Iniziative

Preghiere per i nemici. Ucraina e Terra Santa

In contesti di guerra e violenza, una delle frasi di Gesù Cristo nel Discorso della Montagna risuona particolarmente forte: "Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano". (Mt 5,44). Oggi, in diverse parti del mondo, ci sono cristiani che cercano di vivere questo comandamento.

Loreto Rios-10 aprile 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

A causa dei diversi scontri bellici che si stanno attualmente verificando in varie parti del pianeta, Papa Francesco ha affermato in più occasioni che stiamo vivendo una "La terza guerra mondiale a pezzi". Il 24 febbraio la guerra in Ucraina ha compiuto due anni, mentre il 7 ottobre 2023 è scoppiato un altro conflitto in Terra Santa tra Israele e Palestina, che sembra essere solo l'inizio di un'altra lunga guerra.

Amare i propri nemici

Come possono agire i cristiani che si trovano in queste situazioni? Padre Mateusz Adamski, sacerdote polacco, attualmente parroco dell'Assunzione della Beata Vergine Maria a Kiev (Ucraina) e vicerettore del seminario dell'Assunzione della Beata Vergine Maria a Kiev (Ucraina) e vicerettore del seminario dell'Assunzione della Beata Vergine Maria a Kiev (Ucraina). Redemptoris MaterÈ chiaro che questi ultimi due anni, sebbene pieni di sofferenza, sono stati anche "...un tempo di grande speranza per il futuro...".un tempo di grazia"in cui"siamo stati in grado di toccare realmente il Dio vivente".

Nonostante il timore che "le persone sono psicologicamente stanche"e che"ci sono diversi parrocchiani che abbiamo nell'esercito"La parrocchia dell'Assunzione di Kiev ha preso un'iniziativa importante: pregare in comunità per i nemici. Perché in un contesto di guerra, come commenta padre Mateusz, "invita a riflettere sul comandamento di amare il proprio nemico"e questo"si manifesta in particolare nelle preghiere comuni con il popolo di Dio per i nostri nemici".

Padre Mateusz spiega: "il comandamento del Discorso della Montagna"ha fatto vivere ai parrocchiani un'esperienza di purificazione".nel loro cammino di fede, anche se questo significa andare contro se stessi."e questo"è rafforzarli nella loro fede attraverso la preghiera comune".

Imitare il perdono di Cristo

Lo stesso indica a Omnes il padre Pedro ZafraÈ il vicario parrocchiale della stessa parrocchia di Kiev, che si trova in Ucraina da più di dieci anni. Questo sacerdote di Cordoba spiega che "illa preghiera continua per i nemici della nostra comunità parrocchiale è all'ordine del giorno." e sottolinea in particolare che ogni giorno ".in ogni Eucaristia, soprattutto nella preghiera dei fedeli, preghiamo per tutti coloro che hanno perso la vita in questo conflitto, per i combattenti, per la pace in Ucraina, per la pace nel mondo.". Egli sottolinea che la comunità sta pregando affinché ".il Signore cambi il cuore dei nostri nemici e, prima di tutto, cambi anche il nostro cuore". 

Inoltre, ogni domenica tengono un'adorazione del Santissimo Sacramento in cui pregano per la pace, mentre ogni venerdì, durante la Via Crucis, lodano i loro persecutori. "Chiediamo al Signore di aiutarci a entrare in questa sofferenza, in questa croce. Come Lui stesso, mentre eravamo suoi nemici, ha interceduto presso il Padre per noi, dicendo "Perdona loro, perché non sanno quello che fanno", così dobbiamo fare anche noi. Questa è la missione di ogni cristiano ed è anche la nostra missione, e vediamo che è qualcosa di fondamentale, soprattutto per dare un senso alla sofferenza, perché molte volte ci concentriamo di più su quella che è la giustizia umana. Ma la giustizia di Gesù Cristo è quella che prega per i nemici, quella che è capace di rispondere al male con il bene, di rispondere al male con la preghiera.", dice.

Come esempio di perdono, padre Pedro Zafra riporta una testimonianza ravvicinata, quando una coppia di anziani coniugi, con sei figli, perse uno di loro che stava combattendo al fronte. "Al funerale, sia i genitori che i fratelli hanno detto pubblicamente: "Perdoniamo i nostri nemici, perdoniamo coloro che hanno ucciso nostro figlio e nostro fratello". È anche una testimonianza di come il Signore agisce nel cuore di ogni persona, che, nonostante l'odio che è all'ordine del giorno, ci sono anche questi miracoli, in cui sperimentiamo che Dio è buono e che Dio è presente e non ci lascia soli, ma manifesta la sua presenza e il suo amore attraverso questa situazione difficile in cui ci sentiamo sostenuti, ci sentiamo confortati da Gesù Cristo. Inoltre, attraverso i sacramenti, l'Eucaristia e la Confessione, possiamo accedere a questo perdono, possiamo vedere come il Signore cambia anche il nostro cuore.".

Anche in Russia sono state promosse proposte di preghiera per la pace. Nel maggio 2022 si è tenuta a Mosca una preghiera comunitaria del Rosario per la pace in collegamento diretto con Papa Francesco dal Vaticano. Nella capitale russa, la cerimonia è stata presieduta da monsignor Paolo Pezzi, arcivescovo metropolita della Madre di Dio a Mosca dal 2007, e ha visto la partecipazione di oltre un centinaio di persone.

"Dobbiamo pregare anche per i colpevoli".

Le preghiere per la pace non si limitano alla guerra in Ucraina. Fra Manuel appartiene alla Custodia di Terra Santa, l'ordine, fondato da San Francesco d'Assisi, che è stato incaricato dalla Santa Sede di custodire i luoghi che hanno visto l'incarnazione di Cristo, e spiega che "... la Custodia di Terra Santa è un luogo di pace e di pace nel mondo.Nel mio santuario di Betfage, che ha un quartiere cristiano costruito dalla Custodia e che si trova in una zona araba piuttosto radicale, il martedì, il giovedì e il sabato ci riuniamo per pregare il rosario per la pace. È commovente vedere cristiani, per lo più palestinesi, che si riuniscono convinti che la pace è possibile se riusciamo a rimanere uniti nel Dio della pace e che Maria, Regina della Pace, è la nostra forza.".

Inoltre, in Terra Santa si sono tenute diverse giornate di preghiera per la pace e i nemici. 

Nei primi giorni del conflitto, il 17 ottobre 2023, i monaci benedettini residenti sul Monte Sion organizzarono una giornata di preghiera nella Basilica della Dormizione, con il motto La Chiesa sotto la croce. La basilica è rimasta aperta per ventiquattro ore, a partire dalla mezzanotte del 17 ottobre. Durante la giornata, alle 7.30 è stata celebrata un'Eucaristia e sono stati letti tutti i salmi della Bibbia (150 in tutto), mentre i giovani hanno recitato una preghiera ispirata alle preghiere di Taizé.

In questa iniziativa non è mancata la preghiera per i nemici, poiché, ha dichiarato l'abate benedettino, padre Nikodemus Schnabel, "Crediamo che ogni essere umano sia creato a immagine di Dio. Anche un assassino, anche una persona che ha commesso dei peccati terribili è comunque un essere umano, una persona creata a immagine di Dio. Tutti preghiamo per le vittime, ma dobbiamo anche pregare per i colpevoli! Preghiamo per le persone che hanno commesso crimini indicibili, che hanno ucciso, affinché si rendano conto di ciò che hanno fatto, si pentano e chiedano perdono, e possano trovare la misericordia di Dio.". 

Cultura

Il linguaggio "inclusivo" inizia a regredire in Germania

Dopo anni di tentativi di inoculare questo linguaggio attraverso le scuole, i media e le amministrazioni pubbliche, alcune di esse hanno recentemente iniziato a fare marcia indietro.

José M. García Pelegrín-9 aprile 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Il 1° aprile è entrato in vigore in Baviera il divieto di utilizzare il cosiddetto linguaggio inclusivo, sia nell'istruzione (scuole e università) che nella pubblica amministrazione.

A metà marzo, il governo regionale ha approvato un'estensione del regolamento che, anche prima, obbligava gli enti ufficiali - comprese le scuole statali, che sono la stragrande maggioranza - a utilizzare le regole ortografiche ufficiali tedesche, che non prevedono un linguaggio così inclusivo.

Ora, questa nuova norma fa un ulteriore passo avanti, vietando espressamente diversi modi di esprimere tale "inclusività" o "neutralità".

Per comprendere l'ambito di applicazione di questo regolamento, è importante chiarire che, in Germania, la competenza per l'uso della lingua negli enti pubblici è affidata alla Länder (Stati Federati) e non al Bund (governo centrale, quello che in Spagna si chiamerebbe Stato).

Consiglio ortografico tedesco

In secondo luogo, non esiste un'"Accademia della lingua tedesca" nel mondo di lingua tedesca. Esiste un "Consiglio ortografico tedesco" che si definisce come "un organismo intergovernativo responsabile di mantenere l'uniformità dell'ortografia nel mondo di lingua tedesca e di svilupparla ulteriormente, se necessario, sulla base di regole ortografiche".

I membri sono 41 e provengono da sette Paesi o regioni (Germania, Austria, Svizzera, Liechtenstein, Provincia autonoma di Bolzano-Alto Adige e Comunità germanofona del Belgio). Il Lussemburgo è membro con voce ma senza voto. A metà dicembre 2023, il Consiglio ha nuovamente deciso di non includere i "caratteri speciali" nelle regole ortografiche tedesche. 

