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Il Congresso Eucaristico di Quito e Olivia Maurel nella rivista Omnes di febbraio

L'Eucaristia e il prossimo Congresso eucaristico internazionale di Quito sono al centro del dossier di febbraio 2024 della rivista Omnes. A questo si affianca un'intervista a Olivia Maurel, portavoce della Dichiarazione di Casablanca contro la maternità surrogata.

Maria José Atienza-2 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Quito ospiterà il prossimo Congresso Eucaristico Internazionale. La capitale ecuadoriana attende circa 5.000 persone per un evento che vuole essere un impulso alla vita eucaristica dell'Ecuador e del mondo intero.

Infatti, l'Eucaristia, il mistero centrale della fede cattolica, è il tema centrale del numero di febbraio 2024 della rivista Omnes.

Il dossier inizia con un'intervista a Monsignor Alfredo José Espinoza Mateus, Arcivescovo di Quito e Primate dell'Ecuador, su questo evento che il Paese attende con ansia nonostante il difficile momento sociale che sta attraversando la nazione ecuadoriana.

Oltre a questa intervista, Omnes approfondisce la storia e gli obiettivi dei Congressi eucaristici internazionali, che si tengono nella Chiesa dalla metà del XIX secolo.

L'approfondimento dell'Eucaristia prosegue nel fascicolo con una serie di brevi articoli, di carattere esperienziale e catechetico, sulla Santa Messa, la Comunione eucaristica, l'Esposizione del Santissimo Sacramento, la celebrazione domenicale e un contributo speciale - preghiera sull'Adorazione di Gesù nel Santissimo Sacramento.

Olivia Maurel, la voce contro la maternità surrogata

Omnes include anche un'intervista a Olivia Maurel, una giovane donna francese nata tramite maternità surrogata, che si è fatta portavoce del punto di riferimento internazionale nella lotta contro questa forma di sfruttamento.

Maurel ha vissuto in prima persona le conseguenze dell'essere una madre surrogata e vuole sensibilizzare la società sulla flagrante violazione dei diritti umani che questa pratica comporta, nonché sulle conseguenze che questa denaturalizzazione della maternità ha per le madri surrogate e i bambini surrogati.

Pur essendo atea, scrisse una lettera al Papa raccontando la sua testimonianza e il pontefice denunciò, all'inizio del gennaio 2024, la pratica della maternità surrogata in un discorso ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

Il conflitto della Chiesa siro-malabarese

La sezione "Mondo" si concentra sul conflitto tra la Santa Sede e un gruppo di quattrocento sacerdoti orientali, cattolici di rito siro-malabarese in India, sulla direzione in cui il sacerdote deve celebrare la Santa Qurbana (celebrazione eucaristica).

Questo dibattito, che ha origine in un
La disposizione del Concilio Vaticano II che prevedeva che le regioni orientali abbandonassero le usanze e i riti latini e tornassero ai loro tradizionali riti orientali è stata parzialmente risolta al Sinodo della Chiesa siro-malabarese, dove è stata concordata una soluzione uniforme, che non è stata ugualmente accolta dai cattolici siro-malabaresi.

I temi chiave del Papa

Le sezioni Roma e Mondo, a loro volta, espongono i principali temi toccati da Papa Francesco nelle sue diverse apparizioni pubbliche di gennaio. A questo proposito, spiccano gli incontri con i membri del Dicastero per la Dottrina della Fede e con i giudici del Tribunale della Rota Romana in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario. In entrambi, Francesco ha ribadito l'urgenza di annunciare il Vangelo in risposta alle esigenze del tempo presente.

La comunicazione è stato un altro dei temi affrontati da Francesco. Il Papa ha chiesto ai comunicatori tre parole: testimonianza, coraggio e ampiezza di vedute.

Poeti e teologi

La poetessa Circe Maia e l'influenza dei teologi tedeschi Johann Adam Möhler e Mathias Scheeben sono altri argomenti del numero di febbraio.

Il contenuto di questo rivista è disponibile per gli abbonati a Omnes. Il numero di febbraio 2024 di Omnes è ora disponibile in formato digitale per gli abbonati a Omnes. Nei prossimi giorni verrà recapitato anche all'indirizzo abituale di chi ha questo tipo di abbonamento. abbonamento.

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Cosa si aspetta il Papa dalle università cattoliche

Nelle ultime settimane, Papa Francesco ha ricevuto in udienza, in momenti diversi, rappresentanti di istituzioni universitarie cattoliche che operano in diverse parti del mondo e in diversi contesti culturali.

Giovanni Tridente-2 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Recentemente, Francesco ha avuto incontri con i rappresentanti di diverse università cattoliche. Ha incontrato, ad esempio, una delegazione dell'Università di Notre Dame (Indiana, USA), e prima ancora i rettori e i professori delle università cattoliche appartenenti alla Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (FIUC). Infine, a metà gennaio, ha rivolto alcune riflessioni alle autorità accademiche e agli studenti dello Studium Biblicum Franciscanum di Gerusalemme.

Nei vari incontri, il Pontefice ha sottolineato come le università di ispirazione cattolica abbiano sempre svolto un ruolo importante nella società, promuovendo la formazione integrale delle persone in linea con i valori del Vangelo. Per questo motivo, le ha incoraggiate a svolgere un ruolo ancora più significativo nel mondo contemporaneo, conciliando le diverse anime dell'impegno educativo, culturale e sociale.

Unione e collaborazione

Una delle principali sfide che il Papa assegna alle Università cattoliche è quella di lavorare insieme come una rete globale, per superare la frammentazione e promuovere una collaborazione più efficace tra istituzioni che, tuttavia, sono nate in tempi e contesti diversi.

Nella loro visione, queste università dovrebbero unirsi per condividere risorse, conoscenze ed esperienze, superando i confini delle proprie istituzioni. Senza dimenticare la necessità di mantenere i contatti con le comunità locali, contribuendo anche indirettamente alla costruzione di una cultura di pace e giustizia.

L'umanesimo cristiano come fondamento

È chiaro che alla base di queste istituzioni c'è e deve continuare a esserci una visione cristiana dell'umanesimo. Non si tratta solo di offrire un'educazione accademica di qualità, come il Papa ha sottolineato in diverse occasioni, ma anche di coltivare ogni persona nella sua integrità. Da qui l'importanza di un'educazione che integri lo sviluppo intellettuale, affettivo e spirituale degli studenti.

In sostanza, il Santo Padre ha richiamato l'attenzione sul fatto che l'educazione cristiana non si limita all'acquisizione di conoscenze, ma mira a formare persone capaci di vivere secondo i valori del Vangelo, integrando così fede e ragione e sviluppando una profonda comprensione della verità per applicarla nella loro vita quotidiana.

Verità e promozione della pace

Questa ricerca della verità avviene anche attraverso il dialogo interdisciplinare e il rispetto per la diversità delle prospettive, cercando di trovare soluzioni ai problemi globali che siano in linea con tutti gli insegnamenti della Chiesa.

Questo include certamente tutti gli sforzi per promuovere la pace: in un mondo segnato da conflitti e divisioni, queste istituzioni devono essere attori chiave nella costruzione di una cultura della riconciliazione. Ciò implica un impegno per la giustizia sociale, il rispetto dei diritti umani e la promozione della dignità di ogni persona.

Impegno per i più vulnerabili

Un altro aspetto centrale della visione di Papa Francesco per le università cattoliche è l'impegno con i più vulnerabili. Queste istituzioni possono essere un faro di speranza per gli esclusi e gli emarginati, e occorre trovare modi e mezzi per riflettere su come combattere, ad esempio, la povertà, la discriminazione e l'ingiustizia. Allo stesso modo, c'è l'impegno per l'ambiente e la salvaguardia del creato, un altro elemento centrale del pontificato di Francesco.

In quanto custodi del creato, queste istituzioni hanno la responsabilità di promuovere lo sviluppo sostenibile e di sensibilizzare l'opinione pubblica sulle sfide ambientali che il mondo deve affrontare.

In definitiva, solo attraverso un impegno concreto e una visione incentrata sull'uomo - questo è il pensiero di Papa Francesco in sintesi - questi centri di formazione possono davvero svolgere un ruolo significativo nella trasformazione della società e nella promozione di un mondo migliore, che tutti sperano.

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La Quaresima è "un tempo di conversione" e di "libertà", dice il Papa

Papa Francesco ha pubblicato il suo messaggio per la Quaresima 2024, sul tema "Attraverso il deserto, Dio ci conduce alla libertà".

Loreto Rios-1° febbraio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Papa Francesco ha pubblicato oggi il suo Messaggio per la Quaresima 2024Quest'anno inizierà il 14 febbraio, Mercoledì delle Ceneri. La Domenica delle Palme si celebrerà il 24 marzo, mentre il Giovedì Santo e il Venerdì Santo saranno rispettivamente il 28 e il 29 marzo.

Dalla schiavitù alla libertà

Il Papa apre il suo messaggio quaresimale di quest'anno spiegando che dal momento in cui Dio si rivela al popolo d'Israele, annuncia la libertà: "Io sono il Signore tuo Dio, che ti ho fatto uscire dall'Egitto, da un luogo di schiavitù" (Es 20,2). Si apre così il Decalogo dato a Mosè sul Monte Sinai. Il popolo sa bene di quale esodo Dio sta parlando; l'esperienza della schiavitù è ancora impressa nella sua carne".

In questo contesto, Francesco osserva che il popolo d'Israele ha ricevuto i comandamenti come un cammino verso la libertà, non semplicemente come un insieme di regole da seguire: "(Il popolo d'Israele) ha ricevuto le dieci parole dell'alleanza nel deserto come un cammino verso la libertà. Noi le chiamiamo 'comandamenti', sottolineando la forza dell'amore con cui Dio educa il suo popolo".

Il Santo Padre continua sottolineando che questo cammino verso la libertà è un processo che matura gradualmente, non si raggiunge da un giorno all'altro, e tutti siamo su questa strada: "Come Israele nel deserto porta ancora dentro di sé l'Egitto - spesso ha nostalgia del passato e mormora contro il cielo e contro Mosè - così anche oggi il popolo di Dio porta dentro di sé vincoli opprimenti che deve decidere di abbandonare".

Il Papa indica alcuni segni per individuare questi "legami": "Ce ne rendiamo conto quando ci manca la speranza e vaghiamo nella vita come in una landa desolata, senza una terra promessa verso cui incamminarci insieme".

Il deserto, la promessa di qualcosa di nuovo

Tuttavia, questo deserto, questo stato apparentemente negativo, può essere trasformato in qualcosa di più bello di quanto non fosse prima, come una terra che viene preparata per farvi fiorire un frutteto: "La Quaresima è il tempo di grazia in cui il deserto torna ad essere - come annuncia il profeta Osea - il luogo del primo amore (Os 2,16-17)". In questa prospettiva, il Papa sottolinea che il deserto è una fase della pedagogia divina con l'uomo: "Dio educa il suo popolo ad abbandonare la schiavitù e a sperimentare il passaggio dalla morte alla vita".

Ma questo concetto potrebbe rimanere "un percorso astratto", avverte Francesco. "Perché anche la nostra Quaresima sia concreta, il primo passo è voler vedere la realtà. Quando al roveto ardente il Signore attirò Mosè e gli parlò, si rivelò subito come un Dio che vede e soprattutto ascolta: 'Ho visto l'oppressione del mio popolo in Egitto e ho ascoltato le sue lamentele contro i suoi oppressori; conosco le sue sofferenze. Sono sceso per liberarlo dagli Egiziani, per farlo uscire da questo paese, per farlo entrare in un paese fertile e spazioso, un paese che scorre latte e miele" (Es 3,7-8)" (Es 3,7-8).

"Dov'è tuo fratello?".

Il Papa ci invita a chiederci se questo grido raggiunge anche noi: "Anche oggi il grido di tanti fratelli e sorelle oppressi raggiunge il cielo. Chiediamoci: arriva anche a noi, ci scuote, ci commuove? Molti fattori ci tengono lontani gli uni dagli altri, negando la fraternità che ci unisce fin dall'inizio".

Altre domande utili per l'esame di coscienza indicate da Francesco sono: "Dove sei?" (Gen 3,9) e "Dov'è tuo fratello?" (Gen 4,9).

Il Santo Padre ci invita a riflettere su di essi e ci mette in guardia da una possibile nostalgia del "dominio del faraone", cioè della schiavitù, anche se si tratta di "un dominio che ci lascia esausti e ci rende insensibili". Infatti, "sebbene la nostra liberazione sia già iniziata con il battesimo, rimane in noi un inspiegabile desiderio di schiavitù. È come un'attrazione per la sicurezza di ciò che abbiamo già visto, a scapito della libertà".

Di fronte a questo fatto, il Papa propone queste domande di riflessione: "Desidero un mondo nuovo e sono pronto a rompere i miei impegni con il vecchio? Perché, secondo il Santo Padre, uno dei mali più importanti del nostro tempo è la mancanza di speranza: "La testimonianza di molti fratelli vescovi e di un gran numero di coloro che lavorano per la pace e la giustizia mi convince sempre di più che ciò che deve essere denunciato è la mancanza di speranza. È un impedimento a sognare, un grido muto che sale al cielo e tocca il cuore di Dio. È come il desiderio di schiavitù che paralizza Israele nel deserto, impedendogli di andare avanti.

La battaglia spirituale

La Quaresima, però, può essere il momento ideale per decidere di "non ricadere nella schiavitù": "Dio non si stanca di noi. Accogliamo la Quaresima come un tempo forte in cui la sua Parola si rivolge di nuovo a noi. [È un tempo di conversione, un tempo di libertà. Gesù stesso, come ricordiamo ogni anno nella prima domenica di Quaresima, fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere messo alla prova nella sua libertà. Per quaranta giorni sarà davanti a noi e con noi: è il Figlio incarnato. A differenza del faraone, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una decisione personale di non ricadere nella schiavitù. In Quaresima troviamo nuovi criteri di giudizio e una comunità con cui intraprendere un cammino mai percorso prima".

Questo ritorno alla libertà comporta anche un atteggiamento di lotta, perché la vita cristiana è soprattutto una battaglia spirituale: "Si tratta di una lotta che il libro dell'Esodo e le tentazioni di Gesù nel deserto ci dicono chiaramente. Alla voce di Dio, che dice: 'Tu sei il mio Figlio prediletto' (Mc 1,11) e 'Non avrai altri dei di fronte a me' (Es 20,3), si oppone infatti la menzogna del nemico".

In questo senso, il Papa mette in guardia anche dal pericolo degli "idoli": "Sentirsi onnipotenti, riconosciuti da tutti, approfittarsi degli altri: ogni essere umano sente dentro di sé la seduzione di questa menzogna". Possiamo anche essere schiavi della ricchezzaPossiamo attaccarci al denaro, a certi progetti, idee, obiettivi, alla nostra posizione, a una tradizione e persino ad alcune persone. "Queste cose, invece di guidarci, ci paralizzano", avverte Francesco.

Agire è anche fermarsi

In questa società frenetica e sfrenata, il Santo Padre ci invita anche a cambiare ritmo durante questi quaranta giorni: "È tempo di agire, e in Quaresima agire è anche fermarsi. Fermarsi in preghiera, accogliere la Parola di Dio e fermarsi, come il Samaritano, davanti al fratello ferito. L'amore per Dio e per il prossimo è un unico amore. Non avere altri dei è fermarsi davanti alla presenza di Dio, nella carne del prossimo.

Per questo motivo, il Papa sottolinea che sia la preghiera, che l'elemosina e il digiuno, proposti per questi giorni, "non sono tre esercizi indipendenti, ma un unico movimento di apertura, di svuotamento: liberarsi degli idoli che ci appesantiscono, liberarsi degli attaccamenti che ci imprigionano. Allora il cuore atrofizzato e isolato si risveglierà.

Inoltre, la Quaresima ci fa riscoprire "la dimensione contemplativa della vita", che "mobiliterà nuove energie", portandoci verso gli altri: "Alla presenza di Dio diventiamo sorelle e fratelli [...]; invece di minacce e nemici troviamo compagni di viaggio. Questo è il sogno di Dio, la terra promessa verso cui marciare per uscire dalla schiavitù".

Citando un discorso tenuto alla GMG di Lisbona, il Papa ha sottolineato che è vero che viviamo in un tempo con molte sfide, ma ci ha incoraggiato a pensare "che non siamo in agonia, ma in travaglio; non alla fine, ma all'inizio di un grande spettacolo".

"La fede e la carità prendono per mano questa piccola speranza", conclude il Papa, "le insegnano a camminare e, allo stesso tempo, sono loro a trascinarla in avanti".

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Cosa sono la new age e le pseudoreligioni?

Non è una religione e non ha una dottrina fissa, la nuova era -o nuova era - è un modo di vedere, pensare e agire che molte persone e organizzazioni hanno adottato nella loro vita.

Alejandro Vázquez-Dodero-1° febbraio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Lo sviluppo della personalità dell'essere umano ha una componente spirituale per corrispondere pienamente alla sua natura. Questo va oltre la semplice non-materia e fa sì che l'uomo cerchi una religione - in senso lato - intendendola come quella realtà desiderata in cui sperare e riporre i propri desideri.

Il nostro istinto di sopravvivenza è legato alla consapevolezza del tempo che passa e del fatto che il futuro può arrivare; cosa che non accade al resto degli animali, quelli non razionali. È proprio questo che rende l'uomo un ricercatore del senso della sua vita, che trascende l'immediato, il terreno, l'effimero e il passeggero. È proprio qui che la religione - come diciamo noi, in senso lato - viene alla ribalta, soddisfacendo questi aneliti.

Ora, la vera religione può essere solo una, perché le religioni si contraddicono a vicenda e la verità può essere solo in un luogo. Se uno dice che Goya è nato in Spagna e un altro dice che è nato in Svezia, è evidente che non possono avere ragione entrambi allo stesso tempo. Uno dei due ha indubbiamente torto.

Sarebbe assurdo pensare che Dio abbia rivelato diverse religioni contraddittorie. L'unica vera religione è quella che Dio ha rivelato e la possiamo conoscere da alcuni segni, come i miracoli di Gesù Cristo. 

Si scopre che la religione cattolica è stata fondata da Cristo-Dio; tutte le altre sono state fondate da uomini. Né Buddha, né Confucio, né Maometto, né Lutero hanno affermato di essere Dio.

Gesù Cristo stesso ha ripetutamente affermato nella sua vita di essere Dio, e da questa condizione ha fondato una sola Chiesa, santa, cattolica e apostolica. Tutte le altre chiese e religioni sono sbagliate: alcune, come il buddismo, perché non riconoscono il vero Dio; altre, come il protestantesimo, perché si sono separate dalla Chiesa originale e vera.

Ma, oltre alle religioni, abbiamo altre realtà che non sono religioni, e che tuttavia vengono a prendere il loro posto.

Per focalizzare il discorso, faremo riferimento al fenomeno della new age -o nuova era - che, senza essere una religione, una chiesa o una setta, e senza avere una dottrina fissa, è un modo di vedere, pensare e agire che molte persone e organizzazioni hanno adottato per cambiare il mondo secondo le credenze che hanno in comune. Per queste persone, questa è la loro religione. 

Come si identifica una realtà pseudo-religiosa della new age? 

L'obiettivo del new age è quello di introdurre l'uomo in quello che i suoi ideologi chiamano un nuovo paradigma, cioè un modo totalmente diverso di vedere se stessi e di percepire la realtà. La caratteristica più evidente del new ageIl risultato di tutte queste convinzioni è il relativismo religioso, spirituale e morale.

Ciò che promuove si manifesta nella musica, nel cinema, nella letteratura, nell'auto-aiuto, in alcune terapie.

Si tratta di spingere l'umanità in una nuova corrente spirituale e di far nascere una nuova età o epoca - una nuova era o epoca.new age- per il primo.

La Santa Sede, nel 2003, ha fatto espressamente riferimento a questa realtà, sottolineando la difficoltà di conciliare la prospettiva che sta alla base della new age con la dottrina e la spiritualità cristiana. 

Questa corrente sottolinea l'importanza della dimensione spirituale dell'uomo e la sua integrazione con il resto della vita, la ricerca del significato dell'esistenza, la relazione tra gli esseri umani e il resto della creazione, il desiderio di cambiamento personale e sociale.

Tuttavia, ciò che viene criticato è che la new age non offre una risposta autentica, ma un sostituto: cerca la felicità dove non c'è.

New Age e Chiesa cattolica

Infatti, il documento della Santa Sede del 2003 sottolinea che, come reazione alla modernità, la new age agisce soprattutto a livello di sentimenti, istinti ed emozioni. L'ansia di fronte a un futuro apocalittico di instabilità economica, incertezza politica e cambiamenti climatici gioca un ruolo importante nella ricerca di un'alternativa, di un rapporto decisamente ottimistico con il cosmo. 

Non è una coincidenza", continua il documento, "che la new age ha avuto un enorme successo in un'epoca caratterizzata dall'esaltazione quasi universale della diversità. Per molti, norme e credi assoluti non sono altro che l'incapacità di tollerare le opinioni e le convinzioni altrui. In questo clima, gli stili di vita e le teorie alternative hanno avuto un successo straordinario, e qui sta il problema. new age.

Ciò ha dato origine a una spiritualità basata più sull'esperienza sensibile che sulla ragione, che ha anteposto il sentimento alla verità. La spiritualità si riduce così alla sfera del sensibile e dell'irrazionale: al sentirsi bene, alla ricerca esclusiva del proprio benessere individuale. Così la preghiera cessa di essere un dialogo interpersonale con il Dio trascendente e diventa un mero monologo interiore, una ricerca introspettiva del proprio io.

L'elemento caratteristico del new age È anche lo spirito dell'individualismo che permette a ciascuno di formulare la propria verità religiosa, filosofica ed etica. Propone una nuova coscienza nell'uomo, che si renderà conto dei suoi poteri soprannaturali e saprà che non esiste alcun Dio al di fuori di sé. 

Ogni uomo, quindi, crea la propria verità. Non c'è giusto e sbagliato, ogni esperienza è un passo verso la piena consapevolezza della propria divinità. Tutto è "Dio" e "Dio" è in tutto; tutte le religioni sono uguali e dicono fondamentalmente la stessa cosa. Inoltre, sostiene che tutti gli uomini vivono molte vite, reincarnandosi più volte fino a raggiungere una nuova coscienza e a dissolversi nella forza divina del cosmo, il che è ovviamente incompatibile con la fede cattolica. 

In che modo il Dio della fede cattolica si differenzia dal Dio della fede cattolica? new age?

Il Dio della fede cattolica è una persona, il "dio" della fede cattolica. new age è una forza impersonale e anonima.

Il Dio della fede cattolica è il Creatore di tutto, ma non si identifica con nulla di creato. Il Dio della new age è la creazione che prende gradualmente coscienza di sé.

Il Dio della fede cattolica è infinitamente superiore all'uomo, ma si china verso di lui per entrare in amicizia con lui: è suo Padre.

Il Dio della fede cattolica giudicherà ogni uomo in base alla sua risposta a questo amore. Il "dio" della new age è lo stesso uomo che è al di là del bene e del male. Nel new age l'amore più alto è l'amore per se stessi. 

Il new age ritiene che Gesù Cristo sia stato un altro maestro illuminato tra i tanti. Ritiene che l'unica differenza tra Gesù Cristo e gli altri uomini sia che lui ha realizzato la sua divinità, mentre la maggior parte degli uomini non l'ha ancora scoperta. Perciò nega che Dio si sia fatto uomo per salvarci dal peccato. 

Il concetto new age di divinità

Il new age non si fa scrupolo di mescolare forme religiose di tradizioni molto diverse, anche quando ci sono contraddizioni di fondo. Va ricordato che la preghiera cristiana si basa sulla Parola di Dio, è centrata sulla persona di Cristo, porta al dialogo d'amore con Gesù Cristo e conduce sempre alla carità verso il prossimo. Le tecniche di concentrazione profonda e i metodi orientali di meditazione rinchiudono il soggetto in se stesso, lo spingono verso un assoluto impersonale o indefinito e ignorano il Vangelo di Cristo. 

Vorrà anche ridefinire la morte come un passaggio piacevole senza dover rendere conto a un Dio personale, partendo dal presupposto che si decide da soli cosa è bene e cosa è male, il che fa crollare i valori e conduce a una trappola emotiva.

Il new age sostiene che "le cose come le vediamo ora" - la cultura, la conoscenza, le relazioni familiari, la vita, la morte, le amicizie, la sofferenza, il peccato, la bontà, eccetera - sono una mera illusione, il prodotto di una coscienza non illuminata.Passate dall'affermazione che tutto è Dio all'affermazione che non c'è alcun Dio al di fuori di voi stessi. 

La rivelazione di Dio in Gesù Cristo perde il suo carattere unico e irripetibile.Molti sarebbero i "messia" apparsi, cioè maestri illuminati speciali che appaiono per guidare l'umanità: Krishna, Buddha, Gesù, Quetzacoatl, Maometto, Sun Myung Moon, Osho, Sai Baba e innumerevoli altri sarebbero profeti della stessa statura con lo stesso messaggio.Il cristianesimo risulta quindi essere poco più che un periodo storico di passaggio.  

Mio Dio, mi hai abbandonato?

Ci sono situazioni nella storia personale in cui si grida al cielo e non si trova risposta. I problemi e le difficoltà della vita a volte si accavallano e sembra di trovarsi da soli, senza aiuto.

1° febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Alla malattia segue la morte di un familiare e, proprio quando non ci siamo ancora ripresi, arriva il problema economico o lavorativo. A volte possiamo solo esclamare: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Ma può Dio abbandonarci, e sarebbe questo l'atteggiamento di un buon padre, di un padre che ama i suoi figli?

Certo, ci sono situazioni nella propria storia personale in cui si grida al cielo e non si trova risposta. I problemi e le difficoltà della vita a volte ti travolgono e ti sembra di trovarti solo, indifeso, proprio al centro del gorgo che ti risucchia nelle acque scure dell'oceano più profondo.

Si capisce che Dio non è una fata madrina che viene a tirarci fuori da ogni difficoltà. La natura, in questo mondo imperfetto in cui stiamo aspettando i nuovi cieli e la nuova terra, ha le sue regole e agisce senza chiedere il permesso al suo creatore in ogni momento. Ecco perché arrivano le malattie, la morte o le disgrazie naturali. A questo dobbiamo aggiungere anche il male creato dall'uomo: ingiustizie, litigi, delusioni...

Uno dopo l'altro, i colpi vengono superati, ma quando si susseguono, nemmeno il miglior sparring partner può resistere e sorge spontanea la domanda: "Dio ci ha respinto per sempre e non ci favorirà più? La sua misericordia si è esaurita, la sua promessa si è esaurita per sempre? Dio ha dimenticato la sua bontà o la rabbia ha chiuso il suo cuore?

Non c'è niente di meglio dei salmi - la citazione qui sopra è un estratto del Salmo 77 - per esprimere i sentimenti di abbandono, di solitudine, di incomprensione dell'uomo di fronte al male e all'apparente silenzio di Dio. Se sei onnipotente, perché non agisci, perché taci, perché permetti che mi accada questo?

Gesù stesso ha pregato con uno di essi, il numero 22, quando ha vissuto il volto più amaro della sua umanità, inchiodato alla croce. Colui che ha detto "chi ha visto me ha visto il Padre", colui che non poteva allontanarsi da Dio perché era Dio stesso, ha avuto anche sentimenti di lontananza, di abbandono; in una certa misura, di dubbio, di incertezza. Questa è la fragilità umana che egli portò all'estremo.

Il silenzio di Dio di fronte alla sofferenza delle sue creature ha fatto scorrere fiumi di inchiostro e ha bruciato miliardi di neuroni dei pensatori più eccelsi, ma su Internet circola un'antica leggenda. norvegia -Non sono stato in grado di confermare se sia davvero norvegese e se sia davvero antico - il che spiega molto semplicemente perché Dio è così spesso silenzioso.

Il protagonista è un eremita di nome Haakon che si occupava di una cappella dove la gente del posto veniva a pregare davanti all'immagine di un Cristo molto miracoloso. Un giorno, l'eremita, pieno di zelo e di amore per Dio, si inginocchia davanti all'immagine e chiede al Signore di sostituirlo sulla croce:

-Voglio soffrire per voi, lasciatemi prendere il vostro posto", ha detto.

La sua preghiera giunse all'Altissimo, che accettò lo scambio a condizione che l'eremita tacesse sempre, come fece Lui.

All'inizio andava bene, perché Haakon era sempre silenzioso lassù sulla croce e il Signore si faceva passare per lui senza che la gente se ne accorgesse. Ma un giorno un uomo ricco venne a pregare e, inginocchiandosi, fece cadere il portafoglio. Il nostro protagonista lo vide e tacque. Dopo un po' apparve un uomo povero che, dopo aver pregato, trovò il portafoglio, lo prese e se ne andò, saltando su e giù dalla gioia. Haakon continuò a tacere quando, poco dopo, entrò un giovane che iniziò a chiedere protezione per un viaggio pericoloso che stava per intraprendere. A quel punto, il ricco rientrò in casa cercando il suo portafoglio. Vedendo il giovane pregare, pensò di averlo trovato e lo richiese. Anche se il giovane gli disse di non averlo visto, il ricco non gli credette e lo picchiò.

-Ferma! -Haakon gridò dall'alto della croce.

Aggredito e aggressore rimasero attoniti e, spaventati dalla vista del Cristo parlante, fuggirono a turno, lasciando l'eremita di nuovo solo con Gesù, che gli ordinò di scendere dalla croce per non aver mantenuto la parola data.

-Vedi che non eri adatto a prendere il mio posto? -lo rimproverò il crocifisso mentre tornava al suo posto.

-Non posso permettere questa ingiustizia, mio Signore! -rispose l'eremita, già ai piedi della croce. Avete visto che il ragazzo era innocente.

Guardandolo con misericordia, Gesù gli spiegò:

-Non sapevi che il ricco aveva i soldi nel portafoglio per comprare la verginità di una ragazza, mentre il povero aveva bisogno di quei soldi per non far morire di fame la sua famiglia. Per questo gliel'ho lasciata prendere. Con il pestaggio del giovane viaggiatore da parte del ricco, avrei voluto impedirgli di arrivare in tempo, come alla fine ha fatto grazie a voi, per imbarcarsi su una nave sulla quale ha appena trovato la morte, perché è affondata. Voi non ne sapevate nulla. Lo sapevo, per questo ho taciuto.

Così si conclude questa sorta di midrash che ci insegna a credere che la volontà di Dio è ciò che è meglio per noi, e a confidare in colui che sappiamo, nel suo apparente silenzio, ci sta anche amando profondamente.

Se conoscete qualcuno che è stato picchiato dalla vita, potreste ascoltare questa storia di Haakon per capire i misteri di colui che non ci abbandona mai, soprattutto quando siamo sulla croce.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Vangelo

Libertà interiore. Quinta domenica del Tempo Ordinario (B)

Joseph Evans commenta le letture della quinta domenica del Tempo Ordinario (B) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-1° febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel Vangelo di oggi vediamo Gesù fare ogni tipo di miracolo: guarire la suocera di Simone dalla febbre, scacciare i demoni e curare le malattie. Ma questo è solo un segno che lo Spirito Santo è su di lui. Gesù compie queste azioni perché è pieno di Spirito e la liberazione è un segno dell'azione dello Spirito: "...".Il Signore è lo Spirito e dove c'è lo Spirito del Signore c'è libertà."(2 Cor 3,17). Lo Spirito è come il vento, che non può essere costretto. È così che Nostro Signore descrisse l'attività dello Spirito a Nicodemo quando andò a trovarlo (cfr. Gv 3, 1-8). 

Ci possono essere momenti nella vita in cui ci sentiamo molto limitati, privi di libertà, come Giobbe nella prima lettura: "...".La vita dell'uomo sulla terra non è forse una milizia, e i suoi giorni sono come quelli di un operaio; come uno schiavo, sospira per l'ombra; come un operaio, aspetta il suo salario. La mia eredità è stata mesi sprecati, mi sono state assegnate notti di fatica. Quando vado a letto penso: quando mi alzerò? La notte dura in eterno e sono stanco di rigirarmi fino all'alba. 

Questa sensazione può essere oggettiva o esagerata. In ogni caso, dobbiamo ricordare che la libertà è prima di tutto interiore. Ciò che toglie veramente la libertà sono le limitazioni interiori: le dipendenze, le debolezze del carattere. Qualcuno - ad esempio i martiri cristiani - può essere rinchiuso in una prigione ed essere interiormente totalmente libero. 

Abbiamo bisogno che lo Spirito Santo ci dia la grazia di trovare la libertà. Tra poco inizierà la Quaresima ed è una buona occasione per chiederci cosa dobbiamo cambiare per crescere nella libertà: cosa deve essere tagliato in noi (un vizio da eliminare) o migliorato (una virtù in cui crescere)? Quale difetto, cattiva abitudine o dipendenza mi sta togliendo la libertà? Potrebbe essere la pigrizia, l'attaccamento al telefono o a internet, al cibo o alle bevande, alle spese o qualsiasi altra cosa. La Quaresima è un tempo di grazia per lottare di più contro queste dipendenze e trovare una maggiore libertà in Dio. Il sacramento della confessione è il sacramento della libertà, perché ci libera dai nostri peccati.

Se siamo pieni di Spirito Santo, saremo pieni di libertà. Infatti, come spiega San Paolo nella seconda lettura, questa libertà ci porta a renderci volentieri schiavi degli altri: "... siamo liberi di essere schiavi degli altri".Perché, essendo libero come sono, mi sono reso schiavo di tutti per conquistare il maggior numero possibile di persone.". Come ha fatto Gesù. La libertà trova la sua espressione più piena nell'abbandono amoroso.

Omelia sulle letture di domenica 5a domenica del Tempo Ordinario (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Francesco incoraggia il perdono per superare la rabbia

Il Papa ha meditato questa mattina all'udienza generale sulla rabbia, e ha incoraggiato a cercare la riconciliazione con gli altri prima di sera, a "impegnarsi nel perdono, nell'arte del perdono", e a trasformare la rabbia, in caso di ingiustizia, in un santo zelo per il bene. Ha anche pregato per le vittime della guerra.

Francisco Otamendi-31 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Nella sesta sessione del catechesi su "i vizi e le virtù", Papa Francesco ha meditato nell'Aula Paolo VI, in Pubblico di questo 31 gennaio, festa di San Giovanni BoscoIl rapporto, sulla rabbia, un vizio "visibile", "difficile da nascondere", "capace di togliere il sonno" e che "non si placa con il tempo".

La rabbia trasforma il nostro volto e mette in subbuglio il nostro corpo, e sviluppa in noi "la percezione negativa dell'altro", ha detto il Pontefice nel suo discorso. meditazionein cui ha offerto due ricette contro la rabbia.

In primo luogo, "non andare a dormire senza aver cercato la riconciliazione, per stroncare sul nascere questa spirale demoniaca". E in secondo luogo, "portare nella preghiera l'impegno a perdonare gli altri, come Dio fa con noi".

La santa indignazione di Gesù, lo zelo per il bene

Esiste anche "una santa collera", ha ricordato il Papa, "di cui ci parla anche il Vangelo, che nasce dal nostro essere. Non ci permette di rimanere indifferenti di fronte all'ingiustizia". Gli antichi sapevano bene che "c'è in noi una parte irascibile che non può e non deve essere negata (...). Non siamo responsabili della rabbia nel suo sorgere, ma sempre nel suo sviluppo, e a volte è bene che la rabbia venga sfogata in modo appropriato".

