Ecologia integrale

I vincitori dei premi Open Reason 2023 sono già stati annunciati.

L'Università Francisco de Vitoria e la Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI hanno annunciato i nomi dei vincitori dei premi Open Reason 2023. Tra i vincitori figurano Anna Rowlands e Giuseppe Tanzella-Nitti.

Paloma López Campos-16 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Università Francisco de Vitoria e il Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI hanno annunciato i vincitori dei premi Open Reason 2023. Tra i vincitori figurano Anna Rowlands e Giuseppe Tanzella-Nitti.

Sono stati annunciati i vincitori dei premi Razón Abierta 2023. L'Università Francisco de Vitoria e la Fondazione Joseph Ratzinger-Benedetto XVI hanno annunciato i nomi dei vincitori, che saranno premiati il 17 ottobre a Roma. La cerimonia inizierà alle 17.00 ora locale e potrà essere seguita in streaming.

Il cardinale Luis Francisco Ladaria Ferrer, prefetto emerito del Dicastero per la Dottrina della Fede, presiederà la cerimonia di premiazione. Sono previsti interventi del presidente della Fondazione Ratzinger, Federico Lombardi, e di Daniel Sada, rettore dell'Università Francisco de Vitoria.

I vincitori dei premi Open Reason 2023

I premi di Razón Abierta assegnano ai vincitori un totale di 100.000 euro, suddivisi in quattro premi da 25.000 euro. I vincitori di quest'anno sono:

  • Anna Rowlands, nella categoria Ricerca. La Rowlands è docente presso l'Università di Durham e ha ricevuto il premio per la sua relazione "Towards a politics of communion: Catholic social teaching in dark times".
  • Dr. Simon Maria Kopf nella categoria Ricerca per il suo lavoro "Reframing Providence: New Perspectives from Aquinas on the Divine Action Debate".
  • Juan Serrano Vicente e Carola Díaz de Lope-Díaz Molins, nella categoria Insegnamento. Entrambi fanno parte del Santander-UFV Europe Grants e della University Leadership School dell'Università Francisco de Vitoria. Hanno ricevuto il premio proprio per quest'ultimo progetto.
  • Giuseppe Tanzella-Nitti e Stefano Oliva, nella categoria Insegnamento, per il progetto "Piattaforma didattica DISF".

Inoltre, Elizabeth Newman riceve una menzione d'onore per la sua opera "Divine Abundance". La Newman è docente di teologia presso la Baptist House of Studies dell'Union Presbyterian Seminary e la Duke Divinity School.

Premi Open Reason: valorizzare l'eccellenza

I premi Razón Abierta celebrano la loro sesta edizione nel 2023. Il loro obiettivo è riconoscere e premiare l'eccellenza nei campi della ricerca e dell'insegnamento. Ogni anno vengono premiati i lavori svolti da diverse persone per promuovere la "ragione aperta", divulgata da Benedetto XVI. Come spiega l'Università Francisco de Vitoria, questa "ragione aperta" è "quella che cerca di conoscere veramente ciò che la circonda, abbracciando tutti gli aspetti della realtà a partire da una sintesi armonica di conoscenze che integra teologia e filosofia".

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Vaticano

Il Papa chiede una distribuzione equa del cibo

La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato il messaggio di Papa Francesco per la Giornata Mondiale dell'Alimentazione 2023. In questa occasione, il Santo Padre vuole sottolineare l'importanza dell'acqua, una risorsa di "valore insostituibile".

Paloma López Campos-16 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha reso pubblico, attraverso la Sala Stampa della Santa Sede, il suo messaggio per la Giornata mondiale dell'alimentazione, che si terrà il 16 ottobre 2023. Il tema di quest'anno è "L'acqua è vita, l'acqua è cibo. Non lasciare indietro nessuno". Nel suo messaggio, il Santo Padre vuole ricordare che l'inaccessibilità alle risorse di base come l'acqua e il cibo "per molte persone rappresenta un affronto alla loro intrinseca dignità, donata da Dio. È davvero un insulto che dovrebbe far arrossire tutta l'umanità e mobilitare la comunità internazionale".

Data l'importanza dell'acqua per la vita, il Papa mette in guardia dall'ingiustizia causata dalla mancanza d'acqua, sia per le persone che per i bambini. cambiamento climatico nonché la scarsa distribuzione della risorsa. Il documento chiede quindi "maggiori investimenti in infrastrutture, reti fognarie, sistemi igienici e di trattamento delle acque reflue, in particolare nelle aree rurali più remote e depresse. È inoltre importante sviluppare modelli educativi e culturali che sensibilizzino la società affinché questo bene primario venga rispettato e preservato. L'acqua non deve mai essere vista come una semplice merce, un prodotto da commerciare o un oggetto su cui speculare.

Una società che pensa a tutti

Consapevole che il maggior impatto sulle risorse è esercitato dalle grandi entità pubbliche e private, Francisco si rivolge direttamente a loro. "Le organizzazioni internazionali, i governi, la società civile, le imprese, le istituzioni accademiche e di ricerca, così come altre entità, devono unire le forze e mettere in comune le loro idee affinché l'acqua sia patrimonio di tutti, sia meglio distribuita e sia gestita in modo sostenibile e razionale".

Alla fine del suo messaggio, il Papa coglie l'occasione per sottolineare che "la celebrazione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione deve servire a ricordare che la cultura dell'usa e getta deve essere incisivamente contrastata con azioni basate sulla cooperazione responsabile e leale da parte di tutti". Nel nostro mondo globalizzato dobbiamo "pensare e agire in termini di comunità, di solidarietà, cercando di dare priorità alla vita di tutti rispetto all'appropriazione dei beni da parte di alcuni".

Il Papa e i conflitti internazionali

Il Santo Padre allude anche alla situazione attuale. "Stiamo assistendo a una scandalosa polarizzazione delle relazioni internazionali a causa delle crisi e degli scontri esistenti. Enormi risorse finanziarie e tecnologie innovative, che potrebbero essere utilizzate per rendere l'acqua una fonte di vita e di progresso per tutti, vengono dirottate verso la produzione e il commercio di armi". Di conseguenza, nel suo messaggio Francesco ci invita a "diventare promotori del dialogo e costruttori di pace".

Da parte sua, "la Chiesa non si stanca mai di seminare quei valori che costruiranno una civiltà che trova nell'amore, nel rispetto reciproco e nell'aiuto reciproco una bussola per guidare i suoi passi, rivolgendosi soprattutto a quei fratelli e sorelle che soffrono di più".

Mondo

Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme: "Dobbiamo lavorare per la cessazione delle ostilità".

Il cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, è tornato in Terra Santa il 9 ottobre. Da una Città Santa molto cambiata, risponde alle domande di Omnes.

Federico Piana-16 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

"In questo momento dobbiamo solo pregare". Il cardinale Pierbattista Pizzaballa è consapevole che la situazione in Terra Santa si sta complicando di giorno in giorno. Forse come mai prima d'ora. Il Patriarca latino di Gerusalemme risponde alle domande di Omnes da una Città Santa che lui stesso descrive come quasi paralizzata. "La maggior parte delle attività sono sospese, le scuole sono chiuse. Solo chi è costretto a lasciare le proprie case esce. È una situazione surreale, in cui dominano tensione, paura e nervosismo", dice con voce preoccupata.

Colto da una terribile sorpresa

Rabbia, odio, risentimento e desiderio di vendetta sono i sentimenti che attraversano come un fiume in piena sia la popolazione israeliana che quella palestinese, con motivazioni ovviamente opposte. Il racconto del cardinale è straziante: "Quello che stiamo vivendo non può essere definito un'escalation di violenza. È qualcosa di diverso. È un grande salto, doloroso, incredibile, a cui nessuno era preparato. È stata una terribile sorpresa.

Speranza eclissata

Così com'è, la speranza sembra quasi eclissata. Il Patriarca non ne fa mistero quando chiarisce le sue parole e dice che purtroppo "parlare di speranza è complicato. Ora dobbiamo lavorare per la cessazione delle ostilità. Solo allora sarà possibile ricostruire, partendo dalle tante macerie, prima di tutto umane, che questa situazione sta creando. Ma ci vorrà molto tempo", ha detto.

Ripercussioni anche per la Chiesa

La guerra in Terra Santa non risparmia ripercussioni nemmeno alla Chiesa. Le attività della Chiesa", dice Pizzaballa, "sono ridotte al minimo. Certo, continuiamo a pregare e a celebrare la Santa Messa, anche se non tutti possono partecipare, perché i territori palestinesi sono chiusi. Continuiamo anche a garantire i servizi umanitari".

Il difficile percorso della diplomazia

Per ora, il cardinale non vede molto spazio per le manovre diplomatiche perché, spiega, "è ancora presto: siamo ancora nel cuore della tensione militare, delle emozioni. Forse tra qualche giorno sarà più facile individuare un interlocutore e dei canali di comunicazione". L'impegno di Pizzaballa su questo fronte è quello di "cercare di ricostruire i rapporti, parlare con i vari leader religiosi e individuare possibili vie di confronto", dice.

L'appello alla comunità internazionale

Il Patriarca latino di Gerusalemme ha poi lanciato un appello alla comunità internazionale: "Deve impegnarsi immediatamente in una de-escalation di questo conflitto, perché se dovesse continuare, il rischio che si diffonda sarebbe quasi certo. Sarebbe una tragedia enorme che andrebbe ben oltre questi confini".

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

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La valigetta della pace

Il Vangelo, che ci insegna a non ricambiare il male con il male, ma a vincerlo con il bene, perché ogni guerra è una sconfitta.

16 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

L'orrore della guerra sfida ancora una volta ogni essere umano sul pianeta. Se fosse in nostro potere porre fine ai conflitti in Israele, Ucraina, Sudan o Burkina Faso... lo faremmo? E perché non cominciamo a portare la pace nelle nostre guerre?

E il fatto è che siamo tutti, anche i più pacifisti, in uno stato di guerra permanente; perché non abbiamo bisogno di prendere le armi per odiare, per uccidere qualcuno nel nostro cuore: Non sono io ad esagerare quando paragono l'omicidio al semplice dispetto, ma un Galileo che, già nel primo secolo, diceva: "Avete sentito che fu detto ai nostri antenati: "Non uccidere"; e chi uccide sarà colpevole davanti al tribunale. Ma io vi dico che chi si adira con il proprio fratello sarà passibile di giudizio".

Non c'è guerra tra nazioni che non sia iniziata con un semplice gesto sbagliato tra due, con un'offesa, con un po' di invidia o con una presunzione fuori dalla realtà. Quei piccoli semi di malvagità che un giorno hanno attecchito in una o due persone sono germogliati tra i membri delle famiglie più vicine alle persone coinvolte, poi si sono radicati nei loro villaggi, poi sono germogliati violentemente a livello nazionale, fino ad arrivare, a volte, a diffondere i loro rami su scala globale. In ognuno di noi si annidano migliaia di questi semi apparentemente innocui, ma che, in determinati terreni di coltura, hanno il potenziale di riprodursi, come i virus, con una velocità sorprendente.

Per questo Dio, che ci conosce meglio di tutti, perché ci ha creati e perché si è fatto uno di noi per sperimentare ogni nostro sentimento, ha chiesto attraverso il Figlio che i suoi discepoli porgessero l'altra guancia e amassero i loro nemici. E lo ha realizzato fino alla fine.

È deplorevole vedere come nelle nostre società apparentemente avanzate la violenza stia crescendo a dismisura nelle famiglie, nelle scuole, nei centri sanitari, nel traffico... Dietro la falsa illusione di scambiare Dio con un progresso che ci avrebbe reso più liberi, più ricchi e con meno problemi, intere generazioni stanno scoprendo solo fumo e specchi.

Siamo sempre più schiavi dei potenti, che controllano persino l'ora in cui andiamo in bagno grazie ai telefoni cellulari; l'intelligenza artificiale, nelle mani di quegli stessi pochi, farà sprofondare nella povertà gran parte dei professionisti di oggi; e il problema essenziale degli esseri umani, che è quello di sentirsi amati per sempre, non è stato risolto dalla rivoluzione sessuale che ha ridotto l'amore a un'infatuazione passeggera. Quindi, naturalmente, la gente è arrabbiata.

Nella sua ultima esortazione apostolica Laudato si' il Papa indica il paradigma tecnocratico come responsabile di molti dei problemi odierni, compresi quelli ambientali: "abbiamo compiuto progressi tecnologici impressionanti e sorprendenti, e non ci rendiamo conto che allo stesso tempo siamo diventati esseri altamente pericolosi, capaci di mettere in pericolo la vita di molti esseri e la nostra stessa sopravvivenza". L'ironia di Soloviev si può ripetere oggi: "Un secolo così avanzato che è stato anche l'ultimo". Ci vogliono lucidità e onestà per riconoscere in tempo che il nostro potere e il progresso che generiamo si stanno rivoltando contro noi stessi".

La polarizzazione ideologica, alimentata da una classe politica autoreferenziale che raramente sembra lavorare per il bene comune, promuove lo scontro tra persone che, in un altro clima, sarebbero senza dubbio aperte al dialogo e al consenso.

Anche all'interno della Chiesa cattolica emergono schieramenti che, lungi dal proporre i legittimi miglioramenti che ritengono necessari, alimentano attacchi personali a chi non la pensa come me, con un linguaggio incendiario e con l'obiettivo di ferire le persone.

Se difendiamo una posizione ecclesiale insieme ai nostri amici e contro coloro che non sono come noi, che cosa stiamo facendo di straordinario? -Gesù ci direbbe: "I gentili non fanno lo stesso?

Si dice che i presidenti delle principali potenze nucleari portino sempre con sé una valigetta dalla quale possono ordinare il lancio dei loro missili.

Abbiamo anche una valigetta molto più potente, la valigetta della pace, il Vangelo, che ci insegna a non ricambiare il male con il male, ma a vincerlo con la forza del bene, perché ogni guerra è una sconfitta. Gesù la usò nella notte in cui fu catturato e disse a Pietro di tenere la spada nel fodero.

È così facile gridare contro le guerre degli altri e così difficile essere un muro di fuoco in quella in corso! Se Dio fa sorgere il sole per i buoni e per i cattivi, chi sono io per dire cose cattive sugli altri, per dire che la mia vita vale più della loro?

Solo la preghiera sincera del Padre Nostro, che mi mette faccia a faccia con chi è più di me e con chi è mio pari, è capace di mettermi al mio posto e di portarmi a odiare solo il confronto con i miei fratelli, ogni guerra che viene solo per distruggere me e l'umanità.

È lo stesso che il Papa esprime nella sua conclusione di Laudato si'Lode a Dio" è il nome di questa lettera. Perché un essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per se stesso".

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Cultura

Israele. Etnia e religione, una questione complessa.

In due articoli completi, Gerardo Ferrara, scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente, presenta la complicata realtà della diversità religiosa in Israele e Palestina. Questa prima parte si concentra su Israele.

Gerardo Ferrara-16 ottobre 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Questo primo articolo si concentra sulla diversità religiosa in quello che oggi è conosciuto come Israele.

In questa terra prevalentemente ebraica, la presenza religiosa cristiana è rappresentata da varie denominazioni e, accanto ad esse, da comunità musulmane.

Prima della creazione dello Stato

Alla fine del XIX e all'inizio del XX secolo, la stragrande maggioranza (poco meno di 80%) della popolazione della regione palestinese era musulmana. Tuttavia, i cristiani erano una minoranza consistente (circa 16%) ed erano presenti soprattutto a Betlemme, Gerusalemme e Nazareth, dove costituivano più della metà (se non la maggioranza, come a Betlemme e Nazareth) degli abitanti.

Prima dell'inizio dell'emigrazione di massa dall'Europa, con l'avvento del sionismo (ne abbiamo parlato in altri articoli) gli ebrei erano invece solo il 4,8% dei cittadini, concentrati a Gerusalemme, Tiberiade, Safed, e vi era una presenza drusa ancora più ridotta.

Fino alla fine della Prima Guerra Mondiale, la regione della Palestina era una provincia dell'Impero Ottomano, uno Stato fondato su basi religiose più che etniche: il Sultano era anche "principe dei credenti", quindi califfo dei musulmani di qualsiasi etnia (arabi, turchi, curdi, ecc.), che erano considerati cittadini di prima classe, mentre i cristiani delle diverse confessioni (greco-ortodossi, armeni, cattolici e altri) e gli ebrei erano soggetti a un regime speciale, quello della miglio che prevedeva che ogni comunità religiosa non musulmana fosse riconosciuta come "nazione" all'interno dell'impero, ma con uno status giuridico inferiore (secondo il principio islamico della dhimma). I cristiani e gli ebrei, quindi, non partecipavano al governo delle città, pagavano l'esenzione dal servizio militare sotto forma di una tassa di sondaggio (jizya) e di una tassa fondiaria (kharaj), e il capo di ogni comunità era il suo leader religioso. I vescovi e i patriarchi, ad esempio, erano quindi funzionari pubblici immediatamente soggetti al sultano.

La creazione dello Stato (1948): Israele come democrazia etnica

Il sociologo israeliano Sammy Smooha, in un articolo intitolato "Il modello di democrazia etnica: Israele come Stato ebraico e democratico". (in Nations and Nationalism, 2002) definisce Israele una "democrazia etnica".

È un concetto che si riferisce a una forma di governo democratica, in cui un gruppo etnico-religioso (gli ebrei sono, infatti, un gruppo etnico-religioso) predomina sugli altri, sebbene tutti i cittadini godano di pieni diritti civili e politici, indipendentemente dalla loro appartenenza etnica e religiosa, e possano partecipare alla vita politica e al processo legislativo.

In questo, una democrazia etnica si differenzia da un'etnocrazia o da una "democrazia di Herrenvolk", in cui solo un gruppo etnico gode di pieni diritti politici (ad esempio, il Sudafrica sotto l'apartheid, motivo per cui non è corretto parlare di apartheid nella società israeliana, dal momento che la separazione tra gruppi etnici non è imposta dalla legge, ma è di solito una scelta di ciascun gruppo etnico e religioso).

Sammy Smooha individua otto fasi necessarie per la formazione di una democrazia etnica:

1. L'identificazione dei valori fondanti dello Stato con quelli del gruppo etnico predominante.

2. L'identificazione del gruppo etnico con la cittadinanza da parte dello Stato.

3. Lo Stato è controllato dal gruppo etnico predominante.

4. Lo Stato è una delle principali forze di mobilitazione del gruppo etnico.

5. Esiste una difficoltà, o un'impossibilità, per coloro che non fanno parte del gruppo etnico predominante di ottenere e godere di pieni diritti civili.

6. Lo Stato permette ai gruppi delle minoranze etniche di formare organizzazioni parlamentari ed extraparlamentari che diventano molto attive.

7. Lo Stato percepisce questi gruppi come una minaccia.

8. Lo Stato impone forme di controllo su questi gruppi.

Nello stesso libro, Smooha individua anche dieci condizioni che possono portare alla fondazione di una democrazia etnica:

- Il gruppo etnico predominante costituisce una solida maggioranza numerica.

- Il gruppo etnico predominante è il gruppo etnico numericamente più grande, ma non la maggioranza.

- Il gruppo etnico predominante ha un forte legame con la democrazia (ad esempio, è il gruppo che l'ha fondata).

- Il gruppo etnico predominante è un gruppo indigeno.

- Le minoranze etniche sono alloctone.

- Le minoranze etniche sono frammentate in molti gruppi.

- Il gruppo etnico predominante ha subito un fenomeno di diaspora.

- Vi è un certo coinvolgimento da parte dei Paesi di origine dei gruppi etnici.

- La questione suscita interesse a livello internazionale.

- C'è stata una transizione da un regime non democratico.

Presenza di religioni in Israele

Queste condizioni si riscontrano quasi interamente nello Stato di Israele, dove gli ebrei, il gruppo etnico dominante, costituiscono il 73,6% della popolazione (sebbene 65% degli ebrei si descrivano come non religiosi e 8% come atei, il che lo rende l'ottavo Paese meno religioso al mondo).

Il Arabi israeliani (discendenti dei palestinesi che nel 1948 decisero di rimanere nella loro terra e vivere nel neonato Stato ebraico) sono 21,1% e 5,3% appartengono ad altri gruppi etnici.

Il Arabi Gli arabi che vivono a Gerusalemme Est e sulle alture del Golan, a differenza di quelli che vivono nel resto del Paese, sono residenti permanenti (non hanno la cittadinanza israeliana, ma possono richiederla). Sebbene de jure pienamente integrata nel tessuto democratico dello Stato, la minoranza araba soffre di vari disagi sociali ed economici.

Lo status personale dei cittadini continua ad essere regolato dal sistema di miglio Il sistema ottomano, secondo il quale la giurisdizione su alcune discipline, in particolare matrimonio e divorzio, spetta alla rispettiva confessione religiosa (ogni israeliano deve dichiarare a quale confessione/etnia appartiene e, fino al 2005, questa informazione era riportata sulla carta d'identità). In Israele, ad esempio, non esistono matrimoni civili e lo Stato riconosce i matrimoni celebrati dalle autorità religiose riconosciute (ebrei, musulmani, cristiani e drusi).

Il Ebrei israeliani non sono un blocco monolitico; al contrario, c'è una grande diversità all'interno della comunità. I musulmani, invece, rappresentano circa il 19% della popolazione e sono quasi tutti sunniti.

Oltre al Drusi (un gruppo etno-religioso la cui dottrina è una derivazione dell'Islam sciita ed è fortemente integrato nella società israeliana, tanto che i suoi cittadini prestano il servizio militare, dal quale sono esclusi i musulmani e i cristiani che non lo richiedono), il 2,1% degli israeliani (161.000 persone) è cristiano.

Cristiani in Israele

I cristiani di Israele sono per lo più greco-cattolici (melchiti) e greco-ortodossi, ma vi è anche una consistente minoranza di cristiani di rito romano (circa 20.000 persone). In numero minore sono presenti maroniti, siriaci, copti e armeni.

Sebbene ci siano circa 127.000 arabi cristiani (presenti soprattutto a Nazareth, Haifa, in varie città della Galilea e a Gerusalemme), c'è anche una minoranza di 25 persone.Vi è poi una minoranza di 25.000 cristiani slavi (anche ortodossi) e alcune migliaia di ebrei messianici (ebrei che si sono convertiti al cristianesimo ma continuano a professarsi ebrei), appartenenti soprattutto alla realtà pentecostale, ma tra i quali vi è anche un piccolo numero di convertiti alla Chiesa cattolica, per i quali, oltre ai numerosi immigrati cattolici nel Paese, il Patriarcato latino di Gerusalemme ha creato il Vicariato di Santiago per i cattolici di lingua ebraica e quello degli emigranti e dei richiedenti asilo.

La Chiesa cattolica romana in Israele, in particolare, è amministrata dalla Patriarcato latino di Gerusalemmeche ha giurisdizione anche nell'Autorità Nazionale Palestinese, in Giordania e a Cipro e che ha sotto la sua custodia, oltre alla basilica del Santo Sepolcro (condivisa con armeni, copti, siriaci e greco-ortodossi), la concattedrale del Santissimo Nome di Gesù, a Gerusalemme, le basiliche della Dormizione di Maria, di Sant'Anna e di Santo Stefano a Gerusalemme, la basilica di Stella Maris sul Monte Carmelo a Haifa, la basilica di Emmaus sul Monte Carmelo a Haifa e la basilica del Santo Sepolcro sul Monte Carmelo a Gerusalemme. Anna e Santo Stefano a Gerusalemme, la basilica Stella Maris sul Monte Carmelo ad Haifa e la basilica di Emmaus.

Tradizionalmente, e ben prima della restaurazione del Patriarcato latino in Terra Santa (1847), la presenza cattolica è stata salvaguardata dalla Custodia francescana di Terra Santa, che ha supervisionato e amministrato la maggior parte dei luoghi sacri cristiani cattolici in Terra Santa dal 1217.

Alcuni fatti sul cristianesimo in Israele

Secondo i dati forniti dal Centro di ricerca Pew La popolazione di Israele è distribuita come segue:

1. La maggior parte degli israeliani cristiani è di etnia araba.

2. Dal punto di vista politico, gli israeliani cristiani condividono con i musulmani l'opinione che Israele non possa essere una vera democrazia e uno Stato ebraico allo stesso tempo, e sono contrari agli insediamenti ebraici in Cisgiordania e all'eccessiva vicinanza di Israele agli Stati Uniti.

3. I cristiani israeliani tendono a essere meno osservanti dei musulmani ma, in termini percentuali, più degli ebrei.

4. Gli israeliani cristiani tendono a vivere separatamente, e con poche relazioni, con gli arabi di altre religioni e con gli ebrei (disapprovano i matrimoni misti).

5. Come fattore di identità, alcune pratiche sono molto comuni tra gli israeliani di confessione cristiana, come il battesimo, la presenza di immagini o oggetti sacri in casa o da indossare, il digiuno quaresimale, ecc.

I cristiani in Israele e l'educazione

Secondo il quotidiano Maariv e i dati dell'Ufficio centrale di statistica israeliano, i cristiani di Israele sono "i più bravi nel sistema educativo del Paese".

Se si considerano, infatti, i dati registrati nel corso degli anni, gli arabi cristiani sono i migliori nel campo dell'istruzione rispetto a qualsiasi altro gruppo in Israele, e non solo perché sono i creatori e i gestori di eccellenti scuole primarie e secondarie, università e centri speciali per il trattamento e l'accompagnamento di bambini svantaggiati e in difficoltà (come Nazareth è famosa).

Nel campo dell'istruzione, infatti, il numero di studenti arabi che hanno conseguito una laurea negli ultimi anni è di 64%, contro i 48% dei musulmani, i 55% dei drusi e i 59% degli ebrei.

Se poi guardiamo ai titoli universitari, 56% di arabi cristiani ottengono una laurea, rispetto a 50% di studenti ebrei, 36% di drusi e 34% di musulmani.

I cristiani sono generalmente ben visti dagli ebrei e costituiscono una sorta di collante nazionale, anche se sono sempre più schiacciati tra due gruppi più grandi (ebrei e musulmani), in forte declino e vittime, negli ultimi anni, di numerosi atti di vandalismo e discriminazione da parte di frange dell'ebraismo ultraortodosso, galvanizzate da figure politicamente discutibili come Itamar Ben Gvir del partito Otzmah Yisraeli Otzmah Yisrael, Negli ultimi anni sono stati vittime di numerosi atti di vandalismo e discriminazione da parte di frange dell'ebraismo ultraortodosso, galvanizzate da figure politicamente discutibili come Itamar Ben Gvir del partito Otzmah Yehudit, spesso accusato di incitare all'odio contro gli arabi a causa delle sue posizioni estremiste e kahaniste.

Nell'attuale contesto di drammatica instabilità, quindi, gli arabi cristiani, concentrati soprattutto nel nord del Paese, sono maggiormente a rischio se si considera il fronte settentrionale (Libano ed Hezbollah: va notato che i missili provenienti dal sud del Libano colpiscono spesso villaggi con popolazioni arabo-musulmane e arabo-cristiane, mietendo vittime all'interno di questi gruppi religiosi).

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

Vaticano

Terra Santa, Santa Teresa di Lisieux e il "sì" a Dio, messaggi del Papa

All'Angelus di oggi, Francesco ha detto che "il dramma della storia è il no a Dio", e ha chiesto "che non venga più versato sangue innocente in Terra Santa o in Ucraina o in qualsiasi altro luogo", chiedendo che "nessun civile sia vittima di un conflitto" e che vengano aperti corridoi umanitari a Gaza. Il Papa ha pubblicato oggi l'esortazione apostolica È la fiducia, su Santa Teresa di Gesù Bambino.

Francisco Otamendi-15 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Un intenso appello di Papa Francesco alla preghiera e al digiuno per la Terra Santa e le richieste di liberazione degli ostaggi, di non colpire i civili e di aprire corridoi umanitari a Gaza sono stati i messaggi principali dell'Angelus di domenica 15 ottobre a San Pietro, il monumento di Santa Teresa di Gesù.

"La preghiera è la forza santa per opporsi al terrorismo e alla guerra. Invito tutti i credenti a unirsi alla Chiesa in Terra Santa martedì 17 ottobre nella preghiera e nel digiuno", ha aggiunto il Papa, che ha poi recitato a lungo un'Ave Maria alla Madonna.

In precedenza, aveva rivelato che "seguo con molto dolore ciò che accade in Israele e PalestinaPenso soprattutto ai piccoli e agli anziani. Fratelli e sorelle, sono già morte tante persone. Vi prego, fate in modo che non venga versato altro sangue innocente in Terra Santa, in Ucraina o in qualsiasi altro luogo. Le guerre sono sempre un fallimento.

Il Pontefice ha così ripreso la richiesta dei Patriarca latino di Gerusalemme, il cardinale Pierbattista Pizzaballa, che ha invitato i cristiani ad unirsi alla a una giornata di preghiera e digiuno per la pace a Terra SantaI vescovi di tutto il mondo si stanno unendo a noi, così come i vescovi dell'Unione Europea. Prelati spagnoli.

"Fare spazio a Dio

Prima del Angelusil Papa ha meditato sul parabola evangelica San Matteo racconta di un re che stava celebrando le nozze di suo figlio e mandò i servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero andare. Allora andarono per le strade a invitare tutti quelli che trovavano, e la sala si riempì di invitati.

Il Papa ha sottolineato che "Dio ci chiama a stare con lui", non in un rapporto di sottomissione, "ma di paternità e filiazione". E ha citato la nota espressione di sant'Agostino: "Dio, che ti ha creato senza di te, non può salvarti senza di te" (Sermo CLXIX, 13). E non certo perché sia incapace - è onnipotente! - ma perché, essendo amore, rispetta al massimo la nostra libertà. Dio propone, non si impone mai".

Poi il Santo Padre ha detto con una certa solennità: "il dramma della storia è il no a Dio", Gli ospiti erano occupati nelle loro cose. Gesù ci invita a fare spazio a Dio. "Vale la pena, perché è bello stare con il Signore, fargli spazio: dove? A Messa, nell'ascolto della Parola, nella preghiera e anche nella carità, perché aiutando chi è debole o povero, facendo compagnia a chi è solo, ascoltando chi chiede attenzione, consolando chi soffre, siamo con il Signore, che è presente in chi è nel bisogno". 

"Chiediamoci", ha proseguito Francesco, "come rispondo agli inviti di Dio, che spazio gli do nelle mie giornate, se la qualità della mia vita dipende dai miei affari e dal mio tempo libero, o piuttosto dal mio amore per il Signore e per i miei fratelli e sorelle, specialmente quelli che sono nel bisogno?

"Maria, che con un "sì" ha fatto spazio a Dio, ci aiuti a non essere sordi ai suoi inviti", ha concluso il Papa prima di recitare l'Angelus e impartire la benedizione.

Teresa di Gesù Bambino: grande santa e dottore della Chiesa

Tutti i Papi recenti hanno elogiato la figura di Santa Teresa di Gesù Bambino, conosciuta anche come Santa Teresa di Lisieux (Francia). Questa domenica, 15 ottobre, memoria di Santa Teresa d'Avila, Papa Francesco lo ha fatto ancora una volta. catechesi nel ciclo sulla passione per l'evangelizzazione.

"Oggi, il Esortazione apostolica su Santa Teresa, intitolato C'est la confiance. Infatti, questa grande santa e dottore della Chiesa è caratterizzata dall'amore e dalla fiducia nel cuore di Gesù e del suo Vangelo", ha detto il Papa ai pellegrini romani e ai fedeli di tutto il mondo prima di concludere.

"C'est la confiance et rien que la confiance qui doit nous conduire à l'Amour". "La fiducia, e nient'altro che la fiducia, può condurci all'Amore", scrive il Papa all'inizio dell'esortazione. È la prima e centrale idea del suo testo in 53 punti su Santa Teresa di Gesù Bambino, carmelitana scalza, patrona delle missioni, dottore della Chiesa, come la santa di Avila, e "una delle sante più conosciute e amate del mondo intero", scrive il Papa.

"Queste parole molto forti di Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo dicono tutto", aggiunge il Romano Pontefice, "riassumono il genio della sua spiritualità e basterebbero a giustificare la sua dichiarazione di Dottore della Chiesa. Solo la fiducia, nient'altro, non c'è altro modo per essere condotti all'Amore che dà tutto. Con la fiducia, la sorgente della grazia trabocca nella nostra vita, il Vangelo diventa carne in noi e ci trasforma in canali di misericordia per i nostri fratelli e sorelle.

"Ci farà bene approfondire la comprensione del suo messaggio mentre commemoriamo il 150° anniversario della sua nascita, avvenuta ad Alençon il 2 gennaio 1873, e il centenario della sua beatificazione. Ma non ho voluto rendere pubblica questa Esortazione in una di queste date, o nel giorno della sua memoria", aggiunge Francesco, "perché questo messaggio vada al di là di quella celebrazione e sia assunto come parte del tesoro spirituale della Chiesa". La data di questa pubblicazione, in memoria di Santa Teresa di GesùL'obiettivo è presentare Santa Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo come il frutto maturo della riforma carmelitana e della spiritualità della grande santa spagnola".

Il Santo Padre ricorda anche che "la Chiesa ha riconosciuto rapidamente il valore straordinario della sua figura e l'originalità della sua spiritualità evangelica"; cita diverse occasioni in cui i Papi recenti si sono occupati di questa santa francese del Carmelo, e ricorda che "ho avuto la gioia di canonizzare i suoi genitori Luigi e Celia nel 2015, durante il Sinodo sulla famiglia, e le ho recentemente dedicato una catechesi nel ciclo sullo zelo apostolico".

Crisi del Caucaso

Il Papa ha anche detto all'Angelus che "la mia preoccupazione per la crisi in Nagorno-Karabakh non diminuisce" nella regione del Nagorno-Karabakh. CaucasoHa chiesto "la protezione dei monasteri in questa regione", che "siano rispettati e protetti come parte della cultura locale, come espressione di fede".

Il Santo Padre ha anche espresso la sua "vicinanza alla comunità ebraica di Roma", che domani ricorderà il momento in cui i nazisti li strapparono dalle loro case, e ha elogiato il lavoro di oltre 400 giovani missionari di Nuovi Orizzonti, e di altre associazioni e comunità, che da ieri sono impegnati in una missione di strada a Roma.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cultura

Teresa di Gesù, la santa universale

Nel 2010, Benedetto XVI ha affermato che i santi spagnoli del XVI secolo, la nostra età dell'oro, sono le figure che hanno dato la fisionomia spirituale al cattolicesimo moderno. Teresa di Gesù appartiene a questa costellazione di santi che hanno definito la spiritualità cristiana.

Jaime López Peñalba-15 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Teresa de Cepeda y Ahumada nacque ad Ávila nel 1515 da una famiglia numerosa e pia. Il contesto storico della sua infanzia è epico: la Riconquista è appena terminata, c'è la guerra nelle Fiandre, le spedizioni in America, la letteratura cavalleresca. Teresa è impregnata di questa magnanimità e gioca a fare l'eremita, la martire dei mori o la dama corteggiata in grandi avventure amorose.

Rimasta orfana a 13 anni, chiede alla Madonna di essere adottata, anche se è ancora una bambina. "molto contraria a farsi suora". Ma il collegio agostiniano in cui fu educato indebolì gradualmente la sua mondanità e fece emergere una vocazione religiosa, che sfociò nell'ingresso a La Encarnación nel 1535.

Poco dopo si ammalò gravemente. Si riprese, ma questa debolezza rimase un costante richiamo all'effimero del mondo e all'assoluto bisogno di Dio. Nonostante ciò, passeranno anni di tiepidezza spirituale, in un ambiente religioso tremendamente rilassato.