D'altra parte, il linguaggio "inclusivo" cominciò a essere espresso con la divisione dei sessi ("Zuschauerinnen und Zuschauer": "spettatori"); ma per ragioni di economia linguistica - nell'opuscolo ufficiale di un ente pubblico si diceva addirittura che, nei campi di concentramento, "i nazionalsocialisti torturavano le donne e gli uomini ebrei" - si cercarono altri modi di esprimerlo, come i "caratteri speciali" cui fa riferimento il Consiglio.

Questi personaggi includono forme come Zuschauer_innen, ZuschauerInnen, Zuschauer*innen o, la più diffusa negli ultimi tempi e adottata da un gran numero di media, i due punti intermedi: Zuschauer:innen. 

Come si pronunciano queste parole, ad esempio "Zuschauer:innen"? Quando questo fenomeno è emerso per la prima volta, si potevano osservare - soprattutto alla radio e alla televisione - due modi di pronunciarlo: una breve pausa o un suono "occlusivo" (una sorta di "attacco di singhiozzo", secondo i suoi detrattori).

Anche in questo caso, però, si applica il principio dell'economia del linguaggio: negli ultimi tempi, la pausa o il suono occlusivo sono sempre meno. Il risultato è che "Zuschauerinnen", il femminile plurale, viene pronunciato. Invece di includere, si ottiene il contrario: l'esclusione involontaria (?) del maschile, oppure si tratta di un tentativo deliberato di sostituire il "maschile generico" con il "femminile generico"?

Non sorprende che, a causa della natura in definitiva macchinosa e ambigua di questo linguaggio, un gran numero di cittadini "comuni" lo respinga; tutti i sondaggi sull'argomento mostrano un'alta percentuale di persone contrarie a questo tipo di "caratteri".

La popolazione contro il linguaggio inclusivo

Secondo il "Barometro delle tendenze di RTL/ntv" (luglio 2023), quasi tre quarti (73%) sono contrari a questo linguaggio. Solo 22% degli intervistati ritengono positivo che le persone parlino o scrivano in questo modo.

Per genere, gli uomini sono più contrari (77% contro, 18% a favore) delle donne (70% contro 26%). L'unico gruppo con una maggioranza a favore è quello dei sostenitori del partito "Verdi" (58%). 

Alla luce di questi dati, è difficilmente comprensibile il tentativo di imporre questo linguaggio da parte di quasi tutti i media - radio e televisione di Stato in testa - e anche delle amministrazioni pubbliche, nonostante l'opposizione della maggioranza della popolazione.

Tuttavia, alcune amministrazioni pubbliche stanno già iniziando a fare marcia indietro, come dimostra la decisione presa dalla Baviera.

Ma non è stato l'unico: per esempio, anche lo Stato federale dell'Assia ha annunciato che nella corrispondenza ufficiale utilizzerà solo un "linguaggio standardizzato e comprensibile", basato sulle linee guida del Consiglio ortografico tedesco.

Già in precedenza, nel 2021, il ministero regionale (equivalente al "consiglio") dell'istruzione e della cultura della Sassonia aveva deciso che il linguaggio "inclusivo" non sarebbe stato utilizzato nelle scuole e nelle autorità di vigilanza scolastica.

Il ministero lo ha ribadito nel luglio 2023 estendendo la direttiva con un decreto: si fa riferimento anche al Consiglio ortografico tedesco che, secondo il ministero sassone, "sottolinea che la lingua scritta deve essere priva di barriere e tenere conto di coloro che hanno difficoltà a leggere o scrivere anche testi semplici, nonché di coloro che imparano il tedesco come seconda lingua o lingua straniera".

Il linguaggio inclusivo nei Länder

Recentemente, la piattaforma "Redaktionsnetzwerk Deutschland (RND)" ha pubblicato una panoramica della situazione nei Länder. Secondo questo rapporto, anche lo Schleswig-Holstein proibisce l'uso di caratteri speciali, vale a dire che se un alunno li usa nel suo esame, è considerato una "colpa".

Lo stesso vale in Sassonia-Anhalt, dove il suo uso è anche criminalizzato. Questo nonostante il fatto che il Ministero dell'Istruzione della Sassonia-Anhalt terra si sforza di utilizzare termini neutri dal punto di vista del genere, ha dichiarato il ministero a RND: l'amministrazione utilizza la forma divisa femminile e maschile dal 1992.

Gli altri undici Länder hanno una posizione più aperta sul linguaggio inclusivo. Ad esempio, il ministero regionale della Cultura della Bassa Sassonia sottolinea: "È importante che nel settore scolastico tutte le persone, indipendentemente dalla loro identità di genere, sentano di essere indirizzate correttamente.

L'obiettivo è scegliere "un linguaggio comprensibile che non discrimini nessuno". Secondo la RND, un'opinione simile è diffusa nel Meclemburgo-Pomerania occidentale e nella Renania-Palatinato.

Solo due Länder, Brema e Saarland, sono chiaramente favorevoli all'uso di questi caratteri speciali e l'amministrazione pubblica di questi Länder lo fa.

Risorse

"Perché fino ad allora non avevano compreso la Scrittura che egli doveva risorgere dai morti".

In questo articolo viene analizzato il passo evangelico Gv 20,9: "Fino ad allora, infatti, non avevano compreso la Scrittura che egli sarebbe risorto dai morti".

Rafael Sanz Carrera-9 aprile 2024-Tempo di lettura: 9 minuti

Dopo aver raccontato gli eventi legati alla risurrezione (Gv 20, 1-9), Giovanni si sente costretto a scusarsi per la sua incredulità e conclude con una spiegazione: "Perché fino ad allora non avevano compreso la Scrittura che egli sarebbe risorto dai morti" (Gv 20, 9). Con queste parole l'evangelista spiega perché, solo ora, alla luce del sepolcro vuoto e dei teli di lino piegati, entrambi i discepoli ("avevano": al plurale: Pietro e Giovanni) credono nella risurrezione di Gesù. Questa nozione era già stata anticipata in Gv 2,22: "Quando fu risorto dai morti, i discepoli si ricordarono che aveva detto questo e credettero alle Scritture e alla parola che Gesù aveva pronunciato".

L'idea non è esclusiva di Giovanni, come vediamo dalle parole di Gesù ai discepoli di Emmaus: "Allora disse loro: "Quanto siete stolti e ottusi a credere a ciò che hanno detto i profeti! Non era forse necessario che il Messia soffrisse questo e così entrasse nella sua gloria?". E cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro ciò che era stato detto di lui in tutte le Scritture [...]. E disse loro: "Questo è ciò che vi ho detto mentre ero con voi: che si compia tutto ciò che di me è scritto nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". Poi aprì loro la mente per comprendere le Scritture.. E disse loro: "Così sta scritto: 'Il Messia soffrirà e risorgerà dai morti il terzo giorno'..." (Luca 24:25-27, 44-46).

La stessa necessità di comprendere le Scritture per interpretare correttamente la morte e la risurrezione di Cristo si ritrova in Paolo: "Vi ho consegnato infatti prima di tutto quello che ho ricevuto anch'io, cioè che Cristo è morto per i nostri peccati secondo le Scritture, che è stato sepolto e che è risorto il terzo giorno secondo le Scritture" (1 Corinzi 15:3-4).

Tuttavia, il Vangelo di Giovanni non cita alcun passo della Scrittura da cui si possa dedurre che il Signore sarebbe risorto dai morti. Dobbiamo quindi cercare tali riferimenti negli altri passi che parlano della risurrezione nel Nuovo Testamento. Così troviamo:

  • Salmo 2, 7 citato in Atti 13, 32-37: sulla risurrezione e sul regno eterno di Davide. Nell'esegesi di questi due testi, Gesù emerge come il re messianico promesso, il Figlio di Dio, la cui risurrezione realizza le promesse divine, soprattutto per quanto riguarda il regno eterno e universale del Figlio.
  • Salmo 16, 10 citato in Atti 2, 27 e seguenti e Atti 13, 35: sull'incorruttibilità del corpo risorto. Questi passaggi sono collegati tra loro per mettere in relazione la risurrezione di Gesù con l'incorruttibilità del corpo del Messia.
  • Salmo 110, 1.4 citato in Ebrei 6, 20: sulla risurrezione e sul sacerdozio eterno di Melchisedec. Entrambi i passi biblici sono legati alla risurrezione di Gesù e al suo ruolo di Sommo Sacerdote eterno secondo l'ordine di Melchisedec.
  • In Isaia 53, 10-12 a cui si fa riferimento in Romani 4, 25: sulla risurrezione di Gesù e il suo significato salvifico universale. Questi passaggi di Isaia 53 e Romani 4 sono collegati nella comprensione cristiana della risurrezione di Gesù e del suo significato per la salvezza dell'umanità.
  • In Matteo 16, 21; 17, 23; 20, 19 (e par.) troviamo le predizioni di Gesù sulla sua risurrezione. Sono le predizioni che Gesù stesso fece sulla sua morte e risurrezione.

Prima di iniziare a studiare ogni passaggio in dettaglio, è importante sottolineare due aspetti cruciali di questi testi dell'Antico Testamento in relazione alla risurrezione di Gesù.

1. Scarsità e oscurità delle citazioni. Nel Nuovo Testamento troviamo pochi riferimenti all'Antico Testamento a sostegno della risurrezione di Gesù. Questi passi, oltre a non essere abbondanti, sono oscuri e non sembrano a prima vista legati alla risurrezione. Infatti, per il dr. William Lane CraigProprio questa difficoltà ha portato molti studiosi a rifiutare la visione ottocentesca secondo cui i discepoli sarebbero arrivati a credere che Gesù fosse risorto leggendo tali passi dell'Antico Testamento. In realtà il percorso dei discepoli è stato inverso: dall'evidenza della risurrezione a una comprensione più profonda delle Scritture.