Se una persona non si arrabbia mai, se non si indigna di fronte all'ingiustizia, se non prova qualcosa che scuote il suo cuore di fronte all'oppressione dei deboli, allora non è umana, tanto meno cristiana, ha sottolineato Francesco. Esiste una santa indignazione, che non è rabbia. Gesù ha conosciuto la santa indignazione diverse volte nella sua vita, non ha mai risposto al male con il male, ma nel suo animo ha sperimentato questo sentimento e, nel caso dei mercanti nel tempio, ha compiuto un'azione forte e profetica, dettata non dalla rabbia ma dallo zelo per la casa del Signore.

Sta a noi, con l'aiuto dello Spirito Santo, trovare la giusta misura delle passioni, educarle bene, affinché si rivolgano al bene e non al male, ha sottolineato il Santo Padre.

"Chiediamo al Signore di essere consapevoli della nostra debolezza di fronte all'ira, in modo che quando sorge, possiamo incanalarla positivamente, in modo che non ci domini, ma che la trasformiamo in un santo zelo per il bene", ha detto ai pellegrini di lingua spagnola.

Alla base di guerre e violenze

Francesco ha incoraggiato nel Pubblico praticare l'arte del perdono. Ciò che contrasta la rabbia è la benevolenza, la gentilezza, la pazienza. La rabbia è un vizio terribile che è alla base delle guerre e della violenza.

In questo senso, il Papa ha ricordato che domani l'Italia celebra la Giornata nazionale per le vittime civili di guerra. Alla memoria dei caduti nelle due guerre mondiali, ha aggiunto "le tante, troppe, vittime inermi delle guerre che purtroppo ancora insanguinano il nostro pianeta, come quella in Medio Oriente e in Ucraina. Che il loro grido di dolore raggiunga i cuori dei leader delle nazioni e faccia nascere progetti di pace".

I racconti delle guerre di questi giorni denotano "tanta crudeltà", ha lamentato Francesco. "La pace è dolce, non è crudele.

Sacerdoti dell'Università della Santa Croce, festa di San Giovanni Bosco

Prima di impartire la benedizione, il Papa ha salutato in italiano gli oltre seimila fedeli presenti in Aula, e ha fatto una menzione speciale per i sacerdoti che stanno partecipando a un corso di formazione promosso dall'Istituto per la formazione professionale. Pontificia Università della Santa CroceI pellegrini della parrocchia del Divino Cristo Lavoratore di Ancona, gli alunni di varie scuole e le bande musicali.

Come sempre, i suoi pensieri sono stati rivolti ai giovani, nel ricordo di San Giovanni BoscoLo citava quando si rivolgeva ai pellegrini di diverse lingue, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

Il negozio di fiori, il lavoro dietro le quinte delle celebrazioni vaticane

Una quarantina di persone compongono il negozio di fiori del Vaticano, un ex servizio della Santa Sede che prepara le celebrazioni vaticane.

Hernan Sergio Mora-31 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Dietro le bellissime cerimonie, le udienze e gli eventi che si svolgono in Vaticano, dietro le quinte c'è un'istituzione poco conosciuta dal grande pubblico che - silenziosamente e con difficoltà - si occupa della logistica che permette lo svolgimento di queste grandi cerimonie.

Stiamo parlando dell'Infioreria, composta da una quarantina di persone, che coordina e prepara tutto ciò che serve all'interno della Basilica Vaticana, in Piazza San Pietro, nelle Basiliche Papali Romane, nell'Aula Paolo VI, nell'appartamento del Papa, nonché in occasione delle udienze nel Palazzo Apostolico e in vari edifici vaticani.

Si occupa anche della decorazione e della manutenzione ordinaria dei mobili e dispone di tre laboratori di restauro: uno per i mobili e la tappezzeria, un altro per l'ebanisteria e il restauro dei mobili e un terzo specializzato nella doratura. C'è poi il reparto di montaggio, incaricato, tra le altre cose, di allestire fino a 30.000 sedie in occasione di festeggiamenti all'esterno della Plaza.

Origine

Il nome Floreria ha un'origine antica. Probabilmente deriva dallo spagnolo e si riferiva a coloro che si occupavano dei fiori per le cerimonie. Gli inventari del XVI secolo ci dicono che, fin dall'inizio, esisteva una Florería (negozio di fiori) con arazzi, gobelin e tessuti destinati a decorare le stanze e a ricoprire grandi pareti. Oggi la Florerie ospita tutti gli oggetti non consacrati necessari per le funzioni papali.

Un tempo si chiamava Negozio di fiori apostolico e dipendeva dal Palazzo Apostolico, cioè direttamente dal Papa, dalla Segreteria di Stato e dalla Prefettura della Casa Pontificia. Negli anni '60 e '70 è stato trasferito al Governatorato della Città del Vaticano con il nome di "...".Servizio fiori"Ora fa parte della Direzione Infrastrutture e Servizi, insieme al servizio Giardini e Ambiente e al settore Infrastrutture.

Anche la spiritualità

Una tradizione dei dipendenti dell'intera infrastruttura e della gestione dei servizi, da cui dipende anche il negozio di fiori, è quella di partecipare alla messa ogni primo venerdì nel capannone dell'officina meccanica.

L'assistenza spirituale è disponibile anche per tutti i dipendenti del Governatorato che lo desiderano, che possono incontrare il Papa in vari momenti dell'anno. Inoltre, quest'anno è stata introdotta la festa della famiglia all'aperto.

Altri lavori

Un altro compito è quello di occuparsi di traslochi e restauri presenti non solo in Vaticano, ma anche in aree extraterritoriali e in altre zone di Roma, tra cui le sedi delle Congregazioni situate in via della Conciliazione o nel palazzo di San Callisto.

Senza dimenticare i preparativi come, per esempio, la celebrazione del Corpus DominiLa tradizionale processione dalla Basilica di San Giovanni in Laterano a Santa Maria Maggiore.

Conclave

Pur sapendo che la data di un conclave non può essere prevista, il negozio di fiori ha pronto un piano aggiornato per la sua organizzazione. Dalla Cappella Sistina, con i troni con i loro baldacchini mobili, al fornello e al camino di ferro che annunceranno con il loro fumo nero e poi con il loro fumo bianco l'elezione o meno di un nuovo pontefice.

In passato si occupavano anche delle 500 stanze che dovevano essere preparate per l'alloggio dei cardinali e del loro seguito, compito ora semplificato grazie alla sistemazione nella Domus Santa Marta, o di altre questioni come il compito di tagliare tutte le linee telefoniche.

Oggetti floreali venduti per la carità del Papa

Oggi nel Negozio di Vestiti, vicino alla stazione ferroviaria, c'è una sezione dove sono esposti alcuni dei doni che Francesco riceve dai capi di Stato e di governo durante le udienze o gli incontri. Anche molti oggetti che erano conservati e impolverati nel negozio di fiori possono ora essere acquistati in cambio di un'offerta da devolvere alla carità del Papa.

Il ringraziamento del Papa

Papa Francesco nell'udienza del 17 gennaio 2014 con i dipendenti del negozio di fiori ha espresso il suo personale ringraziamento per la "cura, la professionalità e la disponibilità" con cui svolgono la loro missione.

E ha ricordato che "organizzare gli ambienti per i vari incontri del Papa con i pellegrini e le varie attività della Santa Sede" è un compito "indispensabile", per ottenere spazi accoglienti e strumenti funzionali.

L'autoreHernan Sergio Mora

Vaticano

Il Papa sottolinea il lavoro delle cure palliative

Papa Francesco chiede ai cattolici di pregare in particolare per i malati terminali durante il mese di febbraio.

Paloma López Campos-30 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco mostra sempre grande vicinanza alle persone che soffrono di malattie. Non sorprende quindi che chieda ai cattolici di tutto il mondo di unirsi a lui durante il mese di febbraio per pregare per "i malati terminali e le loro famiglie".

Il Santo Padre si preoccupa della "necessaria assistenza e accompagnamento, sia dal punto di vista medico che umano", di cui hanno bisogno i malati.

Francesco sottolinea nel video del Rete globale di preghiera che c'è una grande differenza tra i concetti di "incurabile e 'inguaribile'". Rifacendosi a una citazione di Papa Giovanni Paolo II, sostiene che, mentre la cura non è sempre possibile, "la cura è sempre possibile".

Il Papa sostiene che "anche quando le possibilità di guarigione sono scarse, tutti i malati hanno diritto all'accompagnamento medico, psicologico, spirituale e umano".

Cure palliative

Il Pontefice coglie l'occasione per parlare delle cure palliative. Queste "garantiscono al paziente non solo cure mediche, ma anche un accompagnamento umano e ravvicinato".

Nel suo messaggio, il Papa ricorda anche che le famiglie dei malati "non possono essere lasciate sole in questi momenti difficili". Per questo motivo, invita a promuovere un sostegno a coloro che sono vicini ai malati che sia sentito a livello fisico, spirituale e sociale.

Giornata mondiale del malato

L'intenzione del Papa arriva proprio nel mese in cui si celebra la Giornata Mondiale del Malato. L'11 febbraio, in occasione della memoria del Nostra Signora di LourdesTutta la Chiesa si unisce per pregare per coloro che soffrono della malattia.

Nella sua messaggio per questa giornata, pubblicato all'inizio del 2024, il Papa ha sottolineato che "la prima cura di cui abbiamo bisogno nella malattia è quella di una vicinanza piena di compassione e tenerezza". Ha anche colto l'occasione per incoraggiare i malati "a non vergognarsi del loro desiderio di vicinanza e tenerezza".

Il Santo Padre ha sottolineato che "i cristiani sono particolarmente chiamati a fare nostro lo sguardo compassionevole di Gesù". In questo modo, potremo "contrastare la cultura dell'individualismo, dell'indifferenza, dello scarto" e cambiarla con una "cultura della tenerezza e della compassione".

L'intenzione di preghiera di Papa Francesco per il febbraio 2024
Vaticano

Verità, carità, coraggio: le raccomandazioni del Papa ai media cattolici

In un incontro con i media della Conferenza Episcopale Italiana, Papa Francesco ha delineato le caratteristiche che, secondo lui, dovrebbero avere i comunicatori.

Antonino Piccione-30 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il giornalismo come ricerca della verità, una materia complessa che implica la virtù dell'ascolto, la capacità di discernimento e la cura nell'uso delle parole. Pochi giorni dopo il suo Messaggio per la 58a Giornata Mondiale delle Comunicazioni SocialiPapa Francesco offre una nuova riflessione sul campo dell'informazione e della comunicazione, con l'aiuto di un'udienza con i giornalisti e i tecnici di Tv2000 e RadioinBlu2000, ricevuti il 29 gennaio in Aula Paolo VI in occasione del 25° anniversario della nascita delle radio della Conferenza Episcopale Italiana.

Il Pontefice ha sottolineato l'importanza di una comunicazione costruttiva, al riparo dai peccati che la minano, soprattutto la disinformazione, "raccontando con vicinanza il bello e il buono delle nostre comunità", per "rendere protagonisti coloro che normalmente finiscono come comparse o non vengono nemmeno presi in considerazione".

Riferendosi all'udienza concessa nel 2014, il Pontefice ha osservato che da allora "il panorama mediatico è molto cambiato", ma che oggi come allora entrambi i media, insieme al quotidiano "Avvenire" e all'Agenzia Sir, hanno "un'appartenenza ben precisa: la Conferenza episcopale italiana". 

Questo, secondo Francesco, non è affatto una limitazione, "al contrario, è un'espressione di grande libertà, perché ci ricorda che la comunicazione e l'informazione sono sempre radicate nell'umano". Cruciale, in questo senso, è il ruolo e la funzione di testimonianza, per cui il giornalista è chiamato a raccontare "storie in cui il buio che ci circonda non spegne la luce della speranza".

Giornalisti, un "ponte" non un "muro"

Sul coinvolgimento di chi racconta la Chiesa attraverso i suoi media, non si può non "partire dal cuore" per rendere possibile la "vicinanza" e affermare la verità senza separarla dalla carità. "Mai separare i fatti dal cuore! E poi, avere coraggio. Non è un caso che il "coraggio" venga dal cuore. Chi ha cuore ha anche il coraggio di essere alternativo, senza diventare polemico o aggressivo; di essere credibile, senza cercare di imporre il proprio punto di vista; di essere un "costruttore di ponti".

Per evitare gli altri peccati che i giornalisti spesso commettono: la calunnia, la diffamazione, l'amore per lo scandalo. Perché "lo scandalo vende", come ha detto il Santo Padre alla fine di agosto quando è stato premiato con la "E' giornalismo.

Alla luce di queste considerazioni, l'udienza rivolta ai cattolici può ben essere vista come un ulteriore e più specifico contributo che Papa Benedetto dà al suo magistero sul tema del giornalismo, che non può esimersi dalla "responsabilità" - altra parola chiave - in una prospettiva di obiettività, rispetto della dignità umana e attenzione al bene comune. In questo modo", sottolinea, "potremo riparare le fratture, trasformare l'indifferenza in mancanza di accoglienza e di relazione".

La persona, insomma, è il fondamento e l'obiettivo "di ogni servizio, di ogni articolo, di ogni programma". La persona va servita e la verità va detta "con rispetto e competenza". Evitare, o meglio governare, tutti gli strumenti di manipolazione, contaminazione cognitiva e "alterazione della realtà", perché l'uomo continua a fare la differenza.

L'informazione", osserva il Papa nel Messaggio pubblicato in occasione della festa liturgica di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, "non può essere separata dalle relazioni esistenziali: coinvolge il corpo, l'essere nella realtà; richiede di riportare non solo dati, ma esperienze; esige il volto, lo sguardo, la compassione, oltre che la condivisione".

Infatti, il giornalismo può continuare a svolgere il suo prezioso lavoro solo se non abdica ai suoi fondamenti. Ci sono questioni prioritarie legate alla regolamentazione, alla proprietà intellettuale e alla concorrenza commerciale.

Ci sono anche profonde preoccupazioni sociali riguardo all'IA, in particolare in relazione alla disinformazione, alla discriminazione e al pregiudizio, e ai rischi di manipolazione dei media da parte di grandi aziende o enti governativi. È indispensabile mantenere una visione olistica che si basi sulle raccomandazioni di Papa Francesco.

L'autoreAntonino Piccione

Cultura

Manuel GarridoOgni collega è una persona, non una minaccia".

Intervista a Manuel Garrido, vincitore del premio Bravo! della Comunicazione Istituzionale 2024 e responsabile, per anni, dell'Ufficio Informazioni dell'Opus Dei e del Santuario di Torreciudad.

Maria José Atienza-30 gennaio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Si chiama Manuel Garrido González ma per i professionisti della comunicazione in Spagna è Manolo.

Questo giornalista di Oviedo, quasi 68 anni, ha dedicato la sua vita professionale alla comunicazione istituzionale in ambiti della Chiesa cattolica, soprattutto nel santuario di Torreciudad e nell'Ufficio comunicazioni della Prelatura dell'Opus Dei. Ora affianca al lavoro di consulenza una lotta determinata contro una malattia, che affronta con "la fiducia che deriva dall'essere nelle mani migliori: in quelle di Dio, in quelle dei medici e in quelle di tanti amici e colleghi, che mi aiutano con il loro affetto e la loro vicinanza".

Il 29 gennaio 2024, Manuel Garrido ha preso in consegna il Premio Bravo! della comunicazione istituzionale. Accanto a lui, nomi come Ana Iris Simón, la regista Santos Blancoo i creatori del ACdP #cheNonCiFaSparire a favore della famiglia e della maternità ha ricevuto questo riconoscimento, assegnato dalla Conferenza episcopale spagnola.

Quel giorno, molti colleghi hanno voluto accompagnare Manuel Garrido nella consegna di un premio che ha consegnato a tutti i professionisti della comunicazione.

Come ha ricevuto il premio Bravo! Cosa significa questo riconoscimento dopo anni di lavoro e di servizio?

-Sorprendentemente, non me l'aspettavo. In ogni caso, accolgo con piacere questo incoraggiamento da parte dei miei colleghi giornalisti, ai quali lo offro. Ed è un lusso riceverlo accanto ad alcuni straordinari premiati di alto livello, come Ana Iris Simón, che seguo settimanalmente. Recentemente ha ricordato l'importanza di guardare avanti senza perdere di vista il passato, per apprezzare tante cose buone, belle e vere. E avere uno sguardo pulito per saperle apprezzare e raccontare. L'ho scritto, credo sia un buon consiglio.

Lei ha vissuto il cambiamento dei paradigmi della comunicazione e della Chiesa: come affronta i problemi professionali quando riguardano anche la sua fede?

-La fede vi porta a pregare per vedere con Dio le cose da fare, per cercare di lavorare con gioia e speranza. Non è passività, né pigrizia, né a parità di condizioniL'obiettivo non è quello di essere perfezionisti, ma di puntare alla qualità senza perfezionismo, cercando di fare le cose bene, nonostante gli errori.

La fede ci dà una prospettiva che ci aiuta nell'immediato, ci toglie le luci della ribalta e l'importanza e ci aiuta a vedere le cose nella loro giusta misura. È più di un alleato nella vita di tutti i giorni. E allo stesso tempo è confortante vedere tanti comportamenti positivi che si costruiscono e sono la maggioranza. Sono quelli che dobbiamo raccontare e condividere, che renderanno il volto della Chiesa più amichevole.

Quali sono i momenti di comunicazione che si porta via dalla sua carriera?

-Potrei dire che ogni pezzo che ho preparato mi è piaciuto, e che non vedo l'ora di vederlo pubblicato o trasmesso con qualsiasi mezzo. Detto questo, sceglierei la beatificazione e canonizzazione di San Josemaría, che ho vissuto a Roma con i miei concittadini di Barbastro e che è stata seguita da numerosi media. E vorrei anche sottolineare, come grande momento, la comunicazione tra Torreciudad e Alto Aragona durante 21 anni gioiosi in cui ho potuto vedere quale grande dono sia il santuario per la Chiesa, la diocesi e il territorio. E dobbiamo continuare a prendercene cura insieme.

Secondo lei, quali dovrebbero essere le chiavi della comunicazione in un'istituzione ecclesiastica?

-Vedo due chiavi. La vicinanza e l'affetto personale per i professionisti e il fornire ai media informazioni utili. Noi che ci occupiamo di comunicazione nelle istituzioni dobbiamo essere intermediari tra la nostra istituzione e i media. Pertanto, è necessario conoscere a fondo la propria istituzione e i media. E poi contattate spesso i media per fornire loro informazioni utili.

In un mondo sempre più "digitale", il contatto personale si è perso nella sfera professionale?

-Penso che il giornalismo sia qualcosa che si porta dentro e si vive 24 ore su 24, anche se capisco che non è più così e ne sono felice, perché ora si sta conciliando di più con altri obblighi. Ma dirò che se si segue da vicino il lavoro di un collega e si parla con lui o lei, è facile condividere altre cose. Si tratta di assistenza, non di marketing o di coaching. Ogni collega è una persona, non una minaccia o uno strumento, diceva San Giovanni Paolo II, che considerava i giornalisti come persone e cercava di stabilire un contatto personale con loro. È una vicinanza sincera, soprannaturale e gioiosa, come abbiamo appena visto in Papa Francesco e nella sua udienza del 22 gennaio con i giornalisti accreditati in Vaticano.

Nella sua vita, ha dei riferimenti alla comunicazione?

-Joaquín Navarro-Valls. Ho avuto la fortuna di conoscerlo e di seguirlo. Recentemente ho letto le sue note personali in "I miei anni con Giovanni Paolo II", in Espasa. L'ho trovato molto utile e lo consiglio a tutti i comunicatori, perché è stato un grande portavoce di un grande Papa.

Ricordo bene la conferenza di Navarro del 18 novembre 2013 alla Fondazione Rafael del Pino su Giovanni Paolo II e la sofferenza umana, che mi ha fatto riflettere molto. E ho a portata di mano alcune parole del 2011 che mi hanno aiutato molto: "Tutto può essere comunicato e molto deve essere comunicato; anche il dolore, la malattia e persino i dubbi. L'unica cosa che non si può comunicare è la menzogna, nemmeno per farsi belli e migliorare la propria immagine". Una bella sfida.

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Risorse

L'Anno di preghiera 2024 avrà come tema "Signore, insegnaci a pregare".

Con le parole "Signore, insegnaci a pregare" gli Apostoli si rivolgevano a Gesù, e queste stesse parole sono state scelte dal Papa come motto per il 2024, l'Anno della Preghiera, durante il quale anche noi, discepoli di Cristo, siamo chiamati a riscoprire il valore della preghiera quotidiana nella nostra vita.

Arturo Cattaneo-30 gennaio 2024-Tempo di lettura: 14 minuti

Quando si vuole intraprendere un'iniziativa, di solito si parte dagli aspetti organizzativi: quali sono le persone o le risorse disponibili per raggiungere l'obiettivo nel miglior modo possibile. Chi, invece, pensa prima a pregare? Ovviamente, per chi non ha mai sperimentato il potere della preghiera è molto difficile capire che la preghiera non è solo consigliabile, ma indispensabile per prepararsi a un evento o a una scelta importante della vita.

In questa prospettiva, è significativo e una grande lezione che Papa Francesco ci offre con questa iniziativa. Nella Angelus del 21 gennaioha lanciato ufficialmente l'Anno di preghiera in preparazione al Giubileo del 2025, incoraggiando a pregare affinché questo Anno Santo abbia un impatto su tutta la Chiesa, sulla santità dei cristiani. Certamente richiederà l'organizzazione e il lavoro di molte persone, ma solo con una preparazione remota nella preghiera questo Giubileo porterà frutti di grazia e di riconciliazione.

Alla presentazione dell'iniziativa in sala stampa vaticana, monsignor Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, ha auspicato che questo sia un anno in cui riscoprire "come pregare e, soprattutto, come insegnare a pregare oggi, nell'era della cultura digitale, perché la preghiera sia efficace e fruttuosa". Il Pontefice, all'Angelus, ha parlato esplicitamente di un bisogno assoluto di preghiera, di una "sinfonia" di preghiera a livello personale e comunitario. Nella conferenza stampa del 23 gennaio 2024, ha specificato quali dovrebbero essere le caratteristiche di questa preghiera: stare davanti al Signore in un rapporto di fiducia e di amicizia, pronti ad ascoltarlo. E ringraziarlo.

Attraverso la preghiera crescerà anche la nostra capacità di prestare attenzione agli altri, di accoglierli e di tendere loro la mano con un cuore misericordioso come quello di Gesù.

Nella prefazione di "Pregare oggi. Una sfida da superare", il primo degli otto libri che il Dicastero per l'Evangelizzazione sta per pubblicare, il Papa scrive: "La preghiera è il respiro della fede, è la sua espressione più appropriata. È come un grido che esce dal cuore di chi crede e si affida a Dio". In questo anno, con il Giubileo alle porte, dice il Santo Padre, "siamo invitati a essere più umili e a dare spazio alla preghiera che sgorga dallo Spirito Santo".

Infatti, fin dall'inizio del suo pontificato, la preghiera è stato uno dei temi più ricorrenti, un tema a cui ha dedicato ben 38 udienze generali in tutto il 2020 e il 2021 con riflessioni e suggerimenti profondi e allo stesso tempo semplici, concreti, pieni di buon senso e anche di quel buon umore che lo caratterizza.

Nei prossimi mesi il Papa creerà una "Scuola di preghiera", ma saranno soprattutto le Chiese locali a essere chiamate a sviluppare iniziative per aiutare i fedeli a riscoprire la preghiera come "nutrimento per la vita cristiana di fede, speranza e carità". Per questi motivi, ho raccolto in una piccola antologia frasi e considerazioni di Papa Francesco che aiutano a capire meglio perché e come pregare.

Papa Francesco sulla preghiera, spiegando perché e come pregare

Testi di Papa Francesco raccolti da Arturo Cattaneo

Il Santo Padre parla di preghiera praticamente in tutti i suoi testi, esortazioni, omelie, lettere, udienze, ecc. Un tema a cui ha dedicato ben 38 udienze generali nel 2020 e 2021. Si possono scaricare, ad esempio, con questo link.

Di seguito, troverete le sue frasi o riflessioni che ho trovato particolarmente significative, organizzate in sei capitoli.

Che cos'è la preghiera

La preghiera è il respiro dell'anima, il respiro della fede. In un rapporto di fiducia, in un rapporto d'amore, il dialogo non può mancare, e la preghiera è il dialogo dell'anima con Dio. È importante trovare momenti nella giornata per aprire il proprio cuore a Dio, anche con semplici parole (Discorso del 14 dicembre 2014).

La preghiera cristiana, invece, nasce da una rivelazione: il "Tu" non è rimasto avvolto nel mistero, ma è entrato in relazione con noi... La preghiera cristiana entra in relazione con il Dio dal volto più tenero, che non vuole incutere alcun timore all'uomo. Questa è la prima caratteristica della preghiera cristiana. Mentre gli uomini sono sempre stati abituati ad avvicinarsi a Dio un po' intimoriti, un po' spaventati da questo mistero affascinante e terribile, mentre sono stati abituati a venerarlo con un atteggiamento servile, come quello di un suddito che non vuole mancare di rispetto al suo padrone, i cristiani si rivolgono invece a lui, osando chiamarlo con fiducia con il nome di "Padre". Anzi, Gesù usa un'altra parola: "padre" (Udienza generale del 13 maggio 2020).

La preghiera è un incontro con Dio, con Dio che non delude mai, con Dio che è fedele alla sua parola, con Dio che non abbandona i suoi figli (Omelia, 29-VI-2015).

Pregare è restituire il tempo a Dio, sfuggire all'ossessione di una vita sempre priva di tempo, ritrovare la pace delle cose necessarie e scoprire la gioia dei doni inattesi (Udienza generale, 26-VIII-2015).

Perché pregare

Perché prego? Prego perché ne ho bisogno. È questo che sento, che mi spinge, come se Dio mi chiamasse a parlare (Intervista di Papa Francesco ai giovani in Belgio, 31-III-2014).

L'incontro con Dio nella preghiera vi aiuterà a conoscere meglio il Signore e voi stessi. La voce di Gesù infiammerà i vostri cuori e i vostri occhi si apriranno per riconoscere la Sua presenza nella vostra storia, scoprendo così il progetto d'amore che Egli ha sulla vostra vita (Messaggio per la 30ª GMG, 17-II-2015).

La preghiera ci dà la grazia di vivere fedeli al progetto di Dio (Udienza generale del 17 aprile 2013).

Ogni storia è unica, ma tutte partono da un incontro che illumina le profondità, che tocca il cuore e coinvolge tutta la persona: affetti, intelletto, sensi, tutto. È un amore così grande, così bello, così vero, che merita tutto e merita tutta la nostra fiducia (Incontro con i giovani dell'Umbria, 4 ottobre 2013).

Un altro elemento importante è la consapevolezza di far parte di un disegno più grande, al quale si vuole contribuire (Udienza generale, 7-XII-2022).

Dio ci chiama a combattere con Lui, ogni giorno, ogni momento, per vincere il male con il bene (Discorso del 20 ottobre 2013).

La fede non ci allontana dal mondo, ma ci inserisce più profondamente in esso. Questo è molto importante! Dobbiamo entrare nel mondo, ma con la forza della preghiera. Ognuno di noi ha un ruolo speciale da svolgere nel preparare la venuta del Regno di Dio nel mondo (Discorso a Manila, 16 gennaio 2015).

La preghiera, il digiuno e l'elemosina ci aiutano a non farci dominare dalle cose che appaiono: non è l'apparenza che conta; il valore della vita non dipende dall'approvazione degli altri o dal successo, ma da ciò che abbiamo dentro (Omelia, 05-III-2014).

La preghiera preserva l'uomo dal protagonismo per cui tutto ruota intorno a lui, dall'indifferenza e dal vittimismo (Discorso, 15-VI-2014).

Con la preghiera permettiamo allo Spirito Santo di illuminarci e di consigliarci su ciò che dobbiamo fare in quel momento (Udienza generale del 7 maggio 2014).

Senza la preghiera la nostra azione diventa vuota e il nostro annuncio non ha anima, perché non è animato dallo Spirito (Udienza generale del 22 maggio 2013).

La preghiera non è un sedativo per alleviare le ansie della vita; o, in ogni caso, tale preghiera non è certamente cristiana. Piuttosto, la preghiera potenzia ciascuno di noi (Udienza generale del 21 ottobre 2020).

La prima motivazione per evangelizzare è l'amore di Gesù che abbiamo ricevuto, quell'esperienza di essere salvati da Lui che ci spinge ad amarlo sempre di più. Ma che amore è quello che non sente il bisogno di parlare dell'amato, di mostrarlo, di farlo conoscere? Se non sentiamo il desiderio intenso di comunicarlo, dobbiamo fermarci in preghiera per chiedere a Lui di catturarci di nuovo. Abbiamo bisogno di gridare ogni giorno, di chiedere la Sua grazia per aprire i nostri cuori freddi e scuotere le nostre vite tiepide e superficiali. Stando davanti a Lui con il cuore aperto, lasciandoci contemplare da Lui, riconosciamo quello sguardo d'amore che Natanaele scoprì il giorno in cui Gesù gli apparve e gli disse: "Quando eri sotto il fico, ti ho visto" (Gv 1,48). Com'è dolce stare davanti a un crocifisso, o inginocchiarsi davanti al Santissimo Sacramento, e stare semplicemente al suo cospetto! Com'è bello lasciare che Lui tocchi di nuovo la nostra esistenza e ci lanci a comunicare la sua vita nuova! (Esortazione apostolica Evangelii gaudium 264).

Come pregare

Semplicità, umiltà, attenzione, comprensione e silenzio: queste sono le cinque qualità che corrispondono alle cinque dita.

Il pollice è il dito più grande, quindi è anche il dito della lode a Dio. Ma è anche il dito più vicino a noi e ci dice di pregare per le persone più vicine, per i nostri cari, per i nostri amici. L'indice è il dito che insegna, che ci mostra la strada e il cammino da seguire. Preghiamo per tutti coloro che ci insegnano o ci insegneranno qualcosa nella vita.

Il dito medio ci ricorda coloro che ci governano. A loro Dio ha affidato il destino delle nazioni, e per loro preghiamo affinché seguano sempre gli insegnamenti di Gesù nel loro dovere. L'anulare è il dito della promessa: chiediamo a Dio di proteggere coloro che amiamo di più, così come i più deboli e bisognosi.

Il mignolo è il dito più piccolo. Ci insegna e ci ricorda di pregare per i bambini. Ci ricorda anche di diventare piccoli come loro e di non diventare orgogliosi.

Pregare in modo semplice, ma allo stesso tempo concreto. E, poiché abbiamo due mani, la preghiera può essere ripetuta anche una seconda volta. Perché sappiamo che "pregare è l'ossigeno della nostra anima" e della nostra vita spirituale (scritto da Jorge Mario Bergoglio, quando era arcivescovo di Buenos Aires).

La vera preghiera è familiarità e fiducia con Dio, non è recitare preghiere come un pappagallo... Essere in preghiera non significa dire parole, parole, parole: no, significa aprire il cuore a Gesù, avvicinarsi a Gesù, lasciarlo entrare nel mio cuore e far sentire la sua presenza lì. E lì possiamo discernere quando è Gesù o quando siamo noi con i nostri pensieri, così spesso lontani da Gesù. Chiediamo questa grazia: vivere un rapporto di amicizia con il Signore, come un amico parla al suo amico (Udienza generale, 28-IX-2022).

Quando preghiamo dobbiamo essere umili: questo è il primo atteggiamento per andare a pregare. Allora le nostre parole saranno veramente delle preghiere e non dei discorsi che Dio rifiuta (Udienza generale del 26 maggio 2021).

All'origine di ogni vocazione c'è sempre una forte esperienza di Dio, un'esperienza che non si dimentica, si ricorda per tutta la vita! Dio ci sorprende sempre! È Dio che chiama; ma è importante avere un rapporto quotidiano con Lui, ascoltarlo nel silenzio davanti al Tabernacolo e nel profondo di noi stessi, parlargli, accostarsi ai Sacramenti. Avere questo rapporto familiare con il Signore è come avere la finestra della nostra vita aperta, perché Lui ci faccia sentire la sua voce, quello che vuole da noi (Ai giovani di Assisi, 5 ottobre 2013).

Questa è la via per accettare Dio, non la bravura, ma l'umiltà: riconoscersi peccatori. Confessare, prima a se stessi e poi al sacerdote nel sacramento della riconciliazione, i propri peccati, le proprie mancanze, le proprie ipocrisie; scendere dal piedistallo e immergersi nell'acqua del pentimento (Angelus, 4-XII-2022).

Dobbiamo toglierci la maschera - tutti ne hanno una - e metterci allo stesso livello degli umili; liberarci dalla presunzione di crederci autosufficienti, andare a confessare i nostri peccati, quelli nascosti, e accettare il perdono di Dio, chiedere perdono a chi abbiamo offeso. Così inizia una nuova vita (Angelus, 4-XII-2022).

La preghiera purifica incessantemente il cuore. La lode e la supplica a Dio impediscono al cuore di indurirsi nel risentimento e nell'egoismo (Udienza generale, 11.III.2015).

È lo Spirito Santo che dà vita all'anima! Lasciatelo entrare. Parlate allo Spirito come parlate al Padre, come parlate al Figlio: parlate allo Spirito Santo, che non paralizza! In lui c'è la forza della Chiesa, è lui che vi porta avanti (Udienza generale del 21 dicembre 2022).

Con un amico parliamo, condividiamo le cose più segrete. Anche con Gesù conversiamo. La preghiera è una sfida e un'avventura, e che avventura! Ci permette di conoscerlo sempre meglio, di entrare nelle sue profondità e di crescere in un'unione sempre più forte. La preghiera ci permette di raccontargli tutto quello che ci succede e di rimanere fiduciosamente tra le sue braccia, e allo stesso tempo ci regala momenti di preziosa intimità e affetto, in cui Gesù riversa la sua stessa vita in noi. Pregando gli "apriamo la strada", gli diamo spazio "perché possa agire, entrare e conquistare" (Esortazione Apostolica Christus vivit 155).

In questo modo è possibile sperimentare una costante unità con Lui, che supera tutto ciò che possiamo sperimentare con altre persone: "Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2,20). Non privare il tuo giovane di questa amicizia. Potrete sentirlo al vostro fianco non solo quando pregate. Riconoscerete che egli cammina con voi in ogni momento. Provate a scoprirlo e vivrete la bella esperienza di sapere che siete sempre accompagnati. È quello che hanno sperimentato i discepoli di Emmaus quando, mentre camminavano e conversavano disorientati, Gesù si è reso presente e "camminava con loro" (Lc 24, 15). Christus vivit 156).

Un giovane al Papa: "Mi può spiegare come prega e perché prega? Il più concretamente possibile...".

Come prego... Spesso prendo la Bibbia, leggo un po', poi la metto giù e lascio che il Signore mi guardi: questa è l'idea più comune della mia preghiera. Lascio che Lui mi guardi. E sento - ma questo non è sentimentalismo - sento profondamente le cose che il Signore mi dice. A volte non parla... niente, vuoto, vuoto, vuoto, vuoto... ma pazientemente resto lì, e così prego... mi siedo, prego seduto, perché mi fa male inginocchiarmi, e a volte mi addormento pregando... È anche un modo di pregare, come un figlio con il Padre, e questo è importante: mi sento come un figlio con il Padre (Intervista di Papa Francesco ai giovani in Belgio, 31-III-2014).