La "conversione" di Teresa

Nella Quaresima del 1554, con 19 anni di vita religiosa alle spalle, Teresa scopre un Cristo ferito e riceve il forte dono delle lacrime davanti all'amore di Dio, che le cambia la vita.

Il suo rapporto con Dio viene rivoluzionato: "In un momento inopportuno mi è venuta addosso una sensazione di presenza di Dio, che non potevo in alcun modo dubitare fosse dentro di me, o che fossi tutto preso da lui". Riceve molte visioni ed esperienze mistiche che spingono la sua tensione verso la santità.

Inoltre, nacque il desiderio di rinnovare la vita religiosa, che percepiva come troppo comoda, un'intuizione che maturò nel corso degli anni e portò alla fondazione di nuovi Carmelitani e alla riforma dei Carmelitani Scalzi.

In mezzo a molte ostilità, creò il primo Carmelo di San Giuseppe proprio ad Avila nel 1562. Al nuovo Ordine associò, come vera madre, San Giovanni della Croce e molti altri santi e maestri spirituali.

Le sue opere

La sua esperienza è la fonte di tutto il suo insegnamento spirituale, il che non è poco. Il suo calore umano e la sua arguzia obbligano chiunque sia interessato ai suoi insegnamenti a guardare più da vicino i suoi appunti spirituali, le sue poesie e un'abbondantissima raccolta di lettere che dimostra la rete di amicizie che ha saputo tessere. E, naturalmente, c'è un importante trittico di opere che segnano la storia della spiritualità cristiana e della cultura ispanica.

Cronologicamente, il primo è Il libro della vitacome lo conosciamo dalla sua prima edizione del 1562, oppure Il libro delle misericordie, come Teresa stessa lo chiamava. Scritto su richiesta del suo confessore, è un classico a tutti gli effetti, in cui propone per la prima volta la sua personale teologia della preghiera. La Santa è affascinante su questo punto: la sua stessa vita diventa una teologia del mistero di Dio e dell'esistenza cristiana, a beneficio di tutti. Qui presenta la preghiera come esperienza di amicizia con Dio, come esperienza cristiana centrale. Parafrasando il Vaticano II, potremmo dire che scopre la vocazione universale di tutti i cristiani alla preghiera.

Il prossimo viene La strada verso la perfezioneIl libro fu pubblicato nel 1566, dedicato al primo gruppo di monache del nuovo monastero carmelitano di Avila. Si tratta di un manuale propedeutico alla vita spirituale in tutte le sue dimensioni, dall'ascesi alla mistica. Vi compaiono numerosi elementi interessanti: il valore spirituale della fraternità e delle relazioni, l'umiltà e la povertà, il progresso della preghiera e la portata missionaria della preghiera dei credenti.

Infine, il capolavoro di Teresa è Castello interno, o Le abitazionicome è comunemente conosciuto. Scritto nel 1577, è un magistrale approfondimento del percorso spirituale del credente, basato sul simbolo del castello e su una struttura di stanze progressivamente interne che conducono alla sala del trono. "nel profondo dell'anima dove abita il Re, lo Sposo, Gesù Cristo.

In queste sale spirituali, la vita nello Spirito si evolve: dapprima attraverso fasi più ascetiche, fino alle fasi mistiche della quiete spirituale.

Nelle ultime Dimore si delinea la santità: il matrimonio spirituale, l'unione mistica con Dio nella reciproca donazione. Bernini, nel suo Estasi Romano, ci ha lasciato un'interpretazione inestimabile di questa esperienza di passione e docilità a un Amore sconosciuto.

Di ritorno dalla fondazione di Burgos, si fermò ad Alba de Tormes. Malata, letteralmente sfinita da una vita di dedizione, morì nel 1582. "Alla fine, muoio come figlia della Chiesa", dice, sollevata dopo una missione che è stata molto contraddetta, soprattutto dalla sua famiglia. "Era ora, marito mio, che ci incontrassimo".Avverte che la perfezione della vita cristiana, che è l'amore, si realizza anche per lei.

L'autoreJaime López Peñalba

Professore di teologia presso l'Università San Dámaso. Direttore del Centro ecumenico di Madrid e vice-consigliere del Movimento dei Cursillos del Cristianesimo in Spagna.

Mondo

"Non stanchiamoci di pregare per la pace", dice un cristiano arabo a Nazareth

Kameel Spanyoli è un cristiano arabo che vive a Nazareth. A Omnes abbiamo avuto l'opportunità di ascoltare la sua testimonianza e come sta vivendo questi tempi difficili in Terra Santa.

Antonino Piccione-13 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Kameel Spanyoli è un arabo cristiano di 44 anni, laureato in Comunicazione presso l'Università di Parigi. Pontificia Università della Santa Croce e residente a Nazareth, dove lavora con l'Ordine Francescano.

Su quanto sta accadendo attualmente in Israele, afferma che "è il frutto avvelenato di un lungo processo, culminato nel feroce confronto tra due estremismi. A pagarne il prezzo, purtroppo, sono le popolazioni civili di entrambe le parti".

Kameel Spanyoli

Tuttavia, gli facciamo notare che le responsabilità di Hamas sembrano tanto ovvie quanto spregevoli. "Sabato scorso", risponde, "centinaia di terroristi di Gaza hanno invaso Israele e hanno fatto strage di innocenti. Non hanno sparato a soldati, ma a giovani, giovani che ballavano a una festa, una coppia di genitori seduti a una colazione di famiglia, anziani che andavano a lavorare in giardino. Decine di israeliani sono stati rapiti. I rapitori, a volto scoperto, con spaventoso orgoglio, hanno pubblicato su Internet i video dei rapimenti. Molti israeliani hanno saputo che i loro cari erano stati rapiti attraverso i social media e la televisione. Tutto ciò è veramente spregevole.

Il ruolo della comunità cristiana in Israele

In seguito all'appello per la pace in Israele Papa Francesco ha chiamato il parroco di Gaza di fronte all'escalation sempre più drammatica della guerra, esprimendogli preoccupazione e vicinanza all'Angelus di domenica scorsa durante il Sinodo. Abbiamo chiesto a Kameel quale ruolo può svolgere la comunità cristiana nello Stato di Israele.

"Prima di tutto", dice, "non dobbiamo stancarci di pregare che i responsabili di entrambe le parti confessino nella ricerca di una soluzione di pace o, almeno in questa terribile fase, di una tregua. Muoiono civili innocenti, non c'è pietà nemmeno per donne e bambini. La comunità cristiana qui non è un monolite: quella di Gerusalemme è diversa da quella di Gaza. Tuttavia, il mondo cristiano è unito nella difesa di Israele contro la vile aggressione di Hamas, nonostante le tensioni e le manifestazioni di ostilità nei nostri confronti alimentate dagli ebrei ultraortodossi".

Lunedì il quotidiano israeliano Haaretz ha pubblicato un video che mostra un gruppo di ebrei che sputa in direzione dei pellegrini cristiani nella "città vecchia" di Gerusalemme, dove si trovano diversi luoghi sacri cristiani, ebraici e islamici. Haaretz ha aggiunto che altri incidenti del genere si sono verificati quando molti estremisti ebrei hanno visitato la Città Vecchia di Gerusalemme per la festa di Sukkot, una delle più importanti festività ebraiche, che commemora la liberazione degli ebrei dall'Egitto raccontata nella Bibbia. Ci si chiede se sia necessario temere un'estensione del conflitto con l'intervento di altri Paesi.

"Non stanchiamoci di pregare per la pace".

"Ciò che preoccupa", osserva Kameel, "è la posizione assunta da alcuni politici, come il Ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir, che ha ordinato l'acquisto immediato di 10.000 armi da fuoco da distribuire ai civili. Nell'immediato futuro, ha annunciato il ministro, 4.000 fucili d'assalto saranno distribuiti ai membri delle cosiddette "squadre di allerta", composte da volontari con esperienza militare che operano in tutte le piccole città di Israele. In questo caso, la militarizzazione dei cittadini comuni è un serio segnale di allarme. Naturalmente, l'eventuale pieno coinvolgimento di Hezbollah produrrebbe danni incalcolabili, innescando probabilmente un intervento statunitense in chiave anti-libanese. Non stanchiamoci di pregare per la pace e per la saggezza degli uomini".

È l'esortazione finale di Kameel Spanyoli, che evoca le parole di Papa Francesco: "Il terrorismo e l'estremismo non aiutano a raggiungere una soluzione del conflitto tra israeliani e palestinesi, ma alimentano l'odio, la violenza, la vendetta, e fanno solo soffrire gli uni e gli altri".

L'autoreAntonino Piccione

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Cultura

La Cattedrale di San Patrizio celebra 144 anni di benedizioni

Molti fedeli parrocchiani hanno partecipato alla Messa del 5 ottobre, solennità della dedicazione della Cattedrale di San Patrizio. La ricorrenza coincideva con la festa di Santa Maria Faustina Kowalska.

Jennifer Elizabeth Terranova-13 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

La Cattedrale di San Patrizio aprì formalmente le sue porte il 25 maggio 1879 e la stampa la salutò come "la più nobile chiesa mai eretta in qualsiasi terra alla memoria di San Patrizio e alla gloria dell'America cattolica". Il 5 ottobre 1910, la "Chiesa Parrocchiale d'America" "è stata liberata dai debiti... e si stima che siano stati spesi più di 4.000.000 di dollari dal suo inizio fino al giorno della sua concentrazione", si legge nel documento sito web della Cattedrale di San Patrizio.

Ma per tutta l'eccitazione, l'attesa e le celebrazioni per la cattedrale, non mancarono le insidie per i cattolici, come quando furono sgraditi e messi in ombra dai protestanti. In "Storia dell'arcidiocesi di New York", monsignor Thomas J. Shelley scrisse che la nuova cattedrale era "destinata a essere una dichiarazione in pietra della presenza cattolica...".

Molte cose sono cambiate dalla prima benedizione ufficiale della cattedrale. Sì, ci sono nuove statue, santuari e reliquie dei nostri amati santi patroni. Sia l'interno che l'esterno sono degni di essere contemplati; in effetti, si rimane ipnotizzati dalla consumata lavorazione e dall'arte della Chiesa. Ciò che non è cambiato, tuttavia, è che persone da tutto il mondo continuano a venire a pregare Dio e a cercare pace, rifugio, speranza e perdono nella sua casa.

Ma cosa significa consacrare? Mettere a parte, rendere o dichiarare sacro, rendere santo, e "dedicare irrevocabilmente al culto di Dio con una cerimonia solenne", come nel caso della consacrazione di una chiesa. Il Sacro Crisma, chiamato anche olio dell'unzione, viene usato per ungere i neonati durante il Battesimo, i fedeli durante la Cresima, i sacerdoti e i vescovi durante le loro ordinazioni e per la consacrazione di chiese e altari. "Perché tutto ciò che lo Spirito Santo tocca è veramente santificato e trasformato". (San Cirillo di Gerusalemme, CL 23).

Cattedrale di San Patrizio e Misericordia

Nella sua omelia, il celebrante, padre Donald Haggerty, ha ricordato alla congregazione le innumerevoli persone che hanno varcato le porte della Cattedrale di San Patrizio, che si sono genuflesse davanti all'altare, che hanno "detto le loro preghiere in silenzio", che hanno partecipato alle Messe e che sono venute ad incontrare Dio. Persone di tutti i ceti sociali, ricchi e poveri, giovani e anziani, alcuni famosi e alcuni santi, come Madre Teresa, che sedeva nel primo banco". Ha riconosciuto che molti vengono per vedere la bellezza e le pietre, ma ha detto: "È la presenza di Dio, la bellezza di Dio che si offre in modo reale e personale". Ci ha incoraggiati a ricordare il privilegio che abbiamo ricevuto: il "dono letterale della casa di Dio".

Forse non è una coincidenza che la Chiesa cattolica celebri la festa di Santa Maria Faustina Kowalska nello stesso giorno. Santa Faustina registrò nel suo diario le rivelazioni ricevute sulla Divina Misericordia. Padre Haggerty ci ha anche chiesto di pensare alle "innumerevoli confessioni che hanno avuto luogo qui, confessioni gravi, in cui una persona può aver perso la sua anima...". Ci ha chiesto di guardare l'immagine della Divina Misericordia sul lato nord-est della cattedrale e di metterla in relazione con il perdono di Dio. Ha concluso ricordando una frase di Nostro Signore a Santa Faustina: "Ho iscritto il tuo nome sulla mia mano". Ha suggerito che Gesù potrebbe dire lo stesso di una chiesa, di una cattedrale. "Ho inciso il nome di questa cattedrale sulla mia mano, e chiunque entra qui attraverso la porta è vegliato da me e ha su di sé lo sguardo del mio amore". La presenza del nostro Dio è sempre a nostra disposizione, giorno dopo giorno.

144 anni di benedizioni

Omnes ha parlato della solennità con il direttore esecutivo dello sviluppo Robert Meyer. Ha detto: "È sempre meraviglioso celebrare il santo patrono dell'arcidiocesi; lo facciamo sempre ogni giorno di San Patrizio e nel giorno speciale della sua solennità. È un'altra occasione per mettere in risalto San Patrizio e la cattedrale che porta il suo nome". "

Ed Ford, assistente del sacrestano e usciere, ha commentato: "Sono molto contento di essere qui per il 144° anniversario della dedicazione della cattedrale. Siamo molto orgogliosi dei nostri ministeri per i nostri parrocchiani e, anche se non sarò qui per i prossimi 144 anni, sono felice di far parte della Cattedrale di San Patrizio".

La Cattedrale di San Patrizio è speciale per molte ragioni: La storia, l'architettura, la posizione, i santuari, gli statuti, le reliquie e le Messe. È un luogo per i gioiosi, i tristi, i disperati, gli smarriti, gli afflitti, gli scoraggiati e per tutti coloro che vogliono essere uniti a Dio e tra loro attraverso il sacramento dell'Eucaristia. Le sue porte sono aperte da 144 anni, ogni giorno si parlano molte lingue e sono rappresentate molte etnie e culture. Come scrisse James Joyce: "Qui viene il mondo intero". Dio ti benedica, Cattedrale di San Patrizio.

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SOS reverendi

Il diritto alla privacy sui social network

I social network offrono molte possibilità di comunicazione, diffusione e relazione con altre persone, ma utilizzarli correttamente è anche una sfida. Tra le altre cose, è necessario prestare particolare attenzione alla tutela della privacy delle persone online.

José Luis Pascual-13 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il diritto alla privacy nel contesto dei social network è fondamentale nell'era digitale in cui viviamo. Il social media offrono l'opportunità di connettersi con gli altri e di esprimere se stessi, ma pongono anche sfide significative in termini di privacy e sicurezza personale. Ecco alcuni aspetti chiave di questo problema.

Informazioni personali e privacy. I social network raccolgono e memorizzano una grande quantità di informazioni personali degli utenti, tra cui nomi, luoghi, contatti e interessi. È essenziale capire quali dati vengono condivisi e con chi, e rivedere e regolare le impostazioni sulla privacy che consentono agli utenti di controllare chi può accedere al loro profilo, ai post e alle informazioni personali.

Pubblicazioni e contenuti condivisi. Dovete sapere che tutto ciò che condividete sui social media - testi, immagini, video o commenti - può essere visto da altri. È quindi molto importante controllare le impostazioni sulla privacy prima di condividere contenuti personali.

Consenso e galateo. Rispettare il consenso e il galateo digitale. Prima di pubblicare foto o menzionare altre persone, è essenziale ottenere il loro consenso, soprattutto se si tratta di informazioni che potrebbero influire sulla loro privacy o reputazione.

Rischi per la sicurezza e phishing. Occorre prestare attenzione alle informazioni condivise sui profili, in quanto potrebbero essere utilizzate dai criminali informatici per phishing o altre attività dannose. Evitate di condividere informazioni finanziarie o personali sensibili.

Permanenza delle informazioni su InternetÈ importante ricordare che una volta che qualcosa viene pubblicato su Internet, può rimanervi a tempo indeterminato, anche se viene rimosso dal social network originale. Siate consapevoli che è condiviso online.

Educazione e consapevolezza. È particolarmente importante promuovere l'educazione e la consapevolezza dell'importanza della privacy, in modo che tutti comprendano i rischi e sappiano come proteggere efficacemente le proprie informazioni personali sui social network.

Legislazione e regolamenti. I governi e le organizzazioni dovrebbero lavorare per creare e aggiornare leggi e regolamenti relativi alla privacy online, per garantire il rispetto dei diritti individuali nel cyberspazio.

Il diritto alla privacy nei social network è un equilibrio tra la partecipazione attiva online e la protezione delle informazioni personali. 

Tutto questo ci riguarda come Chiesa cattolica, anche a livello parrocchiale, sia in termini di amministrazione sia nel rapporto tra la Chiesa e i fedeli. Ecco alcuni punti rilevanti:

I social media offrono alla Chiesa cattolica una piattaforma per comunicare con i fedeli in modo più ampio ed efficace. È essenziale rispettare la privacy e garantire che la comunicazione sia condotta in modo etico e rispettoso.

è necessario garantire che il trattamento dei dati personali dei fedeli nelle reti sia conforme alle leggi sulla privacy e sulla protezione dei dati. Ciò comporta l'ottenimento di un consenso adeguato al trattamento delle informazioni e la protezione da accessi non autorizzati.

i fedeli possono chiedere consulenza pastorale attraverso messaggi privati sui social media. La Chiesa deve gestire questa interazione con il dovuto rispetto per la riservatezza e la privacy delle persone.

Le parrocchie devono prestare attenzione quando condividono pubblicazioni o contenuti che possono rivelare informazioni private o sensibili sui parrocchiani. È importante ottenere il consenso prima di condividere foto o testimonianze che identificano le persone.

i fedeli sono incoraggiati a partecipare attivamente ai social media, diffondendo la fede e i valori cattolici. Tuttavia, devono farlo in modo responsabile e attento, proteggendo la propria privacy e quella degli altri.

la Chiesa può svolgere un ruolo importante nell'educazione alla privacy online e alle migliori pratiche nell'uso dei social media. Ciò include la sensibilizzazione sull'importanza di mantenere un'etica digitale.

In un mondo digitalizzato, la Chiesa può fornire orientamento e cura pastorale attraverso i social media, quindi deve fornire questo servizio con attenzione e rispetto.

In definitiva, la Chiesa cattolica deve affrontare l'uso dei social media da una prospettiva etica e pastorale. Si tratta di un equilibrio tra il trarre vantaggio dalle opportunità offerte dalle piattaforme digitali e il mantenere l'integrità e il rispetto dei diritti e della privacy degli individui.

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Il male di molti...

Più divorzi ci sono, più alcuni sentono il bisogno di giustificare che la rottura è la cosa migliore per tutti, rifiutando tutto ciò che potrebbe mettere in dubbio questo. È chiaro che a volte la separazione può essere l'unica opzione. Ma non per questo va festeggiata.

13 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Nei giorni scorsi ha fatto tendenza l'hashtag #Esselunga per il nuovo spot di questa importante catena di supermercati italiana. Lo spot, opera dell'agenzia creativa newyorkese Small, ha una trama semplice: una ragazza fa la spesa con la madre al supermercato e prende una pesca che, alla fine dello spot, consegna al padre (separato) che è andato a prenderla a casa. Mentre sono in macchina, la ragazza dà la pesca al padre e gli dice che è un regalo della madre.

Dopo la messa in onda, alcuni hanno polemizzato sul fatto che l'azienda abbia voluto strumentalizzare le emozioni di un bambino, celebrando la famiglia tradizionale. Altri, invece, hanno lodato il coraggio di affrontare il divorzio dal punto di vista dei bambini, cosa che ha fatto con grande efficacia anche il film diretto da Scott McGehee e David Siegel. Quello che sapeva Maisie (Cosa facciamo con Maisie). 

L'intento dell'azienda nel realizzare lo spot, secondo Roberto Selva, direttore marketing, era quello di far capire che ogni prodotto che viene messo nel carrello ha un valore simbolico che va oltre il semplice acquisto. Al di là di questo messaggio, sullo sfondo si affaccia l'idea che sia possibile una riconciliazione tra i genitori, che corregga una decisione forse affrettata. 

Lo spot, in un certo senso, è un invito a pensare a un altro finale per una relazione nata per prendersi cura l'uno dell'altro e, proprio per questo, per durare. Ed è questo che sembra aver infastidito alcune persone. Gli adulti in generale cercano l'approvazione sociale per le nostre decisioni, buone o cattive che siano.

Più divorzi ci sono, più alcuni sentono il bisogno di giustificare che la rottura è la cosa migliore per tutti, rifiutando tutto ciò che potrebbe mettere in dubbio questo. È chiaro che la separazione può essere a volte l'unica opzione. Ma non per questo è da festeggiare, perché è anche vero che lascia sempre molta sofferenza lungo il percorso.

Come ha giustamente espresso Shakira in Acrosticocon frasi piene di significato quando si riferiscono alle relazioni familiari: "Se le cose si danneggiano, non buttarle via. Si riparano"; "I problemi si affrontano e si gestiscono"; "Imparare a perdonare è saggio"; "Che da quelle labbra possa uscire solo amore"... Se solo le prendessimo sul serio.

L'autoreMontserrat Gas Aixendri

Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Internazionale della Catalogna e direttore dell'Istituto di Studi Superiori sulla Famiglia. Dirige la cattedra sulla solidarietà intergenerazionale nella famiglia (cattedra IsFamily Santander) e la cattedra sull'assistenza all'infanzia e le politiche familiari della Fondazione Joaquim Molins Figueras. È anche vicepreside della Facoltà di Giurisprudenza dell'UIC di Barcellona.

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Cultura

El Pilar: basilica e cattedrale

Il 12 ottobre è la festa di Nostra Signora del Pilar, patrona della Hispanidad. È l'unica apparizione conosciuta della Vergine in carne e ossa. Il santuario di Saragozza, dove si trova il pilastro dell'apparizione, è stato nominato basilica da Papa Pio XII nel 1948.  

Maria José Atienza-12 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

L'arcidiocesi di Saragozza ha una peculiarità unica al mondo che si manifesta anche fisicamente nell'area intorno alla basilica del Pilar: ha un capitolo cattedrale e due cattedrali. A differenza di altre città come Cadice o Salamanca, non si tratta di una vecchia cattedrale e di una nuova cattedrale che sostituisce la vecchia... ma di due cattedrali proprie.

La Cattedrale del Salvatore, nota come La Seo, e la Basilica del Pilar, anch'essa cattedrale. La storia risale all'epoca della dominazione musulmana della città, quando due chiese: Santa María la Mayor (che in seguito divenne la Basilica del Pilar) e la Santas Masas (Santa Engracia) ospitavano il culto cristiano della città. Con la riconquista, l'antica moschea principale della città fu consacrata come cattedrale e dedicata al Salvatore nel 1118. Nel 1121 fu creato il capitolo dei canonici di El Salvador. Poco dopo, nel 1299, la chiesa di Santa Maria divenne una collegiata di canonici regolari e iniziarono le dispute tra i due corpi di canonici. Mentre i membri della collegiata di Santa María del Pilar difendevano il proprio status di primo tempio mariano, i canonici di El Salvador difendevano il proprio privilegio di sede episcopale.

Il conflitto continuò nel tempo e arrivò a un punto tale che, nel XVII secolo, Papa Clemente X promulgò la Bolla di Unione (1676), che "univa le due chiese di El Salvador e El Pilar, facendone una sola Chiesa Metropolitana e un solo Capitolo". Questa bolla è ancora in vigore e attualmente, in modo inedito nel resto del mondo, il Capitolo metropolitano di Saragozza è costituito da un unico capitolo con due residenze (La Seo e El Pilar), che si scambiano il 1° aprile di ogni anno.

Nel 1948 Pio XII concesse il titolo di Basilica Pontificia Minore alla Cattedrale dove si venera la Beata Vergine del Pilar, trasformandola così in una basilica-cattedrale, come è conosciuta oggi.

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Cultura

Nostra Signora del Pilastro: fermezza nella fede

La devozione alla Madonna del Pilar fa parte del patrimonio cristiano della Spagna fin dall'inizio dell'evangelizzazione della penisola e attraversa l'oceano fino alle nazioni dell'America Latina, rappresentate nella Basilica di El Pilar.

José Antonio Calvo-12 ottobre 2023-Tempo di lettura: 9 minuti

La memoria di generazioni e generazioni ci riporta agli inizi della predicazione apostolica. A Saragozza, la Caesaraugusta romana, troviamo l'Apostolo San Giacomo Maggiore stanco e affaticato, in preghiera insieme ad alcuni convertiti, e la Vergine Maria che "viene" a consolarlo e a ricordargli la missione affidatagli da Gesù Cristo e la promessa: "Sappiate che io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi". Non si tratta di un'apparizione, ma di una venuta: una venuta "in carne mortale", perché la Vergine non aveva ancora terminato i suoi giorni su questa terra, non era ancora stata assunta in cielo, ma si trovava a Gerusalemme, nella Chiesa madre.

Il pilastro della Vergine

I vari resoconti di questo evento prodigioso parlano di una "venuta gloriosa", di una "notte che divenne luce", di "corti di angeli"... e, soprattutto, di una "colonna". Questa "colonna" è il "Pilastro". La Vergine, nell'incontro con l'apostolo Giacomo, ha indicato un pilastro di pietra di diaspro rosa alto 170 centimetri e con un diametro di 24 centimetri. Questo pilastro, che non si è mosso dallo stesso luogo in cui avvenne la Venuta, rappresenta la fermezza e la sicurezza della fede cristiana in Spagna e della comunità dei popoli ispanici che hanno in Maria un segno di speranza.

La Madonna ricorda anche all'Apostolo che deve costruire la Chiesa: la Chiesa e un tempio in cui adorare Dio e conservare la memoria della sua presenza materna. La Colonna posta dalla Vergine è il segno attorno al quale costruire quello che è conosciuto come il primo tempio mariano; e, soprattutto, l'immagine della Chiesa che, per mano di Maria e di San Giacomo, comincia a diffondersi. Quando è successo? Le tradizioni giacobina e pilarista ci riportano a un'epoca precedente al martirio di San Giacomo e all'Assunzione di Maria. Nel XVII secolo sarà una suora francescana, la venerabile madre María Jesús de Ágreda (1602-1665), che nel suo libro "La mistica città di Dio" colloca la Venuta il 2 gennaio dell'anno 40 della nostra era cristiana.

I "templi" del Pilar

Chi conosce la Basilica Cattedrale di El Pilar sa che si tratta di un tempio barocco. Cosa è successo tra il 40 e il 1680, quando è iniziata la costruzione dell'edificio attuale? La tradizione vuole che sia stato lo stesso apostolo San Giacomo a costruire una chiesa. Tuttavia, la storia documentata del tempio risale al IX secolo, quando un monaco di nome Aimoino testimonia l'esistenza di una chiesa mozarabica nella Saraqusta musulmana.

Questa chiesa dedicata a Santa María occupava lo stesso sito dove oggi sorge la basilica barocca e si trovava in cattivo stato di conservazione, poiché i musulmani, pur tollerando il culto cristiano, non permettevano riforme o la costruzione di nuovi templi. Dopo la conquista di Saragozza da parte del re Alfonso I d'Aragona nel 1118, il tempio fu ricostruito e fu costruita una chiesa romanica, i cui lavori si conclusero solo nell'XI-XII secolo, il cui aspetto è visibile in un timpano ancora integrato nella facciata attuale. Tuttavia, un incendio nel 1434 portò alla costruzione di un nuovo edificio in stile gotico-mudéjar.

Questo tempio non durò a lungo: il Miracolo di Calanda portò a un nuovo boom di pellegrinaggi e l'edificio divenne troppo piccolo. Ben presto iniziò la costruzione dell'attuale tempio barocco, che fu completato solo nel 1961, con l'ultima delle sue quattro torri.

Il miracolo di Calanda

La storia ci porta alla fine di luglio del 1637. Miguel Juan Pellicer, originario di Calanda (Teruel), ebbe un incidente durante il lavoro. Cadde a terra e una delle ruote del carro dello zio gli passò sopra la gamba destra. Si è rotto la gamba all'incirca all'altezza della caviglia. Fu portato all'ospedale di Valencia e, vedendo che peggiorava sempre di più, fu trasferito a Saragozza, dove arrivò all'inizio di ottobre, con la febbre alta e la gamba completamente in cancrena. Prima di essere ricoverato in ospedale, si recò nella chiesa di El Pilar, dove si confessò e ricevette la comunione. Una volta in ospedale, i medici videro che la gamba non poteva essere curata e decisero di tagliarla quattro dita sotto il ginocchio, senza alcuna anestesia se non una bevanda piena di alcol mentre lui pregava la Vergine del Pilar.

Dopo l'operazione, due medici seppellirono la gamba nel cimitero dell'ospedale. Quando si riprese dall'operazione, trascorse due anni e mezzo chiedendo l'elemosina alla porta del Pilar, spalmandosi il moncone con l'olio della lampada della chiesa del Pilar e dormendo in una locanda o sulle panche dell'ospedale. Tornò a Calanda e il 29 marzo 1640, stanco del lavoro, andò a letto presto e nella stessa stanza dei suoi genitori. Poco dopo, quando entrarono nella camera da letto, notarono uno strano profumo; la madre si avvicinò al figlio con la candela e vide che tra le lenzuola spuntavano non una, ma entrambe le sue gambe. Era la sua stessa gamba amputata: con le vecchie cicatrici dell'infanzia e la ferita vicino alla caviglia che la carrozza gli aveva procurato investendolo.

La grande festa del giorno del Pilar

Ci sono diverse date nel calendario che segnano la devozione alla Virgen del Pilar. Ovviamente, la più conosciuta e probabilmente la più popolare è il 12 ottobre: la festa di Nostra Signora del Pilar, patrona di Saragozza e dell'Aragona. Va ricordato che fu Papa Innocenzo XIII a fissare, nel XVIII secolo, la data del 12 ottobre come giorno della Virgen del Pilar, poiché fu proprio il 12 ottobre che venne celebrata la prima messa dopo il recupero della città di Saragozza. Come si festeggia il 12 ottobre? La grande festa della Virgen del Pilar è preceduta e accompagnata da numerose tradizioni che rendono unica questa celebrazione della fede mariana.

-Vigilia del Pilar: vibrante. Una giornata di attesa che si concentra sulla processione che, intorno alle 20:30 dell'undici ottobre, parte dall'altare principale per raggiungere la Santa Capilla del Pilar e cantare la Salve. Questa processione, nota come "Claustro Magno", è tradizionalmente presieduta dagli studenti dell'ultimo anno e dall'arcivescovo dell'arcidiocesi di Saragozza.

-Messa del neonato: Famiglia. La celebrazione più bella di questo giorno dedicato alla Beata Vergine. È il giorno del Pilastro, sono le 4.15 del mattino. È notte fonda e i bambini sono i primi a cantare la Vergine benedetta e lodata nel giorno della sua festa. La Santa Cappella è piena e non si sente alcun mormorio. Un silenzio di preghiera si diffonde in tutta la basilica, dove si riuniscono centinaia di devoti, alcuni dei quali hanno camminato per chilometri. Dopo questa celebrazione, è comune trovare le famiglie e i bambini stessi che si godono una cioccolata nei dintorni della basilica mariana.

-Rosario dell'Aurora: Sacrificato. Dopo l'attesa Messa dei Bambini, alle 5.45 circa, il Gancio arriva al Pilar, proveniente dalla parrocchia di San Pablo. Questo singolare dispositivo apre la strada, senza colpo ferire, all'alba che viene a rendere omaggio alla sua Regina del mattino. Manto floreale realizzato con le offerte del 12 ottobre.

-Messa stagionale: solenne. Dodici ottobre, ore 12.00. È la Messa per eccellenza, celebrata dal pastore diocesano accompagnato da tutto il popolo di Dio. Una grande Eucaristia che viene eseguita con coro, rondalla, orchestra e organo. È la Messa aragonese del maestro Berdejo-Marín. Migliaia di persone si riuniscono nella casa della Vergine, nella sua piazza e nei dintorni per onorarla e venerarla nel giorno della sua festa principale.

-Offerte alla Vergine: ampie e intense. La prima di queste offerte è quella dei fiori. Centinaia di persone si recano all'immagine della Virgen del Pilar posta in piazza, dalle 7.30 del mattino del 12 ottobre, portando mazzi, centrotavola e composizioni floreali con cui viene tessuto un immenso e colorato manto. La seconda offerta è quella di frutta e si tiene il 13, alle ore 12.00. Verrà offerta anche della musica per tessere un manto sonoro per la Virgen del Pilar.

-Rosario di Cristallo: ogni 13 ottobre, Saragozza ospita il Rosario di Cristallo. Questa singolare e bellissima usanza risale al 1889, dalla fondazione della Confraternita del Santo Rosario della Virgen del Pilar. Il giorno successivo alla festa della Vergine, alle ore 18:30, dalla Plaza de San Pedro Nolasco, parte una processione molto speciale di 30 carri di vetro, illuminati dall'interno, che alludono ai Misteri del Rosario (Doloroso, Gaudioso e Glorioso).

Questa processione luminosa scandisce le strade e le preghiere di migliaia di persone come una Via Lattea scesa dal cielo alla terra, una sinfonia di luci e colori, di arte e di incomparabile magnificenza. Con l'incorporazione dei Misteri della Luce di San Giovanni Paolo nel Rosario, alla processione è stato aggiunto un nuovo carro moderno che rappresenta questi misteri.

Infantica e "misure

Intorno alla Virgen del Pilar troviamo anche una serie di istituzioni, tradizioni e curiosità. Tra queste, due delle più note sono gli Infanticos del Pilar e le "misure" della Virgen del Pilar che decine di migliaia di persone portano in auto, nello zaino o annodate in mano.

-Gli Infanticos: Gli Infantes del Pilar, conosciuti popolarmente come "Infanticos del Pilar", sono uno dei gruppi scolastici che sopravvivono ancora oggi in Spagna. L'istituzione è stata formalmente istituita nel XVII secolo, anche se ci sono prove della sua esistenza già nel XIII secolo. Attualmente sono quindici i bambini di età compresa tra i sei e i dodici anni che ogni giorno cantano la messa capitolare, al mattino, e i Gozos e la Salve, al pomeriggio.

-Le "misure" della Vergine: uno dei souvenir più tipici e più richiesti del Pilar sono le "misure". La "Misura" è un nastro lungo 36,5 centimetri, ovvero la dimensione dell'incisione della Madonna del Pilastro, come recita la legenda stampata sul tessuto. I nastri si riferiscono ai mantelli che coprono la Sacra Colonna e quindi hanno colori diversi: verde, viola, azzurro o con le bandiere della Spagna o dell'Aragona. Queste "Medidas" vengono portate dal Pilar e sono un segno di devozione e protezione mariana. Quante automobili, valigie, bambole o culle portano una di queste famose "Medidas" come segno di filiale devozione mariana!

Una devozione universale

Uno degli elementi più suggestivi conservati all'interno della basilica-cattedrale di Nostra Signora del Pilar a Saragozza, e nella sala sopra il Museo Pilarista, è la collezione di bandiere di diversi Paesi, comunità o distaccamenti militari, offerte alla Vergine in diversi momenti della nostra storia contemporanea. Come sottolineano José Enrique Pasamar e Leonardo Blanco Lalinde, "le bandiere più antiche sono legate agli eventi degli assedi di Saragozza. Le altre bandiere sono generalmente legate alla Hispanidad, poiché la Virgen del Pilar fu proclamata regina e patrona della Hispanidad". Le bandiere più antiche arrivarono nel 1908, quando furono offerte alla Vergine 19 bandiere americane: Repubblica Dominicana, Cuba, Paraguay, Uruguay, Cile, Haiti, El Salvador, Costa Rica, Perù, Messico, Ecuador, Panama, Venezuela, Colombia, Argentina, Bolivia, Honduras, Guatemala, Nicaragua; e la bandiera delle Filippine.

