Vaticano

Francesco affida le madri che soffrono per la guerra all'Immacolata Concezione

Papa Francesco ha pregato ieri in Piazza di Spagna a Roma l'Immacolata Concezione, affidandole il dolore delle madri che piangono i loro figli uccisi dalla guerra e dal terrorismo, e di tutte le donne che hanno subito violenza.

Francisco Otamendi-9 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Dopo due settimane di attività ridotta a causa di un'infiammazione polmonare, il Papa ha lasciato ieri il Vaticano. Prima di recarsi a Piazza di Spagna, nel centro della capitale italiana, per pregare ai piedi della statua della Vergine Maria, il Papa si è fermato alla Basilica di Santa Maria Maggiore per venerare l'icona della Vergine Maria. Salus Populi Romani e offrirvi la Rosa d'Oro, simbolo della benedizione papale

Poi, nella preghiera tradizionale, ha chiesto ai Vergine Immacolata di rivolgere i suoi "occhi di misericordia a tutti i popoli oppressi dall'ingiustizia e dalla povertà, provati dalla guerra: "Madre, guarda il popolo martoriato dell'Ucraina, il popolo palestinese e il popolo israeliano, ancora una volta sprofondato nella spirale della violenza".

"Mostraci ancora, o Madre, la via della conversione, perché non c'è pace senza perdono e non c'è perdono senza pentimento", ha pregato il Pontefice. "Il mondo cambia se cambiano i cuori; e tutti devono dire: a cominciare dal mio.

Questo è il testo integrale della preghiera del Papa nel atto di venerazione dell'Immacolata Concezione in Plaza de España:

Preghiera del Santo Padre all'Immacolata Concezione a Roma

"Vergine Immacolata!

Veniamo a te con i cuori combattuti tra speranza e angoscia.

Abbiamo bisogno di te, nostra Madre.

Ma prima di tutto vogliamo ringraziarvi

perché in silenzio, come è tuo stile, vegli su questa città

che oggi vi avvolge di fiori per dirvi il suo amore.

In silenzio, giorno e notte, vegli su di noi:

sulle famiglie, con le loro gioie e preoccupazioni - lo sapete bene;

sui luoghi di studio e di lavoro; sulle istituzioni e sugli uffici pubblici;

negli ospedali e nei manicomi, nelle carceri e nelle persone che vivono per strada;

nelle parrocchie e in tutte le comunità della Chiesa di Roma.

Grazie per la vostra presenza discreta e costante

che ci dà conforto e speranza.

Abbiamo bisogno di te, madre,

perché tu sei l'Immacolata Concezione.

La vostra persona, il fatto stesso della vostra esistenza

ci ricorda che il male non ha né la prima né l'ultima parola;

che il nostro destino non è la morte, ma la vita,

non odio ma fratellanza, non conflitto ma armonia,

non è la guerra, ma la pace.

Guardando a voi, siamo confermati in questa fede

che gli eventi mettono talvolta alla prova.

E tu, Madre, volgi i tuoi occhi di misericordia

su tutti i popoli oppressi dall'ingiustizia e dalla povertà,

testata dalla guerra: Madre, guarda il popolo martoriato dell'Ucraina,

il popolo palestinese e il popolo israeliano,

sprofondato di nuovo nella spirale della violenza.

Oggi, Santa Madre, portiamo qui sotto il tuo sguardo

a tante madri che, come lei, sono in lutto.

Madri che piangono i loro figli uccisi dalla guerra e dal terrorismo.

Le madri che li vedono partono per viaggi di disperata speranza.

E lo stesso vale per le madri che cercano di liberarli dai legami della dipendenza,

e coloro che li assistono durante una lunga e dura malattia.

Oggi, Maria, abbiamo bisogno di te come donna,

di affidare a te tutte le donne che hanno subito violenza

e coloro che ne sono ancora vittime,

in questa città, in Italia e nel mondo.

Li conoscete uno per uno, conoscete i loro volti.

Ti prego di asciugare le loro lacrime e quelle dei loro cari.

E aiutaci a fare un percorso di educazione e purificazione,

riconoscere e contrastare la violenza in agguato

nei nostri cuori e nelle nostre menti

e chiedere a Dio di liberarci da essa.

Mostraci ancora, o Madre, la via della conversione,

perché non c'è pace senza perdono

e non c'è perdono senza pentimento.

Il mondo cambia se cambiano i cuori;

e tutti dovrebbero dire: a partire dal mio.

Ma solo Dio può cambiare il cuore umano

con la sua grazia: la grazia in cui tu, Maria,

ci si immerge fin dal primo momento.

La grazia di Gesù Cristo, nostro Signore,

che hai generato nella carne,

che è morto e risorto per noi e che tu ci indichi sempre.

Egli è la salvezza, per ogni uomo e per il mondo.

Vieni, Signore Gesù!

Venga il tuo regno di amore, giustizia e pace.

Amen".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Mondo

Etiopia: patria dell'umanità (II)

In questa seconda parte di una serie in due parti sull'Etiopia, Ferrara ci presenta il cristianesimo, la cultura e l'influenza ebraica in questo paese.

Gerardo Ferrara-9 dicembre 2023-Tempo di lettura: 7 minuti

Come menzionato nell’articolo precedente, l’Etiopia è patria di alcune lingue semitiche dalle caratteristiche peculiari. La più antica e conosciuta tra queste è la lingua liturgica e letteraria della Chiesa ortodossa etiope Tawahedo, il ge’ez. Si tratta di una lingua semitica sudarabica imparentata con il sabeo e scritta con un alfabeto chiamato anch’esso ge’ez (comune alla lingua amarica, a quella tigrina e a quella tigré, sue dirette discendenti, nonché ad altre lingue etiopi).

Una cultura unica

Il Ge'ez sembra derivare da una lingua ancora più antica, parlata nel regno di D'mt, direttamente imparentata con il sabaico e scritta con lo stesso alfabeto sudarabico del Musnad. Oggi è praticamente estinta nella forma parlata, sostituita dall'amarico (la lingua ufficiale federale dell'Etiopia), dal tigrino, dal tigrino e da altre lingue semitiche, mentre l'altra lingua ampiamente parlata in Etiopia è l'oromo (la lingua cushitica del popolo Oromo, l'etnia maggioritaria del Paese). Sono presenti anche l'arabo, il somalo, lingue semitiche come il gauguaz e altre, per un totale di oltre 90 lingue e 100 gruppi etnici.

La maggioranza della popolazione è cristiana (oltre 62%), per lo più aderente alla Chiesa ortodossa di Tawahedo. Un terzo della popolazione, invece, appartiene all'Islam, che era già arrivato nella zona durante la vita di Maometto (famoso l'episodio dell'accoglienza da parte del re di Aksum Ashama di alcune decine di compagni perseguitati alla Mecca dai pagani).

Celebre è anche la presenza di un’antichissima comunità ebraica, i Beta Israel (conosciuti anche volgarmente come Falashà), le cui origini si perdono nel tempo, e che è stata quasi del tutto evacuata dall’Etiopia. Nell’epoca del DERG, infatti, a causa delle carestie, delle discriminazioni e delle violenze da parte del governo, i Beta Israel emigrarono verso il Sudan, trovando anche qui un governo ostile. Ammassati in campi profughi e morti a centinaia nelle lunghe traversate nel deserto tra Etiopia e Sudan, Israele organizzò una serie di missioni segrete tra gli anni ‘80 e ‘90, denominate Operazione Mosè, Operazione Giosuè ed Operazione Salomone, in cui, attraverso un ponte aereo, furono trasferiti circa 95 mila ebrei etiopi, l’85% della comunità. Ad oggi, in Israele vivono 135 mila ebrei etiopi (che negli anni hanno subito discriminazioni anche qui) e circa 4000 in Etiopia.

Altro fenomeno religioso interessante nel Paese è quello dei rastafariani (già menzionato nel precedente articolo), i quali, pur accettando i libri sacri e la dottrina della Chiesa ortodossa etiope, venerano la figura di Hailé Selassié come “Gesù nella sua seconda venuta nella gloria”. Questa dottrina nasce in primis come forma di nazionalismo “etiopista” ed evolve grazie alla predicazione del suo leader e fondatore, il giamaicano Marcus Mosiah Garvey (1887-1940), diffondendosi nel mondo soprattutto grazie alla musica reggae di altri giamaicani, Bob Marley (1945-1981) e Peter Tosh (1944-1987).

I rastafariani nutrono profondo rispetto per le altre religioni, pur rigettando il politeismo, e credono che Hailé Selassié I non sia morto, ma si sia solamente occultato volontariamente agli occhi del genere umano.

Il cristianesimo in Etiopia

La maggioranza dei cristiani etiopi professa la fede ortodossa tawahedo. Per ortodossi, quando si parla di Chiese cristiane, e non solo di quella armena, copta, etiope o altre, non ci si riferisce agli ortodossi bizantini, ma alla denominazione che una particolare Chiesa si dà. Infatti, il termine "Ortodossia", di origine greca, significa letteralmente "retta dottrina". Possiamo quindi dire che ogni Chiesa cristiana si definisce "ortodossa", in riferimento alle altre, che sono considerate "eterodosse", cioè parzialmente in errore rispetto alla retta dottrina.

Il termine ge'ez "tawahedo" (ተተዋሕዶ: "fatto uno", "unificato") si riferisce alla dottrina miafisita che sancisce la natura unica e unificata di Cristo, cioè la completa unione della natura umana e divina (non mescolate ma non separate). In questo caso, si parla di unione "ipostatica". La dottrina non calcedoniana miafisita si oppone alla dottrina calcedoniana diafisita (cattolica, ortodossa, protestante), che professa la coesistenza di due nature in Cristo, umana e divina. Come riportato negli articoli su Cristiani armeni e CoptiLa separazione tra la Chiesa calcedoniana e quella non calcedoniana si incentrava proprio sulla questione cristologica, cioè sulla natura di Cristo, sulla quale si pronunciò il Concilio di Calcedonia del 451.

La Chiesa ortodossa etiope Tawahedo di Etiopia è quindi una Chiesa non calcedoniana: non riconosce cioè i decreti del Concilio di Calcedonia. Fin dalle sue origini, con l'abuna (vescovo) Frumenzio nel IV secolo d.C., era strettamente legata alla Chiesa d'Egitto, in quanto lo stesso Frumenzio fu consacrato vescovo e inviato in Etiopia dal patriarca di Alessandria, Atanasio. Oggi conta circa 50 milioni di aderenti, soprattutto in Etiopia, ed è la più grande di tutte le Chiese orientali non calcedoniane, tra cui la Chiesa copta ortodossa di Alessandria, la Chiesa armena apostolica, la Chiesa ortodossa siro-ortodossa, la Chiesa ortodossa siro-malankarese dell'India e le Chiese ortodosse tawahedo di Etiopia ed Eritrea.

Secondo la tradizione etiope, il cristianesimo è entrato nel Paese già nel I secolo d.C., con la regina ufficiale eunuco Candace, battezzata da Filippo, citata negli Atti degli Apostoli. Questa regina Candace è realmente esistita: Gersamot Händäke VII, regina d'Etiopia intorno alla metà del I secolo d.C..

Tuttavia, abbiamo visto che il cristianesimo divenne religione di Stato nel 400 d.C., quando il giovane re axumita Ezanà fu convertito da Frumenzio, che in seguito divenne il primo vescovo dell'Etiopia (secondo Rufino nella sua "Storia ecclesiastica"). Da allora fino all'inizio del XX secolo, spettava al Patriarca di Alessandria (papa della Chiesa copto-ortodossa d'Egitto) nominare l'arcivescovo etiope (archieparca) e il primate della Chiesa di Tawahedo era un copto egiziano. La Chiesa etiope ottenne quindi l'autocefalia.

Le fortune delle due Chiese, etiope ed egiziana, continuarono a intrecciarsi anche sotto il dominio islamico, al punto che nel 1507 l'imperatore d'Etiopia chiese e ottenne l'aiuto del Portogallo contro i musulmani che cercavano di conquistare il Paese. Successivamente fu la volta dei gesuiti ad entrare nell'Impero abissino, incontrando una forte opposizione da parte della popolazione locale.

Si sono sempre opposti con forza all'influenza straniera, tanto che quando nel 1624 l'imperatore Susenyos si convertì al cattolicesimo in cambio dell'appoggio militare di Portogallo e Spagna e costrinse i suoi sudditi a fare altrettanto, fu costretto ad abdicare e nel 1632 suo figlio Fasilides si riconvertì all'ortodossia copta e la ripristinò come religione di Stato, bandendo gli europei, compresi i gesuiti, dai suoi territori e bruciando tutti i libri cattolici. Per secoli, a nessuno straniero fu permesso di entrare nell'impero.

La Chiesa ortodossa Tawahedo e la Chiesa copta ortodossa di Alessandria si sono "separate" solo nel 1959, quando Papa Cirillo di Alessandria ha incoronato Abuna Basilios primo Patriarca d'Etiopia. Anche la Chiesa eritrea Tawahedo si è separata dalla Chiesa etiope nel 1993, con l'indipendenza dell'Eritrea dall'Etiopia.

Oggi i cristiani etiopi Tawahedo sono circa 50 milioni in Etiopia, accanto a 12 milioni di protestanti e a una piccola minoranza di cattolici. Si concentrano soprattutto nel nord, nel sud e nel centro del Paese (nell’Abissinia storica, culla del Regno axumita e dell’Impero d’Etiopia). Un terzo degli etiopi, invece, è di religione islamica, sebbene l’islam praticato in Etiopia sia anch’esso molto particolare, in quanto isolato per secoli sotto l’egida degli imperatori d’Etiopia e della loro xenofobia e abbia mutuato molti elementi dal cristianesimo. D’altronde, anche il cristianesimo etiope è molto influenzato dall’ebraismo e viceversa.

L'influenza ebraica

L'influenza ebraica, sebbene non si manifesti in modo evidente nella venerazione della Trinità (in ge'ez: Selassie), della Vergine Maria e dei santi, è particolarmente evidente nel culto. Infatti, solo i sacerdoti possono entrare nel sancta sanctorum (tabòt, cioè "arca") della Chiesa durante la celebrazione, mentre la maggior parte dei fedeli rimane fuori dai recinti sacri.

È anche evidente il valore attribuito alle pratiche e agli insegnamenti dell'Antico Testamento, come l'osservanza dello Shabbat, insieme alla domenica, le regole alimentari simili al kashrùt e la proibizione della carne di maiale, il divieto per le donne di entrare in chiesa durante il ciclo mestruale e l'obbligo di coprirsi sempre il capo con un panno chiamato shamma, oltre che di occupare un posto separato dagli uomini.

Inoltre, viene attribuita grande importanza alla purezza rituale: solo i fedeli che si sentono puri, che hanno digiunato (il digiuno rituale prevede un programma di astinenza periodica dalla carne e dai prodotti animali e/o dall'attività sessuale per un periodo totale di 250 giorni all'anno, in base alla scelta autonoma dei fedeli o imposta dalla liturgia) e che hanno mantenuto una condotta conforme ai comandamenti della Chiesa ricevono l'Eucaristia. In genere, quindi, solo i bambini e gli anziani ricevono la comunione, mentre le persone in età sessuale di solito si astengono dalla comunione.

Alcune curiosità

Come i musulmani entrando in moschea, i fedeli etiopi cristiani si tolgono le scarpe entrando in chiesa. In più, baciano il suolo di fronte al portone, essendo la chiesa un luogo sacro. Più enfasi, rispetto ad altre Chiese cristiane, è data alla pratica dell’esorcismo, eseguito in apposite riunioni in chiesa.

La lingua liturgica continua a essere il ge’ez (che è un po’ come il latino per i cattolici), sebbene già dal XIX secolo, e soprattutto durante l’epoca di Hailé Selassié, il Canone delle Sacre Scritture sia stato tradotto in amarico e in altre lingue correnti, utilizzate anche per i sermoni e le omelie. Il Canone è composto dagli stessi libri di altre Chiese cristiane, con l’aggiunta di alcuni libri tipici, quali quello di Enoch, dei Giubilei e il I, II e III Meqabyan (Maccabei etiope).

Grande importanza ha anche il pellegrinaggio, specie ad Axum, città più santa dell’Etiopia, e a Lalibela, luogo celebre per le chiese monolitiche (scavate in un solo pezzo nella roccia) che sono solitamente costruite dall’alto verso il basso scavando nel terreno, e pertanto non visibili dall’esterno.

Un’ultima curiosità è la tradizione etiope che vuole l’Arca dell’Alleanza presente all’interno della Cappella del Tabot ad Axum, dove possono accedere solamente i sacerdoti, per cui nessun altro finora ha mai avuto modo di vedere e analizzare l’oggetto sacro.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Mondo

"Il Vangelo ci mostra il coraggio di Maria", dice il Papa.

Numerose persone hanno reso omaggio all'Immacolata Concezione oggi a Roma. Tra questi, Papa Francesco pregherà questo pomeriggio davanti alla statua della Madonna in Piazza di Spagna inaugurata da Pio IX nel 1857. Il Papa ha anche riflettuto brevemente sulla figura di Maria durante l'Angelus.

Loreto Rios-8 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Oggi è la festa dell'Immacolata Concezione di Maria e molte persone sono venute a Piazza di Spagna a Roma per venerare la statua della Vergine Maria che fu inaugurata da Pio IX in onore dell'Immacolata Concezione pochi anni dopo la sua morte. proclamare il dogma.

Questa mattina, il Papa ha recitato l'Angelus in Piazza San Pietro, in cui ha ricordato che l'angelo Gabriele, nel salutare la Vergine all'Annunciazione, non la chiama "Maria": "Non la chiama con il suo nome, Maria, ma con un nome nuovo che lei non conosceva: pieno di grazia. Piena di grazia, e quindi vuota di peccato, è il nome che Dio le dà e che oggi celebriamo. (...) Conservare la nostra bellezza ha un costo, una lotta. Infatti, il Vangelo ci mostra il coraggio di Maria, che ha detto "sì" a Dio, che ha scelto correre il rischio di Dioe il passo della Genesi sul peccato originale ci parla di una lotta contro il tentatore e le sue tentazioni". 

Il Papa ha anche ricordato le vittime nei Paesi in guerra e ha chiesto il dono della pace.

Roma rende omaggio all'Immacolata Concezione

Nel corso della giornata sono previsti anche altri omaggi alla Madre di Dio: alle 15.30, Francesco dona una Rosa d'Oro all'immagine della Vergine Salus Populi Romani.

In seguito, intorno alle 16, il Papa si recherà a Piazza di Spagna a Roma per venerare la statua della Madonna, una tradizione che risale al 1857, quando Papa Pio IX inaugurò questa statua in omaggio all'Immacolata Concezione.

La colonna del monumento è alta 12 metri ed è stata progettata dall'architetto Luigi Poletti. Sulla sua sommità si trova la statua in bronzo della Madonna, realizzata dallo scultore Giuseppe Obici.

Al suo arrivo, Francesco sarà accolto dal cardinale Angelo De Donatis e dalle autorità civili, pregherà davanti alla statua e deporrà dei fiori ai suoi piedi.

Questa statua riceve numerose visite durante tutto l'8 dicembre, sia da parte di privati che di organizzazioni. Innanzitutto, come da tradizione, i Vigili del Fuoco si recano in Plaza de España alle 7 del mattino, poiché furono loro a inaugurare il monumento nel 1857. Anche l'Ordine di Malta, il Corpo della Gendarmeria Vaticana e l'ambasciatore spagnolo presso la Santa Sede, tra gli altri, le rendono omaggio.

Da parte sua, la Basilica dei Dodici Santi Apostoli conserva la più antica novena all'Immacolata Concezione di Roma. Oggi, per la conclusione della novena, il cardinale Giovanni Battista Re celebrerà la Messa.

"100 Presepi in Vaticano".

Nel pomeriggio sarà inaugurata anche la mostra internazionale "100 Presepi in Vaticano", uno degli eventi preparatori del Giubileo 2025, nell'ambito dell'iniziativa "Giubileo è Cultura". All'inaugurazione parteciperanno monsignor Rino Fisichella, proprefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, e l'ambasciatore italiano presso la Santa Sede, Francesco di Nitto.

All'evento parteciperanno anche padre Massimo Fusarelli, ministro generale dell'Ordine dei Frati Minori, e il sindaco di Greccio, Emiliano Fabi.

L'esposizione, che comprende oltre 120 presepi provenienti da 22 Paesi diversi, commemora l'800° anniversario del presepe che San Francesco realizzò nel Natale del 1223 nel borgo di Greccio, a pochi chilometri da Rieti, e che segnò l'inizio della tradizione dei presepi.

Evangelizzazione

L'Immacolata Concezione di Maria: origini e tradizione

Nel 1854, Papa Pio IX proclamò l'Immacolata Concezione un dogma di fede. Tuttavia, questa dottrina affonda le sue radici nella tradizione della Chiesa ed è stata abbracciata dai cristiani fin dai tempi antichi.

Loreto Rios-8 dicembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

L'Immacolata Concezione è un'antica festa della Chiesa che si celebra l'8 dicembre. Di seguito, esaminiamo le caratteristiche principali di questa festa, l'origine del dogma e il motivo per cui la Spagna ha avuto un rapporto speciale con questa dottrina.

La festa

L'Immacolata Concezione si riferisce alla Il concepimento di Maria nel grembo di Sant'Anna: per una grazia speciale, Maria fu concepita senza il peccato originale con cui ogni persona nasce a causa di Adamo. Questa dottrina non ha nulla a che fare con la concezione verginale di Gesù nel grembo di Maria, contrariamente a quanto molti ancora credono. Questa dottrina non ha nulla a che fare con la concezione verginale di Gesù nel grembo di Maria, contrariamente a quanto molti ancora credono.

Proprio perché si riferisce al concepimento di Maria (e non di Gesù), questa festa viene celebrata fin dall'antichità l'8 dicembre, nove mesi prima della festa della Natività di Maria, che viene commemorata l'8 settembre.

Il colore della festa è il celeste. Sebbene la data cada sempre nel periodo dell'Avvento, la Spagna e i Paesi ispanici possono celebrare questo giorno con l'azzurro come colore liturgico grazie a un privilegio speciale concesso da Papa Pio IX nel 1864 (Decreto 4083 della Sacra Congregazione dei Riti).

In Spagna è un giorno sacro obbligatorio, poiché l'Immacolata Concezione è la patrona della Spagna (a differenza della Virgen del Pilar, che è la patrona della Spagna).

Dogma

L'8 dicembre 1854, Papa Pio IX proclamò l'Immacolata Concezione un dogma di fede. Anche se fino ad allora non era stato proclamato un dogma, si trattava di una dottrina in cui la Chiesa aveva creduto fin dagli albori del cristianesimo, e infatti fin dall'antichità esistevano confraternite, congregazioni, monasteri e templi con questo nome, oltre a diversi patronati dell'Immacolata Concezione.

La proclamazione del dogma avvenne attraverso la lettera apostolica "...".Ineffabilis Deus". Come ha sottolineato Pio IX in questo testo, "la Chiesa cattolica, che, istruita dallo Spirito di Dio, è colonna e fondamento della verità, ha sempre ritenuto come divinamente rivelata e come contenuta nel deposito della rivelazione celeste questa dottrina sull'innocenza originale dell'augusta Vergine, che è così perfettamente in armonia con la sua meravigliosa santità e con la sua eminente dignità di Madre di Dio; E come tale non ha cessato di spiegarla, insegnarla e favorirla ogni giorno di più, in molti modi e con atti solenni".

Pio IX ha anche ricordato nella "Ineffabilis Deus" che al Concilio di Trento (1545-1563), nel definire il dogma del peccato originale, che riguarda tutti gli uomini, fu specificato che la Vergine Maria non era inclusa in questo "tutti".

L'Immacolata Concezione e la Spagna

Papa Clemente XIII dichiarò l'Immacolata Concezione patrona della Spagna nel 1760, con la bolla "Quantum Ornamenti", su richiesta del re Carlo III. Il re la ratificò con la legge "Patrocinio universale di Nostra Signora dell'Immacolata Concezione in tutti i regni di Spagna e delle Indie". Questa data non segna l'inizio del rapporto dell'Immacolata Concezione con la Spagna, poiché da secoli era una festa importante.

Giovanni Paolo II, in un omelia pronunciata a Saragozza il 6 novembre 1982Ha ricordato gli sforzi della Spagna nel corso della storia per la proclamazione del dogma: "Nella vostra storia, l'amore mariano è stato il lievito del cattolicesimo. Ha spinto il popolo spagnolo a una ferma devozione e all'intrepida difesa della grandezza di Maria, specialmente nella sua Immacolata Concezione".

Infatti, nella lettera apostolica "Ineffabilis Deus", Pio IX ricordava un testo di Papa Alessandro VII (1599-1667) in cui si parlava della dottrina dell'Immacolata Concezione e dell'opera di un particolare re di Spagna, Filippo IV: "Perciò, accogliendo le petizioni e le suppliche presentateci dai detti Vescovi, dai capitoli delle loro chiese, e dal re Filippo e dai suoi regni, rinnoviamo le costituzioni e i decreti emanati dai Nostri predecessori i Romani Pontefici, e specialmente da Sisto IV, Paolo V e Gregorio XV, in difesa della sentenza che sostiene che l'anima della Beata Vergine Maria, nella sua creazione e infusione nel corpo, ebbe il dono della grazia dello Spirito Santo e fu preservata dal peccato originale, e a favore della festa e del culto della concezione della stessa Vergine Madre di Dio, intesa secondo la pia sentenza sopra esposta, e ordiniamo che queste costituzioni e decreti siano osservati nella loro interezza, sotto pena di incorrere nelle censure e nelle altre pene previste da queste costituzioni".

La Spagna è sempre stata un Paese con una marcata tradizione mariana, ma anche la devozione all'Immacolata Concezione ha radici storiche.

Il miracolo di Empel

"Nel 1585, quattromila coraggiosi soldati spagnoli sfuggirono per poco alla distruzione totale". Così inizia un articolo del Museo dell'Accademia Militare Olandesescritto dal Dr. C. M. Schutten.

Il miracolo avvenne durante la Guerra degli Ottant'anni (1568-1648), in particolare nel 1585, quando parte della popolazione olandese si ribellò all'Impero spagnolo. L'aspetto curioso dell'episodio del miracolo di Empel è che fu riconosciuto non solo dai cattolici, ma anche dai protestanti, sebbene questi ultimi lo considerassero "una sfortunata coincidenza", secondo Schutten.

La storia si svolge sull'isola di Bommel, tra i fiumi Mosa e Waal. L'esercito ribelle distrusse alcune dighe, che inondarono l'intera area e la compagnia del Maestro di Campo Francisco Arias de Bobadilla rimase intrappolata sulla collina di Empel. Erano circondati da navi nemiche e sembrava che non avessero via d'uscita.

I soldati cominciarono a scavare trincee per resistere e morire combattendo (decisero di farlo, dato che sembrava che non ci fossero possibilità di uscirne vivi). Mentre scavavano, uno dei soldati trovò un'immagine dell'Immacolata Concezione sepolta. Poiché era il 7 dicembre 1585, vigilia della festa, la compagnia lo interpretò come un segno e si raccomandò alla Vergine.

Quella notte, un improvviso vento gelido congelò le acque intorno a Empel. Questo impedì alle navi ribelli di avanzare e dovettero ritirarsi per non incagliarsi. "Quando i ribelli passarono a valle con le loro navi, dissero agli spagnoli, in lingua castigliana, che era possibile solo che Dio fosse spagnolo, perché aveva fatto un grande miracolo con loro, spiega il capitano Alonso Vázquez (c. 1556-1615) in "Le vicende delle Fiandre e della Francia al tempo di Alessandro Farnese".

Ancora oggi, a Empel si trova una cappella cattolica che ricorda questo miracolo. Nel 1892, la regina Maria Cristina dichiarò l'Immacolata Concezione patrona della fanteria spagnola, anche se di fatto era già considerata tale in precedenza.

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Risorse

In questo Avvento non dimenticate il significato del Natale

Damian O'Connell della Cattedrale di San Patrizio scrive questa lettera ai lettori di Omnes invitando tutti a recuperare il vero significato dell'Avvento e del Natale.

Damian O'Connell-7 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Cari lettori,

Cosa ci aspettiamo dall'Avvento? Cosa pensiamo che stia per arrivare? 

Quando eravamo bambini, vivevamo le quattro settimane prima di Natale come un periodo di trepidante attesa dell'imminente celebrazione della nascita di Cristo. La corona d'Avvento e il calendario dell'Avvento, la preparazione di pani speciali e di biscotti natalizi accrescevano la nostra attesa per l'imminente celebrazione ed erano pietre miliari in un tempo che sembrava infinito.

Da adulti, impariamo che l'Avvento è molto più di una semplice preparazione per la celebrazione di un evento passato: la nascita di Cristo. È anche il momento di rivolgere la nostra attenzione alla preparazione della futura venuta di Cristo nella gloria. Infatti, è fede della Chiesa che colui che è venuto a noi come il povero bambino senza casa di Belén tornerà come Signore trionfante di tutta la creazione.

L'Avvento è quindi un periodo che guarda al passato e ricorda l'attesa storica della venuta di Cristo e l'evento della sua nascita. L'Avvento guarda anche con fede al futuro, al ritorno e alla gloria di Cristo. Durante le quattro settimane di Avvento, ricordiamo le azioni di Dio nel corso della storia umana che hanno preparato la venuta del Salvatore e attendiamo con ansia che le storie si completino con il ritorno del Salvatore.

La presenza di Dio in Avvento

L'Avvento è uno dei nostri periodi preferiti dell'anno. La sua musica, i suoi colori, i suoi toni minori e cupi, i suoi panorami, suoni e odori hanno un grande potere evocativo. Anche se in questo periodo di Avvento non si sono ancora realizzate tutte le promesse di Dio, abbiamo la convinzione che, anche nell'esperienza dell'incompletezza, le grandi promesse di Dio si realizzeranno.

Inoltre, è un tempo pieno di segni sicuri e di fiduciosa speranza che il Natale arriverà; e con il Natale la promessa di Dio nascerà in mezzo a noi. In tutti gli anni della nostra vita questa speranza non è mai stata delusa. Il Natale è sempre arrivato.

È il momento di decidere di agire secondo la nostra fede e di fare la nostra parte nella missione di Gesù per il bene del mondo. Uniti a Gesù, siamo gli strumenti di Dio per portare la pace e la gioia del Regno di Dio a tutte le vite che tocchiamo.

È il momento di riconoscere che non siamo noi ad aspettare che Dio agisca. È Dio che aspetta che noi lo lasciamo agire. Non aspettiamo un momento di più.

L'autoreDamian O'Connell

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Evangelizzazione

Vegliare nell'attesa, insieme alla Vergine Maria e a San Giovanni: il Secondo Avvento Prefazione

All'interno della liturgia dell'Avvento, il Prefazio II della Santa Messa prepara alla prima venuta di Cristo e ricorda le figure che lo hanno atteso nella storia. Un posto centrale è occupato da Maria, sua Madre, e da Giovanni Battista.

Giovanni Zaccaria-7 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Dal 17 al 24 dicembre, in prossimità della celebrazione liturgica del NataleLa Chiesa ci invita a pregare con un prefazio specifico, il prefazio II di Avvento, che sottolinea la contemplazione degli eventi che circondano la prima venuta di Cristo, invitando il popolo di Dio alla gioiosa veglia e all'esultanza nella lode.

"Quem prædixérunt cunctórum præcónia prophetárum, Virgo Mater ineffábili dilectióne sustínuit, Ioánnes cécinit affutúrum et adésse monstrávit. Qui suæ suæ nativitátis mystérium tríbuit nos præveníre gaudéntes, ut et in oratióne pervígiles et in suis invéniat láudibus exsultántes".

"Colui che tutti i profeti annunciavano, la Vergine lo attendeva con ineffabile amore materno; Giovanni lo annunciava già vicino e poi lo indicava tra gli uomini. Il Signore stesso ci concede ora di prepararci con gioia al mistero della sua nascita, affinché, quando verrà, ci troviamo a vegliare in preghiera e a cantare la sua lode".

Si tratta di un testo di nuova composizione, basato su una prefazione molto antica, risalente al IV-V secolo e conservata nel Sacramentario veronese. Alcuni elementi di questo antico testo sono stati aggiunti ad altri provenienti da altre fonti per formare un testo molto bello ed equilibrato.

Si compone di due parti; la prima ha come soggetto Cristo, che è oggetto degli annunci dei profeti ("cunctorum praeconia prophetarum"), oggetto dell'amore ineffabile della Vergine, che lo attende e lo porta in sé, e oggetto della predicazione di Giovanni Battista, che ha avuto anche il compito di indicarlo come l'Agnello che toglie il peccato del mondo (cfr. Gv 1, 29).

Compendio della storia della salvezza

Anche qui, come nel primo prefazio dell'Avvento, ci troviamo di fronte a una sorta di compendio della storia della salvezza, che viene riassunta attraverso alcuni punti particolarmente illuminanti.

La preparazione alla venuta di Cristo nella carne inizia con i profeti, come ci ricorda la Lettera agli Ebrei: "In molti e diversi modi Dio parlò anticamente ai padri per mezzo dei profeti. In questa fase finale ha parlato a noi per mezzo del Figlio" (Eb 1,1-2). Le prime letture della Messa nei giorni tra il 17 e il 24 dicembre contengono pericopi profetiche, come la famosa profezia di Is 7,14 ("Ecco, la Vergine è incinta e partorisce un figlio, che chiamerà Emmanuele"), ma anche la nascita di figure che sono tipi di Cristo, come Sansone, Samuele, ecc. La vicenda umana del Figlio di Dio si inserisce in una storia antica caratterizzata dall'attesa del Messia.

All'interno di questa storia di attesa, un posto di rilievo è occupato dalla Vergine Madre: non è nemmeno necessario pronunciarne il nome, perché in questo essere la sempre Vergine Madre di Dio è la figura della grandezza di Maria, che con amore indicibile è stata disposta a portare il dolce peso della gravidanza per dare alla luce il Messia.

Infine, all'ultimo posto tra i profeti dell'Antica Alleanza, viene menzionato Giovanni Battista, che con la sua profezia (cfr. Mt 3,11) e la sua indicazione di Cristo presente nel mondo (cfr. Gv 1,29-31.34) chiude contemporaneamente il tempo antico e inaugura il nuovo.

La seconda parte del prefazio, invece, è caratterizzata da Cristo come soggetto e il tema dominante è la preparazione all'accoglienza di Cristo da parte del suo popolo. Si passa così dalla contemplazione dell'attesa storica del Messia all'indicazione dell'atteggiamento proprio di chi attende oggi la celebrazione liturgica della venuta del Salvatore. Ritorna qui il tema della vigilanza, come nel prefazio di Avvento I, ma qui l'accento è posto sulla preghiera che deve accompagnare l'attesa (cfr. 1Pt 4,7) ed è presente anche il tema della gioia, tipico del periodo natalizio (cfr. Lc 2,10).

L'autoreGiovanni Zaccaria

Pontificia Università della Santa Croce (Roma)

Per saperne di più

Tre saggi medievali e l'esistenza di Dio

In questo articolo, l'autore passa in rassegna tre figure: Anselmo di Canterbury, Riccardo di San Vittore e Tommaso d'Aquino, esempi di vasta cultura e forte fede.

