano precedentemente ridotti in schiavitù fosse conosciuta". Facendo un paragone, il cardinale ha osservato che "il Regno dei Cieli è la terra della pace perfetta e della libertà. Oggi, anche con tutti i mezzi di comunicazione, il messaggio del Regno non ha raggiunto tutti i cuori. Il Regno ci sta ancora aspettando. Siamo in cammino, nonostante gli ostacoli che dobbiamo affrontare", ha detto.

Le chiese protestanti e la Chiesa cattolica in generale furono il rifugio in cui migliaia di afroamericani, prima schiavi e poi segregati, trovarono un luogo di conforto, di convivenza e persino opportunità di istruzione e di lavoro. Molti ordini religiosi si dedicarono all'evangelizzazione e alla cura di questo settore emarginato e socialmente discriminato, tra cui i Missionari del Verbo Divino, le Suore Oblate della Divina Provvidenza, le Suore della Sacra Famiglia, i Padri della Società del Sacro Cuore di Gesù (Giuseppini), i Servi Francescani di Maria, tra gli altri. Da parte loro, la Chiesa Episcopale Metodista Africana e la American Baptist Home Mission Society hanno fondato collegi, università e seminari.

Queste istituzioni si moltiplicarono e presto superarono il numero di duecento. In questo modo, si stabilì una tradizione intellettuale nella società afroamericana. Un esempio è l'Istituto Teologico di Augusta, fondato ad Augusta, in Georgia, nel 1867. Fu fondato nel seminterrato di una chiesa battista della città. Questo è stato l'epitome della crescita accelerata di università e college dedicati all'istruzione degli afroamericani in vari rami della scienza, del lavoro sociale, della medicina e delle arti liberali. 

Rivisitare il passato

La schiavitù è stata definita come uno dei "peccati originali" della nazione. Purtroppo, molti hanno usato la fede per giustificarla. Juneteenth è anche un'opportunità per rivisitare il passato, come ha osservato l'arcivescovo di Baltimora William E. Lori in un messaggio per la festività: "158 anni dopo la Proclamazione di Emancipazione in Texas, il peccato della schiavitù influenza ancora il mondo in cui viviamo. Siamo chiamati da Dio a riconoscere le influenze dannose e a creare un cambiamento duraturo". 

Bibbia degli schiavi

Alcuni colonizzatori britannici e americani proprietari di schiavi utilizzarono una risorsa illecita, creata a Londra nel 1807. Si trattava della "Bibbia degli schiavi", una "bibbia" alterata per giustificare la schiavitù. Il documento ometteva intere sezioni della Le Sacre Scritture che potevano fomentare la ribellione (ad esempio Gal 3,28) e comprendeva parti che rafforzavano le idee colonizzatrici dell'Impero britannico (ad esempio Ef 6,5).

Secondo gli esperti, questo documento omette circa 90% dell'Antico Testamento e 50% del Nuovo Testamento. L'opuscolo è stato utilizzato negli Stati Uniti e nelle Indie Occidentali britanniche: Giamaica, Barbados, Antigua e alcune nazioni caraibiche. 

La Chiesa cattolica

Sebbene la Chiesa nascente negli Stati Uniti abbia combattuto la schiavitù creando istituzioni e centri educativi per servire questo settore, alcune diocesi sono state parte del peccato collettivo della schiavitù negli Stati Uniti. Nel 2018, i vescovi statunitensi hanno affrontato la questione in una lettera pastorale contro il razzismo: "Apri i nostri cuori. La chiamata incessante all'amore". Nel documento sottolineano che: Esaminare la nostra peccaminosità - individualmente, come comunità cristiana e come società - è una lezione di umiltà. Richiede di riconoscere le azioni e i pensieri peccaminosi e di chiedere perdono. Per nostra vergogna, molti leader religiosi americani, compresi alcuni vescovi cattolici, non si sono opposti formalmente alla schiavitù; alcuni hanno persino posseduto degli schiavi. Esprimiamo profondo rammarico e rimorso per loro".

Il fenomeno della schiavitù a livello istituzionale nella nascente Chiesa americana non era così esteso per diversi motivi: fino a prima della proclamazione dell'emancipazione c'erano 15 diocesi negli Stati Uniti (la prima era Baltimora), di cui 8 facevano parte del Nord (delle 13 colonie americane), una regione in cui la schiavitù non era accettata, e 7 del Sud. Inoltre, fino al 1848, gran parte dell'attuale territorio nel sud geografico e nella costa occidentale del Paese apparteneva alla Nuova Spagna (fino al 1810) e poi al Messico come nazione indipendente.

In questi territori vivevano da molti secoli popolazioni indigene, gli indiani, e il sistema di schiavitù non aveva le stesse caratteristiche del sistema europeo-americano di commercio degli africani. Allo stesso modo, la schiavitù degli indigeni non era permessa nella Nuova Spagna. Ciò non significa che questa regione fosse esente dal fenomeno. Anche negli Stati lungo la costa orientale del Golfo del Messico si praticava il commercio di persone portate dall'Africa. Allo stesso modo, alcuni gruppi indigeni della Mesoamerica, quando ne conquistavano altri, ne sottomettevano gli abitanti.

Nel caso della Chiesa negli Stati Uniti, una delle diocesi in cui si è verificato il fenomeno della schiavitù è stata Baltimora, nel Maryland, la prima diocesi della nazione. Per questo motivo, nel maggio 2023, l'arcidiocesi ha annunciato la creazione di una Commissione sulla schiavitù. In occasione del Juneteenth 2023, l'arcivescovo di Baltimora William E. Lori ha osservato: "158 anni dopo, il peccato della schiavitù influenza ancora molto il mondo in cui viviamo. Siamo chiamati da Dio a riconoscere queste influenze malvagie e a creare un cambiamento duraturo a beneficio di tutti". La Commissione sulla schiavitù supervisionerà uno studio storico che esaminerà in preghiera il legame dell'arcidiocesi con la schiavitù. Chiedo a ciascuno di noi di continuare a comprendere e ad affrontare i modi in cui il razzismo distrugge la dignità umana, distrugge l'unità della famiglia umana e rifiuta la Buona Novella di Nostro Signore Gesù Cristo. Insieme, come fratelli e sorelle in Cristo, possiamo lottare per una libertà vera e duratura, libertà dal potere del peccato che ci allontana da Dio e ci allontana gli uni dagli altri.

Inno nazionale nero

Conosciuto come inno nazionale negro, fu scritto da James Weldon Johnson nel 1900. Suo fratello, John Rosamond Johnson, compose la musica per il testo. Fa parte degli inni cantati durante le celebrazioni del Juneteenth e altre feste. È stato interpretato, tra gli altri, da Ray Charles e Aretha Franklin.

Alzate ogni voce e cantate
Fino a far risuonare la terra e il cielo,
risuonino le armonie della Libertà.
Che il nostro giubilo salga
alto come i cieli che si aprono,
che risuoni forte come il mare che rotola.
Cantiamo una canzone piena di fede che il passato oscuro ci ha insegnato,
Cantate un canto pieno di speranza che il presente ci ha portato;
Affrontando il sole nascente del nostro nuovo giorno iniziato,
marceremo fino a quando la vittoria sarà conquistata...
Dio dei nostri anni stanchi,
Dio delle nostre lacrime silenziose,
Tu che ci hai portato fin qui sul cammino;
Tu che con la tua forza ci hai
ci hai condotto alla luce,
tienici per sempre sul sentiero, ti preghiamo.
Che i nostri piedi non si allontanino dai luoghi, nostro Dio, dove ti abbiamo incontrato,
che i nostri cuori, ubriachi del vino del mondo, si dimentichino di Te;
All'ombra della Tua mano,
possiamo restare per sempre in piedi.   
Fedeli al nostro Dio,
Fedeli alla nostra terra natale.

La traduzione in inglese è la seguente:

Alziamo le voci e cantiamo
Fino a quando il cielo e la terra risuoneranno
Risuonino con armonie di libertà.
Che la nostra gioia si alzi in volo
Come i cieli in ascolto
Che risuoni alta come il mare che rotola.
Cantiamo una canzone piena della fede che il passato oscuro ci ha insegnato.
Cantiamo una canzone piena della speranza che il presente ci ha portato.
Davanti al sole nascente del nostro nuovo giorno che inizia.
Marceremo fino alla vittoria.
Dio dei nostri anni pesanti
Dio delle nostre lacrime silenziose
Tu, che ci hai portato fin qui sul cammino.
Tu, che con il tuo potere
ci conduci alla luce,
ti preghiamo di tenerci sempre in cammino.
Che i nostri piedi non si allontanino dai luoghi in cui ci incontriamo con Te, nostro Dio.
Che i nostri cuori, ubriachi del vino del mondo, si dimentichino di Te.
Che possiamo sempre rimanere
fedeli al nostro Dio
Fedeli alla nostra terra di nascita.
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Cultura

Leggere Jacques Maritain (1882-1973) a 50 anni dalla sua morte

Maritain non è solo un pensatore teorico, ma ha sviluppato un'analisi della società del suo tempo, evidenziando come una nuova cultura cristiana possa trasformare le strutture della vita sociale. La sua lettura continua a sfidarci oggi.

Jaime Nubiola-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Il 28 aprile scorso ricorreva il cinquantesimo anniversario della morte del filosofo francese Jacques Maritain, illustre rappresentante del pensiero cattolico del XX secolo. Ricordo il mio primo incontro con un suo libro, quando avevo solo 18 anni. Era il suo manuale di logica formaleL'ordine dei concettipubblicato a Buenos Aires dal Club de Lectores nel 1965. Mi colpì la sua chiarezza concettuale, l'ordine dell'esposizione e la conoscenza della storia della materia, che contrastava molto con gli altri manuali disponibili all'epoca.

Jacques Maritain nacque a Parigi nel 1882 da una famiglia protestante, sposò nel 1904 Raïssa Oumansoff, immigrata ebrea di origine russa, e fu battezzato con la moglie nella chiesa di San Giovanni Evangelista a Montmartre l'11 giugno 1906, con il controverso scrittore cattolico e convertito Léon Bloy (1846-1917) come padrino. 

Il pensiero di Maritain

Nel libro di Raïssa Il grande amicizie racconta con grande emozione l'incontro con Charles Péguy, Henri Bergson, Pierre e Cristina Van der Meer, figliocci, come loro, di Bloy. Fu proprio Raïssa a introdurre il marito Jacques allo studio del pensiero di San Tommaso d'Aquino.

Forse vale la pena aggiungere che Maritain non fu ben accolto nella Spagna del dopoguerra a causa della sua posizione sulla guerra civile spagnola (1936-1939). Maritain si opponeva a considerare la guerra civile come una "crociata", o addirittura a considerare le truppe comandate da Francisco Franco come degne di essere chiamate cattoliche a causa dei massacri di repubblicani.

Sotto la direzione di Hubert Borde e Bernard Hubert, un corposo volume di oltre 850 pagine è stato pubblicato lo scorso anno dalla casa editrice Téqui di Parigi con il titolo generale di Attualità di Jacques Maritain che raccoglie 24 preziosi contributi che approfondiscono vari aspetti della sua figura a mezzo secolo dalla morte. "Il pensiero di Maritainspiegano i curatori in questo volume- si inserisce in una costellazione facilmente identificabile, quella di un ritorno a San Tommaso inteso come tentativo di riappropriarsi dell'opera del Dottore Angelico e di mostrare come essa possa rispondere alle sfide del pensiero contemporaneo". Questa, a mio avviso, è la chiave dell'interesse di leggere Maritain oggi, perché è proprio il pensiero cattolico che ha bisogno di un forte rilancio per affrontare i pressanti problemi intellettuali e vitali che affliggono la nostra cultura. Maritain, pur essendo ancora, "soprattutto in Spagna, un famoso sconosciuto". - Nelle parole di Juan Manuel Burgos, può essere un punto di appoggio decisivo per ripensare il mondo di oggi nel quadro della fede cristiana.

Come è noto, Jacques Maritain partecipò alla stesura della Dichiarazione universale dei diritti umani delle Nazioni Unite del 1948. Maritain era a capo della delegazione ufficiale francese e, di fronte alle gravi divergenze sorte in seno alla commissione preparatoria, propose di mettere da parte le dispute teoriche e di adottare un approccio realistico e pratico che sostenesse la cooperazione tra gli esseri umani sulla base della loro natura comune. 

Questo approccio ha reso possibile la stesura e l'adozione della Dichiarazione Universale, che ha avuto una grande influenza. In effetti, il pensiero di Jacques Maritain è stato decisivo per la formazione dei partiti cristiano-democratici in molti Paesi, in particolare in Sud America: Argentina, Cile, Venezuela, ecc.

Umanesimo integrale

Ho chiesto a un esperto quale libro dell'ampia opera di Maritain avrebbe consigliato per commemorare il 50° anniversario della sua morte, e mi ha risposto senza esitazione Umanesimo integrale, pubblicato originariamente nel 1936 sia in francese che in spagnolo, che reca il significativo sottotitolo Problemi temporali e spirituali di un nuovo cristianesimo. Probabilmente - dice Burgos nell'edizione spagnola che ho letto, pubblicata da Palabra nel 2015 -. "È il suo capolavoro, o almeno il più conosciuto. [...] È un libro serio e profondo, con tesi molto definite e ben ponderate, ed è proprio questa forza intellettuale che ha suscitato importanti controversie che si sono protratte fino a tempi molto recenti". (p. 10).

Il lettore di oggi di Umanesimo integrale Di Maritain colpiscono innanzitutto la padronanza e la disinvoltura con cui si muove nella storia delle idee: come descrive bene il declino del cristianesimo medievale, la sua sostituzione con l'umanesimo rinascimentale e moderno fino alla crisi dei primi decenni del XX secolo in cui il cristianesimo - come accade a noi un secolo dopo - sembra essere in ritardo rispetto al progresso dei tempi. "Maritain -Burgos aggiunge (p. 10) ".voleva costruire un nuovo progetto di azione politica e sociale che rompesse definitivamente con il paradigma del cristianesimo medievale come modello di unione tra cristianesimo e società"..

Giovanni Paolo II ha citatoó Jacques Maritain nel Fides et ratio come uno di quei pensatori cristiani che potrebbero servirci da esempio: "Prestare attenzione al cammino spirituale di questi maestri aiuterà senza dubbio a progredire nella ricerca della verità e nell'applicazione dei risultati ottenuti al servizio dell'umanità".. E ha espresso la speranza che questa tradizione "trovare oggi e in futuro continuatori e coltivatori per il bene della Chiesa e dell'umanità". (n. 74). Rileggendo oggi il Umanesimo integrale Il libro di Maritain ci invita a ripensare l'azione dei cristiani nel mondo nell'anno 2023.

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Mondo

"La comunicazione Caritas è testimonianza".

La Confederazione Caritas Internationalis, con oltre 160 membri in quasi tutti i Paesi del mondo, è sempre presente quando si presenta una crisi.

Antonino Piccione-28 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Con il sostegno di piccoli gruppi di volontari ad alcuni dei più grandi enti di beneficenza del mondo e con l'ispirazione della fede cattolica, Caritas Internationalis (CI) è la mano della Chiesa che si rivolge ai poveri, ai vulnerabili e agli esclusi, indipendentemente dalla razza o dalla religione, per costruire un mondo basato sulla giustizia e sull'amore fraterno. Con sede a Roma, coordina le operazioni di emergenza, formula politiche di sviluppo e promuove un mondo migliore per tutti.

Dalla fondazione della prima Caritas in Germania nel 1897, alla creazione dell'IC nel 1951, fino ai giorni nostri, la Caritas ha una ricca storia di ascolto rispettoso delle sofferenze dei poveri e di fornitura degli strumenti per trasformare le loro vite.

I profondi principi morali e spirituali di dignità, giustizia, solidarietà e gestione continuano a guidare la Caritas anche oggi.

Marta Petrosillo, direttore di CI per la raccolta fondi, le relazioni pubbliche e la comunicazione, è intervenuta il 27 giugno a un incontro organizzato dall'Associazione Iscom presso la Pontificia Università della Santa Crocecon la partecipazione di alcuni direttori della comunicazione di istituzioni cattoliche.

"Costruiamo la solidarietà globale: parliamo come un'unica famiglia Caritas e siamo riconosciuti come una voce globale credibile e affidabile su questioni sociali, ecologiche, umanitarie e di sviluppo. Testimoniamo l'esperienza vissuta delle persone che vivono in povertà, che sono escluse, vulnerabili o in crisi, unendoci alle loro richieste di giustizia attraverso la nostra comunicazione. Rafforziamo le capacità di comunicazione a tutti i livelli della Confederazione attraverso l'apprendimento reciproco e l'accompagnamento. In uno spirito di solidarietà e cooperazione fraterna, mobilitiamo le risorse per realizzare la nostra missione collettiva".

Nel quadro delineato da Petrosillo, una serie di elementi giocano un ruolo chiave nella strategia di comunicazione dell'IC: in primo luogo, la costante cooperazione e il coordinamento con i colleghi che intervengono in caso di emergenza; la presenza del punto focale per la comunicazione nel team di supporto (ad es. Ucraina e nei Paesi limitrofi); aggiornamenti costanti, testimonianze, storie, interviste; organizzazione di conferenze e briefing per i media e altri stakeholder, video e foto.

Il nostro impegno - sottolinea Petrosillo - è anche quello di testimoniare le cosiddette crisi dimenticate, dando voce a chi non ne ha. La crisi nella Repubblica Democratica del Congo, la crisi in Sud Sudan. Due Paesi che vivono una grave crisi umanitaria da più di vent'anni, dimenticati dai media, ma che continuano a impegnare la Caritas e le Chiese locali, che non hanno mai smesso di prestare soccorso e alleviare le sofferenze delle popolazioni in difficoltà".

Il 27 gennaio, i responsabili di Caritas Congo, Boniface Ata Deagbo, e di Caritas Sud Sudan, Gabriel Yai Aropo, si sono incontrati in un punto d'incontro virtuale con la Confederazione delle organizzazioni cattoliche di soccorso, sviluppo e servizio sociale che operano in oltre 200 Paesi e territori del mondo.

Come si concretizza il lavoro dell'IC? "L'obiettivo è contrastare la povertà e, soprattutto, la grave insicurezza alimentare che continua a peggiorare, anche a causa della crisi ucraina che, a livello internazionale, ha avuto un forte impatto sull'insicurezza alimentare, soprattutto negli ultimi mesi", ha detto Petrosillo.

Un altro fronte in cui la Caritas è fortemente impegnata è quello dell'accoglienza e del sostegno ai rifugiati. Nel Paese ci sono più di 5 milioni di sfollati interni a causa del conflitto, provenienti soprattutto dalla parte orientale della RDC. Tra loro è stata evidenziata la presenza di bambini soldato. La Caritas cerca di fornire loro un riparo, cibo e beni di prima necessità. C'è anche un forte impegno per l'istruzione dei più giovani. 

Caritas Sud Sudan riunisce membri di diverse comunità e gruppi etnici e li coinvolge in attività congiunte di costruzione della pace.

Dal punto di vista della comunicazione, le opportunità offerte da un viaggio papale non possono essere perse e l'imperativo della tempestività non può essere evitato.

Oltre il viaggio apostolico del Papa Francesco nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan (31 gennaio - 5 febbraio), il responsabile della comunicazione dell'IC menziona la visita del Santo Padre in Kazakistan lo scorso settembre.

Alla vigilia, il direttore nazionale della Caritas Guido Trezzani, intervenendo a un incontro online per giornalisti organizzato da CI, ha detto: "L'attività della Caritas è uno strumento potente per uscire da quel piccolo recinto in cui rimaniamo rinchiusi e rispondere ai bisogni della gente", perché anche se Kazakistan è un Paese potenzialmente ricco di risorse, "la realtà della popolazione, soprattutto quella che vive nelle aree rurali, fuori dalle grandi città, è difficile". La Caritas è impegnata in diversi campi d'azione: istruzione, sanità, assistenza ai settori più vulnerabili della popolazione come gli anziani e le persone con disabilità.

Dal 2014 la Caritas ha avviato un progetto "pilota" per sostenere le famiglie con bambini affetti da sindrome di Down. Per rispondere alle esigenze di questi genitori, la Caritas ha aperto un Centro ad Almaty con una sede nell'area del Caspio e altri tre punti sono in fase di apertura. "C'è una domanda", ha detto padre Trezzani, "e una totale mancanza di specialisti.

Il lavoro della Caritas non mira solo ad aiutare le famiglie promuovendo l'integrazione scolastica e l'inserimento lavorativo, ma anche a realizzare iniziative di sensibilizzazione, a partire dalle cliniche dove spesso alle famiglie viene proposto l'aborto o l'abbandono in orfanotrofio perché la condizione della sindrome viene presentata come una "situazione senza speranza".

L'autoreAntonino Piccione

Vaticano

Il Papa è in vacanza?

Cosa fa Papa Francesco durante il mese di luglio? Anche il Santo Padre approfitta della stagione calda per riposare.

Paloma López Campos-27 giugno 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto

L'Ufficio stampa del Vaticano ha confermato martedì mattina che Papa Francesco ridurrà i suoi impegni a partire dal 1° luglio. Si potrebbe dire che il Pontefice si prende una vacanza.

Durante il mese di luglio il Papa non terrà altre udienze. Francesco non terrà la consueta udienza del mercoledì, ma non avrà nemmeno incontri speciali o straordinari. Il momento per vedere il Santo Padre in pubblico sarà l'Angelus domenicale, che continuerà a recitare dalla sua finestra.

Queste settimane di riposo servono a prepararsi per l'intenso programma della GMG a Lisbona nella prima settimana di agosto. Questo incontro con i giovani di tutto il mondo è il calcio d'inizio, dopo il quale Francesco riprenderà le udienze generali il 9 agosto, solo un paio di giorni dopo il Portogallo.

Nonostante la riduzione del suo programma, il Papa ha rinunciato alle vacanze formali per anni e quest'anno non sarà diverso. Continuerà a lavorare su documenti e altre questioni importanti in Vaticano. Si prevede infatti che nei prossimi mesi il Pontefice pubblicherà un documento sui divorziati nella Chiesa, una questione che è in discussione da tempo.

Francesco è solito approfittare di questo periodo di riposo per pregare, leggere e riposare. Sebbene non si allontani dalla sua residenza a Santa Marta, il Papa utilizza questi giorni con un programma più libero per visitare gli amici.

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Vaticano

Il cardinale Zuppi visita Mosca

Il Vaticano ha annunciato la prossima visita del cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna, nella capitale russa il 28-29 giugno.

Loreto Rios-27 giugno 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto

Secondo il breve comunicato emesso dalla Santa Sede, il 28 e 29 giugno 2023 "il Cardinale Matteo Maria Cardinale Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, accompagnato da un officiale della Segreteria di Stato, si recherà a Mosca come inviato di Papa Francesco".
Il comunicato prosegue indicando lo scopo della visita: "L'obiettivo principale dell'iniziativa è quello di incoraggiare gesti di umanità che possano contribuire a risolvere la tragica situazione attuale e a trovare il modo di raggiungere una pace giusta.

La visita di Zuppi in Ucraina all'inizio di giugno

Questa visita rientra nell'intenzione del Vaticano di contribuire alla cessazione della guerra iniziata dopo l'invasione dell'Ucraina da parte della Russia lo scorso anno.

In questo contesto, Zuppi ha già visitato Ucraina Ha incontrato personalità religiose e politiche, tra cui il presidente del Paese, Volodymir Zelensky.

Ha avuto anche l'opportunità di fermarsi a Bucha, la città dove è iniziato il conflitto e dove è avvenuto un massacro di civili.

Durante questa visita, ha incontrato anche Dmytro Lubinets, mediatore per i diritti umani, con il quale ha discusso il problema dei bambini ucraini nei territori occupati dalle truppe russe e la situazione dei prigionieri, sia militari che civili.

L'ultimo giorno, il porporato ha potuto anche avere un momento di preghiera nella cattedrale di KievSanta Sofia.

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Cultura

Verso la nascita dello Stato di Israele. Gli ebrei e la diaspora

Ferrara inizia, con questo articolo, una serie di quattro interessanti sintesi storico-culturali per comprendere la configurazione dello stato di Israele, la questione del Arabo-israeliano e la presenza del popolo ebraico nel mondo di oggi.

Gerardo Ferrara-27 giugno 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Israele. Palestina. Ha-Aretz (in ebraico: la Terra tout court, che è il modo in cui gli ebrei definiscono la Terra promessa da Dio, da Dan a nord fino a Bersabea a sud). Filastìn (arabo: Palestina). Yerushalayim (nome ebraico di Gerusalemme, che significa "collina della pace" e, per estensione, città della pace). Al-Quds (il Santo: nome arabo di Gerusalemme). In questo minuscolo fazzoletto di terra, le cose hanno spesso due o più nomi, e le definizioni dei luoghi di questa piccola regione a cavallo tra Africa e Asia sono enfatiche, danno un senso di assoluto, di divino, quasi come se qui convergessero tutte le visioni del mondo, tutte le aspettative, gli aneliti e i desideri di miliardi di persone nel corso della storia.

Prima di addentrarci nella questione arabo-israeliana, è quindi necessario chiarire a chi e a cosa ci riferiamo. Per essere ancora più precisi, dovremmo addirittura parlare prima di tutto di una Domanda ebraicache diventa Giudeo-ottomano e allo stesso tempo Giudeo-arabo o giudeo-palestinesee, infine, solo dal 1948, Arabo-israeliano o israelo-palestinese.

Ebrei o israeliani?

Partiamo da uno di quei presupposti che ogni orientalista alle prime armi dovrebbe conoscere. Così come si impara, durante le prime lezioni all'università, che non tutti gli arabi sono musulmani e non tutti i musulmani sono arabi, è necessario sottolineare che non tutti gli ebrei sono israeliani e non tutti gli israeliani sono ebrei.

Chi sono gli israeliani? Sono i cittadini dello Stato di Israele, un Paese dell'Asia occidentale di circa 9 milioni di abitanti, di cui circa 7 milioni sono ebrei, con una considerevole minoranza (circa 2 milioni) di arabi, in maggioranza musulmani sunniti, ma con una piccola minoranza di cristiani e drusi. Gli israeliani, quindi, sono sia ebrei che arabi (o palestinesi: sull'uso di quest'ultimo termine rimandiamo alle pagine seguenti) e sia ebrei che musulmani, drusi, cristiani, ecc.

Gli ebrei (termine che in italiano è sinonimo di "israeliti" piuttosto che di "israeliani"), invece, sono un gruppo etnico-religioso che conta tra i 17 e i 20 milioni di persone, la maggior parte delle quali (circa 10 milioni) risiede negli Stati Uniti; circa 7 milioni sono anche in Israele. Sono abbastanza numerosi anche in Francia (erano 700.000 all'inizio di questo secolo, ma il loro numero è in costante diminuzione), nel Regno Unito, in Russia e in altri Paesi. In Italia ci sono circa 45.000 ebrei.

Si definiscono un "gruppo etno-religioso", e non semplicemente aderenti a una religione, perché il concetto di etnia e di fede religiosa nell'ebraismo sono strettamente correlati. Prima del ShoahIl Vecchio Continente ospitava più della metà degli ebrei del mondo.

Ashkenazi e sefarditi

Gli ebrei, sia quelli che vivono in Israele sia quelli sparsi nel mondo, si dividono generalmente in due gruppi principali, in base a diversi fattori, che sono innanzitutto tutti gli aspetti culturali che li contraddistinguono, come la lingua, le tradizioni, gli usi e i costumi, nonché le vicissitudini storiche attraverso le quali sono passati e la situazione geografica della comunità a cui appartengono.

Questi due gruppi sono chiamati "ashkenaziti" e "sefardim" (da ashkenaz e sefarad, che in ebraico medievale significano rispettivamente Germania e Spagna).

In generale, i Sefardim sono quegli israeliti (Isaac Abravanel, ebreo e ministro delle Finanze del Regno fino all'espulsione, parla di 200.000-300.000) che rifiutarono di convertirsi al cristianesimo e furono espulsi dalla Spagna nel 1492, dopo la definitiva riconquista del Paese dai Mori da parte di Ferdinando, re d'Aragona, e Isabella, regina di Castiglia. Trovarono rifugio in Nord Africa, nell'Impero Ottomano, in Egitto e in Medio Oriente.

Oggi, tuttavia, sono definite sefardite anche le comunità ebraiche dello Yemen, dell'Iraq, della Palestina e di altri Paesi dell'Asia e dell'Africa, che poco o nulla hanno a che fare con i profughi espulsi nel XV secolo dalla penisola iberica. Questo perché, nel XVI secolo, uno studioso e mistico di origine andalusa, Yossef Caro (1488-1575), scrisse un codice, chiamato Shulhan Arukh, che raccoglieva tutte le tradizioni, i costumi, le regole di liceità e illiceità e i rituali delle comunità ispaniche.

In risposta, uno studioso ebreo polacco, Moshe Isserles, noto anche come Harema, commentò il codice di Caro, stabilendo che alcune delle regole in esso contenute non erano conformi alla tradizione ashkenazita. Si creò così la distinzione tra ashkenaziti e sefarditi (una differenza che va dai rituali, al cibo, al modo di relazionarsi con i non ebrei, alla lingua usata nella vita quotidiana, ecc.), che molti chiamano rispettivamente ebrei europei ed ebrei orientali.

Quanto appena detto è solo una generalizzazione delle tante e varie differenze tra gli ebrei di tutto il mondo, che, nonostante tutto, hanno sempre conservato le radici comuni, il culto e, soprattutto, l'anelito nostalgico del ritorno alla Terra Promessa, accompagnato dal dolore dell'esilio (queste ultime componenti sono onnipresenti nei gesti e nelle parole della vita quotidiana e delle celebrazioni più importanti).

Diaspora

La diaspora, cioè la dispersione degli israeliti (termine che è sinonimo di "ebreo" e non di "israelita") ai quattro angoli del globo, era già iniziata tra il 597 e il 587 a.C., con la cosiddetta "cattività babilonese", cioè la deportazione degli abitanti dei regni di Israele e Giuda in Assiria e a Babilonia, e con la distruzione del tempio costruito da Salomone, per mano del re Nabucodonosor.

Nel 538, con l'editto di Ciro, re dei Persiani, alcuni ebrei poterono ricostruire il tempio al loro ritorno in patria, anche se molti ebrei rimasero a Babilonia o andarono a vivere in altre regioni, un processo che continuò in epoca ellenistica e romana.

