Evangelizzazione

20 anni dalla morte di San Giovanni Paolo II

Il 2 aprile la Chiesa ricorda il ventesimo anniversario della morte di San Giovanni Paolo II, avvenuta nel 2005, la cui festa si celebra il 22 ottobre. Canonizzato da Papa Francesco insieme a San Giovanni XXIII nel 2014, il cardinale Pietro Parolin presiede in questa occasione un'Eucaristia celebrativa alla quale parteciperà il card. Stanisław Dziwisz.

 

Francisco Otamendi-2 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il 2 aprile la Chiesa fa un ricordo speciale di San Giovanni Paolo II, è morto alle 9.37. la sera dello stesso giorno del 2005, con numerosi fedeli in preghiera in Piazza San Pietro. Il cardinale segretario di Stato Pietro Parolin celebrerà oggi una Messa in occasione di questo anniversario, prevista per le ore 15.00, con la partecipazione del suo ex segretario per tanti anni, il cardinale Stanisław Dziwisz.

Il Papa Francesco il 12 febbraio scorso, prima del suo ricovero al Policlinico Gemelli, ha inviato una lettera al cardinale Dziwisz, assicurando la sua benedizione ai partecipanti alle celebrazioni del ventennale, come ha riportato l'agenzia ufficiale del Vaticano. 

Lettera di Papa Francesco con benedizione

Nella lettera, il Papa afferma che "auguro a tutti un Anno Giubilare pieno di pace nel segno della speranza e, invocando l'intercessione della Beata Vergine e di San Giovanni Paolo II, benedico di cuore voi e tutti coloro che parteciperanno alla Celebrazione del 2 aprile".

Una veglia di preghiera in polacco e in italiano avrà luogo in Piazza San Pietro alle 21.00 di oggi, guidata dall'Arcivescovo di Danzica e Presidente dei Vescovi polacchi, Mons. Tadeusz Wojda, che concelebrerà anche la liturgia serale.

Pochi giorni fa, in una lettera ai sacerdoti, ai religiosi e ai fedeli della diocesi di Roma, il cardinale vicario Baldassarre Reina ha definito la vita di San Giovanni Paolo II come un "grande dono", "per il suo servizio pastorale nella nostra diocesi", e ha invitato a partecipare al ringraziamento per Papa Wojtyla.

L'autoreFrancisco Otamendi

Vaticano

Il video del Papa: le persone devono guardare meno gli schermi e connettersi di più faccia a faccia

Il video dell'intenzione mensile del Papa è stato registrato prima che Francesco fosse ricoverato in ospedale il 14 febbraio.

Redazione Omnes-2 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Carol Glatz, Catholic News Service

La tecnologia dovrebbe essere usata per migliorare la vita delle persone e connetterle come membri di un'unica famiglia umana, ha detto Papa Francesco. Tuttavia, spesso "lo schermo ci fa dimenticare che dietro di esso ci sono persone reali che respirano, ridono e piangono", ha detto il Papa in un videomessaggio per introdurre la sua intenzione di preghiera per il mese di aprile: "Non dobbiamo dimenticare che lo schermo non è uno schermo, ma una persona reale".Per l'utilizzo di nuove tecnologie".

"Vorrei che guardassimo meno gli schermi e più gli occhi degli altri", ha detto. "C'è qualcosa che non va se passiamo più tempo con i nostri cellulari che con le persone".

Il video, registrato prima che Papa Francesco si recasse in Vaticano, è stato ricoverato in ospedale del 14 febbraio, è stato diffuso il 1° aprile e non ha incluso le consuete immagini di Papa Francesco alla scrivania che legge il messaggio, ma ha utilizzato solo la sua voce per la narrazione. Nell'ultimo fotogramma del video si legge: "Il video è stato registrato prima del suo ricovero in ospedale". Uniamoci in preghiera con Papa Francesco su clicktopray.org".

Nel messaggio, Papa Francesco ha detto: "È vero che la tecnologia è il frutto dell'intelligenza che Dio ci ha dato. Ma dobbiamo usarla bene. Non può avvantaggiare solo alcuni ed escludere altri.

"Dobbiamo usare la tecnologia per unire, non per dividere. Per aiutare i poveri. Per migliorare la vita dei malati e dei diversamente abili", ha detto. "Usare la tecnologia per prenderci cura della nostra casa comune. Per connetterci come fratelli e sorelle".

"È quando ci guardiamo negli occhi che scopriamo ciò che conta davvero: che siamo fratelli, sorelle, figli dello stesso Padre", ha detto il Papa.

"Preghiamo affinché l'uso delle nuove tecnologie non sostituisca le relazioni umane, rispetti la dignità della persona e ci aiuti ad affrontare le crisi del nostro tempo", ha aggiunto.

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Camminare con Cristo verso il Calvario

Un mese fa, la salute di Papa Francesco ci ha ricordato la fragilità umana. Nella prova, la fede ci chiama a percorrere il Calvario con Cristo, trasformando la sofferenza in un cammino di umiltà e speranza.

2 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Un mese fa, noi cattolici vivevamo con il cuore pesante: le notizie sulla La salute di Papa Francesco non erano molto incoraggianti e, ancora oggi, ogni comunicazione del Policlinico Gemelli, o di qualsiasi altro ente, sulla salute del Pontefice, viene accolta con un certo nodo allo stomaco.

Sono state settimane difficili, a volte persino tese, in cui i cattolici si sono confrontati ancora una volta con la debolezza umana, con la morte in agguato, con la prova più evidente della nostra creaturalità e dell'impossibilità di avere il controllo totale della nostra esistenza.

Poche cose sono così terribilmente deprimenti come percorrere il sentiero dell'umiltà che è la malattia. 

In un mondo che si considera autosufficiente e asettico, abbiamo attraversato ancora una volta, insieme a un Pontefice malato, "momenti di prova" in cui, sebbene "Il nostro fisico è debole, ma anche così nulla può impedirci di amare, pregare, donarci, esserci l'uno per l'altro, nella fede, brillando di segni di speranza". (Papa Francesco, Angelus, 16-III-2025).

"Possiamo cercare di limitare la sofferenza, possiamo lottare contro di essa, ma non possiamo sopprimerla. Proprio quando gli uomini, cercando di evitare ogni sofferenza, cercano di evitare tutto ciò che può significare afflizione, quando vogliono risparmiarsi la fatica e il dolore della verità, dell'amore e della bontà, cadono in una vita vuota, in cui forse non c'è più dolore, ma in cui la sensazione oscura di insensatezza e solitudine è ancora più grande. Ciò che guarisce l'uomo non è l'evitamento della sofferenza e la fuga dal dolore, ma la capacità di accettare la tribolazione, di maturare in essa e di trovarvi un senso attraverso l'unione con Cristo, che ha sofferto con amore infinito".In un contesto giubilare segnato dalla speranza, vale la pena ricordare queste parole di Benedetto XVI in Spe Salvi.

In questi giorni di passione e morte, Cristo chiede anche per noi. La domanda che Dio pone all'uomo non è se vuole soffrire o meno, se si sentirà debole, abbandonato, solo..., ma se tutto questo, che un giorno farà parte della nostra vita, lo vogliamo vivere insieme a Lui o da soli.

Camminare con Dio verso il Calvario, come un cireneo, aiutando un po' il Dio sconfitto agli occhi degli uomini; come le sante donne, da lontano, senza avvicinarsi troppo; come gli apostoli, vergognandosi e chiedendo già perdono a Dio per la piccolezza del nostro cuore; o come la Madre, sostenuta da un Giovanni che passa quasi inosservato, ma che arriva ai piedi della croce.

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Risorse

Gesù e le fonti canoniche su di lui

Dagli Atti degli Apostoli e dalle Epistole Paoline, considerate fonti canoniche dalla Chiesa, è possibile estrapolare una biografia di Gesù di Nazareth al di fuori dei Vangeli e osservare come, seppur scarna nei dettagli, sia del tutto coerente con quanto narrato nei Vangeli stessi.

Gerardo Ferrara-2 aprile 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

In un precedente articolo Abbiamo trattato le fonti non cristiane e non canoniche su Gesù di Nazareth. Ora illustriamo, seppur brevemente, quelle canoniche, cioè quelle considerate sacre e affidabili dalla Chiesa.

Epistole paoline e Atti degli Apostoli

Le Epistole Paoline, o Lettere dell'Apostolo Paolo, fanno parte del Nuovo Testamento. Furono scritte tra il 51 e il 66 da Paolo di Tarso, meglio conosciuto come San Paolo, chiamato "Apostolo delle genti" perché con lui la predicazione cristiana varcò i confini dell'Asia occidentale.

Paolo non ha mai incontrato Gesù, ma i suoi scritti rappresentano i documenti più antichi su di lui e stabiliscono anche che il "kerygma" (l'annuncio dell'identità di Gesù, Figlio di Dio, nato, morto e risorto secondo le Scritture) era già fissato meno di vent'anni dopo la morte di Cristo.

Ulteriori informazioni si possono trovare in altri scritti del Nuovo Testamento, in particolare nella Atti degli ApostoliIl Vangelo di Luca, cronaca delle imprese degli apostoli di Gesù di Nazareth dopo la sua morte, in particolare di Pietro e Paolo. L'opera è attribuita all'autore di uno dei Vangeli sinottici, Luca (o Lucano), che la scrisse molto probabilmente tra il 55 e il 61 d.C. (la narrazione, infatti, si interrompe con la prima parte della vita di Paolo e la sua prigionia a Roma e non con la sua morte, avvenuta pochi anni dopo).

Dagli Atti e dalle Epistole paoline è possibile estrapolare una biografia di Gesù di Nazareth dai Vangeli e osservare come, seppur scarna nei dettagli, sia del tutto coerente con quanto narrato nei Vangeli stessi, per di più scritti da autori diversi e indipendenti.

Infatti, da questi scritti possiamo dedurre che Gesù non era un'entità angelica, ma "un uomo" (Romani 5, 15): non era un'entità angelica, ma "un uomo" (Romani 5:15); "nato da donna" (Galati 4:4); discendeva da Abramo (Galati 3:16) attraverso la tribù di Giuda (Ebrei 7:14) e attraverso la stirpe di Davide (Romani 1:3); sua madre si chiamava Maria (Atti 1, 14); era chiamato Nazareno (Atti 2, 22 e 10, 38) e aveva dei "fratelli" (ne parleremo anche in un altro articolo dedicato ai "semitismi") (1 Cor 9, 5; Atti 1, 14), uno dei quali si chiamava Giacomo (Galati 1, 19); era povero (2 Corinzi 8, 9), mite e mansueto (2 Corinzi 10, 1); fu battezzato da Giovanni Battista (Atti 1, 22); raccolse discepoli con i quali visse in un rapporto costante e stretto (At 1, 21-22); dodici di loro furono chiamati "apostoli" e a questo gruppo appartenevano, tra gli altri, Cefa, cioè Pietro, e Giovanni (1 Corinzi 9, 5; 15, 5-7; At 1, 13-26).

Nel corso della sua vita, Gesù compì molti miracoli (At 2,22) e guarì e beneficò molte persone (At 10,38); una volta apparve ai suoi discepoli gloriosamente trasfigurato (2 Pt 1,16-18); fu tradito da Giuda (At 1,16-19); la notte del tradimento istituì l'Eucaristia (1 Corinzi 11:23-25); agonizzò in preghiera (Ebrei 5:7); fu vituperato (Romani 15:3) e preferito a un assassino (Atti 3:14); soffrì sotto Erode e Ponzio Pilato (1 Timoteo 6:13; Atti 3:13; 4:27; 13:28); fu crocifisso (Galati 3:1; 1 Corinzi 1:13, 23; 2:2; Atti 2:2); fu crocifisso (Galati 3:1; 1 Corinzi 1:13. 23; 2, 2; Atti 2, 36; 4, 10) fuori dalla porta della città (Ebrei 13, 12); fu sepolto (1 Corinzi 15, 4; Atti 2, 29; 13, 29); risuscitò dai morti il terzo giorno (1 Corinzi 15, 4; Atti 10, 40); poi apparve a molti (1 Corinzi 15, 5-8; Atti 1, 3; 10, 41; 13, 31); e ascese al cielo (Romani 8, 34; Atti 1, 2. 9-10; 2, 33-34).

I Vangeli

I Vangeli canonici (che fanno parte del canone biblico ufficiale delle Chiese cristiane e che oggi anche gli studiosi non cristiani riconoscono come storicamente autentici) sono quattro: "secondo" Matteo, Marco, Luca (questi primi tre Vangeli sono chiamati anche Vangeli sinottici) e Giovanni.

Il termine "vangelo" deriva dal greco "εὐαγγέλιον" (euangèlion), latinizzato in "evangelium" e ha diversi significati.

Da un lato, nella letteratura greca classica, indica tutto ciò che riguarda la buona notizia, ossia: la buona notizia stessa; un dono fatto al messaggero che la porta; il sacrificio votivo alla divinità in ringraziamento per la buona notizia.

In senso cristiano, invece, indica la buona notizia "tout court" e ha sempre a che fare con Gesù di Nazareth, cioè:

  • vangelo di Gesù, la buona notizia trasmessa dagli apostoli sull'opera e gli insegnamenti del Nazareno, ma soprattutto sulla sua risurrezione e vita eterna (in questo senso, si estende anche ai documenti che oggi conosciamo come Vangeli);
  • vangelo di Gesù, cioè la buona notizia portata, questa volta, da Gesù stesso, cioè il Regno di Dio e il compimento dell'attesa messianica;
  • vangelo-Gesù, in questo caso la persona di Gesù, donata da Dio all'umanità.

Il "Tannaìm" e la catechesi

Nei primi anni dopo la morte del Nazareno, il "vangelo" (questa parola comprendeva ormai i tre significati sopra elencati) fu trasmesso sotto forma di catechesi, termine che deriva dal greco "κατήχησις", "katechèsis" (dal verbo "κατηχήω", "katecheo", composto dalla preposizione "κατά", "katá", e dal sostantivo "ηχώ", eco, cioè "eco", da cui: "far risuonare", "dare eco").

Gesù non aveva lasciato nulla di scritto, come gli altri grandi maestri ebrei del suo tempo, i cosiddetti "mishnaici" (dal 10 al 220 d.C. circa), chiamati Tannaìm. Questi erano veri e propri catechisti. Trasmettevano cioè la Legge scritta in forma orale e la tradizione che si andava formando, da maestro ad allievo, attraverso la costante ripetizione di passi della Scrittura, parabole, sentenze e giudizi ("midrashìm", plurale di "midrash") costruiti in forma poetica e talvolta in forma di cantillazione, spesso utilizzando figure retoriche come l'allitterazione, per favorire l'assimilazione mnemonica di ciò che veniva declamato. Anche Gesù usava questo metodo e ne daremo alcuni esempi in un prossimo articolo.

Il corpus formato dai loro insegnamenti ha portato al Talmud e alla Mishnah (testi esegetici contenenti gli insegnamenti di migliaia di rabbini e studiosi fino al IV secolo d.C.). Mishnah, tra l'altro, deriva dalla radice ebraica "shanah" (שנה): "ripetere [ciò che viene insegnato]". In aramaico corrisponde a "tanna" (תנא), da cui "Tannaìm".

La diffusa "risonanza" di questa "buona notizia" trasmessa oralmente ha spinto la Chiesa, a un certo punto, a volerla mettere per iscritto e poi a tradurla nella lingua colta e universale del tempo (il greco). Sappiamo infatti che già negli anni Cinquanta del I secolo circolavano diversi scritti contenenti il "Vangelo" (Lc 1,1-4). Tuttavia, lo sviluppo di un Nuovo Testamento scritto non escludeva la continuazione dell'attività catechetica orale. Al contrario, si può dire che l'annuncio continuò, in entrambi i mezzi, di pari passo.

Sempre negli anni Cinquanta, Paolo stesso dice ai Corinzi (nella seconda epistola che scrive a questa comunità) che tutte le chiese lodavano un fratello per il Vangelo che aveva scritto. Senza dubbio si riferiva a Luca, il fratello che gli era stato più vicino nei suoi viaggi, al punto da averne narrato le gesta negli Atti.

Ciò confermerebbe le conclusioni di biblisti come Jean Carmignac (1914-1986) e John Wenham (1913-1996), secondo i quali i Vangeli canonici dovrebbero essere spostati indietro di qualche decennio rispetto alla datazione più comunemente accettata. Se avessero ragione, significherebbe che i Vangeli sarebbero stati scritti quando molti testimoni oculari degli eventi narrati erano ancora in vita, come afferma anche Paolo scrivendo ai Corinzi (1 Cor 15,6) di un'apparizione di Gesù "a più di cinquecento fratelli in una sola volta, e la maggior parte di loro è ancora in vita".

In questo modo si esclude qualsiasi possibilità di contenzioso.

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Cultura

Scienziati cattolici: Juana Bellanato, ricercatrice chimica

Juana Bellanato, ricercatrice chimica nata nel 1925, è stata presidente del Comitato spagnolo di spettroscopia. Questa serie di brevi biografie di scienziati cattolici è pubblicata grazie alla collaborazione della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Ignacio del Villar-2 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Juana Bellanato Fontecha (1925- ) è entrata a far parte dell'Istituto di Ottica "Daza de Valdés" (CSIC) di Madrid sotto la direzione di Otero Navascués. Otero Navascués la inviò in Germania come borsista del CSIC per un'ulteriore formazione. Durante il suo soggiorno ebbe la fortuna di incontrare il premio Nobel Chandrasekhara Raman, scopritore dell'effetto Raman. Successivamente si recò a Oxford, dove ebbe modo di incontrare un altro Premio Nobel per la Chimica (1956), Sir Cyril Norman Hinshelwood.

Grazie a questo eccellente background, Bellanato ha sviluppato la sua intera carriera scientifica concentrandosi sulla spettroscopia applicata a varie strutture molecolari, utilizzate per analizzare alimenti (birra, latticini, oli, vini, ecc.), microrganismi, calcoli urinari, farmaci e una vasta gamma di materiali industriali. Ha pubblicato circa 200 articoli su riviste specializzate, ha collaborato alla stesura di diversi libri scientifici e ha partecipato a numerosi progetti di ricerca. Ha ricoperto anche incarichi di responsabilità, tra cui quello di responsabile della Sezione Spettri Molecolari e del Laboratorio di Spettroscopia Molecolare (1975-1979), di responsabile dell'Unità Strutturale di Spettroscopia Molecolare dell'Istituto di Ottica (1979-1990), di presidente del Comitato Spagnolo di Spettroscopia (1985-1988), di vicepresidente del Gruppo Spagnolo di Spettroscopia (1985-1988) e di presidente del Gruppo Spagnolo di Spettroscopia (1990-1995).

La sua straordinaria carriera gli è valsa numerosi riconoscimenti: la Medaglia d'Argento del Comitato Spagnolo di Spettroscopia nel 1996, la medaglia della Società Reale Spagnola di Chimica nel 2003, il Distintivo d'Oro e Brillante dell'Associazione dei Chimici di Madrid nel 2007 e, infine, il titolo di Magnifico Maggiore della Comunità di Madrid nel 2013.

Juan Francisco Tomás, autore del libro "Javier Gafo: bioetica, teologia morale e dialogo", la descrive come "un'amica affettuosa, una madre, una donna credente che sa coniugare le sue conoscenze scientifiche con l'etica bioetica". Ciò non sorprende, dal momento che si è laureata in Teologia nel 1993 presso la Pontificia Università di Comillas e collabora da molti anni alla cattedra di Bioetica della stessa università.

L'autoreIgnacio del Villar

Università pubblica di Navarra.

Società degli scienziati cattolici di Spagna

Vaticano

Il Papa migliora e può salutare l'Angelus di domenica

Il Papa rimane stabile; la sua infezione polmonare è leggermente migliorata, secondo il Vaticano.

OSV / Omnes-1° aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Carol Glatz, Catholic News Service

Le condizioni di Papa Francesco rimangono stabili e una radiografia ha mostrato un leggero miglioramento della sua persistente infezione polmonare, ha dichiarato l'ufficio stampa vaticano.

Il Papa continua a mostrare miglioramenti nella mobilità e nella capacità di parlare, ha dichiarato l'ufficio stampa ai giornalisti il 1° aprile. Il Papa continua a ricevere ossigeno supplementare attraverso una cannula nasale durante il giorno e ossigeno ad alto flusso di notte quando necessario. Può rimuovere il tubo nasale per "brevi periodi" durante il giorno.

Trascorre gran parte della sua giornata facendo fisioterapia per riacquistare il livello di mobilità che aveva prima di essere ricoverato in ospedale il 14 febbraio a causa di difficoltà respiratorie. Gli è stata poi diagnosticata una polmonite doppia, oltre a infezioni polmonari virali e fungine. Sebbene la polmonite sia guarita prima della sua dimissione dall'ospedale il 23 marzo, il Papa 88enne ha ancora un'infezione polmonare persistente, che ha mostrato un "leggero miglioramento" in una recente radiografia, ha dichiarato l'ufficio stampa.

Continuità del trattamento

Il Papa continua a seguire i trattamenti farmacologici e respiratori prescritti e, come la scorsa settimana, la sua voce mostra un certo miglioramento dopo essere stata molto debole durante la lunga convalescenza. Anche gli esami del sangue di questa settimana sono risultati nella norma.

Secondo l'ufficio stampa, il Papa riceve visite esterne. È assistito dai suoi segretari personali, c'è sempre personale medico in servizio e i suoi medici lo visitano regolarmente.

Il Santo Padre concelebra la Messa tutte le mattine nella piccola cappella vicino alle sue stanze, al primo piano della sua residenza, la Domus Sanctae Marthaee lavora alla sua scrivania durante il giorno. Il Papa è di "buon umore" ed è grato per le numerose manifestazioni di affetto da parte dei fedeli, ha aggiunto l'ufficio stampa.

Possibile apparizione domenica

Il Vaticano intende pubblicare il testo preparato per l'udienza generale settimanale del Papa del 2 aprile, ha detto l'ufficio stampa, e l'omelia preparata per la messa del 6 aprile nell'ambito del Giubileo dei malati e degli operatori sanitari sarà letta dall'arcivescovo Rino Fisichella, che era già previsto che presiedesse quella messa.

L'ufficio stampa ha dichiarato che è troppo presto per sapere se il Papa apparirà in qualche forma per l'Angelus domenicale del 6 aprile o se avrà un messaggio per il 20° anniversario della morte di San Giovanni Paolo II, il 2 aprile, che sarà celebrato da una Messa commemorativa nella Basilica di San Pietro presieduta dal Cardinale Pietro Parolin.

L'autoreOSV / Omnes

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Spagna

"Celebrare la Risurrezione è essenziale".

Cantanti come Beret, Siempre Así e Hakuna si esibiranno a Madrid il 26 aprile in occasione della terza edizione del Festival della Resurrezione.

Maria José Atienza-1° aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

L'Associazione cattolica dei propagandisti ha presentato la terza edizione del suo Festa della Resurrezione. Un evento multitudinario che, dal 2023, riunisce migliaia di persone a Madrid per celebrare la resurrezione di Cristo in un concerto musicale che ha visto la partecipazione di personaggi come Marilia, Siempre Así e Hakuna.

Novità della terza edizione

L'emittente radiofonica Javi Nieves sarà incaricata di condurre questa edizione del Festival della Resurrezione. Nieves e Pablo Velasco hanno parlato in questa presentazione con alcuni degli artisti che parteciperanno al Festival della Resurrezione.

"L'atmosfera è incredibile", ha ricordato Cata, uno dei membri di Hakuna, "giovani, molte famiglie che cantano...". Beret, uno dei nuovi arrivati di quest'anno, ha sottolineato che sta provando da tempo per "riunire in mezz'ora tutta l'intensità che diamo in un concerto. Cercherò di far divertire la gente".

Rafael Almarcha, di Siempre Así, ha detto che per questo gruppo musicale è naturale unire fede e gioia: "Come cattolici, celebrare la Resurrezione è qualcosa di essenziale, che ci riempie di entusiasmo".

Il duo Cali y el Dandee ha anche inviato un video per incoraggiare le persone a partecipare a questa terza edizione del Festival della Resurrezione, che si terrà il 26 aprile dalle 18:30 in Plaza de Cibeles a Madrid.

Concorso musicale

180 canzoni sono state presentate al concorso musicale che è stato lanciato quest'anno dall'organizzazione e che rappresenta una delle novità di quest'anno. Il vincitore parteciperà anche a questo concerto, al quale l'anno scorso hanno partecipato più di 40.000 persone.

Zoom

I vescovi statunitensi contro le deportazioni

I vescovi di Las Cruces, San Antonio, El Paso e Santa Fe guidano una marcia contro la politica di immigrazione del governo.

Redazione Omnes-1° aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

72 ore

L'UE raccomanda un kit di sopravvivenza di 72 ore, ma l'autore sottolinea la necessità di un sostentamento spirituale per affrontare la paura e l'incertezza.

1° aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

L'UE ha raccomandato ai suoi cittadini di portare con sé un kit di sopravvivenza in caso di un possibile attacco o di un disastro naturale. Acqua, scatolette di latta, una torcia, un accendino... cose basilari per sopravvivere nelle prime 72 ore; ma dimenticano la cosa più importante: qualcosa che dia un senso a quei primi momenti di smarrimento e, a seconda della gravità del caso, alla nuova vita che dovrebbe iniziare dopo. Nel mio caso, includerei nel kit una piccola Bibbia e un rosario. In una situazione catastrofica in cui la disperazione, l'incertezza e la paura si sarebbero impadronite di noi, mi sarebbero sembrati il più grande dei tesori.   

Inizierei, ad esempio, con il Vangelo secondo Giovanni per leggere: "Nel mondo avrete le vostre lotte, ma fatevi coraggio: Io ho vinto il mondo"; passerei per il Salmo 34 per sentire che "quando l'uomo grida, il Signore lo ascolta e lo libera dai suoi affanni" o che "anche se il giusto soffre molti mali, il Signore lo libera da tutti"; per arrivare alla Lettera ai Romani in cui San Paolo mi ricorderebbe che "né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né il presente, né il futuro, né le potenze, né l'altezza, né la profondità, né alcun'altra creatura può separarci dall'amore di Dio manifestato in Cristo Gesù". Il Rosario, soprattutto se recitato in comunità, è un dono unico di Maria per trovare, in colei che è l'Ausiliatrice e la Regina della Pace, la consolazione spirituale e la pace di cui abbiamo bisogno nei momenti in cui la vita ci colpisce.  

Una società materialista come la nostra, che ignora la spiritualità, è completamente disarmata di fronte alle difficoltà della vita, ancor più di fronte a quelle che potrebbero arrivare secondo il futuro distopico che l'UE ci presenta. Se il senso della nostra vita è avere, cosa succede se perdiamo tutto? Noi cristiani facciamo una sorta di "allenamento di emergenza" ogni Quaresima, quando cerchiamo di vivere in modo più austero, privandoci di alcune cose materiali che consideriamo essenziali per il resto dell'anno, rinunciando ai nostri gusti a favore di altri... In questo periodo ricordiamo, con Gesù nel deserto, che "l'uomo non vive di solo pane, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio".

Il Vangelo è quella parola, cibo e bevanda, di cui la nostra anima ha bisogno per continuare a vivere; è quella lanterna che brilla nelle tenebre della paura; quell'accendino che può accendere il fuoco del nostro spirito quando crolliamo e quel coltello multiuso dalle infinite utilità per la vita di tutti i giorni come l'educazione dei figli, la cura dei poveri e dei malati, l'assistenza agli anziani, il rapporto con il denaro o l'organizzazione sociale. È anche quella cassetta di pronto soccorso con cui curare le nostre ferite e prevenire le malattie dell'anima; quella coperta termica che ci dà il calore di un buon padre quando intorno a noi tutto è freddo; quel walkie-talkie che ci mette in contatto con la comunità, con chi può aiutarci; quella radio a batteria che ci tiene in comunicazione con Lui, che ci porta la Buona Novella di cui abbiamo bisogno per essere ripetuti e, tra le tante cose, è anche quella carta d'identità che è indispensabile in ogni buon kit di emergenza. 

Sarebbe una storia diversa in questa Europa che si sta ricomponendo se avessimo conservato la nostra identità cristiana in un sacchetto impermeabile al riparo dalla polvere del marketing e dall'umidità delle ideologie che l'hanno corrotta. I suoi fondatori la portavano come una bandiera (letteralmente se studiamo l'origine delle insegne dell'UE), consapevoli che i valori evangelici come la verità, la libertà, la giustizia, la carità, la solidarietà o la ricerca del bene comune garantivano anni di unità, pace e progresso, ma i loro successori l'hanno ritenuta poco redditizia per i loro interessi e l'hanno tolta dal kit. Privando gli esseri umani e la società di un senso, siamo più vulnerabili che mai a una possibile situazione estrema che potrebbe verificarsi. 

Il famoso psichiatra, Viktor Franklsopravvissuto ai campi di concentramento, nella sua opera "...".La ricerca di senso dell'uomo"L'essere umano - ha detto - è quell'essere capace di inventare le camere a gas di Auschwitz, ma è anche l'essere che è entrato in quelle stesse camere a testa alta e con il Padre Nostro o lo Shema Israel sulle labbra". Oggi pochi conoscono il Padre Nostro o lo Shema, quindi la dignità umana vale quanto due scatole di sardine o una bottiglia d'acqua. Mentre alcuni preparano le loro armi strategiche, all'uomo e alla donna destinati all'eternità viene garantito solo questo: 72 ore di vita.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Stati Uniti

R. J. Snell: "Prima che repubblicani o democratici, siamo cattolici".

R.J. Snell è caporedattore di Discorso pubblicola rivista del Princeton Research Center. Dottore in filosofia, ha scritto, tra l'altro, sulle arti liberali, sul diritto naturale e sulla tradizione intellettuale cattolica.

Paloma López Campos-1° aprile 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Redattore, conferenziere e autore, R. J. Snell è anche uno dei collaboratori di Parola al fuoco e Risposte cattolichedue grandi piattaforme statunitensi con risorse per i cattolici.

Attraverso il suo lavoro, Snell cerca di incoraggiare gli intellettuali cattolici a non perdere terreno nei confronti dei protestanti, che sono "pronti a discutere tutto in un momento". 

Tuttavia, come si evince da questa intervista con Omnes, è ottimista, soprattutto per quanto riguarda la nuova generazione di giovani cattolici che, nonostante la polarizzazione negli Stati Uniti, sono entusiasti e impegnati nella loro fede. In queste nuove generazioni trova "un'enorme quantità di saggezza" che può aiutare a risolvere i grandi errori come la politicizzazione della fede, la mancanza di conoscenza della Dottrina sociale della Chiesa o la mancanza di autocoscienza, di cui parla in questa intervista.