Seconda prospettiva innovativa. Tuttavia, qui si presenta un interessante paradosso: prima di credere nella risurrezione di Gesù, nessuno avrebbe interpretato questi testi dell'Antico Testamento in questo modo. Solo dopo aver verificato l'autenticità della risurrezione, i discepoli si sono rivolti all'Antico Testamento per trovare testi di supporto. Ciò ha comportato una lettura innovativa dei passi, con una prospettiva che non avrebbero considerato legittima senza la convinzione che Gesù fosse risorto. Così, la risurrezione di Gesù ha trasformato l'interpretazione dei testi antichi: è diventata la chiave ermeneutica che illumina tutto l'Antico Testamento.

Un'ultima importante precisazione: sebbene i riferimenti scritturali alla risurrezione di Gesù Cristo siano pochi e poco chiari, i quattro temi principali che essi affrontano - il regno eterno di Davide, l'incorruttibilità e la vittoria sulla morte, il sacerdozio eterno di Melchisedek e la giustificazione attraverso il suo sacrificio - ci forniscono una chiave ermeneutica per comprendere tutta la Scrittura. Questi quattro temi, in un certo senso, fungono da strumenti interpretativi per centinaia di passi dell'Antico Testamento. Vediamoli brevemente.

La resurrezione e il regno eterno di Davide

Da un lato abbiamo il Salmo 2, che raffigura l'unzione di un re messianico, cioè destinato a regnare sulle nazioni. In questo contesto, il versetto 7 dice: "Annuncerò il decreto del Signore; egli mi ha detto: "Tu sei mio figlio, oggi ti ho generato"". L'incoronazione e l'unzione di un re in Israele era un evento solenne e significativo, perché la sua investitura stabiliva il riconoscimento divino della sua autorità.

Nel Salmo 2 sono presenti due grandi promesse messianiche: la regalità universale e la figliolanza divina che la sottende. Queste promesse, sebbene si riferiscano alla dinastia di Davide, si realizzeranno solo con la risurrezione di Gesù Cristo. Questa è la comprensione di Paolo e Barnaba, che nella loro predicazione ad Antiochia collegano il Salmo 2 a Gesù Cristo e alla sua risurrezione: "Vi portiamo la buona notizia che la promessa che Dio ha fatto ai nostri padri, l'ha mantenuta a noi, suoi figli, risuscitando Gesù dai morti. Così è scritto nel secondo salmo: 'Tu sei mio Figlio, oggi ti ho generato'. E che lo abbia risuscitato dai morti, per non tornare mai più alla corruzione, è espresso in questo modo: "Ti adempirò le promesse sante e sicure fatte a Davide" [Is 55,3]. Ecco perché in un altro luogo dice: "Non permetterai che il tuo santo sperimenti la corruzione" [Sal 16,10]. Davide... ha sperimentato la corruzione. Ma colui che Dio ha risuscitato non ha sperimentato la corruzione" (At 13, 32-37). Essi sostengono che la risurrezione di Gesù rappresenta il compimento delle promesse di Dio a Davide di dargli un trono per sempre (At 13,36-37). E così, poiché queste promesse si sono realizzate in Gesù, egli si erge a vero erede del trono di Davide; il vero Re, Figlio di Dio, del Salmo 2.

Le promesse di Dio di concedere una discendenza perpetua al re Davide si trovano in molti luoghi dell'Antico Testamento Così vediamo come la risurrezione di Gesù sia un evento che collega l'Antico e il Nuovo Testamento, rivelando la fedeltà di Dio alle sue promesse e il suo piano di redenzione per l'umanità attraverso Gesù Cristo.

L'incorruttibilità del corpo risorto

I brani del Salmo 16 e degli Atti 2 e 13 sono collegati tra loro per evidenziare come la risurrezione realizzi le profezie sulla non corruzione del corpo del Messia.

Il Salmo 16, 10 proclama: "Perché non mi abbandonerai nella regione dei morti, né lascerai che il tuo fedele veda la corruzione". Questo versetto è citato due volte in Atti 2:27,31, per sottolineare che Dio non permetterà che il suo Santo sperimenti la corruzione: "Perché non mi abbandonerai nel luogo dei morti, né lascerai che il tuo Santo sperimenti la corruzione. Mi hai insegnato i sentieri della vita, mi riempirai di gioia con il tuo volto. Fratelli, permettetemi di parlarvi con franchezza: il patriarca Davide morì e fu sepolto, e la sua tomba è ancora oggi tra noi. Ma poiché era un profeta e sapeva che Dio gli aveva giurato di porre sul suo trono uno dei suoi discendenti, prevedendolo, parlò della risurrezione del Messia dicendo che non lo avrebbe lasciato nel luogo dei morti e che la sua carne non avrebbe sperimentato la corruzione" (At 2, 27-31). Pietro conclude che - come il patriarca Davide, che morì e fu sepolto - il salmo profetizza la risurrezione del Messia.

È importante notare che, sebbene il salmo in sé non riguardi la resurrezione ma l'evitare la morte, Pietro ne dà un'interpretazione innovativa dicendo che profetizza la resurrezione del Messia. Questa interpretazione innovativa è possibile solo dopo l'evento della risurrezione; prima di allora non sarebbe stata legittima.

C'è anche un altro riferimento al Salmo 16:10 in Atti 13:35-37, come abbiamo già visto, dove si fa un'argomentazione simile per la risurrezione come prerequisito per la non corruzione del corpo. In breve, l'incorruttibilità del corpo di Gesù e la sua vittoria sulla morte sono intrinsecamente legate alla sua risurrezione.

La resurrezione e il sacerdozio eterno di Melchisedek

Sia il Salmo 110 che Ebrei 6 sono legati alla figura di Gesù e al suo ruolo di Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Melchisedec.

Il Salmo 110 inizia con un invito divino: "Il Signore ha parlato al mio Signore: "Siedi alla mia destra e farò dei tuoi nemici uno sgabello per i tuoi piedi"". Qui il Signore (Dio Padre) invita il Messia (Cristo) a occupare un posto d'onore e di autorità alla sua destra. Questa posizione simboleggia l'esaltazione e il potere del Messia su tutte le cose. Si tratta quindi di un Salmo regale e messianico.

Più avanti, al v. 4, dice: "Il Signore ha giurato e non si pente: "Tu sei un sacerdote eterno, secondo il rito di Melchisedec"". Ha appena parlato dell'autorità del Messia come re (v. 1) e ora del suo ruolo di sacerdote. La combinazione delle due funzioni è significativa, perché afferma che il Messia sarà un "sacerdote eterno secondo il rito di Melchisedec", un personaggio misterioso, descritto nell'Antico Testamento come sacerdote del Dio Altissimo e re di Salem (Gerusalemme). Questo riferimento è fondamentale perché egli esercitò le funzioni sacerdotali prima dell'istituzione del sacerdozio levitico.

Ebrei 6:20 si riferisce a Gesù come Sommo Sacerdote eterno secondo l'ordine di Melchisedec. Questo ha profonde implicazioni. Quando Gesù risorge e sale al cielo, entra nel santuario celeste non costruito da mani umane. Porta con sé il proprio sangue come sacrificio per il peccato, in modo simile al ruolo del sommo sacerdote nell'Antico Testamento durante il Giorno dell'Espiazione. La menzione del "rito di Melchisedec" indica che Gesù, alla sua risurrezione, esercita il suo sacerdozio in modo superiore ed eterno, trascendendo il sistema levitico. Il suo sacrificio è perfetto e completo. Sia nella sua autorità di Re che nella sua funzione sacerdotale secondo l'ordine di Melchisedec si manifesta la sua divinità e si rivela il suo ruolo centrale nella redenzione dell'umanità.

La risurrezione di Gesù e il suo significato salvifico universale

Isaia 53, 10-12 dice: "Il Signore ha voluto schiacciarlo con le sofferenze e dare la sua vita in espiazione; vedrà la sua discendenza, prolungherà i suoi anni, ciò che il Signore vuole prospererà per mano sua. Con le fatiche della sua anima vedrà la luce, il giusto sarà soddisfatto della conoscenza. Il mio servo giustificherà molti, perché ha sopportato i loro crimini. Gli darò una moltitudine per la sua parte ed egli avrà una moltitudine per il suo bottino. Poiché ha esposto la sua vita alla morte ed è stato annoverato tra i peccatori, ha preso il peccato di molti e ha interceduto per i peccatori". Questo passo ci rivela due cose. Da un lato, Isaia profetizza qui il Servo sofferente, una figura messianica - che è stata immediatamente associata a Gesù - che soffrirà e darà la sua vita come espiazione per i peccati del popolo. E dall'altro lato, l'idea forte che, pur esponendo la sua vita alla morte ed essendo annoverato tra i peccatori, sarà esaltato: "Vedrà la luce... prolungherà i suoi anni": questo simboleggia la risurrezione come trionfo sulla morte e garanzia di vita eterna.

D'altra parte, Romani 4, 24-25 dice: "Noi crediamo in colui che è stato risuscitato dai morti, Gesù Cristo, nostro Signore, che è stato consegnato per i nostri peccati ed è stato risuscitato per la nostra giustificazione". Qui l'apostolo Paolo collega magistralmente la risurrezione di Gesù con la nostra giustificazione. Gesù è stato consegnato per i nostri peccati, ma è stato risuscitato per la nostra giustificazione. Cioè, la sua risurrezione conferma la sua opera di redenzione e il suo ruolo di Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo.