Gesù, maestro di preghiera

Gesù attinge costantemente al potere della preghiera. I Vangeli lo mostrano mentre si ritira in luoghi appartati per pregare. Sono osservazioni sobrie e discrete, che ci lasciano solo immaginare questi dialoghi di preghiera. Esse testimoniano chiaramente che, anche nei momenti di maggiore dedizione ai poveri e ai malati, Gesù non ha mai trascurato il suo dialogo intimo con il Padre. Più era immerso nelle necessità della gente, più sentiva il bisogno di riposare nella Comunione trinitaria, di tornare al Padre e allo Spirito.

Nella vita di Gesù c'è dunque un segreto, nascosto agli occhi dell'uomo, che è al centro di tutto. La preghiera di Gesù è una realtà misteriosa, di cui possiamo solo intuire qualcosa, ma che ci permette di leggere tutta la sua missione nella giusta prospettiva. In quelle ore solitarie - prima dell'alba o di notte - Gesù si immerge nella sua intimità con il Padre, cioè nell'Amore di cui ogni anima ha sete. Questo è ciò che emerge dai primi giorni del suo ministero pubblico.

Un sabato, ad esempio, la cittadina di Cafarnao si trasforma in un "ospedale da campo": dopo il tramonto, tutti i malati vengono portati da Gesù ed egli li guarisce. Ma prima dell'alba, Gesù scompare: si ritira in un luogo solitario e prega. Simone e gli altri lo cercano e, quando lo trovano, gli dicono: "Tutti ti cercano!". E Gesù risponde: "Andiamo altrove, nei villaggi vicini, perché possa predicare anche là; per questo sono uscito" (cfr. Mc 1,35-38). Gesù è sempre oltre, oltre nella preghiera con il Padre e oltre, in altre città, altri orizzonti per andare a predicare, altre città.

La preghiera è il timone che guida la rotta di Gesù. Le tappe della sua missione non sono dettate dal successo, né dal consenso, né da quella seducente frase "tutti ti cercano". La via meno comoda è quella che traccia il cammino di Gesù, ma che obbedisce all'ispirazione del Padre, che Gesù ascolta e accoglie nella sua preghiera solitaria.

Il Catechismo afferma: "Con la sua preghiera, Gesù ci insegna a pregare" (n. 2607). Pertanto, dall'esempio di Gesù possiamo trarre alcune caratteristiche della preghiera cristiana.

Innanzitutto ha un primato: è il primo desiderio della giornata, qualcosa che si pratica all'alba, prima che il mondo si svegli. Rinfranca l'anima in quello che altrimenti sarebbe un affanno. Una giornata vissuta senza preghiera rischia di diventare un'esperienza fastidiosa, o noiosa: tutto ciò che ci accade potrebbe diventare per noi un destino insopportabile e cieco. Gesù, invece, educa all'obbedienza alla realtà e quindi all'ascolto. La preghiera è soprattutto ascolto e incontro con Dio. I problemi quotidiani, allora, non diventano ostacoli, ma chiamate di Dio stesso all'ascolto e all'incontro con colui che ci sta di fronte. Le prove della vita diventano così occasioni di crescita nella fede e nella carità. Il cammino quotidiano, comprese le fatiche, assume la prospettiva di una "vocazione". La preghiera ha il potere di trasformare in bene ciò che nella vita sarebbe altrimenti una condanna; la preghiera ha il potere di aprire un grande orizzonte alla mente e di allargare il cuore.

In secondo luogo, la preghiera è un'arte da praticare con insistenza. Gesù stesso ci dice: chiamate, chiamate, chiamate. Siamo tutti capaci di preghiere episodiche, nate dall'emozione di un momento; ma Gesù ci educa a un altro tipo di preghiera: quella che conosce una disciplina, un esercizio e viene assunta all'interno di una regola di vita. Una preghiera perseverante produce una trasformazione progressiva, ci rende forti nei momenti di tribolazione, ci dà la grazia di essere sostenuti da Colui che ci ama e ci protegge sempre.

Un'altra caratteristica della preghiera di Gesù è la solitudine. Chi prega non fugge dal mondo, ma preferisce luoghi deserti. Lì, nel silenzio, possono emergere molte voci che nascondiamo nell'intimità: i desideri più repressi, le verità che ci ostiniamo a soffocare, e così via. E soprattutto, nel silenzio Dio parla. Ognuno ha bisogno di uno spazio per sé, dove coltivare la propria vita interiore, dove le azioni trovano un senso. Senza vita interiore diventiamo superficiali, inquieti, ansiosi - quanto ci fa male l'ansia - per questo dobbiamo andare a pregare; senza vita interiore fuggiamo dalla realtà, e fuggiamo anche da noi stessi, siamo uomini e donne sempre in fuga.

Infine, la preghiera di Gesù è il luogo in cui percepiamo che tutto viene da Dio e che Lui ritorna. A volte noi esseri umani pensiamo di essere i padroni di tutto, o al contrario perdiamo ogni autostima, passiamo da una parte all'altra. La preghiera ci aiuta a trovare la giusta dimensione nel nostro rapporto con Dio, nostro Padre, e con l'intera creazione. E la preghiera di Gesù è infine abbandonarsi nelle mani del Padre, come Gesù nell'Orto degli Ulivi, in quell'angoscia: "Padre, se è possibile..., ma sia fatta la tua volontà". Abbandono nelle mani del Padre. È bello quando siamo ansiosi, un po' preoccupati e lo Spirito Santo ci trasforma dall'interno e ci porta a questo abbandono nelle mani del Padre: "Padre, sia fatta la tua volontà" (Udienza generale, 4-XI-2020).

Ma cosa succede se Dio non risponde alle nostre suppliche?

C'è una risposta radicale alla preghiera, che deriva da una constatazione che tutti facciamo: preghiamo, chiediamo, eppure a volte sembra che le nostre preghiere non vengano ascoltate: ciò che abbiamo chiesto - per noi stessi o per gli altri - non accade. Abbiamo questa esperienza molte volte. Se, inoltre, il motivo per cui abbiamo pregato era nobile (come l'intercessione per la salute di un malato, o per la cessazione di una guerra), il mancato esaudimento ci sembra scandaloso. Ad esempio, per le guerre: noi preghiamo per la fine delle guerre, queste guerre in tante parti del mondo, pensiamo allo Yemen, pensiamo alla Siria, Paesi che sono in guerra da anni, anni! Ma come è possibile? Alcuni smettono di pregare perché pensano che la loro preghiera non sia ascoltata" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2734) Ma se Dio è Padre, perché non ci ascolta? Lui che ci ha assicurato che dà cose buone ai figli che gliele chiedono (cfr. Mt 7,10), perché non risponde alle nostre suppliche? Tutti ne abbiamo esperienza: abbiamo pregato, pregato per la malattia di questo amico, di questo padre, di questa madre, e poi se ne sono andati, Dio non ci ha ascoltato. È un'esperienza di tutti noi.

Il Catechismo ci offre una buona sintesi della questione. Ci mette in guardia dal rischio di non vivere un'autentica esperienza di fede, ma di trasformare il rapporto con Dio in qualcosa di magico. La preghiera non è una bacchetta magica: è un dialogo con il Signore. Infatti, quando preghiamo possiamo correre il rischio di non essere noi a servire Dio, ma di fingere che sia Dio a servire noi (cfr. n. 2735). Ecco, dunque, una preghiera sempre esigente, che vuole dirigere gli eventi secondo il nostro disegno, che non ammette altri progetti se non i nostri desideri. Gesù, però, ha avuto una grande saggezza nel mettere sulle nostre labbra il "Padre nostro". È una preghiera di sole suppliche, come sappiamo, ma le prime che pronunciamo sono tutte dalla parte di Dio. Chiedono il compimento non del nostro progetto, ma della Sua volontà in relazione al mondo. Meglio lasciar fare a Lui: "Sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà" (Mt 6, 9-10) (Udienza generale, 26 maggio 2021).

L'esempio e l'aiuto della Madonna

Maria non dirige la sua vita in modo autonomo: aspetta che Dio prenda le redini del suo cammino e la guidi dove vuole. È docile, e con la sua disponibilità predispone i grandi eventi che coinvolgono Dio nel mondo... Non c'è modo migliore di pregare che porsi come Maria in un atteggiamento di apertura, di cuore aperto a Dio: "Signore, quello che vuoi, quando vuoi e come vuoi". In altre parole, un cuore aperto alla volontà di Dio...

Maria accompagna nella preghiera tutta la vita di Gesù, fino alla morte e alla risurrezione; e alla fine continua e accompagna i primi passi della Chiesa nascente (cfr. At 1, 14). Maria prega con i discepoli che hanno vissuto lo scandalo della croce. Prega con Pietro, che ha ceduto alla paura e piange pentito. Maria è lì, con i discepoli, in mezzo agli uomini e alle donne che suo Figlio ha chiamato a formare la sua Comunità....

Pregando con la Chiesa nascente, diventa la Madre della Chiesa, accompagnando i discepoli nei primi passi della Chiesa in preghiera, in attesa dello Spirito Santo. In silenzio, sempre in silenzio. La preghiera di Maria è silenziosa. Il Vangelo ci parla di una sola preghiera di Maria: a Cana, quando chiede al Figlio, per quei poveri, che faranno brutta figura alla festa.

Maria è presente perché è madre, ma è presente anche perché è la prima discepola, quella che ha imparato le cose migliori da Gesù. Maria non dice mai: "Vieni, risolvo io le cose". C'è chi ha paragonato il cuore di Maria a una perla di incomparabile splendore, formata e addolcita dalla paziente accettazione della volontà di Dio attraverso i misteri di Gesù meditati nella preghiera. Che bello se anche noi possiamo essere un po' come nostra Madre! Con un cuore aperto alla Parola di Dio, con un cuore silenzioso, con un cuore obbediente, con un cuore che sa accogliere la Parola di Dio e la lascia crescere con un seme del bene della Chiesa (Udienza generale del 18-XI-2020).

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A Bravo! da Manolo

Sono pochi i riferimenti che accomunano, quasi all'unanimità, coloro che fanno una professione come quella della comunicazione in questi tempi. Ancora meno, all'interno della Chiesa. Manuel Garrido è una di queste eccezioni.

30 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Ricevere un premio è sempre un'arma a doppio taglio. Oltre all'orgoglio di chi lo riceve, spesso ci sono critiche pungenti e persino diffidenza nei confronti di chi è stato escluso dalla lista. Ma ci sono delle eccezioni.

Una di queste è stata la recente cerimonia di premiazione dei Bravo!, i premi con cui la Commissione Episcopale per le Comunicazioni Sociali della Conferenza Episcopale Spagnola riconosce, ormai da 54 anni, il lavoro di professionisti e aziende in diversi campi della comunicazione. Quest'anno, il Premio Bravo per la comunicazione istituzionale è stato assegnato a Manuel Garrido, "per la sua intensa carriera dedicata alla comunicazione istituzionale presso l'Ufficio informazioni del Parlamento europeo e del Consiglio dei ministri". Opus Dei e, in precedenza, in Torreciudad."

Per decenni, Manolo è stato "Opus" per i giornalisti, l'immagine che si formava nella testa di decine di professionisti della comunicazione quando si nominava questa prelatura personale. Al di là degli stereotipi, delle figlie e delle fobie, dei pregiudizi e dei luoghi comuni, c'era Manolo.

Manolo ha saputo muoversi nelle acque agitate di una Chiesa che non è affatto comoda per i comunicatori, ma soprattutto ha saputo farsi compagno dei professionisti della comunicazione con cui ha avuto a che fare, che ha servito, anche quando il suo lavoro "non è servito a nulla".

Manolo ha ricevuto un Premio Bravo! pochi mesi dopo che l'incornata del toro affetto da SLA lo aveva colpito in pieno volto. Aveva appena abbandonato la corrida professionale per godersi la meritata pensione e, nel giro di pochi giorni, aveva sostituito la moto con le stampelle. Da Torreciudad scrisse ai colleghi e agli amici per comunicare la notizia e chiedere preghiere. Sorridendo. Con lo stesso sorriso con cui ha ricevuto il premio, in una sala gremita dove i giornalisti di tutte le istituzioni della Chiesa hanno applaudito un collega, un riferimento, un amico.

Sono pochi i riferimenti che uniscono, quasi all'unanimità, coloro che fanno una professione come quella della comunicazione in questi tempi, e ancora meno all'interno della Chiesa. Ancora meno sono le amicizie sincere che questo lavoro porta con sé. Ma vedere Manolo con le sue stampelle che raccoglie il Bravo! Molti, nella sala, indicarono l'uomo e dissero a chi gli stava accanto "Quello laggiù è il mio amico". E sicuramente, per Manolo, è un premio migliore.

L'autoreMaria José Atienza

Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.

Esperienze

Gustavo Ron, "innamorato del lavoro dei volontari di Nadiesolo".

Dopo una vita di imprenditoria professionale nel settore dell'ospitalità, Gustavo Ron si è imbarcato nel 2010 in Nadiesolo, i cui duemila volontari accompagnano quarantamila persone, con nomi e cognomi, che soffrono di solitudine indesiderata a causa di malattie, dipendenze, disabilità o a rischio di esclusione. "C'è una crescente domanda sociale di accompagnamento", dice.

Francisco Otamendi-30 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

"Sì, sono il padre di Gustavo Ron", dice questo imprenditore alberghiero che si è dedicato alla gestione di volontari per accompagnare persone vulnerabili e spesso sole, con un buon senso dell'umorismo. Perché suo figlio Gustavo è un noto sceneggiatore e regista spagnolo. Anche Gustavo Ron senior (Saragozza, 1945) non è una figura sconosciuta. Presiede il consiglio di amministrazione di Nadiesolo Voluntariado, la quarta azienda del settore a Madrid dopo Cáritas, la Croce Rossa e Manos Unidas, e prima ancora è stato, ad esempio, amministratore delegato di Hoteles Husa e ha fondato Café y Té.

Questo Gustavo Ron, il padre, l'abbiamo incontrato di recente: "Sto facendo una "tournée" volontaria, per questo sono da Nadiesoloche è una ONG di volontariato, con due obiettivi. Far conoscere le iniziative esistenti e reclutare volontari, non subito, ma a medio termine, perché ne abbiamo bisogno". "Abbiamo 2.000 volontari", aggiunge Ron, "ma prima della pandemia ne avevamo 2.300 e siamo passati a 1.500. Ora stiamo salendo. Ora stiamo salendo. C'è sempre più richiesta sociale di accompagnamento, questa è la realtà.

Gustavo Ron descrive così gli inizi della fondazione: "Si tratta di una fondazione laica, che non appartiene ad alcun credo, ma va detto che è stata avviata nel 1995 da un gruppo di soprannumerari dell'Opus Dei, che continuano a promuoverla. Il nostro consiglio di amministrazione è composto in maggioranza da soprannumerari, senza che questo fatto venga perseguitato, perché ci sono amministratori che non appartengono all'Opera, e sono persone preoccupate di cosa significhi accompagnare le persone sole".

"Grazie a Dio, sono nato in una famiglia cattolica", spiega questo aragonese. "Mio padre apparteneva ai Luise, era di Malaga, e mia madre, nata a Saragozza, era fondamentalmente una pilarista, come si addice a una buona maña. Abbiamo frequentato il Collegio Cardinale Xavierre dei Domenicani di Saragozza, per i quali nutro ancora un enorme rispetto e apprezzamento. Mio padre morì quando avevo 15 anni. Questo è servito a indirizzare il mio futuro professionale, e sono finito alla Scuola Alberghiera, che mi ha inserito nel mondo dei servizi, che ha molto a che fare con la mia attuale dedizione a Nadiesolo. In altre parole, siamo qui per servire, e se serviamo e ci innamoriamo di questo, ci divertiamo a lavorare". 

Gustavo Ron spiega di aver conosciuto Nadiesolo (Sviluppo e Assistenza) grazie al suo presidente di allora, Rafael Izquierdo, un ingegnere civile. "Era una persona assolutamente affettuosa. Ci siamo incontrati a Fátima e un giorno mi ha detto: 'vieni con me'. Più tardi, quando Rafael era già morto, le donne, che erano la maggioranza nel consiglio di amministrazione, mi dissero che dovevo diventare presidente". Ron rivela che "ho accompagnato i volontari a visitare gli utenti, in escursioni, in luoghi di svago, ecc. e mi sono assolutamente innamorato di questo compito. Difendo il lavoro dei volontari di Nadiesolo, perché sono persone enormemente disponibili e allo stesso tempo enormemente riconoscenti. E quello che succede nel tempo, e non molto, è che il volontario diventa un amico dell'utente, e viceversa, un amico disponibile". 

L'anno scorso, i volontari dell'organizzazione hanno dedicato 83.000 ore di accompagnamento attraverso i suoi programmi (vedi nadiesolo.org). "C'è un programma che è forse il più bello e il più facile da capire, che consiste nel portare i bambini disabili a fare una passeggiata. Questi ragazzi, di età inferiore ai 13 anni, perché i più grandi hanno un programma diverso, vengono portati a fare una passeggiata un sabato al mese da una coppia di coniugi con i loro figli. Si tratta di un "volontariato familiare", che è vantaggioso per tutti e anche educativo".

Abbiamo parlato del cosiddetto "Sostegno ai senzatetto": "Le persone che vivono per strada hanno dipendenze, quasi tutte, e sono persone con cui è difficile convivere. Il Comune di Madrid ha tre residenze, rifugi. Conosco i due rifugi che serviamo e ci andiamo per passare del tempo con queste persone: giochiamo a carte, chiacchieriamo con chi vuole, e con alcuni di loro diventiamo amici. Ricordo un'escursione ad Avila con un gruppo di 50 persone: ho vissuto quello che significava il viaggio, l'albergo, la visita alla cattedrale, le mura ...., siamo stati anche a Segovia, Toledo, ecc.

"È importante per queste persone perché si sentono amate, perché diamo loro affetto, perché ho stretto la mano a 50 persone a cui di solito non la stringo, e in quel momento mi sono pentito di non averlo fatto spesso. Si divertono molto e, almeno provvisoriamente, si sentono inclusi nella società", dice Gustavo Ron.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Zoom

Il dramma del confine

Minori non accompagnati provenienti dall'Honduras siedono sulla riva del fiume a Roma, in Texas, dopo aver attraversato il Rio Grande. Ogni anno migliaia di questi minori attraversano gli Stati Uniti ai vari punti di frontiera.

Maria José Atienza-29 gennaio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

Il kit Giubileo 2025

   

Rapporti di Roma-29 gennaio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Dicastero per l'Evangelizzazione e un'azienda italiana hanno dato vita ad una kit per aiutare le persone a prepararsi al pellegrinaggio nella Città Eterna.

Lo zaino comprende badge da scambiare con altri pellegrini, borraccia, braccialetto, rosario, fazzoletto e cappello.


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
Educazione

Vicente del Bosque: "Il calcio è un grande strumento di educazione".

L'allenatore della nazionale di calcio spagnola, campione del mondo in Sudafrica nel 2010 e a Euro 2012, Vicente del Bosque, ha sottolineato a Omnes il potere educativo dello sport e del calcio. Un milione di famiglie in Spagna vive il calcio ogni settimana, e altri milioni in molti Paesi.

Francisco Otamendi-29 gennaio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Vicente del Bosque (Salamanca, 1950), ex calciatore e vincitore di cinque campionati spagnoli e quattro Coppe di Spagna con il Real Madrid, nonché ex allenatore e preparatore della nazionale di calcio spagnola, che ha guidato ai Mondiali del 2010 in Sudafrica e agli Europei del 2012, è una leggenda nel mondo del calcio. sport Spagnolo.

La scorsa settimana, in occasione dei Premi CEU Angel Herrera, Del Bosque ha consegnato il premio nella categoria "Etica e Valori" a Pau Gasol, un'altra leggenda dello sport spagnolo, uno straordinario giocatore di basket che ha giocato 18 stagioni nella NBA, dove è stato due volte campione, e altre 3 con il Barcellona. L'altra persona che ha ricevuto questo premio è stato il produttore e attore messicano Eduardo Verástegui.

Del Bosque è stato premiato dalla FIFA come il miglior allenatore del mondo a 2012e da sportivo a sportivo, ha consegnato il premio ad Agustí Gasol, padre di Pau Gasol, che ha partecipato all'evento CEU in streaming. 

Le uniche otto squadre campioni del mondo di calcio sono Brasile (5), Germania (4) e Italia (4), Argentina (3), Francia (2) e Uruguay (2), Inghilterra (1) e Spagna (1).

Qualche giorno dopo, lontano dal trambusto, Omnes ha parlato brevemente con questo illustre e riservato nativo di Salamanca. Abbiamo parlato delle origini dello sport, della sua famiglia (hanno un figlio, Álvaro, affetto dalla sindrome di Down) e infine della sua città natale, Salamanca.

Sport e società: come valuta il riferimento di Pau Gasol?

-Lo sport che ho praticato, il calcio, rende un grande servizio alla società, non possiamo dimenticare che un milione di ragazzi e ragazze giocano a calcio ogni fine settimana, più di un milione di federati. Questo significa che lo sport è di grande importanza, soprattutto il calcio, in cui un milione di famiglie, tra cui genitori, nonni, ecc. seguono i loro figli. È necessario che approfittino del calcio per diventare ragazzi migliori, migliori.

Penso che il premio che consegniamo al padre di Pau Gasol sia molto meritato, perché è un esempio di come dovrebbe essere uno sportivo. Inoltre, è una famiglia discreta, con due figli magnifici (si riferisce anche a Marc, giocatore NBA per 13 anni consecutivi), è un premio assolutamente meritato.

Lei ha guidato la nazionale spagnola alla vittoria della Coppa del Mondo 2010 in Sudafrica. Non so se sia stato sottolineato abbastanza lo spirito di squadra che lei ha infuso. Anche se c'erano grandi individualità, Iniesta, Casillas, Xavi e altri, quella vittoria apparteneva a tutti... 

-Senza dubbio. I singoli fanno parte di una squadra, e quello che dobbiamo fare è convincere questi ottimi giocatori che saranno molto più bravi e riconosciuti se saremo una squadra. Questo è fondamentale. A maggior ragione in una nazionale spagnola dove ognuno viene dal padre e dalla madre, una famiglia diversa, ma la verità è che si sono comportati in modo eccellente.

Qualche commento su questa storica Coppa del Mondo?

-Avevamo ereditato un ottimo gruppo di giocatori da Luis Aragonés, dal 2008, e siamo riusciti a mettere insieme una buona combinazione, e poi il Campionato Europeo. È stato un momento molto positivo per il calcio spagnolo. Senza entrare nei dettagli, abbiamo visto buoni esempi sportivi per tutti.

Lei parla del potere educativo dello sport. Educare le persone ad ammettere la sconfitta, a sapere come si vince e come si perde, il fair play, la sportività... Stiamo perdendo tutto questo o stiamo facendo progressi? 

-Penso che siamo consapevoli che come calciatori non solo avete l'obbligo di fare del vostro meglio, ma di essere un buon riferimento per tutti, per tutti i giovani. È normale vedere cose belle, ma ci sono anche situazioni scomode, o comunque situazioni che non giovano a nessuno. 

Per esempio, quel giocatore che viene sostituito e invece di stringere la mano al giocatore che sta per entrare e fargli gli auguri, se ne va di cattivo umore e dà l'esempio di un cattivo compagno di squadra. Questi sono dettagli... Oppure questa mania di cercare di imbrogliare l'arbitro per ottenere una prestazione migliore. Mettiamo gli arbitri in una situazione come quella in cui ci troviamo ora: con il disagio dell'arbitro e rendendo il suo lavoro ogni giorno più difficile.

Scegliete il tema della famiglia. Siete genitori di tre figli. Alcuni dei valori che voi e vostra moglie avete cercato di inculcare ai vostri figli

-Abbiamo trattato tutti e tre allo stesso modo. Sia Álvaro, che è il figlio di mezzo, sia il più grande, sia il più piccolo, abbiamo cercato di dare loro il miglior esempio. Siamo soddisfatti della scuola che hanno frequentato. Non dico che siano sempre stati bravi studenti, ma credo che siano bravi ragazzi, che è la cosa più importante.

Álvaro, il figlio di mezzo, è nato con la sindrome di Down. Quanti anni ha adesso? Ci sono genitori e fratelli di ragazze e ragazzi con questa sindrome che affermano di aver imparato molto da loro.

-Alvaro ha 33 anni adesso, ne compirà 34 l'anno prossimo, e la verità è che è un tesoro in tutti i sensi (lo ripete due volte). Non sapremmo come vivere senza di lui. Probabilmente è stata la cosa migliore che ci sia capitata nella vita. È un ragazzo ordinato, pulito, prudente. Ha tutte le virtù che un ragazzo può avere.

Congratulazioni. 

-Grazie.

Qualsiasi messaggio vogliate trasmettere. Il milione di membri è rilevante, sono molte persone, molte famiglie.

-L'importanza del calcio nella società spagnola. Non ci commuovono solo i professionisti che vediamo, ma anche i bambini, la maggior parte dei quali non diventeranno mai calciatori. Lo sport, il calcio, è un grande strumento per la loro educazione. Non c'è dubbio.

Un commento fuori programma: Contenti di Unionistas de Salamanca?

-Sì, la verità è che sono un po' in contraddizione, perché per tutta la vita siamo stati..., mio padre era uno dei membri più anziani della Unión Deportiva Salamanca, del club originale (Salamanca CF UDS). Ma c'è gente che ha fatto un buon lavoro e vorrei riunire le due squadre in una sola. Le cose vanno come vanno, e forse è stato un bene per il calcio di Salamanca.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

"Nessun dialogo con il diavolo" ricorda il Papa all'Angelus

Il Papa ha incoraggiato i fedeli a non entrare mai in dialogo con il diavolo "perché poi vince sempre lui" e ha ribadito il suo appello alla pace di fronte ai numerosi conflitti di oggi.

Maria José Atienza-28 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il bel tempo ha caratterizzato la preghiera dell'Angelus presieduta da Papa Francesco in Piazza San Pietro. Questa domenica, 24 gennaio, la Chiesa celebra anche la festa di San Tommaso d'Aquino, Dottore della Chiesa e patrono delle scuole cattoliche.

La preghiera dell'Angelus di oggi in Vaticano è stata caratterizzata dalla presenza di un folto gruppo di giovani e bambini che hanno partecipato alla Carovana della Pace organizzata dall'Azione Cattolica di Roma.

Nelle sue parole prima della preghiera mariana, il Papa, riferendosi al Vangelo di questa domenica, ha sottolineato che "ciò che il diavolo vuole è mettere le nostre anime in catene. Il diavolo ci toglie sempre la libertà". Francesco ci ha incoraggiato a "nominare" alcune delle tante catene con cui il diavolo ci lega nella nostra vita: le dipendenze, le mode dominanti, il consumismo e l'edonismo, così come altre tentazioni come "i condizionamenti che minano l'autostima, la serenità e la capacità di scegliere e amare la vita; la paura o l'intolleranza".

Il Papa ha ripetutamente sottolineato che non dobbiamo mai dialogare o negoziare con il diavolo. Il pontefice ha sottolineato l'esempio di Cristo stesso che non dialoga mai con il diavolo. Quando viene tentato nel deserto, Cristo risponde con le parole della Bibbia; mai un dialogo".

"Non si può dialogare con il diavolo perché se si entra in dialogo con lui, vince sempre. Siate attenti", ha ripetuto con fermezza il Papa, incoraggiando i fedeli a invocare Gesù di fronte alle tentazioni e ad avere un atteggiamento sincero per chiedersi se vogliono davvero "essere liberati da quelle catene che imprigionano il mio cuore".

Petizione per la pace e il rispetto

Dopo aver recitato l'Angelus, Francesco ha rivolto la sua attenzione al lungo conflitto in Myanmar. Ancora una volta, Francesco ha ribadito il suo invito "a tutte le parti coinvolte, a compiere passi di dialogo e a rivestirsi di comprensione, affinché la terra del Myanmar possa raggiungere la meta della riconciliazione fraterna".

Il Papa ha anche chiesto che "sia consentito il passaggio degli aiuti umanitari per garantire i bisogni di ogni persona". Non solo in Myanmar, ma anche in "Medio Oriente, Palestina e Israele, e ovunque ci siano combattimenti". Francesco ha nuovamente invocato il rispetto per le persone, ricordando le tante vittime di conflitti come quelli in Ucraina.

Oltre a chiedere con forza la pace per tutte queste aree, ha aggiunto un appello per "la liberazione di tutti coloro che rimangono rapiti e la fine di ogni forma di violenza; affinché tutti offrano il loro contributo allo sviluppo pacifico del Paese, per il quale è necessario un rinnovato sostegno da parte della comunità internazionale".

Il pontefice ha anche ricordato l'attacco di questo fine settimana alla chiesa di Santa Maria Draperis a Istanbul, che ha ucciso una persona e ne ha ferite diverse altre.

Oltre a questo ricorrente appello alla pace, il Papa, in occasione dell'odierna Giornata Mondiale dei Lebbrosi, ha incoraggiato un maggiore impegno nell'aiuto e nel reinserimento sociale di coloro che soffrono, ancora oggi, di questa malattia "che colpisce i più poveri ed emarginati".

Mondo

Un numero di abusi sessuali nella chiesa evangelica tedesca superiore al previsto

Uno studio commissionato dalla Chiesa evangelica in Germania, condotto da un gruppo di ricercatori negli ultimi quattro anni, ha rivelato che i casi di abuso sessuale nelle chiese protestanti sono molto più numerosi di quanto si pensasse.

José M. García Pelegrín-27 gennaio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Sei anni dopo la pubblicazione dello studio sugli abusi commissionato dalla Conferenza episcopale cattolica, giovedì è stato presentato un importante studio sugli abusi sessuali nella Chiesa protestante. L'analisi è stata condotta da un gruppo di ricerca interdisciplinare denominato "ForuM - Ricerca sul trattamento della violenza sessualizzata e di altre forme di abuso nella Chiesa evangelica e nella Diaconia in Germania" e finanziato dalla EKD ("...").Chiesa evangelica tedesca" 3,6 milioni, che l'ha commissionata nel 2020. La EKD è composta da 20 "Landeskirchen" ("Chiese di distretto") e rappresenta 19,2 milioni di cristiani evangelici in tutta la Germania.

Il risultato più sorprendente di questo studio di 871 pagine è che il numero di vittime di abusi sessuali è molto più alto del previsto. Ma prima di passare all'analisi di questo studio, è importante sottolineare due particolarità.

In primo luogo, mentre lo studio sugli abusi sessuali nella Chiesa cattolica ("studio MGH", 2018) si limitava alle persone consacrate, lo studio MGH si limita alle persone consacrate. Studio "ForuM Non riguarda solo i pastori protestanti, ma anche i dipendenti della cosiddetta "Diakonia", l'istituzione protestante paragonabile alla "Caritas" in ambito cattolico.

In secondo luogo, lo "studio MGH" è stato realizzato sulla base dei fascicoli personali delle curie diocesane, per un totale di 38.156 fascicoli. Nel caso dello "studio ForuM", i dati completi erano disponibili solo per una delle 20 Chiese distrettuali della EKD. In totale sono stati esaminati 4.300 fascicoli disciplinari, 780 fascicoli personali e circa 1.320 altri documenti. Secondo la presidente del Consiglio della KED, Kirsten Fehrs, le Chiese protestanti non hanno rifiutato di collaborare, ma hanno fatto "peggio" delle diocesi cattoliche: non c'è stata una "deliberata riluttanza", ma semplicemente una "sfortunata incapacità".

Si tratta quindi di "proiezioni". Lo studio afferma: "un numero totale stimato di 3.497 persone accusate (tra cui 1.402 pastori) e 9.355 persone colpite" dal 1946.

Per questo motivo, sebbene queste cifre siano molto più alte di quanto ipotizzato in precedenza, con una stima di 900 vittime di abusi, sono solo la "punta dell'iceberg" e un "campione molto selettivo", secondo il coordinatore dello studio Martin Wazlawik, professore di lavoro sociale presso l'Università di Scienze Applicate di Hannover.

Lo studio "ForuM" si riferisce al fatto che la Chiesa evangelica aveva considerato l'abuso sessuale ("violenza sessualizzata") come un problema specifico della Chiesa cattolica o, al contrario, come un problema della società nel suo complesso, ma che non li riguardava particolarmente.

Nella prefazione allo Studio si parla anche di una tendenza "storicista": considerare il problema come confinato agli orfanotrofi degli anni '50 e '60, o come un fenomeno passeggero della "liberazione sessuale" dopo il "68".

Tra le cause "sistemiche" o specifiche delle chiese evangeliche, viene indicata la mancanza di un controllo sufficiente: nessun leader religioso concede un'ampia autonomia a ciascun pastore, il che porta a "una diffusione della responsabilità nelle complesse strutture di una chiesa che in molti luoghi attribuisce grande importanza alla costruzione di se stessa dal basso e non prevede una forte supervisione con possibilità di intervento". Inoltre, un certo "laissez-faire" nell'educazione sessuale potrebbe essere una caratteristica dell'abuso specificamente protestante. In particolare, lo studio "ForuM" parla di una maggiore ascesa della "liberazione sessuale" rispetto al cattolicesimo, nonché dell'influenza di pedagogisti come Helmut Kentler, Gerold Becker e Hartmut von Hentig che, con il loro "superamento dei limiti" nei contatti adulto-bambino, hanno favorito un'influenza "omosessuale" sulla pedagogia riformista protestante e sull'etica sessuale. Tuttavia, lo studio ammette che "un'analisi e una riflessione più dettagliata sull'influenza delle varie correnti pedagogiche riformiste e delle possibili correnti paidosessuali è ancora da fare".

In ogni caso, gli studi del MHG e del ForuM concordano sul fatto che le vittime di abusi sessuali sono per circa due terzi maschi: il 64,7% delle vittime nella Chiesa protestante erano maschi. Il 99,6% degli autori di abusi era anch'esso di sesso maschile; la particolarità delle chiese evangeliche è che tre quarti degli autori di abusi sessuali erano sposati quando hanno commesso il primo reato.

Il problema non è il celibato

Da questo risultato segue che celibato non è, come è stato ripetuto negli ultimi anni sulla scia dello studio del MHG, il fattore più importante, né tanto meno il più decisivo. Anche un giornale non proprio noto per la sua simpatia nei confronti della Chiesa cattolica, come il berlinese "Der Tagesspiegel", ha sottolineato nel suo editoriale che la Chiesa protestante non può addurre il celibato come motivo principale degli abusi sessuali, l'argomento più ricorrente, perché non esiste nella Chiesa protestante.

