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Gestis verbisqueuna nota nata dal compito materno del Magistero

Pubblicata dal Dicastero per la Dottrina della Fede all'inizio del mese di febbraio 2024, la Nota Gestis verbisque risponde ai dubbi sulla validità di alcune celebrazioni sacramentali.

Rafael Díaz Dorronsoro-15 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Il Dicastero per la Dottrina della Fede pubblicato il 2 febbraio la Nota Gestis verbisque sulla validità dei Sacramenti.

La Nota è stata sollecitata dal crescente numero di domande rivolte al Dicastero sulla validità di alcune celebrazioni sacramentali, alle quali ha dovuto rispondere con rammarico, rilevandone l'invalidità (cfr. Presentazione).

La Nota si propone di "aiutare i Vescovi nel loro compito di promotori e custodi della vita liturgica delle Chiese particolari loro affidate", offrendo "alcuni elementi di natura dottrinale sul discernimento della validità della celebrazione dei Sacramenti, prestando attenzione anche ad alcuni aspetti disciplinari e pastorali" (n. 4).

La parte dottrinale sviluppa tre temi specifici della teologia sacramentale: I. La Chiesa si realizza e si esprime nei Sacramenti; II. La Chiesa si realizza e si esprime nei Sacramenti; II. La Chiesa custodisce ed è custodita dai Sacramenti; e III. La presidenza liturgica e l'arte di celebrare.

Alcune immagini tratte dalla Sacra Scrittura incanalano la riflessione: l'immagine della Chiesa come sposa e corpo di Cristo e di Cristo come capo della Chiesa.

Alla fine di ogni tema, sono indicate alcune conseguenze disciplinari e pastorali in armonia con la dottrina presentata.

Natura sacramentale della Chiesa

Il primo tema mostra la natura sacramentale della Chiesa. La Nota inizia sottolineando che la Chiesa nasce dai Sacramenti. La citazione di sant'Agostino è eloquente: "Adamo dorme perché si formi Eva; Cristo muore perché si formi la Chiesa. Dal fianco di Adamo si forma Eva; dal fianco di Cristo morto in croce, ferito dalla lancia, scaturiscono i Sacramenti con i quali si forma la Chiesa" (n. 6: Sant'Agostino, In Johannis Evangelium tractatus 9, 10).

La Chiesa, dunque, è sacramento universale di salvezza (cfr. n. 7) perché Cristo l'ha fondata attraverso l'istituzione dei sacramenti. Tornando al paragone tra la nascita di Eva e la Chiesa, possiamo aggiungere che, come Dio ha plasmato il primo uomo dalla polvere della terra, che è diventato un essere vivente quando ha ricevuto il soffio della vita (cfr. Gen 2,7), così anche la Chiesa è stata plasmata attraverso l'istituzione di ogni Sacramento da parte di Cristo, e ha iniziato a vivere il giorno di Pentecoste con l'invio dello Spirito Santo.

I Sacramenti, tuttavia, non sono una cosa del passato, ma vengono celebrati dalla Chiesa nel corso della storia fino alla fine dei tempi. E poiché Cristo ha preso la Chiesa come sua sposa, come Adamo prese Eva come sua sposa, i due formano un solo corpo.

In ogni celebrazione sacramentale non solo la Chiesa celebra, ma anche Cristo è presente, "così che quando qualcuno battezza, è Cristo che battezza" (Concilio Ecumenico, Conc. Ecum. Vat. II, Cost. lit. Sacrosanctum Concilium, n. 22).

Si comprende così che la Chiesa, nella liturgia sacramentale, realizza e manifesta ciò che è: "segno e strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere umano" (n. 7: Conc. Ecumen. Vat. II, Cost. dog. Lumen gentium, n. 1).

Partendo da questa permanente origine divina della Chiesa, la Nota conclude il primo punto osservando che "gli interventi del Magistero in materia sacramentale sono sempre stati motivati da una fondamentale preoccupazione di fedeltà al mistero celebrato. La Chiesa, infatti, ha il dovere di assicurare la priorità dell'azione di Dio e di salvaguardare l'unità del Corpo di Cristo in quelle azioni che non hanno eguali perché sono sacre "per eccellenza" con un'efficacia garantita dall'azione sacerdotale di Cristo" (n. 10).

La Chiesa come custode dei sacramenti

La riflessione dottrinale prosegue con il tema La Chiesa è custode e guardiana dei Sacramenti.. Per comprenderne il contenuto, è opportuno ricordare che la Chiesa ha preso esplicitamente coscienza del settenario sacramentale solo nel XII secolo.

Il Magistero iniziò a insegnarlo a partire dal XIII secolo e il Concilio di Trento, di fronte alla crisi della Riforma protestante che negava l'origine divina dei sette Sacramenti, definì l'istituzione di ciascuno dei sette Sacramenti da parte di Cristo come un dogma di fede. Inoltre, nel corso dei secoli, sono stati modificati alcuni gesti ed elementi materiali ritenuti necessari per la celebrazione valida di alcuni Sacramenti.

Tutto ciò solleva la questione del potere della Chiesa di determinare il numero dei sacramenti e il segno sacramentale di ciascuno di essi. La risposta può essere considerata come la riflessione più originale della Nota.

Il Dicastero chiarisce che il potere della Chiesa non è arbitrario perché deve essere la sposa fedele del suo sposo, Cristo, che li ha istituiti. Per giustificare quanto avvenuto nel corso dei secoli, la Nota sostiene che il potere che la Chiesa può esercitare sui Sacramenti è analogo a quello che possiede nei confronti della Sacra Scrittura. "In quest'ultima, la Chiesa riconosce la Parola di Dio, messa per iscritto sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, stabilendo il canone dei libri sacri. Allo stesso tempo, però, si sottomette a questa Parola, che "ascolta con pietà, custodisce con accuratezza ed espone con fedeltà" (Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dog. Dei Verbum, n. 10). Allo stesso modo la Chiesa, assistita dallo Spirito Santo, riconosce i segni sacri attraverso i quali Cristo elargisce la grazia che scaturisce dalla Pasqua, determinandone il numero e indicando, per ciascuno di essi, gli elementi essenziali" (n. 11).

In merito alla determinazione del segno sacramentale, la Nota aggiunge che la Chiesa "sa in particolare che la sua potestas I sacramenti devono essere considerati alla luce della loro sostanza (cfr, Sessione XXI2). Come nella predicazione la Chiesa deve sempre annunciare fedelmente il Vangelo di Cristo morto e risorto, così nei gesti sacramentali deve conservare i gesti salvifici affidatele da Gesù" (n. 11).

Riconosce inoltre che "la Chiesa non ha sempre indicato in modo inequivocabile i gesti e le parole in cui consiste questa sostanza". divinitus instituta. In ogni caso, per tutti i Sacramenti appaiono fondamentali quegli elementi che il Magistero della Chiesa, in ascolto della sensus fidei del Popolo di Dio e in dialogo con la teologia, ha chiamato materia e forma, a cui si aggiunge l'intenzione del ministro" (n. 12).

Condizioni per la validità della celebrazione sacramentale

Le condizioni per la validità della celebrazione sacramentale sono le seguenti.

In primo luogo, deve essere rispettato ciò che la Chiesa ha stabilito circa la materia (gesti e uso di elementi materiali) e la forma (parole) di ogni Sacramento. Si precisa che la Chiesa non li ha determinati per puro capriccio o arbitrariamente ma, salvaguardando la sostanza dei Sacramenti, li ha indicati con autorità, radicati nella Tradizione e nella docilità all'azione dello Spirito Santo per meglio esprimere la grazia conferita dal Sacramento (nn. 12-16).

In secondo luogo, è necessario che il ministro abbia "l'intenzione di fare almeno ciò che fa la Chiesa" (n. 17: Conc. di Trento, Decretum di Sacramentiscan. 11).

Sottolinea inoltre l'unità intrinseca tra i tre elementi, che "si integrano nell'azione sacramentale in modo tale che l'intenzione diventi il principio unificante della materia e della forma, rendendole un segno sacro con cui viene conferita la grazia". ex opere operato" (n. 18).

Perciò il segno sacramentale manifesta l'intenzione del ministro, e "la grave modificazione degli elementi essenziali mette in dubbio anche la reale intenzione del ministro, inficiando così la validità del sacramento celebrato" (n. 19).

Il tema si conclude con un breve accenno all'integrazione del segno sacramentale nella celebrazione dell'intera liturgia sacramentale, rilevando che non si tratta di "una ornato Non è l'aspetto cerimoniale dei Sacramenti, né un'introduzione didattica alla realtà che si compie, ma è nella sua interezza l'evento in cui avviene l'incontro personale e comunitario tra Dio e noi, in Cristo e nello Spirito Santo" (n. 20).

Varietà di riti liturgici sacramentali

La liturgia "permette la varietà che preserva la Chiesa da una 'rigida uniformità'" (n. 21). Per questo motivo, la Chiesa accoglie nel suo seno una grande varietà di riti liturgici sacramentali, e i riti stessi prevedono possibili adattamenti della celebrazione a seconda delle circostanze.

La liturgia è l'azione della Chiesa, e affinché questa varietà non danneggi l'unità, la Nota ricorda "che, salvo i casi espressamente indicati nei libri liturgici, "la regolamentazione della sacra Liturgia è di esclusiva competenza dell'autorità della Chiesa" (Conc. Ecumen. Vat. II, Cost. lit. Sacrosanctum Concilium(n. 22), che risiede, a seconda dei casi, nel vescovo, nell'assemblea episcopale territoriale, nella Sede Apostolica" (n. 22).

La conclusione finale di questo secondo tema è che "cambiare di propria iniziativa la forma celebrativa di un Sacramento non costituisce un semplice abuso liturgico, come trasgressione di una norma positiva, ma una ferita inferta al tempo stesso alla comunione ecclesiale e al riconoscimento dell'azione di Cristo, che nei casi più gravi rende invalido il Sacramento stesso, perché la natura dell'azione ministeriale esige che si trasmetta fedelmente ciò che si è ricevuto (cfr. 1 Cor 15,3)" (n. 22: Congregazione per la Dottrina della Fede, Nota dottrinale sulla modifica della formula sacramentale del Battesimo, 8).

Il terzo tema, intitolato La presidenza liturgica e l'arte della celebrazioneL'attenzione si concentra sulla figura del ministro, che sta celebrando in persona Christi Capitis e in nomine Ecclesiae (cfr. n. 23). La nota specifica che per celebrare in persona Christi Capitis non conferisce al ministro un potere da esercitare arbitrariamente durante la celebrazione. Celebrare in persona Christi Capitis significa che il vero celebrante è Cristo (cfr. n 24). Se ci atteniamo alla teologia scolastica, diremmo che l'agente principale è Cristo e il ministro è un agente strumentale. È quindi comprensibile che la Nota continui a insegnare che il potere del ministro è una diaconia (cfr. n. 24).

Il ministro celebra anche a nome della Chiesa. Questa "formula chiarisce che mentre rappresenta Cristo Capo davanti al suo Corpo che è la Chiesa, rende anche questo Corpo, anzi questa Sposa, presente davanti al proprio Capo come soggetto integrante della celebrazione" (n. 25).

La conclusione è che "il ministro deve capire che la vera ars celebrandi è quello che rispetta ed esalta il primato di Cristo e l'attiva partecipazione di tutta l'assemblea liturgica, anche attraverso l'umile obbedienza alle norme liturgiche" (n. 26).

Siamo di fronte a un documento che nasce dall'autorità paterna e materna del Magistero, che veglia sulla salvezza del Popolo di Dio e di tutte le anime.

Non sorprende quindi che la Nota si concluda esortandoci a custodire tutta la ricchezza contenuta nei Sacramenti, affinché la fragilità umana non oscuri il primato dell'opera salvifica di Dio nella storia.

In questo compito, che spetta a tutta la Chiesa, i ministri hanno la particolare responsabilità di "far sì che la bellezza della celebrazione cristiana" sia mantenuta viva e non sia "deturpata da una comprensione superficiale e riduttiva del suo valore o, peggio ancora, dalla sua strumentalizzazione al servizio di una visione ideologica, qualunque essa sia" (n. 29: Francesco, C. App. Desiderio desideravi, n. 51).

L'autoreRafael Díaz Dorronsoro

Professore di Teologia sacramentaria, Pontificia Università della Santa Croce (Roma)

Vaticano

Il Papa fa i suoi Esercizi Spirituali per il 2024

Rapporti di Roma-14 febbraio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Papa inizia i suoi esercizi spirituali in questa Quaresima. Si svolgeranno nella sua residenza in Vaticano e il Papa sarà in ritiro dal 18 febbraio fino a venerdì sera, 23 febbraio.

Al ritiro si uniranno a lui diversi membri della Curia romana.


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Vaticano

Mercoledì delle Ceneri: il Papa incoraggia a superare la pigrizia e a pregare

All'inizio della Quaresima con il Mercoledì delle Ceneri, Papa Francesco ha incoraggiato a intensificare la preghiera per la pace nel mondo, e a lottare contro l'accidia e la pigrizia, con la pazienza della fede, la perseveranza nella presenza di Dio nelle situazioni difficili "qui e ora", ringraziando il cardinale Simoni per la sua testimonianza.

Francisco Otamendi-14 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Le parole affettuose e il saluto pubblico del Papa al cardinale Ernest Simoni, 95 anni, che ha sofferto 28 anni di carcere comunista in Albania e continua a dare "testimonianza lavorando per la Chiesa, senza scoraggiarsi", hanno esemplificato l'antidoto che il Santo Padre propone contro la tentazione dell'accidia o della pigrizia, una delle sue conseguenze.

Il Pontefice ha meditato sulla Pubblico di questo Mercoledì delle Ceneri, l'inizio della QuaresimaNell'ottava sessione del ciclo di catechesi su "Vizi e virtù", ha parlato dell'accidia, che "è più comunemente sostituita dalla pigrizia, che è uno dei suoi effetti". 

La lettura scelta è stata quella del capitolo 26 di Matteo, corrispondente all'inizio della preghiera di Gesù nel Getsemani, quando il Signore trova i discepoli addormentati e ricorda loro la necessità di pregare, perché lo Spirito è disposto ma la carne è debole.

La pazienza della fede

"L'accidia è una tentazione molto pericolosa, che ci porta a vedere tutto come grigio, monotono e noioso", e "può indurci ad abbandonare il buon cammino intrapreso, e persino portarci a perdere il senso della nostra stessa esistenza", ha detto Francesco ai pellegrini di diverse lingue, dopo la sintesi fatta in Aula Paolo VI dai lettori, oggi tutti donne, religiosi e laici, tranne la lettrice araba.

Acedia significa "noncuranza per la propria esistenza", ha aggiunto, e "ricorda la depressione: la vita perde di significato, la preghiera sembra noiosa, ogni battaglia sembra senza senso. È un po' come morire prematuramente.

Tra i rimedi, "i maestri di spiritualità indicano la pazienza della fede. Anche quando, sotto l'influenza dell'accidia, vogliamo fuggire dalla realtà, dobbiamo avere il coraggio di rimanere e di accettare nel mio "qui e ora" la presenza di Dio". "Anche i santi, che ci insegnano a vivere con pazienza la notte della fede, non sono stati risparmiati dall'accidia", ha detto.

"In quei momenti bui dobbiamo essere pazienti, accettando la nostra povertà e confidando sempre in Gesù, che non ci abbandona mai".

Accompagnare Gesù con la preghiera, il digiuno e l'elemosina.

Riferendosi al Mercoledì delle Ceneri, il Papa ha ricordato ai pellegrini provenienti da diversi Paesi che "oggi iniziamo la Quaresima. Vi invito in questo tempo ad accompagnare Gesù nel deserto con la preghiera, il digiuno e l'elemosina, testimoniando la fede con gioia e umiltà".

Al termine, nel suo messaggio ai fedeli italiani, e sottolineando il messaggio evento principale di questo giorno: "Oggi inizia il Quaresimaprepariamoci a vivere questo tempo come un'opportunità per conversione e rinnovamento interiore nell'ascolto della Parola di Dio, nella cura dei nostri fratelli e sorelle che hanno bisogno del nostro aiuto e nell'intensificazione della preghiera, soprattutto per il dono della pace nel mondo".

Francesco ha infine fatto la sua ultima richiesta in questi mesi. "Non dimentichiamo mai l'Ucraina martirizzata, e Israele e la Palestina, che soffrono tanto. Preghiamo per tutti i nostri fratelli e sorelle che soffrono per la guerra. Andiamo avanti nell'ascolto della Parola di Dio, intensificando la nostra preghiera, per chiedere la pace nel mondo. A tutti la mia benedizione.

La strada per costruire la pace 

Prima di salutare il cardinale Simoni, il Santo Padre ha ricordato che tutti abbiamo sentito o letto la storia dei primi martiri, tanti nella Chiesa, molti sono stati sepolti qui, negli scavi troviamo queste tombe, ma "anche oggi ci sono tanti martiri, forse più che all'inizio. Ci sono tanti perseguitati...". E si è rivolto all'anziano cardinale, che ha definito "un martire vivente".

Prima, rivolgendosi ai pellegrini polacchi che manifestavano rumorosamente, il Papa ha informato che "oggi in tutte le chiese del vostro Paese si fa una colletta per aiutare l'Ucraina. Di fronte a tante guerre, non chiudiamo il nostro cuore a chi è nel bisogno. Che la preghiera, il digiuno e l'elemosina siano la via per costruire la pace, e benedico voi e le vostre famiglie". imposizione delle ceneri nella basilica di Santa Sabina, a partire dalle 16.30.

L'autoreFrancisco Otamendi

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40 cose da fare per vivere la Quaresima

Dal non criticare gli automobilisti che incontriamo al chiamare qualcuno con cui non parliamo da molto tempo. Abbiamo proposto 40 piccole azioni, che fanno parte dell'elemosina, della penitenza e della preghiera, per vivere questi giorni di Quaresima.

Maria José Atienza-14 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Preghiera, penitenza e elemosina sono le tre linee principali lungo le quali i cristiani hanno tradizionalmente vissuto i quaranta giorni che precedono la celebrazione della passione, morte e risurrezione di Cristo.

L'esperienza del Quaresima Sono giorni per prepararci interiormente all'incontro con il Signore che la celebrazione dei grandi misteri della fede comporta.

Anche se i piccoli doni e le pratiche di pietà sono personali, abbiamo selezionato 40 cose che possono aiutare a vivere questo tempo intorno ai tre assi e che possono essere di aiuto a tutti i tipi di persone.

Potete farne uno al giorno, o diversi, oppure fare un calendario di Quaresima.

  1. Chiamate qualcuno che non chiamate da tempo. Non scrivere un messaggio, no. Chiamate e dedicate almeno qualche minuto ad ascoltare quella persona a cui non rispondete da tempo.
  2. Dare il denaro ricavato dal caffè. A un povero, alla parrocchia o a una comunità monastica tramite una donazione (oppure invitate un povero della vostra parrocchia a un caffè).
  3. Pregate un mistero del Rosario (o due, o tutto il Rosario).
  4. Fare le scale. Quando è possibile e la salute lo consente.
  5. Andare a Messa. Se non sapete come o dove, questo applicazione può aiutarvi.
  6. Capovolgere il cellulare durante i pasti.
  7. Recitare un'Ave Maria per la persona che abbiamo criticato.
  8. Ringraziate chi vi saluta al supermercato.
  9. Lasciate una mancia al bar della colazione (o del pranzo).
  10. Leggi il Vangelo del giorno e meditare.
  11. Non imprecate contro l'autista che vi precede (o la sua famiglia). Un modo molto pratico per esercitare la pazienza.
  12. Finire il lavoro in tempo. E prendersi cura della famiglia a casa.
  13. Non consumare un dessert.
  14. Invitare un amico a un azione caritatevole. Se non partecipate, va bene, siete liberi di non farlo.
  15. Pregate il Via Crucis. Una pratica di pietà strettamente legata alla Quaresima che si può pregare anche a casa.
  16. Cambiare un giorno il capitolo della serie per un'ora di lettura.
  17. Riordinate il ripostiglio (o la camera da letto, o la cassettiera).
  18. Pregate un Padre Nostro per il Papa.
  19. Donare un capo di abbigliamento (o dare in beneficenza il denaro che avremmo speso per un acquisto di abbigliamento).
  20. Andate a offrire una cena o un pasto a una mensa dei poveri. Da soli o con la famiglia.
  21. Fare un ritiro spirituale. Il culmine della Quaresima perché unisce il tempo della preghiera, della penitenza e dell'elemosina.
  22. Riparare quel mobile, quell'elettrodomestico, quella bicicletta... ed evitare un acquisto inutile (se si tratta di un problema di alto livello o elettrico, meglio chiamare un professionista).
  23. Pulite gli occhiali che usate, al lavoro e a casa.
  24. Tirate fuori la lavastoviglie (prima che lo faccia qualcun altro in casa).
  25. Salutate i vicini, anche la famiglia poco amichevole in fondo al corridoio (o, in mancanza, i colleghi di lavoro meno simpatici).
  26. Pregate per cinque minuti in silenzio. Se lo fate già, prolungatelo di altri cinque minuti.
  27. Non lamentatevi della temperatura ambiente, della pioggia o del vento.
  28. Vai al sito Confessione. Se lo facciamo spesso, facciamo una confessione generale.
  29. Celebrate bene, e con gli altri, le feste che cadono in questo periodo.
  30. Congratularsi/ringraziare un collega per il suo lavoro.
  31. Regalare a qualcuno qualcosa di personale che ci piace troppo: un maglione, degli orecchini, un quaderno o una penna. Qualcosa di nostro di cui pensiamo di "non poter fare a meno".
  32. Fare un piccolo esame di coscienza la sera.
  33. Invitate il vostro parroco a casa vostra per il pranzo (meglio se di sabato, quando non ci sono problemi con il menu).
  34. Bevete un drink/birra in meno a una festa.
  35. Guardate un film o una serie che vi aiuti a vivere la Quaresima. Il prescelto è una buona opzione.
  36. Regalare un libro che aiuti qualcun altro a pregare (valido per gli e-book).
  37. Recitare l'Angelus o una breve preghiera (è molto utile impostare una sveglia sul cellulare).
  38. Non per prendere il cellulare in un pomeriggio e ascoltare chi vive con noi.
  39. "Digiuno" intermittente dai social media.
  40. Andare in pellegrinaggio a un santuario della Madonna per chiederle di aiutarci in questo periodo.
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Evangelizzazione

Quaresima, 40 giorni di conversione

Oggi, 14 febbraio, ricorre il Mercoledì delle Ceneri, inizio della Quaresima, il tempo liturgico dedicato alla preparazione alla Pasqua.

Loreto Rios-14 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

La Quaresima dura quaranta giorni, in ricordo dei quaranta giorni che Gesù trascorse nel deserto dopo essere stato battezzato da San Giovanni Battista. Durante questo periodo Cristo fu anche tentato da Satana. Quando le tentazioni furono superate, "il diavolo se ne andò fino ad un altro tempo" (Lc 4,13).

A proposito di questi quaranta giorni di Gesù nel deserto e delle tentazioni subite, il Catechismo sottolinea che "gli evangelisti indicano il significato salvifico di questo evento misterioso. Gesù è il nuovo Adamo che è rimasto fedele laddove il primo Adamo ha ceduto alla tentazione. Gesù ha realizzato perfettamente la vocazione di Israele: a differenza di coloro che prima hanno provocato Dio per quarant'anni nel deserto, Cristo si rivela come il Servo di Dio totalmente obbediente alla volontà divina. In questo Gesù è il vincitore del diavolo: ha "legato l'uomo forte" e lo ha spogliato di ciò di cui si era appropriato. La vittoria di Gesù nel deserto sul tentatore è un'anticipazione della vittoria della Passione, l'obbedienza suprema del suo amore filiale per il Padre" (Catechismo, 539).

E aggiunge che "la Chiesa si unisce ogni anno, durante i quaranta giorni della Grande Quaresima, al Mistero di Gesù nel deserto".

Il mercoledì delle ceneri segna l'inizio della Quaresima e in questo giorno il digiuno e l'astinenza sono obbligatori. Per segnare l'inizio di questo periodo di penitenza e conversione, l'imposizione delle ceneri ha luogo durante la messa di questo mercoledì.

Messaggio del Papa per la Quaresima

Nella sua messaggio Per la Quaresima, il Papa ha riflettuto sui quarant'anni che il popolo di Israele ha trascorso nel deserto.

"Perché la nostra Quaresima sia concreta, il primo passo è voler vedere la realtà. Quando il Signore attirò Mosè al roveto ardente e gli parlò, si rivelò subito come un Dio che vede e soprattutto ascolta", dice Francesco.

Aggiunge che "Dio non si stanca di noi. Accogliamo la Quaresima come il tempo forte in cui la sua Parola si rivolge di nuovo a noi. [È un tempo di conversione, un tempo di libertà. Gesù stesso, come ricordiamo ogni anno nella prima domenica di Quaresima, fu condotto dallo Spirito nel deserto per essere messo alla prova nella sua libertà. Per quaranta giorni sarà davanti a noi e con noi: è il Figlio incarnato. A differenza del faraone, Dio non vuole sudditi, ma figli. Il deserto è lo spazio in cui la nostra libertà può maturare in una decisione personale di non ricadere nella schiavitù. In Quaresima troviamo nuovi criteri di giudizio e una comunità con cui intraprendere un cammino mai percorso prima".

È possibile leggere il messaggio completo qui.

Conversione

Il Catechismo parla di due conversioni: la prima chiamata alla conversione è rivolta "innanzitutto a coloro che non conoscono ancora Cristo e il suo Vangelo". Il battesimo è quindi il luogo primario della prima e fondamentale conversione. Attraverso la fede nella Buona Novella e il battesimo si rinuncia al male e si ottiene la salvezza, cioè la remissione di tutti i peccati e il dono della vita nuova" (Catechismo, 1427).

Tuttavia, esiste una seconda conversione dopo il battesimo: "Tuttavia, la chiamata di Cristo alla conversione continua a risuonare nella vita dei cristiani. Questa seconda conversione è un compito ininterrotto per tutta la Chiesa che "accoglie i peccatori nel proprio seno" e che, essendo "al tempo stesso santa e bisognosa di costante purificazione, cerca costantemente la penitenza e il rinnovamento" (Lumen Gentium, 8). Questo sforzo di conversione non è solo un'opera umana. È il movimento del "cuore contrito" (Sal 51,19), attirato e mosso dalla grazia (cfr. Lumen Gentium, 8). 6,44; 12,32) per rispondere all'amore misericordioso di Dio che ci ha amati per primo (cfr. 1 Gv 4,10)" (Catechismo, 1428).

Un esempio di questa necessità di conversione del battezzato è il pentimento di Pietro dopo aver negato di conoscere Gesù: "Lo sguardo di infinita misericordia di Gesù provoca le lacrime del pentimento (Lc 22,61) e, dopo la risurrezione del Signore, la triplice affermazione del suo amore per lui (cfr. Gv 21,15-17). La seconda conversione ha anche una dimensione comunitaria. Ciò appare nell'appello del Signore a tutta la Chiesa: "Pentitevi"" (Ap 2, 5.16).

Sant'Ambrogio dice delle due conversioni che "nella Chiesa ci sono acqua e lacrime: l'acqua del Battesimo e le lacrime della Penitenza" (Epistula extra collectionem1 [41], 12)" (Catechismo, 1429).

Date importanti

Quest'anno il Giovedì Santo e il Venerdì Santo cadono rispettivamente il 28 e il 29 marzo. Il giorno di Pasqua sarà celebrato il 31 marzo.

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Cultura

"The Chosen", la quarta stagione di uno show di successo

È in arrivo la quarta stagione di "The Chosen". Per tutto il mese di febbraio verranno rilasciati i nuovi episodi di questa serie che mostra la vita di Gesù e dei suoi primi discepoli.

Paloma López Campos-14 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La quarta stagione di "The Chosen" arriva nel febbraio 2024. Lo fa in modo speciale, perché il cinema è il primo luogo in cui gli spettatori possono vedere i nuovi episodi.

Dopo il successo sulle piattaforme e nell'implementazione del progetto "Studi AngelIl regista di "The Chosen" Dallas Jenkins ha deciso di offrire ai fan della serie un'esperienza diversa con una proiezione in sala della nuova stagione. Tuttavia, dopo le settimane di anteprima, coloro che non sono riusciti a sedersi davanti al grande schermo potranno guardare i contenuti sulle piattaforme abituali.

Dal 1° febbraio, chi vive negli Stati Uniti e in Canada potrà andare al cinema a vedere i primi episodi. Nel caso della Spagna, l'anteprima sarà il 16. Quasi tutti i Paesi dell'America Latina, invece, dovranno aspettare il 22 febbraio, mentre Argentina e Paraguay potranno iniziare a godersi la nuova stagione il 29 febbraio.

Quarta stagione di "The Chosen".

La quarta stagione si apre con un episodio sconvolgente. Mentre Gesù inizia a prepararsi per la Passione, si imbatte in situazioni estreme che si ripercuotono sui suoi discepoli. È il momento di mettere in chiaro una lezione: l'importanza del perdono.

Come mostra il trailer, Romani e Giudei si uniscono nella persecuzione di Gesù. I dubbi di alcuni discepoli di fronte alle decisioni del Maestro e la fede di altri commuovono lo spettatore. Gesù stesso scoppia in lacrime in più di un'occasione, mostrando il volto più umano di Dio.

Un progetto comune

Non si può dire di più sulla trama, per non rischiare di svelare i dettagli. Quello che si può dire è che la qualità della serie è aumentata. Con investimenti sempre maggiori, i produttori di "The Chosen" sono riusciti a creare un prodotto di alta qualità che avvolge lo spettatore, una sensazione che aumenta quando si ha la possibilità di vedere gli episodi al cinema.

IL PRESCELTO

Primo episodio: : 24 dicembre 2017 (Stati Uniti)
Basato su: Vita di Gesù
Diretto da:: Dallas Jenkins
Durata: : 20-71 minuti circa.
Lingua originale: : Inglese
Stagioni:: 4
Episodi: 32

La serie è il progetto audiovisivo più finanziato in crowdfunding della storia, poiché i fan stessi possono contribuire alla produzione attraverso donazioni. Sulla piattaforma "Angel Studios", i produttori incoraggiano le persone a sostenere la creazione di "The Chosen". La grande quantità di contributi finanziari ha permesso di rendere completamente gratuite tutte le stagioni finora realizzate.

Avvicinare il volto di Cristo

Fin dall'inizio della serie, "The Chosen" ha portato la vita pubblica di Cristo (e alcuni dettagli della sua infanzia) a tutti in un modo completamente nuovo. Basandosi sui Vangeli, ma usando anche molta immaginazione, Dallas Jenkins tesse la storia di Gesù davanti al mondo con un tono diverso dal solito. Senza perdere di vista l'importanza della narrazione - la vita del Figlio di Dio, nientemeno - "The Chosen" mostra il volto di Gesù l'amico.

Con l'equilibrio di "perfectus Deus, perfectus homo", la serie offre l'opportunità di immaginare Cristo come una persona reale, con la sua stanchezza, le sue risate e il suo sguardo. Un obiettivo che l'attore ha più che raggiunto Jonathan RoumieIl ruolo di Gesù.

Jonathan Roumie interpreta Gesù nello spettacolo
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Cenere in amore

Un buon modo per celebrare in coppia il giorno del patrono degli innamorati in questo giorno penitenziale è quello di andare insieme in parrocchia per farci imporre le ceneri. Perché siamo ceneri, siamo polvere, ma polvere d'amore.

14 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

La coincidenza, quest'anno, del Mercoledì delle Ceneri con San Valentino, genera, oltre a battute e meme, un'interessante riflessione sulla necessità di rinnovare le nostre relazioni, per liberarle da ciò che le uccide.

San Valentino è diventato, come tutto ciò che tocca la nostra società di mercato, una nuova scusa per spendere o, se le tasche non lo permettono, almeno per desiderare di farlo: spendiamo in regali per i nostri partner, in cene o viaggi di coppia, in film che idealizzano l'amore di coppia... E, se non abbiamo un partner, spendiamo in vestiti-accessori-trucco-profumi per compiacere la persona che vogliamo conquistare in questo giorno romantico. Mangiamo e beviamo, tanto domani si muore!

Il Mercoledì delle Ceneri è quindi il suo antagonista, perché è un giorno di privazione e austerità. Per il digiuno, l'astinenza, la preghiera e l'elemosina. Un giorno per riconoscere, sì, che moriremo, che siamo fragili e volubili come la polvere, e che quindi dobbiamo riconciliarci con Dio affinché sia Lui a darci la vita.

Questo mercoledì di San Valentino, questo giorno delle Ceneri, è un'occasione per riflettere su come sono le nostre relazioni, sul loro significato, su ciò che ci aspettiamo da loro. Perché anche i nostri matrimoni hanno bisogno della conversione che cerchiamo in questo tempo di Quaresima che inauguriamo oggi.

Che peccato che tanti abbiano ridotto l'amore a un sentimento! Se "sento" qualcosa per te (non sappiamo quale dei cinque sensi sia quello che ci permette di "sentire" qualcosa per qualcuno), ti amerò; e se smetto di "sentirlo", allora smetterò di amarti. Fare riferimento a questo tipo di magia dei sentimenti traveste da spirituale ciò che di solito è molto materiale.

Diciamo sentimento quando in realtà intendiamo convenienza. Se l'altra persona mi soddisfa (mi attrae, si preoccupa per me, mi permette di realizzare il mio desiderio di genitorialità, contribuisce economicamente, mi tiene compagnia, ecc.) la amerò; ma se l'altra persona non mi soddisfa (non ha più l'attrattiva giovanile, i suoi difetti mi superano o ha problemi di salute), il mio sentimento d'amore scompare. La magia scompare quando stare insieme all'altra persona non mi soddisfa.

Proprio nell'omelia per il Mercoledì delle Ceneri, Papa Francesco ci ha ricordato che "la cenere porta alla luce il nulla che si nasconde dietro la ricerca affannosa di ricompense mondane. Ci ricorda che la mondanità è come la polvere, che basta un po' di vento per spazzarla via. Sorelle, fratelli, non siamo in questo mondo per inseguire il vento; il nostro cuore ha sete di eternità".

Perché l'amore vero, quando non è solo un sentimento da commedia romantica di Netflix, resiste non solo al vento, ma a qualsiasi burrasca: è eterno. Si può smettere di amare il proprio figlio? Ci si può stupire che un vedovo senta la mancanza della moglie con cui ha festeggiato le nozze d'oro, anche se lei è morta da anni?

Amare non è cercare la convenienza, "l'amore non cerca i suoi", come direbbe San Paolo. Amare è dare la vita per la persona scelta. Così Dio ci ha scelti e ci ha amati fino a dare la vita per noi. C'è una volontà dell'amante verso l'amato che non è sostenuta solo dal sentimento, ma è supportata dalla comprensione, dalla ragione, dal desiderio di fare il bene. E questo a volte è difficile. È facile lasciarsi trasportare dal sentimento (verso una donna più attraente o un marito più attento, per esempio), ma questo non ci rende più liberi, bensì più schiavi di quella mondanità a cui allude Francesco e le cui promesse di felicità vengono spazzate via dal vento.

In questo amorevole inizio della Quaresima 2024, quali cose antepongo alla persona che ho deciso liberamente di amare? Quale egoismo mi fa vedere l'altra persona come un ostacolo alla mia felicità? E, soprattutto, come potrei rendere l'altra persona più felice al mio fianco?

Una penitenza può essere romantica?

Come Gesù nel deserto, le tentazioni arriveranno anche a noi: "se sei il Figlio di Dio, perché l'altro non cambia per diventare più simile a te?"; "per quanto tu sia bravo, perché l'altro non ti fa mettere su un altare?"... È fondamentale stabilire degli spazi di dialogo per porci insieme queste domande e scoprire che anche l'altro ha esattamente gli stessi dubbi e le stesse tentazioni, e si sente incapace di amare come noi desideriamo essere amati.

Senza conoscere noi stessi, senza scoprire la ferita del peccato che mina la nostra capacità di amare e di sentirci amati, è impossibile sostenere un matrimonio, un corteggiamento o qualsiasi vocazione cristiana.

Un buon modo per celebrare in coppia il giorno del patrono degli innamorati in questa giornata penitenziale potrebbe essere quello di recarsi insieme in parrocchia per imporre le ceneri l'uno all'altro e poi condividere una cena a casa o all'aperto in cui chiedersi perdono a vicenda e riconoscere la nostra debolezza, il nostro bisogno di conversione, perché siamo cenere, siamo polvere, ma polvere nell'amore.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Vaticano

Il libro racconta il rapporto tra Papa Francesco e Benedetto XVI

Il successore", il nuovo libro che esplora il rapporto tra Papa Francesco e Benedetto XVI, di prossima uscita.

Rapporti di Roma-13 febbraio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Sarà in vendita nelle prossime settimane, "Il successoreun libro-intervista scritto dal vaticanista Javier Martínez-Brocal, già direttore e collaboratore di Rome Reports e corrispondente del quotidiano ABC e della televisione La Sexta.

Il volume racconta il rapporto tra il Papa Francesco e il Papa emerito Benedetto XVI durante i dieci anni di vita di quest'ultimo, si è ritirato dalla guida della Chiesa.


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Cultura

Il "bel fedele" ovvero come trasmettere l'attrattiva della fede oggi in modo fedele e creativo

Il professore di comunicazione Alberto Gil condivide la sua vasta esperienza retorica in un libro di 160 pagine, mettendola al servizio della comunicazione della fede.