Fu Roma, tuttavia, a porre fine - per quasi duemila anni - alle aspirazioni nazionali e territoriali del popolo ebraico con le sanguinose tre Guerre giudaiche. La prima (66-73 d.C.), iniziata da una serie di rivolte della popolazione locale contro l'autorità romana, culminò con la distruzione di Gerusalemme e del Tempio, oltre che di altre città e roccaforti militari come Masada, e la morte, secondo lo storico dell'epoca Giuseppe Flavio, di oltre un milione di ebrei e 20.000 romani. La seconda (115-117) ebbe luogo nelle città romane della Diaspora e fece anch'essa migliaia di vittime. Nel terzo (132-135), noto anche come il Rivolta di Bar-KokhbaLa macchina da guerra romana travolse tutto ciò che incontrava, radendo al suolo circa 50 città (compreso ciò che restava di Gerusalemme) e 1.000 villaggi. Non solo i ribelli, ma quasi tutta la popolazione ebraica sopravvissuta alla prima guerra giudaica fu annientata (circa 600.000 morti), insieme all'idea stessa di una presenza ebraica nella regione, romanizzata persino nella sua topografia. Infatti, il nome Palestina, e più precisamente Siria Palæstinafu assegnata dall'imperatore Adriano all'antica provincia della Giudea nel 135 d.C., dopo la fine della Terza Guerra Giudaica (la Palestina vera e propria era, fino ad allora, una sottile striscia di terra, corrispondente all'incirca all'odierna Striscia di Gaza, su cui si trovava l'antica Pentapoli filistea).

Lo stesso imperatore fece ricostruire Gerusalemme come una città pagana, con il nome di Aelia CapitolinaIl popolo ebraico, ponendo templi di divinità greco-romane proprio sopra i luoghi santi ebraici e cristiani (ebrei e cristiani furono poi assimilati), impedì a qualsiasi ebreo di entrarvi, anche se, almeno durante i primi secoli dell'era cristiana, una minoranza ebraica sopravvisse nella campagna giudaica e soprattutto nelle città sante di Safed e Tiberiade in Galilea, Una minoranza ebraica sopravvisse nelle campagne della Giudea e soprattutto nelle città sante di Safed e Tiberiade in Galilea, tanto che nelle cronache dell'epoca appare che, durante la rivolta contro l'imperatore bizantino Eraclio nel 614, la minoranza israelita partecipò a massacri di cristiani (circa 90.90.000 morti) e alla distruzione di alcuni luoghi santi come la Santo SepolcroGovernò addirittura Gerusalemme per 15 anni, prima che venisse a sua volta quasi completamente massacrata e favorisse l'avanzata e la conquista delle truppe arabo-islamiche nel 637.

Ci si chiede, in ogni caso, perché non ci sia stata, prima del 1880, data che tradizionalmente segna l'inizio della questione arabo-israeliana - a questo punto sarebbe più corretto chiamarla ancora ebraico-palestinese - una massiccia immigrazione di ebrei nella regione, che nel frattempo era passata di mano in mano: romani, persiani, bizantini, arabi, crociati, turchi ottomani.

Certamente per ragioni economiche (le comunità ebraiche, già fortemente urbanizzate e dedite al commercio, si erano insediate stabilmente in molti importanti centri dell'Europa mediterranea, dell'Asia e dell'Africa e avevano intessuto una fitta rete commerciale), ma probabilmente anche religiose: il Talmud babilonese, infatti (trad. Ketubot, 111a), afferma che Dio avrebbe impedito agli israeliti di ribellarsi alle nazioni creando un proprio Stato; di immigrare in massa in Terra Santa; di affrettare l'arrivo del messia. Questi divieti sono alla base della dottrina rigidamente antisionista e anti-israeliana dei Neturei Karta (Guardiani della Città, un gruppo ebraico estremista che oggi vive principalmente in due quartieri di Gerusalemme, Me'ah She'arim e Ge'ula), un movimento ebraico ortodosso che rifiuta di riconoscere l'autorità e l'esistenza stessa dello Stato di Israele.

In ogni caso, alla fine del XIX secolo, la Palestina faceva parte della più grande provincia (vilayet) della Siria e la sua popolazione era quasi esclusivamente di lingua araba e islamica (sebbene vi fossero significative minoranze cristiane, soprattutto in città come Nazareth, Betlemme e la stessa Gerusalemme, dove i cristiani rappresentavano talvolta una maggioranza relativa). Gli ebrei erano solo 24.000, il 4,8% della popolazione.

In quanto sudditi ottomani, erano considerati (come i cristiani) cittadini di seconda classe, cioè non erano considerati cittadini ottomani, dhimmie sono stati soggetti al pagamento di una tassa di capitolazione, detta jizyaLa terra che possedevano e una tassa sulla terra che possedevano, kharàjfino al 1839, quando, in seguito all'Editto (Hatti sherif) di Gülhane seguito dall'Editto (Hatti) Hümayun (1856) e l'Islahat Fermani, il sultano Abdülmecit I concesse la piena uguaglianza giuridica con i musulmani a tutti i sudditi non islamici della Sublime Porta, nell'ambito della famosa TanzimatRiforme liberali di ispirazione europea.

Paradossalmente, i semi della questione arabo-israeliana stavano germogliando proprio quando, all'epoca delle rivoluzioni liberali e dell'apertura dei ghetti in Europa e in Medio Oriente, si discuteva della questione arabo-israeliana. Tanzimat Nell'Impero Ottomano continuarono a verificarsi violenti pogrom e atti ed episodi più sottili di antisemitismo, soprattutto in Europa e in Russia, ma anche in Siria e in altre parti del mondo occidentale e orientale.

Fu allora, nel contesto del nazionalismo europeo e anche come conseguenza della Haskalah, l'Illuminismo ebraico (che vide la rinascita della letteratura e della cultura ebraico-europea), che nacque e si sviluppò l'ideologia che costituisce la base dell'attuale Stato di Israele: il sionismo.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Mondo

Frammenti della mia amicizia con Papa Francesco

Il sacerdote Víctor Urrestarazu, vicario dell'Opus Dei in Paraguay, ha conosciuto da vicino Papa Francesco quando quest'ultimo era arcivescovo di Buenos Aires e Urrestarazu ricopriva la carica di vicario regionale dell'Opus Dei in Argentina, Paraguay e Bolivia. Alcuni ricordi del Papa che il 27 giugno celebra l'anniversario della sua consacrazione episcopale.

Víctor Urrestarazu-27 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

I miei primi tre anni come Vicario regionale del Opus Dei in Argentina, Paraguay e Bolivia si è svolto parallelamente agli ultimi tre anni del cardinale Bergoglio come arcivescovo di Buenos Aires. Questa circostanza mi ha permesso di incontrarlo in diverse occasioni e di stringere una preziosa amicizia che dura tuttora.

Avere a che fare con il Papa come un amico attraverso lettere, incontri personali e concelebrazioni eucaristiche mi ha permesso di testimoniare dal vivo e in diretta quello che considero un tratto distintivo della sua personalità: la semplice dimenticanza di sé. Inoltre, su questa base di umiltà, ho potuto percepire la sua toccante pietà, la sua preoccupazione per i sacerdoti e la sua evidente predilezione per i poveri e i vulnerabili.

Mi sono trovato per la prima volta con lui durante una messa nella Cattedrale di Buenos Aires. Lui presiedeva e io concelebravo. Era il 26 giugno 2010, festa del San Josemaría. Oltre ad essere a mio agio, circondato dall'affetto di tanti fedeli della Prelatura dell'Opus Dei, l'ho visto come una delle persone più importanti dell'Opus Dei. nascosto nel mistero: pio, raccolto, diffondendo la vibrazione della sua fede e l'impeto del suo fuoco apostolico a tutti i presenti.

Prima dell'inizio della celebrazione si interessò molto sinceramente a me e al lavoro che mi aspettava: ero appena arrivato a Buenos Aires. L'ho poi accompagnato ad altre due Messe per San Josemaría, nel 2011 e nel 2012, quando ho potuto ammirare ancora una volta il suo temperamento sacerdotale. Quel temperamento che, per così dire, è stato plasmato sacramentalmente in un giorno come oggi, il 27 giugno 1992, quando ha ricevuto l'ordinazione episcopale dalle mani del cardinale Antonio Quarracino.

Ho visto la sua pietà risplendere in tutte le Messe che ho concelebrato con lui: sia nell'intimità del suo oratorio a Santa Marta sia all'aperto, in Paraguay, circondato da un milione e mezzo di persone. Come se fosse isolato da ciò che lo circondava, lo vedevo sempre attento al Signore nell'Eucaristia.

Bere tereré

In quei tre anni a Buenos Aires, mi sono sentito sostenuto dalle sue virtù di buon pastore: sempre molto paterno, sempre molto vicino. Fino al 13 marzo 2013, quando lo abbiamo visto in Piazza San Pietro vestito di bianco.

Quel giorno ho vissuto quello che probabilmente hanno vissuto tutti gli argentini: emozione, stupore, felice sorpresa e il presentimento che nulla sarebbe stato più come prima, che forse non l'avrei più rivisto.

Ma mi sbagliavo: solo due anni dopo, nel marzo 2015, mi sono recato a Roma e l'ho incontrato al termine di un'udienza generale. Sapevo che nel luglio successivo avrebbe visitato il Paraguay. Per questo motivo, e perché sapevo anche che aveva un affetto particolare per quel Paese, ho avuto il coraggio di offrirgli "un tereré".

La foto del Papa che gusta questa tipica bevanda paraguaiana, a base di yerba mate e acqua quasi ghiacciata, si è diffusa rapidamente nei media paraguaiani: era il preludio di quello che sarebbe stato un viaggio indimenticabile, segnato dall'entusiasmo e dalle emozioni di un popolo che ama Francesco con ogni fibra della sua anima.

In tasca al Papa

Credo, senza timore di esagerare, che il modo affettuoso con cui il popolo paraguaiano ha accolto il Papa sia un esempio per tutto il mondo. E io, per grazia di Dio, ho avuto l'immensa fortuna di essere ricevuto da solo per qualche minuto durante quei giorni estenuanti. È stato sabato 11 luglio 2015 presso la Nunziatura.

Al termine del nostro colloquio, intimo e intenso, da figlio a padre, da sacerdote a sacerdote, da amico ad amico, da connazionale a connazionale, gli ho regalato una rara e piccolissima Via Crucis: con le sue stazioni scolpite in argento, è un'antica miniatura di proprietà di una famiglia paraguaiana che l'ha generosamente offerta al Papa con tutto il cuore.

Devo dire che gli ho regalato questa autentica opera d'arte con il fondato timore che la lasciasse in altre mani, come fa di solito con i tanti regali che riceve, ma anche questa volta mi sono sbagliata. In rapidissima successione, con il tesoro già in mano, il suo volto si è illuminato, lo ha subito messo in tasca e, visibilmente commosso, mi ha detto: "Questo lo tengo", aggiungendo che gli sarebbe stato molto utile rivederlo ogni giorno.

Da otto anni a questa parte, quel prezioso pezzo è nella tasca del Papa. Lo ha persino mostrato in incontri pubblici per spiegare che la Croce, l'apparente "fallimento di Dio", è in realtà la sua grande vittoria. "Con queste due cose non perdo la speranza", si è spinto a dire, ad esempio, in Kenya il 27 novembre 2015, mostrando alla folla un rosario e la Via Crucis paraguaiana.

Risposte scritte a mano

Nel 2020, nel bel mezzo della pandemia, gli scrissi la mia prima lettera. Volevo chiedergli un consiglio pastorale su come servire meglio le persone che dipendevano più direttamente dal mio lavoro di vicario regionale.

La sua breve risposta, scritta di suo pugno, non mancò di commuovermi. Mi incoraggiò ad avere pazienza, pazienza e ancora pazienza; a coltivare uno sguardo comprensivo e speranzoso verso ogni anima; e mi pregò di pregare per lui e per le sue intenzioni come lui avrebbe pregato per me e per le mie.

La nostra corrispondenza ammonta ora a venti lettere: la mia, digitale; quella di Francesco, scritta a mano. Le conservo come reliquie e finiscono tutte allo stesso modo, con la semplice richiesta di pregare per lui. Questo fatto di per sé è davvero impressionante e non riesco a capire perché: il Papa non è tenuto a rispondermi eppure non ha mancato di rispondere a una sola delle mie lettere. Ma ciò che mi sorprende di più è un altro particolare: la risposta arriva di solito il giorno stesso in cui gli scrivo, o il giorno dopo. Questo è straordinario e si può spiegare solo con la sua generosa dedizione.

Tra le ultime righe che gli scrissi nel marzo 2023, gli dissi che stavo per sottopormi a un intervento chirurgico alla colonna vertebrale. Come è ormai incredibilmente abituale, mi ha risposto il giorno stesso, assicurandomi che stava pregando per una mia rapida guarigione. Poi, un mese dopo, gli ho detto che stavo già meglio, in via di guarigione, e mi ha risposto di nuovo, con la stessa rapidità di sempre, aggiungendo il solito: "non dimenticare di pregare per me; io prego per te".

"Non inzuppatevi di chipa".

Nell'ottobre del 2021 gli scrissi per comunicargli un importante sviluppo: avrei lasciato Buenos Aires e sarei tornato ad Asunción per assumere l'incarico di Vicario dell'Opus Dei in Paraguay. Di fronte a questa nuova sfida, lo pregai di darmi qualche indicazione o suggerimento.

Mi scrisse, rallegrandosi del mio ritorno in questo paese che è così vicino al suo cuore sacerdotale e, a quanto pare, giudicò che non avevo bisogno di consigli perché si limitò a una battuta: "Non inzupparti di chipa!

Per chi non conosce la gastronomia paraguaiana, va spiegato che la chipa è un pane molto popolare a base di amido di manioca e, come il Papa sa bene, è quasi irresistibile. Quindi, tutto sommato, questo è un consiglio che nasconde più saggezza di quanto non appaia a prima vista.

"Come sei arrivato qui?"

A metà del 2021, a causa dei miei doveri pastorali, ho dovuto recarmi a Roma. E per grazia di Dio, il Papa mi ricevette nel suo ufficio. È stato molto affettuoso e la prima cosa che mi ha chiesto, più che incuriosito, è stata: "Come sei arrivato qui?

La domanda non era oziosa, perché in quei giorni di dilagante pandemia globale, attraversare l'Atlantico era un'impresa impossibile. Ci sono riuscito per una sorprendente e provvidenziale costellazione di fattori: direi per miracolo.

In quell'incontro accadde qualcosa di impensabile: dovetti annullarlo! Francesco, dimentico di se stesso, mi ha dedicato il suo tempo come se non avesse un programma, come se fossimo amici da una vita. Io, che evidentemente non merito un simile trattamento, ho sentito che non potevo approfittare ancora della gentilezza del Papa e dopo 45 minuti gli ho suggerito che era ora di andarmene.

Termino ora il racconto dei miei ricordi: ho ricevuto immeritatamente, come se non lo cercassi, il dono e il privilegio dell'amicizia con il Papa. E oggi, dalla mia umile posizione di sacerdote, nell'anniversario della sua ordinazione episcopale, decido di raddoppiare le mie preghiere per lui e per le sue intenzioni. Posso chiedere anche a te, caro lettore, di dire una preghiera per Francesco?

L'autoreVíctor Urrestarazu

Vicario dell'Opus Dei in Paraguay

Antigone e il crocevia delle scienze umane

C'è la convinzione più o meno esplicita che i progressi dell'intelligenza artificiale possano e debbano sostituire lo studio delle discipline umanistiche. Siamo quindi di fronte alla tragedia e al dovere morale di seppellire le discipline umanistiche?

26 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Prepariamo la scena. Ci troviamo nel cuore dell'antica città di Tebe, sotto un sole implacabile. Una giovane donna ribelle si oppone all'ordine del suo re e va alla ricerca del cadavere del fratello per seppellirlo. Il suo nome è Antigone, un faro di incrollabile convinzione morale all'incrocio tra il dovere personale e la legge dello Stato, il sacro e il profano. Suo fratello Polinice è stato ucciso nella lotta per il potere e il suo parente, il re Creonte, ha emesso un decreto per cui il suo corpo deve rimanere insepolto come monito per i traditori. Tuttavia, Antigone, mossa dall'amore e dalla legge divina, sfida il decreto e viene a seppellire il fratello, accettando le conseguenze fatali che ne derivano.

È una tragedia, letteralmente. Questa ossessionante narrazione della coscienza individuale che si ribella a regole ingiuste risuona attraverso i secoli. Arriva a noi in versioni, traduzioni e adattamenti. È un classico che ha toccato qualcosa nel cuore dell'uomo e che getta luce sul nostro cammino, mentre lottiamo con i nostri conflitti contemporanei.

Nel mondo di oggi, in rapida evoluzione e accelerato dalla tecnologia, noi, come Antigone, ci troviamo a un bivio in cui le nostre ricche tradizioni umanistiche sono minacciate dall'oblio, il loro valore non riconosciuto, come Polinice lasciato senza sepoltura sul campo di battaglia. Le scienze umane sono morte e spetta a noi seppellirle. O siamo di fronte a un nuovo Rinascimento?

Eliminare le materie umanistiche

Negli ultimi decenni abbiamo assistito alla tendenza a eliminare dall'istruzione (formale o informale) l'accesso alle discipline umanistiche e a un'enorme tradizione. Cosa sono queste tradizioni umanistiche? Sono la saggezza collettiva dell'umanità incapsulata nelle scienze umane - letteratura, cultura, lingua, filosofia - che rischiano di essere emarginate nella nostra corsa verso un futuro dominato dalla tecnologia. Il Re Creonte dei nostri tempi è la narrazione dominante che liquida le discipline umanistiche come impraticabili e irrilevanti in un'epoca sempre più plasmata dall'intelligenza artificiale e dalla scienza dei dati.

Una reazione comune è stata quella di "salvare" le scienze umane sostenendo che "la bellezza è inutile". Diamo per scontato che la filosofia, la letteratura e l'arte non siano in grado di aggiungere valore al bilancio, ma riteniamo che abbiano un valore proprio. Ma forse questo atteggiamento è stato la goccia che ha fatto traboccare il vaso, l'ultimo chiodo sulla bara della tradizione. Una "ancora di salvezza d'argento" che, pur adulando la bellezza delle scienze umane, le scarta per il mondo del reale. 

"La morte anela a riti uguali per tutti", lamentava Antigone alla sorella Ismene. Questa toccante affermazione risuona con la situazione delle scienze umane oggi, di fronte alla crescita dell'intelligenza siliconica.

C'è la convinzione, più o meno esplicita, che i progressi dell'intelligenza artificiale possano e debbano sostituire lo studio delle discipline umanistiche. Siamo quindi di fronte alla tragedia e al dovere morale di seppellire le discipline umanistiche? O siamo invece nel bel mezzo di un'avventura epica?

Intelligenza artificiale e latino

Consideriamo il latino, un tempo lingua ricca e vivace di un'intera civiltà (e di parti di altre). È stata ridotta a mera etimologia e rischia di essere dimenticata. Questa lotta rispecchia quella di Antigone contro il severo editto del re Creonte. Eppure lei rimane imperturbabile, sfidando Creonte e chiedendo: "Si può vivere come vivo io, con il male intorno a me, per pensare che la morte sia meno che un'amica?".

Per estendere questa analogia al nostro contesto moderno, ci troviamo di fronte al nostro Creonte culturale: il rifiuto delle discipline umanistiche di fronte al loro rapido progresso. intelligenza artificiale e tecnologia. La cultura dominante ci porta a contrapporre le scienze umane alla tecnologia. Ma così facendo, rischiamo di perdere l'essenza della nostra umanità, che è profondamente radicata nelle nostre lingue tradizionali e nella nostra saggezza culturale, in coalizione con la tecnologia. Non per niente la parola greca "techne" si traduce in latino con "ars". Nella visione umanistica, arte e tecnica sono la stessa cosa.

Le scienze umane pragmatiche

La sfida che abbiamo davanti è quella di trovare un'armonia, di rendere visibili i vantaggi di una coalizione tra scienze umane e tecnologia. Potremmo proporre una "Pragmatic Humanities", un concetto che trasforma le discipline umanistiche dall'essere percepite come semplicemente "belle ma inutili" ad essere proprio la risorsa che ci rende padroni del nostro futuro nel contesto dell'intelligenza artificiale.

Questo concetto non è solo una proposta teorica. La crescita degli studi umanistici nel XXI secolo è una realtà. Ci sono istituzioni nate di recente che stanno già beneficiando di questo crescente interesse per le discipline umanistiche: l'Istituto di Studi Umanistici di Milano. Istituto Polis a Gerusalemme, il Istituto Paideia a New York, il Caelvm a Madrid e il Progetto Latinitas a Oxford. Allo stesso tempo, la messa in pratica delle conoscenze umanistiche nel mondo dell'imprenditoria, della tecnologia e degli affari apre le porte a discipline umanistiche pratiche con un grande potenziale. 

Ad esempio, la conoscenza della linguistica e della letteratura è di grande aiuto per il branding e il naming nel marketing. Una comprensione più approfondita della sintassi e della struttura del latino può migliorare le capacità di codifica, aiutando i programmatori a generare risultati migliori. Dalla Poetica di Aristotele ai film e ai romanzi contemporanei, la tradizione della narrazione offre un bagaglio di conoscenze inestimabile per creare narrazioni avvincenti in qualsiasi mezzo, che si tratti di una campagna di marketing o di una sceneggiatura.

Allo stesso modo, la storia di Antigone, ricca di motivazioni umane e di profondità emotiva, fornisce spunti di riflessione sulla condizione umana che possono migliorare l'empatia, un'abilità fondamentale in ambiti diversi come la psicologia, la leadership e persino l'intelligenza artificiale. 

Con la crescita dell'intelligenza artificiale, abbiamo bisogno di potenziare l'intelligenza umana: le discipline umanistiche, nella loro versione più pragmatica. In questo modo dimostriamo che la saggezza codificata nelle nostre tradizioni umanistiche può offrire soluzioni pratiche ai problemi contemporanei.

Il rinascimento delle scienze umane

Ricordiamo la toccante dichiarazione di Antigone: "Sono nata per unire nell'amore, non nell'odio". Queste parole risuonano con la nostra missione di ricollegarci al nostro patrimonio intellettuale, di riaccendere il nostro "amore" per le scienze umane e di affermare la loro importanza nel mondo di oggi. Mentre la tragica storia di Antigone continua a riecheggiare nei secoli, lasciateci ispirare ad affermare il valore intrinseco delle scienze umane e ad abbracciare il rinascimento che ci attende.

Per concludere: 3 cose che possiamo fare quest'estate per aumentare il nostro livello di Umanesimo pratico:

  • Leggere un classico: l'opera di Antigone (Sofocle) può essere letto in 2 ore. La "Poetica" di Aristotele, che è la base della narrazione contemporanea, in meno tempo.
  • Iniziate a imparare il latino. Ci sono molti modi semplici per entrare in contatto con la lingua. Per esempio, leggere poco a poco il libro di Hans Orberg "Familia Romana" è un ottimo inizio.
  • Individuate il polo umanistico più vicino. Circondarsi di persone che promuovono le discipline umanistiche è essenziale; cercate intorno a voi persone con questi interessi: il mondo è piccolo.
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Vangelo

Il papato, roccia della Chiesa. Solennità di San Pietro e San Paolo

Il sacerdote Joseph Evans commenta le letture della Solennità dei Santi Pietro e Paolo.

Giuseppe Evans-26 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Pietro, per una speciale grazia di Dio, "comprese" lo status messianico e divino di Gesù.Perché questo non ve lo ha rivelato la carne e il sangue, ma il Padre mio che è nei cieli". Su questa base, Gesù fa di Pietro - e dei suoi successori, i Papi - la roccia della Chiesa, dando loro il potere di legare e sciogliere e promettendo che le loro decisioni saranno confermate in cielo. È come se Nostro Signore dicesse: "La speciale sensibilità che avete dimostrato nel riconoscermi come Messia e Figlio di Dio vi è concessa come parte della vostra missione, del vostro ruolo, come Papa"..

Discernimento e legame vanno insieme nel Papa. Grazie alla grazia speciale che riceve da Dio di discernere, può poi legare. Poiché vede così chiaramente, con la luce del cielo, è in grado di legare o sciogliere meglio. Penso a un artigiano che ha bisogno di una buona vista per annodare i fili di un oggetto che sta realizzando. Deve vedere bene per poterlo fare. Quando Pietro vede bene con la luce del cielo, il cielo conferma le sue decisioni.

È questo che celebriamo nella bella festa di oggi: l'assistenza speciale che Dio in Cristo ha promesso a Pietro, un'assistenza che durerà per tutta la storia. 

La Chiesa è un progetto troppo divino perché Dio possa permettere che un errore umano lo rovini. Certo, i Papi possono essere fallibili nella loro vita o addirittura commettere errori di valutazione. Subito dopo questo episodio, Pietro cerca di impedire a Gesù di vivere la sua Passione e in seguito rinnega vigliaccamente il suo Signore per tre volte. Pietro, in quanto uomo, può essere più "uomo" che "uomo".skandalon"una pietra d'inciampo, piuttosto che una roccia. Ma il papato è sempre una roccia e le porte dell'inferno non prevarranno contro di esso.

I Papi hanno bisogno delle nostre preghiere, come vediamo nella prima lettura di oggi. Tutta la Chiesa prega per la liberazione di Pietro, dopo che Erode lo ha fatto arrestare per l'esecuzione. Pietro, che lega e scioglie, era legato, ma è stato sciolto dalla preghiera unita della Chiesa. In modo misterioso, sosteniamo il Papa nel suo ufficio, lo aiutiamo a legare e a sciogliere. Ma non dimentichiamo San Paolo. Esiste una forte tradizione di unità tra questi due grandi apostoli. Sebbene in un'occasione Paolo abbia giustamente corretto Pietro (cfr. Gal 2, 11-14), quest'ultimo l'ha presa bene e in seguito si riferirà a Paolo come a "il nostro caro fratello (2 Pt 3, 15). L'arte cristiana ha spesso raffigurato l'"abbraccio" tra i due, e questa festa comune è un ulteriore segno della loro unità. Anche la seconda lettura di oggi mostra Paolo "legato": imprigionato e in catene, prevede la sua morte imminente. Ma è consapevole della protezione di Dio: Ma il Signore mi è stato vicino e mi ha dato forza perché attraverso di me il messaggio fosse pienamente proclamato... Il Signore mi libererà da ogni opera malvagia".". Gli apostoli della Chiesa possono essere legati fisicamente, ma non spiritualmente, perché come dice Paolo prima nella stessa lettera "La parola di Dio non è in catene". (2 Tim 2:9).

Cultura

Carlos J. MoralesJosemaría: "Ho scoperto in San Josemaría tratti che continuano a sorprendermi".

Carlos Morales è autore di Breve storia dell'Opus Dei. Un libro che presenta a grandi linee lo sviluppo e la natura del carisma donato da Dio a san Josemaría Escrivá, e che è raccomandabile sia per chi conosce l'Opera sia per chi vuole conoscere le chiavi dell'Opus Dei.

Maria José Atienza-26 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

L'inizio del 2023 ha visto la nascita della Breve storia dell'Opus Deiscritto da Carlos Morales. Il noto poeta e saggista, originario di Santa Cruz de Tenerife (Spagna), dove attualmente insegna Lingua e Letteratura Spagnola in una scuola secondaria, ha scritto in questo volume un racconto esplicativo, chiaro e, in un certo senso, didattico della figura del Opus Dei e il suo fondatore San Josemaría. 

In questa intervista con Omnes, Morales, membro dell'Opus Dei fin dalla giovinezza, ripercorre le scoperte fatte durante la stesura del suo libro e l'attualità del messaggio di santificazione in mezzo al mondo che Dio ha fatto vedere a San Josemaría.

Il Breve storia dell'Opus Dei Quali tratti ha scoperto o riscoperto di San Josemaría in questo periodo? 

-La mia breve storia è sì una narrazione esplicativa degli eventi che, a mio parere, sono più significativi nella vita di san Josemaría, ma è anche una storia dei suoi figli spirituali e delle vicende istituzionali dell'Opus Dei nella fase di fondazione, culminata il 26 giugno 1975, e nella fase di continuità del carisma ricevuto da san Josemaría, in cui ci troviamo ora. 

Da fondatore dell'Opus Dei Da quando ho conosciuto l'Opera, più di quarant'anni fa, ho scoperto tratti molto significativi. Tratti che mi hanno sempre sorpreso e che continuano a sorprendermi sempre di più.

Nello scrivere questo libro, ci sono due qualità particolarmente rivelatrici della personalità di San Josemaría Escrivá. Una è la difficile armonia, che ha dimostrato fin da giovanissimo, tra la profonda ed elevata vita contemplativa, da un lato, e, dall'altro, l'incessante attività per sviluppare quotidianamente, anche nei minimi dettagli, l'istituzione che Dio gli aveva affidato. Un'altra caratteristica è la sua fedeltà al carisma di fondazione per quasi cinquant'anni, indipendentemente dai venti di cambiamento nella vita della Chiesa e del mondo.

In questo senso, mi stupisce che all'inizio, negli anni Trenta e Quaranta, molti lo considerassero un rivoluzionario, anche negli ambienti ecclesiastici, e che nell'ultimo decennio della sua vita fosse bollato come conservatore e reazionario. La verità è che, studiando la sua vita e leggendo i suoi scritti dall'inizio alla fine, è vero che fu un rivoluzionario, anche negli ambienti ecclesiastici, San Josemaría Escrivá predicava sempre lo stesso messaggio.

Carlos J. Morales, autore di "Breve storia dell'Opus Dei".

Come può un membro dell'Opus Dei avvicinarsi a questa realtà senza farsi trascinare da una "passione accecante"?

-La mia professione è quella di insegnante di letteratura e di scrittore. Ora, a causa della mia esperienza dello spirito dell'Opus Dei in tanti anni, capisco che ci sono persone - e persone molto buone - che non capiscono la novità del messaggio dell'Opus Dei, ma che non lo capiscono. Opus Dei.

Per esempio, ci sono state e ci sono ancora molte persone che non capiscono che alcune ore e una vita professionale dedicata allo studio e alla creazione letteraria possono santificare un cristiano tanto quanto alcune ore e una vita professionale dedicata allo studio della teologia.

Ovviamente la Teologia è la conoscenza suprema e tutti dobbiamo conoscerla in misura maggiore o minore, ma ciò non significa che la sua materia sia di per sé più adatta a raggiungere la santità di quella di uno scrittore, di un ingegnere o di un muratore. 

Uno degli aspetti che lei sottolinea nel libro è la mentalità laica che aveva il fondatore dell'Opus Dei. Come combina San Josemaría il suo essere sacerdote con questa mentalità laica?

-San Josemaría ha sempre insegnato che ogni cristiano, sia esso chierico, religioso consacrato o laico, è un sacerdote. E che, pertanto, la missione della sua vita è quella di configurarsi al sommo ed eterno sacerdote, che è Gesù Cristo.

Nei laici questa mediazione sacerdotale si realizza attraverso compiti temporali, purché vissuti per amore di Gesù Cristo.