L'iniziativa laica cattolica "New Beginnings", divenuta nota soprattutto per la sua opposizione al Cammino sinodale della Chiesa cattolica in Germania, ha dichiarato in un comunicato che questo nuovo studio ha finalmente messo fine alla "persistente narrazione del Cammino sinodale, secondo cui gli abusi hanno cause sistemiche di carattere specificamente cattolico". Sebbene strutture sistemiche come "squilibri di potere, modelli di ruolo poco chiari, capacità di manipolare potenziali autori di abusi in relazioni asimmetriche" possano incoraggiare gli abusi, esse non sono "né specificamente cattoliche né confessionali". Quando si lavora con bambini e giovani, questi fattori possono promuovere "sistematicamente" l'abuso, ma, secondo l'iniziativa, non ci sono prove di ulteriori "fattori specificamente cattolici di efficacia significativa e importante" né nello studio protestante ForuM né in quello cattolico MHG. L'iniziativa conclude: "Entrambi gli studi dimostrano che le chiese non hanno affrontato e risposto bene al problema degli abusi per molto tempo.

Sul settimanale cattolico "Die Tagespost", Regina Einig ha commentato che, sebbene questo studio "non debba essere motivo di soddisfazione per i cattolici", il fatto che vi siano casi di abuso anche in ambito protestante solleva interrogativi oggettivi per i vescovi tedeschi e permette di trarre conclusioni per il Cammino sinodale, "perché le premesse da cui è partito si stanno rivelando insostenibili". Lo studio del MHG ha indicato tre caratteristiche della Chiesa cattolica come fattori che facilitano gli abusi sessuali: il celibato, la struttura gerarchica della Chiesa e la mancanza di donne nella leadership. Nessuna di queste caratteristiche è presente nelle chiese protestanti, eppure questo non ha impedito gli abusi in questo caso; "anche la canonica protestante con un pastore sposato e una famiglia tradizionale non garantisce uno spazio sicuro".

Per il direttore del "Die Tagespost", la Chiesa cattolica e le chiese protestanti sono d'accordo su una cosa: "Hanno difficoltà a riconoscere le conseguenze negative della rivoluzione sessuale e dell'ideologia del 1968". Le "aberrazioni dell'educazione sessuale, che a partire dagli anni '60 sono state responsabili degli esperimenti dei sessuologi sui minori" che hanno negato la sofferenza delle persone colpite, sono "inconcepibili senza il corso ideologico stabilito dal movimento del 1968". In questo contesto sostiene una riabilitazione postuma di Benedetto XVI: "Le sue critiche al '68 in relazione alla crisi degli abusi non erano esagerate".

Famiglia

Silvana Ramos, costruire il mondo a partire dal matrimonio e dalla famiglia

La peruviana Silvana Ramos, ingegnere di formazione, si dedica alla formazione e all'accompagnamento delle famiglie. La sua esperienza di vita e la sua famiglia sono per lei la fonte di questa necessità di essere coerente con la fede e di avere le risposte alle sfide che, soprattutto i giovani, pongono nell'ambito del matrimonio e della famiglia.

Juan Carlos Vasconez-27 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Silvana ha 46 anni ed è sposata con Francisco da 13 anni. Questa coppia peruviana ha tre figli, che sono la loro più grande avventura. Silvana è ingegnere, ma il matrimonio e la famiglia sono il luogo in cui svolge la maggior parte del suo lavoro. Qualche anno fa, ha frequentato un Master in Matrimonio e Famiglia presso l'Università di Milano. Università di Navarra (Spagna), che, ci dice, le ha dato una nuova prospettiva. È responsabile di Matrimonio e Famiglia in due scuole di Lima, Villa Caritas e San Pedro.

Silvana ricorda la sua infanzia come un periodo pieno di Dio, anche se, per sua stessa ammissione, non è durato a lungo. Sebbene la madre "si sforzasse di essere presente ogni domenica a Messa, che lo volesse o meno", l'adolescenza e la giovinezza di Silvana sono state segnate dalla sua freddezza religiosa. È intorno ai trent'anni che "riscopre la fede e Dio, che in realtà c'è sempre".

La causa scatenante è stata la decisione di un suo fratello che "nel fiore dell'adolescenza, decise di lasciare casa per consacrare la sua vita a Cristo". Silvana ha cercato di capire cosa avesse spinto il fratello a fare quella scelta e "in quel percorso di comprensione di mio fratello e di "ragionamento", sono stata io a vedere la ragione!

Un matrimonio "a rischio"

Una delle passioni di Silvana è il suo matrimonio. Ricorda che, a causa della separazione dei suoi genitori, "non conoscevo coppie sposate che mi dicessero che il matrimonio era una cosa bella. Quando abbiamo deciso di sposarci, non molte persone erano felici. Ci suggerivano di vivere prima insieme, di sposarci con beni separati..., insomma. Era come prepararsi a un disastro invece che a una vita d'amore insieme". Fu allora che Silvana decise con il marito, uomo di fede, di prepararsi "coscienziosamente a capire di più sul sacramento". Hanno iniziato una vita di preghiera, con naturalezza: "Cerchiamo di rendere il tema della fede parte naturale dei nostri discorsi, dei nostri racconti e delle nostre storie. Ora che ho due figli adolescenti, questi discorsi sono diventati molto più interessanti e stimolanti. Non si tratta più solo di raccontare e spiegare, ma soprattutto di rispondere alle loro domande, di ascoltare con doppia attenzione quello che hanno dentro, di dare loro spazio e di essere il più possibile coerenti nella nostra vita di fede.

Questa vita di preghiera familiare si è evoluta nel tempo, ma mantiene pratiche ormai tradizionali: "La preghiera del mattino, che facciamo insieme in macchina; è solo una preghiera eiaculatoria e una breve riflessione sul Vangelo che dura non più di 10 minuti mentre andiamo a scuola. Benediciamo il cibo (a volte anche nei modi più insoliti) e, immancabilmente, preghiamo insieme ogni sera. Ringrazio Dio che sono i miei figli che, ogni volta che li mandiamo a letto, trovano come scusa per qualche minuto di veglia in più la frase: "Non abbiamo ancora pregato! Oltre a questo, anche la carità e la solidarietà fanno parte della vita di fede della sua famiglia.

Nuove sfide

Accompagnate dal ritmo della famiglia, le sfide di questa madre Il numero di consulenti familiari è cresciuto negli anni. Attualmente sta terminando una specializzazione in accompagnamento all'amore e all'affettività.

Inoltre, attraverso i progetti di formazione, "che comprendono temi legati alla genitorialità, alla famiglia, alla coppia, allo sport, alla cultura, alla solidarietà e anche all'ambiente, cerco di avere un impatto positivo sul legame tra genitori e figli".

"Ripeto ai miei figli che la più grande eredità che posso lasciare loro è la mia vita di fede. E anche se sembra semplice, è un'impresa piuttosto impegnativa", dice Silvana a proposito del futuro.

"Non si tratta di condurre una vita perfetta o di essere immacolati, sarebbe impossibile. Credo che una vita di fede implichi il sapersi fragili, vulnerabili, bisognosi degli altri, ma soprattutto di Dio", afferma.

Silvana ha le idee molto chiare su ciò che vuole mostrare ai suoi figli e al mondo: "Che i miei figli sappiano, perché l'hanno visto, che le tenebre si vincono con la luce e che le battaglie non si vincono mai da soli. Se si vuole andare lontano, è meglio farlo in compagnia, e quale migliore compagnia di quella di Dio, che si mostra attraverso coloro che ci amano di più".

Per saperne di più
Stati Uniti

Diocesi di Sant'Agostino: l'origine della fede in America

In questo articolo della serie "Diocesi di frontiera" diamo uno sguardo a Sant'Agostino, culla della fede negli Stati Uniti.

Gonzalo Meza-27 gennaio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

La città di St. Augustine fu fondata nel 1565. È il più antico insediamento europeo e afroamericano degli Stati Uniti. È da questa città che la fede si è diffusa due secoli prima che San Junipero Serra costruisse le missioni della costa occidentale (1769), quattro decenni prima che gli inglesi colonizzassero Jamestown (1607) e 55 anni prima che i primi "Pellegrini" sbarcassero a Plymouth Rock (1620). Il Diocesi di Sant'Agostino (St. Augustine) si trova nella parte nord-orientale dello Stato della Florida. Comprende 17 contee che si estendono dalla sezione nord-orientale della Florida sul Golfo del Messico all'Oceano Atlantico, coprendo più di 11.000 miglia quadrate e comprendendo diverse grandi città, le più grandi delle quali sono Jacksonville, Gainesville e St. Augustine.

Storia della città di Sant'Agostino

La scoperta europea della Florida è attribuita a Juan Ponce de León, il primo governatore, che vi sarebbe arrivato nel 1513 durante il periodo pasquale, battezzando così la penisola "Pascua Florida". Ponce de León rivendicò il territorio per la corona spagnola. Tornerà nel 1521, ma questa volta portando con sé sacerdoti e missionari, molti dei quali moriranno durante la spedizione per mano delle tribù locali. Dalla sua scoperta e nel corso di cinquant'anni, la Spagna inviò almeno sei spedizioni per colonizzare la Florida, ma non ebbero successo. Solo nel 1564 un gruppo di francesi riuscì a stabilirsi in quella che oggi è la città di Jacksonville. Questo nuovo insediamento rappresentava una minaccia per le flotte spagnole che risalivano la costa orientale della Florida.

In risposta, il re Filippo II incaricò Pedro Menéndez de Avilés di eliminare la minaccia francese nella zona e di prendere il controllo della città di Sant'Agostino. La città aveva due scopi principali: servire come avamposto militare o "presidio" per difendere la Florida e come insediamento missionario nel sud-est. Il mantenimento di una colonia militare permanente comportava dei rischi, tra cui gli attacchi dei corsari inglesi e gli scontri tra spagnoli e inglesi, in un'epoca in cui le colonie inglesi a nord della Florida (negli Stati della Georgia e delle Caroline) erano Stati schiavisti che vedevano con sospetto la libertà concessa dalla corona spagnola a coloro che arrivavano nei loro territori.

La prima Messa negli Stati Uniti

L'ammiraglio Pedro Menéndez salpò dalla Spagna nel giugno 1565, portando con sé centinaia di viaggiatori e diversi sacerdoti diocesani. Raggiunsero la penisola, approdandovi l'8 settembre 1565. Il sacerdote Francisco López de Mendoza Grajales presiedette la Santa Messa sul posto e chiamarono il luogo "San Agustín" in onore del santo che veniva festeggiato nel giorno del primo avvistamento.

La prima Messa nel territorio nordamericano ebbe luogo l'8 settembre (oggi vi è eretta una croce monumentale a ricordo dell'evento). Pochi anni dopo fu fondata la "Missione Nombre de Dios" e nel 1620 fu costruita sul posto la cappella chiamata "Nuestra Señora de la Leche y el Buen Parto", il primo santuario mariano degli Stati Uniti. 

Ai suoi inizi, come giurisdizione ecclesiastica, Sant'Agostino dipendeva, insieme a tutto il territorio della Florida, dalla diocesi di Santiago de Cuba (eretta nel 1518). Nel 1573, i francescani giunsero a Sant'Agostino per stabilire missioni non solo in Florida ma anche a nord, in quello che oggi è lo Stato della Georgia. La città di Sant'Agostino fu fin dall'inizio il punto di partenza del lavoro missionario nel nord e nel sud della penisola. In quasi cento anni furono costruite 38 missioni nel territorio.

I missionari lavorarono con le popolazioni indigene, evangelizzando e impartendo i sacramenti, ma non sempre furono ben accolti. Molti morirono per mano delle popolazioni locali, come nel caso dei francescani Pedro de Corpa, Blas Rodríguez, Miguel de Añón, Antonio de Badajoz e Francisco de Beráscola, uccisi dai membri della tribù Guale tra il 14 e il 17 settembre 1597. Il processo di beatificazione di Pedro de Corpa e compagni, noti come martiri della Georgia, è attualmente in corso a Roma.

La città di Sant'Agostino nel XVIII secolo

Le prime chiese che furono costruite nella città di Sant'Agostino non durarono per molte ragioni tra cui: i materiali utilizzati, la mancanza di manutenzione, le condizioni climatiche e soprattutto i continui attacchi di diversi gruppi nel corso di due secoli tra cui i corsari (Francis Drake, bruciò la città nel 1585), i coloni inglesi, per esempio il governatore della Carolina James Moore che distrusse le missioni uccidendo tre francescani nel 1704, o il generale James Oglethorpe che attaccò la città nel 1740. Questi attacchi alla Florida da parte delle colonie inglesi della Georgia e delle Caroline erano dovuti al fatto che nel territorio spagnolo gli schiavi fuggitivi ottenevano la libertà al loro arrivo. Infatti, la prima comunità di ex schiavi fu fondata nel 1738, a due miglia da Sant'Agostino, in un'enclave chiamata "Gracia Real de Santa Teresa de Mose".

Dopo la firma del Trattato di Parigi nel 1763, che pose fine alla "Guerra dei Sette Anni" o "Guerra Francese e Indiana" (come è conosciuta in Nord America) tra Francia e Regno Unito, gli inglesi presero il controllo delle colonie spagnole, causando la partenza di migliaia di cattolici. Francescani e sacerdoti secolari lasciarono la penisola. Nel 1764 erano rimasti solo otto cattolici nella nuova colonia britannica.

Quattro anni dopo, arrivarono lavoratori da Minorca, Italia e Grecia per lavorare in una piantagione di indaco nella città di New Smyrna. Erano accompagnati da Padre Pedro Camps, nativo di Mercadal, Minorca. La loro presenza durò solo 9 anni, poiché non riuscivano a sopportare le condizioni opprimenti della piantagione, così si trasferirono a Sant'Agostino, dove il governatore offrì loro asilo. A Padre Camps fu anche concesso di allestire una cappella di fortuna nella città e di riprendere così il culto dopo 13 anni di assenza. Alla fine della Rivoluzione americana, nel 1783, il Regno Unito restituì la Florida alla Spagna, dando inizio al secondo periodo di governo spagnolo (1784-1821).

Nel 1784 arrivarono a Sant'Agostino due sacerdoti irlandesi, Michael O'Reilly e Thomas Hassett, il quale aprì la prima scuola per schiavi neri. Nel 1793 Papa Pio VI autorizzò la creazione della "Diocesi della Louisiana e delle Floridas", con giurisdizione sull'intera penisola. Questo diede un nuovo impulso alla Chiesa e nello stesso anno iniziò la costruzione di un nuovo tempio nell'area dove era stata eretta la prima chiesa di Sant'Agostino, che sarebbe diventata la cattedrale nel 1870.

Sebbene la Spagna abbia lottato per mantenere le sue colonie nelle Americhe, varie ragioni, tra cui le guerre napoleoniche, le impedirono di farlo. Nel 1819, con il Trattato Adams-Onís, la Spagna cedette le colonie spagnole alla neonata nazione: gli Stati Uniti d'America. Nel 1825 fu creato il Vicariato Apostolico dell'Alabama e delle Floridas (oggi Diocesi di Mobile, Alabama) e il vescovo Michael Portier divenne il primo ordinario.

La Florida divenne il 27° Stato dell'Unione americana nel 1845. Papa Pio IX, nel 1857, nominò Agostino Verot, vescovo di Savannah, Georgia (a nord della Florida), vicario apostolico della Florida. Poco dopo arrivarono le Suore della Misericordia, che aprirono il primo convento cattolico in Florida per ragazze bianche. Fu loro permesso anche di impartire l'istruzione religiosa agli schiavi. Le suore dovettero essere evacuate durante la guerra civile americana (1861-1865). Alla fine della guerra, le "Sorelle di San Giuseppe" arrivarono dalla Francia per educare gli schiavi liberati. 

Inizia la diocesi di Sant'Agostino

Nel 1870 fu creata la diocesi di Sant'Agostino e Agostino Verot divenne il primo vescovo. Gli successe John Moore nel 1877. Nell'anno della sua fondazione, la diocesi aveva solo tre sacerdoti, tre parrocchie, sette missioni, alcune suore e 1.328 cattolici. Fu un periodo di rinascita economica e sociale per la città. Il magnate Henry Flagler, ex socio di John D. Rockefeller nella Standard Oil Company, voleva trasformare la città di St. Augustine in una stazione di villeggiatura invernale, soprattutto per gli abitanti del nord-est degli Stati Uniti. Per questo motivo, ampliò la ferrovia locale, collegandola ad altre città più popolate dell'est. Nel 1887 iniziò a costruire alberghi e infrastrutture per l'industria turistica. Nello stesso anno, un grave incendio distrusse la cattedrale, che fu riaperta un anno dopo grazie al sostegno di Henry Flagler. 

Nel XX secolo, durante la prima guerra mondiale, Michael J. Curley fu nominato quarto vescovo di Sant'Agostino. Il prelato dovette affrontare un periodo di sentimenti anticattolici, segnato da diversi incidenti, tra cui l'arresto di tre suore di St. Joseph accusate di aver violato una legge che vietava l'insegnamento ai bambini neri.

Nel 1922 fu nominato vescovo Patrick J. Barry. Il suo mandato vide gli anni della depressione economica negli Stati Uniti. Nonostante ciò, furono costruite 28 chiese e 10 scuole e il numero di sacerdoti passò da 29 a 72. Nel 1940 Pio XII nominò Joseph P. Hurley nuovo vescovo. Durante la sua amministrazione, soprattutto negli anni '50, vennero acquistati terreni per la costruzione di chiese e scuole. Joseph P. Hurley partecipò ad alcune sessioni del Concilio Vaticano II. 

Durante l'epoca della lotta per i diritti civili, la città di St. Augustine giocò un ruolo importante con l'arrivo del Dr. Martin Luther King, Jr. nel 1964. Il leader intendeva che la città diventasse un luogo di cambiamento nazionale per i diritti civili della comunità afroamericana, che come in altre parti del sud degli Stati Uniti soffriva per la discriminazione razziale e la segregazione ancora scritta nella legge. La presenza del Dr. Martin Luther King acuì le tensioni razziali in città, soprattutto perché nel 1964 si stavano preparando le celebrazioni per il 400° anniversario della fondazione di Sant'Agostino. 

Nel 1979 John J. Snyder fu nominato vescovo della diocesi, che in quell'anno contava 63.000 cattolici. Il suo mandato vide un periodo di espansione con la creazione di 8 parrocchie, sette scuole, case di ritiro e il Marywood Catholic Spirituality and Retreat Centre. Gli sono succeduti i vescovi Víctor Galeone (2001-20119) e Felipe J. Estévez (2011-2022), nato all'Avana, Cuba. Nel maggio 2022 Papa Francesco ha nominato il vescovo Erik T. Pohlmeier come undicesimo vescovo di Sant'Agostino. La sua ordinazione episcopale e l'insediamento hanno avuto luogo il 22 luglio 2022. 

La diocesi di Sant'Agostino oggi

La penisola della Florida ha sette giurisdizioni ecclesiastiche: Pensacola-Tallahassee, Orlando, St. Petersburg, Venice, Palm Beach, Miami e St. Augustine. La diocesi di St. Augustine conta più di 176.000 cattolici su una popolazione totale di 2,4 milioni. Ci sono 140 sacerdoti, 94 diaconi permanenti e 98 religiosi, alcuni dei quali prestano servizio in 54 parrocchie e 14 missioni e cappelle. La giurisdizione ha 24 scuole parrocchiali per l'istruzione di base e 5 scuole per l'istruzione secondaria dove studiano più di 10.000 studenti.

Vaticano

Il Papa chiede alle Chiese orientali di "pregare per la comunione".

Il Papa ha avuto un'udienza questa mattina nel Palazzo Apostolico Vaticano con i membri della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali.

Loreto Rios-26 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Nell'ambito di questo incontro ecumenico, il Papa ha tenuto un discorso su discorso Ha esordito con le parole dell'apostolo Pietro: "A voi grazia e pace in abbondanza" (1 Pietro 1,2), sottolineando poi: "Con queste parole dell'apostolo Pietro vi saluto cordialmente, grato a Sua Grazia Kyrillos per le sue gentili parole e a tutti voi per la vostra presenza e il vostro impegno a camminare insieme sulle vie dell'unità, che sono anche vie della pace".

Come segno di questa unità, il Papa ha citato i santi e i martiri, molti dei quali sono condivisi dalle Chiese cattolica e ortodossa: "Sostenuti dai santi e dai martiri che ci accompagnano uniti dal cielo, preghiamo e lottiamo instancabilmente per la comunione e per contrastare la mancanza di pace che affligge tante parti della terra, comprese le varie regioni da cui provenite.

La Commissione mista internazionale

L'incontro si svolge nel ventesimo anniversario della Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa cattolica e le Chiese ortodosse orientali e il Papa ha espresso la sua gioia per la presenza di una delegazione di giovani sacerdoti e monaci: "La presenza dei giovani alimenta la speranza e la preghiera guida il cammino! Francesco ha anche ricordato i patriarchi delle Chiese orientali, con una menzione speciale per quelli che lo hanno visitato lo scorso anno: Tawadros IIArcivescovo di Alessandria, Baselios Marthoma Mathews III, Catholicos della Chiesa ortodossa siro-malankarese, e Ignazio Aphrem II, Patriarca siro-ortodosso di Antiochia.

Il Papa ha ricordato che la Commissione mista internazionale ha tenuto la sua prima riunione al Cairo nel gennaio 2004 e che, da allora, "si è riunita quasi ogni anno e ha adottato tre importanti documenti di natura ecclesiologica, che riflettono la ricchezza delle tradizioni cristiane che voi rappresentate: copta, siriaca, armena, malankarese, etiope, eritrea e latina".

Inoltre, il Santo Padre ha sottolineato che "quattro delegazioni di giovani sacerdoti e monaci ortodossi orientali sono già venuti a Roma per conoscere meglio la Chiesa cattolica, su invito del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, a cui sono grato, e una delegazione di giovani sacerdoti cattolici si è recata a Etchmiadzin l'anno scorso su invito della Chiesa apostolica armena". Francesco ha sottolineato che "coinvolgere i giovani nell'avvicinamento delle nostre Chiese è un segno dello Spirito, che ringiovanisce la Chiesa nell'armonia, ispirando percorsi di comunione". In questo senso, il Papa ha invitato a "continuare questo 'dialogo della vita'".

La piena comunione è "urgente e necessaria".

Francesco ha sottolineato che i "gesti, radicati nel riconoscimento dell'unico Battesimo, non sono semplici atti di cortesia o di diplomazia, ma hanno un significato ecclesiale".

Francesco ha espresso l'auspicio che "questo anniversario sia un'occasione per lodare Dio per il cammino percorso, ricordando con gratitudine quanti vi hanno contribuito con la loro competenza teologica e la loro preghiera, e che rinnovi anche la convinzione che la piena comunione tra le nostre Chiese non solo è possibile, ma urgente e necessaria 'perché il mondo creda'" (Gv 17,21).

Maria, ponte per le Chiese ortodosse

In conclusione, il Papa ha invitato la Commissione ad affidare il proprio lavoro alla Madonna: "Poiché la fase attuale del vostro dialogo riguarda la Vergine Maria nell'insegnamento e nella vita della Chiesa, vi propongo di affidare il vostro lavoro a Lei, la Santa Madre di Dio e Madre nostra.

Anche questa volta possiamo invocarla insieme alle parole di un'antica preghiera, una meravigliosa preghiera che ci unisce, chiamata in latino 'Sub tuum praesidium'", ha aggiunto il Papa, concludendo il suo discorso con la preghiera "Sotto la tua protezione ci rifugiamo, Santa Madre di Dio".

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Vaticano

Pregare per l'unità, il compito principale del nostro cammino

I secondi vespri della solennità della Conversione di San Paolo hanno segnato la conclusione della 57ª Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

Antonino Piccione-26 gennaio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Non "chi è il mio prossimo", ma "mi faccio prossimo? Riflettendo sulla parabola del Buon Samaritano, Papa Francesco ha pronunciato l'omelia durante i Secondi Vespri della Solennità della Conversione di San Paolo, concludendo la 57ª Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani sul tema "Ama il Signore tuo Dio... e ama il tuo prossimo come te stesso".

La Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani

È un'iniziativa di preghiera ecumenica in cui tutte le confessioni cristiane pregano insieme per il raggiungimento della piena unità che è la volontà di Cristo. Tradizionalmente si svolge dal 18 al 25 gennaio, perché cade tra la festa della Cattedra di San Pietro e la festa della Conversione di San Paolo.

È stato ufficialmente avviato dal reverendo episcopale Paul Wattson a Graymoor, New York, nel 1908 come Ottavario per l'unità della Chiesa, nella speranza che diventasse una pratica comune.

Dal 1968, il tema e i testi della preghiera sono stati elaborati congiuntamente dalla Commissione Fede e Ordine del Consiglio Ecumenico delle Chiese, per i protestanti e gli ortodossi, e dal Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, per i cattolici.

Per il 2024, il tema scelto è tratto dal Vangelo di Luca: "Ama il Signore tuo Dio... e ama il tuo prossimo come te stesso".  

"Ama il Signore tuo Dio... e ama il tuo prossimo come te stesso".

I testi di commento, le preghiere e le indicazioni su come vivere questo momento sono stati preparati da un gruppo ecumenico del Burkina Faso, coordinato dalla locale Comunità Chemin Neuf. Vivere insieme questa esperienza, riferiscono i suoi membri, è stato un vero e proprio cammino di conversione ecumenica che li ha portati a riconoscere che l'amore di Cristo unisce tutti i cristiani ed è più forte delle loro divisioni.

Nella Basilica di San Paolo fuori le Mura erano presenti circa 1.500 persone, con rappresentanti di varie confessioni cristiane, tra cui l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby, il metropolita ortodosso Policarpo e i rappresentanti della Commissione congiunta per il dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre Chiese.

Sulla tomba dell'Apostolo delle Genti, il Papa ha ribadito che "solo questo amore che diventa servizio gratuito, solo questo amore che Gesù ha proclamato e vissuto avvicinerà i cristiani separati. Sì, solo questo amore, che non torna al passato per prendere le distanze o puntare il dito, solo questo amore che in nome di Dio antepone il fratello alla difesa accanita del proprio sistema religioso, ci unirà. Prima il fratello, poi il sistema.

Tra di noi", ha proseguito il Pontefice, "non dobbiamo mai porci la domanda 'chi è il mio prossimo? Perché ogni battezzato appartiene allo stesso Corpo di Cristo; inoltre, perché ogni persona al mondo è mio fratello o sorella, e tutti noi componiamo la "sinfonia dell'umanità", di cui Cristo è il primogenito e il redentore. Quindi, non "chi è il mio prossimo", ma "mi faccio prossimo". Oppure si rimane arroccati nella difesa dei propri interessi, gelosi della propria autonomia, chiusi nel calcolo dei propri vantaggi, entrando in relazione con gli altri solo per ottenere qualcosa da loro? Se è così, non si tratta solo di errori strategici, ma di infedeltà al Vangelo".

Come Paolo, dobbiamo "mettere da parte la centralità delle nostre idee per cercare la voce del Signore e lasciare a Lui l'iniziativa e lo spazio". Abbiamo bisogno di questa conversione di prospettiva e, soprattutto, di cuore. Mentre preghiamo insieme, riconosciamo, a partire da noi stessi, che abbiamo bisogno di convertirci, di lasciare che il Signore cambi il nostro cuore. Questa è la strada: camminare insieme e servire insieme, mettendo al primo posto la preghiera. Infatti, quando i cristiani maturano nel servizio di Dio e del prossimo, crescono anche nella comprensione reciproca. Insieme", ha concluso Francesco, "come fratelli e sorelle in Cristo, preghiamo con Paolo, dicendo: 'Che cosa dobbiamo fare, Signore?

E nel porre la domanda c'è già una risposta, perché la prima risposta è la preghiera. Pregare per l'unità è il primo compito del nostro cammino". Come Paolo, "alzati", dice Gesù a ciascuno di noi e alla nostra ricerca dell'unità. Allora, in nome di Cristo, alziamoci dalla nostra stanchezza e dalle nostre abitudini e andiamo avanti, andiamo avanti, perché Lui lo vuole, e lo vuole perché il mondo creda".

Dopo il Papa, l'arcivescovo Welby ha parlato brevemente, invitando tutti a pregare per l'unità dei cristiani in un momento in cui non c'è libertà nel mondo. Prima della benedizione finale, Francesco e l'arcivescovo di Canterbury hanno dato ad alcune coppie di vescovi cattolici e anglicani, come aveva anticipato il Pontefice nella sua omelia, "il mandato di continuare a testimoniare l'unità voluta da Dio per la sua Chiesa nelle rispettive regioni", procedendo insieme per diffondere la misericordia e la pace di Dio in un mondo bisognoso", affinché "dove esercitate il vostro ministero, possiate testimoniare insieme la speranza che non inganna e l'unità per la quale il nostro Salvatore ha pregato".

Infine, il prefetto del Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani, il cardinale svizzero Kurt Koch, ha ringraziato il Pontefice.

Desiderio di pace

Tra i momenti salienti della Settimana, vale la pena ricordare l'auspicio espresso il 24 gennaio dal Custode di Terra Santa, padre Francis Patton, durante la Veglia per l'unità dei cristiani tenutasi nella chiesa parrocchiale latina di San Salvatore a Gerusalemme: "È importante e significativo sintonizzarsi sul dono dell'unità già fattoci da Cristo attraverso il battesimo e l'effusione dello Spirito in questo tempo difficile in cui ci troviamo, caratterizzato da conflitti, odio e desiderio di vendetta piuttosto che dalla tensione verso l'unità e la riconciliazione".

Il Custode ha ricordato che "l'amore per Dio e per il prossimo ha a che fare con la vita quotidiana e ha a che fare con il nostro modo di entrare in relazione con la persona umana, qualsiasi persona umana: sofferente, picchiata, spogliata della sua dignità".

Per Patton, "il punto d'incontro tra noi non va cercato principalmente sul piano teorico delle idee (che possono unire o dividere), ma sul piano pratico dell'amore per le persone che Dio mette sul nostro cammino, qui e oggi, senza distinzione di sesso, età, etnia o persino religione". Il Custode ha anche invitato a mettersi "nei panni dell'uomo che è stato derubato, picchiato e abbandonato sulla strada". 

Questo personaggio della parabola ci insegna che, come cristiani in Terra Santa, abbiamo già un elemento ecumenico che ci unisce tutti ed è l'elemento della sofferenza comune, quello che in casi estremi viene chiamato ecumenismo del sangue. Quando veniamo attaccati, non siamo attaccati perché siamo cattolici o ortodossi o armeni o siriaci o copti o anglicani o luterani. Ci attaccano semplicemente perché siamo cristiani.

Questo, ha aggiunto, "ci ricorda che anche se non ci percepiamo ancora come uniti, coloro che vogliono picchiarci ci percepiscono già come una cosa sola". Credo che in questo ci sia una richiesta dello Spirito affinché anche noi impariamo a riconoscerci sempre più come parte di un unico corpo che viene percosso e umiliato e che quindi ha la possibilità di manifestare una qualche forma di unità che già esiste nella partecipazione alla passione del Signore, visto che non siamo ancora in grado di partecipare insieme alla sua gloria".

L'autoreAntonino Piccione

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Esperienze

Peter WaltersRead more : "Sono andato in vacanza e sono tornato con una vocazione" : "Sono andato in vacanza e sono tornato con una vocazione".

Peter Walters è un sacerdote britannico che, da oltre 20 anni, dedica la sua vita all'assistenza dei bambini di strada di Medellín (Colombia). La sua fondazione Vivan los niños / Lasciate che i bambini vivano! ha sottratto migliaia di bambini al dramma della strada, delle mafie o della prostituzione.

Maria José Atienza-26 gennaio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

"Tutta questa storia inizia nel 1982. Sono sempre stato affascinato dall'America Latina. A quel tempo c'era una promozione speciale con Avianca per la Colombia e decisi di trascorrere lì le mie vacanze". È così che il sacerdote cattolico Peter Walters inizia il suo racconto di Viva i bambini!, una fondazione che aiuta i bambini di strada in Colombia, e che è nata da un'esperienza quasi cinematografica. 

In quella vacanza dell'82, "andai a Bogotà e Cartagena", ricorda Walters, "tutto andava molto bene finché non scoprii che c'era un problema con il mio biglietto di ritorno: era senza data. Quando ho cercato di organizzare il mio ritorno nel Regno Unito ho scoperto di avere la priorità più bassa possibile, in alta stagione, e quindi ho dovuto rimanere lì più a lungo di quanto avessi preventivato". Questo contrattempo ha portato a un'estrema parsimonia e ha mangiato solo una volta ogni due giorni. 

È stato uno di quei giorni di "digiuno forzato" che ha cambiato la sua vita. "Incontrai alcuni bambini mendicanti. Mi hanno visto come un estraneo e si sono avvicinati per chiedermi l'elemosina. Quando sono riuscito a far capire loro che non ne avevo, hanno pensato che fosse molto strano. Non avevano mai incontrato un turista povero. Poi è successo qualcosa di completamente strano: questi bambini hanno deciso di "adottarmi". Hanno condiviso il loro cibo con me e la loro umanità mi ha davvero toccato. Nei giorni successivi, padre Peter ha continuato a vedere questi bambini, "siamo diventati amici e mi preoccupavo di vedere come vivevano. Io, come anglicano, ho pensato: "Dov'è la Chiesa cattolica sulla strada?

P. Walters con i bambini di strada a Medellin negli anni '90

Una domanda che non era solo una mera formulazione: "Andai a cercare l'arcivescovo locale per dargli una bella "bacchettata". Fortunatamente trovai monsignor Rubén Isaza Restrepo, allora arcivescovo di Cartagena, con cui ebbi diversi incontri. Mi disse: "Figliolo, la Chiesa cattolica è molto impegnata con la popolazione di strada. Ma credo anche che il Signore ti stia chiamando a fare qualcosa". 

La risposta lo colse di sorpresa e, una volta tornato nel Regno Unito, Peter Walters non riuscì a dimenticare quelle parole o quei bambini. "Qualcuno mi disse che ero andato in Colombia per una vacanza e che ero tornato con una vocazione, e così fu", ricorda emozionato.

Una nuova fase 

Da allora, Walters tornò più volte in Colombia per le vacanze. Pur essendo ancora anglicano, collaborò con le istituzioni della Chiesa cattolica in quest'area.

In quegli anni, monsignor Isaza andò in pensione e si ritirò a Manizales: "La mattina lavorava in una fabbrica di batterie per guadagnare un po' di 'platica' e si occupava di questi bambini il pomeriggio e la sera", continua Walters. Mentre si trovava a Manizales, gli fu detto che a Medellín c'erano molti bambini in questa situazione e decise di andare. Erano gli anni duri di Pablo Escobar.

La violenza era una costante in Colombia, soprattutto a Medellín. Come ricorda, "in quegli anni molti dei bambini che conoscevo sono stati uccisi. Li chiamavano 'los desechables' e venivano effettivamente scartati.

Il cuore di Walters era ancora diviso tra l'Inghilterra e la Colombia. Per lui era sempre più difficile tornare alla sicurezza della sua casa senza sapere cosa sarebbe successo ai bambini.

In quegli anni, Peter Walters fu ordinato sacerdote anglicano e "finii per lavorare al santuario mariano di Nostra Signora di Walsingham". Walsingham è un luogo di intensa devozione mariana. La Madonna vi apparve nel 1061 e chiese di costruire una casa, come quella di Nazareth. Oggi vi convergono tre santuari mariani: uno anglicano, uno cattolico e un terzo ortodosso: "È un luogo molto mariano e quasi tutti i miei predecessori anglicani al santuario si sono poi convertiti al cattolicesimo", ricorda Walters. "Ho seguito questo percorso e mi sono reso conto che il Signore mi stava chiedendo di prendere un impegno. Tale impegno consisteva nell'andare in Colombia, chiedere l'ammissione alla Chiesa cattolica e infine l'ordinazione a sacerdote cattolico".