7 dicembre 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Anselmo di Canterbury, Riccardo di San Vittore e Tommaso d'Aquino sono tre esempi di intelligenza, studio, ragionamento e fede che hanno dato vita a scuole di pensiero illustri e la cui influenza attraversa la storia fino ai giorni nostri.

Anselmo di Canterbury

Anselmo di Canterbury nacque ad Aosta (Italia settentrionale) nel 1033 o 1034. Figlio di nobili genitori, discendenti da un popolo germanico, i Longobardi, dopo la morte della pia madre iniziò una vita dissipata ed ebbe un conflitto con il padre che lo portò a lasciare la casa paterna. Attirato dalla fama di Lancfranco, maestro in una scuola in Normandia, si unì alla scuola e, nel 1060, entrò come monaco nell'abbazia normanna di Bec. Nel 1078 fu eletto abate di Bec, succedendo a Lanfranco. Nel 1093 fu ordinato arcivescovo di Canterbury, dove morì nel 1109.

Sulla scia di Agostino, definì la teologia come fede che cerca di capire. È noto soprattutto per il suo famoso argomento, che si trova all'inizio della sua opera Proslogion e che è stato definito da Kant come ontologico, perché cerca di dimostrare l'esistenza di Dio a partire dall'idea stessa di Dio, senza ricorrere alla creazione, alla Sacra Scrittura o alla tradizione patristica:

Perciò, o Signore, Tu che dai l'intelligenza della fede, concedimi, nella misura in cui questa conoscenza mi è utile, di capire che Tu esisti, come crediamo, e che sei ciò che crediamo.  

Crediamo che al di sopra di Te nulla possa essere concepito dal pensiero. Si tratta dunque di sapere se un tale essere esiste, perché lo stolto ha detto in cuor suo: "Dio non esiste". Ma quando sente dire che esiste un essere al di sopra del quale non si può immaginare nulla di più grande, questo stesso stolto capisce ciò che ha sentito dire; il pensiero è nella sua intelligenza, anche se non crede che l'oggetto di questo pensiero esista. Infatti, una cosa è avere un'idea di un oggetto e un'altra è credere nella sua esistenza. Infatti, quando il pittore pensa in anticipo al quadro che sta per dipingere, lo ha certamente in mente, ma sa che non esiste ancora, perché non lo ha ancora eseguito. Quando, al contrario, lo ha dipinto, non solo lo ha in mente, ma sa anche di averlo fatto. Lo stolto deve convenire che ha in mente l'idea di un essere al di sopra del quale non si può immaginare nulla di più grande, perché quando sente enunciare questo pensiero lo capisce, e tutto ciò che si capisce è nell'intelligenza: e senza dubbio questo oggetto al di sopra del quale non si può concepire nulla di più grande non esiste solo nell'intelligenza, perché, se così fosse, si potrebbe almeno supporre che esista anche nella realtà, una nuova condizione che renderebbe un essere più grande di quello che non esiste se non nel puro e semplice pensiero.

Pertanto, se questo oggetto al di sopra del quale non c'è nulla di più grande fosse solo nell'intelligenza, sarebbe comunque tale che ci sarebbe qualcosa al di sopra di esso, una conclusione che non sarebbe legittima. Esiste dunque, in un certo senso, un essere al di sopra del quale non si può immaginare nulla, né nel pensiero né nella realtà.

Ricardo de San Victor

Riccardo di San Vittore era originario della Scozia e visse dal 1110 al 1173. Entrato nell'Abbazia di Saint Victor a Parigi, fu eletto vicepriore nel 1157, succedendo al suo maestro Hugo come priore, carica che mantenne fino alla morte. Dante Alighiere, nella sua Divina Commedia, colloca Riccardo in Paradiso, nella quarta sfera, dove aveva collocato i saggi. Nel decimo canto Dante dice:

Vedi inoltre lo spirito ardente che fiammeggia/ di Isidoro, di Beda e di Riccardo/ che per me era più di un uomo.

Riccardo di San Vittore utilizza tre modi per dimostrare l'esistenza di Dio:

Primo. - La temporalità degli esseri percepiti sostiene la necessità di un Essere eterno.

In secondo luogo. - Negli esseri che percepiamo con i sensi si può osservare un aumento di perfezione tra gli uni e gli altri, il che rende necessaria l'esistenza di un Essere che è tutta perfezione.

Terzo. - A partire dagli esseri che vengono colti dai sensi, è possibile dedurre le essenze che li compongono e che trovano un modello esemplare nell'essenza di Dio.

Agostino d'Ippona, nella sua opera De TrinitateDice: se vedi l'Amore, vedi la Trinità. Riccardo di San Vittore, nella sua opera De Trinitate, sviluppa questa visione della Trinità divina proposta da Sant'Agostino. Cerca di rispondere a tre grandi domande sul Dio trino cristiano:

1° - Perché l'unità divina implica la pluralità.

2° - Perché questa pluralità è tre.

3°: Come devono essere intese queste tre Persone.

Per rispondere, parte dall'Amore come categoria fondamentale:

1. Non c'è vero amore senza alterità. L'amore per se stessi non è vero amore. Se l'unico Dio è l'amore perfetto, ci devono essere diverse Persone.

2º.- Tre Persone e non due, perché l'amore perfetto non si chiude nella dualità, ma è rivolto a una terza: il Condilectus, l'Amico comune delle altre due Persone.

Ricardo de San Víctor passa in rassegna il concetto di Persona, una categoria utilizzata per comprendere il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

a) La persona è, innanzitutto, il soggetto di se stesso. Solo nel possesso di sé l'essenza, cioè la natura, può e si personalizza (la natura è il quid, ciò che sono, e la persona è il quis, ciò che sono): come persona, possiedo me stesso e posso agire come padrone della mia realtà.

b) Una persona è ciò che è in base alla sua origine. Essendo padroni di se stessi, il modo in cui si è deve essere specificato. Il Padre è padrone della propria natura divina innata. Il Figlio è padrone della propria natura divina ricevuta dal Padre. Lo Spirito Santo possiede la stessa natura ricevuta dal Padre e dal Figlio.

c) La persona è comunione: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo possiedono la loro natura divina nella misura in cui la donano, la ricevono e la condividono; possiedono se stessi nella misura in cui si donano nell'amore.

La Trinità, quindi, è una sola e unica natura divina realizzata in tre Persone. Il Dio che ci viene rivelato nel Vangelo è un Dio trinitario. Un Dio solitario e pretrinitario, senza amore interiore, è inconcepibile agli occhi cristiani di Riccardo di San Vittore. Secondo il Vangelo, Dio è Amore e il processo di realizzazione di questo Amore è il mistero trinitario, la Vita come abbandono, accoglienza e incontro, esistenza condivisa.

Tommaso d'Aquino

Tommaso d'Aquino nacque a Roccasecca, vicino ad Aquino, nel nord del Regno di Napoli, intorno al 1225. Nel 1244 prese l'abito di San Domenico a Napoli. Studiò con Alberto Magno a Parigi e a Colonia. Nel 1252 tornò a Parigi dove divenne maestro di teologia. Morì a Fossanova nel 1274 prima dei 50 anni. Fu canonizzato nel 1323. La sua opera più importante è la Summa theologica.

Tommaso afferma che, come la teologia è fondata sulla rivelazione divina, così la filosofia è fondata sulla ragione umana. Filosofia e teologia devono essere vere: Dio è la verità stessa e non ci possono essere dubbi sulla rivelazione; anche la ragione, usata correttamente, ci porta alla verità. Pertanto, non ci può essere conflitto tra filosofia e teologia. Egli dimostra l'esistenza di Dio in cinque modi, che sono le famose cinque vie:

1° - Per movimento: c'è movimento; tutto ciò che si muove è mosso da un motore; se questo motore si muove, avrà bisogno a sua volta di un altro motore che lo muova, e così via, fino a raggiungere il primo motore, che è Dio.

2° - Dalla causa efficiente (la causa che ha il potere di ottenere un determinato effetto): esiste una serie di cause efficienti; deve esserci una prima causa, altrimenti non ci sarebbe alcun effetto, e questa prima causa è Dio.

3° - Per il possibile e il necessario: la generazione e la corruzione mostrano che le entità che osserviamo possono essere o non essere, non sono necessarie. Ci deve essere un'entità necessaria in sé, e si chiama Dio.                                                                      

Per i gradi di perfezione: ci sono diversi gradi di tutte le perfezioni, che sono più o meno vicini alle perfezioni assolute, e quindi sono gradi di esse; c'è quindi un'entità che è sommamente perfetta, ed è l'entità suprema; questa entità è la causa di tutte le perfezioni e di tutto l'essere, e si chiama Dio.

Per il governo del mondo: gli enti intelligenti tendono a un fine e a un ordine, non per caso, ma per l'intelligenza che li dirige; c'è un ente intelligente che ordina la natura e la spinge verso il suo fine, e questo ente è Dio.

L'idea che anima le cinque vie è che Dio, invisibile e infinito, è dimostrabile attraverso i suoi effetti visibili e finiti.

Evangelizzazione

Isabel Sanchez: "L'amico apostolo non fa marketing"

Isabel Sánchez, direttrice della Consulenza Centrale dell'Opus Dei e tra i relatori dell'11° Simposio di San Josemaría, parla in questa intervista di amicizia, apostolato e del ruolo dei laici nella Chiesa.

Maria José Atienza-7 dicembre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Quando il suo libro "Mujeres Brújula" (Donne della bussola) fu messo in vendita, alcuni la definirono "la donna più potente dell'Opus Dei". Un titolo di cui Isabel Sánchez ride ancora oggi. Questa laica dall'aspetto fragile è la direttrice dell'Ufficio centrale di consulenza dell'Opus Dei. Opus Deil'organo di governo del Opus Dei per le oltre 50.000 donne in 70 Paesi del mondo.

Qualche settimana fa, Sánchez ha lasciato la capitale del Tevere per la città olivicola di Jaén. Lì ha partecipato all'XI Simposio internazionale di San Josemaría che, in questa undicesima edizione, ha focalizzato la sua attenzione sul tema dell'amicizia con relatori come Enrique García MáiquezLuis Gutiérrez Rojas e Ana Sánchez de la Nieta.

"Amici di Dio e degli uomini": così San Josemaría amava definire i fedeli dell'Opera, un richiamo a quei "forti amici di Dio" di Santa Teresa di Gesù. Isabel Sánchez parla a Omnes di amicizia, apostolato, giovani di cuore e di tutto il panorama, molto ampio, dell'Opera. laici nella costruzione della Chiesa.

Prima di parlare di qualcosa, dobbiamo avere chiaro il concetto: cosa intendete per amicizia?

- Mi piace definirlo come una scoperta del cuore. È la relazione affettiva che nasce dall'incontro casuale con qualcuno in cui si trova piena accettazione, una certa armonia interiore e un aiuto disinteressato, per affrontare insieme il mondo, in alcuni suoi aspetti.

Attraverso la relazione e l'abitudine, tale relazione può diventare più profonda, più forte e più potente. Per il modo in cui emerge (si trova) e per il modo in cui influisce sulla nostra vita (la arricchisce), possiamo dire che l'amicizia è un tesoro umano.

Una delle opere più conosciute di San Josemaría, Amici di Dio. Parliamo tanto di "amicizia con Dio", ma forse non sappiamo essere amici degli "uomini" e troviamo addirittura "sospetta" un'amicizia disinteressata... Abbiamo un problema di partenza?

- Sono piacevolmente sorpreso che lei dica che si parla molto dell'amicizia con Dio. La verità è che, nel mio ambiente, con i miei amici, non ho visto che è così comune parlarne: piuttosto, mi imbatto in una certa indifferenza verso la religione o, nel migliore dei casi, in un desiderio di raggiungere un rapporto intimo con Dio senza sapere come collegarsi a Lui...

In ogni caso, da quando Dio si è fatto Uomo, il cerchio si chiude: ogni amicizia con un altro uomo ha qualcosa di divino, e ogni amicizia con Gesù Cristo valorizza e nobilita l'amicizia con gli uomini. L'unico problema di partenza potrebbe essere l'individualismo egocentrico o quella che Papa Francesco chiama la globalizzazione dell'indifferenza.

Se ci chiudiamo in noi stessi, ci rendiamo inadatti all'amicizia, sia con le persone che con Dio. E di fronte a questo, San Josemaría ci invita, mettendo questo invito in bocca a Gesù Amico: "Uscite da quella vita stretta, che non è vita" ("...").È Cristo che passa", n. 93)

I giovani di oggi vivranno l'amicizia nel modo in cui noi adulti insegneremo loro a viverla.

Isabel Sánchez. Segretario generale dell'Opus Dei

Nel Simposio di San Josemaría Pensa che i giovani concepiscano e vivano l'amicizia in modo del tutto "scontato"?

- La giovinezza è una fase vitale della vita in cui si esce, per così dire, di casa per andare nel mondo. È un periodo di esplorazione dell'universo umano in cui gli amici assumono una rilevanza particolare. Gli amici sono coloro con cui si esce per navigare nella vita.

I cuori giovani sono sempre pronti a dare il massimo, ma questa è un'arte che si impara. I giovani di oggi vivranno l'amicizia nel modo in cui noi adulti insegniamo loro a viverla: il nostro esempio conta molto; i modelli che presentiamo loro in serie, film, romanzi; la vita e la narrazione degli influencer...

Una delle prime cose che i nativi digitali devono imparare è quella di distinguere tra amici e seguaciL'amicizia richiede presenza, tempo e l'applicazione della logica della gratuità, non di quella del mercato.

Parlando di amicizia disinteressata, san Josemaría diceva che "su cento anime ce ne interessano cento". Come coniugare amicizia e autentica vocazione apostolica senza che l'amicizia venga strumentalizzata?

- Un'autentica vocazione apostolica parte dal rispetto totale della libertà di Dio - che cerca amici, non schiavi -, della propria libertà - riconosciuta come un grande dono che non può essere usato per sottomettere gli altri - e della libertà dell'amico, che si ama in tutta la sua dignità.

L'amico apostolo annuncia Cristo, illumina la via verso di Lui e fa di tutto per accendere nell'amico il desiderio di Dio. Aiuta ad accendere nella persona una scintilla divina che già possiede, anche se a volte è oscurata o distorta. Non commercializza un bene esterno, ma aiuta a scoprire un tesoro interiore che appartiene all'altro, ma che egli deve decidere se accettare e coltivare.

L'apostolo, come Gesù, non dà per ricevere; semplicemente si dona, correndo il rischio della libertà.

isabel sanchez
Isabel Sánchez (a destra) durante l'incontro con i giovani dell'XI Simposio di San Josemaría.

Un'amicizia è un atto reciproco... e nel caso di Dio completamente asimmetrico. Che cosa "contribuisce" l'uomo a Dio?

- Questo è un grande mistero, ma Dio stesso ci ha detto cosa vuole da noi: "Dammi, figlio mio, il tuo cuore" (Prov 23, 26).

Ciò che l'uomo porta a Dio è niente di più e niente di meno che la libera corrispondenza al suo Amore. Ogni piccolo atto d'amore è una bella e gioiosa novità nella Creazione; per questo siamo tutti importanti per Lui.

Come numerario dell'Opus Dei, lei vive e lavora come un normale laico, seguendo lo spirito di san Josemaría. Come viveva san Josemaría questa amicizia con "cielo e terra"?

- Con un cuore di carne, nobile, generoso e indiviso. Con lo stesso cuore con cui amava teneramente i genitori, fortemente gli amici, incondizionatamente i figli, appassionatamente il mondo, con lo stesso cuore amava follemente Gesù Cristo. Per lui, la carità e l'amicizia erano fuse in una sola cosa: la luce divina che dà calore (Forge, 565).

E tutto questo con molta grazia: quella divina, che la portava a donarsi con grande generosità a Dio e agli altri, e quella umana, fatta di sorriso e buonumore.

C'è ancora molta strada da fare all'interno e all'esterno della Chiesa nella comprensione di un rapporto 100% con Dio da parte dei laici? 

- Mi sembra che ci sia ancora molta strada da fare prima di comprendere il potere dei milioni di laici che costituiscono la grande maggioranza della Chiesa. Possiamo approfondire ancora di più la forza trasformatrice del semplice battesimo, che ci permette di raggiungere la massima intimità con Cristo, fino a un abbandono libero ed esclusivo a Lui in mezzo al mondo, e quella del sacramento della confermazione, che ci dà un autentico impulso apostolico, derivante dalla configurazione a Lui e dalla forza dello Spirito Santo.

Ma lo Spirito Santo, il grande Maestro, sta suscitando molti esempi di questa "santità della porta accanto", come l'ha definita Papa Francesco, affinché possiamo vedere con i nostri occhi a quali altezze di spiritualità sono chiamati i battezzati. Basta pensare a Carlo AcutisChiara Corbella, Guadalupe Ortiz de Landázuri e tanti altri: un'intera catena di giovani amici di Dio. 

Vangelo

Il precursore del Signore. Seconda domenica di Avvento (B)

Joseph Evans commenta le letture della seconda domenica di Avvento (B) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-7 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La figura di Giovanni Battista è molto presente nell'Avvento. Stiamo aspettando la venuta di Cristo e Giovanni è stato inviato per preparare Israele alla venuta di nostro Signore. Tuttavia, dobbiamo essere pronti, aperti alla grazia di Dio. La prima lettura di oggi contestualizza il tutto. Israele aveva peccato (e ricordiamoci che anche noi siamo il nuovo Israele nella nostra peccaminosità) ed era stato punito da Dio.

Ma il Signore, attraverso Isaia, offre un messaggio di conforto. Come è appropriato per l'Avvento: cosa potrebbe essere più confortante della venuta del Dio onnipotente come un bambino piccolo e indifeso, bisognoso del nostro affetto?

Dio vuole confortarci se siamo disposti a essere confortati. "Il vostro peccato è stato espiato" e Dio prepara per gli esuli di Babilonia una strada per tornare nella loro terra (parte della punizione per i peccati di Israele era l'esilio in questa grande città pagana). Per Israele viene preparata una strada diritta, con montagne e colline abbassate e rupi spianate.

Non dobbiamo intendere questo alla lettera, come se Dio stesse facendo del giardinaggio per aiutare il popolo d'Israele a tornare a casa. È semplicemente che Dio sta semplificando tutto affinché il popolo torni a Lui.

Siamo noi a complicare le cose. In effetti, parte della nostra conversione in questo Avvento potrebbe essere uno sforzo per essere più semplici e diretti, per cercare di evitare la doppiezza e l'insincerità.

Giovanni si presenta deliberatamente come una figura di tipo Elia, svolgendo il suo ministero nella stessa area e indossando persino lo stesso tipo di abbigliamento grezzo che il profeta usava nove secoli prima di Cristo, una veste di pelle di cammello.

Tutti quei secoli prima, Elia era stato inviato a convertire Israele dal loro doppio gioco, quando tentavano di adorare sia Dio che il falso dio della fertilità Baal, il cui culto permetteva numerose forme di immoralità.

Agendo in questo modo, il Battista realizzava le antiche profezie sul ritorno di Elia. Si attendeva il ritorno di Elia, che era stato portato in cielo apparentemente vivo in un carro di fuoco. Non tornò di persona, ma Gesù spiegò che Giovanni realizzava questa profezia: egli stesso era come un nuovo Elia.

Giovanni indica la maggiore potenza di colui che attende, Gesù Cristo, che battezza con lo Spirito Santo, con Dio, perché egli stesso è Dio. Le letture vogliono renderci più consapevoli della potenza di Dio, anche nel corso del tempo. La seconda lettura ci insegna che Dio è totalmente al di là del nostro limitato concetto di tempo: "Per il Signore un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno"..

Siamo invitati a prendere coscienza del potere salvifico di Dio, anche per non cadere nel pessimismo o nella disperazione, come se la nostra situazione fosse senza speranza. Dio può agire per salvarci ed è pronto a farlo: vuole solo un po' di onestà da parte nostra.

Omelia sulle letture della seconda domenica di Avvento (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Alla vigilia dell'Immacolata Concezione, il Papa invoca lo Spirito Santo

Nella catechesi di oggi, Papa Francesco ci ha incoraggiato a invocare ogni giorno lo Spirito Santo, affinché sia "il respiro del nostro annuncio, la fonte del nostro zelo apostolico". Ha anche incoraggiato a imparare dal "sì" di Maria, molto vicino alla Solennità dell'Immacolata Concezione, e ha pregato per i popoli di Ucraina, Israele e Palestina.

Francisco Otamendi-6 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

In un'Aula Paolo VI gremita in Vaticano con molti pellegrini provenienti dall'Italia e da altri Paesi, il Papa ha incentrato la sua catechesi del giorno sulla Pubblico generale questo mercoledì, la festa di San Nicolasul tema "L'annuncio è nello Spirito Santo". 

Francesco ha detto di sentirsi "meglio", ma ha lasciato che le sue parole venissero lette, tranne le prime, in piedi, e le ultime in italiano, che ha pronunciato lui stesso. 

Non dovevano dimenticare "di pregare per tutti coloro che soffrono la tragedia della guerra, in particolare per i popoli di Ucraina, Israele e Palestina". Con l'aggiunta, come suo solito, che "la guerra è sempre una sconfitta" e che "nessuno vince, tutti perdono, solo i produttori di armi vincono".

La Chiesa annuncia il "dono" dello Spirito Santo

"Abbiamo visto nelle catechesi precedenti tre caratteristiche dell'annuncio del Vangelo: esso è

gioia, per tutti e per oggi. In questa occasione, stiamo riflettendo su un ultimo aspetto: la

Il protagonista dell'annuncio è lo Spirito Santo", ha esordito il Santo Padre nella sua meditazione.

"Senza lo Spirito Santo, lo zelo apostolico sarebbe vano, diventerebbe solo nostro e non porterebbe veri frutti. La Chiesa non proclama se stessa, ma proclama una grazia, un dono, appunto il "Dono di Dio", con la maiuscola, che è il suo stesso Spirito", ha aggiunto.

Missione con creatività e semplicità

Il Papa ha sottolineato che lo Spirito Santo "ispira la missione con creatività e semplicità; due caratteristiche distintive che anche noi siamo chiamati a vivere. Innanzitutto la creatività pastorale, per annunciare Gesù in ogni circostanza e cercare sempre nuove vie evangelizzatrici per incontrare gli uomini e le donne del nostro tempo.

"E anche la semplicità, affinché, illuminati dallo Spirito Santo, sappiamo tornare alle fonti del primo annuncio e trasmettere l'essenza della nostra fede con freschezza ed entusiasmo".

"È il fuoco dello Spirito che ci fa credere in Gesù Cristo, che con la sua morte e risurrezione ci rivela e ci comunica l'infinita misericordia del Padre", ha aggiunto. 

"Vieni, Spirito Santo"

"Fratelli e sorelle", ha incoraggiato il Pontefice, "lasciamoci catturare dallo Spirito Santo e invochiamolo ogni giorno: sia Lui il principio del nostro essere e del nostro agire; sia Lui il principio di ogni attività, riunione, incontro e annuncio. Egli vivifica e ringiovanisce la Chiesa: con Lui non dobbiamo temere, perché è Lui che è armonia, che tiene sempre insieme creatività e semplicità, che realizza la comunione e manda in missione, che apre alla diversità e conduce all'unità. Egli è la nostra forza, il respiro del nostro annuncio, la fonte dello zelo apostolico. Vieni, Spirito Santo".

"Maria rispose con il suo sì".

Nella sua sintesiIl Papa ha detto: "Chiediamo allo Spirito Santo, per intercessione della nostra Madre Immacolata - di cui celebriamo la solennità venerdì prossimo - di precederci e accompagnarci in ciascuno dei nostri apostolati e di rinnovare il nostro zelo apostolico, concedendoci creatività pastorale e semplicità evangelica. Gesù vi benedica e la Vergine Santa vegli su di voi".

Nelle sue parole ai pellegrini multilingue, il Papa ha ricordato la Vergine Maria. "Ci stiamo avvicinando alla Solennità della Immacolata Concezione. Maria "ha creduto nell'amore di Dio e ha risposto con il suo "sì". Imparate da lei la piena fiducia nel Signore per testimoniare ovunque la bontà e l'amore del Vangelo".

Ai fedeli di lingua polacca, Papa Francesco ha espresso un saluto speciale agli artisti che partecipano al concerto "Salmi di pace e di ringraziamento", che commemora la beatificazione di Papa Francesco d'Assisi, nato in Polonia. Famiglia Ulma

Ha anche ricordato che "questa domenica si celebrerà in Polonia la Giornata di preghiera e di aiuto materiale alla Chiesa in Oriente. Ringrazio tutti coloro che sostengono la Chiesa in quei territori con le loro preghiere e offerte, specialmente nella martoriata Ucraina. Vi benedico di cuore.

San Nicola, formatori del seminario, famiglie anglofone

Nel suo saluto ai pellegrini di lingua italiana, il Papa ha dato "un cordiale benvenuto ai formatori dei seminari che partecipano al corso promosso dal Dicastero per l'Evangelizzazione. Cari sacerdoti, siate accompagnati dalla costante assistenza del Signore, affinché queste giornate di studio ravvivino il vostro servizio alla Chiesa".

"Cari fratelli e sorelle, oggi ricorre la memoria di San Nicola, vescovo di Myra. Professando fermamente la sua fede in Gesù Cristo, l'unigenito Figlio di Dio, si è sempre adoperato per i più vulnerabili della società. Seguiamo il suo esempio per vivere bene in questo tempo di Avvento", ha detto il Santo Padre ai pellegrini di lingua tedesca.

Il Papa ha anche dato il benvenuto a "tutti i pellegrini di lingua inglese, in particolare ai gruppi provenienti da Malta, Australia, Malesia, Giappone, Indonesia e Stati Uniti d'America. Su tutti voi e sulle vostre famiglie invoco la gioia e la pace di nostro Signore Gesù Cristo. Che Dio vi benedica.

Messicani, sostegno alle vittime di Acapulco

Prima di recitare il Padre Nostro e dare la sua benedizione ai pellegrini, il Pontefice ha ricordato le vittime del recente uragano e ha lanciato un appello al sostegno. "Saluto i membri della Fondazione Telethon in Messico. Cari messicani, vi invito a collaborare per le vittime di Acapulco; vi invito a includere tutte le persone con disabilità in Messico. Lottiamo contro la società dello scarto, difendiamo la dignità di ogni persona", ha incoraggiato.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

La leggenda di San Nicola: l'origine di Babbo Natale

Il Natale è un periodo di famiglia, luci e cioccolatini. È un periodo di racconti, leggende e storie vere. Una delle storie natalizie più conosciute è quella di Babbo Natale, la cui origine risale a San Nicola di Bari.

Paloma López Campos-6 dicembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

La stragrande maggioranza delle persone sa che questo Natale, come tutti i Natali precedenti, ci sarà il momento della narrazione. Che si tratti di storie di famiglia, di racconti per i più piccoli o di quel film romantico in TV, la narrazione è un elemento tipico del Natale, insieme ai polvorones, ai regali e alle decorazioni.

C'è una figura di questo periodo che è conosciuta praticamente in tutto il mondo, anche se non è quella veramente importante, che è Cristo, ma un suo buon amico: San Nicola di Bari. Se il nome non vi convince, forse conoscete meglio il suo pseudonimo: Babbo Natale.

Prima che l'uomo barbuto conquistasse le vetrine dei negozi, la figura di Babbo Natale ricordava molto di più quella di San Nicola, un vescovo del IV secolo che ha ispirato il folklore per creare la leggenda di Babbo Natale.

L'origine

Poco si sa della vera vita di Nicola di Bari. Nacque sotto il dominio dell'Impero romano e alcuni dicono che partecipò al primo Concilio di Nicea. Sembra che provenisse da una famiglia cristiana benestante e che sia stato nominato vescovo quasi per caso. È più certo che fosse un uomo molto generoso e che al momento della sua morte la gente gli fosse già molto devota.

Il vescovo San Nicola di Bari (Wikimedia Commons)

Dopo la morte di Nicola, l'imperatore Teodosio fece costruire una chiesa sul luogo della sua sede episcopale per venerare le sue reliquie. Tuttavia, le ossa del santo furono spostate più volte, in quanto mercanti e devoti trasferirono le sue spoglie da una città all'altra. L'effettiva ubicazione del corpo di San Nicola di Bari è oggetto di controversia ed è ancora nelle mani degli archeologi.

Ma come è possibile che una persona di cui sappiamo così poco sia diventata una delle figure più riconoscibili del Natale? È qui che entra in gioco la leggenda.

La storia racconta che San Nicola di Bari salvò tre giovani donne il cui padre era in rovina. Non potendo contrarre matrimonio per mancanza di denaro o di mezzi per sopravvivere, le tre donne erano destinate alla prostituzione. Venuto a conoscenza di ciò, il vescovo gettò un sacchetto di monete d'oro da una finestra della casa, senza che nessuno se ne accorgesse. Quando il padre lo trovò, poté dare in sposa la figlia maggiore perché aveva una dote. Poco dopo, Nicola di Bari ripeté il gesto. Anche la seconda figlia poté celebrare il suo matrimonio.

Nel suo terzo atto di generosità il benefattore non riuscì a passare inosservato. Il padre se ne accorse e non poté che inginocchiarsi davanti al vescovo per ringraziarlo del suo gesto. San Nicola chiese all'uomo di non raccontare a nessuno l'origine dei tre doni. Ecco perché oggi è la storia più famosa del santo.

Babbo Natale e San Nicola

La figura di Babbo Natale si basa in parte su questa storia. Alcune varianti della storia dicono che San Nicola fece cadere le monete nel camino della casa (proprio come oggi Babbo Natale scende in quello stretto canale), così l'oro cadde nelle calze che le ragazze avevano lasciato ad asciugare (ed è per questo che le calze devono essere appese nel camino ogni anno).

Si dice anche che il santo abbia salvato diversi bambini. Pare che durante la sua vita abbia riportato in vita tre bambini che erano morti dopo essere caduti da un albero. Intercedette anche per riportare in vita bambini che erano stati uccisi da un crudele locandiere. Salvò anche un bambino durante la Seconda Guerra Mondiale. La madre del bambino lo perse di vista durante un bombardamento sulla città di Bari. Alcune ore dopo, il bambino si presentò incolume alla sua porta, spiegando che un San Nicola lo aveva protetto e aiutato a tornare.

Ma il rapporto del vescovo con il Natale Non è una novità. Fin dal Medioevo era consuetudine fare regali ai più piccoli, di cui San Nicola era chiaramente il custode, alla vigilia della sua festa, il 6 dicembre.

San Nicola oggi

Questo bellissimo ricordo ha assunto la sua forma attuale grazie all'influenza di altre figure e leggende europee. Tra queste, "Father Christmas", un personaggio tratto da un poema inglese del XV secolo; "Sinterklaas", un vecchio maestoso che indossa un mantello e che proviene dalla cultura dei Paesi Bassi, della Svizzera e del Belgio; e "Mikulás", un personaggio leggendario del popolo ungherese.

Nel corso del tempo, la memoria di San Nicola di Bari, dei suoi doni e del suo apprezzamento per i bambini è stata distorta. Il Babbo Natale che conosciamo oggi è nato dalla reinterpretazione delle tradizioni europee negli Stati Uniti. Gradualmente, il santo cristiano è stato trasformato dal disegno di un vignettista al vecchio vestito di rosso e bianco (anche il fatto che i colori siano dovuti a una nota marca di bevande fa parte della leggenda).

Alcuni Paesi vedono Babbo Natale come il risultato dell'eliminazione di Dio dal Natale, facendo perdere al Natale la sua essenza. Per altri è un espediente commerciale che invita al consumo. Tuttavia, nessuno può togliere ai cattolici il loro San Nicola, che funge da precursore del giorno più importante della stagione e che, da buon allievo del suo Maestro, ha dato vita a quella famosa frase: "Lasciate che i bambini piccoli vengano a Me" (Matteo 19,14).

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Cultura

La corona d'Avvento, una tradizione di lunga data in Germania

La corona d'Avvento si è diffusa inizialmente in ambito protestante, ma oggi è un must, sia nelle chiese che nelle famiglie cattoliche.

José M. García Pelegrín-6 dicembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Sebbene si possano riconoscere nella corona d'Avvento dei predecessori pagani, come le torce che venivano accese nel periodo buio dell'anno come una sorta di incantesimo al dio Sole per il suo ritorno, la sua storia autentica è relativamente recente.

Il teologo protestante Johann Hinrich Wichern (1808 -1881) fondò nella sua città natale, Amburgo, una sorta di villaggio per "salvare i bambini trascurati e difficili da educare": la "Rauhes Haus". Con un concetto educativo rivoluzionario per l'epoca, i bambini imparavano a leggere e scrivere, ma anche a lasciarsi alle spalle il passato. Chi entrava nella "Rauhes Haus" "doveva perdonare tutto e per sempre".

Wichern collocò la prima corona d'Avvento nella casa nel 1839, appendendola nella sala di preghiera per preparare i suoi alunni al Natale. La corona "originale" o cosiddetta "di Wichern" consisteva in una ruota di carro ricoperta di rami di abete, con quattro grandi candele bianche, che simboleggiavano le domeniche, intervallate da candele rosse più piccole, che rappresentavano i giorni lavorativi. La prima candela veniva accesa la prima domenica di Avvento e l'ultima il 24 dicembre.

La "corona di Wichern", con quattro candele bianche e 20 candele rosse più sottili, è ancora utilizzata in alcuni edifici particolarmente significativi come il Bundestag o Parlamento tedesco, il Municipio di Amburgo o "Sankt Michaelis", la più importante chiesa evangelica della stessa città. Tuttavia, soprattutto per motivi pratici, è stata presto sostituita da quattro candele, una per ogni domenica di Avvento.

All'inizio del XX secolo, quella che era una consuetudine nel mondo protestante si diffuse anche nel mondo cattolico: nel 1925, una corona d'Avvento fu posta per la prima volta in una chiesa cattolica di Colonia; nel 1930, Monaco seguì l'esempio.

Il tentativo di distruzione nazista della corona d'Avvento

Durante l'epoca nazionalsocialista (1933-1945), gli ideologi nazisti cercarono di impadronirsi del Natale e di trasformare il Natale cristiano in un "Natale tedesco", "Yule" o "Festa del solstizio d'inverno".

La corona dell'Avvento è arrivata a rappresentare le quattro stagioni. Inoltre, al posto della classica corona di rami d'abete, vennero aggiunte forme alternative alla struttura portante, come la ruota del sole o decorazioni vichinghe che simboleggiavano le origini germaniche; in altri casi venne utilizzata una base a forma di svastica. Si cercò anche di sostituire uno speciale simbolo pagano: il "Julleuchter" ("candeliere di Yule"). Questo candeliere di argilla, decorato con rune germaniche, era associato alla "festa del solstizio d'inverno"; pur essendo un simbolo antico, fu fatto proprio dal nazismo.

Lo stretto legame tra questo simbolo pagano e il terrore nazionalsocialista portò alla loro quasi totale distruzione dopo il 1945. Sorprendentemente, forse a causa degli attuali sforzi per distorcere il carattere cristiano del Natale, tali candelabri vengono nuovamente prodotti oggi.