Nel sacerdote ordinato questa mediazione si realizza esercitando le funzioni di Cristo capo del suo Corpo Mistico, che è la Chiesa. Ma il capo e il corpo sono lo stesso Cristo. Perciò il sacerdote ordinato è al servizio dei fedeli laici, aiutandoli in modo insostituibile affinché possano svolgere la loro mediazione sacerdotale in piena libertà.

E i fedeli laici sanno che la loro mediazione sacerdotale non raggiungerà il suo fine senza un ministro sacro che offra a Dio Padre, nell'Eucaristia e negli altri sacramenti, il sacrificio della sua vita ordinaria. 

"Sono arrivati con un secolo di anticipo". È quanto ha detto un alto ecclesiastico vaticano a proposito dell'Opus Dei. Oggi (non ancora un secolo), questa concezione della libertà e della vocazione personale in mezzo al mondo è ancora difficile o, al contrario, è stata fatta propria dalla maggior parte della Chiesa?  

-I due fenomeni non sono in contraddizione, ma assolutamente certi. Da un lato, la Chiesa ha accolto il messaggio della santificazione del lavoro ordinario e del lavoro ordinario, come rivelano eloquentemente i documenti magisteriali del Concilio Vaticano II, che definiscono chiaramente la missione propria dei laici all'interno della Chiesa.

In pratica, però, ci sono ancora molti cattolici che non capiscono che un negoziante o un cameriere possono essere santi quanto un vescovo, operando nel mondo con la stessa libertà di qualsiasi negoziante o cameriere.

In teoria lo capiscono, ma in pratica ci sono ancora molti cattolici per i quali la via suprema alla santità è il sacerdozio ministeriale o la vita consacrata (che peraltro sono missioni fondamentali per la Chiesa).

Ora che l'Opus Dei si trova in un nuovo capitolo della sua storia, quali sono secondo lei le chiavi del suo futuro? 

-Per l'Opus Dei, e per ogni altro membro dell'Opus DeiOgni giorno è un nuovo capitolo, per tutto ciò che comporta in termini di creatività vitale nella fedeltà al Vangelo, che è sempre una novità.

Per me personalmente, il fatto della sua fondazione il 2 ottobre 1928 e i primi due decenni di storia dell'Opera sono particolarmente rivelatori. In quel periodo diventa particolarmente chiaro che l'Opus Dei è davvero un'opera di Dio e che, nonostante tutte le difficoltà che San Josemaría e i suoi figli hanno incontrato negli anni '30 e '40, l'Opus Dei andrà sempre avanti.

Credo che lo spirito di fede e di speranza degli inizi debba essere una realtà sempre presente per ogni membro dell'Opera.

Breve storia dell'Opus Dei

AutoreCarlos Javier Morales Alonso
Editore: Alleanza
Pagine: 352
Città: Madrid
Anno: 2023
Vaticano

I cattolici possono solo temere di sprecare le loro vite, dice il Papa

Papa Francesco ha recitato l'Angelus dalla sua finestra e ha incentrato il suo discorso sulla frase che Gesù ripete oggi nel Vangelo: "Non abbiate paura". Ma c'è qualcosa da temere per i cattolici? Il Santo Padre ha affrontato questo tema e ha parlato anche di Emmanuela Orlandi, della violenza in un carcere femminile in Honduras e ha salutato diverse comunità.

Paloma López Campos-25 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha dedicato oggi alcune parole alla paura e al suo impatto sulla vita dei cattolici nel discorso che ha accompagnato la preghiera per il Angelus. Nel suo messaggio ha approfondito la frase che Cristo ripete tre volte nel Vangelo di oggi: "Non abbiate paura".

Meditando sulle parole di Gesù, il Santo Padre ha sottolineato un paradosso che troviamo nel Nuovo Testamento e nella vita dei cattolici. "L'annuncio del Regno di Dio è un messaggio di pace e di giustizia, fondato sulla carità fraterna e sul perdono, eppure incontra opposizione, violenza e persecuzione.

Com'è possibile allora che il Signore ci dica di non avere paura? Francesco risponde che "non perché tutto andrà bene nel mondo, no, non per questo, ma perché siamo preziosi per il Padre e nulla di ciò che è buono andrà perduto".

La paura dei cattolici

Ma c'è qualcosa di cui i cattolici devono avere paura e "lo scopriamo attraverso un'immagine che Gesù usa oggi: l'immagine della "Gehenna". Questa Gehenna era "la grande discarica della città". Gesù ne parla per dire che la vera paura di cui avere paura è quella di buttare via la propria vita.

Cristo intende dire che "non dobbiamo avere paura di essere fraintesi e criticati, di perdere prestigio e vantaggi economici per essere rimasti fedeli al Vangelo, no, ma di sprecare la nostra esistenza nella ricerca di cose di poco valore, che non realizzano il senso della vita".

Oggi "si può essere derisi o discriminati se non si seguono certi modelli alla moda, che però spesso mettono al centro realtà di secondo piano". Il Papa ha citato alcuni esempi, come i genitori che lavorano e si occupano dei figli, le suore e i sacerdoti, o i giovani illusi che vogliono incontrare altre persone, "senza perdere tempo in cose che passano e non lasciano traccia".

Fedeli a ciò che conta

Tutto questo comporta delle rinunce "ma è necessario per non perdersi nelle cose, che poi vengono gettate via, come allora nella Gehenna". Francisco Ha affermato che "rimanere fedeli a ciò che conta è costoso; costa molto andare contro corrente, costa liberarsi dai condizionamenti del pensiero comune, costa essere messi da parte da chi segue la moda". Tuttavia, il Papa ha insistito su ciò che "dice Gesù: ciò che conta è non sprecare il bene più grande, cioè la vita. Non buttare via la vita. Solo questo dovrebbe spaventarci.

Per questo, Francesco ha invitato tutti noi a chiederci: "Di cosa ho paura? Di non avere ciò che mi piace? Di non raggiungere gli obiettivi che la società impone? Del giudizio degli altri? O piuttosto di non piacere al Signore e di non mettere al primo posto il suo Vangelo?

Dopo il messaggio dell'Angelus, il Papa ha espresso il suo dolore per le morti avvenute in seguito a una lotta tra bande in un carcere dell'Honduras. Il Santo Padre ha anche ricordato Emanuela Orlandi e la sua famiglia, alla quale ha assicurato le sue preghiere. Infine, ha salutato diverse comunità e gruppi italiani.

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Vaticano

La biblioteca vaticana, un tesoro di oltre 500 anni di età

Rapporti di Roma-25 giugno 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Più di un milione di libri stampati, 80.000 manoscritti e 100.000 documenti provenienti dagli archivi delle famiglie storiche romane fanno parte della collezione della Biblioteca Vaticana.

I testi più antichi sono in latino, greco ed ebraico. Ma esistono anche scritti in altri alfabeti, come il giapponese e il cinese. Ce ne sono anche alcuni senza parole, come questi provenienti dal Sudamerica.


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Stati Uniti

Mary Elizabeth Lange, la venerabile insegnante

Un decreto del Dicastero per le Cause dei Santi ha riconosciuto le virtù eroiche di Maria Elisabetta Lange, una suora cubana la cui causa di beatificazione è aperta dal 1991.

Paloma López Campos-25 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Dicastero per le Cause dei Santi ha riconosciuto le virtù eroiche della Serva di Dio Maria Elisabetta Lange, nata a San Domingo nel 1789. Non si sa molto dei suoi genitori, ma si ritiene che sua madre fosse figlia del proprietario di una piantagione, mentre suo padre era uno schiavo mulatto della tenuta.

Durante la rivoluzione di Haiti, la sua famiglia fuggì a Santiago de Cuba. Lì Elizabeth ricevette un'istruzione completa e, all'inizio del XIX secolo, emigrò negli Stati Uniti, dove rimase fino alla morte.

Apertura della scuola

Dopo aver attraversato la Carolina del Sud e la Virginia, Lange si stabilì a Baltimora, nel Maryland, nel 1813. Lì osservò le carenze educative dei bambini afroamericani. Se è vero che alcune comunità e chiese protestanti avevano scuole aperte per loro, le richieste della popolazione in crescita superavano di gran lunga i servizi disponibili. Di fronte a questa situazione, Elizabeth aprì una scuola a casa sua.

Nello stesso periodo in cui Lange insegnava, un sacerdote di nome James Nicholas Joubert stava cercando un modo per aiutare le ragazze della città a ricevere un'istruzione. Quando incontrò Elizabeth e la sua compagna, Marie Balas, suggerì di fondare una comunità religiosa che si occupasse delle piccole. Le due donne, che da tempo pensavano di volersi consacrare a Dio, accettarono e padre Joubert iniziò immediatamente il processo di apertura della fondazione.

Prima comunità di Baltimora

Il 2 luglio 1829, la prima comunità di Suore Oblate della Provvidenzacon Lange come superiora. L'ordine iniziò con solo quattro suore e 20 allieve, ma nel 1832 c'erano già 11 suore consacrate.

Oltre all'educazione dei bambini, le Oblate aprirono una casa per gli orfani e centri per la cura degli anziani. Insegnarono anche alle donne adulte a lavorare la sera e aiutarono le vedove in difficoltà.

Eredità

Mary Elizabeth Lange si dedicò alla cura dei bambini e dei malati della sua comunità fino alla morte, avvenuta nel 1882. La sua fama di santità è iniziata subito dopo la sua morte e l'eredità che ha lasciato è così fondamentale che il suo nome è stato inserito nella Maryland Women's Hall of Fame.

La vita della fondatrice è un esempio da seguire per la oblati oggi. Essi stessi ritengono che il carisma della comunità si rifletta chiaramente nella vita di Lange, che ha incarnato lo spirito che permette loro "per totale fiducia in Dio, di portare gioia, guarigione e l'amore redentivo delle sofferenze di Gesù alle vittime della povertà, del razzismo e dell'ingiustizia, nonostante le contraddizioni, i pregiudizi e il dolore".

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Cultura

La Penitenzieria Apostolica, il "Tribunale della Misericordia" del Vaticano

La Penitenzieria Apostolica, definita da Papa Francesco "il tribunale della misericordia", è il tribunale supremo della Chiesa cattolica e si occupa di concedere il perdono al penitente in casi particolari.

Hernan Sergio Mora-25 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il perdono dei peccati, la misericordia, è al centro del messaggio che Gesù dà nel Vangelo, così come la capacità di perdonarli. Allora, - si potrebbe chiedere - quando si commette un peccato, non è sufficiente l'assoluzione data da un sacerdote, a cosa serve la Penitenzieria Apostolica? 

La Penitenzieria Apostolica è il tribunale supremo della Chiesa cattolica ed è responsabile della concessione del perdono ai penitenti in casi particolari, cioè a coloro che si pentono. Papa Francesco ama definirla come "tribunale della misericordia".

Non bisogna dimenticare che è Dio a perdonare e che, attraverso la sacramento della riconciliazione il penitente ha la certezza di essere stato assolto. Nel frattempo ci sono casi particolarmente gravi in cui il sacramento della riconciliazione non è sufficiente.

Stiamo parlando di casi estremi, ad esempio sacrilegimesse nere, profanazione della Santa Eucaristia, quando c'è una violazione del segreto della confessione; nel caso di un sacerdote sospeso a divinis perché ha aderito a un movimento o a un culto lontano dalla Chiesa; oppure una persona che ha rinunciato alla propria fede cattolica e chiede di essere riammessa.

Il 21 settembre 2013, Papa Francesco ha nominato il Cardinale Mauro Piacenza Penitenziere Maggiore di questa antica istituzione, la cui sede a Roma si trova in un edificio della fine del XV secolo, in Piazza della Cancelleria, a due passi da Campo de' Fiori.

Il compito della Penitenzieria Apostolica

Il cardinale Piacenza, intervistato da Omnes su questo tribunale della Chiesa, ha ricordato che "la Penitenzieria è per i peccatori - e tutti noi siamo peccatori - la rigenerazione", e ha ritenuto che si possa avere un'immagine significativa di questa istituzione "guardando la rappresentazione del Sacro Cuore di Gesù con le braccia aperte e con la frase: 'Venite a me tutti voi che siete oppressi e stanchi'".

La Penitenzieria Apostolica studia i casi difficili per trovare una via d'uscita e può concedere dispense e indulgenze riservate al Pontefice, oppure, nei cosiddetti casi di foro interno (di coscienza), può concedere assoluzioni, dispense, ecc. 

C'è anche il dispensa dai voti o esclaustrazione richiesta da una suora, o la richiesta di lasciare un istituto di diritto pontificio, oltre a molte altre situazioni.

Senza dimenticare le azioni di "censura", cioè scomunica, interdizione, sospensione, sospensione, ecc. a divinis e in alcuni casi molto gravi anche la dimissioni dallo stato clericale.

La Penitenzieria deve anche prevedere che nelle quattro basiliche papali di Roma (San Pietro, San Giovanni in Laterano, San Paolo e Santa Maria Maggiore) ci sia un numero sufficiente di penitenzieri con le facoltà appropriate, nonché la concessione di indulgenze. 

Il cardinale Piacenza, responsabile del più alto dei tre tribunali della Chiesa, ha spiegato a Omnes la grande importanza di questa istituzione, perché "la missione della Chiesa nel mondo è il prolungamento della missione di Gesù stesso: quando Giovanni Battista vide Gesù sulle rive del Giordano, disse alla folla: 'Ecco l'Agnello di Dio, che toglie il peccato del mondo'. Quale altra missione potrebbe avere la Chiesa? Ebbene, la Penitenzieria Apostolica è al servizio di questo mandato. Ebbene, la Penitenzieria Apostolica è al servizio totale di questo mandato. Cosa c'è di più importante di questo?

Mons. Piacenza aggiunge che il rapporto tra penitenza e misericordia "non potrebbe essere più stretto". Infatti "la persona veramente pentita ha diritto a quella misericordia che il Signore misericordioso fa scendere su di lei, ordinariamente come rugiada rigenerante attraverso il sacramento della Riconciliazione".

E il cardinale conclude sottolineando che "la Penitenzieria è custode dei segreti più intimi dell'animo umano, quindi tutto è accolto qui, ascolto, consolazione, comprensione, discrezione, silenzio, incoraggiamento e poi celebrazione interiore, gioia interiore. Una realtà che si respira nelle carte della Penitenzieria Apostolica è la realtà della comunione dei santi".

Co-locazione e competenze

Nello stesso "Palazzo della Cancelleria" hanno sede la Segnatura Apostolica, il più alto tribunale di diritto canonico, e la Romano RotaLa Corte di Cassazione, una corte di cassazione per vari reati, in materia di giurisprudenza, e nota anche nei casi di appello in materia di nullità matrimoniale (erroneamente chiamata divorzio). 

I casi di abusi sessuali su minori da parte di chierici o di persone legate alla Chiesa, invece, vengono sottoposti direttamente all'ex Sant'Uffizio, ora chiamato Dicastero per la Dottrina della Fede, in modo che le "mele marce" vengano rimosse e punite il più rapidamente possibile. 

I poteri del Penitenziario sono definiti come segue negli articoli 190-193 della Costituzione apostolica Praedicate evangelium di Papa Francesco (2022)

L'autoreHernan Sergio Mora

Informazioni su Giovanna d'Arco

Giovanna d'Arco era una santa francese nata nel XV secolo, anche se fu canonizzata solo 500 anni dopo, nel 1920, da Papa Benedetto XV.

24 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Come è noto, Giovanna nacque durante la Guerra dei Cent'anni tra Francia e Inghilterra, nel 1412, nel piccolo villaggio di Domrémy, nella provincia di Armagnac, fedele al Delfino francese Carlo, in contrasto con i vicini villaggi di Maxey, sostenitori degli inglesi e dei loro alleati borgognoni. Questi ultimi, dimenticando le loro radici, aspiravano all'indipendenza dalla Francia.

L'angoscia dei francesi a causa della guerra fu vissuta anche da lei perché, in gioventù, il suo villaggio natale subì il terrore dei borgognoni e di varie bande di briganti.

Essendo una contadina, si dedicò presto al duro lavoro tipico dell'ambiente rurale. Senza un'istruzione superiore a quella cristiana elementare di quella gente semplice, sapeva tessere e filare; sapeva anche andare a cavallo e lo cavalcava nelle corse del villaggio.

Quando aveva dodici anni, sentì una voce vicino alla chiesa, accompagnata da un bagliore, che le diceva di frequentare più spesso la casa di Dio, di essere virtuosa e di confidare nella protezione del cielo.

Quando aveva diciassette o diciotto anni, nel 1428, quelle voci, che lei attribuiva all'arcangelo San Michele, accompagnato da Santa Caterina e Santa Margherita, divennero più imperative ("Lascia il tuo villaggio, figlia di Dio, e corri in Francia! Prendi il tuo stendardo e innalzalo coraggiosamente! Condurrai il Delfino a Reims, affinché vi sia degnamente consacrato! Libererai la Francia dagli Inglesi!") e lei decise di obbedire, dando così inizio alla sua incredibile avventura.

La salvezza del regno di Francia non sembrava allora avere alcuna possibilità di essere realizzata. La lotta tra Francia e Inghilterra durava da oltre novant'anni. Solo cinque anni prima, gli ultimi due grandi eserciti al servizio del Delfino erano stati distrutti. Nessun intervento umano sembrava possibile. Lo stesso Papa Martino V, oltre ad essere prossimo alla morte, era impegnato nel tentativo di riportare un po' di ordine nella Chiesa divisa in scismi.

Tuttavia, la povera ragazza riuscì ad attirare nella sua missione, in primo luogo, un valoroso ufficiale reale, che aveva iniziato ridendo della pastorella e aveva finito col darle la sua spada, il suo cavallo e la sua scorta. Quando giunse a Chinon, dove si era rifugiato il Delfino, riconobbe quest'ultimo, che aveva nascosto la sua condizione mettendosi furbescamente tra i suoi cortigiani. E dopo essere stata esaminata a Poitiers da una commissione di sacerdoti e medici, iniziò la sua epopea militare: l'8 maggio 1429 entrò nell'assediata Orléans e, dopo aver costretto gli assedianti a togliere l'assedio, entrò in città con truppe fino ad allora abituate a continue sconfitte. Poi, nel giro di poche settimane, la Valle della Loira fu liberata, la vittoria di Patay fu ottenuta il 18 giugno e la marcia su Reims si svolse attraverso una regione controllata dagli inglesi. Il 17 luglio, nella basilica di Reims, ebbe luogo la consacrazione del Delfino, che divenne re di Francia.

Il 24 maggio 1430 fu catturato a Compiègne dai Borgognoni, che lo vendettero agli inglesi per 10.000 scudi d'oro. Gli inglesi scelsero come giudice capo Pietro Chaucon, vescovo di Beauvais, fantoccio dei Borgognoni e nemico mortale del partito reale. Al prigioniero fu negato il servizio di un avvocato. Poiché l'atteggiamento di Giovanna suscitò l'ammirazione e la simpatia dei presenti, il processo si svolse a porte chiuse all'interno della prigione. Fu condannata come eretica e consegnata al potere civile che la condannò a essere bruciata viva.

Nel processo, che durò dal febbraio al maggio 1430, c'era la volontà preventiva di condannare l'imputata, dimostrando che le voci da lei udite erano diaboliche e screditando così il nuovo re Carlo VII.

Uno storico della Chiesa, Daniel Rops, valuta così il patriottismo di Giovanna d'Arco: In Dio ama la Francia, come i santi hanno amato i poveri e i peccatori in Dio; e la ama proprio perché la vede miserabile, lacerata, peccatrice, e l'ha amata con amore di redenzione. Non c'era nulla di orgoglioso o aggressivo in quell'amore; non parlò mai di andare a conquistare l'Inghilterra, né di imporre il suo dominio su qualcuno. Non ha mai pensato che, facendo quello che stava facendo, avrebbe portato gloria al suo Paese e che le sue imprese lo avrebbero autorizzato a comandare gli altri. Combatteva per il regno di giustizia di Dio e per nessun'altra causa: Dio odia gli inglesi, gli chiederanno, tendendogli una trappola. Niente affatto. Li ama come qualsiasi altro popolo, ma nella loro terra, secondo equità, e non quando violano le libertà degli altri. Giovanna non combatteva tanto gli inglesi quanto l'ingiustizia. Nessuna eroina sul campo di battaglia si è mai mostrata così tenera e fraterna nei confronti dei suoi stessi nemici.

Un altro storico - Joseph A. Dunney - ha affermato che, Quando prese la spada, la Francia era una nazione sconfitta; ma, prima di morire, martire della verità, Giovanna salvò il suo amato Paese dalle grinfie dell'invasore e lo sottrasse allo scisma. Se i francesi fossero stati sconfitti, si sarebbero uniti al vincitore, l'Inghilterra, e allora l'eretica Casa Tudor avrebbe trovato negli ugonotti francesi il sostegno per estirpare l'influenza della Chiesa.

Quando, il 30 maggio 1431, fu bruciato sul rogo nella vecchia piazza del mercato di Rouen, proclamò la sua fedeltà al Papa, al quale rivolse il suo ultimo appello.

Quattro anni dopo il martirio di Giovanna, Francia e Borgogna si riconciliarono con il Trattato di Arras; l'anno successivo, Parigi cadde in mano ai Borgognoni e, poco dopo, gli inglesi attraversarono la Manica per tornare in patria.

Fu canonizzata nel 1920, quando era Papa Benedetto XV.

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Vaticano

Congresso Eucaristico, meravigliandosi del "dono del Signore".

Il 19 giugno Papa Francesco ha incontrato in udienza il comitato organizzatore del Congresso Eucaristico Nazionale negli Stati Uniti. Ha ringraziato i membri per il lavoro svolto e li ha incoraggiati a continuare a lavorare per "contribuire alla rinascita della fede e dell'amore per la Santa Eucaristia".

Paloma López Campos-24 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha avuto un incontro con pubblico con il comitato organizzatore del Congresso Eucaristico Nazionale degli Stati Uniti. Oltre a ringraziare gli organizzatori per il loro lavoro, Francesco ha ricordato al comitato che "l'Eucaristia è la risposta di Dio alla fame più profonda del cuore umano, la fame di vita autentica, perché nell'Eucaristia Cristo stesso è veramente in mezzo a noi, per nutrirci, consolarci e sostenerci nel nostro cammino".

Molti cattolici pensano che l'Eucaristia sia un mero simbolo e che Dio non sia realmente presente nel Pane e nel Vino. Pertanto, Francesco spera "che il Congresso eucaristico ispiri i cattolici di tutto il Paese a riscoprire un senso di meraviglia e di stupore per il grande dono che il Signore ha fatto di se stesso e a trascorrere del tempo con Lui nella celebrazione della Santa Messa e nella preghiera personale e nell'adorazione davanti al Santissimo Sacramento".

Il Pontefice ha osservato con preoccupazione che "ai nostri giorni abbiamo perso il significato dell'adorazione. Dobbiamo riscoprire il significato dell'adorazione silenziosa. È una forma di preghiera che abbiamo perso". La responsabilità di intraprendere questo compito ricade sui vescovi, che sono incaricati di "catechizzare i fedeli sulla preghiera attraverso l'adorazione".

Eucaristia e missione

Attraverso l'Eucaristia i fedeli imparano anche ad essere apostoli inviati ad annunciare il Vangelo. Questo è uno dei risultati che il Papa spera di vedere dopo il congresso. Il Papa ha spiegato che, attraverso l'Eucaristia, "diventiamo testimoni credibili della gioia e della bellezza trasformante del Vangelo. Grazie a questo sacramento comprendiamo che l'amore di Cristo non può essere tenuto per noi, "ma esige di essere condiviso con tutti".

Francesco ha detto che "l'Eucaristia ci spinge a un amore forte e impegnato per il prossimo". Considerando la vita stessa di Cristo, "non possiamo comprendere e vivere veramente il significato dell'Eucaristia se il nostro cuore è chiuso ai nostri fratelli e sorelle, specialmente ai poveri, ai sofferenti, agli affaticati o a coloro che si sono smarriti nella vita".

Il Papa ha terminato l'udienza sottolineando l'importanza della Congresso Eucaristico nella vita della Chiesa negli Stati Uniti e ha chiesto l'intercessione della Vergine Maria per tutte le persone coinvolte.

Papa Francesco durante l'udienza con il comitato organizzatore del Congresso Eucaristico Nazionale degli Stati Uniti (Foto CNS / Vatican Media)
Vaticano

"Abbiamo bisogno di nonni, non lasciate che vengano scartati! 

Il messaggio di Papa Francesco per la terza edizione della Giornata mondiale dei nonni e degli anziani si concentra sul ruolo degli anziani nelle famiglie, sulla solitudine e sul loro contributo alla società.

Antonino Piccione-24 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel suo commovente messaggio in vista della Giornata mondiale del prossimo 23 luglioTra un mese esatto, il Papa Francesco ha richiamato l'attenzione sull'importante ruolo che i nonni e gli anziani svolgono nella vita delle famiglie e della società nel suo complesso.

Con l'impegno di valorizzare la loro saggezza ed esperienza perché sono "un tesoro nelle nostre famiglie". Sottolinea che il nonni Portano con sé un patrimonio di conoscenze e una prospettiva unica che possono condividere con le nuove generazioni.

Il Papa ha anche sottolineato il ruolo cruciale dei nonni nell'educazione dei nipoti, affermando che "la loro voce è preziosa perché parla al cuore dei bambini". Ha incoraggiato i nonni a trascorrere del tempo con i loro nipoti, a condividere con loro le loro storie, la loro fede e la loro esperienza di vita. Questo scambio generazionale, ha sottolineato il Papa, è fondamentale per la crescita e lo sviluppo dei bambini.

Il messaggio del Papa sottolinea anche la sfida che molti nonni devono affrontare nel contesto della società moderna, dove le persone vivono spesso lontano dai familiari. Egli sottolinea l'importanza di mantenere un forte legame tra nonni e nipoti nonostante le distanze fisiche, incoraggiando l'uso della tecnologia per tenersi in contatto e condividere momenti speciali.

Il Papa parla anche della la solitudine che molti anziani sperimentanoosservando che "molti nonni si sentono soli, spesso a causa delle nuove dinamiche sociali e culturali in cui viviamo". Ha esortato le famiglie e la società nel suo complesso a non dimenticare i nonni e a prendersi cura di loro. Ricorda che il rispetto e la cura degli anziani sono indicatori di una società sana e umana.

Messaggi anche ai giovani

Infine, il Papa incoraggia i giovani a non dimenticare mai le radici e la storia delle loro famiglie. Invita i giovani a imparare dagli anziani e a valorizzare il dono della vita che ricevono da loro. Conclude il suo messaggio con un appello a tutti a festeggiare i nonni, a ringraziarli per il loro amore e a dedicare loro un giorno speciale durante l'anno.

La Giornata mondiale dei nonni e degli anzianiLa nuova Costituzione, istituita da Papa Francesco nel 2021La Festa dei nonni offre l'opportunità di riflettere sull'importanza dei nonni nella nostra vita e di riconoscere il loro prezioso contributo alla società. È un'occasione per celebrare e onorare i nonni, per ringraziarli del loro amore, sostegno e saggezza.

Francesco sottolinea: "Sì, sono gli anziani che ci trasmettono il senso di appartenenza al Popolo santo di Dio. La Chiesa, come la società, ha bisogno di loro. Essi portano nel presente un passato che è necessario per costruire il futuro. Onoriamoli, non priviamoci della loro compagnia e non priviamoli della nostra, non permettiamo che vengano scartati.

L'autoreAntonino Piccione

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Vaticano

"Tutela Minorum" si consulta sulle misure di protezione dei minori

La Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori sta aprendo un periodo di consultazione pubblica per l'aggiornamento delle linee guida per la protezione dei minori e delle persone vulnerabili.

Paloma López Campos-23 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Pontificia Commissione per la Protezione dei Minori ("Tutela Minorum") sta lanciando una consultazione pubblica mondiale con l'obiettivo di aggiornare le linee guida per la prevenzione degli abusi sessuali nella Chiesa.

La mattina del 23 giugno, "Tutela Minorum" ha pubblicato un comunicato stampa per annunciare l'apertura del sondaggio online, che si chiuderà alla fine di settembre 2023. Il modulo è disponibile in quattro lingue e consiste in una serie di domande frequenti e nella proposta di un Quadro Universale di Linee Guida.

Questo documento quadro è il modello prodotto dal Commissione definire le procedure che le chiese di tutto il mondo devono seguire nell'ambito della prevenzione. Il ruolo di queste linee guida è quello di "promuovere la protezione dagli abusi nella Chiesa in conformità con le buone pratiche esistenti in materia di salvaguardia, concentrandosi sull'assistenza alle persone colpite da abusi e sull'importanza di affrontare in modo appropriato i casi di abuso".

Esito della consultazione

Le risposte al sondaggio saranno esaminate, raccolte e incorporate in un documento quadro finale, che sarà poi valutato e approvato dalla Pontificia Commissione. Entro la fine del 2023, le linee guida finali saranno distribuite a tutte le Chiese locali del mondo, che dovranno rivedere e aggiornare le misure esistenti.

Una delle modifiche che la Commissione vuole chiedere alle comunità locali di incorporare riguarda la gestione delle denunce. "Tutela Minorum" chiederà di mettere in atto sistemi per ricevere ed elaborare le denunce, cercando in ogni momento di sostenere le persone colpite, "specialmente le vittime e i sopravvissuti, in conformità con i requisiti del Motu Proprio del Santo Padre", Vos Estis Lux Mundi". Altri elementi essenziali da incorporare sono la garanzia di ambienti sicuri, le misure di prevenzione dei rischi e i meccanismi di responsabilità.

D'altra parte, la bozza del Rapporto annuale della Commissione sarà presentata nell'ottobre 2023, ma bisognerà aspettare l'ottobre 2024 per avere il Rapporto completo e finale con i dati di tutta la Chiesa.

Creazione di risorse

Il comunicato stampa avverte anche che la Commissione fornirà assistenza alle comunità e alle chiese locali che, per mancanza di risorse, non sono in grado di attuare le linee guida. La Commissione ha sviluppato "Memorare", "un programma di rafforzamento delle capacità, per garantire lo sviluppo e l'attuazione delle linee guida sulla salvaguardia".

Tutte le informazioni sono disponibili sul sito web "Tutela Minorum", dove è possibile accedere anche ai documenti della Commissione e al sondaggio di consultazione.

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Vaticano

Il Papa incontra gli artisti

La mattina del 23 giugno 2023, Papa Francesco ha avuto un'udienza con artisti di tutto il mondo. L'incontro si è svolto in occasione del 50° anniversario dell'inaugurazione della Collezione d'Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani.

Loreto Rios-23 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

L'udienza si è svolta nella Cappella Sistina, che ha ospitato circa 200 artisti: pittori, scultori, architetti, scrittori, poeti, musicisti, registi e attori. Tra questi, gli scrittori Javier Cercas (Premio Planeta 2019) e Cristina Morales, l'artista Gonzalo Borondo e il chitarrista Amigo Girol.