Cosa pensa dei giovani cattolici e come vede le prospettive per il loro futuro negli Stati Uniti?

-Quando si parla con un cattolico di una certa età, spesso è piuttosto scoraggiato per la situazione nel mondo e nella Chiesa. Io sono abbastanza ottimista riguardo ai giovani. È vero che se si guarda solo ai numeri della frequenza alle Messe, dei battesimi, delle nascite o dei seminaristi, tra il 1950 e il 2025 sembra esserci un declino. D'altra parte, quando si parla con i giovani cattolici di oggi si trovano persone con gli occhi ben aperti. Ci sono pochissimi cattolici "culturali", quelli che sono lì solo perché sono spagnoli o irlandesi e provengono da Paesi tradizionalmente cattolici.

Penso che ci siano tutti i segnali positivi che la Chiesa del futuro sarà probabilmente un po' più piccola di quella a cui siamo abituati, ma molto più informata, impegnata e matura, e questa è la cosa migliore. Quando guardo i giovani cattolici vedo che, a causa della loro giovinezza, sono inclini a un entusiasmo che va da una parte e dall'altra, ma penso che ci sia un'enorme quantità di saggezza e impegno.

Pensa che i cattolici conoscano la Dottrina sociale della Chiesa?

-I cattolici non sono di solito, almeno non nel Stati Unitiparticolarmente istruiti. Non sanno molto di teologia e così via. 

Per esempio, sono cresciuto protestante. Se cresci protestante, devi avere tutte le tue idee allineate e pronte. Devi essere pronto ad argomentare tutto in un momento. E poi si incontrano cattolici che non sanno articolare quasi nulla su un argomento.

Quando ho pensato di convertirmi al cattolicesimo, mi preoccupava il fatto che nella Chiesa le persone non sembravano in grado di articolare la loro fede, eppure sembravano avere un tipo di santità che io non avevo, una saggezza che io non avevo.

La chiave è che l'azione stessa della Chiesa è la sua Dottrina sociale in pratica. Pensate a tutte le organizzazioni caritative e alle scuole cattoliche. È impressionante quello che fanno, almeno negli Stati Uniti. Questa è Dottrina sociale in pratica. E i giovani cattolici che conosco si impegnano per la giustizia, si impegnano per il bene comune. Forse non sono in grado di darvi la definizione del catechismo, ma la assaporano e la vivono.

Egli sostiene che dobbiamo conoscere la Santissima Trinità per conoscere noi stessi. Ma se la Santissima Trinità è un mistero, significa che non saremo mai in grado di conoscere noi stessi?

-Come dice Sant'Agostino nelle "Confessioni", siamo un problema e un mistero per noi stessi. Giovanni Paolo II nella Teologia del Corpo dice che l'essere umano è alla ricerca della sua essenza. Non sappiamo chi siamo.

Allo stesso tempo, la Trinità è un mistero, ma non è incomprensibile. Sappiamo che alcune cose sono vere e altre no. Così sappiamo alcune cose sull'uomo che sono vere, e sappiamo alcune cose che non possono essere altrimenti perché siamo creati a immagine di Dio.

Allo stesso modo, il filosofo tedesco Robert Spaemann afferma che non siamo solo cosa, siamo chi. Non sappiamo pienamente chi siamo, e questa è una questione che non si risolve semplicemente con il passare del tempo.

Come vede il rapporto tra cattolici e discorso pubblico in uno scenario così polarizzato?

-Penso che i cattolici commettano due errori quando si tratta di parlare in pubblico. Da un lato, si concentrano sul negativo. Si concentrano sulla stupidità, pensano di doversi togliere di mezzo e finiscono per sembrare dei quietisti.

Il secondo errore che commettono è quello di replicare lo stato politico e portarlo nello spirituale. Certo, probabilmente appartenete a un partito politico, avete le vostre opinioni politiche e come cattolici siamo liberi di averle e di non essere d'accordo. Ma noi siamo prima di tutto cattolici, prima di essere repubblicani o democratici. Prima di tutto siamo impegnati nella verità del Vangelo. Prima di tutto siamo impegnati per il benessere di tutti nella nostra società e nel mondo. E poi viene l'opinione sul codice fiscale, che deve venire in secondo piano.

Nella Scrittura si dice che ci riconosceranno dal nostro amore. Riconosceranno un cristiano dal suo amore. È un peccato se quello che si vede quando si guarda ai cattolici in America è prima un repubblicano o un democratico che litigano per chi detiene il Senato. Questo è, in senso molto tecnico, uno scandalo.

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Vaticano

Le reliquie di Carlo Acutis denunciate perché vendute su internet

Il vescovo di Assisi ha denunciato alla polizia un'asta di presunte reliquie di Carlo Acutis e di altri santi, tra cui San Francesco d'Assisi.

Rapporti di Roma-31 marzo 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il vescovo di Assisi ha denunciato alla polizia la vendita di presunte reliquie del Beato su internet. Carlo Acutis. Secondo il prelato, una piattaforma online avrebbe organizzato un'asta con reliquie di Acutis, San Francesco d'Assisi e altri santi della Chiesa cattolica.

Il vescovo ha spiegato che il diritto canonico proibisce la compravendita di reliquie e ha chiesto alla polizia di sequestrare gli oggetti all'asta.


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Spagna

Argüello esorta PP e PSOE a unirsi e a cercare il bene comune

Il presidente della Conferenza episcopale spagnola esorta i politici a cercare un dialogo sincero che promuova il bene comune.

Javier García Herrería-31 marzo 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

La 127ª Assemblea plenaria della Conferenza episcopale spagnola si è aperta con un discorso di mons. Luis Argüello, presidente della CEE, in cui ha affrontato le sfide che la Chiesa deve affrontare nell'attuale contesto sociale, politico ed economico, esortando alla ricerca del bene comune.

Il discorso si è distinto per l'alto livello intellettuale e la solidità delle argomentazioni, in linea con il suo stile abituale. La sua riflessione ha evidenziato la necessità di recuperare la centralità della persona e della trascendenza in una società segnata dall'individualismo e dall'immediatezza.

Ha iniziato ringraziando il nunzio, Bernardito Azúa, per il lavoro svolto negli anni in Spagna. Ha inoltre chiesto di pregare per la salute di Papa Francesco e per l'unità della Chiesa in questi tempi incerti.

Affrontare l'individualismo radicale

Uno dei temi centrali del discorso è stato un monito sul modello antropologico dominante di oggi. L'arcivescovo Argüello ha denunciato che molte delle recenti legislazioni "riferite alla vita, al matrimonio, al sesso e al genere consacrano l'individualismo autonomo e potenziato come antropologia di riferimento in cui l'ideologia fa quasi a meno della biologia". Ha citato il transumanesimo come una delle sfide più importanti per la società.

In questo senso, ha sottolineato che la vita è un dono e non una questione di potere o di autodeterminazione assoluta. L'arcivescovo ha deplorato che questa visione abbia permeato la società, offuscando l'identità e il senso di comunità. Al contrario, ha insistito sulla necessità di una cultura basata sull'interdipendenza e sulla solidarietà, dove ogni persona è riconosciuta nella sua dignità e nella sua relazione con gli altri.

Economia e giustizia sociale

Il presule ha anche affrontato il tema dell'impatto dell'economia nel plasmare il tessuto sociale, sottolineando che il sistema attuale promuove un modello basato sul consumismo e sulla manipolazione dei desideri individuali. "L'economia dominante promuove regole del gioco basate sulla capacità dell'offerta di orientare la domanda attraverso la manipolazione del cuore, del desiderio con promesse di una buona vita, o almeno di una vita divertente o brevemente soddisfatta", ha ammonito.

Di fronte a questa realtà, ha difeso un modello economico che metta al centro la persona e non solo la redditività. Ha ricordato che la Chiesa, attraverso la sua Dottrina sociale, ha insistito sulla necessità di un'economia del bene comune, che garantisca il sostentamento delle famiglie, un lavoro dignitoso e la protezione dei più vulnerabili.

Vocazione e missione della Chiesa nel mondo di oggi

Un altro dei punti chiave del discorso è stata la missione della Chiesa nella società contemporanea. L'arcivescovo Argüello ha ricordato che la comunità ecclesiale "non si costruisce su progetti, ma sulla carità accolta, incarnata, condivisa e offerta in modo vocazionale". Ha spiegato che la Chiesa deve essere una testimonianza viva di servizio e dedizione, lontana dalla logica del potere e del successo immediato.

Ha inoltre sottolineato l'importanza della vocazione come risposta alla cultura del "potere insaziabile". In un mondo in cui l'individuo cerca costantemente di affermarsi nel successo e nell'autosufficienza, l'arcivescovo ha sottolineato che la vera realizzazione si trova nella generosa donazione di sé e nell'obbedienza alla volontà di Dio.

In tono di speranza, il presule ha ricordato che la Chiesa è chiamata a essere luce in mezzo all'incertezza. "Celebriamo il mistero pasquale nel tempo, nella storia, rendendoci conto che Gesù è il Signore del tempo", ha detto. Partendo da questa certezza, ha invitato i fedeli a essere "pellegrini della speranza", affrontando le difficoltà con fede e fiducia nella provvidenza divina.

Le preoccupazioni globali e il futuro della Chiesa

L'arcivescovo Argüello non ha trascurato le sfide che la Chiesa deve affrontare oggi, sia internamente che esternamente. Ha espresso la sua preoccupazione per la situazione mondiale, segnata da conflitti, crisi economiche e crescente frammentazione sociale.

In questo contesto, ha sottolineato l'importanza della sinodalità come mezzo per rafforzare la comunione ecclesiale. "Siamo un popolo e una via", ha affermato, sottolineando che la corresponsabilità e la partecipazione di tutti i fedeli sono essenziali per la missione della Chiesa nel mondo di oggi.

Un invito a recuperare l'identità cristiana

Il discorso si è concluso con un invito a recuperare l'identità cristiana in un mondo che sembra averla relegata in secondo piano. L'arcivescovo Argüello ha avvertito che la secolarizzazione e il relativismo hanno indebolito i valori che storicamente hanno sostenuto la società europea.

Il presule ha insistito sul fatto che i valori del Vangelo, come la verità, la libertà, la giustizia e la carità, sono fondamentali per costruire una società più giusta e fraterna. In questo senso, ha incoraggiato i cristiani a vivere la loro fede in modo coerente e ad essere testimoni del Vangelo in tutti gli ambiti della vita.

Trump e il nuovo ordine internazionale

Nel suo intervento, Mons. Luis Argüello ha sottolineato come l'ascesa al potere di Donald Trump abbia segnato una svolta nell'ordine internazionale. Ha spiegato che questo fenomeno ha contribuito alla frammentazione del sistema geopolitico.

Argüello ha osservato come "i vecchi e nuovi poli di potere geopolitico, tra i quali l'Europa sta cercando il suo posto, hanno un curioso tratto comune, l'importanza che le autorità pubbliche attribuiscono al fenomeno religioso - la Russia e il cristianesimo ortodosso, gli Stati arabi e l'Islam, la Cina e il revival di Confucio; In India, il partito al governo cerca di affermare l'induismo come identità centrale; negli Stati Uniti, il valore attribuito al mosaico di confessioni cristiane rimane importante, con un ruolo singolare ora per la "teologia della prosperità".

La crisi migratoria e la Chiesa

Argüello ha ricordato come la politica migratoria degli Stati Uniti, giustificata da alcune parti con motivi religiosi, abbia generato un intenso dibattito sulla concezione dell'"ordo amoris" e sul ruolo della "teologia della prosperità" all'interno del cristianesimo statunitense.

Per quanto riguarda la Spagna, ha affrontato l'impatto della recente riforma del Regolamento della Legge sugli Stranieri che, sebbene sia stata usata come argomento per fermare l'elaborazione dell'Iniziativa Legislativa Popolare (ILP) sostenuta dalla Chiesa e da altre entità, lascia ancora migliaia di persone in un "limbo legale ed esistenziale". Tra questi, ha citato coloro che non soddisfano i requisiti per la residenza, le persone prive di documenti e senza possibilità di regolarizzazione e coloro che incontrano difficoltà lavorative a causa dell'età o della malattia.

La Conferenza episcopale spagnola ha esortato i principali partiti politici a riprendere il dialogo e a riconsiderare l'ILP per offrire una soluzione più equa a queste persone.

Cercare il bene comune

Nella parte finale del suo intervento, Mons. Argüello ha auspicato una "alleanza sociale per la speranza", raccogliendo l'invito di Papa Francesco. Ha proposto di incoraggiare il dialogo sull'organizzazione della società e sulla concezione del "noi", sottolineando la necessità di superare le identità frammentate e il corporativismo.

Il suo approccio mira a una società più coesa, in cui le relazioni umane e la costruzione del bene comune sono fondamentali.

Il discorso del Nunzio

Dopo le parole di Argüello, Bernardito ha espresso la sua gratitudine ai vescovi per l'accoglienza e il sostegno che gli hanno riservato durante il suo soggiorno in Spagna e ha chiesto di pregare per il Papa. Ha anche ringraziato il popolo spagnolo per il calore della sua accoglienza nelle varie città che ha visitato.

Al termine del suo discorso, Luis Argüello gli ha regalato delle copie della Liturgia delle Ore, "affinché possa pregare in spagnolo ovunque si trovi".

Mondo

Cattolici turchi in preda alla paura per i disordini in Turchia

Le minoranze cristiane della Turchia temono i disordini e i contraccolpi nel Paese dopo l'arresto, il 19 marzo, di uno dei principali leader dell'opposizione, il sindaco eletto di Istanbul, Ekrem Imamoglu.  

OSV / Omnes-31 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

- Jonathan Luxmoore, Notizie OSV

I cattolici e le minoranze cristiane turche temono disordini dopo l'arresto, il 19 marzo, di uno dei principali leader dell'opposizione, Ekrem Imamoglu, eletto sindaco di Istanbul e "musulmano praticante ma sindaco laico". 

"La nostra chiesa non è sotto i riflettori diretti di nessuno, perché è una presenza insignificante qui, ma Cattolici da tutto il Paese hanno paura", ha dichiarato una fonte ecclesiastica a OSV News.

Non è stata una sorpresa

"La gestione del potere in Turchia e in tutto il Medio Oriente è legata a individui e gruppi che non hanno una reale comprensione della democrazia. Quindi quello che sta accadendo ora non è una sorpresa, almeno per chi ha seguito gli eventi nel corso degli anni".

La fonte, che ha chiesto di non essere nominata per motivi di sicurezza, ha parlato con OSV News mentre proseguivano le proteste di piazza per la detenzione di Ekrem Imamoglu, sindaco eletto di Istanbul e atteso candidato alle presidenziali, insieme a decine di altri membri del suo Partito Popolare Repubblicano di opposizione.

Ha detto di non aver sentito parlare di arresti o danni alle proprietà delle diverse comunità cattoliche del Paese, né di minacce dirette al Patriarcato ecumenico ortodosso di Istanbul e ad altre confessioni cristiane.

I cristiani colpiti

Tuttavia, ha aggiunto che tutti i gruppi cristiani sono stati colpiti dall'aggravarsi delle tensioni politiche e delle difficoltà economiche in Turchia, i cui 85 milioni di abitanti sono in maggioranza musulmani sunniti. 

Il quotidiano turco 'Hurriyetha riferito il 26 marzo che dalla detenzione di Imamoglu sono stati arrestati più di 1.400 manifestanti, per lo più giovani, e almeno 170 sono in attesa di giudizio, tra cui diversi giornalisti arrestati in incursioni all'alba.

Chiuse ampie zone di Istanbul

Ha aggiunto che gran parte di Istanbul, una città di 15,7 milioni di persone, è rimasta chiusa, con la polizia antisommossa che pattugliava con gas lacrimogeni, cannoni ad acqua e proiettili di gomma, e i collegamenti internet e di trasporto parzialmente interrotti. 

Nel frattempo, AsiaNews, un'agenzia del Pontificio Istituto per le Missioni Estere del Vaticano, ha dichiarato che le autorità turche si sono astenute da un divieto totale delle proteste per evitare di "provocare un'eccessiva rabbia popolare". 

L'agenzia ha aggiunto che il sostegno per Imamoglu, "musulmano praticante ma sindaco laico", è rimasto forte in una Istanbul "piena di cicatrici e delusioni", e che ha cercato di far rivivere la visione laica favorita dal moderno fondatore della Turchia, Mustafa Kemal Atatürk (1881-1938).

Accuse

Il 26 marzo, Recep Tayyip Erdogan, presidente della Turchia, ha accusato i politici dell'opposizione di cercare di "coprire le proprie malefatte" "nascondendosi dietro i giovani" e di sabotare l'economia invitando a boicottare le aziende e i media filogovernativi.

Ha aggiunto che "l'illegalità" sarà ritenuta responsabile e ha accusato i governi occidentali di usare due pesi e due misure per aver ignorato "atti di vandalismo e insulti".

"Se per democrazia si intende permettere a ladri, truffatori e gruppi marginali di sfruttare i comuni e le risorse pubbliche, rifiutiamo questo concetto di democrazia", ha dichiarato Erdogan, primo ministro della Turchia dal 2003 al 2014. Erdogan ha acquisito ampi poteri durante i tre mandati successivi come presidente, sopravvivendo a un tentativo di colpo di Stato nel luglio 2016 che ha causato più di 200 morti.

Uso della forza contro i manifestanti

Nelle recenti proteste, l'uso della "forza non necessaria e indiscriminata" contro i manifestanti è stato condannato da Amnesty International, che ha esortato il governo turco a "rispettare e proteggere il diritto di riunione pacifica".

Nel frattempo, il commissario per i diritti umani del Consiglio d'Europa, Michael O'Flaherty, si è detto preoccupato per le segnalazioni di un uso sproporzionato della forza di polizia e ha invitato le autorità turche a "rispettare i loro obblighi in materia di diritti umani",

Chiesa cattolica: sette diocesi, 54 parrocchie

La Chiesa cattolica ha sette diocesi e vicariati apostolici, con 54 parrocchie e 13 centri pastorali, in Turchia, uno Stato membro della NATO. La Chiesa ha subito diversi oltraggi, come l'accoltellamento mortale, nel 2010, del presidente della sua conferenza episcopale, l'on. Mons. Luigi Padovesea Iskenderun, e l'omicidio del 2006 del padre Andrea Santoro, di origine italiana, nella sua chiesa di Trabzon.

Sebbene il Paese abbia ripreso i legami diplomatici con il Vaticano nel 2016, due anni dopo una visita in Vaticano da parte del Papa FrancescoAlla Chiesa è stato negato il riconoscimento legale e sta ancora cercando di recuperare circa 200 proprietà da un elenco presentato a una commissione parlamentare nel 2012.

Anche altre chiese cristiane storiche stanno cercando di recuperare terreni e proprietà confiscati dopo il Trattato di Losanna del 1923, che ha stabilito i confini della Turchia moderna, e devono affrontare problemi nel reclutamento del clero, nella costituzione di associazioni e nell'ottenimento di permessi di costruzione e ristrutturazione.

1700° anniversario del Concilio di Nicea

Le speranze per una nuova visita del Papa a maggio, per commemorare il 1700° anniversario del Consiglio di Nicea (greco) in Iznik (turco) di oggi, è aumentata dopo l'incontro del 26 dicembre di Erdogan con il patriarca ecumenico ortodosso Bartolomeo di Costantinopoli, anche se il Vaticano non ha confermato alcun piano. Papa Francesco ha espresso il desiderio di andarci a novembre, ma resta incerto se le sue condizioni di salute glielo permetteranno.

Nell'intervista rilasciata a OSV News, la fonte ecclesiastica ha affermato che "profonde divisioni" sembrano persistere nella società turca mentre Erdogan persegue politiche guidate da "nazionalismo e Islam".

Paura di parlare e di denunciare le ambiguità

"Certamente, gran parte della popolazione disapprova la sua commistione tra politica e religione, ma la maggior parte delle persone conosce anche le conseguenze negative del parlare", ha detto la fonte.

"Anche tra i cristiani occidentali l'atteggiamento rimane ambiguo. Da un lato, organizzano lacrimevoli veglie di preghiera per i cristiani in Medio Oriente. Dall'altro, sostengono politicamente i governi che fanno affari con la Turchia".

OSV News non ha ricevuto risposta alle richieste di commento sulla situazione attuale da parte dell'ufficio stampa dei vescovi turchi e di alcune importanti comunità ecclesiali di Istanbul.

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Jonathan Luxmoore scrive per OSV News da Oxford, Inghilterra.

Questo testo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

L'autoreOSV / Omnes

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Evangelizzazione

15 canzoni di ispirazione biblica da ascoltare

La musica di ispirazione cristiana ha conosciuto un boom negli ultimi tempi. A titolo di esempio, in questo articolo è riportato un elenco (non una classifica) di 15 canzoni famose ispirate alla Bibbia.

Francisco Otamendi-31 marzo 2025-Tempo di lettura: 6 minuti

La Bibbia è come "l'anima della teologia", e colonna vertebrale spiritualità della pratica religiosa cristiana. Non sorprende, quindi, che decine di cantanti e gruppi musicali abbiano tratto ispirazione dal Bibbia per comporre e cantare canzoni famose che hanno avuto un impatto su tante persone. Ecco 15 canzoni di ispirazione biblica da ascoltare.

Che cosa hanno in comune gli U-2, Elvis Presley, Justin Bieber, Karol G, The Birds, Matt Maher, Leonard Cohen, Hakuna Group Music o Iñigo Quintero? Una risposta è la seguente: sono stati tutti ispirati, in misura maggiore o minore, da episodi biblici. Sia dall'Antico che dal Nuovo Testamento, e dal Vangeli.

Non c'è gusto che tenga

In questi temi pulsano la sua fede e i suoi dubbi di fede, la ricerca e il bisogno di Dio, i salmi dell'Antico Testamento, l'Eucaristia, la Chiesa? Avrebbero potuto essercene molti altri. Nei social network è possibile commentare, correggere le sviste o contrastare i gusti.

Un breve commento. Inserire una canzone in questa TOP 15 non significa mettere l'autore o gli autori su un piedistallo. Le canzoni riflettono processi vitali (con i loro sentimenti e le loro ragioni) per avvicinarsi alla fede in Dio, per sperare in Lui, con chiarezza e oscurità. Eccole. 

1. 'Signore ho bisogno di te". Matt Maher. Bisogno di Dio

Matt Maher ha spiegato in questa intervista con WJTL Radio cosa significa per lui questa canzone. Signore ho bisogno di te. I versi che cantava sono diventati ancora più toccanti il giorno in cui ha avuto suo figlio. Improvvisamente, Matt si trovò in braccio un bambino indifeso e molto bisognoso. 

Maher ricorda il versetto "ogni ora ho bisogno di te" mentre dava da mangiare al suo bambino, gli cambiava i pannolini e si prendeva cura di lui. Ha riflettuto su cosa significhi realmente per i cristiani avere bisogno di Dio. 

2. - '40'. U2, Bono. Speranza nell'aiuto divino

Avete qui ’40’in cui la leggendaria band irlandese, con numerose canzoni ispirate alla Bibbia, mette in musica il Salmo 40: "Ha posto i miei piedi sulla roccia e ha reso saldi i miei passi. Si è chinato e ha ascoltato il mio grido... Canterò una canzone di nuova canzoneQuanto tempo, quanto ancora, quanto ancora"?

Sono a Chicago, e con appelli anche al traffico, Bono riflette con il biblico Salmo 40 l'esperienza di aspettare con costanza l'aiuto di Dio e di essere salvati dall'"argilla fangosa". Gli U2 hanno chiuso numerosi concerti negli anni '80 e '90 con questa canzone.

3. "Holy". Justin Bieber. Fede e speranza

Nel 2020, nel bel mezzo della pandemia, la cantante ha pubblicato il brano Santo (Saint, saint), che avrebbe potuto benissimo intitolarsi "On God". La fede cristiana è sempre stata importante per il giovane canadese Justin Bieber, che ha o si è fatto tatuare sul petto la frase "Figlio di Dio". 

Con "Holy", Bieber ha fatto il suo debutto nel mondo del Musica cristiana insieme al rapper Chance The Rapperparlare di fede e speranza. Justin è un operaio che perde il lavoro e canta che dobbiamo sempre mantenere la fede.

4. "La sua mano nella mia". Elvis Presley. Fede in Dio.

Il Re del Rock and Roll ha condiviso il suo lato più profondo durante l'esecuzione di "The King of Rock and Roll".Pace nella valle', un inno cristiano che sua madre amava. Nei versi iniziali della sua canzone 'La sua mano nella mia(La sua mano nella mia), si può notare la profondità di questa canzone, ispirata al Salmo 23.

5. "Grazie a te". Karol G. Fiducia in Dio

Anche la cantante colombiana Karol G ha una canzone dedicata a Dio, 'Grazie a voi'. Ricorda che "quando sono caduta e ho perso la strada, Signore, ti ringrazio per avermi tirato su e per avermi mostrato che non c'è nulla al mondo che io e te non possiamo risolvere insieme. Grazie per essere entrato nella mia vita e aver preso il controllo, non andartene, non voglio più stare senza di te".

Dopo i suoi recenti successi, Karol G ha voluto inviare un messaggio di fede e fiducia ai suoi fan, ringraziando Dio per le benedizioni che ha portato nella sua vita.

6. "Viva la vida". Coldplay. La transitorietà del potere

Life Life" e Chris Martin hanno totalizzato oltre 600 milioni di ascolti su Spotify e rimane uno dei singoli della band con le classifiche più alte di tutti i tempi.  

Nel testo di 'La vita la vitaSi vede che forse Martin e i suoi colleghi conoscono le chiavi, i perché e i percome. "Ho scoperto che i miei castelli erano sostenuti. Su pilastri di sale e pilastri di sabbia. Sento suonare le campane di Gerusalemme. I cori della cavalleria romana cantano. Sii il mio specchio, la mia spada e il mio scudo".

Parla di sullo sfondo di un riferimento a una pittrice malata, Frida Kahlo, costretta a letto prima di morire. Un messaggio dei Coldplay: se vuoi la pace, sii pace; se vuoi l'amore, sii amore. Canto alla vita in tante marce.

7. "Hallelujah". Leonard Cohen. Lode a Dio

Si è discusso a volte di questa canzone di Leonard Cohen, '.AlleluiaLa canzone si riferisce a un adulterio raccontato nella Bibbia (quello del re Davide e di Betsabea, moglie di Uria), per il quale il re si pentì e chiese perdono (Salmo 51, Miserere). La canzone si riferisce a un adulterio raccontato nella Bibbia (del re Davide e di Betsabea, moglie di Uria), per il quale il re si pentì e chiese perdono (Salmo 51, Miserere). Prima di ciò, ricevette l'aiuto del profeta Natan. Si può vedere qui la catechesi del Papa Francesco su questo Salmo 51, sul peccato del re Davide e sul perdono di Dio.

La popolarità della canzone, con le sue numerose versioni, è grande. Leonard Cohen, che era ebreo, è morto nel 2016. In Hallelujah aveva scritto: "Mi presenterò davanti al Signore del canto. Con niente sulla mia lingua se non Hallelujah".

8. - Dolce follia". Batah. Eucaristia.

Il canale si chiama Batah (in ebraico "fiducia") e comprende canzoni come questa sull'Eucaristia, "...", "...", "...", "..." e "...".Dolce follia', e versioni di gruppi e cantanti. Il nome riflette la volontà di lasciare tutto nelle mani di Dio e quindi, vivendo nella fiducia, di essere felici in Lui. 

9. 'Cose belle". Benson Boone. Supplica a Dio.

Cose belle (Beautiful Things), è come una supplica a Dio, una preghiera. Benson Boone dice di ringraziare Dio ogni giorno per la ragazza che gli ha mandato, ma sa che le cose che gli ha dato possono essere portate via. "Ma non c'è uomo più terrorizzato. Dell'uomo che corre il rischio di perderti. Spero di non perderti. Ti prego, resta. Ti amo, ho bisogno di te, oh, Dio. Non portarmi via le cose belle che ho. Ti prego, resta. Ti amo, ho bisogno di te, oh, Dio".

10. "Ha trasformato l'acqua in vino". Johnny Cash. Miracoli di Gesù.

Ha trasformato l'acqua in vinoHe turned water into wine" è il titolo di questa canzone di Johnny Cash scritta durante un viaggio in Terra Santa con sua moglie qualche decennio fa, nel 1968. Si recarono a Canaan e in una piccola chiesa c'era una cisterna con l'acqua proveniente dallo stesso luogo che Gesù usò per trasformarla in vino. Tutto ciò lo ha ispirato, dice Aleteia, e ha scritto la canzone quando è tornato a Tiberiade.

Nel testo, Johnny Cash non si riferisce solo alla trasformazione dell'acqua in vino. "Camminò sulle acque del mare di Galilea, gridò e calmò la marea. Guarì il lebbroso e lo zoppo, sfamò la moltitudine affamata. Guarì il lebbroso e lo zoppo. Trasformò l'acqua in vino.

Gira, gira, gira! I Byrds. Ecclesiaste.

Il titolo si traduce letteralmente come Gira, gira, gira!ma ha anche un sottotitolo: "Per ogni cosa c'è una stagione". "Un tempo per nascere e un tempo per morire / Un tempo per piantare, un tempo per raccogliere / Un tempo per uccidere e un tempo per guarire / Un tempo per piangere e un tempo per ridere".

La canzone è stata composta dal cantautore folk Pete Seeger, che ha preso il testo quasi alla lettera dal terzo capitolo del Libro di Ecclesiastein cui il re Salomone contempla il significato della vita, di Dio e dell'eternità. 

12. Che siano tutti uno".. Luispo y Trigo 13.

"La nostra musica parla di come Cristo ci ha sconvolto, ha stravolto le nostre vite e ha messo nei nostri cuori il desiderio che altri lo conoscano. Ecco come è stato raccontato Un anno e mezzo fa Ana Zornoza e Mónica Marín, membri e fondatrici del gruppo musicale cattolico Trigo 13, hanno lanciato '...'.Che siano tutti uno'.

Grano" per la parabola del seminatore, e "tredici" perché Gesù aveva dodici apostoli... e tu puoi essere il tredicesimo", dissero. Luispo è un sacerdote dell'Opus Dei e Trigo 13 è legato all'Opus Dei. ONG Jataricon progetti missionari e di volontariato in Perù e Spagna.