Nonostante questi sforzi, la corona d'Avvento era già così diffusa che i nazisti non riuscirono a soppiantarla. Anche se al giorno d'oggi possono essere realizzate in tutti i tipi di forme - non solo in cerchio - con altri tipi di supporto, come legno o metallo, e con candele di diversi colori, la corona d'Avvento tradizionale è di forma circolare, con il supporto verde formato da rami di abete e le candele rosse o bianche, almeno nelle case private o anche nei negozi, ecc.

La corona d'Avvento oggi

Per l'uso liturgico, cioè nelle chiese, la corona d'Avvento può avere le candele del colore liturgico, viola o porpora. In questo caso - sempre per uso liturgico - la terza candela è di colore più chiaro o addirittura rosa, perché questo è il colore dei paramenti usati nella terza domenica di Avvento, o domenica "gaudete". In alcuni casi al centro della corona viene aggiunta una candela bianca, che viene accesa la notte di Natale.

Meno frequentemente si vedono nelle chiese corone d'Avvento con candele nei quattro colori liturgici: bianco, verde, rosso e viola. Tuttavia, anche nelle chiese tedesche prevalgono le tradizionali corone con candele rosse.

Le corone d'Avvento più famose

La corona d'Avvento appesa più grande del mondo - almeno quella tradizionalmente considerata tale - si trova sopra la fontana della piazza principale della città austriaca di Mariazell. Ha un diametro di 12 metri e pesa sei tonnellate. Si ispira all'originale corona d'Avvento di Wichern ed è decorata con 24 luci: quattro per le domeniche d'Avvento e 20 per i giorni feriali.

Corona d'Avvento Mariazell

Tuttavia, poiché questa è realizzata con materiali artificiali, la corona d'Avvento "vera" più grande del mondo si trova a Kaufbeuren: viene collocata sulla Fontana di Nettuno dalla prima domenica d'Avvento fino alla festa dei Re Magi e ha un diametro di otto metri.

Questa ghirlanda è realizzata con veri rami di abete e decorata con candele di cera alte quasi due metri.

Corona d'Avvento di Kaufbeuren

Simbolismo della corona d'Avvento

La corona d'Avvento contiene diversi simboli; il fatto che, accendendo ogni candela, la luce aumenti simboleggia la venuta di colui che è la "luce del mondo".

I suoi vari elementi hanno anche un certo simbolismo: la forma circolare - il cerchio non ha inizio né fine - richiama l'unità e l'eternità di Dio.

I rami verdi rappresentano il Cristo vivente, poiché il verde simboleggia la speranza e la vita, e fanno già riferimento all'albero di Natale.

Anche il colore delle candele ha una sua simbologia: il colore più comune, il rosso, simboleggia che Gesù Cristo ha dato la sua vita per l'umanità; abbiamo già parlato delle candele viola come simbolo dell'Avvento.

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Evangelizzazione

In fretta e furia e saltando gli ostacoli. Raccolta per la seconda domenica di Avvento

Per la seconda settimana di Avvento, c'è una preghiera colletta tratta dall'antico sacramentario gelasiano, che sappiamo essere stato usato anche durante l'Avvento. Essa ha sostituito un'altra preghiera, in uso fino al messale del 1962, che è stata spostata in un altro giorno dello stesso tempo liturgico.

Carlos Guillén-6 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Come possiamo leggere di seguito, il tema dell'andare incontro a Cristo continua a essere fortemente presente in questa parte dell'Avvento:

"Dio onnipotente, ricco di misericordia, non permettere che le preoccupazioni terrene ci ostacolino quando andiamo con coraggio incontro al tuo Figlio, affinché, imparando dalla sapienza celeste, possiamo partecipare pienamente alla sua vita.

"Omnípotens et miséricors Deus, in tui occúrsum Fílii festinántes nulla ópera terréni actus impédiant, sed sapiéntiae caeléstis erudítio nos fáciat eius esse consortes".

La struttura di questa colletta, nella sua versione latina, consiste in una ricca invocazione, seguita da una petizione composta da due parti contrapposte. D'altra parte, non presenta l'elemento noto come "anamnesis", un riferimento a un'azione salvifica di Dio che viene ricordata, simile in questo senso a quello che abbiamo già analizzato nella prima domenica.

Dio ha fretta, e voi?

Il destinatario della nostra preghiera è Dio Padre, ma noi ci rivolgiamo in modo particolare alla sua onnipotenza e alla sua misericordia. Dopo tutto, "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non perisca, ma abbia la vita eterna. Dio infatti non ha mandato il suo Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui" (Gv 3,16-17).

Le prime parole della petizione ("in tui occúrsum Fílii festinántes") sono in continuità con il modo in cui la liturgia ha proposto di iniziare l'Avvento domenica scorsa, cioè andando incontro al Figlio di Dio che viene. La novità, tuttavia, è l'enfasi sul participio "festinántes", che trasmette l'idea di fretta (anche se è stato un po' offuscato nella traduzione spagnola).

Ci siamo già imbattuti in questa parola, studiando le collette del tempo di Quaresima (quarta domenica). È interessante vedere il ruolo che svolge nel rendere i fedeli consapevoli del susseguirsi del tempo. In fondo, le settimane passano velocemente e il tempo dell'attesa si accorcia sempre di più.

Ma non possiamo considerarla solo nel suo senso puramente cronologico. Descrive anche l'atteggiamento della Vergine quando va a trovare sua cugina Elisabetta (Lc 1,39) e quello dei pastori che si avvicinano a Betlemme in cerca del Bambino dopo l'annuncio degli angeli (Lc 2,16). Pertanto, vuole anche raffigurare l'atteggiamento interiore dei fedeli, che sono chiamati a dare maggiore priorità alla vita della fede, all'incontro con il mistero di Dio.

Solo nella Colletta della Messa mattutina del 24 dicembre la Chiesa osa chiedere questa fretta a Dio stesso, piuttosto che ai fedeli: "Affrettati, Signore Gesù, te lo chiediamo, non tardare". È sorprendente la sicurezza con cui la Chiesa si rivolge a Dio con una richiesta che suona quasi come un'esigenza. Ma, evidentemente, se c'è qualcuno che ha fretta di amare, di donarsi, quello è Dio.

Le vie divine della terra sono state aperte

Come sottolinea la prima parte della petizione, la pronta risposta del cristiano all'amore di Dio incontra una possibile opposizione nelle preoccupazioni terrene ("actus terreni"). Pertanto, chiediamo aiuto affinché esse non siano un impedimento alla nostra volontà di andare incontro al Signore. Queste preoccupazioni "terrene" possono ricordarci i diversi "tipi di terreno" su cui cade il seme, secondo un'altra nota parabola di Gesù (Mt 13). Vale a dire, le diverse risposte possibili alla Parola di Dio e i diversi frutti che essa porta nella vita di ciascuno.

Ma non dobbiamo pensare di abbandonare le nostre occupazioni quotidiane per generare una vita spirituale parallela alle realtà quotidiane in cui dobbiamo impegnarci. L'incarnazione di Cristo, la sua vita nascosta a Nazareth e il suo lavoro ci mostrano che il problema non è nella materialità di queste azioni (che di per sé non ci impediscono di incontrare Dio), ma nella nostra mancanza dello Spirito di Gesù, capace di trasformare ogni momento in un dialogo con il Padre e ogni atto in una dimostrazione di obbedienza e amore.

È dunque la sapienza celeste ("sapientiae caelestis eruditio") di cui vogliamo essere ricolmi che ci oppone a questa possibile mancanza. Se ci lasciamo istruire dallo Spirito di Sapienza e lo applichiamo alla vita ordinaria in cui Dio stesso ci ha posto, riusciremo a trasformarla in un cammino di santità che ci renderà coeredi (consorti) insieme al Figlio. L'Avvento è quindi un tempo di arricchimento spirituale e una nuova chiamata ad accelerare il passo. Tutti i cristiani che vivono e lavorano in mezzo al mondo sono chiamati a trasformare le loro realizzazioni quotidiane in opere preziose agli occhi di Dio. Come insegnava San Josemaría: "C'è qualcosa di santo, di divino, nascosto nelle situazioni più ordinarie, che spetta a ciascuno di voi scoprire" (Omelia "Amare appassionatamente il mondo").

L'autoreCarlos Guillén

Sacerdote del Perù. Liturgista.

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Attualità

Terra Santa. La pace irraggiungibile, tema del numero di dicembre della rivista Omnes

La rivista cartacea Omnes di dicembre 2023 concentra il suo dossier sulla Terra Santa, le origini del conflitto, la sua storia e le sue idiosincrasie, le testimonianze di prima mano. Accanto a questo tema, il Nagorno-Karabakh e la sintesi del Forum Omnes con Jacques Philippe.

Maria José Atienza-5 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

La Terra Santa, la terra di Gesù, dove si sono svolti gli eventi storici dell'incarnazione, della vita e della morte di Cristo, è il tema centrale dell'opera. numero 734 di Omnes.

Il nuovo conflitto nell'area, dopo l'attacco a sorpresa di Hamas contro cittadini israeliani nell'ottobre 2023 e la successiva dichiarazione di guerra, ha nuovamente attirato l'attenzione di media, politici e religiosi di tutto il mondo.

Il dossier inizia con un'ampia e documentata introduzione storica di Gerardo Ferrara che spiega le origini storiche delle tensioni in Terra Santa, nonché le loro ramificazioni politiche e religiose.

Il numero esplora anche alcune delle istituzioni cristiane presenti nell'area, in particolare il lavoro e la storia della Custodia francescana di Terra Santa, che assicura la presenza cristiana in luoghi chiave come la Basilica della Natività a Betlemme e la Basilica dell'Agonia, situata nell'Orto degli Ulivi.

Due donne, una israeliana e una palestinese, condividono anche i loro diversi punti di vista sugli eventi e le lezioni che la società può trarre dalla guerra.

10 anni di Evangelii Gaudium

Il nostro direttore a Roma, Giovanni Tridente, fa il punto sulla presenza dei temi chiave dell'esortazione apostolica. Evangelii Gaudium negli ultimi discorsi di Papa Francesco.

Questo documento, che ha inaugurato il pontificato di Papa Francesco, rimane oggi uno dei testi chiave del magistero del pontefice, che vi fa specifico riferimento in numerose occasioni.

Il conflitto del Nagorno-Karabakh

La sezione dedicata a Mondo questo mese concentra la sua attenzione sul conflitto poco conosciuto di Nagorno-Karabakh. Questa enclave, storicamente legata a Armenia ma situata al confine con l'Azerbaigian ha visto la pratica scomparsa della presenza cristiana armena a seguito delle guerre del 2020 e del 2021 e degli ultimi attacchi dell'esercito azero.

Quella che un tempo era la prima nazione cristiana dell'Occidente sta ora affrontando la scomparsa del suo patrimonio religioso e culturale.

La filosofia cristiana e Jacques Philippe

Da parte sua, Juan Luis Lorda stabilisce nel suo Teologia del XX secolo l'influenza del cristianesimo sullo sviluppo filosofico, ad esempio con l'apporto di un'idea di persona, di amore e di famiglia, di ordine naturale del mondo, di senso della libertà e della responsabilità umana, di ideali di giustizia e di fraternità, nel rispetto della dignità umana.

L'autore sostiene che la nostra cultura democratica si basa su di esse. Si tratta di questioni che possono essere affrontate con la ragione, ma che, in larga misura, sono state stabilite dall'impulso della fede.

Inoltre, la rivista include un ampio reportage dedicato alla Omnes Forum, che si è tenuta il 24 novembre a Madrid e alla quale ha partecipato il noto autore spirituale Jacques Philippe.

In questo incontro, a cui hanno partecipato più di 200 persone, Philippe ha parlato delle conseguenze della morte "traumatica" di Dio nella società di oggi. Ha ricordato, tra l'altro, che disprezzando Dio, noi già "Non c'è pace né sollievo".. Senza speranza, senza misericordia e senza la possibilità di perdono, l'uomo non può nemmeno amare se stesso.

Il contenuto di questo rivista è ora disponibile per gli abbonati a Omnes. Il numero di dicembre 2023 di Omnes è ora disponibile nella sua versione digitale per gli abbonati a Omnes. Nei prossimi giorni verrà recapitato anche all'indirizzo abituale di chi ha questo tipo di abbonamento. abbonamento.

Vaticano

Il Papa dona una rosa d'oro all'immagine della Vergine Maria Salus Populi Romani

Papa Francesco ha annunciato la decisione di donare una nuova Rosa d'Oro all'icona della "Salus Populi Romani", che visita prima e dopo ogni viaggio o ricovero in ospedale.

Giovanni Tridente-5 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Dopo due esemplari storicamente importanti ma andati perduti, Papa Francesco ha deciso di donare una nuova Rosa d'Oro all'icona della Salus Populi Romani che viene venerato nella Basilica di Santa María la Mayor, a cui il Pontefice argentino è molto legato, tanto da visitarla dal giorno successivo alla sua elezione, all'inizio e alla fine di ogni viaggio all'estero, o al termine dei soggiorni in ospedale.

L'omaggio avrà luogo la sera di venerdì 8 dicembre, solennità dell'Immacolata Concezione della Vergine Maria, prima che il Papa venga - come è sempre stato nella sua tradizione, anche durante il tragico periodo della pandemia - a rendere omaggio alla statua della Madonna in Piazza Mignanelli, accanto a Piazza di Spagna.

Un legame secolare

"Dopo 400 anni, il Pontefice ha voluto dare un segno tangibile della sua devozione alla venerata icona", si legge in una nota della Basilica di Santa Maria Maggiore, "rafforzando il legame millenario tra la Chiesa cattolica e la città di Roma".

In realtà, esistono già due Rose attribuite al Salus Populi RomaniLa prima fu donata da Papa Giulio III nel 1551 e la seconda da Papa Paolo V nel 1613. Il primo pontefice era molto legato alla Basilica, tanto da celebrare la sua prima messa sull'altare del Presepe. Paolo V, dal canto suo, lo donò in occasione del trasferimento dell'Icona della Vergine nella nuova Cappella Paolina, eretta appositamente per ospitarla e dove è conservata ancora oggi. Di entrambe le Rose non rimane traccia e si presume che siano andate perdute nel 1797 (Trattato di Tolentino), dopo l'invasione napoleonica dello Stato Pontificio.

Commentando il dono, il curatore straordinario della Basilica di Santa Maria Maggiore, monsignor Rolandas Makrickas, ha definito il dono del Santo Padre un "gesto storico" che conferma il legame del Pontefice "con la Madre di Dio". Inoltre, grazie ad esso "il popolo di Dio sarà ulteriormente rafforzato nel suo legame spirituale e devozionale con la Beata Vergine Maria".

Il rosario per la pace

Al termine del mese mariano dello scorso anno, Papa Francesco ha scelto la Basilica di Santa Maria Maggiore per recitare il Rosario della Pace - soprattutto per la martoriata Ucraina - davanti all'Icona della Salus Populi Romani, insieme ai santuari di vari Paesi del mondo collegati in streaming.

E in quell'occasione ha invocato: "Concedi il grande dono della pace, affinché cessi presto la guerra che da decenni imperversa in varie parti del mondo". E ancora: "Intercedi per noi presso il tuo Figlio, riconcilia i cuori pieni di violenza e di vendetta, raddrizza i pensieri accecati dal desiderio di un facile arricchimento, fa' che la tua pace regni su tutta la terra".

Purtroppo queste parole sono ancora attuali e richiedono l'intervento della preghiera.

Omaggio all'Immacolata Concezione

Senza dubbio il Papa ne parlerà anche davanti alla statua dell'Immacolata Concezione in Piazza Mignanelli, che visiterà la sera dell'8 dicembre.

Una tradizione prettamente "romana" che il Pontefice non ha mai voluto perdere. L'anno scorso l'Ucraina era ancora al centro dei suoi pensieri: "Avrei voluto portarvi oggi il ringraziamento del popolo ucraino per la pace che da tanto tempo chiediamo al Signore. D'altra parte, devo ancora portarvi la supplica dei bambini, degli anziani, dei padri e delle madri, dei giovani di questa terra martoriata che soffre tanto".

Oggi, purtroppo, aggiungiamo il nostro pensiero per la Terra Santa, tragicamente colpita da un conflitto improvviso e allo stesso tempo sproporzionato che sta mietendo migliaia di vittime innocenti. Che ancora una volta: "sull'odio trionfi l'amore, sulla menzogna la verità, sull'offesa il perdono, sulla guerra la pace". Una speranza che diventa ora una necessità assoluta per il mondo intero.

Cultura

Quando il pensiero non è ovvio

L'autore propone come lettura "Elogio del pensiero", del professor Ricardo Piñero, in cui, utilizzando varie opere d'arte come filo conduttore, Piñero riflette su dignità, connettività, solidarietà, sostenibilità e perfettibilità.

Juan Ignacio Izquierdo Hübner-5 dicembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Quale libro consiglierebbe a chi si affaccia all'università? È quello che mi ha chiesto un amico che sta acquistando i regali di Natale. Non ho esitato: l'ultimo libro di Ricardo Piñero (professore di Estetica e Teoria delle Arti all'Università di Navarra): Elogio del pensieroche avrebbe potuto intitolarsi anche "Cinque chiavi per pensare con cuore magnanimo".

"Pensare è un modo di conoscere, di gustare, è un modo di assaggiare, di imparare a discernere, di accettare e negare, di protestare e ammettere, di condividere ciò che siamo per essere, tra tutti, migliori". In altre parole, il pensiero non è qualcosa di ovvio.

Attraverso opere d'arte, scritti divertenti e citazioni di filosofi, l'autore ci mette di fronte a cinque temi che sono alla base di un atteggiamento riflessivo: dignità, connettività, solidarietà, sostenibilità e perfettibilità. Il tutto in 109 pagine che si concludono rapidamente e lasciano l'impressione che la brevità sia stata voluta.

Piñero scrive per accendere la vostra curiosità, stimolare il vostro spirito e invitarvi a rimanere intorno alle questioni; mette solo la scala sull'aereo, ma dopo che l'avrete salita, sarete voi a essere il pilota.

Perché pensare a questi problemi? Perché, pur sapendo che sono inevitabili, li evitiamo. Questo è il dramma del nostro secolo. Dobbiamo essere più consapevoli di quanto sia prezioso e degno abbiamo dimenticato che le idee migliori richiedono una relazione con gli altri.

Ci siamo lasciati andare... forse perché appena intravediamo il disagio perdiamo la voglia di esplorare, ma allora per cosa viviamo? È ora di svegliarsi, perché se decidiamo di esercitare il nostro pensiero e di partecipare alle grandi conversazioni del nostro tempo, allora potremo seminare e portare frutto. Frutti, tanti frutti, perché non possiamo riempire il mondo di frutti? Ognuno darà quello che può, io adoro le castagne, soprattutto d'inverno quando vengono arrostite di fresco in quei magici carretti di Pamplona.

Il pensiero che l'autore propone è un pensiero impegnato per le persone e il bene comune, anche bonario; assomiglia alla conoscenza del cuore di Pascal, alla conoscenza emotiva di Scheler o alla forza conoscitiva dell'amore di Agostino e Bonaventura. Saremo capaci di pensare così, con il cuore? Sì, perché prima siamo stati amati dall'Agnello.

Elogio del pensiero

AutoreRicardo Piñero Moral
Editoriale: Parola
Pagine: 112
Anno: 2023

Lo stesso Agnello è raffigurato nell'angolo inferiore destro della copertina del libro, accovacciato accanto a Giovanni Battista. Il dipinto è opera di Bosch (1489) e Piñero lo commenta nelle ultime pagine del libro: "Giovanni ha gli occhi chiusi, ma vede tutto chiaramente e ci mostra quale strada seguire, ci mostra tranquillamente cosa dobbiamo scegliere, che non tutto vale allo stesso modo, ma che c'è un cammino, una strada ferma, che è davanti a noi, anche se appare semplice e umile come quell'agnello bianco rannicchiato tra la vegetazione, ma che è pura luce, che è la Verità di cui lui è il messaggero...".

In poche parole, Elogio del pensiero è un buon libro da regalare. Poco più di un'ora per salire sulla scala e pilotare l'aereo.

Brevi capitoli per ribellarsi alla vita arida proposta da tanti incauti e per incoraggiare il desiderio di portare i frutti del servizio, sicuri che l'Agnello è la Luce che ci indica la via e anche la meta del nostro viaggio.

Pensare con cuore magnanimo è un dono che dobbiamo a Lui e che il mondo chiede a gran voce. Ecco perché ho detto di cambiare il titolo in "Cinque chiavi per pensare con un cuore magnanimo", ed ecco perché sono così grato a insegnanti come Ricardo Piñero che ci insegnano a vivere e pensare con qualità.

L'autoreJuan Ignacio Izquierdo Hübner

Essere in pace con tutti gli uomini

La nostra società esige dei diritti, il che è ovviamente legittimo, ma c'è sofferenza quando ci aspettiamo che vengano rispettati nei confronti di noi stessi ma non nei confronti degli altri. Questa realtà si aggrava quando, inoltre, chiamiamo diritti i nostri desideri.

5 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Gli esseri umani hanno diritti... e responsabilità!

Con l'emergere di varie iniziative per la difesa dei diritti umani, sembra che abbiamo dimenticato che essi vanno di pari passo con i doveri. La nostra società esige dei diritti, il che è ovviamente legittimo, ma si soffre quando ci aspettiamo che vengano rispettati nei confronti di noi stessi ma non nei confronti degli altri. Questa realtà si aggrava quando, inoltre, chiamiamo diritti i nostri desideri. 

Recentemente una donna matura è venuta nel mio studio in preda all'angoscia per l'imminente arrivo della suocera a casa. Singhiozzava: "Perché deve venire? Ho il diritto di essere felice. 

Ho accompagnato empaticamente i suoi sentimenti e a poco a poco ci siamo aperti a una profonda riflessione sull'amore in famiglia. A un certo punto della conversazione mi ha rivelato cosa c'era nel suo cuore e nella sua coscienza: 

"Per tutta la vita sono stata rifiutata da mia suocera e ora che è malata non ho voglia di vederla. Ma amo mio marito e so che sarebbe prezioso per lui se mostrassi un po' di compassione. So che è ferito dalla mia freddezza e non voglio essere così, ma nel profondo del mio cuore non ho voglia di avvicinarmi. Cosa posso fare?

Nella sua lettera ai Romani, San Paolo ci esorta a rendere viva la nostra fede con alcuni atteggiamenti fondamentali: "Siate concordi gli uni con gli altri, non siate altezzosi nel pensare, ma siate condiscendenti con i piccoli. Non siate saggi nella vostra opinione. Non ripagate mai nessuno male per male. Se possibile, per quanto dipende da voi, siate in pace con tutti gli uomini" (Rm 12, 16-18).

Questo, che sembra utopico, può essere realizzato con la determinazione personale: "Farò la cosa giusta anche se non ne ho voglia". Oggi, grazie ai progressi delle neuroscienze, è confermato che è possibile cambiare i nostri sentimenti e atteggiamenti modificando i nostri comportamenti e pensieri. In altre parole, non dobbiamo far dipendere le azioni che compiamo dai nostri sentimenti; tutti possiamo scegliere le nostre reazioni pensando alle conseguenze e selezionando la risposta migliore a qualsiasi circostanza.

Il neurologo tedesco Eduard Hitzig, già alla fine del XIX secolo, ideò quello che oggi conosciamo come alfabeto emozionale. Egli individuò una correlazione tra determinati sentimenti e atteggiamenti. 

Sosteneva che i sentimenti "R" generano atteggiamenti "D":

-Rabbia, risentimento, rancore, rifiuto

Generano atteggiamenti "D":

-Depressione, scoraggiamento, sconforto, mancanza di speranza, disperazione.

Al contrario, i sentimenti "S" producono atteggiamenti "A":

-Serenità, socievolezza, sonnolenza, sorriso, saggezza

Generano atteggiamenti "A":

-Amore, amicizia, apprezzamento, incoraggiamento, vicinanza.

Secondo le osservazioni del Dr. Hitzig, il nostro cervello può essere plasmato: il cervello è un "muscolo" facile da ingannare; se sorridete pensa che siete felici e vi fa sentire meglio.

Sarà quindi necessario fare buon viso a cattivo gioco e andare avanti e fare la cosa giusta anche se non ne abbiamo voglia, questo ci darà maturità emotiva. Sforziamoci di praticare le virtù umane, questo è stato il cammino dei santi e noi siamo chiamati ad esserlo. 

Quando la Parola di Dio ci chiede di ricambiare il bene con il male, è perché, conoscendo la nostra natura umana, ci raccomanda di fare ciò che è meglio per noi, e non ciò che ci impone il nostro risentimento.

Ascoltare la voce del Creatore e obbedirgli ci rende veramente liberi e felici.

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Vaticano

Il pensiero di Benedetto XVI, un faro per la Chiesa

Rapporti di Roma-4 dicembre 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il 30 novembre Pablo Blanco e Francesc Torralba hanno ricevuto il Premio Ratzinger dal cardinale Parolin. In seguito, hanno potuto salutare Papa Francesco.

Entrambi i premiati sottolineano che il pensiero e l'eredità di Joseph Ratzinger illumineranno fortemente la Chiesa del presente e del futuro.


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Avvento: candele per aspettare il Signore

Bambini posizionano le candele mentre preparano una corona d'Avvento nella chiesa di San Carlo Borromeo a New York. La corona d'Avvento è una delle tradizioni tipiche di questo periodo liturgico.

Maria José Atienza-4 dicembre 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vocazioni

La vita quotidiana del rettore della Cattedrale di St. Patrick, New York City

Il rettore della Cattedrale di San Patrizio a New York, Enrique Salvo, sente un forte legame con i fedeli cattolici latini, essendo lui stesso originario del Nicaragua. Nel suo lavoro quotidiano, oltre a servire con piacere la comunità, cerca di promuovere la devozione alla Divina Misericordia, alla quale è particolarmente affezionato.

Jennifer Elizabeth Terranova-4 dicembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Non c'è mondanità quando si è rettore della Cattedrale di San Patrizio e responsabile della Basilica di San Patrizio Vecchio.

"Non ci sono due giorni uguali", dice la Padre Salvoe "non c'è routine, perché ogni settimana c'è un altro obiettivo e qualcos'altro, e questo lo rende eccitante... e non devo avere una routine fissa su quante ore devo stare alla mia scrivania e in chiesa". E aggiunge: "Oggi abbiamo più flessibilità per lavorare da molti posti", cosa di cui don Salvo è grato.

Questa "flessibilità" è utile perché gli permette di "stabilire le priorità in base alle esigenze di ogni giorno, che sono molto diverse, e fa parte dell'entusiasmo di questo posto", ha detto don Salvo.

All'inizio del mandato di Enrique Salvo, tutti i fedeli della congregazione erano ansiosi ed entusiasti di dare il benvenuto al nuovo rettore, di fargli gli auguri e di pregare per lui; alcuni, tuttavia, avevano uno o due suggerimenti amichevoli e personali. Il nuovo rettore si è dimostrato amichevole, disponibile e felice di ascoltare il suo nuovo gregge. Una in particolare è Madeline, che ha 93 anni ed è stata una parrocchiana quotidiana per oltre 55 anni. Madeline ha elogiato padre Salvo per molte ragioni. Dice che è stato molto disponibile ad aiutarla a sistemarsi in una casa cattolica e per la sua decisione di resuscitare l'immagine della Divina Misericordia, che era rimasta in deposito prima del suo rettorato. Come molti cattolici, Madeline è devota alla Divina Misericordia; per coincidenza, anche padre Salvo e la sua famiglia hanno un'ardente devozione.

Misericordia divina

Prima del rettorato di padre Salvo, una bellissima immagine della Divina Misericordia era rimasta in deposito nella Cattedrale di San Patrizio. Egli racconta a Omnes che è stata realizzata appositamente per la Cattedrale di Cracovia nel santuario della Divina Misericordia ed è stata donata da un ex parrocchiano molto fedele che era molto attivo nella cattedrale, ma che è deceduto qualche tempo fa.

"Madeline mi aiutò a riflettere e mi diede un'immagine più piccola per ricordarmi di renderla visibile in chiesa", ricorda padre Salvo. Lei lo fece e creò un santuario nella cattedrale. Padre Salvo concorda sul fatto che sia bello, ma dice: "La cosa più importante di tutte è credere nei messaggi, cosa che naturalmente siamo invitati a fare e che la Chiesa incoraggia". È anche consapevole delle molte persone che hanno questa devozione e ha parlato di San Giovanni Paolo II e di come "ha fatto in modo che tutti sapessimo che tutto questo è accaduto, che è reale e che è qualcosa di cui dobbiamo fidarci". Dice anche che dovremmo ricordare ciò che Gesù ha detto: "Tra le cose che ci ha chiesto, compresa la grande festa della Divina Misericordia la seconda domenica di Pasqua, è che voleva che questa immagine si diffondesse perché non è solo un'immagine che ci aiuta a pregare perché è bella.

L'interno della Cattedrale di San Patrizio è uno spettacolo da vedere e ha una pletora di statue da cui si può scegliere di dire una preghiera, fare una novena o accendere una candela. Il rettore Salvo apprezza tutte le immagini e le statue, insieme alla Madonna, che si trovano nella chiesa, "sono tutte dolci e belle, e abbiamo Gesù nel Santissimo Sacramento, e poi abbiamo il crocifisso", riconosce padre Salvo. Tuttavia, apprezza il fatto di avere "un Gesù che non è crocifisso o in croce". Secondo lui, "è bello vedere un'immagine di Gesù come è rappresentato nella Divina Misericordia", che vediamo raramente.

"Abbiamo anche la Pietà", dice padre Salvo, ma ribadisce l'importanza della Divina Misericordia e di come Nostro Signore "abbia voluto che quell'immagine si diffondesse, quindi quanto è più bello che ogni anno sei milioni di persone da tutto il mondo passino per la cattedrale". "Vedo quasi tutto il giorno persone che la fotografano, e ora tutti pubblicano tutto, quindi penso che la Cattedrale di San Patrizio stia aiutando questa missione in un modo molto speciale, perché diffonde quell'immagine, che è un'immagine consacrata, di un promemoria di quanto dobbiamo confidare in Lui".

Nicaragua e Divina Misericordia

Padre Salvo è nato in Nicaragua e racconta di avere una storia familiare legata all'immagine della Divina Misericordia. Racconta a Omnes che l'immagine è stata vicina alla sua famiglia per molto tempo. Suo zio, un immobiliarista, costruì una delle due montagne che formano la baia di San Juan del Sur, la città balneare più famosa del Nicaragua. Suo zio ebbe "questo momento miracoloso e bellissimo con Gesù della Divina Misericordia e iniziò una grande devozione a Lui". E fu ispirato a costruire "una bellissima" statua in cima alla montagna, in modo che ovunque ci si trovi in città, si veda la grande statua di Gesù, e la gente venga in pellegrinaggio", racconta don Salvo.

Alla sua base si trova anche una cappella, dove il rettore Salvo celebrò la prima messa. La statua colossale è una delle statue di Gesù più alte del mondo e quando le navi da crociera arrivano in Nicaragua, la prima cosa che vedono è la Divina Misericordia: che modo di dare il benvenuto a tutti!

Gesù, in Te confido

Padre Salvo dice di essere grato allo zio, che lo ha influenzato nella devozione alla Divina Misericordia, e apprezza "l'opportunità di diffonderla, non solo come sacerdote cattolico ma anche come persona proveniente da una famiglia che ha questa devozione". Lo zio è stato colpito da un ictus e non gode di ottima salute, ma fortunatamente ha un nipote che prega per l'uomo che gli ha infuso l'amore per la Divina Misericordia ogni volta che passa davanti all'immagine nella Cattedrale di San Patrizio.

Lunga vita ai latini cattolici

Gli ispanici rappresentano oltre il 48 % della popolazione. Arcidiocesi di New YorkEnrique Salvo ha iniziato il suo rettorato. Erano entusiasti di dare il benvenuto al loro eccellente nuovo rettore e il fatto di avere il primo ispanico è stato memorabile e storico.

Padre Salvo dice che gli ispanici sono "la vita della Chiesa". E tutti loro stanno lasciando un segno nella loro comunità di fede qui". Il rettore parla di monsignor Joseph Espaillat, che è stato ordinato vescovo lo scorso anno ed è il primo vescovo di origine domenicana; i suoi genitori sono nati nella Repubblica Dominicana.

Siamo testimoni di come gli ispanici "lasciano il segno nella loro comunità di fede qui, ed è bello farne parte", dice don Salvo.

Sebbene la maggior parte delle liturgie sia in inglese, St. Patrick ha una Messa in spagnolo ogni domenica alle 16:00, che padre Salvo dice che "ama celebrare" e che "è una bella combinazione di persone che vedo lì ogni domenica e di persone che vengono da tutto il mondo perché ci sono molti turisti dall'America Latina qui a New York".

Presto potrete leggere di più sulla mia intervista con padre Enrique Salvo.

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Vaticano

Il Papa avverte del rischio per la vita di milioni di persone nel suo messaggio alla COP28

Pur non potendo partecipare di persona, il Papa ha voluto essere presente alla Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici attraverso un messaggio.

Antonino Piccione-4 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Gli Emirati Arabi Uniti stanno ospitando il vertice internazionale COP28. Un incontro che focalizza i suoi obiettivi sui difficili negoziati per il graduale abbandono di alcuni tipi di combustibili.

198 Paesi partecipano a questo incontro con la missione di delineare misure e azioni sociali ed economiche per realizzare una transizione verso altre fonti energetiche rinnovabili come l'energia solare, eolica, idroelettrica e geotermica. Antonio Guterres, Segretario Generale delle Nazioni Unite, nel suo messaggio di apertura ha esortato la comunità internazionale a eliminare i combustibili fossili. 

Era prevista la presenza del Papa, ma - come è noto - ha annullato la sua partecipazione qualche giorno fa per problemi di salute. Non erano presenti né il Presidente degli Stati Uniti Joe Biden né il leader della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, che insieme sono responsabili del 40% delle emissioni annuali di gas serra a livello mondiale. 

Anche se il pontefice non partecipa personalmente, non ha voluto lasciare il suo interesse e la sua attenzione a questi problemi. Ne sono prova alcuni degli ultimi messaggi che ha condiviso sul social network X: "Oggi ci viene chiesto di assumerci la responsabilità dell'eredità che lasceremo dopo il nostro passaggio in questo mondo. Se non reagiamo subito, il cambiamento climatico danneggerà sempre più la vita di milioni di persone".

Il Papa ha anche inviato un videomessaggio a questo incontro, parole che si aggiungono al discorso pronunciato dal Cardinale Parolin, il Segretario di Stato che guida la Delegazione della Santa Sede - già presente a Dubai durante la COP28 - e che ha inaugurato, insieme al Cardinale Ayuso, Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, il Faith Pavilion, il padiglione della Santa Sede a questa conferenza.

Il cardinale Parolin non ha nascosto il suo rammarico per l'impossibilità di avere il Papa presente ai previsti incontri bilaterali di sabato con diversi capi di Stato e di governo presenti all'evento. "C'erano molte personalità politiche che volevano vedere il Papa", ha rivelato il cardinale prima di partire per Dubai. "Al centro del Papa - ha assicurato il Segretario di Stato - c'è la consapevolezza della necessità di agire per la cura della casa comune, l'urgenza di posizioni coraggiose e di un nuovo impulso alle politiche locali e internazionali affinché l'uomo non sia minacciato da interessi di parte, miopi o predatori". 