José M. García Pelegrín-13 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

"Non vado più in chiesa, la predica non mi dice niente". Un commento simile si sente per quanto riguarda la catechesi, i circoli di formazione religiosa, le meditazioni, eccetera: "Ho smesso di andarci, queste cose non fanno niente per me". Ridurre le cause dello scarso interesse per le questioni religiose alla mancanza di una buona retorica significherebbe semplificare il problema.

Tuttavia, la comunicazione efficace della fede è così importante che Papa Francesco vi ha dedicato un'intera Lettera Apostolica (Antiquum Ministerium, 10.05.2021), proponendo la fedeltà alle verità di fede unita alla creatività per presentare i contenuti in modo adeguato ai tempi, agli ascoltatori e alle culture.

Questo è l'obiettivo di Alberto Gil, professore della Facoltà di Comunicazione dell'Università di Barcellona. Pontificia Università della Santa Croce a Roma, in questo libro.

L'autore mette la sua vasta esperienza nell'insegnamento, nella ricerca e nella pratica della retorica al servizio della comunicazione della fede, condensando in 160 pagine le regole più essenziali della buona dizione per chi cerca di migliorare la propria competenza comunicativa nella trasmissione della fede.

Gil utilizza come esempio un problema comune nella traduzione, dove l'espressione "Les belles infidèles" ("i bei infedeli"), che risale al filologo Gilles Ménage, è proverbiale. Nel 1654, riferendosi a una traduzione di un certo Nicolas Perrot d'Ablancourt del satirico greco Luciano di Samosata (morto intorno al 200), disse: "Questa traduzione mi ricorda una signora di Tours di cui mi innamorai. Era bella (belle), ma infedele (infidèle)". In ogni traduzione si pone il problema di scrivere in modo comprensibile, bello e vicino alla lingua in cui si traduce, senza sacrificare la fedeltà all'originale.

Gil sottolinea che la predicazione è essenzialmente una traduzione o un trasferimento della rivelazione o dell'insegnamento della Chiesa nella comprensione dei destinatari.

Ma questo deve essere accompagnato dall'infedeltà all'originale? I buoni traduttori si preoccupano che la loro traduzione non sia solo facile da leggere, cioè "bella" (belle), ma anche fedele al testo originale (fidèle), perché i traduttori non sono gli autori originali. La domanda fondamentale è: come far sì che la traduzione della fede diventi "Les belles fideles" (i bei fedeli)?

Ermeneutica e responsabilità

Il primo capitolo, intitolato "Ermeneutica e responsabilità", tratta di quella che tecnicamente si chiama ermeneutica, cioè interpretazione: chi vuole parlare in modo chiaro e comprensibile deve prima capire e interpretare il messaggio che vuole trasmettere.

L'autore, e qui sta l'originalità del suo messaggio, parla in questo contesto di una ermeneutica sub specie communicationisIn altre parole, per raggiungere correttamente i destinatari di un messaggio, questo deve essere compreso con la mente e gli occhi degli ascoltatori, coinvolgendoli virtualmente nella preparazione del discorso.

Come esempio, cita che non si tratta di rispondere a domande che nessuno farebbe, parafrasando Papa Francesco. Ciò richiede una grande responsabilità, non per cambiare la rivelazione o l'insegnamento della Chiesa, ma per renderlo più comprensibile e attraente, in modo che gli ascoltatori si identifichino con ciò che sentono e siano più interessati a riceverlo, offrendo idee e soluzioni per trasmettere la fede con maggiore chiarezza e accessibilità, pur rimanendo fedeli alla Rivelazione.

Come trasmettere la fede in modo chiaro e motivare l'ascoltatore

AutoreAlberto Gil
Editoriale : Amazon. Pubblicato in modo indipendente
Pagine : 162

Il destinatario

Il secondo capitolo si occupa di un'altra dimensione del ricevente, la sua emotività. Le forti argomentazioni del mittente sono inefficaci se il destinatario non ne trae beneficio, cioè se non riconosce alcun effetto utile sulla sua vita. Questa "utilità", secondo l'autore, deve essere chiaramente distinta dall'utilitarismo puro e semplice. Ciò che è utile è un bene, quello che i latini chiamavano "bene utile" (bonum utile).

Questa utilità va dalla soluzione dei problemi materiali, attraverso l'aiuto spirituale, fino al più alto beneficio per l'umanità: la redenzione attraverso la morte di Cristo. Gil offre idee e consigli su come rendere i discorsi di educazione religiosa più motivanti per gli ascoltatori, che li percepiscono come un aiuto concreto per il proprio progresso spirituale.

Il tema

È solo su questa base che si rivelano utili le tecniche classiche della retorica, come si evince dal terzo capitolo, in cui l'autore sottolinea in particolare l'importanza di focalizzare un problema o un aspetto dell'argomento attorno al quale ruoterà l'intera lezione.

Molti sermoni o conferenze sono noiosi perché sembrano troppo generici o moraleggianti. La fase di riflessione è seguita da una fase di strutturazione, in modo che l'ascoltatore non si perda nel groviglio di argomenti, ma possa sempre seguire un filo conduttore comprensibile.

Le tecniche di produzione del discorso, sia verbali che non verbali, che si apprendono nella retorica classica e moderna, sono efficaci solo sulla base di una buona guida.

Vari esempi

Il quarto capitolo contiene esempi di copioni per i colloqui di formazione, raggruppati in base a due diversi tipi di ascoltatori: i giovani in formazione e i professionisti sia nella loro vita familiare che nel corso del loro lavoro.

Per i primi, vengono presentati temi come la sincerità nella direzione spirituale, l'ordine nel progetto di vita, la santa purezza e la modestia, lo studio e il lavoro, nonché il rapporto tra libertà e responsabilità.

Per il secondo gruppo ci sono scritti sulla vita soprannaturale, la preghiera, la presenza di Dio durante la giornata, la mortificazione, lo Spirito Santo e la Chiesa, così come la virtù della gioia e la sua dimensione apostolica.

Questo libro non è una semplice guida, ma si adatta al livello intellettuale dei catechisti e di tutti coloro che insegnano religione o sono formatori alla fede, senza essere un libro scientifico per specialisti.

Un'attenta lettura e studio di questo libro, già tradotto in tedesco, italiano e portoghese, può contribuire in modo significativo al miglioramento dei mezzi di formazione spirituale. È quindi altamente raccomandato a tutti coloro che prendono molto sul serio il loro ruolo di formatori e desiderano migliorare costantemente in questo importante lavoro.

Cultura

Circe Maia, la poetessa domestica

Poco conosciuta in Spagna, il recente Premio Internazionale di Poesia Federico García Lorca ha dato alla scrittrice uruguaiana Circe Maia un meritato riconoscimento per la sua capacità di fare della creazione poetica un mezzo per chiarire la realtà, basata sull'esperienza domestica, attraverso un linguaggio preciso.

Carmelo Guillén-13 febbraio 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Sono numerosi i poeti che, grazie all'adattamento musicale delle loro poesie da parte di cantanti che le hanno rese popolari, hanno raggiunto un vasto pubblico. In Spagna, i casi più noti sono quelli di Antonio Machado e Miguel HernándezLe poesie sono state interpretate da Serrat, che con le sue canzoni ha facilitato l'assorbimento della ricchezza espressiva della parola da parte dell'ascoltatore. In Uruguay, la poesia di Circe Maia ha subito lo stesso destino. Testi come "Por detrás de mi voz" o "Versos de lluvia", per citare un paio di esempi, fanno parte della memoria collettiva del suo Paese.

Negli ultimi mesi, in occasione del premio assegnato dalla città di Granada (il Premio Internazionale Federico García Lorca), la voce di questa intellettuale, madre di una famiglia numerosa, si è fatta più vicina e vibrante per il lettore che cerca nella sua opera lirica un modo di riconoscersi attraverso un "...modo di riconoscersi attraverso un "...modo di vedersi...".un linguaggio diretto, sobrio, aperto, che non richiede un cambio di tono nella conversazione".come sottolinea la stessa Maia nella sua prima raccolta di poesie, Nel tempo (1958). A cui aggiunge: "La missione di questo linguaggio è scoprire e non coprire, rivelare i valori, i significati presenti nell'esistenza e non immergerci in un mondo poetico esclusivo e chiuso"..

Fedele a questi principi poetici, la sua scrittura ha conquistato i seguaci non solo per il variegato immaginario che presenta della vita quotidiana, attraverso oggetti, persone a lui vicine o ispirate dal ricordo dei suoi cari defunti, ma anche per la difficile semplicità dei suoi versi, così pieni di luminosità. 

Prima attività

Sorprendentemente, anche se all'età di 92 anni è conosciuta e lodata per la sua produzione poetica, per molto tempo questa è stata (ed è) la sua occupazione secondaria, come ha confessato in alcune interviste e come afferma nella poesia "Seconda attività": "...".Già questo sedersi / per prendere un foglio, è un andarsene / - dove, dove? / Perché qualcuno corre o chiama e tu sei ancora, / o meglio, non ci sei perché sei andato dove, dove? / È quasi imbarazzante. Tuttavia, l'ultima cosa che vorremmo è andarcene. [...] Girare e rigirare con i suoni, con i ritmi / mentre intorno tremano voci, esseri e cose reali che germogliano"..

Il marito, l'educazione dei figli - uno dei quali è morto in un incidente stradale quando lei aveva 18 anni - e la dedizione ai dieci nipoti sono la sua principale fonte di attenzione. Né - volutamente - i soliti grandi temi, né approcci che vadano oltre la dimensione terrena dell'uomo, ma piuttosto le più semplici situazioni biografiche ordinarie che una moglie, una madre e una nonna deve affrontare nella vita di tutti i giorni, costituiscono il motivo delle sue liriche.

Lo giustifica infatti in "Esta mujer", una delle sue composizioni più celebri: "Questa donna è svegliata da un grido: / Si alza mezza addormentata / Prepara un latte in silenzio / tagliato da piccoli rumori di cucina / Guarda come avvolge il suo tempo e in esso questa vita / Le sue ore / strettamente intrecciate / sono fatte di fibre forti / come cose reali: pane, avena, / vestiti lavati, lana tessuta / Ogni cosa germina altre ore e tutte sono gradini / che lei sale e risuona / Esce ed entra e si muove / e il suo fare la illumina".

La professoressa e scrittrice argentina Lara Segade esprime con intelligente lucidità la quid della ricchezza della sua poesia: "Quando si trascorre molto tempo in ambienti chiusi, si iniziano a notare le piccole variazioni nelle cose di tutti i giorni. Il modo in cui la luce si muove sugli oggetti, ad esempio. La crescita delle piante o dei bambini. Si inizia a percepire la continua trasformazione di tutto, anche di ciò che sembrava immobile, stabile o permanente. Questo è lo sguardo che Circe Maia dispiega nelle sue poesie"..

La parola essenziale nel tempo

Nell'opera poetica di questo poeta uruguaiano, più che ciò che si legge, predomina l'esperienza vissuta, un atteggiamento che trova una giustificazione categorica nell'intenderla come "...".una risposta animata al contatto con il mondo".che Circe Maia assimila dal suo maestro, Antonio Machado, e che le serve per instaurare un dialogo costante e fruttuoso con l'ambiente circostante come cornice per l'espressione lirica. Per lei la vita è vita nel tempo, conversazione con e nel tempo, mai monologo.

L'essere umano - come egli ci fa vedere - è fatto, come tutto ciò che è apprezzabile, di tempo. In questo modo rivive il passato ("Dietro la mia voce / -ascoltate, ascoltate- / un'altra voce canta; / viene da dietro, da lontano; / viene da bocche sepolte e canta; / dicono di non essere morti / -ascoltate, ascoltate- / mentre sale la voce / che li ricorda e canta".) o avvicina un futuro inevitabile al presente ("...").un altro Thomas, inglese, Sir Thomas More, / sogna la sua fantastica Utopia / mentre la scure del boia viene affilata".). 

In "Various Clocks", la sua poesia chiave sull'argomento, elabora queste considerazioni e conclude che il tempo non solo è onnicomprensivo, ma che assume varie forme. Vale la pena riprodurla integralmente: "Diversi orologi invisibili misurano / il passaggio di tempi diversi. Tempo lento: le pietre / trasformano la sabbia e l'alveo / del fiume / Tempo / di tratti: lento, invisibile / l'orologio vegetale dà l'ora verde / l'ora rossa e dorata, la viola / la cenerina / Tutto a ritmo, silenzioso, / o con un suono cupo, che non sentiamo. / Appoggiato allo stesso tempo alla roccia e all'albero / Un essere di tremolii e battiti / Un essere fatto di polvere di memoria / Si ferma lì / E vuole penetrare sornione / In un altro ritmo, in un altro tempo / Alieno"..

Essendo tutto temporaneo, è facile constatare che la poesia di Circe Maia, pur basandosi su questioni domestiche o familiari, riesce con la sua stessa forza poetica a condurre il lettore alla ricerca dell'inafferrabile, dell'ignoto, di ciò che va oltre la mera e ordinaria realtà visibile, fino a diventare, per effetto del suo enorme lirismo, un mezzo di conoscenza dell'esistenza e delle sue dimensioni meno tangibili. 

Accuratezza qualitativa 

Ricordo di averla sentita dire in un programma radiofonico che, mentre la scienza insegue la precisione quantitativa, i poeti cercano una certa precisione qualitativa. Proprio la parola "precisione" compare nel comunicato per cui le è stato assegnato il Premio Internazionale García Lorca; una parola che guida il suo lavoro poetico e che si percepisce nella sua straordinaria capacità di selezionare gli aggettivi appropriati che rivelano la realtà di ogni sua poesia.

A differenza di tanta poesia odierna in cui lo sguardo, contemplativo o meno, è il punto di partenza della scrittura, la poesia di Circe Maia si genera a scatti, come una lampibasati su sensazioni, principalmente di natura acustica ("Ci chiamano. Chiamano da ogni dove / voci, compiti / Dai cortili, dalle strade, dalle finestre / si alzano voci / agitate, sparse".) o tattile ("A volte, sì, è possibile aprire porte chiuse a giorni lontani".).

Sono queste le sensazioni che muovono i suoi versi. Né sfoghi, né versi passionali in modalità romantica esaltata, né la traccia apparente dell'emozione più accesa. Dalla sottigliezza, dal ritegno, persino dall'involucro dei silenzi, emergono i suoi testi, capaci di racchiudere immagini potenti, abitabili, transitive, accessibili a qualsiasi lettore che li guardi. Viverli è senza dubbio utile, perché, come lei stessa persegue con la sua attività poetica, facilita la creazione di ponti umani, sempre così necessari: "In un gesto banale, in un saluto, / nel semplice sguardo, diretto / in volo, verso altri occhi, / si costruisce un ponte dorato, un ponte fragile, / basta questo solo, / anche solo per un istante".Così, la poesia diventa un luogo di incontro, di rivelazione e di arricchimento per coloro che la incorporano nella loro vita.

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Attualità

Il primo annuncio: il compito dei laici nella Chiesa di oggi

Circa 700 persone, per lo più laici, si incontreranno a Madrid dal 16 al 18 febbraio 2024 per il Incontro dei laici sul primo annuncio che, con il motto "Popolo di Dio unito nella missione", si propone di dare impulso alla coscienza missionaria e al lavoro del popolo cristiano nell'annuncio della fede.

Maria José Atienza-12 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Un impulso alla consapevolezza che tutti i battezzati sono agenti pastorali. Questo è, in estrema sintesi, lo scopo della Incontro dei laici sul primo annuncio che riunirà, nella capitale spagnola, più di mezzo migliaio di persone presso la sede della Fundación Pablo VI.

L'incontro segue la scia del Congresso dei Laici Il popolo di Dio in movimento che, nel febbraio 2020, ha voluto promuovere quattro modalità di lavoro per i laici spagnoli: primo annuncio, accompagnamento, processi formativi e presenza nella vita pubblica.

Obiettivi della riunione

Questo Incontro dei laici sul primo annuncio L'incontro raccoglierà questa eredità per approfondire il ruolo dei laici nella trasmissione della fede attraverso l'annuncio del Vangelo. È quanto ha affermato il sacerdote Luis Manuel Romero, direttore del segretariato della Commissione episcopale per i laici, la famiglia e la vita, alla presentazione dell'incontro.

Romero ha evidenziato i due obiettivi di queste giornate di lavoro: da un lato, "prendere coscienza che tutti siamo chiamati ad annunciare il messaggio di Cristo con la parola e la testimonianza in ragione del nostro Battesimo, che siamo tutti agenti pastorali e che non è solo una questione di ministri ordinati o di vita consacrata" e, dall'altro, la "necessità che tutta la Chiesa scopra che l'essenziale è la missione".

L'incontro riprenderà anche alcuni dei temi elaborati a seguito della fase nazionale del Sinodo della sinodalità convocato da Papa Francesco.

Quattro "tappe" tematiche

Da parte sua, Maria Bazal, membro del Consiglio consultivo dei laici, ha riassunto gli eventi e i gruppi di lavoro che si svolgeranno durante i giorni dell'incontro. La conferenza sarà organizzata in quattro blocchi o "tappe" che si concentreranno sul Primo Annuncio nella vita quotidiana, con aree quali il lavoro, la famiglia, le relazioni sociali e l'educazione; il Primo Annuncio e la comunità ecclesiale: l'accompagnamento dopo il Primo Annuncio e i Processi formativi nel Primo Annuncio.

Ognuno di questi blocchi comprenderà presentazioni, esperienze e tavole rotonde in cui verranno discusse le sfide, le difficoltà e i diversi modi di affrontarle nelle varie aree. A questo proposito, sebbene si tratti di un incontro di laici, ha destato attenzione la presenza di sacerdoti e consacrati come leader o facilitatori delle aree di questo incontro, così come la presenza a maggioranza maschile. Interpellati in merito, gli organizzatori hanno voluto sottolineare che la maggior parte dei partecipanti erano laici, pur riconoscendo che "c'è ancora molto da fare oggi in termini di presenza dei laici nella Chiesa e di riconoscimento di questa presenza" e sperano che questo incontro serva proprio "a conoscere e far conoscere il lavoro di tanti laici" in questo ambito.

Per quanto riguarda l'applicazione concreta dei temi trattati nella vita delle comunità cristiane, sia Romero che Bazal hanno ammesso che "è difficile che tutto questo arrivi ai cristiani comuni", anche se hanno espresso la speranza che "così come negli ultimi anni abbiamo notato un aumento della forza e del lavoro delle Delegazioni dell'Apostolato Secolare nelle diocesi e della vitalità dei movimenti e delle associazioni, queste giornate serviranno a risvegliare un lavoro che si propagherà da qui alle comunità attraverso queste delegazioni".

Laici, sacerdoti, persone consacrate e vescovi

Il Incontro dei laici sul primo annuncio, saranno presenti circa 700 partecipanti confermati provenienti da tutte le diocesi, associazioni e movimenti. Inoltre, parteciperanno circa 75 sacerdoti e 40 vescovi, oltre a un'ampia rappresentanza di membri della vita consacrata.

Il convegno inizierà con un incontro di preghiera il venerdì pomeriggio e si concluderà la domenica mattina con la lettura del documento finale, che rifletterà il lavoro del sabato e la celebrazione della Santa Messa presieduta dal cardinale arcivescovo di Madrid, José Cobo.

Vaticano

Il Papa ci ricorda di esercitare la creatività in modo responsabile

Papa Francesco ha avuto questa mattina un'udienza con i membri della Pontificia Accademia per la Vita presso il Palazzo Apostolico Vaticano.

Loreto Rios-12 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

L'udienza con il Papa si è svolta nell'ambito dell'incontro con il Papa. assemblea generale La conferenza annuale dell'Accademia, che si terrà a Roma dal 12 al 14 febbraio presso il Centro Congressi Augustinianum sul tema "Human. Significati e sfide".

All'inizio del suo discorso ai membri della Pontificia Accademia per la Vita, il Papa li ha ringraziati per il loro "impegno nel campo della ricerca, della salute e della cura nelle scienze della vita, impegno che la Pontificia Accademia per la Vita porta avanti da trent'anni".

Gli esseri umani

Francesco ha poi fatto riferimento all'assemblea generale che l'Accademia inizia oggi a Roma: "La questione che affrontate in questa assemblea generale è della massima importanza: quella di come possiamo capire cosa qualifica l'essere umano. Si tratta di una domanda antica e sempre nuova, che le stupefacenti risorse rese possibili dall'evoluzione della scienza e della cultura hanno reso possibile. nuove tecnologie si presentano in modo ancora più complesso".

In questo senso, il Santo Padre ha sottolineato che "il contributo degli studiosi ci ha sempre detto che non è possibile essere a priori "pro" o "contro" le macchine e le tecnologie, perché questa alternativa, riferita all'esperienza umana, non ha senso. E ancora oggi non è plausibile ricorrere alla sola distinzione tra processi naturali e artificiali, considerando i primi come autenticamente umani e i secondi come estranei o addirittura contrari a ciò che è umano. Si tratta piuttosto di collocare il sapere scientifico e tecnologico in un orizzonte di senso più ampio, evitando così l'egemonia tecnocratica (cfr. Lett. enc. Laudato si', 108)".

La Torre di Babele

Inoltre, il Papa ha sottolineato che non è possibile "riprodurre l'essere umano con i mezzi e la logica della tecnologia. Un tale approccio implica la riduzione dell'essere umano a un aggregato di prestazioni riproducibili sulla base di un linguaggio digitale, che pretende di esprimere ogni tipo di informazione mediante codici numerici. La stretta consonanza con il racconto biblico della Torre di Babele dimostra che il desiderio di darsi un'unica lingua è inscritto nella storia dell'uomo; e l'intervento di Dio, troppo frettolosamente inteso solo come una punizione distruttiva, contiene invece una benedizione mirata. Infatti, esso manifesta il tentativo di correggere la deriva verso il "pensiero unico" attraverso la molteplicità delle lingue. L'essere umano si confronta così con il limite e la vulnerabilità ed è chiamato al rispetto dell'alterità e alla cura reciproca".

La tentazione di pensare a se stessi come a Dio

Francesco ha anche sottolineato che "le crescenti capacità della scienza e della tecnica portano gli esseri umani a sentirsi protagonisti di un atto creativo simile a quello divino, che produce l'immagine e la somiglianza della vita umana, compresa la capacità di linguaggio, di cui sembrano dotate le 'macchine parlanti'. Sarebbe dunque in potere dell'uomo infondere lo spirito nella materia inanimata? La tentazione è insidiosa. Ci viene chiesto, quindi, di discernere come esercitare responsabilmente la creatività che l'uomo ha affidato a se stesso".

Ricerca impegnativa

Il Papa ha indicato due modi in cui la Pontificia Accademia per la Vita affronta questo problema: lo scambio interdisciplinare e la sinodalità. "È uno stile di ricerca esigente, perché implica attenzione e libertà di spirito, apertura ad avventurarsi in sentieri inesplorati e sconosciuti, liberandosi da ogni sterile "indietrismo". Per chi si impegna in un serio ed evangelico rinnovamento del pensiero, è indispensabile mettere in discussione anche opinioni e presupposti acquisiti e non vagliati criticamente".

"In questa linea, il cristianesimo ha sempre offerto contributi importanti", aggiunge Francesco, "prendendo da ogni cultura in cui si è inserito le tradizioni di senso che vi ha trovato inscritte: reinterpretandole alla luce della relazione con il Signore, rivelata dal Vangelo, e avvalendosi delle risorse linguistiche e concettuali presenti nei singoli contesti". "È un lungo percorso di elaborazione, sempre da riprendere, che richiede un pensiero capace di attraversare più generazioni: come quello di chi pianta alberi, di cui mangeranno i frutti i suoi figli, o come quello di chi costruisce cattedrali, che i suoi nipoti completeranno", conclude la riflessione il Papa.

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Lutero, Kant e San Giovanni Enrico Newman 

Martin Lutero, Immanuel Kant e John Henry Newman sono tre dei nomi più noti della filosofia e della teologia moderne.

12 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

I nomi di Martin Lutero, Immanuel Kant e John Henry Newman non passano inosservati nella storia della filosofia e della teologia degli ultimi secoli. Ognuno di loro, con le proprie peculiarità, ha contribuito con idee o ha dato vita a correnti che hanno segnato la storia nel suo senso più ampio.

Martin Lutero

Il tedesco Martin Lutero (1483/1546), originario di Eisleben (Sassonia), precede Cartesio e Pascal.  

Il 2 luglio 1505, sorpreso da un temporale, dopo aver sentito un fulmine colpirlo molto da vicino, fece la promessa di farsi frate. Due settimane dopo entrò in un convento agostiniano.

In convento, ricordava anni dopo, "impallidivamo al solo nome di Cristo, perché ci era sempre apparso come un giudice severo e irritato contro tutti noi".

Dottore in teologia, era un grande lettore della Bibbia, anche se, a causa del suo modo di essere marcatamente soggettivo, non la accettava nella sua interezza come Parola di Dio, rifiutando interi libri, come l'Epistola di Giacomo e l'Apocalisse.

I tratti oscuri della sua visione soggettiva di Dio lo indussero a temere seriamente per la sua salvezza. Voleva rifugiarsi nella lettura del Nuovo Testamento, ma non ci riuscì, perché si imbatté nel testo dell'Epistola di San Paolo ai Romani 1:17; la lettura dapprima lo irritò, perché vedeva nel Vangelo stesso una giustizia di Dio dietro la quale Lutero vedeva il Giudice adirato che tanto lo spaventava.  

Dopo qualche tempo, a metà dell'anno accademico 1513-14, si tranquillizzò e si sentì sicuro nel comprendere la giustizia di Dio come una giustizia che Dio dà a coloro che hanno fede, nella quale i giusti vivono.     

Nel corso della sua disputa sulle indulgenze, iniziata nel 1517, Lutero arrivò ad affermare che l'unica norma della fede è la fede. sola scripturaProclamò anche il libero esame delle Scritture, a prescindere dal Magistero e dalla Tradizione della Chiesa, e sostenne anche che il cristianesimo, come congregazione di fedeli, non è un'assemblea visibile, né Cristo ha un Vicario in terra.

Immanuel Kant

Un paio di secoli dopo, Immanuel Kant nacque nel 1724 nella città tedesca di Konigsberg, dove visse fino alla morte, avvenuta nel 1804.

Di modesta famiglia pietista luterana, da giovane, allontanandosi dalla fede dei genitori, iniziò a orientarsi verso un'etica laica. Dal 1770 fu professore di Logica e Metafisica all'Università della sua città natale.

Secondo il suo pensiero, nell'uomo, oltre alla struttura psico-fisica - legata alle leggi della natura - c'è uno spirito razionale che è governato dalla legge della libertà: ma l'essere umano ha una coscienza del dovere e questo permette di garantire che l'uomo sia un essere morale, un essere non solo libero ma anche responsabile.

Nel 1781 pubblicò il suo Critica della ragion pura dove afferma che noi conosciamo le cose come la nostra intelligenza ce le presenta, ma non come sono in sé. Di conseguenza, le tre grandi realtà - l'anima, il mondo e Dio - si presentano al pensiero kantiano solo come idee, poiché non esiste un'esperienza sensibile dell'anima, del mondo o di Dio, e solo questa esperienza garantisce l'effettiva esistenza degli oggetti del nostro pensiero.

Successivamente, nella sua Critica della ragion pratica (1788), scrisse: "Due cose riempiono la mia anima di un'ammirazione e di un rispetto che si rinnovano e si accrescono costantemente man mano che il pensiero si occupa più assiduamente di esse: Il primo sguardo a questa incalcolabile moltitudine di mondi distrugge la mia importanza come creatura animale, la cui materia, di cui è formata, dopo aver goduto per breve tempo di una forza vitale, deve essere restituita al pianeta che abita che, a sua volta, non è che un punto nella totalità dell'universo. Il secondo sguardo, invece, mi valorizza attraverso la mia personalità, e la legge morale mi rivela una vita indipendente dall'animalità e da tutto il mondo senziente...".

Kant pensava anche che il bene umano completo sia costituito dalla virtù e dalla felicità; e poiché in questo mondo la felicità completa non segue la virtù, la voce della coscienza esige l'esistenza di qualcuno che metta le cose al loro posto: questo qualcuno, per Kant, è Dio, che, per concedere la felicità alle persone virtuose, ha disposto per loro la vita eterna.   

John Henry Newman

All'inizio del XIX secolo, John Henry Newman nacque nel 1801 a Londra, figlio di John, un uomo d'affari britannico, e di Jemina, discendente di una famiglia di calvinisti francesi rifugiatisi nel Regno Unito.  

All'età di quindici anni avviene la sua prima conversione, durante la quale scopre gli unici due esseri che, secondo il giovane Newman, possono essere conosciuti in modo evidente: se stessi e il Creatore (Apologia, I).

Nel 1824 fu ordinato sacerdote della Chiesa anglicana, alla quale appartenne fino all'età di quarantaquattro anni. Al termine del suo studio della Sviluppo della dottrina cristianaGiunse alla conclusione che è nella Chiesa cattolica che si mantiene la fede dei primi cristiani. Il 9 ottobre 1845 fu accolto nella Chiesa cattolica. 

Ordinato sacerdote cattolico nel 1847, fu nominato rettore della neonata Università Cattolica di Dublino, incarico che mantenne per circa dieci anni. Nel 1870 pubblicò la sua opera Saggio in aiuto di una grammatica dell'assenso (trad. it. Assenso religioso. Saggio sui motivi razionali della fede).

Nel 1879 è stato nominato cardinale da Papa Leone XIII, e Newman ha scelto il motto Cor ad cor loquitur. È morto l'11 agosto 1890. È stato beatificato nel 2009 durante il pontificato di Benedetto XVI e canonizzato nel 2019 da Papa Francesco.                                                               

Nel suo lavoro Apologia pro vita suaDice che la certezza è la conseguenza della forza cumulativa di alcune ragioni date che, prese una per una, sarebbero solo probabilità. Credeva in Dio sulla base della probabilità, credeva nel cristianesimo sulla base della probabilità, credeva nel cattolicesimo sulla base della probabilità. Credeva anche che Colui che ci ha creato ha voluto che in matematica si raggiungesse la certezza attraverso una dimostrazione rigorosa, ma che nell'indagine religiosa si raggiungesse la certezza per mezzo di probabilità accumulate; e che questa certezza ci porta, se la nostra volontà coopera con la Sua, a una convinzione che supera la forza logica delle nostre conclusioni.

Nella stessa opera dice: Sono spinto a parlare dell'infallibilità della Chiesa come di una disposizione voluta dalla misericordia del Creatore, per preservare la religione nel mondo e frenare quella libertà di pensiero che è uno dei nostri più grandi doni naturali, per salvarla dai suoi stessi eccessi autodistruttivi.

Cultura

Scienziati cattolici: Francisco Javier Balmis, motore del vaccino antivaioloso

Il 12 febbraio 1819 moriva Francisco Javier Balmis, il motore della Spedizione Reale Filantropica del Vaccino che salvò migliaia di vite. Con lui inauguriamo una serie di brevi biografie di scienziati cattolici grazie alla collaborazione della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Gonzalo Colmenarejo-12 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Francisco Javier Balmis (2 dicembre 1753 - 12 febbraio 1819) nacque ad Alicante e, dopo alcuni anni di pratica militare, fu autorizzato ad esercitare la professione di chirurgo dal Tribunale di Protomedicina di Valencia, partecipando all'assedio di Gibilterra come chirurgo militare.

Fu assegnato all'America, dove fu nominato chirurgo maggiore presso l'Hospital de San Juan de Dios in Messico, laureandosi in Lettere all'Università di quella città. Qui studiò l'uso di diverse piante per un nuovo trattamento delle malattie veneree, che fu adottato in tutta Europa.

Pubblicò diverse opere su questi argomenti e collaborò con l'Orto botanico di Madrid. In Spagna fu nominato chirurgo di Carlo IV e ricevette il titolo di dottore in medicina.

Balmis conosceva il lavoro di Jenner sul vaccino antivaioloso e nello stesso anno pubblicò l'"Introduzione per la conservazione e la somministrazione del vaccino e per l'istituzione di commissioni per la sua cura", con un design innovativo.

Propose al re Carlo IV di applicare il vaccino nei territori della Corona spagnola. Così, nel 1803 il Consiglio dei Chirurghi di Camera approvò il suo progetto "Derrotero que se debe seguir para la propagación de la vacuna en los dominios de Su Majestad en América", e fu nominato direttore della Spedizione Reale Filantropica del Vaccino.

La Spedizione filantropica, che fece il giro del mondo tra il 1803 e il 1806, diffuse il vaccino in tutte le Americhe e in Asia, arrivando fino alla Cina e all'isola di Sant'Elena. Si stima che abbia vaccinato direttamente tra la metà e 1,6 milioni di persone e, organizzando, ovunque andasse, le infrastrutture necessarie per la sua somministrazione prolungata, l'impatto a medio e lungo termine fu ancora maggiore. Lo stesso Jenner disse che "non posso immaginare che negli annali della storia ci sia un esempio più nobile e completo di questo".

Balmis aveva profonde convinzioni cattoliche, come testimoniato nel suo testamento, redatto prima di partire per la Spedizione. Il carattere completamente altruistico della Spedizione è in linea con la sua fede cristiana. In suo onore, l'esercito spagnolo ha chiamato "Operazione Balmis" lo spiegamento militare per combattere il COVID-19 in Spagna.

L'autoreGonzalo Colmenarejo

Dottorato di ricerca. IMDEA Food. Membro della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Vangelo

Pentimento e volontà. Mercoledì delle Ceneri

Joseph Evans commenta le letture del Mercoledì delle Ceneri.

Giuseppe Evans-12 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La Chiesa oggi ci chiama al pentimento e il pentimento comporta due passi fondamentali. Primo, il riconoscimento della colpa: "È colpa mia. Io sono ferito, devo cambiare il mio comportamento, non qualcun altro". La colpa può essere oggettiva ma, come minimo, c'è in me una mancanza di pazienza o di virtù nell'affrontare quella colpa. Un modo particolarmente valido per pentirsi è il sacramento della Confessione, quando, appunto, diamo la colpa a noi stessi - apertamente, pubblicamente - e non agli altri.

Il secondo aspetto è la volontà di fare qualcosa. Alcune persone riconoscono la propria colpa ma non sono disposte a cambiare, per durezza di cuore o per disperazione. Il pentimento implica quindi la speranza che sia possibile. Se Dio mette il desiderio nella mia anima, mi darà la grazia di realizzarlo.

Il pentimento probabilmente non è molto drammatico per la maggior parte di noi, è salire il gradino successivo verso la santità, il livello successivo. I cambiamenti che Dio ci chiede nella vita possono essere sempre più piccoli, anche se a volte sono sempre più difficili. L'importante è lottare, anche se si fallisce, e continuare a ricominciare.

Nel Vangelo, Gesù raccomanda i tre mezzi tradizionali di conversione: preghiera, digiuno ed elemosina. Attraverso la preghiera diamo più e meglio il tempo a Dio. La preghiera è l'attività della speranza. La conversione che desideriamo ma che abbiamo difficoltà a realizzare inizia nella preghiera, dove ci mettiamo davanti a Dio con le nostre debolezze per essere guariti e rafforzati. Poi viene il digiuno, il dire no al nostro corpo, anche come preghiera per chi soffre. Questo dovrebbe avere un aspetto di solidarietà e quindi segue l'elemosina. Imploriamo la misericordia di Dio sforzandoci di mostrare misericordia agli altri, con il nostro tempo e il nostro denaro. 

La Quaresima deve fare male, almeno un po'. Dobbiamo essere disposti a perdere per guadagnare: "perdere" un po' di tempo per pregare o per aiutare gli altri, e perdere qualche piacere corporeo. Come ha detto una volta Papa Francesco "Non dimentichiamo che la vera povertà fa male; nessuna abnegazione è reale senza questa dimensione di penitenza. Diffido di una carità che non costa nulla e non fa male.".

Possiamo chiedere alla Madonna di darci il coraggio di vivere bene la Quaresima di quest'anno, senza paura di fare propositi che fanno male e lottando per mantenerli. E se falliamo, perché sono ambiziosi e impegnativi, possiamo invocare la misericordia e l'aiuto di Dio e ricominciare senza scoraggiarci.

Vaticano

"L'amore non può essere ridotto a selfie o a messaggi di testo", dice il Papa.

Oggi, domenica 11 febbraio 2024, il Papa ha recitato l'Angelus davanti ai fedeli e ha offerto una breve riflessione sul Vangelo. Inoltre, questa mattina è stata celebrata la canonizzazione di Mama Antula, la prima santa argentina.

Loreto Rios-11 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Oggi, festa di Nostra Signora di Lourdes e canonizzazione della nuova santa argentina, Mama Antula, il Papa ha iniziato la sua riflessione sul Vangelo sottolineando che la prontezza con cui Gesù risponde alle parole del lebbroso ci mostra "lo stile di Gesù con chi soffre: poche parole e fatti concreti".

"Fa sempre così: parla poco e alle parole seguono i fatti: si inchina, tiene le mani, guarisce. Non si dilunga in discorsi o interrogatori, tanto meno in pietismi e sentimentalismi. Piuttosto, mostra la dolcezza di chi ascolta con attenzione e agisce con sollecitudine, preferibilmente senza attirare l'attenzione su di sé", ha spiegato Francesco.

Il Santo Padre ha poi sottolineato l'importanza di amare in modo concreto: "L'amore ha bisogno di concretezza, di presenza, di incontro, di tempo e di spazio: non può ridursi a belle parole, a immagini su uno schermo, a selfie o a sms frettolosi. Sono strumenti utili che possono aiutare, ma non bastano per amare. Non possono sostituire la presenza concreta".

Canonizzazione di Mama Antula

Dopo l'Angelus, il Papa ha ricordato che oggi si è celebrata la canonizzazione di Mamma Antula e ha chiesto un applauso per la nuova santa.