13. Semplicemente". Hakuna Group Music. Credi in Dio.

Semplicemente' è la canzone più suonata di Hakuna Group Music, insieme a "Hurricane", un vero e proprio "uragano" alla GMG di Lisbona. "Credo, Signore, semplicemente. E come amo credere in te, provando dubbi", dice la canzone. Sentendo i dubbi", dice la canzone. In questa TOP 15 è stata inserita "Sencillamente", anche se si sarebbero potute includere altre dello stesso gruppo, come "Noche" o "Huracán".Forofos'. "Vogliamo raccontare al mondo una verità che viviamo e portiamo dentro di noi", dice Hakuna.

14. Noi siamo il mondo", USA per l'Africa, USA per Haiti. Solidarietà.

Noi siamo il mondo (Noi siamo il mondo) è un canzone di solidarietà con alcuni Paesi africani a causa della carestia, scritta da Michael Jackson e Lionel Richie nel 1985. È stata prodotta da Quincy Jones e registrata a gennaio da oltre 40 cantanti di spicco. Tra questi, Ray Charles, Lionel Richie, Bruce Springsteen, Diana Ross, Michael Jackson, Billy Joel, Stevie Wonder, Kenny Rogers, Cyndi Lauper e Bob Dylan, con Phil Collins alle percussioni.

Il supergruppo si chiamava USA For Africa. La canzone ebbe un enorme successo. Nel 2010 è stata realizzata una versione Per Haitie ce n'è anche uno in spagnolo, Noi siamo il mondocon cantanti latini come Shakira, Thalía, Paulina Rubio, Vicente Fernández, Natalia Jiménez, Ricky Martin, Daddy Yankee, Cristian Castro e Jon Secada, tra gli altri.

15. Si no estás". Iñigo Quintero. Il rapporto con Dio.

L'argomento 'Se non sieteLa fama di Iñigo Quintero nel 2023, raggiungendo la posizione numero uno nella classifica di gli elenchi in Spagna, Francia, Germania, Austria, Paesi Bassi e Svizzera, oltre a raggiungere l'ambita top 1 globale su Spotify.

In un intervista Su Cope, Iñigo Quintero ha riconosciuto che nella canzone parlava del suo rapporto con Dio, "delle cose che ho dentro di me, di Dio, di scrivere a Lui o di Lui". 

L'autoreFrancisco Otamendi

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Ecologia integrale

La "spiritualità del martirio", la testimonianza cristiana alla fine della vita

La "spiritualità del martirio", come testimonianza cristiana di ciò che significa credere in Dio fino alla morte, è discussa da Travis Pickell nel suo recente libro sull'etica alla fine della vita. Il Il modello della medicina come vocazione alla guarigione è in discussione, afferma il professor Pickell.   

OSV / Omnes-30 marzo 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

- Charlie Camosy / Notizie OSV

Travis Pickell, autore di 'Burdened Agency: Christian Theology and End-Of-Life Ethics".ci ricorda la "spiritualità del martirio" come testimonianza cristiana alla fine della vita. Dietro le pressioni legali a favore del suicidio assistito o dell'eutanasia, c'è una vera e propria confusione culturale riguardo a la cura alla fine della vita, la paura della perdita di autonomia e il timore di essere un "peso" per i propri cari. 

Pickell è professore aggiunto di Teologia ed Etica presso la George Fox University e ha parlato con Charlie Camosy di OSV News di i principi su cui si basa l'opposizione cristiana all'eutanasia.

"Stiamo scivolando lungo la china".

Charlie CamosyIl suo nuovo libro con la University of Notre Dame Press, "Burdened Agency: Christian Theology and End of Life Ethics", è un po' insolito per un libro accademico, nel senso che è apparso esattamente al momento giusto per coinvolgere la cultura su un tema molto caldo. Qual è la sua opinione generale sullo stato dei dibattiti sull'eutanasia e sull'omicidio assistito negli Stati Uniti e in Europa?

Travis PickellI primi critici dell'eutanasia e del suicidio assistito dal medico hanno spesso citato i pericoli di una "china scivolosa". Oltre ad aprire possibilità di abuso, temevano che la legalizzazione di queste pratiche avrebbe eroso gli standard morali esistenti contro il danno e minato il senso di identità e scopo professionale dei medici.

Poiché il suicidio assistito continua a essere legalizzato in nuovi Stati (negli Stati Uniti) e in nuovi Paesi (come sembra che accadrà negli Stati Uniti), la legalizzazione del suicidio assistito continuerà. Regno Unito), e mentre il numero di persone che muoiono per suicidio assistito continua ad aumentare nei luoghi in cui è già legale, sembra che stiamo scivolando lungo la china.

Un altro versante: la "tensione" tra giustificazioni e restrizioni

Ciò che trovo ancora più interessante (e preoccupante) è un secondo tipo di pendio scivoloso che alcuni primi critici (come Daniel Sulmasy) hanno evidenziato: un "pendio logico scivoloso". Questo ha a che fare con la tensione logica tra le presunte giustificazioni morali dell'eutanasia e le restrizioni esistenti che le imponiamo.

Ad esempio, il sostegno al suicidio assistito fa spesso appello al desiderio di ridurre al minimo la sofferenza (cioè alla "compassione") e all'impegno a rispettare l'autonomia del paziente (cioè alla "scelta"). Ma se il "rispetto per l'autonomia" è davvero importante dal punto di vista morale, in che senso possiamo limitare l'accesso di una persona al suicidio assistito sulla base di un requisito che il paziente dimostri una specifica forma di sofferenza (come una "sofferenza fisica implacabile e intrattabile") o che richieda che il paziente abbia una diagnosi terminale?

Cosa succede in Canada

In alternativa, se la "compassione" è davvero moralmente importante, perché dovrebbe essere assolutamente necessario che i pazienti dimostrino di essere legalmente competenti? Non sarebbe più compassionevole eutanasia di pazienti sofferenti che non sono competenti, come alcuni con demenza avanzata, o mai competenti, come i neonati con "bassa qualità di vita" (come è legale secondo il Protocollo di Groningen nei Paesi Bassi)? 

Questo è esattamente ciò che sta accadendo ora in Canada, dal momento che i requisiti esistenti sono stati eliminati (come diagnosi terminale) e le condizioni necessarie sono la moltiplicazione (compresa la proposta di consentire il suicidio assistito o l'eutanasia a tutti gli malattia mentale).

Paura di essere un peso o di perdere l'autonomia

- Camosy: Come lei sa, uno dei motivi principali per cui le persone richiedono la morte assistita è che, in un senso molto reale, temono di essere un peso per gli altri. Può dirci qualcosa di più su questo fenomeno? 

- Pickell: È proprio così. Lo slogan "compassione e scelta" suggerisce che la sofferenza fisica o mentale alla fine della vita sia una motivazione primaria per le persone che cercano il suicidio assistito dal medico, ma le statistiche suggeriscono una storia diversa. In uno studio (condotto in Oregon nel 2017), meno di un quarto degli intervistati ha citato il "controllo inadeguato del dolore o la preoccupazione per il dolore" come motivazione primaria. Mentre 56 % hanno citato la paura di essere "un peso" e 90 % la paura della "perdita di autonomia". 

Preparare il sistema sanitario a prendersi cura delle persone vulnerabili e dei morenti

A mio avviso, questo fatto suggerisce tre linee di riflessione che dovremmo considerare. In primo luogo, a un livello superficiale, significa che le persone sono preoccupate per il costo finanziario molto reale delle cure di fine vita. Un soggiorno (o più soggiorni) in terapia intensiva può essere incredibilmente costoso. Una parte considerevole della nostra spesa sanitaria totale avviene nelle ultime settimane o giorni di vita dei pazienti, con un impatto trascurabile sulla morbilità e sulla mortalità.

Dobbiamo chiederci se il nostro sistema sanitario sia in grado di assistere bene i vulnerabili e i morenti senza portare molte persone alla rovina finanziaria. Questa è una domanda cruciale per la bioetica pubblica di oggi.

Associare la "dignità" alla capacità economica: contrario alle convinzioni cristiane

Ma oltre a questo, c'è anche la questione di cosa intendiamo per "peso". In questo caso dobbiamo riflettere sulle narrazioni culturali di fondo con cui tutti tendiamo a vivere, narrazioni che associano la "dignità" e il valore all'indipendenza, alla capacità e alla produttività economica. Nel mio libro suggerisco che queste narrazioni sono profondamente radicate nella nostra moderna autocomprensione, ma sono in profonda contraddizione con alcune convinzioni cristiane fondamentali.

Situazione di paura e ansia

Infine, credo che la preoccupazione di essere un "peso" sia anche legata alla difficoltà di prendere decisioni mediche alla fine della vita. Nel mio libro parlo della nozione di "agenzia gravata" ((nota a r.: o capacità gravata)). Vale a dire, l'idea che oggi ci si aspetta sempre più che prendiamo decisioni concrete su quando e come morire, pur vivendo in una società che evita la morte e non condivide molti orientamenti culturali o religiosi su come morire bene. 

Questo può portare a una situazione di tensione esistenziale, di paura e di ansia. Credo che alcune persone non vogliano "caricare" gli altri di questo tipo di responsabilità, anche se, come ha sottolineato una volta Gilbert Meilaender, ciò che rende le nostre relazioni veramente significative è il portare i pesi dell'altro.

Un aiuto dalla teologia cristiana

CamosyI lettori dovranno leggere il suo libro per avere una risposta completa, ma potrebbe iniziare a delineare come la teologia cristiana può aiutare a spiegare e rispondere a ciò che sta accadendo qui?

PickellNel mio libro dedico molto tempo alla disanima dei presupposti culturali che stanno alla base delle nostre attuali pratiche di assistenza di fine vita. In particolare i presupposti su cosa significhi essere un agente morale e su quale tipo di capacità sia presumibilmente associata a una vita buona e degna di essere vissuta. 

In breve, tendiamo a privilegiare l'autonomia razionale o l'individualismo espressivo, due forme di capacità prevalentemente attive, controllanti e atomistiche. Ma, in generale, le cose appaiono diverse quando esploriamo la tradizione teologica cristiana.

Confidare in Dio e vedere la morte come testimonianza

Negli scritti cattolici romani, ad esempio, è costante il tema della fiducia in Dio nella e attraverso la propria morte, del "morire nel Signore". Come sottolineano teologi come Karl Rahner, questo tema si sovrappone all'insegnamento cattolico sul martirio come testimonianza cristiana fedele, che autentica la propria fede fino alla morte (una morte, tra l'altro, che sfugge al proprio controllo).

Pertanto, sostengo che questa tradizione teologica raccomanda una "spiritualità del martirio", per cui tutti i cristiani possono vedere la loro morte come una forma di testimonianza di ciò che significa credere in Dio fino alla morte.

Sul versante protestante, potremmo guardare a figure come Karl Barth o Stanley Hauerwas, che sottolineano la bontà della finitudine creaturale e una forma di azione cruciforme e kenotica che consiste, in ultima analisi, nell'imparare a essere "spossessati" piuttosto che "indipendenti".

Fiducia, senza "prendere il controllo" della morte

In generale, sostengo che la teologia cristiana ci insegna che troviamo le nostre forme più alte di prosperità in una forma di sottomissione e di fiducia che è più "ricettiva" che attiva (o passiva). Le persone formate e plasmate in questo modo possono essere in una posizione migliore per sopportare il peso del loro organismo alla fine della vita senza sentire il bisogno di "prendere il controllo" della loro morte per mantenere la dignità.

Modalità pratiche: formazione

- CamosyQuali sono i modi pratici con cui i lettori possono assicurarsi che i loro valori teologici cristiani si riflettano nelle cure e nell'assistenza alla fine della vita?

PickellLa filosofa Iris Murdoch scrisse una volta: "Nei momenti cruciali della scelta, la maggior parte dell'attività di scelta è già conclusa". Sebbene ci siano certamente cose che possiamo fare per sostenere l'accesso a prezzi accessibili all'assistenza sanitaria o per leggi eque in materia di suicidio assistito ed eutanasia, la mia sensazione è che dobbiamo concentrarci anche sulla questione della formazione.

Affrontare l'agonia e la morte 

Stanley Hauerwas ha detto che "riceviamo la medicina che ci meritiamo". I cristiani, le cui pratiche centrali (battesimo ed eucaristia) ruotano intorno alla morte e al morire, dovrebbero essere quelli più a loro agio nel parlare della morte e del morire, affrontandola con fiducia.

Certo, come ha recentemente sottolineato Justin Hawkins nella sua recensione del mio libro, empiricamente questo non sembra essere il caso. Tuttavia, credo (e sostengo nel libro) che le pratiche cristiane siano formative e che Dio possa aiutarci e ci aiuti a essere più ricettivi (anche se non suggerirei che lo facciano "magicamente", ma che debbano essere accompagnate da un buon insegnamento e da un costante riconoscimento delle forze di malformazione che ci circondano).

Medicina: da "arte della guarigione" a scambio consumistico

Per quanto riguarda i professionisti del settore medico, dobbiamo riconoscere che l'essenza della medicina come vocazione alla guarigione è profondamente messa in discussione, soprattutto perché la medicina passa da una concezione ippocratica (e cristiana) dell'arte di curare a un "modello di fornitore o di servizio", che trasforma l'assistenza medica in uno scambio economico e consumistico e la svuota del suo telos intrinseco. 

La questione della formazione, quindi, è di importanza cruciale nell'educazione medica se si vuole che medici, infermieri e altri operatori sanitari evitino la disumanizzazione che spesso accompagna la medicina moderna.

Sanità: vocazione cristiana, visione umana della medicina

Per esempio, alla George Fox University tengo un corso intitolato "Healthcare and the Integrated Life", in cui gli studenti esplorano cosa significa vedere l'assistenza sanitaria come una vocazione cristiana. E che cosa significa diventare il tipo di persona che può sostenere un impegno in questa vocazione nel tempo (cioè qualcuno che ha sviluppato virtù come la cura, la compassione, il coraggio, la fede, la speranza e l'amore). 

Questo è solo uno dei modi in cui spero di contribuire (a lungo termine) a una visione più umana della medicina e a creare un contesto per morire bene.

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- Charlie Camosy è professore di scienze umane mediche alla Creighton School of Medicine di Omaha, Nebraska, e borsista di teologia morale al St. Joseph Seminary di New York.

Questo testo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

L'autoreOSV / Omnes

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Mondo

In ritardo per la Messa: non è mai troppo tardi per andare in chiesa

L'autore riflette sul ritardo alla Messa e sugli sguardi di disapprovazione. Ma se un alcolista arriva in ritardo a una riunione degli Alcolisti Anonimi, viene applaudito. Non è mai troppo tardi per andare in chiesa e tornare a Dio.  

CNS / Omnes-30 marzo 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

- Laura Kelly Fanucci, Notizie OSV

"Quando arrivo in ritardo alla Messa, tutti mi guardano con disapprovazione. Quando arrivo in ritardo a una riunione (di Alcolisti Anonimi), tutti si alzano in piedi e applaudono, perché sanno che per poco non ce l'ho fatta. Il paradosso di questa storia mi ha lasciato senza parole: la testimonianza di un alcolista in via di guarigione che ha trovato un'accoglienza più calorosa alle riunioni degli Alcolisti Anonimi nel seminterrato della chiesa che nel santuario stesso. Tuttavia, non è mai troppo tardi per andare in chiesa.

Capire e pregare

Da diversi anni faccio attenzione a coloro che arrivano in ritardo in chiesa. Sono cresciuto in una famiglia di sette persone e molte volte entravamo in chiesa quando era tardi. Massa era già iniziata.

Per questo motivo ho capito da tempo quanto possa essere difficile uscire di casa e arrivare in orario la domenica mattina.

Ma le famiglie con bambini piccoli non sono le uniche. Chi viene per la prima volta in parrocchia, le persone a mobilità ridotta, i parrocchiani che non hanno un mezzo di trasporto affidabile, gli adolescenti che si infilano nell'ultimo banco... 

Avrebbe potuto essere omesso

Quasi a ogni Messa vedo qualcuno che arriva in ritardo. Ho deciso di iniziare a pregare per coloro che non arrivano all'ora di inizio della Messa perché, come l'alcolista che esita sulla porta del suo incontro, potrebbero essere stati lasciati fuori. E quanto sarebbe triste perdere il banchetto dell'Eucaristia!

Una volta ho sentito un'insegnante di ginnastica dire, mentre teneva la porta della palestra aperta per qualche minuto in più. Penso sempre che chi è in ritardo lo è per un motivo". Che risposta generosa alla fragilità umana e che riconoscimento gentile del fatto che, nei giorni difficili, essere puntuali può essere ancora più complicato.

L'atteggiamento di Gesù

Se ci vantiamo di essere puntuali (dato che il concetto di puntualità varia da cultura a cultura), potremmo avere difficoltà ad accettare il ritardo. Nella parabola dei lavoratori della vigna, Gesù mette a disagio coloro che sono diligenti e puntuali. Alla fine della giornata, tutti gli operai ricevono lo stesso salario, anche quelli che sono arrivati in ritardo e hanno lavorato meno (Mt 20,1-16).

Come cattolici che cercano di vivere la nostra fede, come rispondiamo oggi a questa parabola? Ci lamentiamo degli altri, risentendoci del fatto che Dio è misericordioso? O ringraziamo, riconoscendo che anche noi abbiamo bisogno di misericordia e di perdono?

Non conosciamo la realtà degli altri 

Non possiamo sempre conoscere la realtà degli altri, il motivo per cui sono arrivati in ritardo quella mattina o hanno quasi perso la Messa quella domenica. Ringraziamo Dio che ci dice che, nel suo Regno, gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi.

Ogni anno, il Quaresima ci ricorda che c'è ancora tempo. La prima lettura del Mercoledì delle Ceneri è tratta dal Libro di Gioele: "Anche ora, dice il Signore, rivolgetevi a me con tutto il cuore" (Gioele 2,12). (Gioele 2:12).

Anche ora, quando abbiamo peccato e siamo intrappolati nelle nostre preoccupazioni, quando le tenebre del mondo e le forze del male ci assalgono, Dio ci chiama di nuovo a pentirci e a tornare sulla via della verità e dell'amore. Non è mai troppo tardi per tornare a casa.

Non è mai troppo tardi

Se non avete ancora iniziato una pratica quaresimale, siete ancora in tempo. Potreste anche pregare per coloro che arrivano in ritardo alla Messa, per ammorbidire il vostro cuore e comprenderli come fa Cristo. Dopo tutto, se non accogliamo gli altri come fa Cristo, come possiamo aspettarci che tornino, o che cerchino di essere puntuali se decidono di tornare?

Non è mai troppo tardi per tornare a Dio, non è mai troppo tardi per andare in chiesa, non è mai troppo tardi per aprire il cuore. "Anche ora, dice il Signore, torna a me". Anche ora, c'è ancora tempo.

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Questo testo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

L'autoreCNS / Omnes

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Ecologia integrale

"Il grembo della donna è l'altare dove Dio entra nel mondo".

Altum Faithful Investing ha tenuto la sua prima conferenza "Duc in altum" sul valore della vita umana, offrendo 3 prospettive di scienza, esperienza e vocazione.

Teresa Aguado Peña-30 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La prima conferenza sull'aborto organizzata da Altum Investimento fedele ha annunciato la buona notizia: c'è speranza! Da tre diverse prospettive, sono stati proposti argomenti come armi per combattere per la vita.

Mónica López-Barahona, presidente della Fondazione Jérôme Lejeune, ha spiegato l'inizio scientifico della vita, Leire Navaridas, fondatrice di AMASUVE, ha parlato della vita dopo l'aborto e Suor Cristina, di Sorelle della vitasulla vocazione alla vita.

"È molto più facile dimostrare che la vita inizia al momento del concepimento che dimostrare che due più due fa quattro". Con questa affermazione, Mónica López-Barahona ha spiegato come la scienza sostenga che la vita umana inizia al momento della fecondazione. Ha sottolineato l'importanza della biologia cellulare, della genetica e dell'embriologia nel sostenere questa premessa.

López-Barahona ha criticato le leggi sulle scadenze dell'aborto, che mancano di una base scientifica. "Non c'è alcun cambiamento sostanziale nello sviluppo embrionale che giustifichi un punto limite arbitrario per determinare l'inizio della vita", ha affermato.

Da parte sua, l'esperienza di Leire Navaridas illustra il trauma dell'aborto. Femminista convinta che considerava la maternità un giogo oppressivo, ha subito la violenza dell'interruzione di gravidanza che le ha procurato un profondo dolore e grandi ferite: "ci fanno credere che l'aborto sia una via d'uscita, ma ciò di cui abbiamo veramente bisogno è sostegno e soluzioni reali", ha detto.

Navaridas ha capito che una donna incinta è già madre. La sua terapeuta le disse: "Leire, smetti di distruggere e inizia a costruire" e così fece. Oggi AMASUVE sostiene le donne e gli uomini colpiti dalle ferite causate dall'aborto, considerandolo un evento traumatico che ha profonde conseguenze sulle persone e sulle loro relazioni, oltre che sulla società. AMASUVE assicura che l'aborto non risolve alcun problema, ma l'amore incondizionato di un bambino "può essere il motore che risolve tutti i disordini nella vita di una donna".

La vita è un dono di Dio. Non si può dare la vita a se stessi. Come dice suor Cristina: "Se stamattina non mi sono ricordata di Dio, lui non si è dimenticato di me. Perché sto ancora respirando". Ma non siamo consapevoli del nostro alto prezzo e, di conseguenza, la società sminuisce la dignità umana, di fronte alla quale spesso possiamo solo dire: "Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno".

La dignità umana è minacciata dalla cultura della morte, dalla cultura del desiderio di benessere e dalla cultura del corpo, che costituiscono un'aria tossica edonistica, narcisistica e individualizzante. Così, commettiamo errori come l'animalizzazione delle persone e l'umanizzazione degli animali. Ridurre le persone a oggetti, dice Suor Cristina, è peggio che odiarle.

"Il grembo della donna è l'altare dove Dio entra nel mondo. Per questo è il luogo in cui avviene la maggior parte degli attacchi". Suor Cristina descrive così la battaglia spirituale in cui ci troviamo. Siamo chiamati a dare speranza, a generare una cultura di guarigione e di purificazione di tante ferite che ci impediscono di vedere il valore della vita umana, costruendo così un mondo diverso: "più umano, più cristiano, dove Gesù Cristo nell'Eucaristia è il primo ambiente e habitat dove tutto ciò che è umano può dispiegarsi". Egli fa quindi appello all'unità e alla comunione come muro che ci protegge dal nemico.

Suor Cristina sottolinea che dobbiamo vivere integrati in questi tempi, dove abbiamo una responsabilità: Dio ci esaminerà un giorno e ci chiederà: "E tu cosa facevi durante la rivoluzione anti-uomo? 

L'autoreTeresa Aguado Peña

Risorse

Il ruolo della musica nelle celebrazioni liturgiche in Africa

È vero che in Africa si balla a Messa ed è vero che le loro celebrazioni liturgiche durano troppo a lungo? Un seminarista africano risponde a queste domande, sfata i miti e spiega il modo profondo in cui i cattolici africani vivono la liturgia e la fede.

Avitus Mujuni-29 marzo 2025-Tempo di lettura: 9 minuti

Quando mi è stato chiesto se fossi disposto a scrivere un articolo che potesse spiegare ai non africani il ruolo della musica nelle celebrazioni liturgiche in Africa, l'e-mail che ho ricevuto voleva che mi concentrassi su tre punti importanti: "le ragioni del canto", "la danza" e "la durata delle Messe in Africa".

Mi è venuta subito in mente un'affermazione che continuo a sentire qui in Europa: "Gli africani cantano e ballano durante le celebrazioni liturgiche, ed è per questo che le loro Messe durano così tanto". L'affermazione non è del tutto vera, quindi va approfondita: perché noi africani cantiamo e balliamo durante le celebrazioni liturgiche? Le Messe in Africa durano davvero così tanto? Essendo un figlio dell'Africa, oso rispondere a queste domande.

Perché cantare durante le celebrazioni liturgiche?

È molto importante ricordare, innanzitutto, che l'Africa non ha inventato una propria liturgia. La Chiesa in Africa segue le prescrizioni della Chiesa universale in materia di liturgia e cerca sempre di essere fedele ad esse. La Chiesa, "popolo del Nuovo Testamento", è il popolo della Nuova Alleanza sigillata con il sangue di Cristo, ma questo non significa che ci sia una rottura con l'Antico Testamento. In altre parole, la Chiesa ha incorporato alcuni atti del culto del popolo d'Israele nella sua liturgiacome, ad esempio, il canto.

Nell'Antico Testamento, i salmi sono il libro di preghiera per eccellenza. I salmi erano destinati a essere cantati. Anche la Chiesa ha mantenuto questo atteggiamento nei confronti dei salmi e li ha utilizzati più di ogni altro libro dell'Antico Testamento. Inoltre, nei salmi stessi, il salmista non cessa di esortare il popolo a cantare al Signore Dio (cfr. Sal 95,1-2; 45,1; 92,3-4; 104,33, ecc.) La fedeltà alla sacra liturgia richiede che si canti durante la liturgia, e noi africani lo facciamo con il cuore pieno di gioia.

Il Istruzione generale del Messale Romano (GIRM) parla dell'importanza del canto. "L'Apostolo ammonisce i fedeli, che sono riuniti per attendere la venuta del loro Signore, a cantare insieme salmi, inni e cantici ispirati (cfr. Col 3,16). Il canto, infatti, è un segno dell'esultanza del cuore (cfr. Atti 2, 46). Per questo Sant'Agostino dice giustamente: "Cantare è proprio di chi ama", mentre risale ai tempi antichi il proverbio: "Chi canta bene prega due volte" (GIRM, n. 39).

Inoltre, la GIRM insiste nel dare grande importanza all'uso del canto nella celebrazione della Messa, tenendo sempre conto della cultura del popolo e della capacità dell'assemblea liturgica. Il canto è quindi uno degli elementi della liturgia che la Chiesa ha ricevuto dall'Antico Testamento e a cui la Chiesa in Africa cerca di essere fedele. Non è in alcun modo in contrasto con le norme della Chiesa universale. Il canto durante la celebrazione della Messa è biblico ed ecclesiale.

L'Africa e la sua cultura

Vorrei insistere sull'aspetto della "cultura" menzionato nell'Istruzione Generale del Messale Romano. Ogni persona ha una cultura, e la cultura non è statica, è dinamica. Cambia continuamente. Si è africani prima di essere cristiani. Anche dopo il battesimo, si è ancora africani. Per quanto riguarda la seconda ragione per cui gli africani cantano e ballano durante la liturgia, è importante capire cosa significhino il canto e la danza nella cultura africana. La cultura ha molti elementi, uno dei quali è la musica e la danza.

La seguente descrizione di John S. Mbiti, ex professore di Studi religiosi presso l'Università Makerere di Kampala, Uganda, nel suo libro "Introduzione alla religione africana", può aiutarci a capire qualcosa della musica e della danza africane: "Gli africani sono molto amanti della musica. Pertanto, la musica, la danza e il canto sono presenti in tutte le comunità africane. Ci sono anche molti tipi di strumenti musicali, il più comune dei quali è il tamburo. Ci sono tamburi di molte forme, dimensioni e scopi. Alcuni tamburi sono utilizzati solo in relazione a re e capi: questi tamburi reali sono spesso considerati sacri e non possono essere suonati comunemente o da chiunque. Ci sono tamburi da guerra, tamburi parlanti, tamburi da cerimonia, ecc. Altri strumenti musicali sono gli xilofoni, i flauti, i fischietti, le campane, le arpe, le trombe, le lire, gli archi a bocca, le cetre, i violini, i sonagli e molti altri. Sono fatti di legno, cuoio, zucche, bambù, metallo, bastoni, tronchi d'albero e persino, oggi, di lattine e taniche. La musica è utilizzata in tutte le attività della vita africana: nella coltivazione dei campi, nella pesca, nella pastorizia, nelle cerimonie, nelle lodi ai governanti e ai guerrieri, nel cullare i bambini per farli addormentare e così via. La musica e la danza africane si sono diffuse in altri continenti (...) Sono uno dei principali tesori della cultura e del patrimonio africano.

Essendo molto appassionato di musica, un africano comprende molto bene lo spirito della liturgia della Chiesa. Sa che le rubriche liturgiche raccomandano che "si faccia in modo che non manchi il canto dei ministri e del popolo nelle celebrazioni che hanno luogo nelle domeniche e nei giorni festivi" (cfr. GIRM, n. 40). Tuttavia, gli africani non cantano durante la liturgia per promuovere la loro cultura. La liturgia non è un luogo per promuovere alcuna cultura! Cantano perché il canto è un altro modo di pregare Dio (cfr. Es 15,1-2; Ef 5,19-20; Gc 5,13; Ap 14,2-3). In Africa sono stati composti canti liturgici che elevano a Dio la preghiera di benedizione e adorazione, la preghiera di petizione, la preghiera di ringraziamento e la preghiera di lode.

Vediamo ora un altro aspetto: le danze. In una delle sue interviste del 2008, al cardinale Francis Arinze, allora prefetto della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, fu chiesto: "C'è un momento in cui è permesso ballare durante la Messa e anche per quanto riguarda la musica profana?". La sua risposta fu molto edificante. Ha detto: "La danza non è conosciuta nel rito latino della Messa. La nostra Congregazione ci ha pensato per anni. Non c'è un documento importante della Chiesa su questo, ma la direttiva che diamo dalla nostra Congregazione è questa: nella liturgia stretta (cioè la Messa, i sacramenti), l'Europa e l'America non dovrebbero parlare affatto di danza liturgica, perché la danza come è conosciuta in Europa e in Nord America non fa parte del culto. Quindi dovrebbero dimenticarsene e non parlarne affatto. Ma in Africa e in Asia è diverso, non per una concessione a loro, ma perché la loro cultura è diversa".

Pertanto, possiamo parlare di danza liturgica in Africa e in Asia, ma non in Europa e in America. Un lettore non africano si chiederà: "Ma perché?" Perché la cultura è diversa. Ora, in che modo la loro cultura è diversa? Il cardinale ha continuato: "Se date a un tipico africano i doni da portare nell'offerta e a un tipico europeo gli stessi doni da portare, se non vi vedete, l'europeo camminerà abbastanza rigidamente verso l'altare; l'africano probabilmente farà dei movimenti: a destra, a sinistra. Non è una danza! È un movimento aggraziato per mostrare gioia e offerta. Anche in Asia hanno movimenti raffinati che mostrano rispetto, adorazione, gioia".