Come è noto, la COP28 è chiamata a fornire una risposta chiara da parte della comunità politica per affrontare con decisione l'attuale crisi climatica nei tempi urgenti indicati dalla scienza.

Il Papa - nelle parole di Parolin - spiega che "con il passare del tempo... non reagiamo a sufficienza, mentre il mondo che ci accoglie si sta sgretolando e forse si sta avvicinando a un punto di rottura".

Non solo gli studi scientifici evidenziano i gravi impatti dei cambiamenti climatici causati dal comportamento antropico, ma è ormai quotidiano assistere in tutto il mondo a fenomeni naturali estremi che compromettono seriamente la qualità della vita di gran parte della popolazione umana.

L'autoreAntonino Piccione

Cultura

Fondazione Contemplare. Mostrare la ricchezza della vita contemplativa

Si dedicavano al mondo degli affari, della chimica o dell'imprenditoria, ma erano uniti dal fascino per la vita contemplativa e, soprattutto, dall'idea comune di aiutare, in qualsiasi modo necessario, uno dei 725 monasteri di vita contemplativa che ancora esistono in Spagna.

Maria José Atienza-4 dicembre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

La Spagna è una delle "prime potenze" mondiali della vita contemplativa, con più di 8.000 monaci e monache di vita contemplativa. Essi, con la loro preghiera, sostengono il mondo e questo gruppo di laici ha deciso, attraverso la fondazione Guardateper aiutare i monasteri, dove potevano, a far fronte alle necessità che presentavano.

Alejandra Salinas, direttrice della fondazione Guardateè una di quelle donne d'affari che "si è messa in gioco" e ha messo le sue conoscenze professionali al servizio di questa causa.

Oggi, la fondazione Guardate collabora con più di cento di questi monasteri aiutandoli, da un lato, a soddisfare le loro diverse esigenze e, dall'altro, ad essere una vetrina attuale, online e universale dei prodotti realizzati da monache e monaci di tutta la Spagna.

Alejandra Salinas, direttrice della fondazione Contemplare
Alejandra Salinas, direttrice della Fondazione Contemplare,

Come sono arrivati a creare quella che alcuni hanno definito "l'Amazzonia dei monasteri"? Alejandra Salinas sottolinea che "non si trattava di bussare alle porte dei monasteri dicendo "siamo una fondazione con sede a Madrid che vi aiuterà", perché sarebbe stato freddo e, inoltre, sarebbero stati ingannati molte volte. Abbiamo quindi deciso di affidare tutto alla Provvidenza".

Il contatto con ogni monastero è personale: attraverso un sacerdote, perché ci danno il riferimento di un altro monastero, da qualcuno che li conosce e, naturalmente, anche attraverso le federazioni".

In questo modo, hanno intessuto una relazione che "è un processo lento, spiegando loro cosa facciamo, vedendo come possiamo aiutarli, ecc. Sono molto perplessi che ci siano dei laici, con i tacchi alti, che vogliono aiutarli... anche se quelli che si occupano di noi sono questi monasteri che pregano per il mondo", sottolinea con convinzione Alejandra Salinas. 

Sorelle, di cosa avete bisogno?

La domanda che si pongono, da Guardate a ciascuno dei monasteri che contattano è sempre la stessa: "Sorelle, fratelli, di cosa avete bisogno?

Come sottolinea Salinas, "i bisogni sono molti, ma ci siamo resi conto che ciò che chiedevano di più era di essere aiutati a vendere i prodotti artigianali realizzati in ciascuna di queste comunità". Questi prodotti, frutto del loro ora et labora, sono quelli che aiutano a pagare le bollette.

Le spese dei monasteri sono elevate, nonostante la povertà e l'austerità con cui vivono, il direttore di Guardate E sottolinea: "Non si tratta solo della bolletta dell'elettricità, che in un monastero è sempre molto alta, ma anche dei costi della previdenza sociale, perché sono lavoratori autonomi, o delle grandi riparazioni degli edifici... Ma, come sottolinea anche Salinas, non si tratta solo di coprire un bisogno, ma anche di onorare questa vita di preghiera e di lavoro facendola conoscere". 

L'anticamera dei monasteri 

Contemplare non è solo un modo per vendere prodotti, ma è un preludio al monastero: "Vogliamo che tutti sappiano cos'è e cosa significa la vita contemplativa, la vita di un monastero, di questi uomini e donne che si rinchiudono e pregano per noi. Invitiamo le persone a venire nei monasteri perché questo è il nostro obiettivo: mostrare la ricchezza della vita contemplativa.

Ecco perché il suo negozio fisico "la casita", situato ad Aravaca (Madrid), è una piccola oasi di silenzio e austerità nel mezzo della città. Lì, come nel webNei monasteri si può vedere tutto ciò che questi producono: marmellate, dolci natalizi, immagini religiose, ma anche liquori, formaggi, paté e vestiti per bambini. 

Il negozio online si è sviluppato molto durante il periodo della pandemia, ricorda Alejandra Salinas: "Abbiamo creato una mercato con i prodotti di questi monasteri che erano stati direttamente colpiti dall'impossibilità di spostarsi e si trovavano in una situazione disperata". 

È una questione personale, non solo di affari

A differenza della famosa frase "It's not personal, It's strictly business" del film di Il Padrinoil lavoro della fondazione Guardate va sempre oltre il livello puramente professionale. Si tratta anche di una questione professionale per i membri della fondazione e per coloro che lavorano con essa.

Salinas afferma che "quelli di noi che lavorano in Guardate siamo arricchiti personalmente. Sappiamo di avere fornitori straordinari. Con una suora di clausura non si ha mai una conversazione superficiale, anche se dura due minuti. Quelli di noi che sono lì sono estasiati in ogni momento, perché sono circostanze, conversazioni, storie che vengono fuori... Stare vicino a queste persone ti fa vedere la vita in modo diverso.

Infatti, come sottolinea lei stessa, imprenditrice di professione, "il fatto che la loro missione sulla terra non sia "fare mantecados" ti mette in difficoltà, cambia tutto. Loro sono sempre conformi e si preoccupano di esserlo, ma c'è qualcosa che sta al di sopra di tutto questo. Noi, che siamo nel mondo, viviamo "a scadenze" e, in realtà, siamo fuori di testa. Il fatto che ti collochino, che ti dicano: "Alejandra, siediti e ricordati per cosa sei qui", come mi disse una suora, cambia tutto". 

Con questo prodotto, sostenete un monastero

Grazie alla fondazione Guardate sono molte e varie le aziende e i privati che, ad esempio, nel periodo natalizio aiutano uno o più monasteri acquistando i loro cesti natalizi o includendo un prodotto di uno dei monasteri nel cesto dell'azienda.

La fondazione funge da "ponte": "Uno dei nostri compiti è quello di entrare in contatto con le grandi aziende che, ad esempio, producono cesti natalizi, e noi offriamo loro un prodotto di un monastero in questi cesti. Lo facciamo da tempo con Inditex. Oppure realizziamo il cesto completo, che può essere standard oppure, nel caso di aziende con un volume elevato, c'è la possibilità di ordinare i propri cesti da noi, con un budget specifico, ecc. 

Da un lato, dice Alejandra Salinas, "tutto ciò che è artigianale, fatto a mano in un monastero, è molto attraente, perché sono cose di qualità e, inoltre, molte persone sentono il desiderio di aiutare i monasteri, anche se non sono cattolici praticanti o convinti. È anche un modo per far sapere che queste persone che pregano per noi esistono ancora". 

Il Natale è sempre un periodo di grandi vendite, ma la fondazione li aiuta anche a "destagionalizzare" le loro entrate. In questo senso, hanno organizzato corsi di cucina insieme alla Cordon Bleu Il centro di Madrid insegna loro a realizzare prodotti culinari diversi da quelli natalizi, oppure li consiglia sulle tendenze dei vestiti per bambini venduti nei mercatini di beneficenza o sul web. 

La chiave è riassunta nella frase che accompagna ciascuno dei prodotti "con questo prodotto aiuti un monastero", anche se forse, come ripete Salinas, "capisci che, anche se stai dicendo "Eccomi per aiutare", in realtà è il contrario".

Fiera dei prodotti monastici

contemplare equamente

Tra le iniziative della fondazione GuardateLa prossima edizione del 1° Fiera monasticaL'evento riunirà, nella centrale Casa de la Panadería di Madrid, quasi mille prodotti provenienti da 80 conventi.

In questo spazio è possibile acquistare fino a 650 tipi diversi di dolci natalizi, direttamente dalla pasticceria.

Accanto a questa vetrina gastronomica, saranno in vendita anche presepi, figure natalizie, sculture e icone: 300 diversi oggetti artistici modellati e dipinti dai contemplativi. Ma anche abiti per bambini, cosmetici naturali e tovaglie ricamate all'antica.

Inoltre, ogni sera ci sarà un momento di ascolto e dialogo con le monache e i monaci dei monasteri che Contemplare sostiene, concerti a sorpresa di musica sacra e occasioni di dialogo personale.

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Vaticano

Il Papa incoraggia la preparazione all'incontro con Cristo

Nella sua meditazione dell'Angelus, Papa Francesco ha approfondito la virtù evangelica della vigilanza, basandosi sulle letture della domenica.

Paloma López Campos-3 dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha pregato il Angelus questa prima domenica di Avvento da Santa Marta. Sebbene il suo stato di salute continui a migliorare, come riferisce la Santa Sede, i medici hanno raccomandato al Pontefice di accompagnare i fedeli in questa preghiera dall'interno della sua residenza.

Nella sua breve meditazione, Francesco ha sottolineato un concetto che Cristo ripete tre volte nel Vangelo di oggi: la vigilanza. Prima di approfondirlo, il Santo Padre ha avvertito che non si tratta di "un atteggiamento motivato dalla paura di un castigo imminente, come se un meteorite stesse per cadere dal cielo e minacciasse di schiacciarci, se non ci allontaniamo in tempo".

Al contrario, la vigilanza predicata da Gesù si riferisce al servo, alla "persona di fiducia" del padrone", spiega il Papa. Il servo della Bibbia è colui con cui "c'è un rapporto di collaborazione e di affetto". Pertanto, la vigilanza è una virtù basata "sul desiderio, sull'attesa di incontrare il padrone che viene".

È questa l'attesa che i cristiani devono avere, sottolinea Francesco. "Sia a Natale, che celebreremo tra poche settimane; sia alla fine dei tempi, quando tornerà nella gloria; sia ogni giorno, quando ci viene incontro nell'Eucaristia, nella sua Parola, nei nostri fratelli e sorelle, specialmente in quelli più bisognosi".

La casa del cuore

Il Santo Padre invita tutti a "preparare con cura la casa del cuore, perché sia ordinata e accogliente". Questo è il vero significato della vigilanza evangelica, "essere preparati nel cuore". È l'atteggiamento della sentinella che nella notte non si lascia tentare dalla stanchezza, non si addormenta, ma rimane sveglia in attesa della luce che verrà".

Le due migliori preparazioni, dice Francesco, sono la preghiera e la carità. "A questo proposito, si racconta che San Martino di Tours, uomo di preghiera, dopo aver donato metà del suo mantello a un povero, sognò Gesù vestito proprio con quella parte del mantello che aveva donato". Il Papa ritiene che in questo evento il cristiano trovi un modello esemplare per vivere l'Avvento. Tanto che incoraggia i cattolici a "trovare Gesù che viene in ogni fratello e sorella che ha bisogno di noi, e a condividere con loro ciò che possiamo".

Il Papa prega per il mondo

Infine, il Santo Padre ci incoraggia a evitare le distrazioni inutili e le continue lamentele, e a rivolgerci alla Vergine Maria, "donna dell'attesa". Al termine dell'Angelus, Francesco ha chiesto un nuovo cessate il fuoco nella guerra tra Israele e Palestina, la cui tregua è già terminata. Ha inoltre ricordato le vittime dell'attentato durante una Messa nelle Filippine.

Il Papa ha anche lanciato un "appello a rispondere ai cambiamenti climatici con cambiamenti politici concreti", visto che questo fine settimana si terrà a Dubai la COP 28, alla quale non ha potuto partecipare per motivi di salute. Infine, ha invitato tutti ad accogliere le persone con disabilità in questa Giornata internazionale, che è stata particolarmente sentita in questo mese di dicembre.

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Famiglia

Esperanza e José Ángel: "Non si può più vivere senza i figli di Down".

Quattro famiglie spagnole hanno adottato due bambini con la sindrome di Down e concordano sul fatto che "sono un dono". Non possono più vivere senza di loro, perché rendono felici le loro famiglie e vedono la loro felicità. Alla vigilia della Giornata internazionale delle persone con disabilità, che la Chiesa spagnola celebra con lo slogan "Io e te siamo Chiesa", Esperanza e José Ángel parlano con Omnes.

Francisco Otamendi-3 dicembre 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Gli otto genitori sono Beatriz e Carlos, che hanno passato undici anni a cercare di diventare genitori biologici senza riuscirci; Antonio e Yolanda, che hanno sei figli, tutti adottati, gli ultimi quattro attraverso offerte di adozione di particolare difficoltà, e di cui due hanno Sindrome di DownAbbiamo parlato con Ana e Carlos (non è il loro vero nome), i cui primi cinque figli adottati, a fasi alterne, sono russi; e con Esperanza e José Ángel, con cui abbiamo parlato. 

È risaputo che, in Occidente, la maggior parte dei bambini con Sindrome di Downi bambini la cui trisomia (tre cromosomi nella 21a coppia) viene rilevata in gravidanza, "non arrivano alla nascita... e tutti sappiamo perché", spiegano Esperanza e José Ángel. Tra il 2011 e il 2015, in Europa, sono stati abortiti 54% di bambini con questa anomalia genetica. E in Spagna la percentuale ha raggiunto ben 83%, secondo i dati forniti dalla Fundación Iberoamericana Down 21, aggiungono i genitori. 

Nel marzo di quest'anno 2023, un rapporto di Mondo BBC ha riferito che un gruppo di esperti ha concluso che in Europa, nell'ultimo decennio, sono state interrotte 54% di gravidanze in cui il feto era affetto da Down. Il lavoro di De Graaf, Buckley e Skotko, pubblicato nella rivista Rivista europea di genetica umana (European Journal of Human Genetics) nel 2020 e aggiornato alla fine del 2022, ha rilevato che la percentuale di aborti selettivi era più alta nei Paesi dell'Europa meridionale (72%) rispetto ai Paesi nordici (51%) e a quelli dell'Europa orientale (38%).

Abbiamo parlato con Esperanza e José Ángel di alcune riflessioni e testimonianze di questi genitori adottivi.

Avete studiato il lavoro di Brian Skotko, direttore del programma sulla sindrome di Down al Massachusetts General Hospital e professore associato alla Harvard Medical School. Può aggiungere altre informazioni? 

-Il dottor Brian G. Skotko ha coordinato un team che nel 2011 ha intervistato 2.044 genitori sul loro rapporto con il figlio affetto da sindrome di Down. Ebbene: 99% di loro hanno dichiarato di amare il proprio figlio o la propria figlia; 97% di questi genitori sono orgogliosi di loro; 79% ritengono che la loro prospettiva di vita sia più positiva grazie a loro; 5% si sentono imbarazzati da loro e solo 4% si pentono di averli avuti. I genitori hanno riferito che 95% dei loro figli o figlie senza sindrome di Down hanno buoni rapporti con i loro fratelli con sindrome di Down. La stragrande maggioranza dei genitori intervistati ha dichiarato di essere felice della decisione di averli e ha indicato che i loro figli e figlie (Down) sono una grande fonte di amore e di orgoglio.

Perché questo contrasto tra la felicità espressa dalle persone con sindrome di Down e dalle loro famiglie e l'attuale scelta dell'aborto per la maggioranza?

-Queste quattro famiglie spagnole, tra cui noi, hanno adottato due bambini con la sindrome di Down. Ognuna ha la sua storia. Ma sono tutti d'accordo, siamo tutti d'accordo, su almeno una cosa: non possono più vivere senza i loro figli. Perché rendono felici coloro che li circondano, in primo luogo i genitori e i fratelli. Perché vedono che i loro figli sono felici. E perché è molto difficile incontrare una di queste persone e non amarla. E l'amore - amare ed essere amati - è ciò che rende felici gli esseri umani, in primis i loro figli.

Eppure, nelle storie di queste famiglie ci sono anche sacrifici e tempi duri. Ci sono richieste e dolore. Crescere ed educare un bambino con la sindrome di Down richiede un grande sforzo e ci possono essere situazioni - anche se non necessariamente, non sempre, non tutte allo stesso tempo - di problemi di salute, difficoltà di apprendimento, disturbi comportamentali, comportamenti dirompenti.

Ma siamo persone assolutamente normali, "non eroi", che incoraggiano altre persone normali ad avere figli con la sindrome di Down. E per i genitori che non vogliono o non possono prendersene cura - per qualsiasi motivo, che non giudicheremo mai - li incoraggiamo a darli in adozione.

Ci parli un attimo del suo caso, com'è stata la decisione?

-Non potevamo avere figli biologici, e c'era da soffrire. Tuttavia, una serie di circostanze si sono allineate fino a farci prendere la decisione finale - dopo un processo di discernimento - di intraprendere l'adozione di un bambino con la sindrome di Down. Anche la fede cristiana ha giocato un ruolo importante in quella decisione: "Chi accoglie uno di questi piccoli nel mio nome, accoglie me", "Tutto quello che fate a uno dei più piccoli di questi miei fratelli e sorelle, lo fate a me".

Quando hanno condiviso la decisione con la famiglia e gli amici, la maggior parte di loro ha accolto la notizia con gioia ed eccitazione, come già si sentiva. Tuttavia, sappiamo di una coppia che si è offerta di adottare un bambino con la sindrome di Down e che, quando l'ha comunicato alla famiglia, è rimasta scioccata e ha cercato di dissuaderla in tutti i modi possibili: che non sarebbe stata felice, che sarebbe stato un peso per i fratelli...

La verità è che è vero il contrario. Per tutti i fratelli di bambini con sindrome di Down, l'arrivo di un fratello è stato un enorme arricchimento. Inoltre, i fratelli acquisiscono una sensibilità speciale nei confronti di questo tipo di persona: lo si può vedere nella loro dolcezza, nella loro pazienza, nel loro affetto quando vedono uno di loro...

Che cosa ha percepito quando ha conosciuto i suoi due figli?

-Immensa felicità e commozione. La seconda adozione ci è stata assegnata perché i servizi sociali della Comunità non avevano altre famiglie candidate o con l'idoneità richiesta dall'Amministrazione. 

Da allora è iniziato un percorso non privo di sacrifici e di sforzi, di notti insonni o di poco sonno, di malattie, di lenti progressi nello sviluppo, di difficoltà quotidiane - le battaglie per vestirli, lavarli, nutrirli... -, di incertezza nel non sapere se stiamo facendo bene i genitori...

Ma soprattutto che "c'è l'amore e l'amore può fare tutto". La loro adozione è "la cosa migliore che abbiamo fatto nella nostra vita".

Conoscete qualche aneddoto su questi matrimoni?

-Carlos, inizialmente, nel contesto di alcune circostanze difficili che stavano attraversando, disse di no alla proposta di Beatriz. Ma alla fine ha ceduto. In un'occasione, sono stati chiamati per offrire loro una bambina di tre mesi con la sindrome di Down, con un problema cardiaco per il quale ha dovuto subire un intervento chirurgico. Inoltre, l'amministrazione ha preteso che trasferissero l'intera famiglia nella loro città e aspettassero che raggiungesse il peso giusto per essere operata. La bambina aveva già vissuto tre momenti critici. Tutto questo li ha fatti esitare e alla fine hanno rifiutato l'adozione: "Per noi dire no è stato come abortire", spiega Carlos. "Mi si è spezzato il cuore, abbiamo rifiutato la nostra bambina", dice Beatriz.

Tuttavia, pregò il Signore affinché questo bambino avesse le braccia di una madre in cielo o in terra. E nove mesi dopo il suo no, li chiamarono di nuovo: che era stata operata, che era sopravvissuta all'operazione e che volevano andare a prenderla. "Abbiamo dovuto volare", dice Beatriz con emozione.

Di Antonio e Yolanda?

-Antonio ha ricordato che "il Signore ci ha interrogato perché nei documenti per l'adozione c'era una casella che, se spuntata, offriva la possibilità di adottare un bambino con una malattia o una disabilità. Nei primi due processi di adozione non l'abbiamo barrata, ma quella decisione ci ha segnato.

È stato nel contesto di un pellegrinaggio che hanno visto che li chiamava a "essere genitori di un bambino con difficoltà". Non è stato facile, ma Lui, che è un gentiluomo, ce lo ha sussurrato. E così è nato il nostro terzo figlio", il primo con bisogni speciali. Antonio spiega che "quando avevamo già quest'ultimo, ci ha invitato di nuovo ad aprirci alla vita, ed è arrivato il quarto figlio, che è nato con ipossia e danni cerebrali. È stato un grande dono per noi.

Un'ultima riflessione... 

-Come hanno sottolineato Jesús Flórez e María Victoria Troncoso in Il nostro tempoMaria Victoria insiste: "Le persone con sindrome di Down danno alla società molto più di quanto ricevano" "Il mondo sarebbe un posto molto peggiore senza le persone con sindrome di Down. 

A tutti questi esseri umani con questa alterazione genetica, che la società odierna spesso discrimina - c'è forse una discriminazione più grande del non permettere loro di nascere? - si possono applicare le parole che Jesús Mauleón ha dedicato al suo amico Genaro, affetto dalla sindrome di Down, in una poesia: "E quando esci per strada, rendi il mondo migliore/ e rendi l'aria che respiri più profonda". 

Spero che la società di oggi si renda conto di questo perché, come ho detto Jerôme LejeuneLa qualità di una civiltà si misura dal rispetto che mostra per il più debole dei suoi membri. Non c'è altro criterio per giudicarla".

L'autoreFrancisco Otamendi

Ecologia integrale

María Jesús Pérez: "Il commercio equo e solidale si basa su una spiritualità della vita che, insieme al Creatore, cura e genera la vita con dignità".

Suor Franciscana Estigmatina, missionaria di León, è una delle fondatrici di "Maquita", una delle più antiche e importanti organizzazioni di commercio equo e solidale del mondo.

Marta Isabel González Álvarez-2 dicembre 2023-Tempo di lettura: 9 minuti

Black Friday, offerte e saldi stagionali, festa della mamma, festa del papà, San Valentino e naturalmente Natale... Anche se vogliamo vivere in modo sobrio, è difficile sfuggire al consumismo sfrenato del nostro tempo. Esiste però un'alternativa che rispetta le persone e l'ambiente, aiuta lo sviluppo dei Paesi e promuove relazioni commerciali eque: il commercio equo e solidale.

Abbiamo intervistato a Quito (Ecuador) la missionaria Suor Franciscana Estigmatina, María Jesús Pérez, direttrice esecutiva e cofondatrice, insieme all'italiano Padre Graziano Masón, di "Maquita", una delle più antiche e importanti organizzazioni di commercio equo e solidale del mondo. Ci spiega i suoi passi e l'ispirazione che l'ha portata dalla diocesi di Astorga (León) all'Ecuador, dove l'anno prossimo saranno quarant'anni dal suo arrivo.

commercio equo e solidale
Foto: Padre Graziano Masón, l'intervistatore e María Jesús Pérez nella sede di Maquita ©Yvette Pullas.

María Jesús Pérez è nata a Regueras de Arriba, La Bañeza (León) il 20 luglio 1955. Nel 1975 ha iniziato la sua formazione presso le Suore Francescane Stimmatine ad Astorga (León) e ha completato il noviziato in Italia, da dove è tornata e ha trascorso otto anni presso le comunità stimmatine di Sueca (Valencia), Ponferrada e Astorga (León).

Stava bene, ma in lei stava nascendo qualcosa di diverso: il desiderio di conoscere il cammino della Chiesa in America Latina e di sperimentare la vita camminando con i gruppi che cercano la giustizia e la dignità della vita a partire da una fede liberatrice impegnata nella vita. Chiese di unirsi al lavoro pastorale della sua congregazione in Ecuador e arrivò nell'agosto 1984, vivendo nel sobborgo di Santa Rita (Quito). Lì ha coordinato le azioni pastorali con diverse comunità religiose di altri quartieri, sacerdoti e laici, formando un'équipe pastorale molto impegnata nelle cause dei poveri.

In quegli anni, l'Ecuador ha subito le conseguenze delle forti misure neoliberali imposte dalle organizzazioni internazionali, che hanno causato miseria, fame, esclusione e una forte persecuzione delle organizzazioni civili e religiose, con la morte e la scomparsa di leader. In questo contesto, la Chiesa ecuadoriana, alla luce della del Documento di Puebla dell'Episcopato latinoamericanoL'impegno cristiano nei confronti del documento è stato guidato dalla Opzioni pastorali che, tra l'altro, afferma: "Che il dolore e le aspirazioni dei popoli, e in particolare dei poveri, ci facciano sentire profondamente le loro necessità e i loro problemi, in modo da poterli condividere e cercare insieme la luce per il cammino e i possibili modelli per una società più giusta" (OP I, 3).  

Come lei stessa afferma, questo è stato l'inizio di "un nuovo modo di conoscere, ascoltare e vivere a partire da una spiritualità della vita radicata nella cultura del popolo impoverito, dove la comunità, l'organizzazione, la cura per la "Pachamama" (madre terra) e altri valori hanno senso nella vita quotidiana. Dove la Parola di Dio rafforza la vita e illumina l'azione in una forte solidarietà e impegno". E con tutto questo il fondamento di Maquita.

Ma cosa ci fa una suora che fonda e dirige una cooperativa di commercio equo e solidale come Maquita? Cosa c'entra tutto questo con la Chiesa?

-Tutto nasce da un profondo desiderio di vivere, nella realtà concreta delle persone, seguendo gli ideali del Regno che Gesù di Nazareth ha vissuto e ci ha lasciato come opzione di vita. I modi di costituire e vivere in comunità sono diversi e tutti necessari per seguire il cammino che ci ha lasciato: un modello di società trasformata nel Regno di Dio qui in questo mondo, nel mondo che Dio Padre e Madre ci hanno donato e sognato: "un paradiso di fraternità umana e cosmica".

Papa Francesco, il profeta di oggi, ci esorta ad andare nelle periferie, dove la gente vive e soffre, a vivere con loro e come loro, nello stile dei primi missionari delle comunità cristiane.

Le strategie, le azioni che vengono messe in campo sono diverse e tutte impregnate della spiritualità della vita che Gesù conduceva sulle strade di Israele. Il Commercio Equo e Solidale è una filosofia di vita che si concretizza nella cura della terra e dei prodotti che essa ci offre, nella dignità del lavoro, nel rispetto e nel servizio con cui si scambiano i prodotti; prodotti pieni di storie di vita, di amore per tutto il creato, seguendo le orme di Francesco d'Assisi.

Secondo il Coordinadora Estatal de Comercio JustoIl Commercio Equo e Solidale è un movimento internazionale che si batte per una maggiore giustizia economica, sociale, umana e ambientale a livello globale. Ha sviluppato un modello commerciale che protegge i diritti umani e l'ambiente. Le sue organizzazioni rispettano dieci principi Come definisce il commercio equo e solidale e perché dovremmo sostenerlo e promuoverlo?

-Il commercio equo e solidale è uno stile di vita che cerca di influenzare la società e le economie, proponendo una forma di cura e protezione nel modo di produrre, trasformare, commerciare e consumare in modo sostenibile, durevole, inclusivo, solidale ed equo con le persone, il pianeta e tutto ciò che viene creato. È una proposta di vita che considera l'umanità, il pianeta e l'economia a partire da un commercio equo e sostenibile con un consumo responsabile e consapevole.

Per me la cosa importante del Commercio Equo e Solidale è che si basa su una spiritualità della vita che, insieme al Creatore, si prende cura e genera una vita dignitosa e giusta per tutti in ogni sua azione.

Partecipo a questo movimento perché, sulla base dei principi che propone, armonizza fede e vita, alla luce di Gesù di Nazareth che, nel suo cammino, ha visto i bisogni dei più poveri, ha provato compassione e ha agito per liberarli dalla sofferenza e dare loro una vita dignitosa.

Un altro aspetto importante del Commercio Equo e Solidale è che, a partire dalle sue relazioni commerciali a beneficio di tutti i soggetti coinvolti nella filiera, (dalla produzione al consumo consapevole) si impegna anche in modo profetico a denunciare gli "sfruttamenti" del mercato e incide con azioni concrete per il rispetto e il giusto riconoscimento dei diritti del lavoro, del valore dei prodotti e delle produzioni che rispettano e si prendono cura del pianeta.

Ma cosa è Maquita? Ci parli della sua creazione, dei suoi risultati e delle sue sfide attuali.

-Nel desiderio delle famiglie di "alla ricerca di modelli di una società più equa".Nel 1985 è nato un movimento di consumatori, guidato da gruppi di donne, giovani, Comunità Ecclesiali di Base (CEBS) e organizzazioni di contadini, che dalle campagne si è riversato direttamente in città per rispondere al diritto a un'alimentazione sana.

In un'assemblea che legge il Vangelo di Mc 6,35 "date loro da mangiare" Ciò ha portato a un'azione concreta: la costituzione di un'organizzazione con la partecipazione di famiglie dei quartieri periferici della città (per lo più composte da migranti provenienti dalle campagne) e di organizzazioni rurali: "Maquita Chushunchic Comercializando como Hermanos" (Maquita Chushunchic commerciando come fratelli). Due parole che in lingua kichwa significano: Stringiamoci la mano e scambiamoci come fratelli.

Siamo nati dall'impulso della Parola di Dio e in questi 38 anni è stata la Luce a illuminare il cammino e a darci la forza e la semplicità di essere "lievito che lievita la pasta". I nostri successi si misurano con il livello di organizzazione e di solidarietà per andare avanti insieme, ognuno contribuendo con ciò che può e sa. In questo cammino siamo stati accompagnati in una forte alleanza e generosità da istituzioni europee che credono e lavorano per una società più giusta, per una società fraterna come: Manos Unidas, Proclade, Ecosol, Entrepueblos, ADSIS, tra le altre.

È importante sottolineare la leadership delle donne e la loro grande capacità di cercare e sviluppare iniziative lavorative per generare reddito e migliorare le condizioni delle loro famiglie e di loro stesse.

Siamo articolati in Reti di Economia Sociale e Solidale, in modo che le organizzazioni possano scambiare conoscenze e raccogliere prodotti per poterli vendere insieme sui mercati locali, nazionali e internazionali attraverso la rete di vendita. Organizzazione mondiale del commercio equo e solidale .

Attualmente l'organizzazione coordina e facilita il lavoro in 20 delle 24 province dell'Ecuador.

Abbiamo due linee di marketing di economia sociale-solidale e di commercio equo e solidale: Prodotti Maquita, Maquita Agro e l'Operatore turistico comunitario Turismo Maquita Tutte operano attraverso due aree: quella sociale produttiva e quella commerciale solidale. Il grafico seguente definisce le funzioni di entrambe e il loro scopo unico di guidare le reti di imprese delle organizzazioni, con centri di raccolta di prodotti primari (quinoa, cacao, fagioli, mais, ecc.), centri di turismo comunitario, imprese agroindustriali (marmellate, miele, ecc.), laboratori artigianali e centri di produzione di bio-ingredienti.

Le équipe di lavoro che accompagnano le organizzazioni sono 114 persone, professionisti e tecnici che, grati per la formazione ricevuta, hanno deciso di lavorare e camminare in questo processo organizzativo, dando un senso alla loro vita e come opzione che promuove processi di dignità della vita e contro il sistema consolidato che genera tanta esclusione, "morti ambientali" e povertà.

I nostri 12 principi, ispirati alla spiritualità e all'impegno di Gesù, guidano il nostro cammino e ci incoraggiano ad andare avanti in mezzo a tante difficoltà:

  1. Viviamo una fede ecumenica liberatrice, che provoca la pratica della solidarietà, dell'impegno e della mistica con le persone impoverite, nello stile di Gesù di Nazareth.
  2. Pratichiamo trasparenza e onestà, con austerità e semplicità.
  3. Consideriamo la famiglia come un pilastro del percorso organizzativo della comunità.
  4. Favoriamo l'empowerment delle donne e il loro posizionamento nella famiglia e nella società.
  5. Sosteniamo la partecipazione attiva dei giovani in base alla loro identità e alle loro proposte di lavoro.
  6. Promuoviamo l'equità di genere, etnico-culturale, generazionale, territoriale, ambientale e socio-economica.
  7. Pratichiamo la non violenza attiva e incoraggiamo il dialogo tra i diversi attori.
  8. Svolgiamo attività di advocacy politica, sociale ed economica non di parte.
  9. Creiamo una rete con la partecipazione attiva di persone e organizzazioni.
  10. Diamo valore alle identità culturali e alle conoscenze ancestrali delle persone.
  11. Rispettiamo i diritti di Madre Natura e ci prendiamo cura dell'ambiente.
  12. Pratichiamo l'equità e la solidarietà nella produzione, trasformazione, commercializzazione e consumo responsabile di prodotti sani.

Quali connessioni ha Maquita a livello internazionale, quali aiuti e da quali organizzazioni avete ricevuto?

-È un dono dello Spirito che ha suscitato e fatto nascere tante organizzazioni la cui missione e scopo è lavorare per la giustizia, la ridistribuzione dei beni e contro il vergognoso accumulo di ricchezza e il consumismo depravato.

Nel corso degli anni abbiamo lavorato con molte organizzazioni in forte alleanza con Italia, Olanda, Francia, Germania, tra gli altri, e attualmente i nostri principali alleati sono: Pane per il Mondo, Manos Unidas, Ecosol, Entrepueblos, Proclade, SETEM, ADSIS, Caritas di Bilbao insieme ai loro alleati: governi autonomi, Agenzia spagnola di cooperazione internazionale per lo sviluppo, UE, ecc.

La sua partecipazione è di vicinanza, orientamento al lavoro e sostegno agli investimenti che promuovono il miglioramento della produzione e la gestione delle iniziative lavorative con le diverse strategie di economia sociale e solidale che, incentrate sulla dignità della vita delle persone e sulla cura del pianeta, si concretizzano in diversi assi di lavoro e strategie a seconda delle esigenze del territorio.

Può raccontarci un caso o un aneddoto che ricorda in cui ha avuto la netta sensazione che quello che stava facendo fosse davvero d'aiuto alle persone?

-Quando voglio condividere una storia forte della mia vita, la mia mente e il mio cuore si riempiono di tanti volti... donne e uomini con le mani callose e i volti segnati dal malcontento e dalla durezza della vita... quindi condividerò con voi l'esperienza della popolazione femminile. Quando si uniscono al movimento, sono segnate da esperienze di violenza, sfruttamento e saturazione nel peso del lavoro domestico, della cura degli animali, della terra, dello sfruttamento del mercato nel pagamento del prodotto, e spesso da sole nell'educazione dei figli.