Oggi è anche la festa di Nostra Signora di Lourdes e la Giornata mondiale del malato. "La prima cosa di cui abbiamo bisogno quando siamo malati è la vicinanza dei nostri cari, la vicinanza degli operatori sanitari e, nel nostro cuore, la vicinanza di Dio. Siamo tutti chiamati a essere vicini a chi soffre, a visitare i malati, come ci insegna Gesù nel Vangelo", ha spiegato Francesco.

Il Papa ha anche ricordato le guerre in Ucraina, Palestina, Israele e Myanmar e ha concluso chiedendo ai fedeli di non dimenticare di pregare per lui.

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Evangelizzazione

Lourdes e i suoi pellegrini: Ordine di Malta, provenzali e motociclisti

Lourdes accoglie ogni anno migliaia di pellegrinaggi, alcuni dei quali sono particolarmente pittoreschi. Tra i più significativi ci sono quelli dell'Ordine di Malta, dei Provenzali, delle Guardie Svizzere e dei motociclisti.

Xavier Michaux-11 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Arrivando alla piattaforma di LourdesIl XIX secolo e la sua arte neogotica sono presenti ovunque. Non è l'unica cosa pittoresca da vedere qui. La piattaforma accoglie persone da tutto il mondo: quasi 3 milioni di pellegrini all'anno che esprimono la loro fede in modo diverso.

Pellegrini a Lourdes

Gli irlandesi, biondi o rossi, dalla pelle chiara o rubiconda, forti e felici, spesso riempiono Lourdes all'inizio di agosto con più di 5000 pellegrini. E i canti celtici, pieni di desiderio e di fiducia, risuonano nella grotta con rustica pietà.

Il 15 agosto e in ottobre sono i francesi a recarsi più spesso a Lourdes, a ricordo di un tempo in cui la Vergine era la patrona del Paese, che la amava e la venerava pubblicamente. Lo Stato è cambiato, ma non i francesi, che continuano a pregarla in modo speciale il 15 agosto.

In questo periodo arrivano gli eleganti collaboratori dell'Ordine di Malta, e poi il pellegrinaggio popolare degli Assunzionisti, che hanno molte riviste, trasmissioni radiofoniche e siti web per trasmettere la fede. In ottobre, i Domenicani fanno il pellegrinaggio del Rosario. Nei loro abiti bianchi e neri, portano l'eredità dei predicatori della verità contemplata e riempiono il santuario di migliaia di pellegrini.

In questo mese arrivano a Lourdes anche i provenzali con i loro cavalli bianchi tipici del Rodano e i loro costumi colorati ed eleganti (les Gardians e les Arlésiennes). È l'unica processione che permette ai cavalli di entrare nel santuario e raccoglie fino a 7000 pellegrini. La sua lingua condivide caratteristiche con tre lingue nate dal latino: il francese, lo spagnolo e l'italiano, e presenta anche somiglianze con il catalano.

L'inverno non è di solito un buon periodo per le processioni di massa. Ma una dopo l'altra, le diocesi francesi portano i loro malati alla grotta, affinché Dio li aiuti a sopportare con coraggio la loro malattia e, se vuole, attraverso Maria, li guarisca. I sacerdoti testimoniano che i miracoli più clamorosi non sono fisici (solo 70 sono stati dichiarati ufficialmente miracolosi), ma spirituali; infatti molti si confessano e si convertono.

Pellegrinaggi di primavera

In primavera tornano i pellegrini da tutto il mondo. In questo periodo si svolge il pellegrinaggio dei militari, con le loro uniformi e le bandiere di tutti i Paesi. Non mancano le particolari guardie svizzere del Vaticano con le loro uniformi del XVI secolo, e tutti pregano per la pace, alla quale dedicano tutta la loro coraggiosa dedizione. Seguono gli zingari, che riempiono di musica le spianate del santuario e di chiacchiere le strade di Lourdes.

Nel frattempo, continuano i pellegrinaggi dalle diocesi italiane, con le loro ospitali donne laiche, ma elegantemente vestite da suore. Dopo i francesi, gli italiani sono i visitatori più assidui del santuario di Lourdes. Al terzo posto ci sono gli spagnoli, che devono superare la barriera naturale dei Pirenei. In totale, quasi 80 nazionalità passano ufficialmente per il santuario di Lourdes. Nel santuario ci sono fino a 5 lingue ufficiali per accogliere tutte queste persone (francese, spagnolo, italiano, inglese e olandese).

Pellegrinaggi a tema

Ci sono anche pellegrinaggi curiosi, perché si formano intorno a un hobby o a un tema professionale. I motociclisti si riuniscono di solito una volta all'anno a Lourdes e sono facilmente riconoscibili per le loro giacche di pelle, gli occhiali da sole e i tatuaggi.

C'è anche il pellegrinaggio dei cuochi francesi che, non a torto, chiedono spesso a Dio l'ispirazione per la loro cucina. Ci sono poi i pellegrinaggi di migliaia di bambini e giovani scout. Riempiono i prati del santuario con gioia, pregando e imparando a servire. Gli scout sono spesso riconoscibili dalle loro uniformi, ma si sa dove sono soprattutto perché cantano, a tutte le ore del giorno e della notte!

Infine, i pellegrini che si recano a Lourdes sono spesso molto variegati per provenienza, cultura e pietà, ma la Vergine Maria di solito si prende cura di ognuno di loro, come è giusto che sia, perché tornano ogni anno!

È il caso di alcuni luoghi in cui il cielo ha toccato la terra e grazie ai quali si può sperimentare la famiglia di Dio, la Chiesa di Nostro Signore Gesù.

L'autoreXavier Michaux

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Cultura

Lourdes: la visita di Maria, fonte di grazia

La festa di Nostra Signora di Lourdes si celebra l'11 febbraio. La storia del santuario inizia nel XIX secolo, quando la piccola Bernadette Soubirous fu visitata dalla Vergine Maria.

Loreto Rios-11 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Nel 1858, la Vergine Maria è apparsa a Bernadette Soubirous a Lourdes. Da allora, milioni di pellegrini sono accorsi al santuario per pregare, riconciliarsi con Dio e fare il bagno nell'acqua della sorgente. Ecco alcuni dei punti chiave del storia del santuario.

L'infanzia di Bernadette

Bernadette nacque il 7 gennaio 1844 nel mulino di Boly a Lourdes. Nel 1854, la famiglia cominciò ad affrontare difficoltà a causa dei cattivi raccolti. Inoltre, ci fu un'epidemia di colera. Bernadette la contrasse e ne portò i postumi per tutta la vita.

La crisi economica ha portato allo sfratto della famiglia. Grazie a un parente, sono riusciti a trasferirsi in una stanza di 5×4 metri, un sotterraneo di una ex prigione non più in uso a causa delle condizioni igieniche.

Bernadette non sapeva né leggere né scrivere. A causa della povertà della sua famiglia, iniziò a lavorare come domestica fin da piccola, oltre a occuparsi delle faccende domestiche e dei suoi fratelli più piccoli. Alla fine, insieme a una delle sue sorelle, iniziò a raccogliere e vendere rottami metallici, carta, cartone e legna da ardere. Bernadette lo fece nonostante la sua salute fosse fragile a causa dell'asma e dei postumi del colera.

La prima apparizione

Fu in una di queste occasioni, quando Bernadette, sua sorella e un'amica uscirono dal villaggio per andare a prendere della legna, che ebbe luogo la prima apparizione. Era l'11 febbraio 1858 e Bernadette aveva 14 anni (tutte le apparizioni avvennero in quell'anno, per un totale di diciotto). Il luogo in cui si recavano era la grotta di Massabielle.

La ragazza ha poi raccontato di aver sentito un fruscio di vento: "Dietro i rami, all'interno dell'apertura, ho visto subito una giovane donna, tutta bianca, non più alta di me, che mi ha salutato con un leggero cenno del capo", ha detto in seguito. "Sul braccio destro aveva un rosario. Ho avuto paura e ho fatto un passo indietro [...] Tuttavia, non era una paura come quella che avevo provato in altre occasioni, perché avrei sempre guardato lei ('aquéro'), e quando si ha paura, si scappa subito. Poi mi venne l'idea di pregare. [Ho pregato con il mio rosario. La giovane donna fece scorrere i grani del suo, ma non mosse le labbra. [...] Quando ebbi finito il rosario, mi salutò con un sorriso. Si ritirò nella conca e improvvisamente scomparve" (le parole esatte di Bernadette e della Vergine sono tratte dal sito dell'Ospitalità di Nostra Signora di Lourdes e dal sito ufficiale del santuario).

L'invito della Madonna

Anche la seconda apparizione, avvenuta il 14 febbraio, fu silenziosa. La ragazza versò dell'acqua santa sulla Vergine, la Vergine sorrise e chinò il capo e, quando Bernadette ebbe finito di recitare il rosario, scomparve. A casa Bernadette raccontò ai genitori ciò che le stava accadendo e questi le proibirono di tornare alla grotta. Tuttavia, un conoscente della famiglia li convinse a lasciare che la ragazza tornasse, ma accompagnata, e con carta e penna affinché la donna sconosciuta potesse scrivere il suo nome. Così Bernadette tornò alla grotta e avvenne la terza apparizione. Alla richiesta di scrivere il suo nome, la donna sorrise e invitò Bernadette con un gesto a entrare nella grotta. "Quello che ho da dire non ha bisogno di essere scritto", disse. E aggiunge: "Mi faresti il favore di venire qui per quindici giorni? Più tardi, Bernadette dirà che era la prima volta che qualcuno le dava del "tu". "Mi ha guardato come una persona guarda un'altra persona", ha detto, spiegando la sua esperienza. Queste parole della bambina sono ora scritte all'ingresso del Cenacolo di Lourdes, un luogo di riabilitazione per persone affette da diverse dipendenze, soprattutto da droga.

Bernadette accetta l'invito e la Madonna aggiunge: "Non ti prometto la felicità di questo mondo, ma quella dell'altro". Tra il 19 e il 23 febbraio ebbero luogo altre quattro apparizioni. Nel frattempo la notizia si era diffusa e molte persone accompagnarono Bernadette alla grotta di Massabielle. Dopo la sesta apparizione, la ragazza fu interrogata dal commissario Jacomet.

La primavera

Le prime apparizioni, sette in tutto, furono felici per Bernadette. Durante le cinque successive, avvenute tra il 24 febbraio e il 1° marzo, la ragazza sembrava triste. La Madonna le chiese di pregare e di fare penitenza per i peccatori. Bernadette pregava in ginocchio e a volte camminava intorno alla grotta in quella posizione. Mangia anche dell'erba su indicazione della padrona, che le dice: "Vai a bere e a lavarti nella fontana".

In risposta a questa richiesta, Bernadette si reca al fiume per tre volte. Ma la Vergine le dice di tornare e le indica il luogo dove deve scavare per trovare la sorgente a cui si riferisce.

La ragazza obbedisce e scopre l'acqua, dalla quale beve e con la quale si lava, anche se, essendo mescolata al fango, si sporca il viso. La gente le dice che è pazza a fare queste cose, e la ragazza risponde: "È per i peccatori". Alla dodicesima apparizione avviene il primo miracolo: la sera una donna lava il braccio, paralizzato da due anni a causa di una lussazione, nella sorgente e riacquista la mobilità.

Immacolata Concezione

Nell'apparizione del 2 marzo, la Madonna le diede un compito: chiedere ai sacerdoti di costruire una cappella in quel luogo e di andarci in processione. In obbedienza a questo comando, Bernadette si recò direttamente dal parroco. Il sacerdote non la accolse molto calorosamente e le disse che, prima di accogliere la sua richiesta, la donna misteriosa doveva rivelare il suo nome. Bernadette non avrebbe mai detto di aver visto la Vergine, poiché la donna con cui stava parlando non le aveva detto il suo nome.

Il 25 marzo, la ragazza si recò alla grotta nelle prime ore del mattino accompagnata dalle zie. Dopo aver recitato un mistero del rosario, la donna appare e Bernadette le chiede di dire il suo nome. La ragazza le chiede il nome per tre volte. Alla quarta volta, la donna risponde: "Sono l'Immacolata Concezione". La Vergine non parlò mai alla ragazza in francese, ma nel dialetto nativo di Bernadette, ed è in questa lingua che sono scritte le parole sotto l'incisione della Vergine di Lourdes che si trova ora nella grotta: "Que soy era Immaculada Concepciou" (Io sono l'Immacolata Concezione).

Questo termine, che si riferisce al fatto che Maria è stata concepita senza peccato originale, era sconosciuto a Bernadette, ed era stato proclamato dogma di fede solo quattro anni prima da Papa Pio IX.

Riconoscimento delle apparizioni

Bernadette si recò alla casa parrocchiale per rendere conto di ciò che le era stato trasmesso. Il sacerdote fu sorpreso di sentire questo termine sulle labbra della ragazza, e lei spiegò che era venuta fin lì ripetendo le parole per non dimenticarle. Infine, il 16 luglio, ebbe luogo l'ultima apparizione.

Le apparizioni di Nostra Signora di Lourdes furono riconosciute ufficialmente dalla Chiesa nel 1862, solo quattro anni dopo la loro conclusione e mentre Bernadette era ancora viva.

Dopo le apparizioni, nel 1866 entrò come novizia nella comunità delle Suore della Carità di Nevers. Morì di tubercolosi nel 1879 e fu canonizzata da Papa Pio XI nel 1933, l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione.

Luoghi del santuario

Il santuario ha alcuni luoghi chiave da visitare durante un pellegrinaggio.

La grotta

Il Grotta di Massabielle è uno dei luoghi più importanti del santuario. Attualmente la Messa viene celebrata nella parte più grande. Sulla roccia dove è apparsa Maria, si trova una figura della Vergine, basata sulla descrizione di Bernadette: "Indossava una veste bianca, che scendeva fino ai piedi, di cui si vedevano solo le punte. L'abito era chiuso in alto, intorno al collo. Un velo bianco, che le copriva il capo, scendeva lungo le spalle e le braccia fino a terra. Su ogni piede vidi che aveva una rosa gialla. La fascia del vestito era blu e le scendeva appena sotto le ginocchia. La catena del rosario era gialla, i grani erano bianchi, spessi e molto distanziati". La figura, alta quasi due metri, fu collocata nella grotta il 4 aprile 1864. Lo scultore era Joseph Fabisch, professore alla Scuola di Belle Arti di Lione. Il luogo in cui la ragazza si trovava durante le apparizioni è indicato sul pavimento.

L'acqua di Lourdes

La sorgente che alimenta le fontane e le piscine di Lourdes proviene dalla grotta di Massabielle, ed è quella scoperta da Bernadette su suggerimento della Vergine. L'acqua è stata analizzata in numerose occasioni e non contiene nulla di diverso dalle acque di altri luoghi.

La tradizione del bagno nelle piscine di Lourdes deriva dalla nona apparizione, avvenuta il 25 febbraio 1858. In quell'occasione la Madonna disse a Bernadette di bere e lavarsi nella sorgente. Nei giorni successivi, molte persone la imitarono e si verificarono i primi miracoli, che sono continuati fino ad oggi (l'ultimo approvato dalla Chiesa risale al 2018).

L'acqua della sorgente viene utilizzata anche per riempire le vasche di marmo, situate vicino alla grotta, dove i pellegrini si immergono. L'immersione, durante la quale i pellegrini sono coperti da un asciugamano, viene effettuata con l'aiuto dei volontari dell'Hospitalité Notre-Dame de Lourdes.

In inverno, o durante la stagione delle pandemie, l'immersione completa non è possibile. L'accesso all'acqua e il bagno sono completamente gratuiti. Molte persone scelgono anche di portare con sé una bottiglia riempita con l'acqua della sorgente di Lourdes, facilmente accessibile presso le fontane accanto alla grotta.

In totale ci sono 17 piscine, undici per le donne e sei per gli uomini. Sono utilizzate da circa 350.000 pellegrini all'anno.

Luoghi in cui Bernadette ha vissuto

Oltre al santuario, a Lourdes è possibile visitare i luoghi in cui Bernadette ha soggiornato: Il mulino di Boly, dove nacque; la chiesa parrocchiale locale, che conserva ancora il fonte battesimale in cui fu battezzata; l'ospizio delle Suore della Carità di Nevers, dove fece la prima comunione; l'antica casa parrocchiale, dove parlò con l'abate Peyramale; la "prigione" dove visse con la sua famiglia dopo lo sfratto; Bartrès, dove risiedette da bambina e nel 1857; o il Moulin Lacadè, dove vissero i suoi genitori dopo le apparizioni.

Le processioni

Un evento molto importante al santuario di Lourdes è la processione eucaristica, che si tiene dal 1874. Si svolge da aprile a ottobre tutti i giorni alle cinque del pomeriggio. Inizia nel prato del santuario e termina nella Basilica di San Pio X.

Un altro evento importante è la fiaccolata. Questa si tiene dal 1872, da aprile a ottobre, ogni giorno alle nove di sera. L'usanza è nata dal fatto che Bernadette si recava spesso alle apparizioni con una candela.

Dopo le apparizioni, nella zona furono costruite tre basiliche. La prima fu la Basilica dell'Immacolata Concezione, che Papa Pio IX fece diventare basilica minore il 13 marzo 1874. Le sue vetrate raffigurano sia le apparizioni che il dogma dell'Immacolata Concezione.

Vi si trova anche la basilica romanico-bizantina di Nostra Signora del Rosario. La basilica contiene 15 mosaici che raffigurano i misteri del rosario. La cripta, che era la cappella costruita su richiesta della Vergine, fu inaugurata nel 1866 da monsignor Laurence, vescovo di Tarbes, con una cerimonia alla quale era presente Bernadette. Si trova tra la Basilica dell'Immacolata Concezione e la Basilica di Nostra Signora del Rosario.

C'è anche la Basilica di San Pio X, una chiesa sotterranea in cemento armato costruita per il centenario delle apparizioni nel 1958.

Infine, c'è la chiesa di Santa Bernadette, costruita nel luogo in cui la ragazza vide l'ultima apparizione, dall'altra parte del fiume Gave, poiché quel giorno non poté entrare nella grotta perché era stata recintata. La chiesa fu inaugurata più di un secolo dopo, nel 1988.

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Educare il cuore

Il dato preoccupante dell'accesso dei minorenni alla pornografia non può essere affrontato solo da una prospettiva normativa: è necessaria una formazione all'affettività in famiglia.

10 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Qualche giorno fa ho letto con interesse la notizia dell'approvazione di una legge per la protezione completa dei minori su Internet.

Uno degli obiettivi perseguiti è quello di limitare l'accesso alla pornografia da parte di minori. È in corso un lavoro specifico per sviluppare un sistema pilota di verifica dell'età per l'accesso a siti web con contenuti per adulti.

Secondo gli studi di organizzazioni di esperti7 adolescenti su 10 usano pornografia regolarmente in Spagna, e il 53,8% dei giovani tra i 12 e i 15 anni dichiara di aver guardato pornografia per la prima volta tra i 6 e i 12 anni.

È anche noto che l'accesso precoce a questo tipo di contenuti ha gravi conseguenze: distorsione della percezione della sessualità, sviluppo di comportamenti inappropriati e violenti, impatto sul modo di stabilire relazioni intime, ecc. Inoltre, è noto che esiste un serio rischio di dipendenza.

Tuttavia, limitare l'accesso a tali contenuti senza educare il cuore è solo un palliativo.

Il modello educativo in questo ambito, almeno nelle scuole pubbliche, propugna una visione liberale della sessualità, svincolata da qualsiasi criterio etico: promuove un'informazione decontestualizzata fin dalla più tenera età, insegna ai giovani a lasciarsi trasportare dagli impulsi e incoraggia una sessualità del divertimento, che non prepara all'amore.

La realtà stessa, come i recenti casi di stupro, rivela sempre più spesso le conseguenze di un approccio non corretto a questo tema. Ci aspettiamo dai giovani un comportamento eroico, per il quale non li stiamo formando.

Le autorità pubbliche sembrano perse nell'ideologia e non sanno - o non vogliono - vedere la realtà. Pensano che l'aggressività si prevenga vietando i comportamenti o inasprendo le pene, mentre in realtà, se non si educa il cuore, se non si insegna ai giovani ad amare, si ottiene ben poco.

Si impara ad amare amando. E impariamo meglio da chi ci ama incondizionatamente. Ecco perché il ruolo della famiglia nella formazione dell'affettività è decisivo. Non solo spiegando i contenuti, ma soprattutto attraverso il modello che offre ai figli e alle figlie con il proprio stile affettivo.

Se i genitori e le scuole non svolgono questo ruolo, lasciano la strada aperta alla ricerca di informazioni su Internet, sui social network o dai coetanei.

L'autoreMontserrat Gas Aixendri

Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Internazionale della Catalogna e direttore dell'Istituto di Studi Superiori sulla Famiglia. Dirige la cattedra sulla solidarietà intergenerazionale nella famiglia (cattedra IsFamily Santander) e la cattedra sull'assistenza all'infanzia e le politiche familiari della Fondazione Joaquim Molins Figueras. È anche vicepreside della Facoltà di Giurisprudenza dell'UIC di Barcellona.

Mondo

Mama Antula, una santa argentina per la Chiesa universale

L'11 febbraio Papa Francesco ha canonizzato la prima santa argentina, Mama Antula, una suora del XVIII secolo che si dedicò all'evangelizzazione attraverso gli esercizi spirituali di Sant'Ignazio di Loyola.

Marcelo Barrionuevo-10 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

L'11 febbraio, giorno della festa di Nostra Signora di Lourdes, il Santo Padre Francesco canonizzerà un donna nata in un luogo lontano dal porto di Buenos AiresSantiago de Estero, la prima diocesi dell'Argentina.

In questo modo, un Papa gesuita canonizzerà una donna che ha fatto dello spirito ignaziano la sua strada verso la santità. Come Cura Brochero, un santo sacerdote delle colline di Cordoba in Argentina, "Mama Antula" ha fatto degli esercizi spirituali la via per incontrare Dio, lavorando instancabilmente per evangelizzare a partire dall'esperienza di cercare e trovare la volontà di Dio come insegnato dal santo di Loyola.

Ricercatori storici e religiosi hanno assicurato, in dialogo con i media che si occupano della canonizzazione, che María Antonia de Paz y Figueroa ha cercato di "raggiungere tutti i bisognosi, facendo appello a tutte le classi sociali" e hanno descritto la sua opera come una delle "più forti espressioni di evangelizzazione popolare del Paese".

Nata nel 1730 a Santiago del Estero, Mama Antula era una discendente di una famiglia importante che iniziò la sua pratica religiosa avvicinandosi ai gesuiti "con una decisione libera e spontanea che scaturì dall'amore come risultato della sua vocazione cristiana", secondo la storica Graciela Ojeda de Río, che dal 1980 si è dedicata a diffondere la vita di questa beata.

"È una donna di fede, una laica, impegnata nella Chiesa. Era come i primi beatas della storia, molto colti, che leggevano, si istruivano e servivano la società senza guardare a chi, e cercavano di raggiungere tutti i bisognosi, facendo appello a tutte le classi sociali", ha commentato inoltre lo storico.

Dopo un processo iniziato nel 1767, i gesuiti furono espulsi dalla regione. Tuttavia, Mama Antula continuò la sua predicazione in varie province del Paese, un viaggio che la portò a percorrere più di 5.000 chilometri.

Non possiamo mai dimenticare il contesto storico e geografico di ogni santo. Mamma Antula iniziò la sua opera in una realtà inospitale, priva di mezzi e con la sola convinzione che le davano la sua fede e la consapevolezza della missione ricevuta. Non si è imborghesita nella sua vita, ma è "uscita nelle periferie del suo tempo" per avvicinare Dio a tutti gli uomini e le donne del suo tempo.

La predicazione di Mama Antula

Ha iniziato la sua predicazione all'età di 49 anni e "Ha camminato per migliaia di chilometri attraverso i campi, le frazioni e le città, i villaggi e le periferie alla ricerca di cuori", dice Aldo Marcos de Castro Paz, membro del Consiglio di Storia Ecclesiastica dell'Argentina, che ha scritto il ritratto documentario della Beata. "La sua opera è una delle espressioni più forti dell'evangelizzazione popolare nel nostro Paese. In un'epoca governata dagli onori del lignaggio, dell'etichetta, dell'eredità e della gerarchia, riuscì a far sì che uomini e donne frequentassero gli stessi ritiri, che tutti mangiassero lo stesso pane", aggiunge de Castro Paz.

L'esperto della santa commenta anche che "aiutò le comunità native a costruire il proprio senso di identità nazionale", mentre "promosse la dignità del lavoro" istruendo le donne sul lavoro e gli uomini sulla costruzione delle proprie case.

In Mamma Antula vediamo un'anticipazione del ruolo guida della donna nella società e nella Chiesa. Con il suo genio femminile, come diceva San Giovanni Paolo II, la donna sostiene i valori e le tradizioni del popolo. Non dobbiamo dimenticare che mamma Antula assume quella "determinazione decisa" di cui parla sant'Ignazio dopo l'espulsione dei gesuiti. Nella Chiesa sono le donne a sostenere la fede e le tradizioni.

Una donna di preghiera

Mamma Antula viene canonizzata nell'ambito dell'"Anno della preghiera" che il Papa ha indetto per il gennaio 2024. Il suo grande apostolato attraverso gli Esercizi Spirituali è la sua efficace via di evangelizzazione. I ritiri, anche per persone molto semplici, sono un'esperienza ravvicinata con Dio stesso. Egli non ha mai smesso di lavorare affinché uomini e donne incontrino il Padre misericordioso.

Con il suo arrivo a Buenos Aires nel 1779, la costruzione della Santa Casa degli Esercizi Spirituali fu uno dei principali obiettivi della Beata. Cintia Suárez, ricercatrice sulla santa, sottolinea che riuscì a costruirla su un terreno donato e con i fondi provenienti dalle elemosine dei fedeli.

"Voleva aiutare, servire un settore della società svantaggiato e dimenticato, ma non come suora. Infatti, non ha fatto voto di obbedienza, ha fatto voto di castità e povertà, ma non di obbedienza in nessun ordine", spiega Suárez.

Gli esercizi spirituali consistono in meditazioni che includono il silenzio, letture e colloqui con un sacerdote.

"Questo perché i gesuiti erano certi che Dio lavorasse personalmente con ogni persona e che gli uomini e le donne avessero la possibilità di comunicare direttamente con lui attraverso il loro spirito e il loro intelletto", dice Ojeda de Río, responsabile delle visite guidate alla Santa Casa degli Esercizi Spirituali.

Impegno per i suoi dipendenti

Mama Antula "è stata una pioniera della difesa dei diritti umani". perché si mobilitò a favore del popolo, degli indios, dei mulatti, in un'epoca in cui le classi sociali non si mescolavano e lo schiavo non camminava per la strada principale", afferma lo storico Suárez.

L'autrice fa anche riferimento agli orfani che la Beata accolse, ai quali diede il cognome "San Giuseppe", lo stesso che assunse all'inizio della sua carriera ecclesiastica. "Riuscì a far ritirare persone che nella vita civile erano separate dal sistema delle caste: colore della pelle, mestieri diversi, funzioni e dignità del XVIII secolo americano".

I santi sono sempre stati testimoni del principio dell'Incarnazione: hanno saputo unire la presenza di Dio con la dignità dell'umano e assumere l'umano come mediazione verso il divino.

Che questa santa argentina sia uno strumento per valorizzare maggiormente la presenza femminile nella Chiesa, nella storia e nel mondo.

L'autoreMarcelo Barrionuevo

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Vocazioni

Formazione dei sacerdoti e ministero apostolico, Papa Francesco: “ravvivare il dono” e “riaccendere il fuoco”

Dal 6 al 10 febbraio si terrà il Congresso internazionale per la formazione permanente dei sacerdoti sul tema "Ravvivare il dono di Dio che è in voi".

Giovanni Tridente-9 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Per tutta questa settimana, e fino a sabato 10 febbraio, presso l'Auditorium della Conciliazione, a pochi passi dalla Basilica di San Pietro, si tiene un congresso La Conferenza internazionale sulla formazione permanente dei sacerdoti, promossa dal Dicastero per il Clero e in collaborazione con il Dicastero per l'Evangelizzazione e le Chiese Orientali.

Tra i temi al centro della riflessione, la riscoperta della “bellezza di essere discepoli oggi” e la necessità di una “formazione unica, integrale, comunitaria e missionaria”, come prevede anche la Ratio Fundamentalis, il documento dello stesso Dicastero per il Clero riguardante la vocazione sacerdotale.

I temi urgenti

Tra le domande su cui i partecipanti si stanno interrogando, c’è la valutazione di come il “cambiamento d’epoca” incida sulla missione del sacerdote, tenendo conto dei differenti contesti geografici e culturali, ma anche come integrare il proprio ministero all’interno di una Chiesa che vuole essere sinodale e missionaria. Altri aspetti riguardano l’importanza della formazione integrale (quali sfide e quali passi urgenti occorre compiere in questo campo), il superamento della solitudine e dell’individualismo, le nuove sfide pastorali.

Conversazione nello Spirito

Le attività del Convegno sono inframezzate dalla dinamica del discernimento conosciuta ormai come Conversazione nello Spirito, adottata nell’ultimo Sinodo dei Vescovi, la quale prevede una preparazione personale, un momento di silenzio e preghiera, l’intervento a turno e l’ascolto, un successivo momento di preghiera e poi la condivisione a partire da ciò che altri hanno detto, prima del dialogo comunitario e una preghiera finale di ringraziamento.

L’incontro con il Papa

Giovedì, i partecipanti, accompagnati dai superiori dei Dicasteri coinvolti, sono stati ricevuti in udienza dal Papa Francesco nell'Aula Paolo VI. Il Pontefice ha innanzitutto incoraggiato i sacerdoti a condividere le buone pratiche, ad affrontare le sfide dei tempi e a concentrarsi sul futuro della formazione sacerdotale.

Ha quindi indicato tre strade per ravvivare il dono della vocazione sacerdotale. In primo luogo, come suggerito nei giorni scorsi anche alle persone consacrate, il Papa ha risaltato la necessità di vivere e trasmettere la "gioia del Vangelo", ricordando che al centro della vita cristiana c'è l'amicizia con il Signore, che libera dalla tristezza dell'individualismo, e fa diventare testimoni prima ancora che maestri.

Per il Pontefice bisogna poi coltivare l’“appartenenza al popolo di Dio”, popolo sacerdotale, da cui sentirsi custoditi e sostenuti. Ecco perché è importante la formazione, che alla fine coinvolge ciascun battezzato. Infine, bisogna puntare a un servizio che sia generativo, mettendo al centro la bellezza e il bene che ogni persona porta dentro di sé.

Formatori nei Seminari

Restando su queste tematiche, la settimana scorsa l’Università della Santa Croce ha ospitato un lungo programma di studio promosso per l’ottavo anno dal Centro di Formazione Sacerdotale, dedicato questa volta all’approfondimento dei temi della pastorale. Vi hanno partecipato una cinquantina di sacerdoti che svolgono il ruolo di formatori nei Seminari, provenienti da diversi paesi. Ad aprire i lavori era stato il Vescovo Fortunatus Nwachukwu, Segretario del Dicastero per l’Evangelizzazione, che si è soffermato sulla “conversione pastorale della Chiesa”.

Sono intervenuti anche il Vescovo di San Benedetto del Tronto – nelle Marche, in Italia - Carlo Bresciani, sul “profumo umano del pastore”; e il Direttore spirituale del Pontificio Seminario Maggiore di Roma, Giuseppe Forlai, su “la paternità spirituale”. Si è quindi riflettuto su “predicazione e omelia”, su come “evangelizzare attraverso le reti” e sul “ministero della confessione e dell’accompagnamento spirituale”. La Settimana si è conclusa con l’intervento del Patriarca di Venezia, il Vescovo Francesco Moraglia, su come integrare vita spirituale e missione.

L'autoreGiovanni Tridente

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Christoph OhlyRatzinger è uno dei più grandi teologi della storia della Chiesa".

Christoph Ohly, professore di diritto canonico e rettore dell'Università Teologica Cattolica di Colonia, è il presidente del Nuovo Circolo dei Discepoli di Joseph Ratzinger. In questa intervista parla delle origini di questa associazione e del pensiero di Benedetto XVI.

Fritz Brunthaler-9 febbraio 2024-Tempo di lettura: 10 minuti

Joseph Ratzinger - in seguito il Papa Benedetto XVI- è uno dei più importanti teologi del XX e XXI secolo. Specializzato soprattutto in Teologia fondamentale, ha insegnato per decenni in diverse università tedesche: Bonn, Münster, Tubinga e Ratisbona. A causa della sua erudizione, della sua ampiezza e profondità teologica e, allo stesso tempo, del suo stile di vita sacerdotale e della sua modestia personale, attorno a lui si riunì un circolo di studenti, dottorandi e post-dottorandi: il "Circolo dei discepoli di Joseph Ratzinger". Dal 1978 in poi si incontrarono regolarmente con il loro venerato maestro. Anche dopo la sua elezione a Papa, questi incontri continuarono a Castel Gandolfo.

Su richiesta dello stesso Papa Benedetto, dal 2008 giovani teologi si sono riuniti per cercare di approfondire la sua opera e - come si legge sul sito del "nuovo" circolo dei discepoli - si sono impegnati a continuare il suo approccio teologico. Christoph Ohly, professore di diritto canonico e rettore dell'Università teologica cattolica di Colonia, è il presidente di questo nuovo circolo di discepoli di Joseph Ratzinger. Abbiamo chiesto al professor Ohly quali sono i retroscena e gli obiettivi specifici del vecchio e del nuovo circolo di discepoli.

Come è nato il primo circolo di discepoli, è stata piuttosto un'iniziativa del professor Ratzinger o un incontro spontaneo degli alunni con il loro insegnante?

È noto che l'allora professor Ratzinger accompagnò numerosi teologi nel loro percorso di dottorato o di abilitazione presso le loro varie sedi di lavoro. Oltre alle conversazioni personali, il lavoro del professore comprendeva anche colloqui con studenti di dottorato e post-dottorato, in cui venivano ripetutamente discussi temi teologici e filosofici, spesso con la partecipazione di rinomati teologi cattolici, protestanti e ortodossi dell'epoca.

Quando Joseph Ratzinger divenne arcivescovo di Monaco e Frisinga nel 1977, nacque l'idea di continuare, per quanto possibile, questa formula di lavoro accademico e di incontri personali a intervalli regolari. Da questa idea nacquero gli incontri del cosiddetto "Schülerkreis" ("Circolo dei discepoli"), che riuniva studenti di dottorato e post-dottorato che avevano studiato e scritto le loro tesi con il professor Ratzinger. Se ho capito bene i racconti degli studenti, si trattava di entrambe le cose: la preoccupazione degli studenti per il loro maestro accademico e l'iniziativa del professore di incontrarsi per uno scambio scientifico e umano.

Avete sperimentato questo tipo di riunione e potete descrivere l'atmosfera in modo più dettagliato: stile universitario, formale o più spontaneo e informale?

No, non ho vissuto questi incontri del circolo dei discepoli, perché appartengo a una generazione più giovane, che è stata invitata alle giornate di incontro a Castel Gandolfo per la prima volta nel 2008, su iniziativa di Papa Benedetto XVI e con l'approvazione del circolo dei discepoli. Tuttavia, dalle diverse storie raccontate dagli studenti del gruppo, so che entrambe le caratteristiche si combinavano bene in questi incontri. Sono stati giorni di scambio teologico in lezioni e discussioni, ma anche giorni di incontri umani e personali. E, a detta di tutti, questi incontri sono stati sostenuti da un quadro spirituale distintivo, in particolare dalla celebrazione congiunta della Santa Messa e della Liturgia delle Ore.

Il Nuovo Circolo dei Discepoli non comprende più dottorandi, ma teologi impegnati nella ricerca sull'opera di Ratzinger. Come è cambiata la natura degli incontri dal 2008?

Quando Benedetto XVI ha festeggiato il suo 80° compleanno nel 2007, alcuni ex assistenti della Facoltà di Teologia cattolica dell'Università Ludwig Maximilian di Monaco hanno pubblicato un libro intitolato "Sinfonia della fede" per commemorare l'occasione. In esso abbiamo potuto riunire gli approcci al pensiero teologico di Ratzinger dalla prospettiva di diverse discipline teologiche.

Anche Papa Benedetto ha ricevuto questo libro e ne ha fatto - insieme ad altre pubblicazioni in occasione del suo compleanno - il motivo per invitare i rappresentanti di questa giovane generazione di teologi all'incontro annuale del Circolo dei Discepoli, che si tiene a Castel Gandolfo da quando Ratzinger è stato eletto alla Cattedra di Pietro. Fin dall'inizio, questo circolo, inizialmente chiamato "Circolo dei giovani discepoli", ma in seguito ribattezzato correttamente "Circolo dei nuovi discepoli di Joseph Ratzinger / Papa Benedetto XVI", era composto da teologi cattolici e ortodossi, nonché da rappresentanti di altre discipline come la filosofia o le scienze politiche, ma tutti avevano nel loro lavoro un legame specifico con il pensiero teologico di Joseph Ratzinger. Inizialmente, entrambi i circoli si riunivano da soli. Così è stato anche nei primi anni.

Nel frattempo si sono scambiati opinioni sulle rispettive opere e la domenica il programma prevedeva una celebrazione comune della Messa con Papa Benedetto e un breve incontro con lui. Nel corso degli anni, da questi incontri e discussioni sono nate molte amicizie e i due circoli hanno potuto crescere bene insieme, pur con le loro diverse origini e caratteristiche. Per rafforzare le prospettive di lavoro futuro, il Nuovo Circolo delle Discepole ha adottato la forma giuridica di associazione registrata nel 2017, su richiesta di Papa Benedetto. Mentre il Circolo dei Discepoli ha mantenuto una struttura piuttosto libera, il Nuovo Circolo dei Discepoli si è deliberatamente dotato di una forma giuridica, che fornirà un buon spazio per la collaborazione accademica e gli incontri personali per le generazioni future.