L'arcivescovo di Medellín accettò e, nel 1994, Walters si trasferì definitivamente in Colombia, fu accolto nella Chiesa cattolica e ordinato sacerdote cattolico nel 1995. 

Iniziò quindi un nuovo viaggio nella sua vita professionale e nella sua dedizione ai bambini di strada. Mentre si trovava a Walsingham, Walters aveva avviato una fondazione per i bambini di strada. attraverso il quale ha raccolto fondi per il lavoro della Chiesa cattolica con i bambini di strada in Colombia. Una volta in Colombia, ha ottenuto lo status legale per avviare un'impresa di fondazione colombiana e anche fondata negli Stati Uniti con l'obiettivo di raccogliere fondi in loco. Queste tre fondazioni continuano oggi. Quelle in Inghilterra e negli Stati Uniti si dedicano alla raccolta di fondi, mentre quella in Colombia serve anche i bambini. 

Viva i bambini! 

Ad oggi, Viva i bambini! ha sede in una casa a Medellín che ospita questa sede grazie a San Giuseppe. "Stavamo cercando una sede e non riuscivamo a trovarne una adatta a un prezzo accessibile", racconta Walters. Un amico sacerdote gli ha consigliato di pregare una novena a San Giuseppe. Lo fece e, "il nono giorno, apparve la casa che abbiamo ora, che era adatta per essere affittata". È così che hanno iniziato. 

"Dopo qualche anno, i proprietari volevano vendere la casa, ma noi non avevamo soldi. Abbiamo fatto un'altra novena a San Giuseppe e di nuovo, il nono giorno, una fondazione ha chiamato dall'Inghilterra offrendosi di prestarci il denaro, senza interessi per dieci anni. L'anno successivo, quando pagai la prima rata, mi restituirono la ricevuta dicendo che era un regalo. Abbiamo la casa grazie a San Giuseppe", conclude padre Walters con convinzione. 

La Casa di Walsingham non è una residenza vera e propria, perché i bambini non vi pernottano "tranne una volta all'anno, quando facciamo le 40 ore al Santissimo Sacramento". I ragazzi pernottano e le ragazze pernottano la notte successiva.

La Casa di Walsingham si rivolge a diversi gruppi: "bambini di strada, bambini che lavorano per strada e anche ragazze che rimangono incinte. Ci occupiamo di loro e dei loro bambini, prima e dopo il parto, offrendo a queste ragazze la possibilità di studiare per continuare la loro formazione e avere un futuro più dignitoso". "Nelle scuole, gli insegnanti non sono in grado di fornire l'attenzione personalizzata di cui questi bambini hanno bisogno e cadono nelle mani degli oltre "400 gruppi armati illegali che cercano sempre di reclutare questi minori per introdurli nel traffico di droga, nella delinquenza o nella prostituzione. E poi ci sono i bambini rifugiati, soprattutto dal Venezuela". Tutto questo grazie a un'équipe di psicologi, educatori sociali, insegnanti catechisti che portano avanti questo lavoro. 

Un gruppo di ragazze affidate alla Fondazione al momento del diploma nel 2022.

Oltre a tutto questo, la fondazione ha creato un coro "per dare voce ai nostri bambini". Cantano in inglese, latino e spagnolo. Canti popolari, canti liturgici e persino gregoriani. 

Anche i frutti sono arrivati: "Alcuni dei nostri figli sono già professionisti. Abbiamo un ragazzo che lavorava per strada, la sua famiglia ricicla i rifiuti, e ora è medico; un altro ragazzo è avvocato; una ragazza è psicologa; un'altra ragazza è ingegnere industriale e diverse infermiere... La maggior parte dei nostri bambini non va all'università, ma se riusciamo a fare in modo che un bambino che è stato abusato o abbandonato non sia un adulto che abbandona e abusa dei suoi figli, abbiamo ottenuto qualcosa di importante".

Necessità di donazioni

In questi 30 anni padre Walters ha aiutato migliaia di bambini, anche se, come lui stesso riconosce, "la fondazione è diminuita per mancanza di risorse. Nel 2007 abbiamo assistito 900 bambini, oggi ne abbiamo meno di 200. Dopo il COVID, i donatori non hanno più la stessa capacità di donare che avevano prima". Una situazione che ha influenzato direttamente la capacità di assistenza della fondazione, che non vuole aiuti pubblici che possano influenzare i suoi principi cattolici. 

La fondazione è finanziata da donazioni. "Vivo per chiedere l'elemosina per i miei figli", conclude padre Walters. Bambini che sono migliaia e le cui storie sconosciute fanno parte dell'eredità di questo sacerdote dall'accento britannico e dall'anima colombiana.

Vaticano

"Senza preghiera non si può essere giudici", dice il Papa

Papa Francesco ha presieduto questa mattina nel Palazzo Apostolico Vaticano l'inaugurazione del 95° Anno Giudiziario del Tribunale della Rota Romana.

Loreto Rios-25 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Durante la cerimonia di inaugurazione, il Papa ha pronunciato un discorso in cui discorso davanti ai giudici del Tribunale della Rota, in cui ha riflettuto in particolare sul tema del discernimento.

Discernere per giudicare

"Vi propongo di soffermarmi su quel discernimento specifico che spetta a voi effettuare nei procedimenti matrimoniali, relativo all'esistenza o meno di motivi per dichiarare nullo una coppia di coniugi. Penso al vostro processo collegiale presso la Rota, al processo condotto dai tribunali collegiali locali o, dove questo non è possibile, dal giudice unico assistito eventualmente da due assessori, nonché al pronunciamento emesso dallo stesso vescovo diocesano, soprattutto nei processi più brevi, in consultazione con l'istruttore e l'assessorato", ha precisato Francesco.

Il Santo Padre ha anche sottolineato che alcune misure, come "l'abolizione dell'obbligo della doppia sentenza di conformità nelle cause di nullità, l'introduzione di un processo più breve davanti al vescovo diocesano, come pure lo sforzo di rendere più rapido e accessibile il lavoro dei tribunali", deve essere compresa nel quadro della "misericordia verso i fedeli in situazioni problematiche", e non "essere fraintesa", affinché "non si trascuri mai la necessità di servire i fedeli con una pastorale che li aiuti a comprendere la verità sul loro matrimonio".

In questo senso, il Papa ha citato il proemio del suo motu proprio "Mitis iudex Dominus Iesus", in cui diceva che "si tratta di favorire 'non la nullità dei matrimoni, ma la celerità dei processi, non meno che una giusta semplicità, affinché, a causa del ritardo nella definizione del giudizio, i cuori dei fedeli che attendono il chiarimento del loro stato non siano oppressi a lungo dalle tenebre del dubbio'".

Misericordia e giustizia

A questo proposito, il Papa ha sottolineato che è importante coniugare misericordia e giustizia. "Proprio alla luce della misericordia, verso le persone e le loro coscienze, è importante il discernimento giudiziario sulla nullità", ha sottolineato il Papa, citando San Tommaso d'Aquino: "La misericordia non toglie la giustizia, ma è la pienezza della giustizia".

Tuttavia, Francesco ha ricordato che emettere un giudizio è un compito molto complicato. "Raggiungere la certezza morale sulla nullità, superando la presunzione di validità nel caso concreto, implica compiere un discernimento a cui è ordinato tutto il processo, specialmente l'indagine preliminare. Tale discernimento costituisce una grande responsabilità che la Chiesa vi affida, perché influenza fortemente la vita delle persone e delle famiglie".

"Se qualcuno non prega, che si dimetta".

D'altra parte, il Papa ha sottolineato che non si può giudicare un caso senza "contare sulla luce e sulla forza dello Spirito Santo". Francesco ha poi aggiunto che se qualcuno dei giudici non prega, è preferibile che si dimetta: "Cari giudici, senza preghiera non si può essere giudici. Se qualcuno non prega, per favore, che si dimetta, è meglio così".

Il Santo Padre ha anche sottolineato l'importanza di essere obiettivi nel giudicare e di "essere liberi da qualsiasi pregiudizio, sia a favore che contro la dichiarazione di nullità". "Ciò significa liberarsi sia dal rigorismo di coloro che pretenderebbero una certezza assoluta, sia da un atteggiamento ispirato dalla falsa convinzione che la risposta migliore sia sempre la nullità, quello che San Giovanni Paolo II chiamava il 'rischio di una compassione malintesa [...], solo apparentemente pastorale'", ha aggiunto il Papa.

Prudenza e giustizia

Francesco ha poi indicato due virtù necessarie per il discernimento del giovedì: "la prudenza e la giustizia, che devono essere informate dalla carità". Esiste un'intima connessione tra prudenza e giustizia, poiché l'esercizio della prudentia iuris mira a conoscere ciò che è giusto nel caso concreto. Una prudenza, quindi, che non si riferisce a una decisione discrezionale, ma a un atto dichiarativo sull'esistenza o meno del bene del matrimonio; quindi una prudenza giuridica che, per essere veramente pastorale, deve essere giusta. Il giusto discernimento implica un atto di carità pastorale, anche quando il giudizio è negativo".

In conclusione, il Papa ha sottolineato l'importanza dell'indissolubilità del matrimonio e che, pertanto, "discernere la validità del vincolo è un'operazione complessa, rispetto alla quale non dobbiamo dimenticare che l'interpretazione della legge ecclesiastica deve essere fatta alla luce della verità sul matrimonio indissolubile, che la Chiesa custodisce e diffonde nella sua predicazione e missione". Come ha insegnato Benedetto XVI, "l'interpretazione del diritto canonico deve essere fatta nella Chiesa. Non si tratta di una mera circostanza esterna, ambientale: è un appello all'humus stesso del diritto canonico e delle realtà che esso regola. Sentire cum Ecclesia" ha un significato anche nella disciplina, a causa dei fondamenti dottrinali sempre presenti e operanti nelle norme giuridiche della Chiesa". È questo che chiedo a voi, giudici: di ascoltare con la Chiesa".

Francesco ha concluso chiedendo ai giudici della Rota di pregare per lui, poiché il suo ministero è anche complesso. "A volte è divertente, ma non è facile", ha detto il Papa, dopo aver affidato il lavoro del tribunale alla Vergine Maria.

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Rimanere per evangelizzare

Viviamo in un mondo in costante accelerazione, in perenne movimento. Tutti soffriamo di questa cultura della fretta che ci porta ad andare da un posto all'altro, senza perdere tempo.

25 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

"Esiste un legame segreto tra la lentezza e la memoria, tra la velocità e l'oblio". Questa frase del famoso drammaturgo ceco Milan Kundera, recentemente scomparso a Parigi, mi ha colpito nelle ultime settimane. L'ho letta nel saggio "Remaining" del politico francese François-Xavier Bellamy, in cui analizza il mondo frenetico in cui viviamo e le conseguenze che questo ritmo veloce ha sulle nostre vite.

E mi sono sentito sfidato.

Viviamo in un mondo in costante accelerazione, in perenne movimento. Tutti noi soffriamo di questa cultura della fretta che ci porta ad andare da un posto all'altro, senza perdere tempo. Come racconta Michael Ende in "Momo", "Momo"., Sembriamo intrappolati dagli uomini grigi che ci rubano il tempo che pensiamo di voler salvare. Il cambiamento è una costante nel nostro mondo. Nulla rimane. Solo ciò che cambia sembra valido, anche se la sua unica virtù è semplicemente quella di essere nuovo. Il progresso, l'avanzamento, è diventato un obiettivo in sé, anche se non sappiamo bene dove ci porterà questo percorso. L'importante è andare avanti, ovunque si vada.

Di conseguenza, abbiamo sviluppato una sorta di vergogna nei confronti del nostro passato. Lo abbiamo rivisto e questo ci ha portato a scartare tutto ciò che non è conforme al nostro attuale modo di vedere la realtà. Questo è il revisionismo che è stato imposto dalla cultura woke., che ci sta allontanando dalle nostre radici e dalla nostra storia.

Così siamo caduti nella trappola della velocità vertiginosa che ci porta all'oblio. Una trappola che è diventata cultura e proposta politica. E così abbiamo il fast food, il "cibo veloce"., più efficace di uno stufato bollito, una politica di marketing e slogan piuttosto che di gestione a lungo termine, una vita più divertente e superficiale, meno densa e profonda.

Noi cristiani viviamo in questo mondo e ci sentiamo sfidati da questo tsunami culturale. Le onde ci sballottano e tutto sembra dirci che viviamo esattamente nel passato e che, di conseguenza, non c'è posto per noi nella società del futuro. Quindi l'unico modo per sopravvivere sembra essere quello di unirsi a quest'onda, di surfare al di sopra di essa e di non cercare di essere onde in mezzo alla mareggiata.

Eppure la realtà è che, come diceva Chesterton, "ogni epoca e ogni cultura è salvata da un piccolo manipolo di uomini che hanno il coraggio di essere inattuali". Non è seguendo la moda che daremo luce al mondo, ma ancorandoci a ciò che rimane, rimanendo noi stessi.

Il mondo di oggi ha bisogno di uomini e donne che portino con sé la saggezza, la conoscenza profonda del cuore umano, che sappiano guidare la loro vita. In mezzo alle sabbie del deserto che si spostano continuamente, il viaggiatore trova la sua destinazione guardando le rocce che rimangono come riferimento. Mi è capitato più volte che nelle conversazioni con giovani che hanno conosciuto la fede in giovane età e poi se ne sono allontanati, mi abbiano ringraziato per essere rimasto, anche se stavano inciampando nella vita. Ha dato loro sicurezza, ha dato loro un punto di riferimento.

La nostra Chiesa ha bisogno di uomini e donne che vivono in casa e passano la loro vita ad aspettare il figlio che se n'è andato. Come il padre nella parabola del figliol prodigo, come la madre nella canzone di Cesáreo Gabarain "Una madre non si stanca mai di aspettare", abbiamo bisogno di uomini e donne che vivano in casa e passino la vita ad aspettare il figlio che se n'è andato.. Uomini e donne che restano e sono quindi un'eredità della memoria.

La nostra religione è fatta di memoria grata. Viviamo il nostro essere a partire dalla memoria tramandata di padre in figlio di ciò che Dio ha fatto per noi. "Shema, Israele! Esiste un legame totale tra "memoria e identità", come San Giovanni Paolo II ha intitolato uno dei suoi libri. Coltivare la memoria, calmare l'anima, è essenziale per evangelizzare il nostro mondo.

Oggi più che mai abbiamo bisogno di uomini saggi, capaci di vedere la realtà con gli occhi di Dio e di fornirci le chiavi del nostro cammino in questi tempi confusi. Di uomini che sappiano strappare le apparenze degli eventi e ci rivelino il vero significato di ciò che ci sta accadendo. Uomini plasmati dalla fede che contemplano il mondo con il cuore di Dio.

Abbiamo bisogno di recuperare la sapienza di Dio che rimane, e proprio perché rimane ci permette di andare avanti, perché serve da guida e da riferimento, da punto di riferimento che indica la strada. Abbiamo bisogno di andare avanti senza paura, di condurre la barca della nostra vita verso gli abissi: "Duc in altum!, con lo sguardo fisso su un punto di riferimento che non si muove e che ci aiuta a discernere la direzione da prendere.

La stella polare rimane sempre, fissa nel cielo, a guidare i naviganti.

Che noi cristiani possiamo essere la stella polare nella notte, la roccia nel deserto, la casa stabile per gli uomini e le donne del nostro tempo!

L'autoreJavier Segura

Delegato all'insegnamento nella diocesi di Getafe dall'anno accademico 2010-2011, ha precedentemente svolto questo servizio nell'arcivescovado di Pamplona e Tudela per sette anni (2003-2009). Attualmente combina questo lavoro con la sua dedizione alla pastorale giovanile, dirigendo l'Associazione Pubblica dei Fedeli "Milicia de Santa María" e l'associazione educativa "VEN Y VERÁS". EDUCACIÓN", di cui è presidente.

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Vaticano

Quale futuro per il sistema giudiziario vaticano?

Quello che è stato letto il 15 dicembre 2023 è solo il dispositivo della sentenza di Becciu. La sentenza completa, con tutte le motivazioni, sarà pubblicata solo più tardi, presumibilmente entro il 2024, in un momento qualunque tra giugno e dicembre.

Andrea Gagliarducci-25 gennaio 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Non c’è ancora la parola fine al processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato, il cosiddetto “processo Becciu”. Il dispositivo di sentenza letto lo scorso 15 dicembre ha diverse assoluzioni, molte ridefinizioni dei crimini, qualche condanna, e non può lasciare soddisfatto nessuno. Becciu". Il verdetto letto il 15 dicembre presenta diverse assoluzioni, molte ridefinizioni dei reati, poche condanne, e non può lasciare nessuno soddisfatto.

In effetti, gli unici a non presentare appello sono stati la Segreteria di Stato e l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica, entrambe parti civili (e due facce della stessa medaglia, se si considera che la gestione dei fondi della Segreteria di Stato è stata trasferita all’APSA). Non c’era appello da presentare per monsignor Mauro Carlino, segretario prima del sostituto Angelo Becciu e poi del sostituto Edgar Peña Parra, l’unico che è stato assolto da tutte le accuse. Tutti gli altri attori, sia imputati che parti civili e persino il promotore di Giustizia (il procuratore) vaticano hanno annunciato che faranno appello.

Ci sarà dunque un altro processo, non più con dibattimento ampio, ma piuttosto con una revisione dei documenti, che potrebbe riscrivere reati e sentenze. E intanto ci sono altri due processi in Vaticano, anche quelli su questioni finanziarie: il processo che coinvolge Libero Milone, già revisore generale del Vaticano, che ha denunciato insieme al suo vice Panicco, poi morto di tumore, di averlo ingiustamente rimosso dall’incarico chiedendo un alto risarcimento, e che si è concluso in favore della Segreteria di Stato; e il processo che riguarda la gestione dei fondi del Coro della Cappella Sistina.

Ma cosa dicono questi processi sullo stato di salute dell’ordinamento giuridico vaticano?

Il sistema giuridico vaticano

Vale la pena ricordare che sono processi di tipo penale, intentati nello Stato di Città del Vaticano. Sebbene il diritto canonico sia fonte di diritto anche in caso di contenzioso civile e penale, si tratta di un processo istruito nello Stato, con le sue regole.

Papa Francesco ha cambiato più volte l’ordinamento giuridico vaticano. Negli ultimi due anni, ci sono state due riforme dell’ordinamento giuridico, che hanno di fatto ridefinito la struttura giudiziaria. Il Papa ha unificato l’ufficio del promotore di Giustizia, che resta lo stesso in primo grado e in appello. Ha prima definito, anche sulla base di richieste arrivate da organismi internazionali, che almeno uno dei giudici o dei promotori di giustizia fosse impiegato full time, e poi ha accettato nuovamente che tutti gli incarichi fossero part time.

Quindi, durante la fase delle indagini del processo sulla gestione dei fondi vaticano, il Papa ha riscritto alcune regole con quattro rescritti. Un modo di superare un vuoto normativo, secondo il promotore di Giustizia, Alessandro Diddi. Un modo di manipolare le indagini cambiando le regole, sostiene l’accusa.

Di fatto, però, ci si trova di fronte a un sistema giuridico che ha subito molte riforme, composto completamente da avvocati e procuratori che hanno esercitato o esercitano ancora in Italia, e che dunque né conoscono a fondo le peculiarità della Santa Sede, né guardano al panorama più ampio del diritto internazionale.

Il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato

È questa la cornice in cui si deve inserire il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. Il processo riguarda fatti accaduti tra il 2012 e il 2019, e può essere riassunto in tre diversi filoni.

Il primo riguarda l’investimento, da parte della Segreteria di Stato, nelle quote di un palazzo di lusso a Londra. Dopo aver deciso di non dare seguito alla possibilità di partecipare ad una piattaforma petrolifere in Angola, la Segreteria di Stato diede in gestione al broker Raffaele Mincione un fondo utilizzato per comprare le quote di un palazzo da sviluppare. Poi, diede le stesse quote in gestione al broker Gianluigi Torzi, che – inizialmente all’oscuro della Segreteria di Stato – mantenne per sé le uniche azioni con diritto di voto, e di conseguenza il pieno controllo del palazzo. Infine, rilevò l’intero palazzo, che è stato recentemente rivenduto.

Quindi, parte del processo si concentra sul contributo dato dalla Segreteria di Stato alla Caritas di Ozieri per lo sviluppo di un progetto della cooperativa SPES, presieduta dal fratello del Cardinale Becciu. L’accusa, nei confronti di Becciu, è quella di peculato.

Il terzo filone riguarda la sedicente esperta di geopolitica Cecilia Marogna, ingaggiata dalla Segreteria di Stato, che avrebbe utilizzato denaro a lei erogato per delle presunte operazioni di salvataggio di ostaggi (come quello della suora colombiana Cecilia Narvaez rapita in Mali) per fini personali.

Come è finito il processo?

Come detto, l’unica assoluzione è stata quella di monsignor Mauro Carlino.

Il Cardinale Becciu ha avuto condanne per tre capi di imputazione, due per peculato e uno per truffa. Uno dei reati di peculato lo vede in concorso con il broker Raffaele Mincione per aver destinato 200 milioni di euro (un terzo della capacità di investimento della Segreteria di Stato) in un fondo altamente speculativo appartenente al broker.

René Bruelhart e Tommaso Di Ruzza, rispettivamente presidente e direttore dell’Autorità di Informazione Finanziaria all’epoca dei fatti contestati, ricevono solo una multa di 1750 euro. Enrico Crasso, il broker che per conto di Credit Suisse prima e poi in altre vesti gestiva i fondi della Segreteria di Stato vaticano, è condannato alla pena di sette anni di reclusione e 10 mila euro di multa con interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Raffaele Mincione, cui era stato affidato il fondo che poi fu destinato all’acquisto di quote dell’immobile di Londra, a cinque anni e sei mesi di reclusione, ottomila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Fabrizio Tirabassi, l’officiale della amministrazione della Segreteria di Stato che fu coinvolto dai superiori nelle trattative, è condannato a sette anni e sei mesi di reclusione, diecimila euro di multa e interdizione perpetua dai pubblici uffici.

Nicola Squillace, avvocato, coinvolto da Gianluigi Torzi nella compravendita, ha una pena sospesa di un anno e sei mesi.

Gianluigi Torzi, il broker che rilevò la gestione delle quote dell’immobile da Mincione per conto della Segreteria di Stato, è condannato a sei anni di reclusione, 6 mila euro di multa, interdizione perpetua dai pubblici uffici e sottoposizione alla vigilanza speciale per un anno.

Cecilia Marogna, la sedicente “agente segreta” che ricevette un compenso di 500 mila euro per una operazione di liberazione di una suora rapita in Mali e che secondo l’accusa avrebbe usato per sé, è condannata a 3 anni e 9 mesi di reclusione con interdizione temporanea dai pubblici uffici per lo stesso periodo. La società della Marogna, la Logsic Humanitarne Dejavnosti D.O.O. pagherà una multa di 40 mila euro e ha divieto di contrattare con le autorità pubbliche per due anni.

Inoltre, il Tribunale ha ordinato la confisca per equivalente delle somme costituenti corpo dei reati contestati per oltre 166.000.000 di euro complessivi. Gli imputati sono stati infine condannati, in solido tra loro, al risarcimento dei danni in favore delle parti civili, liquidati complessivamente in oltre 200.000.000,00 di euro.

Tra i danni da conteggiare, anche 80 milioni di danni non patrimoniali per la Segreteria di Stato, mentre la sentenza punta anche a recuperare tutto il denaro destinato da Becciu alla Caritas di Ozieri e quello destinato alla sedicente esperta di intelligence Cecilia Marogna. Le confische saranno esecutive a partire dalla sentenza di secondo grado, ma c’è una norma che prevede la possibilità di confiscare i proventi del reato già con la sentenza di primo grado.

Verso la sentenza

Quello che è stato letto il 15 dicembre, tuttavia, è solo il dispositivo della sentenza. La sentenza completa, con tutte le motivazioni, sarà pubblicata solo più tardi, presumibilmente entro il 2024, in un momento qualunque tra giugno e dicembre.

I tempi per l’appello sono, dunque, molto lunghi, le confische sono per ora bloccate, e intanto le spese del Tribunale continuano a crescere, anche perché il Papa ha deciso recentemente di inquadrare i giudici vaticani nei ranghi dirigenziali della Curia con relativo stipendio.

Ma come ha impattato questa stagione dei processi sulla Santa Sede?

Il primo rischio è quello di una minore credibilità del sistema giudiziario vaticano, sia per il modo in cui sono stati gestiti i capi di accusa, sia per come lo stesso presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone ha deciso di ridefinire diversi reati, con una nuova impostazione che sembrava sconfessare le indagini. La domanda che ci si potrebbe fare, in maniera forse troppo maliziosa e speciosa, è se si sia trattato di un processo politico, e chi sia stato danneggiato da questo processo.

Il secondo rischio riguarda il possibile appello. Se poi all’appello ci sarà una sostanziale marcia indietro sulle accuse, chi e come potrà risarcire di danni subiti dagli imputati? Si tratta di danni reputazionali che hanno impatti enormi sulla vita delle persone, il cui risarcimento sarebbe elevato. Ci sarebbe il paradosso di un processo che punta a recuperare i soldi perduti e che si trova a pagare di più di quanto perduto.

Il terzo rischio riguarda poi la posizione dei giudici e della Gendarmeria vaticana. Se l’appello dovesse ribaltare la prima sentenza, potrebbe essere messa in discussione sia la capacità di giudici e promotori vaticani di istruire un giusto processo, sia la capacità di indagine della Gendarmeria vaticana. Si tratterebbe di un terremoto per tutto il sistema vaticano.

L'autoreAndrea Gagliarducci

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Vangelo

Fare silenzio e ascoltare. Quarta domenica del Tempo Ordinario (B)

Padre Joseph Evans commenta le letture della quarta domenica del Tempo Ordinario (B) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-25 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Diversi temi attraversano le letture della Messa di oggi. Uno è il tema dell'autorità, un altro è il tema dell'ascolto o dell'attenzione a Dio.

Nella prima lettura, Mosè ricorda agli israeliti il momento in cui Dio aveva parlato loro sul monte. Quell'occasione, con il suo fuoco e il suo tuono, doveva mostrare l'autorità di Mosè come profeta e l'autorità della Legge che Dio aveva rivelato attraverso di lui. Ma Mosè annuncia un futuro e più grande profeta sulle cui labbra Dio avrebbe posto le sue stesse parole. Un profeta con un'autorità e un potere ancora maggiori. È questo il Gesù che vediamo nel Vangelo: non solo un messaggero di Dio, ma Dio stesso.

Nei Vangeli, Dio non cerca più di spaventarci. Gli antichi israeliti erano rozzi e primitivi e avevano bisogno di un trattamento rude per infondere loro la fede. La nuova alleanza richiede nuovi metodi. Dio non vuole più spaventarci, anche se vuole terrorizzare i demoni. Piuttosto, terrorizzando i demoni, che cercano di terrorizzarci, cerca di convincerci della sua misericordia. Il Vangelo ci mostra la potenza di Gesù. È un Dio che non solo controlla le forze della natura, ma sottomette anche le forze del male. In una breve frase scaccia il diavolo e per due volte nel testo di oggi si parla dell'autorità di Gesù: l'autorità del suo insegnamento e la sua autorità sugli spiriti immondi.

È questa autorità divina che le letture di oggi ci invitano a prendere sul serio. Non si tratta di un politico con promesse vuote o di un oratore motivazionale con frasi vuote, ma di Dio stesso con autorità divina. Non c'è da stupirsi che Mosè ci dica nella prima lettura: "... Dio stesso ha un'autorità divina".Lo ascolterete".

Questo ci porta alla questione dell'ascolto. Ascoltiamo qualcuno in base alla sua autorità. Non ascolteremo nessuno che non abbia il diritto di parlarci. Gesù Cristo ha un'autorità infinita. Può essere terrificante se vuole, come lo era Dio al Sinai; può far tacere i demoni con una parola. Ma invece di imporre il suo potere, preferisce offrirci il suo amore nella mitezza. Tuttavia, la mitezza del suo approccio non deve farci pensare che la sua legge sia qualcosa che possiamo prendere o lasciare. "A lui darete ascolto". E il salmo insiste: "Che possiate ascoltare oggi la sua voce: "Non indurite i vostri cuori [...]".". La seconda lettura ci invita a prestare tutta la nostra attenzione a "...".gli affari del Signore"e il comando di Cristo al diavolo di "fare silenzio" è anche un monito per noi. Se vogliamo ascoltare Dio e obbedirgli, dobbiamo sforzarci di ascoltarlo, di prestargli tutta la nostra attenzione e di trovare nella nostra vita momenti di silenzio e di preghiera, di "fare silenzio".

Omelia sulle letture di domenica 4a domenica del Tempo Ordinario (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

L'intelligenza artificiale, chiave della libertà nella comunicazione

Papa Francesco concentra il suo messaggio per la Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2024 sull'impatto negativo dell'Intelligenza Artificiale nel campo dell'informazione.

Paloma López Campos-24 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Nella sua messaggio In occasione della Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali, Papa Francesco analizza l'impatto dell'Intelligenza Artificiale sul mondo della comunicazione. Data la velocità con cui progrediscono i progressi scientifici e tecnologici, l'uomo si trova ad affrontare, sotto una nuova luce, le "domande fondamentali": "Che cos'è l'uomo? Che cos'è l'uomo e come si configura il suo futuro con l'Intelligenza Artificiale?

Il Papa avverte che di fronte a queste questioni bisogna evitare "letture catastrofiche" e "i loro effetti paralizzanti". Citando Romano Guardini, consiglia di risolvere i problemi di questa era tecnologica "affrontandoli dal punto di vista umano". Tuttavia, perché ciò avvenga, "deve emergere una nuova umanità di profonda spiritualità, di nuova libertà e di nuova vita interiore".

La saggezza del cuore

Questa nuova umanità "può partire solo dal cuore dell'uomo". Francesco ci incoraggia a coltivare "una sapienza del cuore". Questo ci permetterà di "leggere e interpretare le novità del nostro tempo e di riscoprire il cammino di una comunicazione pienamente umana".

Il Santo Padre definisce il cuore "come la sede della libertà e delle decisioni più importanti della vita". Rifacendosi alla Bibbia, il Papa afferma che il cuore "è simbolo di integrità, di unità". E "allo stesso tempo evoca affetti, desideri, sogni". Ma "è soprattutto il luogo interiore dell'incontro con Dio".

In questo modo, il Pontefice chiarisce che quando parla di "sapienza del cuore" si riferisce a "quella virtù che ci permette di intrecciare il tutto e le parti, le decisioni e le loro conseguenze, le capacità e le fragilità, il passato e il futuro, l'io e il noi".

Francesco afferma che quando questa virtù manca, "l'esistenza diventa insipida". La sapienza del cuore "è un dono dello Spirito Santo, che ci permette di vedere le cose con gli occhi di Dio". Tuttavia, sottolinea il Papa, non è qualcosa che possiamo aspettarci dalle macchine.

Intelligenza artificiale e delirio di onnipotenza

Nonostante le capacità delle macchine e i progressi che esse compiono nella corsa alla scienza, solo l'uomo può "decifrare il significato" dei dati che le macchine immagazzinano. "Non si tratta di pretendere che le macchine appaiano umane, ma piuttosto di risvegliare l'uomo dall'ipnosi in cui è caduto a causa del suo delirio di onnipotenza.

L'uomo contamina il progresso con "la tentazione originaria di diventare come Dio senza Dio". La scienza, in questa forma, cerca di "conquistare con le proprie forze ciò che dovrebbe essere accolto come un dono di Dio e vissuto in relazione con gli altri".

Il Santo Padre avverte che "ogni estensione tecnica dell'uomo può essere uno strumento di servizio amorevole o di dominio ostile". Chiede quindi a tutti di "capire, comprendere e regolare strumenti che nelle mani sbagliate potrebbero aprire scenari negativi". Il Papa incoraggia "ad agire preventivamente, proponendo modelli di regolamentazione etica per arginare le implicazioni dannose e discriminatorie, socialmente ingiuste, dei sistemi di intelligenza artificiale".

L'informazione nell'era dell'intelligenza artificiale

Il Pontefice afferma che ci troviamo di fronte alla sfida di "fare un salto di qualità per essere all'altezza di una società complessa, multietnica, pluralista, multireligiosa e multiculturale". Egli avverte che le "grandi possibilità di bene vanno di pari passo con il rischio che tutto si trasformi in un calcolo astratto, che riduce le persone a meri dati".

Il messaggio del Papa sottolinea che "è inaccettabile che l'uso dell'intelligenza artificiale porti a un pensiero anonimo, a un assemblaggio di dati non certificati, a una negligenza collettiva della responsabilità editoriale". Papa Francesco sottolinea l'idea che "l'informazione non può essere separata dalla relazione esistenziale". Spiega che l'intelligenza artificiale avrà un ruolo positivo nella comunicazione "solo se non annullerà il ruolo del giornalismo sul territorio, ma, al contrario, lo sosterrà". A tal fine, è essenziale responsabilizzare il comunicatore e che il suo utilizzo restituisca "a ciascun essere umano il ruolo di soggetto, con capacità critica, rispetto alla comunicazione stessa".

A causa dell'intelligenza artificiale, dice il Papa, sul mondo della comunicazione "da un lato incombe lo spettro di una nuova schiavitù. Dall'altro, una conquista della libertà". La risoluzione di questa situazione "non è scritta, dipende da noi". Per questo motivo, Francesco conclude il suo messaggio affermando che "spetta all'uomo decidere se diventare il cibo degli algoritmi o se nutrire il suo cuore con la libertà".

Questa riflessione del Santo Padre sull'intelligenza artificiale arriva dopo diversi discorsi in cui si è già espresso sull'argomento. Il Papa ha dedicato più di un'occasione ad approfondire questa nuova era tecnologica. Senza andare oltre, il Giornata mondiale della pace 2024 l'ha dedicato a lei, meno di un mese fa.

Vocazioni

L'arcidiocesi di Toledo celebra un anno per i sacerdoti

Nell'ambito dell'anno dedicato alla vocazione al sacerdozio, l'arcidiocesi di Toledo ha celebrato un giubileo sacerdotale martedì 23 gennaio nella Cattedrale del Primate, con la partecipazione di quasi 300 sacerdoti.

Loreto Rios-24 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

L'Anno Sacerdotale, organizzato dall'Arcidiocesi di Toledo, si celebra nel 50° anniversario della pubblicazione della lettera pastorale "Un seminario nuovo e libero", del Cardinale Marcelo González Martín. Con questa lettera "il Cardinale ha rinnovato il nostro seminario, fedele alle indicazioni del Concilio Vaticano II, in uno spirito di vero amore per la Chiesa. La fedeltà di questa risposta alle esigenze del nostro tempo in materia di formazione sacerdotale ha attirato nel nostro Seminario Metropolitano più di mille sacerdoti che oggi esercitano il loro ministero in molti luoghi diversi della Chiesa universale", afferma don Carlos Loriente, Vicario episcopale per il clero dell'Arcidiocesi di Toledo.

Testimoni della Divina Misericordia

L'Anno sacerdotale è iniziato il 23 settembre 2023 con un incontro di apertura presso la scuola Nuestra Señora de los Infantes, a cui hanno partecipato circa 700 persone.