La relazione tra i due brani sta nel fatto che entrambi parlano della sofferenza, della morte e dell'esaltazione del Servo (Gesù). La risurrezione di Gesù non solo convalida la sua identità di Servo sofferente di Isaia, ma è anche una conferma del compimento della sua missione salvifica. Infatti, l'offerta di Gesù - in quanto Sommo Sacerdote eterno - è stata accettata dal Padre come sacrificio perfetto per i nostri peccati.

Le previsioni di Gesù sulla sua resurrezione

Matteo, in particolare, ci fornisce tre momenti cruciali in cui Gesù annuncia il suo destino e la sua risurrezione, e come i discepoli reagiscono a queste predizioni.

In Matteo 16, 21, Gesù inizia a svelare - mentre si dirigeva verso Gerusalemme-che affronterà la sofferenza, l'esecuzione e la risurrezione il terzo giorno. Questa prima predizione, sebbene chiara nei suoi termini, sembra aver confuso i discepoli, perché l'idea della sofferenza e della risurrezione non riesce a farsi strada nella loro mente.

La confusione persiste anche dopo la seconda predizione, narrata in Matteo 17,23. Dopo il meraviglioso evento rivelatorio sul Monte della Trasfigurazione, Gesù ripete il suo imminente destino, ma nonostante la maggiore familiarità con l'idea, nemmeno i tre più vicini a lui lo capiscono.

Nella terza predizione - Matteo 20:19 - Gesù aggiunge dettagli specifici sulla sua consegna ai Gentili e sul suo destino sulla croce. Tuttavia, anche con questo ulteriore chiarimento, i discepoli non comprendono ancora la realtà di ciò che Gesù sta annunciando loro.

Per questo Giovanni ci dice: "Fino ad allora, infatti, non avevano compreso la Scrittura che egli sarebbe risorto dai morti" (Gv 20,9). In effetti, i discepoli non compresero le Scritture e le predizioni di Gesù sulla sua risurrezione se non dopo gli eventi della risurrezione stessa. Nonostante le chiare predizioni di Gesù, i discepoli hanno compreso appieno il loro significato solo dopo la risurrezione. Solo allora cominciarono a capire come le Scritture si allineassero con le predizioni di Gesù sulla risurrezione.

Conclusione

La risurrezione di Gesù diventa la chiave ermeneutica che illumina l'intera Scrittura. Questa innovativa prospettiva interpretativa emerge dopo l'evento della risurrezione, che ha portato i discepoli a cercare testi scritturali che la supportassero. Inoltre, sebbene i riferimenti alla risurrezione siano pochi, i temi trattati - il regno eterno di Davide, l'incorruttibilità, il sacerdozio eterno di Melchisedec e la giustificazione - forniscono strumenti interpretativi che fungono da chiavi di lettura per numerosi passi dell'Antico Testamento.

L'autoreRafael Sanz Carrera

Dottore in Diritto Canonico

Per saperne di più
Vaticano

Il Vaticano rilascia il tanto atteso documento sulla dignità umana

Alla conferenza stampa di presentazione del documento, il cardinale Fernández ha commentato che spera che questo testo abbia le stesse ripercussioni della "Fiducia supplicans".

Andrea Acali-8 aprile 2024-Tempo di lettura: 9 minuti

È stata pubblicata la tanto attesa dichiarazione del Dicastero per la Dottrina della Fede.Dignitas infinitasul tema della dignità umana". Il prefetto, cardinale Fernandez, nella sua presentazione, ricorda che ci sono voluti cinque anni per preparare il documento, con una sostanziale modifica finale "per rispondere a una richiesta del Santo Padre, che ha esplicitamente esortato a focalizzare l'attenzione sulle attuali gravi violazioni della dignità umana nel nostro tempo, sulla scia dell'enciclica '...'.Fratelli tuttiIl dramma della povertà, la situazione dei migranti, la violenza contro le donne, il traffico di esseri umani e la guerra.

La Dichiarazione ricorda che «il rispetto della dignità di ciascuno e di tutti è la base imprescindibile per l’esistenza stessa di ogni società che si pretende fondata sul giusto diritto e non sulla forza del potere. Sulla base del riconoscimento della dignità umana si sostengono i diritti umani fondamentali, che precedono e fondano ogni civile convivenza. Ad ogni singola persona e, allo stesso tempo, ad ogni comunità umana spetta pertanto il compito della concreta e fattiva realizzazione della dignità umana, mentre agli Stati spetta non solo di tutelarla, ma anche di garantire quelle condizioni necessarie affinché essa possa fiorire nella promozione integrale della persona umana».

La Dichiarazione è strutturata in quattro parti: «Nelle prime tre, richiama fondamentali principi e presupposti teorici, al fine di offrire importanti chiarimenti che possono evitare le frequenti confusioni che si verificano nell’uso del termine “dignità”. Nella quarta parte, presenta alcune situazioni problematiche attuali in cui l’immensa e inalienabile dignità che spetta ad ogni essere umano non è adeguatamente riconosciuta. La denuncia di tali gravi e attuali violazioni della dignità umana è un gesto necessario, perché la Chiesa nutre la profonda convinzione che non si può separare la fede dalla difesa della dignità umana, l’evangelizzazione dalla promozione di una vita dignitosa, e la spiritualità dall’impegno per la dignità di tutti gli esseri umani».

La dignità umana

Il documento, che nasce in occasione del 75° anniversario della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, prima di tutto ricorda che «la dignità infinita» di ogni persona umana, fatta a immagine e somiglianza di Dio, è «inalienabilmente fondata nel suo stesso essere». È la «dignità ontologica» che «non può mai essere cancellata e resta valida al di là di ogni circostanza in cui i singoli possano venirsi a trovare». La Dichiarazione fa poi riferimento ad altri tre concetti di dignità: morale, sociale ed esistenziale, che possono venir meno ma non cancellano mai la dignità ontologica di ogni essere umano.

La Chiesa «proclama l’uguale dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalle loro qualità». Un annuncio basato su tre convinzioni: l’amore di Dio creatore; l’Incarnazione di Cristo; il destino dell’uomo chiamato alla comunione con Dio alla luce della Resurrezione. Tuttavia, la dignità umana può essere offuscata dal peccato: qui sta la risposta personale di ciascuno per far crescere e maturare la propria dignità, con il contributo decisivo della fede alla ragione.

Il documento del Dicastero richiama poi «alcuni principi essenziali che devono essere sempre onorati» della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e chiarisce degli equivoci che sono sorti intorno al concetto di dignità. Come la proposta di usare la definizione di dignità personale, che comporterebbe il riconoscimento di persona solo a chi è in grado di ragionare. La conseguenza sarebbe che non avrebbero dignità personale «il bambino non ancora nato e neppure l’anziano non autosufficiente, come neanche chi è portatore di disabilità mentale». La Chiesa, invece, insiste sul riconoscimento di una «dignità intrinseca» di ogni essere umano. Viene poi criticato l’abuso del concetto di dignità per «giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali non di rado posti in contrasto con il diritto fondamentale della vita come se si dovesse garantire la capacità di esprimere e di realizzare ogni preferenza individuale o desiderio soggettivo. La dignità s’identifica allora con una libertà isolata ed individualistica, che pretende di imporre come “diritti”, garantiti e finanziati dalla collettività, alcuni desideri e alcune propensioni che sono soggettivi. Ma la dignità umana non può essere basata su standard meramente individuali né identificata con il solo benessere psicofisico dell’individuo. La difesa della dignità dell’essere umano è fondata, invece, su esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall’arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che scaturiscono dal riconoscimento della dignità dell’altro e i corrispondenti diritti che ne derivano hanno dunque un contenuto concreto ed oggettivo, fondato sulla comune natura umana. Senza un tale riferimento oggettivo, il concetto di dignità viene di fatto assoggettato ai più diversi arbitrii, nonché agli interessi di potere».

Il documento ricorda che la dignità dell’essere umano comprende anche la capacità di assumersi degli obblighi verso gli altri e l’importanza della libertà, affrontando ciò che la condiziona, la limita e la oscura, come pure il tema del relativismo.

Durante la presentazione, Fernandez ha definito la dignità umana "un pilastro fondamentale dell'insegnamento cristiano". Il cardinale argentino si è basato sulla precedente dichiarazione sulle benedizioni, "Fiducia supplicans", che "ha avuto sette miliardi di visualizzazioni su Internet", citando un sondaggio che mostra che in Italia, tra gli under 35, 75% degli intervistati concordano con quel documento. "Quello di oggi è molto più importante e vorremmo che avesse lo stesso livello di impatto, perché il mondo ha bisogno di riscoprire le immense implicazioni della dignità umana". Ha chiarito, tuttavia, che queste parole non erano un'autodifesa dopo l'accesa polemica delle ultime settimane su "Fiducia supplicans".

Il prefetto ha evidenziato la «crescita nella comprensione della dignità da parte della Chiesa, fino ad arrivare al rifiuto totale della pena di morte, culmine della riflessione sull’inviolabilità della vita umana» e ha raccontato due aneddoti. Il primo sulla scelta del titolo: si era pensato a «Al di là di ogni circostanza», perché è la chiave per capire l’intera Dichiarazione ma poi si è scelta la citazione di un discorso ai disabili di Giovanni Paolo II nel 1980, durante il suo primo viaggio in Germania. L’altro è stato personale, quando durante un periodo personale difficile a Buenos Aires, in occasione della sua nomina a rettore dell’Università cattolica, Bergoglio gli disse «No, Tucho, alza la testa perché la tua dignità non te la possono togliere.