Come descriverebbe l'interazione tra i due gruppi di studenti?

Come ho già detto, l'interazione si è intensificata nel corso degli anni grazie alle relazioni personali che si sviluppano al di fuori delle riunioni. Vorrei fare solo un esempio. Dal 2019 organizziamo anche un simposio pubblico ogni anno in occasione delle giornate di incontri a Roma, con il quale vogliamo far luce sul pensiero teologico di Joseph Ratzinger in relazione al tema della giornata, con varie conferenze e discussioni e, allo stesso tempo, renderlo accessibile a molti interessati.

Negli ultimi anni abbiamo potuto concentrarci su temi importanti legati al pensiero teologico di Papa Benedetto: il significato e la missione del ministero nella Chiesa, la questione fondamentale di Dio, il messaggio della redenzione dell'uomo in Gesù Cristo e il rapporto tra la verità vincolante della fede e un possibile ulteriore sviluppo della dottrina della Chiesa. Il risultato è stata una serie di volumi di conferenze con tutte le lezioni e i sermoni, che sono stati pubblicati nei Ratzinger-Studien della casa editrice Pustet-Verlag di Ratisbona e sono quindi disponibili per chiunque voglia leggerli. Queste pubblicazioni in particolare sono un buon esempio della collaborazione tra i due gruppi di studenti.

Sacra Scrittura, esegesi, Padri della Chiesa, Chiesa, liturgia, ecumenismo sono i tratti distintivi della teologia di Ratzinger. È possibile scegliere, tra tanti, un punto chiave?

In effetti, ciò è difficile, dato che il Nuovo Circolo dei Discepoli è attualmente composto da quasi 40 membri che affrontano in modo molto diverso i temi maggiori e minori del pensiero teologico di Joseph Ratzinger. Si può affermare che argomenti come la Sacra Scrittura e la sua esegesi alla luce dell'unità dell'Antico e del Nuovo Testamento, il ri-conoscimento dei Padri della Chiesa e della storia della teologia in generale, e altri argomenti fondamentali legati alle varie aree tematiche teologiche, vengono sempre toccati, in quanto fondamentali e di tendenza.

Data la mia personale specializzazione in diritto canonico, sono naturalmente interessato a tutti quei temi che hanno a che fare con le questioni di diritto. Da un punto di vista spirituale, si possono e si devono citare anche i libri di Gesù o i volumi di sermoni della serie Gesammelte Schriften (JRGS), che offrono anch'essi un'incomparabile fonte di ispirazione e di slancio nel campo della predicazione e della vita spirituale.

Il "Premio Ragione Aperta" si riferisce alla "ragione aperta" promossa da Ratzinger. Questa "ragione aperta" si riflette nel fatto che i suoi studenti non appartenevano a una scuola particolare?

È noto che Joseph Ratzinger non ha mai voluto fondare una "scuola propria", se così si può dire. E se si guarda alla cerchia dei suoi studenti di dottorato e post-dottorato tenendo presente questo aspetto, si giunge alla conclusione che non si tratta di una "scuola" uniforme. I caratteri e le specializzazioni di ricerca teologica dei suoi studenti sono troppo diversi. Tuttavia, si può dire che gli approcci di base del suo pensiero teologico, che il Circolo dei Nuovi Discepoli ha poi formulato nei suoi statuti come obiettivi e convinzioni del proprio lavoro teologico, possono essere identificati ancora e ancora.

Tra questi, l'importanza fondamentale della Sacra Scrittura, con la sua unità tra l'Antico e il Nuovo Testamento; la connessione tra l'esegesi storico-critica e l'interpretazione teologica della Scrittura; l'importanza dei Padri della Chiesa per la teologia; l'indispensabile radicamento della teologia e dei teologi nella vita della Chiesa; l'importanza della liturgia per la teologia; o l'orientamento ecumenico, sia verso le comunità ortodosse che verso quelle della Riforma.

Diversi scritti e dichiarazioni di Ratzinger mostrano che per lui la fede è Gesù Cristo stesso o l'incontro con Lui. Questo si è manifestato anche nella sua vita pratica e quotidiana?

Le ultime parole pronunciate da Papa Benedetto XVI sul letto di morte vivono nel nostro cuore come parole di preghiera e di confessione di Cristo: "Signore, ti amo". Esse ci ricordano immediatamente le parole di Pietro che, quando Gesù gli chiese per tre volte se lo amava, rispose infine: "Signore, tu conosci ogni cosa, tu sai che ti amo" (Gv 21,17). Questo "accordo finale" della sua vita terrena indica il centro della sua vita, che non è stato, come ha formulato all'inizio della sua enciclica "Deus caritas est", un'idea o una costruzione, ma una persona, l'incontro con la persona di Gesù Cristo, che la Chiesa conosce come vero Dio e vero uomo.

In occasione del 65° anniversario di Benedetto XVI come sacerdote, Papa Francesco ha espresso in modo appropriato questo nucleo cristologico presente nella vita e nell'opera del suo predecessore: "Questo è il tono che domina tutta una vita immersa nel servizio sacerdotale e nel servizio della vera teologia, che lei ha definito, non a caso, come 'ricerca dell'Amato'. Questo è ciò che lei ha sempre testimoniato e testimonia ancora oggi: che la cosa decisiva dei nostri giorni [...], quella con cui tutto il resto viene da sé, sta nel fatto che il Signore è veramente presente, che lo desideriamo, che siamo interiormente vicini a lui, che lo amiamo, che crediamo veramente in lui profondamente e lo amiamo veramente nella fede.

È questo amore vero che riempie veramente il nostro cuore, è questa fede che ci permette di camminare sicuri e tranquilli sulle acque, anche in mezzo alla tempesta, come è successo a Pietro. È questo amore e questa fede che ci permette di guardare al futuro non con paura o nostalgia, ma con gioia, anche negli anni avanzati della nostra vita" (28 giugno 2016).

Le conferenze e le pubblicazioni dei circoli dei discepoli sono un mezzo per realizzare gli obiettivi dell'associazione. C'è una risonanza nella ricerca universitaria?

Per illustrare la sua domanda, vorrei fare solo un esempio dei molti formati di pubblicazione possibili dei membri dei due circoli di discepoli. Da quando abbiamo organizzato un simposio pubblico sul tema dell'incontro nell'ambito della conferenza annuale di Roma, abbiamo pubblicato le conferenze, le dichiarazioni e le prediche di questo convegno come atti della conferenza nella serie "Ratzinger-Studien" pubblicata da Pustet-Verlag a Regensburg.

Dal 2019, queste pubblicazioni hanno suscitato un vivo interesse e sono state accolte in letture personali così come in recensioni e discussioni. Siamo grati che anche questo strumento - tra gli altri - contribuisca a rendere accessibile il pensiero teologico di Joseph Ratzinger alla luce di temi di attualità e quindi anche a farlo conoscere. Le innumerevoli risposte positive che abbiamo ricevuto ci motivano a continuare a farlo anche nei prossimi anni, offrendo così un importante sostegno alla teologia e alla fede che Papa Benedetto XVI ha servito per tutta la sua vita.

Sul sito web del Nuovo Circolo dei Discepoli, il tedesco è la lingua principale del sito. Il Circolo dei Discepoli è riuscito a perpetuare l'eredità teologica del Papa al di là della Germania??

In breve, si tratta di due facce della stessa medaglia. Da un lato, si presuppone che un membro del Nuovo Circolo dei Discepoli parli correntemente il tedesco per poter leggere Joseph Ratzinger in lingua originale e discutere di teologia. È importante leggere e capire un autore nella sua lingua madre. Questo vale anche per gli scritti dei Padri della Chiesa e per le grandi figure della teologia e della filosofia nella storia della Chiesa fino all'età moderna. Le traduzioni sono sempre anche interpretazioni. È quindi necessario saper entrare in empatia con le peculiarità di una lingua e le sue possibilità espressive.

D'altra parte, nel Circolo dei Nuovi Discepoli abbiamo anche molti membri che non sono di madrelingua tedesca, ma provengono da altre aree linguistiche. Per noi è molto importante anche la dimensione internazionale, si potrebbe dire globale, della Chiesa, che ha fortemente caratterizzato la persona di Joseph Ratzinger. Attraverso questi membri, abbiamo anche l'opportunità di avere un impatto in altre aree linguistiche. Ad esempio, stiamo trasmettendo il simposio di Roma in diretta in inglese e in spagnolo con traduzione simultanea, per avere un impatto in due importanti aree linguistiche del mondo e della Chiesa.

Ratzinger ha detto che, come altri professori, avrebbe voluto scrivere un'opera completa alla fine della sua carriera accademica. Questo non gli è stato possibile. Sarà in grado di compensare in qualche modo con le sue ricerche e pubblicazioni?

Quando si tratta di progetti di questo tipo, la prima e più importante cosa è l'umiltà. Siamo ben consapevoli che con Joseph Ratzinger abbiamo a che fare con uno dei più grandi teologi e figure ecclesiastiche della storia recente della Chiesa, che ci supera di gran lunga nel pensiero. Sarebbe arrogante pretendere di poter scrivere un'opera così completa a suo nome e sulla base del suo pensiero. No, credo che Benedetto XVI non fosse interessato a scrivere un'opera completa di alcun tipo - a parte il libro di Gesù in tre volumi, che è sempre stato una delle sue principali preoccupazioni e per il quale ha usato ogni momento libero e ogni energia a disposizione durante il suo pontificato.

Piuttosto, le sue innumerevoli pubblicazioni si aprono davanti a me come i piccoli e grandi tasselli di un mosaico, che insieme formano un quadro d'insieme. Il nostro compito è quindi quello di aprire singoli temi e linee interconnesse e di proseguirli nella forma del suo pensiero teologico. Considerando molti temi attuali, si tratta di un'enorme montagna di lavoro che ci attende nei prossimi anni e decenni. Sono fermamente convinto che le generazioni future riscopriranno Papa Benedetto XVI come maestro di fede e grande iniziatore del pensiero e della riflessione teologica.

Il primo incontro senza su Papa Benedetto XVI è stato presente al simposio dello scorso anno, tenutosi a Roma il 23 settembre. In cosa si è differenziato dagli incontri precedenti?

Il primo incontro dopo la morte di Papa Benedetto XVI aveva naturalmente un carattere proprio ed era dedicato alla sua eredità teologica. Il titolo della conferenza lo esprime chiaramente: "Essere collaboratori della verità. Trasmettere la ricca eredità di Papa Benedetto XVI alle generazioni future". Gli aspetti fondamentali del suo pensiero sono stati discussi in conferenze, dichiarazioni, racconti e sermoni, oltre a domande dettagliate sulla sua teologia e sulla sua persona.

I quattro grandi temi delle Costituzioni del Concilio Vaticano II, che possono anche essere considerati i pilastri centrali della sua teologia: Rivelazione di Dio, Chiesa, Liturgia, Chiesa e Mondo, sono stati messi in primo piano. Mi ha particolarmente colpito la celebrazione della Santa Messa sulla tomba di San Pietro Apostolo e la successiva visita e preghiera congiunta sulla sua tomba nelle grotte della Basilica di San Pietro. A proposito, tutte le presentazioni del simposio possono essere ascoltate al link Sito web del Nuovo Circolo dei Discepoli prima che gli atti completi della conferenza vengano pubblicati nel corso dell'anno.

Già prima della pubblicazione dei libri di Gesù di Nazareth, noti personaggi della Chiesa consideravano il Papa un Dottore della Chiesa. Il lavoro del Circolo dei Discepoli può contribuire a farlo dichiarare presto tale?

È importante per me organizzare bene e con profitto il nostro lavoro come Nuovo Circolo dei Discepoli nei prossimi anni. Secondo gli statuti della nostra associazione, questo lavoro comprende la promozione dello sviluppo accademico dell'opera teologica di Joseph Ratzinger, la salvaguardia e lo sviluppo della sua eredità intellettuale per la teologia cattolica e la promozione della cooperazione internazionale e interconfessionale tra i teologi. Credo che a questo proposito ci sia stato affidato molto. Se possiamo dare un contributo che renda riconoscibile la sua importanza come maestro per la Chiesa del nostro tempo e del futuro, gliene sarei naturalmente molto grato.

L'autoreFritz Brunthaler

Austria

Vangelo

Fede umile. Sesta domenica del Tempo Ordinario (B)

Joseph Evans commenta le letture della sesta domenica del Tempo Ordinario (B) e Luis Herrera offre una breve omelia video.

Giuseppe Evans-9 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La lebbra, sebbene oggi sia curabile, è stata a lungo una malattia altamente contagiosa, incurabile e profondamente distruttiva, che portava le sue vittime a essere forzatamente escluse dalla società. Questo era il caso nell'antico Israele e gli eventi delle letture di oggi sono ambientati in questo contesto. I lebbrosi dovevano vivere separati e avvertire la gente della loro malattia. 

Nel Vangelo di oggi, il lebbroso si avvicina a Gesù. Egli mostra una grande fiducia nel Signore e non sente il bisogno di tenersi a distanza: tale è la fiducia che Cristo ispira. La Chiesa vuole che impariamo che non abbiamo bisogno di tenere le distanze da Gesù, anche quando ci sentiamo spiritualmente lebbrosi a causa dei nostri peccati. Possiamo ricevere il suo tocco salvifico e curativo, soprattutto attraverso il sacramento della Confessione. Una volta che Cristo ci tocca attraverso la Confessione, siamo pronti per entrare in noi nella Santa Comunione.

Il lebbroso è riuscito a superare la disperazione. Molti altri lebbrosi nel corso della storia probabilmente non ci sono riusciti. La realtà della loro malattia li ha portati all'isolamento, al disprezzo di sé e al bisogno di fuggire piuttosto che di raggiungere gli altri. Una parte essenziale della guarigione consiste nel raggiungere gli altri, coloro che possono capirci e aiutarci. Soprattutto, abbiamo bisogno della fiducia di avvicinarci a Cristo per una guarigione profonda e duratura.

Lo facciamo attraverso la preghiera, che non deve essere molto sofisticata. Il lebbroso aveva una semplice richiesta da fare: "...".Se vuoi, puoi curarmi". Non era la qualità o la quantità delle sue parole a commuovere Gesù, ma l'intensità del suo desiderio e della sua fede. Ciò è splendidamente espresso in queste parole: "...".Implorare in ginocchio". 

Gesù è commosso dalla sua umiltà e dalla sua fede. Il lebbroso non presume di fallire, presume la possibilità di successo, presume il potere di Gesù di guarirlo. L'unico dubbio era se il Signore volesse farlo. Sì, l'atteggiamento del lebbroso era sbagliato: molte altre storie di miracoli nei Vangeli mostrano persone con assoluta fiducia sia nel potere di Cristo sia nella sua volontà di agire. Il lebbroso non è sicuro di quest'ultima cosa. Non comprende ancora la profondità della compassione di Cristo. Allo stesso modo, Nostro Signore guarisce l'uomo sapendo che la sua disobbedienza al suo comando e la sua mancanza di discrezione gli causeranno problemi. Ma questo aiuta anche noi, perché ci conforta sapere che Gesù non richiede una fede o una fedeltà perfetta per mostrare la sua misericordia.

Omelia sulle letture di domenica 5a domenica del Tempo Ordinario (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Zoom

Le suore della Florida che corrono

Juliana Alfonso e Nicole Daly, salesiane di San Juan Bosco, hanno partecipato alla mezza maratona di Napoli di 13,1 miglia e hanno fatto un buon tempo: hanno concluso la gara in 2 ore e 21 minuti.

Maria José Atienza-8 febbraio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
Mondo

Il documento di Abu Dhabi: storico e decisivo, ma poco conosciuto

Abu Dhabi, capitale degli Emirati Arabi Uniti (EAU), e altre capitali, come Madrid, hanno recentemente ospitato eventi commemorativi in occasione della firma da parte di Papa Francesco e del Grande Imam di Al Azhar, Ahmed Al-Tayyeb, il 4 febbraio 2019, dello storico Documento sulla Fraternità Umana, per la Pace Mondiale e la Convivenza Comune.

Francisco Otamendi-8 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Nella capitale spagnola, l'iniziativa è stata presa dalla Fondazione per la cultura islamica e la tolleranza religiosa (FICRT), con la partecipazione del suo presidente, Ahmed Al Jarwan, che presiede anche il Consiglio globale per la tolleranza e la pace (GCTP), che ha ospitato l'evento, al quale hanno partecipato il nunzio di Sua Santità, l'arcivescovo Bernardito Auza, il vice ambasciatore degli Emirati Arabi Uniti Ali Al Nuaimi e altre personalità. 

Ahmed Al Jarwan ha sottolineato l'importanza storica dell'evento. Documento Bernardito Auza, che ha ricordato come Papa Francesco sia convinto che "la tappa decisiva inaugurata ad Abu Dhabi continuerà a portare frutti di amicizia e dialogo nello spirito della fraternità universale". 

Una delle conseguenze del documento è stata la risoluzione con cui l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha deciso di "proclamare il 4 febbraio, a partire dal 2021, come Giornata internazionale della fraternità umana, per mobilitare ulteriormente gli sforzi della comunità internazionale per promuovere la pace, la tolleranza, l'inclusione, la comprensione e la solidarietà".

"La grande sfida del nostro tempo".

Un altro immenso frutto, ha sottolineato monsignor Auza, "è l'enciclica "Fratelli tutti (Fratelli tutti), firmato dal Papa il 3 ottobre 2020 ad Assisi, la città di San Francesco", che invita al "dialogo autentico", che implica "la capacità di rispettare il punto di vista dell'altro".

"Il dialogo interreligioso e interculturale tra la Santa Sede e la Chiesa cattolica, e tra la religione islamica e il mondo arabo, continua ad essere sincero e fruttuoso. Sia i musulmani che i cristiani ritengono che questo dialogo sia oggi più che mai necessario", ha aggiunto il nunzio, che ha citato San Francesco d'Assisi e i viaggi del Santo Padre in Egitto e Marocco, sottolineando che "nel pontificato di Papa Francesco questo dialogo ha fatto progressi storici". 

Ha anche ricordato che, secondo il Pontefice, "la vera fratellanza umana è la grande sfida del nostro tempo". "Che noi, credenti e non credenti, possiamo testimoniare la nostra appartenenza all'unica famiglia umana, fratelli tutti", ha concluso.

"Pubblicizzazione del documento".

Pochi minuti dopo, il delegato per le relazioni interreligiose dell'Arcivescovado di Madrid, Aitor de la Morena, in rappresentanza dell'Arcivescovo, il Cardinale José Cobo, ha ricordato uno dei punti finali del testo di Abu Dhabi, in cui "Al-Azhar e la Chiesa cattolica chiedono che questo Documento sia oggetto di ricerca e riflessione in tutte le scuole, le università e gli istituti di educazione e formazione, per contribuire a creare nuove generazioni portatrici di bene e di pace, e che difendano ovunque i diritti degli oppressi e degli ultimi".

De la Morena ha fatto riferimento alla impegno educativoHa rivelato che in un recente incontro con i seminaristi a Madrid, ha scoperto che "nessuno dei seminaristi con cui ho parlato aveva letto il Documento, e alcuni non sapevano nemmeno della sua esistenza". Mi chiedo anche: quanti insegnanti di religione cattolica hanno parlato ai loro studenti di questo Documento, o del suo contenuto e del suo significato?".

La domanda è se stiamo facendo abbastanza. Secondo lui, "no, non lo stiamo facendo". In occasione di questi cinque anni, "all'interno della Chiesa cattolica, nella Arcivescovado di MadridDobbiamo sicuramente fare molto di più per far conoscere questo documento". Siamo impegnati a promuovere la fraternità e la pace, ma "un mezzo molto prezioso" potrebbe essere questo Documento, ed è così che l'hanno visto i seminaristi quando l'ho presentato loro, ha detto Aitor de la Morena. "Tutti noi possiamo fare molto di più per far conoscere il Documento". 

La pace è possibile", "si vis pacem, para verbum", "si vis pacem, para verbum".

Padre Ángel, presidente dell'ONG Mensajeros de la Paz, relatore dell'evento, ha lanciato un messaggio ottimista affermando che "la pace è possibile" e che "questo può essere risolto". Ha anche ricordato la scena di Papa Francesco inginocchiato davanti ai leader politici africani, chiedendo loro di lavorare per la pace, perché "siamo tutti fratelli e sorelle, figli di Dio". 

Da parte sua, Federico Mayor Zaragoza, ex direttore generale dell'UNESCO ed ex ministro, che ha ricevuto un premio per il suo lavoro in difesa della pace, ha fatto riferimento al fatto che "ogni essere umano è la soluzione, perché è capace di creare, di essere un attore", e ha proposto nelle sue parole di trasformare la nota frase "Si vis pacem, para bellum", in "si vis pacem, para verbum", cioè "se vuoi la pace, prepara la parola".

All'evento hanno partecipato anche rappresentanti parlamentari come Carlos Rojas (Congresso) e María Jesus Bonilla (Senato), Enrique Millo (Junta de Andalucía) e altri relatori come Lorena García de Izarra (Fundación Tres Culturas del Mediterráneo) e Said Benabdennour, presidente del Forum Abraham per il dialogo interreligioso e interculturale in Spagna.

Bussola quotidiana

Negli ultimi giorni si sono verificati i seguenti episodi in Abu Dhabi una serie di conferenze, attività e celebrazioni per commemorare il quinto anniversario del Documento sulla Fraternità Umana. Il Prefetto del Dicastero per il Dialogo Interreligioso, il Cardinale Michelangelo 

Ayuso Guixot ha fatto riferimento in vari punti al ruolo delle religioni nella promozione e nella costruzione della pace e ha ribadito le sue parole del 31 gennaio. "Il documento sulla fraternità umana rappresenta non solo una mappa per il futuro, ma anche una bussola nell'impegno quotidiano di persone di diverse religioni e di buona volontà a lavorare insieme per il bene di ogni donna e di ogni uomo".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Conclude a Roma la Settimana mondiale contro la tratta di persone

L'8 febbraio si conclude la settimana di preghiera contro la tratta di esseri umani, istituita da Papa Francesco nel 2015 in occasione della festa di Santa Bakhita, una suora sudanese vittima della schiavitù.

Hernan Sergio Mora-8 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Dal 2 all’8 febbraio si è svolta una settimana di mobilitazione e preghiera in tutto il mondo contro la tratta di persone. Un appuntamento istituito l'8 febbraio del 2015 da Papa Francesco in occasione della festa di santa Bakhita, la suora sudanese vittima di tratta e simbolo universale dell’impegno della Chiesa contro questo flagello.

"Camminare per la dignità"

Con il tema “Camminare per la Dignità. Ascoltare. Sognare Agire” la 10º Giornata Mondiale di Preghiera e Riflessione contro la Tratta di Persone ha visto a Roma un incontro di 50 giovani di tutti i continenti.

Le diverse iniziative a Roma sono cominciate il 2 di febbraio e hanno visto domenica 4 febbraio la partecipazione all’Angelus in Piazza San Pietro. E martedì 6 un flash-mob contro la tratta a Piazza Santa Maria in Trastevere, seguita nell'omonima chiesa da una Veglia Ecumenica.

Mercoledì 7 i partecipanti sono stati all’Udienza con Papa Francesco e il giovedì 8 l'iniziativa si è conclusa con un pellegrinaggio in tutti i continenti. Come accaduto negli ultimi anni, si attende un messaggio di Papa Francesco.

"Nata innanzitutto nel cuore del Papa".

Interrogato da OMNES, Mons. Marco Gnavi, parroco della chiesta di Santa Maria in Trastevere, della comunità di Sant'Egidio, e responsabile dell’Ufficio e della Commissione Diocesana Ecumenismo, ha indicato che questa iniziativa “è nata innanzitutto nel cuore del Papa” perché “tiene a questo tema in maniera viscerale evangelica” Ed ha esortato: “Cerchiamo di essere -insieme a lui- ripetitori della sua voce, di questa rivoluzione della tenerezza che si misura anche con il male”.

Inoltre, il parroco spiega che questa iniziativa "ha trovato un forte sostegno e una forte sinergia nel Dicastero per lo Sviluppo Integrale, nel Rete internazionale Talitha Kum e in molte altre associazioni", e che "soprattutto raccoglie una grande speranza di liberazione, perché quando si parla in particolare di tratta delle donne, le umilia e le ferisce, a volte in modo indelebile, ma svilisce anche l'umanità di cui sono portatrici".

"La tratta avviene in tutti i contesti".

Ha precisato che “spesso si tratta di soccorrerle di maniera molto discreta perché le strutture del male sono potenti, sono aggressive”, e che “la tratta avviene in tutti i contesti” senza dimenticare che molte di queste “donne umiliate giungono in Italia sotto ricatto” o che poi “scoprono dolorosamente di essere state catturate, da disegni di male”.

Il parroco di Santa Maria in Trastevere ha segnalato altri fenomeni simili: per esempio “il lavoro minorile, le carceri dove si abbandonano i minori, i più deboli. Inoltre ci sono regioni del mondo dove gli buttano nei carceri assieme agli adulti e poi nessuno si ricorda più che esistano perché non hanno nemmeno il diritto dell'anagrafe, sono nulla per il mondo”.

“Oggi esiste -ha riconosciuto Don Marco- una maggiore consapevolezza sulla dignità delle donne ma allo stesso tempo il mondo si sta manifestando più brutale di ieri. Perché ogni conflitto -anche la terza guerra mondiale a pezzi- porta con sé delle oscenità e delle mostruosità. E non bisogna abbassare la guardia perché nel tempo dei conflitti tutto diventa lecito”.

Don Marco ha concluso indicando che Talita Kum, il Dicastero e tutte le associazioni che si sono unite, hanno pensato a un incontro, a un cammino a un pellegrinaggio che per se non si conclude in una settimana.

Entità che collaborano

L’iniziativa è coordinata da Talitha Kum, la rete internazionale anti-tratta che conta più 6.000 suore, amici e partner, ed è promossa dall’Unione Internazionale delle Superiore Generali (UISG) e dall’Unione dei Superiori Generali (USG), in collaborazione con il Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, il Dicastero della Comunicazione, il Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica, la Rete Mondiale di Preghiera del Papa, Caritas Internationalis, CoatNet, il Movimento dei Focolari, il Jesuit Refugee Service, l’Unione Internazionale delle Associazioni Femminili Cattoliche (WUCWO), JPIC-Anti-Trafficking Working Group (UISG/UISG), The Clever Initiative, l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, la Federazione Internazionale Azione Cattolica, l’Associazione Guide e Scouts Cattolici Italiani (Agesci), il Santa Marta Group e molte altre organizzazioni in tutto il mondo.

La Giornata è realizzata grazie al supporto del GSF - Global Solidarity Fund.

L'autoreHernan Sergio Mora

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Mondo

Monsignor Espinoza MateusVogliamo rinnovare la vita eucaristica in Ecuador": "Vogliamo rinnovare la vita eucaristica in Ecuador".

In occasione del prossimo Congresso eucaristico internazionale, che si terrà a Quito nel settembre di quest'anno, abbiamo intervistato monsignor Alfredo José Espinoza Mateus. Nato a Guayaquil, è stato ordinato sacerdote nel 1988 e attualmente è arcivescovo di Quito e primate dell'Ecuador.

Juan Carlos Vasconez-8 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Il 2024 ha una sfumatura molto speciale per i fedeli cattolici dell'Ecuador: Quito ospiterà la Giornata Mondiale della Gioventù del 2024. 53° Congresso Eucaristico Internazionale. In questa occasione, Omnes ha intervistato il Primate dell'Ecuador, un Paese che è stato scelto come ospite anche per il 150° anniversario della consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù, che lo ha reso il primo Paese a compiere questa consacrazione.

Perché il Papa ha scelto Quito come luogo per il Congresso Eucaristico Internazionale (CIS)?

-I vescovi dell'Ecuador, nella loro assemblea plenaria del 2014, hanno ratificato la richiesta, avanzata qualche anno prima, di chiedere di ospitare il Congresso Eucaristico Internazionale nel 2024 in occasione della celebrazione del 150° anniversario della consacrazione dell'Ecuador al Sacro Cuore di Gesù. Storicamente, l'Ecuador è stato il primo Paese al mondo a consacrarsi al Cuore di Gesù. Il Santo Padre ha tenuto conto di questa celebrazione molto speciale e lo ha reso chiaro il 20 marzo 2021 quando ha informato il mondo intero che l'Ecuador e Quito, in particolare, sarebbero stati la sede del 53° Congresso Eucaristico Internazionale.

Inoltre, il Santo Padre ha potuto esprimere chiaramente il suo desiderio per questo grande evento della Chiesa: "In questo incontro ecclesiale si manifesterà la fecondità dell'Eucaristia per l'evangelizzazione e il rinnovamento della fede nel continente latinoamericano". Va ricordato che, dopo vent'anni, l'America Latina torna a ospitare il 48° Congresso eucaristico internazionale a Guadalajara. Come si diceva, il Congresso ha ancora una volta un "volto latinoamericano".

Quali benefici prevede per la sua diocesi in seguito alla designazione della sede del REC? In quali modi specifici si prevede che questa decisione avrà un impatto positivo?

-Il grande beneficio è senza dubbio un beneficio pastorale. Credo, come ha potuto dirmi a Budapest il cardinale di Québec, Sua Eminenza Gérald Lacroix, che la grande ricchezza che il congresso lascia è il cammino di preparazione nell'arcidiocesi. E su questo stiamo lavorando intensamente, non solo a Quito, ma in tutto il Paese. Vogliamo rinnovare la vita eucaristica nel nostro Paese. Vogliamo anche, potrei dire, correggere gli errori che si verificano nelle celebrazioni eucaristiche, cerchiamo di approfondire il grande amore per l'Eucaristia e di rinnovare come Paese e come famiglia ecuadoriana la nostra Consacrazione al Sacro Cuore di Gesù.

Come siete riusciti a coordinare la preparazione a Quito e quale consiglio dareste ad altri Paesi che devono affrontare sfide simili?

-La questione organizzativa è complessa, non è un compito facile. Mi soffermerò prima sugli aspetti strettamente operativi e poi entrerò nei dettagli pastorali.

Dal primo momento in cui abbiamo saputo della designazione di Quito come sede del Congresso eucaristico internazionale, abbiamo iniziato a formare le varie commissioni, ho provveduto a nominare un segretario generale del congresso nella persona di Juan Carlos Garzón, sacerdote dell'arcidiocesi di Quito, abbiamo comunicato con il Pontificio Comitato Eucaristico Internazionale, e qui devo essere immensamente grato per il sostegno e il lavoro comune che abbiamo svolto con Corrado Maggioni e Vittore Boccardi, con i quali abbiamo avuto incontri sia a Roma che a Quito. Vorrei anche sottolineare che abbiamo lavorato insieme alla Conferenza episcopale dell'Ecuador. So che la sede è Quito, ma sono convinto che sia la Chiesa dell'Ecuador ad essere responsabile del congresso. Abbiamo avuto incontri sia con le massime autorità del Paese e della città, sia con diverse istituzioni pubbliche per lavorare insieme per il successo del congresso.

Dal punto di vista pastorale, potrei sottolineare molti aspetti. Sono stati prodotti trittici e dittici per comunicare il significato di un Congresso eucaristico. Sono stati prodotti diversi sussidi, tra cui posso segnalare le catechesi Come vivere l'Eucaristia, di cui sono già state vendute centomila copie, e L'Eucaristia, cuore della Chiesa. Entrambi i libretti contengono le catechesi eucaristiche di Papa Francesco; ciò che è stato fatto è dare loro una metodologia di riflessione. A Quito, quest'anno nella catechesi dell'iniziazione cristiana, stiamo lavorando al primo libretto di catechesi eucaristica.

Un lavoro interessante è stata l'elaborazione di un opuscolo con nove celebrazioni di adorazione eucaristica, specialmente per i giovani, che abbiamo intitolato Faccia a faccia.

C'è il Documento di base del Congresso con il tema Fraternità per guarire il mondo. Il cammino verso il Documento di base è stato lungo, è stata istituita una Commissione teologica che ha lavorato molto. Il lavoro è stato inviato a Roma, sono state apportate correzioni, è stato ristrutturato. In breve, è stato un intero lavoro, potrei dire "artigianale", per arrivare a un Documento che ha un "tocco latinoamericano" e vuole essere un contributo alla Chiesa universale. Sono stati pubblicati due opuscoli, uno con solo il testo completo del Documento e l'altro con il Documento stesso, oltre a una celebrazione dell'adorazione eucaristica e nove guide di studio per la comprensione del testo. Questo processo di avvicinamento al Documento fondamentale sarà la via da seguire per l'anno 2024.

Altri elementi che hanno contribuito sono: il logo del congresso, la preghiera del congresso, già tradotta in diverse lingue, tra cui Shuar e Quichua. E vorrei sottolineare il concorso dell'inno. L'inno è ora cantato praticamente in tutte le duecento parrocchie dell'arcidiocesi.

Non posso non menzionare il lavoro che stiamo svolgendo con la Commissione nazionale Cei 2024. Questa commissione è composta da delegati delle ventisei giurisdizioni ecclesiastiche del Paese ed è presieduta da Mons. Maximiliano Ordóñez, vescovo ausiliare di Quito. Maximiliano Ordóñez, vescovo ausiliare di Quito. Con loro abbiamo diffuso il congresso e sono responsabili di replicare tutto il lavoro, oltre ad avere varie iniziative pastorali nelle loro giurisdizioni.

Infine, il simbolo del congresso, un grande libro del Vangelo, ci aiuta a evangelizzare. È la Parola di Dio che ci chiama a raccolta, ci riunisce intorno alla mensa eucaristica e ci invita a costruire la fraternità. Il simbolo sta già attraversando le giurisdizioni ecclesiastiche dell'Ecuador.

Chi sono i principali promotori nella vostra diocesi e quali sono gli strumenti più efficaci che utilizzate per far passare il messaggio?

-È una missione comune. Non dico che è un lavoro, vado oltre, parlo di una missione perché siamo in una grande missione evangelizzatrice intorno al Congresso eucaristico, che coinvolge in primo luogo i vescovi. Nel caso di Quito, i tre vescovi ausiliari e io come arcivescovo. Coinvolge anche i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i catechisti, ai quali abbiamo affidato la responsabilità di essere "missionari eucaristici", e coinvolge anche i movimenti laicali, che hanno assunto questo compito con grande entusiasmo.

Posso evidenziare diverse iniziative nelle giurisdizioni. A Quito è stato indetto l'"Anno eucaristico", aperto a molte iniziative pastorali in corso. Nell'arcidiocesi di Guayaquil, l'arcivescovo Luis Cabrera ha appena aperto l'"Anno del Sacro Cuore di Gesù", perché non dobbiamo dimenticare il motivo principale del congresso, anche se è tutto incentrato sull'Eucaristia.

Nell'arcidiocesi di Cuenca, Marcos Pérez Caicedo ha programmato di organizzare un simposio dal titolo "Maria e l'Eucaristia" nel mese di maggio. Cuenca è una città con una sfumatura mariana unica. Le iniziative stanno nascendo, ma voi mi chiedete come si fa a raggiungere l'"uniformità". Risponderei piuttosto che cerchiamo "l'unità", rispettando la creatività pastorale nelle giurisdizioni ecclesiastiche, nelle parrocchie, nei movimenti e negli altri membri. C'è un coordinamento, da parte della Segreteria generale e del Comitato locale Cei 2024. La Commissione nazionale Cei 2024 sta lavorando per raggiungere questa unità, si danno linee guida, si sviluppano materiali e sì, non devo negarlo, si correggono gli errori.

Qual è stato il ruolo dei laici nell'organizzazione?

-È un lavoro comune. Siamo tutti coinvolti, come ho detto prima: vescovi, sacerdoti, religiosi e laici. Sia nel comitato locale che nelle commissioni del congresso, i laici svolgono un ruolo di primo piano. Possiamo dire che "tessiamo" una rete di lavoro e lo facciamo con grande responsabilità, con un profondo senso della Chiesa e con una visione pastorale.

Quali risultati o frutti si possono evidenziare finora nell'arcidiocesi come risultato di questa designazione come sede del REC?

-Oserei dire che il frutto principale in questo momento è che il Congresso Eucaristico viene già vissuto nella nostra arcidiocesi. Lo diciamo da un anno, il congresso di Quito non sarà nel 2024, il congresso per la nostra arcidiocesi è un "già", dobbiamo viverlo, e la preparazione ad esso ci aiuta a vivere, celebrare, cantare, pregare e approfondire l'Eucaristia nel cuore di ogni fedele e di ogni parrocchia.

Quali argomenti ritiene più convincenti per incoraggiare le persone a recarsi a Quito e a partecipare a questo evento?

Papa Francesco, in un'udienza privata con il Consiglio di presidenza della Conferenza episcopale ecuadoriana, di cui sono vicepresidente, mi ha detto di volere un Congresso eucaristico "austero ma fruttuoso". Mi baso su queste parole per dire che l'argomento principale sarebbe che vogliamo vivere un Congresso "fruttuoso", che ci aiuti a riflettere, celebrare e approfondire nella nostra vita di cristiani la centralità dell'Eucaristia e ad assumere l'impegno di una "fraternità per guarire il mondo".

Ogni Congresso Eucaristico ha la sua struttura o la sua dinamica, per essere più precisi. Nel simposio vogliamo proporre una visione più reale e pastorale, vogliamo partire da una riflessione sulla fraternità da sette diversi punti di vista: politica, mondo indigeno, economia, filosofia, educazione e altri.