Il motto di questo anno pastorale è "Testimoni della Divina Misericordia". Secondo il sito web dell'arcidiocesi di Toledo, questo motto "sarà parallelo al motto dei tre anni di preparazione al Sinodo diocesano del 2024, "La gioia di camminare insieme". L'icona biblica che rappresenta il dialogo di Gesù con Pietro a Tiberiade sarà l'immagine ufficiale del corso pastorale". La pittrice Carolina Espejo, originaria di Toledo, è stata incaricata di creare questa immagine ufficiale per l'anno pastorale.

Giubileo sacerdotale

Uno degli appuntamenti chiave di quest'anno per i sacerdoti è stato il giubileo sacerdotale celebrato il 23 gennaio, festa di San Ildefonso, patrono dell'arcidiocesi primate. Questo giubileo è stato celebrato nella cattedrale di Toledo con un'Eucaristia in rito ispano-mozarabico alla presenza di varie autorità civili, dei membri del capitolo della cattedrale, di sette vescovi e di quasi 300 sacerdoti.

La celebrazione è stata presieduta da monsignor Francisco Cerro Chaves, arcivescovo di Toledo e Primate di Spagna, mentre i vescovi concelebranti erano monsignor Francisco César García Magán, Segretario Generale della Conferenza Episcopale Spagnola; monsignor Braulio Rodríguez Plaza, Arcivescovo emerito; Monsignor Ángel Rubio Castro, vescovo emerito di Segovia; Monsignor Salvador Cristau, vescovo di Terrasa; Monsignor Ángel Fernández Collado, vescovo di Albacete e Monsignor Domingo Oropesa, vescovo della diocesi cubana di Cienfuegos.

"L'intero presbiterio è stato invitato a partecipare alla Santa Messa celebrata in Cattedrale, durante la quale è stata impartita la benedizione apostolica con l'indulgenza plenaria, come il vescovo fa due volte l'anno nella sua sede", ha detto il vicario episcopale per il clero.

Inoltre, durante la celebrazione, i presenti hanno avuto l'opportunità di venerare una reliquia di San Ildefonso.

"Accompagnata da otto vescovi che si sono formati in questa casa, la Chiesa di Toledo ha voluto rendere grazie a Dio per tante benedizioni che vanno incontro a tante necessità della gente del nostro tempo, attraverso la personificazione sacramentale di Gesù Cristo che è la vita di ogni sacerdote. Per questo motivo, davanti alla cappella della Discesa della Vergine, abbiamo rinnovato le nostre promesse sacerdotali", ha detto don Carlos Loriente.

Dopo la Messa, i sacerdoti hanno condiviso il pranzo in Seminario. "Durante il dopocena si è avuto modo di ringraziare i rettori dei nostri seminari nel corso degli anni per il lavoro svolto da tutti coloro che si sono impegnati a dare il meglio di sé al servizio della formazione sacerdotale", ha aggiunto don Carlos, "È stato un giorno per ringraziare Dio per tante benedizioni, oltre che per celebrare quel santo pastore che è l'insegna e il vessillo di Toledo in tutto il mondo, il grande Ildefonso, patrono della nostra arcidiocesi. Lui che, con immenso amore per la Madre di Dio, ha lasciato un'impronta mariana per sempre nell'anima di questa chiesa particolare e dei suoi sacerdoti".

Altre date importanti

Nell'ambito dell'Anno sacerdotale dell'arcidiocesi di Toledo, il 26 e 27 gennaio si terrà anche la XII Conferenza pastorale presso il collegio diocesano Nuestra Señora de los Infantes, alla quale parteciperà monsignor Andrés Ferrada, segretario del Dicastero per il Clero.

Successivamente, dal 5 all'8 giugno, si terrà un Congresso Eucaristico Diocesano a Torrijos, dove riposano le spoglie della Serva di Dio Teresa Enriquez, conosciuta come "la pazza del Sacramento".

Al culmine di questo anno sacerdotale, i sacerdoti andranno in pellegrinaggio a Fatima per consacrarsi alla Madonna il 22 agosto.

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Vaticano

L'avidità non colpisce solo i ricchi, dice il papa

All'udienza generale di oggi nell'Aula Paolo VI, Papa Francesco ha tenuto la sua quinta catechesi del ciclo sui vizi e le virtù, questa volta incentrata sull'avarizia.

Loreto Rios-24 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il testo biblico di riferimento per questo catechesi sull'avidità è la prima lettera a Timoteo 6, 8-10: "Poiché abbiamo cibo e vestiti, accontentiamoci di queste cose. Coloro che desiderano arricchirsi cedono alla tentazione, si lasciano irretire e cadono in preda a molti desideri insensati e dannosi, che fanno precipitare gli uomini nella rovina e nella perdizione. L'amore per il denaro, infatti, è la radice di tutti i mali e alcuni, trascinati da esso, si sono allontanati dalla fede e si sono procurati molte sofferenze".

L'avidità colpisce anche i poveri

Il Papa ha definito l'avidità come "una forma di attaccamento al denaro che impedisce agli esseri umani di essere generosi".

Francesco ha sottolineato che questo vizio non colpisce solo i ricchi, ma è una "malattia del cuore, non del portafoglio". Infatti, ha portato come esempio gli insegnamenti dei padri del deserto, i quali indicavano che l'avidità poteva impossessarsi anche dei monaci, nonostante avessero rinunciato a ingenti eredità per iniziare la loro vita monastica. Tuttavia, a volte percepivano tra loro un attaccamento a oggetti di scarso valore e una riluttanza a prestarli o regalarli.

Il Papa ha indicato che si tratta di una sorta di ritorno alla fase infantile, quando i bambini continuano a dire: "È mio, è mio". È "un attaccamento che toglie la libertà". Questo porta a un rapporto malsano con la realtà, che può portare all'accumulo compulsivo.

Avidità e morte

Per guarire da questo vizio, i monaci proposero un "metodo drastico": meditare sulla morte. In questo modo, "si svela il senso di questo vizio", e diventa chiaro che il nostro legame di possesso con le cose è apparente, poiché non siamo "padroni del mondo", ma "stranieri e pellegrini su questa terra".

Ma qual è la radice profonda dell'avidità? Il Papa ha sottolineato che, alla radice, la sua origine sta nel "tentativo di esorcizzare la paura della morte", cerca la sicurezza, ma alla fine questo apparente controllo si sgretola.

Il Papa ha portato come esempio una parabola del Vangelo in cui l'uomo stolto ha un grande raccolto e comincia a pianificare il suo futuro e a pensare di ingrandire i magazzini: "'E allora dirò a me stesso, anima mia, che hai beni accumulati per molti anni; riposati, mangia, bevi, banchetta allegramente'. Ma Dio gli disse: "Stolto, questa notte reclameranno la tua anima, e di chi sarà quello che hai preparato?"" (Lc 12 19-20).

Distacco

Francesco ricorre nuovamente a un aneddoto dei padri del deserto per spiegare l'atteggiamento di distacco necessario per mantenere un rapporto sano con i propri beni. In esso, un ladro ruba a un monaco mentre sta dormendo e, quando il monaco si sveglia, non è turbato dall'accaduto, ma segue il ladro e, invece di pretendere qualcosa da lui, gli dà il poco che gli è rimasto, dicendo: "Hai dimenticato di prendere questo".

Se non viviamo questo atteggiamento di distacco, invece di possedere i nostri beni, sono loro a possedere noi. È per questo che alcune persone ricche non sono libere, sottolinea il Papa, perché, d'altra parte, i beni richiedono di essere custoditi, e un patrimonio duramente guadagnato può "scomparire in un minuto".

Somministrazione corretta

Il Papa ha sottolineato che la ricchezza in sé non è un peccato, ma una responsabilità da amministrare correttamente. "È questo che l'avaro non capisce", ha sottolineato Francesco. La sua ricchezza avrebbe potuto essere un bene per molti, ma invece è diventata una fonte di infelicità.

A questo proposito, Francesco, lasciando da parte il discorso scritto, ha ricordato il caso reale di un uomo ricco la cui madre era malata. I fratelli si occupavano a turno di lei e lui le dava mezzo yogurt al mattino e mezzo yogurt al pomeriggio, per risparmiare e non darle uno yogurt intero. Poi quest'uomo morì e le persone al funerale risero della sua avidità, dicendo che non sarebbero riusciti a chiudere la bara perché era così avido.

Il Santo Padre ha sottolineato che dobbiamo essere distaccati e "lasciare tutto". "Siamo attenti e generosi", ha concluso.

Appello alla pace

I lettori hanno poi letto una sintesi della catechesi in diverse lingue. La sintesi in inglese è stata fatta dal Papa stesso.

Infine, Francesco ha ricordato la Giornata internazionale della memoria delle vittime dell'Olocausto che si celebrerà sabato 27 gennaio, sottolineando che "l'odio e la violenza non possono mai essere giustificati". "La guerra è una negazione dell'umanità", ha detto il Papa, ricordando le vittime delle guerre e facendo particolare riferimento alla Palestina, a Israele e all'Ucraina e ai bombardamenti su aree frequentate da civili. "Imploro tutti di proteggere la vita umana", ha chiesto il Papa, aggiungendo che "la guerra è sempre una sconfitta".

Vaticano

Il Papa ringrazia i giornalisti per il loro lavoro di "compagni di viaggio

I giornalisti accreditati presso la Santa Sede hanno incontrato Papa Francesco lunedì 22 gennaio. Durante l'udienza, il Papa ha citato un libro del direttore di Omnes Giovanni Tridente sul lavoro del giornalista vaticano.

Maria José Atienza-23 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco ha ricevuto in udienza i membri dell'Associazione Internazionale dei Giornalisti accreditati presso la Santa Sede lunedì 22 gennaio nella Sala Clementina.

Durante l'incontro, il Papa ha ringraziato i giornalisti, "i miei compagni di viaggio" come li ha definiti, per il loro lavoro di informazione sull'attività della Santa Sede e ha chiesto loro di perdonarlo per "le volte in cui le notizie che mi riguardano in vario modo vi hanno portato via dalle vostre famiglie, dal giocare con i vostri figli e dal passare del tempo con i vostri mariti o mogli".

Il Papa ha incoraggiato i giornalisti a tornare alle radici di una vocazione, quella del giornalista che "sceglie di toccare personalmente le ferite della società e del mondo. È una vocazione che nasce fin da piccoli e vi porta a capire, a fare luce e a raccontare".

Il Papa cita un libro di un editore dell'Omnes

Papa Francesco ha citato, in questo discorso, parole tratte dalla prefazione scritta dall'emerito vaticanista Luigi Accattoli a un libro di Giovanni Tridente, editore di Omnes a Roma, dal titolo Diventare vaticanisti. L'informazione religiosa ai tempi del web.

La citazione si riferiva espressamente al lavoro di cronista della Santa Sede, che egli definisce "un lavoro rapido fino alla spietatezza, doppiamente scomodo se applicato a un soggetto elevato come la Chiesa, che i media commerciali portano inevitabilmente al loro livello [...] di mercato". In tanti anni di vaticanesimo", ha aggiunto, "ho imparato l'arte di cercare e raccontare storie di vita, che è un modo di amare l'umanità [...]. Ho imparato l'umiltà. Ho incontrato molti uomini di Dio che mi hanno aiutato a credere e a rimanere umano. Quindi non posso che incoraggiare chi vuole avventurarsi in questa specializzazione giornalistica.

Il Papa ha usato questo libro per ricordare che il vaticanista "dovrà resistere alla vocazione nativa della comunicazione di massa di manipolare l'immagine della Chiesa, quanto e più di qualsiasi altra immagine dell'umanità associata. In effetti, i media tendono a distorcere le notizie religiose. Le deformano sia nel registro alto o ideologico che in quello basso o spettacolare. L'effetto complessivo è una doppia deformazione dell'immagine della Chiesa: il primo registro tende a costringerla in una veste politica, il secondo tende a relegarla a notizia leggera".

Senza indorare la pillola ma senza creare rumore

Il Papa non ha nascosto la sua gratitudine per "la delicatezza che avete così spesso nel parlare degli scandali nella Chiesa: a volte e tante volte ho visto in voi una grande delicatezza, un rispetto, un silenzio quasi, dico, 'imbarazzato'" e ha anche sottolineato il lavoro per evitare la superficialità degli stereotipi che molti professionisti dei media riportano sulla Santa Sede.

"La bellezza del vostro lavoro intorno a Pietro è che è fondato sulla solida roccia della responsabilità nella verità", ha riassunto il Papa nel suo discorso.

"Non nascondere la realtà e le sue miserie, non indorare le tensioni ma allo stesso tempo non fare rumore inutile", ha concluso il Papa che li ha incoraggiati, innanzitutto, a comunicare con la loro testimonianza e, come in ogni udienza, ha chiesto la loro preghiera.

Dopo il discorso del Santo Padre, i giornalisti presenti hanno potuto salutare il Papa, che si è fermato in modo particolare con alcuni di loro, conoscenti del pontefice dopo averne seguito per anni i viaggi e gli eventi.

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Cultura

Santa Mariana Cope, una vita donata alle Hawaii

Santa Mariana Cope è una santa che si è trasferita nel territorio delle Hawaii, dove ha dedicato la sua vita a curare i malati di lebbra e a diffondere l'amore di Cristo.

Paloma López Campos-23 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 23 gennaio 1838, nel Granducato d'Assia (oggi Germania), nacque Santa Mariana Cope. Il suo nome di nascita era Barbara, come sua madre. Quando aveva solo un anno, la sua famiglia si trasferì negli Stati Uniti, nello Stato di New York. Per integrarsi meglio, cambiarono il loro cognome originario "Kobb" in "Cope". Inoltre, il padre della famiglia divenne cittadino statunitense, così anche i figli divennero cittadini americani.

A New York, Mariana riceve un'educazione cattolica in una scuola parrocchiale. All'età di dieci anni fece la prima Comunione e qualche anno dopo, da adolescente, andò a lavorare in una fabbrica per aiutare i genitori dal punto di vista economico.

Da Barbara a Mariana Cope

Fin da giovane, la futura santa espresse il desiderio di entrare in convento, ma la delicata situazione della sua famiglia la costrinse a ritardare l'ingresso nella vita religiosa.

Attese pazientemente per qualche tempo finché, all'età di 24 anni, Cope decise di lasciare tutto. Nel 1860, si fece professare come sorella della Terzo Ordine Francescano e ha cambiato il suo nome da Barbara a Mariana.

La comunità religiosa a cui si unì aprì degli ospedali a New York. Lì la santa si assicurò di prendersi cura di tutti i bisognosi. Il suo carattere determinato le permise di essere eletta provinciale nel 1877 e nel 1881. Ma lasciò presto questo incarico quando ricevette un'altra chiamata.

Trasferimento alle Hawaii

Il re delle Hawaii chiese aiuto per curare i lebbrosi delle isole. Mariana lasciò lo Stato di New York e si trasferì a Molokai. Lì lavorò come infermiera in una casa di cura. La sua dedizione era tale che visse in isolamento con i pazienti sull'isola di Kalaupapa quando vi fu istituito un lebbrosario.

Oltre a prendersi cura della salute dei malati, Santa Mariana Cope promosse la costruzione di una chiesa e di una scuola per i bambini della zona. Organizzò anche una lavanderia per aiutare le donne e un coro, in modo che le persone potessero occupare il loro tempo con attività utili.

Nonostante le richieste di Mariana di essere presente negli Stati Uniti nel 1889, decise di rimanere alle Hawaii per prendersi cura dei residenti del manicomio. Rimase ferma nella sua decisione e morì il 9 agosto 1918, all'età di 80 anni, a Kalaupapa.

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Vaticano

Disponibile una piattaforma pubblica per lavorare nella Santa Sede

La Santa Sede, attraverso la Segreteria per l'Economia, ha aperto una finestra sul proprio sito web per ricevere le domande di coloro che desiderano lavorare in Vaticano.

Giovanni Tridente-23 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Lavorare presso la Santa Sede non è più un tabù. Da tempo, infatti, la Segreteria per l'Economia - che, secondo la costituzione apostolica "..." - fa parte della Santa Sede.Praedicate Evangelium"Il Vaticano, che "esercita il controllo e la vigilanza in materia amministrativa, economica e finanziaria sulle istituzioni curiali, gli uffici e le istituzioni legate alla Santa Sede" - ha aperto sul suo sito una piattaforma dedicata a chi vuole "lavorare in Vaticano".

“Unisciti alla comunità di professionisti che ogni giorno sostiene con il proprio lavoro le attività e la missione del Santo Padre”, si legge in premessa, con tanto di spiegazione su che cosa vuol dire lavorare per la Santa Sede.

Sostanzialmente si tratta di tutto quell’insieme di persone che aiutano il Papa “nel suo ministero di Pastore della Chiesa universale”, e pur nei diversi incarichi e professioni “partecipano realmente all’unica e incessante attività della Santa Sede, e cioè quella della ‘sollecitudine per tutte le Chiese’.

Come candidarsi

Chiunque voglia mettere le proprie competenze al servizio del Papa e, di riflesso, della Chiesa universale può adesso farlo attraverso la piattaforma online creata dalla SPE, che puntualmente pubblica l’elenco delle posizioni aperte dove sono specificate le informazioni curriculari richieste, insieme a competenze, esperienze e preferenze.

Allo stesso tempo si può anche inviare una candidatura spontanea, ma sempre attraverso la procedura online e dopo aver creato una propria utenza. La Segreteria per l’Economia garantisce poi che i dati inseriti non saranno diffusi a terzi e rimarranno nel proprio database per massimo due anni, prima della loro rimozione automatica.

Le posizioni aperte

Attualmente, tra le posizioni aperte c’è ad esempio un Risk Manager operante nel settore finanziario e immobiliare, per valutare ad esempio i rischi di mercato, di liquidità, scenari economici ecc. Si richiede almeno 5 anni di esperienza in società finanziarie. Il contratto è full time a a tempo indeterminato. Nello stesso settore c’è posto anche per un Junior Auditor, un Senior Auditor e un Responsabile della compliance.

Altre posizioni aperte riguardano tecnici specializzati nell’ambito degli impianti termici, idraulici, trattamento aria, collaudo… con laurea specialistica in ingegneria meccanica, elettronica o edile. Anche in questo caso il contratto è indeterminato e a tempo pieno, con disponibilità a lavorare su urgenze e turni.

Servono inoltre un tecnico di trasmissioni radio televisive – contratto di 1 anno rinnovabile; un operatore audiovideo specializzato in tecnica del suono – a tempo indeterminato e full time; un addetto gli uffici acquisti e un redattore di madrelingua rumenta presso un media vaticano.

Ogni candidatura richiede evidentemente da parte del futuro lavoratore l’adesione ai principi della dottrina della Chiesa, considerata “la natura pastorale ed ecclesiale del servizio”.

Il portale attraverso cui inviare le candidature è disponibile al seguente indirizzo: https://job.spe.va/ questo indirizzo.

L'autoreGiovanni Tridente

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Cultura

Gasol, Verástegui, innovazione educativa e valori, premiati dalla CEU

Pau Gasol, l'attore e produttore Eduardo Verástegui, le sorelle Marian e Isabel Rojas Estapé (psichiatria e psicologia), l'innovazione e la collaborazione educativa del gruppo Vithas e della Guardia Civil, o ex studenti come Juan José Cano (KPMG), sono stati alcuni dei vincitori della 27ª edizione dei Premi CEU Ángel Herrera.

Francisco Otamendi-22 gennaio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Questi premi hanno celebrato l'edizione di quest'anno con la consegna di riconoscimenti a diverse personalità, istituzioni e aziende. Il sindaco di Madrid, José Luis Martínez-Almeida, ha presieduto la cerimonia, in cui ha espresso "il ruolo fondamentale che la CEU ha svolto come istituzione educativa per 90 anni". 

Il Presidente della Fondazione San Pablo CEU, Alfonso Bullón de MendozaIl Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, ha sottolineato "l'eccellente lavoro di tutti i premiati per il loro impegno nel migliorare la società e il loro contributo al bene comune" e il fatto che questi premi sono "un grande risultato". premi ricordare la figura di Ángel Herrera Oria, primo presidente dell'Associazione cattolica dei propagandisti. 

Ángel Herrera Oria, poi vescovo e cardinale, è stato attivo per anni in molti campi, nell'educazione, nei media, dirigendo El Debate per 22 anni, e ha promosso importanti iniziative sociali, ha detto Alfonso Bullón de Mendoza al termine dell'evento, che si è svolto in un hotel di Madrid alla presenza del nunzio, monsignor Bernardito Auza. 

Per questo motivo, nell'assegnare questi premi, "abbiamo voluto prendere in considerazione questi ambiti": l'educazione, con aziende e istituzioni impegnate nell'innovazione educativa; la collaborazione università-impresa, i giornalisti che lavorano nel campo dell'educazione; i media e la diffusione della cultura cattolica; le persone coinvolte nelle reti sociali e nella Dottrina sociale della Chiesa, e "persone impegnate come l'attore e produttore Eduardo Verástegui", che ha attraversato l'Atlantico. 

E "premiamo anche i nostri ex allievi, che si sono laureati di recente (Alejandro Escario), o che si sono consolidati, come il presidente di KPMG (Juan José Cano), che ha ricevuto il premio dal presidente di Telefónica, José María Alvarez-Pallete". "Ci auguriamo che questi valori inculcati vengano trasmessi", ha aggiunto.

Aiutare le famiglie e i bambini sfruttati

Pau Gasol, che ha partecipato alla cerimonia in streaming e il cui premio è stato ritirato dal padre, Agustí Gasol, dalle mani dell'ex allenatore della nazionale Vicente del Bosque, è stato premiato nella categoria "Etica e Valori" per "la sua ansia di aiutare i bambini e le famiglie di tutto il mondo, che ha ispirato le giovani generazioni con la sua educazione, umiltà e leadership", ha sottolineato la giuria. 

Inoltre, è stato riconosciuto il suo impegno sociale nei confronti dei bambini, promuovendo valori e abitudini a sostegno della salute e del benessere dei bambini. Nella stessa categoria, il premio è stato assegnato ex æquo al produttore messicano Eduardo Verástegui per "la sua incrollabile difesa della famiglia, della vita e della dignità umana, attraverso produzioni cinematografiche che sensibilizzano e affrontano questioni sociali", come lo sfruttamento delle persone.

Verástegui ha sottolineato l'importanza di proteggere i minori e coloro che non hanno la capacità di difendersi da soli, e ha fatto riferimento al suo film Il suono della libertà, film di denuncia della tratta e gli abusi sessuali sui minori. "La libertà non consiste nel fare ciò che si vuole, ma nel fare la cosa giusta", ha detto, riferendosi all'enorme movimento contro lo sfruttamento dei bambini che il suo film ha generato.

Importanza di un approccio positivo

C'è stato anche spazio per evidenziare l'importanza di mettere in risalto gli esempi positivi nella diffusione di contenuti basati sulla conoscenza degli esperti.

La Guardia Civil si è distinta nella categoria "Innovazione educativa nel settore tecnologico" per l'eccezionale lavoro svolto nel campo della sicurezza informatica. Questo premio riconosce l'impegno dell'istituzione nel promuovere la cultura digitale e la protezione dei cittadini, soprattutto attraverso i social network, dimostrando i suoi sforzi nella diffusione della cybersecurity. 

Marian Rojas-Estapé, psichiatra, e sua sorella Isabel Rojas-Estapé, psicologa clinica e giornalista, figlie dello psichiatra Enrique Rojassono stati riconosciuti per il loro impegno nel trasmettere valori fondamentali alla società, concentrandosi su temi cruciali come la famiglia, il matrimonio e la prevenzione delle malattie mentali attraverso i social media. 

Lavoro di aziende e imprenditori

Oltre agli altri già citati, il gruppo Vithas ha ricevuto il premio come riconoscimento per l'eccezionale collaborazione commerciale con il settore dell'istruzione. Il premio sottolinea "l'approccio esemplare del gruppo ospedaliero all'assistenza sanitaria incentrata sul paziente, nonché l'impegno dei suoi professionisti per una medicina efficace ed efficiente, caratterizzata da un approccio assistenziale". 

Alejandro Escario ha ricevuto il premio CEU Ángel Herrera nella categoria "Junior Alumni" per il suo impegno nel mettere il suo talento al servizio della società. Il suo eccezionale contributo consiste nella progettazione di un'incubatrice a basso costo, che ha permesso di preservare la vita di numerosi neonati prematuri nei Paesi in via di sviluppo, oltre a fungere da fonte di ispirazione per la società.

Cultura cattolica e giornalismo educativo

Hakuna è stata premiata per il suo eccezionale contributo alla "diffusione della cultura cattolica". Il riconoscimento è dovuto al "lavoro svolto nel fornire ai giovani spazi diversificati dove poter glorificare Dio ed esprimere la propria fede attraverso il canto e la preghiera". Inoltre, il premio, ritirato da José Pedro Manglano e dai giovani del movimento, evidenzia, secondo la Giuria, il lavoro del gruppo dal "punto di vista dei giovani, promuovendo la pace, l'unità e la fraternità tra i popoli e le nazioni del mondo".

Anche il giornalismo e la comunicazione hanno avuto i loro vincitori, come già detto. Il vincitore è stato José Ignacio Martínez Rodríguez, collaboratore di Vida Nueva, per un reportage sull'educazione cattolica in Mozambico. Il premio per il miglior lavoro giornalistico sulla Dottrina sociale della Chiesa è stato assegnato congiuntamente alla rivista Mundo Negro e al giornalista Luis Ventoso, di El Debate. 

La Fondazione San Patricio è stata premiata anche in questa edizione nella categoria "Solidarietà, cooperazione allo sviluppo e imprenditoria sociale" per il suo progetto Seeds for the future.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Stati Uniti

La solidarietà radicale è la chiave per la difesa della vita

Il Comitato per le attività a favore della vita della Conferenza episcopale statunitense ha rilasciato una dichiarazione in occasione dell'anniversario della sentenza Roe contro Wade. Il documento sottolinea che la solidarietà radicale e la compassione sono fondamentali per la difesa della vita.

Paloma López Campos-22 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 22 gennaio è l'anniversario della sentenza. Roe contro Wadeche ha segnato una pietra miliare nella storia dell'aborto negli Stati Uniti. Nel 1973 l'aborto fu dichiarato un diritto costituzionale. Tuttavia, dopo quasi cinquant'anni, la Corte Suprema ha invertito la sua decisione e ha rovesciato la sentenza Roe v. Wade il 24 giugno 2022, facendo così avanzare la difesa della vita.

Dal gennaio 1973, il 22 è conosciuto come il giorno di preghiera per la protezione legale dei non nati. Per questo motivo, il segretario del comitato per le attività pro-vita della Conferenza episcopale degli Stati Uniti ha pubblicato una dichiarazione ricordando ai fedeli che la penitenza e la preghiera cristiana rimangono essenziali per la difesa della vita.

Nella dichiarazione, il vescovo Michael F. Burbidge ha osservato che "la vita umana rimane gravemente minacciata dall'aborto legalizzato nella maggior parte degli Stati e continua a essere aggressivamente promosso a livello federale".

Attraverso il comitato, la Conferenza episcopale statunitense ha affermato di rimanere "impegnata a lavorare per la protezione legale di tutta la vita umana dal concepimento alla morte naturale". Tuttavia, la dichiarazione afferma che la responsabilità è di tutti i cattolici.

La vita è responsabilità di tutti

La dichiarazione del Vescovo Burbidge ha invitato i fedeli a "qualunque sia il loro ruolo, ad agire per proteggere la vita umana". Li ha incoraggiati a rimanere in questa certezza, anche se "la verità spesso non è facile, ma è necessaria".

Un modo particolare di prendersi cura della vita è la "solidarietà radicale" con le donne incinte. Il comitato pro-life ha voluto far capire che la vita non può essere sostenuta solo in teoria, ma che la realtà richiede che le comunità accompagnino le madri e i loro bambini lungo il percorso.

Allo stesso tempo, la compassione per coloro che hanno già abortito è fondamentale. La dichiarazione sottolinea che "la Chiesa offre il perdono, la guarigione e la speranza di Cristo" a tutti coloro che hanno preso la decisione di abortire.

Infine, la Conferenza episcopale ha espresso il desiderio "che tutte le persone di fede e di buona volontà proclamino che la vita umana è un dono prezioso di Dio e che ogni persona che riceve questo dono ha delle responsabilità verso Dio, verso se stessa e verso gli altri".

Educazione

Con Tolkien, i giovani si sono formati per la missione

Il Signore degli Anelli, di J. R. R. R. Tolkien, contiene molte lezioni utili per la nostra vita e può essere applicato all'educazione dei nostri figli e alunni.

Julio Iñiguez Estremiana-22 gennaio 2024-Tempo di lettura: 8 minuti

Al termine del Concilio di Elrond, la discussione su chi sarebbe stato incaricato della Missione creò un rumoroso tumulto. Frodo aveva partecipato e aveva imparato molte cose sull'Anello del Potere che portava con sé. Alla fine, facendo uno sforzo per farsi ascoltare, disse: "Porterò l'Anello... anche se non so come".

Nel silenzio di tutti i presenti, Elrond parlò: "Se ho capito tutto quello che ho sentito, credo che questo compito spetti a te, Frodo, e se non sai come farlo, nessun altro lo farà.

Ho recentemente finito di rileggere Il Signore degli Anelliquel libro magistrale di J.R.R. Tolkien, è uno dei dieci libri più venduti della storia. Si tratta sì di narrativa, ma contiene molte lezioni utili per la nostra vita e applicabili all'educazione dei nostri figli e studenti.

Per questo motivo oggi ho deciso di ispirarmi a questa meravigliosa opera che è la continuazione di Lo Hobbitma con una costruzione geografica e morale di gran lunga superiore. Tolkien stesso ha detto: "Il Signore degli Anelli è scritto nel sangue della mia vita". Ed è proprio grazie a questa grande dedizione che Tolkien è riuscito a creare una storia che più si legge e più si impara. Vediamo alcuni di questi insegnamenti.

Abbiamo tutti una missione da compiere

Non abbiamo contato di nascere, non abbiamo scelto le qualità, poche o tante, che ci adornano, non abbiamo scelto di essere ciò che siamo: tutto questo e molto altro lo abbiamo ricevuto da Dio e dai nostri genitori. Quando Dio pensa a ciascuno di noi per darci la vita, pensa anche alla missione che dobbiamo svolgere. Ciò che scegliamo, invece, è se compiere o meno la missione che ci è stata affidata, a partire dalla scoperta. Bilbo non ha scelto di far bussare Gandalf alla porta della sua caverna-hobbit, ma ha detto sì a portare a termine la missione che gli era stata affidata. E così ha fatto suo nipote, come vedremo più avanti. 

Frodo aveva partecipato al Concilio di Elrond dove aveva appreso molte cose sull'Anello del Potere che portava con sé. Gli era diventato chiaro che distruggerlo era una necessità assoluta per la pace del mondo libero. E sebbene sentisse "un irresistibile desiderio di riposare, rimanere e vivere a Gran Burrone con Bilbo", alla fine parlò con uno sforzo e sentì le sue stesse parole con sorpresa, come se qualcun altro stesse usando la sua vocina: "Porterò l'Anello [a Mordor]", disse, "anche se non so come".

Nel silenzio di tutto il Consiglio, Elrond parlò: "Se ho capito tutto quello che ho sentito, credo che questo compito spetti a te, Frodo, e se non saprai farlo, nessun altro lo farà.

Fu così che Frodo si guadagnò il titolo di Portatore dell'Anello, protagonista della guerra contro Sauron, Oscuro Signore di Mordor, il "Grande Pericolo" che minacciava di ridurre in schiavitù tutti i Popoli della Terra di Mezzo: una lotta di vita e di morte per preservare la libertà di Elfi, Uomini, Nani e Hobbit.

Allo stesso modo, ognuno di noi può fare della propria vita un'avventura scegliendo di portare a termine la Missione a cui è stato mandato: un piccolo frammento del piano di Dio per l'umanità; molto piccolo, sì, ma anche molto importante, perché se non lo portate a termine voi, non lo farà nessun altro.

Un'altra importante lezione che possiamo imparare da Tolkien: i piccoli uomini -hobbit-, non sono fuori posto accanto ai grandi eroi o saggi -Gandalf, Elrond, Aragorn...- Anche se alcuni di noi si considerano insignificanti per affrontare i problemi del nostro tempo, tutti abbiamo un ruolo da svolgere per risolverli.

Lo stesso Dio che ha creato le montagne, le valli, i pianeti, le galassie..., è quello che ci dà la vita, crea un'anima immortale irripetibile e la infonde nel corpo che anche noi riceviamo da Lui, attraverso la mediazione dei nostri genitori. Ci ha visti - uno per uno - prima della costituzione del mondo e ha detto: "Sì, il mondo ha bisogno anche di te".

Pertanto, la grandezza dell'uomo consiste nel conoscere la volontà di Dio e nell'eseguirla, essendo il collaboratore di Dio nell'opera della Creazione e della Redenzione. Tolkien ci ricorda che ogni persona ha una Missione, una chiamata a partecipare a qualcosa di grande.

Il valore dell'amicizia

-Ma non lo manderete da solo, signore", gridò Sam, che non riuscì più a trattenersi e saltò in piedi, lasciando a malapena finire Elrond.

-No davvero! - disse Elrond, rivolgendosi a lui con un sorriso. Almeno tu andrai con lui. Non sembra facile separarsi da Frodo, anche se lui è stato convocato a un consiglio segreto e tu no.

Sam, ora fedele scudiero del Ringbearer, si alzò a sedere, arrossendo e borbottando.

-Ci siamo cacciati in un bel pasticcio, signor Frodo! - disse, scuotendo la testa.

Nei giorni successivi si decise che i membri della Missione dovevano essere nove: si aggiunsero Gandalf, Legolas, Gimli, Trancos e Boromir. Elrond contò e vide che ne mancavano ancora due.

-Ci penserò, forse troverò qualcuno tra le persone della casa che posso mandare. 

-Ma allora non ci sarà posto per noi! -esclamò Pipino, costernato. Noi non vogliamo restare. Vogliamo andare con Frodo.

-Questo perché non capisci e non puoi immaginare cosa li aspetta", disse Elrond.

-Nemmeno Frodo", disse Gandalf, sostenendo inaspettatamente Pipino, "Nessuno di noi può vederlo chiaramente. È vero che se questi hobbit capissero il pericolo, non oserebbero andare. Ma vorrebbero comunque andarci, o oserebbero andarci, e si vergognerebbero e sarebbero infelici. Penso, Elrond, che in questa faccenda sarà meglio affidarsi all'amicizia di questi hobbit piuttosto che alla nostra saggezza.

Il Signore degli Anelli

Fu così che Elrond decise finalmente di completare con Merry e Pipino i nove che lasciarono Gran Burrone per formare la "Compagnia", nota anche come "Compagnia dell'Anello".

Nessuno si salva da solo, questo è un aspetto che l'autore vuole mettere in chiaro. In questa storia possiamo vedere come l'amicizia tra i personaggi - quella di Sam e Frodo, per esempio - lungi dall'indebolirsi, si rafforza sempre di più con le difficoltà.

Avere amici è una benedizione, un dono, una ricchezza a cui nessun uomo è così povero da non poter aspirare. Ricordiamo: "li mandò a due a due" (Lc 10,1). In tempi di conflitto, è l'amicizia a salvare il mondo, motivata da una forza antica, mistica, spesso dimenticata: l'amore.