Le bandiere erano arrivate in Spagna dopo essere state benedette a Roma da San Pio X. La bandiera spagnola fu la prossima ad arrivare e lo fece nel 1909. Ci sarebbe voluto un po' di tempo prima che una nuova bandiera si aggiungesse a quelle offerte alla Vergine: il 17 maggio 1953 la bandiera di Porto Rico si unì alla collezione di Paesi dell'America Latina presenti nella basilica del santo patrono dell'ispanità. Nel 1953 arrivarono anche le bandiere della Santa Sede, del Portogallo e del Brasile.

Il deterioramento di molte di queste bandiere ha portato, nel 1958, in occasione del 50° anniversario dell'offerta delle bandiere americane, a un rinnovamento delle bandiere promosso dall'Instituto Cultural Hispánico de Aragón. 10 anni dopo, nel 1968, la Florida ha offerto la sua bandiera. L'ultima bandiera ad essere offerta è quella degli Stati Uniti d'America, che si è unita alle bandiere americane il 14 settembre 2000.

Il 22 gennaio 2005, in occasione dell'Anno Giubilare e nell'ambito delle manifestazioni del Centenario dell'incoronazione canonica dell'immagine della Vergine del Pilastro, le Filippine e Haiti hanno rinnovato le loro bandiere. Nelle parole di Pasamar e Lalinde, "anche oggi le bandiere del Pilastro vogliono continuare ad essere messaggere di unità, di pace, di fervore e soprattutto di cooperazione tra i Paesi".

La devozione a Nostra Signora del Pilar è forte anche nei Paesi dell'America Latina, dove esistono diverse chiese dedicate a questa invocazione materna. Ne sono un esempio la basilica cattedrale di Nuestra Señora del Pilar a São João del Rei (Brasile), la basilica di Nuestra Señora del Pilar a Buenos Aires (Argentina) e le feste in onore della Virgen del Pilar nel comune di Maneiro, nello stato di Nueva Esparta in Venezuela, dove la Virgen del Pilar è venerata come patrona della città.

Patrocinio della Virgen del Pilar

Nostra Signora del Pilar ha la caratteristica di unire, come patrona del mondo ispanico nella sua devozione, tutti i popoli ispanici.

La celebrazione del 12 ottobre come Giorno di Colombo ricorda il tesoro culturale che è l'unione dei Paesi di lingua spagnola, oltre a rivendicare il valore dei popoli indigeni, della fratellanza e della fraternità. Inoltre, la Virgen del Pilar gode del patrocinio, forse meno noto, di altre istituzioni. Il primo dei patrocini della Virgen del Pilar è quello della Guardia Civil spagnola. Un patronato che deve la sua esistenza alla devozione del cappellano militare Miguel Moreno Moreno che, nel Collegio della Guardia Civile di Valdemoro, dove era di stanza nel 1864, collocò l'immagine della Virgen del Pilar e introdusse i giovani studenti alla devozione e all'amore per la Vergine.

La devozione al Pilar prese forma nella Guardia Civile e l'8 febbraio 1913, per ordine reale, la Virgen del Pilar fu proclamata patrona della Guardia Civile. Inoltre, la Virgen del Pilar è la patrona del corpo sottomarino della Marina spagnola dal 1946, da quando, molto tempo prima, un'immagine della Madonna del Pilar fu portata a bordo del sottomarino silurante di Isaac Peral durante la prima immersione. Un altro patrocinio, meno conosciuto, è quello delle Poste spagnole. Nel 1935 fu costituita la Hermandad del Pilar de Funcionarios de Correos (Confraternita del Pilar de Correos) e Nostra Signora del Pilar fu nominata patrona del Corpo Postale, mentre l'apostolo San Giacomo è il patrono del Corpo Telegrafico.

L'autoreJosé Antonio Calvo

Delegato per i media, arcivescovado di Saragozza e canonico delle cattedrali di Saragozza.

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Chiesa profetica, chiesa scomoda

L'esempio dei nostri fratelli e sorelle perseguitati e martirizzati in altri angoli del mondo dovrebbe incoraggiarci a scegliere la strada della fedeltà al Signore. Scegliere di essere una chiesa coraggiosa e profetica e non una chiesa comoda e codarda.

12 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

La relatrice speciale delle Nazioni Unite sulla libertà di espressione, Irene Kahn, ha pubblicato un rapporto in cui raccomanda ai governi e alle società di social media di mettere a tacere coloro che esprimono opinioni tradizionali su matrimonio, aborto, sessualità e identità di genere. Il rapporto sostiene che tali opinioni sono in realtà "disinformazione sessista", una forma di "violenza di genere". Pertanto, in nome della libertà di espressione delle donne e delle persone "non conformi al genere", questo funzionario delle Nazioni Unite afferma che coloro che criticano l'ideologia di genere devono essere messi a tacere, il che, come percepisce la signora Kahn, è una forma di soffocamento della libertà di espressione delle donne.

Al di là della natura paradossale dell'argomentazione in termini di limitazione della libertà di espressione in nome della libertà di espressione, la conseguenza più inquietante è la strada del totalitarismo che la cultura dell'annullamento sta prendendo. Coloro che sono favorevoli alla scelta tradizionale sul matrimonio, sull'aborto o sulla sessualità devono essere eliminati dalla vita sociale. 

In altre parole, la cancellazione dei cattolici.

In altre parole, la mia cancellazione.

Oggi, essere contrari all'aborto o pensare che il matrimonio sia un'istituzione tra un uomo e una donna è motivo sufficiente per essere stigmatizzati e, di conseguenza, esclusi dalla vita sociale, per non parlare di quella politica. È un esercizio di vera e propria tirannia che ci sta gradualmente soffocando e a cui abbiamo dato una carta di cittadinanza.

Abbiamo abbassato la testa, accettando i postulati ideologici che ci vengono imposti e che vanno contro la nostra coscienza e contro la stessa natura umana. Non è più possibile nemmeno un dibattito intellettuale. La ragione è stata messa da parte per imporre un unico modello di pensiero che non può essere messo in discussione.

Di fronte a ciò, i cattolici hanno due opzioni. La prima è accettare il sistema e adattarsi ad esso per sopravvivere al meglio, accettando i postulati che ci vengono imposti e, alla fine, facendoli propri, poco a poco. Ci è concesso di avere i nostri tempi di culto, di pregare nelle nostre chiese, a patto di non uscire dalle sacrestie. 

L'altra opzione è quella di alzare la voce e difendere semplicemente ciò in cui crediamo, la verità della vita e della famiglia. Vivere una fede profondamente religiosa e l'unione con Dio, che ci porta all'impegno sociale e a cercare il bene di tutti i nostri concittadini. Anche se questo significa, in molti casi, nuotare controcorrente.

In definitiva, dobbiamo scegliere se essere una chiesa accomodante o una chiesa profetica.

Una chiesa profetica è una chiesa scomoda, come possiamo vedere in Nicaragua, ad esempio. La testimonianza di persecuzione a cui è stata sottoposta la comunità cattolica di quel Paese, compresa l'espulsione degli ordini religiosi o l'incarcerazione dei suoi vescovi, è solo la conseguenza ultima di una vera coerenza con la fede e dell'annuncio della verità e della giustizia. Anche se, come è accaduto a San Giovanni Battista, i tiranni di ogni epoca non amano sentirla, perché i primi a essere denunciati da quella verità sono loro stessi.

Ecco perché una chiesa profetica è una chiesa scomoda e, di conseguenza, finisce quasi sempre per essere una chiesa martiriale.

In generale, in Sudamerica, sebbene vi sia un'alta presenza di chiese evangeliche, è la Chiesa cattolica ad essere stata maggiormente attaccata dalle autorità pubbliche, proprio perché ha dato priorità a questa dimensione di denuncia profetica. Se ci si preoccupa solo di elogiare, non ci sono molti ambiti in cui si possono infastidire i potenti. Ma se si denunciano gli eccessi di chi governa, si rischia di essere cancellati, espulsi o messi in prigione.

Anche in Occidente, sotto la spinta di organismi potenti come l'ONU, stiamo percorrendo questo cammino di annullamento, come ci mostra bene la signora Irene Khan. L'esempio dei nostri fratelli e sorelle perseguitati e martirizzati in altri angoli del mondo dovrebbe incoraggiarci a scegliere la strada della fedeltà al Signore. Scegliere di essere una chiesa coraggiosa e profetica e non una chiesa comoda e codarda.

L'autoreJavier Segura

Delegato all'insegnamento nella diocesi di Getafe dall'anno accademico 2010-2011, ha precedentemente svolto questo servizio nell'arcivescovado di Pamplona e Tudela per sette anni (2003-2009). Attualmente combina questo lavoro con la sua dedizione alla pastorale giovanile, dirigendo l'Associazione Pubblica dei Fedeli "Milicia de Santa María" e l'associazione educativa "VEN Y VERÁS". EDUCACIÓN", di cui è presidente.

Vangelo

Molti sono chiamati. 28ª domenica del Tempo Ordinario (A)

Joseph Evans commenta le letture della 28ª domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-12 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Alla gente non piacciono le feste? Allora perché molti sono così indifferenti al paradiso? Perché in tutta la Bibbia il paradiso è descritto come una grande festa. Questo è evidente sia nella prima lettura di oggi che nel Vangelo.

Il profeta Isaia immagina la cosiddetta "montagna escatologica", la montagna celeste/Gerusalemme, descritta in modo più dettagliato nel libro dell'Apocalisse del Nuovo Testamento. Questa montagna è diventata un'enorme sala da banchetto. "Il Signore dell'universo preparerà per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di succulente prelibatezze, un banchetto di vini pregiati; prelibatezze squisite, vini raffinati"..

Non solo, ma ogni dolore e persino la morte sono stati eternamente banditi da questa vetta. "Dio, il Signore, asciugherà le lacrime da tutti i volti".. Il popolo si rallegrerà ed esulterà per la salvezza di Dio, "perché la mano del Signore si poserà su questo monte".. È una chiara profezia dal cielo.

Il salmo suggerisce un'idea simile, anche se leggermente diversa. Il banchetto non è più su un monte, ma su una "prati verdicon acqua "tranquillo". che scorre senza intoppi. "Tu mi ungi il capo di profumo e il mio calice trabocca".. Non è il cielo, ma è la via: è l'anima in Dio, che non teme nessun male e nessun nemico, sapendo di essere guidata da Dio.

Anche Gesù descrive il regno dei cieli come un banchetto, solo che, in questo caso, nessuno sembra interessato.

"Non volevano andare.. Così il re insiste: "Mandò altri servi a dire agli invitati: "Ho preparato il banchetto, ho macellato vitelli e ingrassato bestiame e tutto è pronto". Venite alle nozze. E poi arrivano le tragiche parole: "Ma non mi hanno ascoltato..

Maltrattano o uccidono i servi che il re invia loro. Il re li uccide a sua volta (rifiutare la grazia di Dio ha conseguenze disastrose, come abbiamo visto la settimana scorsa). Ma poiché ora ci sono posti disponibili, manda i suoi servi a invitare alle nozze quanti più ne trovano.. Portano "cattivi e buoni". ugualmente. Papa Francesco ha commentato questo episodio alla recente Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona. "Nella Chiesa c'è posto per tutti".. E ha insistito: "Tutti, tutti, tutti!

Ma poi arriva il colpo di scena. C'è posto per tutti, o quasi. Il re entra e trova un uomo senza abito da sposa. "Amico, come hai fatto a entrare qui senza il tuo abito da sposa?". L'altro non aprì bocca. Allora il re disse ai servi: "Legatelo mani e piedi e gettatelo nelle tenebre. Lì ci sarà pianto e stridore di denti". Perché molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti""..

Il punto è che chiunque può entrare se è disposto a entrare nello spirito della festa. Quest'uomo era un intruso che era venuto solo per mangiare e bere. La festa è aperta a tutti, purché siano disposti ad aprirsi a Dio e tra di loro.

Omelia sulle letture di domenica 28a domenica del Tempo Ordinario (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Stati Uniti

L'USCCB rinnoverà le presidenze di sei commissioni.

La Conferenza episcopale degli Stati Uniti tiene la sua assemblea plenaria a novembre. Durante la convocazione, i vescovi eleggeranno il nuovo segretario e i presidenti di sei commissioni permanenti.

Paloma López Campos-11 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) terrà la sua assemblea plenaria autunnale dal 13 al 16 novembre. In quei giorni, l'episcopato eleggerà il nuovo segretario e nominerà i presidenti di sei commissioni permanenti.

Fino a novembre, la carica di segretario dell'USCCB è ricoperta dall'arcivescovo Paul S. Coakley, che è anche presidente del Comitato per le priorità e i piani. L'arcivescovo Coakley ricopre la carica dall'autunno dello scorso anno, dopo l'elezione dell'arcivescovo Timothy P. Broglio, ex segretario, a presidente della Conferenza episcopale.

I sei vescovi che assumeranno la guida delle commissioni permanenti serviranno come presidenti eletti fino alla fine della legislatura. assemblea plenaria 2024. Successivamente, ciascuno inizierà un mandato triennale come presidente dei comitati.

Candidati presidenziali eletti

L'USCCB ha reso pubblico il elenco dei candidati ai presidenti eletti delle commissioni permanenti:

  • Commissione per l'Insegnamento Cattolico: il Vescovo James D. Conley della Diocesi di Lincoln o il Vescovo David M. O'Connell della Diocesi di Trenton.
  • Comitato per le comunicazioni: Mons. William D. Byrne della diocesi di Springfield, Massachusetts; o Mons. Christopher J. Coyne dell'arcidiocesi di Hartford.
  • Commissione sulla diversità culturale nella Chiesa: della diocesi di Brooklyn, monsignor Robert J. Brennan; o il vescovo Earl K. Fernandez, della diocesi di Columbus.
  • Commissione dottrina: Mons. John F. Doerfler, Vescovo della Diocesi di Marquette; oppure Mons. James Massa, Vescovo ausiliare della Diocesi di Brooklyn.
  • Commissione nazionale per le collezioni: il vescovo W. Shawn McKnight della diocesi di Jefferson City o il vescovo Daniel H. Mueggenborg della diocesi di Reno.
  • Comitato per le attività a favore della vita: l'arcivescovo Salvatore J. Cordileone dell'arcidiocesi di San Francisco o monsignor Daniel E. Thomas della diocesi di Toledo.

Di cosa sono responsabili queste commissioni dell'USCCB?

Ognuno di questi comitati della Conferenza episcopale statunitense ha una missione, guidata da un presidente che lo supervisiona e lo dirige. Così, il Comitato per l'educazione cattolica è responsabile della guida dell'educazione cattolica negli Stati Uniti a tutti i livelli istituzionali. Il Comitato per le comunicazioni supervisiona e coordina l'ampio lavoro di comunicazione della Conferenza episcopale.

La Commissione per la diversità culturale è responsabile dell'integrazione nella Chiesa di tutte le comunità culturali e razziali che partecipano alla fede cattolica. D'altra parte, la Commissione per la dottrina assiste i vescovi e le altre commissioni in materia di fede e morale.

La commissione per le collette nazionali assiste i vescovi nella promozione della gestione delle collette a livello nazionale. Infine, la commissione per le attività a favore della vita promuove e protegge la dignità della vita umana dall'inizio alla fine.

Vaticano

L'appello del Papa per la pace e il dialogo in Medio Oriente e in Sudan

"Il Medio Oriente non ha bisogno di guerra ma di pace", ha implorato Papa Francesco questa mattina a San Pietro nella sua catechesi sullo zelo apostolico. "Di una pace costruita sulla giustizia, sul dialogo e sulla fraternità", ha detto il Santo Padre, chiedendo di pregare per il Sudan "affinché viva in pace", con la santa sudanese Josephine Bakhita come testimone dell'evangelizzazione. Ha anche chiesto di pregare per il Sinodo in questo mese del Rosario.

Francisco Otamendi-11 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Nel ciclo di catechesi Su "Passione per l'evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente", il Papa ha incentrato la sua meditazione di questa mattina su "Santa Giuseppina Bakhita: testimone della forza trasformatrice del perdono di Cristo", con il testo evangelico di Gesù sulla croce, quando esclama: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno (Lc 23,34)".

"Josefina è nata a Sudan e, quando aveva solo sette anni, è stata rapita e convertita in un'altra famiglia.

in schiavitù. Durante la sua schiavitù sopportò numerose sofferenze fisiche e morali. Nonostante le molte ferite ricevute, quando incontrò Cristo sperimentò una grande liberazione interiore, si sentì compresa e amata, e capace di amare e perdonare, proprio come Gesù perdonò coloro che lo crocifissero", ha spiegato il Papa nel suo discorso al Pontefice. Pubblico generale.  

"Il suo esempio ci mostra la via per liberarci dalle nostre paure e schiavitù, per smascherare le nostre ipocrisie e i nostri egoismi, per riconciliarci con noi stessi e per seminare la pace nelle nostre famiglie e comunità", ha aggiunto il Santo Padre. "La sua testimonianza di vita ci insegna che lo zelo apostolico si esprime in gesti di misericordia, gioia e umiltà". 

Concludendo la sua riflessione sulla santa religiosa sudanese, Francesco ha sottolineato che "il perdono non toglie nulla, ma aggiunge dignità alla persona, ci fa distogliere lo sguardo da noi stessi verso gli altri, per vederli fragili come noi, ma sempre fratelli e sorelle nel Signore. Il perdono è la fonte di uno zelo che diventa misericordia e chiama a una santità umile e gioiosa, come quella di Santa Bakhita".

Nostra Signora del Pilastro

Nel corso della catechesi nelle varie lingue, a cui oggi si è aggiunto il croato, il Papa ha invitato i fedeli a pregare il Santo Rosario in questo mese di ottobre. Lo ha fatto rivolgendosi ai fedeli di lingua tedesca, ad esempio, e anche a quelli di lingua spagnola. Questa è stata la sua preghiera: "Preghiamo per Nostra Signora del Pilastro - partito possa aiutarci a seguire il cammino della santità, testimoniando il potere trasformante del perdono di Cristo. Che Dio vi benedica. Grazie di cuore. 

Tedeschi e polacchi: rosari alla Vergine Maria

Nelle sue parole ai pellegrini di lingua tedesca, di portata universale, come è consuetudine nei discorsi catechistici del Papa, Francesco ha usato l'invocazione "Madre della Chiesa". "Cari fratelli e sorelle, nel mese di ottobre siamo particolarmente invitati a pregare il Santo Rosario, contemplando con Maria i misteri della salvezza e invocando la sua intercessione per le nostre necessità. Santa Maria, Madre della Chiesa, prega per noi".

Preghiera per il SinodoLe parole del Papa ai fedeli di lingua polacca sono state un nuovo invito a pregare il Rosario. "Saluto cordialmente il popolo polacco. In questo mese, molti di voi pregano il Rosario, chiedendo l'aiuto della Madonna. Che la sua intercessione ottenga la misericordia di Dio per il vostro Paese. Ricordate anche nelle vostre preghiere tutti i partecipanti al Sinodo dei Vescovi Vi chiedo di ascoltare ciò che lo Spirito Santo vuole dire alla Chiesa. Vi benedico di cuore.

La pace in Medio Oriente

Francesco ha lasciato per la fine dell'Udienza, in italiano, il suo messaggio sul conflitto in Medio Orientechiedendo di mettere a tacere le armi e gli attacchi, come ha fatto domenica dopo il servizio di preghiera. Angelus. Questa mattina, il Pontefice ha affermato che "il Medio Oriente non ha bisogno di guerra ma di pace, una pace costruita sulla giustizia, sul dialogo e sulla fraternità".

"Seguo con lacrime e apprensione quanto sta accadendo in Israele e in Palestina: tanti morti, altri feriti", ha detto il Papa, "prego per le famiglie che hanno visto trasformare un giorno di festa in un giorno di lutto, e chiedo che gli ostaggi siano liberati immediatamente. È diritto di chi viene attaccato difendersi".

Francesco ha poi riconosciuto di essere "molto preoccupato per l'assedio in cui vivono i palestinesi a Gaza. Ci sono state molte vittime innocenti. Il terrorismo e l'estremismo non aiutano a raggiungere una soluzione al conflitto tra israeliani e palestinesi. Alimentano l'odio, la violenza, la vendetta e causano solo sofferenza agli uni e agli altri", ha sottolineato.

Aiutare l'Afghanistan 

Durante la catechesi, il Papa ha rivolto anche "un pensiero speciale al popolo dell'Afghanistan, che sta soffrendo dopo il terremoto che ha fatto migliaia di vittime, tra cui molti bambini. Invito le persone di buona volontà ad aiutare questo popolo così provato, contribuendo in spirito di fraternità ad alleviare le sofferenze della popolazione e a sostenere la necessaria ricostruzione".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Pio X torna in Veneto a 120 anni dalla sua elezione a pontefice

Dal 6 al 15 ottobre, le spoglie di San Pio X saranno in pellegrinaggio attraverso le città di Treviso e Riese in un evento che ha mobilitato più di un milione di pellegrini.

Antonino Piccione-11 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

"Vivo o morto tornerò", le spoglie del Pontefice tornano finalmente a casa. Un evento atteso dai fedeli di tutte le parrocchie del Nord Italia e non solo: dieci giorni di appuntamenti e celebrazioni nel trevigiano. Prima di partire per Roma, dove sarebbe salito al soglio pontificio, l'allora cardinale Giuseppe Sarto aveva pronunciato poche parole. "Vivo o morto, tornerò".

Erano anni terribili, i primi anni del XX secolo, la prima guerra mondiale stava per scoppiare. Le spoglie di Papa Pio X tornarono a Venezia molti anni dopo, nel 1959.

Ora la promessa viene nuovamente mantenuta: dal 6 al 15 ottobre la sua "Peregrinatio" si svolgerà tra Treviso e Riese.

L'urna sarà trasportata da San Pietro per 545 chilometri con un veicolo appositamente attrezzato per evitare danni da vibrazioni e, dopo una giornata nella cattedrale di Treviso, sarà accolta per più di una settimana a Cendrole, un paese in provincia di Riese che ospita la chiesa mariana in cui Bepi Sarto maturò la sua fede, prima di essere trasferita a Padova e Venezia.

Un evento religioso, certo, ma anche sociale e culturale. Nella storia recente della Chiesa, infatti, solo in un'altra occasione è stato organizzato il "ritorno a casa" di un Papa.

È successo nel maggio 2018 nella Bergamasca, dove le spoglie di Giovanni XXIII (che quando era cardinale, con il nome di Roncalli, era stato tra i grandi sostenitori del ritorno della salma di Pio X a Venezia) hanno generato un movimento di massa senza precedenti.

Quasi mezzo milione di pellegrini si sono prenotati per la visita; non si conoscono le cifre di quanti hanno attraversato l'area senza registrarsi, solo per motivi turistici.

Preparazione del Peregrinatio

"Sono anni che lavoriamo per organizzare il Peregrinatio" dice Matteo Guidolin, presidente della Fondazione Giuseppe Sarto e sindaco di Riese Pio X. "Abbiamo organizzato la logistica del nostro piccolo comune.

Il villaggio di Cendrole, dove vivono solo poche decine di famiglie, accoglierà migliaia di pellegrini durante i dieci giorni di eventi e, come supporto, abbiamo organizzato un centro di accoglienza logistica a due chilometri di distanza. Sarà una bella sfida da affrontare. Tutte le informazioni sono disponibili sul sito web www.papapiox.it".

Oltre a sostenere il restauro e la riqualificazione del complesso di Casa Natale (compreso un approccio innovativo al museo, che presto sarà presentato con la possibilità di visitarlo con la realtà aumentata), Riese ha anche riqualificato il sentiero Curiotto, un percorso che Sarto percorreva da giovane per andare a pregare.

Inoltre, è stata realizzata la pista ciclabile da Cendrole a Spineda, che collegherà definitivamente il centro della città con la zona di Sentiero degli Ezzelinie ha progettato un nuovo arredo urbano.

I pellegrini possono anche visitare il premiato presepe artistico (nell'asilo parrocchiale) e una mostra sullo scultore Francesco Sartor (nella Barchessa Zorzi).

I vescovi hanno coinvolto tutte le parrocchie del Nord Italia nell'organizzazione di pullman e trasferimenti, i sacerdoti ne hanno parlato per settimane nelle comunità. Pio X, infatti, ha studiato al seminario di Padova, è stato cappellano a Tombolo, arciprete a Salzano, nel veneziano, canonico della cattedrale di Treviso, padre spirituale del seminario, vescovo a Mantova e patriarca a Venezia.

Anche Treviso ha partecipato al progetto di pellegrinaggio: la prima tappa del viaggio è stata la chiesa cattedrale del capoluogo della Marca Trevigiana (la sera del 6 ottobre). Successivamente, l'urna è stata accolta dapprima nella chiesa arcipretale della sua città natale, Riese Pio X, e poi nel santuario della Madonna delle CendroleL'urna sarà poi trasferita a Padova e Venezia. Saranno decine gli eventi e le iniziative pastorali grazie ai quali i fedeli potranno venerare e conoscere meglio la figura del Santo trevigiano.

Breve biografia di Pio X

Nato nel 1835 da una famiglia di contadini, era il secondo di 10 figli.

Grazie all'interessamento di alcuni sacerdoti e del Patriarca di Venezia, che conosceva il suo talento, poté studiare al Collegio di Castelfranco, dove percorse 8 km a piedi nudi per non consumare le scarpe.

A 23 anni fu ordinato sacerdote e nel 1884 fu nominato vescovo di Mantova.

Nove anni dopo fu eletto cardinale patriarca di Venezia e nel 1903 fu costretto, nonostante le sue proteste di incapacità, ad accettare l'elezione al papato.

Dotato di grande prudenza, discrezione, gentilezza e umiltà, pur avendo una concezione centralista del governo della Chiesa, si propose di essere "servo di tutti".

Fu un uomo di profonda preghiera e di vero amore per i poveri, oltre che un eccezionale organizzatore interno della Chiesa. Pio X fece di tutto per dare al clero non solo una formazione spirituale, ma anche teologica, liturgica, di diritto canonico e di economia sociale.

Sotto il suo pontificato fu attuata la riforma liturgica del calendario, del Breviario e della liturgia in generale, favorendo una partecipazione più attiva di tutto il popolo alla Messa domenicale (centro e culmine della vita cristiana) e una comunione eucaristica più frequente anche per i bambini.

Incontrò Lorenzo Perosi, ne ammirò il talento musicale e gli affidò la riforma della musica e del canto liturgico. Promosse anche il rinnovamento della catechesi, preparando un catechismo che porta ancora il suo nome e codificando il diritto canonico. Morì a Roma il 20 agosto 1914, colpito dal dolore per la guerra che già infuriava in Europa.

L'autoreAntonino Piccione

Cultura

Alejandro Monteverde (Sound of Freedom): "I bambini dovrebbero essere protetti da tutto il mondo".

Alejandro Monteverde è il regista di "Sound of Freedom", il film interpretato da Jim Caviezel, Eduardo Verástegui e Javier Godino, che arriva nelle sale spagnole attraverso un contracorriente.

Maria José Atienza-11 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Abbiamo parlato con Alejandro Monteverde, regista del film, e Javier Godino, che interpreta Jorge, un poliziotto colombiano, a Madrid. Il suono della libertà, un film che affronta la terribile realtà del traffico sessuale di bambini arriva ai botteghini spagnoli, grazie a un film contracorriente dopo essere stato il film indipendente numero 1 negli Stati Uniti.

Nonostante non sia stato sostenuto dalla grande industria, questo film coraggioso, interpretato da Jim Caviezel ("La passione di Cristo"), Mira Sorvino ("Mighty Aphrodite"), Eduardo Verástegui e Javier Godino ha superato i 150 milioni di dollari nelle prime tre settimane di programmazione. 

Il suono della libertà,(Sound of Freedom) racconta la storia di Tim Ballard, un ex agente della Sicurezza Nazionale degli Stati Uniti che ha abbandonato tutto per combattere il traffico di bambini. Attraverso una storia toccante e, allo stesso tempo, raccapricciante, lo spettatore si addentra in questo terribile flagello ma con la luce della speranza di imprimere, con questo film, una svolta nella consapevolezza collettiva e personale di questa realtà. 

Alejandro, come sei venuto a conoscenza della storia di Tim Ballard? 

-Da circa tre mesi stavo scrivendo una fiction sul tema del traffico di bambini. A quel tempo, il produttore (Eduardo Verástegui) mi chiese se volevo incontrare Tim Ballard. Ho cercato informazioni su di lui e ho capito che era un esperto in materia, che aveva lavorato per il governo federale. Ho pensato che sarebbe stato bello parlare con lui nell'ambito della ricerca ma, quando l'ho incontrato, mi sono reso conto che la sua vita superava la narrativa che avevo scritto per tre mesi. Abbiamo cambiato strada e abbiamo iniziato a scrivere la sua vita come una sceneggiatura.

Come regista, cosa l'ha spinta a fare questo passo? 

-Quello che mi ha colpito di più è stato il motivo che lo ha spinto a lasciare i suoi figli per andare a salvare i figli degli altri. Lasciare la propria famiglia, il proprio lavoro, la propria sicurezza economica..., tutto, per andare a salvare bambini che non sono americani. Negli Stati Uniti c'è molto patriottismo e lo ammiro. Ballard è un agente americano, un agente del governo, e la sua prima missione è stata quella di salvare i bambini colombiani, o meglio, i bambini colombiani provenienti da tutta l'America Latina, dall'America Centrale e dal Sud America. 

Oltre a questo, mi ha colpito anche il modo in cui ha iniziato a riunire questo gruppo, di varie nazionalità, ad esempio con il personaggio di Jorge, interpretato da Javier Godino. 

Una volta Ballard mi disse che i bambini non dovrebbero avere nazionalità. In altre parole, dovrebbero essere protetti, letteralmente, da tutto il mondo. Se un bambino viene violentato ad Haiti, dovrebbe essere responsabilità del mondo intero; le balene hanno questa protezione, ma non i bambini? Per Ballard, i bambini sono il cuore del mondo e se non proteggiamo il cuore, possiamo andare in arresto cardiaco.

Affrontare questo Il suono della libertà vi ha toccato interiormente?

-Sì, penso di sì per me e per tutti coloro che hanno lavorato al film. È un argomento molto complesso che abbiamo evitato per molto tempo. Non è qualcosa di nuovo, storicamente siamo stati in questa oscurità per molto tempo. 

Il semplice fatto di far luce su questa oscurità e di creare uno spazio in cui avviare una conversazione sociale inizia già a cambiarti. Ma più di ogni altra cosa, sono impressionato dal numero di vittime che si aprono dopo aver visto il film. In ogni presentazione ho avuto almeno una o due vittime che hanno sentito la fiducia di condividere la loro storia con me. Dico sempre loro: "Vorrei aiutarvi, ma non sono uno psicologo, né un esperto in materia... Ma apprezzo che abbiate il coraggio di raccontarla, di parlarne". Se questo film ti ha ispirato, seguilo". Quest'ultima, questa conversazione, è un lavoro che non faccio da solo, deve essere fatto in comunità. 

Come si fa a fare un film su un argomento così difficile che possa essere visto senza paura?

-Per me l'abuso sui minori è un problema che non riguarda un solo Paese, né un'unica epoca. È una situazione contro cui tutti dobbiamo agire. Come si fa a fare un film su un tema così forte che possa essere visto da tutta la famiglia? La risposta, secondo me, è il cinema. Il cinema può essere apprezzato se il film utilizza elementi poetici per descrivere un'oscurità, senza che si debba guardare qualcosa che poi si rimpiangerà di aver visto. 

È stato difficile non cadere nell'"esibizionismo"?

[Alejandro Monteverde] È stato un processo intenso. Innanzitutto, per quanto riguarda la sceneggiatura: è più economico sistemare una scena sulla carta che sulla pellicola. Per prima cosa abbiamo iniziato a testare la sceneggiatura, rendendola il più descrittiva possibile: Le scene in cui il sipario si chiude, noi stiamo fuori ad "aspettare" e si sentono i cani abbaiare... Alcune mi sono tornate in mente. Sono stati due anni di lavoro sulla sceneggiatura e, una volta che hanno funzionato sulla carta, siamo andati a girare. 

Anche durante le riprese ci sono stati dei momenti in cui la macchina da presa era molto forte e io dicevo "Fermati, cambiamo questo", un aggiustamento della macchina da presa, una posizione..., perché eravamo molto consapevoli di quella linea sottile che non dovevamo oltrepassare. 

Javier Godino] [Javier Godino Il viaggio è interno allo spettatore. È come in Squalo Spielberg, si ha paura di uno squalo di cui si vede solo una pinna..., lo si immagina. È lo spettatore che compie il viaggio interiore.

Sound of Freedom fa venire le lacrime a più di uno spettatore. Avete pianto guardando il film?

Javier Godino] [Javier Godino L'ho fatto. L'ho visto di recente, una volta terminato. Abbiamo girato questo film nel 2018 e, guardandolo, ci sono alcuni momenti toccanti e altri molto duri. Siamo in un momento in cui molti di noi conoscono le vittime di abusi e questo film ha smosso molte cose dentro di me. Ho vissuto il viaggio interiore di cui parlavo prima. Ma ho anche avuto lacrime di speranza con quel "Lo sentite? È il suono della libertà".In quel momento mi sono commosso. Questo è il cinema. 

Perché c'è voluto così tanto tempo per far partire questo progetto?

[Alejandro Monteverde] È stata una combinazione di fattori. Il primo è la sfida di vendere questo film al pubblico. Questa è stata la sfida più grande per i distributori, quando hanno sentito l'argomento. Il cinema era già in crisi prima della pandemia. Ricordo di aver letto un articolo dell'epoca in cui Spielberg parlava del fatto che il cinema era diventato un'esperienza da Broadway, qualcosa che si fa una o due volte all'anno al massimo. I film che arrivavano nelle sale erano film enormi, i film indipendenti stavano scomparendo...  

Pensando ad alta voce, non ricordo un altro film indipendente che abbia avuto un tale successo da quando il cinema ha iniziato a scendere. Se la gente doveva pagare 15 dollari per vedere un film, voleva una produzione da 200 milioni di dollari, non da 2 milioni di dollari.... 

Spero che questo film sia uno spartiacque, che dimostri che c'è un pubblico per il cinema indipendente...

Javier Godino] [Javier Godino ...e per questi temi difficili.  

Javier, il tuo personaggio è un'"aria di speranza" in un'atmosfera contraria. Come hai vissuto l'esperienza di interpretare Jorge? 

Javier Godino] [Javier Godino Con molte responsabilità. 

Raccontare la storia di un poliziotto che riesce a muovere un intero apparato di polizia in Colombia per salvare questi bambini è qualcosa che ho vissuto con molta responsabilità e anche con molta gratitudine. 

Ho interpretato molti personaggi oscuri: stupratori, assassini..., e fa molto male interpretare quei personaggi perché, in un certo senso, si "incastrano" nel tuo corpo. La gente ti guarda attraverso quel prisma. 

Improvvisamente, interpretare l'eroe è bellissimo! È altrettanto difficile, perché nel cinema si mettono sempre in gioco le proprie emozioni e per tre mesi si devono sostenere quelle emozioni e quelle immagini che il film porta con sé. 

Lo vivo con gioia e vedendo il successo penso a quanto sia bello che si stia raggiungendo un dialogo nella società! È vero che ci troviamo in un momento in cui vengono scoperti molti abusi, abusi, abusi ..... Dobbiamo continuare a parlarne e dobbiamo fare molta pulizia. 