Quando parli con loro oggi, ti dicono che educano le loro figlie e i loro figli allo stesso modo, che collaborano nei lavori domestici, che non vendono più i loro prodotti alle fiere degli intermediari e che la loro organizzazione le paga un prezzo equo, ma consegna anche un prodotto sano e di migliore qualità, che partecipano agli spazi sociali e di governo locale, chiedendo lavori per il loro settore. E cosa più importante: si sentono donne di valore, desiderose di continuare a crescere e consapevoli di avere anche il diritto di prendersi cura di sé e di riposare.

È emozionante vedere che, nella filiera commerciale, non si sottomettono più a quanto stabilito dal mercato, sanno rispettare e valorizzare il loro lavoro e, di fronte alle difficoltà che il mercato pone (manipolazione dei prezzi, peso e svalutazione della qualità), stanno definendo alternative organizzative per ridurre la catena di intermediazione e raggiungere le famiglie con prodotti agroecologici ben curati in tutto il processo.

Hanno molto in mente il Dio che denuncia lo sfruttamento nel mercato, come narra il profeta Amos 8, 4ss quando dice: "Voi pensate solo a rubare il chilo o a far pagare troppo, usando bilance mal calibrate. Voi giocate con la vita del povero e del misero per qualche soldo o per un paio di sandali...". E in tutte queste situazioni, anche oggi, essi vivono e lottano sapendo di essere accompagnati dalla forza e dalla protezione divina.

Come vede la situazione attuale in Ecuador e come può influire sulla capacità della sua cooperativa di continuare ad aiutare?

-L'Ecuador si è deteriorato negli ultimi anni, a causa di governi che non hanno saputo amministrare e governare a favore del popolo, ma piuttosto a favore dei grandi settori economici nazionali e internazionali. Maquita è colpita tanto quanto i territori in cui collaboriamo e per questo cerchiamo di promuovere la speranza e l'organizzazione per difendere la terra dalle compagnie minerarie e petrolifere.

Stiamo prestando particolare attenzione alle opportunità che i giovani possono avere per rimanere nella loro terra, generando slancio per le proposte agro-ecologiche per produrre in modo sostenibile e offrire prodotti sani per sostenere la sicurezza alimentare.

La migrazione colpisce anche la popolazione rurale, nel senso che i leader formati come promotori sociali, che erano soliti fornire trasferimenti e assistenza agricola alle famiglie nelle loro comunità e altri servizi, sono costretti a migrare a causa dei grandi problemi che devono affrontare, tra cui l'insicurezza causata dalle bande di narcotrafficanti e la mancanza di attenzione del governo nei confronti della popolazione rurale.

Lavorando principalmente con il settore rurale, la vicinanza del fenomeno climatico "El Niño" con forti inondazioni influirà sulla produzione agricola, ma anche sull'accesso ai prodotti del paniere familiare e quindi sull'approvvigionamento alimentare della popolazione.

La crisi della società europea si ripercuote anche su di noi, in quanto riduce la cooperazione che promuove la produzione e il lavoro e condizioni di vita dignitose per la popolazione impoverita.

In questi 38 anni abbiamo vissuto momenti molto duri ed economicamente sull'orlo del fallimento, ma sempre nel momento più critico ci sono state azioni, persone, istituzioni che inaspettatamente sono state presenti e ci hanno spinto ad andare avanti, per cui confidiamo sempre in Dio che cammina con il suo popolo e quando è necessario liberarlo lo fa con "il Mosè" di oggi. Perciò, ogni giorno ci svegliamo confidando in Lui e percependo la sua presenza nella costruzione del Regno.

L'autoreMarta Isabel González Álvarez

Dottore di ricerca in giornalismo, esperto di comunicazione istituzionale e di comunicazione per la solidarietà. A Bruxelles ha coordinato la comunicazione della rete internazionale CIDSE e a Roma quella del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale con cui continua a collaborare. Oggi porta la sua esperienza nel dipartimento di campagne di advocacy socio-politica e networking di Manos Unidas e coordina la comunicazione della rete Enlázate por la Justicia. Twitter: @migasocial

Spagna

I Premi Bravo! 2023 premiano Manuel Garrido, "Libres" e l'ACdP

La Conferenza episcopale spagnola ha pubblicato i nomi dei vincitori dei Premi Bravo! 2023. Tra questi ci sono nomi noti come Pedro Piqueras e Ana Iris Simón.

Paloma López Campos-1° dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

I Premi Bravo! 2023 hanno già dei vincitori. Lo ha annunciato la Conferenza Episcopale Spagnola la sera del 1° dicembre, pubblicando sul suo sito sito web i nomi dei vincitori, tra cui nomi noti come Pedro Piqueras, Manuel Garrido e Ana Iris Simón.

La cerimonia di premiazione si terrà il 29 gennaio 2024 presso la sede della Conferenza, ma la Commissione episcopale per le comunicazioni sociali ha già comunicato i nomi dei vincitori.

Questi premi, come espresso nel suo regolamento, cercano di riconoscere "da parte della Chiesa, il lavoro meritorio di tutti quei professionisti della Chiesa nel campo della Chiesa e della missione della Chiesa". comunicazione nei vari media, che si sono distinti per il loro servizio alla dignità umana, ai diritti umani e ai valori evangelici".

Vincitori del Premio Bravo! 2023

I vincitori di questa edizione, secondo le categorie, sono:

  • In Radio, "Apse Media" per la copertura della GMG;
  • In stampa, Ana Iris Simón;
  • Televisione: Pedro Piqueras;
  • Film: Santos Blancoregista di "Libres";
  • In Musica: l'orchestra di musica di riciclo promossa dalla società "Ecoembes";
  • In pubblicità: la campagna dell'Associazione cattolica dei propagandisti "#QuenotelaCuelen";
  • Da Comunicación Digital; Israel Remuiñán, per il suo podcast "Benedicto XVI, el Papa de la tormenta";
  • Nella comunicazione istituzionale: Manuel Garrido;
  • Nella comunicazione diocesana: Juan José Montes, della diocesi di Mérida Badajoz.

Giuria dei premi

La giuria dei Premi Bravo è presieduta da Monsignor Salvador Giménez Valls, su delega del Presidente della Commissione. I membri della giuria sono:

  • Francisco Otero, direttore della rivista "Ecclesia";
  • Irene Pozo, direttore dei contenuti socio-religiosi di "Ábside Media";
  • Ulises Bellón, direttore del dipartimento stampa della Commissione episcopale per le comunicazioni sociali (CECS);
  • Juan Orellana, direttore del dipartimento di cinema del CECS;
  • José Gabriel Vera, direttore dell'ufficio informazioni e della segreteria del CECS.
Spagna

L'Infanzia missionaria lancia la sua campagna d'Avvento

L'Infanzia missionaria inizia la sua campagna di Avvento domenica 3 dicembre. L'obiettivo è quello di incoraggiare i più giovani a vivere questo tempo in uno spirito di missione.

Paloma López Campos-1° dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 3 dicembre, la Chiesa cattolica celebra la prima domenica del Avvento. Approfittando di questa festività, Infancia Misionera lancia la sua campagna natalizia per incoraggiare i bambini a vivere questo periodo liturgico con uno spirito di missione. Questo aspetto è essenziale in Avvento, come spiega Fernando González, responsabile dell'organizzazione. In questo senso, dice: "Arriva l'Avvento, un tempo di preparazione alla nascita di Gesù. Ma quando Gesù nasce, non tutto finisce, anzi: in quel momento inizia un cammino che porta all'Infanzia missionaria".

Tra gli elementi principali del progetto c'è la Calendario dell'Avvento. Attraverso di esso, l'organizzazione propone attività quotidiane per i bambini, sfide settimanali e brevi preghiere, in modo che possano impregnarsi dello spirito cristiano. Sul sito web dell'organizzazione è possibile visualizzare il calendario e scaricare il file.

Tuttavia, questo calendario non è come tutti gli altri. Invece di terminare il 25 dicembre, la data finale è il 14 gennaio, la Giornata dell'infanzia missionaria, e il motto scelto per questa occasione è "Condivido ciò che sono".

Inoltre, quest'anno si terrà una nuova edizione del Concorso Nazionale dell'Infanzia Missionaria, incentrata sul disegno. Potranno partecipare, da un lato, i bambini dalla prima alla terza elementare e, dall'altro, gli alunni dalla quarta alla sesta elementare.

I vincitori riceveranno un tablet e un auricolare bluetooth e potranno partecipare al Concorso Internazionale dell'Infanzia Missionaria. Inoltre, l'organizzazione invita tutti i bambini a partecipare alla tradizionale iniziativa "Seminatori di stelle".

Tutte le informazioni sul calendario, sul concorso e sull'iniziativa "Seminatori di stelle" sono disponibili sul sito web di Infancia Misionera, che ha appena lanciato una nuova versione, e sul sito web delle Pontificie Opere Missionarie.

Cultura

Forum Omnes "Benedetto XVI. Ragione e fede" con Pablo Blanco, vincitore del Premio Ratzinger 2023

L'Università Villanova di Madrid ospiterà il Forum Omnes "Benedetto XVI. La razón y la fe" che vedrà la partecipazione di Pablo Blanco Sarto, recentemente insignito del Premio Ratzinger 2023.

Maria José Atienza-1° dicembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 14 dicembre si terrà il Forum Omnes "Benedetto XVI. Ragione e fede", in cui il relatore principale sarà il sacerdote Pablo Blanco SartoProfessore di teologia dogmatica presso l'Università di Navarra e recentemente insignito del premio Premio Ratzinger 2023.

L'incontro sarà moderato da Juan Manuel Burgosfilosofo, fondatore e presidente dell'Associazione spagnola del Personalismo e dell'Associazione iberoamericana del Personalismo. 

Pablo Blanco

Pablo Blanco è uno dei più rinomati esperti di Benedetto XVI. Fa parte del comitato editoriale della rivista Opera omnia da Joseph Ratzinger in spagnolo presso la casa editrice BAC e ha scritto, oltre a una biografia di Benedetto XVI, altri titoli come Benedetto XVI, il papa teologo, Joseph Ratzinger. Vita e teologia, Benedetto XVI e il Concilio Vaticano II o La teologia di Joseph Ratzinger.

Blanco ha pubblicato numerosi articoli su Omnes, tra cui Il magistero di Benedetto XVI o Hans Küng e Joseph Ratzinger, un'amicizia difficile.

Il forum Omnes "Benedetto XVI. Ragione e fede". avrà luogo di persona il prossimo Giovedì 14 dicembre alle ore 19:00. presso l'Universidad Villanueva (C/ Costa Brava 6. Madrid).

In qualità di sostenitori e lettori di Omnes, vi invitiamo a partecipare. Se desiderate partecipare, vi preghiamo di confermare la vostra presenza inviando un'e-mail a [email protected](È richiesta la pre-registrazione)

Il Forum, organizzato da Omnes, è sponsorizzato da Fondazione CARFe il Banco Sabadell.

Evangelizzazione

I martiri inglesi, perseguitati perché cattolici

Il 1° dicembre, molti dei martiri dell'Inghilterra e del Galles durante il periodo elisabettiano furono torturati e crudelmente giustiziati.

Loreto Rios-1° dicembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

La storia dei "quaranta martiri dell'Inghilterra e del Galles", sia laici che religiosi, canonizzati da Paolo VI il 25 ottobre 1970, si inquadra nella persecuzione religiosa che ebbe luogo in Inghilterra nel XVI secolo, dopo che Enrico VIII si separò dalla Chiesa cattolica nel 1534 per divorziare dalla moglie Caterina d'Aragona e sposare Anna Bolena.

Alcuni di loro sono stati giustiziati il 1° dicembre.

Sant'Alessandro Briant

Sant'Alessandro Briant nacque nel Somerset, in Inghilterra, nel 1556. Si convertì al cattolicesimo mentre studiava all'Università di Oxford. In seguito, nel 1577, lasciò il suo Paese natale per continuare gli studi a Douai, in Francia. Lì era stata da poco fondata un'università per formare i sacerdoti "recusanti" (coloro che si rifiutavano di adottare la religione di Stato inglese, l'anglicanesimo), poiché la regina Elisabetta I aveva stabilito dure leggi penali contro i cattolici.

Padre Briant fu ordinato sacerdote a Cambrai (Francia) nel 1578. Poco dopo, nel 1579, tornò in Inghilterra, dove prestò servizio come sacerdote cattolico a fianco di padre Persons. Persons era uno dei sacerdoti più ricercati dal governo e fu proprio mentre cercava di catturarlo che Briant fu trovato per caso e arrestato. Due settimane dopo fu portato alla Torre di Londra, dove fu crudelmente torturato.

Fu poi trasferito in una cella chiamata "La Fossa", dove fu rinchiuso nella più completa oscurità per 8 giorni. Fu sottoposto ad altre torture, come la rastrelliera: oltre a considerare i suoi scritti "alto tradimento", i suoi carnefici pensarono di potergli estorcere il luogo in cui si trovava Padre Persone.

Durante la prigionia, il santo chiese per lettera, dal carcere, di entrare nella Compagnia di Gesù. Inoltre, in questa lettera informava la Compagnia di avere "la mente così saldamente fissata sulla Passione di Cristo che non sentiva alcun dolore durante il supplizio, ma solo in seguito", come indicato nella portale dei gesuiti. Per questo motivo è considerato ancora oggi un membro della Società, anche se non lo è mai diventato formalmente.

Infine, Sant'Alessandro Briant fu impiccato e squartato (mentre era ancora vivo), insieme ai suoi compagni di martirio, il 1° dicembre 1581. Prima dell'esecuzione, fece un atto di fede come cattolico e si dichiarò innocente "di qualsiasi offesa contro la Regina, non solo di fatto, ma anche di pensiero". Aveva 25 anni.

Questi dati non sono tratti da alcuna fonte cattolica, ma dalla Collegio di Hetforddell'Università di Oxford. Padre Alexander Briant è stato canonizzato da Paolo VI il 25 ottobre 1970.

Sant'Edmund Campion

Edmund Campion nacque a Londra nel 1540. Fu uno dei principali professori di Oxford dell'epoca e fu ordinato diacono anglicano nel 1568. Grazie al suo grande seguito, fu considerato idoneo per la nomina ad arcivescovo di Canterbury.

Tuttavia, Campion dubitava della legittimità della Chiesa anglicana. A causa di questo conflitto di coscienza, lasciò Oxford nel 1569. Infine, divenne cattolico a Douai (Francia) e nel 1573 partì per Roma, dove si unì alla Compagnia di Gesù.

Nel 1580, dopo aver preso i voti come gesuita ed essere stato ordinato sacerdote a Praga, Edmund Campion fu inviato in missione in Inghilterra con padre Persons e Ralph Emerson per assistere spiritualmente i cattolici inglesi, costretti a celebrare la Messa in segreto perché ogni culto cattolico era vietato dal governo. Per entrare nel Paese, dovette travestirsi da gioielliere. In Inghilterra scrisse un famoso manifesto in cui spiegava che la missione era religiosa, non politica. Molti dei cattolici martirizzati in questo periodo furono accusati di tradimento nei confronti della regina Elisabetta, facendo passare la persecuzione religiosa per una questione politica.

In queste missioni, i sacerdoti si recavano in incognito nelle case dei cattolici. Campion "arrivava durante il giorno, predicava e ascoltava le confessioni la sera, e infine celebrava la Messa al mattino prima di partire per la sua prossima destinazione", indica il sito web della Compagnia di Gesù.

In questo periodo, Sant'Edmund Campion scrisse "Rationes decem" ("Dieci ragioni"), spiegando perché il cattolicesimo era vero e smantellando l'anglicanesimo. Quattrocento copie di questo testo furono stampate e ampiamente lette.

Poco dopo, nel 1581, un "cacciatore di preti" scoprì la sua posizione e fu arrestato insieme ad altri due chierici. Nella Torre di Londra, dove fu imprigionato in "una cella così piccola che non poteva né stare in piedi né sdraiarsi", fu torturato, anche se rifiutò di rinunciare al cattolicesimo. Il suo caso arrivò alla Regina Elisabetta che, vista la grande influenza di Campion e la sua formazione ad Oxford, gli offrì l'ordinazione a sacerdote anglicano, con la possibilità di essere promosso, se avesse rinunciato al cattolicesimo. Tuttavia, Campion non accettò l'offerta. In seguito, fu nuovamente torturato sulla graticola e accusato di tradimento. Nonostante Campion ribadisse, a nome suo e degli altri sacerdoti arrestati, che la loro missione era religiosa e non politica, furono tutti condannati a morte per impiccagione e squartamento. Alla notizia della sentenza, i sacerdoti condannati cantarono il "Te Deum".

Il giorno della sua esecuzione, il 1° dicembre 1581, Sant'Edmund Campion perdonò "coloro che lo avevano condannato". La Campion Hall di Oxford è stata intitolata a suo nome e, come i suoi compagni martiri, è stato canonizzato da Papa Paolo VI.

Altri martiri

Questi sono solo alcuni esempi di martiri inglesi. Ci furono anche laici condannati a morte per aver nascosto sacerdoti cattolici, come San Richard Langley, padre sposato di cinque figli, che fu beatificato nel 1929 da Pio XI, o Santa Margaret Cliterow, madre di famiglia, canonizzata con la "Chiesa d'Inghilterra".Quaranta martiri d'Inghilterra e Galles"da Paolo VI.

Targa commemorativa sul sito dell'ex "Albero di Tyburn" ©Matt Brown

In generale, le esecuzioni sono state effettuate in Tyburndove oggi, vicino al luogo in cui sorgeva il patibolo, c'è una convento di clausura fondato nel 1903.

Parte della missione di Convento di Tyburn è per commemorare i cattolici che vi furono giustiziati per la loro fede. Inoltre, nel convento sono conservate numerose reliquie ed è presente una piccola santuario dedicato ai martiri che hanno dato la loro vita lì per Cristo e la sua Chiesa.

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Il Natale non è magico, è divino.

Ciò che celebriamo a Natale è che abbiamo veramente trovato l'amore della nostra vita. Un amore incondizionato, paziente, compassionevole e per sempre.

1° dicembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

"Scopri la magia del Natale", "vivi un Natale magico", "immergiti nel magico mondo del Natale"... Per favore, smettiamo di usare questo tipo di slogan che confondono bambini e adulti. Non c'è nulla di magico nel Natale, anche se è un mistero. Mi spiego meglio:

Quattro settimane prima della commemorazione della nascita del Signore, la Chiesa propone un tempo di preparazione che chiamiamo Avvento; ma il Natale commerciale, quel mese e mezzo che ci fa consumare più che nel resto dell'anno, ha preso il sopravvento sull'anno liturgico e ha anticipato di una o due settimane l'attesa della festa con l'accensione delle luci, le offerte importati e tutto l'armamentario che ne consegue.

Il prolungamento di questo "magico" periodo natalizio riesce, in un colpo solo, a far quadrare i conti economici di molte aziende e, come per magia, ad aumentare le entrate dei Comuni che investono in illuminazione, mercatini e attività ricreative.

Collegare il Natale alla magia ha senso, perché tutti noi abbiamo dentro di noi il desiderio infantile di vedere i nostri desideri realizzarsi in modo incredibile, come quando abbiamo trovato i regali che avevamo chiesto nella nostra lettera.

In questo periodo dell'anno ci illudiamo che la "vita" ci conceda ciò che chiediamo, che la "fortuna" ci assista e vinca alla lotteria, che una "fata" diriga la sua bacchetta magica verso di noi aiutandoci a trovare l'amore della nostra vita o che un "angelo di seconda classe" guadagni le sue ali aiutandoci a risolvere quel problema irrisolvibile nella nostra Bedford Falls.

La verità è che, per quanto le commedie romantiche che inondano le piattaforme in questi giorni si ostinino a mostrarci un periodo dell'anno felice, in cui alla fine tutto si risolve per il meglio, quando le vacanze finiranno scopriremo, ancora una volta, che la presunta "magia" di questi appuntamenti ha il trucco di un cattivo prestigiatore al luna park.

E l'illusione che sembrava dovesse renderci felici per sempre finisce per dissolversi al banco dei resi dei grandi magazzini, davanti a commessi sopraffatti dal dover assemblare la prossima richiesta commerciale.

Il legame tra Natale e magia ha senso perché l'Occidente ha relegato la fede che un tempo dava significato alle sue tradizioni a favore della fantasia o della superstizione. La magia si adatta perfettamente all'idea che "ci sarà qualcosa", in riferimento alla trascendenza.

Non sappiamo bene cosa o come sarà, non sappiamo bene se sono angeli o fate o elfi o folletti, non sappiamo bene se la nostra famiglia o la nostra salute sono un dono di Dio o della vita o del governo del giorno, né ci interessa indagare molto.

È stato Chesterton a dire che quando si smette di credere in Dio, presto si crede in qualsiasi cosa. E noi lo stiamo dimostrando con questa magica febbre del Natale. 

Collegare il Natale alla magia ha senso, perché una delle feste di questo periodo liturgico è l'Epifania, ovvero la manifestazione di Dio ai magi. Ma attenzione, il termine mago applicato a coloro che venivano dall'Oriente per adorare il bambino non si riferisce a presunti poteri soprannaturali, ma alla loro saggezza o ampia conoscenza scientifica in tempi in cui astrologia e astronomia non erano ancora state separate.

Quindi chiamare il Natale magico è ridurlo a scie di brillantini: il Natale non è magico, è divino! Gesù non è Houdini, né David Copperfield, e nemmeno il fantastico Harry Potter o Doctor Strange. Il Gesù che nasce a Natale non è un illusionista, è Dio stesso! Non è nemmeno un mago come i maghi d'Oriente o come i migliori scienziati di oggi che stupiscono il mondo padroneggiando le leggi della fisica. Non è un sapiente, è l'eterna Sapienza che, come poetizza il libro dei Proverbi, "giocava con la palla della terra" mentre Abba creava lo spazio e il tempo e ordinava le galassie e la materia oscura. 

Ciò che celebriamo a Natale è che abbiamo davvero vinto la lotteria. Date un prezzo, se non all'asta, alla vita eterna che Gesù vi ha dato. Non ci sono milioni per pagarla. 

Ciò che celebriamo a Natale è che abbiamo veramente trovato l'amore della nostra vita. Un amore incondizionato, paziente, compassionevole e per sempre. Un amore che non si esaurisce dopo 90 minuti e l'etichetta di "amore per sempre". La fine. Un amore al punto di dare la vita Chi non vorrebbe essere amato così?  

Ciò che celebriamo a Natale è che i problemi che sembravano irrisolvibili possono davvero essere risolti. Perché Dio, nascendo come uomo, si rimbocca le maniche con noi, entra nel nostro fango e ci accompagna e ci aiuta nel nostro cammino.

Il Natale non è magia, ma è mistero in senso biblico, cioè quel segno il cui significato è nascosto. Non è meraviglioso che dietro quel segno di un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia (qualcosa di così poco magico, così ordinario) si nasconda Dio stesso che si offre di condividere la sua divinità con noi? 

In questi giorni di preparazione al Natale, mentre passeggiavamo lungo una di quelle strade splendidamente decorate 

Se guardate negli occhi la persona che vi cammina accanto, vostro marito, vostra moglie, vostro figlio, vostra nipote... scoprirete nel suo sguardo qualcosa di molto più magico di qualsiasi decorazione di cartapesta da luna park. È un soffio divino che vive dentro di lei e che lei sarà in grado di vedere dentro di voi. Questo è il mistero che stiamo per celebrare e che rimane nascosto a tanti, il meraviglioso scambio tra Dio e l'uomo. È il Natale divino.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Evangelizzazione

La Chiesa si unisce alla Giornata delle persone con disabilità

Domenica 3 dicembre ricorre la Giornata internazionale delle persone con disabilità. La Chiesa aderisce a questa iniziativa con lo slogan "Io e te siamo Chiesa". La Messa su Tredici TV, alle 12, sarà dedicata a questo tema.

Loreto Rios-30 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

La Commissione Episcopale per l'Evangelizzazione, la Catechesi e il Catecumenato, che fa parte della Conferenza Episcopale, ha un area dedicata alle persone con disabilitàche ha voluto partecipare alla celebrazione della Giornata internazionale delle persone con disabilità.

Messaggio del Vescovo

Il vescovo responsabile di quest'area è monsignor Román Casanova, che ha dichiarato nella Messaggio per la Giornata della disabilità che la Chiesa si unisca a questa giornata "dando luce e condividendo la vita, perché ci sono molte persone con disabilità che fanno parte del mondo. Chiesadel 'noi' ecclesiale che cammina insieme".

Per quanto riguarda lo slogan di questa campagna, "Io e te siamo Chiesa", il vescovo ha sottolineato che "è pieno di grandi storie: di fraternità, di superamento, di servizio, di tenerezza, interpretate da uomini e donne, giovani, bambini che, in comunità e nella casa della grande famiglia dei figli di Dio, superando ogni tipo di barriera, hanno ricevuto e condiviso doni".

Ha aggiunto che questo motto si riferisce al fatto che "le persone con disabilità sono anche una parte viva della Chiesa, ricevitori e trasmettitori della buona notizia del Vangelo (...). Dovete ricordare che la Chiesa è tutti noi. Ognuno di noi è un dono unico, ognuno di noi è stato amato da Dio ed è chiamato a essere espressione del suo amore. Abbiamo una lunga strada da percorrere e abbiamo ancora bisogno della vostra umanità, della vostra sensibilità nell'esprimere l'amore, della vostra vicinanza, della vostra capacità di tirare fuori il meglio da ognuno di noi e del vostro sguardo semplice sulla vita".

"Io e te siamo Chiesa".

Alla presentazione di questa giornata, che si è svolta il 30 novembre presso la sede della Conferenza episcopale, hanno partecipato María Ángeles Aznares (Marian), catechista di Cuenca per le persone con disabilità, suor María Granado, che lavora nella Commissione, e Henar, una ragazza di 25 anni con paralisi cerebrale della parrocchia della catechista María Ángeles Aznares.

Marian si è detta "entusiasta" del suo gruppo di catechesi, che hanno chiamato "Anawin" (i "poveri di Yahweh" in ebraico).

Per quanto riguarda lo slogan di questa campagna, la catechista ha sottolineato che si riferisce al fatto che "la Chiesa è la nostra casa". Come Giuseppe e Maria hanno accolto Gesù, la Chiesa cerca di accogliere gli altri, dicendo loro "sì": "Vogliamo che la Chiesa sia quel sì", ha sottolineato.

Ha anche evidenziato l'umiltà e la povertà di Gesù che, essendo Dio, ha scelto di vivere la limitatezza della mangiatoia, un luogo privo di lussi. "La Chiesa è quel portale di Betlemme", ha sottolineato Marian.

D'altra parte, ha fatto riferimento a tutto ciò che ha imparato lavorando con le persone con disabilità: "Con i loro limiti, sono riuscita ad accettare i miei". Pur sottolineando che sono persone come tutte le altre, con i loro momenti di malumore e i loro tentativi di uscire dal lavoro, Marian vede in loro una semplicità che la aiuta ad affrontare la vita in modo diverso.

"La Chiesa si adatta a me".

Anche Henar, la sua catecumena, ha voluto intervenire poco dopo questo punto, utilizzando una tavoletta elettronica su cui ha scritto, in riferimento alla Chiesa: "Anche noi abbiamo il diritto e il dovere di far parte di questa grande famiglia". Henar ha anche sottolineato l'importanza della Messa e quanto essa aiuti a livello personale.

Alla domanda su quali barriere abbiano incontrato nella Chiesa nel promuovere la catechesi con le persone con disabilità, Marian ha commentato che a volte questa barriera può essere la "non comprensione", ma che si tratta di un processo che anche lei ha dovuto affrontare: "Non ho incontrato barriere diverse dalle mie", ha sottolineato. Da parte sua, Henar non ha indicato alcuna barriera, ma ha dichiarato: "Credo che la Chiesa si adatti a me".

Sul sito web della Conferenza episcopale è possibile trovare materiali di supporto per la catechesi con persone con disabilità. Tuttavia, sebbene per le persone cieche o sorde esistano tecniche uguali per tutti (l'uso del Braille, della lingua dei segni...), Marian sottolinea che nel caso delle persone con disabilità intellettiva i materiali sono solo risorse di supporto che devono essere personalizzate per ogni caso specifico.

Messa su Trece TV

Il 3 dicembre, il Tredici Messa TVche sarà trasmessa dalla Basilica della Concezione alle 12, sarà dedicata alla Giornata delle persone con disabilità e avrà sottotitoli e linguaggio dei segni. Può essere seguita in televisione o online.

Mondo

Diego Sarrió: "I musulmani si allontanano gratificati dagli sforzi della Chiesa per un dialogo autentico".

Diego Sarrió è il rettore del Pontificio Istituto di Studi Arabi e Islamici. In questa intervista con Omnes, parla delle origini di questa istituzione e delle relazioni tra musulmani e cristiani.

Hernan Sergio Mora-30 novembre 2023-Tempo di lettura: 9 minuti

All'indomani dell'11 settembre 2001, una parte del mondo Islamico ha sentito il bisogno di prendere le distanze dal jihadismo e dall'ideologia fondamentalista che ne è alla base. Questo ha portato a una serie di dichiarazioni come la Messaggio di Amman 2004che è stato seguito da altri fino al "...".Documento sulla fraternità umana per la pace nel mondo e la convivenza comune", firmata il 4 febbraio 2019 ad Abu Dhabi da Papa Francesco e dallo sceicco Ahmad Al-Tayyeb, Grande Imam di Al-Azhar, e che è stata una delle fonti di ispirazione dell'enciclica "Fratelli tutti".

È quanto ha dichiarato a Omnes, nel corso di un'intervista, l'attuale rettore del "Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica" (PISAI), padre Diego Sarrió Cucarella, 52 anni, spagnolo di Gandía (Valencia) dal carattere amichevole e gioviale, che ha studiato al PISAI e poi vi ha lavorato come insegnante, fino a diventarne direttore. "Il Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica, con sede a Roma dal 1964, è stato fondato nel 1926 in Tunisia da un'intuizione della Società dei Missionari d'Africa, meglio conosciuti come 'Padri Bianchi' per il colore del loro abito", spiega padre Sarrió.

Aggiunge che "il primo obiettivo era quello di formare i missionari che si preparavano a lavorare in Nord Africa, a diretto contatto con la popolazione musulmana. A questo obiettivo si è poi aggiunta la promozione di un nuovo tipo di relazione tra i cristiani e i seguaci della seconda religione del mondo, superando pregiudizi reciproci e stereotipi di vario genere attraverso lo studio della reciproca tradizione religiosa.

Come è nato il PISAI?

È nata da un'esigenza missionaria molto concreta dei Padri Bianchi. È una delle tante congregazioni nate in un'epoca di grande fervore missionario, nella seconda metà del XIX secolo, come i Missionari Comboniani, la Consolata, gli Spiritani, ecc.

Chi ha fondato i Padri Bianchi?

Il fondatore fu il cardinale francese Charles Martial Lavigerie, un giovane brillante che nel 1867 fu nominato arcivescovo di Algeri. Siamo nel pieno dell'espansione coloniale europea e la Francia considera l'Algeria parte integrante del suo territorio. Era anche un periodo di esplorazione dell'interno del continente africano (basti ricordare Livingston).

In questo contesto storico, il fondatore dei Padri Bianchi ebbe l'ispirazione di creare una congregazione maschile e una femminile per l'evangelizzazione del continente africano. Così, i Padri Bianchi sono nati in un Paese di tradizione islamica. Il nostro primo Paese di missione fu l'Algeria, poi la Tunisia, che divenne un protettorato francese nel 1881 e dove Lavigerie fu nominato arcivescovo di Cartagine nel 1884.

Quando è nato PISAI?

Nacque più tardi, nel 1926, in Tunisia, perché con l'esperienza della missione cominciarono a vedere le difficoltà: non era l'apostolato "trionfale" che alcuni si aspettavano, come stava accadendo in altre parti dell'Africa. D'altra parte, nel Maghreb hanno incontrato molte resistenze quando hanno annunciato il Vangelo. Tra le altre ragioni, perché l'Islam aveva sviluppato nei secoli le proprie argomentazioni contro il cristianesimo. Gradualmente ci si rese conto che per lavorare in un ambiente musulmano non bastavano gli studi classici di filosofia e teologia che i sacerdoti avevano ricevuto, ma era necessaria anche una solida conoscenza della cultura e della religione islamica.

Solo per i padri bianchi?

Nel 1926, i Padri Bianchi aprirono a Tunisi una casa di studi inizialmente destinata alla formazione di coloro che si preparavano a lavorare in Nord Africa, introducendoli allo studio della lingua e della cultura religiosa locale. La casa funzionava come un collegio e gli studi duravano due o tre anni. Il corpo docente era composto dai Padri Bianchi e da insegnanti esterni, tunisini ed europei residenti in Tunisia. La casa aprì presto le sue porte ad altre congregazioni religiose presenti in Nord Africa e al clero diocesano interessato.

In altre parole, una formazione per coloro che si preparavano all'apostolato?

Sì, ma non dimentichiamo che la teologia della missione si stava evolvendo. Già all'inizio degli anni '30, l'équipe di Padri Bianchi che lavorava nella casa di formazione sviluppò un nuovo tipo di attività, pur continuando il programma di studio. Ricordiamo che questa era l'epoca della cosiddetta "bolla coloniale", una società europea che spesso viveva ai margini della società tunisina, ognuno per conto proprio. I responsabili del centro di formazione, ormai ribattezzato "Institut des belles lettres arabes, IBLA", cercarono di avvicinare queste due comunità creando il Circolo dell'amicizia tunisina (Cercle des amitiés tunisiennes, 1934-1964), con programmi culturali, conferenze, escursioni, ecc. Inoltre, hanno aperto la biblioteca dell'IBLA ai tunisini e hanno iniziato a pubblicare la rivista IBLA nel 1937, che esiste ancora oggi.

Cosa succede quando si allarga la portata della missione?

Con il passare degli anni, la casa divenne troppo piccola per la duplice attività dell'Istituto (da un lato, un centro di studi arabi e islamici e, dall'altro, un luogo di contatto culturale con la società tunisina), così alla fine degli anni '40 si decise di trasferire la sezione del collegio a La Manouba, allora un sobborgo di Tunisi. Data la distanza fisica e l'attività specifica di ciascuna casa, le due strutture finirono per lavorare separatamente. Il centro studi di La Manouba continuò a svilupparsi fino a diventare l'attuale PISAI. Un momento importante è stato il suo riconoscimento da parte della Santa Sede nel 1960 come Pontificio Istituto Superiore di Studi Orientali. "Orientale" e non "islamico" per motivi di discrezione. L'obiettivo era quello di evitare la domanda: cosa ci fanno questi cattolici europei in un Paese a maggioranza musulmana, indipendente dal 1956, che si occupa di Islam? Nel 1964, la nazionalizzazione dei terreni agricoli in mano agli stranieri decretata dal governo tunisino interessò i terreni di La Manouba, dove aveva sede l'Istituto.

L'esproprio li costringe ad emigrare?

Fu presa in considerazione la possibilità di trasferire l'Istituto ad Algeri o in Francia. Tuttavia, queste opzioni furono scartate a favore di Roma, dove si stava svolgendo il Concilio Vaticano II. Il 17 maggio 1964, domenica di Pentecoste, Paolo VI aveva istituito un dipartimento speciale della Curia romana per le relazioni con le persone di altre religioni, conosciuto inizialmente come "Segretariato per i non cristiani", poi rinominato Pontificio Consiglio (ora Dicastero) per il Dialogo Interreligioso. La Santa Sede chiese ai Padri Bianchi di portare l'Istituto a Roma. Nella Città Eterna c'erano professori della Gregoriana o di altre istituzioni che conoscevano l'Islam, ma non esisteva un curriculum di islamologia in quanto tale.