La venerazione per il sacro in Africa

Prima dell'arrivo del messaggio evangelico in Africa, la religione tradizionale africana circondava ogni ambito della vita di un africano. Uno degli elementi notevoli di questa religione era il timore reverenziale nei confronti del "sacro". Ovunque un africano si trovasse, la sua religione era con lui: a casa, a una riunione, nei campi, ecc. Per questo motivo, anche i canti e le danze erano rispettosi, tanto da costituire una parte importante dei rituali.

Con l'arrivo del cristianesimo, la danza africana si inserisce naturalmente nella liturgia che adora il vero Dio. Ma non si tratta di "danze" nel senso in cui le intende un europeo o un americano: un ballo del sabato sera: un uomo, una donna! Questo è uno svago che non può in alcun modo essere incluso nel culto.

Non intendo "canonizzare" le danze africane e far capire che tutti gli stili di danza in Africa non contraddicono la sacralità della liturgia, tutt'altro! Anche in Africa ci sono danze che non sono accettabili nella liturgia. Alcune non sono accettabili in nessun evento religioso. Gli obiettivi della Messa sono quattro: adorazione, contrizione, ringraziamento e petizione; e un africano sa come esprimere esteriormente questi atteggiamenti con i suoi movimenti che sono rispettosi e allo stesso tempo catechistici.

Ciò che gli europei e gli americani intendono come "danze", e che a loro suona un po' strano a causa del loro concetto di "danza", potrebbe essere propriamente chiamato "linguaggio del corpo durante la liturgia". A proposito di "linguaggio del corpo", trovo molto arricchente un inno inglese intitolato "Now Thank We All Our God", composto da Martin Rinkhart. È un inno di ringraziamento e guardate come inizia: "Ora ringraziamo tutti il nostro Dio, con i cuori, le mani e le voci...". La Messa è la celebrazione dell'Eucaristia. È un ringraziamento. Il nostro atteggiamento interiore durante la Messa deve essere manifestato anche all'esterno. Un essere umano è corpo e anima. Dobbiamo ringraziare Dio "con le mani e con la voce". Senza esagerare, durante la Messa le nostre posture e i nostri gesti, i nostri canti e le nostre "danze" devono manifestare ciò che crediamo e alimentare la nostra fede.

La "danza" nella liturgia

Forse la mia piccola esperienza in Europa può anche aiutarmi a spiegare quello che ho chiamato "Linguaggio del corpo durante la liturgia" per spiegare perché gli africani "ballano" durante la liturgia. Qui in Europa si dà molta importanza al sorriso, perché? La risposta è facile: perché le azioni spesso parlano più delle parole. Non basta dire "sto bene", la gente vuole che si dimostri che si sta davvero bene, e cosa aiuta a farlo? Un sorriso! E allora, cosa succede quando diciamo a Dio che siamo grati, che lo sentiamo, che lo adoriamo dal profondo del cuore o che gli chiediamo un favore? Non sembra giusto davanti a Dio che lo dimostriamo anche all'esterno con le nostre posture e i nostri gesti?

Trovo utile questa spiegazione perché molte volte, quando si parla delle cosiddette "danze liturgiche", si pensa alla celebrazione della Messa in Africa come a una sorta di "banchetto" dove la gente va a cantare e a ballare, a sudare e a entrare in una forma di estasi prima di tornare a casa a mezzogiorno della domenica. Si tratta di una concezione errata. Le danze liturgiche nelle celebrazioni liturgiche in Africa sono movimenti raffinati che devono essere compresi nel contesto dei gesti e delle posture liturgiche. In questo caso, questi movimenti guardano ai quattro obiettivi della Messa: adorazione, contrizione, ringraziamento e petizione. I vescovi di ogni Paese controllano questo aspetto e le danze che non servono a questo scopo sono normalmente vietate.

Le masse "lunghe" dell'Africa

Infine, parliamo della durata delle Messe in Africa. Questo è un grande dibattito tra i cattolici non africani. Molti dicono che le Messe in Africa durano molto. Ci sono molti europei e americani che ne parlano. È importante porsi alcune domande: le Messe in Africa durano davvero molto? Se sì, perché? È edificante o poco edificante? Ha a che fare con la cultura africana? Quanto dovrebbe durare la Messa?

Nel mio continente, ci sono molte parrocchie in cui i sacerdoti celebrano tre o quattro Messe in parrocchia ogni domenica: cioè alle 6.30, alle 8.30, alle 11.00 ed eventualmente alle 16.00 con i bambini. Anche queste Messe domenicali di due ore rientrano nella categoria delle "Messe lunghe"? Certamente non dovrebbero!

Tuttavia, possiamo considerare un altro scenario. Una Messa in occasione dell'Ordinazione sacerdotale o episcopale che inizia con una processione alle 9.00 e termina alle 14.00. Credo che questo secondo scenario sia quello considerato da molti che parlano di Messe lunghe in Africa. Qui è importante essere realisti: in Africa le chiese sono piene di gente. Il numero di cristiani continua ad aumentare anno dopo anno. Quando ci sono feste come le ordinazioni, il numero è ancora più alto perché numerosi ospiti vengono a festeggiare con i loro cari. Quindi una processione con 400 persone richiede più tempo di una con 50 persone. Queste persone portano poi la loro offerta alla Messa e molte di loro ricevono la comunione. Tutto questo richiede tempo, ma, in realtà, è quanto deve durare! Dobbiamo accettare che mentre alcuni celebrano in chiese vuote, altri celebrano in chiese piene di gente. Questo non è un motivo di tristezza per alcuni, noi crediamo in un'unica Chiesa, santa, cattolica e apostolica!

Catechesi e omelie

Oltre a considerare il numero di persone che partecipano alla Messa in Africa, si è parlato e si continua a parlare della lunghezza delle omelie. Molti dicono che le Messe in Africa durano così tanto perché i sacerdoti predicano molto. Sì, conosco personalmente sacerdoti che predicano per un'ora durante le Messe domenicali. Se è vero che un'omelia non è una lezione, la prudenza pastorale non dovrebbe guidare un sacerdote sulla lunghezza dell'omelia, data la situazione reale del suo gregge?

In molte parti dell'Africa, molti giovani cristiani frequentano la catechesi prima di ricevere i sacramenti dell'Eucaristia e della Cresima e poi tornano a fare catechesi solo mentre si preparano al sacramento del Matrimonio. In questa situazione, bisogna fare attenzione ad alcune idee che potrebbero non essere del tutto positive per i miei fratelli e sorelle africani.

Penso che il cardinale Robert Sarah, un prelato africano, abbia assolutamente ragione quando scrive nel suo libro "Si fa tardi e si fa buio": "Di cosa si nutriranno i fedeli se ascoltano solo un'omelia di dieci minuti una volta alla settimana? Dire che dopo dieci minuti la gente smette di ascoltare è una bugia: se la loro capacità di attenzione è così breve, come fanno a passare ore e ore davanti alla televisione?".

Forse questo ha a che fare con la cultura africana? È importante sottolineare che in Africa una festa è davvero una festa, così come un funerale è davvero un funerale! Un africano sa come dedicare la sua attenzione, le sue energie, le sue risorse e il suo tempo per far sì che a questi momenti non venga negata la massima importanza. Perciò è ragionevole per lui che una grande celebrazione come una Messa di ordinazione sacerdotale o episcopale duri quattro o cinque ore. Tutti i presenti sono felici e nessuno ha fretta quando si tratta di eventi del genere. La qualità del momento è più importante della quantità di tempo che passa. In Europa, forse, si pensa in termini quantitativi. Non sorprende quindi che molti cattolici non africani si stupiscano della durata delle Messe in Africa.

Tuttavia, la nostra prassi non è perfetta, così come nessuna prassi è perfetta. Ci possono essere esagerazioni qua e là che rendono le Messe in Africa più lunghe del dovuto. È qui che la catechesi deve svolgere un ruolo importante, consentendo così di mantenere le omelie brevi. Dobbiamo anche educare i nostri cari cristiani a evitare lunghe e rumorose processioni di offerta, ornate da interminabili danze. Tutto richiede moderazione. La nostra lotta è quella di fare tutto il possibile affinché tutti coloro che assistono alla Messa partecipino con quella "actuosa participatio" (partecipazione attiva) di cui parla il Concilio Vaticano II. Naturalmente, questo non ha nulla a che vedere con il tentativo di discutere sul tempo massimo consentito per una Messa.

L'autoreAvitus Mujuni

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Vaticano

Settimana Santa e canonizzazione di Carlo Acutis: incognita sulla presenza del Papa

Mentre Papa Francesco continua la sua convalescenza, il Vaticano ha pubblicato il calendario delle liturgie della Settimana Santa e della Pasqua. Non si fa menzione del ruolo del Papa, quindi la questione della sua presenza rimane sconosciuta. Il giovane Beato Carlo Acutis sarà canonizzato il 27 aprile.  

CNS / Omnes-28 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

- Cindy Wooden (CNS, Vaticano)

Il Vaticano ha reso noto il programma completo delle liturgie della Settimana Santa e della Pasqua senza indicare chi presiederà ciascuna cerimonia, per cui la questione della presenza del Papa rimane sconosciuta. Durante la sua degenza al Gemelli, il Papa ha iniziato a concelebrare la Santa Messa.

L'elenco di Messe e altre liturgiepubblicato dal cerimoniere liturgico pontificio il 27 marzo, riporta solo che le funzioni saranno celebrate dalla "Cappella Pontificia", che comprende il Papa, i cardinali residenti a Roma e gli alti funzionari vaticani.

È necessario attendere per valutare la loro eventuale presenza.

Alla domanda sul ruolo di Papa Francesco nelle celebrazioni, la sala stampa vaticana ha risposto che "bisognerà vedere il miglioramento delle condizioni di salute del Papa nelle prossime settimane per valutare la sua eventuale presenza, e in che termini, ai riti della Settimana Santa". 

Il Papa, 88 anni, è stato dimesso dal Policlinico Gemelli di Roma il 23 marzo dopo 38 giorni di ricovero per problemi respiratori, infezioni e una doppia polmonite. I medici gli hanno raccomandato due mesi di riposo.

Domenica della Divina Misericordia: canonizzazione di Carlo Acutis

L'elenco delle liturgie pubblicate va dalla celebrazione della Domenica delle Palme, 13 aprile, alla celebrazione della Domenica della Divina Misericordia, 27 aprile, con il canonizzazione del giovane benedetto Italiano Carlo Acutis a il quadro di riferimento del Giubileo degli adolescenti.

Una fonte vaticana ha detto che, mentre ci si aspetta che Papa Francesco sia presente per proclamare Acutis santo, è sufficiente che firmi un decreto di canonizzazione; può delegare qualcun altro a presiedere il rito. Acutis, italiano, è morto di leucemia nel 2006 all'età di 15 anni.

Mancanza nella Messa della Cena del Signore

Nel programma vaticano mancano la Messa della Cena del Signore del Giovedì Santo e la lavanda dei piedi. Da quando è diventato Papa nel 2013, Papa Francesco ha celebrato la Messa in una prigione, in un ospedale o in un centro di detenzione, e il luogo è sempre stato annunciato separatamente dal programma pubblico della Settimana Santa papale.

Sebbene Papa Francesco abbia celebrato la Messa altrove, la parrocchia della Basilica di San Pietro in Vaticano ha una propria Messa serale della Cena del Signore.

La lunga lotta di Papa Francesco contro la bronchite e i problemi respiratori aveva portato a cambiamenti nelle precedenti liturgie della Settimana Santa. L'anno scorso non ha letto l'omelia della Domenica delle Palme, optando invece per un momento di silenzio.

Sia nel 2023 che nel 2024, la malattia lo portò anche a saltare la Via Crucis notturna al Colosseo di Roma.

Calendario liturgico

Ecco il calendario liturgico pubblicato dal Vaticano:

- 13 aprile, Messa della Domenica delle Palme alle 10.00 in Piazza San Pietro.

- 17 aprile, ore 9.30, Messa crismale nella Basilica di San Pietro.

- 18 aprile, ore 17.00, Liturgia della Passione del Signore nella Basilica di San Pietro.

- 18 aprile, ore 21.15, Via Crucis al Colosseo di Roma.

- 19 aprile, ore 19.30, Veglia Pasquale nella Basilica di San Pietro.

- 20 aprile, ore 10.30, Messa di Pasqua in Piazza San Pietro.

- 27 aprile, ore 10.30, Messa della Domenica della Divina Misericordia e canonizzazione del Beato Carlo Acutis in Piazza San Pietro.

L'autoreCNS / Omnes

Evangelizzazione

Santo Stefano Harding, Papa Sisto III e la Beata Giovanna de Maillé

La liturgia celebra diversi santi e beati il 28 marzo. Tra questi, il santo inglese Stephen Harding, Papa Sisto III, e i beati Enrico Suso e Jeanne-Marie de Maillé. Alcuni includono anche il sacerdote polacco Giuseppe Sebastiano Pelczar il 28 marzo, mentre altri lo spostano al 19 gennaio.  

Francisco Otamendi-28 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

I santi Stephen Harding, abate e cofondatore dell'Ordine di Malta. Cistercensie di Papa Sisto III sono celebrati dalla Chiesa oggi, 28 marzo, secondo l'attuale calendario. Martirologio romano. Altri Beati del giorno sono Jeanne-Marie Maillé e Henri Suso. Santo Stefano Harding, nato nel 1060, professò la vita monastica a Sherbone, ma lasciò il suo monastero e si recò a Parigi per studiare. Presto si è pentitoe si recò a Roma per chiedere perdono. 

Al ritorno, si fermò al monastero di Molesmes, il cui abate era San Roberto. Con lui, nel 1098, Alberico e Stefano fondarono il nuovo monastero di Cîteaux (Borgogna), origine dei Cistercensi, con l'obiettivo di ristabilire la fedele obbedienza alla Regola di San Benedetto. Alla morte di Alberico, Santo Stefano gli succedette come abate e fu lui a ricevere San Bernardo e a mandarlo, nel 1115, a fondare l'abbazia di Clairvaux. Durante la vita di Stefano ci furono dodici fondazioni cistercensi. Morì a Cîteaux (Francia) nel 1134.

Sisto III: contro Pelagio e Nestorio

Sisto III divenne Papa dopo la morte di Celestino I e divenne il 44° Papa della Chiesa. Nei suoi otto anni di vita come pastore dovette confermare nella dottrina della Chiesa ai fedeli di fronte alla Pelagio. Si oppose anche a Nestorio, che sosteneva la presenza di due Persone in Cristo e che Maria non era la Madre di Dio. Il Concilio di Efeso del 431 definì la Persona divina di Cristo come avente due nature, una divina e una umana. E che Maria era TheotokosMadre di Dio.

Il beato tedesco Enrique Suso era un presbitero della Ordine dei predicatori (Domenicani). Fu autore di un trattato sulla sapienza di Dio, "Il piccolo libro della sapienza eterna", e di riflessioni su temi mistici, tra cui testi dedicati al Nome di Gesù. Difese il suo maestro Eckhart, sostenendo che le sue tesi erano state male interpretate.

Beata Jeanne de Maillé: si è presa cura dei malati e degli indigenti

La beata Jeanne-Marie de Maillé nacque da una famiglia nobile vicino a Tours (Francia) nel 1331. Condivideva l'ideale cristiano del marito. Dovette pagare un riscatto per il marito, prigioniero di guerra con gli inglesi. Con i beni che le rimanevano, si prese cura di malato e indifeso durante la peste nera, e poi ai lebbrosi. Quando il marito morì in guerra, si rifugiò nell'ospizio di Tours e visse addirittura come reclusa. Sembra che sia diventata terziaria francescana.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Mondo

Mons. Ocáriz: "San Josemaría ha imparato cosa significa per la Chiesa essere un sacerdote".

Intervista al Prelato dell'Opus Dei, mons. Fernando Ocáriz, in occasione del primo centenario dell'ordinazione sacerdotale di San Josemaría Escrivá.

Maria José Atienza-28 marzo 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

28 marzo 1925, Josemaría Escrivá fu ordinato sacerdote dal vescovo Miguel de los Santos Díaz Gómara nella chiesa di San Carlos a Saragozza. Un secolo dopo, quella stessa città ha ospitato un giornata straordinaria per ricordare questo fatto e, soprattutto, per sottolineare l'amore del fondatore dell'Opus Dei per il sacerdozio ministeriale. 

In questa occasione, Omnes ha intervistato l'attuale prelato dell'Opus Dei, mons. Fernando OcárizÈ stato uno dei relatori della conferenza e ha avuto l'opportunità di vivere con San Josemaría e di testimoniare la sua intensa pietà e preoccupazione per la formazione e la vita dei sacerdoti. 

An occasione del centenario dell'ordinazione sacerdotale di San Josemaría, quali sono le caratteristiche principali della vita sacerdotale del fondatore dell'Opus Dei?

- Il Beato Álvaro del Portilloche ha vissuto per molti anni con San Josemaríanel 1978 lo definì "un sacerdote che aveva le cose essenziali a portata di mano". Fin dal momento dell'ordinazione, voleva essere un sacerdote e solo un sacerdote, un sacerdote 100%. Per questo motivo, vorrei sottolineare il suo amore per la celebrazione della Santa Messa, la sua lotta costante per mettere i suoi molti talenti al servizio di tutti e la sua consapevolezza di aver ricevuto una paternità spirituale che ha dato senso a tutta la sua esistenza.

San Josemaría disse che l'Opera era venuta per servire la Chiesa come essa voleva essere servita. Quale consiglio diede San Josemaría ai sacerdoti della Società Sacerdotale della Santa Croce che svolgono il loro lavoro in tante diocesi del mondo?

- San Josemaría Si preparò con cura per diventare un buon sacerdote diocesano, prima nel seminario di Logroño e poi in quello di Saragozza. Lì ha imparato cosa significa per la Chiesa essere un sacerdote: essere un collaboratore del vescovo e un servitore dei suoi fratelli.

In realtà, il suo consiglio era quello che la Chiesa ha sempre dato ai sacerdoti: vivere in comunione con il proprio vescovo, che si manifesta nell'obbedienza e nella disponibilità ad accettare e seguire le sue direttive pastorali, coltivare la fraternità e l'amicizia con il resto dei sacerdoti della diocesi ed essere generosi nel servizio a tutti i fedeli, soprattutto facilitando il loro accesso ai sacramenti - ha insistito instancabilmente sull'amore per l'Eucaristia e il sacramento del perdono - e la formazione e l'accompagnamento spirituale di cui tutti abbiamo bisogno per essere fedeli alla nostra vocazione.

San Josemaría nel Seminario di San Carlos, Saragozza (Spagna) Ottobre 1922
San Josemaría nel Seminario di San Carlos, Saragozza (Spagna), ottobre 1922 ©Opus Dei

In che modo i sacerdoti incardinati nella Prelatura dell'Opus Dei aiutano la Chiesa universale?   

- In primo luogo, rimanendo fedeli allo spirito che Dio ha dato a san Josemaría, che i Papi hanno riconosciuto come un autentico carisma per il bene di tutta la Chiesa. Pertanto, predicando e aiutando coloro che cercano la santità in mezzo al mondo, secondo le modalità proprie della Chiesa. Opus Dei, cioè incoraggiando un'intensa vita di pietà, offrendo una solida formazione e insistendo sul fatto che il luogo dell'incontro con Dio è la propria situazione personale: ordinariamente, il lavoro e la famiglia. 

Svolgendo questo compito, i sacerdoti incardinati nella Prelatura servono le diocesi in cui operano, perché i fedeli laici che fanno parte dell'Opera, o semplicemente quelli che vi si rivolgono, rimangono parte viva della diocesi a cui appartengono. Inoltre, quando le circostanze lo permettono, i sacerdoti della Opus Dei collaborare alle attività pastorali diocesane, sempre con il permesso e in comunione con le direttive del vescovo.

I sacerdoti sono sempre stati particolarmente importanti per San Josemaría, al punto da pensare di lasciare l'Opera per dedicarsi a loro. Come ha visto San Josemaría che poteva aiutare i sacerdoti diocesani? 

- San Josemaría "vide" che era possibile essere santi in mezzo al mondo e, di conseguenza, fin dall'inizio si rivolse a tutti coloro che, per la propria condizione, non erano separati dal mondo, compresi i sacerdoti diocesani. L'Opera è eminentemente laico perché è chiamata a dare vita cristiana alle realtà temporali - compito proprio dei laici, come ha dichiarato il Concilio Vaticano II - e perché - come in tutta la Chiesa - la maggioranza dei suoi membri sono laici, ma il suo messaggio e il suo spirito aiutano tutti coloro che sono chiamati a cercare la santità in mezzo al mondo; e logicamente questo vale anche per i sacerdoti diocesani. 

San Josemaría nel 1966
San Josemaría nel 1966

Che San Josemaría abbia pensato di lasciare l'Opera per dedicarsi a loro è comprensibile per la difficoltà che c'era a quel tempo (parliamo della fine degli anni '40) di trovare un modo per integrarli canonicamente nell'Opus Dei senza "toglierli dal loro posto": cioè senza toglierli dalle loro diocesi, dalla loro realtà di vita, che è quella che il Signore gli aveva fatto vedere che i sacerdoti che accettavano quello spirito dovevano santificarsi.

Il Società Sacerdotale della Santa Crocelasciando intatta la condizione di sacerdote diocesano, permette a chi si sente chiamato a cercare la santità nel proprio sacerdozio con lo spirito e i mezzi che l'Opus Dei offre a tutti, mezzi che tracciano un dolce cammino verso l'identificazione con Gesù, su un piano inclinato, in un clima di comprensione e di affetto che aiuta a non sentirsi soli, e a desiderare di offrire, soprattutto agli altri sacerdoti, quella vicinanza e quell'affetto di cui tutti abbiamo bisogno.

San Josemaría ha parlato dell'"anima sacerdotale" che dovrebbe caratterizzare ogni cattolico. Come e in che modo noi laici possiamo manifestare quest'anima sacerdotale oggi?

- È una verità, quella della condizione sacerdotale di tutto il Popolo di Dio, ricca di conseguenze pratiche. San Josemaría ha sottolineato soprattutto il valore salvifico di ogni azione compiuta da un cristiano, in quanto egli stesso è membro di Cristo. Da qui il valore santificante della vita ordinaria e la possibilità di offrire, per il bene della Chiesa, piccole e grandi sofferenze.

Si è inoltre basato sulla verità del sacerdozio comune di tutti i fedeli per sottolineare la responsabilità personale dell'evangelizzazione e dell'apostolato, che deriva dal battesimo e non principalmente dall'aver ricevuto una qualche missione ecclesiale. 

Sono insegnamenti che servono per oggi e serviranno per sempre. L'"anima sacerdotale" è ben compresa alla luce dell'insistenza di Papa Francesco sulla fuga da ogni forma di clericalismo e sul riconoscimento del ruolo dei fedeli laici nella missione della Chiesa.

Come ha vissuto i giorni di malattia di Papa Francesco e che cosa ha sottolineato dei suoi incontri con il Papa? 

- Oltre al ricordo alla Santa Messa, nella Preces che tutti i fedeli del Opus Dei Preghiamo ogni giorno come parte del nostro progetto di vita, preghiamo Dio ogni giorno, per il Papa, perché lo custodisca, lo riempia di vita, lo renda felice sulla terra e lo protegga dai suoi nemici.

In questi giorni di lunga degenza, naturalmente, questo appello è diventato più intenso. Il Papa chiede a tutti di pregare per lui.

Negli incontri che ho avuto con lui, ha sempre chiesto, attraverso di me, preghiere per tutto l'Opus Dei. Gli ho chiesto anche preghiere per l'Opera, e sono sicuro che pregando per tutta la Chiesa prega per noi, anche in questo momento di prostrazione fisica.

Mondo

L'arcivescovo di Saragozza, il cardinale You Heung-sik e il prelato dell'Opus Dei commemorano i 100 anni di sacerdozio di San Josemaría

Per celebrare il centenario dell'ordinazione sacerdotale di San Josemaría, è stato organizzato a Saragozza un convegno sul sacerdozio.

Javier García Herrería-27 marzo 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Il 28 marzo 2025, il hanno 100 anni dell'ordinazione sacerdotale di San Josemaría Escrivá. Fu seminarista nella diocesi di Saragozza per cinque anni e poi sacerdote diocesano nei primi anni del suo ministero.

Per celebrare questo anniversario, la Biblioteca Sacerdotale Alacet, la Fondazione CARF e Omnes hanno organizzato Nella città dell'Ebro si è tenuta una conferenza commemorativa, inaugurata dall'arcivescovo di Saragozza, mons. Carlos Escribano.

Contesto storico

Lo storico José Luis González Gullón ha poi ripercorso i principali eventi biografici di San Josemaría nella scoperta della sua vocazione e negli anni del seminario. Nel suo intervento ha mostrato molte immagini di San Josemaría appartenenti all'archivio fotografico della Prelatura che non hanno ancora visto la luce, tra cui un ritratto molto bello della prima comunione di San Josemaría e una fotografia dei suoi genitori.

Tra i dettagli meno noti della vita del fondatore dell'Opus Dei che ha condiviso, ha fatto riferimento al momento in cui San Josemaría ha considerato per la prima volta la volontà di Dio dopo aver visto le impronte di alcuni piedi nudi nella neve a Logroño, appartenenti ad alcuni carmelitani scalzi. Si sa che, in seguito a quell'evento, iniziò a seguire la direzione spirituale di un sacerdote carmelitano che, qualche mese dopo, gli suggerì la vocazione a quell'istituto religioso. San Josemaría ci pensò seriamente, al punto che arrivò a pensare che se fosse entrato nell'ordine, il suo nome sarebbe stato "Amante di Gesù nel Santissimo Sacramento".

Conferenza del cardinale You Heung-sik

Il prefetto della Congregazione per il Clero, il cardinale You Heung-sik, ha tenuto una conferenza sulla santità e la missione dei sacerdoti. Ha iniziato chiedendo preghiere per il Santo Padre e ha condiviso con il pubblico di aver informato il segretario del Pontefice della sua partecipazione all'evento e di avergli trasmesso la benedizione del Papa. 

In un discorso caratterizzato da buon umore e spontaneità, il cardinale You Heung-sik ha riflettuto sulla santità e sulla missione dei sacerdoti sulla base dell'insegnamento della Chiesa e dell'esempio del fondatore dell'Opus Dei, evidenziando il rapporto inscindibile tra la vocazione sacerdotale e la dedizione totale a Dio e al prossimo.

Ha anche sottolineato che il sacerdozio non è solo una funzione, ma un'identificazione con Cristo, il Sommo Sacerdote, che si è offerto completamente per la salvezza del mondo. Seguendo questo modello, i sacerdoti sono chiamati a vivere in santità attraverso la loro missione pastorale, servendo la comunità con umiltà e dedizione. Citando San Josemaría, ha ricordato che "il sacerdote è sempre un altro Cristo" e che la sua vita deve essere conformata al mistero della croce.

Il Cardinale ha concluso il suo discorso con un appello ai sacerdoti a rinnovare il loro impegno verso Dio e verso i fedeli, ricordando che l'Eucaristia è il centro della loro missione. Seguendo l'esempio di San Josemaría, che celebrò la sua prima Messa nella Basilica del Pilar, ha sottolineato che santità e missione devono sempre andare di pari passo, riflettendo l'amore misericordioso di Dio e la gioia del Vangelo nel servizio sacerdotale.

Discorso di Fernando Ocáriz

Nell'ultima conferenza della mattinata, Fernando Ocáriz ha affrontato il tema dell'Eucaristia e del sacerdozio, evidenziando alcuni insegnamenti di San Josemaría, secondo cui la Messa è il "centro e la radice" della vita cristiana. Da questa prospettiva, ha spiegato come il sacerdote, celebrando i sacramenti, in particolare l'Eucaristia, agisca come mediatore dei doni divini. Ocáriz ha approfondito l'importanza del ruolo sacerdotale in questa celebrazione, sottolineando la necessità di officiare la Messa con serenità e raccoglimento.

Il Prelato dell'Opus Dei ha concordato con il Cardinale You Heung-sik nel sottolineare due aspetti particolarmente rilevanti della vita sacerdotale. Da un lato, la particolarità della vocazione sacerdotale consiste nell'identificazione con Cristo, che gli permette di agire in suo nome e di continuare la sua missione. Dall'altro lato, la vita sacerdotale deve essere guidata dalla carità pastorale e da un profondo spirito di servizio, fondamentale per il loro impegno verso le pecore che pascono.

risate sacerdoti
Da sinistra a destra: il vicario di Saragozza, Esteban Aranaz, Jorge Salas e Antonio Cobo.

In Cina, l'Alpujarra e lo Stoccolma

Se qualcuno pensava che una tavola rotonda sui sacerdoti sarebbe stata solenne e seria, si sbagliava di grosso. "Il cuore universale del sacerdote: dall'Oriente all'Occidente passando per il mondo rurale" è stato un incontro pieno di risate, storie sorprendenti e una visione profonda della vocazione sacerdotale nei luoghi più diversi del pianeta.

Protagonisti di questa conversazione sono stati tre sacerdoti dell'Opus Dei le cui vite sono tanto diverse quanto stimolanti: Esteban Aranaz, missionario in Cina e originario della diocesi di Tarazona; Jorge de Salas, sacerdote numerario in Svezia e vicario giudiziale a Stoccolma; e Antonio Cobo, sacerdote diocesano che vive la sua missione nella regione di Alpujarra, in Almeria.

Esteban Aranaz ha raccontato come la sua avventura in Cina sia iniziata con una semplice conversazione nella sua parrocchia aragonese: "Ho parlato con un cinese pagano e, dopo quel momento, il mio cuore ha desiderato andare in missione in Cina". Così semplice e così potente. Con umorismo e gratitudine, ha ricordato come la sua diocesi gli abbia permesso di andare a Taiwan e in Cina come missionario. Ha anche ringraziato l'Opus Dei per il suo sostegno, sottolineando lo spirito di San Josemaría di prendersi cura di tutti i sacerdoti, che appartengano o meno all'Opera.

Jorge de Salas è arrivato in Svezia nel 1985, quando - come scherza - aveva ancora i capelli. Il vescovo di Stoccolma aveva chiesto un canonista e lui è andato lì, pronto a servire in un Paese freddo e piuttosto individualista. Oggi è un sacerdote che cerca di accompagnare i 160 sacerdoti del Paese, essendo uno di loro. "Qui il lavoro è diverso, ma l'essenza del sacerdozio è la stessa: esserci per gli altri", ha spiegato.