La Chiesa e l'arte

"La vostra presenza mi rende felice, perché la Chiesa ha sempre avuto con gli artisti un rapporto che si può definire naturale e speciale. È un'amicizia naturale, perché l'artista prende sul serio la profondità inesauribile dell'esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a bisogni immediati, ma che faticano a vedere la vita come una realtà multiforme.

L'artista ricorda a tutti noi che la dimensione in cui ci muoviamo, anche se non ne siamo consapevoli, è quella dello Spirito. La vostra arte è come una candela che si riempie di Spirito e ci fa muovere. L'amicizia della Chiesa con l'arte è quindi naturale. Ma è anche un'amicizia speciale, soprattutto se pensiamo ai tanti tratti di storia che abbiamo percorso insieme e che appartengono al patrimonio di tutti, credenti e non credenti", ha indicato il Papa nel suo discorso. discorso.

Francesco ha anche sottolineato che il rapporto che è sempre esistito tra la Chiesa e l'arte deve esistere anche nel nostro tempo.

La creatività dell'artista

"L'artista è un bambino - questo non deve suonare come un insulto - significa che si muove innanzitutto nello spazio dell'invenzione, della novità, della creazione, del mettere al mondo qualcosa che non si è mai visto prima. Così facendo, smentisce l'idea che l'uomo sia un essere destinato alla morte. È vero che l'uomo deve accettare la sua mortalità, ma non è un essere per la morte, bensì per la vita. Una grande pensatrice come Hannah Arendt afferma che ciò che è proprio dell'essere umano è vivere per portare novità nel mondo. Questa è la dimensione della fecondità umana. Portare novità. Anche nella fertilità naturale, ogni figlio è una novità".

Questa stessa creatività naturale è vissuta anche dagli artisti, che contribuiscono con la propria "originalità": "Nelle vostre opere vi presentate sempre come gli esseri irripetibili che tutti noi siamo, ma con l'intenzione di creare ancora di più (...) portate alla luce l'inedito, arricchite il mondo di una nuova realtà (...) La creatività dell'artista sembra così partecipare alla passione generativa di Dio, la passione con cui Dio ha creato. Siete alleati del sogno di Dio! Siete occhi che guardano e sognano. Non basta guardare, bisogna anche sognare (...) Noi esseri umani desideriamo un mondo nuovo che non vedremo pienamente con i nostri occhi. Ma lo desideriamo, lo cerchiamo, lo sogniamo. Gli artisti, quindi, hanno la capacità di sognare nuove versioni del mondo".

Tra realtà e sogno

In questo senso, citando Guardini, il Papa ha sottolineato che gli artisti sono un po' come "profeti". L'arte va oltre le apparenze e la falsa bellezza, oltre il "trucco", perché agisce "come coscienza critica della società". In questo modo, "ci fa pensare", "ci rende attenti", rivelando la realtà con "le sue contraddizioni, nei suoi aspetti che è più comodo o conveniente tenere nascosti". L'arte, ha commentato il Papa, ha la capacità di confrontarci con cose che "a volte ci disturbano, criticando i falsi miti di oggi, i nuovi idoli, i discorsi banali, le trappole del consumismo, le astuzie del potere". Per questo gli artisti hanno "la capacità di andare oltre, in tensione tra la realtà e il sogno".

Più avanti, il Papa ha stabilito un rapporto tra arte e fede: "Una delle cose che avvicina l'arte alla fede è che disturba un po'. L'arte e la fede non possono lasciare le cose come sono: le cambiano, le trasformano, le muovono. L'arte non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti cercate anche di scandagliare le profondità della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma è necessario gettare la luce della speranza nelle tenebre dell'essere umano, dell'individualismo e dell'indifferenza".

Arte e bellezza

In questo senso, il Papa ha chiesto agli artisti di aiutarci a "intravedere la luce, la bellezza che salva".

Perché, come ha sottolineato Francisco, "l'arte è sempre stata legata all'esperienza della bellezza. Simone Weil scriveva: "La bellezza seduce la carne per ottenere il permesso di passare all'anima" (L'ombra e la grazia, Bologna 2021, 193). L'arte tocca i sensi per animare lo spirito e lo fa attraverso la bellezza, che è il riflesso delle cose quando sono buone, giuste, vere. È il segno che qualcosa ha pienezza: è allora che ci viene spontaneo dire: "Che bello". La bellezza ci fa sentire che la vita va verso la pienezza. Nella vera bellezza cominciamo a sentire il desiderio di Dio. Molti si aspettano che l'arte ritorni più alla bellezza.

Il Papa ha ricordato che è vero che esiste un tipo di bellezza che è falsa e artificiale. "La vera bellezza, infatti, è un riflesso dell'armonia. In teologia - è interessante - i teologi descrivono la paternità di Dio, la figliolanza di Gesù Cristo, ma quando si tratta di descrivere lo Spirito Santo: lo Spirito è armonia. Ipse harmonia est. È lo Spirito che fa l'armonia.

L'armonia dello Spirito

Francesco ha proseguito dicendo che anche l'artista possiede qualcosa di quello Spirito per creare armonia. "L'armonia è quando ci sono varie parti, diverse tra loro, ma che formano un'unità, diversa da ciascuna delle parti e diversa dalla somma delle parti. È una cosa difficile, che solo lo Spirito può rendere possibile: che le differenze non diventino conflitti, ma diversità che si integrano; e allo stesso tempo che l'unità non sia uniformità, ma abbracci il molteplice. L'armonia fa questi miracoli, come a Pentecoste.

Questa armonia nasce a volte, paradossalmente, da uno shock: "Mi colpisce sempre il pensiero dello Spirito Santo come colui che permette che si verifichino i più grandi disordini - si pensi alla mattina di Pentecoste - e poi fa l'armonia. Che non è l'equilibrio, no, per fare l'armonia ci vuole prima lo squilibrio; l'armonia è una cosa diversa dall'equilibrio". Questo messaggio, ha proseguito il Papa, è di grande attualità, poiché ha sottolineato che viviamo in una "globalizzazione globalizzante", che è il "pericolo del nostro tempo". Il Papa ha avvertito che questa standardizzazione "può operare con una falsa pretesa di unità".

La missione degli artisti

In questo contesto, il ruolo del arte è fondamentale: "Voi artisti potete aiutarci a fare spazio allo Spirito. Quando vediamo il lavoro dello Spirito, che è quello di creare armonia dalle differenze, non di annientarle, non di renderle uniformi, ma di armonizzarle, allora capiamo cos'è la bellezza.

Il Papa ha incoraggiato gli artisti a continuare a spingere la loro creatività e a "camminare su questa strada". Prima di congedarsi, il Santo Padre ha chiesto loro di non dimenticare i poveri, che hanno bisogno dell'arte e della bellezza, anche più di altri, a causa di circostanze molto difficili nella loro vita. "Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete essere gli interpreti del loro grido silenzioso". Ha anche espresso il desiderio che le sue opere d'arte "diano gloria a Dio, che è il Padre di tutti e che tutti cercano, anche attraverso l'arte".

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Vaticano

Il rapporto dei movimenti ecclesiali con la missione del Papa

Quest'anno ricorre il 25° anniversario del primo Congresso Internazionale dei Movimenti Ecclesiali e delle Nuove Comunità, e il Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita ha accolto i moderatori delle associazioni, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità a Roma il 22 giugno 2023.

Giovanni Tridente-23 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

"Nella Chiesa devono sempre esistere servizi e missioni che non abbiano un carattere puramente locale, ma che servano il mandato della realtà ecclesiale globale e la propagazione del Vangelo. Il Papa ha bisogno di questi servizi e loro hanno bisogno di lui, e nella reciprocità dei due tipi di missione si realizza la sinfonia della vita ecclesiale". Queste le parole dell'allora cardinale Joseph Ratzinger, pronunciate nel 1998 al Congresso mondiale dei movimenti ecclesiali promosso dall'allora Pontificio Consiglio per i Laici.

25° anniversario del Congresso

Venticinque anni dopo quell'incontro, in cui il Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede spiegava il "luogo teologico" dei movimenti ecclesiali nella Chiesa, confessando di aver vissuto lui stesso, all'inizio degli anni '70, l'impeto e l'entusiasmo con cui alcuni di essi (ad esempio, il Cammino Neocatecumenale, Comunione e Liberazione, il Movimento di Liberazione, il Movimento di Liberazione, il Movimento di Liberazione, il Movimento di Liberazione, il Cammino Neocatecumenale, il Movimento di Liberazione, il Movimento di Liberazione, il Movimento di Liberazione, il Movimento di Liberazione...). Focolare) ha vissuto la gioia della fede. Il 22 giugno si è svolto a Roma l'incontro annuale con i moderatori delle associazioni internazionali di fedeli, dei movimenti ecclesiali e delle nuove comunità, convocato dall'attuale Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Decine di rappresentanti dei movimenti ecclesiali più diffusi, provenienti da vari paesi della Chiesa, si sono riuniti nell'Aula Magna della Curia Generalizia dei Gesuiti, a pochi passi da Piazza San Pietro, per riflettere sulla soggetto "In missione con Pietro. L'apostolicità al centro dell'identità dei movimenti".

La vocazione dei movimenti

Prima dell'incontro, i partecipanti sono stati invitati a rileggere la stessa conferenza di Joseph Ratzinger per riflettere sulla "vocazione" specifica dei movimenti ecclesiali all'interno della missione della Chiesa.

In quell'occasione, il teologo bavarese, poi divenuto Papa, affermò: "Nella storia, i movimenti apostolici appaiono in forme sempre nuove, e necessariamente, poiché sono proprio la risposta dello Spirito Santo alle situazioni mutevoli in cui si trova la Chiesa. Perciò, come le vocazioni al sacerdozio non possono essere prodotte o stabilite amministrativamente, tanto meno i movimenti possono essere organizzati e lanciati sistematicamente dall'autorità. Devono essere dati, e sono dati".

Ha poi precisato che "chi non condivide la fede apostolica non può pretendere di svolgere l'attività apostolica"; ad essa deve essere "necessariamente unito il desiderio di unità, la volontà di essere nella comunità viva di tutta la Chiesa". E ha aggiunto: "La vita apostolica, inoltre, non è fine a se stessa, ma dà la libertà di servire".

Vangelo, missione e servizio

Nell'invitare l'assemblea, il cardinale prefetto del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, Kevin Farrell, ha sottolineato i tre elementi essenziali evidenziati a suo tempo anche da Ratzinger: la vita evangelica, la proiezione missionaria e il servizio, come una sfida anche per i tempi attuali, in cui "mantenere viva l'apostolicità nella Chiesa è certamente un grande dono, ma è anche un compito non sempre facile da assolvere per gli stessi movimenti".

Tra i rischi evidenti ci sono la perdita del desiderio di servire, la perdita del senso del proprio carisma, dell'impulso missionario e dell'apertura al mondo intero, nonché la perdita del legame con Pietro entrando in conflitto con la Chiesa.

Intorno a queste sfide, i rappresentanti dei diversi movimenti e comunità hanno condiviso le loro riflessioni e testimonianze, rispondendo in particolare su come cercano di vivere una vera apostolicità di vita, attraverso quali iniziative di annuncio, predicazione, carità e servizio, ragionando anche sugli ostacoli alla missione e sullo slancio audace e creativo per un possibile rinnovamento di strutture, stili e metodi.

La relazione introduttiva dei lavori è stata invece affidata al sacerdote Paolo Prosperi, della Fraternità Sacerdotale dei Missionari di San Carlo Borromeo - fondata nel 1985 dal vescovo e teologo Massimo Camisasca, uno dei primi discepoli di don Luigi Giussani, fondatore del movimento di Comunione e Liberazione - che ha parlato della posizione teologica dei movimenti nel magistero dei Papi, a partire da quella prima riflessione di Papa Ratzinger.

L'autoreGiovanni Tridente

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Stati Uniti

I vescovi statunitensi accolgono l'"Instrumentum Laboris".

I vescovi statunitensi hanno accolto con favore l'"Instrumentum Laboris" preparato per l'Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi che si terrà il prossimo ottobre.

Gonzalo Meza-23 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

I vescovi degli Stati Uniti d'America hanno accolto con favore la pubblicazione della Instrumentum Laboris per la prima sessione della XV Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si terrà nell'ottobre 2023. Mons. Daniel E. Flores, vescovo di Brownsville e coordinatore del processo sinodale negli Stati Uniti, ha detto che l'Instrumentum "offre al Popolo di Dio una straordinaria opportunità di riflettere su ciò che abbiamo imparato finora sulla natura di una Chiesa sinodale e sui modi per abbracciarla più pienamente".

Mons. Flores, che è anche presidente del Comitato dottrinale della Conferenza dei vescovi cattolici del Nord America, ha detto che lo scopo del documento è quello di presentare le basi per il discernimento e ha esortato tutti a leggere, pregare e discutere il documento. Il presule ha anche invitato tutti a riflettere sul testo in prospettiva delle consultazioni sinodali che si sono svolte a livello locale, nazionale e continentale. 

Sintesi nazionale

Nel settembre 2022 è stata pubblicata negli Stati Uniti la Sintesi nazionale. Il documento riassume le speranze e le ferite comuni espresse nelle consultazioni sinodali. Il processo sinodale negli Stati Uniti ha ricevuto più di 22.000 segnalazioni da parrocchie e singoli gruppi da parte di 700.000 partecipanti. La maggior parte dei partecipanti ha espresso gratitudine per l'opportunità di essere ascoltati e per lo spirito di apertura.

Le consultazioni sinodali hanno evidenziato l'importanza della partecipazione dei laici alla Chiesa e hanno permesso a centinaia di cattolici di riprendere la pratica di incontrarsi per pregare insieme e ascoltarsi reciprocamente. A questo proposito, la Sintesi osserva che "il Popolo di Dio desidera avvicinarsi a Dio e gli uni agli altri attraverso una conoscenza più profonda della Parola di Dio". ScritturaLa missione della Chiesa è promuovere i sacramenti, la preghiera e le celebrazioni sacramentali, in particolare l'Eucaristia".

Le tre ferite che i partecipanti hanno indicato sono tre problemi che hanno colpito la Chiesa, con conseguenze a lungo termine: la crisi degli abusi sessuali dei decenni precedenti, la pandemia COVID-19 e la polarizzazione che esiste nella società americana e che colpisce anche la Chiesa del Paese.

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Vaticano

Suor Lucia, la veggente di Fatima, è ora Venerabile

Il Dicastero per le Cause dei Santi ha emesso un decreto che dichiara venerabile Lucia dos Santos, una delle veggenti di Fatima.

Paloma López Campos-22 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

A 18 anni dalla morte dell'ultima veggente di Fatima, Lucia dos SantosIl Dicastero per le Cause dei Santi ha pubblicato il decreto che riconosce le sue virtù eroiche. A partire dal 22 giugno 2023, Lucia è venerabile, un ulteriore passo avanti sulla strada della canonizzazione.

I pastorelli di Fatima (Wikimedia Commons)

La fase diocesana per la beatificazione di Lucia è iniziata solo tre anni dopo la sua morte. Il 14 febbraio 2008, il cardinale José Saraiva Martins, allora prefetto della Congregazione per le Cause dei Santi, annunciò che Benedetto XVI aveva approvato l'apertura del processo di beatificazione.

Suor Maria Lucia di Gesù e del Cuore Immacolato, conosciuta come Suor Lucia, è nata semplicemente Lucia dos Santos. Trascorse la sua infanzia normalmente nel villaggio di Aljustrel (Portogallo) fino all'età di dieci anni.

Mentre pascolava le pecore con i suoi cugini, Francesco Marto e Giacinta, vide un angelo. Questo "angelo della pace" insegnò ai bambini a pregare per i peccatori e ad adorare Dio nel sacramento dell'Eucaristia. I tre pastorelli concordano sul fatto che questa visita angelica era una preparazione a ciò che sarebbe accaduto un anno dopo.

Veggente e consacrato

Il 13 maggio 1917, la Vergine Maria apparve alle tre cugine a Cova da Iria. Anni dopo, suor Lucia la descrisse come una donna "più luminosa del sole". La Madonna apparve più volte nel corso di quell'anno, comunicando soprattutto con Lucia. Mentre lei poteva vedere, sentire e parlare con Maria, Giacinta la ascoltava senza parlare e Francesco poteva solo vederla, apprendendo in seguito ciò che diceva grazie alle ragazze.

All'età di quattordici anni, il vescovo di Leiria, per proteggerla, fece in modo che entrasse nella scuola delle Suore Dorotee, nei pressi di Porto, poiché le migliaia di pellegrini che venivano a Fatima Volevano parlare con Lucia. Nel 1952, la giovane si trasferì a Pontevedra (Spagna) e dopo il noviziato professò come suora dorotea. Durante il convento continuò a ricevere apparizioni di Gesù Bambino, della Santissima Trinità e del Cuore Immacolato di Maria.

Ingresso a Carmel

Nel 1945 ha incontrato San Josemaría Escrivá, fondatore della Opus Dei, Ottenne i documenti per portare la prelatura in Portogallo. Un anno dopo tornò in Portogallo e nel 1949 ricevette la professione di Carmelitana Scalza.

Mentre si trovava nel convento di Coimbra, su richiesta del vescovo scrisse le sue memorie, che ampliò tre volte. Nelle sue memorie rivelò i dettagli delle apparizioni e approfondì il carattere delle cuginette.

Fine vita

Lucia morì il 13 febbraio al Carmelo, dove si pensa che ricevesse ancora la visita della Vergine Maria, anche se non lo confermò mai. Chi ha condiviso la clausura con lei dice che era piena di gioia e che, man mano che invecchiava, progrediva nell'infanzia spirituale. Sembrava che fosse di nuovo la pastorella che aveva visto la Madonna a Fatima.

Tutte le virtù eroiche menzionate da coloro che l'hanno conosciuta sono ora dimostrate anche dal decreto che la proclama venerabile.

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Vaticano

Donne e Sinodo

Suor Nadia Coppa, presidente dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG), Anna Maria Tarantola, presidente della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice e la teologa Simona Segoloni discutono con Omnes della partecipazione delle donne all'assemblea sinodale.

Federico Piana-22 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Sono proprio alcune delle donne più impegnate a livello ecclesiale ad abbattere ogni dubbio, se mai ce ne fosse stato: sulla strada del Sinodo, l'universo femminile ha trovato il suo spazio di ascolto e condivisione. Alcuni esempi? Partiamo dalla decisione epocale di Papa Francesco di estendere la partecipazione all'assemblea sinodale, in programma il prossimo ottobre in Vaticano, a religiosi, consacrati e laici, la metà dei quali dovranno essere donne. Tutti avranno diritto di voto, come i vescovi. Suor Nadia Coppa, presidente dell'Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG), ha giudicato l'elezione positivamente sorprendente, sottolineando che "arricchisce il dinamismo ecclesiale, mostrando tutta la ricchezza delle nostre diversità che si esprimono in molteplici carismi".

E poi c'è Anna Maria Tarantola, presidente della Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, che vede questa elezione come parte di un più ampio progetto di promozione delle donne nella Chiesa avviato dal Papa fin dall'inizio del suo pontificato. "È un ulteriore passo avanti", dice, "che mi ha dato una grande emozione. È un riconoscimento del fatto che le donne possono dare un contributo in ambiti apparentemente lontani da loro". Di grande apertura e innovazione parla anche la teologa Simona Segoloni. La professoressa, vicepresidente del Coordinamento delle teologhe italiane e docente all'Istituto teologico Giovanni Paolo II di Roma, afferma con soddisfazione che questa "era una decisione attesa da tempo. Ora si è capito che il Sinodo dei vescovi non riguarda solo i vescovi, ma rappresenta tutta la Chiesa. Si potrebbe dire: era ora.

Nella Chiesa, il ruolo delle donne è cresciuto

Nella lunga conversazione con Omnes, le tre donne non si limitano però a soffermarsi sul Sinodo, sottolineando che il contributo delle donne è stato e sarà fondamentale: estendono la loro riflessione anche al cambiamento del ruolo delle donne nella Chiesa. Tutte e tre partono da un punto comune e condiviso: con il pontificato di Papa Francesco questo ruolo è cresciuto in quantità e qualità.

Suor Nadia Coppa utilizza una frase pronunciata a Manila nel 2015 dallo stesso pontefice per far capire come la crescita delle donne nella Chiesa sia un presupposto irrinunciabile per FranciscoIl Papa ha avuto il coraggio di dire che le donne sanno vedere le cose con occhi diversi da quelli degli uomini. E poi ha aggiunto che le donne sanno porre domande che gli uomini non possono nemmeno immaginare, perché hanno dentro di sé qualcosa di straordinario: la sorgente della vita. Le donne sanno tenere insieme i sogni e la concretezza.

Nomine ai vertici: un segnale di cambiamento

Concretezza, senza dubbio. Una qualità che caratterizza anche l'elezione delle donne recentemente nominate a capo di importanti istituzioni vaticane, come il Governatorato e la Congregazione per i Vescovi. "Sono passi che indicano la fine della discriminazione, del pregiudizio", afferma il professor Segoloni, secondo il quale "tutto questo non era affatto scontato. Ora, però, dobbiamo consolidare questa prassi affinché diventi abituale e istituzionalizzata".

Il futuro delle donne nella Chiesa, Anna Maria Tarantola - che in passato ha ricoperto alti incarichi in Banca d'Italia e nella radiotelevisione di Stato italiana, compiti prima impensabili per una donna - lo vede proiettato verso l'uguaglianza e l'inclusione, nel rispetto dei diversi ruoli: "Nelle encicliche, le donne nella Chiesa hanno un ruolo da svolgere nella Chiesa e nel mondo. Laudato Sì e Fratelli Tutti - conclude - Papa Francesco ci ha indicato la strada: dobbiamo rendere il nostro mondo più equo e inclusivo con azioni concrete e realizzabili".

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

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Stati Uniti

Le parrocchie, protagoniste del Rinascimento eucaristico

L'11 giugno 2023 è iniziata la seconda fase dell'iniziativa Rinascimento eucaristico, un programma triennale promosso dai vescovi nordamericani per promuovere la comprensione del mistero della presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia.

Gonzalo Meza-22 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

L'11 giugno 2023, solennità del Corpus Domini negli Stati Uniti, è iniziata la seconda fase dell'iniziativa. Rinascita eucaristica nazionaleun programma triennale promosso dai vescovi nordamericani per favorire la comprensione del mistero della Presenza Reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia e per ravvivare la devozione e l'amore per questo Mistero centrale della fede.

Questo progetto è nato da uno studio del 2019 del Pew Research Center che ha rivelato che due terzi dei cattolici americani non comprendono il mistero della presenza reale di Gesù Cristo nell'Eucaristia. Per loro l'Eucaristia è solo un "segno" o un "simbolo". Questa massiccia ignoranza ha spinto i vescovi a dare il via al National Eucharistic Renaissance, 2022-2025.

Obiettivi e fasi

Gli obiettivi di questa iniziativa sono, tra gli altri: promuovere la devozione eucaristica; offrire una solida catechesi sul Mistero della presenza reale di Gesù nell'Eucaristia; promuovere movimenti di preghiera e apostolato a livello parrocchiale e scoprire la presenza di Gesù nelle comunità più vulnerabili: anziani, carcerati, affamati e senzatetto.

Si articola in tre fasi: fase diocesana, fase parrocchiale e fase missionaria, precedute dal 10° Congresso Eucaristico Nazionale nel luglio 2024 e da un Pellegrinaggio Eucaristico Nazionale dal 17 maggio 2024 al 17 luglio. Questo pellegrinaggio partirà da quattro punti del Paese per percorrere quattro itinerari, coprendo una distanza complessiva di 6.500 miglia attraverso città, autostrade, catene montuose e villaggi. Ogni percorso avrà un gruppo di dodici "pellegrini perpetui", un sacerdote cappellano e veicoli per sostenere i pellegrini nei diversi percorsi.

Nei villaggi lungo il percorso si terranno messe, giornate di adorazione e processioni. Inoltre, le varie comunità che attraversano la processione ospiteranno servizi di preghiera e di adorazione, la devozione di 40 ore, nonché incontri conviviali e occasioni di socializzazione. Tutti e quattro gli itinerari convergono nella città di Indianapolis per il Congresso eucaristico nazionale.

La prima fase del progetto è iniziata il 19 giugno 2022 e si è conclusa l'11 giugno 2023. L'organizzazione di questo periodo è stata di competenza delle diocesi di tutto il Paese, che hanno organizzato congressi, processioni, cerimonie liturgiche e catechesi nelle rispettive giurisdizioni. 

Seconda fase (2023-2024): Parrocchie

La seconda fase è iniziata l'11 giugno 2023 e si concluderà il 17 luglio 2024 con il 10° Congresso Eucaristico Nazionale di Indianapolis. Sarà un evento storico. L'ultimo si è tenuto 83 anni fa e si prevede la partecipazione di 100.000 delegati provenienti da tutto il Paese.

La seconda fase comprende quattro aspetti: rivitalizzare l'attenzione all'Ars Celebrandi; promuovere l'incontro personale con Gesù Sacramentato attraverso "serate di incontro"; fornire una solida formazione sulla dottrina della Presenza Reale attraverso piccoli gruppi di studio; inviare missionari eucaristici nelle loro comunità per far conoscere l'iniziativa e invitare le persone ad avere un incontro personale con Gesù Cristo-Eucaristia; andare nelle periferie di ogni comunità parrocchiale per scoprire la presenza di Gesù nei più vulnerabili. 

Processioni eucaristiche da nord a sud

Centinaia di parrocchie in tutto il Paese hanno iniziato questa seconda fase con processioni eucaristiche per le strade delle loro città. Gesù Sacramentato ha percorso i viali delle principali città degli Stati Uniti, da Los Angeles a New York, da Washington ad Atlanta e persino in Alaska. Alcune delle processioni più rappresentative sono state le seguenti:

Gli angeli: miracoli eucaristici nel mondo

A Los Angeles, nella parrocchia di Cristo Re, dopo la celebrazione della Santa Messa, si è svolta una processione con il Santissimo Sacramento e al termine è stata inaugurata la mostra internazionale "Miracoli eucaristici nel mondo", ideata e realizzata dal Servo di Dio Carlo Acutis.

La mostra presenta pannelli con fotografie e descrizioni storiche dei principali miracoli eucaristici nel mondo. La mostra sarà presentata in 25 parrocchie dell'arcidiocesi. 

Baltimora. Invio di missionari eucaristici

A Baltimora, i vescovi Adam Parker e Bruce Lewandowski hanno presieduto la Messa di veglia del Corpus Domini nella Cattedrale di Maria Nostra Regina il 10 giugno. In questa cerimonia hanno presentato e benedetto i missionari eucaristici che gireranno per le parrocchie della diocesi insegnando e promuovendo il mistero centrale della nostra fede.

New York

Nell'arcidiocesi di New York, circa 20 chiese, tra cui quella di Cattedrale di San Patrizio hanno organizzato processioni in diverse zone di Manhattan. Nel Bronx, il vescovo ausiliare Joseph Espaillat ha guidato una processione di quattro ore con più di duemila persone lungo il Grand Concourse del Bronx. 

Washington DC

Nella capitale del Paese, la processione eucaristica è partita dalla Cattedrale di San Mateo Apostolo e ha percorso un miglio per le strade della città fino a raggiungere la Chiesa dell'Immacolata Concezione.

Atlanta

Nell'arcidiocesi di Atlanta, una dozzina di parrocchie hanno organizzato processioni eucaristiche per le strade di diverse città, tra cui Atlanta, la capitale.

Fairbanks, Alaska

Nella diocesi di Fairbanks, in Alaska, si è svolta una processione dalla cattedrale del Sacro Cuore alla chiesa dell'Immacolata Concezione.

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Vangelo

Timore malvagio e timore santo. Dodicesima domenica del Tempo Ordinario (A)

Joseph Evans commenta le letture della 12ª domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera offre una breve omelia video.

Giuseppe Evans-22 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Un tema chiaro che attraversa le letture di questa settimana è la paura. Ma dobbiamo distinguere tra paura buona e paura cattiva. C'è un timore santo: infatti, proprio uno dei doni dello Spirito Santo è il timore del Signore. Si tratta di una santa riverenza per Dio (senza confondere la fiducia in Dio come Padre amorevole con la mancanza di rispetto per Lui). Questo timore può essere anche una sensibile paura dell'inferno, come pericolo ultimo che vogliamo giustamente evitare. Infine, può essere un'espressione di affetto: la tenera paura di offendere la persona che amiamo.

Ma ci può essere anche una paura cattiva. Questo accade quando perdiamo la fiducia in Dio, come Adamo ed Eva che si nascosero dal Signore dopo aver mangiato dall'albero proibito. La paura può essere il risultato di una comprensione errata di Dio, che lo vede erroneamente come un giudice severo o un tiranno e non apprezza il fatto che sia un padre amorevole e misericordioso. Infine, si può avere paura quando si sa di essersi comportati male e si teme di essere scoperti, come un criminale che scappa dalla polizia.

Il diavolo provoca costantemente questi ultimi tipi di paura, portandoci a temere Dio e a perdere la fiducia in Lui. Questo porta al panico, che a sua volta porta ad azioni e decisioni sbagliate. Lo vediamo nelle letture di oggi, quando gli avversari di Geremia lo accusano ingiustamente di promuovere il terrore tra gli ebrei del suo tempo, quando Gerusalemme era assediata dai babilonesi: "Sentivo le accuse del popolo: 'Pavor-en-torno, denunciatelo, denunciatelo!. Si trattava di una distorsione esagerata del messaggio di Geremia, mentre in realtà il suo invito ad arrendersi ai Babilonesi era la cosa giusta da fare e avrebbe evitato molti spargimenti di sangue e la distruzione della città, che in realtà avvenne perché non tennero conto delle parole di Geremia.

Il salmista, tuttavia, incoraggia la fiducia nel Signore. È in grado di soffrire lo scherno, la vergogna e il rifiuto perché confida in Dio. Ciò che farebbe temere gli altri lo porta solo a rinnovare il suo abbandono a Dio. E nel Vangelo Gesù ci insegna il santo timore e quello che San Josemaría chiamava il "timore di Dio".santa spudoratezza".. Gesù ci dice di non temere coloro che attaccano lui e i suoi discepoli. Al contrario, perdiamo ogni paura e siamo coraggiosi nella nostra testimonianza: "Chiunque si dichiara per me davanti agli uomini, anch'io mi dichiarerò per lui davanti al Padre mio che è nei cieli. E se qualcuno mi rinnega davanti agli uomini, anch'io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli".. Tuttavia, è giusto temere e tenersi lontani da Satana, come ci si terrebbe ragionevolmente lontani da una bestia feroce: "Non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima. No, temete colui che può portare l'anima e il corpo alla perdizione nella Gehenna".. Infine, ciò che dovrebbe darci più fiducia è sapere quanto Dio ci ama e ci apprezza: "Non temere: tu vali più di molti passeri"..