Il trasferimento dell'Istituto a Roma comportò anche un cambio di nome per evitare confusioni con l'esistente Pontificio Istituto Orientale, dedicato allo studio dell'Oriente cristiano. Così, nell'ottobre 1964, l'Istituto fu ufficialmente rinominato Pontificio Istituto di Studi Arabi. Bisognerà aspettare la promulgazione della Costituzione Apostolica Sapientia ChristianaNell'aprile del 1979, affinché l'Istituto ricevesse l'attuale denominazione di Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica.

Cosa ha significato per il PISAI avere una sede a Roma?

Venire a Roma ha significato per il PISAI soprattutto un allargamento degli orizzonti, la necessità di mettersi al servizio della Chiesa universale e non solo della Chiesa del Nord Africa. La presenza a Roma significava anche integrare progressivamente gli studenti laici.

Che immagine si è fatto il mondo cristiano dell'Islam nel corso della storia?

Negli ultimi anni mi sono personalmente interessato al modo in cui cristiani e musulmani hanno scritto l'uno dell'altro e all'immagine dell'altro che questa tradizione ha trasmesso ai cristiani e ai musulmani di oggi. Probabilmente, la maggior parte di ciò che cristiani e musulmani hanno scritto l'uno dell'altro è di natura polemica. Anche se in rare occasioni la religione dell'altro è stata descritta senza pregiudizi, l'atteggiamento "predefinito" è stato di sospetto e antagonismo. Coloro che hanno cercato di superare le caratterizzazioni stereotipate dell'altro sono stati delle eccezioni da entrambe le parti. Polemica è la parola giusta per descrivere questo tipo di letteratura. Deriva dal sostantivo greco "pólemos", che significa "guerra". In effetti, si trattava di una "guerra di parole". Gli autori di questi scritti si consideravano partecipi di una grande battaglia combattuta da studiosi e principi. Non riuscivano a dissociare i loro scritti l'uno sull'altro dalla più ampia competizione per l'egemonia politica e culturale, per non parlare del controllo della ricchezza e delle risorse economiche del mondo. Uno dei grandi problemi di oggi è che sia i cristiani che i musulmani sono eredi di un'immagine molto negativa dell'altro.

Come sviluppare il dialogo?

Quando parliamo di dialogo islamo-cristiano, dobbiamo innanzitutto ricordare che non sono le religioni a dialogare, ma persone reali, in carne e ossa, che vivono in situazioni concrete, molto diverse da ogni punto di vista. Consideriamo che oggi cristiani e musulmani rappresentano insieme più della metà della popolazione mondiale. Così come il mondo cristiano è molto diversificato al suo interno, lo è anche quello musulmano. Questo rende molto difficile parlare di dialogo islamo-cristiano in astratto. Le relazioni islamo-cristiane non progrediscono allo stesso ritmo in tutte le parti del mondo. Ciò che è possibile qui e ora non lo è altrove, quindi è importante non generalizzare. Il fondamentalismo jihadista è una deriva che la grande maggioranza dei musulmani rifiuta. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una successione di dichiarazioni islamiche a favore del dialogo e della coesistenza pacifica, a partire dal Messaggio di Amman del 2004. È interessante notare che queste dichiarazioni rappresentano un esercizio di "ecumenismo" islamico in quanto sono state firmate da leader musulmani di diverse tradizioni e correnti.

È possibile superare il passato di controversie e guerre?

La dichiarazione Nostra Aetate sulle relazioni della Chiesa con le religioni non cristiane, emanata nel 1965, riconoscendo che nel corso dei secoli ci sono stati molti disaccordi e inimicizie tra cristiani e musulmani, ha invitato tutti a "lasciarsi il passato alle spalle e a lottare insieme per promuovere la giustizia sociale, il bene morale, la pace e la libertà per tutti gli uomini" (Nostra Aetate, 3).

Alcuni commentatori hanno trovato un po' ingenuo questo invito a "dimenticare il passato". È vero che è difficile dimenticare il passato, ma d'altra parte non possiamo permettere che il passato determini il presente e condizioni il futuro. Non si tratta di dimenticare, ma di superare. Come spesso accade nei conflitti interpersonali, una parte o l'altra racconta la storia dal momento in cui si è sentita vittimizzata. Lo stesso vale tra musulmani e cristiani. Se si vuole trovare una giustificazione per rifiutare gli sforzi di dialogo islamo-cristiano, si può certamente trovare sempre un esempio storico o attuale, situazioni reali, in cui cristiani o musulmani sono vittime di discriminazione o di violenza. Se si deve aspettare che tutto sia perfetto per dialogare, allora a cosa serve il dialogo? Non esiste una ricetta magica per il dialogo islamo-cristiano, né un modello che possa essere applicato in tutte le situazioni. Non dobbiamo dimenticare che cristiani e musulmani sono esseri umani, soggetti di identità multiple, tra le quali la componente religiosa è solo uno dei tanti elementi: culturali, politici, geografici, ecc. Tutto entra in gioco quando un cristiano incontra un musulmano.

Quali rapporti ha il PISAI con le ambasciate dei Paesi a maggioranza islamica presso la Santa Sede e le altre istituzioni islamiche?

Il PISAI è spesso visitato da diplomatici di Paesi di tradizione islamica accreditati presso la Santa Sede. Essi sono spesso sorpresi di scoprire che nel cuore del mondo cattolico esiste un Istituto, dipendente dalla Santa Sede, espressamente dedicato alla cultura e alla religione islamica; un Istituto che si interessa non solo all'Islam da un punto di vista geopolitico, strategico o di sicurezza, come avviene in altre università e centri di studio, ma al patrimonio religioso della tradizione islamica stessa. Questo interesse si riflette meravigliosamente nella nostra biblioteca, che conta poco più di 40.000 volumi, specializzati nelle varie branche delle scienze islamiche (teologia, filosofia, giurisprudenza, esegesi coranica, sufismo, ecc.) Questi diplomatici, come altri musulmani che ci visitano, in particolare professori universitari, lasciano con gratitudine gli sforzi della Chiesa cattolica per preparare le persone a un dialogo autentico e profondo con i musulmani, che non può essere basato solo sulla buona volontà, ma su una conoscenza scientifica e oggettiva della tradizione dell'altro.

Quanti studenti studiano attualmente al PISAI?

È un istituto molto specializzato, quindi il numero è relativamente basso. Offriamo solo il programma di baccellierato e di dottorato. Ciò significa che per studiare al PISAI bisogna aver già completato un primo ciclo universitario o un ciclo triennale, che può essere in teologia, filosofia, missiologia, scienze politiche, storia, lingua e letteratura, ecc. Alcuni si formano per diventare insegnanti o ricercatori; altri arrivano con la motivazione, maturata in un contesto ecclesiale, di prepararsi a lavorare nel campo delle relazioni islamo-cristiane.

Negli ultimi anni, il numero medio di studenti del corso di laurea è di circa 30, a cui vanno aggiunti circa 8 dottorandi. Purtroppo, l'Istituto non può accettare un numero maggiore di dottorandi a causa della natura specialistica degli studi e della difficoltà di trovare professori qualificati per la supervisione delle tesi di dottorato. I titoli accademici attualmente conferiti dall'Istituto sono il BA e il PhD "in Studi Arabi e Islamici", cioè l'arabo è un elemento essenziale nel nostro campo di studi, come lo è la conoscenza delle lingue bibliche per gli specialisti delle Sacre Scritture. Uno specialista dell'Islam non può fare a meno dell'arabo, che è la lingua dei testi fondamentali dell'Islam: il Corano e la Sunna.

Oggi, i due anni del corso di laurea PISAI sono preceduti da un anno preparatorio che introduce gli studenti allo studio dell'arabo classico su solide basi. Si potrebbe passare una vita intera a studiare l'arabo classico, per non parlare delle diverse lingue arabe colloquiali. Lo studente che completa il nostro corso di laurea acquisisce una buona panoramica della tradizione islamica, ma non può dirsi un "esperto" di Islam. Il dottorato di ricerca, invece, permette di approfondire una particolare area degli studi islamici, aprendo importanti prospettive in tutti i settori.

L'autoreHernan Sergio Mora

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Evangelizzazione

Aspettando la venuta di Cristo: prefazione all'Avvento I

L'Avvento è uno dei "tempi forti" dell'anno liturgico, che si riflette nella ricchezza dei testi propri di questo tempo nella Santa Messa. Il prefazio I di Avvento, che inizia domenica 3 dicembre, esprime l'attesa della seconda venuta del Signore e la preparazione alla sua nascita nella storia. Gli altri saranno pubblicati ogni settimana.

Giovanni Zaccaria-30 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il periodo di Avvento è caratterizzato da una tensione tra due poli: da un lato, è l'attesa della seconda venuta di Cristo; dall'altro, è la preparazione alla solennità del Natale.

Il significato è facile da capire. Poiché ci aspettiamo che il seconda venuta di Cristo, quando il tempo come lo conosciamo finirà e tutta la creazione raggiungerà la sua pienezza, è proprio per questo che ci prepariamo al Natale: perché è una celebrazione del grande mistero della nostra salvezza, che inizia con l'incarnazione del Verbo nel grembo della Vergine Maria.

Questo doppio sentimento che caratterizza il periodo di Avvento è presente anche nella divisione che lo caratterizza: la prima parte - tutta dominata da riferimenti escatologici - va dalla prima domenica al 16 dicembre; e poi, dal 17 al 24 dicembre, la cosiddetta Novena di Natale ci riporta al tempo e al luogo della prima venuta.

È proprio in questa tensione che ci inserisce il primo dei due testi del prefazio dell'Avvento, che già dal titolo ("De duobus adventibus Christi".) indica come tema di ringraziamento a Dio la duplice venuta di Cristo, e tutto ciò si sviluppa in parallelismi (prima venuta... verrà di nuovo - umiltà della natura umana... splendore della gloria - promessa antica... regno promesso, ecc.) che sottolineano il "già e non ancora" della nostra salvezza. Ciò pone la comunità cristiana in una prospettiva storico-dinamica: essa vive già in Cristo, presente in mezzo ai suoi, ma non perde di vista la tensione escatologica verso la manifestazione piena e definitiva.

Qui, primo advéntu in humilitáte carnis assúmptæ,

dispositiónis antíquæ munus implévit,

nobísque salútis perpétuæ trámitem reserávit:

ut, cum secúndo vénerit in suæ glória maiestátis,

manifesto demum múnere capiámus,

quod vigilántes nunc audémus exspectáre promíssum.

Chi viene per la prima volta
nell'umiltà della nostra carne,
Ha portato a termine il piano di redenzione stabilito fin dai tempi antichi e ci ha aperto la via della salvezza;

in modo che quando tornerà
nella maestosità della sua gloria,
rivelando così la pienezza della sua opera,
possiamo ricevere la merce promessa
che ora, in vigile attesa,
speriamo di raggiungere.

Compendio della storia della salvezza

Il testo originale latino deriva dalla rielaborazione di due prefazioni risalenti probabilmente al V secolo e presenti nel Sacramentario veronese. Ci presenta una sorta di compendio della storia della salvezza, che in Cristo trova il suo compimento: fin dall'antichità, Dio ci ha fatto dono di una buona volontà nei nostri confronti, che si manifesta nell'economia della salvezza. 

È questo il significato dell'espressione "munus dispositionis antiquae", che esprime il dono e il compito ("munus") insito nella "oikonomia" dell'alleanza tra Dio e il genere umano. Questo dono ha raggiunto il suo apice in Cristo ("implevit" - compiuto, portato a pienezza), che ha voluto manifestarsi nell'umiltà della carne (cfr. Fil 2,7-8) e ha stabilito la nuova ed eterna alleanza nel proprio sangue. Il sacrificio di Cristo ci ha aperto le porte della salvezza eterna ("tramitem salutis perpetuae"); perciò, nella celebrazione eucaristica eleviamo i nostri cuori pieni di gratitudine a Dio, contemplando il mistero dell'attesa della venuta del Signore Gesù nello splendore della gloria (cfr. Mt 24,30; Lc 21,27; At 1,10-11).

Quando verrà, unirà a sé noi, sue membra, per farci entrare e prendere possesso del regno promesso. Questa certezza che ci giunge attraverso la fede non è un semplice pio desiderio, ma si basa su ciò che è accaduto al primo avvento di Cristo: l'Incarnazione è il grande mistero che spalanca le porte del cielo e porta a compimento le promesse fatte da Dio nel corso della storia. Proprio la certezza che Dio mantiene le sue promesse e la consapevolezza che agisce e salva nella storia sono il fondamento della speranza che nutriamo nel nostro cuore.

La speranza non è la vaga sensazione che tutto andrà bene, ma l'attesa fiduciosa del compimento dei piani di Dio. Dio agisce sempre e mantiene le promesse che fa; per questo possiamo sperare e possiamo alimentare le nostre speranze.

L'autoreGiovanni Zaccaria

Pontificia Università della Santa Croce (Roma)

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Vangelo

Vieni, Signore Gesù. Prima domenica di Avvento (B)

Joseph Evans commenta le letture della prima domenica di Avvento (B) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-30 novembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Il messaggio dell'Avvento, che inizia oggi con l'ingresso in un nuovo anno liturgico, è che Dio è pronto e disposto a salvarci, ma dobbiamo essere vigili per ricevere questa salvezza. È come una barca che bisogna essere pronti a prendere: chi è attento e salta dentro quando arriva sarà salvo. Chi è distratto la perderà e perirà.

La prima lettura ci offre alcune delle parole più belle dell'Antico Testamento, che esprimono l'anelito dell'umanità verso Dio. "Vorrei che tu squarciassi il cielo e scendessi", dice Isaia. Dal peccato di Adamo ed Eva, l'umanità geme sotto il peso della sua iniquità, ma geme anche per la salvezza, anche senza esserne consapevole.

Era come se fossimo programmati per la salvezza e le molte forme di culto religioso sincero ("sincero" perché alcune forme non erano altro che corruzioni della religione che portavano alla corruzione dei suoi praticanti), anche quelle errate, esprimevano un desiderio incoato di salvezza. 

Ma con il Dio di Israele non era più l'umanità a cercare Dio, ma Dio a cercare l'umanità. Ora finalmente c'era un Dio - il Dio - che parlava all'umanità, ci diceva cosa fare ed era sempre coerente nei suoi comandi: esigente, sì, ma coerente.

Nell'antichità, gli uomini si affidavano solo alle loro coscienze confuse per avere una guida, ma il Dio di Israele parlò chiaramente: "... il Dio di Israele parlò chiaramente: "... il Dio di Israele parlò chiaramente: "... il Dio di Israele parlò chiaramente: "... il Dio di Israele parlò chiaramente".Ecco, ti sei adirato e noi abbiamo peccato.". Dio ha punito il peccato, ma quella stessa punizione è stata misericordia perché ha anche mostrato chiaramente la via della giustizia, anche se non era ancora chiaro cosa avrebbe portato la salvezza. 

Ma attraverso Gesù Cristo la salvezza è arrivata a noi, in persona, in Lui. E per riceverla dobbiamo essere svegli e attenti. "Siate vigili, vegliate, perché non sapete quando il tempo è maturo.". Gesù usa la parabola di un uomo che è partito per un viaggio: i servi non sanno mai quando tornerà, ma addirittura "...".per evitare che arrivi inaspettatamente e vi trovi addormentati".

Dio non vuole forse tenerci in uno stato di tensione, come se dovessimo passare la vita a bere bevande energetiche alla caffeina? No. La chiave per comprendere le parole di Cristo è apprezzare che la logica del cristianesimo è l'amore. Siamo invitati a partecipare, ricevere e rispondere all'amore divino. E l'amore è sempre vigile. La religione antica cercava di placare il divino: si offrivano sacrifici nel tentativo di ottenere favori (buoni raccolti, scongiurare catastrofi naturali, ecc.).

La religione potrebbe essere ridotta a rituali periodici. Ma la vera religione cerca l'unione d'amore tra l'uomo e Dio. L'amore è sveglio, teme di raffreddarsi, cerca di rimanere acceso. È questo il fuoco che cerchiamo di accendere in questo Avvento, nell'attesa che il Dio che ha veramente squarciato i cieli come un piccolo bambino scenda a noi.

Omelia sulle letture della prima domenica di Avvento (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Il Papa invita a riprendere le strade e a prolungare la tregua a Gaza

"Pace, per favore, pace, che la tregua a Gaza continui e che tutti gli ostaggi siano liberati", ha esortato Papa Francesco nella catechesi di questa mattina, ancora sofferente per un'infezione polmonare, nell'Aula Paolo VI con migliaia di fedeli. Ha anche chiesto di andare agli incroci e di dare ragioni alla nostra fede e alla nostra speranza.

Francisco Otamendi-29 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Papa, ancora convalescente per un attacco di influenza che ha indotto i suoi medici a chiedergli di annullare il viaggio al vertice sul clima di Dubai, ha voluto leggere personalmente nel Pubblico questa mattina un messaggio di pace per la Terra Santa, affinché "la tregua in corso in Terra Santa possa continuare". GazaL'UE chiede il rilascio di tutti gli ostaggi e l'accelerazione degli aiuti umanitari".

"Manca l'acqua, manca il pane, la gente soffre, è la gente semplice", ha aggiunto il Papa. "Preghiamo per la pace. La guerra è una sconfitta, tutti perdono. Solo un gruppo vince, i produttori di armi, che traggono un buon profitto dalla morte degli altri". Il Papa ha anche fatto riferimento, come sempre, al "caro popolo ucraino, che soffre tanto, anche in guerra", e ha chiesto di pregare.

Annullato il viaggio del Papa a Dubai

Il Pontefice è affetto da influenza da sabato con un'infiammazione delle vie respiratorie. Il portavoce Matteo Bruni ha dichiarato ieri: "Le condizioni cliniche generali sono migliorate, ma i medici hanno chiesto al Papa di non effettuare il viaggio previsto nei prossimi giorni per la COP28. Francesco, 'con grande dispiacere', ha acconsentito".

I personaggi del Circus Talent Festival hanno intrattenuto il Papa e i fedeli durante l'Udienza di oggi con un breve spettacolo. Fin dall'inizio, il Santo Padre ha lasciato che ecclesiastici della Segreteria di Stato e alcuni lettori abituali, come una suora polacca, leggessero i messaggi ai fedeli in varie lingue.

Al bivio

Dopo aver dedicato le catechesi degli ultimi mercoledì a evangelizzare con gioia e a farlo per tutti, questa mattina Francesco si è concentrato sull'evangelizzazione "oggi". Uno dei messaggi centrali è stata la necessità di "andare agli incroci, dove ci sono le persone, per dare ragione della nostra fede e della nostra speranza, non solo con le parole ma con la testimonianza della nostra vita".

Inoltre, nella sua sintesi per i fedeli delle varie lingue, il Papa ha alluso all'imminente arrivo del Avvento. Ad esempio, ha augurato ai pellegrini di lingua inglese "un fruttuoso cammino di Avvento per accogliere in Natale il Figlio di Dio, il Principe della Pace".

Nel suo messaggio, il Santo Padre si è rifatto a San Paolo, quando esortava i Corinzi: "Nel tempo giusto vi ho ascoltato, nel giorno della salvezza vi ho aiutato. Ma guardate, ora è il tempo favorevole, ora è il giorno della salvezza". E denuncia anche, per sottolineare l'importanza dell'individuo, che, come nella città di Babele, il progetto individuale viene ora sacrificato all'efficacia del collettivo. Ma Dio confonde le lingue, ristabilisce le differenze". 

"Non perdete il desiderio di Dio, scendete in strada".

"Il Signore allontana l'umanità dal suo delirio di onnipotenza", che cerca di rendere "Dio insufficiente e inutile". Ma come ha scritto Francesco nella sua Esortazione apostolica Evangelii gaudiumIn occasione del decennale della prima Conferenza mondiale degli evangelici, "è necessaria un'evangelizzazione che illuminare nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri e con lo spazio, e che dovrebbe portare in primo piano i valori fondamentali". 

In un altro momento, il Papa ha sottolineato che "lo zelo apostolico è una testimonianza che il Vangelo è vivo. È necessario scendere per strada, andare nei luoghi dove la gente soffre, lavora e studia", "ai crocevia, essere come Chiesa un lievito di dialogo, di incontro, non avere paura del dialogo", e allo stesso tempo "non perdere il desiderio di Dio per dare pace e gioia". "La verità è più credibile quando è testimoniata con la vita", "lo zelo apostolico è audacia e creatività", ha detto. "Aiutiamo la gente di questo mondo a non perdere il desiderio di Dio", ha aggiunto rivolgendosi ai fedeli di lingua araba.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

Nella "dolce attesa" di Cristo. Colletta per la prima domenica di Avvento

L'autore inizia oggi ad analizzare le "Collette" delle Messe delle quattro domeniche di Avvento, per "entrare maggiormente nello spirito di queste settimane". Dobbiamo l'attuale Avvento di quattro settimane a Papa San Gregorio Magno (VII secolo), perché quando questo tempo prima del Natale cominciò a comparire in vari luoghi, variava in lunghezza.

Carlos Guillén-29 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Come contesto celebrativo possiamo sottolineare che, essendo un tempo di preparazione, la liturgia dell'Avvento sopprime alcuni segni festivi, come a dire che manca ancora qualche elemento per celebrare la "festa completa". Per questo motivo, la GloriaSi utilizzano i paramenti viola e si richiede una maggiore sobrietà nella decorazione.

"Lo sposo sta arrivando, andategli incontro!

La Colletta della prima domenica di Avvento che proponiamo di analizzare è la seguente:

Concedi al tuo fedele, onnipotente Dio,

il desiderio di uscire accompagnati dalle opere buone per andare incontro a Cristo che viene,

in modo che, posto alla vostra destra,

meritano di possedere il regno dei cieli.

Da, quaésumus, omnípotens Deus,

hanc tuis fidélibus voluntátem,

ut, Christo tuo veniénti

iustis opéribus occurréntes,

eius déxterae sociati,

regnum mereántur possidére caeleste.

La preghiera ha una struttura che pone la petizione al primo posto. L'elemento che la colloca all'interno del tempo liturgico è inserito in questa petizione. È il riferimento a Cristo che viene (Christo tuo venienti(letteralmente: "Il tuo Unto che viene", rivolgendosi al Padre). È una frase che ben si presta a racchiudere i due punti di riferimento di questa stagione: il Natale e il Parousia. Anche se forse il desiderio di uscire "accompagnati da opere buone" (iustis opéribus occurréntes) enfatizza soprattutto il secondo senso.

Lo capiremo meglio se confrontiamo il contenuto di questa raccolta con le parabole che Gesù usa per sottolineare la necessità di vigilare in attesa della venuta del Signore. La più chiara e diretta è quella delle vergini sagge e stolte (Mt 25), che non si legge propriamente in Avvento, ma verso la fine del Tempo Ordinario (domenica 32 del Ciclo A). Ma anche i Vangeli corrispondenti a questa prima domenica (nei suoi 3 cicli) trasmettono la necessità di essere svegli e preparati.

Su quali "opere buone" si intendano, non abbiamo ulteriori dettagli. Evidentemente, tutte quelle di cui parlava Gesù. La proposta diventa un compito personale, da portare avanti con generosità e iniziativa. Ma alcune delle letture di questa prima domenica di Avvento parlano della pace in modo particolare. Un aspetto particolarmente importante e urgente per il momento globale in cui viviamo.

È venuto, verrà e verrà!

Il resto della colletta è costituito da una clausola che si riferisce chiaramente al conseguimento della ricompensa eterna. Ciò che viene chiesto al Padre Onnipotente è che, quando Cristo verrà, metterà i suoi fedeli alla sua destra (eius déxterae sociati) e renderli degni del possesso del regno celeste (regnum mereántur possidére caeleste). La figura utilizzata è tratta letteralmente dalla descrizione che Gesù fa del Giudizio Universale nel capitolo 25 del Vangelo secondo Matteo. Anche in questo caso, non si tratta di un Vangelo dell'Avvento, ma si adatta molto bene al tema di queste prime settimane.

Come si vede, tutte le parti di questa preghiera si concentrano sulla prospettiva escatologica. Così come il primo prefazio dell'Avvento, intitolato "le due venute di Cristo". Pertanto, spiritualmente, questo tempo liturgico ci fa guardare non solo al passato, ma anche al futuro. Questo è importante, perché non tutto è fatto, siamo in un "già ma non ancora". Se così non fosse, non ci sarebbe posto per la speranza, "la virtù teologale con cui aspiriamo al Regno dei cieli e alla vita eterna come nostra felicità" (Catechismo, n. 1817).

Ma potremmo aggiungere qualcos'altro. San Bernardo, in un sermone della Liturgia delle Ore del mercoledì della prima settimana di Avvento, parla non solo di una doppia, ma di una tripla venuta. C'è, dice, una "venuta intermedia", nascosta, che ci porta dalla prima all'ultima. Cristo viene nel cuore, nell'anima, nella condotta del cristiano, per essere il suo conforto e il suo riposo. Come, quando e dove? 

Proprio nella liturgia, soprattutto nella Santa Messa. Possiamo (dobbiamo!) andargli incontro ogni giorno con le nostre opere e ogni giorno abbracciare la sua destra e ricevere il Re e il suo regno in noi. Incontrarlo nella nostra vita ordinaria. Per un cristiano, attendere la venuta di Cristo non è un compito astratto: è la dolce realtà di ogni giorno. 

Il riferimento principale che si può consultare per approfondire è l'opera di Félix Arocena, "Las colectas del Misal romano. Domeniche e solennità del Signore", CLV-Edizioni Liturgiche, 2021.

L'autoreCarlos Guillén

Sacerdote del Perù. Liturgista.

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Vaticano

Papa Francesco delinea i pilastri su cui deve reggersi il giornalismo

Il 23 novembre il Papa ha incontrato i giornalisti della Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici, ai quali ha parlato dell'importanza del giornalismo cattolico.

Giovanni Tridente-29 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

23 novembre 2023, Papa Francesco ha incontrato nella Sala Clementina del Vaticano, con decine di giornalisti appartenente alla Federazione Italiana dei Settimanali Cattolici, una rete di circa 170 periodici delle diocesi italiane e di altre associazioni di professionisti del giornalismo che operano nel campo della comunicazione, ovvero stampa, televisione, radio e nuove tecnologie.

In questo contesto il Pontefice ha sottolineato l'importanza della formazione come strumento vitale per il futuro della società, incoraggiando un approccio prudente e semplice nella comunicazione, specialmente nell’ambito del digitale. Con un riferimento al Vangelo, ha esortato i giornalisti a essere "prudenti come i serpenti e semplici come le colombe" per dire che “la prudenza e la semplicità sono due ingredienti educativi basilari per orientarsi nella complessità di oggi”. Non bisogna essere ingenui, ma neppure “cedere alla tentazione di seminare rabbia e odio”. Un compito cruciale per la stampa delle Chiese locali, chiamate a portare uno sguardo sapiente nelle case delle persone direttamente sul territorio.

Il secondo sentiero indicato dal Papa è quello della tutela, specialmente nella comunicazione digitale, dove la privacy può essere minacciata. Ha sottolineato la necessità di strumenti che proteggano i più deboli, come i minori, gli anziani e le persone con disabilità, dalla invadenza digitale e dalla comunicazione provocatoria.

Il terzo sentiero è stato identificato come la testimonianza, citando gli esempi di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, e del giovanissimo Beato Carlo Acutis, che ha utilizzato la comunicazione per trasmettere il Vangelo e comunicare valori e bellezza. La testimonianza, secondo il Pontefice, è una profezia, una creatività che porta a rischiare per il bene, andando controcorrente: parla di fraternità, pace e attenzione ai poveri in un mondo spesso individualista e indifferente.

Le sfide dell’informazione

A margine di queste riflessioni del Santo Padre, sovvengono alcune considerazioni d'insieme sullo stato attuale della professione giornalistica e sulle sfide dell'informazione.

Formazione, tutela e testimonianza, infatti, si sfidano spesso con un panorama giornalistico odierno in cui bisogna innanzitutto fare i conti con la velocità e la complessità. È innegabile come la rapida diffusione delle notizie attraverso i mezzi digitali ha aumentato la velocità dello stesso ciclo informativo, costringendo i professionisti a bilanciare la tempestività delle notizie con la necessità di una corretta verifica e contestualizzazione.

Accuratezza

Questo richiama un altro elemento centrale nella professione giornalistica, l’etica e l’integrità che vanno rafforzate maggiormente proprio perché è più semplice cadere nel tranello di informazioni non verificate o spesso addirittura false. L’impegno è a vigilare sull'accuratezza delle informazioni diffuse.

Il Papa ha citato anche il tema della protezione della privacy e qui l’impegno professionale è a saper bilanciare – come del resto è sempre accaduto – tra il diritto del pubblico all'informazione e il rispetto dei diritti individuali alla riservatezza delle persone.

Trasparenza

Da tempo la fiducia dei cittadini nei confronti delle fonti di informazione tradizionale è calata fino a raggiungere limiti preoccupanti. In questo caso la sfida sta nel pensare nuove pratiche di trasparenza che possano mostrare un giornalismo di qualità e di servizio, senza doppi fini o interessi, spesso effimeri.

Responsabilità

Non va trascurato infine l’impatto delle nuove tecnologie tra cui l’intelligenza artificiale e le tante “automazioni” che porta con sé. Si tratta di aspetti che stanno influenzando enormemente la pratica giornalistica, così come il mondo della comunicazione in generale. Qui la capacità sta nel saper integrare queste tecnologie in modo responsabile, soprattutto in quei passaggi che possono migliorare la veicolazione della sana e verificata informazione, salvaguardando la centralità e l’interesse della persona umana.

Gli sforzi formativi, di tutela e di testimonianza auspicati dal Papa vanno quindi integrati con saggezza, integrità e con un impegno e desiderio costante per il bene comune. In questo modo sarà possibile “salvare” il giornalismo.

L'autoreGiovanni Tridente

Cultura

Cormac McCarthy (1933-2023). Leggi La strada in un mondo post-pandemico

La lettura di La strada, dello scrittore americano Cormac McCarthy, recentemente scomparso, è un invito a riflettere radicalmente sulla nostra vita. Il dialogo tra padre e figlio - tenero e duro al tempo stesso - che attraversa l'intera narrazione accompagna il lettore una volta terminata la lettura e lo invita a rileggerla.

Marta Pereda e Jaime Nubiola-29 novembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Cormac McCarthy, uno degli autori americani più influenti degli ultimi decenni, è morto il 13 giugno all'età di 89 anni nella sua casa di Santa Fe, nel Nuovo Messico. Negli ultimi sessant'anni ha scritto dodici romanzi, cinque sceneggiature cinematografiche, due opere teatrali e tre racconti: una produzione relativamente modesta, ma di enorme impatto. Per esperienza personale, possiamo dire che leggere La strada (La strada, 2006) - come spesso si dice dei grandi libri - "cambia la vita", nonostante la sua relativa brevità (210 pagine). Ha vinto il prestigioso Premio Pulitzer nel 2007, è stato tradotto in spagnolo nello stesso anno (Mondadori, Barcellona, 2007) e da allora è stato ristampato.

La strada descrive il viaggio di un padre e di un figlio in un mondo in cenere dove non c'è cibo, ci sono pochi sopravvissuti e l'aria e l'acqua sono inquinate. In questo scenario apocalittico, i due fuggono verso sud su una strada trascinando un carrello della spesa con le loro poche cose. Sono spinti dalla speranza del padre di trovare un gruppo di persone con cui poter restare e vivere.

McCarthy racconta quanto basta per far entrare il lettore nella scena, ma allo stesso tempo descrive solo l'essenziale. Non si sa praticamente nulla della storia dei protagonisti. Nessuno dei personaggi ha un nome. Né viene spiegato dove si trovino o come si siano trovati in questa situazione. E non ha molta importanza. Tuttavia, in questo contesto di finzione, le riflessioni sulla vita, la morte, l'etica, la bontà, la bellezza e il male sono del tutto realistiche. Ci sono molti angoli di interpretazione e interpellazione. Ad esempio, il bambino può essere visto come la teoria dell'etica: è sempre il referente del bene e del male. Il padre, invece, è l'applicazione pratica di questa teoria e spiega al figlio perché in questo caso particolare l'etica non si applica al cento per cento.

"Guardò il ragazzo, ma questi si era girato e guardava verso il fiume.

- Non avremmo potuto fare nulla.

Il ragazzo non ha risposto.

-Sta per morire. Non possiamo condividere ciò che abbiamo perché moriremmo anche noi.

-Lo so.

-E quando pensa di parlarmi di nuovo?

-Sto parlando ora.

-Sei sicuro?

-Sì.

-Ok.

-Ok". (pagg. 43-44).

Colpisce anche la prospettiva della paura. Quella dei protagonisti di La strada ha una spiegazione, poiché altri sopravvissuti li cercano per ucciderli e forse mangiarli. Tutti noi possiamo condividere la paura, soprattutto dopo la pandemia, perché abbiamo visto come ci siamo comportati quando gli altri esseri umani erano ufficialmente un pericolo per noi, quando l'aria era legalmente inquinata e quando andare a raccogliere il cibo poteva essere un rischio mortale.

La storia ha un impatto, i personaggi hanno un impatto, le metafore hanno un impatto; McCarthy usa un vocabolario preciso ed esteso. È una raccolta di immagini, ogni paragrafo potrebbe essere una microstoria a sé stante.

Perché leggere questo libro? Già il modo in cui è scritto lo rende utile. Ma è anche una scossa per il lettore. Da un lato, perché lo scenario sembra possibile. Dall'altro, perché le riflessioni sono totalmente applicabili alla vita di chiunque. E anche perché sembra che a volte viviamo in una situazione di scarsità: non aiutiamo per non perdere, abbiamo paura degli altri esseri umani, ci sentiamo soli al mondo, viviamo nella paura, non riusciamo a godere di quello che abbiamo, ci sentiamo i buoni, ma facciamo quello che farebbe chiunque non sia totalmente corrotto.

McCarthy dedica il libro al figlio John Francis e l'intero libro è pervaso da un'immensa tenerezza da parte del padre nei confronti del figlio in mezzo a un mondo terribilmente ostile: "...il libro è un libro su suo figlio, John Francis...".Cominciava a pensare che la morte fosse finalmente giunta su di lui e che dovesse trovare un posto dove nascondersi per non essere trovato. Mentre guardava il ragazzo dormire, a volte cominciava a singhiozzare in modo incontrollato, ma non al pensiero della morte. Non era sicuro del motivo, ma pensava che avesse a che fare con la bellezza o la bontà". (pagina 99).

E chi, come Viktor Frankl, potrebbe spiegare la felicità in un campo di concentramento? Tuttavia, se c'è speranza in La strada o nel campo di concentramento, perché a volte noi, che non siamo in un mondo in cenere o in un campo di concentramento, non riusciamo a vederlo? La speranza non ci porta a negare la dura realtà, ma ci dà la forza di continuare a vivere, di continuare a camminare verso il sud: il padre morirà, ma il figlio probabilmente vedrà un mondo migliore.