Antonio Cobo ha incontrato un destino inaspettato quando ha chiesto al suo vescovo un anno sabbatico ed è stato mandato in sette villaggi dell'Alpujarra. "Me l'ha venduta come una cosa molto tranquilla", ha detto ridendo. Quest'anno ha solo due bambini in prima comunione e il suo lavoro nel mondo rurale non gli permette di formare gruppi parrocchiali di alcun tipo, è la cosiddetta "Spagna vuota". Dice di non essere mai stato più felice come sacerdote perché "può trattare le persone una per una, e questo è un dono", ha confessato. Ha anche ringraziato la Fondazione CARF per aver contribuito a finanziare i suoi studi sacerdotali.

Al di là delle risate e degli aneddoti, la tavola rotonda ha lasciato un messaggio chiaro: il cuore del sacerdote non conosce confini. Che sia in una megalopoli cinese, nella fredda campagna svedese o in un angolo remoto dell'Alpujarra, la vocazione sacerdotale è universale e al servizio di tutti. E può essere vissuta anche con senso dell'umorismo.

Evangelizzazione

San Giovanni d'Egitto, eremita, e San Ruperto di Salisburgo, vescovo.

Il 27 marzo, la liturgia celebra San Giovanni d'Egitto, un eremita che visse austeramente nel deserto a sud di Alessandria nel IV secolo, dedicandosi alla preghiera e al digiuno. Oggi si celebra anche San Ruperto di Salisburgo, vescovo e fondatore della città, venerato sia dai cattolici che dagli ortodossi.  

Francisco Otamendi-27 marzo 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

San Giovanni d'Egitto, eremita, visse nella Tebaida, dedicata alla preghiera e penitenzae San Ruperto era vescovo di Salisburgo. San Giovanni lavorava come falegname e si mise nelle mani di un monaco, che lo guidò all'austerità nella ricerca di Gesù Cristo. Mangiava frutti selvatici, dormiva poco ed espiava i suoi peccati. Era noto per la sua semplicità e la sua gioia. 

Dio gli diede il dono della profezia, il dono di guarire le malattie e il dono di guidare le anime. Andò a accesso da imperatori, personalità politiche e religiose. Alcuni Padri della Chiesa si recarono da lui, come ad esempio San Girolamo e Sant'Agostinoche ha scritto su di lui ed è una fonte affidabile di informazioni su di lui. Dopo aver trascorso più di 70 anni nel deserto, morì nel 394.

Primo abate-vescovo

La vita di San Ruperto fu diversa da quella di San Giovanni. Vescovo di Vermi (Germania), dovette andarsene perché osteggiato da ariani e pagani. Poi il duca di Baviera, Teodoro II, lo invitò a predicare sul loro territorioche allora comprendeva una parte dell'Austria. San Ruperto iniziò da Ratisbona e proseguì lungo il Danubio. 

Ricostruì un'antica città romana donatagli dal duca Juvavum, che chiamò Salisburgo. Costruì una chiesa e un monastero, dedicati a San Pietroed è stato il suo primo abate e vescovosecondo il Martirologio Romano. Morì nel 718. Le sue reliquie sono conservate nella Cattedrale di Salisburgo, costruita nel XVII secolo.

L'autoreFrancisco Otamendi

Risorse

Sonia Ortega: "Cristo è la chiave di tutta la Sacra Scrittura".

Sonia Ortega, docente di Sacra Scrittura all'Università San Dámaso, vuole incoraggiare tutti i cattolici a leggere la Bibbia per conoscere Cristo in profondità e per ascoltare ciò che Dio vuole dirci ogni giorno attraverso la Parola.

Javier García Herrería-27 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Abbiamo parlato con Sonia Ortega, docente di Sacra Scrittura presso l'Università di San Dámaso. Tiene anche corsi biblici nelle parrocchie e nelle congregazioni religiose. Sonia dedica la sua vita alla ricerca e alla divulgazione biblica, ma ha anche avviato con il marito e le figlie una missione cattolica in Liberia, chiamata "Nelle mani di Maria". Qui offrono assistenza sanitaria e accompagnamento nelle carceri; aiutano gli abitanti delle discariche e degli sfasciacarrozze dei ghetti di Monrovia, molti dei quali colpiti dal consumo di "kush", una droga in aumento in Africa; forniscono inoltre assistenza sanitaria nel campo profughi "Voice of America", in case per malati e orfanotrofi.

Come è arrivato a fare l'insegnante di Sacra Scrittura?

- Ho studiato teologia, ma non ho mai avuto intenzione di fare l'insegnante. Infatti, quando mi è stata offerta la possibilità di insegnare, sono letteralmente scappata per un anno. Non mi vedevo in quel ruolo. Ma sapete com'è Dio: ci conduce su strade inaspettate. Alla fine, per esigenze dell'università, mi è stato offerto di insegnare a San Dámaso e ho accettato.

È vero che avevo già esperienza di formazione di gruppi nelle parrocchie e nella vita religiosa, ma non mi ero mai immaginata davanti a un'aula a insegnare la Sacra Scrittura. Tuttavia, quando sono entrata, ho scoperto la bellezza di condividere la Sacra Scrittura. Parola di Dio con altri, e sono rimasto.

Perché è importante per un cristiano comune leggere la Bibbia e formarsi sulle Sacre Scritture?

- Perché nessuno ama ciò che non conosce. La fede non è solo sentimento, ma anche ragione e conoscenza. Siamo corpo, anima e spirito e dobbiamo rispondere a Dio con tutto ciò che siamo.

Viviamo in un mondo che ci chiede costantemente le ragioni della nostra fede. Quando si studia la Scrittura, ci si rende conto che essa illumina tutte le realtà della nostra vita. È un ampliamento della mente, dell'anima e del cuore. Ti riempie di gioia perché scopri che Dio parla direttamente alla tua vita.

Cosa facciamo con l'Antico Testamento per non addormentarci durante la lettura?

- (ride). Può essere compresa solo a partire da Cristo. La Rivelazione si conclude in Lui, quindi leggere l'Antico Testamento senza questa chiave è come leggere il primo capitolo di un romanzo di 350 pagine e cercare di trarre delle conclusioni.

Cristo è la chiave di lettura di tutta la Scrittura. Ma abbiamo anche bisogno di una guida per comprenderla, ed è qui che entra in gioco la Chiesa. Senza una corretta interpretazione, possiamo perderci nei dettagli e non cogliere il messaggio centrale della salvezza.

A proposito di Antico Testamento... vi è piaciuto il libro dei Numeri?

- Molto! In effetti, c'è un luogo in Numeri chiamato "Kadesh Barnea" e tutti noi, a un certo punto, passiamo attraverso il nostro "Kadesh Barnea". È il momento in cui il popolo d'Israele guarda la Terra Promessa e dice a Dio: "Non è quello che mi aspettavo". Si aspettavano qualcosa di facile, ma si rendono conto che la promessa di Dio richiede uno sforzo. E decidono di non entrare.

Quante volte ci succede questo? Dio ci mostra una strada, ma poiché non è quella che avevamo immaginato, ci opponiamo. Questa lotta tra la promessa di Dio e le nostre aspettative è reale, e comprenderla cambia completamente il modo di leggere le Scritture.

Quali pratiche raccomanda per aiutarci a entrare e a godere della Sacra Scrittura?

- La prima cosa da fare è non studiare la Bibbia da soli. È vero che possiamo leggerla personalmente, ma l'esperienza mi ha insegnato che la condivisione della Parola in un gruppo la rende molto più ricca. Sentire come risuona nei cuori degli altri ci aiuta ad approfondirne il significato.

È fondamentale anche avere una guida adeguata. Al giorno d'oggi ci sono molte risorse: libri, podcast, articoli, corsi online e faccia a faccia... A San Dámaso, per esempio, abbiamo una formazione molto accessibile sulla Sacra Scrittura, sia faccia a faccia che online.

Sulla pagina di "Nelle mani di Maria" carico Corsi di Bibbia accessibile a tutti. Abbiamo iniziato a farlo durante il confino ed è stata un'esperienza incredibile. Ci sono corsi sulla Genesi, su San Giovanni e su altri argomenti fondamentali per la comprensione della Parola.

Inoltre, nella diocesi di Getafe stiamo sviluppando un ottimo programma. Abbiamo diversi video e materiali di formazione a prezzi accessibili. L'idea è che le persone non solo studino individualmente, ma si incontrino anche in piccoli gruppi, nelle case o nelle parrocchie, per condividere ciò che hanno imparato.

A chi vuole iniziare a leggere la Bibbia, cosa consiglierebbe?

- Innanzitutto, non iniziate dalla Genesi con l'intenzione di finire all'Apocalisse. La Bibbia non è un romanzo che si legge dall'inizio alla fine. Ci sono 73 libri e ognuno richiede un punto di ingresso diverso.

È meglio iniziare con un Vangelo, come Matteo o Luca. Una volta che il cuore si connette con Cristo, si può passare ad altre parti della Scrittura.

Oggi esistono molte piattaforme e corsi di formazione, sia nelle università che nelle parrocchie. Nella diocesi di Getafe, ad esempio, abbiamo creato un programma con video gratuiti e materiali accessibili, in modo che le persone possano studiare la Bibbia in comunità.

Qual è l'impatto che ha avuto sulle persone che sono state formate alla Sacra Scrittura?

- Ho visto vite trasformate. C'è una crescita impressionante dell'interesse per la Parola di Dio. Viviamo in un mondo con troppe parole, troppe informazioni, e le persone sono esauste. Ma quando scoprono le Scritture, trovano qualcosa di diverso: una verità che soddisfa.

Sempre più persone sentono di aver bisogno di un'ancora, di qualcosa di solido su cui appoggiarsi. E la Parola di Dio risuona nel profondo del cuore di ogni essere umano.

Infine, quale consiglio darebbe a chi vuole avvicinarsi alla Bibbia?

- Che lo metta al centro della sua vita. Una cosa così semplice come leggere il Vangelo ogni giorno e meditarlo cambia completamente il nostro modo di vivere. Non è necessario essere esperti o fare grandi corsi. È sufficiente lasciare che la Parola risuoni nel proprio cuore. Perché quando lo fa, trasforma.

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Vangelo

L'infinita misericordia di Dio. Quarta domenica di Quaresima (C)

Joseph Evans commenta le letture della quarta domenica di Quaresima (C) del 30 marzo 2025.

Giuseppe Evans-27 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La Chiesa continua a cercare di convincerci della misericordia di Dio, come se avessimo difficoltà a credere alla sua infinita profondità. Il Vangelo di oggi è il mezzo di tre Vangeli domenicali che ci mostrano fino a dove arriva questa misericordia. Domenica scorsa, come abbiamo visto, Dio è descritto come un vignaiolo che non osa tagliare il fico senza frutto. Vuole dargli un'altra possibilità. Domenica prossima c'è l'episodio della donna colta in adulterio: anche Gesù vuole darle un'altra possibilità. E il Vangelo di oggi è il testo più famoso di tutti sulla misericordia divina: la parabola del figliol prodigo.

Potremmo dire molte cose su questo testo (la misericordia di Dio è davvero infinita), ma limitiamoci a sottolineare alcuni punti. Il primo è la gravità del peccato del figlio. Non si tratta solo della sua vita dissoluta in una terra lontana. È il fatto che chiede l'eredità in anticipo. Considerando che normalmente le eredità vengono trasmesse solo alla morte di qualcuno, è come se il figlio dicesse al padre: "Per quanto mi riguarda, sei già morto".. Lo sta quasi uccidendo, almeno dal punto di vista emotivo.

Il punto successivo da considerare è quanto sia imperfetto il pentimento del figlio. Egli torna perché ha fame e i servi del padre mangiano bene. "Poi pensò tra sé e sé: 'Quanti braccianti di mio padre hanno pane in abbondanza, mentre io qui muoio di fame'".. Eppure è rinsavito e sta tornando a casa.

Questo è importante: quando il figlio uscì dal porcile, era già in cammino verso il padre. Non era ancora tra le sue braccia, ma stava andando da lui. Il solo fatto di uscire da una situazione di peccato, per quanto imperfette siano le motivazioni, lo spinge già a rivolgersi a Dio.

E poi vediamo la misericordia del padre: "Quando lui [il figlio] era ancora lontano". (probabilmente più spiritualmente che fisicamente), "Suo padre lo vide e il suo cuore si commosse; corse, gli si gettò al collo e lo coprì di baci".. Il padre corre verso il ragazzo come se fosse un inferiore: non c'è il senso della propria dignità.

Il figlio ha preparato il suo discorso. Confesserà il suo peccato, riconoscerà di non essere degno di essere chiamato figlio del padre e chiederà di essere trattato come un servo. Ma la cosa sorprendente è che non arriva a dire la terza cosa. Che sia semplicemente un servo, per quanto grande sia il suo peccato, semplicemente non è un'opzione per il padre. Il ragazzo viene quindi restituito alla sua piena dignità attraverso una serie di atti simbolici (ricevere la tunica, l'anello e i sandali) che richiederebbero un'ulteriore riflessione per essere spiegati, così come la domanda: cosa ci dice che il figlio non se ne andrà più?

Libri

"Viva la poesia": l'amore del Papa per la parola poetica come libro

"Viva la poesia" è il titolo dell'antologia di testi di Papa Francesco sulla poesia, che il giornalista Antonio Spadaro ha appena pubblicato in italiano con la casa editrice Ares.

Maria Candela Temes-26 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Con questa esclamazione, "Viva la poesia!", iniziava un biglietto scritto a mano da Papa Francesco al giornalista Antonio Spadaro, datato 20 gennaio 2025. Ora quella frase è il titolo di un'antologia di testi del Papa sulla poesia, che Spadaro ha appena pubblicato in italiano con la casa editrice Ares.

Copertina del libro "¡Viva la poesía!" (Viva la poesia!)

Il rapporto di Papa Francesco con la poesia risale a molto tempo fa. Non è solo il pontefice che porta il nome di un santo trovatore, Francesco d'Assisi., che ha composto il "Cantico delle creature". È anche colui che cita a memoria Dante, Baudelaire, Borges o Gerard Manley Hopkins. Per Bergoglio - fin dagli anni in cui era un giovane maestro dei novizi e poi come arcivescovo di Buenos Aires - letteratura e vita sono concetti intercambiabili.

Quando non aveva ancora 40 anni, scrisse la prefazione a una raccolta di poesie scritte da un compagno di religione. In quell'occasione, definì il mestiere di comporre versi con una bella immagine: "La parola poetica ha il timore della carne nel cuore dell'uomo e, allo stesso tempo, sente il peso delle ali che non hanno ancora preso il volo". In questo modo descriveva non solo un patrimonio universale, ma anche un impulso vissuto in prima persona, almeno come lettore appassionato.

Umani, non noci

Di questo legame vitale si è parlato il 21 marzo - Giornata mondiale della poesia - in occasione della presentazione del libro "Viva la poesia!Il libro, un'antologia di testi di Francesco preparata dal compagno gesuita Antonio Spadaro, è pubblicato in italiano dalla casa editrice Ares. Nel atto Spadaro era affiancato dal cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, dalla poetessa Maria Grazia Calandrone e dal giornalista Andrea Monda, direttore dell'Osservatore Romano, che ha svolto il ruolo di moderatore.

Con questa esclamazione, "Viva la poesia", inizia una nota scritta dal Papa, di suo pugno, a Spadaro il 20 gennaio 2025, in riferimento al libro. Ed è questo "viva" entusiasta che ha dato il titolo alla piccola opera. Nella sua inconfondibile calligrafia, Francesco dice: "Dobbiamo recuperare il gusto del letteratura nella nostra vita, ma anche nella nostra educazione; altrimenti siamo come una noce. La poesia ci aiuta a essere umani e oggi ne abbiamo tanto bisogno.

Versi per la tempesta

"Tucho" Fernández, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, ha commentato che la poesia è uno dei legami che condivide con l'amico Bergoglio, per il quale è stata "un'oasi nei momenti difficili della sua lunga vita". Mentre pronunciava queste parole, gli sono venute in mente le cinque settimane di ricovero al Policlinico Gemelli, che - all'epoca non lo sapevamo ancora - erano state un "grande aiuto nei momenti difficili della sua lunga vita". stavano per finire. "Quando nemmeno nella preghiera troviamo la pace dell'anima, un buon libro aiuta a superare la tempesta e ad aprire nuovi spazi interiori", ha detto il porporato argentino, assicurando che "rifugiarsi nella poesia non è fuggire in un mondo parallelo, ma ritrovarlo con maggiore profondità". 

Ha preso poi la parola la poetessa Maria Grazia Calandrone, che ha commentato con umiltà che "il Papa, come lettore, è arrivato a conclusioni che io ho raggiunto dopo 40 anni di dedizione alla scrittura poetica". E ha accennato a questioni fondamentali come la concordanza, la formazione o il ruolo essenziale che i versi possono avere nel cuore degli adolescenti. 

Calandrone ha parlato di nostalgia, di "resa missa" e dell'invisibile che sta dietro la realtà, "che il Papa chiama Dio e che io non so che nome dare". Ha anche fatto riferimento al coraggio di Francesco: "ha il coraggio di aspettare, anche di fronte alla devastazione più assoluta".

Il logos poetico in Turandot

L'idea di produrre un'antologia di testi di Francesco sulla poesia ha origine nei primi giorni del suo pontificato. Spadaro, oggi sottosegretario del Dicastero per la Cultura e l'Educazione, era all'epoca direttore della rivista La Civiltà Cattolica, legata alla Compagnia di Gesù. In qualità di direttore di questa rivista, fu il primo a produrre un'intervista al Papa nell'agosto 2013, cinque mesi dopo la sua elezione alla Sede petrina.

Spadaro ha raccontato che l'incontro è stato per lui una scoperta, ovvero l'amore di Francesco per il linguaggio poetico: "In quel colloquio gli ho chiesto se dovevamo essere ottimisti. Mi rispose che gli piaceva parlare di speranza piuttosto che di ottimismo, e citò alcuni versi dell'opera Turandot di Puccini". Non offrì una risposta formulata a partire da un'argomentazione ragionevole, ma diede piuttosto un'immagine lirica. "Per lui è il logos poetico che conta, e poi viene la spiegazione. Il riferimento alla poesia in lui è primario, non secondario", ha aggiunto l'editore.

Per Francesco, la poesia non è un ornamento, ma una necessità. In un testo scritto nel 2023 - di nuovo una prefazione a un libro - ha detto che in questo tempo di crisi globale "abbiamo bisogno della brillantezza di un nuovo linguaggio, di storie e immagini potenti, di scrittori, poeti, artisti capaci di gridare al mondo il messaggio del Vangelo, di far vedere Gesù". Non ha parlato di strateghi, diplomatici o scienziati, ma di artigiani della parola.

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Evangelizzazione

Ciro. Mettere la tecnologia al servizio della guida spirituale

Ciro ha mollato tutto nel 2017, quando ha sentito che Dio gli chiedeva di mettere la sua passione per la tecnologia al servizio di chi ha bisogno di una guida spirituale. Ha quindi fondato, AMENuna piattaforma che mette in contatto sacerdoti e religiosi con chi ha bisogno di consulenza spirituale.

Juan Carlos Vasconez-26 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Incontriamo Ciro, un giovane colombiano consacrato a Maria e a San Giuseppe da molti anni, un uomo di profonda fede che ha trovato il modo di combinare la sua passione per la tecnologia con il suo desiderio di servire Dio. Marito e padre di due bambine, Ciro ha dedicato la sua vita all'evangelizzazione, soprattutto nel mondo digitale. Dopo aver studiato in una scuola calasanziana e aver collaborato con un'università gesuita, Ciro si è trasferito in Francia, dove ha lavorato e conseguito un master in logistica e commercio internazionale. Al suo ritorno in Colombia, ha partecipato al volontariato sociale con i marianisti in Brasile. Nel 2007 si è sposato e si è trasferito in Cina, dove ha conseguito un master e ha lavorato come catechista. Ha poi vissuto in Portogallo ed è lì che, nel 2017, ha deciso di cambiare radicalmente la sua vita. Ha lasciato il suo lavoro in azienda, ha fondato AMEN e si è dato completamente al Signore.

Il contatto nell'era digitale

AMEN è una piattaforma digitale che cerca di avvicinare la Chiesa alle persone attraverso la tecnologia. Facilita il contatto tra sacerdoti e religiosi di tutto il mondo che si collegano alla piattaforma per offrire conforto, guida e consigli a chi ne ha bisogno, 24 ore al giorno.

Impatto reale

Con oltre 20.000 sussidi spirituali forniti, 1.300 sacerdoti registrati e migliaia di utenti in tutto il mondo, AMEN è diventato uno strumento che sta avendo un impatto reale sulla evangelizzazione digitale

Ciro, in qualità di fondatore, è stato testimone di come la piattaforma abbia aiutato le persone a superare momenti difficili, a tornare alla fede e persino a entrare in seminario.

"Ci sono molte testimonianze, persone che stanno pensando di suicidarsi e si pentono con una parola di incoraggiamento, persone che non hanno un sacerdote a portata di mano e riescono a superare i loro dubbi, persone che non vogliono parlarti faccia a faccia, che si vergognano di chiedere consiglio, che sono tornate alla fede cattolica, e persone che sono entrate in seminario grazie ad AMEN, tra gli altri".dice.

Consulenza e sostegno finanziario

Vale la pena di notare che l'aiuto non si limita alla consulenza, ma si estende ai singoli individui. Con il denaro raccolto dai servizi offerti AMENIl sostegno finanziario viene dato ai sacerdoti e ai religiosi consacrati, attivi o dispensati, che hanno bisogno di denaro per il loro sostentamento.

Ciro è un esempio di come la tecnologia possa essere messa al servizio della fede. Il suo lavoro con AMEN e le altre iniziative dimostrano che l'evangelizzazione nel mondo digitale è possibile e necessaria.

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Cinema

Jonathan Roumie: "Interpretando Gesù in The Chosen ho scoperto la sua intimità con gli apostoli".

La quinta stagione di The Chosen debutta in Spagna il 10 aprile. Jonathan Roumie, che interpreta Gesù, in questa intervista con Omnes risponde alle domande sulla sua esperienza nel dare vita al ruolo più importante della sua carriera, sull'impatto della serie sulla sua vita e sulle sfide che comporta interpretare Gesù.

Paloma López Campos-25 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Jonathan Roumie accoglie i giornalisti a Madrid con un sorriso caloroso e un'energia serena che sembra riflettere la stessa profondità con cui ha interpretato Gesù Cristo in Il prescelto. Con oltre 600 milioni di visualizzazioni in tutto il mondo, la serie ha reso Roumie un punto di riferimento per milioni di fedeli e spettatori.

Durante la nostra conversazione, in vista della prima europea della quinta stagione della serie, parliamo della sua esperienza nel dare vita al ruolo più importante della sua carriera, dell'impatto della serie sulla sua vita personale e delle sfide che comporta interpretare Gesù. Tra risate e riflessioni, Jonathan Roumie ci invita a scoprire l'uomo dietro il personaggio.

Gli attori di solito interpretano personaggi che sono archetipi, ma lei interpreta l'unico uomo che è stato prima un vero essere umano e poi un archetipo. Questo le fa sentire una responsabilità speciale? Come cambia il modo in cui interpreta il suo personaggio in The Chosen?

- Non so se l'idea cambia la mia interpretazione o anche il mio approccio a Lui. Penso di dovermi avvicinare a Lui come a qualsiasi personaggio, che è una persona, un essere umano rappresentabile. Certo, il caso di Gesù è speciale, essendo pienamente umano e pienamente divino, ma non cerco di interpretare la divinità, perché non posso identificarmi con essa.

Posso solo identificarmi con l'umanità di Gesù, e non del tutto, perché la sua umanità era perfetta, mentre io sono ben lungi dall'esserlo. Quindi penso che tutto ciò che posso fare è abbandonare la mia umanità e offrirgli il mio desiderio di conoscerlo in profondità, la concezione che ho del suo amore per l'umanità e cercare di trasudarlo nel processo di interpretazione.

La spaventa il fatto che tante persone la mettano in relazione con Gesù in The Chosen, e questo influisce sul suo modo di agire nella vita privata?

- Credo che la maggior parte delle persone sappia che non sono davvero Gesù (ride). Forse ci sono persone che lo pensano, ma non ne conosco nessuna. Penso che quando le persone sono colpite dalla mia interpretazione, e dalla serie in generale, quello che vogliono è avere un incontro simile con Gesù Cristo.

È una grande responsabilità l'influenza che posso avere su come si sentono gli altri, ma cerco di non pensarci. Cerco di togliermi un po' questo peso dalle spalle, perché quello che gli altri pensano di me non mi riguarda. Ma cerco di essere grata e gentile con le persone quando le incontro. The Chosen mi ha portato a incontrare molte persone provenienti da molti luoghi e voglio lasciare un impatto positivo su di loro.

C'è una caratteristica di Gesù che non avevate mai considerato prima ma che avete scoperto interpretandolo?

- Non so se dire che ho scoperto una nuova caratteristica. Piuttosto, credo che ci fossero dettagli della sua personalità che non avevo mai notato perché non ci avevo mai pensato, e pensando alla vita quotidiana di Gesù, ho scoperto come sarebbe stata l'intimità con i suoi amici e discepoli. Non avevo pensato così profondamente a questo tipo di cose finché non ho iniziato a interpretarle. Questo è fondamentalmente ciò che trasmettiamo in The Chosen: l'intimità dei dodici apostoli, di tutti i seguaci di Gesù.

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Vaticano

Il medico del Papa ammette che Francesco era prossimo alla morte

Il dottor Sergio Alfieri ha rivelato i momenti critici del ricovero di Papa Francesco, evidenziando due gravi crisi e la sua capacità di recupero.

Javier García Herrería-25 marzo 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Il chirurgo Sergio Alfieri è stato a capo dell'équipe medica che ha assistito Papa Francesco durante i 38 giorni di ricovero al Gemelli. In diverse occasioni si è occupato delle cure mediche del Pontefice, compreso l'intervento al colon a cui è stato sottoposto nel 2021. In quest'ultimo ricovero, il ruolo di Alfieri non si è limitato alle cure, ma si è occupato anche della comunicazione con l'entourage del Papa e con i media.

Ora, per la prima volta, ha rilasciato un'intervista esclusiva al Corriere della Sera raccontando i momenti più difficili vissuti dal Santo Padre in ospedale.

Il giorno in cui tutto è andato storto

Il 28 febbraio, quando Papa Francesco era ricoverato al Policlinico Gemelli da 14 giorni, le sue condizioni di salute si sono improvvisamente aggravate. A broncospasmo grave, accompagnata da una grave crisi respiratoria, ha messo in pericolo la sua vita. In quel momento critico, il Santo Padre, pienamente consapevole della situazione, ha chiamato i soccorsi.

Il professor Sergio Alfieri, medico curante, ha ricordato quel momento come il peggiore dell'intero ricovero: "Per la prima volta ho visto le lacrime negli occhi di alcune persone che lo circondavano. Persone che, come ho capito durante questo periodo di degenza, lo amano sinceramente, come un padre.

Una decisione difficile

La situazione era estremamente delicata e richiedeva una scelta rapida e decisiva. L'équipe medica si è trovata di fronte a un dilemma: "Dovevamo scegliere se fermarci e lasciarlo andare o forzarlo e provare tutti i farmaci e le terapie possibili, correndo l'altissimo rischio di danneggiare altri organi", ha spiegato Alfieri. Alla fine, hanno optato per tentare tutto il possibile per salvarlo".

Tuttavia, la decisione finale spettava a Papa Francesco stesso. "Il Santo Padre decide sempre. Ha delegato ogni tipo di decisione sulla salute a Massimiliano Strappetti, il suo assistente medico personale, che conosce perfettamente i desideri del Papa". A quel punto, Francesco ha dato una risposta chiara: "Provate tutto, non arrendetevi".

Una lotta contro il tempo

Nelle ore successive, i medici hanno dovuto affrontare la sfida di controllare l'infezione polmonare senza danneggiare altri organi vitali come i reni e il midollo osseo. La situazione rimaneva critica, ma gradualmente il trattamento iniziò a funzionare.

"Per giorni abbiamo corso il rischio di danneggiare i reni e il midollo osseo, ma abbiamo continuato", ha detto Alfieri. Alla fine, il corpo del pontefice ha risposto ai trattamenti e l'infezione ha iniziato a diminuire.

Un nuovo allarme: la seconda crisi

Quando tutto sembrava migliorare, un nuovo episodio mise in allarme i medici e l'entourage del Papa. "Stavamo uscendo dal momento più difficile quando, mentre mangiava, ha rigurgitato e aspirato", ha ricordato il professor Alfieri. "È stato il secondo momento veramente critico perché, in questi casi, se non viene soccorso tempestivamente, c'è il rischio di morte improvvisa".

Fortunatamente, l'équipe medica ha reagito rapidamente e Francisco ha superato anche questa nuova difficoltà.

Un paziente esemplare

Durante il ricovero, il Papa ha mostrato un atteggiamento esemplare. "Si è sottoposto a tutte le terapie senza mai lamentarsi", ha detto il medico. Inoltre, il Pontefice non ha mai perso il suo buon umore.

In un'occasione, quando Alfieri lo salutò con "Buongiorno, Santo Padre", Francesco rispose sorridendo: "Buongiorno, Santo Figlio".

Il ritorno in Vaticano

Dopo 38 giorni di degenza, il Papa è stato dimesso e ha potuto tornare alla sua residenza di Santa Marta. Prima di uscire, ha chiesto ai medici: "Sono ancora vivo, quando torniamo a casa? I medici gli hanno raccomandato due mesi di convalescenza protetta, evitando il contatto con grandi gruppi di persone o bambini che potrebbero essere veicolo di nuove infezioni. "Abbiamo parlato e ci siamo ripromessi di non sprecare lo sforzo che avevamo fatto", ha detto Alfieri.

Un leader resiliente

Papa Francesco ha dimostrato una notevole forza fisica e mentale. Il suo medico lo riconosce: "Oltre a un cuore molto forte, ha risorse incredibili". Inoltre, non esita ad attribuire parte della sua guarigione alla fede e alle preghiere dei fedeli: "Esiste una pubblicazione scientifica secondo la quale le preghiere danno forza ai malati. In questo caso, tutti hanno iniziato a pregare.

Infine, Alfieri ha condiviso un momento particolarmente toccante: "Quando l'ho visto uscire dalla stanza al decimo piano del Gemelli vestito di bianco. È stata l'emozione di vedere l'uomo tornare Papa".

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Evangelizzazione

Don Fabio Attard, Rettor Maggiore dei Salesiani

Il 29° Capitolo Generale di Torino (Italia) ha eletto il nuovo Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana, il salesiano maltese don Fabio Attard. 