L’ultima sezione della Dichiarazione «affronta alcune concrete e gravi violazioni» della dignità umana, a cominciare dal «dramma della povertà», che non riguarda solo i Paesi ricchi e quelli poveri ma anche le disuguaglianze sociali: «Tutti siamo responsabili, sebbene in diversi gradi, di questa palese iniquità». Poi la guerra che «con la sua scia di distruzione e dolore attacca la dignità umana a breve e a lungo termine». Oltre a far riecheggiare l’appello «mai più la guerra», il documento ribadisce che «l’intima relazione che esiste tra fede e dignità umana rende contradittorio che la guerra sia fondata su convinzioni religiose».

Migranti

E ancora i migranti, «tra le prime vittime delle molteplici forme di povertà»: la loro accoglienza «è un modo importante e significativo di difendere l’inalienabile dignità di ogni persona umana». Anche la tratta di persone viene «annoverata quale violazione grave della dignità umana» e definita «crimine contro l’umanità»: «la Chiesa e l’umanità non devono rinunciare a lottare contro fenomeni quali commercio di organi e tessuti umani, sfruttamento sessuale di bambini e bambine, lavoro schiavizzato, compresa la prostituzione, traffico di droghe e di armi, terrorismo e crimine internazionale organizzato». Viene ribadito l’impegno della Chiesa a combattere la piaga degli abusi sessuali.

Violenza contro le donne

Grande rilievo viene dato alle violenze sulle donne: «Sono uno scandalo globale, che viene sempre di più riconosciuto. Se nelle parole si riconosce l’uguale dignità della donna, in alcuni Paesi le diseguaglianze tra donne e uomini sono gravissime ed anche nei Paesi maggiormente sviluppati e democratici la realtà sociale concreta testimonia il fatto che spesso non si riconosce alle donne la stessa dignità degli uomini». Oltre a condannare le varie discriminazioni, «tra le forme di violenza esercitate sulle donne, come non citare la costrizione all’aborto, che colpisce sia la madre che il figlio, così spesso per soddisfare l’egoismo dei maschi? E come non citare pure la pratica della poligamia?». «In questo orizzonte di violenza contro le donne, non si condannerà mai a sufficienza il fenomeno del femminicidio. Su questo fronte l’impegno dell’intera comunità internazionale deve essere compatto e concreto».

L'aborto

Viene poi ribadita la condanna senza esclusione dell’aborto, ricordando le parole di San Giovanni Paolo II nell’Evangelium Vitae e si ribadisce che «si dovrà affermare con ogni forza e chiarezza, anche nel nostro tempo, che questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano». A tale proposito, «merita di essere ricordato il generoso e coraggioso impegno di santa Teresa di Calcutta per la difesa di ogni concepito».

Maternità surrogata

Esplicita la condanna della «pratica della maternità surrogata, attraverso la quale il bambino, immensamente degno, diventa un mero oggetto»: «Viola, innanzitutto, la dignità del bambino» che ha «il diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, di avere un’origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e di ricevere il dono di una vita che manifesti, nello stesso tempo, la dignità di chi dona e di chi riceve. Il riconoscimento della dignità della persona umana comporta, inoltre, anche quello della dignità dell’unione coniugale e della procreazione umana in tutte le loro dimensioni. In questa direzione, il legittimo desiderio di avere un figlio non può essere trasformato in un “diritto al figlio” che non rispetta la dignità del figlio stesso come destinatario del dono gratuito della vita». Poi va contro «la dignità della donna stessa che ad essa è costretta o decide liberamente di assoggettarvisi. Con tale pratica, la donna si distacca del figlio che cresce in lei e diventa un semplice mezzo asservito al guadagno o al desiderio arbitrario di altri».

Eutanasia

Altro capitolo fondamentale è dedicato all’eutanasia, «caso particolare di violazione della dignità umana, che è più silenzioso ma che sta guadagnando molto terreno. Presenta la peculiarità di utilizzare un concetto errato di dignità umana per rivolgerlo contro la vita stessa». «È assai diffusa l’idea che l’eutanasia o il suicidio assistito siano coerenti con il rispetto della dignità della persona umana. Davanti a questo fatto, si deve ribadire con forza che la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è propria in modo intrinseco e inalienabile, ma può diventare occasione per rinsaldare i vincoli di una mutua appartenenza e per prendere maggiore coscienza della preziosità di ogni persona per l’umanità intera. Certamente la dignità del malato in condizioni critiche o terminali chiede a tutti sforzi adeguati e necessari per alleviare la sua sofferenza tramite opportune cure palliative ed evitando ogni accanimento terapeutico o intervento sproporzionato (…) Ma un tale sforzo è del tutto diverso, distinto, anzi contrario alla decisione di eliminare la propria o la vita altrui sotto il peso della sofferenza. La vita umana, anche nella condizione dolente, è portatrice di una dignità che va sempre rispettata, che non può essere perduta ed il cui rispetto rimane incondizionato». Concetti analoghi per l’assistenza alle persone disabili, vulnerabili, per le quali «è da favorire il più possibile una inclusione ed una partecipazione attiva alla vita sociale ed ecclesiale di tutti coloro che sono in qualche modo segnati da fragilità o disabilità».

Ideologia di genere

Una condanna esplicita riguarda la teoria del gender. Pur ribadendo il rispetto dovuto a ogni persona e la condanna di ogni discriminazione per l’orientamento sessuale, con l’appello a depenalizzare l’omosessualità nei Paesi in cui ancora è reato, la Dichiarazione «ricorda che la vita umana, in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali, è un dono di Dio, che va accolto con gratitudine e posto a servizio del bene. Voler disporre di sé, così come prescrive la teoria del gender, indipendentemente da questa verità basilare della vita umana come dono, non significa altro che cedere all’antichissima tentazione dell’essere umano che si fa Dio ed entrare in concorrenza con il vero Dio dell’amore rivelatoci dal Vangelo». La differenza sessuale, poi, è «non solo la più grande immaginabile, ma è anche la più bella e la più potente (…) il rispetto del proprio corpo e di quello degli altri è essenziale davanti al proliferare ed alle pretese di nuovi diritti avanzate dalla teoria del gender (…) Sono, dunque, da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna». In questo quadro, «qualsiasi intervento di cambio di sesso, di norma, rischia di minacciare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento. Questo non significa escludere la possibilità che una persona affetta da anomalie dei genitali già evidenti alla nascita o che si sviluppino successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica allo scopo di risolvere tali anomalie».

Violenza digitale

Infine, il documento prende in esame la violenza digitale, mettendo in guardia dalla creazione di un mondo in cui, favoriti dal progresso tecnologico, crescono lo sfruttamento, l’esclusione e la violenza: «Tali tendenze rappresentano un lato oscuro del progresso digitale. In questa prospettiva, se la tecnologia deve servire la dignità umana e non danneggiarla e se deve promuovere la pace piuttosto che la violenza, la comunità umana deve essere proattiva nell’affrontare queste tendenze nel rispetto della dignità umana e promuovere il bene».

Rispondendo a una domanda durante la presentazione, il cardinale ha infine affermato che l’inferno è compatibile con la libertà dell’uomo che Dio rispetta ma poi resta l’interrogativo che spesso si pone papa Francesco sulla possibilità che l’inferno sia vuoto.

L'autoreAndrea Acali

-Roma

Per saperne di più
Risorse

Testo in inglese della Dichiarazione "Dignitas infinita" sulla dignità umana

Testo della Dichiarazione Dignitas infinita sulla dignità umana presentato lunedì 8 aprile in Sala Stampa.

Maria José Atienza-8 aprile 2024-Tempo di lettura: 42 minuti

Di seguito è riportata la traduzione in spagnolo del testo della Dichiarazione. Dignitas infinita sulla dignità umana presentato questa mattina presso la Sala Stampa della Santa Sede.

Presentazione 

Nel Congresso del 15 marzo 2019, l'allora Congregazione per la Dottrina della Fede decise di avviare "la redazione di un testo che sottolinei l'indispensabilità del concetto di dignità della persona umana all'interno dell'antropologia cristiana e ne illustri la portata e le benefiche implicazioni a livello sociale, politico ed economico, tenendo conto degli ultimi sviluppi del tema in ambito accademico e delle sue ambivalenti comprensioni nel contesto attuale". Una prima bozza a questo proposito, elaborata con l'aiuto di alcuni esperti nel corso del 2019, è stata considerata insoddisfacente, in una Consultazione ristretta della Congregazione, l'8 ottobre dello stesso anno. 

La Sezione dottrinale ha elaborato ex novo un'altra bozza di testo, sulla base dei contributi di vari esperti. Questa bozza è stata presentata e discussa in una consultazione ristretta il 4 ottobre 2021. Nel gennaio 2022, la nuova bozza è stata presentata alla Sessione Plenaria della Congregazione, durante la quale i membri hanno abbreviato e semplificato il testo. 

Il 6 febbraio 2023, il nuovo testo corretto è stato valutato in una Consultazione ristretta che ha proposto alcune ulteriori modifiche. La nuova versione è stata presentata alle Sessioni Ordinarie del Dicastero (Fiera IV) il 3 maggio 2023. I membri hanno concordato che il documento, con alcune modifiche, potesse essere pubblicato. Il Santo Padre ha approvato la Deliberata di questa Fiera IV nel corso dell'Udienza concessami il 13 novembre 2023. In quell'occasione, mi chiese anche di evidenziare nel testo alcuni temi strettamente legati al tema della dignità, come il dramma della povertà, la situazione dei migranti, la violenza contro le donne, il traffico di esseri umani, la guerra e altri. Per onorare al meglio questa indicazione del Santo Padre, la Sezione Dottrinale del Dicastero ha dedicato un Congresso per approfondire la lettera enciclica Fratelli tutti, che offre un'analisi originale e un approfondimento del tema della dignità umana "al di là di ogni circostanza". 