Omelia sulle letture della XII domenica del Tempo Ordinario (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Dialogo per la pace tra buddisti e cattolici

Una delegazione di monaci buddisti incontra il cardinale Ayuso lo stesso giorno in cui l'arcivescovo Gallagher partecipa a una tavola rotonda sul dialogo interreligioso presso il Parlamento italiano.

Antonino Piccione-21 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il dialogo interreligioso è uno strumento di diplomazia e di costruzione della pace. Giovedì 15 giugno, presso il Parlamento italiano, si è svolta una tavola rotonda organizzata dall'Istituto per gli Studi di Politica Internazionale (ISPI) su questo tema.

All'iniziativa hanno partecipato Paul Richard GallagherSegretario della Santa Sede per i Rapporti con gli Stati e le Organizzazioni Internazionali. "Quando si parla di religione e di pace, la prima cosa che viene in mente è la preghiera", ha esordito l'arcivescovo, perché è "una via privilegiata attraverso la quale solo chi ha fede può esprimere il suo desiderio di pace".

Un desiderio "basato su quattro linee guida etiche, tipiche delle grandi tradizioni religiose: rispetto della vita, dialogo, onestà, rispetto reciproco". Solo così può funzionare il dialogo interreligioso, "fondamentale per costruire la pace tra le nazioni, visto che circa l'85% della popolazione mondiale si identifica con una religione" e per "evitare che il fondamentalismo prenda il sopravvento e le persecuzioni religiose si moltiplichino".

Qual è la strada da seguire in mezzo a tanti conflitti che insanguinano il mondo, e la comunità cristiana è la più perseguitata? "È necessario attivare misure che permettano alle parti di entrare in uno stato di pace e di giustizia, non di aggressione e di morte", ha spiegato Gallagher, "la pace non deve più essere vista come l'assenza di guerra imposta con la forza, ma come un atto di giustizia inscritto nella realtà".

Decisiva è quindi "la fraternità, considerata da Papa Francesco come fondamento e via per la pace. Così come guida le persone, deve guidare la famiglia delle nazioni, insieme alla non violenza e alla carità.

Promuovere il contatto umano, non relegare la religione alla sfera individuale per promuovere la dimensione pubblica della fede. In questo contesto, una delegazione di circa 80 monaci ha iniziato una visita di due giorni a Roma il 15 giugno. Presso l'Augustinianum, hanno incontrato i rappresentanti del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, guidato dal Il cardinale Ayuso.

La delegazione avrebbe dovuto incontrare Papa Francesco, ma a causa della convalescenza del Pontefice, gli hanno scritto una lettera, firmata dal Venerabile Somdet Phra Mahathirachan, abate del Tempio Reale di Wat Phra Cetuphon.

La delegazione thailandese era composta da membri del Consiglio supremo del Sangha della Thailandia, dell'Assemblea del Sangha di Wat Phra Chetuphon, dell'Ufficio di regolamentazione dei Bhikkhus Dhammaduta d'oltremare e del personale dell'Istituto King Prajadhipok.

La lettera al Papa, scritta in italiano a nome di tutti i membri della delegazione, dell'arcivescovo di Chiang Mai, Francesco Saverio Vira Arpondratana, e delle ambasciate thailandesi in Italia e presso la Santa Sede, si apre assicurando a Papa Francesco di essere profondamente presente nelle loro preghiere, soprattutto mentre continua a riprendersi dall'intervento chirurgico all'addome al Policlinico Gemelli, da cui è stato dimesso il 16 giugno.

I monaci buddisti hanno poi pregato per la pace e hanno visitato la tomba del defunto Papa Benedetto XVI, raccogliendosi intorno ad essa e rimanendo per qualche istante in silenzio.

Nel suo saluto alla delegazione, il cardinale Ayuso ha ricordato che, "come amici", condividiamo "le stesse gioie, gli stessi dolori, le stesse preoccupazioni e visioni". Le due delegazioni, cattolica e buddista, rappresentano un pellegrinaggio di amici, ha proseguito il cardinale, di cui Papa Francesco è testimone.

L'autoreAntonino Piccione

Mondo

Divisione nella Conferenza episcopale tedesca sul "Comitato sinodale".

Il cardinale di Colonia e i vescovi di Eichstätt, Passau e Regensburg hanno posto il veto sul finanziamento previsto per il Comitato, mettendo a rischio la sua sostenibilità. Tuttavia, sia il presidente della DBK che il presidente del Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK) mantengono la data del 10 e 11 novembre 2023 come data di inizio del Comitato.

José M. García Pelegrín-21 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La riunione del Consiglio permanente della Conferenza episcopale tedesca del 19 e 20 giugno ha rivelato il dissenso all'interno della Conferenza. Il cardinale Rainer Woelki (Colonia) e dei vescovi Gregor Maria Hanke (Eichstätt), Stefan Oster (Passau) e Rudolf Voderholzer (Regensburg) ha rilasciato a mezzogiorno di martedì 20 giugno una dichiarazione in cui spiega perché si oppone al finanziamento del cosiddetto Comitato sinodaleIl Consiglio sinodale.

Come è noto, in diverse occasioni vari organismi vaticani - in particolare il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin e gli allora prefetti del Dicastero per la Dottrina della Fede, Luis Ladaria, e della Congregazione episcopale per la Dottrina della Fede, Luis Ladaria, e della Congregazione episcopale per la Dottrina della Fede, Luis Ladaria, e Luis Ladaria, Marc OuelletLa lettera è stata indirizzata, su espressa indicazione del Papa, il 16 gennaio 2023 al presidente della Conferenza episcopale tedesca, Mons. Georg Bätzing- ha proibito la creazione di tali organi di governo "a livello nazionale, diocesano o parrocchiale". È a questo che si riferiscono ora i quattro vescovi "dissidenti".

Ricordano anche che durante la visita ad limina lo scorso novembre, i vescovi tedeschi hanno deciso di portare avanti le questioni sollevate nel Cammino sinodale tedesco di trattare con loro a Roma, ma che in nessun momento si è parlato di un nuovo organismo. Non sarebbe improbabile", affermano nella loro dichiarazione, "che ora venga creato un organismo le cui competenze non sono chiare, e che alla fine si scopra che non si può fare in questo modo. Prima di prendere in considerazione nuove forme organizzative in Germania, sarebbe necessario attendere l'esito del Sinodo universale della sinodalità.

Essi si riferiscono anche al fatto che molte decisioni del Cammino Sinodale hanno causato "disagio tra molti credenti in tutto il mondo: si tratta di questioni profonde di dottrina, soprattutto della dottrina della Chiesa, di antropologia e i sacramenti. Se dovessimo andare avanti qui in Germania, la polarizzazione tra i fedeli nel nostro Paese, tra i vescovi e nelle interazioni della Chiesa universale non farebbe che intensificarsi". Mentre le questioni del Cammino sinodale vengono affrontate anche in altri Paesi, soprattutto nell'Europa occidentale, "ovunque ci sono voci che sostengono il mantenimento dell'attuale dottrina".

I vescovi titolari delle altre 23 diocesi tedesche sono apparentemente disposti a finanziare il comitato sinodale. Tuttavia, come ha sottolineato la DBK in una dichiarazione, il finanziamento previsto attraverso l'Associazione delle diocesi tedesche (VDD) deve essere approvato all'unanimità. In altre parole, il finanziamento previsto non sarà possibile a causa del veto dei quattro vescovi sopra citati, per cui sarà necessario trovare un'altra fonte di finanziamento. Tuttavia, la DBK si attiene al piano concordato dai presidenti del cammino sinodale - il vescovo Georg Bätzing, presidente della DBK, e Irme Stetter-Karp, presidente della ZdK - secondo cui la prima riunione del Comitato sinodale si terrà il 10-11 novembre 2023.

In una prima reazione, la ZdK incoraggia la maggior parte dei vescovi a trovare una fonte di finanziamento alternativa. In questo contesto, Irme Stetter-Karp ritiene che "a lungo termine siano necessarie importanti riforme della struttura finanziaria della Chiesa". Il presidente della ZdK continua: "È giunto il momento che il popolo della Chiesa e i vescovi discutano insieme le priorità e la distribuzione dei fondi.

Indipendentemente dal fatto che si riesca o meno a trovare un modo per finanziare e dotare di personale il "Comitato sinodale", il veto dei quattro vescovi ha reso evidente il dissenso causato dal cammino sinodale tedesco all'interno della DBK.

Vaticano

Instrumentum laboris" per l'imminente assemblea sinodale pubblicato

Si è tenuta una conferenza stampa per la presentazione della Instrumentum laboris della prima sessione della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi sul tema: "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione".

Loreto Rios-21 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

All'evento, che si è svolto il 20 giugno nella Sala Stampa, hanno partecipato il cardinale Mario Grech, segretario generale della Segreteria generale, il cardinale Jean-Claude Hollerich, arcivescovo di Lussemburgo, e padre Giacomo Costa, consulente della Segreteria generale del Consiglio mondiale delle Chiese. Sinodo.

Durante la conferenza stampa, brevi testimonianze sulla preparazione dell'assemblea di ottobre sono state date da Helena Jeppesen-Spuhler, membro della delegazione svizzera all'Assemblea continentale di Praga; da suor Ester Lucas, membro dell'équipe sinodale del SECAM, commissione teologica, che ha letto il testo di padre Rafael Simbine Junior, segretario generale del SECAM, e da Nadia Coppa, presidente dell'Unione internazionale dei superiori generali.

Fasi del Sinodo

"Il Sinodo è iniziato il 10 ottobre 2021, con la celebrazione di apertura a San Pietro. Da allora, la prima fase è stata suddivisa in tre tappe: la prima, nelle Chiese locali, con il
consultazione del popolo di Dio. L'invito è stato rivolto a tutti, in particolare alle periferie e a coloro che per un motivo o per l'altro si sentono "esclusi"; il secondo, nelle Conferenze episcopali, con il discernimento dei vescovi sui contributi delle Chiese locali; il terzo, nelle Assemblee continentali, con un altro livello di discernimento in vista della seconda fase del Sinodo. L'ascolto è necessario, perché la Chiesa sinodale è, per definizione, la 'Chiesa dell'ascolto'", ha detto il cardinale Mario Grech.

Da parte sua, il cardinale Jean-Claude Hollerich si è concentrato nel suo intervento sul documento Instrumentum laboris: "È il risultato del processo sinodale a tutti i livelli, un risultato che dà origine a molte domande a cui potrebbero rispondere i partecipanti al Sinodo dei vescovi. La struttura del testo e la dinamica strutturale dell'Assemblea sinodale sono strettamente correlate. Innanzitutto, il testo fornisce una narrazione del processo sinodale che la Chiesa ha intrapreso. Il testo si basa su una miriade di esperienze personali e comunitarie. La Chiesa è in Sinodo: mentre cerchiamo di camminare insieme, sperimentiamo una nuova arte di camminare guidata dallo Spirito".

Ha sottolineato che il testo porta quindi a una questione di discernimento, "un discernimento sulla concretezza della comunione, della missione e della partecipazione".

Episcopalis Communio

Padre Giacomo Costa ha sottolineato che il quadro di riferimento dell'assemblea rimane la Costituzione apostolica. Episcopalis Communioe in particolare gli articoli 13-18. "La metodologia proposta è quindi in continuità con quella delle ultime Assemblee, con alcune variazioni. Ciò è dovuto in parte a ragioni pratiche, legate all'aumento del numero dei membri. Aumenta il numero dei vescovi: circa 20 in più rispetto all'ultima Assemblea Generale Ordinaria, quella del 2018, vista la crescita del numero di vescovi nel mondo. E c'è un aumento del numero di non vescovi, a seguito dell'allargamento della partecipazione approvato da Papa Francesco ad aprile". In totale, ha indicato che i membri dell'Assemblea sono circa 370, esclusi gli esperti, mentre nel 2018 erano 267 i padri sinodali, più cinquanta uditori.

Helena Jeppesen-Spuhler ha sottolineato il ruolo dei laici in questo processo: "Non siamo semplicemente cristiani che devono ricevere e accettare regole e prescrizioni. Si tratta ora di capire come noi fedeli intendiamo la fede cristiana nel nostro contesto specifico". E nei rispettivi testi, che riassumono i risultati dei processi di ascolto e discernimento, si riflettono le nostre preoccupazioni e i nostri bisogni. Sono testimonianze del fatto che siamo in cammino verso una Chiesa sinodale.

Il Sinodo e lo Spirito Santo

Padre Raphael Simbine Junior, nel testo letto da suor Ester Lucas, ha sottolineato l'importanza dell'Assemblea sinodale continentale africana, che "ha segnato una tappa importante nel cammino della Chiesa in Africa verso la sinodalità. Ha fornito una piattaforma inclusiva per i delegati di tutta l'Africa e delle sue isole per intraprendere un viaggio sinodale spirituale, guidato dal Documento per la tappa continentale".

Infine, Nadia Coppa, Presidente dell'Unione Internazionale dei Superiori Generali, ha segnalato che la sinodalità non è possibile senza lo Spirito Santo: "L'esperienza della sinodalità è prima di tutto un'esperienza dello Spirito, è un cammino aperto, non prestabilito, che si tesse attraverso l'incontro, il dialogo e la condivisione, che arriva ad allargare e modificare la visione di ciascuno. Essere Chiesa sinodale, si legge nell'Istrumentum Laboris, significa riconoscere la comune dignità che deriva dal Battesimo, che rende coloro che lo ricevono figli e figlie di Dio, membri della sua famiglia e, quindi, fratelli e sorelle nella Chiesa e inviati a compiere una missione comune (n. 20)".

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Stati Uniti

Una settimana dedicata alla libertà religiosa

La Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha indetto per il 22 giugno una settimana di preghiera, riflessione e azione per la libertà religiosa.

Paloma López Campos-21 giugno 2023-Tempo di lettura: 8 minuti

Il 22 giugno la Chiesa cattolica celebra San Tommaso Moro e San Giovanni Fisher. Per intercessione e patrocinio di questi santi, la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) invita a una settimana di preghiera, riflessione e azione per la libertà religiosa.

L'episcopato considera questi uomini un esempio di "cittadinanza fedele". Entrambi "hanno amato e servito il loro Paese". Erano due uomini che "non si sono mai alzati per incitare alla ribellione o fomentare la rivoluzione. Non erano traditori. Ma quando la legge del re entrò in conflitto con la legge di Cristo, si sottomisero a Cristo".

San Tommaso Moro e San Giovanni Fisher "hanno dato la loro vita per la libertà della Chiesa e per la libertà di coscienza. Sono testimoni della verità che nessun governo può rivendicare l'anima di una persona". Pertanto, i vescovi chiedono la loro intercessione affinché "continuino a illuminarci la strada mentre cerchiamo di servire fedelmente la nostra Chiesa e il nostro Paese".

La libertà, un dono divino

Con il motto "Abbracciamo il dono divino della libertà", l'USCCB vuole concentrarsi per una settimana su vari aspetti della libertà religiosa. Nello specifico, i vescovi hanno proposto otto aspetti su cui pregare, riflettere e agire:

-Rispetto per gli spazi sacri

-Segreto di confessione

-Nicaragua

-Studenti del campus

-Cristiani in Nigeria

-Fede negli affari

-Immigrati

-Assistenza medica cattolica

Rispetto degli spazi sacri

I vescovi spiegano che "la natura stessa di uno spazio sacro è che è distinto da altri luoghi come area per il culto divino e dovrebbe quindi essere trattato con rispetto". La considerazione di questi spazi "è fondamentale per il beneficio della pace civile, che è parte del bene comune".

Uno dei manifesti con l'intenzione di preghiera per il 22 (USCCB)

L'USCCB denuncia l'aumento degli attacchi agli spazi sacri, in particolare dopo l'annullamento del Roe contro Wade. "Ma i cattolici e gli altri cristiani non sono gli unici a difendere i loro spazi sacri. In Arizona, le tribù dei nativi americani hanno lottato per impedire che Oak Flat, un luogo usato per la preghiera e il culto da tempo immemorabile, venisse distrutto da una compagnia mineraria di rame". Anche se il contesto varia in questi casi, "il principio di fondo è lo stesso: gli attacchi agli spazi sacri, sia per ideologia politica che per commercio, sono dannosi per la libertà religiosa".

In risposta, i vescovi chiedono di pregare "affinché la testimonianza cristiana di fronte agli attacchi alle nostre chiese converta i cuori alla fede in Gesù Cristo e affinché le persone di tutte le religioni siano libere di riunirsi nei luoghi sacri senza paura".

Il segreto della confessione

L'USCCB definisce il sacramento della confessione o riconciliazione come "un incontro sacro tra il penitente e il Signore che offre perdono e guarigione attraverso il ministero del sacerdote". Data la sua evidente importanza, "il Codice di diritto canonico proibisce ai sacerdoti di divulgare le informazioni ricevute in confessione". Inoltre, la Chiesa ha stabilito la scomunica come pena per il sacerdote che viola direttamente il segreto della confessione.

Oggi, soprattutto con l'esposizione dei casi di abusi sessuali, molte istituzioni chiedono la revoca del sigillo della confessione e i vescovi riconoscono che "è essenziale che, per quanto possibile, la Chiesa collabori con le autorità civili per garantire che i criminali siano assicurati alla giustizia e che le comunità siano sicure". Tuttavia, "un sacerdote non può costringere un penitente a consegnarsi come condizione per ricevere l'assoluzione, i sacerdoti possono incoraggiare il penitente a denunciare i crimini alle autorità competenti, o possono chiedere al penitente di parlare con lui al di fuori del contesto della confessione".

Il rispetto di questa segretezza nella riconciliazione con Dio "è il riconoscimento del giusto rapporto tra Chiesa e Stato e del diritto al libero esercizio della religione, non solo per i cattolici, ma per le persone di tutte le religioni".

Dato il contesto attuale, l'USCCB chiede ai cattolici di pregare "affinché i governi rispettino la segretezza del confessionale mentre la Chiesa negli Stati Uniti continua a lavorare per eliminare il flagello degli abusi da parte del clero".

Nicaragua

Intenzione di preghiera per il Nicaragua (USCCB)

I vescovi denunciano la situazione vissuta dalla Chiesa in Nicaragua che, dal 2018, "sta affrontando una sistematica e persistente campagna di aggressione da parte del governo e di agenti filogovernativi, con chiese attaccate con forza letale, sacerdoti e religiosi imprigionati o esiliati, il nunzio apostolico espulso e, nel febbraio 2023, l'ingiusta condanna del vescovo Rolando Álvarez di Matagalpa, in Nicaragua, a 26 anni di carcere".

L'episcopato sottolinea che "la crudeltà della persecuzione è evidenziata dai numerosi atti di profanazione del Santissimo Sacramento commessi dalle forze filogovernative e dal divieto delle processioni tradizionali da parte della popolazione, in gran parte cattolica, durante la Settimana Santa. Si tratta di atti di terrorismo psicologico e spirituale, calcolati politicamente, contro i fedeli del Nicaragua. Il loro scopo è quello di inviare un messaggio ai vescovi, ai sacerdoti e ai fedeli che il regime farà tutto il possibile per schiacciare e mettere a tacere la voce morale della Chiesa cattolica nel Paese".

Studenti nel campus

Le università degli Stati Uniti permettono agli studenti di partecipare a gruppi legati alla religione. "Tuttavia, le politiche universitarie volte a promuovere l'inclusione, come la regola secondo cui ogni studente ha il diritto di essere il leader di un gruppo studentesco del campus, sono state utilizzate per proibire ai gruppi studenteschi religiosi di garantire che i loro leader e membri condividano la loro fede".

Queste regole portano a situazioni incoerenti, in quanto "un ateo potrebbe guidare uno studio biblico, un negazionista del cambiamento climatico potrebbe guidare il club di ecologia o un repubblicano potrebbe guidare i College Democrats". Le politiche universitarie danno un "falso senso di inclusività" e impediscono "ai gruppi di avere una missione o un'identità distintiva".

Secondo l'episcopato, le università, per accogliere il dono della libertà, devono permettere "ai gruppi studenteschi di operare secondo le loro missioni distintive".

Cristiani in Nigeria

L'USCCB fa eco al comunicato inviato dalla Conferenza episcopale della Nigeria nel 2021, in cui si denunciava la grave situazione nel Paese. I vescovi affermano che "c'è una totale mancanza di sicurezza". Gli scontri si sono aggravati "perché i pastori sono generalmente musulmani della tribù Fulani e gli agricoltori sono cristiani di varie etnie", il che ha ulteriormente aumentato "le differenze etniche e religiose nei conflitti che hanno avuto origine per l'accesso alle risorse agricole".

Manifesto con l'intenzione di pregare per la Nigeria il 26

Le carenze nelle soluzioni fornite dalle istituzioni pubbliche hanno provocato un ciclo di rappresaglie in tutta la Nigeria. "Ad esempio, nel gennaio 2022, terroristi islamici hanno attaccato e incendiato una canonica, uccidendo un sacerdote e ferendone gravemente un altro. Successivamente, una folla di cristiani ha incendiato l'ufficio della polizia locale in risposta alla percezione che la polizia non risponde con la stessa rapidità agli attacchi contro i cristiani come fa con i musulmani".

La controversia è così grave che "la possibilità di dialogo tra gruppi opposti" è inibita e la libertà religiosa è messa in pericolo. I vescovi statunitensi chiedono quindi ai cattolici di pregare in particolare questa settimana "affinché i pastori e gli agricoltori in Nigeria, il cui conflitto per l'accesso alla terra e alle risorse ha alimentato le tensioni religiose, possano trovare i mezzi per trovare un compromesso e risolvere le loro differenze in modo non violento".

La fede negli affari

L'episcopato ricorda che "i cristiani sono tali non solo quando pregano o prestano servizio nel ministero non profit", ma che la loro fede dovrebbe estendersi a tutte le sfere della loro vita. Ciò significa che "i cattolici cercano di vivere la loro fede anche nella vita lavorativa", ma non solo: "devono essere in grado di vivere la loro religione in modo olistico. Tutte le persone devono essere libere di lasciare che la loro fede li guidi nei loro affari quotidiani, anche nel lavoro e negli affari".

L'USCCB spiega che i conflitti tra il mondo del lavoro e la libertà religiosa "possono sorgere quando un dipendente chiede un accomodamento per le sue pratiche, come ad esempio un'eccezione alle regole di abbigliamento per indossare certi abiti religiosi o una richiesta di adattare gli orari a certi giorni o orari, come il sabato o certi momenti di preghiera". Un altro tipo di conflitto "riguarda i casi in cui l'azienda stessa entra in conflitto con la politica del governo", come i programmi di assistenza sanitaria considerati immorali o i discorsi che vanno contro le convinzioni religiose. "In tutti questi casi, una cultura che abbraccia il dono divino della libertà sarà una cultura che lascia il massimo spazio possibile alle persone per partecipare alla vita lavorativa in accordo con le loro convinzioni religiose".

Immigrati

I vescovi parlano del delicato equilibrio tra la difesa dei confini nazionali e il rispetto della dignità di tutte le persone. Accanto all'azione delle istituzioni pubbliche, la Chiesa cerca anche di rispondere ai bisogni dei migranti, che vanno "dal soddisfare le necessità di base all'assistenza per il reinsediamento e all'offerta di servizi legali per aiutare i nuovi arrivati ad esplorare le aspettative del Paese ospitante".

Tuttavia, alcuni di questi servizi cristiani subiscono attacchi legali "perché la Chiesa si rifiuta di facilitare gli aborti per i bambini affidati alle nostre cure, mentre in altri luoghi, i governi statali hanno approvato o proposto leggi che proibiscono l'"asilo" o il trasporto di immigrati privi di documenti, anche quando l'"asilo" è solo un posto sicuro dove dormire, o il trasporto è solo un viaggio per andare a messa, il che potrebbe essenzialmente criminalizzare gran parte del ministero della Chiesa verso gli immigrati".

L'USCCB ritiene che "una nazione che abbraccia il dono divino della libertà rispetterà la dignità di tutte le persone e permetterà alla Chiesa di svolgere la sua missione nei confronti delle persone vulnerabili, compresi i migranti e i rifugiati".

Assistenza sanitaria cattolica

I vescovi sottolineano la grande dedizione della Chiesa ai malati attraverso "istituzioni dedicate alla medicina e all'accompagnamento dei morenti". Oggi, tuttavia, gli ospedali e i professionisti cattolici devono affrontare una serie di sfide, alcune delle quali attentano alla libertà religiosa.

"Gli attivisti hanno cercato di minare la missione della Chiesa costringendo gli ospedali cattolici a eseguire procedure che distruggono la vita umana e minano la dignità umana, come la sterilizzazione, la chirurgia per il cambio di sesso e persino l'aborto, e le persone di fede che lavorano in istituzioni laiche possono essere costrette a praticare aborti".

Le modifiche apportate dal governo statunitense ai regolamenti federali hanno portato, in molti casi, all'eliminazione delle "protezioni di coscienza per le istituzioni e il personale sanitario". L'USCCB sottolinea che "una cultura che accoglie il dono della libertà di Dio è una cultura che rispetta la coscienza degli ospedali e dei professionisti che cercano di svolgere il ministero di guarigione di Cristo".

Pregare, riflettere e agire per la libertà religiosa

Accanto alle riflessioni dell'USCCB, i vescovi incoraggiano ogni giorno un'intenzione di preghiera e un'azione concreta per dare visibilità alla libertà religiosa.

Tutte le informazioni su questa iniziativa sono disponibili su Inglese e in Spagnolosul sito web della Conferenza episcopale.

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Stati Uniti

I giornalisti cattolici devono proclamare il messaggio di Cristo

Il cardinale Wilton D. Gregory, arcivescovo di Washington, si è rivolto ai giornalisti e agli altri professionisti dei media in occasione della conferenza annuale della Catholic Media Association.

Jennifer Elizabeth Terranova-20 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il cardinale Wilton D. Gregory, arcivescovo di Washington, ha celebrato la Messa presso la basilica del santuario nazionale dell'Assunzione della Beata Vergine Mariaa Baltimora. L'Eucaristia si è svolta durante la Conferenza annuale dell'Associazione Cattolica dei Media (CMA), che si è svolta dal 6 al 9 giugno. Il messaggio del cardinale ai giornalisti e ai professionisti dei media è stato chiaro: proclamare la "Buona Novella" e rimanere fedeli a ciò che è vero.

La Catholic Media Association è un'organizzazione di professionisti dei media cattolici la cui missione è sostenere, arricchire e aiutare i suoi membri a sviluppare le loro capacità di comunicare efficacemente il Vangelo.

Il compito del giornalismo moderno

Il Cardinale Gregory ha parlato delle sfide che i comunicatori cattolici devono affrontare e li ha esortati ad "aderire ai più alti principi della vostra professione... e ad essere diligenti nella vostra ricerca, onesti nella vostra politica editoriale, competenti nell'uso dei moderni mezzi di comunicazione, ma sempre motivati dalla verità di Cristo, che troppo spesso viene solo sussurrata in stanze chiuse o parlata al buio. Siete persone che portano tutta la forza del giornalismo moderno al compito di rivelare il disegno di Dio su di noi in Cristo".

La competenza è essenziale, ha detto il Cardinale Gregory, ma i comunicatori cattolici devono essere più che "cronisti e registratori competenti di eventi religiosi...". Ha incoraggiato i presenti a rimanere saldi nella loro chiamata a proclamare la verità nonostante il clima attuale della società. "Consolatevi sapendo che le persone possono ancora ascoltare con piacere la verità degli insegnamenti del Signore, anche nel nostro mondo spesso cinico".

Amore per la verità

Sua Eminenza ha anche ricordato ai giornalisti cattolici che "la vostra è la grande opportunità di riferire una parola di verità che ha cambiato la vostra stessa vita. È l'amore per quella verità che vi spinge a rivelare quelle cose nascoste perché possano - a loro volta - cambiare la vita degli altri".

Il Cardinale Gregory ha anche espresso la sua gratitudine per il lavoro dell'AMC, perché le buone notizie sollevano sempre e creano luce nelle tenebre. E ha offerto preghiere per i membri dell'AMC che sono morti nell'ultimo anno.

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Mondo

Thierry Bonaventura: "Il Sinodo è arrivato a coinvolgere tutto il popolo di Dio".

Thierry Bonaventura ripercorre in questa intervista a Omnes alcuni dei momenti salienti del Sinodo. Tra le altre cose, ci racconta come si è svolto il processo di preparazione, quali iniziative sono emerse lungo il percorso, quali sono state le principali sfide, come sono state gestite le critiche e quali sono i prossimi passi da compiere.

Giovanni Tridente-20 giugno 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Thierry Bonaventura è il responsabile della comunicazione del Sinodo dei vescovi 2021-2023.

Questo giugno, con la pubblicazione del Instrumentum laboris per la prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà a Roma dal 4 al 29 ottobre 2023. Un percorso iniziato più di due anni fa e che ha coinvolto molte persone della realtà ecclesiale in diverse tappe, prima locali e poi internazionali.

Una mobilitazione in cui la comunicazione ha giocato un ruolo essenziale, perché ha permesso di coinvolgere il maggior numero possibile di persone, manifestazione del popolo di Dio. In questa intervista a Omnes, Thierry Bonaventura, responsabile della comunicazione del Sinodo, ci racconta in prima persona cosa ha significato per il mondo questo lungo percorso sinodale avviato da Papa Francesco.

Tra pochi mesi inizieranno i lavori della prima sessione dell'Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo, un percorso iniziato nel 2021. ¿Che cosa ha significato per lei gestire questo processo in modo comunicativo?

-Queste parole mi vengono in mente: il processo è stato una sfida, ma soprattutto un dono. Sono arrivato alla Segreteria generale del Sinodo nell'agosto del 2021, cioè due mesi prima dell'apertura ufficiale del processo sinodale. Come la maggior parte dei fedeli, conoscevo poco il Sinodo e la sinodalità. Ho dovuto affrontare un ambiente nuovo, grande e complesso: il Vaticano, con le sue strutture e procedure interne a volte complicate. Mi sono proposto di rendere tangibile e coerente l'invito di Papa Francesco a promuovere una Chiesa aperta all'ascolto, vicina, come il Buon Samaritano, alle sofferenze di questo mondo, alle persone lontane o indifferenti al messaggio di salvezza di Cristo. In qualche modo doveva contribuire a dare una nuova immagine a una struttura ecclesiale che la gente percepisce come un po' distante.

Supponiamo che avesse l'appoggio dei suoi superiori?

-Sono grato di aver avuto un segretario generale dietro alcune delle mie idee, che mi ha sempre sostenuto. Questo ha fatto la differenza. Da allora, non mi sono mai fermato! Ci sono stati molti incontri, ci sono state più sfide, ma anche più soddisfazioni, che hanno poi influenzato il mio lavoro di comunicazione. Vi faccio un esempio concreto. 