Una cosa che devo sottolineare è che fin dall'inizio non abbiamo voluto, e non sarà, un Congresso "clericalizzato". E, come ci ha detto il cardinale Mario Grech, "il Congresso eucaristico è la veglia del Sinodo". Ricordiamo che si svolgerà un mese circa prima dell'insediamento della seconda sessione del Sinodo della sinodalità. Per questo motivo, vogliamo che le catechesi dei cinque giorni siano tenute da rappresentanti del Popolo di Dio: una religiosa, un laico, un sacerdote, un cardinale e un vescovo che abbiano un rapporto con la realtà dell'Amazzonia. Stiamo anche cercando laici, religiosi e religiose, sacerdoti, indigeni, per le varie testimonianze che verranno date al Congresso.

Quali esperienze possono aspettarsi i partecipanti a questa occasione speciale nella nuova sede della CEI?

-Direi che potete aspettarvi una grande accoglienza, un'atmosfera di gioia, la ricchezza dell'esperienza di un popolo che ama Dio, che vive l'Eucaristia e manifesta la sua fede, che chiede la benedizione, un segno caratteristico del nostro popolo. Potete aspettarvi una diversità culturale e un folclore unico, e qualcosa che nessun altro ha: Quito è "Il centro del mondo", il congresso si svolge alla latitudine zero del mondo, e da qui, per tutto il mondo, vogliamo aprire le nostre mani e i nostri cuori. Vi aspettiamo!

Ecologia integrale

Martin FoleyRead more : "Circa 50 milioni di persone sono oggi ridotte in schiavitù".

Abbiamo parlato con Martin Foley, CEO della Fondazione Arise, un'organizzazione che dal 2015 si batte per sradicare le nuove forme di schiavitù nel mondo.

Maria José Atienza-8 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Martin Foley è amministratore delegato di Fondazione Arise, un'associazione fondata nel 2015 da John Studzinski e Luke de Pulford. Da allora, Arise si batte per l'eliminazione delle nuove forme di schiavitù che ancora esistono sul nostro pianeta.

Con una visione incentrata sulla promozione della dignità umana e la convinzione che sia impossibile voltare le spalle alla sofferenza umana, Arise lavora attraverso la cooperazione di reti locali e internazionali per porre fine alla tratta di esseri umani, al traffico di organi, allo sfruttamento sessuale e ad altre nuove forme di schiavitù.

Martin Foley e Theresa May, ex primo ministro britannico, durante una conferenza

Pur non appartenendo ad alcuna confessione religiosa, Arise si definisce come favorevole alla fedeLo fa notando "il potere della fede di produrre cambiamenti duraturi" e i numerosi progetti portati avanti in questo campo da religiosi e consacrati in tutto il mondo.

Foley, laureato in legge all'Università di Manchester, è impegnato da molti anni nel terzo settore. Dopo il periodo trascorso presso La vitaun ente di beneficenza britannico che sostiene le persone che affrontano gravidanze complicate e aborti spontanei, Martin è diventato il direttore esecutivo britannico dell'organizzazione internazionale Stella Marisdi cui è diventato coordinatore europeo. Attualmente dirige Arise

Secondo Arise, oggi ci sono più schiavi che mai nella storia. Perché non se ne parla come si dovrebbe?

-Per troppe persone la schiavitù è considerata una questione di "storia passata", un crimine abolito centinaia di anni fa. Eppure la terribile realtà è che oggi circa 50 milioni di persone sono ridotte in schiavitù.

Troppo spesso la schiavitù è un crimine nascosto, che sfrutta persone vulnerabili, compresi i migranti, e avviene a porte chiuse in fabbriche, bordelli e persino case private. La mancanza di consapevolezza contribuisce a far sì che della schiavitù non si parli come si dovrebbe.

Un altro fattore è l'indifferenza a tutti i livelli della società, dai governi ai singoli individui. La schiavitù è presente in molte catene di approvvigionamento, ma troppo spesso i governi non sono disposti a confrontarsi con questo crimine e noi, come individui, diamo priorità alla nostra sete di fast fashion, cibo a basso costo e gratificazione sessuale rispetto ai diritti umani delle persone sfruttate.

Il caso dei bambini è lampante: matrimoni forzati, schiavitù lavorativa e traffico sessuale - cosa sta succedendo nelle leggi di molti Paesi perché questa realtà sia ancora presente in così tante aree?

-Le leggi non vengono applicate. Questo permette ai criminali di sfuggire alla responsabilità delle loro azioni. Rispetto alla lotta contro altri crimini, come il traffico di droga, è chiaro che la lotta contro la schiavitù e la tratta di esseri umani è cronicamente priva di risorse.

Arise lavora soprattutto sulle cause profonde di queste situazioni: quali sono le cause delle nuove forme di schiavitù? È possibile affrontarle davvero?

-La povertà e la mancanza di istruzione e di consapevolezza sono cause profonde della schiavitù, che aumentano la vulnerabilità delle persone nei confronti dei trafficanti criminali. Ma non dobbiamo nemmeno dimenticare che la tratta è un crimine, in cui i criminali scelgono consapevolmente di sfruttare i propri simili.

Riteniamo che sia possibile affrontare le cause, attraverso un approccio guidato a livello locale, unito a un'energica azione penale nei confronti di coloro che commettono reati. Gli individui e le organizzazioni radicate nelle comunità sono nella posizione migliore per fornire un sostegno significativo a chi soffre e per identificare e affrontare le cause sistemiche che mettono a rischio le persone nelle loro comunità.

In che modo il lavoro dei gruppi in prima linea e delle reti di sostegno contro la schiavitù di Arise si integra e come si sviluppano i progetti nei diversi Paesi?

-I gruppi e le reti in prima linea sono fondamentali per il lavoro di Arise. Le religiose cattoliche, inserite nelle comunità che servono, sono tra i principali gruppi in prima linea che Arise sostiene. Affinché si verifichi un vero cambiamento, è essenziale una profonda qualità di cura e fiducia. Queste qualità abbondano nelle religiose cattoliche. Arise ha il privilegio di sostenerle nella lotta contro la schiavitù.

Attraverso un processo di ascolto, dialogo e accompagnamento con i gruppi che operano in prima linea nelle comunità in cui le persone sono vulnerabili allo sfruttamento. Tutto ciò che facciamo si basa sui nostri valori di rispetto della dignità umana, umiltà e fiducia. Attraverso un processo di accompagnamento, cerchiamo di determinare quali sono i bisogni locali e come possiamo rispondere nel modo più efficace.

Pensa che sia possibile realizzare un mondo senza queste nuove forme di schiavitù?

-La nostra visione è un mondo senza schiavitù e traffico di esseri umani, dove la dignità di tutte le persone sia rispettata. Tutti noi possiamo contribuire alla realizzazione di questa visione essendo consapevoli della realtà della schiavitù oggi, essendo consumatori responsabili e sostenendo la missione di Arise di rafforzare la forza, la sostenibilità e l'impatto diretto dei gruppi che lavorano in prima linea per prevenire la schiavitù e la tratta di esseri umani.

Ecologia integrale

La scelta individuale è diventata superiore alla vita

Oggi, nella maggior parte dei Paesi europei, l'aborto è stato normalizzato. Solo la durata legale è sempre più discussa: da 10 a 14 settimane, da 14 a 16 settimane... o anche per motivi psicologici, sociali o economici.

Emilie Vas-8 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

La presentazione di una proposta di legge, depositata il 7 ottobre 2022 da Mathilde Panot, potrebbe essere un'occasione per ripensare al dibattito sul merito del "diritto all'aborto”, poiché la sua inclusione nella Costituzione francese il 29 ottobre 2023 da parte di Emmanuel Macron lo trasforma in un diritto fondamentale. Emmanuel Macron, europeista e progressista convinto, segue il pensiero dominante sulla maggior parte delle questioni "sociali" e ha sempre promosso l'avanzamento dei diritti individuali.

Il diritto, dal latino medievale directum, che significa "ciò che è giusto", dovrebbe regolare le relazioni umane ed essere fondato sulla difesa dell'individuo e sulla giustizia. Se è fondamentale, dal latino fundamentalis, che significa "base", il diritto funge da fondamento per un sistema, un'istituzione. Un diritto fondamentale dovrebbe quindi coincidere con i diritti "inalienabili e sacri" citati nel primo articolo del preambolo della Costituzione francese del 27 ottobre 1946, ossia i diritti naturali, cioè l'insieme dei diritti che ogni individuo possiede in virtù della sua appartenenza all'umanità e non della società in cui vive. Il diritto naturale, intrinseco all'umanità, universale e inalterabile, comprende in particolare il diritto alla vita e alla salute.

L'aborto, con la sua inclusione nella Costituzione francese, diventa quindi una regola, una legge fondamentale che risponde al bisogno morale di giustizia, alla base stessa della struttura della società.

Contraddizione dei diritti

Tuttavia, c'è contraddizione tra l'aborto, l'atto di togliere la vita a un essere umano da parte di un altro essere umano, ossia il divieto morale di uccidere, poiché abortire significa uccidere, e il diritto naturale e imprescrittibile dell'uomo alla vita. Perché allora non c'è un dibattito in Francia e perché l'opposizione all’aborto in Polonia è considerata retrograda e medievale?

Dal 1970 l'aborto è considerato il simbolo della "lotta per l'emancipazione della donna", implicitamente il diritto all'autonomia riproduttiva e alla libertà sessuale. Questo diritto è essenzialmente individualista, la donna, grazie alla "sovranità del suo corpo", è l'unica a poter decidere.

L'intenzione descritta in questo disegno di legge è apertamente quella di "proteggere e garantire il diritto fondamentale all'interruzione volontaria della gravidanza", che deriva "dal principio generale di libertà stabilito all'articolo 2 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 (…) di interrompere una gravidanza". Come ricorda Françoise Laurant, Presidente della Commissione per la salute, sul quotidiano Le Monde il 7 novembre 2013, rimettere in discussione l'aborto significa "far emergere un discorso che colpevolizza le donne (...) che può essere vissuto come un'umiliazione”.

Nonostante, “il mio corpo, la mia scelta" sia una premessa disonesta, poiché il feto non è una parte del corpo della donna, ma quest’ultimo ospita il feto temporaneamente, la realtà biologica di una gravidanza è di due corpi, di due DNA distinti e unici, che vivono in simbiosi per un periodo determinato.

Disumanizzazione del feto

Da tempo il discorso femminista ha disumanizzato il feto definendolo come un semplice "grumo di cellule", probabilmente per ridurre la colpa delle donne che subiscono un aborto... E questa disumanizzazione si è normalizzata, Amnesty International considera l'aborto come una "cura di base per milioni di donne o ragazze" che consiste nel "rimuovere il contenuto dell'utero”.

È bene esaminare questo contenuto e vedere che il feto è biologicamente un essere umano, poiché possiede tutte le caratteristiche specifiche e naturali dell'Homo sapiens. A 16 settimane di amenorrea, la durata della gravidanza dall’ultima mestruazione e il periodo legale dell’aborto, il feto possiede gli stessi organi del resto della nostra specie, un cuore che batte a 140 battiti al minuto, una testa che gira, piccole mani agili che afferrano, tirano, respingono, giocano…

Il feto possiede tutte le caratteristiche specifiche della specie umana in base alla sua età e avendo meno di 18 anni può essere definito, secondo la Convenzione UNESCO sui diritti del fanciullo del 1989, come un bambino, ma che non ha diritti, a meno che sua madre decida diversamente.

Secondo l'articolo 6 della Convenzione dell'UNESCO del 1989, "gli Stati parti riconoscono che ogni bambino ha un diritto innato alla vita". Il diritto all'aborto va contro il diritto alla vita che dovrebbe essere superiore a tutti gli altri, perché senza vita non c'è libertà né umanità.

Il termine aborto, dal latino "abortare", significa "morire nascendo", ma anche ciò che non ha potuto raggiungere il suo completo sviluppo. L'interruzione volontaria di gravidanza elimina "ciò che cresce nel corpo", l'embrione o il feto, il "neonato". L'aborto non può essere un atto di "cura" perché qui l'obiettivo non è curare ma piuttosto provocare la morte, e ciò solo per rispondere alla volontà e al desiderio della donna, escludendo di fatto gli uomini o i futuri padri da questo dibattito.

Se la Francia, come molti altri stati europei, difende il diritto naturale e sacro alla vita dei bambini, come può trasformare l'aborto in un diritto costituzionale?

Normalizzazione dell’aborto

Oggi, nella maggior parte dei paesi europei, l'aborto si è normalizzato. Non c'è dibattito se non per estendere sempre di più la durata legale, da 10 a 14 settimane, da 14 a 16... o ancora per estenderne le ragioni, psicologiche, sociali o ancora economiche.

Il 26 novembre 1974, nel suo discorso all'Assemblea Nazionale, Simone Veil proclamava che "l'aborto deve rimanere l'eccezione, l'ultimo ricorso per situazioni senza via d'uscita". La sua convinzione era che "nessuna donna ricorre a cuor leggero all'aborto" e che ammettere "la possibilità di un'interruzione di gravidanza è necessario per controllarla e, per quanto possibile, dissuaderne la donna".

Perché nel 2024 le società progressiste ignorano queste convinzioni e trasformano l'atto di uccidere un essere umano in libertà e diritto individuali? Non dovremmo ignorare l’esorbitante costo umano di questo diritto, 44 milioni di aborti nel mondo nel 2022, di cui 227.300 in Francia, 90.189 in Spagna e 63.653 in Italia. In questo periodo di preoccupazione per il calo demografico in Europa e nel mondo, sarebbe il momento di aprire gli occhi, di dibattere e soprattutto, come cristiani, di testimoniare la Verità.

L'autoreEmilie Vas

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Vaticano

L'incoraggiamento del Papa a combattere la tristezza con Gesù e la nostra santità

Per quanto la vita sia piena di contraddizioni, desideri sconfitti, sogni non realizzati, amicizie perdute, possiamo combattere la tristezza, "un demone astuto", con il pensiero della risurrezione di Gesù e con la santità, ha detto questa mattina Papa Francesco. Nella sua meditazione si è rifatto a Bernanos e a Leo Bloy.

Francisco Otamendi-7 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Alla sessione di catechesi del Pubblico questo mercoledì, che dall'inizio dell'anno è stato dedicato al "Vizi e virtùIl Papa ha riflettuto sulla tristezza, "un demone astuto, che i padri del deserto descrivevano come un verme del cuore, che erode e svuota chi lo ospita", e su cui ha già riflettuto. in precedenza

Francesco ha definito la tristezza come "uno sconforto dell'anima, un'afflizione costante che impedisce agli esseri umani di sperimentare la gioia nella loro esistenza". Nella sua meditazione, ha sottolineato che i Padri hanno fatto una distinzione importante. 

"C'è infatti una tristezza che è propria della vita cristiana e che, con la grazia di Dio, si trasforma in gioia: questa, naturalmente, non va rifiutata e fa parte del cammino di conversione". In questo senso, ha citato la parabola del figliol prodigo che ha sofferto "una tristezza amica", che porta alla salvezza. 

"Ma c'è anche un secondo tipo di tristezza, che si insinua nell'anima e la fa cadere in uno stato di sconforto: è questo secondo tipo di tristezza che va combattuto con decisione e con tutte le forze, perché viene dal Maligno. Questa distinzione la troviamo anche in San Paolo che, scrivendo ai Corinzi, dice: "Questo dolore da parte di Dio produce un pentimento che porta alla salvezza e non è da rimpiangere; ma il dolore del mondo produce la morte" (2 Cor 7,10). 

Discepoli di Emmaus, cuore disilluso

Qui possiamo fare riferimento al racconto dei discepoli di EmmausI due discepoli lasciano Gerusalemme con il cuore disilluso e si affidano allo straniero che li accompagna. "Quei due discepoli lasciano Gerusalemme con il cuore disilluso e si affidano allo straniero, che a un certo punto li accompagna: "Noi speravamo che fosse lui - cioè Gesù - a liberare Israele" (Lc 24,21). 

La dinamica della tristezza è legata all'esperienza della perdita, dice il Papa. "Nel cuore dell'essere umano nascono speranze che a volte si infrangono. Può essere il desiderio di possedere qualcosa che non si può ottenere; ma anche qualcosa di importante, come la perdita di un affetto. Quando questo accade, è come se il cuore umano cadesse in un precipizio, e i sentimenti provati sono scoraggiamento, debolezza di spirito, depressione, angoscia". 

Superare la tristezza con la santità

Per combattere la tristezza, il Pontefice ha lanciato diversi messaggi, che si possono riassumere in due. In primo luogo, la tristezza "può essere facilmente combattuta custodendo il pensiero della risurrezione di Cristo. Per quanto la vita possa essere piena di contraddizioni, di desideri sconfitti, di sogni non realizzati, di amicizie perdute, grazie alla risurrezione di Gesù possiamo credere che tutti saranno salvati".

"La fede scaccia la paura e la risurrezione di Cristo elimina la tristezza come la pietra dal sepolcro. Ogni giorno del cristiano è un esercizio di resurrezione". 

La seconda arma è la santità. "Georges Bernanos, nel suo famoso romanzo "Diario di un curato di campagna", fa dire al parroco di Torcy: "La Chiesa ha la gioia, tutta quella gioia che è riservata a questo mondo triste. Ciò che hanno fatto contro di essa, l'hanno fatto contro la gioia". E un altro scrittore francese, Léon Bloy, ci ha lasciato questa meravigliosa frase: "C'è una sola tristezza, (...) quella di non essere santi!

Domenica, Nostra Signora di Lourdes, la Giornata del malato

"Lo Spirito di Gesù risorto ci aiuti a superare la tristezza con la santità", ha pregato il Papa, che ha anche fatto riferimento alla Vergine Maria rivolgendosi ai pellegrini di diverse lingue. 

In particolare, prima di impartire la Benedizione, il Santo Padre ha ricordato la festa di Nostra Signora di Lourdes domenica 11, quando la Chiesa celebra la festa del Giornata mondiale del malato. "Nostra Signora di Lourdes vi protegga con la sua tenerezza materna nel vostro cammino", ha pregato il Papa rivolgendosi ai fedeli. pazienti e a tutti i fedeli.

Inoltre, come di consueto in tutti i suoi messaggi e discorsi, Francesco ha pregato per tutti coloro che soffrono a causa delle guerre, per la pace nell'Ucraina martirizzata, per la Palestina, Israele, i Rohingya e altri in tanti luoghi. "Preghiamo per la pace, abbiamo bisogno di pace", ha chiesto ai pellegrini nell'Aula Paolo VI.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cultura

Carmen ÁlvarezWojtyła ha scritto 'Geremia' per rafforzare la fede".

Il 27 marzo è la Giornata mondiale del teatro. Stiamo portando in scena "Geremia", un dramma teatrale di Karol Wojtyła eIl libro fu scritto quando aveva 19 anni, nella primavera del 1940. La teologa Carmen Álvarez, docente presso l'Università Ecclesiastica San Dámaso ed esperta della figura di San Giovanni Paolo II, spiega a Omnes l'opera del giovane Wojtyła.

Francisco Otamendi-7 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Scritto a 19 anni, nella primavera del 1940, "Geremia" è un dramma teatrale di Karol Wojtyła, rimasto sconosciuto al di fuori della Polonia. Ora la teologa Carmen Álvarez, docente presso l'Università Ecclesiastica San Dámaso ed esperta della figura di San Giovanni Paolo II, spiega a Omnes l'opera del giovane Wojtyła.

Poco dopo lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, in mezzo all'estremo dolore e alle sofferenze del popolo polacco, la Germania e la Russia, con la loro occupazione, lanciarono una tremenda campagna di "depolonizzazione, che mirava a cancellare ogni traccia della cultura polacca e soprattutto ogni traccia delle sue radici cristiane. 

È stato il modo più efficace per dissolvere l'identità nazionale e il senso della patria nel popolo polacco, per poterlo manipolare più facilmente", ha dichiarato a Omnes Carmen Álvarez, curatrice di "Jeremiah", che è stato tradotto per la prima volta dall'originale polacco in spagnolo. Si tratta di un'edizione bilingue di Didaskalospreceduto da un ampio studio introduttivo del teologo di San Damaso e accademico.

"Wojtyła scrive "Geremia" per consolare il suo popolo, per incoraggiare la sua speranza e rafforzare la sua fede in Dio, ma anche per riflettere su quel momento storico buio da una visione cristiana della storia e per interrogarsi sulle cause della caduta della nazione", aggiunge Carmen Álvarez, che sta presentando l'opera in varie diocesi spagnole. L'ultima, Siviglia.

Una situazione simile è stata vissuta dal profeta Geremiache annunciava la distruzione di Israele se il popolo non fosse tornato all'alleanza con Yahweh e alla sua identità di popolo eletto da Dio. Da qui il titolo dell'opera.

Geremia

AutoreKarol Józef Wojtyła; Carmen Álvarez Alonso
Editoriale: Didaskalos
Pagine: 290
Anno: 2023

Professore, come è nato il suo interesse per le opere letterarie di Karol Wojtyła, e in particolare per "Geremia"?

-La riscoperta di queste opere è avvenuta nel corso di una ricerca. A seguito della mia tesi di dottorato in filosofia sulle opere letterarie della giovinezza di Karol Wojtyła, ho scoperto che le fonti documentarie erano tutte in polacco e che erano praticamente sconosciute al di fuori del suo Paese. Ho capito allora che dovevano essere tradotte e rese note. Finora, noi studiosi di Karol Wojtyła avevamo come riferimento una traduzione italiana di oltre 20 anni fa; tuttavia, credo che in questa edizione spagnola abbiamo ottenuto notevoli miglioramenti nella traduzione e nell'interpretazione.

Lei ha montato l'opera dall'originale polacco direttamente in inglese.  

- Esatto, è stato un lavoro congiunto con il traduttore. Sono stato responsabile di tutte le operazioni di editing, interpretazione e revisione finale dell'opera. Si tratta di un'edizione bilingue, il cui testo polacco rispetta fedelmente il manoscritto originale, così come Wojtyła lo ha scritto. L'opera è preceduta da un ampio studio introduttivo, in cui offro alcune chiavi di lettura per aiutare il lettore di lingua spagnola a entrare nel contesto culturale e storico della nazione polacca. Era necessario contestualizzare l'opera, la trama e i personaggi per avvicinare il lettore che non ha familiarità con la cultura slava.

Fino a quasi il 2020, quando celebreremo il centenario della nascita di San Giovanni Paolo II, non siamo riusciti a raccogliere i testi originali di queste opere giovanili. Si sono infatti conservate diverse versioni della stessa composizione. In occasione di questa ricorrenza, la diocesi di Cracovia ha costituito un'équipe di studiosi ed esperti che ha effettuato una ricerca esaustiva nelle biblioteche e negli archivi, nonché un difficile lavoro di critica testuale che ha permesso di fissare i testi originali. Il risultato di questo arduo lavoro è stata la pubblicazione di tre volumi contenenti l'intera opera letteraria giovanile nell'originale polacco. Ha aperto le porte alla traduzione e alla diffusione di questo grande tesoro letterario lasciatoci dal giovane Karol Wojtyła.

Include anche uno studio introduttivo, praticamente un altro libro, in cui parla dell'impronta di San Giovanni della Croce.

- Il teatro di Karol Wojtyła è molto filosofico e concettuale, difficile da rappresentare perché concepito come un "teatro interiore" piuttosto che come un teatro di intrattenimento o di svago. Per questo motivo, l'analisi critica e interiore dell'opera è molto interessante, in quanto ha portato alla luce le radici ispaniche del pensiero giovanile di Wojtyła. Nella sua opera Geremia, Wojtyła è in dialogo con la visione del mondo del Romanticismo, in particolare di quello polacco, ma nella sua opera Sono presenti anche Calderón de la Barca, Cervantes e il suo grande personaggio, Don Chisciotte. Inoltre, sono evocate le leggende di Gustavo Adolfo Bécquer e, soprattutto, è molto evidente l'impronta di San Giovanni della Croce. 

Questo è molto interessante perché tutti i biografi di Giovanni Paolo II concordano sul fatto che Wojtyła abbia conosciuto San Giovanni della Croce attraverso il laico Jan Leopold Tyranowski, incontrato nel marzo del 1940. Nell'opera Geremia L'impronta di San Juan è molto chiara e si tratta di un'opera già scritta prima dell'incontro con Tyranowski. 

Ma, inoltre, sia nel suo lavoro Lavoroscritte nei primi mesi del 1940, come nelle sue prime poesie, scritte nella primavera del 1939, troviamo anche temi ed elementi sanjuanisti. Credo quindi che le informazioni fornite dai biografi debbano essere riformulate. L'approccio di Karol Wojtyła alla figura, alla dottrina e al simbolismo poetico di San Giovanni della Croce è molto precedente e potrebbe addirittura risalire agli anni della sua infanzia a Wadowice, quando visitava spesso il monastero carmelitano della città. Tutto questo retroterra ispanico del pensiero giovanile di Wojtyła, di cui non eravamo a conoscenza, lo stiamo scoprendo grazie allo studio e alla traduzione di queste opere letterarie della sua giovinezza.

Il contesto. Wojtyła scrive Geremia nei primi mesi del 1940...

- Sì, quando la Polonia è appena stata invasa dalla Germania e dalla Russia. È uno dei momenti più difficili e bui della storia della Polonia. Con l'occupazione, sia la Germania che la Russia lanciarono una tremenda campagna di "depolonizzazione", che mirava a cancellare ogni traccia della cultura polacca e soprattutto ogni traccia delle sue profonde radici cristiane. Era il modo più efficace per dissolvere l'identità nazionale e il senso di patria del popolo polacco, al fine di soggiogarlo e manipolarlo più facilmente. 

Wojtyła scrive Geremia per consolare il suo popolo, incoraggiare la sua speranza e rafforzare la sua fede in Dio, presente nell'oscurità della prova, ma anche per riflettere su questo momento buio della storia alla luce della visione cristiana della storia delle nazioni. Perché la Polonia è caduta, si chiede l'autore. La trama dell'opera e i dialoghi dei personaggi mostrano come la caduta di una nazione sia legata alla perdita della sua identità cristiana e all'abbandono dell'ordine morale voluto da Dio.

È solo per i polacchi?

Karol Wojtyła scrive la sua opera teatrale "Geremia" in dialogo con la storia della Polonia, ma chi pensasse che questo dramma teatrale sia destinato solo alla nazione polacca si sbaglierebbe. L'opera ha una proiezione universale. Wojtyła non cerca di risolvere la questione polacca, ma di sollevare, tra le altre, la grande questione dell'identità nazionale e, di conseguenza, di invitare ogni uomo a riflettere sulla propria identità personale alla luce della propria origine. Infatti, quando rifletto sulla mia identità nazionale, alla fine mi chiedo anche chi sono io, chi è l'uomo. Perché la nozione di patria non è una categoria politica, ideologica o sportiva, ma plasma ogni uomo fin dalla sua origine. Le prime radici della mia identità personale sono Dio, la famiglia e la patria. 

Per Wojtyła, il destino di ogni uomo è indissolubilmente legato alla storia e al destino della nazione. Geremia mostra già come la questione dell'identità dell'uomo, che sarà un tema centrale nell'insegnamento di Giovanni Paolo II, sia già presente nel pensiero iniziale di Karol Wojtyła.

Appare suggestivo l'avvertimento del personaggio Skarga, che assume una missione profetica, come Geremia.

- L'opera contiene una critica sottile ma pungente dei miti nazionali fortemente propagati durante gli anni del romanticismo polacco. Tra questi, Wojtyła discute soprattutto il sarmatismo e il messianismo, che servivano a giustificare ideologicamente l'appropriazione esclusivista del concetto di nazione da parte di una minoranza selezionata ed elitaria. Erano le ideologie di un'epoca che, come le ideologie di oggi, imponevano con la violenza e la forza i loro argomenti e gli interessi personali di pochi al di sopra della verità e del bene comune della nazione o del bene individuale del soggetto. 

A questo proposito, il grande discorso che Wojtyła mette in bocca a uno dei protagonisti del dramma, padre Peter Skarga, e che occupa l'intero secondo atto del dramma, è estremamente attuale. Rivolgendosi alla nobiltà polacca, padre Pietro Skarga si rivolge a un gruppo di persone. szlachta, che si consideravano il vero popolo eletto e la vera stirpe polacca, Skarga li ammonisce duramente contro l'inosservanza della Legge di Dio e la corruzione economica, politica, morale e culturale che preparò lentamente la caduta storica della Polonia e la sua scomparsa come nazione nel XVIII secolo, durante il periodo delle spartizioni.

Lo stesso accadde al tempo del profeta Geremia, che annunciò la caduta di Israele, perché si stava allontanando dalla sua identità di popolo eletto e dal compimento dell'alleanza con Yahweh. Quando una nazione cade nella trappola delle ideologie e vende la sua cultura, la sua storia, la sua religione o la sua morale, prima o poi assapora il suo fallimento storico e perde la forza morale, storica e sociale della sua specifica identità.

 Qualche commento aggiuntivo?

- Ritengo significativo che l'opera venga pubblicata in Spagna, in un momento in cui si pone con forza la questione dell'identità nazionale, e anche nel contesto del 45° anniversario dell'elezione di Giovanni Paolo II e dell'inizio del suo pontificato, che abbiamo celebrato il 16 ottobre 2023. 

Lo studio del lavoro Geremia Mi ha ricordato i viaggi di Giovanni Paolo II in Spagna e, in modo particolare, l'evento tenutosi a Santiago de Compostela nel novembre 1982, e il memorabile discorso che Giovanni Paolo II rivolse all'Europa: "Da Santiago, ti mando, vecchia Europa, un grido pieno d'amore: torna a trovare te stesso. Sii te stesso. Scopri le tue origini. Fate rivivere le vostre radici. Riprendete quei valori autentici che hanno reso gloriosa la vostra storia e benefica la vostra presenza negli altri continenti. Ricostruite la vostra unità spirituale, in un clima di pieno rispetto per le altre religioni e di autentiche libertà... Potete ancora essere un faro di civiltà e uno stimolo di progresso per il mondo. 

Alla luce di quanto discusso da Karol Wojtyła nella sua opera Geremia, Credo che il Papa stesse già annunciando la caduta e il fallimento morale e culturale dell'Europa, come la vediamo oggi, allontanandosi dalla sua identità cristiana e dall'ordine morale voluto da Dio.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

Pellegrini della speranza

Il logo del prossimo Giubileo 2025 raffigura pellegrini provenienti dai quattro angoli del mondo, simboleggiati dai colori, che abbracciano un'ancora-croce.

Arturo Cattaneo-7 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il logo del Giubileo 2025 rappresenta che siamo pellegrini, camminiamo verso la patria celeste e, come in ogni pellegrinaggio, ci aiutiamo l'un l'altro a superare le difficoltà, ma chi ci aiuta di più e ci precede è Gesù che, sulla Croce, ci ha donato la sua vita e continua a donarcela nell'Eucaristia, per questo la Croce si protende verso i quattro pellegrini che rappresentano l'umanità proveniente dai quattro angoli del mondo. I pellegrini si abbracciano, indicando la solidarietà e la fraternità che li unisce, con il primo della fila che si aggrappa alla Croce di Cristo, segno di fede, amore e speranza.

Siamo pellegrini di speranza mentre ci prepariamo a celebrare i 2025 anni dalla nascita di Cristo, 2025 anni di grazia, misericordia, missione e santità. Lui solo è santo, ma uniti a Lui e tra di noi speriamo di crescere ogni giorno nella santità, nonostante le onde che ci assalgono, perché nel pellegrinaggio della vita siamo chiamati ad affrontare difficoltà e a volte tempeste, ma uniti a Cristo non naufragheremo, come dimostra l'ancora della salvezza, resistendo alle onde.

L'ideatore del logo, Giacomo Trevisani, ha raccontato di aver "immaginato persone di tutti i "colori", nazionalità e culture, che provengono dai quattro punti cardinali e si muovono in rotta verso il futuro, come le vele di una grande nave comune, spiegate dal vento della Speranza che è la Croce di Cristo e Cristo stesso". Anche i colori hanno un significato, come ha spiegato: "Il rosso è amore, azione e condivisione; il giallo/arancio è il colore del calore umano; il verde evoca pace ed equilibrio; il blu richiama sicurezza e protezione. Il nero/grigio della Croce/Ancora, invece, rappresenta l'autorità e l'aspetto interiore".

La rappresentazione del logo è completata dal motto dell'Anno Santo 2025, "Pellegrini della speranza", nel colore verde che richiama la primavera e quindi la speranza nella vita nuova che Gesù continua a offrirci.

Logo del Giubileo 2025
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Vaticano

Quando l'FBI spiò il vescovo Sheen

Rapporti di Roma-6 febbraio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Seguite quel Vescovo! Seguite quel vescovo! è stato selezionato come uno dei tre finalisti per il miglior documentario al Festival Mirabile Dictu 2024.

Il documentario svela documenti segreti declassificati dall'FBI su un popolare vescovo americano, Fulton Sheen. L'agenzia investigativa temeva il successo e il seguito del vescovo in televisione, con milioni di spettatori negli anni Cinquanta.


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
Mondo

Manos Unidas lancia la campagna "Effetto Essere Umano".

Manos Unidas ha lanciato oggi la campagna "L'effetto umano", con la quale "chiede giustizia climatica per i più impoveriti".

Loreto Rios-6 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Campagna "The Human Being Effect coincide con il 65° anniversario di Manos Unidas e, secondo i documenti forniti dall'organizzazione stessa, cerca di "trasmettere alla società spagnola l'urgente necessità di porre fine all'ingiustizia climatica subita dai popoli più vulnerabili".

Cecilia Pilar Gracia, presidente di Manos Unidas, ha dichiarato che "denunceremo come il maltrattamento del pianeta colpisca in misura maggiore, e con conseguenze molto più devastanti, milioni di persone svantaggiate che vivono in Paesi che hanno contribuito poco o nulla" a questo deterioramento.

Inoltre, Cecilia Pilar Gracia ha sottolineato che "nei Paesi del Sud colpiti da siccità estrema, uragani, cicloni o piogge torrenziali, questi fenomeni e la mancanza di mezzi per mitigarli o adattarsi ad essi sono la causa di fame, conflitti, povertà, migrazioni e persino di morte". E questa è disuguaglianza. E questa è ingiustizia climatica.

Per i progetti sociali portati avanti da Manos Unidas (attualmente 550 in totale, in 51 Paesi diversi), si avvale dell'aiuto di 6460 volontari, "distribuiti tra le 72 delegazioni di cui dispone l'organizzazione", e di 73100 membri.

Missionario a Turkana, Kenya

Manos Unidas opera attualmente in 50 Paesi del mondo. AfricaAsia e America. Come esempio dell'impatto del cambiamento climatico in Africa, alla conferenza stampa ha partecipato María Soledad Villigua, missionaria nel deserto di Turkana, in Kenya.

Il missionario ha spiegato come negli ultimi anni le piogge siano state più scarse in questa zona, riducendo le acque del lago Turkana e rendendo più difficile la pesca, oltre a causare la morte del bestiame dei pastori nomadi della zona.

Allo stesso tempo, María Soledad Villigua ha sottolineato altre difficoltà che devono affrontare in questi ambienti, come lo scambio di ragazze per capre con uomini molto più anziani di loro che hanno già diverse mogli. In risposta a ciò, è stato creato un centro di accoglienza per le ragazze, sia per quelle orfane che per quelle che scappano dalle loro famiglie quando devono essere scambiate.

A seguire Donald Hernández ha illustrato gli effetti della crisi climatica nel suo Paese, l'Honduras.

Giovani e cambiamento climatico

Manos Unidas ha inoltre condotto uno studio, realizzato dalla società di consulenza Gfk, "per scoprire come i giovani spagnoli percepiscono l'ingiustizia climatica e il loro impegno per invertirne gli effetti".

I risultati di questo studio, presentati brevemente durante la conferenza stampa, indicano che "il 76 % dei giovani spagnoli crede che la crisi climatica sia reale e una grande maggioranza è preoccupata per la situazione, ha un'alta sensibilità alle questioni ambientali ed è ben consapevole che il futuro di tutti è legato in larga misura alla nostra capacità di prenderci cura della terra e delle sue risorse".

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Iniziative

Orari delle messe. Trova una Messa vicino a te con il cellulare

Pablo Licheri è un argentino che 10 anni fa ha avviato una semplice applicazione mobile con gli orari delle messe della città di Buenos Aires. L'applicazione è cresciuta fino a includere gli orari delle messe, delle confessioni e delle adorazioni delle chiese di tutto il mondo. Ha già più di 1,5 milioni di download. 

Maria José Atienza-6 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Orari delle messe è un'applicazione mobile, disponibile per Android e iOS che raccoglie gli orari delle Messe delle chiese di tutto il mondo. Il suo creatore è un argentino, Pablo Licheri, sposato e padre di 7 figli. L'applicazione, che oggi conta più di 1,5 milioni di download, in continua crescita, è nata e cresciuta grazie a lui, a sua moglie e ai suoi figli. "È iniziato in modo privato e laico. Non abbiamo l'appoggio di nessun vescovato o movimento. È un'iniziativa personale, come molte start-up". afferma. 

Gli inizi 

Nel 2014 Pablo lavorava in una banca della sua terra natale, l'Argentina, dove dirigeva team di sviluppo software. In quel periodo, racconta a Omnes, "Ero alla ricerca di modi per aiutare gli altri. Era il periodo del lancio dell'iPad ed ero entusiasta. Pensavo di dover imparare a programmare per esso. In quel periodo ho anche partecipato a un ritiro spirituale. Il sacerdote parlò dell'importanza di andare a Messa ogni giorno: ci ricordò che la Messa è la cosa più importante che accade nel mondo ogni giorno. Queste cose mi hanno toccato molto e si sono collegate tra loro".