Come pensa che sarà accolto in Spagna?

Javier Godino] [Javier Godino Credo che il pubblico lo consiglierà perché è un film in cui si vede una realtà, ma la si vede bene, con speranza. Credo che sarà un successo. 

Stati Uniti

Il mese del patrimonio ispanico negli Stati Uniti

Durante il Mese del Patrimonio Ispanico, la Chiesa degli Stati Uniti nelle sue varie diocesi organizza eventi, giornate di riflessione, giornate di preghiera e messe per l'occasione.

Gonzalo Meza-11 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Ogni anno, gli Stati Uniti celebrano il "Mese del Patrimonio" dal 15 settembre al 15 ottobre. ispanico". La data è iniziata nel 1968 durante l'amministrazione del presidente Lyndon Johnson ed è stata poi ratificata da Ronald Reagan nel 1988. La data è stata scelta perché molti Paesi dell'America Latina, tra cui Messico, Cile, El Salvador, Guatemala, Honduras e Nicaragua, celebrano la loro indipendenza in quei giorni. Inoltre, coincide con il 12 ottobre, considerato il "Columbus Day", che commemora l'arrivo del navigatore genovese sul suolo americano nel 1492. Negli Stati Uniti ci sono più di 63 milioni di persone di origine ispanica, la maggior parte delle quali di origine messicana, portoricana, cubana e centroamericana.

L'obiettivo del Mese del Patrimonio Ispanico è quello di evidenziare i contributi degli ispanici negli Stati Uniti. "La nostra cultura è stata arricchita dai ritmi, dall'arte, dalla letteratura e dalla creatività dei popoli ispanici. I nostri valori sono stati rafforzati dall'amore per la famiglia e per la fede che sono al centro di molte comunità ispaniche", ha dichiarato il Presidente Joe Biden nel 2022 nel documento che dichiara il 15 settembre al 15 ottobre Mese del Patrimonio Ispanico. 

In occasione di questa celebrazione, diverse agenzie governative a livello federale, statale e locale organizzano attività legate al tema. A livello federale, ad esempio, il National Park Service sta portando avanti l'iniziativa "My Park, My Story", che cerca di evidenziare l'importanza dei parchi nella vita ordinaria degli ispanici. Allo stesso modo, la Biblioteca del Congresso - la più grande al mondo con 175 milioni di libri - promuove nella sua sala di lettura un'indagine sulla comunità andina attraverso una serie di testi in spagnolo e quechua; il percorso si intitola "Interconnecting Worlds: Weaving Andean Community Narratives and Stories". Inoltre, l'Archivio Nazionale - l'edificio che ospita il testo originale della Dichiarazione d'Indipendenza, della Costituzione americana e di altri documenti fondanti - presenta una collezione di fotografie di ispanici di spicco come César Chávez, leader e attivista per i diritti civili, e Ellen Ochoa, la prima donna ispanica ad aver viaggiato nello spazio. Vale la pena notare che, nonostante il loro contributo alla storia degli Stati Uniti, nel Paese non esiste un museo dedicato agli ispanici. Consapevole di ciò, il Congresso degli Stati Uniti ha approvato nel 2020 l'istituzione del "Museum of the American Latino", la cui progettazione e costruzione è in corso a Washington DC, nell'ambito della rete dei musei Smithsonian.

La Chiesa e il Mese del Patrimonio Ispanico

Secondo il Centro di ricerca PewDei 63 milioni di ispanici, 43 % di loro si identificano come cattolici. Più di 50% della popolazione latina vive in California, Florida e Texas e rappresenta il gruppo minoritario più numeroso in 26 Stati degli Stati Uniti. Negli ultimi quarant'anni il ministero ispanico è fiorito in migliaia di parrocchie in tutto il Paese, soprattutto nel Sud e sulla costa occidentale. 

Durante l'Hispanic Heritage Month, la Chiesa statunitense nelle sue varie diocesi organizza eventi, giornate di riflessione, giornate di preghiera e Messe per l'occasione. Per esempio, nell'arcidiocesi di Los Angeles, il 19 settembre è stata celebrata la "Messa in riconoscimento di tutti gli immigrati", una cerimonia presieduta dall'arcivescovo José H. Gómez e alla quale hanno partecipato centinaia di parrocchiani provenienti da varie nazioni latinoamericane. Sulla costa orientale, a New York, il 1° ottobre si è svolta una Messa per celebrare l'ispanicità nella Cattedrale di San Patrizio. Ha presieduto il vescovo ausiliare Edmund Whalen. Una settimana dopo, l'8 ottobre, si è svolta nella Grande Mela la "Hispanic Parade", lungo la mitica Fifth Avenue di New York. L'evento prevedeva una sfilata di ispanici vestiti con costumi tipici di 21 Paesi e decine di carri allegorici.

Il futuro del ministero ispanico negli USA

Nel 2018 si è tenuto il V Encuentro Hispano a livello nazionale, che ha portato a una serie di raccomandazioni e priorità per lo sviluppo della pastorale ispanica nel prossimo decennio. Queste priorità includono lo sviluppo della leadership e la formazione dei laici ispanici, specialmente dei giovani; il rafforzamento del matrimonio e della vita familiare; l'evangelizzazione e la catechesi; il discernimento vocazionale per la vita sacerdotale, religiosa e consacrata. Tenendo conto di questi fattori del V Encuentro, la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) ha approvato nel giugno 2023 un "Piano pastorale nazionale per il ministero ispanico".

Il testo prende come fondamento e punto di riferimento una "Chiesa sinodale, evangelizzatrice e missionaria a tutti i livelli". Nel documento, i vescovi statunitensi invitano tutto il popolo di Dio a partecipare e a unirsi al Piano: "La nostra generazione ha un'opportunità unica nel prossimo decennio per prepararsi a celebrare il 500° anniversario delle apparizioni di Guadalupa nel 2031 e i duemila anni della nostra redenzione nel 2033. Gli ispanici trovano Dio tra le braccia di Maria, la Madre di Dio, dove sperimentano la sua bontà e compassione, in particolare sotto il titolo di Nostra Signora di Guadalupe. Abbiamo bisogno di questo stesso spirito missionario per continuare a creare una cultura dell'incontro che animi il nostro ministero nei prossimi dieci anni e ci aiuti a camminare insieme come missionari e discepoli gioiosi" (Piano pastorale per la pastorale ispanica. USCCB, 2023).

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Vocazioni

Esistono davvero le vocazioni tardive?

Chi scopre la chiamata divina a una certa età sa che non c'è tempo per Dio. Potremmo dire che solo "umanamente o cronologicamente" sono vocazioni tardive.

Alejandro Vázquez-Dodero-10 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

La vita, in generale, in Occidente, è lunga; sempre più lunga grazie ai tanti progressi medici e tecnologici. La vita attraversa molte circostanze, la sua congiuntura cambia e si modella. Sperimentiamo che nella vita non si fanno cose neutre: le cose che si fanno fanno una vita; e sì, è vero che "dimmi con chi vai e ti dirò chi sei". 

Sto guardando nel DISEGNO Ho trovato, come spesso accade, diversi significati della parola vocazione: ispirazione con cui Dio chiama a qualche stato, specialmente alla religione; inclinazione a uno stato, a una professione o a una carriera; convocazione, chiamata.

Rimango sull'ultimo: convocazione, chiamata. Perché comprende gli altri significati e perché di fatto si riferisce a realtà sia umane che divine. È vero che si ha una vocazione professionale e una vocazione soprannaturale.

Potremmo dire che si ha una vocazione se la realtà - Dio, il lavoro, la famiglia da formare, eccetera - "convoca" o "chiama" a una dedizione specifica, alla quale ci si dona, con senso di missione, e alla quale si dedica la propria vita. 

Per una tale missione c'è qualcuno che chiama o convoca, tira uno; qualcuno - Dio per i credenti - o qualcosa - la missione stessa, che mi attrae per dedicarmi ad essa. E così è.

Quanto spesso, inoltre, coloro che sono cresciuti in un ambiente o che hanno studiato per una determinata professione, finiscono per lavorare in altri settori, svolgendo mansioni diverse dalla teoria precedentemente appresa. 

Mi sento chiamato, convocato a una missione per tutta la vita. E questa missione - chiamata - può sorgere in qualsiasi momento, perché ognuno è come è e percepisce ciò che percepisce quando lo percepisce.

È possibile che sia già troppo tardi?

Il termine "vocazione tardiva" è usato per lo più in ambito divino o soprannaturale, anche se è un po' impreciso e non dovrebbe in ogni caso avere una connotazione negativa. 

Coloro che scoprono la chiamata divina a sacerdozio o alla vita consacrata a una certa età, e dopo anni di lavoro, senza aver studiato nel seminario minore o frequentato la parrocchia in gioventù, sanno che per Dio non c'è tempo, e che chiama quando e chi vuole per una missione o un'altra. 

Potremmo dire che solo "umanamente o cronologicamente" sono vocazioni tardive. Se per Dio, come abbiamo detto, non c'è tempo, che differenza fa se rispondo a ciò che mi dice - alla sua chiamata - prima o dopo? A ben vedere, non ci sarà mai un prima o un dopo.

Perché ciò che conta, come in quasi tutte le cose, è la qualità e non la quantità; il frutto della corrispondenza alla vocazione ricevuta dipenderà essenzialmente dalla qualità con cui viene sviluppata, e in misura minore dalla quantità di tale sviluppo. 

Spesso, e i formatori del seminario ne sono testimoni, è opportuno che il candidato prima dell'ordinazione prolunghi il periodo di discernimento, o che aspetti di terminare gli studi civili che ha iniziato, o che si sviluppi professionalmente per un certo periodo di tempo. Tutto questo per ragioni prudenziali e formative.

E che dire della vocazione - sì, della vocazione - alla matrimonio? Dal punto di vista della fede, come sacramento che è, se fosse ricevuto nella maturità della vita, potrebbe essere definito solo umanamente tardivo, perché la grazia divina e quindi la condivisione della vita matrimoniale con Dio non sono quantitativamente misurabili.

Diverso è il discorso per chi vede che Dio lo chiama a qualche missione specifica e ritarda la sua risposta: allora si potrebbe dire che è "in ritardo". Ma anche in questo caso dovrebbe essere convinto della profondità misteriosa già menzionata quando afferma che per Dio non c'è tempo.

Inoltre, una volta ricevuta la vocazione, essa si forma a poco a poco, e ogni cosa a suo tempo. Per esempio, Santa Teresa di Gesù, dopo vent'anni di vita da monaca e all'età di trentanove anni, scoprì la sua vera vocazione di riformatrice, creando la sua prima fondazione quando aveva quasi cinquant'anni.

L'altro giorno ho letto una pubblicità che mi ha fatto riflettere sull'influenza del tempo sulla propria vita, e mi ha fatto anche pensare a quanto bene può fare una vita spesa. Ho pensato alle possibili vocazioni tardive, ma soprattutto che sono sempre fruttuose. E ho fatto un passo in più nel mio discorso, aggiungendo dopo "fruttuose" un "per la loro fedeltà e per la loro felicità".

Dalla fedeltà - alla vocazione - alla felicità è solo un passo.

In questa vita dobbiamo sapere per cosa siamo stati chiamati. O, in altre parole, qual è il significato per ciascuno di noi. E questo, come abbiamo detto, in tutti gli ambiti di sviluppo che possiamo pensare, soprattutto in quello spirituale. 

Il senso di realizzazione, di fare ciò che devo fare e di essere in ciò che faccio, è insito nella risposta a quella chiamata o vocazione. Ed essere realizzati significa essere felici. Perché in effetti tutta l'umanità ha una chiamata o vocazione, che si chiama felicità: è ciò a cui tende, è ciò che le è dovuto, le corrisponde.

Una vita coerente, in linea con il suo scopo e che sarà sempre un bene in sé, è una vita felice.

Sull'uomo, la sua natura e le sue virtù

La scienza cerca di rispondere alla domanda: quali sono le proprietà fisiche delle cose? La filosofia cerca di rispondere a quale sia la natura ultima del reale.

10 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Il filosofo scozzese Alasdair MacIntyre (1929/-) ha pubblicato la sua opera "Dopo la virtù" nel 1981. In essa, richiama da "L'etica nicomachea", di Aristoteleche il suo schema teleologico si basa su tre elementi:

a) L'uomo così com'è.

b) L'uomo come potrebbe essere se realizzasse la sua natura essenziale.

c) Un insieme di regole etiche.

Le regole etiche ordinano le varie virtù e vietano i vizi contrari, istruendoci su come realizzare la nostra vera natura e raggiungere il nostro vero fine.

Queste regole presuppongono: una concezione dell'essenza e dello scopo dell'uomo come animale razionale la cui ragione ci istruisce su quale sia il nostro vero scopo e su come raggiungerlo.

Per MacIntyre questo schema è crollato nel XVII secolo con l'affermarsi della concezione protestante e giansenista secondo cui il peccato originale, corrompendo totalmente la ragione, la privava della capacità di comprendere il fine dell'uomo. Da allora, "sono stati posti limiti rigorosi ai poteri della ragione. La ragione è un calcolo; può stabilire verità fattuali e relazioni matematiche, ma niente di più. Nel campo della pratica, può parlare solo di mezzi. Deve tacere sui fini".

I filosofi illuministi, privi di questa concezione normativa e teleologica della natura umana, hanno basato la loro etica sugli imperativi categorici della ragione pratica (Kant) o sulla massimizzazione del piacere (Hume). Per MacIntyre, questo fallimento, che ha generato Nietzsche e tutto l'irrazionalismo moderno, lascia la scelta attuale limitata tra la teoria aristotelica delle virtù e l'amoralismo irrazionalista.

MacIntyre, dopo un resoconto storico della valorizzazione delle virtù umane (le virtù supreme nelle società eroiche descritte da Omero: la fortezza o la lealtà; le virtù, come l'amore o l'umiltà, portate dal cristianesimo) opta per un'etica delle virtù di tradizione aristotelico-tomista, consapevole dell'importanza di riscoprire il valore delle virtù umane.

Il filosofo americano Peter Kreeft (1937/-) cerca di dimostrare che la scienza naturale e la filosofia sono due ordini di conoscenza distinti ma complementari.

La scienza cerca di rispondere alla domanda: quali sono le proprietà fisiche delle cose? La filosofia cerca di rispondere a quale sia la natura ultima del reale. Le sue domande più importanti:

-Che cos'è che è, la domanda metafisica.

-Che cos'è questo essere che si interroga su ciò che è, o, più semplicemente, che cos'è l'uomo, una domanda antropologica?

-Cosa fare e cosa non fare è una questione etica.

-Come facciamo a sapere? è una domanda epistemologica.

Le risposte a queste domande dipendono l'una dall'altra, sono intrecciate. Non possiamo determinare quale condotta si addice all'uomo se non sappiamo che cos'è l'uomo, e ciò che l'uomo è dipende da ciò che deve essere.

Da Socrate fino all'inizio del XX secolo, si è sostenuta l'idea che la ricerca della verità fosse uno dei compiti più nobili dell'uomo e che la ragione fosse la risorsa principale per tale ricerca.

Dall'inizio del XX secolo stiamo assistendo alla semina di un modo di pensare nietzschiano in cui la volontà prevale sulla ragione: invece di cercare di comprendere il reale per adattarci meglio, siamo invitati a creare i nostri valori e le nostre verità per imporli al reale. Non dobbiamo sottometterci al reale, a ciò che è, ma piuttosto plasmarlo secondo i nostri desideri e le nostre ambizioni utilizzando le potenti tecnologie che la scienza mette a nostra disposizione.

La natura umana è concepita come una realtà che può essere modificata a seconda delle circostanze o delle preferenze. Tutto ciò che ci circonda, compreso il nostro corpo, è una materia prima che può essere manipolata a piacimento.

La nozione stessa di natura viene abolita e sostituita dall'idea che spetti a ciascun individuo definire da sé ciò che è naturale e ciò che non lo è, instaurando così un culto supremo dell'autonomia individuale che trova una delle sue più chiare espressioni nella sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti del 1992 nel caso "Planned Parenthood v. Casey", che ha sancito il diritto di ciascun individuo a definire il proprio concetto di esistenza, di significato, dell'universo e del mistero della vita umana.

Questo culto dell'autonomia umana è alla base dei diritti all'aborto e al suicidio assistito, riconosciuti in molti Paesi. Secondo una versione della teoria o ideologia di genere, oltre a negare che il corpo umano abbia una natura, afferma che siamo maschi o femmine solo nella misura in cui acconsentiamo ad esserlo. La distinzione tra maschio e femmina negli esseri umani sarebbe puramente arbitraria, una costruzione sociale derivante dalle relazioni di potere. Un'antropologia di questo tipo è dominata dalla supremazia della soggettività sull'oggettività.

È nella natura umana percepire il libero arbitrio?

L'idea che gli esseri umani non abbiano il libero arbitrio affonda le sue radici nella Riforma protestante del XVI secolo. Nei "Loci communes" di Melantone e nelle "Institution de la religion chrétienne" di Calvino, la salvezza non ha nulla a che fare con la pratica delle virtù, perché non ha nulla a che fare con la libertà umana. Secondo Melantone, la condotta virtuosa non può contribuire in alcun modo alla salvezza eterna, perché tale condotta è solo una felice conseguenza della salvezza per fede in cui è coinvolto solo Dio.

Questa interpretazione protestante ha aperto la strada al materialismo scientifico, che sottolinea come l'uomo sia parte integrante del mondo naturale e non possa liberarsi dal determinismo universale che governa il mondo della natura. Ammettere l'esistenza del libero arbitrio equivale a negare l'universalità del principio di causalità e quindi delle leggi scientifiche.

Per Kreeft, le nostre scelte, anche se non sono determinate, sono influenzate da numerosi fattori esterni (l'ambiente sociale o fisico), corporei (ereditarietà) o spirituali (motivazioni). In ogni caso, è possibile resistere a queste influenze o tentazioni.

Le scienze sociali e umane ci aiutano a scoprire non solo le cause che determinano meccanicamente il comportamento umano, ma anche i fattori che lo condizionano o lo favoriscono.

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L'intelligenza umana ai tempi dell'intelligenza artificiale

La domanda riguarda tutti noi, credenti e non credenti: cosa differenzia l'intelligenza artificiale da quella umana? Cosa è essenziale per l'intelligenza umana?

10 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

L'immagine del famoso dipinto di Raffaello "La scuola di Atene", con Platone che indica il mondo delle idee e Aristotele che stende il palmo della mano sul mondo, mi ha colpito sullo schermo del mio computer. tavoletta quando mi collego. Permettetemi di contestualizzare. Come quasi ogni venerdì, ieri, dopo mezzogiorno, mi sono collegato a un incontro virtuale organizzato dal "Movimiento Actitud Emprendedora". In questo incontro dal vivo abbiamo incontrato un gruppo di 50-100 professionisti provenienti da tutto il mondo (da Toronto agli Emirati) e, guidati da Jesús Hijas, abbiamo affrontato temi di creatività, imprenditorialità, umanesimo e tecnologia. 

L'incontro di venerdì scorso è stato, se non altro, più rilevante del solito. L'argomento che ha riunito noi menti curiose era legato alla Intelligenza artificiale (AI, intelligenza artificiale) e l'apprendimento. Probabilmente tutti conosciamo gli insegnanti o gli educatori che negli ultimi mesi hanno affrontato la sfida dell'integrazione dell'IA. Gli studenti che non scrivono saggi, ma li copiano da "ChatGPT", e gli insegnanti che si preoccupano del declino del processo di apprendimento sono stati l'argomento di conversazione negli ambienti educativi nell'ultimo anno. 

Il timore di molti di noi nel campo dell'istruzione è che la pigrizia di alcuni studenti li porti a evitare di "pensare" a favore di chiedere l'IA. E questo timore è in parte giustificato. Ma esiste anche la possibilità di fare un uso umano degli strumenti di IA. E non mancano iniziative e proposte in tal senso. Siamo certi di conoscere anche qualche appassionato di IA che commenta costantemente gli ultimi progressi che "cambieranno la nostra vita". 

Il dipinto di Raffaello può servire da bussola per aiutarci a trovare la nostra strada in questo groviglio di alternative. Con Platone ci viene ricordato il "Mito della caverna": la necessità di fuggire da un mondo sotterraneo che non ci permette di essere liberi e di uscire nel mondo delle idee, che sono la cosa più preziosa (non lontano dalla trama è "Matrix"). L'idealismo platonico ci ricorda che imparare è ascendere al mondo delle idee e che lì si trova la nostra identità. Per questo motivo Platone punta il dito indice verso l'alto. Aristotele, invece, è convinto della necessità di imparare in un altro senso. Non dice che l'apprendimento è qualcosa che dobbiamo sforzarci di fare, ma che naturalmente (letteralmente, per nostra natura) tendiamo a cercare la conoscenza e ad imparare. Non per niente inizia la "Metafisica" con queste righe: 

Tutti gli uomini hanno naturalmente il desiderio di conoscere. Il piacere che traiamo dalle percezioni dei nostri sensi è una prova di questa verità. Ci piacciono per il loro stesso interesse, indipendentemente dalla loro utilità. 

In questo senso, possiamo pensare agli educatori sopraffatti dall'avvento dell'IL e dire loro: i vostri studenti vogliono imparare. La domanda è: state aiutando a sviluppare questi desideri? Come attivate il desiderio naturale di imparare e conoscere? È fondamentale che gli educatori siano i primi a imparare. Come dice Neus Portas: L'apprendimento è lo strumento per crescere come professionisti ma, soprattutto, come persone.. Il titolo impegnativo del "TedTalk" di Emma Stoks ci pone di fronte a un orizzonte profondo: ".Perché essere intelligenti non aiuta a trovare Dio? 

Ma siamo realisti. L'atteggiamento degli studenti non è così facile da gestire e l'arrivo dell'intelligenza artificiale è chiaramente dirompente. Pochi giorni dopo la messa in funzione di "ChatGPT", Jordan Peterson ha dichiarato in un'intervista pubblica che questa macchina rappresenta un cambiamento epocale del calibro della macchina da stampa di Guttenberg (Conferenza "...").La storia dei diritti civili canadesi" (13 dicembre 2022). Lo scrittore Yuval Noha Harari non ha risparmiato epiteti sul cataclisma apocalittico che l'IA potrebbe portare alla nostra società. Nel suo articolo su "The Economist" (28 aprile 2023), intitolato "L'IA ha violato il sistema operativo della civiltà umana", ha dichiarato:

Se non stiamo attenti, potremmo rimanere intrappolati dietro una cortina di illusioni che non saremo in grado di strappare o di accorgerci della sua presenza.

La nostra capacità di apprendere è limitata, ma l'IA non ha bisogno di dormire, non impiega tempo per ricordare cose lette giorni fa, né si preoccupa che un argomento sia noioso. È capace di un "apprendimento profondo"che noi umani non possiamo nemmeno sognare. Siamo ancora lontani (o forse non così lontani) da un'IA generale, autonoma e autoprogrammabile. Come ha detto scherzosamente Jordan Peterson qualche mese fa, parlando di "ChatGPT":

È più intelligente di voi. E sarà molto più intelligente di voi tra due anni, quindi potete prepararvi anche a questo. Ma non è ancora così intelligente, perché al momento è solo un insegnante di materie umanistiche. Non confronta le sue conoscenze linguistiche con il mondo reale. Questo è ciò che fa uno scienziato.

Dobbiamo quindi prepararci alla battaglia tra Intelligenza Artificiale (IA) e Intelligenza Umana (IU)? intelligenza umana)Dobbiamo individuare John Connor prima che lo faccia Skynet (scusate il riferimento)? millenario)? Non conosco il futuro, prossimo o remoto, della tecnologia, né dove stiamo andando in questo campo. Quello che mi è chiaro è che è un momento eccezionale per porsi una domanda: cosa ci rende umani? Qual è l'essenza dell'intelligenza umana? 

Dal punto di vista della fede cristiana, e non solo, la risposta è abbastanza semplice: l'anima. Se Dio ci ha creati e fatti a sua immagine e somiglianza, allora l'origine della nostra dignità umana è lì, e l'anima immortale, come principio operativo, è un chiaro differenziale rispetto alle macchine. Gli esseri umani sono essenzialmente diversi dalle macchine. 

Ma affermare questo senza ulteriori indugi significherebbe dichiarare che solo attraverso la fede è possibile comprendere la differenza tra intelligenza umana e intelligenza artificiale. Una simile affermazione non solo sarebbe ingiusta nei confronti di tutti coloro che non partecipano alla fede cristiana, ma sarebbe soprattutto una falsa affermazione. La domanda riguarda tutti noi, credenti e non credenti: che cosa differenzia l'IA dall'HI? Che cosa è essenziale per l'HI? Anche per chi crede nell'esistenza di un potere superiore e di un'anima immortale (e qui ritroviamo Platone e Aristotele), è importante scoprire quali manifestazioni materiali ha la nostra IA.

Nelle conversazioni con specialisti come Carlos Ayxelà, Miguel Moya e "ChatGPT", e nel think-tank "Learning Rebellion", sono emersi tre elementi che possono aiutarci a visualizzare in qualche modo l'essenza del progetto. Intelligenza umanaOrigine, esempio e intuizione. 

  • Il origine di ognuno di noi è umano, abbiamo una storia personale e una storia come società, delle radici. La nostra origine è un elemento essenziale dell'HI di ogni persona. 
  • Il esempio che ci diamo l'un l'altro è HI in azione. Perché nell'altro vedo qualcuno con difetti e virtù, qualcuno come me, qualcuno che posso imitare. Quante cose abbiamo imparato dai nostri insegnanti ed educatori senza che loro le abbiano programmate! Solo dal modo in cui facciamo le cose, con difetti e imperfezioni, dal nostro atteggiamento. Miglioriamo quando entriamo in empatia con l'altro e impariamo al di là dei dati.
  • E il intuizione (dal latino in-tueri: "guardare dentro") è una capacità umana che raggiunge la parte più profonda del nostro essere. A volte ci capita di guardare una realtà e di vederla dall'interno, di coglierne l'essenza. La scintilla dell'intuizione, o il sorriso dell'Eureka!

L'intelligenza umana si manifesta, tra l'altro, attraverso questi tre aspetti. Come attivarla? Ci sono migliaia di modi, ma vediamo alcuni esempi. Per attivare la nostra HI possiamo:

  1. Per saperne di più sul nostro origine. Approfondire la conoscenza delle nostre origini personali o culturali ci radica come esseri umani. Leggete i classici e chiedete alla vostra famiglia. Vi aiuta ad appartenere consapevolmente a una tradizione umana. Per me, un punto di partenza è la scuola di Atene. 
  2. Identificare e valutare il apprendistato esseri umani: quello che ho imparato da un'altra persona che non era programmabile: guardare e imitare l'amico che è sempre allegro, calmo e pacifico. Gioia e pace ("gaudium cum pace"(come dice il classico) sono le aspirazioni delle persone, piuttosto che delle macchine. 
  3. Riflettere interiormente su ciò che intuizione che abbiamo avuto nell'ultima settimana. Scrivetelo e decidete consapevolmente cosa fare al riguardo. 

Il potenziale di utilizzo dell'IA, quando siamo chiari su HI, è gigantesco. E così insegnanti e non insegnantiEssendo discenti, organizziamo un nuovo rinascimento umano e tecnico. Come disse John Connor: "Se state ascoltando, siete la resistenza".

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Mondo

"Siamo in una situazione di grave emergenza", afferma il Patriarca latino di Gerusalemme.

Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme e cardinale di recente nomina, ha espresso la sua preoccupazione per il conflitto israelo-palestinese scoppiato il 7 ottobre 2023. Il Patriarcato latino di Gerusalemme ha rilasciato una dichiarazione in cui chiede la fine della violenza.

Loreto Rios-9 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

In occasione delle violenze scoppiate il 7 ottobre 2023 in Terra Santa, il Patriarcato Latino di Gerusalemme, circoscrizione ecclesiastica cattolica soggetta alla Santa Sede il cui territorio comprende Cipro, Giordania, Israele e Palestina, ha rilasciato una dichiarazione implorando la cessazione delle ostilità.

Terra Santa: chiamata ad essere una terra di pace

"Abbiamo assistito a un'improvvisa esplosione di violenza che è molto preoccupante per la sua portata e intensità", si legge nel testo. Il Patriarcato sottolinea che questa violenza "ci sta riportando ai momenti peggiori della nostra storia recente. L'eccesso di vittime e di tragedie che le famiglie palestinesi e israeliane devono affrontare creerà ancora più odio e divisione e distruggerà ulteriormente ogni prospettiva di stabilità".

Il Patriarcato ha inoltre invitato la comunità internazionale e i leader religiosi di tutto il mondo a "compiere ogni sforzo" per porre rimedio alla situazione e riportare la pace nella regione. La Terra Santa, prosegue la dichiarazione, "è chiamata ad essere una terra di giustizia, pace e riconciliazione". "Chiediamo a Dio di ispirare i leader religiosi nei loro interventi per portare pace e armonia, in modo che Gerusalemme possa essere una casa di preghiera per tutti", conclude il documento.

Dichiarazione congiunta dei Patriarchi di Gerusalemme

Inoltre, i patriarchi di Gerusalemme hanno rilasciato una dichiarazione congiuntaTerra Santa, facendo appello al rispetto dello status quo "storico e legale" dei luoghi santi. "Come custodi della fede cristiana, profondamente radicati in Terra Santa, siamo solidali con le popolazioni di questa regione, che soffrono le devastanti conseguenze del conflitto in corso. La nostra fede, fondata sugli insegnamenti di Gesù Cristo, ci obbliga a chiedere la cessazione di tutte le attività violente e militari che danneggiano i civili palestinesi e israeliani. Condanniamo inequivocabilmente qualsiasi atto che prenda di mira i civili, indipendentemente dalla loro nazionalità, etnia o fede. Tali azioni vanno contro i principi fondamentali dell'umanità e gli insegnamenti di Cristo", affermano i patriarchi.

"È nostra fervida speranza e preghiera che tutte le parti interessate ascoltino questo appello per una cessazione immediata della violenza. Imploriamo i leader politici e le autorità a impegnarsi in un dialogo sincero, alla ricerca di soluzioni durature che promuovano la giustizia, la pace e la riconciliazione per il popolo di questa terra", aggiunge la nota.

"Chiediamo all'Onnipotente di concedere conforto agli afflitti, forza agli stanchi e saggezza a coloro che occupano posizioni di autorità (...) Nello spirito di questo messaggio divino, imploriamo tutti di lavorare instancabilmente per la fine della violenza e l'instaurazione di una pace giusta e duratura che permetta alla Terra Santa di essere un faro di speranza, fede e amore per tutti. Che la grazia di Nostro Signore Gesù Cristo, l'amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti noi in questi tempi difficili", conclude il testo.

Una situazione molto grave

Dall'altra parte, Pierbattista Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme, creato cardinale da Papa Francesco il 30 settembre, ha sottolineato in un'intervista all'agenzia di stampa SIR che "siamo in un'emergenza molto grave". "Siamo di fronte a una situazione molto grave che è scoppiata all'improvviso, senza molto preavviso. È una campagna militare da entrambe le parti, molto preoccupante nelle sue forme, nelle sue dinamiche e nelle sue dimensioni", ha aggiunto il cardinale.

Inoltre, il Patriarca ha ricordato una piccola comunità di Gaza, 1000 cristiani di cui solo un centinaio cattolici: "Fate sapere loro che, come sempre, non saranno lasciati soli e che questo è un momento in cui dobbiamo essere più uniti che mai". La comunità di Gaza sta attualmente bene, riparata nei locali della parrocchia e della scuola.

Pizzaballa ha anche condannato la presa di ostaggi israeliana come ingiustificabile, dicendo che "incoraggerà solo ulteriori aggressioni", e ha invitato i leader internazionali a mediare una cessazione della violenza: "La comunità internazionale deve riportare la sua attenzione su ciò che sta accadendo in Medio Oriente. Gli accordi diplomatici, gli accordi economici non cancellano un fatto: c'è una questione palestinese-israeliana che deve essere risolta e attende una soluzione".

Il Patriarca si trovava a Roma quando è scoppiato il conflitto, a causa della sua recente nomina a cardinale, ma è riuscito a rientrare a Gerusalemme lunedì 9 ottobre "in modo abbastanza repentino, con l'aiuto delle autorità civili e militari, sia israeliane che giordane, perché sono entrato attraverso la Giordania", ha dichiarato il cardinale in un comunicato. Intervista a Vatican News. Ha anche detto che al suo ritorno ha trovato "un Paese che è cambiato molto e subito".

Inoltre, in un intervista a Quotidiano NazionalePizzaballa ha affermato che i Luoghi Santi restano aperti: "La Terra Santa è terra di pellegrinaggi, ce ne sono tanti. Quello che è successo è stato come l'eruzione di un vulcano: nessuno poteva prevederlo. Qui ci sono migliaia di pellegrini, non solo italiani. Alcuni sono bloccati perché gli aeroporti sono chiusi. Altri vogliono concludere il loro pellegrinaggio. Per questo i luoghi sacri restano aperti. Ma anche per una questione di principio: sono luoghi di preghiera, che è ciò di cui c'è più bisogno in questo momento.

La presenza di Dio a Gerusalemme

La Custodia continua a testimoniare la presenza di Dio in Terra Santa: lo stesso giorno in cui si sono verificati gli attentati la professione solenne di fra Giovanni Davidun colombiano di 33 anni.

"Stamattina stavo lasciando il Santo Sepolcro quando le sirene dell'allarme hanno cominciato a suonare", racconta il giovane frate, "e ho pensato: questo è il luogo dell'amore, il luogo esatto in cui Dio ha innalzato suo Figlio alla vita eterna per puro amore per noi. Che la mia consacrazione in questa Terra Santa, purtroppo sempre scossa dall'odio, dalla violenza e dalla paura, sia segno e testimonianza dell'amore di Dio che ci chiede di amarci l'un l'altro e di unirci a Gesù, a quel Dio d'amore che è sempre con noi".

Da parte sua, il Custode di Terra Santa, don Francesco Patton, ha sottolineato che "in una situazione di guerra e di pericolo come quella in cui ci troviamo improvvisamente oggi, la lettera di San Paolo ai Filippesi ci invita a un atteggiamento di fiducia che si trasforma in preghiera, supplica e ringraziamento".

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Stati Uniti

I vescovi statunitensi si uniscono all'appello di Papa Francesco per la pace in Medio Oriente

Riferendosi al nuovo conflitto iniziato da Hamas sabato scorso, quando ha inaspettatamente attaccato Israele, il presidente del Comitato per la giustizia internazionale e la pace della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti ha esortato le parti in conflitto a cessare la violenza.

Gonzalo Meza-9 ottobre 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto

"Il mondo è inorridito dallo scoppio della violenza. Ci uniamo all'appello di Papa Francesco per la pace e alla sua condanna della violenza", affermano i vescovi statunitensi in un comunicato stampa diramato domenica 8 ottobre. Riferendosi al nuovo conflitto iniziato da Hamas sabato scorso, quando ha inaspettatamente attaccato Israele, monsignor David J. Malloy, vescovo di Rockford e presidente del Comitato per la giustizia internazionale e la pace della Conferenza episcopale statunitense (USCCB), ha invitato le parti in conflitto a cessare la violenza, a rispettare la popolazione civile e a rilasciare gli ostaggi.