Il Papa aveva aperto il processo sinodale il 10 ottobre e aveva chiesto a tutte le diocesi del mondo di avviare il processo, segnandone l'inizio con una celebrazione diocesana. Data la mia scarsa preparazione, ho avuto l'intuizione di diffondere un numero WhatsApp attraverso una newsletter che avevo appena aperto. Ho ricevuto centinaia di messaggi con foto, brevi testimonianze, omelie e altro materiale, alcuni di altissima qualità, preparati direttamente dalle diocesi. Da qui è nata l'idea di creare il portale synodresources.orgdove raccogliere tutte queste informazioni. 

È stato allora che mi sono reso conto che il mio modo di comunicare poteva essere solo partecipativo, realizzato non per ma insieme con colleghi di conferenze episcopali, diocesi, parrocchie, associazioni, congregazioni religiose...

Come affrontare la perplessità di chi fatica a capire il vero significato del Sinodo?

-Per molto tempo, il Sinodo dei Vescovi era percepito come una realtà lontana, appannaggio dei vescovi, che trattava questioni certamente molto importanti, ma che non sempre erano vissute dalla gente comune con la stessa urgenza dei cosiddetti "addetti ai lavori". Spesso il Sinodo si riduceva al documento di lavoro, alla celebrazione dell'evento e all'attesa di un documento finale del Papa, noto come Esortazione post-sinodale.

Papa Francesco ha voluto restituire questo importante strumento di discernimento a tutta la Chiesa. Già con le due assemblee speciali sulla famiglia ha invitato i fedeli a partecipare inviando un modulo. Nel 2018, con la Costituzione apostolica Episcopalis CommunioHa aggiornato il modo in cui il Sinodo viene condotto: da evento, è diventato un processo in cui è importante coinvolgere tutto il popolo di Dio che compone la Chiesa. 

Questa ampia partecipazione del Popolo di Dio, di cui anche i vescovi sono espressione, è in realtà solo il naturale sviluppo dell'ecclesiologia del Popolo di Dio del Concilio Vaticano II, un po' smorzata da un'ecclesiologia che intendeva la comunione nella Chiesa soprattutto come comunione gerarchica. Ma d'altra parte non bisogna dimenticare che il lungimirante San Paolo VI aveva già suggerito un'evoluzione della struttura al momento stesso della sua costituzione.

Durante i preparativi non sono mancate critiche e incomprensioni: come ha fatto a gestire tutto questo? 

-Con rispetto, serietà e carità. Papa Francesco ci ha chiesto di ascoltare tutti e noi lo abbiamo fatto. Abbiamo ascoltato chi partecipa attivamente alla vita della Chiesa, ma anche chi si è allontanato per vari motivi. Abbiamo anche ascoltato i silenzi di chi non si è sentito interpellato e di chi non ha voluto essere coinvolto nel processo sinodale. Credo che la gente oggi abbia bisogno di una Chiesa autentica, e come segreteria del Sinodo abbiamo cercato di essere autentici ascoltando le critiche, le incomprensioni e le paure dei singoli e dei gruppi. 

Tutti questi punti di vista devono essere presi sul serio. Sono fondamentali per il processo sinodale. Avrei paura se non ci fossero dibattiti e incomprensioni, perché questo non mostrerebbe il volto di una Chiesa viva. A livello comunicativo non ho mai chiuso la porta a un collega critico nei confronti del processo, perché credo nel dialogo. L'importante è che chi è scettico o critico nei confronti del processo mostri davvero la volontà di capire, di camminare insieme. Sono assolutamente convinto che, a prescindere dalle mie argomentazioni o dalle mie convinzioni, il vero protagonista di questo processo sia lo Spirito Santo. Sarà lui a permettere una progressiva conversione del cuore del mio interlocutore. 

Per me, questo dovrebbe essere l'atteggiamento di chi ha il compito di portare avanti la comunicazione della Chiesa dal punto di vista istituzionale: essere veri e autentici, fare e dare il meglio di sé per aiutare innanzitutto i colleghi giornalisti a fare meglio il loro lavoro.

Che aria tira dietro le quinte di una "macchina" che ha mobilitato e mobiliterà migliaia di persone, che di fatto rappresentavano il vero ascolto del popolo di Dio voluto da Papa Francesco?

-Molto entusiasmo, eccitazione, ma anche un po' di inquietudine. Credo che in molte persone della segreteria o delle commissioni che lavorano con noi si percepisca un grande entusiasmo accompagnato da un sentimento di gratitudine, perché siamo consapevoli di vivere qualcosa di speciale, di storico, nella vita della Chiesa.

Non solo la riflessione, ma anche la pratica della sinodalità all'interno della Chiesa sta diventando sempre più importante, così come la comprensione di questo Sinodo su questo tema, che è così difficile da afferrare per coloro che non conoscono l'ecclesiologia. È chiaro che le questioni organizzative occupano ormai gran parte del nostro tempo, ma non solo. 

Vogliamo fare del nostro meglio per offrire una buona accoglienza ai partecipanti, ai tanti gruppi diocesani e parrocchiali, alle associazioni e alle congregazioni religiose che ci chiedono come essere parte attiva dell'incontro del prossimo ottobre. Insomma, c'è un grande desiderio di mettere in pratica la sinodalità, di ascoltarsi, di lavorare e di prendere decisioni insieme per il bene della Chiesa. 

Vede qualche rischio? 

-Il rischio sarebbe quello di non far capire che il Sinodo non riguarda una questione specifica, ma la Chiesa come sinodo e i passi da compiere per vivere meglio la comunione e condividere la missione di annunciare Cristo e costruire il Regno di Dio attraverso la partecipazione di tutti. Il giudizio sull'evento dovrebbe dipendere da questo e non dalla risoluzione di una questione specifica.

Quali sono i passi più immediati da fare ora per l'Assemblea?

-In primo luogo, la pubblicazione del libro di Instrumentum LaborisCiò significa la consegna al popolo di Dio del documento che sarà utilizzato per la preparazione e la discussione dei partecipanti all'Assemblea. E poi la pubblicazione dell'elenco dei partecipanti, che creerà un legame tra il popolo di Dio e i vescovi chiamati a rappresentarlo.

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Cultura

La "Croce di chiodi" di Coventry

Una "memoria storica" basata sulla riconciliazione tra nazioni e popoli, con l'idea di "curare le ferite della storia".

José M. García Pelegrín-20 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Nella notte tra il 14 e il 15 novembre 1940, l'aviazione tedesca (Luftwaffe) bombardò la città inglese di Coventry nell'ambito della cosiddetta "Battaglia d'Inghilterra" della Seconda Guerra Mondiale. Coventry, una città a 153 chilometri a nord-ovest di Londra, ospitava grandi aziende che rifornivano l'aviazione britannica (Royal Air Force, RAF), che Hitler stava cercando di neutralizzare come precondizione per la prevista occupazione.

Quella notte, 449 aerei da bombardamento sganciarono centinaia di migliaia di bombe; 550 persone furono uccise e diverse migliaia ferite. La città e con essa la cattedrale anglicana furono ridotte in rovina. La cattedrale è rimasta nel suo stato di rovina come simbolo delle terribili conseguenze del bombardamento.

Ma dalla Cattedrale di Coventry è emerso anche un simbolo, non di distruzione ma di riconciliazione. Durante i lavori di rimozione, sono stati trovati tra le macerie dei grossi chiodi di ferro, che originariamente sostenevano le pesanti travi della volta della navata centrale fin dal XIV secolo. Tre di questi chiodi sono stati utilizzati per formare una croce.

Da qui nacque il simbolo della "Croce di chiodi" di Coventry, che si trova ancora sull'altare in rovina e che doveva essere il simbolo originale di un movimento di riconciliazione. Nel discorso radiofonico del Natale 1940, l'allora decano Richard Howard - dalle rovine della cattedrale - invitò gli inglesi a non cercare la vendetta, ma a lavorare per la riconciliazione. Poco dopo fece incidere le parole PADRE PERDONO sulla parete del coro in rovina.

Dresda, Berlino e Amburgo

Da Coventry, le "croci di chiodi" iniziarono a essere inviate inizialmente alle città tedesche distrutte dalla guerra, in questo caso dagli aerei britannici e americani. Particolarmente importanti furono Dresda, Berlino e Amburgo.

A Dresda, i raid aerei britannico-americani del 13-15 febbraio 1945 distrussero completamente la città, compresa la famosa Frauenkirche, che fu ricostruita solo nel 2005.

Croce di chiodo. Chiesa commemorativa di Berlino

A Berlino, fu la Chiesa della Memoria - così chiamata perché il Kaiser Guglielmo II la fece costruire in memoria di suo nonno Guglielmo I - a essere lasciata in rovina dopo i raid aerei della Seconda Guerra Mondiale. Dopo la guerra, nuovi edifici moderni sono stati accostati alle rovine di una delle torri.

Anche la chiesa di San Nicola ad Amburgo è stata lasciata in rovina come memoriale. In tutte e tre queste chiese ci sono ancora croci con chiodi.

Il movimento si è diffuso e nel 1974 è stata fondata la "Comunità Internazionale della Croce di Chiodi", che è diffusa in cinque continenti, da Paesi europei come la Bosnia-Erzegovina all'Australia, agli Stati Uniti e al Canada, alla Giordania e al Sudan. Il suo obiettivo principale è quello di "curare le ferite della storia".

Il preghiera di riconciliazione

La comunità internazionale della croce di chiodi è unita spiritualmente da tre elementi: in primo luogo, la cosiddetta "croce di chiodi". preghiera di riconciliazioneLa Croce di Chiodi, formulata nel 1958 e da allora pregata il venerdì alle 12 nelle rovine dell'antica Cattedrale di Coventry e in numerosi "centri della Croce di Chiodi" in tutto il mondo:

"Tutti hanno peccato e mancano alla gloria di Dio (Rm 3,23).

L'odio che divide nazione da nazione, razza da razza, classe da classe,

Padre, perdonami.

L'avido desiderio di persone e nazioni di possedere ciò che non è loro,

Padre, perdonami.

L'ambizione che sfrutta il lavoro di uomini e donne e devasta la terra,

Padre, perdonami.

La nostra invidia per il benessere e la felicità degli altri,

Padre, perdonami.

La nostra indifferenza verso la condizione dei senzatetto e degli sfollati,

Padre, perdonami.

Un'avidità che disonora i corpi di uomini, donne e bambini,

Padre, perdonami.

L'orgoglio che ci porta a confidare solo in noi stessi e non in Dio,

Padre, perdonami.

Ma siate gentili gli uni con gli altri, teneri di cuore, perdonandovi a vicenda, come in Cristo Dio ha perdonato a voi (Ef. 4,32)."

Servizio comune per la riconciliazione e San Benedetto

Il secondo elemento è il "servizio comune per la riconciliazione nelle aree di conflitto del mondo" e, in terzo luogo, la cosiddetta "regola di vita", che affonda le sue radici nella regola di San Benedetto da Nursia: "Preghiera e lavoro (ora et labora), pietà e vita sono intese come un'unità".

La "Comunità della Croce di Chiodi in Germania" ("Nagelkreuzgemeinschaft in Deutschland e.V.") è stata fondata nel 1991 come comunità ecumenica, con attualmente 78 centri, per lo più chiese evangeliche, sebbene ve ne siano anche alcune cattoliche come Santa Barbara a Monaco, nonché altre istituzioni dedicate alla memoria storica.

Nel suo programma si legge: "La croce di chiodi sfida noi tedeschi ancora e ancora ad affrontare il nostro passato e anche il teso presente in uno spirito di verità e riconciliazione. Nelle città in cui viviamo, vogliamo vivere lo 'spirito di Coventry'.

Le ultime istituzioni a ricevere la "croce di chiodi" di Coventry in Germania sono state la Chiesa evangelica di San Michele a Jena, che è diventata il 77° centro simbolico della comunità tedesca; il 19 marzo è stata consegnata dal decano di Coventry John Witcombe. Più recentemente, il 29 maggio, John Witcombe ha consegnato una croce di chiodi alla cattedrale evangelica di Brunswick (Braunschweig).

Vaticano

Il Papa elogia Blaise Blaise Pascal con la Lettera "Sublimitas et miseria hominis".

Nel quarto centenario della nascita del filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662), Papa Francesco ha elogiato la sua figura con una lettera intitolata "La grandezza e la miseria dell'uomo", che rende omaggio a questo "instancabile cercatore di verità". Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, ha sottolineato "la sua squisita carità verso i poveri e i malati".

Francisco Otamendi-19 giugno 2023-Tempo di lettura: 8 minuti

Nella sua Lettera Sublimitas et miseria hominis", il Papa sottolinea, tra gli altri aspetti della vita e dell'opera del pensatore francese Blaise Pascal, come la "...".Pensieri"(Pensieri), la ricerca della verità. "La grandezza e la miseria dell'uomo costituiscono il paradosso al centro della riflessione e del messaggio del filosofo", "nato quattro secoli fa, il 19 giugno 1623, a Clermont, nella Francia centrale. Fin dall'infanzia e per tutta la vita cercò la verità", scrive il Santo Padre.

"Con la ragione tracciò i suoi segni, soprattutto nei campi della matematica, della geometria, della fisica e della filosofia", descrive il Pontefice. "Fin da giovanissimo fece scoperte straordinarie, tanto da raggiungere una notevole fama. Ma non si fermò lì. In un secolo di grandi progressi in molti campi della scienza, accompagnati da un crescente spirito di scetticismo filosofico e religioso, Blaise Pascal si dimostrò un instancabile ricercatore della verità, e come tale rimase sempre 'inquieto', attratto da nuovi e più ampi orizzonti".

Il cardinale José Tolentino de Mendonça ha offerto alcune chiavi di lettura della Lettera nella Sala Stampa del Vaticano. In primo luogo, la conoscenza di Papa Francesco da parte di Pascal. "Il Santo Padre, amante dell'arte e dell'arte, è un uomo diPensieri". ammiratore di Pascal da sempre (...), ha deciso di onorare la sua figura con una Lettera Apostolica dal titolo accattivante "Sublimitas et miseria hominis" - cioè "Grandezza e miseria dell'uomo". 

"Squisita carità verso i poveri e i malati".

Il cardinale José Tolentino de Mendonça ha poi affermato: "Vorrei sottolineare come nel testo della lettera papale, Papa Francesco sottolinei alcuni aspetti, forse meno noti, del grande filosofo. Innanzitutto la sua squisita carità verso i poveri e i malati. La vita di Pascal è stata costellata di gesti concreti di carità e amore verso i deboli, i malati e i sofferenti". 

"Questo suo comportamento, che non rese pubblico", ha aggiunto il Prefetto del Dicastero per l'Educazione e la Cultura della Santa Sede, "era certamente intriso della sua esperienza di dolore e di malattia - basti pensare alla sua preghiera 'per il buon uso della malattia' del 1659 - ma era anche la ricerca, in termini concreti, di un modo per esprimere la sua gratitudine per la Grazia divina che era entrata immeritatamente in quella che egli considerava la sua umana piccolezza".

"Questo dimostra che Pascal non ha mai separato la sua fede in Dio dalle opere concrete a favore dei fratelli, e aiuta a comprendere la complessità del suo rapporto con le teorie gianseniste, che ha conosciuto leggendo l''Augustinus' di Giansenio e frequentando il circolo di Port Royal", ha detto il cardinale José Tolentino de Mendonça, che era accompagnato da François-Xavier Adam, direttore della Istituto Francese - Centre Saint Louis, tra le altre personalità.

"Stimolare i cristiani del nostro tempo".

Alcune delle caratteristiche della vita e dell'opera del pensatore francese Blaise Pascal (vissuto solo 39 anni), che il Santo Padre Francesco sottolinea nella sua Lettera, sono le seguenti.

Prima di tutto, l'obiettivo. "Sono felice che la Provvidenza mi dia l'opportunità di rendergli omaggio e di evidenziare ciò che, nel suo pensiero e nella sua vita, ritengo opportuno per stimolare i cristiani del nostro tempo e tutti i nostri contemporanei di buona volontà nella ricerca della vera felicità: 'Tutti gli uomini cercano la via per essere felici. Non c'è eccezione a questo, per quanto diversi siano i mezzi che impiegano, tutti tendono a questo fine", ha detto il Papa citando Pascal. 

"A quattro secoli dalla sua nascita, Pascal rimane per noi il compagno di strada che accompagna la nostra ricerca della vera felicità e, secondo il dono della fede, il nostro umile e gioioso riconoscimento del Signore morto e risorto", esordisce Francesco.

"Un amante di Cristo che parla a tutti". 

Il Papa riflette poi sul fascino della figura del filosofo francese. "Se Blaise Pascal è capace di commuovere il mondo intero, è perché ha parlato della condizione umana in modo ammirevole. Sarebbe però fuorviante vedere in lui solo uno specialista della morale umana, per quanto brillante fosse. Il monumento formato dal suo PensieriLa "Chiesa di Gesù Cristo", alcune delle cui formule isolate sono diventate famose, non può essere veramente compresa se si ignora che Gesù Cristo e la Sacra Scrittura ne sono il centro e la chiave". 

"Se Pascal cominciò a parlare dell'uomo e di Dio", continua il Papa, "fu perché era giunto alla certezza che 'non solo conosciamo Dio solo attraverso Gesù Cristo, ma conosciamo noi stessi solo attraverso Gesù Cristo; conosciamo la vita e la morte solo attraverso Gesù Cristo. Senza Gesù Cristo non conosciamo né la nostra vita, né la nostra morte, né Dio, né noi stessi". Così, senza le Scritture, che hanno come oggetto solo Gesù Cristo, non conosciamo nulla e vediamo solo le tenebre", cita ancora Pascal. 

Ne vale davvero la pena

"Per questo propongo a tutti coloro che vogliono continuare a cercare la verità - un compito che non finisce mai in questa vita - di ascoltare Blaise Pascal, un uomo di prodigiosa intelligenza che ha voluto ricordarci come al di fuori degli obiettivi dell'amore non c'è verità che valga: 'Non facciamo della verità stessa un idolo, perché la verità senza la carità non è Dio ed è la sua immagine e un idolo da non amare né adorare'".

"In questo modo", aggiunge il Pontefice, "Pascal ci mette in guardia contro le false dottrine, le superstizioni o le licenziosità che allontanano molti di noi dalla pace e dalla gioia durature di Colui che vuole che scegliamo "vita e felicità", e non "morte e miseria" (Dt 30,15)".

La grandezza della ragione umana 

Un altro aspetto su cui Papa Francesco riflette è quello della ragionevolezza della fede e per questo, oltre a Pascal, cita San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.

"Fin dall'età di diciassette anni egli (Pascal) fu in contatto con i più grandi scienziati del suo tempo", dice il Papa. "Nel 1642, all'età di diciannove anni, inventò una macchina aritmetica, il predecessore delle nostre calcolatrici. Blaise Pascal è estremamente stimolante per noi perché ci ricorda la grandezza della ragione umana e ci invita a usarla per decifrare il mondo che ci circonda". 

"Il spirito di appartenenzache è la capacità di comprendere nel dettaglio il funzionamento delle cose, gli servirà per tutta la vita, come ha sottolineato l'eminente teologo Hans Urs von Balthasar: "Pascal è in grado [...] di raggiungere dai piani propri della geometria e delle scienze della natura, la ben diversa precisione propria del piano dell'esistenza in generale e della vita cristiana in particolare".

E Francesco sottolinea: "Questa pratica fiduciosa della ragione naturale, che lo rendeva solidale con tutti i suoi fratelli alla ricerca della verità, gli permetterà di riconoscere i limiti dell'intelligenza stessa e, allo stesso tempo, di aprirsi alle ragioni soprannaturali della Rivelazione, secondo una logica del paradosso che è la sua peculiarità filosofica e il fascino letterario delle sue Pensées: 'Costava alla Chiesa tanto provare che Gesù Cristo era uomo contro coloro che lo negavano, quanto provare che era Dio; e le possibilità erano altrettanto grandi'".

Significato della nostra vita, rifiuto della presunzione

"La ragione umana è senza dubbio una meraviglia della creazione, che distingue l'uomo da tutte le altre creature, perché 'l'uomo è solo una canna, la più debole della natura, ma è una canna che pensa'", Francesco cita ancora Pascal. E prosegue: "Capiamo allora che i limiti dei filosofi saranno semplicemente i limiti della ragione creata. Per quanto Democrito abbia detto: 'Parlerò di tutto', la ragione da sola non può risolvere le questioni più alte e urgenti". 

Il Papa poi si chiede: "Qual è infatti, sia al tempo di Pascal che oggi, il tema che più ci sta a cuore? È quello del senso pieno del nostro destino, della nostra vita e della nostra speranza, quello di una felicità che non è vietato concepire come eterna, ma che solo Dio è autorizzato a concedere: 'Nulla è così importante per l'uomo come il suo stato; nulla gli incute tanto timore come l'eternità'" (nuova citazione di Pascal). 

La "notte del fuoco

"Come ha ricordato San Giovanni Paolo II nella sua enciclica sul rapporto tra fede e ragione", cita Francesco, "filosofi come Blaise Pascal si sono distinti per il loro rifiuto di ogni presunzione, nonché per la scelta di una postura fatta di umiltà e coraggio. Hanno sperimentato che "la fede libera la ragione dalla presunzione". Prima della notte del 23 novembre 1654, è chiaro che Pascal non dubita dell'esistenza di Dio. Sa anche che questo Dio è il bene supremo; ciò che gli manca e che spera non è il sapere ma il potere, non la verità ma la forza".

"Ora, questa forza gli è data dalla grazia; egli è attratto, con certezza e gioia, da Gesù Cristo (...) "Come ogni autentica conversione, quella di Blaise Pascal avviene nell'umiltà, che ci libera 'dalla nostra coscienza isolata e dall'autoreferenzialità'". Questo episodio, quello della sua conversione, avvenne nella data citata dal Papa, nel 1654, ed è noto ancora oggi come la sua "Notte di fuoco" ("...").Nuit de feu").

"Questa esperienza mistica, che gli fece versare lacrime di gioia, fu per lui così intensa e decisiva che la annotò su un foglio di carta datato con precisione, il "Memoriale", che aveva cucito nella fodera del suo cappotto e che fu scoperto dopo la sua morte", ha detto il Pontefice.

Rifiuto del fideismo

Nella Lettera apostolica il Papa fa riferimento a queste parole di Benedetto XVI: "La tradizione cattolica, fin dall'inizio, ha rifiutato il cosiddetto fideismo, che è la volontà di credere contro la ragione". In questa linea, Pascal è profondamente legato alla "ragionevolezza della fede in Dio", non solo perché "lo spirito non può essere costretto a credere ciò che sa essere falso", ma perché, "se offendiamo i principi della ragione, la nostra religione sarà assurda e ridicola", sostiene Pascal, commentato dal Papa. 

Ma se la fede è ragionevole, è anche un dono di Dio e non può essere imposta", aggiunge il Santo Padre: "Non si dimostra che dobbiamo essere amati sottoponendo a metodo le cause dell'amore; sarebbe ridicolo", sottolinea Pascal con la finezza del suo umorismo, tracciando un parallelo tra l'amore umano e il modo in cui Dio si manifesta a noi".

Nient'altro che l'amore, "che propone ma non si impone - l'amore di Dio non si impone mai", Gesù ha testimoniato la verità (cfr. Gv 18,37) ma "non ha voluto imporla con la forza a coloro che lo contraddicevano". Per questo "c'è abbastanza luce per coloro che vogliono solo vedere, e abbastanza tenebre per coloro che hanno una disposizione contraria". 

E poi continua affermando che "la fede è diversa dalla prova. Quest'ultima è umana, mentre la prima è un dono di Dio". Pertanto, è impossibile credere "se Dio non inclina il nostro cuore". Anche se la fede è di ordine superiore alla ragione, questo non significa certo che si opponga ad essa, ma che la supera infinitamente", scrive il Papa.

Riassumendo questo aspetto, Francesco scrive che "leggere l'opera di Pascal non è soprattutto scoprire la ragione che illumina la fede; è mettersi alla scuola di un cristiano dalla razionalità fuori dal comune, che era tanto più capace di rendere conto di un ordine stabilito dal dono di Dio superiore alla ragione".

La morte di Pascal: sacramenti, ultime parole

Descrivendo la fine della sua vita, il Papa racconta che "essendo molto malato e in punto di morte, chiese di ricevere la comunione, ma non fu subito possibile. Allora pregò la sorella: 'Poiché non posso fare la comunione con il mio capo [Gesù Cristo], vorrei fare la comunione con le mie membra'. E "aveva un grande desiderio di morire in compagnia dei poveri". Di lui si disse, poco prima del suo ultimo respiro, il 19 agosto 1662, che morì "con la semplicità di un bambino". Dopo aver ricevuto i sacramenti, le sue ultime parole furono: "Che Dio non mi abbandoni mai". 

"La sua opera luminosa e gli esempi della sua vita, così profondamente immersa in Gesù Cristo, ci aiutino a seguire fino in fondo il cammino della verità, della conversione e della carità. Perché la vita di un uomo è molto breve: 'Gioia eterna per un giorno di sofferenza sulla terra'", conclude Papa Francesco.

Il cardinale Mendonça: "L'onestà di Pascal".

Nella presentazione citata all'inizio, il cardinale José Tolentino de Mendonça ha anche sottolineato che "Pascal era un vero realista capace di affrontare la miseria e la grandezza dell'uomo. Le risposte a questa miseria reale e a questa sete di grandezza dell'uomo si trovano nella rivelazione individuale di un Dio personale".

"Prima dell'Nuit de feuPascal credeva già in Dio, ma quella notte ebbe l'illuminazione di riconoscere nel peccato il simbolo della mancanza di desiderio di Dio. Da quell'esperienza mistica nacquero i concetti di orgoglio e umiltà e, soprattutto, la categoria del "cuore" che gli era tanto cara".

"Quello che Papa Francesco ha voluto celebrare è soprattutto l'onestà di Blaise Pascal, a cui piaceva la frase 'bisogna essere sinceri, veri'", ha aggiunto la cardinale José Tolentino de Mendonça.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Ecologia integrale

Un Festival per ricordare che l'acqua è un diritto fondamentale

Un Festival interamente dedicato a "sorella acqua", ispirato ai contenuti dell'Enciclica Laudato si' di Papa Francesco sulla cura della nostra casa comune, si svolgerà nei prossimi giorni a Montefiascone, una cittadina di origine etrusca situata a circa cento chilometri da Roma.

Giovanni Tridente-19 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Dal 22 al 25 giugno, politici, esperti di ecologia, studiosi dell'ambiente e artisti si alterneranno in spettacoli, dibattiti, mostre e conferenze, inquadrando il tema ambientale in una prospettiva universale, considerando il creato come un "bene comune che deve essere difeso nel tempo presente e per le generazioni future", spiegano gli organizzatori.

L'iniziativa è promossa per il terzo anno dall'Associazione "Rocca dei Papi", fondata nel dicembre 2019 dall'arcivescovo Fabio Fabene, allora sottosegretario del Sinodo dei Vescovi e oggi segretario del Dicastero per le Cause dei Santi. Prende il nome dalla rocca medievale che domina la valle di Viterbo, conservando tracce di insediamenti precristiani.

Per molti secoli, la Rocca è stata un centro da cui i papi amministravano gli affari politici dei loro domini nell'Italia centrale. L'Associazione che porta il suo nome, dal canto suo, è nata per promuovere un territorio che, per le sue qualità geomorfologiche, storiche, culturali, artistiche e antropologiche, oltre che per la sua ricca tradizione religiosa, ben si presta a comunicare e diffondere i principi legati alla cura della casa comune sulla scia del magistero di Papa Francesco.

L'acqua al centro

L'edizione di quest'anno, dedicata come detto al tema dell'acqua, sarà inaugurata da una keynote lecture dell'economista Stefano Zamagniex presidente della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali e uno dei "padri" dell'economia civile, molto apprezzato sia da Benedetto XVI che da Bergoglio.

Seguiranno uno spettacolo teatrale e un'esibizione del Coro della Cappella Papale di Assisi. Il giorno successivo, diversi professionisti si confronteranno su come valorizzare il suolo e tutelare le risorse idriche a disposizione dei cittadini, mentre nel pomeriggio il Vescovo di Viterbo (diocesi a cui appartiene il Comune di Montefiascone) terrà una conferenza sull'acqua come "dono che disseta e vivifica". Altri interventi approfondiranno il tema dell'acqua nella comunicazione, nell'economia e nell'arte.

Laudato si'

Il riferimento all'acqua nel Enciclica Laudato si' compare 39 volte, fin dalle prime righe. È presente in riferimento alle "ferite" inferte al creato attraverso i tanti tipi di inquinamento, e c'è anche un'intera sezione dedicata a quella che viene definita "una questione di primaria importanza", come ai numeri 28-31. Ad esempio, si parla della povertà dell'acqua pubblica in Africa e del problema della sua "qualità" in riferimento all'acqua a disposizione dei poveri, che genera non solo sofferenza, ma in alcuni casi anche mortalità infantile.

Nella sua seconda Enciclica, Papa Francesco chiarisce senza ambiguità che l'accesso all'acqua potabile e sicura è piuttosto "un diritto umano essenziale, fondamentale e universale", condizione per l'esercizio di tutti gli altri diritti, e come tale va assolutamente salvaguardato. Se non altro perché l'acqua stessa, insieme, ad esempio, al suolo e alle montagne "è una carezza di Dio" (n. 84).

Il tempo della creazione

Un monito alla comunità internazionale (cfr. nn. 164-175) che viene ribadito anche nel recente Messaggio per la prossima Giornata mondiale di preghiera per la cura del creato, che si svolgerà come di consueto il 1° settembre insieme alle altre comunità cristiane. Il tema di quest'anno si ispira alle parole del profeta Amos (5,24): "La giustizia e la rettitudine scorrano come un torrente eterno".

Un'opportunità per "creare un mondo più sostenibile e giusto" che, secondo Papa Francesco, per diventare tale deve vedere trasformati "i nostri cuori", "gli stili di vita" e le "politiche pubbliche" che governano le società. Cuori che si trasformano considerando il creato non più come un "oggetto da sfruttare", ma come un "dono sacro del Creatore" da salvaguardare.

Per quanto riguarda gli stili di vita, dobbiamo imparare a sprecare meno e a evitare i consumi inutili, migliorando le abitudini e le scelte economiche e "praticando una gioiosa sobrietà".

Infine, le politiche pubbliche, attraverso le quali è necessario porre fine all'"era dei combustibili fossili" per frenare il riscaldamento globale, un impegno che i leader mondiali hanno preso in più occasioni, sia con l'Accordo di Parigi che nei vari vertici della COP, ma che ad oggi rimane disatteso.

"Viviamo, lavoriamo e preghiamo perché la vita torni ad abbondare nella nostra casa comune", conclude Papa Francesco nel suo Messaggio, affidando questo rinnovamento alla guida dello Spirito Santo.