Francisco Otamendi-25 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il sacerdote salesiano Fabio Attard, originario di Malta, è il nuovo Rettor Maggiore dei Salesiani. Diventa l'11° successore di Don Bosco, il santo torinese che fondò la Congregazione nel 1859. 

Fabio Attard non era presente in Sala Capitolare, in quanto non partecipava al Capitolo. Il Presidente, Stefano Martoglio, gli ha telefonato per chiedere la sua accettazione. Le sue parole sono state ascoltate nella sala. Emozionato, ha ringraziato i fratelli per la loro fiducia. E soprattutto per la loro fiducia in Dio.

Rettore Maggiore, successore di Don Bosco

È la prima volta che viene eletto un Rettor Maggiore che non ha partecipato al Capitolo Generale. La professione di fede per l'accettazione dell'incarico e il saluto dei capitolari e della Madre Generale delle Figlie di Maria Ausiliatrice (Suore Salesiane) avranno luogo quando il nuovo Rettor Maggiore arriverà a Torino.

Secondo le Costituzioni salesiane, "il Rettor Maggiore, superiore della Società Salesiana, è il successore del Rettore Generale. Don BoscoÈ il padre e il centro di unità della Famiglia Salesiana". Esercita il governo e l'animazione della Congregazione per sei anni, fino al prossimo Capitolo generale.

Il primo è stato nominato cardinale dal Papa.

All'elezione hanno partecipato 227 rappresentanti dei Salesiani partecipanti al Capitolo provenienti da 135 Paesi.

L'ex Rettor Maggiore dei Salesiani, don Angel Fernández Artime, è da gennaio Pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e Cardinale. Ha trascorso dieci anni alla guida della Congregazione salesiana come Rettor Maggiore.

Chi è il nuovo Rettor Maggiore?

Fabio Attard è nato il 23 marzo 1959 a Gozo (Malta). Ha emesso la professione di salesiano di Don Bosco il 9 settembre 1980 a Dublino (Irlanda), dove ha svolto il noviziato. È stato ordinato diacono a Roma (Italia) l'11 luglio 1986 e ordinato sacerdote nella stessa città il 4 luglio dell'anno successivo.

Direttore di diverse opere salesiane a Malta, è stato anche direttore dell'Istituto di Formazione Pastorale dell'Arcidiocesi di Malta, che ha fondato nel 2005. Fabio Attard si è laureato in Teologia morale all'Alfonsianum di Roma.

Ha partecipato al 26° Capitolo generale del 2008 come delegato dell'Ispettoria d'Irlanda e in quell'occasione è stato nominato Consigliere generale per la Pastorale giovanile della Congregazione salesiana. Ha ricoperto questo incarico per 12 anni, fino ad aprile 2020. Nello stesso anno il Rettor Maggiore gli ha affidato il compito di creare il Progetto di Formazione Permanente dei Salesiani e dei Laici in Europa.

Consulente del Dicastero per i Laici

Inoltre, nel 2018 Papa Francesco lo ha nominato Consultore del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita, incarico che ricopre attualmente. Nel corso di questa settimana verranno eletti gli altri membri del Consiglio generale, il Vicario del Rettor Maggiore, i quattro consiglieri di settore (Formazione, Pastorale giovanile, Comunicazione sociale e Missioni). Saranno eletti anche l'Economo e i 9 consiglieri regionali per ciascuna delle regioni in cui è suddivisa la Congregazione.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Francesco torna in Vaticano

Papa Francesco, 88 anni, è tornato in Vaticano dopo 38 giorni di ricovero al Policlinico Gemelli.

Rapporti di Roma-25 marzo 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Prima di lasciare l'ospedale, Francesco ha salutato brevemente i fedeli da una sedia a rotelle, ringraziandoli per il loro sostegno e le loro preghiere durante la convalescenza. Si è poi recato a Santa Maria Maggiore per lasciare un mazzo di fiori alla Madonna.

Tornato a Casa Santa Marta, la sua residenza in Vaticano, il Papa continuerà la convalescenza per almeno due mesi, seguendo un trattamento farmacologico e riabilitativo. Durante questo periodo, si prevede che mantenga un ritmo di attività moderato per garantire un pieno recupero.


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Zoom

Il Papa saluta dal Gemelli

Francesco ha impartito una benedizione ai fedeli prima di tornare in Vaticano il 23 marzo.

Javier García Herrería-25 marzo 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
Ecologia integrale

Per i vescovi è "cruciale" favorire le famiglie di fronte alla crescita vertiginosa dell'aborto

I vescovi spagnoli incoraggiano le persone ad abbracciare la vita di fronte a la solennità dell'Incarnazione del Signore, il 25 marzo. Allo stesso tempo, considerano "cruciale promuovere politiche pubbliche che favoriscano le famiglie" e analizzare il calo del tasso di natalità, dopo aver notato la spirale degli aborti in Spagna: 2,5 milioni dal 1985. 

Francisco Otamendi-25 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

I vescovi spagnoli considerano "cruciale" favorire le famiglie e studiare il calo delle nascite. E proclamano la loro tristezza per la spirale degli aborti: 2,5 milioni dal 1985 al 2023 in Spagna. Lo affermano nel messaggio "Abbracciando la vita, costruiamo la speranza" prima della Giornata per la vita, che la Chiesa celebra il 25 marzo, solennità dell'Annunciazione del Signore.

Il Sottocommissione episcopale per la famiglia e la difesa della vita della Conferenza Episcopale Spagnola (CEE), presieduta dal vescovo delle Isole Canarie, monsignor José Mazuelos, sottolinea all'inizio della sua messaggioL'Anno giubilare, reso pubblico il 7 marzo, è uno dei più importanti segni di speranza nel contesto dell'Anno giubilare indetto da Papa Francesco: "Avere una visione della vita piena di entusiasmo da condividere con gli altri".

Questa visione di speranza "ha molto a che fare con l'aver trovato il senso della propria esistenza. Alla luce della rivelazione scopriamo con meraviglia e gratitudine che ogni persona è stata creata dall'amore e per l'amore", aggiungono.

Calo del tasso di natalità, aborti

I vescovi "rilevano diversi problemi nella società odierna, come il calo della natalità, per il quale è necessaria un'analisi della situazione per trovare le possibili cause; così come l'aumento del numero di aborti: "è triste scoprire che dall'approvazione della legge sull'aborto, il numero di aborti è in aumento, e il numero di aborti è in aumento". aborto tra il 1985 e il 2023 in Spagna sono stati praticati più di 2,5 milioni di aborti volontari. Solo nel 2023 sono stati registrati 103.097 aborti", riferiscono.

Alla luce di questi dati, la sottocommissione episcopale ribadisce che "l'amore coniugale tra un uomo e una donna costituisce 'la piena espressione della vocazione all'amore secondo il disegno di Dio' e che i figli sono una speranza per il futuro". 

Protezione delle famiglie

Ricordano anche i giovani e chiedono "la promozione di politiche pubbliche che non solo proteggano le famiglie, ma favoriscano anche un ambiente economico e sociale favorevole alla formazione di famiglie stabili da parte dei giovani". 

Ciò include "garantire posti di lavoro dignitosi e stabili, un salario equo, alloggi adeguati e incentivi per scoraggiare la migrazione". Inoltre, si sottolinea che è essenziale "promuovere una cultura che valorizzi l'amore coniugale come base della vita".

Questa domenica, migliaia di persone hanno manifestato sul Marcia "Sì alla vita che si è tenuto a Madrid, in difesa della vita dal suo inizio al concepimento fino alla sua fine naturale, come riportato da Omnes.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Stati Uniti

Le scommesse sportive sono in aumento: i cattolici dovrebbero sostenerle?

Le scommesse sportive sembrano essere ovunque, soprattutto quando si guarda o si ascolta lo sport, sia universitario che professionistico. Negli Stati Uniti, durante la stagione della "March Madness", si stima che quasi 68 milioni di americani abbiano scommesso più di 15 miliardi di dollari sul torneo di basket NCAA.

Notizie OSV / Jason Adkins-25 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Le scommesse sportive stanno crescendo ovunque e si stanno moltiplicando. Ad esempio, negli Stati Uniti, nel torneo torneo di basket organizzato dal NCAA (National Collegiate Athletic Association), che viene disputato dalla queste settimaneLa March Madness, che si prevede coinvolgerà più di 68 milioni di americani che scommetteranno più di 15 miliardi di dollari, è stata soprannominata "follia di marzo".

Tuttavia, pochi, a parte coloro che sono interessati a fare un sacco di soldi, prestano attenzione a come si sta sviluppando il panorama legale delle scommesse sportive. Soprattutto nelle capitali dei nostri Stati, da quando la Corte Suprema degli Stati Uniti ha abrogato il Professional and Amateur Sports Protection Act (PASPA). Questa abrogazione consente agli Stati di creare un proprio quadro normativo sulle scommesse sportive.

Più reddito, più dipendenza

Questo problema, spesso giocato dietro le quinte, sta ripetendo gli aspetti predatori dello scandalo Big Tobacco e sta esacerbando la dipendenza delle persone, come la crisi degli oppioidi. Si prevede che assorbirà 1.000 miliardi di dollari di entrate nei prossimi 10 anni. Sempre più persone considerano la legalizzazione un grosso errore.

Reazione di un cattolico

Fortunatamente, un cattolico, Les Bernal, si sta rivelando una buona risorsa per coloro che lavorano per prevenire altre vittime.

Bernal è il direttore nazionale di Stop al gioco d'azzardo predatorioun'organizzazione nazionale che si occupa di sensibilizzare l'opinione pubblica sui danni delle scommesse sportive online. Di recente si è unito al mio podcast OSV, "Catholic in America", per spiegare perché è così appassionato di gioco d'azzardo.

Negli anni successivi alla PASPA, 39 Stati e il Distretto della Columbia hanno legalizzato le scommesse sportive in qualche forma. Alcuni Stati consentono le scommesse sportive in luoghi fisici, come i casinò. Altri lo permettono anche online attraverso applicazioni come DraftKings o MGM. 

Gioco d'azzardo predatorio

Il gioco d'azzardo predatorio, secondo Bernal, non è il bingo in chiesa, una partita amichevole di poker, le lotterie o persino la scommessa d'ufficio sulle squadre del torneo NCAA. Non c'è una "casa" e queste sono forme private e sociali di gioco d'azzardo. Anche le corse dei cavalli sono chiamate scommesse pari-mutuel, in cui le persone scommettono l'una contro l'altra (o in cui i premi vengono assegnati in base alle scommesse reciproche, a seconda del numero di biglietti venduti, ecc.)

Secondo Bernal, la legalizzazione delle scommesse sportive crea una partnership tra lo Stato e l'industria del gioco d'azzardo per consentire alle scommesse sportive commerciali o ai bookmaker di operare. Nelle sue parole, si tratta di una frode finanziaria e di una tassazione dei consumatori approvata dallo Stato attraverso lo sfruttamento. 

Las Vegas sul vostro cellulare

"Più a lungo si partecipa, è matematicamente garantito che si perderà tutto il proprio denaro", afferma Bernal. E con le scommesse sportive online, sottolinea, non stiamo solo mettendo Las Vegas in Main Street (Gibilterra), ma la stiamo mettendo in tasca a tutti tramite il loro telefono cellulare.

In un recente studio condotto su 700.000 scommettitori sportivi online, solo meno di 5 % hanno ritirato più denaro di quello che hanno investito. E se siete abili nelle scommesse sportive o sapete come battere l'algoritmo, potete essere cacciati dalla piattaforma.

Comportamento di dipendenza

In effetti, ciò che sottolinea la natura predatoria del settore è che i giocatori veterani mostrano un comportamento di dipendenza. In altre parole, controllano le loro scommesse a tutte le ore della notte per far sì che le società mettano del denaro extra nei loro conti. È un buon modo per "estirpare" (nel gergo del settore) coloro che sono più propensi a spendere (e quindi a perdere) denaro. Il banco vince sempre.

Insegnamento della Chiesa

Secondo il Catechismo della Chiesa Cattolica (n. 2413), "I giochi d'azzardo (giochi di carte, ecc.) o il gioco d'azzardo non sono di per sé contrari alla giustizia. Diventano moralmente inaccettabili quando privano qualcuno di ciò che è necessario per provvedere ai suoi bisogni e a quelli degli altri. La passione per il gioco d'azzardo rischia di diventare schiavitù".

Sono già arrivate le prove che le scommesse sportive legalizzate stanno facendo proprio questo.

La prevalenza del gioco d'azzardo, una minaccia per la salute pubblica

I dati mostrano che le chiamate alle linee di assistenza al gioco d'azzardo in Virginia sono aumentate di 387 % dopo il primo anno di legalizzazione. Nel New Jersey, si ritiene che 6 % dei residenti soffrano di un disturbo legato al gioco d'azzardo. Una recente commissione di 22 esperti accademici convocata dalla rivista medica "The Lancet" ha concluso che gli studi e le indagini esistenti mostrano che la prevalenza dei disturbi legati al gioco d'azzardo nel New Jersey è ora stimata a 1 %. gioco rappresenta una minaccia significativa per la salute pubblica.

 Più fallimenti, più debiti

Un articolo in Bloomberg 2024, "Sports Betting Apps Are Even More Toxic Than You Thought" (Le app per le scommesse sportive sono ancora più tossiche di quanto si pensasse), ha riassunto i dati su come le scommesse sportive stiano influenzando la salute finanziaria degli americani. Negli Stati che consentono il gioco d'azzardo online, il punteggio medio di credito si riduce di quasi 1 %, mentre la probabilità di fallimento aumenta di 28 % e la quantità di debiti inviati alle agenzie di recupero crediti aumenta di 8 %.

L'esempio di Bernal

Sostenuti dalle prove che si sono accumulate dopo l'abrogazione della legge PASPA, i cattolici dovrebbero seguire l'esempio di Bernal. E considerare questo problema come una delle principali preoccupazioni per la nostra protezione dei poveri e dei vulnerabili. Dobbiamo far luce sui danni degli accordi che continuano a essere negoziati tra i politici e gli interessi del gioco d'azzardo. 

Negli Stati in cui le scommesse sportive non sono state legalizzate, è necessario compiere un grande sforzo per contrastarle. Laddove sono state legalizzate in qualche forma, bisogna impedire che si espandano ulteriormente, soprattutto online.

L'autoreNotizie OSV / Jason Adkins

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La calda luce della speranza

Roma sorprende sempre. In occasione del Giubileo degli Artisti, una notte di buio e silenzio in San Pietro ha rivelato una luce che ha guidato lo stupore e la speranza.

25 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Roma sorprende sempre. Dopo qualche anno di permanenza nella Città Eterna, ci si può abituare alla Cupolone San Pietro o di entrare nei suoi atri. Tuttavia, come la speranza, il Giubileo non delude. A febbraio ho avuto la fortuna di assistere a una delle cose più belle che abbia mai vissuto a Roma: il cosiddetto "Giubileo del Giubileo". Notte Biancadurante la riunione del Giubileo degli Artisti.

Nessuno sapeva bene cosa aspettarsi: avevamo solo l'orario di inizio e ci siamo diretti verso Piazza San Pietro per attraversare la Porta Santa. Quando finalmente l'abbiamo attraversata, abbiamo trovato una basilica nel buio più completo, interrotto solo da alcuni faretti in punti strategici: la scultura della Pietà di Michelangelo, le statue di santi nel corridoio centrale, alcune tombe e, la cosa più impressionante, il Sedia di San Pietro progettato dal Bernini. Una musica soft ha accompagnato la visita.

Non c'era alcuna spiegazione. Nessuna spiegazione era necessaria. Tutti i presenti furono sopraffatti dallo stupore per lo spettacolo silenzioso. Mi sembrava di essere in una chiesa completamente nuova, un mistero che si svolgeva dolcemente davanti ai miei occhi. Una grandezza che si manifestava in un'atmosfera di intimità e di pace.

Quella notte mi ha fatto riflettere su ciò che viviamo: forse circondati dalle tenebre (nel mondo e in noi stessi) e, come non pensarci, preoccupati per la salute di Papa Francesco, che non ha potuto partecipare al programma previsto per il Giubileo degli Artisti a causa del suo ricovero in ospedale. Nonostante tutto, la luce c'è, e basta per vedere l'essenziale. Una luce che non abbaglia, ma riscalda e accoglie.

Il Giubileo è ancora vivo, non solo a Roma, ma in tutta la Chiesa. Ognuno di noi è chiamato a scoprire quella piccola luce che aspetta di essere trovata. Non abbandoniamo il nostro cammino di speranza.

L'autoreLuísa Laval

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Evangelizzazione

Santità e martirio di monsignor Óscar Romero

Il 24 marzo la Chiesa celebra l'arcivescovo salvadoregno Óscar Romero, assassinato nel 1980. È un martire della Chiesa cattolica, canonizzato da Papa Francesco nel 2018. Il postulatore diocesano della causa di canonizzazione, monsignor Rafael Urrutia, ha scritto in questo articolo un anno fa che il martirio di questo santo in El Salvador è stato "la pienezza di una vita santa".

Rafael Urrutia-24 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

L'arcivescovo salvadoregno San Óscar Romero è un martire della Chiesa cattolica canonizzato da Papa Francesco nel 2018, e la liturgia della Chiesa lo celebra il 24 marzo.

Perché l'evento del martirio si realizzi, è necessaria una causa sufficiente, adeguata e qualificata, sia nel martire che nel persecutore. E questa causa sufficiente, adeguata e qualificata perché si verifichi un autentico evento martiriale è solo la fede, considerata sotto un duplice aspetto. Nel persecutore perché la odia e nel martire perché la ama. Infatti, il persecutore che uccide per odio verso la fede è comprensibile solo alla luce dell'amore per la stessa fede che anima il martire.

La causa del martirio

Quando parliamo di fede come causa del martirio, non intendiamo solo la virtù teologica della fede. Ma anche ogni virtù soprannaturale, teologica (fede, speranza e carità) e cardinale (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza). E le loro sottospecie che si riferiscono a Cristo. Pertanto, non solo la confessione della fede, ma anche di ogni altra virtù infusa è causa sufficiente per il martirio. 

Pertanto, Benedetto XIV sintetizza in una formula l'intero contenuto della fede come causa dell'evento del martirio. Egli afferma che la causa del martirio è costituita dalla "fides credendorum vel agendorum", in quanto tra le verità di fede "aliae sunt theoricae, aliae practicae".

Testimonianza di fede

Tutto questo ci porta a pensare con mons. Fernando Sáenz LacalleArcivescovo di San Salvador nel 2000, nell'omelia del ventesimo anniversario della morte per martirio di Óscar Romero. "Dio onnipotente, e Bontà infinita, sa trarre il bene anche dalle azioni più nefaste degli uomini. L'orribile crimine che ha tolto la vita al nostro amato predecessore gli ha portato una fortuna inestimabile: morire come 'testimone della fede ai piedi dell'altare'".

In questo modo, la vita di monsignor Romero si trasforma in una Messa che si fonde, all'ora dell'offertorio, con il Sacrificio di Cristo... Egli ha offerto la sua vita a Dio: gli anni dell'infanzia a Ciudad Barrios, gli anni del seminario a San Miguel e gli anni da studente a Roma. L'ordinazione sacerdotale a Roma il 4 aprile 1942. Il suo movimentato ritorno a casa, con partenza da Roma il 15 agosto 1943 e arrivo a San Miguel il 24 dicembre dello stesso anno. Trascorse un periodo con il suo compagno, il giovane sacerdote Rafael Valladares, nei campi di concentramento di Cuba. E un altro periodo nell'ospedale della stessa città.

Pastore unito a Dio

Parroco di Anamorós e poi di Santo Domingo nella città di San Miguel, con molteplici responsabilità che affrontò con impegno e sacrificio. Poi, nel 1967, a San Salvador: segretario della Conferenza episcopale di El Salvador e quindi vescovo ausiliare di monsignor Luis Chávez y González. Nel 1974 è stato nominato vescovo di Santiago de María e il 22 febbraio 1977 ha preso possesso della sede arcivescovile di San Salvador. Il 7 dello stesso mese è stato elevato ad essa. Vi rimase fino all'incontro con il Padre, avvenuto il 24 marzo 1980.

Questi veloci dati I dettagli biografici ci aiuteranno nel nostro sforzo di offrire alla Santissima Trinità l'esistenza terrena di monsignor Romero insieme alla vita di Gesù Cristo. Non offriamo pochi fatti, ma una vita intensa, ricca di sfumature. Offriamo la figura di un pastore in cui si scopre l'enorme profondità della sua vita, della sua interiorità, del suo spirito di unione con Dio, radice, fonte e culmine di tutta la sua esistenza. Non solo dalla sua vita di arcivescovo, ma anche da quella di studente e giovane sacerdote. 

Stava scoprendo i sentieri

Una vita che fiorì fino a diventare il "testimone della fede ai piedi dell'altare" perché le sue radici erano ben radicate in Dio. In Lui ha trovato la forza della sua vitalità, attraverso Lui, con Lui e in Lui ha vissuto anche la sua vita arcivescovile tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio. "Monsignor Romero, uomo umile e schivo, ma posseduto da Dio, è riuscito a fare quello che ha sempre voluto fare: grandi cose. Ma lungo i sentieri che il Signore aveva tracciato per lui, sentieri che ha scoperto nella sua intensa e intima unione con Cristo, modello e fonte di ogni santità".

Obbedienti alla volontà di Dio

Chi di noi ha conosciuto monsignor Romero fin dai primi anni di sacerdozio è testimone del fatto che egli ha mantenuto vivo il suo ministero dando assoluta preminenza a una vita spirituale nutrita. Non l'ha mai trascurata a causa delle sue varie attività. Ha sempre mantenuto una particolare e profonda sintonia con Cristo, il Buon Pastore. Attraverso la liturgia, la preghiera personale, il tenore di vita e la pratica delle virtù cristiane. In questo modo ha voluto configurarsi a Cristo Capo e Pastore, partecipando alla propria "carità pastorale" attraverso il dono di sé a Dio e alla Chiesa. Condividendo il dono di Cristo e a sua immagine, fino a dare la vita per il gregge.

Monsignor Romero era un sacerdote che portava con sé un vita santa dal seminario. E sebbene nella sua vita ci fossero evidentemente, per natura umana, dei peccati, tutti furono purificati dallo spargimento del suo sangue nell'atto del martirio.

Evangelizzatore e padre dei poveri

Non voglio offrire un'immagine "leggera" di monsignor Romero. Piuttosto, dopo trent'anni di lavoro come postulatore diocesano della sua causa di canonizzazione, desidero condividere il mio punto di vista. Il mio apprezzamento per un vescovo buon pastore che è stato sempre obbediente alla volontà di Dio con delicata docilità alle sue ispirazioni. Che ha vissuto secondo il cuore di Dio non solo i tre anni della sua vita arcivescovile, ma tutta la sua vita.

Dio ci ha dato in lui un vero profeta, un difensore dei diritti umani dei poveri e un buon pastore che ha dato la vita per loro. E ci ha insegnato che è possibile vivere la nostra fede cristiana secondo il cuore di Dio. Questo è stato affermato nella Lettera apostolica di beatificazione da Papa Francesco quando ha dichiarato quanto segue attraverso il cardinale Amato il 23 maggio 2015. "Oscar Arnulfo Romero y Galdámez, vescovo e martire, pastore secondo il cuore di Cristo, evangelizzatore e padre dei poveri, testimone eroico del regno di Dio, un regno di giustizia, fraternità e pace".

L'autoreRafael Urrutia

Postulatore diocesano per la causa di canonizzazione di monsignor Óscar Romero

Libri

Julián Carrón e la trasmissione del Vangelo oggi

Il libro Non abbiamo mai visto nulla di simile di Julián Carrón tratta della trasmissione del cristianesimo in ogni epoca, mostrando come i cristiani debbano essere luce e lievito nella società.

José Carlos Martín de la Hoz-24 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

"Non abbiamo visto nulla di simile" (Mc 2,1-2). Queste parole tratte dal Vangelo colgono l'impatto che Gesù stava lasciando nelle anime, in quegli anni di inizio del cristianesimo, in quelle terre di Giudea e Galilea e in quelle persone con cui si incontrava. Per questo motivo abbiamo sentito spesso la domanda: "E il resto dei luoghi, il resto dei tempi e il resto delle persone?

La lettura del libro di cui stiamo per parlare può essere considerata una possibile risposta a questa interessante domanda. Il suo autore, Julián Carrón, spiega che noi cristiani di ogni generazione, in ogni periodo storico e in ogni angolo del mondo, siamo coloro che devono diventare strumenti adatti e degni affinché, intorno a noi, si manifestino quegli impatti divini capaci di trasformare la realtà.

Il lavoro eccezionale Non abbiamo visto nulla di simile. La trasmissione del cristianesimo oggidal professore di Nuovo Testamento Julián Carrón (Cáceres, 1950), il quale ha condotto Comunione e Liberazione dal 2005 al 2021, ci offre la sua visione di ciò che Dio si aspetta in ogni fase della storia, in ogni luogo e attraverso i cristiani di ogni epoca, chiamati a essere lievito nelle masse e luce per le nazioni.

Evangelizzare oggi

Accanto ai tradizionali messaggi che abbiamo ricevuto negli ultimi anni sulla "Nuova Evangelizzazione": nuova nel suo ardore, nel suo metodo e nelle sue espressioni, come ci hanno sottolineato San Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco, Carrón aggiungerà nuove interessanti prospettive e luci che vorremmo riunire di seguito.

Senza dubbio, la presenza di Cristo ha lasciato un segno profondo in ogni essere umano, così come nelle culture e nelle civiltà di ogni tempo e di ogni parte del mondo. Da questa interpellanza sono nati innumerevoli frutti di santità nel corso della storia, ma anche, per freddezza e indifferenza, la mediocrità.

È significativo che una civiltà cristiana come la nostra, avendo perso il senso della rivelazione trasmessa da Gesù Cristo - orale e scritta e conservata dal magistero della Chiesa - abbia finito, in molti momenti e in molti luoghi, per ridursi a un'ideologia, a un insieme di idee o di semplici credenze.

Le idee di Julián Carrón

La proposta di Julián Carrón in quest'opera si sviluppa attraverso una serie di interviste, tavole rotonde e brevi saggi. Il suo scopo è quello di riflettere la vita semplice ma vibrante dei membri di Comunione e Liberazione che, nel corso degli anni e con la grazia di Dio, hanno cercato di sfidare nuovamente il cuore di ogni uomo nella sua vita quotidiana.

Ho potuto verificare questa realtà qualche mese fa nell'aula magna della Facoltà di Odontoiatria, durante un incontro su "Francisco de Vitoria e i diritti umani", al quale ero stato invitato. Lì ho avuto modo di toccare con mano un cristianesimo vissuto in pienezza.

Nel corso del libro, in diversi punti, siamo trasportati ai tempi del cristianesimo primitivo e della diffusione del Vangelo nel mondo. Questo avviene grazie alla testimonianza di molte vite trasformate dall'impatto dell'incontro con Cristo risorto o dall'attrazione della sua figura.

La via della bellezza

Senza dubbio, la via della bellezza rimane il modo più efficace per avvicinarsi a Cristo e al suo messaggio di salvezza. Carrón illustra questa idea ricordando il bel volto di una donna che ci rimanda immediatamente alla bellezza e all'attrattiva di Dio, fonte di ogni verità, bontà e bellezza. In questo senso, afferma: "attrarre è l'arte di Dio" (p. 121) e sottolinea con certezza che "la bellezza di Dio si impone". Aggiunge poi con naturalezza che i discepoli "lo riconobbero e lo riconobbero ancora" (p. 125).

In tutto il libro, la figura di Luigi Giussani (1922-2015), fondatore di Comunione e Liberazione, è costantemente presente. Il suo invito quotidiano a vivere nell'amore per Gesù Cristo continua a contagiare i membri del movimento che, con la grazia di Dio, riescono a trasmetterlo ai loro compagni di studio, di lavoro e di vita, a casa, all'università o per strada. Tutto questo senza dimenticare un'idea chiave: "La via della verità è un'esperienza" (p. 130).

Il problema del male

Una domanda interessante sollevata nel libro è: "Dio è libero di acconsentire al male? A questa domanda, Carrón risponde con classica saggezza: "Chi siamo noi per entrare nella mente di Dio e rispondere a questa domanda" (p. 147). Tuttavia, egli chiarisce che Dio rispetta la nostra libertà perché la apprezza e la custodisce. Senza di essa, non potremmo glorificarlo né rispondere con amore al nostro incontro con lui.

Un altro punto rilevante è la questione della "possibile arbitrarietà divina" (p. 154), già sollevata da Guglielmo di Ockham. La risposta è chiara: l'amore redentivo di Cristo è stato allo stesso tempo universale e personale. La giustificazione è già stata realizzata, ma la sua applicazione dipende dalla libera accettazione di ogni generazione. In questo senso, il cuore del libro non è accontentarsi di essere nella Chiesa, ma essere veramente di Dio (p. 155).

Scoprire Gesù Cristo

Nella seconda parte del libro, Pilar Rahola chiede: "Dio continua ad affascinare" (p. 165). Carrón risponde: "Sì, a condizioni". Afferma che Dio continua ad affascinare, ma richiede una nuova forma di presentazione.

Culturalmente, il cristianesimo deve essere riscoperto, poiché molti lo hanno ricevuto nell'infanzia, a scuola o in famiglia, ma senza sufficiente intensità. Come sottolinea Carrón: "Quando il cristianesimo affascina i cristiani, allora è veramente attraente" (p. 168).

Infatti, una delle conclusioni del recente Congresso sulle vocazioni, tenutosi a Madrid con più di 3.500 partecipanti, 65 vescovi e numerose istituzioni ecclesiastiche dedicate alla pastorale giovanile, è stata l'importanza fondamentale della famiglia cristiana.

In questo senso, il ruolo della famiglia, della scuola e della parrocchia è fondamentale per favorire e consolidare le vocazioni.

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Televisione, Belorado e Cammino Neocatecumenale

Il Cammino Neocatecumenale può aver avuto delle tensioni, ma sempre all'interno della Chiesa; e alla fine non sono altro che litigi tra fratelli in una famiglia. E questa famiglia è la Chiesa di Roma.