Con lettera del 2 febbraio 2024, in vista della Fiera IV del 28 febbraio successivo, è stata inviata ai membri del Dicastero una nuova bozza del testo, notevolmente modificata, con la seguente precisazione: "Questa rielaborazione si è resa necessaria per rispondere a una specifica richiesta del Santo Padre. Il Santo Padre aveva esplicitamente richiesto di prestare maggiore attenzione alle gravi violazioni della dignità umana che si verificano attualmente nel nostro tempo, sulla scia dell'enciclica Fratelli tutti. La Sezione Dottrinale ha quindi provveduto a ridurre la parte iniziale [...] e ad approfondire quanto indicato dal Santo Padre". La Sessione Ordinaria del Dicastero ha infine approvato il testo della presente Dichiarazione il 28 febbraio 2024. Durante l'Udienza a me concessa, insieme al Segretario della Sezione Dottrinale, Mons. Armando Matteo, il 25 marzo 2024, il Santo Padre ha approvato la presente Dichiarazione e ne ha ordinato la pubblicazione. 

Il testo, che ha richiesto cinque anni di lavoro, ci permette di capire che siamo di fronte a un documento che, per la serietà e la centralità della questione della dignità nel pensiero cristiano, ha richiesto un notevole processo di maturazione per arrivare alla formulazione finale che oggi pubblichiamo. 

Nelle prime tre parti, la Dichiarazione richiama i principi fondamentali e i presupposti teorici per fornire importanti chiarimenti che possano evitare la frequente confusione nell'uso del termine "dignità". Nella quarta parte, presenta alcune situazioni problematiche attuali in cui l'immensa e inalienabile dignità di ogni essere umano non è adeguatamente riconosciuta. Denunciare queste gravi e continue violazioni della dignità umana è un gesto necessario, perché la Chiesa è profondamente convinta che la fede non possa essere separata dalla difesa della dignità umana, l'evangelizzazione dalla promozione di una vita dignitosa e la spiritualità dall'impegno per la dignità di tutti gli esseri umani. 

Questa dignità di tutti gli esseri umani può, infatti, essere intesa come "infinita" (dignitas infinita), come ha affermato San Giovanni Paolo II in un incontro con persone affette da alcune limitazioni o disabilità, per mostrare come la dignità di tutti gli esseri umani vada al di là di tutte le apparenze esterne o delle caratteristiche della vita concreta delle persone.

Papa Francesco, nell'enciclica Fratelli tutti, ha voluto sottolineare con particolare insistenza che questa dignità esiste "al di là di ogni circostanza", invitando tutti a difenderla in ogni contesto culturale, in ogni momento dell'esistenza di una persona, a prescindere da qualsiasi carenza fisica, psicologica, sociale o anche morale. In questo senso, la Dichiarazione si sforza di dimostrare che siamo di fronte a una verità universale, che tutti siamo chiamati a riconoscere, come condizione fondamentale perché le nostre società siano veramente giuste, pacifiche, sane e, in breve, autenticamente umane. 

L'elenco dei temi scelti dalla Dichiarazione non è certamente esaustivo. Tuttavia, i temi affrontati sono proprio quelli che ci permettono di esprimere vari aspetti della dignità umana che possono essere oscurati nella coscienza di molte persone oggi. Alcuni saranno facilmente condivisi da diversi settori delle nostre società, altri meno. Tuttavia, ci sembrano tutti necessari perché, nel loro insieme, aiutano a riconoscere l'armonia e la ricchezza del pensiero sulla dignità che scaturisce dal Vangelo.

Questa Dichiarazione non pretende di esaurire un tema così ricco e decisivo, ma intende fornire alcuni elementi di riflessione che ci aiutino a tenerlo presente nel complesso momento storico che stiamo vivendo, affinché, in mezzo a tante preoccupazioni e ansie, non ci si smarrisca e ci si esponga a sofferenze più laceranti e profonde. 

Víctor Manuel Card. Fernández 

Prefetto

Introduzione 

1. (Dignitas infinita) A ogni persona umana, al di là di ogni circostanza e in qualsiasi stato o situazione si trovi, appartiene una dignità infinita, che si fonda in modo inalienabile sul suo stesso essere. Questo principio, pienamente riconoscibile anche dalla sola ragione, è alla base del primato della persona umana e della tutela dei suoi diritti. La Chiesa, alla luce della Rivelazione, ribadisce e conferma in modo assoluto questa dignità ontologica della persona umana, creata a immagine e somiglianza di Dio e redenta in Cristo Gesù. Da questa verità trae le ragioni del suo impegno verso i più deboli e i meno capaci, insistendo sempre "sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza". 

2. Questa dignità ontologica e il valore unico ed eminente di ogni donna e di ogni uomo che esiste in questo mondo sono stati autorevolmente sanciti nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (10 dicembre 1948) dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Nel commemorare il 75° anniversario di questo documento, la Chiesa vede l'opportunità di proclamare ancora una volta la sua convinzione che, creato da Dio e redento da Cristo, ogni essere umano deve essere riconosciuto e trattato con rispetto e amore, proprio per la sua inalienabile dignità. Questo anniversario offre inoltre alla Chiesa l'opportunità di chiarire alcuni malintesi che spesso sorgono intorno alla dignità umana e di affrontare alcune questioni concrete, gravi e urgenti ad essa collegate.

3. Fin dall'inizio della sua missione, la Chiesa, spinta dal Vangelo, ha cercato di affermare la libertà e di promuovere i diritti di tutti gli esseri umani. Negli ultimi tempi, grazie alla voce dei Papi, ha cercato di formulare più esplicitamente questo impegno attraverso il rinnovato appello al riconoscimento della dignità fondamentale dovuta alla persona umana. San Paolo VI diceva che "nessuna antropologia è pari all'antropologia ecclesiale della persona umana, anche singolarmente considerata, per la sua originalità, dignità, intangibilità e ricchezza di diritti fondamentali, sacralità, educabilità, aspirazione al pieno sviluppo e all'immortalità". 

4. San Giovanni Paolo II, nel 1979, affermò durante la Terza Conferenza Episcopale Latinoamericana di Puebla: "La dignità umana è un valore evangelico che non può essere disatteso senza recare grave offesa al Creatore. Questa dignità è violata, a livello individuale, quando valori come la libertà, il diritto di professare la propria religione, l'integrità fisica e psicologica, il diritto ai beni essenziali, alla vita, non sono tenuti in debito conto. È violata, a livello sociale e politico, quando le persone non possono esercitare il loro diritto di partecipazione o sono sottoposte a coercizioni ingiuste e illegittime, o sono sottoposte a torture fisiche o psicologiche, ecc. [...] Se la Chiesa è presente nella difesa o nella promozione della dignità umana, lo fa in linea con la sua missione che, pur essendo di carattere religioso e non sociale o politico, non può non considerare l'uomo nell'integrità del suo essere".

5. Nel 2010, davanti alla Pontificia Accademia per la Vita, Benedetto XVI ha affermato che la dignità della persona è "un principio fondamentale che la fede in Gesù Cristo crocifisso e risorto ha sempre difeso, soprattutto quando non viene rispettata nei confronti dei soggetti più semplici e indifesi". In un'altra occasione, parlando agli economisti, ha detto che "l'economia e la finanza non esistono solo per se stesse; sono solo uno strumento, un mezzo. Il loro scopo è unicamente la persona umana e la sua piena realizzazione nella dignità. Questo è l'unico capitale da salvare". 

6. Fin dall'inizio del suo pontificato, Papa Francesco ha invitato la Chiesa a "confessare un Padre che ama infinitamente ogni essere umano" e a "scoprire che 'così facendo conferisce loro una dignità infinita'", sottolineando con forza che questa immensa dignità rappresenta un dato originario da riconoscere con lealtà e accettare con gratitudine. È proprio in questo riconoscimento e in questa accettazione che si può fondare una nuova convivenza tra gli esseri umani, che declini la socievolezza in un orizzonte di autentica fraternità: solo "riconoscendo la dignità di ogni persona umana, possiamo far nascere un desiderio mondiale di fratellanza tra tutti". Secondo Papa Francesco, "questa fonte della dignità umana e della fraternità si trova nel Vangelo di Gesù Cristo", ma è anche una convinzione a cui la ragione umana può arrivare attraverso la riflessione e il dialogo, poiché "in ogni situazione, la dignità degli altri deve essere rispettata, non perché non inventiamo o assumiamo la dignità degli altri, ma perché c'è davvero un valore in loro che trascende le cose materiali e le circostanze, e che richiede che siano trattati in modo diverso. Che ogni essere umano possieda una dignità inalienabile è una verità che risponde alla natura umana al di là di qualsiasi cambiamento culturale". Infatti, conclude Papa Francesco, "gli esseri umani hanno la stessa inviolabile dignità in ogni epoca della storia, e nessuno può sentirsi autorizzato dalle circostanze a negare questa convinzione o a non agire di conseguenza". In questa prospettiva, la sua enciclica Fratelli tutti è già una sorta di Magna Charta per gli attuali compiti di salvaguardia e promozione della dignità umana. 