L'idea iniziale di Licheri era però molto diversa da quella di Orari delle messe: "Volevo creare un sito che trasmettesse in diretta le Messe da diverse parti del mondo, su Internet, 24 ore al giorno. Un sito in cui si potesse guardare una Messa in diretta, in qualsiasi momento, e si potesse pregare o ascoltare se non si poteva andare. L'idea è stata discussa con un amico, che però ha sottolineato le difficoltà che comportava e lo ha incoraggiato a iniziare con qualcosa di più semplice, come un'applicazione mobile per consultare gli orari delle messe. 

A Paul è sembrato che "troppo semplice", ma lo ha convinto come primo passo e lo ha sviluppato. "Lo facevo molto velocemente, il sabato e la domenica, al mattino, prima che i miei figli si svegliassero".Ricorda Licheri. "Ho caricato solo le chiese di Buenos Aires e le ho inviate ai miei amici. Dopo poco tempo, circa duecento persone lo stavano usando. Ero molto felice e pensavo di aver portato a termine la mia missione. Ma non era così. Iniziarono a chiedermi di sviluppare l'applicazione per Android. Questo significava rifare l'intera applicazione da zero. 

Licheri ha sviluppato l'applicazione per entrambi i sistemi e in breve tempo più di 2.000 persone l'hanno utilizzata per conoscere gli orari delle messe. Gli utenti inviavano informazioni sulle chiese che frequentavano: cambiamenti di orario, errori di localizzazione, ecc. 

Crescita

Orari delle messe è cresciuta, e continua a crescere, grazie agli utenti. Gli utenti dell'app hanno iniziato a inviare informazioni sulle chiese che hanno incontrato durante i loro viaggi di piacere o professionali, al di fuori di Buenos Aires e persino oltre i confini nazionali dell'Argentina. "Ho iniziato ad accumulare dati dalle nuove chiese e dai rapporti sugli errori, ricorda Pablo Licheri e "Ho chiesto ai miei figli e alle mie figlie più grandi, che avevano circa 10-12 anni, di aiutarmi. Ho insegnato loro alcune nozioni di base sulla programmazione e sono stati entusiasti di aiutarmi. 

Licheri sottolinea che è arrivato un momento in cui si è reso conto di dover lavorare in modo professionalizzato. L'azienda aveva già diverse migliaia di utenti. app e le segnalazioni di bug e le nuove informazioni si accumulavano. Ha iniziato con un team di volontari, ma anche se hanno aiutato molto, il problema non era risolto. A questo punto ha assunto diversi sviluppatori professionisti e l'applicazione ha preso nuovi voli: "...".Abbiamo potuto iniziare a rispondere agli utenti, le segnalazioni di bug non corretti e i bug sono scomparsi, ecc. Inoltre, questo crea un circolo virtuoso: le persone vedono che rispondiamo alle segnalazioni di bug e usano di più l'app, la consigliano, entrano altri utenti, che a loro volta inviano più informazioni e più correzioni. 

Fino all'anno scorso, tutti i costi erano a carico suo e della moglie. Oggi, il Orari delle messe ha la possibilità di fare donazioni, da cinque dollari in su. "Questo ha coperto almeno i costi di base dell'implementazione". osserva il suo creatoreRiceviamo donazioni da tutto il mondo, ma sempre piccole. Dobbiamo ancora crescere un po' per assumere uno o due dipendenti a tempo pieno, ma è un passo avanti"..

Masse da tutto il mondo

Attualmente, Orari delle messe copre gli orari delle celebrazioni eucaristiche nelle chiese di tutto il mondo: Europa, America Latina e anche Asia e Oceania. Quando un utente invia le informazioni, il team dell'applicazione cerca quella chiesa sul web, controlla i dati di geolocalizzazione, se la parrocchia ha un sito web e vengono aggiunte altre informazioni, ecc. Ogni informazione pubblicata comporta, oltre al primo invio di informazioni, ore di lavoro. E non è sempre facile. 

Come sottolinea Pablo, le differenze di informazione tra i Paesi sono molto ampie. Nel caso degli Stati Uniti, "Le parrocchie hanno quasi tutte, con persone che ci lavorano professionalmente, un sito web aggiornato. Questo ha permesso di inserire nell'applicazione il 100% degli orari delle Messe degli Stati Uniti nel 2023". Nel caso dell'Europa, questa percentuale è più bassa e in molti casi è più difficile effettuare controlli incrociati delle informazioni. Lo è molto di più in Asia, Africa e America Latina. Ma nonostante ciò, gli utenti contribuiscono con molte informazioni e questo rende possibile il caricamento di nuovi templi ogni giorno. Ogni mese, circa 130.000 persone scaricano l'applicazione. 

Come dice Licheri, "Siamo 1,3 miliardi di cattolici nel mondo - immaginate cosa abbiamo ancora da crescere e da aiutare! Periodicamente, inoltre, il Orari delle messe prepara e invia una newsletter su vari aspetti della fede, delle devozioni o dell'Eucaristia. 

Un esempio di fiducia in Dio 

Forse l'esperienza più chiara di Pablo Licheri in questa avventura è quella della fiducia in Dio: "Se avessi fatto questo progetto da solo e con l'obiettivo dell'azienda, sarebbe scomparso".

Oltre alla storia dell'app, Pablo stesso e la sua famiglia hanno vissuto nuove esperienze grazie all'app, tra cui quella di trovare la città dove ora vivono: Ave Maria, in Florida. "Sette anni fa sono venuto a tenere una conferenza a Miami. Mia moglie venne con me e ci fermammo qualche giorno in più. Stavamo guidando lungo l'autostrada chiedendoci dove potevamo andare a Messa. Mia moglie aprì l'app e disse: 'C'è una chiesa qui vicino che ha la Messa tra poco'. Eravamo in Florida, nel mezzo delle Everglades. Abbiamo fatto una deviazione ed è così che abbiamo conosciuto questa città. Una città bellissima, costruita attorno a un'università cattolica voluta da Tom Monaghan, il fondatore di Domino's Pizza, con una storia impressionante alle spalle. Ci è piaciuta molto come luogo in cui crescere i nostri figli e siamo venuti qui. Siamo ancora tutti qui, tranne mio figlio maggiore, che è a Roma a studiare perché vuole diventare sacerdote, racconta Pablo Licheri. Conclude: "Vorrei che la storia di Orari delle Messe servisse da esempio ad altre persone per iniziare cose diverse e confidare nella provvidenza di Dio"..

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Vocazioni

Sant'Edvige, la santa che unisce il mondo germanico e slavo

Canonizzato Nel 1267, grazie alla sua dedizione ai poveri e alla sua forte vita devozionale, il culto di Sant'Edvige si diffuse rapidamente in tutta la Polonia e la Germania.

José M. García Pelegrín-6 febbraio 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Alcuni santi hanno svolto il ruolo di costruire ponti tra popoli e Paesi, passando alla storia con nomi diversi. Un esempio molto noto è Sant'Antonio di Padova (c. 1195-1231). Originario di Lisbona, trascorse la maggior parte della sua vita in Italia, dove è conosciuto come Antonio di Padova, mentre in Portogallo è chiamato António de Lisboa. Lo stesso si può dire di Santa Elisabetta d'Ungheria (1207-1231), così chiamata per il suo luogo di nascita, ma conosciuta in Germania come Elisabetta di Turingia, poiché sposò il langravio Ludovico di Turingia-Hesse.

Lo stesso vale per Sant'Edvige (Hedwig), zia di Elisabetta di Turingia, la cui madre, Gertrude, era sua sorella. In Baviera è conosciuta come Edvige di Andechs, dal nome del villaggio - allora solo un castello - sulle rive del lago Ammersee, dove nacque nel 1174 come figlia del conte Berthold IV di Andechs. In genere, però, passò alla storia come Edvige di Slesia, dove visse per la maggior parte della sua vita. In polacco è chiamata Święta Jadwiga Śląska: grazie all'influenza del marito Enrico I di Slesia, la regione, originariamente slava, conobbe una mescolanza di popolazione polacca e tedesca fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale.

Matrimonio con Enrico I di Slesia

Dopo aver trascorso l'infanzia nell'abbazia di Kitzingen, educata dalle monache benedettine di cui la zia era badessa, il padre la diede in sposa - come si è appena detto - al futuro conte Enrico I di Slesia e principe di Polonia. Alla fine del XII secolo, l'infanzia finiva presto: Edvige aveva 12 anni quando si sposò e 13 quando diede alla luce il suo primo figlio; nel corso degli anni, partorì altri cinque figli. Secondo la tradizione, dopo 22 anni di matrimonio, Edvige ed Enrico fecero voto di continenza; tuttavia, questo non influì sulla felicità del loro matrimonio. Contrariamente alla credenza comune sui matrimoni politici, molti di essi si rivelarono felici; lo fu anche quello della nipote Elisabetta con il langravio Ludovico di Turingia.

Nel 1201, Enrico I divenne Duca di Slesia e ottenne la parte meridionale della Grande Polonia e il Ducato di Cracovia, motivo per cui si autodefinì "Duca di Slesia, Polonia e Cracovia" e per cui, in varie cronache medievali e moderne, Edvige viene spesso indicata come "Duchessa di Polonia".

Mentre il marito era impegnato a consolidare i suoi possedimenti, Edvige si adoperò per diffondere le idee cristiane, si occupò con dedizione dei poveri e dei malati, fondò monasteri femminili e sostenne vari ordini religiosi nella creazione di filiali. Secondo la tradizione, portava sempre con sé una statuetta della Vergine Maria da guardare con devozione, anche in mezzo alle avversità come la distruzione della sua casa natale, il castello di Andechs. Sua sorella Gertrude, madre di Elisabetta d'Ungheria o di Turingia, fu vittima di un attentato. Inoltre, dovette affrontare la morte prematura dei suoi tre figli e di due delle sue figlie, poiché l'unica dei suoi sei figli che le sopravviverà sarà una figlia, anch'essa di nome Gertrude. Edvige sopportò tutto questo con la consolazione della fede e della preghiera quotidiana, che alla fine la portarono a desiderare di condurre una vita consacrata.

Vedovanza e vita religiosa

Dopo la morte del marito nel 1238 e la perdita del figlio primogenito, successore del padre come duca di Slesia e principe di Polonia, nella battaglia di Liegnitz contro i Mongoli tre anni dopo, Edvige entrò nel monastero cistercense di Trebnitz, che lei stessa aveva fondato nel 1202, il primo convento femminile della Slesia. Il monastero crebbe rapidamente fino a ospitare un migliaio di monache, allieve e servitori. Morì lì il 15 ottobre 1243, all'età di quasi 70 anni.

Oltre alla fondazione di Trebnitz, per la quale è spesso raffigurato con una chiesa in mano - come è consuetudine per molte immagini di santi nel Medioevo - ed è raffigurato nella statua dell'inizio del XV secolo del monastero di Niedernburg, costruì anche ospedali e manicomi, come l'Ospedale di Santo Spirito a Breslavia (Breslau in tedesco; Wrocław in polacco) e un ospedale per donne lebbrose vicino a Neumarkt.

La fama di santità di Edvige non è dovuta solo alla vita monastica a cui si ritirò negli ultimi anni della sua vita, ma soprattutto al suo servizio ai poveri e alla sua costante generosità nei loro confronti. Secondo le cronache, oltre a costruire ospizi e ricoveri, si prodigava per aiutarli personalmente; imparò persino il polacco per poterli servire meglio. La sua modestia e il suo abbigliamento sobrio la rendono vistosamente estranea al suo status. Edvige non si vergogna di indossare abiti logori, scarpe vecchie o addirittura di andare a piedi nudi: in alcune raffigurazioni tiene le scarpe in mano, come allusione a questa circostanza. Edvige non vuole distinguersi dai poveri perché, come dice alla figlia Gertrude, i poveri "sono i nostri padroni".

Culto di Sant'Edvige

Queste affermazioni si basano sulla fonte principale della storia della sua vita, la "Vita beate Hedwigis", scritta in latino intorno al 1300 da uno studioso sconosciuto e tradotta più volte in tedesco dalla fine del XIV secolo. Queste affermazioni sono supportate dal documento di canonizzazione di Papa Clemente IV, che la canonizzò il 26 marzo 1267; la sua festa si celebra il 16 ottobre.

Oltre a essere la patrona più importante della Slesia e della Polonia insieme a Sant'Adalberto e a San Stanislao, la sua venerazione si diffuse anche a ovest, da Danzica e Cracovia a Vienna, Trento e Anversa, favorita dalle monache cistercensi e dalla dinastia polacca dei Piast.

Nel 1773, Federico il Grande, re di Prussia, fece costruire la Cattedrale di Sant'Edvige a Berlino, oggi sede dell'Arcidiocesi di Berlino, principalmente per gli immigrati cattolici provenienti dalla Slesia. Edvige divenne così anche la patrona del Brandeburgo e di Berlino, oltre che del suo luogo di nascita, Andechs in Baviera. In questo modo, Sant'Edvige getta un ponte speciale tra il mondo germanico e quello slavo.

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Vocazioni

Thomas PowersDio sa per cosa ha creato ogni persona".

Monsignor Powers, rettore del Pontificio Collegio Nordamericano, afferma che "il mondo è cambiato radicalmente dalla fondazione, ma la missione del Collegio rimane la stessa: formare uomini per il sacerdozio, con cuori configurati a Cristo".

Gonzalo Meza-6 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Il nuovo edificio della Pontificio Collegio Americano di Roma (PNAC), inaugurato nel 2015, reca sulla sommità di una delle sue pareti la scritta: "Resonare Christum corde romano", un segno distintivo che prende vita nei seminaristi del collegio e nei futuri sacerdoti della Chiesa nordamericana.

Il rettore del PNAC, monsignor Thomas Powers, afferma nella pagina di benvenuto del Collegio: "Il mondo è cambiato radicalmente da quando il Collegio è stato fondato, ma la missione del Collegio rimane la stessa: formare uomini per il sacerdozio, con cuori configurati a Cristo, l'eterno Sommo Sacerdote, in modo che possano tornare alle loro diocesi desiderosi di servire il popolo di Dio con fedeltà, generosità e gioia.

Il vescovo Powers conosce bene il seminario, avendovi studiato e poi servito come direttore spirituale, ruolo che ha ricoperto mentre lavorava presso il Dicastero per i Vescovi. Poco prima di assumere l'incarico di nuovo rettore, è stato parroco della chiesa di St. John a Darien, nel Connecticut. Per saperne di più sulla vita, la storia e la missione del PNAC, Omnes ha parlato con il vescovo Powers.

Potrebbe condividere con noi una breve biografia e il suo ministero sacerdotale fino ad oggi?

- Sono cresciuta a Newtown, nel Connecticut. Siamo cinque fratelli. Tre femmine e due maschi. Mio padre sta per compiere 90 anni e mia madre 88 anni. La mia famiglia ha sempre partecipato alla Messa perché la fede era ed è molto importante per noi. Ho frequentato scuole cattoliche alle elementari e alle superiori e poi ho studiato economia all'Università di Notre Dame.

In seguito, ho lavorato per tre anni come consulente finanziario e ho lavorato anche a New York. In quel periodo sentivo che Dio mi chiamava a qualcosa di diverso, probabilmente al sacerdozio. Così, prima di prendere la decisione di andare in seminario, sono andato a Porto Rico per lavorare con i poveri, per allontanarmi dal mondo degli affari e per pensare e pregare su ciò che Dio voleva che facessi. Quando sono tornato sono entrato nel nostro seminario diocesano nel 1992. Un anno dopo sono stato inviato al Collegio Nordamericano.

Sono stata lì per cinque anni. Ho conseguito il baccalaureato presso l'Istituto Giovanni Paolo II per il matrimonio e la famiglia. Poi sono tornato nella mia diocesi per sette anni per lavorare come vicario parrocchiale e come cappellano delle scuole superiori e direttore spirituale del nostro seminario.

Nel 2005 mi è stato chiesto di andare a Roma per lavorare per la Santa Sede in quello che oggi è il Dicastero per i Vescovi. Ho lavorato lì per dieci anni. Durante questo periodo ho aiutato come assistente del direttore spirituale del PNAC. Alla fine di questo periodo sono tornato nella mia diocesi nel 2015. Sono stato vicario generale per tutti questi anni e poi nell'ultimo anno e mezzo sono stato parroco. Nel 2022 ho ricevuto di nuovo una chiamata a sorpresa che mi chiedeva di tornare a Roma per la terza volta per servire come rettore. Il mio sacerdozio è stato un viaggio affascinante. Ho ricevuto cose e incarichi che non mi sarei mai aspettato. Sono grato per tutto ciò che Dio ha fatto per me e sono anche grato di essere qui.

Può parlarci delle tre sezioni del PNAC: il seminario e l'ICTE sia al "Gianicolo" che alla Casa Santa Maria nel centro storico?

- Il modo più semplice per pensare a queste tre sezioni è visualizzare tre edifici con tre missioni. L'edificio più antico si chiama oggi Casa Santa Maria. Fu fondata nel 1859 sotto il beato Pio IX. Siamo stati lì dal 1859 al 1953. L'edificio è ora la Casa dove vivono i sacerdoti che stanno facendo gli studi post-laurea.

L'edificio attuale, sede del PNAC, è stato fondato nell'ottobre 1953, 70 anni fa. È un edificio maestoso e bellissimo. Si trova sul colle del Gianicolo. Il terzo edificio, sempre nel campus del Gianicolo, è l'Istituto di Formazione Teologica Permanente (ICTE), dedicato a ospitare i sacerdoti durante l'anno sabbatico dopo 10 o 15 anni di ordinazione.

In questo periodo vengono qui per dedicarsi alla preghiera, allo studio e ai viaggi. Ricevono lezioni eccellenti e il loro soggiorno qui rinnova le loro energie per continuare il sacerdozio e lasciare questo luogo felici di tornare al loro ministero. Sia i seminaristi che i sacerdoti provengono dagli Stati Uniti, ma ne abbiamo anche alcuni dall'Australia. Attualmente c'è un australiano in seminario e due sacerdoti a St. Mary's House. In passato abbiamo avuto anche dei canadesi. Siamo orgogliosi di questi tre programmi. Abbiamo seminaristi e sacerdoti molto bravi che vogliono essere santi, gioiosi e buoni.

Dove vanno i seminaristi per studiare il primo o il secondo ciclo di teologia?

- Il periodo di formazione dei seminaristi a Roma in questa fase è di quattro anni. Alcuni si fermano un altro anno per completarne cinque. A differenza della maggior parte dei seminari negli Stati Uniti, che hanno lezioni nei locali del seminario, i nostri studenti hanno lezioni di teologia fuori sede.

Il primo ciclo si studia presso la Pontificia Università Gregoriana (dei Gesuiti), la Pontificia Università San Tommaso d'Aquino ("Angelicum", dei frati domenicani) e la Pontificia Università della Santa Croce (della Prelatura della Santa Croce). Opus Dei). Poi, se rimangono per il secondo ciclo per ottenere la licenza o per iniziarla, possono andare in altre università cattoliche a Roma. Studiano molto e lavorano molto duramente. Dal lunedì al venerdì, dopo la preghiera del mattino, abbiamo la Messa e la colazione. Poi i seminaristi si recano alle loro università a piedi, in bicicletta o in autobus. Tornano per il pranzo e poi continuano le loro attività di studio, apostolato e formazione. Sono sempre impegnati.

Com'è il programma di formazione dei seminaristi del PNAC e su cosa si basa?

- Giovanni Paolo II ha individuato nella "Pastores Dabo Vobis" quattro dimensioni della formazione in seminario: umana, spirituale, intellettuale e pastorale. Io chiamo Roma "la quinta dimensione" per diversi motivi: gli studenti camminano per le strade dove sono passati i santi; possono andare a pregare sulle tombe degli apostoli e di altri santi; possono viaggiare e imparare da altre parti d'Italia o d'Europa.

Inoltre, viviamo proprio accanto al Santo Padre, al successore di San Pietro e vicino alla tomba di San Pietro. Vivendo qui, gli studenti sono immersi nella ricca storia e tradizione della Chiesa. Si formano in queste cinque dimensioni e poi portano tutto questo nelle loro diocesi per condividerlo con la loro gente, i loro parrocchiani. 

Parte della formazione in seminario è il servizio. Quali apostolati svolgono i seminaristi del PNAC a Roma? 

- Sono molto orgoglioso della nostra formazione apostolica, perché i nostri seminaristi - dal secondo semestre del primo anno fino al quinto - svolgono un lavoro apostolico in città e fuori città.

Abbiamo 22 apostolati in cui siamo coinvolti. Alcuni di essi sono: il servizio alle suore di Madre Teresa di Calcutta; l'apostolato dei poveri per le strade; l'apostolato con gli studenti americani che vivono a Roma; le visite guidate alle basiliche di San Pietro e San Paolo. Abbiamo anche un ministero in una parrocchia e andiamo nelle basi navali e aeree statunitensi in Italia.

Questi apostolati costituiscono una diversità di esperienze. Va notato che alcuni studenti devono svolgere il loro servizio in italiano o in spagnolo, il che è molto positivo perché devono adattarsi ad andare in un luogo o in un ambiente non familiare, situazioni che ogni sacerdote deve affrontare a un certo punto del suo ministero. Sono esperienze molto belle e a volte impegnative.

Ci sono molte tradizioni nella vita del PNAC, ad esempio la cena di gala del rettore o le cosiddette "Station Churches" (Stazioni quaresimali a Roma), che portano la comunità del seminario e gli anglofoni di Roma in una delle chiese storiche ogni giorno durante questo periodo per celebrare la Messa e venerare le reliquie di martiri o santi. 

- Le "Stagioni di Quaresima" sono davvero un'esperienza fenomenale. La sua storia risale al IV secolo quando, durante la QuaresimaIl vescovo di Roma si riuniva con il popolo in diverse chiese della città per celebrare la Messa e venerare le reliquie dei martiri. Da qui il nome "stazione", "statio" in latino. Questa tradizione terminò nel 1309, quando il Papa si trasferì ad Avignone. Secoli dopo, Papa Leone XIII la riprese; tuttavia, essa acquistò pieno vigore sotto Papa San Giovanni XXIII.

Gli americani del North American College hanno ripreso e rilanciato la tradizione nel 1975, invitando tutti, soprattutto la comunità anglofona di Roma. Quello che facciamo in quel periodo è che dal Mercoledì delle Ceneri fino alla Settimana Santa, dal lunedì al sabato, i nostri ragazzi vanno alle stazioni quaresimali ogni giorno. Si alzano molto presto al mattino - perché la Messa inizia alle 7 - e camminano dal "Gianicolo" alla chiesa della stazione del giorno. Noi sacerdoti celebriamo a turno le Messe.

Partecipano molti anglofoni, tra cui studenti universitari o pellegrini americani. Alcuni di loro vengono a Roma e si fermano per tutto il periodo della Quaresima solo per sperimentare questa meravigliosa tradizione. Credo che questo ci ricordi che siamo in pellegrinaggio, che facciamo sacrifici insieme e che celebriamo l'Eucaristia come un unico popolo di Dio.

Un altro evento di grande importanza per il nostro Collegio è la "Cena del Rettore", che quest'anno compie 30 anni e si terrà l'11 aprile. È l'occasione per ringraziare i nostri benefattori, amici del Collegio e dell'Università, per la loro generosità e il costante sostegno, materiale e spirituale, ai seminaristi.

La festa dell'Immacolata Concezione, patrona del Seminario, è un altro momento molto speciale per tutta la comunità del PNAC, perché è la Madonna che ci protegge e intercede per noi. Abbiamo anche tradizioni interne tra gli studenti stessi, come ad esempio l'annuale partita di football "Spaghetti Bowl" o la corsa del Giorno del Ringraziamento. 

Quali sono i principali risultati ottenuti dal PNAC negli ultimi dieci anni?

- Guardando indietro, ho vissuto qui 15 anni della mia vita: come seminarista, poi come assistente del direttore spirituale e ora come rettore. Ho visto che il collegio ha sempre avuto un eccellente programma di formazione, che sta migliorando man mano che la Chiesa ce lo insegna. Ad esempio, negli anni '90, quando ero seminarista, il riferimento era la "Pastores Dabo Vobis" e la sua attuazione, ma poi nel 2016 ha incluso anche la "Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis", il nuovo programma di formazione sacerdotale che stiamo prendendo come guida.

Da un punto di vista infrastrutturale, la costruzione dell'impianto di "Gianicolo ha avuto molti lavori di ristrutturazione e ampliamento. Nel 2015 è stata costruita una nuova torre che ora ospita una cappella per l'adorazione, cappelle per la pratica della liturgia, in modo che gli studenti possano esercitarsi a celebrare la Messa, a confessarsi, ecc. Ci sono anche delle aule, dato che prima non avevamo molto spazio.

Nonostante questo, i ragazzi vivono in modo molto semplice: le loro stanze individuali non sono dotate di aria condizionata, non hanno bagni propri. Abbiamo l'aria condizionata solo in alcune aree comuni, in modo che i ragazzi possano fare ciò che sanno fare meglio in quei luoghi: pregare e studiare. In questo senso, la nostra cappella e la biblioteca sono climatizzate per i mesi caldi. Ora come rettore abbiamo anche dei progetti per il futuro che speriamo di realizzare nei prossimi due anni. 

Cosa direbbe a un giovane uomo o donna che sta discernendo se Dio lo chiama al sacerdozio, alla vita religiosa o consacrata? 

- Vi consiglio di essere aperti e di tenere il cuore aperto, perché Dio sa per cosa ha creato ogni persona e qual è il suo scopo. Alcuni sono chiamati al sacerdozio e alla vita consacrata. Se manteniamo i nostri cuori aperti e siamo disposti, ascolteremo il Signore. Abbiate fiducia in Lui. Egli vi condurrà sempre dove vuole che siate e non vi porterà fuori strada.

 Bisogna anche dire ai giovani che ci sono altre possibilità per seguire il Signore, ad esempio come consacrato, insegnante, poliziotto, medico, avvocato, ecc. Nel mio caso, ho cercato di lasciare il mio cuore aperto a Dio e lasciare che mi sorprendesse. E Lui l'ha fatto. L'importante è tenere il cuore aperto a Dio.

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Vaticano

Il Papa condanna l'aumento dell'antisemitismo

Il Papa ha pubblicato una lettera indirizzata ai "fratelli e sorelle ebrei di Israele". In essa Francesco ricorda la stretta relazione tra cattolici ed ebrei, popolo dell'Alleanza, ed esprime la sua condanna dell'attuale aumento dell'antisemitismo. Il numero di Omnes del dicembre 2023 ha approfondito la situazione in Terra Santa.

Loreto Rios-5 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Papa inizia il lettera agli ebrei ricordando che "viviamo in tempi di dolorose tribolazioni" e che "le guerre e le divisioni stanno aumentando in tutto il mondo". "Siamo, infatti, come ho detto qualche tempo fa, in una sorta di 'guerra mondiale a pezzi', con gravi conseguenze per la vita di molte popolazioni", ha detto il Santo Padre.

A questo proposito, Francisco ha fatto riferimento alla situazione che si sta vivendo attualmente in Terra SantaAnche la Terra Santa, purtroppo, non è stata risparmiata da questo dolore e dal 7 ottobre è piombata in una spirale di violenza senza precedenti". Il Papa ha espresso il suo dolore per questi eventi: "Il mio cuore è straziato da quanto sta accadendo in Terra Santa, dalla forza di tanta divisione e odio".

"Questi sentimenti esprimono una particolare vicinanza e affetto per i popoli che abitano la terra che è stata testimone della storia della Rivelazione", continua il documento.

Il Santo Padre ha poi deplorato che questa situazione abbia portato ad alcuni atteggiamenti antisemiti nel mondo: "Purtroppo, però, bisogna dire che questa guerra ha anche prodotto nell'opinione pubblica mondiale atteggiamenti di divisione, che a volte sfociano in forme di antisemitismo e antigiudaismo".

Il legame tra cattolici ed ebrei

Di fronte a questa situazione, Francesco ha ricordato lo stretto rapporto che unisce i cattolici agli ebrei: "Non posso che ribadire quello che anche i miei predecessori hanno detto chiaramente in diverse occasioni: il rapporto che ci unisce a voi è speciale e unico, senza mai oscurare, naturalmente, il rapporto che la Chiesa ha con gli altri e l'impegno anche nei loro confronti".

Questo legame fa sì che la Chiesa rifiuti con ancora più forza l'antisemitismo: "Il cammino che la Chiesa ha percorso con voi, antico popolo dell'alleanza, rifiuta ogni forma di antigiudaismo e antisemitismo, condannando inequivocabilmente le manifestazioni di odio verso gli ebrei e l'ebraismo come un peccato contro Dio".

Rifiuto dell'antisemitismo attuale

Il Papa ha quindi espresso la sua preoccupazione per gli attuali atteggiamenti antisemiti: "Insieme a voi, noi cattolici siamo profondamente preoccupati per il terribile aumento degli attacchi contro gli ebrei in tutto il mondo. Avevamo sperato che il "mai più" fosse un ritornello ascoltato dalle nuove generazioni, eppure ora vediamo che la strada da percorrere richiede una collaborazione sempre più stretta per sradicare questi fenomeni".

Francesco ha poi sottolineato la sua vicinanza alla Terra Santa: "Il mio cuore è vicino a voi, alla Terra Santa, a tutti i popoli che vi abitano, israeliani e palestinesi, e prego perché il desiderio di pace prevalga su tutti. Voglio che sappiate che siete vicini al mio cuore e al cuore della Chiesa. Alla luce delle numerose comunicazioni che ho ricevuto da vari amici e organizzazioni ebraiche in tutto il mondo e della sua lettera, che ho molto apprezzato, sento il desiderio di assicurarle la mia vicinanza e il mio affetto".

Preghiera per la restituzione degli ostaggi

Il Santo Padre ha anche spiegato che sta pregando per il ritorno degli ostaggi e per la fine della guerra: "Abbraccio tutti e ciascuno di voi, specialmente quelli che sono consumati dall'angoscia, dal dolore, dalla paura e persino dalla rabbia. Le parole sono così difficili da formulare di fronte a una tragedia come quella che si è verificata negli ultimi mesi. Insieme a voi, piangiamo i morti, i feriti, i traumatizzati, supplicando Dio Padre di intervenire per porre fine alla guerra e all'odio, a questi cicli senza fine che mettono in pericolo il mondo intero. In modo particolare, preghiamo per il ritorno degli ostaggi, rallegrandoci per quelli che sono già tornati a casa e pregando che tutti gli altri li raggiungano presto".

Speranza e appello alla pace

Inoltre, verso la fine del documento, il Papa ha invitato a non perdere la speranza: "Vorrei anche aggiungere che non dobbiamo mai perdere la speranza in una pace possibile e che dobbiamo fare tutto il possibile per promuoverla, rifiutando ogni forma di disfattismo e di sfiducia. Dobbiamo guardare a Dio, unica fonte di speranza certa. [In tempi di desolazione, abbiamo grandi difficoltà a vedere un orizzonte futuro in cui la luce sostituisca le tenebre, in cui l'amicizia sostituisca l'odio, in cui la cooperazione sostituisca la guerra. Eppure noi, come ebrei e cattolici, siamo testimoni di questo orizzonte. E dobbiamo costruirlo, a partire innanzitutto dalla Terra Santa, dove insieme vogliamo lavorare per la pace e la giustizia, facendo del nostro meglio per creare relazioni capaci di aprire nuovi orizzonti di luce per tutti, israeliani e palestinesi".

Concludendo la sua lettera agli ebrei, il Papa ha sottolineato che ebrei e cattolici "devono impegnarsi in questo cammino di amicizia, solidarietà e cooperazione nella ricerca di modi per riparare un mondo rotto, lavorando insieme in tutte le parti del mondo, e specialmente in Terra Santa, per recuperare la capacità di vedere nel volto di ogni persona l'immagine di Dio in cui siamo stati creati".

Abbiamo ancora molto da fare insieme per garantire che il mondo che lasceremo a coloro che verranno dopo di noi sia un mondo migliore, ma sono fiducioso che possiamo continuare a lavorare insieme per questo scopo.

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Vocazioni

María Rita Martín: "Ovunque si trovi l'Associazione Teresiana, ha un carisma comune e caratteristiche proprie".

L'Associazione Teresiana, fondata da San Pedro Poveda nel 1911, celebra il centenario della sua approvazione pontificia da parte di Pio XI nel gennaio 1924. In occasione del centenario, la sua vicedirettrice mondiale, María Rita Martín, spiega a Omnes il carisma e la vita dell'AT, diffusa in trenta Paesi, che ha elaborato un piano 2023-2028 che va ben oltre il centenario.

Francisco Otamendi-5 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Quando María Rita Martín, la numero 2 della classifica di Istituzione TeresianaLa domanda su cosa pensano in questo anno del centenario dell'approvazione è chiara: vogliono che la forza rinnovatrice di questa commemorazione alimenti tutto ciò che hanno per "mettere in moto, sostenere, incoraggiare, promuovere..., tra tutti e con la forza dello Spirito".

María Rita Martín Artacho è attualmente vicedirettore del Centro per l'educazione alla salute e alla sicurezza sul lavoro. Istituzione Teresianafondata da santo Pedro Poveda (Linares, Spagna, 1874-1936), la cui direttrice è la filippina Gregoria Ruiz. Nato a Benamejí (Córdoba), María Rita Martín Ha conosciuto l'Associazione Teresiana quando era studentessa a Cordoba e ha ottenuto un posto di insegnante per accesso diretto. Ha lavorato per sei anni come insegnante di emigranti spagnoli in Belgio.

Al suo ritorno in Spagna, ha preso un congedo per coordinare il Movimento Giovanile ACIT, risiedendo a Madrid, e allo stesso tempo ha studiato Teologia presso la Pontificia Università di Comillas, dove ha ottenuto la Licenza in Studi Dogmatici-Fondamentali. Dal 2012 al 2019, María Rita ha lavorato presso l'Università Loyola Andalucía come direttrice del Dipartimento di Evangelizzazione e Dialogo. Prima di essere eletta vicedirettore, ha fatto parte del Consiglio direttivo per il periodo 2018-2023.

Venerdì 12 gennaio, nella Cattedrale di Santa María de la Almudena, il Cardinale José Cobo, Arcivescovo di Madrid, ha presieduto un'Eucaristia di ringraziamento per il centenario, e i ringraziamenti si sono moltiplicati a Barcellona e in altre città spagnole, a Holguín (Cuba), Buenos Aires (Argentina), Roma (Italia), Cochabamba (Bolivia), all'Università di Betlemme (Terra Santa), a Gerusalemme, ad Amman (Giordania), a Nostra Signora di Guadalupe (Messico), a Tokyo (Giappone), a Iloilo, Davao, al Poveda College di Manila (Filippine), ecc. agenzia vaticana. L'IT è integrato nel Dicastero L'Associazione Internazionale della Santa Sede per i Laici, la Famiglia e la Vita, in quanto associazione internazionale di fedeli laici, sottolineano i suoi responsabili.

In quale anno San Pedro Poveda fondò l'Associazione Teresiana e quale fu il suo carisma di fondazione?

-Pedro Poveda aprì una prima "Accademia" per studenti insegnanti a Oviedo nel 1911. L'obiettivo era quello di formare insegnanti donne - e uomini, anche se in seguito i maschi non si cristallizzarono - che unissero "fede e scienza", preparazione intellettuale e un solido cristianesimo per esercitare il loro lavoro nell'educazione pubblica dando una testimonianza di vita coerente. In pochi anni ebbe diversi centri come quello di Oviedo in tutta la Spagna e una Residenza per studenti universitari a Madrid (1914), e un gruppo stabile di donne che iniziarono a dedicare la loro vita e la loro professione, fossero esse insegnanti o studentesse universitarie, all'opera nascente.

 Perché l'ha chiamata Teresiana?

-Per l'attrattiva di Santa Teresa come donna, come maestra di preghiera e come persona che ha saputo abbracciare l'umano nelle sue relazioni, nei suoi scritti, nella sua capacità di farsi strada di fronte alle difficoltà. "L'umano pieno di Dio", scriveva Poveda. Ci sarebbe molto da dire su Teresa e su ciò che attraeva Poveda, su ciò che possiamo chiamare "temperamento", carattere... Queste sono brevissime pennellate che do.

Padre Poveda, il suo fondatore, martirizzato nel 1936, è stato beatificato a Roma nell'ottobre 1993 e canonizzato da San Giovanni Paolo II nel 2003, insieme a una donna dell'Associazione Teresiana, Victoria. È corretto? 

-Per quanto riguarda Pedro Poveda, sì, ma non per quanto riguarda Victoria. Victoria Díez y Bustos de Molina, membro dell'Associazione Teresiana, era insegnante nella scuola di Hornachuelos, a Córdoba, morì martire il 12 agosto 1936 e fu beatificata con Pedro Poveda nel 1993 a Roma.

Può parlarci dei suoi ricordi della canonizzazione?

-All'epoca vivevo a Roma, ma ho avuto il dono di partecipare a quell'evento. Fu un atto di moltitudine, nella Plaza de Colón, più di un milione di persone, credo di ricordare. Furono canonizzati cinque Beati: Madre Maravillas de Jesús, Genoveva Torres, Suor Ángela de la Cruz, José María Rubio e Pedro Poveda.