24 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel suo ultimo gioco di prestigio informativo, il programma Gruppo di ricerca La Sexta ha lasciato un'immagine destinata a generare confusione, se non addirittura danni: quella di un certo falso vescovo, nuovo padrino spirituale delle suore di Belorado, che declama i suoi sofismi tra i dipinti di Kiko Argüello. Con questo, e senza bisogno di dirlo apertamente, l'ombra del sospetto già cala sulla Cammino NeocatecumenaleC'è lui dietro questo personaggio, e non c'è forse del sedevacantismo tra i fratelli del Cammino? Rinunciando alla loro immagine, non stanno forse dando un sostegno implicito al delirio scismatico di queste suore? Domande a cui non spetta a noi rispondere, ma che senza dubbio si pongono oggi tutti coloro che hanno visto il programma.

Il Cammino neocatecumenale nella Chiesa

Vale la pena ricordare, tuttavia, che la verità non sempre entra in una cornice televisiva. Il Cammino NeocatecumenaleLa Chiesa, che piaccia o no, è una realtà pienamente riconosciuta dalla Chiesa. La sua adesione al Papa non è una questione di postura o di convenienza, ma di statuto approvato dalla Santa Sede. Si può discutere sul suo stile, sul suo metodo o sulla sua iconografia, ma mai sulla sua comunione con Roma.

Il Cammino avrà avuto tensioni di ogni tipo all'interno della Chiesa, ma sempre, sempre, all'interno della Chiesa; e alla fine non sono altro che i litigi che possono avere i diversi fratelli e sorelle di una stessa famiglia, ognuno con i propri modi, quando vivono sotto il tetto della madre. E questa madre è, e continua ad essere, la Chiesa di Roma.

Unirsi al Papa nell'era delle immagini

Si sa già che viviamo nell'epoca dell'immagine, nella dittatura dell'intrattenimento a tutti i costi e in una società con una costante fame di spettacolo, si assume e si affronta come meglio si può, ma questo non significa che si debba accettare che la verità e il rigore siano sacrificati, di volta in volta, sull'altare dell'intrattenimento. Perché la morbosità provocata da un'immagine dura cinque minuti, ma lo spettro del sospetto, una volta gettato sul Cammino e sui suoi responsabili, impiega molto più tempo ad andarsene.

Anche così, e per quanto si cerchi di infangarne il nome, il Cammino continui a fare le sue cose, cioè evangelizzare, catechizzare, servire. Mentre altri speculano, lasciate che le vostre comunità continuino a incontrarsi, a celebrare la Parola, a mostrare al mondo "come i fratelli si amano". Soprattutto, continuate a essere in piena e incrollabile comunione con il Papa, per quanto guerra facciano i canali televisivi o i siti web dedicati a screditarlo, "sante croci" con una prosa così scadente che sì, c'è qualcosa di "croce" in esse, ma ben poco di "santo". Continuate così per dimostrare che, per quanto ci possiate provare, non potete spegnere cinque decenni di fedeltà al successore di Pietro con la stessa facilità con cui potete accendere un riflettore televisivo.

L'autoreJuan Cerezo

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Vaticano

Papa Francesco saluta i fedeli dalla finestra del Gemelli

Il gesto del Papa di sporgersi dalla finestra rifletteva due realtà: da un lato, il visibile impatto fisico dopo cinque settimane di ospedale e, dall'altro, il buon umore in cui si trova attualmente, come hanno sottolineato i suoi medici in una conferenza stampa di ieri.

Javier García Herrería-23 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco domenica è uscito per un minuto dalla finestra del Policlinico Gemelli per salutare le centinaia di fedeli riuniti nel piazzale del centro medico. Non ha recitato l'Angelus né letto il testo preparato per queste occasioni. Il Santo Padre ha provato a dire qualche parola al microfono allestito per l'occasione, anche se non è stato possibile comprenderla appieno. In parte ha fatto un divertente riferimento a un'anziana signora che lo ha salutato dal parcheggio dell'ospedale con un mazzo di fiori gialli.

Il saluto dalla finestra ha mostrato due cose: l'evidente usura del Papa dopo cinque settimane di ricovero in ospedale e il buon umore in cui si trova al momento, cosa che il Papa ha potuto mostrare nelle ultime cinque settimane. i loro medici hanno sottolineato ieri alla conferenza stampa.

Nonostante l'emozione del momento, era visibilmente provato dalla prolungata convalescenza ed è rimasto seduto sulla sua sedia a rotelle mentre rivolgeva gesti di ringraziamento ai presenti, che hanno risposto con applausi e incitamenti.

@Luisa Laval

Convalescenza in Vaticano

Prima di tornare a Casa Santa Marta dopo aver lasciato l'ospedale, Papa Francesco si è recato a Santa Maria Maggiore e ha consegnato al cardinale Makrickas dei fiori da porre davanti all'icona della Madonna Salus Populi Romani.

In Vaticano, dove è stato allestito l'ossigeno nella sua stanza. I medici hanno dichiarato in una conferenza stampa ieri, 22 marzo, che il Papa dovrà limitare notevolmente i suoi impegni. Durante la convalescenza, non potrà riprendere gli incontri con i gruppi o svolgere attività che richiedono un grande sforzo.

Per quanto riguarda il suo periodo di recupero nella residenza di Santa MartaGli specialisti hanno assicurato che il Papa non ha bisogno di attrezzature mediche complesse. Ha bisogno di ossigeno, come qualsiasi paziente che abbia avuto una polmonite bilaterale, hanno detto, sottolineando che il Vaticano ha un servizio medico di emergenza per affrontare qualsiasi eventualità.

Tuttavia, il Santo Padre continuerà con sessioni prolungate di fisioterapia motoria e respiratoria in Vaticano per rafforzare il suo recupero e garantire un'evoluzione favorevole del suo stato di salute.

Recupero della voce

Una delle principali sfide che il Papa si trova ad affrontare è il recupero della sua voce, che ha risentito dei recenti problemi di salute. Secondo gli specialisti, gli episodi di cui ha sofferto hanno compromesso la sua capacità di parlare normalmente, come è evidente nel breve audio che ha inviato qualche giorno fa per ringraziare le persone che pregano per la sua guarigione.

I medici hanno evitato di specificare un tempo esatto per il pieno recupero della voce da parte del Pontefice, anche se sono fiduciosi che il miglioramento non richiederà troppo tempo. Ci vorrà del tempo prima che la sua voce torni come prima, hanno spiegato, sottolineando che sebbene siano stati fatti progressi significativi rispetto a dieci giorni fa, questa difficoltà è una parte naturale del processo di recupero.


Postato alle 13:37

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Mondo

Mons. Fredrik Hansen: "I pastori devono presentare ai fedeli ciò che la Chiesa insegna sulla vita e sulla morale".

Il vescovo coadiutore di Oslo, Fredrik Hansen, sta trascorrendo i suoi primi mesi conoscendo a fondo la diocesi e parlando con sacerdoti e fedeli delle sfide attuali. Egli sottolinea l'importanza di rafforzare la trasmissione della fede nelle famiglie e la partecipazione attiva dei laici nella società.

Andres Bernar-23 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Monsignor Frederik Hansen, nato a Drammen, in Norvegia, nel 1979, proviene da una famiglia luterana. All'età di 20 anni si è convertito al cattolicesimo. Otto anni dopo è stato ordinato sacerdote. Ha proseguito la sua formazione a Roma e nel 2013 è entrato nel servizio diplomatico della Santa Sede. Il suo primo incarico lo ha portato alla nunziatura apostolica in Honduras, dove ha lavorato in un contesto caratterizzato da sfide significative, tra cui gli alti tassi di violenza legati al traffico di droga. Nonostante queste difficoltà, ha evidenziato la speranza e la devozione della Chiesa honduregna. Dal 2015 è stato assegnato alla Missione permanente della Santa Sede presso le organizzazioni internazionali a Vienna e alle Nazioni Unite a New York. 

Nel 2022 Hansen è entrato a far parte della Società dei Sacerdoti di San Sulpizio e, l'anno successivo, Papa Francesco lo ha nominato vescovo coadiutore di Oslo, preparandolo a succedere al vescovo Eidsvig. Il 18 gennaio 2025 è stato ordinato vescovo nella Cattedrale di Sant'Olaf a Oslo dal cardinale Pietro Parolin.

La sua esperienza diplomatica e il suo profondo impegno pastorale lo rendono una figura chiave per guidare la diocesi di Oslo in un contesto di crescente diversità culturale e religiosa.

Lei è vescovo coadiutore della diocesi da poche settimane, quali sono le sfide e le esigenze?

- Devo ammettere che non ho ancora una visione globale. Da quando mi è stato detto che sarei stato vescovo coadiutore, ho pregato e riflettuto molto. Ho alcune idee, ma nessuna risposta definitiva. Ecco perché sto usando questi primi mesi per porre domande e invitare i sacerdoti e i fedeli a riflettere con me - nel modo sinodale di Papa Francesco - su quale sia la realtà della Chiesa oggi e quale sia il futuro della Chiesa in Norvegia e nella diocesi di Oslo.

La diocesi è la mia terra d'origine e la mia Chiesa particolare di incardinazione come sacerdote. Pertanto, la conosco molto bene. Allo stesso tempo, dal 2008 lavoro fuori dalla Norvegia. Sono arrivati nuovi sacerdoti, sono emerse nuove realtà pastorali nelle parrocchie e la società norvegese è cambiata. Ho bisogno di tempo per "rientrare" a Oslo. Nelle ultime settimane ho tenuto incontri individuali con tutti i sacerdoti della diocesi e ho visitato le parrocchie. Dopo la celebrazione della Pasqua, inizierò le visite per celebrare il sacramento della cresima.   

In qualità di vescovo, quali sono le questioni pastorali chiave e cosa può contribuire con la sua esperienza?

- Le mie chiavi pastorali sono semplicemente le chiavi della Chiesa: l'annuncio della fede, la celebrazione dei misteri e la "salus animarum", la guida dei fedeli alla vita eterna. Credo sia importante riconoscere che abbiamo già le misure e il programma. Il nostro compito è quello di attivarli per il mondo di oggi, per la nostra situazione e per la nostra società. 

Che ruolo ha la Chiesa nel Paese in termini di collaborazione con lo Stato? Come promuove l'unità e la pace di fronte alla polarizzazione?

- Lo Stato norvegese fornisce sostegno finanziario alle comunità religiose registrate pubblicamente. Ciò si basa sul desiderio di essere equi e di fornire a tutte le comunità religiose un sostegno simile a quello che la Norvegia fornisce alla Chiesa di Norvegia (l'ex chiesa di Stato). Ritengo che il dialogo con le autorità statali sia aperto, anche se ci sono questioni su cui non siamo d'accordo. 

Allo stesso tempo, è sempre più importante che i laici della Chiesa partecipino attivamente alla società e ai dibattiti politici, affinché i valori del Vangelo siano ascoltati e possano guidare la nostra comunità.

La mia impressione è che il polarizzazione si basa su idee e comprensioni molto superficiali. Per questo è importante andare a ciò che è fondamentale per noi. Nella Chiesa, ciò significa che impariamo a conoscere veramente la nostra fede, a partecipare degnamente alla Messa e ai sacramenti e a contribuire al bene della comunità. Su questo dovremmo essere tutti d'accordo. Nonostante tutte le turbolenze del mondo, mi sembra chiaro che l'umanità desidera la pace e la giustizia. Questo è qualcosa di forte su cui costruire.

Come incoraggia l'approccio cristiano nella cultura e nella società?

- Si dice spesso che la Norvegia è una società secolarizzata, una società "post-cristiana". È vero che sempre meno persone professano la fede cristiana. È anche vero che la Norvegia ha introdotto leggi che contraddicono gli insegnamenti della Chiesa. Allo stesso tempo, la società norvegese è basata sulla fede cristiana. La nostra bandiera porta la croce. Le nostre feste nazionali - e i giorni di riposo dal lavoro e dalla scuola - sono feste cristiane (tra cui il Giovedì Santo, il Venerdì Santo e l'Ascensione).

Nel 2024 si è tenuta una grande celebrazione per commemorare i 1.000 anni dall'introduzione della "legge cristiana", con leggi basate sulla fede cristiana; alcune parti di questa legge sono ancora in vigore. In Norvegia i negozi sono chiusi la domenica. Abbiamo quindi un notevole terreno fertile, qualcosa su cui concentrare la nostra attenzione, qualcosa che possiamo sviluppare e su cui possiamo tornare.

La Chiesa in Norvegia è molto internazionale. La messa domenicale nella cattedrale di Oslo è celebrata in 11 lingue. La pietà popolare che vediamo proviene quindi da molte nazioni e culture diverse. La missione della Chiesa oggi, come sempre, è quella di sostenere e guidare la pietà popolare.

Come può la Chiesa svolgere il compito di guidare le coscienze senza cadere in un'ingerenza obsoleta?

- La guida della coscienza consiste, a mio avviso, in due compiti concreti: rafforzare la coscienza e la comprensione morale dell'individuo e predicare e comunicare l'insegnamento morale della Chiesa. La Chiesa parla di una "coscienza illuminata", non di una coscienza sottosviluppata, pigra o evasiva. Aiutare i credenti a sviluppare una coscienza adulta, responsabile e onesta richiede sia la predicazione che la guida spirituale (anche nella confessione).

La Chiesa, e soprattutto i suoi pastori, devono presentare costantemente ai fedeli ciò che la Chiesa insegna sulla vita e sulla morale cristiana. Questo deve essere fatto in modo chiaro, in unità con la Chiesa e adattato ai credenti. I bambini devono essere istruiti nelle cose più elementari, i giovani un po' di più e gli adulti in tutto.

Come possiamo recuperare o promuovere una nuova cultura della generosità e della consapevolezza vocazionale tra tutti i fedeli?

- Credo che si debba fare molto di più per rafforzare la famiglia e la trasmissione della fede e della vita di fede che si vive in famiglia. Questo rafforzerà le congregazioni e le diocesi, e dalle comunità cristiane vive nasceranno vocazioni e vite cristiane che faranno bene alla società.

Il Concilio Vaticano II ha molto da insegnarci. Il messaggio del Concilio sulla chiamata universale alla santità è molto esigente perché richiede veramente di prendere la propria croce ogni giorno e di seguire il Signore. Da questo derivano gli impegni di una vita autentica e veramente cristiana. Credo che sia sempre più importante per la Chiesa aiutare tutti i credenti a vivere come cristiani nel mondo di oggi, ogni giorno.

L'autoreAndres Bernar

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Evangelizzazione

San Toribio Mogrovejo, patrono dei vescovi latinoamericani

Il 23 marzo la Chiesa celebra San Toribio Mogrovejo, secondo arcivescovo di Lima (XVI-XVII secolo). San Giovanni Paolo II lo ha nominato patrono dei vescovi dell'America Latina, e Papa Francesco lo ha definito "grande evangelizzatore".. Ecco un estratto dell'articolo di José Antonio Benito pubblicato nel numero di marzo della rivista Omnes.  

Francisco Otamendi-23 marzo 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

- José Antonio Benito Rodríguez, Istituto di studi toribici 

San Toribio Mogrovejo è il patrono dei vescovi latinoamericani per decisione di San Giovanni Paolo II. Il Papa Francesco ha definito il secondo arcivescovo di Lima un "grande evangelizzatore". Ha promosso la dignità degli indiani in America, e la liturgia lo celebra il 23 marzo.

Equalizzazione in America

Per valutare la figura di Mogrovejo, non basta confrontarlo con alcuni santi e vescovi suoi contemporanei (Tommaso da Villanova, Carlo Borromeo o Giovanni da Ribera). Ma con altri come Sant'Ambrogio (non solo per il modo inaspettato e sorprendente in cui fu scelto).

O coloro che hanno costruito l'Europa cristiana in tempi di sconvolgimenti, come sant'Isidoro di Siviglia, san Benedetto o i santi fratelli Cirillo e Metodio. Fidel González (Diccionario de Historia Cultural de la Iglesia en América Latina).

Un'esperienza personale

Domenica 29 dicembre 2024, sono rimasto estasiato davanti alla tela di Ribera nella chiesa della Purísima. Volevo processare con i fedeli della diocesi di Salamanca per varcare la porta santa della Cattedrale. E ottenere l'indulgenza dell'anno giubilare 2025 della speranza.

Sono passati trent'anni dal mio soggiorno in Perù e quasi 300 dalla canonizzazione di San Toribio Mogrovejo. Ed è proprio in questo tempio - per la sua vicinanza al Colegio Mayor de Oviedo dove era stato educato - che Salamanca l'ha celebrata. Ci fu un affollato ottavario accompagnato da fuochi d'artificio e persino due corride nella Plaza Mayor.

La notizia ha sconvolto

Quando, il 10 dicembre 1726, papa Benedetto XIII, con la bolla Quoniam Spiritus canonizzato San Toribio, La notizia ha scosso la vasta sede metropolitana di Lima e l'intera Chiesa in America Latina.

Salamanca ha vibrato di entusiasmo perché ha sentito vividamente l'impronta del suo passaggio nelle aule. E il Colegio Mayor de San Salvador de Oviedo, con a capo il suo rettore Nicolás Guerrero, celebrò l'evento. Il 21 luglio 1727 - circa otto mesi dopo la canonizzazione, avvenuta nel dicembre 1726 - Salamanca organizzò il più splendido spettacolo accademico di carattere religioso.

Legislatore prudente e pastore zelante

Il nostro protagonista è ambientato nella Spagna degli Asburgo, e più precisamente nella Spagna di Filippo II. Sembra che sia nato il 16 novembre 1538, nella città di Mayorga (Valladolid). Si tratta di un crocevia tra le attuali regioni autonome di Castilla-León, Asturie, Cantabria e Galizia.

Nel 1551 iniziò gli studi di grammatica e scienze umane a Valladolid, la capitale del mondo ispanico. Nel 1562 si recò a Salamanca, dove ebbe come insegnante lo zio Juan Mogrovejo, professore universitario. Nel 1569 ottenne il baccellierato in Canoni e nel 1571 si recò in pellegrinaggio a Compostela, dove si laureò in Diritto.

Nel 1574, mentre studiava per il dottorato al Colegio San Salvador di Oviedo, fu nominato Inquisitore Apostolico di Granada. Nel 1580 divenne arcivescovo. Aveva 39 anni e aveva bisogno di un'ordinazione sacerdotale affrettata per la sua consacrazione episcopale. 

Seminario, visite pastorali

Nel 1581 arriva a Paita e il 12 maggio giunge a Lima. Nel 1583 ha luogo il Terzo Concilio Limoniano, che produce tre importanti pubblicazioni in quechua, aymara e spagnolo: il catechismo, il sermonario e il confessionale.

Nel 1584 iniziò la sua prima visita pastorale. Nel 1591 intraprese un'opera decisiva, la creazione del Seminario che - dedicato a suo tempo a San Toribio di Astorga - porta oggi il suo nome. Soprattutto, si sentiva un pastore pronto a dare la vita per le sue pecore. A tal fine, creò nuove parrocchie. 

Formazione

Promuoverà anche istituzioni per la formazione di leader spirituali, accademici e sociali. In monasteri come Santa Clara, ospedali come San Pedro, l'Università di San Marcos, la Casa del Divorcio (Casa del Divorzio) ..... Nel 1593 iniziò la sua seconda visita e nel 1605 la terza. Morì nel 1606, il 23 marzo, a Saña. L'anno successivo, nel 1607, il 27 aprile, fu sepolto a Lima. Nel 1679 fu beatificato e nel 1726 canonizzato.

Ispirazione dai pastori

Il Concilio plenario latinoamericano della fine del XIX secolo è un buon esempio dell'alta considerazione di cui godeva l'episcopato latinoamericano. Si svolse quando, per la prima volta nella sua storia, i vescovi dell'America Latina si riunirono a Roma, con il desiderio di preparare il nuovo secolo cristiano dell'America. 

I vescovi gli hanno dato questa considerazione durante la terza conferenza del CELAMNel 1978, a Puebla: "Un vescovo, San Toribio de Mogrovejo, è un fattore di prim'ordine in questa tappa fondamentale della Chiesa latinoamericana; per la sua libertà dallo Stato, la sua intelligenza e la sua volontà di servire, è un modello e un'ispirazione per i pastori". 

Patrono dei vescovi

Cinque anni dopo, il 10 maggio 1983, il Santo Padre Giovanni Paolo II gli conferì il titolo di Patrono dei Vescovi dell'America Latina. Allo stesso modo, si propone come paradigma per i pastori del Perù e dell'America. 

Il messaggio consegnato dallo stesso Santo Padre a tutti i vescovi del Perù nel 1985 lo riflette. Il suo grande compito consisteva nel portare avanti, illuminato dal Concilio di Trento, la prima evangelizzazione del Nuovo Mondo in quattro dimensioni. Evangelizzazione per la santità, per l'unità nella fedeltà, per la dignità della persona e in costante armonia con la Sede Apostolica.

Vita e missionesantità

San Giovanni Paolo II richiama l'attenzione su ciò che è essenziale e fondamentale per un autentico rinnovamento: la santità. Egli riconosce che "il dono più grande che l'America ha ricevuto dal Signore è la fede, che ha forgiato la sua identità cristiana [...] L'espressione e i frutti migliori dell'identità cristiana dell'America sono i suoi santi" (Ecclesia in America nn. 14 e 15).

Quando ha visitato il Perù (nel 1985 e nel 1988), ha incentrato i suoi messaggi ai vescovi sul ricreare la vita e la missione di San Toribio come modello di santità. Il primo sottolinea la sua spiritualità interculturale, la coerenza di una vita santa, la promozione dei diritti umani, la creazione di una comunione tra di loro e la sintonia con Roma.

Benedetto XVI, in occasione del 400° anniversario del suo passaggio alla gloria nel 2006, ha sottolineato che "la sua abnegazione per l'edificazione e il consolidamento delle comunità ecclesiali del suo tempo...".

Una vita da film

Da parte sua, l'attuale Papa Francesco, durante la sua visita in Perù nel gennaio 2018, ha sottolineato che il vescovo, come Mosè, è il pastore coraggioso che conduce il suo popolo alla "terra promessa". Ha saputo attraversare l'amore geografico, culturale e, soprattutto, fraterno: "È il pastore che ha saputo portare la 'sua valigia' con i volti e i nomi. Erano il suo passaporto per il cielo".

Due anni dopo, a conclusione del Sinodo dell'Amazzonia, lo proporrà nuovamente come modello di evangelizzazione. "Così, il kerigma e l'amore fraterno formano la grande sintesi di tutto il contenuto del Vangelo che non può non essere proposto in Amazzonia. Questo è ciò che hanno vissuto i grandi evangelizzatori dell'America Latina, come san Toribio de Mogrovejo o san José de Anchieta" (Cara Amazonia nn. 62-66).

Ancora quasi sconosciuto

Provvidenzialmente, il documento più importante del magistero vaticano per l'evangelizzazione e la catechesi - il Direttorio Generale per la Catechesi - è stato pubblicato il giorno della sua festa, il 23 marzo 2020, come egli stesso riconosce nella sua presentazione.

"Per un evento del tutto fortuito, l'approvazione del presente Direttorio è avvenuta nella memoria liturgica di san Toribio de Mogrovejo (1538-1606). Egli intese il suo ministero episcopale come evangelizzatore e catechista" (Congregazione per il Clero, Vaticano, 2020).

Nonostante il riconoscimento di tali grandi valori, e l'aver dedicato migliaia di ore di ricerca e divulgazione alla sua vita e alla sua opera, ritengo che San Toribio Mogrovejo sia quasi sconosciuto nel mondo civile e religioso.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

Scienziati cattolici: Jerónimo de Ayanz y Beaumont, polimatico spagnolo

Il 23 marzo 1613 morì Jerónimo de Ayanz y Beaumont, un polimatico spagnolo che si distinse soprattutto come inventore. Questa serie di brevi biografie di scienziati cattolici è pubblicata grazie alla collaborazione della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Ignacio del Villar-23 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Jerónimo de Ayanz y Beaumont (1553 - 1613) era conosciuto come il "Cavaliere dalle dita di bronzo" per la sua enorme forza, che gli permise di compiere eccezionali imprese militari per conto del re di Spagna, nonché di ottenere i titoli di cavaliere dell'Ordine di Calatrava e di governatore. Ma la fama di questo poliedrico spagnolo, che fu anche cantante, pittore e torero, deriva soprattutto dalla sua arguzia.

Dopo aver assunto la carica di direttore di miniera, essenziale per il mantenimento dell'impero spagnolo, si impegnò a migliorare l'estrazione dei metalli sviluppando il primo motore a vapore per uso industriale e un sistema di condizionamento dell'aria, il tutto all'inizio del XVII secolo, molto prima della rivoluzione industriale. Inoltre, inventò un'attrezzatura per immersioni con ricambio d'aria. Con questa invenzione riuscì a immergere un uomo per più di un'ora nella prima immersione lunga mai registrata, nel fiume Pisuerga a Valladolid nell'agosto del 1602.

Jerónimo de Ayanz y Beaumont dimostrò, in modo razionale e con strumenti da lui stesso progettati, che il fuoco non è materia (come si credeva fino al XIX secolo), ma energia. Studiò anche la produzione dell'impulso che mette in moto i corpi e dimostrò l'impossibilità del moto perpetuo realizzando una macchina che permetteva di misurare la perdita di forza, con quasi due secoli di anticipo su Prony e Smeaton.

Oltre ai suoi risultati scientifici, Ayanz y Beaumont fu un uomo di grandi valori umani, preoccupato per la sua famiglia e profondamente religioso. Nei suoi ultimi momenti di vita, invocò la sua fede in Dio e nei dogmi della Santa Madre Chiesa, raccomandandosi a San Girolamo "mio avvocato" e a tutti i santi, chiedendo perdono e intercessione per i suoi peccati. Alla sua morte, dispose che il suo corpo fosse deposto nel convento dei Carmelitani Scalzi di Madrid e poi a Murcia con i suoi figli, in una cappella della cattedrale.

L'autoreIgnacio del Villar

Università pubblica di Navarra.

Società degli scienziati cattolici di Spagna

Vaticano

Il Papa lascerà l'ospedale e tornerà a Santa Marta domani

Il Santo Padre torna a Santa Marta domenica 23 marzo 2025 dopo quasi sei settimane di ricovero al Policlinico Gemelli, durante le quali è stato a volte in pericolo di vita.

Maria José Atienza-22 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La notizia più attesa da settimane è stata confermata dall'équipe medica che ha in cura il Santo Padre: il pontefice lascerà domani, domenica 23 marzo, il Policlinico Gemelli, dove è ricoverato da sei settimane.

L'evoluzione favorevole del Santo Padre nelle ultime settimane ha portato a questa decisione, anche se Papa Francesco dovrà continuare il trattamento farmacologico orale e dovrà trascorrere almeno due mesi in convalescenza.

Due episodi di pericolo di vita

"Il Papa è arrivato con un insufficienza respiratoria acuta dovuta a infezione polimicrobica che ha portato a una grave polmonite bilaterale, che ha richiesto un trattamento farmacologico combinato. Durante il ricovero, le condizioni cliniche del Santo Padre presentavano due episodi molto critici in cui la sua vita era in pericolo. Le terapie farmacologiche, la somministrazione di ossigeno ad alto flusso e la ventilazione meccanica non assistita hanno portato a un miglioramento delle sue condizioni cliniche", hanno sottolineato i medici in questa attesa presentazione.

Papa Francesco dovrà continuare le cure e i medici hanno sottolineato l'importanza di un periodo di convalescenza di "almeno due mesi".

Papa Francesco continuerà a ricevere cure mediche a Santa Marta e dovrà sottoporsi a fisioterapia respiratoria e riabilitazione motoria.

In risposta alle domande dei giornalisti, i medici hanno sottolineato che il Papa dovrà ridurre notevolmente i suoi impegni. Ad esempio, non potrà riprendere le attività lavorative con gruppi di persone se non dopo il periodo di convalescenza, né potrà fare grandi sforzi.

Recupero della voce

Una delle sfide che il Papa si trova ora ad affrontare è il lavoro di recupero della voceGli operatori sanitari hanno spiegato che, a causa degli episodi di cui ha sofferto, il suo linguaggio è stato compromesso, cosa che è risultata evidente nel audio breve che il pontefice ha inviato qualche giorno fa come ringraziamento per le preghiere per la sua salute.

I medici hanno sottolineato che è difficile dire quanto tempo ci vorrà perché il Papa riacquisti la normale capacità di parlare, ma sperano che sia breve.

"Ci vorrà del tempo prima che la voce torni quella di prima", hanno osservato, "rispetto a dieci giorni fa, abbiamo visto miglioramenti significativi, ma [la mancanza di voce] è una parte normale del recupero e della convalescenza".

Periodo di convalescenza

Tra le richieste più ripetute dai giornalisti c'è stata quella di conoscere i progressi della convalescenza del Papa a Santa Marta. Secondo i medici, "il Papa non ha bisogno di molte attrezzature mediche straordinarie. Ha bisogno soprattutto di ossigeno, come tutti i pazienti che hanno sofferto di polmonite bilaterale", hanno detto i medici, che hanno sottolineato che il Vaticano ha un servizio medico di emergenza.

Tuttavia, Francesco continuerà a fare fisioterapia motoria e respiratoria in Vaticano per molto tempo.

Buon umore

Un altro dei dettagli commentati in questa apparizione è stato il "buon umore" del Papa che, sebbene fosse apparso nei primi comunicati, non era stato più messo in evidenza nelle ultime informazioni.

A questo proposito, il dottor Alfieri, uno dei medici che lo hanno curato in questi giorni, ha sottolineato che "quando era molto malato era difficile che fosse di buon umore. Una mattina come tutte le mattine, quando io e il dottor Carbone, insieme ad altri colleghi, andammo ad ascoltare i suoi polmoni, dopo che aveva avuto un momento difficile, e gli chiedemmo 'Santo Padre, come sta? Quando rispose "Sono ancora vivo" capimmo che stava bene e aveva recuperato il suo buon umore.

Vaticano

Il cardinale Fernandez sulla riabilitazione del Papa: "Dovrà quasi reimparare a parlare".

Il cardinale argentino, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e amico personale di Bergoglio, ha risposto alle domande dei giornalisti sullo stato di salute del Pontefice. Ha assicurato che "ora inizia un nuovo Papa" e che questo momento, pur essendo difficile, "sarà fruttuoso per la Chiesa e per il mondo".

Maria Candela Temes-22 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Papa Francesco, ricoverato in ospedale dal 14 febbraio per una bronchite che ha portato a una polmonite bilaterale, è ora fuori pericolo. Il cardinale Víctor Manuel "Tucho" Fernández, prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede e persona molto vicina a Francesco, ha parlato ieri della salute del pontefice. Ha assicurato di essere stato in contatto con lui e che il Papa "si sente molto bene fisicamente", anche se avrà bisogno di "una riabilitazione perché un lungo periodo di ossigenazione ad alto flusso asciuga tutto e bisogna quasi reimparare a parlare". È affaticato quando parla, ma "lo stato generale del suo organismo è come prima".