Un chiarimento fondamentale 

7. Sebbene vi sia ormai un consenso abbastanza generale sull'importanza e persino sulla portata normativa della dignità e del valore unico e trascendente di ogni essere umano, l'espressione "dignità umana" corre spesso il rischio di prestarsi a molti significati e quindi a possibili equivoci e "contraddizioni che ci portano a chiederci se l'uguale dignità di tutti gli esseri umani [...], [sia] veramente riconosciuta, rispettata, protetta e promossa in ogni circostanza". Tutto ciò ci porta a riconoscere la possibilità di una quadruplice distinzione del concetto di dignità: dignità ontologica, dignità morale, dignità sociale e infine dignità esistenziale. Il significato più importante rimane, come si è sostenuto finora, quello legato alla dignità ontologica che corrisponde alla persona in quanto tale per il solo fatto di esistere e di essere stata voluta, creata e amata da Dio. Questa dignità non può mai essere eliminata e rimane valida al di là di tutte le circostanze in cui gli individui possono trovarsi. Quando parliamo di dignità morale, ci riferiamo, come abbiamo appena considerato, all'esercizio della libertà della creatura umana. Quest'ultima, pur essendo dotata di una coscienza, rimane sempre aperta alla possibilità di agire contro di essa. Così facendo, l'essere umano si comporta in modo "non degno" della sua natura di creatura amata da Dio e chiamata ad amare gli altri. Ma questa possibilità esiste. E non solo. La storia testimonia che l'esercizio della libertà contro la legge dell'amore rivelata dal Vangelo può raggiungere livelli incalcolabili di male inflitto agli altri. Quando ciò accade, ci troviamo di fronte a persone che sembrano aver perso ogni traccia di umanità, ogni traccia di dignità. A questo proposito, la distinzione qui introdotta ci aiuta a discernere con precisione tra l'aspetto della dignità morale, che di fatto può essere "persa", e l'aspetto della dignità ontologica, che non può mai essere annullata. Ed è proprio per questo 

Prospettive bibliche 

11. La rivelazione biblica insegna che tutti gli esseri umani possiedono una dignità intrinseca perché creati a immagine e somiglianza di Dio: "Dio disse: "Facciamo l'uomo a nostra immagine, a nostra somiglianza" [...] Così Dio creò l'uomo a sua immagine, a immagine di Dio lo creò; maschio e femmina li creò" (1 Corinzi 5:1).Gen 1, 2627). L'umanità ha una qualità specifica che la rende non riducibile alla pura materialità. L'"immagine" non definisce l'anima o le capacità intellettuali, ma la dignità dell'uomo e della donna. Entrambi, nel loro rapporto di uguaglianza e di amore reciproco, svolgono la funzione di rappresentare Dio nel mondo e sono chiamati a prendersi cura e a nutrire il mondo. Essere creati a immagine di Dio significa, quindi, possedere un valore sacro dentro di noi che trascende tutte le distinzioni sessuali, sociali, politiche, culturali e religiose. La nostra dignità è conferita, non rivendicata o meritata. Ogni essere umano è amato e custodito da Dio per il suo bene ed è quindi inviolabile nella sua dignità. Nella EsodoAl centro dell'Antico Testamento, Dio si mostra come colui che ascolta il grido dei poveri, vede la miseria del suo popolo, si prende cura degli ultimi e degli oppressi (cfr. Ex 3, 7; 22, 20-26). Lo stesso insegnamento compare di nuovo nel Codice deuteronomico (cfr. Dt 12-26): qui l'insegnamento sui diritti viene trasformato in un "manifesto" della dignità umana, in particolare a favore della triplice categoria dell'orfano, della vedova e dello straniero (cfr. Dt 24, 17). Gli antichi precetti della Esodo sono ricordati e attualizzati dalla predicazione dei profeti, che rappresentano la coscienza critica di Israele. I profeti Amos, Osea, Isaia, Michea e Geremia dedicano interi capitoli alla denuncia dell'ingiustizia. Amos rimprovera aspramente l'oppressione dei poveri, la mancanza di riconoscimento di una dignità umana fondamentale per i miserabili (cfr. Amos, Geremia e Osea). Am 2, 6-7; 4, 1; 5, 11-12). Isaia pronuncia una maledizione contro coloro che calpestano i diritti dei poveri, negando loro ogni giustizia: "Guai a coloro che stabiliscono decreti malvagi e pubblicano prescrizioni vessatorie, per opprimere i poveri nel giudizio e privare gli umili del mio popolo dei loro diritti" (È 10, 1-2). Questo insegnamento profetico è registrato nella letteratura sapienziale. Il Siracide equipara l'oppressione dei poveri all'omicidio: "uccide il suo prossimo chi lo deruba del suo sostentamento, chi non paga il salario al lavoratore sparge sangue" (Sì 34, 22). Nella SalmiIl rapporto religioso con Dio comporta la difesa dei deboli e dei bisognosi: "proteggi l'indifeso e l'orfano, rendi giustizia all'umile e al bisognoso, difendi il povero e l'indigente e liberalo dalle mani dei colpevoli" (Il sale 82, 3-4).

12. Gesù è nato e cresciuto in condizioni umili e ha rivelato la dignità dei bisognosi e dei lavoratori. Nel corso del suo ministero, Gesù ha affermato il valore e la dignità di tutti coloro che sono portatori dell'immagine di Dio, indipendentemente dal loro status sociale e dalle circostanze esterne. Gesù ha abbattuto le barriere culturali e cultuali, restituendo dignità agli "emarginati" o a coloro che sono considerati ai margini della società: gli esattori delle tasse (cfr. Mt 9, 10-11), le donne (cfr. Jn 4, 1-42), i bambini (cfr. Mc 10, 14-15), i lebbrosi (cfr. Mt 8, 2-3), gli ammalati (cfr. Mc 1, 29-34), gli stranieri (cf. Mt 25, 35), le vedove (cfr. Lc 7, 11-15). Egli guarisce, nutre, difende, libera, salva. È descritto come un pastore che si prende cura dell'unica pecorella smarrita (cfr. Mt 18, 12-14). Egli stesso si identifica con i suoi fratelli più piccoli: "Come avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, così avete fatto a me" (Lc 18, 12-14).Mt 25, 40). Nel linguaggio biblico, i "piccoli" non sono solo i bambini per età, ma gli indifesi, i più insignificanti, gli emarginati, gli oppressi, gli scartati, i poveri, gli emarginati, gli ignoranti, i malati, i degradati dai gruppi dominanti. Il Cristo glorioso giudicherà secondo l'amore per il prossimo, che consiste nell'aver assistito l'affamato, l'assetato, lo straniero, il nudo, l'ammalato, il carcerato, con i quali egli stesso si identifica (cfr. Mt 25, 34-36). Per Gesù, il bene fatto a ogni essere umano, indipendentemente dai legami di sangue o religiosi, è l'unico criterio di giudizio. L'apostolo Paolo afferma che ogni cristiano deve comportarsi secondo le esigenze della dignità e del rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani (cfr. Rm 13,8-10), secondo il nuovo comandamento della carità (cfr. 1 Co 13, 1-13).

13. Lo sviluppo del pensiero cristiano ha stimolato e successivamente accompagnato il progresso della riflessione umana sul tema della dignità. L'antropologia cristiana classica, basata sulla grande tradizione dei Padri della Chiesa, ha sottolineato la dottrina dell'essere umano creato a immagine e somiglianza di Dio e il suo ruolo unico nella creazione. Il pensiero cristiano medievale, esaminando criticamente l'eredità del pensiero filosofico antico, è giunto a una sintesi della nozione di persona, riconoscendo il fondamento metafisico della sua dignità, come attestano le seguenti parole di San Tommaso d'Aquino: "persona significa ciò che in ogni natura è più perfetto, ciò che sussiste nella natura razionale". Questa dignità ontologica, nella sua manifestazione privilegiata attraverso la libera azione umana, è stata poi sottolineata soprattutto dall'umanesimo cristiano del Rinascimento. Anche nelle opinioni di pensatori moderni come Cartesio e Kant, che hanno messo in discussione alcuni dei fondamenti dell'antropologia cristiana tradizionale, si percepiscono fortemente gli echi della Rivelazione. Partendo dalle riflessioni filosofiche più recenti sullo statuto della soggettività teorica e pratica, la riflessione cristiana ha poi accentuato ulteriormente la profondità del concetto di dignità, giungendo nel XX secolo a una prospettiva originale, come quella del personalismo. Questa prospettiva non solo riprende la questione della soggettività, ma la approfondisce in direzione dell'intersoggettività e delle relazioni che legano le persone umane tra loro. Anche l'approccio antropologico cristiano e contemporaneo si è arricchito del pensiero proveniente da quest'ultima visione. 

La difesa dei deboli e dei bisognosi: "Proteggi l'indifeso e l'orfano, rendi giustizia all'umile e al bisognoso, difendi il povero e l'indigente, liberali dalle mani dei colpevoli" (Sal 82,3-4). 

Tempi attuali 

14. Al giorno d'oggi, il termine "dignità" viene utilizzato principalmente per sottolineare il carattere unico della persona umana, incommensurabile rispetto agli altri esseri dell'universo. In questo contesto, si può comprendere il modo in cui il termine dignità viene utilizzato nella Dichiarazione delle Nazioni Unite del 1948, che parla di "dignità intrinseca e diritti uguali e inalienabili di tutti i membri della famiglia umana". Solo questo carattere inalienabile della dignità umana rende possibile parlare di diritti umani. 