Riprendendo le parole pronunciate dal Pontefice domenica 8 ottobre durante la preghiera dell'Angelus mariano, Malloy ha affermato che il terrorismo e la guerra portano solo morte e sofferenza a persone innocenti. Il vescovo Malloy ha anche invitato a pregare urgentemente per la pace: "Ci appelliamo ai fedeli e a tutte le persone di buona volontà affinché continuino a pregare per la pace nella terra che Nostro Signore Gesù Cristo, Principe della Pace, ha chiamato 'Casa'", ha concluso.

Qualche ora prima, il presidente Joe Biden ha condannato con forza l'aggressione: "Gli Stati Uniti condannano con forza questo atroce attacco a Israele da parte dei terroristi di Hamas. Israele ha il diritto di difendersi". Ha inoltre offerto al governo israeliano i mezzi necessari per la sua difesa. A questo proposito, il Segretario alla Difesa Lloyd J. Austin ha dichiarato che gli Stati Uniti invieranno nell'area una portaerei, oltre ad altre navi da guerra e aerei militari. Austin ha anche sottolineato che gli Stati Uniti "mantengono le loro forze in allerta in tutto il mondo per rafforzare la deterrenza, se necessario".

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Evangelizzazione

Jack Valero: "Newman mi sembra un santo molto appropriato per l'Assemblea sinodale".

San John Henry Newman, il celebre convertito britannico, è diventato il primo santo del Regno Unito in 300 anni. Il portavoce delle cause di beatificazione e canonizzazione, Jack Valero, ritiene che "Newman piaccia a tutti i tipi di cattolici" e lo considera "un santo molto appropriato per l'Assemblea sinodale". Egli dice a Omnes.

Francisco Otamendi-9 ottobre 2023-Tempo di lettura: 9 minuti

Jack Valero è noto per diverse attività. Ad esempio, è portavoce dell'Opus Dei nel Regno Unito e fondatore di Catholic Voices, un progetto di comunicazione della fede che ha offerto formazione in più di 25 Paesi. Un salto importante verso una maggiore notorietà pubblica, soprattutto in altri Paesi, è avvenuto quando è stato il portavoce della beatificazione del cardinale Newman a Londra da parte di Benedetto XVI e della sua canonizzazione a Roma da parte di Papa Francesco nel 2019.

Nell'intervista rilasciata a Omnes, Jack Valero spiega, tra l'altro, perché ha definito San John Henry Newman "il santo dell'amicizia"; afferma che ha molto da dire al XXI secolo; e dice di trovarlo "un santo molto appropriato per l'Assemblea sinodale, sia perché non abbiamo paura di affrontare qualsiasi questione si presenti, ma anche per studiare sempre tali questioni alla luce dell'insegnamento della Chiesa". In quest'epoca di crescente polarizzazione, mi piace pensare che Newman sia un santo per tutti i gusti, e non perché lo prendiamo con superficialità, ma perché ha sempre qualcosa di importante da contribuire". Passiamo alle domande e alle risposte.

Papa Francesco ha canonizzato il cardinale John Henry Newman nel 2019, mentre Benedetto XVI l'aveva beatificato nel 2010 a Londra. Che cosa sottolinea delle parole dei Papi?

-Sono state due occasioni memorabili con molto da commentare, ma ho notato un chiaro punto di collegamento. Benedetto XVI ha commentato uno dei testi più famosi di Newman: ogni persona è creata da Dio per uno scopo specifico e unico. "Ho la mia missione", scriveva Newman, "sono un anello di una catena, un legame tra le persone". Il Papa FrancescoDall'altro, ha citato un testo in cui Newman spiega che il cristiano ha una pace profonda, silenziosa e nascosta che il mondo non vede. In entrambi i casi, hanno sottolineato l'impatto che ogni cristiano può avere sull'ambiente circostante con la sua vita quotidiana, come aveva fatto lo stesso Newman.

Lei ha svolto un ruolo importante nella causa di Newman e lo ha definito "il santo dell'amicizia". Può commentare questa affermazione?

 -Una cosa interessante di Newman è il numero di amici che ebbe nella sua vita. Quando stava per morire disse ai suoi confratelli dell'Oratorio di seppellirlo con il fazzoletto intorno al collo, donatogli da un mendicante incontrato sulla porta della chiesa dove celebrava la Messa. Poco prima, aveva ricevuto dal Primo Ministro Gladstone una lampada per il suo tavolo da scrittura, perché il Primo Ministro era preoccupato che la vista di Newman si stesse indebolendo con l'età. Era un uomo capace di essere amico di mendicanti e ministri. Quando morì, più di 15.000 persone riempirono le strade di Birmingham e la maggior parte di loro non aveva letto nessuno dei suoi libri. Inoltre, Newman credeva che l'amicizia fosse il modo migliore per trasmettere il Vangelo, da amico ad amico, "cor ad cor loquitur" (un cuore che parla ad un altro), come dice il suo motto cardinalizio.

In questo senso, ha anche detto che Newman ha molto da dire al mondo del XXI secolo e ha fatto riferimento all'essere cristiani coerenti e al ruolo dei laici nella Chiesa. 

-In preparazione alla canonizzazione, abbiamo esaminato i punti in cui il pensiero o l'azione di Newman si collegano alle preoccupazioni delle persone nel XXI secolo. Abbiamo concluso con un elenco di 9 temi. Uno di questi è l'amicizia, come ho appena detto.

Un altro è stato il ruolo dei laici, la cui visione era molto in anticipo sui tempi. Bisogna ricordare che, dopo 300 anni di persecuzioni e discriminazioni, i laici cattolici non venivano educati nelle istituzioni d'élite in cui si formavano i leader del Paese e delle colonie dell'epoca, né nell'istruzione universitaria, e nemmeno nelle scuole secondarie aperte ai cattolici. Newman comprese la necessità di formare al meglio i laici, sia per il loro ruolo nella Chiesa che per la trasformazione del mondo.

Una delle sue citazioni più famose è senza dubbio: "Voglio un laicato che non sia né arrogante, né imprudente nel parlare, né chiassoso, ma che conosca bene la propria religione, che la approfondisca, che sappia da che parte stare, che sappia cosa ha e cosa non ha, che conosca il proprio credo così bene da poterne rendere conto, che conosca la storia così bene da poterla difendere". 

L'idea di dare una formazione approfondita ai laici affinché possano intraprendere da soli progetti di evangelizzazione si concretizzerà solo cento anni dopo, con le nuove realtà ecclesiali che sottolineano l'importanza del ruolo dei laici e con il Concilio Vaticano II.

Nell'assemblea sinodale ci sono voci di stili diversi. Può dirci qualcosa sulla comunione ecclesiale di Newman?

-Una cosa che mi ha colpito nel mio lavoro di preparazione alla canonizzazione è stato il fatto che Newman si rivolge a tutti i tipi di cattolici. Alcuni perché non ha paura di affrontare qualsiasi argomento, per quanto complesso. Altri perché lo affronta sempre in modo pienamente in linea con la dottrina della Chiesa. Mi sembra un santo molto appropriato per l'assemblea sinodale, sia perché non abbiamo paura di affrontare qualsiasi questione che si presenti, ma anche per studiare sempre tali questioni alla luce dell'insegnamento della Chiesa.

In quest'epoca di crescente polarizzazione, mi piace pensare che Newman sia un santo per tutti i gusti, e non perché lo prendiamo superficialmente, ma perché ha sempre qualcosa di importante da offrire.

Che cosa sottolineerebbe della ricerca della verità e della conversione di Newman e di altre conversioni?

-La vita di Newman è la storia della sua ricerca della verità, anche da giovane, con integrità. Nell'ambito del tema della verità, vale la pena ricordare i suoi insegnamenti sulla coscienza, che sono diventati la base di ciò che il Catechismo della Chiesa Cattolica del 1992 dice su questo argomento.

Un momento importante della sua vita è quando, dopo la fine del Concilio Vaticano I, l'ex primo ministro Gladstone scrive che, ora che è stata proclamata l'infallibilità del Papa, i cattolici non sono adatti alla vita pubblica, perché dovrebbero solo seguire le indicazioni del Vaticano. Newman si offre di rispondere alla controversia che ne deriva e scrive un pamphlet di 60 pagine, intitolato alla fine "Lettera al Duca di Norfolk". In esso spiega che i cattolici non seguono ciecamente il Papa, ma seguono la loro coscienza, che è la voce di Dio dentro ogni persona. 

Distinguendo chiaramente tra la voce di Dio e i gusti o le opinioni dell'individuo, spiega che, lungi dall'essere incapaci di contribuire alla vita pubblica, potrebbero in realtà essere i più adatti a farlo se seguono la loro coscienza. Nel resto del pamphlet interpreta molto bene gli insegnamenti dei pontefici del XIX secolo al pubblico britannico liberale e secolarizzato dell'epoca.

È interessante il riferimento a Newman fatto dallo scrittore ateo Aldous Huxley nel suo romanzo distopico "Brave New World" (1932). Qui descrive un mondo in cui gli esseri umani sono fabbricati, vivono costantemente drogati e non possono pensare con la propria testa. Verso la fine del libro, il controllore del mondo Mustapha Mond spiega all'eroe del romanzo che ha rinchiuso alcuni libri perché sono pericolosi, in quanto fanno pensare. Gli mostra dei classici della letteratura e della spiritualità, come il Bibbia e Shakespeare, ma tra questi ci sono anche alcuni scritti del cardinale Newman, allora considerato pericoloso e sovversivo dell'ordine costituito.

Gli insegnamenti di Newman sono stati anche alla base dell'azione politica di molti, tra cui la resistenza antinazista della Rosa Bianca organizzata da Hans e Sophie Scholl e dai loro amici a Monaco nei primi anni Quaranta. Le opere di Newman, appena tradotte in tedesco, ispirarono questi studenti a dare la vita per la verità. Molti politici e persone della vita pubblica oggi riconoscono l'aiuto che gli insegnamenti di Newman sulla coscienza e l'integrità hanno dato loro.

Si sostiene che Newman perse amici e prestigio sociale con la sua conversione, ma aprì la porta a celebrità come Wilde, Benson, Chesterton.....

-Newman ebbe molti amici in diversi periodi della sua vita. Tuttavia, la sua conversione nel 1845 significò la perdita di quasi tutte le sue amicizie e del suo prestigio sociale. Gli amici anglicani con cui aveva trascorso molte ore a discutere di questioni religiose smisero di parlargli. Anche i membri della sua famiglia si separarono da lui (una sua sorella non gli parlò più per il resto della sua vita).

Nel 1864, quando viene accusato di essere un truffatore e di essere stato un cattolico travestito per fare conversioni nella Chiesa anglicana, si difende scrivendo un'autobiografia spirituale basata su lettere e altri documenti che aveva scritto negli anni precedenti la sua conversione. Il libro viene pubblicato con il titolo "Apologia pro vita sua" e contribuisce a farlo comprendere dai suoi contemporanei. Pochi anni dopo, il Trinity College lo riammette tra i suoi studenti. Amico e comincia a recuperare alcune di quelle amicizie di trenta e quarant'anni fa.

La sua conversione gli costò molto cara dal punto di vista sociale, poiché perse tutto, per poi riconquistarlo a poco a poco. Tuttavia, il suo paziente lavoro nel corso degli anni fu essenziale per cambiare l'opinione pubblica sulla conversione al cattolicesimo in Inghilterra. Alla sua morte, nel 1890, il panorama era completamente cambiato, per molti versi grazie alla sua testimonianza e alla sua vita. Nella prima metà del XX secolo c'è tutta una serie di noti convertiti al cattolicesimo in Inghilterra, come Oscar Wilde, Robert Hugh Benson, G. K. Chesterton, Graham Greene... che hanno trovato la porta aperta grazie a Newman.

Riesci a ricordare il miracolo della sua canonizzazione? Melissa Villalobos, avvocato americano che vive a Chicago, e sua figlia Gemma. 

-È molto bello vedere come la devozione a Newman si sia diffusa in tutto il mondo nella seconda metà del XX secolo, soprattutto nei Paesi anglosassoni. Infatti, sia il miracolo per la beatificazione (un diacono permanente di Boston guarito da una malattia alla colonna vertebrale) che quello per la canonizzazione (una madre di Chicago) sono avvenuti negli Stati Uniti.

Melissa Villalobos è madre di sette figli. Il miracolo ha a che fare con la gravidanza e la nascita della sua quinta figlia, Gemma. La gravidanza è stata complicata da un'emorragia interna della placenta, tanto che un giorno ha iniziato a sanguinare senza sosta, mentre era chiusa in bagno senza poter accedere al cellulare. Temeva, prima di tutto, per la vita del bambino che portava in grembo e poi per la propria con una tale perdita di sangue.

A quel punto invocò il Beato Giovanni Enrico, dicendo: "Ti prego, Cardinale Newman, fa' che l'emorragia si fermi! Appena terminata la frase, l'emorragia si fermò. Lo stesso giorno, durante una visita dal medico, questi confermò con un'ecografia che Melissa era inspiegabilmente guarita dalla sua malattia e che la sua placenta non era più lacerata. L'emorragia non si ripeté. Gemma nacque normalmente, così come altri due bambini. È stata una grande gioia che Melissa e suo marito, insieme ai loro sette figli, abbiano potuto partecipare alla canonizzazione a Roma e salutare il Santo Padre.

L'allora Principe Carlo, ora Re Carlo III, durante la canonizzazione ha elogiato Newman come "un grande britannico, un grande uomo di chiesa e ora un grande santo". Commenti?

-Ho avuto la fortuna di poter salutare l'allora Principe Carlo dopo la cerimonia di canonizzazione e mi ha detto che Newman era molto importante per il Paese e non solo per i cattolici. Ciò è stato davvero sottolineato dalla presenza del Principe a quell'evento, e anche dall'articolo che lui stesso ha scritto sul "Times" e sull'"Osservatore Romano" in occasione di quell'evento, intitolato "John Henry Newman, un uomo per il suo tempo e per il nostro".

Dopo aver commentato come Newman possa essere un punto di raccolta per diversi cristiani, nel suo articolo afferma che "coloro che cercano di definire e difendere il cristianesimo sono grati per il modo in cui ha conciliato fede e ragione. Coloro che cercano Dio nonostante il secolarismo e il relativismo schiaccianti trovano in lui un potente alleato. Molti cristiani trovano in lui una costante ispirazione per la devozione personale. E ai suoi tempi, innumerevoli persone, ricche e povere, che cercavano il suo consiglio e il suo aiuto, trovavano in lui un amico. 

Un altro argomento. Lei è il fondatore di Catholic Voices, qual è l'obiettivo principale di Catholic Voices e come si sta sviluppando all'indomani della pandemia??

-Catholic Voices è un progetto di comunicazione che abbiamo avviato nel 2010 con alcuni amici di Londra in preparazione alla visita di Papa Benedetto nel Regno Unito per la beatificazione del cardinale Newman. La visita è diventata controversa perché alcuni intellettuali britannici non volevano che il Papa venisse, o almeno lo Stato non voleva pagare la visita. Questo portò i media, come la BBC e altre emittenti televisive e radiofoniche, a interessarsi alla questione. Vedendo che c'erano pochi cattolici pronti a parlare ai media, abbiamo avviato un programma per formare i laici a comunicare la fede su questioni controverse. Alla fine, la visita di Papa Benedetto è stata un grande successo e anche noi abbiamo potuto contribuire al suo successo, apparendo in oltre 100 programmi televisivi e radiofonici in quei giorni.

Negli anni successivi, l'idea è stata copiata altrove e nel periodo 2011-18 si sono formati gruppi ad hoc in circa 25 Paesi. Alcuni di essi continuano il loro lavoro con i media, ma altri si occupano di formare i laici a comunicare bene nei loro ambienti. Il libro del progetto, "Come difendere la fede senza alzare la voce".è stato pubblicato in sei lingue. Esistono anche corsi online. In spagnolo c'è il Università Austral a Buenos Aires, della durata di 56 ore e già presente in molte edizioni, e un altro più breve (circa 7 ore) con Collegamento cattolicoche sarà lanciato nel 2022.

Le questioni controverse (teoria del gender, omosessualità, matrimonio, aborto, eutanasia, immigrazione...) continuano a emergere nell'opinione pubblica e noi di Catholic Voices vogliamo continuare ad aiutare i cattolici comuni a parlare con fiducia e amore di tutti questi temi con la loro famiglia, i colleghi e gli amici.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cultura

 I demonidi F.M. Dostoevskij. Un viaggio nella "solidarietà" morale

Le idee di Dostoevskij sono incarnate nella letteratura e ci invitano a riflettere su come affrontare la conversazione con molti degli atteggiamenti del nostro tempo.

Juan Ignacio Izquierdo Hübner-9 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

È stato trovato a galla nel lago artificiale di Mosca, legato e con cinque proiettili in corpo. Era uno studente che apparteneva a una cellula terroristica: cinque suoi compagni di classe lo avevano ucciso per paura che li denunciasse.

Dostoevskij venne a conoscenza degli eventi di Dresda e ritenne che il caso nascondesse un problema più profondo: la gioventù russa era perseguitata dalla tentazione del nichilismo e dalla perdita dei valori.... 

Nel romanzo I demoni (1871) accompagniamo Dostoevskij in un viaggio spirituale, qualcosa di simile a un tour di voci che producono diversi tipi di brividi.

I personaggi sono iperbolici e, allo stesso tempo, li riconosciamo nel nostro cuore. Quindi, conoscendoci, conosciamo meglio noi stessi: riscopriamo che siamo capaci di comportarci come angeli o come demoni.

Il rapporto tra la lunghezza e il ritmo della storia mi fa pensare a una molla piuttosto rigida. Nelle prime 300 pagine, l'autore comprime la spirale per presentarci i personaggi e l'ambiente provinciale in cui si muovono.

La pazienza del lettore è messa a dura prova, ma una volta che la molla è scattata del tutto, l'azione esplode e ci si rende conto che l'investimento iniziale ne è valso la pena. Le pagine scorrono, i crimini si susseguono e, prima che ve ne rendiate conto, avete finito di leggere il libro... e siete cambiati per sempre. 

Come riesce a ottenere questo effetto? Il XIX secolo ha visto lo sviluppo della narrazione polifonica nel romanzo, cioè di linee di trama che si evolvono simultaneamente. 

I demoni è un esempio dell'uso di questa risorsa. Se guardiamo bene, questo romanzo potrebbe essere diviso in tre parti. Secondo lo schema di Milan Kundera, potremmo citare: "(1) il romanzo ironico dell'amore tra il vecchio Stavroguin e Stepan Verkhovenski; 2) il romanzo romantico di Stavroguin e delle sue relazioni amorose; 3. il romanzo politica di un gruppo rivoluzionario".

Ciò che unisce queste tre storie sono i personaggi e le loro interazioni reciproche: questo dà coesione all'opera e ne moltiplica la forza espressiva. 

Dostoevskij credeva che noi uomini fossimo molto più uniti tra di noi di quanto pensiamo: in un certo senso tutti i russi del suo tempo erano colpevoli dell'omicidio di Ivanov. Ma questo concetto di solidarietà morale ha perso molto del suo significato tra noi, ed è difficile per noi non considerarlo un'esagerazione.

Come lo capiamo, non è che abbiamo bisogno di essere più coinvolti nei successi e nelle disgrazie degli altri e non ce ne siamo resi conto? Mi viene in mente l'immagine dell'atleta che batte un record di velocità; quando ciò accade, tutti ci rallegriamo che la nostra specie abbia superato quel limite, perché? Forse sentiamo che in qualche modo anch'io sono stato I che ha tagliato quel nastro. Vediamo un caso più eclatante: quando il Figlio di Dio si è fatto uomo, l'intera specie umana è salita su un nuovo gradino della storia. Improvvisamente la nostra natura umana ha avuto accesso all'amicizia con Dio.

In fondo, però, i gradini che portano alla zona del terribile sembrano non avere fondo. Le idee di alcuni e la negligenza di altri influenzano i crimini di chi sta al di là. Allo stesso tempo, e questo è il paradosso, ogni essere umano è libero e responsabile delle proprie azioni.

Le idee di Dostoevskij sono incarnate nella letteratura e ci invitano a riflettere su come affrontare la conversazione con gli atei del nostro tempo. Se Dio non esiste, che autorità ha un capitano, ed è coerente per l'ateo pensare di suicidarsi?

D'altra parte, se Dio esiste, quanto è sorprendente che possiamo amarlo in eterno? In questo romanzo i personaggi affrontano domande estreme e spingono la loro personalità a limiti che sfiorano la follia.

Grazie a questo potente sforzo possiamo imparare qualcosa sulla psicologia e godere di puro intrattenimento. 

L'autoreJuan Ignacio Izquierdo Hübner

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Vaticano

"Stop agli attacchi e alle armi in Israele e Palestina", chiede il Papa

Il Santo Padre ha pregato questa mattina, dopo la preghiera dell'Angelus, per la pace in Israele e Palestina, in Ucraina e in "tanti Paesi del mondo segnati da guerre e conflitti". Ha anche invitato a "rendere grazie", perché "l'ingratitudine genera violenza, mentre un semplice grazie può riportare la pace", ha detto.

Francisco Otamendi-8 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

In questa XXVII domenica di ottobre del Tempo Ordinario, il Papa ha detto di seguire "con apprensione e dolore quanto sta accadendo in Israele, dove la violenza è esplosa ancora più forte, causando centinaia di morti e feriti", e ha espresso "la sua vicinanza alle famiglie delle vittime; prego per loro e per tutti coloro che stanno vivendo ore di terrore e di angoscia". 

"Che gli attacchi e le armi si fermino, per favore, e che si capisca che il terrorismo e la guerra non portano a nessuna soluzione, ma solo alla morte, alla sofferenza di tante persone innocenti. La guerra è una sconfitta, tutte le guerre sono una sconfitta, preghiamo per la pace nel mondo". Israele e Palestina", ha gridato il Papa.

"In questo mese di ottobre, dedicato non solo alle missioni ma anche alla preghiera del Rosario, non stanchiamoci di invocare, per intercessione di Maria, il dono della pace in tanti Paesi del mondo segnati da guerre e conflitti", ha incoraggiato Francesco. Angelus "alla cara Ucraina, che soffre quotidianamente così martirizzata".

Rosari per il Sinodo

Il Pontefice ha anche fatto riferimento all'opera del SinodoHa ringraziato "tutti coloro che seguono e soprattutto accompagnano con la preghiera il Sinodo in corso, un evento ecclesiale di ascolto, condivisione e comunione fraterna nello Spirito. Invito tutti ad affidare i lavori allo Spirito Santo".

Ieri, sabato, festa della Madonna del Rosario, il cardinale Mario Grech, segretario generale del Sinodo, ha presieduto la prima edizione della fiaccolata del Rosario che si terrà ogni sabato sera di ottobre in Piazza San Pietro, un evento che si ripeterà ogni anno. iniziativa della Basilica Vaticana. Il Le meditazioni del Cardinale Grech L'evento di ieri si è concentrato sui misteri gaudiosi del Rosario.

"L'ingratitudine genera violenza.

Pochi minuti prima, nella sua riflessione prima di recitare l'Angelus, il Papa aveva fatto riferimento alla gratitudine, sulla scia del parabola del padrone della vignae i contadini che uccidono il figlio del padrone che viene a chiedere conto. Francesco ha descritto la parabola come "drammatica con un finale triste".

"Il proprietario del vigneto ha fatto tutto bene, con amore (...). La vendemmia avrebbe dovuto concludersi felicemente". Tuttavia, "nella mente dei vignaioli si insinuano pensieri ingrati e avidi", invece della gratitudine. "L'ingratitudine alimenta l'avidità, e cresce in loro un progressivo sentimento di ribellione che li porta a sentirsi creditori anziché debitori".  

Quando non si vive "con la gioia di sentirsi amati e salvati, ma con la triste illusione di non aver bisogno di amore e di salvezza, ci si ritrova prigionieri della propria avidità, del bisogno di avere più degli altri, di voler essere al di sopra degli altri", ha aggiunto il Santo Padre. Nasce allora la violenza, "perché l'ingratitudine genera violenza, ci toglie la pace, mentre "un semplice grazie può riportare la pace".

"So come dire grazie, scusa, scusa?".

Come di consueto, Francesco ha posto alcune domande di verifica. Tra le altre, "mi rendo conto che ho ricevuto la vita in dono e che io stesso sono un dono; credo che tutto comincia con la grazia del Signore; so dire grazie? "Grazie, permesso e per favore sono "segreti della convivenza umana". So come pronunciare queste tre paroline?"; "So come non essere invasivo?", ha chiesto.

Infine, il Papa si è rivolto alla Vergine Maria, "la cui anima magnifica il Signore", affinché "ci aiuti a fare della gratitudine la luce quotidiana del cuore".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Il card. Ouellet ricorda l'urgenza di riscoprire le vocazioni per una Chiesa missionaria

Il Vaticano si prepara al Congresso "Uomo-donna, immagine di Dio. Per un'antropologia delle vocazioni", che si terrà il prossimo marzo.

Giovanni Tridente-8 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

"Una Chiesa sinodale che vuole le vocazioni ha il dovere di essere accogliente nei confronti di tutti i membri della società, ma non può costruire la sua testimonianza sulla sabbia, quindi deve basarsi su un'antropologia saldamente ancorata alla Parola di Dio".

Questa è la riflessione che il Cardinale Marc Ouellet, Prefetto emerito del Dicastero per i Vescovi, parla all'indomani dell'apertura della prima sessione dell'Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, di cui è membro di nomina pontificia.

L'occasione è il prossimo Congresso sulle vocazioni, che si terrà l'1 e il 2 marzo in Vaticano, sul tema: "Vocazioni". "Uomo-donna, immagine di Dio. Per un'antropologia delle vocazioni", insieme al Centro di Ricerca e Antropologia delle Vocazioni (CRAV). Questa iniziativa è la naturale continuazione del precedente Simposio guidato dallo stesso Cardinale nel febbraio 2022 sul tema "....".Teologia fondamentale del sacerdozio". Gli Atti di quelle giornate sono stati appena pubblicati in due volumi in sei lingue, che Ouellet considera il "più grande aggiornamento sul tema del sacerdozio dal Concilio Vaticano II".

Antropologia e Parola di Dio

In un'intervista a Vatican News, il Prefetto emerito del Dicastero per i Vescovi sottolinea l'urgenza di una partecipazione più attiva dei fedeli alla vita della Chiesa, per generare "una comunione ecclesiale più profonda che abbia un impatto sulla missione", come intende riflettere il Sinodo in corso. Ma per raggiungere questa consapevolezza, è essenziale coprire i fondamenti dell'antropologia cristiana "che permettono a tutte le vocazioni di essere costruite sulla Parola di Dio", soprattutto in vista delle sfide poste dal mondo contemporaneo.

"L'esperienza comune delle nostre società secolarizzate è la solitudine, l'individualismo, il consumismo eccessivo, le dipendenze multiple, i suicidi, ecc.", dice Ouellet a Vatican News, "fenomeni che si radicano nella crisi della famiglia, nella scomparsa di validi punti di riferimento, nell'indifferenza globalizzata, nelle ideologie e nella crisi generalizzata della speranza".

Ragioni per vivere

Vanno quindi rilanciate tutte quelle opportunità che possono fornire "punti di riferimento sulla vocazione umana", insieme a motivi "per vivere e anche per soffrire al servizio dell'Amore". "La visione cristiana dell'uomo e della donna promuove, dunque, il dono di sé come via per la felicità, la realizzazione di sé nel servizio e nella comunione con gli altri, in un orizzonte di solidarietà e fraternità con tutta l'umanità", ha aggiunto il Prefetto emerito del Dicastero per i Vescovi.

Il formato delle giornate di riflessione sulla vocazione sarà accademico e scientifico, con la presenza di studiosi ed esperti internazionali, ma sono aperte a tutti. In particolare, mirano a offrire "una visione molto attuale per gli educatori e i formatori in tutti gli ambiti della formazione cristiana, comprese, naturalmente, le famiglie".

Si svolgeranno nell'Aula del Sinodo in Vaticano. Il precedente Simposio sul sacerdozio ha visto la partecipazione di circa 700 persone.

CRAV

Il Centro di ricerca e antropologia delle vocazioni, indipendente dalla Santa Sede, è stato fondato nel novembre 2020 dal cardinale Ouellet con il sostegno di un forte consiglio scientifico internazionale.

Il suo scopo è quello di promuovere e sostenere qualsiasi azione di ricerca delle scienze sociali sulle vocazioni all'interno della società in senso ampio e in tutti i suoi settori, siano essi istituzioni laiche o religiose.

Situato in Francia, il Centro di ricerca svolge attività di ricerca accademica internazionale, organizza eventi per alimentare questa ricerca e diffonderne i risultati, forma o assicura pubblicazioni.

Cultura

Nostra Signora di Campione, l'apparizione della Madonna negli USA

L'unica apparizione approvata dalla Chiesa negli Stati Uniti ha avuto luogo nel Wisconsin nel XIX secolo. Da allora, molti fedeli si sono recati nella zona di Champion per ricevere le grazie della Vergine Maria.

Paloma López Campos-8 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

A metà del XIX secolo, la Vergine Maria apparve a un'immigrata belga di nome Adele Brise. Fu allora che la storia di Nostra Signora di Campione iniziò a svilupparsi. Adele si era trasferita a Stati Uniti con i suoi genitori e da anni desiderava dedicarsi all'educazione dei bambini.

Un giorno, mentre camminava, incontrò una donna vestita di bianco. Durante l'incontro non furono scambiate parole, ma Adele si spaventò. Dopo aver parlato con i genitori, giunse alla conclusione che le era apparsa un'anima in pena.

Qualche giorno dopo, mentre si recava a Messa con la sorella e un'amica, vide di nuovo l'apparizione. I suoi compagni non si accorsero di nulla e Adele consultò un sacerdote, cercando di capire cosa stesse succedendo. Il sacerdote le suggerì di provare a parlare con la donna se l'avesse rivista.

Dopo la celebrazione della Messa, Adele incontra nuovamente l'apparizione. Seguendo il consiglio del sacerdote, Adele chiese: "In nome di Dio, chi sei e cosa desideri da me? La donna vestita di bianco rispose: "Sono la Regina del Cielo, che prega per la conversione dei peccatori, e desidero che tu faccia lo stesso". Inoltre, affidò alla veggente un'altra missione: "Raduna i bambini di questo paese selvaggio e insegna loro ciò che devono sapere per essere salvati".

Adele Brise obbedì alla Vergine Maria e portò a termine il suo incarico. Dedicò il resto della sua vita all'educazione dei più piccoli. All'inizio, percorreva a piedi i villaggi e si offriva di educare i bambini delle persone che vivevano nel territorio. In seguito, insieme ad altre donne, aprì una scuola. Formò anche una comunità del Terzo Ordine di San Francesco, anche se non prese mai i voti come suora.

Adele muore il 5 luglio 1986. La devozione alla Vergine Maria si diffuse e il padre della veggente costruì il primo santuario. L'edificio attuale è stato eretto nel 1942 ed è stato nominato santuario nazionale dalla Conferenza episcopale degli Stati Uniti il 15 agosto 2016.

Per saperne di più sulla storia, sulle usanze mariane in Wisconsin e sulla devozione alla Vergine Maria, Omnes ha intervistato Chelsey Hare, direttrice delle comunicazioni dell'Associazione per il culto della Madonna. santuario.

Cosa ci può dire della sensitiva Adele Brise?

- Adele Brise era un'immigrata belga che ha vissuto una vita gioiosa e fedele. Da bambina, in Belgio, Adele fece la promessa di servire la Beata Vergine insieme alle suore che l'avevano aiutata a ricevere la prima Comunione - in un luogo chiamato Champion, in Belgio.

Questa promessa sembrava irrealizzabile quando la sua famiglia decise di emigrare negli Stati Uniti. Lei e la sua famiglia si stabilirono vicino a Green Bay, nel Wisconsin, e dedicò la sua vita a garantire la sopravvivenza della famiglia.

Mentre Adela camminava lungo un sentiero nel bosco, incontrò la Regina del Cielo tra gli alberi. La Madonna le apparve tre volte e, nell'ultima apparizione, le diede un messaggio in cui le chiedeva di radunare i bambini e di insegnare loro ciò che dovevano sapere per la salvezza: il catechismo, come firmarsi con la croce e come accostarsi ai sacramenti.

La promessa che Adele aveva fatto da ragazza in Belgio si è realizzata in America. Mentre Adele prometteva di servire la gente di Champion, in Belgio, la Madonna le è apparsa e le ha chiesto di servire a Champion, nel Wisconsin, dimostrando a tutti noi che la nostra vocazione può essere vissuta ovunque ci troviamo.

Come viene celebrata la festa nel santuario di Nostra Signora di Campione?

- La solennità di Nostra Signora di Campione viene celebrata nel parco del santuario nazionale ogni 9 ottobre, anniversario della seconda e terza apparizione della Beata Vergine Maria ad Adele Brise.

Il giorno della solennità invita i fedeli di tutto il Paese e del mondo a partecipare all'onore della "Regina del Cielo" apparsa a Champion, nel Wisconsin. Vescovi e sacerdoti si riuniscono per celebrare la Messa. I pellegrini hanno l'opportunità di visitare la cappella e l'oratorio dell'apparizione per chiedere l'amorevole intercessione di Nostra Madre.

La Messa è celebrata dal vescovo della diocesi di Green Bay, dove si trova il santuario. L'attuale vescovo della diocesi di Green Bay, Mons. David L. Ricken, è colui che ha approvato le apparizioni come "degne di fede" da parte dell'autorità della Chiesa cattolica.

Altare centrale del santuario (Copyright: Santuario Nazionale di Nostra Signora di Campione)

Cosa significa che questa è l'unica apparizione della Madonna negli Stati Uniti accettata dalla Chiesa fino ad oggi?

- Il Santuario Nazionale di Nostra Signora di Campione conserva il luogo sacro della prima e unica apparizione mariana approvata dalla Chiesa negli Stati Uniti. È un santuario per coloro che cercano conforto, guarigione e pace nella loro vita quotidiana.

Ci sono molti bellissimi luoghi di apparizione mariana in tutto il mondo, da Guadalupe a Lourdes a Knock. Averne uno in particolare nel cuore del Midwest è un invito per i fedeli degli Stati Uniti (e del mondo) a recarsi in pellegrinaggio in questo luogo santo per incontrare la bellezza della Madonna e, in definitiva, l'amore di Nostro Signore.

Quale procedura è stata seguita per ottenere l'approvazione della Chiesa?

- Il compito di approvare le apparizioni spetta al vescovo della diocesi in cui si è verificata l'apparizione. Il reverendissimo David L. Ricken, vescovo di Green Bay, ha aperto un'indagine ecclesiastica formale sulle apparizioni mariane avvenute nel 1859 nel sito del santuario. La commissione ha esaminato le informazioni storiche sulle apparizioni, la vita di Adele e la loro coerenza con la rivelazione pubblica della Chiesa cattolica. Nel dicembre 2010, le apparizioni sono state approvate come degne di fede dal vescovo Ricken.

Come viene vissuta la devozione alla Vergine Maria in Wisconsin?

- Il Wisconsin ha una bellissima devozione alla Beata Vergine Maria. Lo Stato ospita tre noti e bellissimi santuari dedicati alla Madonna: il Santuario di Nostra Signora di Guadalupe a La Crosse, il Santuario Nazionale di Maria Ausiliatrice fuori Milwaukee e il Santuario Nazionale di Nostra Signora di Champion a Champion.

Oltre ai bellissimi luoghi di pellegrinaggio dello Stato, ogni anno migliaia di pellegrini a piedi visitano il Wisconsin per partecipare all'annuale "Marcia verso Maria". Questo pellegrinaggio di 21 miglia inizia al Santuario Nazionale di San Giuseppe e termina al Santuario Nazionale di Nostra Signora di Champion. L'anno scorso, più di 7.500 pellegrini si sono recati sul terreno del santuario di Champion per l'evento. È un esempio illuminante di devozione alla Madonna.