Dopo cinque settimane di degenza al Policlinico Gemelli, è chiaro che il Pontefice vorrebbe tornare in Vaticano, anche se Fernandez ha detto che non c'è ancora una data per il suo ritorno a casa. Alla domanda di un giornalista se sarebbe tornato per presiedere le cerimonie pasquali, ha risposto: "Vorrebbe tornare, ma i medici vogliono essere sicuri al cento per cento e preferiscono aspettare un po'". Ha aggiunto che Francesco "ha il suo stile di vita, vuole dare tutto e il poco tempo che gli resta lo vuole usare 'per non curarmi'. E poi, cosa succede, torna qui e non è facile per lui seguire i consigli".

Tanto che Fernández ha simpaticamente sottolineato le "pressioni" a cui il successore di Pietro ha dovuto sottostare per accettare il ricovero in ospedale: "non voleva andare in ospedale, è stato convinto da alcuni amici molto stretti". L'argomento? "Devi andare, altrimenti tagliamo questo rapporto, ecco come lo hanno convinto".

Il cardinale e teologo ha spiegato che la situazione non è facile per il Papa argentino, abituato a un ritmo intenso di lavoro pastorale: "Immaginate quanto sia pesante per lui; è uno di quei ragazzi di altri tempi, che hanno una forza immensa, una capacità di sacrificio, di dare un senso a questi momenti bui".

Allo stesso tempo, ha commentato che la vita dell'88enne Pontefice dovrebbe cambiare al suo ritorno, entrando in una nuova fase del pontificato, escludendo la possibilità di dimissioni: "è un uomo di sorprese e sicuramente avrà imparato molte cose in questo mese e chissà cosa uscirà dalla cambusa... Anche sapendo che questo significa uno sforzo molto pesante per lui, un momento difficile, so che sarà fruttuoso per la Chiesa e il mondo".

La sala stampa della Santa Sede ha riferito che Papa Francesco intende presentarsi domani dal suo appartamento in ospedale. Gemelli alla fine del Angelus per un breve saluto e una benedizione. Sarebbe stata la sua prima apparizione pubblica dal 14 febbraio.

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Evangelizzazione

San Nicola Owen, martirizzato per aver nascosto dei sacerdoti

Il 22 marzo la liturgia celebra il martire inglese San Nicholas Owen, falegname e poi gesuita. Fu torturato nella Torre di Londra per aver creato rifugi per nascondere i sacerdoti all'inizio del XVII secolo.   

Francisco Otamendi-22 marzo 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

San Nicholas Owen S.J. morì martire nella capitale inglese nel 1606, essendo torturato nella Torre di Londra. Nicholas è nato a Oxford ed è stato figlio di un falegnameWalter, da cui ha imparato il mestiere. Fu anche artigiano e muratore. Verso i 30 anni fu accolto come fratello nella Compagnia di Gesù.

Il fratello gesuita si era "specializzato" nella costruzione di nascondigli e rifugi per il clero perseguitato nell'Inghilterra dell'inizio del XVII secolo. Secondo il Martirologio Romano, "San Nicholas Owen, religioso della Compagnia di Gesù e martire, creò dei rifugi per i accoglienza dei sacerdoti. Per questo fu imprigionato e crudelmente torturato".

San Nicola Owen è stato canonizzato nel 1970 da Papa San Paolo VI come uno dei "....40 martiri dell'Inghilterra e del Galles. Suo padre, Walter Owen, conosceva il esecuzione di San Tommaso Moro, Lord Cancelliere d'Inghilterra, nel 1535, e quella del Vescovo di Rochester, San Giovanni Fisher, venerato da cattolici e anglicani.

I santi di oggi 

Alcuni altri santi il 22 marzo sono il vescovo Bienvenido di Ancona e il beato tedesco Clemente Augusto von Hallen, vescovo di Münster. San Basilio di Ancyra (Turchia) e le sante Lia, matrona romana, ed Epafrodito, discepolo di San Paolo (Lettera ai Filippesi). San Paolo di Narbonne (Francia) e i Beati Mariano Gorecki e Bronislao Komorowski, sacerdoti polacchi fucilati dai nazisti nel campo di concentramento di Stutthof il Venerdì Santo del 1940.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

Il contesto conta: la missione di Madre Teresa a Calcutta

Il nome di Madre Teresa di Calcutta, un tempo sinonimo di santa compassione, negli ultimi decenni è diventato oggetto di un intenso scrutinio. Sebbene non fosse priva di difetti, ridurre Madre Teresa a poche accuse rischia di far dimenticare il profondo impatto che lei e la sua comunità hanno avuto su milioni di persone.

Bryan Lawrence Gonsalves-22 marzo 2025-Tempo di lettura: 6 minuti

Nel cuore di Vilnius (Lituania), in via Šv. Stepono 35, le Missionarie della Carità gestiscono una modesta ma essenziale mensa per i poveri. Tre volte alla settimana, le porte si aprono per accogliere i senzatetto e gli affamati, offrendo loro non solo un pasto, ma anche un momento di dignità. Da anni invito i miei amici a unirsi a me in quest'opera di servizio. Alcuni accettano con entusiasmo, mentre altri esitano, spesso alzando un sopracciglio quando vengono a sapere che il centro è gestito dall'ordine fondato da Madre Teresa di Calcutta.

Il suo nome, un tempo sinonimo di santa compassione, negli ultimi decenni è diventato oggetto di un intenso scrutinio. I suoi critici, in particolare Christopher Hitchens in "L'angelo dell'inferno" (1994) e "La posizione missionaria" (1995), l'accusano di aver sottratto fondi, di aver fornito cure mediche al di sotto degli standard e di aver glorificato la sofferenza anziché alleviarla. Il peso di queste accuse, amplificate dai media moderni, ha plasmato la percezione pubblica, portando alcuni a mettere in dubbio l'integrità della sua missione.

Tuttavia, un esame più attento rivela una realtà più complessa. Sebbene Madre Teresa non fosse priva di difetti, ridurre la sua intera eredità a un elenco di accuse rischia di far dimenticare il profondo impatto che lei e la sua comunità hanno avuto su milioni di persone. Le Missionarie della Carità continuano il loro lavoro in alcune delle aree più indigenti del mondo, spesso senza clamore e in condizioni che pochi sopporterebbero.

Questo articolo non è scritto per cieca ammirazione, ma per un impegno di verità. Fino a che punto la critica regge e giustifica lo scetticismo che ora circonda il suo nome? Nell'esplorare queste domande, riconosciamo anche le migliaia di suore che oggi svolgono la loro missione, comprese quelle di Vilnius, in Lituania, il cui lavoro quotidiano sfida silenziosamente la narrazione di mere polemiche.

La natura dell'opera di Madre Teresa

Un equivoco fondamentale è la convinzione che Madre Teresa gestisca ospedali. Le Missionarie della Carità, l'ordine da lei fondato, non gestiscono ospedali, ma case per i moribondi, mense, dispensari, orfanotrofi e centri per i senzatetto, i disabili e le vittime di disastri. La distinzione è fondamentale. Gli ospedali si concentrano sui trattamenti curativi, mentre gli ospizi offrono conforto e dignità ai morenti. Come stabilito dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani degli Stati Uniti, l'assistenza in hospice è destinata alle persone affette da malattie terminali per le quali i medici ritengono che abbiano sei mesi o meno di vita.

Quando Madre Teresa aprì il suo primo ospizio nel 1952, le moderne cure palliative non esistevano ancora. Il primo hospice moderno (che include le cure palliative) fu fondato solo nel 1967 dall'infermiera britannica Cicely Saunders. Il termine stesso di "cure palliative" è stato coniato solo nel 1974, e la Scala analgesica a tre fasi dell'OMSche ha standardizzato la gestione del dolore, è stato introdotto solo nel 1986, 34 anni dopo che Madre Teresa aveva iniziato il suo lavoro.

L'opera di Madre Teresa deve essere compresa nel contesto dell'India post-indipendenza, che stava subendo gli effetti devastanti della divisione civile, del collasso economico e della povertà diffusa. Calcutta stava affrontando un grave declino economico, con la chiusura di importanti industrie, che aveva provocato una disoccupazione di massa e la mancanza di case. Molti dei moribondi da lui assistiti erano già stati allontanati dagli ospedali.

L'ex madre superiora delle Missionarie della Carità, suor Mary Prema Pierick, chiarisce la questione dicendo: "La Madre non ha mai avuto ospedali; abbiamo case per coloro che non sono accettati in ospedale... L'attenzione delle suore e dei volontari si concentra sull'alimentazione e sulla fasciatura, perché molti arrivano con ferite.

Lungi dal gestire "prigioni mediche", Madre Teresa forniva assistenza quando nessun altro lo faceva. La sua missione non è mai stata quella di curare le malattie, ma di assicurare agli abbandonati e ai morenti dignità, amore e conforto nei loro ultimi momenti. Valutare il suo lavoro con gli standard odierni è un anacronismo.

Condizioni a Calcutta

L'affermazione di Hitchens secondo cui le strutture di Madre Teresa erano antigieniche e simili a una prigione ignora il contesto storico dell'India post-indipendenza. Calcutta, soprattutto negli anni '70 e '80, ha dovuto affrontare gravi difficoltà economiche, esacerbate dalla spartizione del 1947, che ha lasciato milioni di sfollati. Come ha osservato la corrispondente estera Mary Anne Weaver, la città aveva uno degli standard di vita urbani più bassi al mondo, con oltre il 70% della popolazione che viveva in povertà. Le famiglie sopravvivevano con appena 34 dollari al mese, mentre 200.000 mendicanti si contendevano lo spazio sui marciapiedi accanto a 20.000 risciò trainati a mano. 

Gli ospedali della regione spesso rifiutavano di ricoverare gli indigenti, lasciandoli senza un posto dove andare. Le case di Madre Teresa offrivano un'alternativa: un luogo dove le persone potevano ricevere cibo, riparo e dignità. Il fatto che non fossero istituzioni mediche moderne è irrilevante; non sono mai state pensate per esserlo.

La controversia sugli antidolorifici

Un'accusa comune è che Madre Teresa abbia deliberatamente negato gli antidolorifici ai moribondi per farli soffrire. Questa affermazione è nata dalla presentazione da parte di Hitchens di un articolo del dottor Robin Fox apparso su The Lancet, in cui si notava la mancanza di antidolorifici forti nelle loro case. Tuttavia, Fox ha anche elogiato le Missionarie della Carità per la loro politica di porte aperte, l'igiene e le cure compassionevoli. Ha riconosciuto che in passato molti pazienti venivano respinti dagli ospedali.

Fox non ha affermato che il sollievo dal dolore è stato deliberatamente negato, ma che non erano disponibili forti analgesici. Le ragioni erano sistemiche. Il governo indiano aveva gradualmente inasprito le leggi sull'oppio dopo l'indipendenza (1947), limitando l'oppio per uso generale e quasi medico. In seguito alla Conferenza sull'oppio di tutte le Indie del 1949, tra il 1948 e il 1951 vi fu una rapida soppressione dell'oppio in base alla legge sulle droghe pericolose (1930) e alla legge sulle droghe e i cosmetici (1940). Nel 1959, la vendita dell'oppio fu completamente vietata, tranne che per scopi scientifici o medici. Successivamente, il Narcotic Drugs and Psychotropic Substances Act (1985) ha limitato fortemente l'uso degli oppiacei, anche per scopi medici. La morfina e analoghi antidolorifici scarseggiavano, persino negli ospedali. 

I medici che hanno risposto alla critica di Fox su The Lancet hanno notato che in India le possibilità di alleviare il dolore sono limitate a causa della mancanza di medici e infermieri formati in cure palliative, delle restrizioni governative sulla distribuzione degli oppioidi e delle poche alternative disponibili per la gestione del dolore.

Lungi dall'essere sadici, Madre Teresa e le sue suore hanno fatto ciò che potevano con le risorse a loro disposizione. L'uso di antidolorifici più deboli, come il paracetamolo, smentisce l'idea che la sofferenza fosse intenzionalmente prolungata.

La sofferenza redentiva mal interpretata

Hitchens cita spesso una frase attribuita a Madre Teresa: "Penso che sia molto bello per i poveri accettare la loro sorte, condividerla con la passione di Cristo". Questo, sostiene, dimostra che la donna glorificava la sofferenza. Tuttavia, la teologia cattolica sulla sofferenza è spesso fraintesa.

Il concetto di sofferenza redentiva sostiene che il dolore, se associato alla sofferenza di Cristo, può avere un valore spirituale. Tuttavia, questo non significa che la sofferenza debba essere cercata o inflitta. Le Missionarie della Carità dedicano la loro vita ad alleviare la sofferenza, offrendo cibo, alloggio e cure agli abbandonati. Se Madre Teresa credeva che la sofferenza dovesse essere sopportata senza sollievo, perché somministrava antidolorifici nelle loro case?

Suor Mary Prema Peierick ha chiarito ulteriormente la questione: "La Madre non ha mai voluto che una persona soffrisse per il gusto di soffrire. Al contrario, la Madre faceva tutto il possibile per alleviare le loro sofferenze". L'idea che ella abbia impedito di alleviare il dolore per intensificare la sofferenza è una distorsione delle sue convinzioni e del suo lavoro.

L'accusa di ipocrisia nel suo trattamento medico

Un'altra accusa è che, mentre i poveri affidati alle sue cure ricevevano trattamenti al di sotto degli standard, Madre Teresa stessa cercava cure mediche di prima classe. Questa affermazione non regge.

Navin B. Chawla, suo biografo ed ex Commissario elettorale capo dell'India, ricorda che quando si ammalò nel 1994 fu ricoverata in una struttura pubblica di Delhi. Lungi dal cercare cure d'élite, si oppose al ricovero. I medici esitavano a curarla per paura di essere ritenuti responsabili se fosse morta sotto le loro cure. I leader mondiali le offrirono cure all'estero, ma lei rifiutò.

Sunita Kumar, sua compagna di vita, lo conferma. Quando i medici di New York e San Diego l'hanno visitata per controllarla, lo ha fatto di sua spontanea volontà. Era riluttante ad accettare interventi medici e lo faceva solo quando veniva messa sotto pressione dal suo ambiente.

La dottoressa Patricia Aubanel, che si occupò di Madre Teresa nei suoi ultimi anni di vita, la descrisse come "la peggiore paziente che abbia mai avuto", perché non amava riposare e resisteva alle cure mediche. In un'occasione, si rifiutò di usare un ventilatore finché non fu convinta facendo appello alla sua devozione per Nostra Signora di Guadalupe.

Se fosse stata davvero un'ipocrita in cerca di cure mediche di lusso, non si sarebbe opposta così ferocemente al ricovero e alle cure avanzate.

La realtà dietro le critiche

Le critiche di Hitchens si basano su prove selettive e interpretazioni sensazionalistiche. Ignora il contesto più ampio, le lotte economiche dell'India, le infrastrutture sanitarie antiquate e le restrizioni governative. Le sue argomentazioni si basano sull'applicazione degli standard medici occidentali contemporanei a una città impoverita e post-coloniale.

Il lavoro di Madre Teresa non è mai stato quello di fornire cure mediche ad alta tecnologia, ma di assicurarsi che le persone abbandonate e morenti non fossero lasciate sole per strada. Le sue case non erano ospedali, né erano destinate ad esserlo. Non cercava di far soffrire le persone, né negava loro il sollievo dal dolore quando era disponibile. L'idea che vivesse nell'ipocrisia è smentita da chi ha lavorato a stretto contatto con lei.

In un mondo in cui l'ideologia può plasmare le narrazioni, è fondamentale separare i fatti dalla finzione. L'eredità di Madre Teresa non dovrebbe essere giudicata dalle ciniche distorsioni dei suoi critici, ma dalle innumerevoli vite che ha toccato. La sua missione, in fondo, era una missione d'amore, compassione e servizio, principi che rimangono incrollabili di fronte alle critiche.

L'autoreBryan Lawrence Gonsalves

Fondatore di "Catholicism Coffee".

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Vangelo

La profezia si è avverata. Solennità dell'Annunciazione

Joseph Evans commenta le letture per la Solennità dell'Annunciazione del 25 marzo 2025.

Giuseppe Evans-22 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Quando il re Ahaz, un re di Giuda molto carente nell'VIII secolo a.C., fu invitato da Isaia a chiedere un segno a Dio, il profeta glielo disse: "Chiedi al Signore tuo Dio un segno: nelle profondità degli abissi o nelle altezze del cielo".. In altre parole, può chiedere tutto ciò che vuole, per quanto straordinario e apparentemente impossibile possa sembrargli. Ahaz risponde, con uno sfoggio di falsa pietà: "Non chiedo, non voglio tentare il Signore".. Quando in realtà stava costantemente mettendo alla prova, provocando, Dio con la sua empietà. Isaia sottolinea: tu metti alla prova la pazienza non solo degli uomini, ma di Dio stesso. E aggiunge: "Perché il Signore, per conto suo, vi darà un segno. Ecco, la vergine è incinta e partorirà un figlio, che chiamerà Immanuel"..

Il segno assolutamente impossibile e inimmaginabile sarà il parto di una vergine. "perché Dio è con noi".. Questa profezia poteva avere un significato immediato all'epoca: una giovane principessa, fino ad allora vergine, avrebbe dato alla luce un bambino la cui nascita, assicurando la continuazione della dinastia davidica, avrebbe dimostrato che Dio era ancora vicino al suo popolo. Ma il vero e pieno significato di quella profezia si realizzò attraverso l'evento che la festa di oggi celebra: l'incarnazione del Figlio di Dio. Oggi, nel senso più letterale - e più miracoloso - del termine, una vergine ha dato alla luce colui che è veramente Dio con noi, perché è Dio fatto uomo.

Potremmo dire molte cose sulla festa dell'Annunciazione di oggi. Questa "segnale" si è compiuta con la nascita di Cristo: "Ed ecco il segno: troverete un bambino avvolto in fasce e adagiato in una mangiatoia". (Lucas 2,12), dissero ai pastori. Dio può fare ciò che è impossibile per gli uomini: ci offre una salvezza, una vicinanza, che non solo non osavamo desiderare, ma che non ci era nemmeno venuta in mente. La misericordia di Dio supera anche la nostra immaginazione. Ma è successo davvero: l'inconcepibile è diventato carne. Come cerchiamo di dire no Siamo incoraggiati dal fatto che Dio si è fatto carne ed è quindi disposto a soffrire con noi il freddo, la fame e, infine, la morte. Qualunque cosa cerchiamo di fare con la nostra abnegazione e il nostro dono di sé, Dio ci ha preceduti nella sua kenosiil suo svuotamento di sé (cf. Filippesi 2,7). 

Ma la festa di oggi indica anche la capacità umana di rispondere a Dio, che si manifesta soprattutto nella il fiat dalla Vergine Maria all'angelo. Dio può avvicinarsi all'umanità attraverso coloro che hanno la fede e il coraggio di credere nella sua iniziativa e di accettarla (come non fece Ahaz). Maria non ha avuto bisogno di tempo per pensarci. Lo fece subito e totalmente con la pienezza del suo essere.

Spagna

Linea 105 Xtantos, conoscere l'impatto della Chiesa a livello locale

La campagna Xtantos 2025 ha come slogan "Línea 105 Xtantos" e cerca di mostrare ai cittadini spagnoli il lavoro sociale e spirituale svolto dalla Chiesa a livello locale in tutte le diocesi del Paese.

Paloma López Campos-21 marzo 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Conferenza episcopale spagnola ha presentato il campagna Xtantos per l'anno 2025. In questa occasione lo slogan è "Línea 105 Xtantos" e riprende la base dei viaggi in autobus, come nel 2024. Tuttavia, per questa nuova campagna, i membri del Segretariato per il sostegno alla Chiesa hanno promosso la creazione di percorsi a livello locale in tutte le diocesi della Spagna, in modo che i cittadini possano vedere il lavoro che la Chiesa svolge a livello sociale e spirituale in tutto il Paese.

Come ha spiegato il direttore del Segretariato, José María Albalad, con questa iniziativa si vuole "rendere visibile la vicinanza della Chiesa a tutta la società". Una Chiesa che "è vicina a te, ovunque tu sia e anche se non la vedi".

Una chiesa locale

La Conferenza episcopale sottolinea che "barrare la casella 105 è un modo semplice di collaborare al sostegno della Chiesa senza alcun costo per il contribuente". Come indica il sito web dei vescovi, se lasciamo questa casella vuota "è lo Stato che decide dove destinare quello 0,7 % delle nostre tasse". È anche possibile barrare le caselle per la Chiesa cattolica e per scopi sociali allo stesso tempo, senza pagare di più o ottenere meno indietro".

Con l'obiettivo di rendere conto di come il contributo degli oltre nove milioni di persone che segnano la X aiuta, il Segretariato per il sostegno alla Chiesa ha investito 3 milioni di euro nella campagna 2025, che è meno di 1 % della somma raccolta lo scorso anno. Grazie a questa iniziativa per rendere visibile l'attività della Chiesa, la Conferenza episcopale spera che ogni cittadino spagnolo veda che "la Chiesa è vicina a te, ovunque tu sia e anche se non la vedi".

Il primo percorso organizzato per questa campagna Xtantos 2025 ha interessato varie zone di Valladolid e un centinaio di persone si sono iscritte. I prescelti sono stati otto donne e sette uomini, di cui solo tre hanno barrato la casella 105. Dopo aver visitato alcuni appartamenti per immigrati, il lavoro di accompagnamento degli anziani, un centro di accoglienza e un centro di spiritualità, e aver visto il lavoro svolto da una parrocchia in un villaggio "dove non arriva nessuno", quattordici delle quindici persone hanno dichiarato che quest'anno vogliono barrare la casella a favore della Chiesa.

Gratitudine e speranza per il 2025

Monsignor Vicente Rebollo, capo del segretariato, ha partecipato alla conferenza stampa per trasmettere "due parole: gratitudine e speranza". Ha ringraziato tutti i collaboratori, indicando che "è il contributo di molte persone con il loro tempo, le loro qualità e, naturalmente, il loro denaro che permette alla Chiesa di essere sostenuta".

Il vescovo ha anche espresso la speranza che sempre più cittadini spagnoli siano incoraggiati a collaborare con la Chiesa e con i suoi compiti "di grande rilevanza sociale".

Dati tecnici della campagna Xtantos 2025

La campagna Xtantos 2025 durerà dal 21 marzo al 30 giugno. Sarà presente in tutti i formati digitali, oltre che sui circuiti Renfe e negli aeroporti. Inoltre, il giornale Xtantos, che riporta la campagna e il lavoro della Chiesa, ha una tiratura di quasi un milione di copie, metà delle quali saranno distribuite a tutte le parrocchie del Paese. Ci saranno anche manifesti in spagnolo, basco e catalano, molti dei quali appariranno sui giornali nazionali.

Per saperne di più
Evangelizzazione

San Nicola di Flüe (Frate Klaus), patrono della Svizzera

San Nicola della Flüe (Fra Nicola) nacque nel 1417 nel cantone di Obvaldo (Svizzera) da una famiglia contadina di mezzi. Si sposò, ebbe dieci figli, uno dei quali fu sacerdote e parroco, e finì per condurre una vita eremitica lontano dal mondo, con preghiera e digiuni rigorosi. Pio XII lo ha proclamato patrono della Svizzera e la liturgia lo celebra il 21 marzo.  

Francisco Otamendi-21 marzo 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Meglio conosciuto come Fratello KlausSan Nicola di Flüe è popolare in Svizzera. Nato in una famiglia di contadini e agricoltori, ricoprì incarichi civili e militari. Si sposò, ebbe dieci figli e, con il permesso della famiglia, finì per rinchiudersi nel mondo, sentendosi chiamato all'isolamento, alla contemplazione e all'abbandono. digiuno. Pio XII lo ha proclamato patrono della Svizzera, dove la sua festa si celebra il 25 settembre, come in Germania.

Il Martirologio romano Sottolinea che, per ispirazione divina, si ritirò sulle montagne per abbracciare la vita dell'anacoreta. Uscì dalla sua cella solo in una occasione, per placare che dovevano affrontarsi in una guerra tra cantoni in conflitto. I risultati dei suoi interventi gli valsero il titolo di "Padre della Patria". Una delle sue preghiere più frequenti era: "Mio Signore e mio Dio, allontana da me tutto ciò che mi tiene lontano da te".

Altri santi

Altro santos il 21 marzo sono la genovese Santa Benita Cambiagio Frassinello; Sant'Agostino Zhao Rong, sacerdote secolare cinese, martirizzato e convertitosi alla fede cristiana nel XVIII secolo dopo aver ascoltato un sacerdote in prigione che esortava i fedeli a rimanere saldi di fronte al martirio; i beati inglesi Matthew Flathers, Thomas Pilchard e William Pike, martirizzati, e il beato messicano Miguel Gómez Loza. 

L'autoreFrancisco Otamendi

Ecologia integrale

Marcia "Sì alla vita" domenica a Madrid

Più di 500 associazioni e organizzazioni civiche spagnole hanno invitato la società civile a partecipare alla Marcia "Sì alla Vita" di domenica 23 a Madrid, con lo scopo di stesso slogan, "Sì alla vita", e senza bandiere politiche. Il 25 maggioarzo è la Giornata internazionale della vita, anche se a Washington e Parigi, ad esempio, le Marce per la vita si tengono a gennaio.  

Francisco Otamendi-21 marzo 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

La Piattaforma "Sì alla Vita", composta da oltre 500 associazioni unite nella difesa della vita, dal suo inizio alla sua fine naturale, invita la società civile spagnola a celebrare a Madrid la Giornata del "Sì alla Vita". Giornata internazionale della vitache viene commemorata ogni anno il 25 marzo. Quest'anno, la celebrazione avrà luogo domenica 23 marzo con la Marcia Sì alla Vita 2025. Si terrà di domenica per facilitare la partecipazione di tutte le città della Spagna.

Ogni vita è importante

"È una marcia unita sotto lo stesso colore, il verde speranza, e lo stesso slogan, Sì alla vita, e senza bandiere politiche", sottolineano gli organizzatori. La Piattaforma Sì alla Vita lancia "un appello alla società civile a partecipare da qualsiasi parte della Spagna per far capire che ogni vita è importante, dal concepimento alla sua fine naturale, e per dimostrare la necessità che tutti, governi, ONG e società civile, mettano tutti gli strumenti disponibili al servizio di una cura positiva delle persone".

Partenza, palco, breve concerto e palloncini

Il percorso della Marcia inizia domenica alle 12.00 in Calle Serrano (angolo Calle Goya) fino a Plaza de Cibeles e Paseo de Recoletos, dove sarà allestito un palco per una cerimonia con testimonianze e la lettura del manifesto della Plataforma Sí a la Vida (Piattaforma Sì alla Vita). 

Ci sarà anche un minuto di silenzio e il tradizionale lancio di palloncini "in memoria dei non nati e di tutte le vittime della cultura della morte". L'evento si concluderà con un piccolo concerto per celebrare la Giornata della vita.

"La Plataforma Sí a la Vida (Piattaforma Sì alla Vita) si aspetta una massiccia partecipazione alla Marcha Sí a la Vida (Marcia Sì alla Vita)", affermano. Diverse organizzazioni e gruppi di persone hanno organizzato pullman dalle loro città per partecipare a questo evento, tra cui Alicante, Saragozza, Mairena de Alcor, Cuenca, ecc. È possibile continuare a registrarsi sul sito web sialavida.es. Le iscrizioni per partecipare come volontari e aiutare nell'organizzazione (300 persone al momento), sono ancora disponibili a questo link link.

"Vi incoraggiamo a non arrendervi".

Alicia LatorreIl portavoce della Piattaforma Sì alla Vita e presidente della Federazione Spagnola delle Associazioni Pro-Vita ha dichiarato: "Questa è una marcia piena di significato, di unità e di impegno, di costanza nella difesa di tutta la vita umana. Non ci arrenderemo e incoraggiamo l'intera popolazione rimanere saldi e fiduciosi affinché la cultura della vita trionfi in Spagna".

Risorse per aiutare le donne

D'altra parte, María Torrego, presidente della Fondazione RETE MADRENoi, come organizzazioni di sostegno alla maternità, partecipiamo a questa marcia per dimostrare che siamo a disposizione di tutte le donne che, di fronte a una gravidanza non pianificata, hanno bisogno di sostegno per portare avanti la loro maternità", ha dichiarato.

María Torrego desidera "ricordare alle istituzioni, sia pubbliche che private, che le organizzazioni, in quanto cooperanti in questo lavoro sociale, devono fornirci le risorse per poter offrire il sostegno necessario alle donne che decidono liberamente di portare avanti la gravidanza nonostante le difficoltà che incontrano". 

Famiglie e voce per chi non ha voce

"C'è una generazione di giovani sempre più potente che vuole essere la voce di chi non ha voce, dice Álvaro Ortega, presidente di Fondazione +Vida. "La storia ci dimostrerà che vale sempre la pena scommettere sulla vita, sulla maternità e sulla speranza". 

"La famiglia, come base fondamentale della società, dove la vita è particolarmente protetta e dove la persona cresce e si sviluppa, sarà presente alla Marcia Sì alla Vita. Incoraggiamo tutte le famiglie spagnole a partecipare a questa grande celebrazione della Giornata della Vita", ha dichiarato Marcos Gonzálvez, direttore del Centro per la Vita di Madrid. Forum delle famiglie.

Alla conferenza stampa di annuncio della Marcia erano presenti anche i rappresentanti di alcune delle associazioni che fanno parte della Piattaforma: María Luengo, della Fundación Neos; Leire Navaridas, di Amasuve; Beatriz Narváez, di Provida Cantabria; Rosa Arregui, di Adevida Madrid, ed Esperanza Puente, dell'Asociación Voz Postaborto. Come negli anni precedenti, la Marcia Sì alla Vita 2025 avrà un traduttore simultaneo per le persone sorde. 

Video di Methos Media

Tra le altre organizzazioni e collettivi che sostengono la Marcia ci sono Methos Mediache rende disponibile questo video Film d'animazione di 3'35", intitolato "Caro fratellino. Sì alla vita".

Contributo volontario

È anche possibile collaborare con donazione finanziaria tramite bizum ONG: 00589 o tramite bonifico bancario: ES28 0081 7306 6900 0140 0041.Intestatario del conto: Federación Española de Asociaciones Provida. Concetto: Sì a Life e indicare la persona o l'associazione che effettua il pagamento.

L'autoreFrancisco Otamendi

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