Migliaia di soci, famiglie, amici, collaboratori informatici... si sono recati a Madrid per condividere questo momento storico. Ricordo di averlo vissuto con serena gioia, con profonda gratitudine, in comunione con tutte le persone che si sono sentite e si sentono incoraggiate e accompagnate nella loro vita di fede dalla vita e dall'opera di questo sacerdote nato a Linares che è stato Lo strumento di Dio "e solo questo", come era solito dire. Mi viene in mente la preghiera personale che scrisse nel suo diario nel 1933: "Signore, che io possa pensare ciò che tu vuoi che io pensi; che io possa volere ciò che tu vuoi che io voglia; che io possa parlare come tu vuoi che io parli; che io possa agire come tu vuoi che io agisca. Questa è la mia unica aspirazione.

L'Associazione Teresiana è nata "in tempi difficili, e in tempi di martirio", ha detto il cardinale José Cobo, arcivescovo di Madrid, all'Eucaristia in occasione del centenario. Qualche commento?

Ebbene, come ha sottolineato lo stesso Cardinale, "Educare in tempi difficili" è lo slogan o il titolo di una proposta socio-educativa, uno sforzo collettivo dei progetti e dei centri educativi dell'Istituzione in America Latina per unire criteri ed esperienze. In tempi difficili, è necessario unire le forze e proporre e progettare in dialogo e discernimento con altre persone che si trovano nella stessa barca.

Non oso dire che questo tempo sia più o meno difficile di quelli precedenti, ma è il tempo che dobbiamo vivere, così come Poveda ha dovuto vivere il suo tempo e non ha guardato alle difficoltà, ma le ha vissute in coerenza con la sua vocazione. Oggi tocca a noi affrontare le difficoltà sapendo di avere buoni strumenti: la preghiera, lo studio, l'accompagnamento reciproco, lo sguardo sempre rivolto alla realtà, la collaborazione con gli altri, la dimensione internazionale della TI, l'appartenenza alla Chiesa..., che ci mettono in una situazione privilegiata per poter vivere con fiducia, con coraggio, con il desiderio di contribuire alla nostra società i valori che Gesù ha offerto nel suo Vangelo affinché tutti abbiamo vita e vita in abbondanza.

Josefa Segovia incontrò San Pedro Poveda nel 1913 e nel 1919 fu nominata direttrice generale. Presentò l'Associazione Teresiana alla Santa Sede nel 1923.

Josefa Segovia, che fu ed è riconosciuta come la prima direttrice generale dell'Istituzione, si recò a Roma nell'ottobre del 1923, all'età di 32 anni, insieme alla vicedirettrice Isabel del Catillo e a un altro membro del consiglio di amministrazione, Eulalia García Escriche, una donna leggermente più anziana e vedova. Portavano con sé la documentazione meticolosamente preparata da Pedro Poveda e Josefa Segovia.

Una volta a Roma, fecero diverse visite e consultazioni alla ricerca di un quadro giuridico per l'Istituzione. Il 27 ottobre 1923 ebbero un'udienza privata con Papa Pio XI, durante la quale Josefa Segovia poté chiedere direttamente al Santo Padre la benedizione e l'approvazione dell'Istituzione tramite un Breve.

Tornarono in Spagna e l'11 gennaio 1924 il Breve fu ricevuto all'indirizzo di Madrid. Inter frugifera che riconosce l'Istituzione come una Pia Unione primaria dipendente dall'allora denominata Congregazione del Concilio, cioè dandole un carattere e una collocazione canonica diversa dagli ordini religiosi. Successivamente, il Codice di Diritto Canonico chiamerà queste opere "Associazioni di fedeli".

A questo proposito, può citare brevemente il L'itinerario delle Suore Teresiane nella Chiesa, nella vita e nel diritto, in questi anni? L'agenzia vaticana ha riportato il ringraziamento, ad una sola voce e con grande gioia, in trenta Paesi dove operano.

-L'Associazione Teresiana in questi oltre 100 anni dalla sua fondazione ha vissuto molte situazioni, alcuni cambiamenti... Sempre aperta agli appelli della Chiesa, della realtà, della vita stessa dei suoi membri. Così, il suo sviluppo in ciascuno dei Paesi in cui è presente ha l'impronta, il denominatore comune, del carisma che condividiamo, ma in un certo senso anche caratteristiche proprie, espressione del radicamento del carisma in altre culture e contesti. 

Ciò riguarda anche la nostra chiamata a vivere la fede nell'educazione e nella cultura, che ci chiede di rispettare i diversi modi di incarnare il Vangelo in ogni luogo, ma in comunione con la Chiesa universale.

Per quanto riguarda la traiettoria giuridica, il Breve di Papa Pio XI, nel 1924, riconosceva la diversità dei membri dell'Istituzione: nucleo, cooperatori, ex-allievi... Per un certo periodo, a causa di circostanze storiche, questa diversità di associazioni non ha preso forma. Negli anni '60 - e soprattutto con il richiamo del Concilio Vaticano II all'apostolato dei laici - l'Istituzione ha recuperato la sua forma originaria: è costituita da un'Associazione Primaria, che è universale, e da Associazioni ACIT, che sono regionali o locali.

Lo scopo dell'Associazione Teresiana è la promozione umana e la trasformazione sociale attraverso l'educazione e la cultura, attraverso enti e organizzazioni pubbliche e private, come lei sottolinea. Commentatelo un po'. 

-I membri della TI svolgono il loro compito professionale come una missione, ovunque si trovino, cercando di essere il sale che aiuta a dare un sapore evangelico alla realtà concreta. Possono essere dipendenti pubblici, lavoratori di un'azienda privata o liberi professionisti; ogni situazione è personale, ma l'impegno è quello di viverla come missione. Questo è l'essenziale.

Dall'altro lato, ci sono le opere e i progetti propri dell'Istituzione. Le Accademie del primo periodo dell'IT sono oggi, in alcuni casi, scuole sovvenzionate o "College", se parliamo di altri Paesi. I collegi per insegnanti donne aperti in Spagna nei primi decenni del XX secolo sono oggi Collegi Universitari o Residenze Universitarie... Queste istituzioni dell'AT possono avere uno o più membri e gli altri sono collaboratori che assumono un carattere proprio.

La società è in continua evoluzione e ci chiede nuovi modi di agire e di essere presenti: progetti, fondazioni, ONG, ecc. Nei Paesi in cui siamo presenti, in molti casi, la missione che svolgiamo in partnership e i progetti promossi a livello locale richiedono queste nuove formule. Ad esempio, per il lavoro con i migranti; per il sostegno scolastico ai bambini o ai giovani a rischio; per lo sviluppo e la promozione delle donne; per la difesa dei diritti umani...

L'opera iniziata da San Pedro Poveda vuole rimanere aperta per evangelizzare e per aprire strade e futuro. A cosa pensate ora in questo anno di celebrazioni?

-Senza dubbio. Nell'estate del 2023 abbiamo avuto un Incontro Internazionale e un'Assemblea Generale che hanno tracciato la rotta per cinque anni. Abbiamo alcune linee di missione, impulsi e impegni, radicati nella nostra spiritualità incarnativa, che ci invitano a guardare, discernere e agire nel mondo con la profondità con cui lo fa Gesù, ci invitano a evangelizzare nel cuore del mondo in cui viviamo e a offrire una parola di trascendenza e significato. 

Si tratta di grandi linee guida che vengono poi tradotte in piani concreti per ogni realtà locale. Parliamo di: tessere reti di fraternità nel mondo, promuovere la diversità, l'inclusione, il dialogo e l'uguaglianza; impegnarci per le famiglie, agenti di trasformazione sociale; camminare con i giovani in questa società che cambia e che non sempre li aiuta a crescere come persone.

Il piano che stiamo elaborando per il periodo 2023-2028 va ben oltre il centenario dell'approvazione pontificia e ci auguriamo che la forza rinnovatrice di questa commemorazione alimenti tutto ciò che dobbiamo avviare, sostenere, incoraggiare e promuovere... insieme e con la forza dello Spirito.

Secondo lei, che cosa ha più bisogno di essere sottolineato nella Chiesa in vista del Giubileo del 2025?

-Tutto ciò che il Papa propone: sinodalità, vita di preghiera, comunione ecclesiale; dialogo con le diverse confessioni e religioni, anche con i lontani; impegno per la pace e la cura del creato, senza dimenticare l'impegno concreto per i più svantaggiati... Sottolineare, come fa il Papa, che nella Chiesa c'è posto per tutti, perché la salvezza è per tutti quelli che l'accolgono e Dio aspetta ogni persona.

È stato con Papa Francesco?

-È un desiderio che vogliamo vedere presto realizzato.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Parliamo di autorità

Tutti i sociologi sostengono che una delle caratteristiche della cosiddetta generazione Z, ovvero gli adolescenti e i giovani di oggi, sia proprio la mancanza di autorità e un'educazione che si è espansa in canali non convenzionali.

5 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

"Maestro, dobbiamo fare di nuovo tutto quello che vogliamo?" è il sottotitolo, un po' provocatorio, dell'opera II Congresso sull'educazione organizzato dalla Diocesi di Getafe che si terrà sabato 10 febbraio. Il tema centrale da affrontare è la crisi dell'autorità e le sue ripercussioni sull'educazione. La sede di queste interessanti riflessioni sarà l'Università San Pablo CEU di Montepríncipe.

Tutti i sociologi suggeriscono che una delle caratteristiche della cosiddetta generazione Z, cioè degli adolescenti e dei giovani di oggi, è proprio la mancanza di autorità e un'educazione estesa a canali non convenzionali. Forse i nostri giovani vengono educati più attraverso i tutorial di YouTube o altri social network che attraverso altri metodi più regolamentati. Le istituzioni in generale - cosa che riguarda anche l'istituzione scolastica - sono entrate in crisi e la loro rilevanza è meno importante per i giovani di oggi di quanto lo sia stata per i giovani di qualsiasi altra generazione.

Anche la figura dell'insegnante come riferimento di autorità non è sfuggita a questa crisi. La nuova pedagogia (che, peraltro, ha ormai più di cento anni) ha minato il riferimento di conoscenza e di morale che la figura dell'insegnante rappresentava. La sua autorità è stata relegata alla posizione di mero mediatore nel processo di apprendimento che il bambino deve portare avanti da solo. Questo è stato rafforzato oggi dal fatto che gli alunni hanno accesso a tutti i tipi di informazioni tramite Internet, cosa che sembra aver spiazzato molti insegnanti.

Se possono trovare tutte le informazioni di cui hanno bisogno sul web, qual è il ruolo dell'insegnante e ha senso il suo ruolo di trasmissione del sapere? Ma se la scuola è stata sconvolta da questa crisi, nessuna istituzione è esclusa da questa "irriverenza" verso l'autorità che i sociologi sottolineano quando descrivono i nostri giovani. La famiglia, la chiesa, i vari governi... sono tutti colpiti da questa crisi dell'autorità.

Diversi specialisti parteciperanno alla conferenza per affrontare questa complicata questione. La mattina sarà caratterizzata da un dialogo tra la pedagogista svedese Inger Enkvist e il giudice Natalia Velilla, autore del libro "La crisi dell'autorità". Un dialogo che senza dubbio farà luce sull'argomento dalla duplice prospettiva offerta da queste due personalità.

Nel pomeriggio, diversi relatori esamineranno diverse sfaccettature in gruppi più piccoli, tra i quali il pubblico potrà scegliere. Juan Antonio Gómez Trinidad esaminerà "La crisi dell'autorità nel sistema educativo"; Tasio Pérez presenterà il tema "Amore e sessualità, l'autorità del corpo"; Diego Blanco ci introdurrà all'uso dei cellulari e degli schermi nei giovani nel workshop "La libertà contro il potere degli schermi", José Luis Almarza, specialista della settima arte, ci introdurrà a questo tema in "L'autorità nel cinema" e la regista Clara Fontana ci aiuterà ad approdare in classe e nella vita delle scuole in "L'autorità nel centro educativo".

Un'intuizione fa capire a tutti noi che senza autorità non c'è vera educazione. Anche se è ovvio che per affrontare correttamente cosa dovrebbe essere l'autorità e come raggiungerla, proprio in un contesto in cui tutto sembra andare contro questa visione, è necessario prima di tutto avere chiaro cosa significa educare e il ruolo dell'educatore e dell'allievo nel processo educativo. Sono domande importanti che i partecipanti avranno modo di porsi in questa interessante iniziativa. Vale la pena fermarsi a riflettere su dove vogliamo andare nell'educazione dei nostri figli.

L'autoreJavier Segura

Delegato all'insegnamento nella diocesi di Getafe dall'anno accademico 2010-2011, ha precedentemente svolto questo servizio nell'arcivescovado di Pamplona e Tudela per sette anni (2003-2009). Attualmente combina questo lavoro con la sua dedizione alla pastorale giovanile, dirigendo l'Associazione Pubblica dei Fedeli "Milicia de Santa María" e l'associazione educativa "VEN Y VERÁS". EDUCACIÓN", di cui è presidente.

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Vaticano

Gesù ci mostra il "volto del Padre", insegna il Papa

Dio non è un maestro lontano che ci parla dall'alto, ma un Padre pieno di amore e compassione che si avvicina a noi, ha sottolineato domenica il Papa. Dopo aver recitato l'Angelus, Francesco ha fatto gli auguri per il nuovo anno lunare, che inizia il 10, e ha pregato per la pace, la vita umana, contro il traffico di esseri umani e per le vittime dei gravi incendi in Cile.

Francisco Otamendi-4 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Auguri di buon anno lunare a milioni di famiglie delle nazioni dell'Asia orientale e non solo, forse una delle festività più importanti in Cina; "l'immenso valore della vita umana", in occasione del 46° capodanno lunare mondiale. per la vita in ItaliaIl tema della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani è "La forza della vita ci sorprende", e l'unione per "contrastare la tratta di esseri umani", dopo la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani, che si svolgerà in occasione della Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta di esseri umani. traffico di esseri umaniLa richiesta di una nuova costituzione, che si terrà l'8 febbraio, è stata una delle richieste avanzate da Papa Francesco in seguito al Angelus questa domenica.

Inoltre, il Pontefice ha pregato per La paceL'Unione Europea, che è "la responsabilità dell'intera famiglia umana", soprattutto in Ucraina, Palestina, Israele; ha salutato la uomini e donne consacrati partecipare alla riunione "Pellegrini della speranza sulla strada della pace e ha pregato per le vittime e le persone colpite dai gravi incendi nel Cile centrale.

Dio, Padre di misericordia

Prima della recita della preghiera del Angelus Il Papa ha incentrato la sua breve meditazione sulla riscoperta del vero volto di Dio, il "Volto del Padre", così come ci è stato mostrato da Gesù nel Vangelo, nel letture corrispondente.

Il Vangelo della liturgia di oggi mostra Gesù in movimento, ha detto il Papa. "Infatti, ha appena finito di predicare e, dopo aver lasciato la sinagoga, si reca a casa di Simon Pietro e guarisce sua suocera che era malata di febbre.

"Poi, la sera, esce di nuovo verso la porta della città, dove incontra molti malati e indemoniati e li guarisce; il mattino seguente si alza presto e va a ritirarsi a pregare; infine riparte e percorre tutta la Galilea".

Dopo un'intera giornata in movimento, Gesù si ritira in preghiera, per portare tutto e tutti al cuore del Padre; e la preghiera gli dà la forza di tornare dai suoi fratelli e sorelle. "Questo viaggio incessante di Gesù ci interpella. Possiamo chiederci: abbiamo scoperto il Volto di Dio come Padre di misericordia, o piuttosto annunciamo e crediamo in un Dio freddo e distante? La fede ci spinge a metterci in cammino, o è una consolazione intima che ci lascia in pace? Preghiamo solo per sentirci in pace, o la Parola che ascoltiamo e predichiamo ci fa andare, come Gesù, incontro agli altri per diffondere la consolazione di Dio?

Dio è vicinanza, compassione, tenerezza

Queste sono alcune delle riflessioni e delle domande che il Pontefice ha posto ad alta voce per l'esame interiore. "Guardiamo, dunque, alla via di Gesù, e ricordiamoci che il nostro primo lavoro spirituale è questo: abbandonare il Dio che pensiamo di conoscere e convertirci ogni giorno al Dio che Gesù ci presenta nel Vangelo, il Padre dell'amore e della compassione".

"E quando scopriamo il vero Volto del Padre, la nostra fede matura: non restiamo più "cristiani da sacrestia" o "da salotto", ma ci sentiamo chiamati a essere portatori della speranza e della guarigione di Dio". 

Maria Santissima, Donna in cammino, ci aiuti a uscire da noi stessi per annunciare e testimoniare il Signore, ha concluso Francesco in questa domenica già prossima alla fine del mese di agosto, e ci aiuti a uscire da noi stessi per annunciare e testimoniare il Signore. Quaresima.

Dignità inalienabile di ogni persona, espressioni concrete di essa

Salutando le famiglie in occasione del Capodanno lunare, il Papa ha detto di augurarsi "che questa festa sia un'occasione per vivere relazioni e gesti di affetto, che contribuiscano a creare una società solidale e fraterna, in cui ogni persona sia riconosciuta e accolta nella sua inalienabile dignità".

Poi, invocando la benedizione del Signore su tutti, ha fatto riferimento alla pace in questi termini. "Pregate per la pace, che il mondo tanto desidera e che oggi è così difficile da raggiungere.

che il mondo desidera tanto e che, oggi più che mai, è in pericolo in molti luoghi. Non è una responsabilità di pochi, ma dell'intera famiglia umana: lavoriamo tutti insieme per costruirla con gesti di compassione e coraggio.

Riferendosi alla Giornata per la vita in Italia, ha osservato: "Mi unisco ai vescovi italiani nel desiderio di superare le visioni ideologiche per riscoprire che ogni vita umana, anche la più limitata, ha un valore immenso ed è capace di dare qualcosa agli altri".

E sul tema della tratta, queste le sue parole. "Saluto i giovani di tanti Paesi che sono venuti per la Giornata mondiale di preghiera e riflessione contro la tratta, che si celebra l'8 febbraio, in memoria di Santa Giuseppina Bakhita, la suora sudanese che da bambina era stata schiava. Ancora oggi, molti fratelli e sorelle vengono ingannati da false promesse e poi sottoposti a sfruttamento e abusi. Uniamoci tutti per combattere il drammatico fenomeno globale della tratta di esseri umani".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Evangelizzazione

Il beato Justus Takayama Ukon, il samurai cristiano

Il 4 febbraio ricorre la festa di Justus Takayama Ukon, un samurai vissuto tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo e beatificato nel 2017 da Papa Francesco.

Loreto Rios-4 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Beato Justus Takayama Ukon era un samurai, cioè un nobile guerriero giapponese al servizio dei daimios, aristocratici di classe superiore.

Nacque nel 1552, lo stesso anno della morte di San Francesco Saverio, nel castello di Sawa, a sud della città giapponese di Nara. Suo padre era buddista, ma si convertì grazie alla predicazione di frate Lorenzo, un giapponese convertito al cristianesimo da San Francesco Saverio. In seguito alla conversione del padre, tutta la famiglia Takayama fu battezzata. Ukon aveva allora 11 anni e ricevette il nome di Justus al momento del battesimo.

Questo "samurai cristiano", come viene chiamato, si addestrò alle armi fin da giovanissimo e divenne presto signore di un territorio, iniziando la sua carriera militare e politica. Takayama Ukon era apertamente cristiano e con il suo esempio molti dei suoi vassalli si convertirono al cristianesimo. Inoltre, "ricevette il gesuita Alessandro Valignano (1539-1606) a Takatsuki come ospite d'onore; contribuì a fondare un seminario ad Azuchi, la nuova città di Nobunaga sulle rive del lago Biwa" e "consigliò Nobunaga nei preparativi per la famosa parata di Kyoto, alla quale fu presente l'imperatore stesso", si legge in un esauriente articolo su quest'uomo benedetto nella rivista Fondazione per il giubileo di Lord Takayama.

Ukon fu vassallo di Oda Nobunaga e, quando questi fu assassinato nel 1583, di Toyotomi Hideyoshi. Diffuse il cristianesimo in varie regioni del Giappone e molti dei suoi nobili amici furono battezzati.

Esilio

Tuttavia, Hideyoshi non era del tutto soddisfatto della fede di Takayama Ukon. Nel 1586 gli ordinò di abbandonare la fede cristiana. Al suo rifiuto, fu condannato all'esilio.

Sei anni dopo, nel 1592, Hideyoshi riammise Takayama Ukon nella sua cerchia, sebbene continuasse a praticare apertamente la sua fede. Alla morte del suo signore, pochi anni dopo, il samurai divenne vassallo di Maeda Toshinaga e, poco dopo, di suo fratello Maeda Toshitsune. Fu allora, nel 1614, che Tokugawa Ieyasu, considerato uno dei grandi unificatori del Giappone, ordinò l'espulsione dei missionari cristiani e con loro anche Takayama Ukon e la sua famiglia.

Morte a Manila

A questa notizia, Maeda Toshitsune, credendo che Ukon si sarebbe ribellato a questa sentenza, si preparò a combattere, ma il samurai gli inviò un messaggio in cui diceva: "Non cerco la mia salvezza con le armi, ma con la pazienza e l'umiltà, secondo la dottrina di Gesù Cristo che professo".

Così, accompagnato dalla moglie e dalla famiglia in un gruppo di 300 cristiani condannati all'esilio, Ukon salpò nel novembre 1614 per Manila. Una volta arrivato, fu ricevuto con grandi onori dal governo spagnolo, ma pochi giorni dopo si ammalò e morì a Manila il 3 febbraio 1615.

"Aveva 63 anni, la maggior parte dei quali trascorsi come straordinario testimone della fede cristiana in tempi difficili di conflitti e persecuzioni", spiega il Dicastero per le Cause dei Santi.

Il cardinale Angelo Amato, che ha presieduto la cerimonia di beatificazione a Osaka il 7 febbraio 2017, lo ha definito "il samurai cristiano", un "instancabile promotore dell'evangelizzazione del Giappone".

Takayama Ukon e i Papi

Papa Francesco ha fatto riferimento a questo santo durante l'udienza generale dell'8 febbraio 2017, un giorno dopo la sua beatificazione, dicendo che Takayama Ukon "rinunciò agli onori e alle ricchezze, accettando l'umiliazione e l'esilio. È rimasto fedele a Cristo e al Vangelo, diventando un esempio mirabile di fortezza nella fede e di dedizione nella carità".

Francesco ha fatto riferimento a questo Beato anche in una lettera ai vescovi del Giappone in occasione della visita pastorale del cardinale Fernando Filoni, prefetto della Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli, il 14 settembre 2017. In essa, Papa Francesco ha osservato che, pensando alla Chiesa in Giappone, ha ricordato i molti martiri che hanno offerto la loro "vita per la fede". "Essi hanno sempre avuto un posto speciale nel mio cuore: penso a San Paolo Miki e ai suoi compagni, che nel 1597 furono immolati, fedeli a Cristo e alla sua Chiesa; penso agli innumerevoli confessori della fede, al Beato Justus Takayama Ukon, che nello stesso periodo preferirono la povertà e la via dell'esilio piuttosto che rinnegare il nome di Gesù".

Lo ha ricordato anche Papa Giovanni Paolo II all'udienza generale del 15 giugno 1988, quando ha salutato i pellegrini di Kanazawa: "Mi congratulo con voi per le celebrazioni che ricordano il primo centenario della ricostruzione della vostra chiesa parrocchiale. La vostra chiesa parrocchiale ha come fondatore il venerabile Ukon Takayama, che fu esiliato per la fede. Vi auguro, seguendo il suo esempio, di mantenere e rafforzare sempre più la vostra fede con l'aiuto della Madonna".

Statua a Manila

A Manila c'è una statua che commemora questo samurai cristiano, raffigurato con una croce al posto della spada. Si può vedere qui.

Gli insegnamenti del Papa

Promuovere lo spirito cristiano nella comunicazione

Papa Francesco ha recentemente sottolineato la necessità di promuovere nella comunicazione e nell'educazione lo spirito cristiano, che mette Dio al centro e riconosce la dignità e la responsabilità umana.

Ramiro Pellitero-3 febbraio 2024-Tempo di lettura: 8 minuti

Come comunicare ed educare da una prospettiva cristiana - è esattamente come farlo al di fuori della fede o con criteri solo "professionali"?

Tra gli insegnamenti di Francesco delle ultime settimane, abbiamo scelto tre temi interconnessi: il culto, la comunicazione e l'educazione.

Adorazione: "inginocchiare il cuore".

L'insegnamento centrale del Papa Francesco a Natale era il bisogno di adorazione. Già nel suo discorso natalizio alla Curia romana (21 dicembre 2023) aveva fatto riferimento alla "... necessità dell'adorazione".ascoltare con il cuore" o "ascoltare in ginocchio". 

"Ascoltare con il cuore è molto più che ascoltare un messaggio o scambiare informazioni; è un ascolto interiore capace di intercettare i desideri e i bisogni degli altri, una relazione che ci invita a superare gli schemi e i pregiudizi in cui a volte incaselliamo la vita di chi ci circonda.

Come Maria dobbiamo ascoltare "in ginocchio"cioè,"con umiltà e stupore".. 

"Ascoltate 'in ginocchio'" -.dice il Papa- è il modo migliore per ascoltare davvero, perché significa che non ci poniamo di fronte all'altro nella posizione di chi pensa di sapere già tutto, di chi ha già interpretato le cose prima ancora di ascoltare, di chi guarda dall'alto verso il basso, ma al contrario ci apriamo al mistero dell'altro, pronti a ricevere con umiltà qualsiasi cosa voglia insegnarci.".

Quando si tratta di ascoltare, spiega ancora Francisco, a volte siamo come lupi che cercano sempre di divorare le parole dell'altro il più velocemente possibile, con le nostre impressioni e i nostri giudizi. "D'altra parte, l'ascolto dell'altro richiede un silenzio interiore, ma anche uno spazio di silenzio tra l'ascolto e la risposta.".

E tutto questo si impara nella preghiera".Tutto questo lo impariamo nella preghiera, perché essa allarga il cuore, fa scendere dal suo piedistallo il nostro egocentrismo, ci insegna ad ascoltare gli altri e genera in noi il silenzio della contemplazione. Impariamo la contemplazione nella preghiera, in ginocchio davanti al Signore, ma non solo con le gambe, in ginocchio con il cuore!".

In breve, l'arte dell'ascolto si impara quando si mettono da parte i pregiudizi, con apertura e sincerità, "con il cuore in ginocchio".

Questo ci aiuta in un'altra arte, il "l'arte del discernimento": "Quell'arte della vita spirituale che ci spoglia della pretesa di sapere tutto, del rischio di pensare che basti applicare le regole, della tentazione di continuare [...] a ripetere semplicemente degli schemi, senza considerare che il Mistero di Dio ci supera sempre e che la vita delle persone e la realtà che ci circonda sono e saranno sempre superiori alle idee e alle teorie. La vita è sempre superiore alle idee. Dobbiamo praticare il discernimento spirituale. 

In questo modo sarà più facile esercitare il discernimento anche a livello pastorale. "La fede cristiana, ricordiamolo, non vuole confermare le nostre certezze, né vuole confortarci in facili sicurezze religiose, né vuole darci risposte rapide ai complessi problemi della vita"..

Contemplazione, stupore, adorazione

L'adorazione è ancora una volta al centro dell'omelia della Vigilia di Natale (24 dicembre 2023). La prima cosa da fare, sottolinea il Papa, è contemplare il modo in cui Dio si incarna, prendendo la strada dell'umiltà e della piccolezza, in un mondo in cui il potere e la forza sono spesso le cose più importanti. Per questo motivo, "Quanto è radicata in noi l'idea mondana di un Dio distante e controllante, rigido e potente, che aiuta i suoi a imporsi sugli altri! [...] Egli è nato 'per tutti'!, durante il censimento di 'tutta la terra".". Quando guardiamo la tenerezza di Dio, il suo volto in quel Bambino, vediamo che è Dio di "...".compassione e misericordia, onnipotente sempre e solo nel maestror". Questo è il modo di essere di Dio.

La contemplazione è la fonte della meraviglia. Davanti a Dio ognuno di noi non è un numero in un censimento, ma il nostro nome è scritto nel suo cuore. Ed egli ci dice: "Per voi mi sono fatto carne, per voi sono diventato come voi".. E la conseguenza: "Lui, che si è fatto carne, non si aspetta da te i tuoi risultati di successo, ma il tuo cuore aperto e fiducioso. E tu in Lui riscoprirai chi sei: un figlio amato di Dio, una figlia amata di Dio. Ora puoi crederci, perché stasera il Signore è venuto alla luce per illuminare la tua vita e i suoi occhi brillano d'amore per te"."Cristo non guarda i numeri ma i volti". Ma chi lo guarda?

Da qui la necessità del culto, che è "il modo di accogliere l'Incarnazione".. Come sottolinea il Papa:"Adorare non è perdere tempo, ma permettere a Dio di abitare nel nostro tempo. È far fiorire in noi il seme dell'incarnazione, è collaborare con l'opera del Signore che, come lievito, cambia il mondo. Adorare è intercedere, riparare, permettere a Dio di rimettere a posto la storia."E soprattutto prima dell'Eucaristia, come scrive Tolkien: "Vi propongo ciò che sulla terra è degno di amore: il Santissimo Sacramento. In esso troverete il romanticismo, la gloria, l'onore, la fedeltà e la vera via per tutto ciò che amate sulla terra". (J.R.R. Tolkien, Lettera 43, marzo 1941).

Comunicare: "linguaggio disarmante".

Un altro tema su cui il Vescovo di Roma torna spesso è quello della comunicazione. In un discorso all'Associazione dei Giornalisti Cattolici Tedeschi (4 gennaio 2024), egli propone, nel contesto della nostra comunicazione conflittuale e inondata di dichiarazioni incendiarie, la smilitarizzazione del cuore e il "il disarmo del linguaggio

"Questo è fondamentale: favorire i toni di pace e di comprensione, costruire ponti, essere disponibili all'ascolto, esercitare una comunicazione rispettosa verso l'altro e le sue ragioni. Questo è urgente nella società, ma anche la Chiesa ha bisogno di una comunicazione "dolce e allo stesso tempo profetica".".

Dimensione spirituale e visione universale

Francesco ricorda loro due sue proposte Lettera al popolo di Dio in pellegrinaggio in Germania (2019). Prima di tutto, curare la dimensione spirituale. Vale a dire".adattamento concreto e costante al Vangelo e non ai modelli del mondo, riscoperta della conversione personale e comunitaria attraverso i Sacramenti e la preghiera, docilità allo Spirito Santo e non allo spirito del tempo.".

In secondo luogo, la dimensione universale e cattolica, "non concepire la vita di fede come qualcosa di relativo solo al proprio ambito culturale e nazionale. La partecipazione al processo sinodale universale è buona da questo punto di vista"..

In questa duplice prospettiva, i comunicatori cattolici hanno un ruolo prezioso da svolgere: "... i comunicatori cattolici hanno un ruolo importante da svolgere in questo processo.Fornendo informazioni corrette, possono contribuire a chiarire i malintesi e, soprattutto, a prevenirne l'insorgere, favorendo la comprensione reciproca piuttosto che le contrapposizioni.". Non devono essere tenuti "neutro per quanto riguarda il linguaggio che trasmettono, ma "Mettiti in gioco".L'Unione Europea deve essere coinvolta per essere un punto di riferimento. Ciò richiede anche "comunicatori che portano alla ribalta le storie e i volti di coloro a cui pochi o nessuno presta attenzione. [Anche a costo di andare controcorrente e consumare le suole delle loro scarpe!".

Testimonianza, coraggio, ampiezza di vedute

In un altro discorso ai responsabili della comunicazione nelle diocesi e nelle istituzioni ecclesiastiche (12-I-2024), li ha invitati ad andare nel "...mondo della comunicazione" (12-I-2024).la radice di ciò che comunichiamo, la verità che siamo chiamati a testimoniare, la comunione che ci unisce in Gesù Cristo"e anche a "non commettere l'errore di pensare che l'oggetto della nostra comunicazione siano le nostre strategie o le singole aziende.", "non chiuderci nella nostra solitudine, nelle nostre paure o ambizioni", "non puntare tutto sul progresso tecnologico". 

Dobbiamo essere realistici: "La sfida della buona comunicazione oggi è più complessa che mai e c'è il rischio di affrontarla con una mentalità mondana: con l'ossessione del controllo, del potere, del successo; con l'idea che i problemi siano soprattutto materiali, tecnologici, organizzativi, economici.". 

Il realismo è anche, e li ha incoraggiati, a "partendo dal cuore"ascoltare, comunicare, vedere con il cuore cose che gli altri non vedono, condividerle e raccontarle, superare una prospettiva puramente mondana". 

Per noi la comunicazione non è solo una questione di marketing o di tecnologia: "La comunicazione non è solo una questione di marketing o di tecnologia".è essere nel mondo per prendersi cura dell'altro, degli altri, e diventare tutto per tutti; e condividere una lettura cristiana degli eventi; e non arrendersi alla cultura dell'aggressività e della denigrazione; costruire una rete per condividere il bene, la verità e la bellezza attraverso relazioni sincere; e coinvolgere i giovani nella nostra comunicazione.". 

Il successore di Pietro ha voluto lasciare a questi comunicatori tre parole: testimonianza, coraggio e ampiezza di vedute. La testimonianza rende la nostra comunicazione credibile e attraente. Ha detto loro che dopo la vergogna degli abusi (sessuali) in Paesi come la Francia, la Chiesa sta vivendo un processo di purificazione; ma i momenti più bui sono quelli che precedono la luce. Ha consigliato loro di lavorare con creatività, accoglienza e fraternità verso tutti. 

"Il coraggio che nasce dall'umiltà e dalla serietà professionale e che rende la vostra comunicazione una rete coerente e allo stesso tempo aperta ed estroversa.". Questo deve essere il vostro coraggio, ha detto loro il Papa. "Anche se i destinatari possono sembrare indifferenti, a volte critici, persino ostili, non scoraggiatevi. Non giudicateli. Condividete la gioia del Vangelo, l'amore che ci fa conoscere Dio e capire il mondo."perché molti oggi hanno sete di Dio e lo cercano anche attraverso di noi. 

"Occhi spalancati"Finalmente. "Guardare il mondo intero nella sua bellezza e complessità. Tra i mormorii del nostro tempo, l'incapacità di vedere l'essenziale, di scoprire che ciò che ci unisce è più grande di ciò che ci divide; e che si comunica con la creatività che nasce dall'amore. [Tutto diventa più chiaro - anche la nostra comunicazione - da un cuore che vede con amore.".

Educare: verso un vero umanesimo

Nel discorso tenuto il 19 gennaio alla Federazione Internazionale delle Università Cattoliche (IFUCA), Francesco ha salutato il centenario delle sue radici al tempo di Pio XI e Pio XII. Da queste radici, ha osservato, emergono due aspetti che Papa Bergoglio ha voluto sottolineare. 

Prima di tutto, il networking. Egli ha proposto il "l'audacia di andare controcorrente, globalizzando la speranza, l'unità e l'armonia, invece dell'indifferenza, della polarizzazione e del conflitto.". 

In secondo luogo, essere strumenti per "per riconciliare e confermare la pace e la carità tra gli uomini". (Pio XII, Lettera Catholicas studiorum universitates, 1949), e di farlo oggi, quando siamo in un teatro di guerra ("La terza guerra mondiale a pezzi".) in modo interdisciplinare.

Passione educativa 

Nella Magna Charta delle università cattoliche, la Costituzione Apostolica Ex corde Ecclesiae (1990), Giovanni Paolo II ha esordito dicendo che sono nati "dal cuore della Chiesa". (e non solo dell'intelligenza cristiana), perché sono espressione dell'amore che anima l'azione della Chiesa. Soprattutto in queste università si deve vedere cos'è e com'è un progetto educativo: 

"Un progetto educativo -Francisco sottolinea. non si basa solo su un programma perfetto, né su attrezzature efficienti, né su una buona governance aziendale. Nell'università deve esserci una passione più grande, una ricerca comune della verità, un orizzonte di senso, e tutto questo vissuto in una comunità del sapere dove la generosità dell'amore, per così dire, è palpabile.".

Parafrasando Hannah Arendt (che ha studiato l'amore come desiderio nell'opera di Sant'Agostino), il Papa ha invitato a non sostituire il desiderio con il funzionalismo o la burocrazia. In questo senso "non è sufficiente rilasciare titoli accademici, è necessario risvegliare e salvaguardare in ogni persona il desiderio di essere." Non basta nemmeno progettare carriere competitive, ma è necessario che ".occorre promuovere la scoperta di vocazioni feconde, ispirando percorsi di vita autentica e integrando il contributo di ciascuno nella dinamica creativa della comunità."E alludendo a un tema di grande attualità, ha aggiunto: ".È vero che dobbiamo pensare all'intelligenza artificiale, ma anche all'intelligenza spirituale, senza la quale l'uomo rimane estraneo a se stesso.". 

L'università è una risorsa indispensabile non solo per vivere "al passo con i tempiIl ruolo dell'UE nel mondo del lavoro è quello di aiutare i giovani del mondo, rinviando la responsabilità per i grandi bisogni umani e i sogni dei giovani.

Alludendo a una favola di Kafka, ha invitato l'università a non farsi guidare dalla paura, chiudendosi in una bolla di sicurezza, ma a guardare la realtà. "La paura divora l'anima".  

"Conoscere per il gusto di conoscere".ha detto Unamuno, "è disumano".. Il compito di ogni università deve essere vissuto con la lucidità di un'università cattolica: "...".Deve prendere posizione e dimostrarla con le sue azioni in modo trasparente, "sporcandosi le mani" evangelicamente nella trasformazione del mondo e al servizio della persona umana.".