Un amico è un tesoro! -Secondo il detto popolare, solo noi esseri umani ne abbiamo; per questo dobbiamo "prenderci cura" dei nostri amici, e per questo è importante sapere che i legami di amicizia si basano sull'affetto comune e sulla condivisione dei nostri valori, ognuno di noi cresce nella misura in cui si dona agli altri. L'amicizia deve essere leale e sincera, e richiede uno scambio di favori, di servizi nobili e leciti, anche se richiede rinunce personali e dedizione di tempo, che scarseggia, ma che sembra aumentare nella misura in cui viene dedicato agli altri.

Problemi, difficoltà e tentazioni. Forza e speranza

Non ci vuole molto perché sorgano problemi nella Compagnia dell'Anello: poco dopo aver lasciato Gran Burrone, quando Boromir cede alla tentazione dell'Anello e cerca di strapparlo a Frodo, quest'ultimo è costretto a partire e ad andare da solo a Mordor per compiere la sua missione. Solo Sam prenderà in mano la situazione e riuscirà a raggiungere in extremis il suo maestro e amico. Boromir si pente presto della sua "caduta" e muore con onore difendendo la causa.

In questa storia la tentazione è quella di possedere l'Unico Anello di Sauron, bello in apparenza, che si mostra in grado di conferire poteri straordinari e sussurra ai cuori di coloro che gli sono vicini di reclamarlo e usarlo, ma che in realtà cerca di renderli schiavi per incatenarli al potere di Sauron, Oscuro Signore di Mordor. 

Questa fu l'esperienza di Sam quando, a causa di una grave crisi a Mordor, nei pressi della Montagna della Morte, fu costretto ad assumersi la responsabilità di portare l'Anello.

Man mano che si avvicinava alle grandi fornaci dove era stato forgiato e modellato, negli abissi del tempo, il potere dell'Anello aumentava e diventava sempre più maligno, indomabile, tranne forse per una persona dalla volontà molto forte. Anche se non lo portava al dito, ma era appeso al collo con una catena, Sam stesso si sentiva come se si fosse ingrandito, come se fosse avvolto da un'enorme ombra distorta di se stesso.

Sapeva che d'ora in poi aveva una sola scelta: resistere all'uso dell'Anello, per quanto potesse tormentarlo; oppure reclamarlo e sfidare il Potere che sedeva nell'oscura fortezza dall'altra parte della valle delle ombre. 

L'Anello lo tentò, indebolendo la sua volontà e oscurando la sua ragione; fantasie selvagge invasero la sua mente; e vide Samwise il Forte, l'Eroe dell'Era, avanzare con una spada fiammeggiante attraverso la terra oscura, e gli eserciti che accorrevano al suo richiamo mentre si precipitava a rovesciare il potere di Barad-dûr.

Allora tutte le nuvole si sarebbero dissolte e il sole bianco sarebbe tornato a splendere, e al comando di Sam la valle di Gorgoroth si sarebbe trasformata in un giardino di molti fiori, dove gli alberi davano frutti. Non gli restava che mettere l'Anello al dito e reclamarlo, e tutto questo sarebbe diventato realtà.

In quell'ora di prova fu soprattutto l'amore per Frodo ad aiutarlo a rimanere saldo. Inoltre, nel profondo di sé aveva il senso dell'indomito hobbit: sapeva di non essere fatto per portare un simile fardello, anche se quelle visioni di grandezza non erano solo un'esca.

E poi, tutte queste fantasie non sono che un'insidia", si disse. Mi avrebbe scoperto e mi sarebbe piombato addosso prima che potessi gridare. Se indossassi l'Anello ora, mi scoprirebbe, e molto rapidamente, a Mordor.

Superata questa crisi, Sam restituisce l'Anello a Frodo; ma la strada che devono percorrere insieme è ancora piena di difficoltà, pericoli e sorprese. Ed ecco che ricompare Gollum, che si offre di guidarli alla Montagna della Morte, ma il suo desiderio più profondo e intenso è quello di recuperare l'Anello...

Agli hobbit sembrò improvvisamente che il loro lungo viaggio verso nord fosse stato inutile. Nella pianura che si estendeva a destra, avvolta nella nebbia e nel fumo, non si vedevano accampamenti o truppe in marcia; ma l'intera regione era sotto l'occhio vigile dei forti di Carach Angren.

-Ora non importa se ci arrendiamo o cerchiamo di tornare indietro. Il cibo non ci raggiungerà, dovremo sbrigarci! -disse Sam.

-Va bene, Sam", disse Frodo, "guidami! Finché ti resta una speranza. Io non ne ho più. Ma non posso affrettarmi, Sam. Riesco a malapena a strisciare dietro di te.

-Prima di continuare a strisciare, hai bisogno di dormire e di mangiare, signor Frodo", disse Sam, "vai avanti, sfrutta al massimo quello che puoi".

Diede a Frodo dell'acqua e una cialda di pane presa dalla strada, e togliendosi il mantello improvvisò un cuscino per la testa del suo Maestro.

Il Signore degli Anelli

Un altro insegnamento per i bambini e gli adolescenti ne Il Signore degli Anelli: la fermezza, insieme alla amiciziaLa compagnia e la solidarietà reciproca sono ciò che rende possibile lo svolgimento della Missione. Si impara che lavorare insieme aiuta a superare gli ostacoli e le difficoltà della vita. E che essere piccoli non deve impedire di raggiungere i propri obiettivi: con la fiducia necessaria e l'aiuto migliore si può raggiungere qualsiasi obiettivo.

Il premio

Preferisco non anticipare eventi che potrebbero far deragliare sorprese ed emozioni nella lettura della fine della storia; quindi, per parlare del premio, racconterò una breve conversazione tra Gandalf e Pipino a Minas Tirith quando sembrava che tutto stesse per finire - terzo film: Il ritorno del re.

-Non avevo mai pensato a questo finale", dice Pipino.

-La fine? -No! Il viaggio non finisce qui. La morte è solo un altro sentiero che percorriamo tutti. Il velo grigio di questo mondo viene sollevato e tutto diventa cristallo argentato. È allora che si vede...

-Cosa? Gandalf, che aspetto ha? -chiede Pipino.

-La riva bianca e, al di là di essa, l'immensa campagna verde si stendevano davanti a un'alba fugace.

-Beh", dice Pipino, "non è male!

-No, no, certo che no! - conclude Gandalf.

Il ritorno del re

Conclusioni

A ciascuno di noi, insieme al dono della vita, Dio, nella sua amorosa Provvidenza, assegna un compito perché possiamo collaborare con Lui al perfezionamento della sua Creazione e al completamento della Redenzione; ci affida cioè una missione. Questa missione non la scegliamo noi, ci viene data, ma siamo liberi di decidere se portarla a termine o meno.

Le ragazze e i ragazzi devono essere educati (formati), fin dall'infanzia e dall'adolescenza, a scoprire la loro vocazione, la loro preferenza professionale, la loro scelta di vita..., in modo da essere veramente liberi di dire sì alla missione che sono chiamati a svolgere; e di superare gli ostacoli che impediranno loro di raggiungere il loro obiettivo.

Nessuno deve essere così arrogante da pretendere di compiere la propria missione senza l'aiuto di altri, né gli sarà chiesto, né potrà farlo. Per portare a termine la missione sarà essenziale contare su amici, l'amicizia con Gesù è la più sicura. E per non arrenderci di fronte alle difficoltà, dobbiamo sviluppare anche altre virtù, come la tempra, la capacità di sacrificio, la lealtà, la solidarietà, l'ottimismo, la fedeltà, ecc. E, senza dubbio, abbiamo l'aiuto più importante, quello di Dio.

Per quanto riguarda il Premio, le parole di Benedetto XVI nella Cattedrale di St Mary a Sydney il 9 luglio 2008, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù:

"La fede ci insegna che siamo creature di Dio, fatte a sua immagine e somiglianza, dotate di una dignità inviolabile e chiamate al sublime destino che ci attende in cielo".

Lettura consigliata: "Esigere per educare". Autore: Eusebio Ferrer, Collezione: "Hacer familia".

L'autoreJulio Iñiguez Estremiana

Fisico. Insegnante di matematica, fisica e religione a livello di baccalaureato.

Vaticano

Il Papa lancia l'Anno di preghiera in vista del Giubileo 2025

Oggi, all'Angelus di questa domenica della Parola di Dio, il Santo Padre ha lanciato un Anno dedicato alla preghiera, per scoprire il bisogno di preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa e nel mondo, in preparazione all'Anno Santo della Chiesa universale, che si celebrerà nel 2025.

Francisco Otamendi-21 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il desiderio è quello di intensificare la nostra preghiera per prepararci a vivere bene questo evento di grazia, per sperimentare la forza della speranza di Dio, ha detto il Papa, riferendosi al Giubileo 2025che ha come motto "Pellegrini della speranza.

Per questo motivo, "oggi iniziamo un Anno dedicato alla preghiera, alla scoperta del bisogno di preghiera nella vita personale, nella vita della Chiesa, nel mondo". Saremo aiutati dal Dicastero per l'Evangelizzazione, ha aggiunto il Santo Padre nel suo discorso. Angelus dalla finestra del Palazzo Apostolico in Piazza San Pietro, di fronte a circa ventimila fedeli, secondo quanto riferito dalla agenzia vaticana.

Precisamente il Prefetto di questo Dicastero, Monsignor Rino Fisiquellaè stato il principale concelebrante, insieme alla Il cardinale Konrad KrajewskiL'assistente del Papa, dalla Messa celebrata questa mattina in occasione della Domenica della Parola di Dio. Inoltre, il Papa ha conferito a uomini e donne laici di diversi Paesi del mondo i ministeri di Lettore e Catechista. Nove persone provenienti dalla Giamaica e dal Brasile hanno svolto il ruolo di Lettori e nove persone provenienti da Corea, Ciad, Trinidad e Tobago, Brasile, Bolivia e Germania hanno svolto il ruolo di Catechisti.

Unità cristiana e pace per i bambini 

Nell'ambito di questo anno di preghiera, questa settimana il Pontefice ha pregato per l'unità dei cristiani. Ha anche chiesto la pace in Ucraina, Israele e Palestina e in altre parti del mondo.

"Chi soffre è sempre il più debole, penso ai più piccoli, a tanti bambini feriti e uccisi, abbandonati, senza affetti, senza sogni, senza futuro, sentiamoci responsabili di pregare per costruire la pace per loro", ha incoraggiato i fedeli.

Il Papa ha espresso il suo dolore alla notizia del rapimento ad Haiti di un gruppo di persone, tra cui sei suore. "Prego con dolore per l'armonia sociale nel Paese, e per la fine della violenza che causa tanta sofferenza a questa cara popolazione".

Per la pace in Ecuador

Francesco ha salutato tutti i romani e i pellegrini italiani e di altri Paesi presenti in Piazza San Pietro, in particolare quelli provenienti dalla Polonia, dall'Albania, dalla Colombia, gli studenti dell'Istituto Pedro Mercedes di Cuenca, gli universitari americani di Firenze, i giovani di Panama, i sacerdoti, i migranti dell'Ecuador, ai quali ha assicurato la sua preghiera per la pace nel loro Paese.

"Peccatori, ma il Signore crede ancora in noi".

Come ha fatto nel omelia Nella Messa domenicale della Parola di Dio, il Santo Padre ha riflettuto sulla chiamata di Gesù ai primi discepoli prima di recitare l'Angelus. Ha detto che il Signore ama coinvolgerci nella sua opera di salvezza, ci vuole attivi con lui, responsabili e protagonisti.

"Un cristiano che non è attivo, che non è responsabile nell'opera di annuncio del Signore e che non è protagonista della sua fede, non è un cristiano", ha sottolineato il Pontefice. "Questo è importante, il Signore ci ha scelti per essere cristiani. Siamo peccatori, ma il Signore crede ancora in noi. Questo è meraviglioso", ha continuato.

"Annunciare il Vangelo non è tempo perso".

"Annunciare il Vangelo non è tempo perso", ha sottolineato il Pontefice. "È essere più felici aiutando gli altri; è aiutare gli altri a essere liberi; è diventare migliori aiutando gli altri a essere migliori".

Infine, come di consueto, il Papa ha invitato all'esame personale, con alcune domande. "Mi fermo ogni tanto a ricordare la gioia che è cresciuta in me e intorno a me quando ho accettato la chiamata a conoscere e testimoniare Gesù? E quando prego, ringrazio il Signore per avermi chiamato a rendere felici gli altri? E infine: voglio fare in modo che a qualcuno piaccia, con la mia testimonianza e la mia gioia, quanto è bello amare Gesù?".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

La Parola di Dio suscita la chiamata di Gesù

Nella Domenica della Parola di Dio, Papa Francesco ha detto, commentando il brano della chiamata di Gesù ai primi discepoli, che dalla Parola di Dio nasce la missione che ci rende suoi testimoni. Una chiamata che ci invita a prendere il largo con Lui per gli altri, lasciando barche e reti. Ci ha anche incoraggiato a portare il Vangelo e a leggerlo ogni giorno.

Francisco Otamendi-21 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Questa mattina il Santo Padre ha riflettuto sul omelia della Santa Messa del Domenica della Parola di DioI primi discepoli, Simone e suo fratello Andrea, che erano pescatori, Giacomo e suo fratello Giovanni, quattro dei primi dodici apostoli, sono stati chiamati da Gesù nel Vangelo.

La Parola di Dio dispiega la potenza dello Spirito Santo, ha sottolineato il Papa in questo 3a domenica del Tempo Ordinario. "È una forza che ci attira verso Dio, come è successo ai giovani pescatori, colpiti dalle parole di Gesù. È una forza che ci muove verso gli altri, come accadde a Giona, quando si rivolse a coloro che erano lontani dal Signore. La Parola, dunque, ci attira a Dio e ci invia agli altri"..

Lasciarono le reti e lo seguirono

"Gesù disse loro: "Seguitemi [...]". Subito lasciarono le reti e lo seguirono" (Mc 1,17-18). La potenza della parola di Dio è grande, come abbiamo visto anche nella prima lettura: "La parola del Signore fu rivolta a Giona una seconda volta, in questi termini: "Va' subito a Ninive [...] e annuncialo [...]" Giona partì [...] secondo la parola del Signore" (Gv 3,1-3).

"Come per i primi discepoli, che accogliendo le parole di Gesù lasciarono le reti e iniziarono una meravigliosa avventura, così anche sulle rive della nostra vita, accanto alle barche delle nostre famiglie e alle reti del nostro lavoro, la Parola suscita l'appello di Gesù, che ci chiama a prendere il largo con lui per gli altri. Sì, la Parola ispira la missione, ci rende messaggeri e testimoni di Dio", ha incoraggiato il Pontefice nell'omelia della Messa di questa Domenica della Parola di Dio, istituita dal Santo Padre Francesco nel settembre 2019.

La Parola di Dio, decisiva per i santi

Se guardiamo "agli amici di Dio, ai testimoni del Vangelo nella storia, vediamo che per tutti loro la Parola è stata decisiva". Il Papa ha citato qui il primo monaco, Sant'Antonio, che, colpito da un passo del Vangelo mentre era a Messa, lasciò tutto per il Signore; pensiamo a Sant'Agostino, la cui vita fu stravolta quando una parola divina guarì il suo cuore; pensiamo a Santa Teresa di Gesù Bambino, che scoprì la sua vocazione leggendo le lettere di San Paolo".

"E penso al santo da cui prendo il nome, Francesco d'Assisi, che, dopo aver pregato, lesse nel Vangelo che Gesù manda i discepoli a predicare e poi esclamò: "Questo è ciò che voglio, questo è ciò che cerco, questo è ciò che nel cuore del mio cuore desidero mettere in pratica"", ha aggiunto.

"Ho letto almeno uno dei quattro Vangeli?".

Dopo aver meditato su ciò che i primi discepoli si sono lasciati alle spalle - "la barca e le reti, cioè la vita che avevano condotto fino a quel giorno" - il Papa ha sottolineato che "spesso abbiamo difficoltà a lasciare le nostre sicurezze, le nostre abitudini, perché rimaniamo intrappolati in esse come i pesci nella rete".

Infine, ha posto alcune domande di verifica, incoraggiando le persone a leggere il Vangelo ogni giorno. "Che posto riservo alla Parola di Dio nel luogo in cui vivo? Ci saranno libri, giornali, televisioni, telefoni, ma dov'è la Bibbia? Nella mia stanza, ho il Vangelo a portata di mano e lo leggo ogni giorno per guidarmi nel cammino della vita? Molte volte ho consigliato di portare sempre con me il Vangelo, in tasca, nella borsa, nel telefono.

"Se amo Cristo più di chiunque altro", ha continuato, "come posso lasciarlo a casa e non portare con me la sua Parola? E un'ultima domanda: ho letto almeno uno dei quattro Vangeli per intero? Il Vangelo è il libro della vita, è semplice e breve, eppure molti credenti non ne hanno mai letto uno dall'inizio alla fine. Lasciamoci conquistare dalla bellezza che la Parola di Dio porta nella nostra vita", ha concluso il Papa.

Ministeri di lettore e catechista per 9 laici

Durante la celebrazione eucaristica nella Basilica di San Pietro, davanti a cinquemila romani e pellegrini provenienti da molti Paesi, il Papa ha conferito a uomini e donne laici provenienti da diversi Paesi del mondo i ministeri di Lettore e Catechista. Nove persone, per lo più donne, provenienti dalla Giamaica e dal Brasile come Lettori, e dalla Corea (2), dal Ciad (2), da Trinidad e Tobago, dal Brasile, dalla Bolivia e dalla Germania (2), in questo caso da Ratisbona, come Lettori. Catechistiche hanno ricevuto una Bibbia e un crocifisso dalle mani del Papa.

La celebrazione vaticana della III Domenica della Parola di Dio del 2022 ha presentato diverse novità, tra cui l'istituzione dei primi ministri della Catechesi. Tra di loro c'erano Rosa AbadRosa Abad, dell'arcidiocesi di Madrid, laureata, bibliotecaria di professione e catechista per vocazione, ha spiegato a Omnes: "Ciò che il Signore ti trasmette non può essere taciuto", ha detto. "Posso solo ringraziare Dio, a lettere maiuscole", ha detto Rosa Abad.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Mondo

Frère Matthew, priore di Taizé: "Il cammino verso l'unità è lento".

Il nuovo priore della Comunità ecumenica di Taizé ha parlato a Omnes di unità, preghiera, fraternità e dialogo nell'ambito della Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani.

Federico Piana-21 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

"Un evento da non perdere in questi tempi in cui guerre e divisioni dominano il mondo". Il pensiero del nuovo Priore di Taizé sul Settimana di preghiera per l'unità dei cristianiche si è aperto il 18 gennaio, potrebbe essere riassunto come segue. 

Fratel Matthew, anglicano, ha iniziato da poco a guidare la comunità cristiana monastica ed ecumenica, fondata nel 1940 nel villaggio francese di TaizéSpiega a Omnes perché considera provvidenziale il tema di quest'anno: "Il titolo è Ama il Signore tuo Dio e ama il tuo prossimo come te stesso".un versetto tratto dal Vangelo di Luca. È un tema che ci invita ad andare all'essenza della nostra fede cristiana: amare Dio e amare il prossimo. In sostanza, dobbiamo andare alla fonte che è Dio per trovare la forza di amare gli altri, anche se sono diversi da noi".

Un passo alla volta verso l'unità

L'amore tra cristiani di diverse tradizioni, quindi, diventa ancora più importante, essenziale, e non può essere relegato in secondo piano. Deve crescere, spiega fratel Matteo, perché se "parliamo di un Dio d'amore, dobbiamo sempre cercare la comunione con gli altri cristiani, anche se sono di denominazioni diverse". 

Il priore di Taizé non nasconde però le difficoltà sulla strada dell'unità. "Amare il prossimo", dice, "non è sempre facile. Tutti noi sentiamo il peso delle ferite della storia che si riflettono nel modo in cui guardiamo gli altri. Dobbiamo quindi capire che il cammino verso l'unità è lento, non possiamo ottenere tutto in una volta. Dobbiamo fare un passo alla volta".

Comunità di Taizé Foto: Tamino Petelinsek

La preghiera, uno strumento essenziale

Il ragionamento di frère Matthew va oltre. Tocca i limiti della preghiera, che diventa uno strumento essenziale senza il quale l'unità rischia di rimanere un mero sogno umano: "È importante fare le cose per raggiungere l'unità, ma quando preghiamo per un'altra persona qualcosa dentro di noi si trasforma perché lasciamo entrare Dio, lo Spirito Santo. 

E questa preghiera apre tutte le porte". E come esempio concreto cita la Comunità di Taizé "dove si prega in comune tre volte al giorno. E senza la preghiera non possiamo cercare l'unità, perché altrimenti ci affidiamo solo alle nostre forze senza accogliere la grazia che viene da Dio".

Sguardi che uniscono

Le diverse tradizioni cristiane e i diversi approcci alla Bibbia delle varie confessioni non devono essere motivo di paura, ammette il priore. Al contrario", dice, "rendono più completo questo sguardo sulla Parola di Dio. Nessuno può capire tutto". Un altro elemento di unità tra i cristiani, aggiunge, è "il servizio al prossimo". Per esempio, vicino a Parigi c'è un quartiere molto povero dove cristiani di diverse confessioni lavorano insieme per aiutare chi vive per strada e non ha nulla. 

Le sfide per il futuro dell'unità, Frére Matthew le ha viste anticipate in "Insieme"Il vchiesa ecumenica mondiale che si è tenuta alla presenza di Papa Francesco nel settembre dello scorso anno. "In quell'occasione", conclude il priore, "abbiamo visto la partecipazione di diverse chiese protestanti che non fanno parte delle grandi organizzazioni cristiane. Questa è la sfida: trovare un modo per camminare insieme. Tutti.

L'autoreFederico Piana

 Giornalista. Lavora per la Radio Vaticana e collabora con L'Osservatore Romano.

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Le ali dell'amore

L'innamoramento tra un uomo e una donna proietta ciascuno verso l'altro in quanto tale, è un modo per uscire da sé o dall'egoismo per vivere nella meraviglia dell'amore per l'altro. L'amore mette le ali alla nostra vita.

Jesús Ortiz López -21 gennaio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Papa Francesco ha dedicato un recente catechesi al vizio della lussuriaIl Papa ha continuato il suo progetto di insegnare il male dei vizi capitali, come aveva insegnato in precedenza in un'altra catechesi sulla gola. Si tratta di comportamenti che danneggiano la condizione umana e mantengono una persona a un livello basso a causa della sensualità o della vita secondo la carne, come diceva San Paolo, perché accecano lo sviluppo dello spirito.

L'orizzonte della castità

Il Papa ha sottolineato che nel cristianesimo l'istinto sessuale non è condannato e fa parte della condizione umana al servizio dell'amore e della vita. Nella Bibbia, il Cantico dei Cantici è un meraviglioso poema d'amore tra due sposi, che serve da guida per il dono di sé a Dio e al prossimo. Tuttavia, ha proseguito il Papa, questa bella dimensione della nostra umanità non è esente dai pericoli dei peccati della carne e quindi la conquista della castità richiede uno sforzo, un esercizio di fortezza e di rettitudine quando si cerca di amare Dio al di sopra di ogni cosa, al di sopra di ogni affetto, non per annullarli ma per portarli a compimento.

Ha ricordato che "La Bibbia e la Tradizione cristiana offrono un posto d'onore e di rispetto alla dimensione sessuale umana. Essa non è mai condannata quando conserva la bellezza che Dio vi ha inscritto, quando è aperta alla cura dell'altro, alla vita e all'aiuto reciproco. Facciamo quindi sempre attenzione che i nostri affetti e il nostro amore non siano contaminati dal desiderio di possedere l'altro".

Appetito vorace

Papa Francesco ha definito la lussuria in questa occasione come "Un vizio che attacca e distrae tutti i nostri sensi, il nostro corpo e la nostra psiche. Questo vizio si presenta come un appetito vorace che ci spinge a usare le persone, a predarle e a derubarle alla ricerca di un piacere sfrenato". 

Quando si comprende la grandezza della dignità della persona, si comprende anche il male dell'impurità e dell'abuso di oggettivare l'altro, perché equivale a privarlo di quella dignità, della sua intimità, del suo valore e della sua attrattiva come persona. Questo è ciò che accade nella pornografia e nella prostituzione. Sono peccati contro la castità non perché l'amore è proibito, ma perché lo impediscono, cioè non è un divieto della Chiesa o un'imposizione di Dio contro la libertà personale, ma il contrario, affinché l'uomo e la donna possano svilupparsi nel vero amore.

Secondo i Vangeli, la Chiesa ha costantemente insegnato che "l'uso deliberato della facoltà sessuale al di fuori delle normali relazioni coniugali contraddice il suo scopo, qualunque sia il motivo che lo spinge". Pertanto, il godimento sessuale viene ricercato al di fuori "della relazione sessuale richiesta dall'ordine morale; quella relazione che realizza il pieno significato della reciproca donazione e della procreazione umana nel contesto del vero amore" (CDF, Decl. "Persona umana" 9). (Catechismo, n. 2352). Si riferisce principalmente, ma non solo, ai peccati di masturbazione e alle relazioni extraconiugali, come l'adulterio e la fornicazione.

Ritornando alle parole del Papa, egli insegna che  "Il lussurioso cerca solo scorciatoie: non capisce che la strada dell'amore va percorsa lentamente, e questa pazienza, lungi dall'essere sinonimo di noia, ci permette di rendere felici le nostre relazioni amorose".È questo il modo di progredire nel corteggiamento, di affinare la relazione amorosa e di coltivare la fedeltà a poco a poco. È proprio il corteggiamento che cerca questa sintesi tra ragione, impulso e sentimento che aiuta a condurre una vita saggia come persone chiamate alla santità, perché le virtù contrapposte ai vizi forniscono un ampio quadro di riferimento; non si tratta di essere superuomini o superdonne, ma figli di Dio chiamati a portare a compimento l'opera buona di Dio Padre e Creatore, sull'esempio di Gesù Cristo, uomo perfetto e Dio perfetto. 

Aggiunge che "Tra tutti i piaceri dell'uomo, la sessualità ha una voce potente. Coinvolge tutti i sensi, abita il corpo e la psiche; se non è pazientemente disciplinata, se non è inscritta in una relazione e in una storia in cui due individui la trasformano in una danza amorosa, diventa una catena che priva l'uomo della libertà. Il piacere sessuale è minato dalla pornografia: una soddisfazione non correlata che può generare forme di dipendenza".

La castità è possibile e varia

La virtù della castità può essere vissuta in vari modi, a seconda dello stato di ciascuno nel corso della vita: si impara nell'infanzia, si scopre nell'adolescenza, si gusta nell'amore e si prolunga nei figli come frutto naturale del matrimonio aperto alla vita.

Questo è il modo abituale per crescere nelle virtù della carità e per formare una famiglia come ambiente naturale per accogliere l'amore di marito e moglie, dei fratelli, dei nonni e degli altri parenti.

Anche altri sono chiamati a vivere la piena castità quando rispondono alla chiamata dell'amore di Dio, con cuore indiviso e al servizio del prossimo, come fanno i sacerdoti e i religiosi, e anche nel celibato apostolico.

Nell'ambiente sensuale e sessualizzato di oggi è difficile comprendere il celibato come amore elevato a dono di Dio per una missione di servizio agli altri attraverso l'apostolato, anche se è vero che tale testimonianza aiuta a comprendere meglio la dignità umana, l'amore generoso e la vita spirituale.

Come è noto, questa virtù della castità fa parte della virtù cardinale della temperanza con la quale la persona domina gli appetiti integrandoli nella maturità personale, come insegna il Catechismo: "La castità ha leggi di crescita; passa attraverso gradi segnati dall'imperfezione e, molto spesso, dal peccato". "Ma l'uomo, chiamato a vivere responsabilmente il disegno sapiente e amoroso di Dio, è un essere storico che si costruisce giorno per giorno con le sue numerose e libere scelte; per questo conosce, ama e realizza il bene morale secondo le varie tappe della crescita" (FC, 34). (n. 2343).

Per quanto riguarda l'omosessualità, essa insegna che "l'omosessualità si riferisce a relazioni tra uomini o donne che provano un'attrazione sessuale esclusiva o predominante per persone dello stesso sesso. Ha assunto molte forme diverse nel corso dei secoli e delle culture. La sua origine psichica rimane in gran parte inspiegabile. Sulla base della Sacra Scrittura, che li presenta come gravi depravazioni (cfr. Gen 19, 1-29; Rm 1, 24-27; 1 Cor 6, 10; 1 Tim 1, 10), la Tradizione ha sempre dichiarato che "gli atti omosessuali sono intrinsecamente disordinati" (CDF, Decl. "Persona umana" 8). Sono contrari alla legge naturale. Chiudono l'atto sessuale al dono della vita. Non procedono da una vera complementarietà affettiva e sessuale. Non possono essere approvati in nessun caso" (n. 2357). 

Tuttavia, riconosce che: "Un numero considerevole di uomini e donne ha tendenze omosessuali profondamente radicate. Questa inclinazione, oggettivamente disordinata, costituisce per la maggior parte di loro una vera e propria prova. Devono essere trattati con rispetto, compassione e sensibilità. Bisogna evitare qualsiasi segno di ingiusta discriminazione nei loro confronti. Queste persone sono chiamate a compiere la volontà di Dio nella loro vita e, se sono cristiane, a unire al sacrificio della croce del Signore le difficoltà che possono incontrare a causa della loro condizione". (n. 2358).

Sempre benvenuti

Con buon senso pastorale, il Catechismo sottolinea che sentire questa tendenza è diverso dall'acconsentire a quegli atti che sono particolarmente contrari alla castità, e che queste persone dovrebbero, come tutti gli altri, prendere i mezzi per fuggire dalle occasioni di peccato, ricorrere ai sacramenti, specialmente al sacramento della penitenza, e alla preghiera affidata a Dio Padre, a Gesù Cristo e alla Beata Vergine Maria. Questi sono i mezzi che tutti noi dobbiamo usare come parte della lotta ascetica per superare le tendenze egoistiche o oggettivanti verso gli altri e per rispondere alla chiamata di Dio all'amore in ogni fase della vita.

Gesù Cristo stesso ha dato un esempio di rifiuto del peccato e di accoglienza del peccatore, come ha fatto con la donna adultera alla quale ha fatto la grazia di una ferma conversione: "Neppure io ti condanno; va' e non peccare più". Ed ella divenne subito un'entusiasta apostola quando fu liberata dai suoi peccati e scoprì il Messia Salvatore nella persona di Gesù di Nazareth.

In breve, ci muoviamo come una Chiesa missionaria le cui porte sono aperte a tutti, consapevole di essere il segno o il sacramento universale della salvezza e la via voluta da Dio per trovare e sviluppare la vocazione alla santità, che consiste fondamentalmente nell'unione con Gesù Cristo, la Via, la Verità e la Vita. Così la vita cristiana continua in un processo continuo di ricerca di Gesù Cristo, di ricerca di Gesù Cristo e di amore per Gesù Cristo.

L'autoreJesús Ortiz López 

Cultura

I "Cantori della stella dei bambini", un'usanza diffusa nell'Europa centrale

In occasione della festa dell'Epifania, i bambini vestiti da Magi portano una benedizione nelle case e fanno una colletta per sostenere lo sviluppo dei bambini bisognosi in tutto il mondo. Sono i Bambini cantori della Stella o Sternsinger.

José M. García Pelegrín-20 gennaio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Negli ultimi anni li abbiamo visti in diversi media. Tra le tradizioni natalizie più diffuse in Germania, così come in Austria e nelle regioni di lingua tedesca dell'Italia, c'è quella dei "Dreikönigssingen" (Cantori dei Magi) o "Sternsinger" (Cantori della Stella): intorno alla festa dell'Epifania o dei Re Magi, i bambini vestiti in questo modo e con la Stella di Betlemme vanno di casa in casa portando la benedizione, tradizionalmente scritta in gesso bianco sulla porta. La scritta "Christus mansionem benedicat" ("Cristo benedica questa casa") ha anche la connotazione di riferirsi alle iniziali dei nomi dei re in tedesco: Caspar, Melchior e Balthasar.

Adesivo con la benedizione 20*C+M+B+24 sulla porta di un appartamento ©José M. García Pelegrín

Secondo la tradizione, la benedizione è scritta in modo prestabilito: "20*C+M+B+24"; l'asterisco simboleggia la stella. Fa parte della tradizione che, in occasione di una cerimonia di benedizione, il vescovo o il parroco inviino i bambini, poiché ogni parrocchia, oltre a quella diocesana, invia i propri "Sternsingers". Ultimamente, gli Sternsinger portano la "benedizione" preparata su adesivo. In seguito, l'iscrizione o il cartoncino vengono incensati e gli "Sternsingers" intonano canti natalizi.

Origini della tradizione

Questa tradizione risale alla metà del XVI secolo: la più antica testimonianza di questa usanza è un documento dell'Abbazia di San Pietro a Salisburgo del 1541. Deve essersi diffusa rapidamente: a Wasserburg am Inn è registrata nel 1550, a Laufen e Eggenburg nel 1552, nell'abbazia benedettina di Ettal nel 1569 e a Burghausen nel 1577. 

Dalla metà del XX secolo, questa tradizione è stata associata alle campagne della Chiesa cattolica per raccogliere fondi per progetti di aiuto allo sviluppo per i bambini bisognosi di tutto il mondo. In Germania, dal 1958 le campagne sono coordinate dall'organizzazione missionaria per bambini "Die Sternsinger", con sede ad Aquisgrana, insieme all'Associazione della Gioventù Cattolica Tedesca (BDKJ).

Ogni anno partecipano circa 300.000 bambini in Germania, che nel 2023 hanno raccolto esattamente 45.454.900,71 euro. Dalla sua nascita nel 1958, si stima che siano stati raccolti 396 milioni di euro, con i quali sono stati finanziati circa 40.000 progetti.

Con il Presidente della Repubblica Federale di Germania, Frank-Walter Steinmeier e sua moglie Elke Büdenbender ©Verena Roth / Kindermissionswerk

Un obiettivo all'anno

Per far conoscere ai partecipanti a queste campagne le condizioni di vita dei bambini bisognosi, ogni anno la campagna dell'Epifania si concentra su un tema diverso e su un Paese diverso.

Lo slogan della campagna 2024 è: "Insieme per la nostra Terra, in Amazzonia e nel mondo". Tuttavia, le donazioni non sono destinate solo a questa regione, ma a 1.179 progetti per i bambini di tutto il mondo, che coprono più di 90 Paesi, dall'America Latina all'Oceania, dall'Europa orientale al Medio Oriente e all'Asia.

Tradizionalmente, gli "Sternsinger" sono ricevuti dal Presidente della Repubblica Federale, dal Cancelliere, da altri membri del Governo Federale nei loro ministeri e da alcuni Ministri-Presidenti degli Stati Federali. Länder e dai sindaci. 

I tre saggi

Il numero tre dei Magi si riferisce al dono di oro, incenso e mirra che i Magi offrirono a Gesù Bambino a Betlemme.

Dal VI secolo circa compaiono, ad esempio, nella basilica di Sant'Apollinare Nuovo a Ravenna con i tre nomi classici: Baldassarre, Melchiorre, Gaspare; hanno tratti orientali, accentuati dal berretto frigio.