McCarthy ha dichiarato nel 1992 Il New York Times Magazine: "Non c'è vita senza spargimento di sangue. Penso che l'idea che la specie possa essere in qualche modo migliorata, in modo che tutti possano vivere in armonia, sia un'idea davvero pericolosa.". E nel 2009 a Il Wall Street Journal: "Negli ultimi anni non ho avuto voglia di fare altro che lavorare e stare con [mio figlio] John. Sento la gente che parla di vacanze o cose del genere e penso: "Ma che senso ha? Non ho voglia di fare un viaggio. Il mio giorno perfetto è sedermi in una stanza con un foglio bianco. Quello è il paradiso. È oro e tutto il resto è solo una perdita di tempo.".

La strada è un libro che offre molti spunti di riflessione. Alla fine, il lettore troverà nel libro le proprie domande e vale certamente la pena di individuarle, anche se non c'è una risposta.

L'autoreMarta Pereda e Jaime Nubiola

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Vaticano

Il Papa punta i riflettori sulle persone con disabilità

Papa Francesco vuole che i cattolici preghino in particolare durante il mese di dicembre per le persone con disabilità, affinché "siano al centro dell'attenzione della società e che le istituzioni promuovano programmi di inclusione che migliorino la loro partecipazione attiva".

Paloma López Campos-28 novembre 2023-Tempo di lettura: < 1 minuto

Questo dicembre Papa Francesco chiede ai cattolici di tutto il mondo di pregare in particolare per le persone con disabilità. Nel suo il video del meseIl Pontefice si concentra su coloro che, per ignoranza o pregiudizio, soffrono di un rifiuto "che li rende emarginati".

Nel video, Francesco sostiene che "le istituzioni civili devono sostenere i loro progetti con l'accesso all'istruzione, all'occupazione e agli spazi dove si esprime la creatività". Il Santo Padre ritiene che "c'è bisogno di programmi e iniziative che favoriscano l'inclusione" e, "soprattutto, c'è bisogno di cuori grandi che vogliano accompagnare".

Da parte della società, Francesco osserva che dobbiamo "cambiare un po' la nostra mentalità per aprirci ai talenti di queste persone con disabilità". Per quanto riguarda la Chiesa, il Papa avverte che "creare una parrocchia pienamente accessibile non significa solo rimuovere le barriere fisiche, ma anche assumere che dobbiamo smettere di parlare di 'loro' e iniziare a parlare di 'noi'".

Per questo motivo, il Pontefice chiede di "pregare affinché le persone con disabilità siano al centro dell'attenzione del mondo". aziendae che le istituzioni promuovano programmi di inclusione che ne favoriscano la partecipazione attiva".

Il video completo del messaggio e dell'intenzione di preghiera di Papa Francesco è visibile qui sotto:

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Spagna

Il Papa incoraggia i vescovi spagnoli ad adattare i seminari ai "tempi che cambiano".

Il tema degli abusi sessuali "non è entrato nelle conversazioni" che i presuli spagnoli hanno avuto con il pontefice durante questa giornata di lavoro, incentrata sui programmi di formazione e sul futuro dei seminari.

Maria José Atienza-28 novembre 2023-Tempo di lettura: 4 minuti

Aspettativa. Questo era il tono generale prima della convocazione di Papa Francesco ai vescovi spagnoli per discutere i risultati della visita apostolica ai seminari spagnoli che i vescovi uruguaiani: Mons. Arturo Eduardo Fajardo, vescovo di Salto, e Mons. Milton Luis Tróccoli, vescovo di Maldonado-Punta del Este - Minas, hanno fatto a tutti i seminari della Spagna nei mesi da gennaio a marzo 2023.

Nonostante questa aspettativa e qualche "timore di rimprovero", il dialogo e l'incoraggiamento sembrano essere stati la chiave di lettura della giornata. Lo hanno confermato il presidente della CEE, cardinale Juan José Omella, il segretario generale, monsignor Francisco César García Magán, e il presidente della Sottocommissione episcopale per i seminari, monsignor Jesús Vidal, che hanno parlato con i giornalisti dopo i lavori della giornata.

2 ore di dialogo con il Papa

La giornata è iniziata molto presto, alle 8:00, con una meditazione guidata dal cardinale Cantalamessa, predicatore della Casa Pontificia, che ha tenuto una meditazione basata sull'evento della Pentecoste, sulla necessità e l'importanza dell'incontro personale con Gesù Cristo per i sacerdoti e i seminaristi. È stato durante questa preghiera che Papa Francesco si è unito all'incontro. Dopo la preghiera, i vescovi spagnoli hanno avuto un dialogo di due ore con il Santo Padre in cui hanno discusso "la formazione nei seminari, l'esperienza pastorale dei seminaristi e l'importanza delle varie dimensioni della formazione".

Il presidente della Conferenza episcopale, Juan José Omella, ha sottolineato che per lui questo incontro è un segno che "la Chiesa sinodale sta facendo dei passi". Una sinodalità che è palpabile nel dialogo del Papa con i vescovi su un tema così importante come la formazione dei sacerdoti.

Il cardinale Omella ha riassunto la giornata dicendo che la sintesi degli incontri avuti con il Santo Padre e con i membri del Dicastero per il Clero erano finalizzati a preparare vescovi, sacerdoti e seminari "al cambiamento d'epoca" e a farlo "ora".

Sulla stessa linea si è espresso anche il vescovo Jesús Vidal. Jesús Vidal, che ha sottolineato l'incoraggiamento del Papa ai vescovi spagnoli "a continuare a lavorare all'attuazione del piano di formazione della Ratio Fundamentalis".

La Spagna è il primo Paese ad aver sviluppato un piano di formazione per i seminari, una Ratio nationalis, e i vescovi ritengono che forse questa chiamata sia un nuovo modo di lavorare che vedremo, in modo più normale, d'ora in poi.

L'arcivescovo Vidal supervisionerà l'attuazione delle raccomandazioni.

Una delle novità di questo incontro è stata la designazione del vescovo Jesús Vidalas come vescovo responsabile del processo di discernimento e della promozione della formazione nei seminari.

Vidal sarà quindi incaricato di supervisionare lo sviluppo in Spagna delle raccomandazioni contenute nelle conclusioni del documento di lavoro elaborato dai vescovi che hanno effettuato la visita apostolica.

Queste raccomandazioni saranno elaborate dagli altri vescovi e saranno certamente inserite nell'agenda delle assemblee permanenti e plenarie della Conferenza episcopale spagnola.

Formare sacerdoti "che generano comunione".

Il Papa si è particolarmente interessato alla cura della formazione, con tutti i suoi aspetti, dei candidati al sacerdozio. In questo ambito, mons. Vidal ha sottolineato che "il Papa è molto interessato alla formazione umana e, durante il dialogo, l'ha collegata alla dimensione comunitaria. Il Papa ha insistito sul fatto che i sacerdoti devono essere capaci di generare comunione".

In questo senso, il vescovo ausiliare di Madrid ha sottolineato che ciò che il Papa ha chiesto a vescovi e sacerdoti è di formare sacerdoti "radicati nella realtà e al servizio del Vangelo".

I tre rappresentanti della Conferenza episcopale spagnola si sono soffermati sul tono positivo di un incontro che, per la sua eccezionalità, sembrava dare più motivi di preoccupazione di quelli espressi in conferenza stampa. Rispondendo alle domande dei giornalisti, sia García Magán che Vidal e Omella hanno sottolineato che la questione degli abusi sessuali su minori commessi all'interno della Chiesa non è stata affrontata "in modo specifico", anche se ovviamente è stata affrontata in modo tangenziale quando si è parlato della formazione umana dei candidati al sacerdozio, che comprende anche la formazione affettivo-sessuale.

Seminari con una "comunità formativa sufficiente".

I seminari o le case di formazione saranno chiusi? Questa era una delle domande che aleggiavano fin dalla visita apostolica ai seminari spagnoli. A questo proposito, pur non parlando di numeri, i vescovi spagnoli hanno sottolineato che, nel dialogo con i membri del Dicastero del Clero, è emersa la necessità che le case di formazione abbiano sempre "una comunità formativa sufficiente", e hanno incoraggiato i presuli spagnoli a "continuare il cammino" già avviato in questo ambito. In particolare, l'unificazione di alcuni seminari in case di formazione interdiocesane. L'accoglienza e la formazione dei seminaristi migranti provenienti da altri Paesi è stato un altro dei punti sollevati durante la giornata di lavoro.

In Spagna ci sono 86 seminari, distribuiti in varie case di formazione. La Catalogna ha un seminario interdiocesano, 14 seminari che accolgono seminaristi di altre diocesi nelle loro case di formazione e 40 seminari che accolgono i propri seminaristi. Di questi 40, 29 sono seminari diocesani e 15 sono seminari Redemptoris Mater. Esiste anche una comunità formativa di una realtà ecclesiale diocesana.

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Vaticano

Natale con il Papa: celebrazioni in Vaticano

La Sala Stampa ha pubblicato il 28 novembre il calendario delle celebrazioni liturgiche di Papa Francesco per il Natale 2023, che prevede la Messa solenne la sera del 24 dicembre e la benedizione "Urbi et Orbi" il 25 a mezzogiorno.

Paloma López Campos-28 novembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco avrà, come ogni anno, diverse celebrazioni liturgiche in questo Natale che i fedeli potranno seguire. Lo ha reso noto la Sala Stampa, che ha pubblicato il calendario con le date più importanti tra il 24 dicembre 2023 e il 7 gennaio 2024.

Il primo evento incluso nel programma è il Massa Solenne Eucaristia il 24 dicembre. Il Papa celebrerà l'Eucaristia nella Basilica di San Pietro alle 19:30 (ora di Roma). In serata, parteciperà a una Messa nella cappella papale. Il giorno seguente, Francesco impartirà la tradizionale benedizione "Urbi et Orbi" il 25 dicembre a mezzogiorno. Coglierà l'occasione per consegnare il suo messaggio di Natale.

Appena una settimana dopo, il 31 dicembre, alle 17, il Santo Padre reciterà in basilica i primi vespri e il "Te Deum" di ringraziamento per l'anno trascorso. Il giorno successivo, il 1° gennaio 2024, ci sarà una Messa alle 10 per celebrare la Solennità di Maria, Madre di Dio e la Giornata Mondiale della Pace.

Il 6 gennaio alle 10 Francesco celebrerà la festa dell'Epifania del Signore con una Messa a San Pietro. Un giorno dopo, celebrerà la Santa Messa per il Battesimo del Signore e battezzerà diversi bambini nella Cappella Sistina.

Natale 2023 in Vaticano

L'Eucaristia del 7 gennaio segna la fine delle celebrazioni natalizie di Papa Francesco. Lo stesso giorno, il Presepe e l'albero saranno rimossi dal Vaticano. Quest'ultimo sarà acceso il 9 dicembre alle 17, evento che si aggiunge alle altre celebrazioni di dicembre che il Papa presiederà, oltre a quelle già citate. L'8 dicembre alle 16, Francesco venererà l'Immacolata Concezione in Piazza di Spagna a Roma. Quattro giorni dopo presiederà la Messa di commemorazione della Vergine di Guadalupe.

Nonostante l'infezione polmonare che ha colpito il Santo Padre a fine novembre e che gli ha impedito di partecipare ad alcuni degli appuntamenti settimanali, la Sala Stampa conta su una sua piena guarigione in vista del viaggio a Dubai di inizio dicembre e dei grandi eventi di fine mese.

Mondo

Il "Comitato centrale dei cattolici tedeschi" ribalta le argomentazioni della Santa Sede.

Reinterpreta con una propria "ermeneutica" le recenti dichiarazioni sia del Papa che dei cardinali di curia contrari a tale commissione, per affermare il contrario della testualità dei documenti.

José M. García Pelegrín-28 novembre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

In seguito all'istituzione del Comitato sinodale in GermaniaL'11 novembre, gli Statuti dovevano essere approvati sia dalla Conferenza episcopale tedesca (DBK) che dal Comitato centrale dei cattolici tedeschi (ZdK).

Mentre i vescovi si riuniranno in assemblea plenaria all'inizio del prossimo anno, la ZdK ha tenuto la sua assemblea semestrale il 24-25 novembre a Berlino. Come previsto, gli statuti del Comitato sinodale sono stati approvati a stragrande maggioranza. Il presidente della ZdK, Irme Stetter-KarpAbbiamo spianato la strada per il proseguimento del Cammino sinodale", ha dichiarato.

L'obiettivo principale del Comitato sinodale è quello di preparare per tre anni un "Concilio sinodale" per perpetuare il cosiddetto Cammino sinodale tedesco. Tuttavia, il Vaticano ha esplicitamente proibito l'istituzione di un tale "Concilio sinodale": il Cardinale Segretario di Stato e i Cardinali Prefetti dei Dicasteri per la Dottrina della Fede e per i Vescovi lo hanno dichiarato in una lettera di 16 gennaio 2023La lettera, inviata con l'espressa approvazione di Papa Francesco: "Né il Cammino sinodale, né un organismo da esso nominato, né una conferenza episcopale hanno la competenza di istituire un Consiglio sinodale a livello nazionale, diocesano o parrocchiale".

A questa lettera ha fatto riferimento il Papa in una lettera inviata a quattro ex partecipanti al Cammino Sinodaledel 10 novembre: il Santo Padre ha parlato di "numerosi passi con cui gran parte di questa Chiesa locale minaccia di allontanarsi sempre più dal cammino comune della Chiesa universale". Francesco ha incluso tra questi passi "la costituzione del Comitato sinodale, che mira a preparare l'introduzione di un organo consultivo e decisionale che non può essere conciliato con la struttura sacramentale della Chiesa cattolica".

In una nuova lettera, datata 23 ottobre ma resa pubblica solo il 24 novembre, il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin si è rivolto alla segretaria generale della DBK Beate Gilles. Il cardinale Parolin ha affermato che sia la dottrina di riservare il sacerdozio agli uomini sia l'insegnamento della Chiesa sull'omosessualità - due dei principali cambiamenti che il Cammino sinodale vuole introdurre - sono "non negoziabili".

A questi due nuovi documenti, la ZdK ha reagito senza battere ciglio. Invece di riflettere sul loro chiaro contenuto e trarre le dovute conclusioni, si impegna in una sorta di esegesi di questi testi per interpretare le presunte ragioni per cui il Papa o i cardinali della Curia avrebbero potuto emettere tale divieto. Il vicepresidente della ZdK Thomas Söding ha spiegato all'inizio della conferenza stampa tenutasi nell'ambito dell'Assemblea generale della ZdK: "Nella sua ultima lettera a quattro ex membri del Cammino sinodale, il Papa ha sottolineato la sua preoccupazione per l'unità della Chiesa. La sinodalità che stiamo istituendo in Germania vuole e intende rafforzare questa unità, sia all'interno che all'esterno. La sinodalità cattolica non sarà mai senza o contro il Papa e i vescovi, ma sempre con il Papa e i vescovi".

Alla domanda specifica che gli ho rivolto su come si possano conciliare queste parole con le affermazioni contenute nella lettera del Papa, il vicepresidente della ZdK ha risposto che il Papa si riferiva alla lettera dei tre cardinali del 16 gennaio. "In questa lettera, a mio avviso, l'obiezione espressa da Roma è stata formulata in modo molto chiaro: non ci dovrebbe essere né un Consiglio sinodale a livello federale, che è, per così dire, un'autorità superiore alla Conferenza episcopale, né che il vescovo - per usare le mie stesse parole - dovrebbe essere una sorta di manager di un Consiglio sinodale". Il Comitato sinodale "non ha proprio lo scopo di relativizzare e togliere potere al vescovo".

Nel suo discorso all'Assemblea plenaria, Thomas Söding ha ribadito questa affermazione: "Il Sinodo romano è un'approvazione per noi", e riguardo alla lettera del Papa del 10 novembre, ha detto: il fatto che il Papa affermi che "né l'ufficio episcopale può essere minato né il potere della Conferenza episcopale può essere tolto, in ultima analisi, conferma la direzione che stiamo prendendo qui". In risposta a una domanda di un delegato della ZdK, ha aggiunto che il sospetto che i vescovi vengano esautorati è stato diffuso "da parti interessate". Ha continuato: "Stiamo entrando in un processo: sinodalità in termini cattolici significa sempre sinodalità con il Papa e i vescovi, ma anche sinodalità con il popolo della Chiesa. È questo che è mancato finora, ed è questo che va incoraggiato".

Anche la presidente della ZdK Irme Stetter-Karp ha cercato di relativizzare le dichiarazioni del Papa e dei cardinali. Nella citata conferenza stampa, ha fatto riferimento a una "dinamica" nella Curia romana: "Vorrei ricordare la dinamica all'interno della Curia di Roma, e anche tra la Curia e il Papa". Ha ricordato che anche il cardinale Parolin si era opposto "all'apertura e al diritto di voto dei laici e delle donne per il Sinodo mondiale", ma il Papa lo ha fatto lo stesso: "improvvisamente era legale e possibile". Ritiene che sia importante non trascurare questa "dinamica" in Curia.

La DBK deve ancora approvare gli statuti del Comitato sinodale.

In questo contesto, la ZdK cita l'arcivescovo di Berlino, mons. Heiner Koch, che è il nuovo assistente spirituale della ZdK, come se avesse detto: "Noi vescovi siamo a favore degli statuti del Comitato sinodale. È un sì consapevole! Tuttavia, quando ha parlato all'assemblea plenaria della ZdK, il suo messaggio è stato molto diverso. Ha detto che spesso si parla di "vescovi" come se fossero uniformi, ma che il dibattito nella DBK è eterogeneo, anche se non viene reso pubblico.

"Ci sono differenze teologiche, ecclesiologiche e anche psicologiche. Si possono anche osservare preoccupazioni e riserve sull'argomento, a seconda della posizione rispetto alla tradizione e alla dottrina". Mons. Koch ha sottolineato che queste differenze esistono anche tra i laici: "Ricevo molte lettere ed e-mail che dicono: non siamo d'accordo con il Cammino sinodale, non vogliamo seguire questa strada. E non pensate che siano solo alcuni di loro".

La risposta di un canonista alle interpretazioni della ZdK

Stefan Mückl, professore di diritto canonico alla Pontificia Università della Santa Croce, commenta la natura vincolante della lettera di Papa Francesco e la nota del cardinale segretario di Stato Pietro Parolin:

Il diritto canonico obbliga tutti i fedeli - chierici e laici, uomini e donne - a "osservare sempre la comunione con la Chiesa" (can. 209 § 1 CIC). In particolare, "sono tenuti per obbedienza cristiana a seguire tutto ciò che i sacri Pastori, come rappresentanti di Cristo, dichiarano come maestri della fede o stabiliscono come rettori della Chiesa" (can. 212 § 1 CIC). Mentre il primo aspetto ("maestri della fede") si riferisce al magistero ecclesiastico, il secondo ("rettori della Chiesa") si riferisce all'esercizio dell'ufficio ecclesiastico di governo.

Le disposizioni del diritto canonico non sono "invenzioni" di giuristi, ma la formulazione giuridica della sostanza della fede della Chiesa, come descritto nella Costituzione ecclesiastica "Lumen gentium" del Concilio Vaticano II.

Pertanto, quando i "sacri pastori", in particolare il Papa come pastore supremo della Chiesa (o il suo più stretto collaboratore, il Cardinale Segretario di Stato) "dichiarano" o "stabiliscono", sono vincolanti per tutti i membri della Chiesa, indipendentemente da chi sia stato destinatario dell'annuncio in questione. Affermazioni come "era solo una lettera a quattro donne" o "il Vaticano proibisce cose che non abbiamo deciso" sono irrilevanti.

La Santa Sede ha chiarito per anni e ripetutamente, sia attraverso il Papa stesso che (con la sua consapevolezza e volontà) attraverso i capi dei dicasteri romani, cosa è (o non è) compatibile con la dottrina e la disciplina della Chiesa. È quindi incomprensibile come si possa costruire un contrasto ("dinamica") tra il Papa e la Curia. I messaggi di Roma sono chiari".

Vaticano

Papa Francesco chiede una comunicazione "senza odio e distorsioni" sul web 

In occasione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa, che si è svolto a Verona (Italia) questo fine settimana, con il motto #soci@lmente libres", Papa Francesco ha incoraggiato i laici a vivere la libertà sui social network e a promuovere iniziative per il bene comune. Comunicare ispirandosi all'amore, evitando messaggi di odio e di distorsione della realtà.

Francisco Otamendi-28 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Papa ha inviato alla 13ª edizione del Festival della Dottrina sociale della Chiesa di Verona, che si è svolto questo fine settimana con l'hashtag "#soci@lmente libres", una Messaggio di sostegno e di guida. Perché "se la missione è una grazia che coinvolge tutta la Chiesa, i fedeli laici danno un contributo vitale per realizzarla in tutti gli ambienti e nelle situazioni quotidiane più ordinarie", ha sottolineato il Papa.

Il messaggio di Sua Santità sottolinea che "professionisti, imprenditori, insegnanti e laici, voi rappresentate una delle convergenze espresse nella Relazione di Sintesi della Prima Sessione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi (4-29 ottobre 2023)". 

"I fedeli laici sono soprattutto coloro che rendono presente la Chiesa e annunciano il Vangelo nella cultura dell'ambiente digitale", sottolinea il Pontefice. Un mondo digitale che "ha un impatto così forte su tutto il mondo, sulle culture giovanili, sul mondo del lavoro, sull'economia e sulla politica, sulle arti e sulla cultura, sulla ricerca scientifica, sull'educazione e sulla formazione, sulla cura della casa comune e, in modo particolare, sulla partecipazione alla vita pubblica".

Il argomento di discussione Il tema di quest'anno era "#soci@lmente libres", che richiama "alcune questioni di grande attualità, soprattutto per la cultura digitale che influenza le relazioni tra le persone e, di conseguenza, la società".

Gesù è interessato a tutta la persona

La rete che vogliamo non è fatta "per intrappolare, ma per liberare, per ospitare una comunione di persone libere", ha sottolineato il Pontefice.

"La comunicazione di Gesù è vera perché è ispirata dall'amore per chi lo ascolta, a volte anche distrattamente. Infatti, all'insegnamento segue il dono del pane e dell'accompagnatore: Gesù si interessa di tutta la persona, cioè di tutto l'uomo; Gesù, come è evidente, non è un leader solitario", ha aggiunto.

In questa tensione e in questa resa si esprime la libertà personale e comunitaria. "Di fronte alla velocità dell'informazione, che provoca voracità relazionale, l'amen è una sorta di provocazione ad andare oltre l'appiattimento culturale per dare pienezza al linguaggio, nel rispetto di ogni persona".

In quell'occasione, Francesco ha incoraggiato a evitare l'odio sui social network: "Nessuno si faccia promotore di una comunicazione dispendiosa attraverso la diffusione di messaggi di odio e di distorsione della realtà sul web. La comunicazione raggiunge la sua pienezza nel dono totale di sé all'altro. La relazione di reciprocità sviluppa la rete della libertà.

Il cardinale Zuppi: essere al fianco della persona

Alla cerimonia di chiusura, il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, ha sottolineato il messaggio del Papa, affermando che "la Dottrina sociale della Chiesa non appartiene a una parte" della società. "È sempre dalla parte della persona, chiunque essa sia".

Nel 2024, Papa Francesco visiterà la città di Verona, secondo il suo vescovo, mons. Domenico Pompili. Francesco ci vede come "una terra al crocevia dei popoli, del dialogo in cui può fiorire il confronto e, soprattutto in questi tempi difficili, la pace", ha riferito l'agenzia ufficiale vaticana.

È la stessa idea che il Santo Padre Francesco ha sottolineato quando ha ricevuto in udienza i membri della fondazione pontificia Centesimus Annus, dedicata a promuovere la Dottrina sociale della Chiesa, che ha 30 anni nel 2023, dopo la sua creazione da parte di San Giovanni Paolo II nel 1993.
All'inizio di giugno, Francesco ha ricordato loro le origini della fondazione: l'enciclica del santo Papa polacco scritta per il 100° anniversario della fondazione. Rerum novarum di Papa Leone XIII: "Il vostro impegno si è collocato proprio su questa strada, in questa "tradizione": (...) studiare e diffondere la Dottrina sociale della Chiesa, cercando di mostrare che essa non è solo teoria, ma che può diventare uno stile di vita virtuoso con cui far crescere società degne dell'uomo".

Fondazione Centesimus Annus: la persona in azienda

A metà dello scorso anno, anche Anna Maria Tarantola, presidente della Fondazione Centesimus Annus, ha insistito sul fatto che "inclusione ed efficienza non sono antitetiche, ma complementari". riunione che si è svolta presso il "Palazzo della Rovere", sede dell'Ordine del Santo Sepolcro a Roma, organizzata dall'agenzia Rome Reports, dalla Fondazione Centro Accademico Romano (CARF) e Omnes, sponsorizzato da Caixabank.

Anna Maria Tarantola ha ricordato Papa Francesco nella sua enciclica "Fratelli tutti", riferendosi all'attività imprenditoriale. "L'attività degli imprenditori è infatti "una nobile vocazione volta a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti". Nei suoi disegni ogni persona è chiamata a promuovere il proprio sviluppo, e questo include l'implementazione delle capacità economiche e tecnologiche per far crescere i beni e aumentare la ricchezza. In ogni caso, però, queste capacità degli imprenditori, che sono un dono di Dio, devono essere chiaramente orientate al progresso di altre persone e al superamento della povertà, soprattutto attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate" (Fratelli tutti, 123).

L'autoreFrancisco Otamendi

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De-digitalizzare le aule

I genitori e gli educatori devono insegnare ai bambini a lasciare che la tecnologia supporti, ma non sostituisca, le interazioni umane a scuola.

28 novembre 2023-Tempo di lettura: 2 minuti

Negli ultimi 20 anni, in molte classi la carta è stata sostituita dagli schermi e gli studenti hanno abbandonato i pesanti tomi delle enciclopedie per Wikipedia, che nel 2021 contava 244 milioni di pagine viste al giorno. Di recente si sta diffondendo una preoccupazione sociale per l'impatto della tecnologia sull'istruzione.

Stiamo assistendo a quello che si potrebbe definire un movimento di "de-digitalizzazione", in cui si moltiplicano le iniziative a tutti i livelli - dalle scuole e dai college alle università e alle scuole di specializzazione - per limitare l'uso degli schermi nelle aule accademiche.

Gli studi non mancano e i risultati sono convincenti. Il rapporto GEM 2023 dell'UNESCO mette in guardia sull'impatto negativo degli smartphone in classe. I dati delle valutazioni internazionali, come PISA, indicano una relazione negativa tra l'uso delle TIC e la riduzione dei risultati degli studenti.

In seguito alle sue scoperte, l'UNESCO ha raccomandato di vietare a livello mondiale l'uso degli smartphone nelle aule scolastiche e ha insistito sul fatto che l'istruzione deve continuare a concentrarsi sulle relazioni umane. Dobbiamo insegnare ai bambini a lasciare che la tecnologia supporti, ma non sostituisca, le interazioni umane a scuola.

Necessità di una legislazione

Gli esperti raccomandano di promuovere una legislazione adeguata. Si tratta di una questione sufficientemente rilevante perché le autorità pubbliche prendano delle decisioni.

A livello internazionale, alcuni governi hanno preso decisioni coraggiose: l'Italia ha vietato i telefoni cellulari nelle aule scolastiche entro il 2023.

La Francia lo ha fatto già nel 2018, tranne che per le funzioni strettamente didattiche.

Finlandia e Paesi Bassi hanno annunciato che dal 2024 non permetteranno l'uso di smartphone, tablet e smartwatch in classe. Un altro Paese che prevede restrizioni è il Portogallo.

Nel caso del Regno Unito, il 98% nelle scuole è vietato. 

In Spagna, secondo il Osservatorio nazionale di tecnologia e società, 22% dei bambini sotto i 10 anni hanno uno smartphone. Tuttavia, solo 3 comunità autonome (Madrid, Galizia e Castilla-La Mancha) hanno finora vietato l'uso dei telefoni cellulari nelle scuole. 

Abbiamo bisogno di altre prove per iniziare a prendere sul serio questo problema?

L'autoreMontserrat Gas Aixendri

Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Internazionale della Catalogna e direttore dell'Istituto di Studi Superiori sulla Famiglia. Dirige la cattedra sulla solidarietà intergenerazionale nella famiglia (cattedra IsFamily Santander) e la cattedra sull'assistenza all'infanzia e le politiche familiari della Fondazione Joaquim Molins Figueras. È anche vicepreside della Facoltà di Giurisprudenza dell'UIC di Barcellona.

Mondo

Malek Twal: "Il terrorismo islamico prende di mira più musulmani che cristiani".

L'ambasciatore della Lega degli Stati arabi in Spagna, Malek Twal, ha smontato per Omnes la tesi secondo cui i cristiani arabi scappano dal Medio Oriente perché sono cristiani. In qualità di rappresentante della Lega Araba, che ha sede al Cairo e comprende 22 Stati, sostiene che il vero motivo è l'assenza di pace e chiede aiuto all'"Europa cristiana".  

Francisco Otamendi-27 novembre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Malek Twal ha avuto chiare priorità nella sua partecipazione al recente congresso Catholics and Public Life presso la CEU. "Quello che voglio che ricordiate dal mio discorso", ha detto, "è che il cristianesimo e i cristiani rimarranno in Terra Santa nonostante tutte le difficoltà", e che "la loro permanenza dipende dal sostegno che l'Europa e l'America daranno a loro e ai loro fratelli e sorelle musulmani".

Omnes ha voluto approfondire la questione per almeno tre motivi. 1) Perché "i cristiani arabi sono persone patriottiche e non lasciano i loro Paesi d'origine se non in circostanze dure e insopportabili", ha sottolineato Malek Twal. 2) Perché, nonostante queste circostanze, "ci sono ancora mezzo milione di cristiani in Iraq e più di un milione di cristiani in Siria, e i cristiani rappresentano ancora la maggioranza in Libano", ha aggiunto l'ambasciatore. E 3) perché la minaccia terroristica rimane. 

Queste le sue parole, accompagnate dal professore dell'Università CEU San Pablo Antonio Alonso Marcos. Come si vedrà, le sfumature del leader della Lega Arabache è giordano e ha una moglie e quattro figli, ha un interesse. L'intervista ha avuto luogo pochi giorni prima dell'annunciato cessate il fuoco.

Sei un cristiano?

-Sì.

Conoscete la Fondazione per la Cultura Islamica? Omnes segue le iniziative educative di questa fondazione.

-Sì, quell'associazione sta promuovendo il messaggio dell'associazione. Papa Francesco con l'Imam di Al-Azhar. È un messaggio molto importante, perché è un messaggio comune cristiano e islamico, un messaggio di pace.

La Lega Araba condivide il documento della fraternità umana?

-No, no. La Lega Araba è un'organizzazione regionale di carattere politico, anche se ha una missione economica, sociale ecc. ma l'origine della Lega Araba è un'organizzazione regionale di coordinamento politico tra i Paesi arabi, ventidue.

Cosa pensa la Lega degli Stati Arabi del documento?

All'interno della Lega Araba abbiamo un dipartimento che si occupa di dialogo interculturale e interreligioso. Tutte le iniziative di dialogo nel mondo sono importanti e per noi della Lega Araba sono interessanti. 

In questa iniziativa abbiamo un Paese arabo, gli Emirati; un'altra parte, Al-Azhar, che è un'istituzione religiosa nel più grande Paese arabo, l'Egitto. L'iniziativa è molto importante per noi della Lega Araba. Non siamo parte legale di questa iniziativa, ma siamo felici di questa dichiarazione adottata contemporaneamente dalla Santa Sede e da Al-Azhar.

È inevitabile parlare della guerra israelo-palestinese, del conflitto.  

-Prima di tutto, questo non è un conflitto, perché un conflitto è tra due Stati; questa è un'aggressione da parte di uno Stato contro un popolo, i palestinesi, che sono stati occupati per 75 anni da uno Stato, lo Stato israeliano. L'aggressione proviene da uno Stato che dispone di armi di ogni tipo contro un popolo che è stato occupato per molti anni in una striscia chiusa di terra, mare e aria.

Ma all'interno del popolo palestinese c'è una minoranza radicale chiamata Hamas.

--Hamas è una componente della società palestinese. L'occupazione dà luogo a vari tipi di movimenti di resistenza. Hamas è una componente della società palestinese, una componente radicale, ma dobbiamo capire che, secondo le regole della fisica, ad ogni azione segue una reazione. Il radicalismo di Hamas è la reazione all'occupazione, che è insopportabile. 

In questo contesto, qual è la sua valutazione dell'attacco di Hamas alla popolazione civile in Israele del 7 ottobre?

-Il Consiglio dei ministri arabi, riunitosi quattro giorni dopo, ha condannato tutti gli attacchi contro i civili da entrambe le parti. Per noi la sicurezza dei civili è molto importante, da entrambe le parti. Non lo chiamiamo conflitto, come ho detto, ma aggressione contro i civili palestinesi nella Striscia di Gaza.

Parliamo di cristiani. Il documento si intitola "I cristiani nei Paesi arabi". Viste le differenze logiche, come se la passano i cristiani in questi Paesi arabi?

-Le comunità cristiane in Medio Oriente stanno attraversando un periodo molto difficile. Non perché siano cristiane, ma perché la situazione è molto difficile, sia per i cristiani che per i musulmani. Un esempio. Il Libano è un Paese a maggioranza cristiana, il presidente è cristiano, ma i cristiani vivono in estrema difficoltà, come i musulmani libanesi, che vivono anch'essi in una situazione molto difficile.

Questo in generale, ma se guardiamo a una comunità cristiana in diversi Paesi vediamo delle differenze. Per esempio, i cristiani in Giordania sono sempre stati privilegiati, nonostante siano una minoranza, perché hanno sempre il mio ruolo, la mia quota. Siamo sovrarappresentati, in politica, nell'economia, in parlamento, ma questo non significa che non abbiamo problemi. I problemi non vengono perché siamo cristiani, ma perché abbiamo una situazione che non è normale in tutta la regione. La mancanza di pace, di sicurezza, di stabilità...

Se parliamo dei cristiani in Iraq o in Siria... Sono molto integrati nella società, dal punto di vista socio-economico e politico... Ricordiamo il famoso ministro degli Esteri cristiano, Tariq Aziz; il padre del nazionalismo arabo, Michel Aflaq... Le comunità cristiane in Iraq e in Siria sono sempre state in prima linea. 

Tuttavia, il numero di cristiani sta diminuendo. 

-Sì, il numero dei cristiani sta diminuendo. Da anni stanno attraversando un periodo molto difficile di guerre, come è noto. 

Il problema dei cristiani in tutti questi Paesi è che sono molto qualificati. Poiché hanno la migliore istruzione del Paese, non appena c'è un problema dicono: beh, che futuro ho qui, e vanno all'estero, in Svizzera, in America o in Canada, ovunque. Non sono i più vulnerabili o i più poveri ad andarsene, ma i più capaci. I cristiani, all'interno della società, appartengono alla classe media o medio-alta, per questo frequentano le migliori scuole, le migliori università...

I cristiani copti in Egitto hanno subito attacchi e violenze: è perché sono cristiani?