In altre parole, si tratta di".tradurre culturalmente, con un linguaggio aperto alle nuove generazioni e ai nuovi tempi, la ricchezza dell'ispirazione cristiana, individuare le nuove frontiere del pensiero, della scienza e della tecnica e assumerle con equilibrio e saggezza [...], costruire alleanze intergenerazionali e interculturali a favore della cura della salute e del benessere.la casa comune, di una visione dell'ecologia integrale che dia una risposta efficace al grido della terra e al grido dei poveri".

Un intero programma, infatti, non solo per le università cattoliche, ma per qualsiasi istituzione educativa di ispirazione cattolica (e in generale cristiana).

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Famiglia

Jason EvertLa castità è una virtù che libera".

Jason Evert e sua moglie hanno fondato il Chastity Project, una piattaforma attraverso la quale ricordano ai giovani che "i loro cuori sono fatti per l'amore e le loro menti per la verità, e la castità dà loro entrambi".

Paloma López Campos-3 febbraio 2024-Tempo di lettura: 9 minuti

Jason Evert inizia l'intervista al telefono e in macchina. Lui e sua moglie lavorano intensamente fuori casa e, con otto figli, è necessario essere il più efficienti possibile, anche in viaggio. Insieme hanno fondato "Progetto castità"Una piattaforma attraverso la quale parla di castità.

Appena può, parcheggia l'auto per parlare di questo argomento, con parole che uniscono riflessione ed esperienza. È convinto che "la pace e la gioia che derivano dalla castità valgono più di tutti i piaceri del mondo".

Evert non parla di questa virtù con accuse o suscitando dispiaceri. Vede la castità come l'unico modo per realizzare ciò per cui siamo stati creati, "ricevere amore e dare amore".

Per capire meglio il suo messaggio, basato sulla teologia del corpo di San Giovanni Paolo II, gli abbiamo chiesto della sessualità di coppia, della sete dei giovani e della bellezza della castità.

Può darci una definizione positiva di castità?

- Papa Giovanni Paolo II ha detto che la parola "castità" deve essere riabilitata. Oggi ha molte connotazioni negative. Il Santo Padre ha detto che la virtù della castità può essere concepita solo in associazione con la virtù dell'amore. E credo che intendesse dire che la funzione della castità è quella di liberarci per amare e per essere autenticamente amati.

Come ci libera dall'amore? Dal punto di vista di un uomo, se non riesco a dire di no alle mie pulsioni sessuali, dire di sì non significa nulla. Se non ho la padronanza di me stesso, non posso fare a mia moglie il dono di me stesso. Se un uomo non impara la padronanza di sé prima del matrimonio, non credo che sia in grado di fare l'amore con la propria moglie, ma userà il suo corpo solo come sfogo per quelli che considera i suoi bisogni sessuali. E una donna conosce la differenza.

La castità permette anche di sapere se si è amati. Dal punto di vista di una donna, se un uomo non è disposto a frequentarvi se non avete intenzione di dargli determinati piaceri sessuali, allora dimostra che non è voi che vuole, ma il piacere che può ottenere da voi.

La castità è una virtù che non è semplicemente astinenza. La virtù della castità è più sinonimo di purezza, purezza di cuore. E uno dei vantaggi di questo è che vi rende liberi di vedere Dio. Non solo di vedere Dio in cielo, ma di vedere Dio nella tua ragazza, in te stesso e nell'universo creato. È una virtù che ti dà chiarezza di visione.

La castità non è un atteggiamento negativo e prudente nei confronti della sessualità, ma una virtù che libera all'amore.

Lei ha affermato che la purezza è l'unica via per un'intimità autentica: cosa intende dire?

- La lussuria blocca l'intimità, perché la lussuria non è attrazione o desiderio sessuale, che di per sé sono cose buone. La lussuria è la riduzione di una persona umana al suo valore sessuale. E non c'è nulla di intimo in questo. Non si vede una persona, ma un corpo.

La lussuria blocca l'intimità, ma la castità la rende possibile, perché si vede l'altro come una persona, non solo come qualcosa da cui trarre piacere.

La sessualità è vissuta in modo molto diverso da uomini e donne, quindi come trovare un equilibrio nella coppia, sia nel corteggiamento che nel matrimonio, quando si vive in castità?

- È importante essere consapevoli delle debolezze degli altri. L'altro può avere tentazioni che noi non abbiamo. E credo che la parola "pudore" sia importante. L'abbiamo ridotta ai vestiti, ma non è tutto.

Naturalmente, l'abbigliamento fa parte della modestia e tendiamo a pensarlo in relazione alle donne. Ma riguarda anche gli uomini. In particolare, dobbiamo parlare di modestia nelle intenzioni degli uomini. Perché a volte le intenzioni di un uomo nei confronti di una donna possono essere molto più immodeste di qualsiasi vestito lei indossi. Gli uomini devono verificare se sono emotivamente immodesti.

Le ragazze, invece, possono trovarsi sul versante opposto. Dovrebbero verificare se stanno cercando di manipolare fisicamente l'uomo per trarne piacere emotivo.

In breve, dobbiamo capire le nostre debolezze e le nostre sfide, e comprendere quelle dell'altro sesso, per tenerle in considerazione. Ed è per questo che Giovanni Paolo II ha definito il pudore "custode dell'amore", perché apre la strada all'amore e aiuta a innamorarsi per le giuste ragioni.

Lei è il fondatore del Chastity Project, perché ha avviato questo progetto?

- Ho iniziato per due motivi. Uno è che ho guidato molti ritiri per gli studenti delle scuole superiori e in questi ritiri i ragazzi condividevano con me tutte le difficoltà che avevano. Molte di esse erano legate alla castità, o alla sua mancanza. C'era molta confusione nelle relazioni e non avevano alcuna formazione o guida su questo tema.

Allo stesso tempo, forniva consulenza alle donne che stavano pensando di abortire. Lo faceva come "consulente di marcia", quindi parlava con le donne poco prima che abortissero. Ma io sentivo di essere in ritardo. Sì, stavo parlando con una donna, ma lei aveva un appuntamento per l'aborto 45 minuti dopo. Mi sono chiesta perché non avrei potuto incontrarla quando avevo 16 anni. Perché forse allora, se avesse imparato la castità, non si sarebbe trovata in questa difficile situazione. Non si salvano i bambini davanti a una clinica abortiva, non lo si fa cercando di cambiare l'offerta di aborto. Lo si fa riducendo la domanda di aborto. Prima bisogna agire.

Mentre svolgevo questi diversi ministeri, ho letto anche il libro di Papa Giovanni Paolo II "Amore e responsabilità" e ho iniziato a vederlo come l'antidoto a tanto dolore e confusione.

Molti pensano che la Chiesa non dovrebbe parlare di sesso, sostenendo che i sacerdoti non ne sanno molto. Possiamo dire che ciò che dicono è vero in una certa misura?

- Penso che il mondo faccia un grosso errore a screditare gli insegnamenti della Chiesa sulla sessualità perché sono proclamati da uomini celibi. In particolare, quando Papa Giovanni Paolo II era professore all'Università di Lublino (Polonia) e le sue aule erano gremite. Le sue studentesse pensavano che fosse stato sposato, o almeno fidanzato, per quanto capiva bene le donne. Ma capiva così bene le donne perché era un ascoltatore straordinario. Un sacerdote ascolta migliaia di confessioni, molte delle quali di donne, donne sposate, che dicono cose che non direbbero nemmeno ai loro mariti.

Non è necessario fare sesso per comprendere il dono della nostra sessualità di uomini e donne, così come un oncologo non ha bisogno di avere il cancro per poterlo curare. E se qualcuno dubita di questo, basta leggere il libro "Amore e responsabilità".

Alla domanda su come insegnare tutto questo al mondo moderno, Papa Giovanni Paolo II rispose: "È necessario capire l'anima della donna. Tutte queste cose che hanno promesso di liberarla, il sesso prematrimoniale, la contraccezione, l'aborto... In realtà, l'hanno resa schiava.

Anche Papa Giovanni Paolo II ha parlato di quando Adamo vide per la prima volta il corpo nudo di Eva. Giovanni Paolo II dice che ella sperimentò "la pace dello sguardo interiore". Con questo intendeva dire che le donne sono molto sensibili al modo in cui gli uomini le guardano. Se una donna percepisce che un uomo la guarda in modo oggettivo, diventa difensiva e ansiosa, vulnerabile ed esposta. Può persino provare risentimento verso di lui o verso la sessualità in generale. Ma se un uomo ha purezza di cuore, in particolare un marito nei confronti della moglie, è in grado di darle tutta la pace dello sguardo interiore. Cioè, lei si riposa in sua presenza, può spogliarsi senza vergogna perché sa che lui la guarda con amore.

Sembra che una volta sposati, tutto sia permesso nel sesso. Come si vive la castità nel matrimonio?

- Il piano di Dio per il sesso nella matrimonio è pronunciare le promesse matrimoniali con il corpo. Nelle promesse matrimoniali si promette che il proprio amore sarà libero, totale, fedele e che accoglierà dei figli. Quindi, quando un marito e una moglie fanno l'amore, stanno rinnovando le loro promesse matrimoniali con i loro corpi.

Come coniuge, mi dono a te liberamente, non ti forzo, non ti manipolo o ti faccio pressione, è un dono gratuito di me stesso. Non sono dipendente dalla lussuria. È un dono totale, non nascondete nulla l'uno all'altro, nemmeno la paternità. È un dono fedele, non solo con il corpo ma anche con l'immaginazione. Ed è un atto fecondo, per questo non si sterilizza, non si usa la contraccezione e non si abortisce mai.

Tutto questo significa niente adulterio, niente pornografia, niente contraccezione, purezza di cuore, riverenza per il dono della sessualità... In sostanza, quello che state facendo è dire la verità con il vostro corpo. Perché il sesso è dire con il corpo che sono completamente tuo, che mi dono totalmente a te. E così state rinnovando le vostre promesse matrimoniali.

Purtroppo, molte persone pensano che il desiderio sessuale sia lussuria. Quindi, se si prova desiderio sessuale si deve peccare, ma la Chiesa non intende questi termini in questo modo, perché altrimenti l'atto stesso di fare l'amore dovrebbe essere sterile, privo di emozioni e oggettivamente disinteressato. Ma Dio non l'ha concepito in questo modo.

Papa Giovanni Paolo II ha detto che l'impulso sessuale è un dono di Dio. Dobbiamo reclamarlo dai modi in cui il mondo lo ha travisato.

Molti giovani frequentano le sue conferenze, perché sono così interessati a questo argomento? Cosa cercano?

Evert durante una delle sue conferenze

- Cercano l'amore. Sono stati creati per amore, per l'amore, per ricevere amore. E la castità rende possibile l'amore. Hanno attraversato il cuore spezzato, il dolore. Sanno che tutta la pornografia che hanno consumato non li ha avvicinati di un millimetro all'amore che il loro cuore desidera davvero. I giovani sono alla ricerca di qualcosa che possa tagliare il cerchio di tutto questo dolore e di tutta questa confusione.

Hanno fame di questo perché i loro cuori sono fatti per l'amore e le loro menti per la verità, e la castità dà loro entrambi.

E se qualcuno non ha vissuto la castità fin da giovane? Come curare queste ferite?

- Il primo passo è rendersi conto che non è mai troppo tardi. Voi siete preziosi, il vostro valore non deriva dalla vostra verginità. La vostra sessualità ha valore grazie a voi, voi siete il dono. Avete ancora qualcosa da dare, non siamo merce avariata.

Se vi sentite feriti dal passato, non infangate la ferita, non tornate a quel vecchio stile di vita fatto di false comodità. Ma ricominciate da capo. Se la vostra futura moglie o il vostro futuro marito sono là fuori e hanno commesso degli errori, smettereste di amarli a causa del loro passato? No. Lo amereste e vorreste che ricominciasse.

Oggi è il giorno della vostra vita in cui potete ricominciare da capo. Amate il vostro partner prima di conoscerlo e questo vi darà maggiore chiarezza per capire se è la persona giusta da sposare. Quando si entra in intimità sessuale con qualcuno, la capacità di essere obiettivi scompare.

Quindi ricominciate. Se siete cattolici, andate al sacramento della confessione e ricominciate.

Lei dice che è importante che siano i giovani a raccontare agli altri la bellezza della castità. Perché pensa che questo sia importante?

- La castità è una virtù che è facile risentire. È facile respingerla, dicendo che non fa per voi, che è malsana o irrealistica. Ma quando un giovane dice che non è malsano e che è felice di essere casto, che la castità non è irrealistica e che può essere piacevole, diventa più difficile respingere questa virtù e trovare scuse.

Come trovare l'equilibrio tra il non vergognarsi di parlare di sesso e il non renderlo un argomento banale?

- Prima di tutto, penso che sia un argomento facile da trattare perché è già nella mente delle persone. Ma può essere un argomento scomodo, quindi cerco di usare l'umorismo con buon gusto, e questo aiuta le persone a rilassarsi. È come quando si fa l'anestesia prima di operare. Se non si anestetizza il paziente e non gli si infila un coltello dentro, scapperà via. Perciò uso l'umorismo come una sorta di anestesia e poi vado avanti con argomenti forti.

Non si tratta tanto di parlare della vergogna e del senso di colpa. Spiego loro che è difficile anche per me, perché se mi apro con loro si rilassano.

Inoltre, mi piace concentrarmi sul perché la castità è una cosa bella. La verità e la bontà si possono discutere, ma la bellezza è inconfutabile, non si può discutere con la bellezza.

Ora la domanda che probabilmente vi verrà posta in tutte le vostre conferenze: vale davvero la pena essere casti? È davvero possibile?

- Io porrei la domanda al contrario: è davvero realistico non essere casti ed essere felici? Pensateci: voglio davvero diventare un adulto che continua a guardare la pornografia? Voglio chiudere il computer quando mia figlia di cinque anni entra nella stanza? Voglio nascondere il porno a mia moglie? Andare a letto con un gruppo di ragazzi all'università è davvero ciò che desidero nel profondo della mia anima? Voglio andare a letto con un ragazzo e non sapere se mi risponderà entro due settimane? Credo che la risposta a tutto questo sia no.

Sembra che stiamo combattendo contro la cosa stessa che desideriamo, cioè l'autentico amore umano. Per me, quindi, la castità non è irrealistica; ciò che è irrealistico è aspettarsi che le persone trovino la loro realizzazione vivendo al di fuori della volontà di Dio.

Si dice che la castità è difficile, ma ciò che è veramente difficile è la mancanza di castità. D'altra parte, dobbiamo essere realistici. Quando si tratta di tentazioni, 90% di esse sono provocate da ciò che guardiamo e da chi frequentiamo. Se controlliamo un po' meglio questo aspetto, sarà molto più facile.

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Mondo

L’Iran: dall’antica Persia alla Repubblica islamica. Seconda Parte

In questo secondo di tre articoli sull'Iran, Ferrara analizza le caratteristiche dell'Islam sciita e il funzionamento del regime iraniano.

Gerardo Ferrara-3 febbraio 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Nel precedente articolo sull’Iran abbiamo descritto la storia complessa di questo grande e meraviglioso Paese e menzionato il fatto che, da un punto di vista religioso, il popolo iraniano è piuttosto compatto, essendo per il 99% musulmano (il 90% dei quasi 90 milioni di iraniani sono sciiti, rappresentando circa il 40% dei seguaci di questa branca dell’islam a livello mondiale).

Il iL’islam sciita

L’origine del termine “sciita” o “sciismo” (dall’arabo shiʿa, che significa “partito”, “fazione”) si fa risalire al 632 d.C., quando, un anno dopo la morte di Maometto, i suoi seguaci si divisero su chi sarebbe dovuto succedergli come califfo (in arabo khalifa, cioè “vicario”, “successore”) e quindi “principe dei credenti” musulmani (amìr al-mu’minìn), nel ruolo quindi di autorità sia politica che religiosa.

La maggioranza optò per Abu Bakr, amico di Maometto e padre della sua seconda moglie Aisha, mentre una minoranza “prese le parti” (partito) di Ali, che di Maometto era invece cugino e genero.

Abu Bakr divenne quindi il primo califfo, ma Ali fu il quarto, dopo l’assassinio del suo predecessore Uthman. Ali fu a sua volta ucciso nel 661 da un esponente di un’ulteriore neonata setta islamica (il khargismo) a Kufa, nei pressi di Najaf (attuale Iraq), città in cui si trova la sua sepoltura e divenuta perciò la terza città più santa per gli sciiti dopo la Mecca e Medina.

La spaccatura all’interno della comunità islamica si acuì nel 680, a Kerbala (sempre in Iraq) quando le truppe del califfo sunnita al potere trucidarono Hussein, secondo figlio di Ali e nipote di Maometto, e tutte le 72 persone al suo seguito, compresi donne e bambini. Tale evento viene commemorato oggi dagli sciiti nella festa dell’Ashura, durante la quale molti praticano il matam, un atto di auto-flagellazione, per esprimere per il martirio di Hussein, considerato secondo successore di Ali e imàm, una figura rivestita di sacralità per gli stessi sciiti, i quali credono che l’imam sia il vero successore di Maometto, infallibile e designato da Dio.

Se in un primo tempo le differenze tra sunniti e sciiti erano solamente politiche, relative quindi alla successione di Maometto, con il tempo divennero anche dottrinali.

Caratteristiche dell’islam sciitata

La maggioranza degli sciiti segue la dottrina dei Dodici imam (sciiti duodecimani), con il dodicesimo (Muhammad al-Mahdi) considerato appunto mahdi, una sorta di messia. Per i fedeli il dodicesimo imam non sarebbe mai morto, ma si sarebbe occultato (ghayba) nel 940 per sfuggire alle persecuzioni del califfo abbaside sunnita al potere in quel momento. Il suo occultamento durerà fino alla fine del mondo, quando riapparirà per ripristinare la purezza dell’islam primitivo.

Tutti i musulmani, sunniti e sciiti, osservano i cinque pilastri dell’islam (professione di fede; preghiera cinque volte al giorno; elemosina; digiuno nel mese di ramadan; pellegrinaggio alla Mecca almeno una volta nella vita), condividono un libro sacro, il Corano e concordano sul fatto che Allah sia l’unico dio e che Maometto sia il suo profeta. Tuttavia, mentre i sunniti basano molto la loro pratica religiosa anche sugli atti del profeta e sui suoi insegnamenti (la sunna), gli sciiti vedono nei loro leader religiosi, gli ayatollah, un riflesso di Dio sulla Terra.

Per questa ragione i sunniti considerano eretici gli sciiti, mentre questi ultimi accusano i primi di dogmatismo estremista e le loro divisioni oggi si sono accentuate anche politicamente (cosa evidente nelle alleanze tra governi e Paesi considerati sciiti o in qualche modo filosciiti, come Iran, Siria e Libano, contro quelli sunniti del golfo Persico, come l’Arabia Saudita).

Altre pratiche caratteristiche dell’islam sciita, poi, sono la taqiyya, che è la dissimulazione o la concessione in circostanze difficili per proteggere la propria vita o la vita degli altri (in pratica, fingere di non essere musulmani, aderendo addirittura ai precetti di un’altra religione), e la mut’a, il matrimonio temporaneo.

La mut’a

La mut’a è una forma di matrimonio temporaneo, specifica (ma non esclusiva) dell’islam sciita. Si tratta di un contratto matrimoniale stipulato con una durata prestabilita. Può avere la durata minima di un’ora e arrivare fino a 99 anni: nel primo caso alcuni giuristi lo assimilano alla prostituzione. Alla scadenza del termine, il matrimonio si considera sciolto senza la necessità di un divorzio formale (che avviene, nell’islam, in maniera non consensuale tra le parti, ma attraverso il ripudio della donna da parte dell’uomo).

Abolita dalla dinastia Pahlavi nel XX secolo, ma ripristinata con la Rivoluzione del 1979 e con la nascita della Repubblica islamica (quando Khomeini rilegittimò la poligamia), la mut’a è diventata comune tra i giovani, per sottrarsi al controllo delle autorità religiose e civili e consumare rapporti sessuali “leciti”, o tra le donne in difficoltà economica, che si vedono costrette a farsi pagare da uomini per sposarli temporaneamente.

Nei primi anni del XXI secolo, Mahmud Ahmadinejad, s’impegnò per modificare il codice di famiglia e rendere la mut’a ancora più semplice e favorevole per gli uomini, il che scatenò una mobilitazione di massa femminile, con la raccolta di milioni di firme, per contrastare tale progetto di legge.

Gli ayatollah

Ayatollah (in arabo: “segno divino”) è un titolo onorifico tipico dell’islam sciita, attribuito a uomini considerati esperti di teologia e giurisprudenza islamica (una sorta di clero sconosciuto nell’islam sunnita), i quali godono di grande rispetto all’interno della comunità.

In Iran, il ruolo di queste figure è particolarmente importante e molti leader religiosi nel Paese detengono tale titolo.

Il ruolo degli ayatollah è di fornire insegnamenti religiosi, interpretazioni giuridiche e orientamenti morali. I più eminenti tra loro possono essere riconosciuti come Grande Ayatollah o “marja’ al-taqlid” (in arabo: fonte di emulazione) e divenire autorità supreme, come nel caso di Ali Khamenei, Grande Ayatollah che in Iran riveste il potente ruolo di Guida suprema della Rivoluzione islamica.

Il regime iraniano

In Iran, gli imam e gli ayatollah hanno un ruolo di supremazia religiosa e politica. Essendo, dal 1979, il Paese una repubblica islamica presidenziale guidata da un sistema teocratico, il leader supremo è appunto un Grande Ayatollah, noto come “Vali-ye-Faqih” (in persiano: governante giurisperito), ed è considerato l’autorità religiosa e politica suprema.

Vige nel Paese una suddivisione dei poteri tra civile (eletto dal popolo, ma con giurisdizione limitata) e religioso. Spetta al potere religioso degli ayatollah selezionare i candidati alla presidenza e vigilare che le leggi approvate dal governo e dal parlamento non siano in contrasto con il Corano e la dottrina islamica. Il presidente, ad esempio, non può nominare il ministro della Giustizia.

La Guida suprema (dal 1989 l’ayatollah Khamenei dal 1989) nomina i sei membri religiosi del Consiglio dei Guardiani della Rivoluzione (in tutto 12, di cui sei laici nominati dal parlamento), è a capo delle forze armate e nomina pure i capi dei servizi segreti, delle fondazioni religiose, delle Guardie della Rivoluzione islamica (pasdaran) e delle emittenti radiotelevisive nazionali.

L’Iran è sempre più al centro delle cronache internazionali non solo per il suo rilevante ruolo strategico e geopolitico, ma anche per le continue violazioni dei diritti umani, specialmente a danno delle donne e delle minoranze religiose.

Sono all’ordine del giorno le proteste contro il regime, acuitesi soprattutto con le cosiddette Primavere arabe (2011) e con l’inasprimento delle sanzioni degli Stati Uniti, dal 2018, che hanno portato all’aumento della disoccupazione e dell’inflazione, passata dal 10 al 40%, e a una forte recessione.

Nel 2022, le proteste sono quasi sfociate in una rivoluzione quando la ventiduenne Mahsa Amini, di etnia curda, è stata arrestata dalla Polizia morale perché non indossava correttamente il velo (art. 638 del Codice penale islamico: è vietato per le donne comparire in pubblico senza velo). Se, infatti, negli anni precedenti la questione hijàb si era ridimensionata e per le donne iraniane esso era quasi divenuto un vezzo, una foulard che poteva lasciar libere ciocche di capelli, Ebrahim Raisi, presidente dell’Iran dal 2021 e considerato un intransigente (la sua presidenza ha visto uno stallo nei negoziati con gli Stati Uniti sul piano d’azione globale congiunto, JCPOA), temendo un decadimento dei costumi ha reso obbligatorio coprire anche le ciocche di capelli e inasprito le pene contro le donne che non si attengono alle regole.

Le categorie più colpite durante i fatti del 2022 sono state ovviamente, oltre alle donne, i giovani studenti, gli attivisti, gli intellettuali e i giornalisti, ma gli avvocati che assistono persone ree di apostasia (specie verso il cristianesimo: vi sono casi di coppie di convertiti che si sono viste strappare i figli dai servizi sociali o altri che si trovano in carcere).

Dal 2015, poi, il governo iraniano ha introdotto carte d’identità biometriche con riconoscimento facciale e dell’iride, potendo quindi identificare le sempre più numerose donne che protestano togliendosi il velo e tagliandosi ciocche di capelli.

Dal settembre 2023, inoltre, una nuova legge “per sostenere la cultura della castità e del hijab” contempla punizioni non solo per le donne che non portino il velo in pubblico o non lo indossino in modo “corretto”, ma anche per tutti i funzionari pubblici e privati (inclusi i tassisti), commercianti, lavoratori nel settore turistico e della comunicazione, ecc., che non vigilino o non denuncino le donne “colpevoli” di non osservare i regolamenti sul hijab o indossino “abbigliamento improprio”, cioè abiti “succinti o attillati o che mostrino una parte del corpo più in basso del collo o più in alto delle caviglie o più in alto degli avambracci”.

Il provvedimento prevede multe fino all’equivalente di 6.000 dollari (lo stipendio mensile medio in Iran ammontava nel 2021 a circa 300 dollari), il licenziamento, periodi di detenzione di varia durata, la confisca delle automobili, la chiusura di attività commerciali, il sequestro del passaporto e il divieto di lasciare il Paese dai sei mesi ai due anni.

Inasprite anche le pene per chi “collabori con governi e media stranieri” (fino a dieci anni di reclusione) e per chi, attraverso i media, promuova “la sessualità immorale, relazioni malsane e modelli individualistici e contro la famiglia”. Il ministero dell’Economia e delle Finanze, poi, dovrà “vietare l’importazione d’indumenti proibiti, statue, bambole, manichini, dipinti e altri prodotti che promuovono la nudità e l’indecenza” e saranno fermati alla dogana libri o le immagini che promuovono “immoralità”, mentre quello del Turismo dovrà promuovere gite e tour basati sul “modello islamico dell’Iran”.

Il Global Gender Gap Report sull'uguaglianza di genere nel 2022 colloca l'Iran al 143° posto su 146 Paesi esaminati, ancora peggio dell'anno precedente (150° su 156 Paesi esaminati).
Infine, la pena di morte in Iran viene applicata non solo per i reati più gravi, come l'omicidio, ma anche (ma non sempre) per l'apostasia, i reati gravi contro l'Islam, l'omosessualità e le relazioni sessuali illecite, l'adulterio, il tradimento, lo spionaggio e i casi gravi di prostituzione.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

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Colazione di preghiera nazionale in Campidoglio

Il presidente della Camera degli Stati Uniti Mike Johnson, R-Ky, tiene in mano una Bibbia durante l'annuale colazione di preghiera nazionale al Campidoglio degli Stati Uniti a Washington il 1° febbraio 2024.

Maria José Atienza-2 febbraio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
Vaticano

4 bambini di Gaza assistiti al Bambino Gesù

Rapporti di Roma-2 febbraio 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Quattro bambini di Gaza sono ora a Roma per essere curati all'Ospedale Bambino Gesù. La guerra aveva reso impossibile per loro ricevere le cure di cui avevano bisogno in patria.

Anche se finora solo un piccolo gruppo di bambini ha potuto recarsi in Italia, si spera che in futuro ne possano arrivare altri. Infatti, ci sono più ospedali nel Paese che riceveranno i bambini per fornire loro l'assistenza medica di cui hanno bisogno.


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Risorse

L'Eucaristia è al centro del dossier di febbraio di Omnes

Il numero di febbraio di Omnes tratta argomenti come l'Eucaristia, la Chiesa siro-malabarese e la formazione dei seminaristi americani presso il Pontificio Collegio Nordamericano di Roma.

María José Atienza / Paloma López-2 febbraio 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Quito ospiterà il prossimo Congresso eucaristico internazionale. La capitale ecuadoriana attende circa 5.000 persone per un evento che vuole essere un impulso alla vita eucaristica in Ecuador e nel mondo. L'Eucaristia, mistero centrale della fede cattolica, è infatti il tema centrale del dossier della rivista Omnes per il mese di febbraio 2024.

Il dossier inizia con un'intervista a Monsignor Alfredo José Espinoza Mateus, Arcivescovo di Quito e Primate dell'Ecuador, su questo evento che il Paese attende con ansia nonostante il difficile momento sociale che sta attraversando la nazione ecuadoriana.

Oltre a questa intervista, Omnes approfondisce la storia e gli obiettivi dei Congressi eucaristici internazionali, che si tengono nella Chiesa dalla metà del XIX secolo.

L'approfondimento dell'Eucaristia prosegue nel fascicolo con una serie di brevi articoli, di carattere esperienziale e catechetico, sulla Santa Messa, la Comunione eucaristica, l'Esposizione del Santissimo Sacramento, la celebrazione domenicale e un contributo speciale - preghiera sull'Adorazione di Gesù nel Santissimo Sacramento.

Il Pontificio Collegio Nordamericano

Nella versione statunitense del numero di Omnes, c'è un articolo sulla Pontificio Collegio Nordamericano a Roma, il seminario dove molti americani si formano prima di tornare nel loro Paese per il ministero pastorale.

Il reportage, che racconta la storia del Collegio, è seguito da un'intervista al rettore del seminario, monsignor Thomas Powers. Nel corso della conversazione, il rettore spiega lo spirito che ispira le attività del PNAC e approfondisce la vita quotidiana dei giovani seminaristi.

Olivia Maurel, la voce contro la maternità surrogata

Omnes include anche un'intervista a Olivia Maurel, una giovane donna francese nata tramite maternità surrogata, che si è fatta portavoce del punto di riferimento internazionale nella lotta contro questa forma di sfruttamento.

Maurel ha vissuto in prima persona le conseguenze dell'essere una madre surrogata e vuole sensibilizzare la società sulla flagrante violazione dei diritti umani che questa pratica comporta, nonché sulle conseguenze che questa denaturalizzazione della maternità ha per le madri surrogate e i bambini surrogati.

Pur essendo atea, scrisse una lettera al Papa raccontando la sua testimonianza e il pontefice denunciò, all'inizio del gennaio 2024, la pratica della maternità surrogata in un discorso ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede.

Il conflitto della Chiesa siro-malabarese

La sezione "Mondo" si concentra sul conflitto tra la Santa Sede e un gruppo di quattrocento sacerdoti orientali, cattolici di rito siro-malabarese in India, sulla direzione in cui il sacerdote deve celebrare la Santa Qurbana (celebrazione eucaristica).

Questo dibattito, che trae origine da una disposizione del Concilio Vaticano II che prevedeva che le regioni orientali abbandonassero le usanze e i riti latini per tornare ai loro riti orientali tradizionali, è stato parzialmente risolto al Sinodo della Chiesa siro-malabarese, dove è stata concordata una soluzione uniforme, che non è stata accolta con uguale favore dai cattolici siro-malabaresi.

I temi chiave del Papa

Le sezioni Roma e Mondo, a loro volta, espongono i principali temi toccati da Papa Francesco nelle sue diverse apparizioni pubbliche di gennaio. A questo proposito, spiccano gli incontri con i membri del Dicastero per la Dottrina della Fede e con i giudici del Tribunale della Rota Romana in occasione dell'inaugurazione dell'Anno giudiziario. In entrambi, Francesco ha ribadito l'urgenza di annunciare il Vangelo in risposta alle esigenze del tempo presente.

La comunicazione è stato un altro dei temi affrontati da Francesco. Il Papa ha chiesto ai comunicatori tre parole: testimonianza, coraggio e ampiezza di vedute.

Poeti e teologi

La poetessa Circe Maia e l'influenza dei teologi tedeschi Johann Adam Möhler e Mathias Scheeben sono altri argomenti del numero di febbraio. Il contenuto di questo rivista è disponibile per gli abbonati a Omnes.

Il numero di febbraio 2024 di Omnes è ora disponibile in formato digitale per gli abbonati. Nei prossimi giorni verrà recapitato anche all'indirizzo abituale di chi ha questo tipo di abbonamento. abbonamento.

L'autoreMaría José Atienza / Paloma López

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Congresso Eucaristico Internazionale a Quito. Eucaristia, fraternità e unità

La petizione inserita nella preghiera ufficiale del Congresso Eucaristico di Quito "Mandaci il tuo Spirito d'amore, affinché cerchiamo vie di fratellanza, di pace, di dialogo e di perdono". è più che mai attuale nella Chiesa.

2 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 53° Congresso eucaristico internazionale si terrà a settembre a Quito (Ecuador). Seguirà quello tenutosi a Budapest nel 2021, al quale ha partecipato Papa Francesco.

L'obiettivo della convocazione di questi congressi, e l'esperienza maturata nel corso della loro storia, è quello di contribuire al rafforzamento della devozione eucaristica in tutta la Chiesa, nella convinzione cattolica che l'Eucaristia, primo tra i sacramenti, è fonte di vita soprannaturale e anche di fraternità umana. In ognuna delle chiamate, l'accento è stato posto sui bisogni percepiti in ogni momento. 

Allo stesso tempo, il frutto più immediato è, naturalmente, a beneficio della Chiesa particolare che lo organizza e dove si svolge. In questo senso, si possono immediatamente intuire le ripercussioni che il Congresso internazionale del prossimo settembre potrebbe avere per l'Ecuador, il Paese ospitante, che attualmente si trova in una situazione molto difficile, causata dallo scontro aperto che gruppi legati al narcotraffico hanno posto alle istituzioni.

Il motto del Congresso è "Fraternità per guarire il mondo"; sebbene sia stato stabilito prima dei recenti eventi sociali e non si riduca a questa chiave di lettura, racchiude certamente il bisogno del Paese di una convivenza pacifica e fraterna.

La preghiera preparata e diffusa nel Paese come aiuto alla preparazione spirituale del Congresso è un riflesso di questa speranza, espressa sotto forma di petizione a Dio: "Tu che ci riunisci intorno alla tua mensa per nutrirci con il tuo Corpo, concedi che, superando ogni divisione, odio ed egoismo, possiamo essere uniti come veri fratelli e sorelle, figli del Padre celeste"..

Monsignor Alfredo Espinoza, arcivescovo di Quito, capitale dell'Ecuador, e pastore della diocesi che è la principale organizzatrice del Congresso, ha rilasciato un'intervista a Omnes in cui spiega lo stato dei preparativi e le aspettative per il Paese ospitante.

Quasi parallelamente, stiamo assistendo a una delicata situazione che si è creata negli ultimi anni nella Chiesa siro-malabarese (stabilita nel Kerala, in India) proprio intorno alla celebrazione dell'Eucaristia nella Messa.

È ovvio che i problemi e il loro contesto sono molto diversi, ma vista la gravità delle notizie sull'atteggiamento di alcuni sacerdoti di questo rito, la petizione inclusa nella preghiera del Congresso eucaristico sembra essere altrettanto necessaria. "Mandaci il tuo Spirito d'amore, affinché, cercando vie di fratellanza, di pace, di dialogo e di perdono, possiamo lavorare insieme per guarire le ferite del mondo".

Come riportato nelle pagine di questo numero, la resistenza di un gruppo di ecclesiastici dell'arcieparchia di Ernakulam-Angamaly ad accettare le decisioni del Sinodo del 2021 di armonizzare il modo in cui viene celebrata la Messa nelle varie zone, evidenzia il fatto che non si tratta solo di una questione di ordine liturgico, ma anche di obbedienza e unità.

L'autoreOmnes

Cinema

Proposte cinematografiche: due suggerimenti per pubblici diversi

Un film intimo per un pubblico più adulto e una serie per tutta la famiglia, proveniente dalla fabbrica Disney, sono i consigli cinematografici di Patricio Sánchez Jaúregui per questo mese.

Patricio Sánchez-Jáuregui-2 febbraio 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Sobbollire, un film rivolto ad un pubblico adulto e amante del cinema e della saga del Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo sono le proposte di film e serie da guardare questo mese.

A fuoco lento

Alla fine del XIX secolo, un grande chef francese vive un rapporto di completa dedizione al cibo e a una donna. Attraverso l'arte del cibo gourmet, Dodin ed Eugénie esprimono il loro amore reciproco, un amore al tempo stesso senza tempo e transitorio, come un pasto, che persiste solo nella memoria.

Si tratta di un film che fa venire fame e di una storia d'amore superbamente recitata.

Tran Anh Hung - L'odore della papaya verde. utilizza Binoche e Magimel in buona misura con i numerosi e deliziosi ingredienti della loro dispensa cinematografica per creare una storia d'amore bella, significativa ed estremamente soddisfacente da assaporare.

Un film contemplativo e prezioso che mostra una sensibilità e una tenerezza irresistibili.

NoteNudità parziale e sensualità parziale : Tabacco

A fuoco lento

IndirizzoTran Anh Hung
ScritturaTran Anh Hung
AttoriJuliette Binoche, Magimel
Piattaforma: Cinema

Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo

La Disney resuscita una saga stimolante e interessante portando sui nostri televisori un adattamento fedele dei romanzi di Rick Riordan. Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo è un'odissea amorevolmente realizzata attraverso l'adolescenza e il mito.

Una ricerca pericolosa, un'avventura, un'odissea. Superando mostri e dei, Percy deve attraversare l'America per restituire il fulmine di Zeus e fermare una guerra totale.

Con l'aiuto dei suoi compagni di missione Annabeth e Grover, il viaggio di Percy lo porterà ad avvicinarsi alle risposte che cerca: come inserirsi in un mondo in cui si sente fuori posto e scoprire chi è destinato a essere.

Una serie la cui prima stagione è un'avventura, un'amicizia e un'adolescenza in un viaggio dell'eroe per tutti i pubblici.

Percy Jackson e gli dei dell'Olimpo

La storia: Rick Riordan
AttoriWalker Scobell, Leah Jeffries, Aryan Simhadri
Piattaforma: Disney +