Già qui c'è una certa differenziazione delle età. Tuttavia, a partire da Beda Venerabile (VIII secolo) si ritiene che essi simboleggino le tre età dell'uomo, così come i tre continenti fino ad allora conosciuti: il più vecchio, l'Asia; l'età di mezzo, l'Europa; il più giovane, l'Africa, anche se quest'ultima, nella storia dell'arte, non viene rappresentata come nera fino al XVI secolo circa.

Anche se fino a non molto tempo fa, uno dei "saggi" era solito dipingersi il viso di nero, come conseguenza della cultura svegliatoQuesta pratica è quasi scomparsa. Quest'anno, tuttavia, le dichiarazioni della teologa protestante Sarah Vecera hanno fatto scalpore in Germania: "Per le persone di colore è offensivo che il nero sia visto come un travestimento e che i bianchi si dipingano il viso di nero", ha dichiarato in un'intervista a "Evangelischer Pressedienst (epd)".

Sebastian Ostritsch ha risposto su "Die Tagespost": "Descrivere la rappresentazione di un re nero che rende omaggio a Cristo e distribuisce benedizioni alle famiglie come 'blackfacing' non ha senso per ragioni storiche e culturali, oltre che teologiche. Storicamente e culturalmente parlando, il "blackfacing" si riferisce ai "minstrel show" del XIX secolo negli Stati Uniti. In questa forma di teatro, popolare all'epoca, i neri venivano ritratti dai bianchi in un modo non proprio lusinghiero e carico di stereotipi negativi. Tuttavia, il nero tra i Magi è inserito in un contesto completamente diverso: non si tratta di ridicolizzare i neri, ma del contrario (...) La diversità dei Magi, che si manifesta anche nel colore della loro pelle, fa capire che tutti i popoli, senza eccezione, sono invitati ad avvicinarsi al Salvatore. Mentre la cultura svegliato predica la "diversità", in realtà promuove solo un egualitarismo distruttivo. Al contrario, gli Sternsinger rivelano la gloriosa unità nella diversità che possiamo trovare in Cristo".

Nel 2015 gli Sternsinger sono stati inseriti nella lista del patrimonio culturale immateriale della Germania.

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Educazione

L'Università di Villanueva organizza un concerto di solidarietà

Il 25 gennaio l'Università di Villanueva terrà un concerto di solidarietà per finanziare un progetto di volontariato in Kenya. Questa iniziativa fa parte delle attività di "Villanueva Solidaria".

Loreto Rios-20 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

"Con l'obiettivo di promuovere la responsabilità sociale e l'importanza di lasciare un'impronta positiva sull'ambiente, l'Università di Villanueva promuove diverse attività e progetti, organizzati e gestiti da 'Villanueva Solidaria'", spiega Begoña Fornés, coordinatrice dell'iniziativa.

"Le attività di volontariato che vengono promosse sono rivolte all'intera comunità universitaria (studenti, alumni, docenti e personale amministrativo e di servizio, famiglie e amici). Più siamo, più bisogni possiamo soddisfare e, soprattutto, più persone possiamo raggiungere", aggiunge.

Concerto MAD4Clarinets

Una delle iniziative è il concerto di solidarietà MAD4Clarinets, che si terrà il 25 gennaio dalle 19.30 alle 21 nell'auditorium dell'edificio B dell'università.

Il concerto, che sarà eseguito dal quartetto MAD4Clarinettesarà finalizzato al finanziamento del progetto di volontariato internazionale in Kenya". Inoltre, l'iniziativa prevede la possibilità di acquistare i biglietti del "Fila 0" per coloro che vogliono collaborare al progetto ma non possono partecipare al concerto. Tutte le informazioni sono disponibili qui.

Volontariato internazionale

Con i contributi del concerto, Villanueva Solidaria finanzierà uno dei suoi progetti più importanti: il volontariato internazionale, che si svolgerà in Kenya nel mese di luglio 2024. Per partecipare a questa attività è necessario sostenere un colloquio personale, avere esperienza di volontariato e partecipare ad almeno 80 % di sessioni di preparazione. "Il progetto MaTumaini (che in swahili significa 'speranza') è nato nel 2016 con l'impegno di promuovere la formazione di bambini, adolescenti e insegnanti di istituti scolastici africani situati in aree rurali molto povere, soprattutto in Kenya, da cui il motto del progetto, 'formare la speranza'", spiega Begoña Fornés.

Altre attività

Numerose sono le attività di volontariato che si possono svolgere con Villanueva Solidaria, come l'iniziativa "Win Win", per offrire formazione agli anziani sull'uso del cellulare e del computer; l'accompagnamento personale nei centri per anziani; l'accompagnamento nelle uscite di svago per bambini e ragazzi con bisogni speciali, in collaborazione con l'associazione "Villanueva Solidaria". Fondazione Talita e il Fondazione Down Madridsupporto scolastico per i bambini della scuola primaria o secondaria, in collaborazione con Cooperazione internazionale, Fondazione Senara e il Associazione ValdeperalesProgetto Naím, che consiste in una catechesi personalizzata per bambini con bisogni speciali; accompagnamento di bambini e adulti ricoverati in ospedale, in collaborazione con l'associazione Fondazione Vianorte-Laguna e il ONG NadiesoloIl progetto comprende anche: distribuzione di "beni di prima necessità alle famiglie senza risorse"; colazioni di solidarietà; donazioni di sangue in collaborazione con la Croce Rossa; tinteggiatura delle case delle famiglie senza risorse, ecc.

Richiesta di informazioni

Le informazioni sulle attività e le iscrizioni possono essere consultate tramite:

[email protected]

[email protected]

Whatsapp: 659 15 46 04

Zoom

Veglia di preghiera per la vita a Washington

Monsignor Michael F. Burbidge di Arlington tiene l'omelia durante la Messa di apertura della Veglia nazionale di preghiera per la vita, il 18 gennaio 2024, nella Basilica del Santuario nazionale dell'Immacolata Concezione a Washington.

Maria José Atienza-19 gennaio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

La Chiesa celebra la Domenica della Parola di Dio

Rapporti di Roma-19 gennaio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il 21 gennaio la Chiesa celebra la Domenica della Parola. Papa Francesco ha istituito questa giornata nel 2019 con l'obiettivo di promuovere la lettura della Bibbia e l'evangelizzazione.

Francesco ha chiesto alle diocesi di tutto il mondo di trattare questo giorno con una certa solennità. In Vaticano, la Messa sarà celebrata a San Pietro alle ore 9.30.


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Mondo

Roma ricorda il cardinale Ercole Consalvi (1757-1824)

Nei prossimi giorni si terranno a Roma una serie di eventi per commemorare il cardinale Ercole Consalvi, figura chiave della Chiesa cattolica all'inizio del XIX secolo.

Giovanni Tridente-19 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

In occasione del bicentenario della morte del cardinale Ercole Consalvi, figura chiave della Chiesa cattolica nel tumultuoso periodo dell'inizio del XIX secolo, nei prossimi giorni sarà organizzato a Roma una serie di eventi che coinvolgono la Segreteria di Stato, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche, i Musei Vaticani e il Collegio Inglese.

Protagonista di una carriera politica eccezionale e di rara finezza strategica – come è stato definito da alcuni esperti della figura - Ercole Consalvi nacque a Roma l'8 giugno 1757, figlio del marchese Giuseppe di Tuscania e di Claudia dei conti Carandini. Dopo aver studiato all'Accademia dei nobili ecclesiastici di Roma, la sua carriera politica prese avvio con il conclave aperto a Venezia il 30 novembre 1799, dopo la morte di Pio VI. Successivamente, sotto il pontificato di Pio VII Chiaramonti, divenne prosegretario di Stato e poi Segretario di Stato nel 1800, nonostante fosse solo un semplice prelato.

Abile diplomatico

Nella conferenza stampa di presentazione delle iniziative commemorative, Padre Marek Andrzej Inglot, S.I., Presidente del Pontificio Comitato di Scienze Storiche, ha evidenziato come il Cardinale Consalvi fu un abile diplomatico che operò in un periodo di grandi turbolenze istituzionali, ideologiche ed economiche. La sua azione si estese dagli Stati della Chiesa alla Francia, all'Inghilterra, all'Austria e alle Americhe. Rappresentò un'icona-modello del Segretario di Stato, difendendo le ragioni della dottrina e adattandosi alle contingenze dei tempi.

Un Convegno Internazionale di Studi

Tra le attività previste per il bicentenario della morte, il Pontificio Comitato di Scienze Storiche ha accolto la proposta della Segreteria di Stato di organizzare un Convegno Internazionale di Studi, che si terrà nei giorni 22 e 23 gennaio presso la Sala Conferenze dei Musei Vaticani. Verranno affrontate le diverse dimensioni dell'operato del Cardinale, dalla sua azione diplomatica alle politiche culturali.

La visita al Regno Unito

Un altro degli aspetti del vissuto del Cardinale Consalvi ha a che fare con una sua visita al Regno Unito nel 1814, che segnò una svolta nelle relazioni anglo-papali. La sua presentazione raffinata alla società britannica contribuì significativamente a ridurre il pregiudizio anti-cattolico in Gran Bretagna, aprendo la strada all'approvazione del Catholic Emancipation Bill nel 1829.

Lo ha evidenziato in Conferenza Stampa il Prof. Maurice Whitehead, direttore dell’Heritage Collections & Research Fellow, Venerabile Collegio Inglese. A questo riguardo, il Venerabile Collegio Inglese e l'Ambasciata Britannica presso la Santa Sede organizzano congiuntamente ulteriori due attività, un simposio e un concerto aperto al pubblico. Il simposio esplorerà l'impatto del Cardinale sul Regno Unito, mentre il concerto, intitolato "Potere, Patronato e Diplomazia: Cardinale Ercole Consalvi (1757–1824) e la musica", sarà eseguito dall'ensemble inglese Cappella Fede.

Una duratura eredità

Ercole Consalvi morì a Roma il 24 gennaio 1824. Le sue ultime parole, "Io sono tranquillo", risuonano come un testamento ideale di operosa serenità in tempi tanto burrascosi. Del resto, è acclamato come inesausto servitore della Chiesa Universale e del Successore di Pietro, come attestano anche i suoi Cenni Biografici pubblicati a Venezia nel 1824.

Le iniziative romane intendono dunque offrire l’opportunità di esplorare la vita e l'eredità di una delle figure degli ultimi tempi che hanno segnato profondamente il corso della storia ecclesiastica e diplomatica.

L'autoreGiovanni Tridente

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Stati Uniti

Inizia la novena del rispetto della vita in tutti gli Stati Uniti

I cattolici di tutto il Paese possono unirsi a questa iniziativa e pregare la novena "Nove giorni per la vita", che si concluderà mercoledì 24 gennaio.

Jennifer Elizabeth Terranova-19 gennaio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Sappiamo tutti che quando crediamo, tutto è possibile e che "... la fede è la certezza delle cose che si sperano, la convinzione delle cose che non si vedono".

Si avvicina un'altra "Marcia per la Vita" e i pro-vita si preparano a riunirsi a Washington. Il 19 gennaio, i cattolici di tutto il Paese possono unirsi e pregare una novena "Nove giorni per la vita" che inizia il 16 gennaio e si conclude mercoledì 24 gennaio per iniziare un altro anno di lavoro, difesa e festeggiamenti per il dono della vita.

I partecipanti possono "accedere alla novena e anche iscriversi per ricevere le preghiere quotidiane via e-mail o SMS in inglese o spagnolo", come si legge sul sito web dell'USCCB.

Dalla sua nascita, la Nona ha raggiunto centinaia di migliaia di persone in oltre cento Paesi e sei continenti, il che è impressionante, ma la guerra non è finita, quindi sforziamoci di raggiungere un altro milione di persone. L'intenzione è quella di porre fine all'aborto, ma per farlo dobbiamo sradicarlo dal subconscio e dalla coscienza. L'educazione e l'informazione sono essenziali per difendere i nascituri.

Fortunatamente, ogni intenzione di preghiera quotidiana è accompagnata da una riflessione, da "informazioni educative e da suggerimenti per azioni quotidiane". È disponibile anche un kit di risorse e altri materiali.

La novena annuale di Respect Life è un'occasione di preghiera e di ricompensa in osservanza della Giornata di preghiera per la protezione giuridica dei bambini non nati, che si celebra il 22 gennaio. "L'Istruzione Generale del Messale Romano (GIRM), n. 373, designa il 22 gennaio come un giorno particolare di preghiera e penitenza, chiamato 'Giornata di preghiera per la protezione legale dei bambini non nati'".

Dio ha ascoltato le grida di chi è senza voce e vulnerabile il 24 giugno 2022, quando la Corte Suprema ha annullato il diritto costituzionale all'aborto. Mentre celebriamo e lodiamo la sentenza Dobbs contro Jackson Women's Health Organization che ha rovesciato la Roe V. Wade, continuiamo a piangere i milioni di bambini che hanno perso la vita e le innumerevoli famiglie che soffrono le ferite dell'aborto. Dobbiamo ricordare che continua la crociata per abortire vite innocenti, corrompere le menti di giovani donne e uomini e promuovere la "mentalità dell'aborto su richiesta".

Quasi cinquant'anni di ferventi preghiere e cinquanta marce per la vita hanno dimostrato che Dio onnipotente e le novene possono rovesciare la legge più orribile.

Per quanto le cose possano sembrare incoraggianti e gioiose, non si potrebbe dimenticare la palese ostilità che i fornitori di aborti hanno nei confronti dei non nati; pertanto, dobbiamo rimanere saldi nella preghiera e nella continua difesa. Il sito web della Marcia per la Vita afferma che, mentre la Marcia è un evento annuale, l'educazione pro-vita è un impegno che dura tutto l'anno.

Quest'anno è la cinquantunesima Marcia per la Vita e la seconda nell'America post-Roe. Il tema è "Con ogni donna, per ogni bambino", che si concentra sull'aiuto alla madre e al bambino durante la gravidanza e dopo la nascita. In una recente dichiarazione, Jeanne Mancini, presidente del Fondo per l'educazione e l'advocacy della Marcia per la Vita, ha affermato: "Celebriamo l'eroico lavoro dei Centri di assistenza alla gravidanza e delle Case di maternità, offrendo allo stesso tempo una tabella di marcia per raggiungere una cultura che rispetti la dignità intrinseca di ogni vita umana". È stata inoltre lieta di annunciare e dare il benvenuto ai "leader pro-vita ispiratori che parleranno alla Marcia per la Vita di quest'anno".

Nell'enciclica di Papa Giovanni Paolo II, Evangelium Vitaeha scritto:

"Una grande preghiera per la vita è urgentemente necessaria in tutto il mondo. Attraverso iniziative speciali e nella preghiera quotidiana, da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo e associazione, da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente deve levarsi un'appassionata supplica a Dio, Creatore e amante della vita".

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Mondo

L’Iran: dall’antica Persia alla Repubblica islamica. Prima parte

Con questo articolo, Gerardo Ferrara inizia una serie in cui approfondisce le origini, la religione e la lingua dell'Iran di oggi, "un Paese dalla cultura millenaria, asse di un'antica civiltà e centro di un impero così vasto da essere considerato il primo impero globale".

Gerardo Ferrara-18 gennaio 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Il Paese oggi noto come Iran è al centro dell’attenzione mondiale per la sua importanza strategica, ma soprattutto per il regime teocratico al potere dal 1979, la repressione interna dei diritti umani, la discriminazione nei confronti delle donne e le alleanze internazionali.
Non molti ricordano, tuttavia, che l’Iran è un Paese dalla cultura millenaria, fulcro di un’antica civiltà e centro di un impero così vasto da essere considerato il primo impero globale.
Spesso, inoltre, si confonde il popolo dell’Iran, il cui gruppo etnico predominante è quello persiano, di lingua indoeuropea, con gli arabi, popolo invece di lingua semitica e che in Iran rappresentano solamente l’1% della popolazione. Anche l’islam praticato in Iran, quello sciita, è particolare rispetto a quello sunnita, molto più diffuso nel mondo.

L’origine “ariana”

Il nome “Iran” è un termine “cognato”, cioè ha la medesima radice di “ariano”, in riferimento alla “terra degli ariani”. Curiosamente, la radice è la stessa di “Irlanda” (o “Eire”, in gaelico). Che cosa hanno in comune gli iraniani e gli irlandesi, potremmo chiederci? Ebbene, proprio il fatto di essere, come tutti gli “ariani” (termine famigerato ma che tecnicamente si riferisce alle antiche tribù ariane o indoarie stanziate in un primo momento nella regione corrispondente oggi a Iran e India ma che poi emigrarono anche in Europa) di lingua indoeuropea (celti, slavi, germani, indiani, persiani, armeni, greci e latini erano tutti popoli di lingua indoeuropea, così come lo sono i loro discendenti, tra cui italiani e spagnoli).
I linguisti concordano, infatti, tramite analisi linguistica comparativa, nel far risalire a una lingua “protoindoeuropea” tutti gli idiomi che oggi rientrano all’interno del ramo indoeuropeo, dal persiano, all’hindi, allo spagnolo, all’inglese, al tedesco, al russo, ecc.
Alcuni esempi di questa comune ascendenza sono i termini:

-Padre (italiano e spagnolo); pater (latino); patér (greco antico, moderno: patír); father (inglese); vater (tedesco); padar (persiano); pita (hindi);
-Madre (italiano e spagnolo); mater (latino); metér (greco antico, moderno: mitéra); mother (inglese); mutter (tedesco); madar (persiano); maata (sanscrito);

Altra incredibile assonanza (tra le tante) è: daughter (figlia, in inglese) con tochter (tedesco), thygatér (greco antico), dochtar (persiano).
Il toponimo “Iran” compare per la prima volta nei testi avestici (l’avestico, altro idioma indo-ario, è noto per essere la lingua liturgica dello Zoroastrismo e del suo libro sacro, l’Avesta) come “Aryana vaeža”, “Paese degli ariani”, poi evoluta in Eranshahr ed Eran. Fino al 1935, invece, il Paese era conosciuto in Occidente come Persia, nome derivato dal greco Persis, a sua volta proveniente dal toponimo dalla regione meridionale dell’Iran, Fars/Pars.

Alcuni dati

L’Iran è situato nel Vicino Oriente (Asia sudoccidentale), ha una superficie di 1.648.195 km² (diciassettesimo Paese più esteso del mondo) e una popolazione di circa 90 milioni di abitanti, di cui il 51% è di etnia persiana. Il secondo gruppo etnico, con il 24% circa della popolazione, sono gli azeri di lingua turca, cui seguono kurdi, baluci, armeni, turcomanni, arabi, assiri, georgiani e altri.
Le minoranze etniche in Iran, specie gli azeri, erano molto ben integrate prima della Rivoluzione islamica del 1979. Fino al periodo Pahlavi, infatti, l’identità del Paese non era esclusivamente persiana, bensì “sovra-etnica”, anche per la grande presenza, a livello politico e culturale, dell’elemento turco-azero. Gli attriti, semmai, cominciarono, specie tra l’elemento turcico e il persiano, dal XX secolo in poi, quando il nazionalismo (ideologia d’origine positivista e occidentale), più che il fondamentalismo islamico presente oggi, non giunse anche in Iran. In generale, però, nonostante i problemi passati e presenti, si può ancora affermare che l’Iran sia uno Stato multietnico e che vi sia discreta armonia tra le diverse comunità.

A livello religioso, invece, prevale (quasi in tutte le etnie) l’islam. Il 99% degli iraniani è musulmano (90% sciiti e 9% sunniti). Le minoranze non islamiche costituiscono meno dell’1%, in particolare cristiani, zoroastriani, ebrei, mandei, baha’i e Ahl-e Haqq (o yarsanisti, un’altra religione sincretica come mandeismo e bahaismo). Delle particolarità di queste religioni parleremo più avanti.

Un po’ di storia

L’Iran è un Paese dalle radici antichissime e dalla storia complessa e plurimillenaria. La presenza umana nella regione, infatti, è attestata fin dal Paleolitico inferiore (tra il decimo e il settimo millennio a.C.), con la fondazione dei primi villaggi che risale a circa cinquemila anni prima di Cristo.
Durante l’Età del bronzo, la regione fu sede di diverse civiltà, la cui più importante era Elam (gli elamiti sono citati anche nella Bibbia), che si svilupparono parallelamente a quella della Mesopotamia, ove troviamo prima i sumeri e poi gli assiro-babilonesi (questi ultimi di lingua semitica). Anche in Elam fu elaborata una scrittura cuneiforme dal III millennio a.C.
Nel II millennio a.C., gli antichi popoli iranici (medi, persiani e parti) giunsero nella regione, provenienti dalle steppe eurasiatiche, e si dispersero in un’area più ampia, rivaleggiando con i regni “pre-iranici” ma cadendo comunque, insieme a questi ultimi, sotto il dominio dell’Impero assiro che aveva sede nella Mesopotamia settentrionale, fino al 605 a.C.

L’Impero dei medi fu fondato nel 728 a.C., con capitale Ecbatana (la città menzionata nel libro anticotestamentario di Tobia), e arrivò a controllare quasi tutto il territorio dell’attuale Iran e l’Anatolia orientale.

Nel 550 a.C., Ciro il Grande, della dinastia dei Tespidi, conquistò l'Impero Mediano e fondò l'Impero achemenide, estendendo il suo dominio verso ovest fino alla Lidia e alla Babilonia, EgittoL'Impero neobabilonese fu conquistato dai Babilonesi, da parti dei Balcani e dell'Europa orientale, e ad est fino al fiume Indo. La conquista dell'Impero neobabilonese risale al 539 a.C. (citata anche nella Bibbia).

Nel 522 a.C., Dario il Grande, della dinastia degli Achemenidi, s’impadronì del trono dopo la morte di Ciro per una caduta da cavallo. Fu lui il fondatore dell’Impero achemenide, per cui costruì una nuova capitale, Persepoli. Nella sua massima estensione, tale impero giunse a comprendere territori dell’odierno Iran e dell’Azerbaigian, l’Armenia, la Georgia, la Turchia (Anatolia), gran parte delle regioni costiere del Mar Nero, la Grecia settentrionale e la Bulgaria, gran parte del Vicino e Medio Oriente e dell’Asia centrale, la parte settentrionale della Penisola arabica, molte delle città dell’antico Egitto fino all’estremo ovest della Libia. Fu il più grande impero che il mondo avesse mai visto. Si stima che nel 480 a.C. vi abitassero 50 milioni di persone, il 44% della popolazione mondiale, la percentuale di popolazione mondiale in un unico Stato mai registrata nella storia.

L’impero achemenide è noto anche per la liberazione degli ebrei deportati a Babilonia, le numerose infrastrutture costruite, l’invenzione del Chapar (servizio postale) e l’utilizzo dell’aramaico imperiale (lingua semitica) come lingua ufficiale.

Un po’ come i greci e gli etruschi con i romani, anche gli assiri e i medi, sebbene sconfitti dai persiani, ebbero su di essi una notevole influenza culturale e religiosa, in particolare i medi, attraverso la casta sacerdotale dei magi zoroastriani, gli stessi di cui parla il Vangelo di Luca.

Furono i greci a porre fine all’epopea achemenide, in un primo momento con la rivolta greca sui confini occidentali, culminata nelle Guerre greco-persiane (V secolo a.C.), conclusesi con il ritiro dei persiani da tutti i territori dei Balcani e dell’Europa orientale, e posteriormente con la conquista di Alessandro Magno, nel 334 a.C., il quale sconfisse l’ultimo imperatore achemenide, Dario III. Dopo la morte di Alessandro, la Persia passò sotto il controllo dell’Impero ellenistico seleucide, poi di quello dei Parti fino al 224 d.C. e infine di quello sasanide.

Le forze arabo-islamiche, guidate dai califfi Rashidùn, estesero il loro dominio sulla regione persiana nel VII secolo d.C., grazie all’indebolimento dell’Impero sasanide causato da lotte intestine favorite anche dai costanti contrasti con il suo vicino e acerrimo rivale: l’Impero bizantino.

La Persia, infatti, ove proprio da ovest si stava diffondendo il cristianesimo con la forte opposizione, e persecuzione, degli ultimi sovrani sasanidi, si trovò sorprendentemente fragile di fronte all’avanzata delle truppe islamiche, con i nuovi governanti musulmani pronti a incoraggiare, spesso a imporre, la conversione religiosa alla nuova religione.

La conquista islamica dell’Iran ebbe un impatto duraturo sulla regione, portando a cambiamenti culturali, sociali e religiosi, tanto che il Paese divenne gradualmente un centro fondamentale della civiltà islamica, con la fusione di tradizioni persiane e musulmane che ha plasmato l’identità iraniana nel corso dei secoli producendo tra i più grandi poeti, artisti, filosofi e pensatori che l’islam abbia mai avuto, tra cui il celebre al-Khwarizmi (da cui il termine “algoritmo”), matematico, astronomo e geografo persiano, conosciuto come il padre dell’algebra, e l’ancor più famoso Jalal ad-Din Rumi, poeta universale.
Nei periodo successivi si susseguirono samanidi, turchi selgiuchidi, i Mongoli nel XII secolo, fino a Tamerlano e all’Impero timuride nel XIV secolo.

Nel XVI secolo, l’Impero safavide stabilì lo sciismo come religione di Stato, creando una caratteristica distintiva dell’identità iraniana.
Nel XVIII secolo l’ingerenza straniera portò a una divisione del Paese, con il declino dell’Impero.

Nel XX secolo, invece, l’Iran fu sotto l’occupazione britannica e sovietica durante la Seconda Guerra Mondiale, un periodo di grande instabilità. Nel 1951, il Primo Ministro Mohammad Mossadeq nazionalizzò l’industria petrolifera, provocando una reazione internazionale cui seguì, nel 1953, un colpo di Stato ordito dagli Stati Uniti e dal Regno Unito depose Mossadeq, ripristinando il potere dello Shah, che lo stesso Mossadeq aveva costretto a lasciare il Paese.
Ma la svolta cruciale avvenne nel 1979 con la Rivoluzione islamica, guidata dall’Ayatollah Khomeini. Questi, con estrema arguzia, si mise a capo di tutte le opposizioni contro il regime dello Shah Reza Pahlavi, eliminandole poi tutte una volta preso il potere e trasformando l’Iran in una repubblica islamica. Negli anni ‘80, l’Iran si trovò coinvolto nella lunga e distruttiva guerra con l’Iraq, che causò tra uno e due milioni di morti. Le tensioni internazionali si acuirono, specialmente riguardo al programma nucleare.
Nel 2015, il Paese accettò un accordo sul nucleare con le potenze mondiali, portando a una riduzione delle sanzioni. Tuttavia, continua a essere coinvolto in questioni geopolitiche complesse nel Medio Oriente e nel mondo, mentre la sua popolazione giovane e istruita aspira a cambiamenti sociali ed economici che tardano ad arrivare.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

Per saperne di più
FirmeKlaus Küng

L'unità della Chiesa scaturisce da Cristo

Dal 18 al 25 gennaio 2024 la Chiesa celebra la Settimana di preghiera per l'unità dei cristiani. Il motto di quest'anno è "Ama il Signore tuo Dio... e il tuo prossimo come te stesso".

18 gennaio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Ogni anno la Chiesa partecipa alla Settimana mondiale di preghiera per l'unità dei cristiani.

Ci stiamo avvicinando alla grande meta o le differenze sono troppo grandi e le spaccature troppo profonde? E le difficoltà in cui si trova la Chiesa stessa: con una massiccia diminuzione della pratica della fede, soprattutto nei Paesi altamente sviluppati, nonostante una tradizione cristiana millenaria, con infinite controversie, critiche da tutte le parti, che costituiscono anche un problema per la Chiesa. Papa Francesco.

Riuscirà la Chiesa a superare la perdita di fiducia subita in seguito agli episodi di abuso e, nonostante le dispute tra forze liberali e conservatrici che esistono dal Concilio in poi, a essere fedele al messaggio evangelico, ad annunciarlo con coraggio, ma anche a trasmettere percorsi di guarigione e di perdono quando si presentano le necessità in seguito a fallimenti e difficoltà di ogni tipo, come sottolinea in particolare il Papa? Oppure l'avversario riuscirà a mettere a tacere la voce della Chiesa su questioni essenziali e ad accecare i percorsi di guarigione e di perdono?

È bene che siamo attratti dalla Settimana mondiale di preghiera per l'unità dei cristiani e sentiamo l'urgenza di pregare per tutti i cristiani, soprattutto per Papa Francesco e i suoi collaboratori, anzi per tutta la Chiesa e tutti i cristiani.

A volte, soprattutto negli ultimi anni, mi sono chiesto cosa ci direbbe San Josemaría, di cui abbiamo appena celebrato il compleanno, nella situazione attuale della Chiesa. Arrivo sempre alla stessa conclusione. Senza dubbio ci griderebbe: "Non abbiate paura! Lo stesso direbbero tutti i Papi degli ultimi decenni, da San Giovanni XXIII a Papa Francesco. Sì, Gesù stesso ci dà questa risposta quando ci rivolgiamo a lui in preghiera.

Ha vinto il mondo, ha testimoniato la verità, ha dato la sua vita per essa e, con la sua sofferenza e la sua morte in croce, con la sua obbedienza fino alla morte e la sua morte in croce, ha vinto il peccato e ha vinto la morte. È risorto ed è tornato nella casa del Padre come "primogenito dai morti" (Col 1,18). Tuttavia, è ancora presente nella Chiesa, perché lo Spirito Santo è inviato nel mondo dal Padre e da lui, suo Figlio, fino alla fine dei tempi, per portare avanti nella Chiesa l'opera di redenzione compiuta da Gesù e da lui stesso, rendendola accessibile a tutti e, in qualche modo, anche visibile, nonostante la debolezza di coloro che la portano, anzi, proprio attraverso di essa. È così che il cristianesimo può durare, in tutte le situazioni e i problemi, in tutti i tempi, anche oggi.

Fin dall'inizio della Chiesa, ci sono sempre state opposizioni. A volte sono state molto aspre e hanno portato persino a delle scissioni. Nelle questioni difficili, i processi di chiarimento hanno spesso richiesto molto tempo. E le decisioni papali hanno talvolta incontrato incomprensione e resistenza. Ma lo Spirito Santo non solo ha salvato la Chiesa dalla distruzione, ma l'ha anche rinnovata, non appena i tempi erano maturi.

L'unità della Chiesa nasce - in un certo senso, sempre di nuovo - da Cristo: "Rimanete in me e io in voi" (Gv 15,4), ha promesso; e ha fatto la promessa: "Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quello che volete e vi sarà fatto" (Gv 15,7). Abbiamo buone ragioni per avere fiducia.

L'uomo può certamente realizzare molte cose e ottenere grandi successi senza Dio, ma a lungo andare è spesso difficile. Senza Dio non c'è un centro interiore, quindi a cosa serve tutto lo sforzo, tutto l'impegno? Non è raro che nella nostra vita e nel nostro ambiente scoppi una sorta di guerra, perché ognuno pensa solo a se stesso. Papa Benedetto XVI l'ha detto a volte in modo molto appropriato, affermando che senza Dio la vita diventa un inferno. La fede in Gesù apre la prospettiva della salvezza: Gesù ci conduce al Padre, che ci perdona e ci insegna a perdonare. Gesù ci dà il pane che viene dal cielo. Dà se stesso e ci insegna ad amare come Lui ama. Tuttavia, la società del "feel-good" e del "benessere" ci insegna anche che un cristianesimo di routine senza sforzo personale o un "cristianesimo selettivo", che prende dalla fede ciò che si adatta al proprio stile di vita senza alcuna necessità di cambiamento, non redime e spesso porta alla perdita della fede al più tardi nella generazione successiva, se non c'è un incontro nuovo e personale con Cristo. In questo senso, tutto il cristianesimo tiepido è in pericolo.

Per la Settimana Mondiale di Preghiera 2024 è stato scelto il seguente motto: "Ama il Signore tuo Dio e il prossimo tuo come te stesso". Ci aiuta a guardare al futuro con una certa serenità; con il desiderio di portare Gesù nel cuore, ben disposti ad alzare la voce quando è utile; ma anche pronti ad ascoltare, come desidera Papa Francesco, e sempre con la ferma intenzione di evitare critiche negative, il che non ci impedisce di implorare lo Spirito Santo di apportare i chiarimenti necessari non appena il momento è maturo; anzi, di farli avvenire il prima possibile.

L'autoreKlaus Küng

Vescovo emerito di Sankt Pölten, Austria.

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Vangelo

La chiamata alla conversione. Terza domenica del Tempo Ordinario (B)

Joseph Evans commenta le letture della terza domenica del Tempo Ordinario (B) e Luis Herrera offre una breve omelia video.

Giuseppe Evans-18 gennaio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Gesù invita Simon Pietro e Andrea a diventare pescatori di uomini. E Giona avverte gli abitanti di Ninive di convertirsi per non essere distrutti; essi lo fanno e si salvano. Le letture di oggi, in questa Terza Domenica del Tempo Ordinario, che Papa Francesco ha reso Domenica della Parola di Dio, possono aiutarci a considerare il potere di questa parola di salvare. Tutti noi, e non solo i sacerdoti, siamo predicatori di questa Parola, perché c'è una predicazione quotidiana che è l'esempio della nostra vita e delle nostre conversazioni personali con chi ci sta vicino. E tutti noi dobbiamo pescare anime per salvarle.  

Con i pesci normali, toglierli dall'acqua è la loro morte. Ma nella pesca delle anime dobbiamo proprio tirarle fuori dalle acque oscure del peccato e da tutti i predatori che potrebbero divorarle - il diavolo e le sue orde - per salvarle e poi deporle ai piedi di Cristo. Giona, che dopo tre giorni e tre notti nel ventre di una balena sapeva cosa significasse essere inghiottiti da un predatore, lo avrebbe capito bene.

Le conversazioni con i nostri amici saranno generalmente positive e incoraggianti, così come la parola di Dio. Come scrive San Paolo: "Perché il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che è stato annunciato in mezzo a voi [...], non era sì e no, ma in lui solo era sì." (2 Cor 1,19). Ma ci saranno momenti in cui dovremo avvertire chiaramente gli altri che questo o quel comportamento li porterà solo alla distruzione. Li stiamo pescando nelle acque della morte. "Dal cielo ha steso la mano e mi ha afferrato, mi ha tratto dalle acque potenti, mi ha liberato da un nemico potente, da avversari più forti di me."(Sal 18,17-18). Come mostra il Vangelo di oggi, Gesù inizia il suo ministero chiamando le persone al pentimento. La chiamata al pentimento rimane un aspetto essenziale del messaggio cristiano. Non possiamo semplicemente confermare le persone nel loro peccato.

Ma come evitare la negatività e l'amarezza nella nostra testimonianza? Cercando di essere i primi a pentirsi, vivendo in un costante stato di conversione. È bello vedere come, dopo Pietro e Andrea, Gesù chiami Giacomo e Giovanni mentre stanno rammendando le loro reti. Il cristiano deve essere sempre attento a rammendare le reti della propria anima, che ha molti strappi e fili spezzati. E, come gli apostoli, tutti noi dobbiamo lasciarci alle spalle le cose, i beni, le sicurezze, forse anche il lavoro e la famiglia, per seguire Cristo.

Omelia sulle letture di domenica 3a domenica del Tempo Ordinario (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.