Sì e no. I cristiani sono stati vittime del terrorismo islamista, non islamico. È molto importante scegliere i termini. C'è una grande differenza tra islamico e islamista. Io parlo di terrorismo islamista, di persone che hanno come movente l'Islam, di persone che non hanno nulla a che fare con l'Islam.

Le stesse vittime sono più musulmane che cristiane. I terroristi attaccano tutti coloro che non sono come loro. Quando c'è un attacco a una chiesa copta, le vittime sono copti, ma ieri o domani le vittime sono musulmane.

Un'altra cosa: le vittime dei Talebani, di Al Qaeda, sono musulmane, non appartengono ad altre religioni. È molto importante capire che per un terrorista il suo nemico è chi non è come lui. I musulmani moderati, aperti al mondo, sono nemici per i terroristi.

Un altro esempio: chi sono le vittime del terrorismo talebano in Pakistan? In Afghanistan non ci sono cristiani, in Pakistan sono tutti musulmani. Beh, ci sono alcuni cristiani, sì.

Quali indicazioni darebbe per aiutare i cristiani in Medio Oriente?

Dico al L'Europa cristiana che il modo migliore per aiutarci è lavorare insieme per la causa della pace, per dare la pace ai musulmani, ai palestinesi, ai siriani, agli iracheni... La cosa più importante è la stabilità, la sicurezza, e tutto questo dipende dalla pace. Se non abbiamo la pace, non abbiamo la sicurezza e se non abbiamo la sicurezza, tutti i cristiani sono tentati di emigrare e di andarsene. 

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Francesco insiste da Santa Marta sul "dialogo, unica via per la pace".

Papa Francesco ha recitato l'Angelus questa mattina da Casa Santa Marta a causa di un lieve caso di influenza. Nella solennità di Cristo Re, ha sottolineato che "i beniamini di Gesù sono i più fragili" e, in riferimento alle guerre, ha evidenziato l'importanza del dialogo.

Francisco Otamendi-26 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

"Oggi non posso guardare fuori dalla finestra perché ho un problema di infiammazione ai polmoni (i medici Sarà Braida a leggere la riflessione perché è lui che le fa e le fa sempre così bene! Grazie mille per la vostra presenza. 

Così Papa Francesco ha iniziato il suo discorso prima della preghiera della Santa Messa. Angelus dell'ultima domenica dell'anno liturgico e la solennità di Nostro Signore Gesù Cristo, Re dell'universo. Il Vangelo parla del Giudizio Universale "e ci dice che sarà sulla carità". 

"La scena che ci viene presentata è quella di una sala regale, in cui Gesù è seduto su un trono. Che cosa hanno di speciale questi amici agli occhi del loro Signore?". 

Secondo gli standard del mondo, gli amici del Re dovrebbero essere coloro che gli hanno dato ricchezza e potere. Per gli standard di Gesù, invece, i suoi amici sono altri: sono coloro che lo hanno servito nei momenti di maggiore debolezza. "È un Re sensibile al problema della fame, al bisogno di una casa, alla malattia e al carcere: realtà purtroppo sempre molto reali. Affamati, senzatetto, spesso vestiti alla meglio, affollano le nostre strade: li incontriamo ogni giorno. E anche per quanto riguarda la malattia e il carcere, tutti sappiamo cosa significa essere malati, sbagliare e pagarne le conseguenze", ha detto il Papa.

Così, prima della preghiera mariana dell'Angelus, il Pontefice ha ricordato che "il Vangelo di oggi ci dice che si è "beati" se si risponde a queste povertà con l'amore, con il servizio: non allontanandosi, ma dando da mangiare e da bere, vestendo, accogliendo, visitando, in una parola, facendosi prossimo a chi è nel bisogno. Gesù, il nostro Re che si definisce Figlio dell'uomo, ha i suoi fratelli e sorelle preferiti negli uomini e nelle donne più fragili".

Infine, si è rivolto a "Maria, Regina del Cielo e della Terra, aiutaci ad amare Gesù, nostro Re, nei suoi fratelli più piccoli".

Holodomor in Ucraina

Dopo aver recitato l'Angelus, Francesco ha ricordato che l'Ucraina ha commemorato ieri "l'Holodomor, un genocidio perpetrato dal regime sovietico che ha causato la morte per fame di milioni di persone 90 anni fa".

Questa ferita, invece di guarire, è resa ancora più dolorosa dalle atrocità della guerra che continua a far soffrire questo caro popolo, ha sottolineato il Santo Padre. "Continuiamo a pregare senza stancarci perché la preghiera è la forza della pace che spezza la spirale dell'odio, interrompe il ciclo della vendetta e apre insospettabili vie di riconciliazione". 

Dialogo in Medio Oriente e viaggio a Dubai 

Sulla guerra in Medio Oriente, il Papa ha ringraziato Dio perché "finalmente c'è una tregua tra le due parti". Israele e Palestinae alcuni ostaggi sono stati rilasciati". "Preghiamo che vengano tutti rilasciati al più presto - pensiamo alle loro famiglie", ha aggiunto, "che entrino più aiuti umanitari a Gaza e che si insista sul dialogo: è l'unico modo, l'unico modo per avere la pace. Chi non vuole il dialogo non vuole la pace.

Infine, il Papa ha chiesto di pregare di fronte alla "minaccia climatica che mette in pericolo la vita sulla Terra, soprattutto per le generazioni future. Questo è contrario al piano di Dio, che ha creato tutto per la vita". E ha fatto riferimento al suo viaggio apostolico a DubaiIl prossimo fine settimana mi recherò negli Emirati Arabi Uniti per intervenire sabato alla COP28 di Dubai. Ringrazio tutti coloro che accompagneranno questo viaggio con la preghiera e con l'impegno a prendersi a cuore la salvaguardia della nostra casa comune". 

Il Santo Padre ha anche ricordato che oggi si celebra nelle Chiese particolari la 38ª Giornata Mondiale della Gioventù, sul tema "Rallegrarsi nella speranza". Benedico tutti coloro che partecipano alle iniziative promosse nelle diocesi, in continuità con la GMG di Lisbona. Abbraccio i giovani, presente e futuro del mondo, e li incoraggio a essere protagonisti gioiosi della vita della Chiesa.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Evangelizzazione

Padre Salvo e l'eredità della vecchia Cattedrale di San Patrizio

In questa seconda parte dell'intervista con Omnes, padre Salvo parla della vecchia Cattedrale di San Patrizio e della sua eredità.

Jennifer Elizabeth Terranova-26 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Padre Salvo non è solo il rettore della Cattedrale di San Patrizio, ma dirige anche la basilica dell'ex Cattedrale di San Patrizio (talvolta indicata come "Basilica di San Patrizio").Cattedrale vecchia di San Patrizio"), situata a Nolita, un quartiere che conosce molto bene. Quando si è trasferito a New York, ha vissuto di fronte alla Basilica di San Patrizio, che è stata la sua prima parrocchia.

Gestire la Cattedrale di San Patrizio può essere una sfida, ma don Salvo si impegna a essere fisicamente ed emotivamente presente in entrambi i luoghi e riconosce l'aiuto che riceve. Dice di essere in grado di frequentare entrambe le chiese "perché ci sono grandi persone in entrambi i luoghi che lo rendono possibile; questo è il punto fondamentale quando si tratta di questioni pratiche".

Un'eredità rinnovata

La basilica, situata in Mott Street all'angolo con Prince Street, era conosciuta come "la nuova chiesa della città". Era la seconda cattedrale cattolica romana degli Stati Uniti (Baltimora fu la prima) e la prima chiesa dedicata al santo patrono della città. IrlandaSan Patrizio.

La Basilica della Cattedrale di San Patrizio ha un'eredità di cui padre Salvo è orgoglioso e ne riconosce l'importanza e il significato. "È bello ricordare che c'è un'eredità..." ed è "una grande opportunità per cercare, ancora una volta, di raccogliere quell'eredità che non avrebbe mai dovuto essere spezzata".

La vecchia cattedrale ha ricevuto lo status di parrocchia quando la nuova Cattedrale di San Patrizio è stata inaugurata nel 1879; tuttavia, "era ancora rispettata come la cattedrale originale; lo è ancora e lo sarà sempre; e ha lo status di basilica", ed è bene che la gente ne sia più consapevole, dice don Salvo.

Una cattedrale e la sua sede

Le due chiese sono molto diverse "in termini di dimensioni" e si trovano ai lati opposti di Manhattan. Tuttavia, padre Salvo apprezza le "somiglianze" tra le due chiese e la loro storia comune. Ha parlato dell'arcivescovo John J. Hughes (1797-1864), che secondo lui "è stato il visionario della Cattedrale di San Patrizio così come la conosciamo". Ma l'uomo che pose la prima pietra della nuova cattedrale nel nord della città non avrebbe visto la maestosa cattedrale aprire le sue porte il primo giorno perché morì prima della data memorabile. "Ci volle molto tempo per la costruzione a causa della guerra civile", ricorda padre Salvo.

Il rettore riconosce anche la benedizione di far parte di entrambe le chiese: "Poter avere questa eredità è un grande privilegio, è una cosa bellissima e sono entusiasta". Il rettore definisce anche cosa sia una cattedrale: "Una cattedrale è il luogo in cui si trova la sede dell'arcivescovo della diocesi; qui si trova la sede del cardinale Dolan, quindi questa è la cattedrale, ma la storia di entrambe è legata.

È una cosa bellissima!

Le due chiese sono indissolubilmente legate e hanno dei punti in comune; il modo in cui la Old St Patrick's Cathedral viene gestita quotidianamente "è più simile a una normale parrocchia in termini di numero di parrocchiani e di obblighi verso le persone...". Ma poiché "è un luogo così speciale" e "si trova in una posizione così privilegiata a New York, è anche un altro luogo dove ci sono molti grandi eventi che si svolgono quasi settimanalmente", dice don Salvo.

È anche orgoglioso e felice di parlare a Omnes della "vibrante comunità di giovani adulti" dell'Old Saint Patrick's e si vanta della Messa domenicale delle 19.00. Dice che ogni domenica a quell'ora "la chiesa è piena di giovani adulti, molto talentuosi, intelligenti e fedeli che non hanno bisogno di essere lì, e molti loro coetanei purtroppo non ci sono, ma ci sono. Dice che ogni domenica a quell'ora "la chiesa è piena di giovani adulti; giovani adulti molto talentuosi, intelligenti e fedeli che non hanno bisogno di essere lì, e molti dei loro coetanei purtroppo non ci sono, ma loro ci sono, e ci sono fedelmente, ed è una cosa così bella da testimoniare". Continua dicendo che "non si tratta solo di esprimere la loro fede, ma anche di essere in grado di servirli e non solo di aiutarli a crescere nella loro fede, ma anche di fornire loro una piattaforma per incontrare altri giovani adulti che hanno a cuore la loro fede".

Questo articolo è la seconda parte della mia intervista con padre Enrique Salvo. La terza parte sarà pubblicata prossimamente.

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Iniziative

Jacques Philippe al Forum Omnes: la speranza in un mondo senza Dio

Venerdì 24 novembre Omnes ha organizzato un forum con Jacques Philippe alla Villanova University. L'acclamato autore spirituale ha parlato delle conseguenze della morte "traumatica" di Dio nella società odierna.

Paloma López Campos-25 novembre 2023-Tempo di lettura: 3 minuti

Il 24 novembre, Omnes ha tenuto un forum presso la Università Villanueva con Jacques Philippe. Il tema della sessione era "Abbiamo bisogno di Dio?

Jacques Philippe durante la sessione

Durante il suo intervento, il noto autore spirituale ha sviluppato quattro punti chiave sulle conseguenze dell'aver tagliato fuori Dio dalla nostra vita. Per dare un tono di speranza alla sessione, Philippe ha esordito affermando che "sembra che l'uomo abbandoni Dio, ma Dio non abbandona l'uomo". Pertanto, anche se le conseguenze della "morte del Padre" sono traumatiche, esiste la possibilità di tornare a Lui.

La prima idea essenziale che Jacques Philippe voleva trasmettere era che "allontanarsi da Dio è anche allontanarsi dalla fonte della verità". Perdendo la stabilità e la solidità fornite da Dio, "cadiamo nel soggettivismo, ognuno crea la propria verità".

Da qui nasce un pericolo di cui l'autore ha messo in guardia, ovvero la tentazione di creare religioni su misura. E non solo. A lungo andare, questo porta alla "solitudine, un individualismo che segna profondamente il mondo di oggi".

Libertà e misericordia

In secondo luogo, Philippe ha denunciato la menzogna dell'ateismo, che sostiene che "Dio è nemico della libertà". Togliere il Padre dall'equazione, ha spiegato l'oratore, non è solo una menzogna, ma eliminando Dio dalla nostra vita, eliminiamo anche la misericordia.

Rifacendosi alla parabola del figliol prodigo nel Vangelo, Jacques ha detto: "Una volta proclamata la morte di Dio, cosa succede? La casa è vuota. Non c'è nessuno che ti accolga, che ti dica che hai il diritto di essere felice".

Togliere il Padre dalla nostra vita implica che "non c'è più perdono per i nostri peccati, perché l'uomo non può perdonare se stesso. Può trovare scuse, può affidarsi a scuse psicologiche, ma non può perdonare i suoi peccati". Che cosa succede allora? L'oratore lo dice chiaramente: "l'uomo è solo con il peso dei suoi errori".

Il problema della libertà

Gli effetti di tutto ciò sulla nostra società odierna sono terribili, ha detto Philippe. Oggi "non c'è spazio per il fallimento, non c'è spazio per la fragilità". Gli uomini, incapaci di essere deboli, sono diventati ossessionati dal successo. Abbiamo messo "un peso eccessivo sulle spalle degli uomini".

Di fronte a una vita in cui l'errore non è tollerato, ha spiegato il relatore, "l'esercizio della libertà umana diventa difficile". Si aprono davanti a noi due diversi eccessi. "Da un lato, l'irresponsabilità più assoluta; dall'altro, l'eccesso di responsabilità, il peso delle nostre sole decisioni.

Jacques ha sottolineato che, avendo rifiutato Dio, "abbiamo molte opzioni tra cui scegliere, ma non abbiamo nessuno che ci accompagni". Questo diventa immediatamente una "fonte di angoscia". Noi uomini siamo consapevoli che "abbiamo la libertà, ma non abbiamo nessuno che ci aiuti a discernere". E, ancora una volta, Philippe ha avvertito del pericolo di questo: "la libertà può diventare problematica".

Guarire le ferite

La terza chiave di lettura di cui ha parlato il relatore riguarda la speranza. "Privarsi di Dio significa privarsi della speranza nel futuro. Quando si vive senza la rivelazione di Dio, che è il senso della nostra esistenza, la vita diventa pesante, stretta".

Quando si ha il Padre, spiega l'autore, non ci sono tragedie finali, perché sappiamo che il Signore, quando lo incontreremo, "ci guarirà completamente". Non solo. Philippe ha incoraggiato tutti i presenti ad avere speranza perché "in un istante Dio può salvare ciò che è andato perduto".

Questa idea ha anche una conseguenza molto pratica nella vita di tutti i giorni. "Cosa ci impedisce di perdonare?", ha chiesto il relatore al pubblico. "A volte ciò che ci impedisce di perdonare è la sensazione che il torto subito da un altro sia insanabile. È qui che la fede ci viene in aiuto, perché se Dio esiste ogni ferita può essere curata".

Odio per se stessi

Infine, Jacques Philippe ha messo in guardia tutti da una chiara conseguenza odierna che deriva dall'allontanamento di Dio dalla nostra vita. "L'uomo contemporaneo non è in grado di riconciliarsi con se stesso. Senza speranza, senza misericordia e senza possibilità di perdono, l'uomo non riesce nemmeno ad amare se stesso.

"Pensavamo che eliminando Dio avremmo eliminato il senso di colpa. È stato esattamente il contrario. C'è sempre più senso di colpa. Gli esseri umani vedono la loro povertà come una tragedia". Philippe ha spiegato che "l'uomo può accettare se stesso solo attraverso gli occhi di Dio". E si è spinto oltre: "Quando l'uomo si allontana da Dio, finisce per odiare se stesso, perché non ha più motivo di amarsi".

Jacques Philippe ha concluso il suo intervento incoraggiando tutti a ritrovare la speranza e ad essere saldi nella consapevolezza che "la libertà che Dio dona accettando la sua presenza nella nostra vita è immensa".

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Evangelizzazione

Jacques PhilippeA volte bisogna affrontare la propria miseria per iniziare a gridare a Dio".

Il sacerdote e autore di spiritualità è stato il relatore del Forum Omnes "Abbiamo bisogno di Dio?", tenutosi venerdì 24 novembre nell'Aula Magna dell'Universidad Villanueva de Madrid.

Maria José Atienza-24 novembre 2023-Tempo di lettura: 5 minuti

Jacques Philippe ha condiviso la serata del 24 novembre con più di duecento persone al Forum Omnes "Abbiamo bisogno di Dio?

All'incontro, tenutosi presso l'Universidad Villanueva de Madrid e sponsorizzato dalla Fondazione Carf e dal Banco Sabadell, Philippe ha riflettuto sull'assenza di Dio che significa la scomparsa della speranza e della misericordia o sulla necessità di un rapporto filiale con Dio per una vita piena dell'uomo di oggi.

Il Forum, che sarà disponibile prossimamente sul canale YouTube di Omnes e sarà al centro della sezione Esperienze del numero cartaceo di Omnes del dicembre 2023, ha suscitato enormi aspettative.

Jacques Philippe è autore di numerosi libri sulla vita spirituale, tra cui titoli come "Libertà interiore", "Tempo per Dio" e "La paternità spirituale del sacerdote".

Jacques Philippe
Immagine dei partecipanti al Forum Omnes con Jacques Philippe all'Università Villanueva di Madrid ©J.L. Pindado

Nel nostro mondo si alternano il paradosso di un'evidente secolarizzazione e il sorgere di nuove spiritualità. Pensa che sia più facile raggiungere Dio attraverso questo "spiritualismo" o, al contrario, che sia più confuso?

-Ci sono molte strade possibili. Penso che ci siano persone che sono nell'ateismo che possono sentire un senso di vuoto perché, in un certo senso, l'uomo non può fare a meno della spiritualità. E forse questo vuoto ti porta alla fede.

Ho anche conosciuto persone che sono passate prima attraverso le nuove spiritualità, perché cercavano un senso o c'era qualcosa di sbagliato nella loro vita a cui volevano porre rimedio e hanno toccato qua e là, per poi finire nella Chiesa. Non ho statistiche, ma credo che sia così!

È bello vedere quanto siano diversi i percorsi delle persone: chi proviene da una famiglia totalmente atea e diventa credente o chi è buddista "fino all'ultimo capello" e finisce per incontrare Cristo...

Si parla di un mondo in crisi, di una Chiesa in crisi, di un umanesimo in crisi: c'è motivo di sperare?

-Sì, credo di sì. Perché Dio è fedele. A volte l'uomo può abbandonarlo - come sta accadendo oggi - ma Dio non abbandona l'uomo. Credo che Dio troverà il modo di manifestarsi e di attirare i cuori a sé. Che troverà il modo di proporsi a tutti gli uomini.

Non si tratta solo di meccanismi storici e sociologici, che naturalmente hanno la loro importanza e la loro parte di verità, ma nel profondo credo che ci sia un disegno di Dio sull'uomo e sull'universo. Questo è ciò che mi dà speranza.

Come si può, in una società segnata dal "rumore" e dalle scadenze, raggiungere il silenzio interiore necessario per ascoltare Dio oggi?

Jacques Philippe al Forum Omnes ©J. L. Pindado

-Oggi ci sono molte persone che vogliono anche altro, che vogliono tornare alla natura, che sentono questo bisogno di silenzio. Una vita non frenetica, ma più tranquilla, diciamo. E lo vediamo su tutti i giornali.

Metterlo in pratica non è facile, perché non ci si può isolare completamente dal mondo. Credo che la cosa più importante sia trovare uno spazio nel nostro cuore. Alcuni spazi di silenzio, di apertura a Dio, di pace. Ma questo significa tagliare i ponti. Dobbiamo saper staccare il telefono cellulare, la televisione e prenderci un po' di tempo per il raccoglimento, anche se in un angolino della vostra camera da letto.

Ecco cosa dice Gesù: "Quando preghi, entra nella tua stanza, chiudi la porta e prega il Padre tuo, che è nel segreto, e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà". È chiaro. Quando riusciamo a portare le persone al Vangelo, alla preghiera, alla ricerca di Cristo, questo porta a un cambiamento nella nostra vita.

Lei è autore di un libro sulla paternità spirituale del sacerdote. In generale, la nostra società, anche nella Chiesa, ha perso il concetto di paternità?

-Sì e no. Credo che la questione sia piuttosto complessa. È vero che oggi c'è un rifiuto della paternità, un rifiuto di Dio, la paternità è accusata di essere abusiva, si critica la "società patriarcale", il padre è il "nemico da battere".

Ci sono alcune ragioni legittime per questo, forse perché il modo in cui l'autorità viene esercitata nel mondo, e anche nella Chiesa, a volte non è stato corretto: non è stato rispettoso della libertà umana, ha avuto troppo potere, troppa influenza sulle persone che non ha portato alla libertà, che ci sia una reazione può essere normale, il problema è che è eccessiva.

Di fronte a ciò, dobbiamo ricordare cos'è la vera paternità. Dobbiamo tornare al mistero della paternità divina e abbiamo anche bisogno di uomini che siano l'immagine di questa paternità divina: umili, rispettosi, che conducano alla libertà e aiutino le persone a essere se stesse e non a essere qualcuno che le soffoca. Dobbiamo rivolgerci a Dio, promuovere veri modelli di paternità e ritrovare il senso della filiazione.

In altre parole, credo che ci sia un certo orgoglio umano che proclama: "Non ho bisogno di nessuno, non voglio dipendere da nessuno, posso salvarmi da solo...". Oltre a ciò, troviamo questo orgoglio umano che è contrario a un atteggiamento filiale, di fiducia, di disponibilità. Sono tutte cose che dobbiamo correggere.

Penso che possa essere molto utile tornare al Vangelo, riscoprire la paternità di Dio, non come l'uomo la concepisce e la proietta su Dio, ma Dio così com'è, come si rivela, ad esempio, nella parabola del Figliol Prodigo. Ritrovare la vera immagine di Dio nel Vangelo e ritrovare anche un cuore infantile e fiducioso. Questa è l'opera dello Spirito Santo nel nostro cuore. Lo Spirito Santo che ci fa dire: "Vai!Abba, Padre!"che risveglia in noi la fiducia, che ci guarisce da paure e sospetti, che ci permette di aprirci veramente a Dio.

Credo che le soluzioni più profonde siano di ordine spirituale. Ci sono cose che si possono fare a livello psicologico, a livello sociale, alcuni cambiamenti sociali nella Chiesa... Ma la questione di fondo è incontrare di nuovo il mistero del Dio vivente e ricevere la grazia dello Spirito Santo. Una nuova effusione dello Spirito Santo nel mondo, una nuova Pentecoste, in cui ci troviamo ora in un certo modo.

La Chiesa non è un'istituzione umana, è Dio che comunica.

Jacques Philippe. Autore di spiritualità

Credete davvero che siamo in un'effusione dello Spirito quando, per molti, la Chiesa è ferita a morte?

-La Chiesa è sempre stata in crisi. Non è mai stata un'istituzione stabile. Ha rischiato di morire centinaia di volte. Ma la Chiesa non è un'istituzione umana, è Dio che si comunica. Il mistero di Cristo che si comunica al mondo.

La Chiesa deve sempre essere purificata e riformata e penso che questo sia ciò che sta accadendo. C'è sofferenza, ci sono dubbi, ma penso che vediamo anche lo Spirito Santo all'opera che non abbandona la sua Chiesa.

Vedo molti segni dell'opera dello Spirito Santo nella Chiesa e negli ultimi anni si sono verificati rinnovamenti spirituali molto importanti: la Rinnovamento carismaticoanche un rinnovamento mariale, tante persone che vengono raggiunte dalla Medjugorjeper esempio. Forse non è un fenomeno di massa, ma ci sono molti luoghi in cui si può sperimentare la presenza dello Spirito, dove c'è un rinnovamento dei cuori e la guarigione delle ferite dello spirito.

Credo che questa realtà sarà amplificata. Forse attraverso la sofferenza, a volte bisogna toccare il fondo per risalire. A volte, le persone devono affrontare la propria miseria, la propria radicale impotenza, in modo da iniziare a gridare a Dio.

Per saperne di più
Spagna

I vescovi spagnoli al popolo di Dio: "chiedere perdono e perdonare è il primo passo per guarire le ferite".

Maria José Atienza-24 novembre 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

La 123ª Assemblea plenaria dei vescovi spagnoli ha pubblicato una lettera, indirizzata a tutto il popolo di Dio, sugli abusi sessuali nella Chiesa.

Sotto il titolo "Inviati per accogliere, guarire e ricostruire", i vescovi ribadiscono la richiesta di perdono alle vittime e si impegnano "a essere trasparenti in questo processo e a rendere conto alle vittime, alla Chiesa e a Dio" e fanno riferimento all'attuazione di un piano d'azione. riparazione completa.

Testo integrale della lettera "Inviato per accogliere, curare e ricostruire".

Voi siete la luce del mondo (Mt 5,14). Al popolo di Dio e alla società spagnola, di fronte al dramma degli abusi, i vescovi dell'Assemblea Plenaria, consapevoli di essere stati inviati ad accogliere e curare le vittime di questa piaga sociale, offriamo umilmente le seguenti considerazioni.

1. Dolore, vergogna e richiesta di perdono.

L'abuso di minori ci ha riempito di tristezza. Come in altre occasioni, vogliamo esprimere in modo inequivocabile il dolore, la vergogna e il dispiacere che questa realtà, che tradisce il messaggio del Vangelo, ci provoca. Non intendiamo in alcun modo cercare scuse o giustificazioni per evitare qualsiasi responsabilità che possa corrispondere a noi come Chiesa.

Allo stesso tempo, ribadiamo la nostra accorata richiesta di perdono a tutti coloro che hanno sofferto a causa di queste azioni esecrabili, in particolare alle vittime e alle loro famiglie. Chiediamo anche il perdono di Dio, al quale, come cristiani, non siamo stati fedeli. La sofferenza è stata causata non solo dagli abusi, ma anche dal modo in cui talvolta sono stati affrontati. Non ci sono parole sufficienti per esprimere quanto ci dispiace per il dolore delle vittime e per il tradimento commesso da alcuni membri delle nostre comunità. Questi atti, che non sono solo peccati ma anche crimini, sono incompatibili con i valori fondamentali della nostra fede in Cristo, perché contraddicono l'amore, la compassione e il rispetto che Egli ci insegna e ci dà la forza di vivere. Sono anche una chiamata a una profonda conversione personale e comunitaria.

Al di sopra di ogni altra considerazione, ci impegniamo a essere trasparenti in questo processo e a rendere conto alle vittime, alla Chiesa e a Dio. I nostri fratelli, sacerdoti, religiosi e laici, tradendo la fiducia ricevuta e la missione loro affidata, hanno abusato di quelle persone, minori o vulnerabili, che erano state loro affidate per la loro protezione, educazione o cura.

2. L'azione della Chiesa: l'assistenza alle vittime.

Molti di noi hanno conosciuto le vittime di questi abusi. Abbiamo conosciuto il loro volto, la loro storia, il loro nome. Vogliamo farci carico del loro dolore incarnato. Abbiamo chiesto loro perdono, lo facciamo ora e lo faremo sempre. Chiedere perdono significa riconoscere i nostri limiti, la nostra povertà, la nostra debolezza, la nostra mancanza di coraggio. Sappiamo che il danno e il dolore causati sono indelebili, ma chiedere perdono e perdonare è il primo passo per guarire le ferite.

Innanzitutto, possiamo assicurarvi che continuiamo a impegnarci a prendere misure concrete ed efficaci per prevenire futuri abusi nella nostra Chiesa, come abbiamo iniziato a fare nel 2001. Stiamo costantemente, e da tempo, rivedendo tutti i nostri protocolli di sicurezza e di formazione, oltre a lavorare a stretto contatto con le autorità civili per garantire che i responsabili di questi crimini siano assicurati alla giustizia.

- Accoglienza e riparazione. - In relazione alle vittime, per la loro accoglienza e il loro accompagnamento, sono stati creati uffici di protezione dei minori in tutte le diocesi e le istituzioni religiose e sono stati condotti studi per comprendere la portata del problema. Incoraggiamo chiunque abbia subito abusi a rivolgersi a questi uffici per avviare processi di riparazione e guarigione. Siamo pronti ad ascoltare, sostenere, fare ammenda e offrire l'aiuto di cui hanno bisogno per guarire. Ogni ufficio per la tutela dei minori è aperto all'ascolto e accoglie il dolore.

Prevenzione e formazione. - Con l'incoraggiamento di Papa Francesco, sono stati compiuti i passi necessari in tre direzioni. In questa Conferenza episcopale, il servizio di consulenza per gli uffici diocesani, ora pienamente operativo, ha tenuto numerosi incontri di formazione per stabilire un lavoro comune che permetta un efficace accompagnamento delle vittime. Per quanto riguarda il resto del Popolo di Dio, la Conferenza episcopale, le diocesi e le congregazioni hanno preparato e promulgato protocolli per prevenire e individuare gli abusi e hanno avviato processi di formazione per tutti coloro che nella Chiesa lavorano con i minori, affinché possano contribuire a prevenire questa piaga sociale. In ambito giuridico, sia il motu proprio Vos estis lux mundi come il Vademecum sulle questioni procedurali nei casi di abuso sessuale, promulgate dalla Santa Sede, sono state accompagnate in Spagna dalla Istruzioni sull'abuso sessualeapprovato dalla Conferenza episcopale lo scorso aprile.

- Relazioni e azioni. - La rapida valutazione dell'abuso, essenziale per un'azione tempestiva, deve portare immediatamente alla denuncia in ambito canonico, civile e penale. Questo dà il via all'azione giudiziaria che è essenziale sulla strada della riparazione.

Va notato che, nel contesto legale, la determinazione se un atto costituisce un reato di abuso e chi è responsabile di tale atto criminale è di competenza dell'autorità giudiziaria, così come le misure legali che possono essere adottate di conseguenza.

Tuttavia, la coscienza, che "è il nucleo e il tabernacolo più segreto dell'uomo, dove egli siede solo con Dio" (GS 16), ci chiama a riconoscere quegli atti intrinsecamente malvagi che violano la legge di Dio, anche se non possono essere apprezzati dalla giustizia umana, e ci porta all'urgenza di ripararli.

3. È un problema della Chiesa e della società.

Allo stesso modo, siamo ben consapevoli dell'impatto che queste azioni hanno sulla percezione che l'opinione pubblica ha della Chiesa. I vescovi spagnoli ritengono che i casi di abuso siano questioni molto serie che devono essere affrontate all'interno del quadro giuridico. Purtroppo, essi riguardano tutti i settori della società. La stragrande maggioranza degli abusatori sono membri della famiglia o persone vicine alla vittima.

Tuttavia, in una questione di così ampia portata, concentrarsi solo sulla Chiesa significa sfocare il problema. Le raccomandazioni e le misure da adottare non dovrebbero essere rivolte solo a noi, ma a tutta la società.

Crediamo che il modo per guarire questa piaga nella Chiesa e nella società sia quello di lavorare insieme per costruire ambienti giusti, sicuri e compassionevoli, dove ogni persona sia amata, valorizzata e rispettata.

Ora, riuniti in assemblea plenaria, noi vescovi abbiamo particolarmente apprezzato la testimonianza raccolta dalle vittime, che ci permette di metterle al centro.

Nel corso di quest'anno sono stati pubblicati da diverse organizzazioni e media quattro rapporti sull'abuso sessuale di minori e persone vulnerabili nella Chiesa. La Conferenza episcopale spagnola, sulla base del lavoro svolto dagli Uffici per la protezione dei minori, ha prodotto un proprio rapporto, "Per fare luce", con 728 testimonianze raccolte dagli anni '40 a oggi. Ma noi insistiamo sul fatto che ciò che conta sono le persone e non i numeri.

4. Non solo parole: il piano di riparazione globale.

Siamo consapevoli che le parole non bastano. La nostra azione continua. In questa stessa Assemblea Plenaria abbiamo lavorato alla prima bozza del piano per la riparazione completa delle vittime di abusi, che prevede tre linee d'azione che stiamo già sviluppando e che promuoveremo con tutte le nostre forze:

- attenzione alle vittime attraverso tutti i canali legali ed ecclesiastici,

- il pieno risarcimento, per quanto possibile, dei danni causati

- e la formazione per prevenire tali abusi in futuro.

Abbiamo deciso di continuare a lavorare su questo piano, di approvarne l'itinerario dopo le necessarie revisioni e di ratificarlo nella prossima Assemblea plenaria.

5. Il prezioso servizio del popolo di Dio.

Laici, missionari, consacrati, diaconi, sacerdoti e vescovi, al di là dei nostri limiti e delle nostre fragilità, ci doniamo ogni giorno, aiutando, accompagnando, consolando e svolgendo una missione molto difficile e non sempre riconosciuta nel nostro tempo.

Non è giusto attribuire a tutti il male causato da alcuni. Siamo consapevoli che questo percorso di riparazione è indispensabile e, allo stesso tempo, crediamo che possa anche aiutare a sanare la ferita inferta al Popolo di Dio. Dobbiamo anche ricordare tutti coloro che tra noi ci rendono orgogliosi della nostra fede: i sacerdoti che portano Gesù in ogni cuore; i consacrati che si dedicano all'educazione e all'assistenza; le consacrate che si prendono cura dei più poveri e bisognosi con tutta la loro vita; i missionari che in ogni Paese del mondo rendono visibile il Vangelo; i laici che si donano come catechisti o volontari; i monaci e le monache che ci sostengono con la loro preghiera e tutti coloro che vivono la loro vita cristiana in mezzo alle preoccupazioni ordinarie.

6. Speranza.

Il nostro impegno per sradicare gli abusi sessuali è anche un servizio alla società in cui viviamo. Offriamo umilmente la nostra triste e dolorosa esperienza per aiutare qualsiasi altra istituzione a combattere questo flagello.

Vogliamo guardare al futuro con speranza. Ancora una volta, ribadiamo che la nostra lotta contro ogni tipo di abuso deve continuare senza sosta. E, allo stesso tempo, vogliamo mostrare la nostra profonda gratitudine e apprezzamento ai sacerdoti e alle persone consacrate della nostra Chiesa, incoraggiandoli a vivere con entusiasmo e speranza il tesoro del ministero loro affidato (cfr. 2 Cor 4,7). Cogliamo l'occasione per fare appello ai fedeli cattolici affinché li accompagnino, li incoraggino e li sostengano nella loro dedizione quotidiana.

Insieme al Popolo di Dio, ci rivolgiamo a Cristo, fondamento di ogni speranza, che ci ha promesso di essere con noi fino alla fine del mondo (cfr. Mt 28,20). Possa egli, il Buon Pastore, aiutarci a superare le tenebre, a percorrere il cammino della guarigione, della riconciliazione e del rinnovamento, accompagnati dall'amore materno di Maria.

Vi chiediamo di pregare per le vittime e le loro famiglie, così come per tutti i membri della nostra Chiesa.