Come aiutare le persone a distinguere tra una devozione genuina e una mera superstizione?

- Molte persone vengono al santuario in cerca di guarigione, fisica o spirituale. Che si verifichi o meno un miracolo nel modo in cui ci si aspettava in quel momento, i pellegrini se ne vanno con una pace interiore che li incoraggia ad andare avanti, o con la grazia del perdono concesso attraverso il sacramento della riconciliazione. La conversione di un'anima è il miracolo più grande che possa accadere.

Incoraggiamo tutti i pellegrini a venire al santuario con una preghiera o un'intenzione nel cuore e a tenere le mani aperte a qualsiasi cosa sia la volontà del Signore. La nostra Madre fa perfettamente la volontà del Padre e le sue preghiere ci aiuteranno sempre a raggiungere la meta finale: l'unione con Cristo.

Ci sono stati miracoli della Madonna di Campione e ce ne può parlare?

- Sebbene il santuario abbia ricevuto molti resoconti di grazie ricevute dai pellegrini che vi si recano, nessuno è stato ufficialmente indagato e dichiarato miracolo dalla Chiesa. Alcuni di questi resoconti di grazie ricevute possono essere trovati su https://championshrine.org/graces-received/.

Cappella dell'Apparizione (Copyright: Santuario Nazionale di Nostra Signora di Campione)
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Dall'inverno alla primavera

Il rinascimento demografico, di cui c'è urgente bisogno in gran parte del mondo, deve essere accompagnato da un impegno alla solidarietà, da un reale cambiamento culturale e da politiche efficaci.

8 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Metà inverno. Che sia giugno, novembre o gennaio, due terzi della popolazione mondiale vive in aree in cui la mancanza di nascite minaccia la persistenza dei sistemi economici, di prestito e di assistenza. Questo è ciò che gli esperti hanno chiamato inverno demografico

Affrontare la cosiddetta questione demografica richiede una visione priva di riduzionismi, che riconosca le differenze socio-culturali, di sviluppo e politiche delle diverse aree del mondo e, allo stesso tempo, rilevi i problemi reali che la mancanza di ricambio generazionale comporta, non solo nella sfera economica, ma soprattutto in quella sociale. 

Il rinascimento demografico, di cui c'è urgente bisogno in gran parte del mondo, deve essere accompagnato da un impegno di solidarietà che unisca le nazioni che ancora soffrono per i flagelli della mortalità infantile, della mancanza di accesso ai beni di base e dell'analfabetismo.

L'invecchiamento dell'Occidente si accompagna non solo alla necessità di ristrutturare il sistema economico-sociale e sanitario, ma anche e soprattutto all'aumento di situazioni come la solitudine, lo scompenso psico-affettivo e l'accentuazione della sensazione di mancanza di speranza sociale.

È necessario, come sottolineano i diversi esperti, un cambiamento di cultura, una rivoluzione della famiglia, che rinnovi le strutture sociali e sostituisca il pensiero individualista e a breve termine dei nostri tempi con una situazione di fiducia e di sicurezza che favorisca la fine di questa inverno demografico

Una corsa a distanza che forse non arriverà in tempi brevi come auspicato, ma che appare urgente per realizzare un futuro reale e sostenibile nel mondo. Nelle parole di Papa Francesco all'apertura dei terzi Stati Generali della Nascita: "È necessario preparare un terreno fertile per far sbocciare una nuova primavera e lasciarsi alle spalle questo inverno demografico"..

Accanto a questa realtà, la Chiesa vive questo mese in attesa degli sviluppi della Prima Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi a Roma. Un'assemblea in cui verranno introdotti alcuni cambiamenti organizzativi e procedurali che, senza intaccare l'essenza di nessun Sinodo, indicano un nuovo modo di agire all'interno della Chiesa che deve coinvolgere tutti i fedeli. 

Anche il deserto o l'inverno in cui la Chiesa sembra vivere attualmente ha bisogno di una nuova fioritura in cui la fedeltà allo Spirito Santo, l'apertura agli altri e la forza di rispondere, come cristiani coerenti, alle sfide che ci riguardano siano le guide della vita cristiana, sia personale che comunitaria.

Nel panorama reale e freddo di questi inverni, tuttavia, c'è la promessa di una futura primavera i cui semi rimangono responsabilità di ognuno di noi.

L'autoreOmnes

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Vaticano

Sinodo e comunicazione. Informazione rapida e ascolto come priorità

I giornalisti non avranno accesso alle riunioni del Sinodo perché "la notizia è nel modo in cui un'istituzione grande come la Chiesa si concede un momento di discernimento comune nel silenzio".

Antonino Piccione-7 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

"In questo Sinodo - anche per dare spazio allo Spirito Santo - c'è la priorità dell'ascolto, c'è questa priorità". Lo ha ricordato il Papa nel suo saluto all'apertura della prima Congregazione generale in Aula Paolo VI. 

Il Papa ha dedicato l'ultima parte del suo saluto al lavoro che, secondo lui, i membri dell'assemblea e i comunicatori devono fare prima di questo sinodo.

Ai partecipanti al Sinodo, il Papa ha detto: "Dobbiamo dare un messaggio agli operatori della stampa, ai giornalisti, che fanno un lavoro molto bello, molto buono. Dobbiamo dare proprio una comunicazione che sia un riflesso di questa vita nello Spirito Santo. Abbiamo bisogno di un'ascesi - scusate se mi rivolgo ai giornalisti in questo modo - un certo digiuno dalla parola pubblica per custodire questo. E qualsiasi cosa venga pubblicata, che sia in questo clima. Qualcuno dirà - lo stanno dicendo - che i vescovi hanno paura e per questo non vogliono che i giornalisti parlino. No, il lavoro dei giornalisti è molto importante. Ma dobbiamo aiutarli a dire questo, a camminare nello Spirito. E più che la priorità di parlare, c'è la priorità di ascoltare". 

Quanto ai professionisti dei media, ha detto: "Chiedo ai giornalisti di far capire questo, perché sappiano che la priorità è ascoltare". Il Papa ha aggiunto che "circolano alcune ipotesi su questo Sinodo: 'cosa faranno', 'forse il sacerdozio per le donne'; non so, sono cose che si dicono fuori. E spesso si dice che i vescovi hanno paura di comunicare quello che sta succedendo. Quindi vi chiedo, comunicatori, di svolgere bene il vostro ruolo, in modo corretto, affinché la Chiesa e le persone di buona volontà - gli altri diranno quello che vogliono - capiscano che nella Chiesa c'è anche la priorità dell'ascolto".

Il Papa e i comunicatori

A fine agosto, Francesco, ricevendo il premio "È il giornalismo", aveva rilanciato "l'urgenza di una comunicazione costruttiva, che favorisca la cultura dell'incontro e non dello scontro; la cultura della pace e non della guerra; la cultura dell'apertura all'altro e non del pregiudizio". Il Papa ha messo nuovamente in guardia dai "peccati del giornalismo": disinformazione, calunnia, diffamazione e coprofilia.

"Per favore, non cediamo alla logica della contrapposizione, non lasciamoci condizionare dal linguaggio dell'odio", ha detto il Pontefice. Con un appello a coltivare il principio di realtà, che è sempre "superiore all'idea". Per non correre il rischio che "la società dell'informazione diventi la società della disinformazione". 

Riferendosi al Sinodo sulla sinodalità, il Papa ha osservato che "la Chiesa di oggi offre al mondo, un mondo così spesso incapace di prendere decisioni, anche quando è in gioco la nostra stessa sopravvivenza".

Stiamo cercando di imparare un nuovo modo di vivere le relazioni, di ascoltarci l'un l'altro per sentire e seguire la voce dello Spirito", ha detto Francesco, "abbiamo aperto le nostre porte, abbiamo offerto a tutti l'opportunità di partecipare, abbiamo tenuto conto delle esigenze e dei suggerimenti di tutti. Vogliamo contribuire insieme a costruire una Chiesa dove tutti si sentano a casa, dove nessuno sia escluso. Quella parola del Vangelo che è così importante: tutti. Tutti, tutti: non ci sono cattolici di prima, seconda o terza classe: no. Tutti insieme. Tutti insieme. Tutti insieme. Questo è l'invito del Signore... Per questo oso chiedere a voi, maestri del giornalismo, un aiuto in questo: aiutatemi a raccontare questo processo per quello che è veramente, uscendo dalla logica degli slogan e delle storie prefabbricate".

Il "digiuno informativo" al Sinodo

"Fermatevi. Ascoltate voi stessi. È una sfida che merita di essere raccontata. È la prima novità di questo Sinodo". Lo ha ribadito Paolo Ruffini, Prefetto del Dicastero per la Comunicazione e Presidente della Commissione per l'Informazione dell'Assemblea, nel corso del briefing con i giornalisti, che si è svolto giovedì 5 ottobre presso la Sala Stampa della Santa Sede.

"Gli altri membri della Commissione per l'informazione saranno eletti lunedì mattina", ha detto il prefetto. "Ieri avete potuto seguire la prima giornata nella sua interezza", ha detto ai giornalisti. "Oggi, come sapete, sono iniziati i circoli minori, che per loro natura fanno parte di quei momenti che devono essere preservati nella loro riservatezza".

"Il Papa ci ha spiegato perché", ha ricordato il prefetto: "Per dare priorità all'ascolto degli altri e dello Spirito Santo. Fare una pausa nel frastuono in cui siamo immersi. Discernere, digiunando dalla parola pubblica".

Questo digiuno non implica che non ci sia nulla da scrivere", ha detto Ruffini ai giornalisti. In ogni caso, la notizia è qui. In questa sospensione del tempo. In questo silenzio a suo modo assordante perché totalmente diverso dalla routine della parola pubblica, abituata allo stereotipo della replica".

In realtà, per Ruffini, "la notizia è nel modo in cui un'istituzione grande come la Chiesa si concede un momento di discernimento comune nel silenzio, nell'ascolto, nella fede, nella comunione e nella preghiera. La novità è in questo digiuno, in questa pausa".

Il Sinodo, ha aggiunto rispondendo a una domanda, è "un corpo", è "un'esperienza di condivisione" che vuole "prendersi il tempo per discernere". Il cammino sinodale continuerà nel discernimento e non c'è bisogno di aspettare le decisioni perché siamo "a metà strada", in "un processo che assicura che tutti possano presentare il loro punto di vista" e "raggiungere un consenso nella comunione".

Per il Prefetto del Dicastero per la Comunicazione, il discernimento è dunque il criterio guida della riflessione sinodale, a partire dalla domanda principale: "A partire dal cammino della Chiesa locale da cui ciascuno di noi proviene e dai contenuti della Instrumentum laboris, Quali segni distintivi di una Chiesa sinodale emergono più chiaramente e quali devono essere riconosciuti, sottolineati o approfonditi con maggiore chiarezza?

Ci sono 8 "punti per la preghiera e la riflessione preparatoria". La capacità di imparare ad ascoltare come caratteristica di una Chiesa sinodale è al centro della quarta traccia. Con una domanda su quali risorse si possiedono e quali mancano.

In sostanza: come può la capacità di ascolto diventare una caratteristica sempre più riconosciuta e riconoscibile delle nostre comunità?

L'autoreAntonino Piccione

Cultura

Pedro Cano: "Evoco il dramma umano, ma anche la generosità".

Il pittore spagnolo Pedro Cano riflette come pochi altri il dolore e la sofferenza (Aleppo, Kiev, Marocco, vita quotidiana) e la migrazione, ma anche il superamento umano e la solidarietà. L'artista di Murcia, che ha una particolare predilezione per l'Italia, è stato insignito del premio 2022 Medaglia d'oro al merito delle belle arti e ora mostre a Madrid.

Francisco Otamendi-7 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Pedro Cano (Blanca, Murcia, 1944) potrebbe essere definito un esperto di umanità. Perché forse vede dove gli altri non vedono, e noi abbiamo bisogno della arte. Ora, questo pittore universale ha inaugurato la mostra "Sette".visitabile fino al 22 ottobre presso la Centro culturale Casa de Vacassituato nel Parco El Retiro di Madrid. 

Allo stesso tempo, il pittore e accademico Cano, in attesa di ricevere dal Re e dalla Regina di Spagna la Medaglia d'oro al merito delle Belle ArtiTornerà a Roma a novembre con una mostra sui teatri greci e romani, e parteciperà anche "a una cosa enorme" che verrà fatta su Calvino scrittore. Non si ferma davvero. 

Tra le sue numerose esposizioni figurano le Escuderías di Palazzo Vecchio a Firenze, le Terme di Diocleziano, i Mercati di Traiano e la Galleria Giulia a Roma, il Palazzo Reale di Napoli, il Museo Archeologico di Salonicco, la Fondazione Stelline a Milano, la Sala de Veronicas a Murcia e la Casa de la Panaderia a Madrid. È inoltre membro effettivo del Accademia Reale de Bellas Artes de Santa María de la Arrixaca, o un membro della Accademia Pontificia delle Belle Arti e delle Lettere dei Virtuosi del Pantheon. 

La collezione della Casa de Vacas comprende sette trittici in bianco e nero (composti da 21 dipinti a olio su tavola), oltre a disegni e materiale proveniente dallo studio dell'artista.

"Seven" è il risultato di annotazioni improvvisate in piccoli appunti scritti o disegnati da Pedro Cano nel corso di molti anni, che hanno finito per diventare un ciclo pittorico completo intorno ai grandi temi dell'essere umano. La conversazione con Pedro Cano si svolge presso la mostra nel Retiro di Madrid.

La sua pittura ha una sfumatura catturante e struggente.

-La sofferenza, l'ingiustizia, il dolore, la necessità di abbandonare la propria terra e la propria famiglia in cerca di un futuro migliore... sono realtà così strazianti che mi hanno sempre commosso e che ho cercato di catturare nelle mie opere come appello alla consapevolezza e alla solidarietà umana. Ma non cerco solo di evocare il dramma, ma anche lo spirito di auto-miglioramento e di generosità che è insito negli esseri umani di fronte ai grandi problemi. Mi piace esprimere quell'ottimismo, quella speranza che ritorna e si ravviva quando contempliamo che la vita si fa sempre strada.

Cosa è successo a Bari?

-Nel 1991 rimasi particolarmente colpito dall'arrivo, in condizioni disumane, di oltre diecimila migranti albanesi nel porto italiano di Bari. Quella situazione disperata e drammatica mi colpì a tal punto da ispirarmi alcuni appunti e schizzi che, qualche tempo dopo, ho catturato nelle opere che oggi compongono questa mostra. 

Questo è materiale di 30 anni fa. Io, dai giornali e dalla televisione di 30 anni fa, ho fatto questi disegni, mi piaceva metterli su. Perché ce n'è uno, qui all'inizio, che ha persino un giornale incollato sopra. È una storia molto cruda, perché non c'erano mai state così tante persone come quelle, e non sapevano cosa farne. Li hanno messi in uno stadio di calcio e si sono aiutati a vicenda.

Questa collezione di Madrid ha un messaggio. 

-La mostra sembra fatta apposta per questo momento, per la situazione che sta vivendo il mondo, dove, oltre alle guerre, ci sono vulcani che esplodono, tsunami in arrivo, terremoti... Ma molti di questi disegni risalgono a sei anni fa, non sono stati fatti per quello che stiamo vedendo ora.

In ogni caso, la proposta di qui, della Casa de Vacas, prima da parte della direttrice, Lola Chamero, mi è sembrata molto importante, e di Murcia, la comunità autonoma, perché l'anno scorso hanno chiesto la Medaglia d'Oro al Merito delle Belle Arti, volevano fare una mostra. Abbiamo approfittato di entrambe le cose, ed è stato pubblicato un bellissimo catalogo, ora, ex profeso, l'altro ieri lo hanno portato.

La persona umana, la migrazione e la sua sofferenza sono essenziali per voi...

-Penso che la mostra, al di là di tutto il dolore che c'è, di tutta l'angoscia, sia...; cose come le biciclette, per esempio, o quegli interni con le figure femminili, parlano di molte altre cose, della memoria dell'essere umano, di come le cose drammatiche possano rimanere nella tua testa, le cose più belle, e che tu le abbia lì; io le tiro fuori per poter dipingere, per andare avanti, perché mi piace avere la componente umana, è molto importante per me che le figure, in qualsiasi modo, appaiano.

Guardate, ad esempio, quel piccolo lavoro, che è come uno sfratto, le persone che hanno tutta quella casa per strada, e dormono, aspettano, non sapendo cosa potrebbe accadere da un giorno all'altro. 

La guerra è sullo sfondo dei suoi dipinti?

-Vi dirò qualcosa di curioso sull'ultimo lavoro. Perché qui ci sono cose che appartengono ad Aleppo (Siria), all'Ucraina... Ma la cosa curiosa è lo sfondo. La base è una foto che ho trovato della Prima Guerra Mondiale, di Kiev, per far riflettere, per far pensare che qualcosa che è successo cento anni fa sta accadendo di nuovo. 

C'è un trittico di dipinti che si distingue dagli altri, secondo lei: cosa vuole dirci?

-Una persona che aiuta un'altra. Questo è essenziale. Altre vite portano pesi umani, solidarietà ed eroismo che si ripetono ogni giorno in luoghi che fino a poco tempo fa erano scenari di vita ed equilibrio quotidiano. Immaginiamo ora la popolazione del Marocco, ad esempio. Lo abbiamo visto in questi giorni, e questa immagine è vecchia come sette anni fa.

In olio, giusto?

-È olio, ma a volte con sabbia o pigmento, in modo da avere un po' più di corpo. Attesa, Gioco, Interno, Salto, Trasporto, Biciclette e Lavoro sono i nomi dei sette trittici che compongono questa mostra. 

Rifletti l'atteggiamento di attesa..., è duro e abituale.

-Le persone aspettano di raggiungere un mondo migliore. Nessuno lascia la propria casa per divertimento. Le persone che vengono qui sono tormentate dalla fame, dalle difficoltà, dal dover vivere. L'ho messo lì apposta.

Concludiamo con i Musei Vaticani. Quell'abbraccio...

-Il dipinto su Giovanni Paolo II e il cardinale Wizinsky nei Musei Vaticani è nato perché all'epoca stavo dipingendo abbracci e ho pensato che potesse funzionare molto bene con questa storia, che è accaduta nella vita reale. Si trova di fronte a due Dalí, e di fronte c'è una scultura molto bella di Chillida. Un'ottima compagnia".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Il Papa sul Sinodo: "Non è una battaglia ideologica".

Rapporti di Roma-6 ottobre 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

È iniziata l'Assemblea ordinaria del Sinodo dei vescovi dedicata alla sinodalità. Prima dell'inizio delle sessioni, nella Messa di apertura, il Papa ha invitato a cambiare mentalità.

Il Sinodo si sta svolgendo in un clima di evidente tensione per i dubbi espressi da diversi cardinali che hanno chiesto al Papa di chiarire se questa assemblea cambierà la dottrina della Chiesa su temi come il sacerdozio femminile o l'atteggiamento verso gli omosessuali.


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Cultura

I Collegi Pontifici di Roma. Formazione e familiarità con la Chiesa e il Papa.

Roma ospita 27 collegi pontifici di varie nazioni dove gli studenti vivono e completano i loro studi di teologia e filosofia.

Hernan Sergio Mora-6 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Teologia e filosofia possono essere studiate con ottimi risultati in qualsiasi parte del mondo, mentre nella capitale italiana ci sono 27 Collegi Pontifici di diversi Paesi che insegnano queste materie, non con contenuti diversi, ma in istituzioni che hanno una serie di caratteristiche particolari.

Questi collegi romani, oltre ad avere accesso alle importanti e prestigiose università che esistono nella Città Eterna, come la Gregoriana, l'Urbaniana, la Lateranense, Santa Croce, la Salesiana, l'Angelicum e molte altre, permettono ai loro residenti di familiarizzare con la sede del papato: la Città Eterna, il Vaticano, la Santa Sede e il Santo Padre stesso.

Inoltre, incoraggiano l'apprendimento della lingua italiana, che attualmente si sta affermando come lingua universale della Chiesa cattolica, proprio come il latino in ambito liturgico.

I primi collegi o seminari sono documentati in tempi molto remoti, come ad esempio nel periodo del Almo Collegio Capranica La prima fu istituita nel 1417, e altre più recenti sono state create per seminaristi o chierici provenienti da Paesi diversi con la stessa lingua, in modo che potessero risiedere e studiare lì, e persino ottenere un titolo accademico.

Tra i collegi pontifici si annoverano il Collegio Spagnolo, il Collegio Nord America, su Pio Brasilianoil Pio latino-americano, il Pio messicano, il Armeno o il Irlandese.

Oltre ai 27, vi sono i seminari romani e tra i più recenti il Colegio Sacerdotal Argentino fondato nel 2002, da cui si evince che l'obiettivo è "aiutare gli studenti ad approfondire la loro formazione permanente come sacerdoti, secondo le linee indicate nell'esortazione apostolica Pastori Dabo Vobis di San Giovanni Paolo II". E aggiungono che "in questi 20 anni sono passati dal Collegio più di 100 sacerdoti provenienti da 31 diocesi del Paese".

Gli studi possono durare sei anni, di cui due di filosofia, quattro di teologia, più corsi di liturgia, diritto canonico, Bibbia e altri, come archeologia e storia della Chiesa, che a Roma trovano eccezionali vestigia storiche. Per quanto riguarda le lauree in Sacra Scrittura, si possono ottenere soddisfacendo i requisiti dell'Istituto Biblico.

Il Pontificio Collegio Pio Latino Americanofondata nel 1858, esiste da più di 160 anni e i suoi responsabili spiegano che è destinata "alla formazione di sacerdoti studenti di tutte le diocesi dell'America Latina che desiderano fare studi specialistici a Roma e prepararsi a servire meglio le loro rispettive diocesi, il Celam e la Chiesa universale".

Papa Francesco rivolgendosi a loro il 20 novembre 2022, ha dettoo: "il Collegio Pio Latino Americano è nato come un impegno che unisse tutte le nostre Chiese particolari e allo stesso tempo le aprisse alla Chiesa universale di Roma e da Roma".

Padre Gilberto Freire S.J., rettore dell'Università di San Paolo. Scuola di spagnolo notato in un Intervista a Vaticannews l'importanza della formazione: "La crescita umana, spirituale, intellettuale e pastorale è accompagnata da ognuno di noi e cerchiamo di dare loro l'esperienza di essere formati in un ampio orizzonte di collaborazione ecclesiale".

Uno dei momenti più "dolorosi" per il Collegio Pio Latino Americano è stata la creazione a Roma di un nuovo Collegio per gli studenti messicani che costituivano la maggioranza del Pio Latino Americano, soprattutto in periodi difficili, come durante la Rivoluzione del 1910 e durante la Persecuzione Religiosa dal 1919 al 1940.

La maggior parte degli studenti non era quindi più al Pio Latino, che aveva appena costruito un nuovo edificio per 320 studenti. Oggi il Pontificio Collegio Seminario Messicano (PCSM), istituzione ecclesiastica di diritto pontificio, esiste da 50 anni.

Il Rettore della Pontificio Collegio MessicanoJuan Jesús Priego Rivera ha spiegato a un giornale messicano che "tutti i sacerdoti diocesani aztechi che vanno a Roma per studiare una specialità risiedono lì". Ha specificato che si svegliano "alle cinque o alle cinque e mezza del mattino, perché alle sei devono partecipare alla messa; alle sette (...) viene servita la colazione e alle sette e mezza o alle otto i sacerdoti partono per le università".

È un itinerario di crescita quello proposto dai Pontifici Collegi, che ha avuto la sua prima assemblea generale il 24 novembre 2021, quando il Associazione dei Rettori dei Collegi Ecclesiastici di Roma con l'elezione delle nuove autorità che coordineranno le attività e rappresenteranno i rettori associati.

"Se si vuole che abbia un futuro fecondo, la sua custodia non può limitarsi al mantenimento di ciò che è stato ricevuto: deve essere aperta a sviluppi coraggiosi e, se necessario, inediti. È come un seme che, se non lo si semina nel terreno della realtà concreta, rimane solo e non porta frutto".

L'autoreHernan Sergio Mora

Cinema

Il film consigliato questo mese: Il suono della libertà

L'impressionante storia di Timothy Ballard e della sua lotta contro il traffico di bambini è la storia di Sound of freedom. Una produzione che non lascia indifferenti.

Patricio Sánchez-Jáuregui-6 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

L'uscita nelle sale spagnole di Sound of Freedom e Gravity Falls, una serie immaginaria sulle nazioni di due fratelli, sono al centro delle raccomandazioni audiovisive di questo mese.

Il suono della libertà

Il suono della libertà è diventato un successo silenzioso che ha raggiunto la vetta del box office con poco marketing. È un viaggio emozionante e illuminante che lascia un segno indelebile nel cuore e nella mente. Una testimonianza della forza dello spirito umano e dell'incrollabile determinazione a rendere giustizia a chi non ha voce.

Il film ruota attorno alla La vera storia di Tim Ballard (interpretato da Jim Caviezel), un ex agente governativo che si imbarca in un viaggio pericoloso per salvare i bambini catturati dal traffico di esseri umani.

Pur non lasciando nessuno indifferente e nonostante la rappresentazione di un dramma reale di proporzioni disastrose, non si può negare che la sobria interpretazione di Caviezel, così come l'eroismo reale di Timothy Ballard e di coloro che lo hanno aiutato, infondano nel pubblico un senso di ottimismo.

Il suono della libertà

DirettoreAlejandro Gómez Monteverde
ScritturaRod Barr, Alejandro Monteverde
Attori: Jim Caviezel, Mira Sorvino Bill Camp
Piattaforma: Cinema

Gravity Falls

Gravity Falls è una serie televisiva leggera e senza pretese che segue due fratelli, i gemelli Dipper e Mabel, due ragazzi di città mandati a trascorrere l'estate con il loro vecchio prozio Stan (alias Grunkle Stan) a Gravity Falls, in Oregon.

Ben presto si renderanno conto che Gravity Falls non è una normale località di villeggiatura, ma un luogo strano e meraviglioso, che ospita ogni creatura e ogni strano fenomeno immaginabile, dagli gnomi ai portali temporali ai waffle quantici.

La serie ha 2 stagioni e 41 episodi, è stata pluripremiata, doppiata e tradotta dai migliori attori ed è un buon intrattenimento per tutti i tipi di pubblico.

Gravity Falls

Direttore: Alex Hirsch
ScrittoreSimon Kelton, Sean Macaulay
Attori: Taron Egerton, Hugh Jackman, Tom Costello
Piattaforma: Disney +
Vocazioni

Un sì a tutti i rischi, l'avventura di una giovane coppia di sposi

Almudena e Carlos sono sposati da più di sei mesi. Consapevoli della forza della loro testimonianza, hanno aperto un account Instagram (Un sí a todo riesgo) per condividere ciò che sanno e ciò che stanno imparando in questa avventura di giovane coppia cattolica.

Paloma López Campos-6 ottobre 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Carlos e Almudena si sono sposati poco più di sei mesi fa. Tuttavia, da molto più tempo condividono con le persone tutto ciò che sanno e stanno imparando nell'avventura di essere una giovane coppia cattolica. Per raggiungere un numero ancora maggiore di persone, hanno aperto un account Instagram chiamato "Un rischio completo sì". Hanno già più di mille follower.

In questa intervista spiegano il processo che ognuno di loro ha seguito per cercare la volontà di Dio in ogni momento, così come alcune delle idee che li hanno aiutati di più durante la loro relazione, il fidanzamento e il matrimonio.

Perché ha deciso di aprire il suo account Instagram, "Un sí a todo riesgo"?

- [Carlos]: Ho sempre avuto il desiderio di accompagnare le persone. Quando ho iniziato a frequentare Almu, ho visto che era come me e aveva lo stesso desiderio. Appena sposati, sapevamo entrambi di avere la missione di aiutare le persone nel matrimonio. Una mia amica che ha un account di contenuti cattolici ci ha intervistato per raccontare la nostra testimonianza nel suo podcast. L'episodio ha avuto un tale successo che ci ha chiesto una seconda parte. In seguito, mentre eravamo in Italia in vacanza e sposati, l'idea del nostro account Instagram è stata confermata. Ci trovavamo a Roma per visitare alcune parrocchie e in ogni sagrario Abbiamo stabilito un'intenzione per il nostro matrimonio. Lì ho avuto una luce per iniziare con "Un sí a todo riesgo". Ne parlai ad Almu e lei si iscrisse subito.

- [Almudena]: Non vogliamo solo aiutare, ma anche raggiungere le persone. Siamo consapevoli che la fecondità di un matrimonio non si vede solo dai figli che si hanno, ma da tutti i frutti che si portano.

Perché avete chiamato il conto in questo modo?

- [Almudena]: Quando si dice di sì, si sa che nel futuro ci saranno rischi di ogni tipo a cui non ci si può preparare. Può essere interpretato anche in un altro modo. Per esempio, quando si stipula una polizza all-risk su un'automobile, non importa cosa le succede, perché è protetta. È un modo per dire che abbiamo detto sì a noi stessi e abbiamo messo tutto a rischio mettendolo davanti al Signore.

Carlos, a che punto ti rendi conto di essere di fronte alla donna della tua vita e decidi di chiederle di sposarti? 

- [Carlos]: Devi spiegarmi che ci siamo frequentati per un anno, ci siamo lasciati e poi siamo tornati a dicembre. Nel febbraio successivo ho capito che volevo sposarla. Avevo programmato di chiederle di sposarmi il 19 marzo, festa di San Giuseppe. Ma nell'accompagnamento spirituale ho capito che il mio cuore aveva bisogno di aspettare ancora un po'. Anche Almu desiderava molto sposarsi e le dissi che Dio mi avrebbe fatto sapere quando sarebbe stato il momento giusto. A maggio ho capito che era il momento giusto, ma non saprei dire esattamente cosa ho provato nel saperlo. È una sorta di certezza, non sei più determinato, ma è Dio che è determinato a farti fare il passo. A maggio il desiderio apparteneva a entrambi, a Dio e a me.

Almudena, come ha vissuto questo processo?

- [Almudena]: Per darvi un'idea della situazione, ho comprato il mio abito da sposa un mese e mezzo prima che Carlos mi chiedesse di sposarlo. Sapevo con certezza che ci saremmo sposati, ma non sapevo quando. Quando ci siamo fidanzati Carlos aveva 27 anni, mentre io ne avevo solo 22. Tuttavia, è importante sottolineare che per fare il passo che abbiamo fatto noi ci vogliono delle condizioni esterne, non si può fare così su due piedi. È necessario un minimo. Ma sottolineo sempre che ogni impegno ha i suoi tempi e Dio fa le cose come vuole.

È anche vero che la nostra relazione ne aveva passate tante e il momento della rottura ci ha aiutato entrambi a capire cosa era successo, cosa volevamo e che non valeva la pena lottare se non per stare insieme. Quando siamo tornati insieme, la relazione è cambiata radicalmente. Tanto per cominciare, perché c'era un grado di serietà completamente diverso rispetto a prima. Ci siamo scelti l'un l'altro sapendo bene cosa c'era.

Continuavo a prendere in giro Carlos parlando di matrimonio e questo mi faceva soffrire molto quando mi dava contro. Alla fine è stato lui a inginocchiarsi. Volevo inginocchiarmi e fargli la proposta, ma Carlos mi disse che avrebbe detto di no. Mi arrabbiai. Mi ha fatto arrabbiare, perché dovevo aspettare? Dirò anche che avevo bisogno che Carlos si inginocchiasse davanti a me. Avevo bisogno che lui, come donna, mi dimostrasse quanto valevo per lui in quel modo.

- [Carlos]: Il processo della donna è complicato, perché deve aspettare che l'uomo faccia il passo. È un processo per entrambi, ma lei deve aspettare e fidarsi della decisione dell'uomo. Ma non perché lei dipenda da lui, bensì perché anche l'uomo deve prendere una decisione. È un processo che tempra e aiuta l'altra persona.

Si parla molto della fase del fidanzamento e del matrimonio, ma spesso ci si dimentica della fase del fidanzamento. Quali consigli pratici può dare a chi si trova in quella fase?

- [Carlos]: Mi è stato dato un consiglio molto chiaro. Nel momento in cui metti un anello al dito della tua ragazza, il discernimento è finito. In quel momento si pensa già al matrimonio e le conversazioni non sono più le stesse. La vostra testa ha già fatto un salto. Credo che sia importante fermarsi e chiedersi se si è pronti a sposarsi, cosa che non si fa mai. Ma ci sono delle domande fondamentali, una delle quali è conoscere se stessi e conoscere l'altra persona. Bisogna anche sapere che il matrimonio senza Dio è impossibile, così come l'impegno. Vedo Almu in modo completamente diverso ogni volta che mi trovo davanti al tabernacolo. Più passa il tempo nel nostro matrimonio, più mi rendo conto che questo è possibile solo con Dio.

Per concretizzare, direi che la prima cosa è conoscere se stessi. In secondo luogo, bisogna conoscere a fondo l'altra persona. Infine, essere consapevoli di cosa sia il matrimonio. Non sposatevi solo per il gusto di sposarvi. È una cosa per la vita e dovete essere consapevoli che state sposando qualcuno che non è voi. Dovete adattarvi al linguaggio dell'altro, dovrete umiliarvi e rinunciare a qualcosa. Dovete essere consapevoli che vale la pena rinunciare a qualcosa per l'altra persona e dovete dare un senso a tutto questo. Sposarsi per andare in Paradiso, perché anche Dio si impegna in questo senso. Sposarsi perché si vuole imparare ad amare, perché si vuole rendere felice l'altra persona.

- [Almudena]: Mi è molto chiaro che la prima cosa che farei quando incontro una coppia che si è appena fidanzata è incoraggiarla. È un momento molto difficile. Quando ci si fidanza ci si trova in una sorta di limbo. È un po' complicato collocare il futuro marito o la futura moglie al posto giusto, perché la cosa più facile da fare è pensare che sia già tuo marito o tua moglie, mentre la realtà è che non lo è ancora. È una fase in cui tutte le questioni assumono un livello di serietà molto elevato.

È anche importante dire che durante il fidanzamento sembra che il matrimonio sia tutto, ma in realtà il matrimonio è il primo giorno. In questa fase ci si concentra su cose assurde che non hanno molta importanza. La parte più importante, quando si pronunciano i voti, che è la parte di Dio, è molto semplice. Perché ci complichiamo tanto la vita?

Per quanto riguarda i consigli pratici, abbiamo avuto una conversazione sui principi che dovevamo rispettare prima di sposarci. Abbiamo parlato delle cose che dovevamo fare prima del matrimonio. C'erano elementi che non potevano mancare prima di fare il grande passo e, nel nostro caso, si trattava di curare le ferite. Poco dopo abbiamo scoperto che questo era utopico, perché saremo sempre feriti. Abbiamo quindi deciso di prometterci che non avremmo mai smesso di lavorare sulle nostre ferite e ci siamo messi al lavoro.

Quali cose avete imparato ora che siete sposati che non vi aspettavate?

- [Almudena]: La prima cosa per me è che amavo già molto Carlos, ma non ero consapevole di quanto potessi amarlo. D'altra parte, Dio mi fa spesso il dono di vedere che siamo una cosa sola. Tutto questo mi sembrava impossibile. Soprattutto considerando che all'inizio del nostro matrimonio, quando abbiamo iniziato a vivere insieme, non andavamo molto d'accordo. Ma ora lo adoro.