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Il ruolo dei social network nel mondo di oggi

I social media hanno rivoluzionato il modo in cui comunichiamo e ci connettiamo con il mondo, ma presentano anche dei pericoli per la nostra salute mentale ed emotiva.

José Luis Pascual-19 giugno 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Nell'era digitale, i social media sono diventati una parte onnipresente della nostra vita quotidiana. Da Facebook, TikTok, Twitter, a YouTube, Instagram, o WhatsApp e Telegram, queste "autostrade digitali" ci permettono di comunicare e connetterci con persone di tutto il mondo. Tuttavia, come membri della Chiesa cattolica, dobbiamo considerare come il nostro uso dei social media si allinei con i nostri valori di seguaci di Gesù Cristo. Nel contesto della pubblicazione della documento "Verso una presenza piena - Riflessione pastorale sull'interazione con i social media".In questo numero del Dicastero per la Comunicazione, 28 maggio 2023, esploreremo sia i benefici che i pericoli di queste piattaforme.

L'importanza delle reti sociali

I social media sono diventati parte integrante della nostra vita. Dalla condivisione di foto e aggiornamenti di stato alla connessione con amici e familiari in tutto il mondo, ci offrono l'opportunità di interagire con gli altri come mai prima d'ora.

Hanno anche un grande impatto sul modo in cui consumiamo le notizie e le informazioni. Non ci affidiamo più solo ai media tradizionali per le nostre notizie quotidiane: ora possiamo accedere a un'ampia gamma di fonti e prospettive diverse attraverso Internet.

Un altro vantaggio fondamentale dei social network è la loro capacità di mettere in contatto persone con interessi comuni. Gruppi specializzati su qualsiasi argomento immaginabile sono disponibili a portata di mano, consentendoci di trovare persone che la pensano come noi, ovunque si trovino.

Tuttavia, come vedremo di seguito, esistono anche potenziali pericoli associati all'uso eccessivo o inappropriato di queste piattaforme digitali.

I pericoli dei social network

I pericoli di social media sono una realtà che non possiamo ignorare.

Uno dei più rilevanti è l'eccessiva esposizione a contenuti inappropriati. Le reti sono piene di immagini violente, linguaggio volgare e discorsi di odio.

Un altro rischio è la dipendenza. Trascorrere troppo tempo sugli schermi può compromettere la nostra capacità di concentrarci su altre attività importanti, come il lavoro o lo studio. Inoltre, passare troppe ore davanti a uno schermo può avere effetti negativi anche sulla nostra salute mentale e fisica.

Dovremmo anche preoccuparci della questione della privacy online. Spesso condividiamo troppe informazioni personali senza renderci conto della portata di questo comportamento. Dobbiamo imparare a discernere quali informazioni è sicuro condividere e quali invece dovremmo tenere private. Sebbene ci piacciano i social network per interagire con gli altri utenti, dobbiamo sempre essere consapevoli dei potenziali danni emotivi e persino psicologici che possono essere causati da un uso improprio di queste risorse tecnologiche.

Come utilizzare i social media in modo positivo

I social network possono essere molto utili per entrare in contatto con gli altri ed è importante imparare a usarli in modo positivo.

In primo luogo, è essenziale essere perspicaci sul tipo di contenuti che condividiamo. Dobbiamo assicurarci che ciò che pubblichiamo non offenda o danneggi nessuno. Dobbiamo anche prenderci cura della nostra privacy e della sicurezza dei nostri dati personali.

Possiamo anche utilizzare le reti per diffondere messaggi positivi e promuovere cause giuste. In questo modo, contribuiamo al benessere collettivo e promuoviamo una cultura della solidarietà.

È importante anche considerare il modo in cui interagiamo con gli altri utenti. Dobbiamo trattare gli altri con rispetto ed empatia, evitando commenti offensivi o discriminatori.

Seguendo l'esempio del Buon Samaritano, possiamo diventare veri missionari online se ci prendiamo del tempo per riflettere sulle nostre interazioni sui social media e ci sforziamo di mostrare amore e compassione a tutti coloro che incontriamo.

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Raymond StudzinskiLa Bibbia è un incontro con il divino".

Che siamo cattolici o meno, tutti conosciamo la Bibbia, ma per i cristiani non è solo un libro. È una fonte a cui abbeverarsi. Parola di Dio, un luogo per crescere nella fede, un modo per "vedere il mondo e noi stessi dalla prospettiva di Dio", come spiega Raymond Studzinski in questa intervista a Omnes.

Paloma López Campos-19 giugno 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

La Bibbia è uno dei libri più famosi al mondo, da secoli. E sebbene tutti i cattolici la conoscano, a volte è difficile capire come utilizzare le Sacre Scritture nella nostra vita di preghiera. In questa intervista, Raymond Studzinski ci aiuta a capire come usare la Bibbia rispondendo ad alcune delle domande che possono sorgere a tutti noi quando guardiamo il testo sacro.

Raymond Studzinski è sacerdote benedettino, redattore dell'International Journal of Evangelization and Catechetics e direttore dei dipartimenti di studi pastorali e catechetici della Scuola di Teologia e Studi Religiosi dell'Università Cattolica d'America. Insegna e pubblica sui temi dello sviluppo religioso e delle pratiche spirituali. Uno dei suoi libri recenti è "Leggere per vivere: la pratica evolutiva della Lectio Divina (Pubblicazioni cistercensi)".

Perché la Bibbia è un buon libro per la preghiera? Possiamo usarla tutti?

-La preghiera è normalmente descritta come una conversazione con Dio. San Cipriano (256 d.C.) osservava che leggere la Bibbia significa permettere a Dio di parlarci. I passi che leggiamo diventano parte del dialogo che abbiamo con Dio quando preghiamo. Un'altra figura della Chiesa antica, Origene (185-234), sottolineava che la Bibbia ha qualcosa da dirci a qualsiasi livello della vita spirituale ci troviamo. Se siamo principianti, la Parola di Dio nella Bibbia ci insegna a vivere le virtù e a evitare il peccato. Per coloro che sono più avanzati nella vita spirituale, la Bibbia porta un invito a una relazione più profonda con il Dio trino.

Il fatto è che la Bibbia ha un messaggio molto personale per noi, indipendentemente dal nostro livello, se la leggiamo come si legge la lettera di un amico molto caro. Leggendo lentamente e assaporando le parole, la Bibbia ci modella e ci forma come discepoli del Signore. In questo modo, iniziamo a vedere il mondo e noi stessi dalla prospettiva di Dio.

Come possiamo distinguere qualcosa che viene da Dio, perché Lui vuole dircelo, da un'interpretazione soggettiva che ci inventiamo quando leggiamo la Bibbia?

-Ai tempi della Chiesa primitiva, i cristiani credevano che lo stesso Spirito che ha ispirato gli autori dei testi sacri sia all'opera in noi quando leggiamo la Bibbia. San Paolo ci ricorda che i frutti dello Spirito sono "amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, dolcezza, autocontrollo" (Galati 5:22). Se questi segni dello Spirito non sono presenti o ci troviamo a pensare pensieri contrari alle convinzioni della comunità cristiana, abbiamo già la prova che siamo guidati da qualcosa di diverso dallo Spirito Santo.

Le Scritture sono come uno specchio in cui vediamo riflessa la nostra vera condizione e servono anche come metro per misurare i progressi della nostra vita di cristiani. Lo Spirito Santo, leggendo le Scritture, ci trasforma in persone che amano come Dio ci ama.

Cosa dobbiamo fare quando c'è qualcosa che non capiamo nella Bibbia?

-Molti considerano le Bibbie di studio come strumenti utili per la lettura delle Scritture, perché i passaggi difficili sono spiegati nelle note a piè di pagina e nelle introduzioni che precedono ciascuno dei libri che compongono le Scritture. I lettori cristiani imparano anche a cercare significati più profondi quando il senso letterale non sembra l'interpretazione corretta. La preghiera che accompagna la lettura della Bibbia può assumere la forma di una petizione per comprendere ciò che il testo ci comunica sul divino e sulla crescita nella sequela di Cristo.

Se vogliamo iniziare a pregare con la Bibbia, qual è il posto migliore da cui partire?

-È comune considerare alcuni libri della Bibbia come più facili da capire e da applicare nella nostra vita. I Vangeli, le lettere di San Paolo, i profeti e i salmi sono testi a cui molti si rivolgono per trovare nutrimento nella loro vita spirituale. Se stiamo iniziando a incorporare la lettura delle Scritture nelle nostre pratiche spirituali, questi testi sono un buon punto di partenza. In questo modo, la Bibbia funziona come un allenatore spirituale che ci guida attraverso gli esercizi di base della vita cristiana che ci permettono di maturare spiritualmente.

Quando si parla di Bibbia è facile sentire il termine "Lectio Divina". Che cosa significa?

-La "Lectio Divina" (lettura sacra) è una pratica spirituale che consiste nella lettura lenta e meditativa delle Scritture o di altri classici spirituali. Di solito prevede quattro fasi:

  1. La lettura lenta di un breve brano, lasciando che le parole penetrino in noi;
  2. Meditate su ciò che Dio sta comunicando al lettore attraverso questo brano;
  3. Pregate ciò che il brano descrive o afferma;
  4. Contemplate e riposate nell'esperienza di Dio che questa lettura vi offre.

Una convinzione di fondo di questa pratica è che il testo abbia qualcosa di particolare da dire al lettore nelle sue circostanze uniche e personali. I testi hanno livelli di profondità nel loro significato spirituale, oltre al loro significato letterale. Coloro che si dedicano alla lectio divina dedicano in genere dai venti ai trenta minuti al giorno a questa pratica.

Cosa direbbe a chi commentasse: "Ho già letto la Bibbia molte volte, non ho più nulla da imparare"?

-Leggiamo la Bibbia non solo per informarci, ma anche per formarci. Di conseguenza, i lettori credono che i testi biblici non perdano mai il loro potere e la loro capacità di trasformarci nel nostro cammino di fede.

La Bibbia offre al lettore un'esperienza sacramentale di incontro con il divino. Egli può già conoscere la storia che il brano descrive, ma la storia sacra continua ad avere un impatto su di lui e sulla sua vita personale. Ciò che leggiamo è un testo da applicare. Non è qualcosa a cui pensare semplicemente, ma da incarnare, e richiede il lavoro di una vita.

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Vaticano

Francesco ringrazia "di cuore" per la "vicinanza umana e spirituale" al Gemelli 

Un Papa sorridente ha espresso oggi all'Angelus la sua gratitudine a tutti coloro che gli hanno dimostrato "affetto, sollecitudine e amicizia, e preghiera". Questa vicinanza umana e spirituale mi è stata di grande aiuto e conforto". Ha inoltre espresso "grande tristezza e grande dolore" per le vittime del "gravissimo" naufragio al largo della Grecia e ha pregato per l'Uganda e l'Ucraina.

Francisco Otamendi-18 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il sorriso di Papa Francesco prima della preghiera dell'Angelus e dopo la Benedizione finale, e il suo ringraziamento a tante persone per la loro "vicinanza umana e spirituale" nei giorni precedenti l'Angelus. ricoverato in ospedale al Gemelli, è stata la migliore notizia di oggi, domenica, a San Pedro.

"Questa vicinanza mi è stata di grande aiuto, di conforto. Grazie a tutti voi, grazie, grazie dal profondo del cuore", ha detto il Santo Padre prima di iniziare la consueta meditazione prima della preghiera eucaristica. Angelus con romani e pellegrini di vari Paesi, dalla finestra del Palazzo Apostolico in Piazza San Pietro.

Proprio la vicinanza è stato il tema della sua riflessione iniziale prima di recitare l'Angelus. Il Papa ha fatto riferimento alla vicinanza di Dio. "Oggi, nel Vangelo, Gesù chiama per nome e invia i dodici apostoli", ha detto il Santo Padre. "Nel mandarli, chiede loro di proclamare una sola cosa: 'Andate e proclamate che il regno dei cieli è vicino' (Mt 10,7). È lo stesso annuncio con cui Gesù ha iniziato la sua predicazione: il regno di Dio, cioè la sua signoria d'amore, si è avvicinato, viene in mezzo a noi. E non si tratta di una notizia tra le altre, ma della realtà fondamentale della vita: la vicinanza di Dio, la vicinanza di Gesù".

"Dio è mio padre, nostro Padre".

"Infatti, se il Dio del cielo è vicino, non siamo soli sulla terra, e nelle difficoltà non perdiamo nemmeno la fede", ha sottolineato il Papa. "Questa è la prima cosa da dire alla gente: Dio non è lontano, ma è Padre, ti conosce e ti ama; vuole prenderti per mano, anche quando vai per sentieri ripidi e difficili, anche quando cadi e fai fatica a rialzarti e a rimetterti in piedi. Lui conosce la strada, Lui è con voi, Lui è vostro Padre! "È mio Padre, è nostro Padre!", ha ribadito con forza.

Francesco si è poi rivolto all'immagine del bambino fiducioso e confidente con il padre. "Rimaniamo con questa immagine, perché proclamare Dio vicino a noi è invitarci a pensare come un bambino, che cammina mano nella mano con suo padre: tutto gli sembra diverso. Il mondo, grande e misterioso, diventa familiare e sicuro, perché il bambino sa di essere protetto. Non ha paura e impara ad aprirsi: incontra altre persone, conosce nuovi amici, impara con gioia cose che non sapeva e poi torna a casa e racconta a tutti quello che ha visto, mentre cresce in lui il desiderio di crescere e di fare le cose che ha visto fare al padre". 

E ha continuato nel suo breve messaggio: "Per questo Gesù parte da qui, perché la vicinanza di Dio è il primo annuncio: stando vicino a Dio si vince la paura, ci si apre all'amore, si cresce nel bene e si sente il bisogno e la gioia dell'annuncio. 

Se vogliamo essere buoni apostoli, dobbiamo essere come bambini: sederci "sulle ginocchia di Dio" e da lì guardare il mondo con fiducia e amore, per testimoniare che Dio è Padre, che solo Lui trasforma i nostri cuori e ci dà quella gioia e quella pace che noi stessi non possiamo raggiungere". 

Poi si è chiesto: "Annunciate che Dio è vicino, ma come lo fate?", e ha risposto: con la testimonianza, con i gesti, senza tante parole. "Nel Vangelo Gesù ci consiglia di non dire molte parole, ma di compiere molti gesti di amore e di speranza nel nome del Signore: "Guarite i malati, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date" (Mt 10,8). Questo è il cuore dell'annuncio: testimonianza gratuita, servizio".

 Un po' di esame 

Al termine, il Papa è tornato alle domande, come è solito fare, e alla Vergine Maria. "A questo punto, poniamoci alcune domande: noi che crediamo nel Dio che ci è vicino, ci fidiamo di Lui? Sappiamo guardare avanti con fiducia, come un bambino che sa di essere portato in braccio dal padre? Sappiamo sederci sulle ginocchia del Padre in preghiera, ascoltando la Parola, accostandoci ai Sacramenti?

"E infine, vicino a Lui, sappiamo dare coraggio agli altri, essere vicini a chi soffre ed è solo, a chi è lontano e anche a chi ci è ostile? In questi giorni ho ricevuto molta vicinanza e per questo benedico Dio e sono grata a tutti voi: grazie di cuore! Ora preghiamo Maria, perché ci aiuti a sentirci amati e a trasmetterci fiducia e vicinanza reciproca.

Uganda, Ucraina, vittime in mare

Nel suo discorso conclusivo, il Papa ha ricordato il recente naufragio sulla costa greca e la sua preghiera per le vittime, e ha implorato che "si faccia sempre tutto il possibile per prevenire tragedie simili", ricordando che martedì prossimo, 20 giugno, si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, promossa dalle Nazioni Unite".

Ha anche ricordato "l'attacco brutale che si è verificato a Uganda" e ha pregato per i giovani studenti. "Questi combattimenti, questa guerra da tutte le parti...", ha detto. Ha anche pregato di "perseverare nella preghiera per l'Ucraina martirizzata, che sta soffrendo così tanto". "Preghiamo per La pace" è stata la richiesta di Papa Francesco.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cristocentrismo eucaristico II

L'autore riflette e propone una serie di nozioni con l'obiettivo di invitare ad avvicinarsi all'Eucaristia.

Emilio Liaño-18 giugno 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Questo articolo è il seguito di un altro articolo pubblicato con il titolo di "Eucaristia: l'incontro personale con Cristo". La verità è che, sebbene il titolo sia abbastanza corretto, non era quello proposto inizialmente, che era "Cristocentrismo eucaristico", come si intitola il presente articolo. Per questo motivo ho deciso di scrivere un secondo articolo che riprendesse la nozione dal titolo per insistere un po' di più su queste idee.

Nel primo testo si è già detto che sia il cristocentrismo che l'eucaristia non sono argomenti nuovi nella Chiesa e che entrambi hanno ricevuto molta attenzione da parte di teologi e pastori. Tuttavia, di solito non vengono trattati insieme, il che mi sembra utile per una migliore comprensione di entrambi.

Vorrei anche ricordare che all'origine di questi articoli c'è la scarsa presenza dei cristiani nei templi al di fuori delle celebrazioni liturgiche o di altre pratiche comunitarie pastorali. Questo non vuol dire che la partecipazione a questi eventi sia sbagliata o che non debbano essere convocati, ma che, oltre ad essi, c'è bisogno di un accompagnamento più regolare di Dio nell'Eucaristia che è rimasto lì per stare con noi.

Su questa linea, queste due nozioni vengono nuovamente sottolineate per invitarci a un avvicinamento all'Eucaristia. Le riflessioni saranno brevi perché non si tratta di sostenerle con grandi argomentazioni, ma solo con appelli, come in fondo fa Cristo quando ci cerca.

1. Il cristocentrismo

Il Cristocentrismo, come abbiamo visto nell'articolo precedente, mira a porre la persona di Cristo al centro della religione cristiana. Ma può essere altrimenti? Certamente sì.

Un modo relativamente facile per capire il cristianesimo è attraverso le azioni dei suoi seguaci. Per esempio, il cristianesimo è la religione in cui bisogna andare a Messa perché è lì che si celebra la morte dell'Uomo-Dio e dove egli ha ottenuto la salvezza dell'intera razza umana. A questo potremmo aggiungere molte altre azioni che possono avere più o meno importanza.

Un altro modo di intendere il cristianesimo potrebbe essere quello del decalogo che vincola i cristiani. I cristiani si identificherebbero quindi con l'obbedienza ai comandi dati da Dio. Tutto questo è comprensibile perché quando una persona di buona volontà entra in contatto con il cristianesimo, spesso si chiede cosa ci vuole per essere cristiani. Ci si aspetta quindi una risposta normativa.

Tuttavia, alla domanda su quale sia il cuore del cristianesimo, guardando al Nuovo Testamento, la risposta breve è: credere al Vangelo. E cosa c'è da credere? Che Cristo, l'uomo che ha dato la vita per noi, è Dio. Il Cristocentrismo cerca di porre questa realtà al centro della nostra religione, mettendo ordine su altre questioni che possono avere la loro rilevanza, ma che devono sempre passare in secondo piano rispetto a questa verità più centrale.

La religione cristiana è la speranza nella venuta di un messia salvatore che porta perdono e gioia. La fede ci dice che questo messia è morto e risorto per non morire mai più. Quindi Cristo vive, e se una volta ha dato la sua vita per noi, ora non possiamo pensare che sia indifferente alle nostre vite. Cristo vive e vuole stare con noi, al nostro fianco. Ora non c'è nulla che glielo impedisca, se non la nostra volontà.

Purtroppo, possiamo pensare che Cristo si aspetti qualcosa da noi, ma non sapere che ciò che si aspetta siamo noi stessi. Cristo ha una volontà e una comprensione, una lingua per parlare e un cuore che desidera molte cose, comprese le nostre. È una mancanza di fede pensare che Cristo non possa comunicare con noi, e ancor più pensare che non lo faccia. È falso, perché Cristo non abbandona nessuna delle sue creature per le quali ha dato il suo sangue.

Forse è vero che ai nostri giorni è più difficile scoprire dove si trova Gesù. È una barriera probabilmente diffusa e che può sembrarci imponente, ma non dobbiamo temerla affatto perché la superiamo non appena ci mettiamo alla presenza di Dio, rivolgendoci direttamente a Lui. Ma non sento nulla? Forse non c'è nulla da sentire. Se giudichiamo il nostro rapporto con Dio dai nostri sentimenti, è molto probabile che sia un po' alterato, perché capirà molte cose dal posto sbagliato. Cristo non cerca di riempire i nostri sentimenti, ma di raggiungere il nostro cuore o, in altre parole, di farci raggiungere il suo cuore.

Muoversi in questa direzione aiuta a ricostruire il nostro rapporto con Dio. Per andare verso Dio, abbiamo bisogno della sua grazia, che significa di per sé essere graditi agli occhi di Dio. La Vergine Maria è piena di grazia. E questa grazia può esserci data solo da Dio. Cristo non ci chiede di essere in grado di andare da Lui, né ci chiede di avere la forza o il desiderio di andare da Lui. Ci chiede semplicemente di andare a Lui con sincerità, con il cuore, perché Lui fa il resto.

Forse facciamo uno sforzo un giorno, o più giorni, e poi pensiamo che in seguito sarà più facile perché siamo già stati generosi per un tempo più o meno lungo. Questo tipo di pensiero alla fine svanisce, perché Cristo vuole che veniamo a Lui ancora e ancora e che lasciamo tutto il resto nel Suo cuore. Non dico che andare al cuore di Cristo sia facile, ma è un luogo aperto e accogliente finché ci muoviamo verso di Lui. Il cuore di Cristo si chiude solo quando ci arrendiamo, e solo finché lo lasciamo abbandonato. Il fatto che questo andare verso Cristo non sia facile ci dice anche che dobbiamo andare verso di Lui un po' alla volta, secondo le nostre forze. Cristo non ha fretta perché ha tutta la vita davanti a sé. Ci chiede solo di venire a Lui con l'intenzione di incontrarlo personalmente, di cercare il suo volto.

2. Eucaristico

Il secondo termine è eucaristico. Quando scopriamo che Cristo ha un cuore che ci ama, ci chiediamo dove possiamo trovarlo e la risposta è nell'Eucaristia.

Non possiamo dimenticare che a Dio ci si può rivolgere ovunque, e anche a Gesù. Certo, non abbiamo bisogno di circostanze particolari o di un luogo specifico per rivolgerci a Dio, ma Gesù ha voluto rimanere con l'umanità fino alla fine dei tempi, e ha concretizzato questa presenza materiale nell'Eucaristia.

Gesù è nei tabernacoli ad aspettare che veniamo, non a guardare il tempo che passa. Gesù nell'Eucaristia vuole che lo incontriamo. Quando qualcuno entra in chiesa, desidera che lo guardiamo, che gli diciamo qualcosa. Può accadere che spesso passiamo con indifferenza, come se il tabernacolo fosse solo un'altra pietra del tempio, ma questo non lascia indifferente il suo cuore. Gesù, il grande amante, è rimasto materialmente sulla terra per farci sentire il suo amore. In verità nessuno può dire che oggi Dio si è dimenticato dell'uomo, perché questo significa solo che non ha capito cos'è l'Eucaristia.

D'altra parte, l'Eucaristia è il grande rimedio per tutti i nostri bisogni. Se sentiamo che siamo tristi, o che la vita non ci va bene, o tante altre cose che possono farci soffrire, la nostra soluzione è andare al Tabernacolo. Il Tabernacolo viene a realizzare un grande desiderio di Gesù di stare con noi, e viene anche a risolvere tutti i nostri bisogni, fisici, morali, personali, familiari, professionali, ecc. Il Tabernacolo è il luogo migliore dove stare, perché è il luogo in cui Dio si dona a noi nel modo più completo, secondo la sua volontà.

Forse ci accorgiamo che andare al Tabernacolo è costoso, cosa che non deve stupirci perché abbiamo lasciato che l'indifferenza verso questa realtà divina si insinuasse sempre di più. Per questo motivo, a volte ci avviciniamo al Tabernacolo e ci sembra di allontanarci dalla Sua presenza, oppure pensiamo a cose che non hanno nulla a che fare con Lui, distraendo la nostra mente. Come abbiamo detto prima, dobbiamo sapere che Egli ci chiede solo di venire alla sua presenza e di rivolgerci a Lui. Il resto lo lasciamo nelle sue mani. Dobbiamo solo perseverare in questo proposito e correggerlo quando vediamo che va male.

Il tabernacolo non deve essere ridotto al luogo in cui si va a pregare. Può andare bene, ma è insufficiente. Il tabernacolo è il luogo dove ci rivolgiamo a Dio, dove lo invochiamo per accedere alla sua Presenza. Dal punto di vista del Cristo-centrismo, l'Eucaristia è il luogo in cui possiamo scoprire il volto dell'Uomo-Dio. Nell'Eucaristia, Gesù vuole una vera relazione di intimità con noi, non semplicemente che passiamo il tempo dicendo qualche preghiera. Dobbiamo sapere che scoprire il volto di Gesù, o essere intimi con Lui, richiede di andare sempre di nuovo nello spirito dell'incontro con Lui.

Quando andiamo al Tabernacolo con il desiderio sincero di stare vicino a Lui, Gesù cambia i nostri cuori, ma a poco a poco, secondo i suoi tempi, non secondo quello che pensiamo di aver fatto, per lo sforzo che abbiamo fatto. Non è una buona pratica pretendere qualcosa da Dio, perché è Lui che sa veramente di cosa abbiamo bisogno. Ci lasciamo facilmente ingannare da tante sciocchezze perché siamo così ignoranti sulle cose di Dio. Dobbiamo andare al Tabernacolo con l'intenzione di dare, senza voler ricevere nulla in cambio, altrimenti troviamo subito troppi motivi per andarcene, non ultimo il disagio che ci invade. Tuttavia, e questo è alla portata di tutti, andare al Tabernacolo con la sola idea di piacere a Lui cambia la nostra vita.

3. Conclusioni

La conclusione di questo articolo è semplice. Vuole solo incoraggiarci a non lasciare Gesù nell'angolo delle chiese. Basta andarci il più possibile, meglio se tutti i giorni, per tutto il tempo che la nostra generosità e le nostre forze ci suggeriscono.

Non si tratta di passare molte ore al giorno, ma di passare più tempo possibile con colui che sappiamo che ci ama e che ci ama per stare al suo fianco.

L'autoreEmilio Liaño

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Iniziative

Coraggio, aiutare le persone con attrazione per lo stesso sesso

"Courage International" è "un apostolato cattolico per le persone che provano attrazione per lo stesso sesso e per i loro cari". In questa intervista, l'équipe di Courage parla del suo lavoro, della castità, dell'importanza dell'amicizia e del riconoscimento della nostra dignità di figli di Dio.

Paloma López Campos-18 giugno 2023-Tempo di lettura: 8 minuti

L'apostolato di "Coraggio Internazionale"consiste nell'accompagnamento spirituale e pastorale di persone che sperimentano attrazioni per lo stesso sesso. L'équipe di Courage vuole ricordare che la cosa più importante per tutti è la nostra dignità di figli di Dio, che non viene meno in base alle nostre tendenze sessuali.

L'intero apostolato di questo gruppo si basa sulle Sacre Scritture e sul Vangelo. Vivono accogliendo tutti "con amore e misericordia, come farebbe Gesù". Di questo parlano in questa intervista, in cui affrontano temi come la castità, l'amicizia e i sensi di colpa.

In cosa consiste il lavoro del "Coraggio"?

- Il lavoro dell'apostolato "Courage International" - fondato nel 1980 e ora presente in più di 20 Paesi - consiste nell'accompagnamento spirituale e pastorale di uomini e donne che provano attrazione per lo stesso sesso. Queste persone hanno deciso liberamente di vivere una vita casta secondo gli insegnamenti della Chiesa cattolica.

I membri dell'apostolato si riuniscono regolarmente in capitoli (gruppi) guidati da un cappellano - un sacerdote o un diacono permanente nominato dal vescovo locale - che li guida spiritualmente sulla base dei Cinque Obiettivi di Courage. In breve, questi obiettivi invitano e incoraggiano i membri di Courage ad approfondire la comprensione e la vita della virtù della castità; ad avere una forte vita spirituale e sacramentale; a costruire uno spirito di fratellanza tra i membri in modo che si aiutino l'un l'altro; a stringere amicizie caste riconoscendo la benedizione che esse significano nella vita cristiana; e a far sì che la loro vita sia una testimonianza per gli altri.

Che cos'è la castità e come possiamo impegnarci a viverla in un mondo ipersessualizzato?

- La virtù della castità, come spiega il Catechismo, è "l'integrazione compiuta delle sessualità nella persona e quindi nell'unità interiore dell'uomo nel suo essere corporeo e spirituale". Indipendentemente dal suo stato di vita - celibe, sposato, sacerdotale o consacrato - ogni battezzato è chiamato a vivere la castità. Questa virtù purifica l'anima e il corpo in modo integrale secondo la natura e la vocazione di ciascuno per un dono totale di sé.
Il nostro impegno a vivere la castità deve nascere dal riconoscimento della nostra dignità di figli amati di Dio, fatti a sua immagine e somiglianza. Certo, vivere la castità è sempre stato impegnativo e lo è ancora di più oggi, visto il clima sociale ipersessualizzato ed edonistico in cui viviamo. Tuttavia, è possibile vivere la castità con la grazia di Dio e una solida vita spirituale.

Per quanto riguarda quest'ultima, la Chiesa propone diversi mezzi per aiutarci a vivere la castità. Tra questi vi sono: la vita sacramentale, la preghiera, l'ordine e l'ascesi secondo il proprio stato di vita, il vivere le virtù morali, soprattutto la temperanza (virtù che pone le passioni sotto il controllo della ragione), e la conoscenza di sé (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2337) . È essenziale che ogni persona conosca se stessa alla luce del piano di Dio. Poiché è "Cristo che rivela l'uomo all'uomo stesso" (Gaudium et spes(n. 22) che la conoscenza personale è pienamente possibile solo attraverso l'incontro con Cristo, modello della nostra stessa umanità. È Lui che parla al nostro cuore e alla nostra anima e ci spinge a essere luce in mezzo al mondo.
Oltre al lavoro spirituale, questo impegno a vivere la castità richiede anche una purificazione della cultura e del clima sociale. (Catechismo della Chiesa Cattolican. 2525) che deve iniziare nel matrimonio e nella famiglia stessa. Se non si conosce la sessualità, è difficile capire cos'è la virtù della castità e la libertà che comporta viverla. Purtroppo, in casa è ancora un argomento tabù. Se i genitori non ne discutono per tempo con i figli, questi ultimi cercheranno altrove le risposte. Gli sviluppi della comunicazione hanno facilitato l'accesso ad altre "risposte" immediate che spesso non solo sono sbagliate, ma anche contrarie alla legge naturale e alla fede.