Ho imparato che non c'è niente di meglio che ridere con Carlos. Ci sono giorni in cui abbiamo semplicemente bisogno di divertirci di nuovo, come se fossimo bambini, come amici. Bisogna avere dei momenti di qualità quando questa è la priorità.

Credo anche che il matrimonio sia un percorso di grande umiltà. Sono una persona molto arrogante, è molto difficile per me tenere la testa bassa, ma ora risulta che lo faccio ogni giorno. Ma sono consapevole che il mio matrimonio viene prima di tutto. Carlos viene prima di tutto per me.

- [Carlos]: Ho imparato che se cercate di avere il dono dell'altro, questo vi porterà solo all'orgoglio e alla competizione. Nel momento in cui vi rendete conto di essere complementari, vi assicuro che vi rilasserete e inizierete a vivere in pace. Non si può cercare di essere migliori dell'altra persona.

Ho anche imparato a pensare meno a me stessa, un aspetto su cui ho dovuto lavorare molto. Oggi posso dire che invece di pensare all'affetto che ricevo, penso prima alla loro felicità.

Nel matrimonio c'è una fusione tra due persone e questo fa molto male all'inizio, perché ci si deve adattare e il primo shock fa molto male. Ma con il passare del tempo il dolore diminuisce e ci si rende conto di essere diventati una cosa sola. Ma all'inizio si è in due, si deve affrontare il processo di adattamento a poco a poco.

Noi, che abbiamo una ferita d'orgoglio molto grande, facciamo anche un grande sforzo per chiedere sempre perdono e per chiedere aiuto. Siamo pronti a fare qualsiasi cosa per l'altro, quindi, nonostante il nostro orgoglio, sappiamo di amarci molto e sappiamo che questo vale più di ogni altra cosa.

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Attualità

Demografia e futuro, tema del numero di ottobre di Omnes

Il numero di ottobre 2023 di Omnes è ora disponibile nella sua versione digitale per gli abbonati. Nei prossimi giorni arriverà anche all'indirizzo abituale di chi ha questo tipo di abbonamento.

Maria José Atienza-5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

L'immigrazione è la soluzione all'inverno demografico? Queste sono alcune delle domande affrontate dal dossier dedicato a Demografia, invecchiamento e tasso di natalità che è al centro del numero di ottobre 2023 di Omnes.

Ad eccezione dell'Africa subsahariana, tutte le altre parti del mondo si trovano in una situazione demografica che, se non è preoccupante, è in linea di massima in calo. Una realtà che è già un problema per il mantenimento dei sistemi economici della maggior parte dei Paesi in Europa, America e Asia.

La cultura anti-natale prevalente, unita all'instabilità economica, ai ritardi nella nascita dei figli e alle politiche familiari inefficaci, determinano una prospettiva incerta in cui i bassi tassi di natalità emergono come un problema chiave che molti Stati non riescono ad affrontare.

Di tutto questo si parla in questo dossier che raccoglie le riflessioni di esperti di Politiche Familiari come Raúl Sánchez Flores e Alejandro Macarrón, coordinatore dell'Osservatorio Demografico della CEU (Spagna), oltre a un'intervista a Gianluigi de Palo, presidente di Fondazione per la NatalitàGli Stati Generali della Nascita, che da tre anni riflettono e promuovono una nuova cultura pro-nascita in Italia.

Pakistan e Mongolia

Il viaggio di Papa Francesco in Mongolia, i suoi messaggi e i suoi gesti, sono al centro della rubrica Insegnamenti del Papa di ottobre. L'Asia è ancora presente nella rivista con un interessante reportage sul Pakistan: il suo equilibrio interreligioso, le ultime azioni violente contro edifici cristiani e la realtà della Chiesa cattolica in questo Paese di religione islamica ufficiale sono il tema di questo numero della rivista.

Da parte sua, Juan Luis Lorda, nella sua Teologia del XX secolo, affronta il rapporto tra mondo scientifico e fede. Lorda ricorda l'impulso storico della Chiesa nello sviluppo di gran parte delle scienze attraverso le università e la falsa visione illuminista, persistente in alcuni settori nonostante la sua inconsistenza, secondo cui le scienze e la fede sono opposte.

Forum Omnes

La rivista contiene anche una sintesi del Forum Omnes dedicato ai movimenti ecclesiali e alla loro integrazione nelle parrocchie, al quale hanno partecipato il vescovo di Alcalá de Henares, monsignor Antonio Prieto, insieme al sacerdote José Miguel Granados, alla leader dei Cursillos de Cristiandad María Dolores Negrillo e al Consiliare Nazionale del Rinnovamento Carismatico, Eduardo Toraño. 

Tutti hanno concordato sulla ricchezza che questi movimenti rappresentano nella vita della Chiesa. In particolare, dopo aver passato in rassegna i movimenti apostolici nella storia della Chiesa, Antonio Prieto ha sottolineato che "I movimenti vogliono far rivivere il Vangelo nella sua totalità, con una dimensione missionaria"., y "Riconoscono nella Chiesa la loro ragion d'essere. Vogliono essere in comunione con la Chiesa, con i successori degli Apostoli e con il successore di Pietro"..

Il numero di ottobre 2023 di Omnes è ora disponibile nella sua versione digitale per gli abbonati. Nei prossimi giorni arriverà anche all'indirizzo abituale di chi ha questo tipo di abbonamento.

TribunaLuis Marín de San Martín

Sinodo: un processo di coerenza e vitalità nella Chiesa

La 16ª Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi si terrà in Vaticano dal 4 al 29 ottobre. Papa Francesco ha indicato che "la via della sinodalità è la via che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio"..

5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Viviamo in un tempo di speranza che ci apre a un profondo rinnovamento della Chiesa, basato sulla fedeltà a Cristo e sulla coerenza come suoi discepoli, attenti alle sfide del nostro tempo. Dobbiamo ricordare che Sinodo comprendiamo il "cammino che facciamo insieme", come cristiani, come popolo di Dio, guidati dallo Spirito Santo. 

Non si tratta di un semplice processo burocratico alla ricerca di cambiamenti periferici o di una mera distribuzione di funzioni. È molto di più. Si riferisce a ciò che la Chiesa è in sé, all'indispensabile comunione con Cristo e con tutti i battezzati e, da qui, si orienta all'evangelizzazione, all'essere testimoni credibili del Vangelo nel mondo di oggi. 

La sinodalità è un processo ecclesiale di ascolto e discernimento di tutto il Popolo di Dio: si basa sul deposito della fede, che non cambia; si realizza nell'ascolto dei fratelli e dello Spirito Santo; si concretizza nelle decisioni che vengono prese a diversi livelli. Questo processo, che Papa Francesco ha avviato nel 2021, è sempre partito dal basso: gruppi-parrocchie-diocesi-Conferenza episcopale.

Con tutto ciò che è stato ricevuto, è stato redatto il documento per la fase continentale. Seguì la fase del dialogo nelle sette Assemblee continentali (Africa, Asia, Canada e Stati Uniti, Europa, America Latina, Oceania, Medio Oriente) per rendere presente la ricchezza della varietà delle diverse culture. Con ciò che è stato inviato da ogni continente, la Instrumentum laboris o documento di lavoro per l'Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che si svolgerà in due sessioni: ottobre 2023 e ottobre 2024. E il cammino continua, sempre in ascolto e discernimento della volontà del Signore per vivere e rispondere come cristiani in questo momento storico.

Sebbene spetti a noi seminare con umiltà, costanza e gioia, troviamo già alcuni risultati che lo Spirito ci dona. Alcuni di essi sono: il progresso verso una Chiesa aperta e inclusiva, dinamica e misericordiosa, che sa di casa e di famiglia; la riscoperta della dimensione orante; il rafforzamento del riferimento battesimale della fede; una maggiore consapevolezza della corresponsabilità di tutti i cristiani nella Chiesa, secondo le diverse vocazioni; la sfida di vivere la comunione e, a partire da essa, assumere l'integrazione della diversità intesa come ricchezza; una maggiore chiarezza tra l'essenziale e l'accessorio; la necessità di raccogliere la sfida dell'evangelizzazione, con la parola e la testimonianza, come un'urgenza che ci coinvolge tutti.

Inizia ora l'Assemblea del Sinodo dei Vescovi, che rappresenta un altro momento del processo sinodale in corso. Si svolge dal 4 al 29 ottobre in Vaticano e riunisce quasi 500 persone, di cui circa 362 hanno diritto di voto. Come espressione della collegialità episcopale, la grande maggioranza di noi è costituita da vescovi, ma per la prima volta è stato incluso un 25% di non vescovi (laici, diaconi, sacerdoti, vita consacrata) per aiutare il discernimento, che deve sempre avvenire tra il popolo di Dio, di cui tutti facciamo parte. I lavori si svolgeranno in gruppi linguistici e in assemblea generale. Sono giorni di grande intensità, vissuti in un clima di preghiera. Da qui la bellissima novità di avere tre giorni di ritiro spirituale (1-3 ottobre) a Sacrofano, vicino a Roma, in preparazione ai lavori dell'Assemblea.

Poiché si tratta di un evento per tutta la Chiesa, chiediamo a tutti di accompagnarci e sostenerci con la preghiera. Perché sappiamo discernere ciò che il Signore vuole da noi, perché cerchiamo sempre il bene della Chiesa, perché viviamo in comunione, perché abbracciamo la ricchezza della pluralità, perché cresciamo in disponibilità, fiducia e generosità.

Allo stesso tempo, vi invito a seguire le notizie sullo svolgimento dell'Assemblea sinodale attraverso fonti affidabili, evitando informazioni confuse e ideologizzate. Ritengo inoltre che sia una buona occasione per tutti noi per riflettere attraverso il Instrumentum laboris che, sebbene sia orientato principalmente al lavoro dell'Assemblea del Sinodo dei Vescovi, è un materiale eccellente, chiaro e accessibile che può essere utilizzato anche per il dialogo nei gruppi parrocchiali, nei movimenti laicali, nella vita consacrata, ecc.

Infine, vorrei ricordare ciò che Papa Francesco ha chiaramente indicato: "Il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio. Possiamo essere un canale o un muro; erigere barriere o essere un aiuto e una possibilità; chiuderci nelle nostre sicurezze o aprirci alla novità del Vangelo. In questo momento importante che stiamo vivendo nella Chiesa, è necessaria la collaborazione di tutti, il coinvolgimento di tutti. Ci deve essere armoniacome unità nella fede, integrare la polifoniaIl progetto è una varietà di voci e sensibilità e, alla fine, si risolve in sinfoniaper mostrare insieme, come Chiesa, la bellezza del Vangelo.

L'autoreLuis Marín de San Martín

Sottosegretario della Segreteria Generale del Sinodo dei Vescovi.

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Notre-Dame de la Garde, la Vergine che si prende cura di Marsiglia

L'immagine della Madonna incorona la Basilica di Notre-Dame de la Garde a Marsiglia. Papa Francesco ha affidato a questa patrona il suo viaggio in Francia per partecipare agli "Incontri del Mediterraneo".

Maria José Atienza-5 ottobre 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
Ecologia integrale

Laudato si'. Un testo "profetico" per combattere il cambiamento climatico

Sebbene la questione del cambiamento climatico possa sembrare lontana dalla fede, il Papa ci ricorda che essa è al centro della fede, nella misura in cui ci incoraggia a prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle, ma anche a prenderci cura del Creato, seguendo il mandato originale della Genesi.

Emilio Chuvieco-5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Nel linguaggio colloquiale, essere un profeta implica, in un certo senso, prevedere il futuro, ma non era questa la missione principale dei profeti che troviamo nell'Antico Testamento. Essi cercavano di ricordare al popolo d'Israele i comandi di Yahweh, che avevano abbandonato seguendo le illusioni di una vita più comoda. Per questo i profeti erano quasi sempre scomodi, perché noi esseri umani preferiamo spesso nascondere la nostra deriva nello scetticismo o nell'indolenza.

In questo senso, Laudato si' è un testo profetico. Non perché Papa Francesco stia prevedendo meglio dei climatologi ciò che può accadere se restiamo inattivi di fronte al cambiamento climatico, ma perché ci sta ricordando una verità che non vogliamo affrontare: meglio nascondere la testa sotto terra, scaricare le responsabilità su chi verrà dopo di noi e continuare a vivere come se nulla fosse.

Questa nuova esortazione apostolica di Papa Francesco richiama la sostanza del messaggio che ci ha inviato otto anni fa con l'enciclica Laudato si'. Ora si concentra maggiormente sulla questione climatica, nella speranza di spronare la prossima riunione del trattato delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCC), che si terrà a Dubai il prossimo novembre, ad adottare le misure richieste dalla gravità del problema.

I poveri sono i più colpiti dai cambiamenti climatici

"Per quanto si cerchi di negare, nascondere, dissimulare o relativizzare, i segni del cambiamento climatico sono lì, sempre più evidenti", dice il Papa. Non ha senso continuare a negare l'evidenza che il cambiamento climatico è alla base di molte delle anomalie che abbiamo osservato nell'ultimo decennio. Non ci sono dubbi scientifici sull'aumento delle temperature globali, né sugli impatti che sta avendo sul sistema terrestre; né sull'aumento delle emissioni di gas serra (GHG), né sul ruolo di primo piano che queste emissioni stanno giocando in questo riscaldamento.

Papa Francesco fornisce una sintesi scientifica della questione, in termini ragionevoli, anche se sorprendenti, in un documento del Vaticano, che raramente è stato supportato da citazioni scientifiche. È un bene che lo faccia, perché il cambiamento climatico è un problema scientifico.

È ridicolo continuare a insistere sul fatto che sia il risultato di una particolare lobby o posizione ideologica (non c'è nessuna Agenzia meteorologica o Accademia delle Scienze che neghi le basi scientifiche del cambiamento climatico).

A prescindere da chi lo promuove o da chi ne trae vantaggio, si tratta di un problema scientifico che è ormai abbastanza maturo da permettere di prendere decisioni molto più ambiziose per mitigarlo. Non nego che ci siano scienziati - alcuni dei quali prestigiosi - che continuano a negare l'evidenza che molti di noi osservano.

Vale forse la pena di ricordare il ruolo che alcuni scienziati - anche prestigiosi - hanno avuto negli anni '70 nel seminare dubbi sull'impatto del tabacco sulla salute, o negli anni '80 sui gas che intaccavano lo strato di ozono. Diversi studi hanno dimostrato che molte morti premature ed enormi costi sanitari e lavorativi sarebbero stati risparmiati se fossero state adottate le misure restrittive sul tabacco che oggi tutti consideriamo ragionevoli (a questo proposito, ci sono molteplici dati in questo rapporto del governo statunitense: US Department of Health Human Services (2014). Le conseguenze del fumo sulla salute - 50 anni di progressi: un rapporto del chirurgo generale).

Tornando al testo di Papa Francesco, sulla falsariga della Laudato si', egli insiste sull'importanza di collegare i problemi ambientali e sociali. Sono i poveri del mondo i più colpiti dai cambiamenti climatici e sono i più ricchi del mondo i principali responsabili del loro verificarsi. O forse sarebbe meglio dire che lo siamo noi, visto che i Paesi sviluppati sono stati i principali emettitori storici, e vale la pena ricordare che la CO2 è presente nell'atmosfera da diversi decenni.

Anche noi dobbiamo essere i primi a prendere misure più ambiziose per contenere l'impatto del riscaldamento globale, evitando conseguenze che potrebbero essere catastrofiche per l'abitabilità del pianeta. Sempre in linea con l'enciclica, il nuovo testo di Francesco insiste nel collegare la mancanza di decisioni efficaci per mitigare i cambiamenti climatici alla nostra tendenza ad affidare tutto allo sviluppo tecnologico, mantenendo un atteggiamento altezzoso, come se il pianeta fosse un deposito di risorse che ci appartengono, come se non avessimo alcun rapporto con le altre creature.

Il Papa non dimentica di accennare alla questione demografica, generalmente controversa, sia tra i sostenitori che tra gli oppositori delle tematiche ambientali: "Nel tentativo di semplificare la realtà, non mancano coloro che incolpano i poveri perché fanno molti figli e cercano addirittura di risolvere la questione mutilando le donne dei Paesi meno sviluppati. Come sempre, sembra che la colpa sia dei poveri".

La responsabilità non è di questi Paesi, ovviamente, ma di quelli che hanno tassi di consumo impossibili da generalizzare. Dobbiamo cambiare il nostro modo di vivere, verso stili di vita più semplici e meno consumistici, pur mantenendo condizioni di vita ragionevoli". Il Papa ricorda l'enorme diversità dei tassi di emissione di gas serra, non solo tra i Paesi più poveri e quelli più industrializzati, ma anche tra di loro, con Stati che hanno la metà delle emissioni dei Paesi più poveri. pro capite (Europa) rispetto ad altri con un indice di sviluppo umano uguale o peggiore (Russia o Stati Uniti).

Lezioni dalla pandemia

La crisi di Covid-19 ci ha insegnato che possiamo affrontare sfide globali, ma che è necessaria una collaborazione internazionale per adottare misure che abbiano un impatto globale. I vertici sul clima possono ora essere uno strumento chiave per ridurre significativamente le emissioni, anche se finora gli accordi sono stati poco ambiziosi e spesso non vincolanti.

La pandemia ci ha anche mostrato che dipendiamo da ecosistemi sani, che non siamo soli su questo pianeta e che le altre creature dovrebbero essere "compagni di viaggio" piuttosto che "diventare nostre vittime". Dobbiamo convincerci che prendersi cura della propria casa è la più ovvia delle decisioni: non ne abbiamo altre e ci sono molti esseri umani e non umani che dipendono da essa.

Ringraziare e prendersi cura del creato come un dono

Inoltre, come credenti, dovremmo ammirare ed essere grati per il Creato che abbiamo ricevuto in dono, per prendercene cura in modo responsabile e per trasmetterlo alle generazioni future, anche rimediando ai danni che gli abbiamo già arrecato.

La Chiesa non può e non vuole voltarsi dall'altra parte su una questione di impatto planetario. Insieme ad altre grandi tradizioni religiose, che il Papa richiama anche in questo testo, ci ricorda che la cura dell'ambiente è cura delle persone che lo abitano, perché tutto è collegato. "Ai fedeli cattolici non voglio far mancare il ricordo delle motivazioni che scaturiscono dalla loro stessa fede. Incoraggio i fratelli e le sorelle di altre religioni a fare lo stesso, perché sappiamo che la fede autentica non solo dà forza al cuore umano, ma trasforma tutta la vita, trasfigura i propri obiettivi, illumina il rapporto con gli altri e i legami con tutto il creato.

E a coloro che sono ancora scettici o ignoranti, il Papa ricorda che non ha senso rimandare ulteriormente le decisioni.

Come i profeti dell'Antico Testamento, Papa Francesco bussa alla porta della nostra coscienza per uscire da quelle posizioni che nascondono forse l'indifferenza o l'egoismo per non cambiare: "Poniamo fine una volta per tutte all'irresponsabile presa in giro che presenta questo problema come qualcosa di solo ambientale, "verde", romantico, spesso ridicolizzato dagli interessi economici. Accettiamo finalmente che si tratta di un problema umano e sociale in una vasta gamma di sensi.

Non è la prima volta che un Papa contemporaneo esercita questa funzione profetica. Lo aveva già fatto San Paolo VI con la Humanae vitaeLe note conseguenze del mancato ascolto del suo messaggio sono oggi tristemente evidenti; come fece San Giovanni Paolo II, denunciando l'invasione dell'Iraq che si è conclusa con il crollo di un Paese in cui musulmani e cristiani convivevano in ragionevole pace, e che ora è praticamente scomparso, emigrando - volontariamente o forzatamente - in altre terre.

Ora Papa Francesco lo fa con un tema che ad alcuni può sembrare lontano dalla fede, ma che ne costituisce il cuore, nella misura in cui ci incoraggia a prenderci cura dei nostri fratelli e sorelle, ma anche a custodire il Creato, seguendo il mandato originario della Genesi (2,15), ammirandone la bellezza, perché se "il mondo canta di un Amore infinito, come possiamo non averne cura?".

L'autoreEmilio Chuvieco

Professore di geografia presso l'Università di Alcalá.

Mondo

Il conflitto in Armenia, il fallimento dell'Occidente

Gerardo Ferrara spiega in questo articolo i dettagli più importanti per comprendere l'attuale conflitto in Armenia.

Gerardo Ferrara-5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

In due precedenti articoli abbiamo illustrato, seppur brevemente, la ricca storia della città. ArmenoOggi è in gran parte esiliato in tutto il mondo e in piccola parte concentrato in minuscole porzioni del Caucaso (compresa la Repubblica di Armenia) che rappresentano solo un'ombra del vasto impero dell'antichità.

Infatti, gli armeni non erano presenti solo nell'attuale Repubblica d'Armenia, ma costituivano una minoranza considerevole, se non una vera e propria maggioranza, nell'Anatolia orientale, nel Naxiçevan (regione autonoma dell'Azerbaigian), nella Giava (oggi parte della Georgia), nell'Artsakh (noto anche come Nagorno-Karabakh), sempre in Azerbaigian.

I nomi russi Nagorno-Karabakh (Karabakh montuoso o Alto Karabakh) e Artsakh armeno designano il territorio di un'area dell'Azerbaigian sud-occidentale che, fino al 21 settembre 2023, era una repubblica autonoma de facto, sebbene senza alcun riconoscimento internazionale.

Dal 1994 (fine della prima guerra del Nagorno-Karabakh) al 2020 (anno della seconda guerra del Nagorno-Karabakh), la Repubblica dell'Artsakh (di etnia armena) occupava un'area di circa 11.000 chilometri quadrati, anche se si ridurrà di oltre la metà dal 2020 al 2023, con circa 130.000 abitanti. Oggi, dopo un conflitto durato più di 30 anni, è tornata completamente all'Azerbaigian.

Una terra che è sempre stata armena

Gli storici sanno da documenti che l'Artsakh, o Nagorno-Karabakh, è terra armena almeno dal IV secolo d.C. e che vi si parla un dialetto della lingua armena. Qui si trovano monumenti cristiani di inestimabile valore, come il monastero di Gandzasar e la cattedrale di Ghazanchetsots a Shusha, ora parzialmente distrutta.

Anche la stragrande maggioranza della popolazione è sempre stata armena (il primo censimento, nel 1926, riportava che il 90 % dei cittadini apparteneva a questo gruppo etnico e questa percentuale, pur scendendo al 70-80 % durante l'era sovietica, era tornata al 99 % sotto la Repubblica di Artsakh).

Tuttavia, la regione, che dopo essere caduta nelle mani dei Selgiuchidi, dei Mongoli e dei Safavidi ed essere poi diventata un Khanato turco, era stata acquisita dalla Russia nel 1813, dopo la fine della prima guerra mondiale vide violenti scontri tra l'etnia armena e quella turco-azera, che portarono a pogrom, massacri e deportazioni di armeni (la distruzione di Shusha e della sua cattedrale nel 1919, con il massacro di circa 20.000 dei suoi abitanti, e di altre città).20.000 dei suoi abitanti, e di altre città), sempre nel contesto del folle nazionalismo pan-europeista turco e del "disarmo" dei territori considerati la patria dell'elemento turco (già causa del genocidio armeno).

Anche per evitare il protrarsi di tali conflitti, nel 1923 il governo sovietico assegnò la regione non alla Repubblica Socialista Sovietica Armena, ma all'Azerbaigian come oblast' autonoma a maggioranza armena.

Dal 1923 al 1991, l'Unione Sovietica ha di fatto congelato il conflitto tra armeni e azeri di lingua turca con le metodologie messe in atto da Stalin: ateismo di Stato, sfollamento forzato di centinaia di migliaia di persone e assegnazione del tutto impropria di territori a una repubblica dell'URSS invece che a un'altra.

Tuttavia, già nel 1988, gli armeni del Nagorno-Karabakh iniziarono a chiedere il trasferimento della sovranità sotto la Repubblica sovietica di Armenia. Quando, nel 1991, sia l'Armenia che l'Azerbaigian divennero indipendenti dopo il crollo dell'Unione Sovietica, armeni e azeri di questa enclave armena dell'Azerbaigian entrarono in guerra.

Le guerre del Nagorno-Karabakh

All'inizio degli anni Novanta, le forze armene dell'Artsakh, sostenute dall'Armenia, presero il controllo dell'area nella prima guerra del Karabakh (1988-1994). I negoziati che seguirono - guidati dalla Russia e da un comitato noto come "Gruppo di Minsk" (una conferenza di pace avrebbe dovuto tenersi a Minsk, in Bielorussia, ma non ebbe mai luogo) - raggiunsero solo un cessate il fuoco nel 1994 e nessuna soluzione definitiva al conflitto.

Tra il 1994 e il 2020, anno dello scoppio della seconda guerra del Karabakh, la Repubblica dell'Artsakh è riuscita a dotarsi di istituzioni democratiche e, attraverso libere elezioni e un referendum nel 2006, di una costituzione, pur non godendo ancora del riconoscimento internazionale, nemmeno di quello dell'Armenia. E tutto questo mentre l'Azerbaigian, con cui anche l'Occidente, Israele e la Turchia intrattengono vivaci e suggestive relazioni economiche e militari, fornendo armi al Paese, è una vera e propria dittatura nelle mani della dinastia Aliev, al potere dal 1993 prima sotto il padre Heyder e poi, dal 2003, sotto il figlio Ilhem.

Ma si sa, si chiude sempre volentieri un occhio (lo fa anche l'ONU, in cambio di generose donazioni da parte degli Aliev) sui brogli elettorali, sui metodi autoritari, sulla corruzione, sulla mancanza di libertà di stampa, sugli assassinii e sulla violenza sistematica contro gli oppositori, se dall'altra parte c'è un Paese con enormi giacimenti di petrolio e di gas! Finché fa comodo a loro, ovviamente.

Nel 2020, i combattimenti sono scoppiati di nuovo (e non sono mai cessati del tutto) e l'Azerbaigian, sostenuto dalla Turchia, ha attaccato l'Artsakh, dando inizio alla seconda guerra del Karabakh. Questo secondo conflitto è stato ancora più cruento, anche a causa dell'uso di armi a grappolo, missili balistici e droni (forniti all'Azerbaigian da Turchia e Israele) e ha provocato non solo la morte di soldati e civili, ma anche la distruzione parziale o totale di villaggi e monumenti storici, come chiese e monasteri.

Il ruolo della Russia

Con le forze armene decimate, Aliyev e il primo ministro di Erevan Nikol Pashinyan hanno concordato il 9 novembre 2020 un cessate il fuoco con l'intermediazione russa. L'accordo prevedeva che l'Armenia rinunciasse al controllo militare sul Karabakh, mentre le forze di pace russe avrebbero presidiato la regione per cinque anni. L'accordo garantiva inoltre che Step'anakert (capitale della Repubblica dell'Artsakh) avrebbe mantenuto l'accesso all'Armenia attraverso il corridoio ("passo") di Lachin.

Sappiamo però che la Russia, impegnata su un altro fronte (l'Ucraina), non è stata in grado di interporsi adeguatamente tra i due contendenti, anche per opportunismo politico (il governo Pashinian si era nel frattempo avvicinato all'UE e agli USA e l'Azerbaigian è un alleato troppo prezioso) e non è intervenuta quando, nonostante gli accordi, il corridoio di Lachin è stato bloccato nel dicembre 2022 da sedicenti "ambientalisti" azeri. Una nuova offensiva azera nel settembre 2023 ha ulteriormente consolidato il controllo sul territorio, fino a distruggere completamente ogni accenno di autonomia nella regione: dal 1° gennaio 2024, la Repubblica di Artsakh cesserà di esistere.

La fine della presenza armena

Le mire espansionistiche turche e azere non sono così misteriose: il sogno panturanista di una continuità territoriale turca ininterrotta per gli armeni nell'area del Karabakh, nell'enclave di Naxiçevan e nella stessa Armenia. Un sogno che dura da più di cento anni e che si sta realizzando attraverso l'annientamento sistematico di una presenza millenaria.

Le ultime tristi notizie parlano della fuga di quasi 120.000 armeni dall'Artsakh, la quasi totalità della popolazione, con villaggi e città abbandonati in mano agli azeri, monumenti e croci abbattuti sulle cime delle montagne (tra cui la croce di Dashushen, alta 50 metri, un tempo la seconda croce più grande d'Europa), minacce ai residenti armeni (i bracciali dei soldati azeri recitano: "Non scappare, armeno! Morirai di fatica") e rapimenti di presunti "terroristi" armeni (intellettuali dissidenti, membri del governo separatista, magnati dell'economia, ecc.

Come se non bastasse, il ministro della Cultura azero Anar Karimov ha annunciato la creazione di un gruppo di lavoro per le aree riconquistate del Nagorno-Karabakh per "eliminare le tracce fittizie degli armeni nei siti religiosi albanesi". I suoi vaneggiamenti si riferiscono alla teoria, sostenuta solo dallo storico azero Ziya Buniyatov negli anni '50 e oggi dal regime di Baku, secondo cui i monumenti cristiani del Karabakh sarebbero rimaneggiamenti armeni del XIX secolo di manufatti più antichi provenienti dall'Albania caucasica, un antico regno presente nel territorio nel IX secolo. Il gruppo di lavoro annunciato da Karimov dovrà esaminare i siti e discutere se devono essere rimossi e, in caso affermativo, quali.

Armenia, da ieri a oggi

Storicamente, è assodato che i monumenti più antichi dell'area sono cristiani, precedendo di qualche secolo l'arrivo dei gruppi turchi dalle steppe mongole che poi colonizzarono la zona. Il Karabakh si è cristianizzato nel IV secolo e ha svolto un ruolo molto importante nella formazione dell'identità culturale armena.

Prima della Prima guerra mondiale, l'Artsakh contava 222 chiese e monasteri. Al 10 novembre 2020, c'erano più di 30 chiese e monasteri "funzionanti" e l'Ufficio dei monumenti della Repubblica di Artsakh ha elencato un totale di 4.403 monumenti culturali cristiani nella regione: siti archeologici, chiese medievali, monasteri e fortezze, innumerevoli croci di pietra e preziose lapidi.

Non è irragionevole pensare che ci sia il serio rischio, come è successo in Turchia dopo Mezd Yeghern, che la folle ideologia nazionalista e pan-turanica della Turchia cancelli ogni traccia della presenza cristiana in Artsakh nel corso di una nuova invasione barbarica.

E l'Occidente (e non solo) guarda.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Cultura

Gli arcangeli, doni di Dio

È difficile immaginare la vita senza i nostri arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele. Tutti loro incarnano gli immensi doni di nostro Signore.

Jennifer Elizabeth Terranova-5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

È difficile immaginare la vita senza i nostri arcangeli, Michele, Gabriele e Raffaele. Tutti loro incarnano gli immensi doni di nostro Signore: Michele, il nostro impavido protettore; Gabriele, il grande annunciatore della Buona Novella; e Raffaele, il nostro guaritore, ma c'è solo un capo dell'esercito angelico, ed è San Michele.

La parola angelo significa messaggero; deriva dalla parola greca "aggelos". Ma il nome Michele significa "che è come Dio". "Gli angeli sono ovunque e tutti li amano", ha osservato un sacerdote la scorsa settimana dopo aver celebrato la loro festa. Ma sappiamo sfruttare il loro immenso potere e accogliere la loro luce?

San Agustin ha detto questo di questi doni: "Così gli angeli, illuminati da quella luce con la quale furono creati, divennero essi stessi luce... partecipando alla luce immutabile e al giorno, che è il Verbo di Dio, con il quale essi stessi e tutte le altre cose furono fatti".

Giovanni Damasceno diceva che "gli angeli sono luci secondarie". Ci sono molte cose per molte persone, e i cattolici celebrano questi tesori.

"Il salmista parlava degli angeli come "venti e fiamme"", ricorda Joel J. Miller nel suo libro "Lifted by Angels: The Presence and Power of Our Heavenly Guides and Guardians". Miller li chiama "gli spiriti" e scrive: "Sono le onorevoli potenze senza corpo del cielo" (...) "nel linguaggio della Chiesa". Ma hanno i loro limiti e non sono onnipresenti come Dio.

Venerdì 29 settembre è stata la festa degli arcangeli Michele, Gabriele e Raffaele. Tutti sono potenti e amati, ma San Michele è il più popolare e invocato quotidianamente da molti cattolici. I cattolici si affidano a lui e dipendono da questo gigante spirituale per "difenderci in battaglia" e "proteggerci dal male e dalle insidie del diavolo". L'arcangelo Michele è il patrono di negozianti, soldati, medici, marinai, paracadutisti, poliziotti e malati. Il suo repertorio per sconfiggere il nemico è impressionante e si è guadagnato questo prestigioso titolo.

San Miguel

Come Nostro Signore, San Michele veglia sul suo gregge, era considerato il protettore degli israeliti ed è venerato nella tradizione cattolica come protettore della Chiesa.

Come tutti gli angeli, trasmette a Dio le nostre preghiere e richieste, anche il nostro angelo custode, che è sempre con noi. Sono tutti un segno dell'amore di Dio per noi.

San Michele, invece, è colui che invochiamo per "difenderci in battaglia". Ha guidato l'esercito di angeli che ha cacciato Satana e i suoi scagnozzi all'inferno. Tuttavia, la sua importanza non è esclusiva dei cattolici. È tenuto in grande considerazione anche dagli ebrei ed è certamente il più popolare degli arcangeli. I padri fondatori della Chiesa ritenevano che l'arcangelo Michele avesse un ruolo fondamentale durante gli eventi monumentali della storia della Chiesa cattolica. Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) afferma quanto segue su San Michele: "Ogni credente ha un angelo come protettore e pastore.

San Michele è citato nel Libro di Daniele e nella lettera di Giuda come "il Principe" o "l'Arcangelo". San Basilio e San Tommaso d'Aquino lo descrivono come "il principe di tutti gli angeli".

Il diavolo non solo teme la nostra Madre e San Giuseppe, ma sa bene che San Michele è il suo diretto nemico, il suo peggior incubo, e lavora 24 ore su 24 per proteggere i figli di Dio dai malvagi. Quando pronunciamo il suo nome, egli risponde e non c'è da stupirsi che sia considerato il "Conquistatore della peste".

La peste di Roma

Nel 590, una grave pestilenza colpì Roma. Morirono molte persone e anche il Papa di allora. Il suo successore, Papa San Gregorio Magno, organizzò e guidò una massiccia processione per le strade di Roma "come atto di penitenza" e "per cercare il perdono e l'espiazione dei peccati". Si dice che San Michele apparve durante la processione penitenziale e la peste finì.

Il 1° ottobre 1884, il Papa Leone XIIIche regnò dal 1878 al 1903, stava chiacchierando con i confratelli dopo aver celebrato la Messa quando improvvisamente rimase "paralizzato" per diversi minuti. Sebbene esistano diverse versioni dell'evento, si ritiene che egli abbia avuto una visione del XX secolo così allarmante da costringerlo a comporre la preghiera di San Michele e a ordinarne la recita al termine della Messa. Ancora oggi viene recitata in alcune messe e in privato dai suoi fedeli seguaci.

Gli arcangeli oggi

Padre Pio inviò i penitenti a quello che oggi è il più antico santuario di San Michele in Europa occidentale, nel Gargano, in Italia, per liberarli, dove San Michele apparve loro.

L'arcangelo è così potente che è l'angelo a cui si rivolgono gli esorcisti quando lavorano con qualcuno posseduto, oppresso e in lotta con le forze demoniache. E le reliquie delle pietre della grotta vengono utilizzate nei loro riti.