Dopo la casa, è importante che l'argomento venga affrontato negli ambienti ecclesiali, in modo che l'esperienza della castità sia non solo meglio compresa, ma anche più sopportabile. A volte si pensa che sia una repressione dei sentimenti o dei desideri, mentre in realtà è proprio il contrario. La castità permette la pienezza dell'amore nella libertà, nell'integrità della persona umana.

In Courage lei parla molto di amicizia: quanto è importante l'amicizia nella vita dei cristiani?

- La virtù dell'amicizia, che è "un'esigenza diretta della fratellanza umana e cristiana". (Catechismo della Chiesa Cattolica(nato nel 1939), svolge un ruolo molto importante nella vita di un cristiano. L'amicizia unisce due o più persone che si sforzano di raggiungere un interesse o un obiettivo comune, compreso il desiderio di raggiungere insieme la santità e di crescere nel loro rapporto con Cristo, che disse ai suoi apostoli: "Vi chiamo amici" (Gv 15,15). Cristo chiama i suoi amici a formare un unico corpo con lui e tra di loro, in modo che il segno più evidente dell'amore di una persona per Dio sia la misura in cui ama il suo prossimo (cfr. 1 Gv 4,20-21).

Nel nostro apostolato parliamo molto di amicizia perché sappiamo, come ci insegna la Chiesa, che "la castità si sviluppa nell'amicizia". (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2347). Come diceva padre Philip Bochanski, che fino a poche settimane fa era direttore esecutivo di Courage International, "l'amicizia non è un premio di consolazione, non è un "amore di seconda classe", ma un legame reale, il fondamento di ogni relazione autentica". Gesù stesso ci ha insegnato a coltivare queste relazioni umane e lo vediamo in tutti i Vangeli. Come ci dice il Siracide, "un amico fedele è un rifugio sicuro e chi lo trova ha trovato un tesoro" (Siracide 6:14).

Come possono le famiglie aiutare e sostenere i loro cari LGBT?

- Nella Chiesa, le famiglie hanno la meravigliosa missione di accompagnare i loro cari e di aiutarli, a poco a poco, a incontrare Gesù Cristo, accogliendoli sempre con carità e verità.

La prima cosa che consiglio a chi ha appena saputo che un familiare o una persona cara si identifica come LGBT è di non allarmarsi. Consiglio di ascoltare la persona e di cercare, anche se è difficile, di capire il momento particolare che sta attraversando. È molto importante che esprimiate il vostro amore incondizionato per loro e che li aiutiate a riscoprire gradualmente la loro identità più profonda di figli di Dio. Fateli camminare insieme alla persona amata verso il Cuore di Gesù. Lì potranno trovare l'Amore e la libertà che tutti cerchiamo.

Non è sempre saggio iniziare questo accompagnamento spiegando tutto ciò che il Catechismo dice sull'argomento. Tutto dipende dalla loro situazione, dalla loro vita di fede e dal momento che stanno vivendo. Le famiglie dovrebbero considerare tutto questo quando aiutano i loro cari. 

Dopo questo primo grande passo, per poter accompagnare nel modo migliore, oltre ad avere una vita spirituale attiva, è molto necessario che i membri della famiglia siano formati sugli insegnamenti della Chiesa su questo tema. La nostra esperienza in questo ministero è che c'è molta ignoranza e non conoscenza sull'argomento. È urgente e necessario che vengano formati agli insegnamenti della Chiesa alla luce dello Spirito Santo. Questo li aiuterà ad amare più liberamente e a conoscere e vivere la Verità non solo sull'attrazione per lo stesso sesso, ma su tutto ciò che riguarda la persona umana, sempre con carità, pazienza e dolcezza.

È essenziale che preghino non solo per i loro familiari, ma anche per loro stessi. Preghino per essere strumenti fedeli dell'amore di Dio nelle loro famiglie, consapevoli che la salvezza dei loro figli non è nelle loro mani, ma nelle mani di Dio. La preghiera dispone anche i cuori dei genitori a confidare nel Signore e a rispettare la libertà e i processi dei figli, che col tempo ascolteranno la voce di Dio nel loro cuore. La vita di preghiera permette ai genitori di riconoscere che non sono loro a controllare la vita dei figli, aprendosi così alla forza travolgente della grazia.

Vi invito anche ad affidarvi all'intercessione di Maria Santissima, di Santa Monica e di Sant'Agostino. Infine, se possibile, vi raccomando di cercare un sacerdote o un direttore spirituale che vi accompagni spiritualmente in questo cammino.

Sembra che oggi si tenda a concentrarsi sulla sessualità e sulle tendenze delle persone. Come possiamo evitare di definire le persone solo in base alle loro tendenze sessuali?

- In effetti, oggi le persone sono sempre più definite dalle loro attrazioni sessuali o affettive. Tuttavia, l'umanità di una persona comprende molto di più dei suoi desideri sessuali. La Chiesa vede la persona alla luce della sua identità di figlio di Dio, creato buono, libero e a immagine e somiglianza di Dio.

Di conseguenza, la Chiesa ci dice che la persona "non può essere adeguatamente definita con un riferimento riduttivo al solo orientamento sessuale" (Congregazione per la Dottrina della Fede, "Lettera ai Vescovi della Chiesa Cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali" (1986), n. 15). Come ha affermato Papa Francesco, "le persone non devono essere definite solo in base alle loro tendenze sessuali". Quindi, per evitare di ridurre le persone alle loro tendenze sessuali, dobbiamo sempre tenere presente la loro dignità di figli di Dio.
Nell'Apostolato Courage non ci riferiamo ai nostri membri come "gay" o "LGBTQ". Questi termini potrebbero dare l'impressione che le attrazioni per lo stesso sesso definiscano un tipo o una categoria separata di persone con una morale diversa. Ci riferiamo piuttosto a loro come a fratelli e sorelle, uomini e donne, che provano attrazione per lo stesso sesso.

Fin dall'inizio Dio ha rivelato all'uomo la sua identità: "Maschio e femmina li creò"! Tutto il nostro essere parla di ciò che siamo, a partire da ogni nostra cellula, fino alle differenze più evidenti del nostro corpo. Dobbiamo sforzarci di usare il linguaggio giusto per esprimere la piena dignità della persona umana, non solo un aspetto.

Le conversazioni sulla sessualità e sulle questioni LGBT sono altamente polarizzate.. È possibile dialogare su questo tema senza cadere in posizioni radicali o ideologiche?

- Certo, perché stiamo parlando della persona umana. Questo dialogo è possibile quando conosciamo con chiarezza gli insegnamenti della Chiesa e quando abbiamo un rapporto intimo con Gesù Cristo, la Verità stessa. Non serve a nulla conoscere le verità della nostra fede, se non le incarniamo nella nostra vita per condividerle con profonda carità come ha fatto Gesù. E certamente vivere ciò che Gesù stesso ci ha insegnato è la cosa più liberatoria per il cuore umano, ed esigente.
Come spiega Gesù nel Vangelo, nel mondo dobbiamo essere "accorti come serpenti e innocenti come colombe" (Mt 10,16). È importante saper discernere alla luce dello Spirito Santo se è il momento, la situazione o il luogo giusto per intraprendere un dialogo di questo tipo. È un argomento che tocca fibre molto sensibili e profonde dell'essere umano, in molti casi anche ferite del cuore. Pertanto, è essenziale essere consapevoli che stiamo entrando in un terreno sacro. È così che inizia il dialogo su questo tema: con la carità e la verità. Se non ci sono entrambe, è meglio rimandare a un altro momento.
Illuminati dalla verità della Scrittura e del Magistero, e infiammati dall'amore di Cristo nei nostri cuori, saremo in grado di impegnarci in questi dialoghi con "il metodo Gesù", come lo chiama uno dei nostri membri di Courage.

In che modo Courage aiuta le persone a riprendersi dai sensi di colpa e di indegnità dopo le offese alla castità?

- Accoglierli con amore e misericordia, come farebbe Gesù. Far sapere loro che Dio li ama infinitamente, che sono molto più delle loro cadute e dei loro peccati, che sono - ancora una volta - figli amati di Dio. Che il Signore, nella sua infinita misericordia, li perdona sempre quando si pentono, perché conosce il loro cuore. La paternità spirituale del cappellano di "Courage" è un beneficio inestimabile per i membri dei capitoli locali. Nel cappellano trovano l'accoglienza amorevole e l'accompagnamento pastorale che la Chiesa offre ai suoi figli.

Come ha detto Papa Francesco, "dobbiamo sempre considerare la persona. Qui entriamo nel mistero dell'essere umano. Nella vita, Dio accompagna le persone e noi dobbiamo accompagnarle partendo dalla loro situazione. È necessario accompagnarle con misericordia. Quando questo accade, lo Spirito Santo ispira il sacerdote a dire le parole giuste" (Papa Francesco, citato da Antonio Spadaro, "Un cuore grande aperto a Dio", America 209:8, 30 settembre 2013).
Il bene che i sacerdoti possono fare nel confessionale è un dono di Dio dall'alto e un tesoro della Chiesa. Invitiamo tutti i sacerdoti a mostrare l'amore e la misericordia del Cuore di Gesù a coloro che vengono al confessionale pentiti. Non mancate di parlare loro con la Verità che libera l'anima e con la misericordia che abbraccia il cuore umano. Siate veramente altri Cristi e fate come il Signore con la donna peccatrice: "Non ti condanno; va' e non peccare più d'ora in poi" (Gv 8,11).

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Stati Uniti

Si conclude la plenaria di primavera dei vescovi statunitensi

Il 16 giugno si è conclusa a Orlando (Florida) l'Assemblea plenaria di primavera della Conferenza episcopale degli Stati Uniti.

Gonzalo Meza-17 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Venerdì 16 giugno, l'Assemblea plenaria di primavera della Conferenza episcopale degli Stati Uniti (USCCB). È stato un momento di discussione, preghiera e comunione fraterna tra i vescovi. Durante l'Assemblea è stato presentato lo stato di avanzamento del Congresso Eucaristico Nazionale del 2024, si è discusso del Sinodo sulla sinodalità e della Giornata Mondiale della Gioventù. I presuli hanno anche approvato diversi documenti, tra cui una guida per la formazione permanente dei sacerdoti e una nuova traduzione di parti della Liturgia delle Ore.

I vescovi hanno anche deciso di iniziare la stesura di una nuova dichiarazione pastorale per le persone con disabilità nella Chiesa. Hanno anche approvato un nuovo piano pastorale per rafforzare il ministero ispanico e infine hanno deciso di continuare il processo per la causa di beatificazione e canonizzazione a livello diocesano dei "Martiri di Shreveport" in Louisiana.

Nuovo piano nazionale per il ministero ispanico

Il nuovo piano si concentra sulla realtà del pastorale ispanica. È il frutto del V Encuentro Hispano e comprende aspetti vitali per lo sviluppo della pastorale latina nei prossimi anni a livello nazionale, diocesano e parrocchiale. Il testo delinea una serie di obiettivi per le pratiche pastorali che privilegiano l'incontro con le persone delle periferie con un messaggio di accoglienza e speranza. Ciascuno dei punti ha date precise per il raggiungimento degli obiettivi, che iniziano nel 2023.

Gli obiettivi mirano a sostenere l'apprendimento permanente e la conversione continua; a fornire la preparazione sacramentale e la catechesi mistagogica; ad assistere i genitori ispanici nel trasmettere la fede ai loro figli; a rafforzare la formazione matrimoniale nella comunità; a formare i leader della Chiesa domestica e ad accompagnare pastoralmente le famiglie. Il piano mira anche a raggiungere i giovani ispanici per formarli come discepoli missionari e fornire loro una formazione spirituale e pastorale continua. 

Tra gli obiettivi del nuovo piano figurano anche l'assistenza pastorale e l'accompagnamento delle famiglie separate a causa della deportazione o della detenzione, la promozione di una riforma dell'immigrazione completa e giusta e l'accompagnamento degli ispanici nella scoperta dei loro doni e nel discernimento per il ministero nella Chiesa e il servizio nella società. Il testo indica anche come obiettivo importante la formazione di ministri liturgici per le comunità ispaniche e l'aumento del numero di vocazioni ispaniche al sacerdozio, alla vita consacrata, al diaconato permanente, al ministero laico e al matrimonio.

I martiri di Shreveport

Come in altre Assemblee, i vescovi hanno discusso e approvato le cause di beatificazione e canonizzazione. In questo incontro i protagonisti sono stati i "martiri di Shreveport". Cinque Servi di Dio di origine francese: Jean Pierre, Isidore Quémerais, Jean Marie Biler, Louis Gergaud e François LeVézouët, che operarono in Louisiana e morirono durante l'epidemia di febbre gialla del 1873, una delle peggiori pestilenze mai registrate negli Stati Uniti. La città perse un quarto della sua popolazione in meno di tre mesi.

I sacerdoti furono reclutati dal vescovo dell'ormai defunta diocesi di Natchitoches, in Louisiana, Auguste Marie Martin, che si recò a Rennes, in Francia, per estendere loro un invito che già circolava in Francia per reclutare sacerdoti e seminaristi da servire in Florida e Louisiana. Il prospetto non sembrava molto incoraggiante: "Non vi offriamo né stipendio né ricompense, né ferie né pensione, ma molto lavoro, un alloggio povero, poche comodità, molti disagi, frequenti malattie, una morte violenta o solitaria e una tomba sconosciuta".

Nonostante questo avvertimento i cinque sacerdoti bretoni accettarono, tenendo presente l'insegnamento di San Paolo: "Le sofferenze di questo tempo non sono degne di essere paragonate alla gloria che sarà rivelata in noi: chi ci separerà dall'amore di Cristo? la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada? Sono infatti certo che né la morte né la vita né gli angeli né i principati né le cose presenti né quelle future né le potenze né l'altezza né la profondità né alcun'altra creatura potrà separarci dall'amore di Dio rivelato in Cristo Gesù, nostro Signore" (Rm 8,18.35.38-39).

Nell'ottobre 1873, i martiri di Shreveport morirono impartendo i sacramenti ai malati e ai moribondi, esercitando il loro ministero sacerdotale. Pochi giorni prima della sua morte, alcuni parrocchiani avvertirono padre Le Vézouët che se avesse continuato a lavorare con la gente sarebbe morto a causa dell'epidemia. Al che egli rispose: "Lo so. Ma penso che sto prendendo la strada più sicura e più breve per il Paradiso".

Ulteriori informazioni sui martiri di Shreveport: https://shreveportmartyrs.org/

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Libri

La comunicazione della Santa Sede, tra riforma ed evangelizzazione 

Il libro di Angelo Scelzo "Dal Concilio al web. La comunicazione vaticana e la scorta della riforma" analizza le sfide comunicative che la Chiesa deve affrontare in un mondo dominato dalle nuove tecnologie, per utilizzarle come strumenti di evangelizzazione.

Antonino Piccione-17 giugno 2023-Tempo di lettura: 3 minuti
Angelo Scelzo, autore di "Dal Concilio al web. La comunicazione vaticana e la scorta della riforma" (foto CNS/Catholic Press Photo)

L'invito a recuperare la lezione conciliare che invita a "non banalizzare il messaggio". Il cardinale Matteo Il cardinale Matteo ZuppiArcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, in occasione della presentazione, mercoledì 14 giugno, al Università Lumsa di Romadal libro di Angelo Scelzo "Dal Concilio al web. La comunicazione vaticana e la scorta della riforma", pubblicato dalla Libreria Editrice Vaticana.

L'opera rappresenta "la testimonianza lasciata da un modesto 'insider' in un importante momento di cambiamento", come sottolinea in conclusione lo stesso autore, che è stato vicedirettore de "L'Osservatore Romano", sottosegretario dell'allora Pontificio Consiglio delle Comunicazioni Sociali e vicedirettore della Sala Stampa della Santa Sede.

"A volte l'interpretazione giornalistica non prevede la lettura del testo", ha detto Zuppi, citando il caso del discorso di Benedetto XVI a Regensburg. A volte succede che "l'atteggiamento del giornalista è talmente prevenuto che il testo finisce per diventare irrilevante".

Le sfide della comunicazione

Il libro analizza le sfide comunicative che la Chiesa deve affrontare in un mondo dominato dalle nuove tecnologie, per utilizzarle come strumenti di evangelizzazione. Nelle prime pagine, il racconto delle tappe che hanno portato alla riforma voluta da Papa Francesco. Sullo sfondo, le origini della comunicazione vaticana nata dal Concilio. Si parla dei cambiamenti nel campo della comunicazione, dei grandi eventi coperti dai media, dei diversi stili e linguaggi dei papi e della comunicazione in tempi di pandemia.

Zuppi lo ha definito un "excursus storico" che aiuta a ripercorrere la "complessità" della comunicazione della Santa Sede dal Vaticano II a oggi, spiegando che "c'è un 'parlare con il linguaggio del cuore', semplice, diretto, immediato", come quello di Papa Francesco, ma c'è anche "l'interpretazione", in cui a volte c'è una certa "malizia".

La comunicazione, parte fondamentale della missione

Dopo il saluto del rettore della Lumsa Francesco Bonini, il prefetto del Dicastero per la Comunicazione Paolo Ruffini ha sottolineato che "la comunicazione è parte fondamentale della missione della Chiesa". La sfida è "costruire, con l'umiltà degli artigiani, un sistema relazionale capace di raccogliere, organizzare e mettere in rete una lettura diversa del mondo".

Padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede dal 2006 al 2016, ha vissuto i primi passi della riforma. C'era la convinzione comune che fosse necessaria", dice, "si sentiva che era urgente e che stavamo aspettando troppo, ma la sensazione era che mancasse qualcuno che avesse il coraggio di avviare un processo. Questo è successo con il pontificato di Papa Francesco".

Negli ultimi anni la comunicazione vaticana ha vissuto "una valanga di scoop", ha aggiunto Gabriele Romagnoli, editorialista de La Repubblica, ricordando il volo in elicottero di Benedetto XVI a Castel Gandolfo dopo le dimissioni dal pontificato e la preghiera di Papa Francesco in una Piazza San Pietro deserta durante la pandemia.

Per Marco Tarquinio, ex direttore di Avvenire, in un'epoca in cui tutto "va veloce", anche la Chiesa deve mettersi al passo. Basti pensare "ai mezzi che portano sulla terra la voce dell'uomo che parla per Dio, in un tempo in cui le macchine cominciano a parlare per e al posto dell'uomo".

L'incontro è stato moderato da Valentina Alazraki, corrispondente di Tve Messico.

L'autoreAntonino Piccione

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Le Sacre Scritture

Mark Giszczak sulla Bibbia, la sua veridicità e il suo linguaggio inclusivo

Mark Giszczak ha conseguito un dottorato di ricerca in Studi biblici, con specializzazione nell'Antico Testamento. Insegna all'Istituto Agostino e ha scritto molto sulla Bibbia, sulle sue interpretazioni e sulle traduzioni. In questa intervista parla delle attuali sfide che i traduttori devono affrontare, del dibattito sulla lingua inclusiva e della veridicità dei testi.

Paloma López Campos-17 giugno 2023-Tempo di lettura: 8 minuti

Il Dr. Mark Giszczak insegna al Istituto Agostinoe, ma scrive anche libri e tiene conferenze sulla Bibbia. Pensa che "dobbiamo conoscere Dio, leggere la sua Parola e lasciarci cambiare e influenzare da essa". Allo stesso tempo, "dobbiamo riconoscere che non sapremo mai tutto".

Il Sacra Bibbia Sappiamo se i testi sono accurati? Come influisce il linguaggio inclusivo sulle traduzioni? Quali sono le sfide per catturare il messaggio autentico della Parola? In questa intervista con Omnes, il dottor Giszczak affronta queste e altre domande.

Qual è la sfida più grande che i traduttori della Bibbia devono affrontare oggi?

- Nel mio libro sulla traduzione della Bibbia parlo della sfida del linguaggio inclusivo, che è stato un argomento di discussione molto importante negli ultimi cinquant'anni. C'è stato un vero e proprio cambiamento nel modo in cui pensiamo agli uomini e alle donne, ai ruoli, e il linguaggio ha molto a che fare con questo.

Nella traduzione della Bibbia, alcuni traduttori sono andati nella direzione di cercare di rendere la Bibbia il più inclusiva possibile. Altri invece hanno adottato un approccio diverso, più conservatore. Dicono che dovremmo rendere il più possibile inclusivo tutto ciò che possiamo, ma se il testo biblico è di genere, allora dovremmo tradurlo così com'è.

Questo diventa una sorta di dialogo sul modo giusto di tradurre. E penso che man mano che la conversazione sul genere continua a cambiare, i traduttori biblici continueranno a dover riflettere sul giusto approccio.

Da un lato, c'è una sorta di tendenza a cedere a qualsiasi cosa la cultura stia facendo in quel momento. Dall'altro, c'è la tendenza a resistere alla cultura. Credo che la strada giusta sia una via di mezzo. I traduttori cristiani devono resistere all'idea che la cultura contemporanea possa riscrivere l'antropologia biblica. Ma, d'altra parte, penso che dobbiamo tradurre in modo da comunicare con la cultura contemporanea.

Come possono i traduttori assicurarsi di non perdere il vero significato di ciò che Dio intendeva?

- In alcune tradizioni religiose hanno risolto questo problema non traducendo, il Corano è famoso per questo. Nell'Islam, se si vuole davvero essere uno studioso della religione, bisogna studiare l'arabo e leggere il Corano in lingua originale. Qualcosa di simile accade nell'ebraismo. Nel cristianesimo, invece, abbiamo una tradizione di traduzione delle Scritture.

Questo risale in realtà al primo giudaismo. In epoca greca e romana, intorno al tempo di Gesù, la maggior parte degli ebrei non conosceva l'ebraico, molti parlavano il greco. L'Antico Testamento fu tradotto in greco per loro e questa è la versione dell'Antico Testamento che i primi cristiani adottarono, perché la maggior parte di loro parlava anche greco.

Quando la Chiesa iniziò ad evangelizzare, molti cristiani parlavano latino. Era quindi necessario avere una versione greca e una latina della Bibbia. Ciò significava che il nostro testo sacro esisteva in diverse lingue e doveva sempre affrontare il problema della traduzione.

Nel nostro tempo abbiamo ereditato questo problema in modo particolare. Oggi il cristianesimo è un fenomeno globale e ci sono molte lingue in cui la Bibbia deve essere tradotta.

Tutti i traduttori devono affrontare dei problemi perché, per realizzare una buona traduzione, il traduttore deve comprendere molto bene le lingue e le culture di origine, ma deve anche essere un buon studente della lingua di destinazione, per capire come il significato di una famiglia linguistica possa essere tradotto o traslato in un'altra.

Esistono due approcci fondamentali alla traduzione della Bibbia. Uno è l'equivalenza dinamica (o funzionale) e l'altro è l'equivalenza parola per parola (o formale). L'equivalenza dinamica può essere molto utile per ottenere il maggior numero di traduzioni della Bibbia nel più breve tempo possibile, ma la teoria dell'equivalenza dinamica è imprecisa per design, è pensata per essere molto flessibile. E quando si tratta di idee teologiche e dell'insegnamento e della tradizione della Chiesa, è molto importante che le nostre traduzioni trasmettano il più accuratamente possibile ciò che Dio intende insegnarci nel testo sacro.

È qui che il Vaticano ha cambiato la sua politica sulla traduzione. Lo si può vedere in un documento del 2001, "Liturgiam authenticam"che promuove la fedeltà e l'accuratezza nella traduzione della Bibbia. Dice che bisogna sforzarsi di rimanere fedeli al testo originale. Ma anche sforzarsi di spiegare il testo in modo comprensibile per chi parla la lingua di destinazione.

Si tratta di una tensione costante nella traduzione della Bibbia: ci si deve concentrare principalmente sul testo ed essere molto accurati, oppure ci si deve concentrare maggiormente sul pubblico e su come esattamente lo capirà? Diverse traduzioni e diversi traduttori hanno adottato teorie diverse a seconda di come intendono rispondere a questa domanda.

Sembra che il linguaggio sia oggi un elemento volatile che cambia rapidamente. Inoltre, le persone si offendono facilmente quando altri usano certe parole. Questa è una sfida per i traduttori: come possono affrontarla?

- Il linguaggio è sempre stato politico, perché è il modo in cui comunichiamo idee e concetti. Ci sono cose nella Bibbia che offendono le persone e, a seconda dell'epoca in cui si vive, le persone si sentono offese da cose diverse. Penso che come catechisti ed evangelisti possiamo fare del nostro meglio per spiegare le idee della Bibbia nel modo più inoffensivo possibile. Ma è vero che il linguaggio della Bibbia è sacro e quindi immutabile.

Un esempio è che Dio si rivela come Padre, Figlio e Spirito Santo. Teologicamente sappiamo che Dio non ha genere, ma il fatto di conoscere questa idea teologica non ci permette di cambiare il modo in cui Dio si rivela. Per esempio, alcuni cristiani hanno sperimentato il riferimento a Dio come Madre o allo Spirito Santo come "lei", e questo tipo di manipolazione del linguaggio biblico è molto pericoloso. Rischia di compromettere completamente la rivelazione di Dio a noi.

Se iniziamo a cambiare i principi della Bibbia che non ci piacciono, improvvisamente non siamo più studenti o discepoli della Bibbia, ma in un certo senso stiamo dicendo alla Bibbia cosa dovrebbe insegnarci. È una posizione molto rischiosa da assumere.

Come facciamo a sapere che la Bibbia che leggiamo oggi è quella scritta centinaia di anni fa? Come facciamo a sapere che non è stata manomessa?

- Si tratta di una questione complessa. Nelle biblioteche di tutto il mondo abbiamo copie antiche delle Sacre Scritture e molte di esse sono frammentarie. Molte delle prime copie che abbiamo della Bibbia sono in piccoli pezzi, ma alcuni dei manoscritti più grandi che abbiamo sono molto antichi, risalenti all'epoca dell'imperatore Costantino.

Gli studiosi hanno analizzato tutte le prove di questi frammenti e manoscritti e hanno potuto dimostrare che esiste una continuità nel tempo. Non ci sono grandi interruzioni nella catena di trasmissione dall'antichità attraverso il Medioevo e i monasteri fino alle biblioteche e alle traduzioni moderne.

Il testo del Nuovo Testamento, ad esempio, è stato esaminato in dettaglio dagli studiosi. Ne siamo certi, circa 98 % e 99 %. Ci sono alcuni passaggi in cui non è molto chiaro quale fosse il testo originale, ma per la maggior parte, 99 %, sappiamo che è accurato.

Un'altra prova importante che si è rivelata utile è rappresentata dai Rotoli del Mar Morto. Le nostre prime copie della Bibbia ebraica completa sono piuttosto tardive, intorno al 900 d.C., ma i Rotoli del Mar Morto sono datati intorno all'epoca di Gesù. Questi rotoli verificano che le nostre copie della Bibbia ebraica sono accurate. È vero che alcune cose sono cambiate. Le convenzioni ortografiche sono cambiate e alcune parti sono leggermente diverse, ciò che chiamiamo variazione testuale. Ma abbiamo trovato, per esempio, una copia completa del libro di Isaia, che conta 66 capitoli, e corrisponde al nostro testo della Bibbia ebraica. Quindi possiamo verificare che la tradizione ebraica di trasmissione del testo ebraico ha effettivamente conservato il testo originale con grande precisione.

Frammenti dei Rotoli del Mar Morto (Wikimedia Commons / Ken e Nyetta)

Come possiamo spiegare le diverse interpretazioni che ognuno di noi dà ai testi e assicurarci di non allontanarci dai veri insegnamenti della Chiesa?

- Dio, nella sua saggezza, non ci ha creati tutti esattamente uguali. Ognuno di noi ha la propria personalità, le proprie caratteristiche e la propria storia di vita. Dio, nella sua saggezza e verità, è in grado di raggiungere ciascuno di noi nella sua individualità.

Così, sia che pensiamo alla differenza tra un Papa e l'altro, o alle differenze tra l'omelia di un sacerdote e quella di un altro sullo stesso Vangelo domenicale, ogni persona, nella sua individualità, è in grado di rispondere alla Parola di Dio in modo unico.

C'è qualcosa di veramente bello in questo. Poiché Dio ci ha creati come individui, ognuno di noi ha una storia e una vita individuale e la nostra risposta a Dio sarà unica. Eppure, quando ci riuniamo come Chiesa, siamo uniti nell'unica verità del Vangelo, nell'unica Chiesa di Cristo e nell'unico Battesimo.

Cosa dobbiamo fare quando non capiamo la Bibbia?

- Questo è un concetto molto importante per noi. Ognuno di noi, nella propria vocazione e vita, deve conoscere Dio, leggere la sua Parola e lasciarsi cambiare e influenzare da essa. E dobbiamo riconoscere che non sapremo mai tutto.

Se guardiamo indietro nella tradizione cristiana, vediamo molti tentativi nelle vite dei santi e dei dottori della Chiesa, e anche nell'architettura delle chiese, di rendere la Bibbia comprensibile. Per esempio, se si cammina nelle famose cattedrali gotiche della Francia e si osservano le vetrate, queste raccontano le storie della Bibbia.

Per questo credo che nella vita della Chiesa abbiamo un bisogno costante di crescere nel nostro rapporto con Dio, nella preghiera e nella conoscenza. Ed è qui che ogni sforzo che facciamo per educare le persone alla Bibbia è davvero utile e prezioso. Senza questo tipo di educazione che accompagna la Scrittura, la Scrittura rimarrà una specie di lettera morta o qualcosa che la gente non può capire. Ecco perché le omelie dovrebbero concentrarsi sull'insegnamento delle Scritture e del loro significato. Dobbiamo pubblicare libri e commentari che lo spieghino e organizzare ritiri, conferenze e seminari. Questi sono tutti ottimi modi per far sì che la gente capisca di più.

È vero che alcuni argomenti della Bibbia sono molto difficili e richiedono molto studio per essere compresi, ma la maggior parte degli argomenti della Bibbia può essere compresa dai bambini. Man mano che impariamo e cresciamo, sempre più passaggi ci diventano chiari. Ma ce ne possono essere alcuni che richiedono uno studio supplementare per essere davvero compresi, ed è qui che penso che gli studiosi possano essere davvero utili e risolvere i problemi più difficili.

Cosa direbbe a chi si è perso cercando di leggere la Bibbia?

- Se state leggendo da soli, inizierei con il Vangelo di Giovanni. Ma la vera risposta è trovare una comunità. Trovate una parrocchia, un gruppo di studio biblico, un insegnante o una scuola... Un gruppo di persone che conoscono la Bibbia e che sono in grado di insegnarla in modo comprensibile.

Ci sono molti video e programmi su YouTube, ma la cosa migliore è trovare delle persone. Negli Stati Uniti abbiamo molte risorse a questo proposito. Le risorse diventeranno evidenti man mano che lo farete. Ma la cosa principale, secondo me, è trovare una comunità di persone che amano la Bibbia e vogliono condividerla con voi.