Possiamo contare su San Michele per separare i malfattori dai giusti alla fine dei tempi. E i cattolici dovrebbero essere ben consapevoli dell'ampiezza del suo potere. Lui, come tutti loro, sono doni di Dio e sono qui per guarirci, guidarci e proteggerci. Chiedete quindi l'intercessione degli arcangeli Michele, Gabriele, Raffaele e del vostro angelo custode e ricordatevi di ringraziarli, perché sono sempre dalla vostra parte e pronti ad aiutarvi.

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Dov'è la verità?

Le nuove generazioni continuano a chiedersi: "Chi sono? Qual è il senso del mio essere nel mondo? Dove sto andando?".

5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

"Chi sono? Da dove vengo? Cosa faccio della mia vita? Dove vado?" Sono le solite vecchie domande umane a cui né l'umanesimo, né la scienza, né la tecnologia sono in grado di rispondere. In ogni epoca, i pensatori ce le ripropongono di continuo, e suonano sempre uguali. Fin dove questi pensatori sono riusciti ad arrivare, con accenti diversi, propongono di essere umani, di essere ciò che siamo; in breve, di trovare noi stessi. 

Tuttavia, queste risposte di filosofi e pensatori ci lasciano ancora, nel profondo, vuoti e le nuove generazioni continuano a chiedersi: "Chi sono? Qual è il senso del mio essere nel mondo? Dove sto andando?".

Sono domande che turbano l'essere umano nel profondo, sono domande molto serie, sono domande che ci impegnano fino in fondo. Tuttavia, questa serietà e questo impegno, invece di attirarci alla ricerca della verità ultima del nostro essere, sembra che vogliamo evitarle, schivarle o nasconderle, non sappiamo dove. 

Forse ciò che più contraddistingue il nostro tempo è la superficialità, il desiderio di dimenticare o rendere inutile lo spirito critico, la mancanza di volontà di affrontare queste questioni, di lasciarsi cadere nel nichilismo, la non volontà di ascoltare la propria coscienza; in breve, la mancanza di forza di confrontarsi con la dimensione spirituale e morale del nostro essere uomini.

Ci sono video impressionanti di alcune strade - ma non solo - delle città statunitensi, che mostrano persone come zombie, moralmente e fisicamente distrutte dalla droga e dalla prostituzione.  

È possibile che abbiamo costruito un'intera civiltà basata non su ciò che siamo, ma su ciò che possediamo? È possibile che il successo e il prestigio sociale abbiano la precedenza su tutto e ci lascino in un inquietante vuoto esistenziale? Alcuni autori hanno definito il nostro tempo come "una terra desolata spirituale". È urgente fare appello a ogni essere umano affinché coltivi la dimensione "contemplativa" del proprio essere, per essere "veramente libero".

La persona "superficiale", che non pensa con la propria testa, ma si lascia guidare dalle ideologie apparentemente dominanti, farà molta fatica a porsi queste domande, dalle cui corrette risposte dipende la sua felicità. Non dimentichiamo che culturalmente siamo figli dell'Illuminismo, che, con i suoi aspetti positivi e i suoi successi, ha tuttavia coltivato un razionalismo scollegato dalla realtà trascendente della persona umana, portandoci alla fine a un grande vuoto spirituale.

Le parole luminose di Gesù sono ancora valide: "Se rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli e conoscerete la verità e la verità vi farà liberi" (Gv 8,31).

Gesù ci assicura che c'è la verità; conferma ciò che già percepiamo chiaramente dentro di noi, cioè che può esistere una sola verità, anche se ci sono molte bugie o "mezze verità"; conferma che la sua Parola è la verità.

Ecco, per chi la chiede umilmente, la risposta a queste domande permanenti dell'essere umano.

L'autoreCelso Morga

Arcivescovo emerito della diocesi di Mérida Badajoz

Vangelo

Il canto della vigna. 27ª domenica del Tempo Ordinario (A)

Joseph Evans commenta le letture della 27ª domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera offre una breve omelia video.

Giuseppe Evans-5 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Nell'Antico Testamento la vigna era un'immagine ricorrente per descrivere l'amore e la cura di Dio per il suo popolo e per Gerusalemme. Israele era la vigna scelta da Dio, che egli aveva creato e plasmato con particolare cura. Le letture di oggi ci offrono un esempio dell'uso di questa immagine. Il salmo descrive Israele come "la vite che la tua [di Dio] destra ha piantato".. E in un passo di Isaia, ascoltiamo quello che è noto come "il canto della vigna".

Il linguaggio è pieno di amore e tenerezza: l'amore del profeta per Dio (che viene indicato come "il mio amato") e l'amore di Dio per il suo popolo, descritto attraverso la metafora della vigna: "Il mio amico aveva una vigna su una collina fertile. La scavò, tolse le pietre e piantò buone viti; costruì una torre nel mezzo e scavò un torchio".. E poi Dio stesso dice: "Che cosa potrei fare di più per la mia vigna che non abbia già fatto?".. Il salmo aggiunge: "Hai fatto uscire la vite dall'Egitto, hai scacciato i pagani e l'hai trapiantata"..

In altre parole, Dio non avrebbe potuto fare di più per stabilire Israele e aiutarlo a prosperare. Ma Israele non ha mai ricambiato questo grande amore, e così Dio piange: "Perché, quando mi aspettavo che desse dell'uva, ha dato degli agrazones?".. L'uva cattiva del peccato.

Sia nella prima lettura che nel salmo, Dio annuncia i castighi che derivano dalla mancanza di corrispondenza di Israele: l'abbattimento delle sue mura (di Gerusalemme), l'incuria e la mancanza di cure, il furto dei suoi prodotti, la devastazione da parte degli animali e la mancanza di pioggia.

Non sorprende, quindi, che Gesù utilizzi questa immagine per mettere in guardia Israele. Egli descrive anche la grande cura che Dio ha avuto per stabilire Israele attraverso l'immagine della costruzione della vigna. È come se dicesse: "Pentitevi, o i castighi minacciati alla vigna cadranno ora su di voi".

Gesù racconta una parabola in cui un proprietario terriero cerca ripetutamente di ottenere dagli affittuari a cui ha affittato la vigna il prodotto a cui ha pieno diritto, ma quando manda i suoi servi a prenderlo, vengono maltrattati.

Infine, il padrone, che è Dio Padre, manda suo Figlio, che è Gesù, ma i contadini lo uccidono. Gesù predice la sua morte per cercare di avvertire gli israeliti che sa cosa stanno facendo e a cosa porteranno le loro azioni.

Nella lettura di oggi percepiamo il male della testardaggine e della resistenza alla grazia. Esse portano solo al disastro, prima sulla terra, ma infine nell'aldilà. Vediamo un Dio che, nonostante tutto il suo amore, o piuttosto a causa di esso, è infastidito da ciò che facciamo e arrabbiato per i nostri peccati.

L'ostinazione nel peccato porterà alla perdizione e la pazienza di Dio ha, in un certo senso, dei limiti. Non ci imporrà la sua grazia e, se la rifiutiamo, la offrirà ad altri piuttosto che a noi.

Omelia sulle letture di domenica 27a domenica del Tempo Ordinario (A)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Laudato si'. Il Papa avverte del pericolo che l'uomo "pretenda di sostituirsi a Dio".

Otto anni dopo la pubblicazione di Laudato Si'Papa Francesco richiama ancora una volta la necessità di un "cammino di riconciliazione con il mondo" nella sua nuova Esortazione Apostolica Laudato si'pubblicato oggi, festa di San Francesco d'Assisi, esempio di santità e di rispetto per la casa comune.

Maria José Atienza-4 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

"Non abbiamo abbastanza reazioni mentre il mondo che ci abbraccia si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura", con questa affermazione esordisce, in pratica, Laudato si'La sesta Esortazione Apostolica di Papa Francesco, che questa volta si concentra sulla crisi climatica, è stata pubblicata il 4 ottobre 2023, festa di San Francesco d'Assisi, tre giorni dopo l'inizio del suo mandato. Fratelli Tutti.

Il Papa inizia questa lettera concentrandosi sulla crisi climatica globale. Qui sottolinea come "è vero che non tutte le catastrofi specifiche possono essere attribuite ai cambiamenti climatici globali. Tuttavia, è verificabile che alcuni cambiamenti del clima provocati dall'uomo aumentano significativamente la probabilità di eventi estremi sempre più frequenti e intensi". 

Questo riconoscimento della responsabilità dell'uomo, insieme alle cause che sfuggono al suo controllo, è una costante di questa nuova Esortazione apostolica che ci ricorda, in più di un'occasione, che la natura non è semplicemente una "cornice per l'uomo", ma che tutti noi ne facciamo parte come risultato della potenza creatrice di Dio.

Resilienza ai cambiamenti climatici

Il pontefice accenna alle resistenze e alle critiche che, anche all'interno della Chiesa, nota di fronte a quella che considera una realtà urgente. In questo senso, Laudato si' Il rapporto include alcune delle "ragioni" utilizzate per ridicolizzare le preoccupazioni sul degrado ambientale, come i problemi di gelo, le precipitazioni o la disinformazione.

Il Papa sottolinea a questo punto che "non mancano coloro che incolpano i poveri perché hanno troppi figli e pretendono addirittura di risolvere il problema mutilando le donne dei Paesi meno sviluppati. Come sempre, sembra che la colpa sia dei poveri. Ma la realtà è che l'1% più ricco del pianeta inquina più del 50% più povero dell'intera popolazione mondiale, e che le emissioni pro capite dei Paesi più ricchi sono molte volte superiori a quelle dei più poveri. Una realtà che viene raramente evidenziata, soprattutto nel cosiddetto blocco occidentale.

Francesco non nasconde la difficoltà di realizzare una "transizione verso forme di energia rinnovabile, ben gestita" per evitare, come è accaduto in alcune occasioni, la distruzione di numerosi posti di lavoro. A questo punto, il Papa sottolinea la necessità che politici e imprenditori si occupino di una gestione integrata che non elimini posti di lavoro all'insegna dell'ambientalismo.

Tutto ciò che cessa di essere un dono, diventa uno schiavo.

Dopo aver analizzato i rischi e le situazioni derivanti dal degrado ambientale e dall'avanzare della crisi climatica, il Papa esorta a "una visione più ampia che ci permetta non solo di meravigliarci delle meraviglie del progresso, ma anche di prestare attenzione ad altri effetti che probabilmente un secolo fa non potevano nemmeno essere immaginati. Non ci viene chiesto nulla di più che una certa responsabilità per l'eredità che lasceremo dietro di noi mentre attraversiamo questo mondo". 

A questo proposito, Francesco ricorda che già in Laudato Si'ha offerto "un breve sviluppo del paradigma tecnocratico che è alla base dell'attuale processo di degrado ambientale. Si tratta di "un modo di intendere la vita e l'azione umana che si è smarrito e contraddice la realtà fino a danneggiarla"". Un'idea di progresso e di potere umano assoluto che progressi come l'intelligenza artificiale hanno consolidato in molte persone.

Di fronte a questa idea di potere illimitato, il Papa ci ricorda che "le risorse naturali richieste dalla tecnologia, come il litio, il silicio e tante altre, non sono illimitate, ma il problema più grande è l'ideologia che sottende un'ossessione: accrescere il potere umano oltre ogni immaginazione, di fronte al quale la realtà non umana è una mera risorsa al suo servizio. Tutto ciò che esiste cessa di essere un dono da apprezzare, valorizzare e curare, e diventa uno schiavo, una vittima di qualsiasi capriccio della mente umana e delle sue capacità". 

In questa lettera, il Papa attacca ancora una volta quella che definisce la "logica del massimo profitto al minimo costo, mascherata da razionalità, progresso e promesse illusorie". Una logica che ha portato all'impianto di scorie nucleari o all'insediamento di industrie inquinanti nelle aree più povere del pianeta senza tenere conto della vita e dello sviluppo dei suoi abitanti. Una logica che, nelle parole del Papa, "rende impossibile ogni sincera preoccupazione per la casa comune e ogni preoccupazione di promuovere coloro che sono scartati dalla società".

A questo proposito, chiarisce il pontefice, "un conto è avere un sano approccio al valore dello sforzo, allo sviluppo delle proprie capacità e a un lodevole spirito di iniziativa, ma se non si cerca una reale uguaglianza di opportunità, questa diventa facilmente un paravento che consolida ulteriormente i privilegi di pochi con maggior potere. In questa logica perversa, cosa importa loro dei danni alla casa comune se si sentono sicuri sotto la presunta armatura delle risorse economiche che hanno ottenuto grazie alle loro capacità e ai loro sforzi?".

Uno sforzo comune

Un altro dei blocchi principali di questa lettera è dedicato alla necessità di uno sforzo comune, un "nuovo multilateralismo" che integri i meccanismi per una cooperazione efficace e che comporti un impegno reale da parte dei Paesi in questo senso.

In questo senso, il Papa ricorda in Laudato si' la necessità di avere una visione olistica che affronti allo stesso modo questi problemi.

"Cercare solo un rimedio tecnico a ogni problema ambientale che si presenta", ricorda il Papa, "significa isolare cose che in realtà sono intrecciate e nascondere i veri e più profondi problemi del sistema mondo".

Ancora una volta, il Papa sottolinea l'urgenza di "rispondere alle nuove sfide e reagire con meccanismi globali alle sfide ambientali, sanitarie, culturali e sociali, soprattutto per consolidare il rispetto dei più elementari diritti umani, dei diritti sociali e della cura della casa comune". Solo così, sottolinea il pontefice, si potrà superare il rischio di "rimanere imbrigliati nella logica del rattoppare, rappezzare, legare con fili di ferro, mentre sotto avanza un processo di deterioramento che continuiamo ad alimentare". 

Un appello ai fedeli

Anche se il titolo dell'Esortazione apostolica Laudato si' si rivolge a "tutti gli uomini di buona volontà", il Papa dedica l'ultima parte della lettera in modo speciale ai credenti.

In questo senso, ricorda Francesco, "Dio ci ha uniti a tutte le sue creature". In questo contesto, il pontefice fa appello a un antropocentrismo situato che, pur riconoscendo il "valore speciale e centrale dell'essere umano in mezzo al meraviglioso concerto di tutti gli esseri", riconosce anche "che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza le altre creature".

Ripensare noi stessi e "comprenderci in modo più umile e più ricco", questa la proposta di Papa Francesco che invita i credenti "a un cammino di riconciliazione con il mondo che ci ospita, e ad abbellirlo con il nostro contributo".

Laudato si' conclude con un appello alla responsabilità personale, sottolineando che "non ci sono cambiamenti duraturi senza cambiamenti culturali, senza una maturazione nello stile di vita e nelle convinzioni delle società, e non ci sono cambiamenti culturali senza cambiamenti nelle persone". 

Francesco chiude con una potente affermazione secondo cui "l'essere umano che pretende di sostituirsi a Dio diventa il peggior pericolo per se stesso", che, in sintesi, contiene la chiave per Laudato si'

Vaticano

Francesco chiede una "Chiesa aperta a tutti" all'apertura del Sinodo

Il Santo Padre ha tracciato questa mattina, nel ricordo di San Francesco d'Assisi, il profilo della Chiesa che desidera, nella Messa di apertura della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo in Piazza Pietro. Una "Chiesa con le porte aperte a tutti", che vede l'umanità con misericordia, che ascolta e dialoga, che accoglie, e che "non è né rigida né tiepida, né stanca". Il Sinodo "non è un parlamento polarizzato, ma un luogo di grazia e di comunione", ha detto.

Francisco Otamendi-4 ottobre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Papa Francesco ha presieduto questa mattina in piazza San Pietro, accompagnato dai nuovi cardinali e dai membri del Collegio cardinalizio, il Messa di apertura della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, in cui ha offerto ai 464 partecipanti all'incontro Sinodo e a tutti i fedeli un profilo della Chiesa che vuole in questi tempi, la cui caratteristica centrale deve essere una "Chiesa le cui porte sono aperte a tutti, a tutti, a tutti", ha ripetuto in tre occasioni.

Nell'omelia del Papa, basata sullo sguardo misericordioso di Gesù e sulle orme di San Francesco d'Assisi, che ha definito "testimone di pace e di fraternità", spiccano forse due o tre paragrafi in cui delinea in modo particolare la sua visione della Chiesa.

"Questa è la questione fondamentale. Questo è il compito principale del Sinodo", ha sottolineato in un momento centrale della sua riflessione: "rimettere Dio al centro del nostro sguardo, essere una Chiesa che vede l'umanità con misericordia. Una Chiesa unita e fraterna, che ascolta e dialoga; una Chiesa che benedice e incoraggia, che aiuta chi cerca il Signore, che scuote in modo sano gli indifferenti, che avvia itinerari per istruire le persone alla bellezza della fede".

Dissipare le "paure

"Una Chiesa che ha Dio al centro e quindi non crea divisione all'interno, né è dura all'esterno. È così che Gesù vuole la sua Chiesa, la sua Sposa". "Lo sguardo benedicente di Gesù ci invita ad essere una Chiesa che non affronta le sfide e i problemi di oggi con spirito di divisione e di conflitto, ma che, al contrario, volge lo sguardo a Dio che è comunione e, con stupore e umiltà, lo benedice e lo adora, riconoscendolo come suo unico Signore". 

Un'idea che si completa con le sue parole finali nell'omelia della celebrazione eucaristica: "E se il santo Popolo di Dio con i suoi pastori, provenienti da tutto il mondo, nutre aspettative, speranze e anche qualche timore sul Sinodo che stiamo iniziando, ricordiamo ancora una volta che non è un incontro politico, ma una convocazione nello Spirito; non un parlamento polarizzato, ma un luogo di grazia e di comunione".

"Lo Spirito Santo spesso annulla le nostre aspettative per creare qualcosa di nuovo che supera le nostre previsioni e negatività. Apriamoci e invochiamo lo Spirito Santo. È Lui il protagonista. E camminiamo con Lui, con fiducia e gioia", ha detto il Romano Pontefice.

Una Chiesa "che diventa un colloquio" (San Paolo VI)

"Lo sguardo accogliente di Gesù ci invita anche ad essere una Chiesa accogliente, non una Chiesa dalle porte chiuse", ha sottolineato il Papa. "Nei tempi complessi di oggi, sorgono nuove sfide culturali e pastorali, che richiedono un atteggiamento interiore cordiale e amichevole, per poterci confrontare senza paura. Nel dialogo sinodale, in questa bella "marcia nello Spirito Santo", che compiamo insieme come Popolo di Dio, possiamo crescere nell'unità e nell'amicizia con il Signore per osservare le sfide attuali con il suo sguardo; per diventare, per usare una bella espressione di San Paolo VI, una Chiesa che "si fa colloquio" (Lettera Enciclica Ecclesiam suam, n. 34)". 

Meditando sulle parole di Gesù nel Vangelo, Francesco ha aggiunto: "È una Chiesa "dal giogo dolce" (Mt 11,30), che non impone pesi e che ripete a tutti: "Venite, voi tutti che siete afflitti e oppressi, venite voi che avete smarrito la strada o che vi sentite lontani, venite voi che avete chiuso la porta alla speranza, la Chiesa è qui per voi, la Chiesa delle porte aperte a tutti, a tutti, a tutti"", ha ribadito in vari modi.

Una Chiesa che non è "né rigida né tiepida".

I tratti della Chiesa secondo Francesco mettono in guardia anche da alcune tentazioni che possono sorgere. Il Papa ha commentato. "Fratelli e sorelle, santo popolo di Dio, di fronte alle difficoltà e alle sfide che ci attendono, lo sguardo di Gesù, che benedice e accoglie, ci libera dal cadere in alcune pericolose tentazioni: quella di essere una Chiesa rigida, che si irrigidisce contro il mondo e guarda al passato; quella di essere una Chiesa tiepida, che si arrende alle mode del mondo; quella di essere una Chiesa stanca, ripiegata su se stessa". 

A questo punto ha fatto riferimento al santo della povertà, San Francesco d'AssisiCamminiamo sulle orme di San Francesco d'Assisi, il santo della povertà e della pace, il "pazzo di Dio" che portava nel suo corpo le ferite di Gesù e, per rivestirsi di Lui, si spogliava di tutto. San Bonaventura racconta che, mentre pregava, il Crocifisso gli disse: "Francesco, vai e ripara la mia casa" (Legenda maior, II, 1)". 

Armi del Vangelo: "umiltà, unità, preghiera, carità".

"Il Sinodo serve a ricordarci che la nostra Madre Chiesa ha sempre bisogno di essere purificata, di essere "riparata", perché siamo tutti un Popolo di peccatori perdonati, sempre bisognosi di tornare alla fonte, che è Gesù, e di rimetterci in cammino sulle vie dello Spirito perché il suo Vangelo arrivi a tutti", ha aggiunto il Santo Padre.

"Francesco d'Assisi, in un periodo di grandi lotte e divisioni tra il potere temporale e quello religioso, tra la Chiesa istituzionale e le correnti eretiche, tra i cristiani e gli altri credenti, non ha criticato o attaccato nessuno, ma ha solo abbracciato le armi del Vangelo: umiltà e unità, preghiera e carità. Facciamo anche noi lo stesso!

"Gesù non è sopraffatto dalla tristezza".

Nel delineare questo profilo, il Papa ha attinto in particolare a un passo del Vangelo di San Matteo, per incoraggiare di fronte alla tristezza o allo scoraggiamento. Il Vangelo racconta "un momento difficile della missione di Gesù, che potrebbe essere descritto come una desolazione pastorale", ha detto Francesco. I dubbi di Giovanni Battista, le città che non si erano convertite, la gente che lo accusava di essere un mangione e un beone... Tuttavia, "Gesù non si lascia vincere dalla tristezza, ma alza gli occhi al cielo e benedice il Padre perché ha rivelato ai semplici i misteri del Regno di Dio".

"Mettere Dio al centro del nostro sguardo".

Francesco ha citato alcuni dei suoi predecessori. Oltre a San Paolo VI, nel suo riferimento a una Chiesa "che si fa colloquio", lo ha fatto anche con San Giovanni XXIII, nel suo discorso di apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II, l'11 ottobre 1962, quando ha sottolineato che "è necessario innanzitutto che la Chiesa non si allontani dal sacro patrimonio di verità ricevuto dai Padri; ma, al tempo stesso, deve guardare al presente, alle nuove condizioni e forme di vita introdotte nel mondo attuale, che hanno aperto nuove strade all'apostolato cattolico".

All'inizio dell'omelia, il Santo Padre ha fatto riferimento anche a Benedetto XVI che, rivolgendosi alla 13ª Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi nell'ottobre 2012, ha detto: "La domanda per noi è: Dio ha parlato, ha veramente rotto il grande silenzio, si è mostrato, ma come possiamo portare questa realtà agli uomini di oggi, perché diventi salvezza?

La risposta è stata accennata all'inizio di queste righe, quando Francesco ha sottolineato che "la questione fondamentale", "il compito principale del Sinodo" è "rimettere Dio al centro del nostro sguardo, essere una Chiesa che vede l'umanità con misericordia".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cultura

Libri religiosi aperti LIBER 2023

Il 3 ottobre 2023, la fiera internazionale del libro LIBER ha preso il via all'IFEMA con la 5ª Conferenza sul libro religioso, con il tema "Grandi sfide e preoccupazioni del libro religioso".

Loreto Rios-4 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La 5ª Conferenza sul libro religioso è stata organizzata dalla Commissione degli editori di libri religiosi (CELR), che riunisce un totale di quasi 30 editori religiosi con temi e generi letterari diversi, dalla teologia alla filosofia, dalla storia alla narrativa.

La conferenza è stata aperta da monsignor Francisco César García Magán, segretario generale della Conferenza episcopale spagnola, che ha sottolineato la sfida che gli editori di libri religiosi devono affrontare oggi. Ha inoltre affermato che l'editoria è un investimento a medio e lungo termine, un concetto che oggi si scontra con la "società dell'immediatezza" e che gli editori, soprattutto quelli di contenuti religiosi, "mantengono questo impegno con sacrificio".

D'altra parte, ha affermato che la Chiesa ha dimostrato fin dall'inizio di essere impegnata nella cultura del tempo e nell'evangelizzazione. Il messaggio evangelizzatore non può essere fossilizzato, ma "è per tutti e per tutti i tempi". García Magán ha anche sottolineato, riferendosi al messaggio evangelico, che l'importante è l'acqua, non il contenitore in cui viene servita. Perché ci deve essere libertà di culto, ma anche "libertà di annuncio", adempiendo al comando di Gesù Cristo: "Andate e fate discepoli tutti i popoli".

Questo è il terzo anno in cui la Giornata del Libro Religioso viene celebrata in LIBERIn questa occasione sono stati discussi i temi che attualmente destano maggiore preoccupazione in questo campo, con lo slogan "Grandi sfide e preoccupazioni dei libri religiosi".

La conferenza è stata coordinata da José Manuel Bargueño, direttore commerciale di Ediciones Palabra e coordinatore della Commissione degli editori di libri religiosi, e comprendeva tre tavole rotonde.

Il primo, intitolato "Libri religiosi e media. La battaglia della visibilità", è stato moderato dalla direttrice di Literocio e Getafe Negro, Maica Rivera, e ha visto la partecipazione di Fernando Bonete, responsabile della sezione libri di El Debate, autore, professore universitario e influencer culturale, e di José Ramón Navarro-Pareja, redattore del quotidiano ABC e responsabile dell'informazione religiosa di questo giornale.

In questa tavola rotonda si è discusso del rapporto tra editori di libri religiosi e media e ci si è chiesti se i libri religiosi abbiano visibilità sulla stampa.

È seguita la tavola rotonda "Pirateria e copyright. L'evangelizzazione non deve essere una scusa", moderata dalla vice direttrice di Società e Cultura di Europa Press, María Pin. Sono intervenuti Lucía Pastor, direttrice del Dipartimento antipirateria del CEDRO, Ana M.ª Cabanella, direttrice della casa editrice argentina Claridad e vicepresidente della CADRA, e lo scrittore José María Rodríguez Olaizola.

Infine, si è tenuta la tavola rotonda "Comunità che credono in te", con la partecipazione di Íñigo Ybarra, responsabile marketing del Gruppo Loyola Communication, e Juan Carlos Manso, direttore di SJDigital del Gruppo Loyola Communication.

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Cultura

L'anno con 10 giorni di anticipo

Nell'anno 1582 ci furono dieci giorni che non furono osservati: dal 5 ottobre al 14 ottobre. Ciò era dovuto al cambiamento del calendario da giuliano a gregoriano.

Loreto Rios-4 ottobre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Dal 4 ottobre 1582 entrò in uso un nuovo calendario, che fu chiamato "gregoriano" in onore del papa che lo istituì, Gregorio XIII.

Il calendario precedente, il calendario giuliano, prendeva il nome da Giulio Cesare, che lo aveva istituito nel 46 a.C. Questo calendario stabiliva che l'anno durava 365 giorni e 6 ore. In realtà, questo calcolo era in ritardo di 11 minuti e 15 secondi rispetto al tempo astronomico. Una differenza minima, ma nel 1582 si erano accumulati dieci giorni di differenza.

Il problema era noto fin dal IV secolo e nel XIII secolo gli astronomi del re Alfonso X il Saggio avevano calcolato quasi perfettamente lo sfasamento: 10 minuti e 44 secondi.

Tuttavia, fu Papa Gregorio XIII a decidere di porre rimedio all'errore, poiché cominciava a influire sulle date della Pasqua, che veniva celebrata sempre più presto nell'anno. Per aggiustare le date, si dovettero saltare dieci giorni dell'anno, per cui giovedì 4 ottobre 1582 fu spostato a venerdì 15.

Spagna, Francia e Italia si adattarono subito alle nuove date, ma non tutti i Paesi adottarono immediatamente il nuovo calendario. L'Inghilterra, che si era staccata da Roma solo 48 anni prima, abbandonò il calendario giuliano nel 1752 e la Svezia nel 1753. Il Giappone aderì al calendario gregoriano nel 1873, la Cina nel 1912, la Grecia nel 1923, la Russia nel 1918 e la Turchia nel 1927. Tuttavia, le date liturgiche nei Paesi cristiani non cattolici sono ancora segnate dal calendario giuliano, il che significa che la Pasqua cattolica non coincide con quella ortodossa. Tuttavia, a partire dal 2023, L'Ucraina ha deciso di celebrare le proprie festività religiose secondo il calendario gregoriano.Pertanto, non celebreranno più il Natale il 7 gennaio, ma il 25 dicembre.

Diverse persone sono state incaricate di esaminare il problema del calendario: il tedesco Christopher Clavius o l'astronomo Luigi Lilio. Inoltre, nel 2012, la dottoressa Ana María Carabias ha pubblicato il libro "Il problema del calendario".Salamanca e la misurazione del tempo"Lo studio ha evidenziato il ruolo che gli scienziati dell'Università di Salamanca hanno avuto nell'istituzione del calendario gregoriano. Secondo questo studio, nel 1515 i ricercatori di Salamanca inviarono un rapporto al Vaticano su questo argomento. Poiché la relazione passò in gran parte inosservata, l'Università ne inviò un'altra nel 1578, allegando la prima. Questa seconda relazione è conservata nel Biblioteca Apostolica Vaticanamentre il primo è assente. Il documento indica diverse opzioni per risolvere il problema del disallineamento causato dal calendario giuliano, tra cui la rimozione dei giorni rilevanti da un mese, che è stata infine adottata.

Il nuovo calendario fu stabilito dalla bolla papale "Inter gravissimas", emanata il 24 febbraio 1582 da Gregorio XIII. In essa si indicava che l'anno sarebbe stato spostato da giovedì 4 ottobre a venerdì 15 ottobre per recuperare i giorni persi a causa del disallineamento del calendario giuliano. Il mese di ottobre fu scelto perché aveva meno date religiose e quindi non alterava il calendario liturgico.

Così, ad esempio, Santa Teresa di Gesù, morta il 4 ottobre, fu sepolta il giorno successivo, il 15 ottobre.

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Vaticano

Mitezza e umiltà nel cammino sinodale

"Papa Francesco ha chiesto che tutta la Chiesa sia coinvolta, che tutti siano protagonisti nella logica dell'ecclesiologia del Popolo di Dio. Questo spiega perché Episcopalis communio trasforma il Sinodo da evento a processo, articolato in fasi".

Antonino Piccione-3 ottobre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Il primo Sinodo che si è tenuto secondo il Costituzione Apostolica Episcopalis communio dal 15 settembre 2018. "Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione": il 4 ottobre si terrà la prima sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi.

Tappa di un processo iniziato il 10 ottobre 2021, che culminerà in una nuova sessione il prossimo anno, sempre in ottobre. La prima con la partecipazione attiva e il diritto di voto di settanta non vescovi, oltre alla presenza di cinquanta esperti, suddivisi in facilitatori e teologi. 

Riscoprire la dimensione del silenzio per ascoltare la voce dello Spirito e fare del Sinodo un luogo di fraternità: è questo il "cammino" spirituale indicato da Papa Francesco alla Chiesa durante il Sinodo. la veglia di preghiera ecumenica "Insieme - Incontro del popolo di Dio", il 30 settembre in Piazza San Pietro.

Insieme a Francesco, diciannove rappresentanti ecumenici hanno pregato insieme e ascoltato le significative testimonianze di giovani, alcuni dei quali rifugiati e disabili intellettivi.

Pre-ritiro

Dopo la veglia ecumenica e nell'ultimo giorno del ritiro spirituale alla "Fraterna Domus" di Sacrofano per i partecipanti al Sinodo, Madre Ignazia Angelini ha sottolineato durante la celebrazione "l'intima energia del cammino sinodale. In tutti i suoi passi e passaggi. Il Sinodo stesso si svolge come una "celebrazione".

"Fammi giustizia, Dio" (Sal 42,1) dà voce", ha osservato, "al gemito dell'umanità oppressa e della creazione nella vanità e nel travaglio (Rm 8,20-24), preda di una tristezza generale che offusca i nostri giorni".

Ma poi, senza interruzione, cantiamo: "Tutto canta e grida di gioia" (Sal 63,14). È proprio questo contrappunto di supplica e di lode il canto ininterrotto della fede, che riunisce le armonie dissonanti dei mondi visibili e colti, accompagnandoci nella notte nella lotta per credere, per essere in compagnia degli uomini come "tutti i fratelli e le sorelle".

Gli fa eco padre Radcliffe, per il quale "la convocazione serale di ogni giorno, nel Magnificat, ci accoglie e ci rivela come portare a compimento ogni opera intrapresa nell'obbedienza della fede. Al calar della sera, la Madre di Dio ci attende con il suo canto. Un canto straordinario per il suo potenziale di lettura profetica della storia. Una sintesi "materna" che raccoglie e dà luce alla nostra sfilacciata storia umana. E indica la strada".

Il canto di Maria viene così donato alla Chiesa di Dio nel suo cammino "per raccogliere nella preghiera il crepuscolo della sera e per aprire il futuro ad ogni suo passo. Anche le assemblee sinodali".

Il Magnificat è - secondo padre Radcliffe - per la Chiesa e il suo processo sinodale, "una grazia quotidiana di compimento; una grazia che la spinge in avanti, al di là delle differenze e delle opposizioni. Spinge con l'intima certezza che il Signore comunque fa la grazia, guarda la povertà, conosce - dall'Egitto del popolo oppresso al Golgota del Figlio - le nostre fatiche e afflizioni".

Con mitezza e umiltà. Nomi, volti, domande, confronti, scelte, sotto quello sguardo unificante, "senza voltarsi indietro".

Processo sinodale

Ad Avvenire, intervistato oggi da Stefania Falasca, don Dario Vitali, docente di ecclesiologia presso il Dipartimento di Teologia Dogmatica della Pontificia Università Gregoriana, nominato da Papa Francesco coordinatore degli esperti teologi coinvolti nel Sinodo, spiega la metodologia dei lavori sinodali: "Papa Francesco ha chiesto che tutta la Chiesa sia coinvolta, che tutti siano protagonisti nella logica dell'ecclesiologia del popolo di Dio. Questo spiega perché Episcopalis communio trasforma il Sinodo da evento a processo, articolato in fasi. Nella prima fase, la partecipazione di tutta la Chiesa e di tutti nella Chiesa è avvenuta attraverso la consultazione del Popolo di Dio nelle Chiese particolari e dopo i due momenti di discernimento, nelle Conferenze episcopali e nelle Assemblee continentali. Secondo il Concilio Vaticano II, il Popolo di Dio partecipa alla funzione profetica di Cristo (Lg 12). Pertanto, i membri non vescovi, che non rappresentano il Popolo di Dio, ma sono testimoni dell'unità del processo sinodale, partecipano pienamente all'Assemblea. La loro presenza e il loro contributo dimostrano che il Sinodo non è un'Assemblea circoscritta e che la prima fase è essenziale per il discernimento. E che le questioni da affrontare sono quelle che emergono dalla consultazione del Popolo di Dio".

L'obiettivo ultimo del processo", sostiene Vitali, "è quello di radicare uno stile e una forma di Chiesa sinodale, in modo che la sinodalità, come dimensione costitutiva della Chiesa, possa e debba plasmare la Chiesa stessa, la sua vita, le sue istituzioni, il suo modo di pensare e di operare, la sua missione".

Un principio maturato nel solco della Tradizione, in continuità con il Concilio, "che non contraddice", conclude il teologo, "la Chiesa come è sempre stata, ma che la illumina con una luce nuova, con quella novità che è sempre nell'ordine della grazia, quindi nova et vetera, nuovo perché vecchio".

Anche nei giorni scorsi Papa Francesco ha risposto ai 5 Dubia, le domande che alcuni cardinali hanno posto al Santo Padre lo scorso luglio. Le risposte del Pontefice, in spagnolo, sono state pubblicate sul sito Sito web del Dicastero per la Dottrina della Fede.

L'autoreAntonino Piccione