15. Per chiarire ulteriormente il concetto di dignità, è importante notare che la dignità non viene concessa alla persona da altri esseri umani, sulla base di determinate doti e qualità, in modo da poterla eventualmente revocare. Se la dignità fosse concessa alla persona da altri esseri umani, allora sarebbe data in modo condizionato e alienabile, e il significato stesso della dignità (per quanto degna di grande rispetto) sarebbe esposto al rischio di essere abolito. In realtà, la dignità è intrinseca alla persona, non è conferita a posteriori, precede qualsiasi riconoscimento e non può essere persa. Pertanto, tutti gli esseri umani possiedono la stessa dignità intrinseca, indipendentemente dal fatto che siano o meno in grado di esprimerla adeguatamente. 

16. Per questo il Concilio Vaticano II parla della "eccelsa dignità della persona umana, della sua superiorità su tutte le cose e dei suoi diritti e doveri universali e inviolabili". Come ricorda l'incipit della Dichiarazione conciliare Dignitatis Humanae, "gli uomini del nostro tempo stanno diventando sempre più consapevoli della dignità della persona umana, e cresce il numero di coloro che chiedono che gli uomini nelle loro azioni godano e usino il proprio giudizio responsabile e la propria libertà, guidati da una coscienza del dovere e non mossi da coercizione". Questa libertà di pensiero e di coscienza, sia individuale che comunitaria, si basa sul riconoscimento della dignità umana "così come è conosciuta dalla parola di Dio rivelata e dalla stessa ragione naturale". Lo stesso magistero ecclesiale ha maturato, sempre più pienamente, il significato di questa dignità, insieme alle esigenze e alle implicazioni ad essa connesse, arrivando a comprendere che la dignità di ogni essere umano è tale al di là di ogni circostanza.

2. La Chiesa proclama, promuove e si fa garante della dignità umana. 

17. La Chiesa proclama l'uguale dignità di tutti gli esseri umani, indipendentemente dalla loro condizione di vita o dalla loro qualità di vita. Questa proclamazione si basa su una triplice convinzione che, alla luce della fede cristiana, conferisce un valore incommensurabile alla dignità umana e ne rafforza le esigenze intrinseche. 

Un'immagine indelebile di Dio 

18. Innanzitutto, secondo la Rivelazione, la dignità della persona umana deriva dall'amore del suo Creatore, che ha impresso in essa i tratti indelebili della sua immagine (cfr. Gen 1,26), chiamandola a conoscerlo, ad amarlo e a vivere in un rapporto di alleanza con Dio stesso e di fratellanza, giustizia e pace con tutti gli altri uomini e donne. In questa visione, la dignità non si riferisce solo all'anima, ma alla persona come unità inscindibile, e quindi inerente anche al suo corpo, che a suo modo partecipa all'immagine di Dio della persona umana ed è chiamato anch'esso a partecipare alla gloria dell'anima nella beatitudine divina. 

Cristo eleva la dignità dell'uomo 

19. Una seconda convinzione deriva dal fatto che la dignità della persona umana si è rivelata nella sua pienezza quando il Padre ha inviato suo Figlio che ha assunto pienamente l'esistenza umana: "il Figlio di Dio, nel mistero dell'Incarnazione, ha confermato la dignità del corpo e dell'anima che costituiscono l'essere umano". Così, unendosi in un certo modo a ogni essere umano attraverso la sua incarnazione, Gesù Cristo ha confermato che ogni essere umano possiede una dignità inestimabile, per il solo fatto di appartenere alla stessa comunità umana, e che questa dignità non potrà mai essere persa. Proclamando che il Regno di Dio appartiene ai poveri, agli umili, a coloro che sono disprezzati, a coloro che soffrono nel corpo e nello spirito; curando ogni tipo di malattia e di infermità, anche le più disumanizzanti come la lebbra; affermando che ciò che viene fatto a queste persone viene fatto a lui, perché egli è presente in queste persone, Gesù ha portato la grande novità del riconoscimento della dignità di ogni persona, anche e soprattutto di coloro che erano qualificati come "indegni". Questo nuovo principio della storia umana, per cui l'essere umano è tanto più "degno" di rispetto e di amore quanto più è debole, misero e sofferente, fino a perdere la propria "figura" umana, ha cambiato il volto del mondo, facendo nascere istituzioni che si occupano di persone in condizioni disumane: neonati abbandonati, orfani, anziani soli, malati di mente, persone con malattie incurabili o con gravi malformazioni e chi vive per strada. 

Una vocazione alla pienezza della dignità 

20. La terza convinzione riguarda il destino ultimo dell'essere umano: dopo la creazione e l'incarnazione, la risurrezione di Cristo ci rivela un ulteriore aspetto della dignità umana. Infatti, "la ragione più alta della dignità umana consiste nella vocazione dell'uomo all'unione con Dio", destinata a durare per sempre. Così, "la dignità [della vita umana] è legata non solo alle sue origini, alla sua origine divina, ma anche al suo fine, al suo destino di comunione con Dio nella sua conoscenza e nel suo amore". Alla luce di questa verità, Sant'Ireneo precisa e completa la sua esaltazione dell'uomo: "l'uomo che vive" è "la gloria di Dio", ma "la vita dell'uomo consiste nella visione di Dio"". 

21. Di conseguenza, la Chiesa crede e afferma che tutti gli esseri umani, creati a immagine e somiglianza di Dio e ricreati nel Figlio fatto uomo, crocifisso e risorto, sono chiamati a crescere sotto l'azione dello Spirito Santo per riflettere la gloria del Padre, a quella stessa immagine, partecipando alla vita eterna (cfr. Gv 10,15-16.17,22-24; 2 Cor 3,18; Ef 1,3-14). Infatti, "la Rivelazione [...] manifesta la dignità della persona umana in tutta la sua pienezza". 

L'impegno per la propria libertà 

22. Sebbene ogni essere umano possieda una dignità inalienabile e intrinseca fin dall'inizio della sua esistenza come dono irrevocabile, spetta alla sua scelta libera e responsabile esprimerla e manifestarla in pienezza o offuscarla. Alcuni Padri della Chiesa - come Sant'Ireneo o San Giovanni Damasceno - hanno operato una distinzione tra l'immagine e la somiglianza di cui si parla nella Genesi, permettendo così una visione dinamica della stessa dignità umana: l'immagine di Dio è affidata alla libertà dell'essere umano affinché, sotto la guida e l'azione dello Spirito, cresca la sua somiglianza con Dio e ciascuno raggiunga la sua massima dignità. Ogni persona è chiamata a manifestare sul piano esistenziale e morale l'orizzonte ontologico della propria dignità, nella misura in cui con la propria libertà si orienta verso il vero bene, come risposta all'amore di Dio. Così, nella misura in cui è creata a immagine di Dio, da un lato la persona umana non perde mai la sua dignità e non cessa di essere chiamata ad abbracciare liberamente il bene; dall'altro, nella misura in cui la persona umana risponde al bene, la sua dignità può manifestarsi, crescere e maturare liberamente, dinamicamente e progressivamente. Ciò significa che anche l'essere umano deve sforzarsi di essere all'altezza della propria dignità. È quindi comprensibile in che senso il peccato possa ferire e oscurare la dignità umana come atto contrario ad essa, ma allo stesso tempo non potrà mai cancellare il fatto che l'essere umano è creato a immagine di Dio. La fede, quindi, contribuisce in modo decisivo ad aiutare la ragione nella sua percezione della dignità umana e ad accettarne, consolidarne e chiarirne i tratti essenziali, come ha sottolineato Benedetto XVI: "senza l'aiuto correttivo della religione, anche la ragione può essere preda di distorsioni, come quando viene manipolata dalle ideologie o applicata in modo parziale a scapito della piena considerazione della dignità della persona umana. Dopo tutto, è stato questo abuso della ragione a causare la tratta degli schiavi e molti altri mali sociali, in particolare la diffusione delle ideologie totalitarie del XX secolo". 

3. La dignità, fondamento dei diritti e dei doveri umani 

23. Come ha già ricordato Papa Francesco, "nella cultura moderna, il riferimento più vicino al principio dell'inalienabile dignità della persona è la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, che San Giovanni Paolo II ha definito "una pietra miliare nel lungo e difficile cammino del genere umano" e "una delle più alte espressioni della coscienza umana". Per resistere ai tentativi di alterare o eliminare il significato profondo di questa Dichiarazione, vale la pena ricordare alcuni principi essenziali che devono essere sempre rispettati. 

Rispetto incondizionato della dignità umana 

24. In primo luogo, sebbene ci sia una crescente consapevolezza del tema della dignità umana, ci sono ancora oggi molti malintesi sul concetto di dignità, che ne distorcono il significato. Alcuni propongono che sia meglio usare il termine "dignità personale" (e diritti "della persona") piuttosto che "dignità umana" (e diritti "dell'uomo"), perché intendono la persona solo come "un essere capace di ragionare". Di conseguenza, sostengono che la dignità e i diritti si deducono dalla capacità di conoscenza e di libertà, di cui non tutti gli esseri umani sono dotati. Così, il bambino non nato non avrebbe dignità personale, né l'anziano incapace, né il disabile mentale. La Chiesa, al contrario, insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane "al di là di ogni circostanza", e il suo riconoscimento non può in alcun modo dipendere dal giudizio sulla capacità di una persona di comprendere e agire liberamente. Altrimenti, la dignità non sarebbe in quanto tale inerente alla persona, indipendente dai suoi condizionamenti e quindi meritevole di rispetto incondizionato. Solo riconoscendo la dignità intrinseca dell'essere umano, che non può mai essere persa, dal concepimento alla morte naturale, si può garantire a questa qualità un fondamento inviolabile e sicuro. Senza alcun riferimento ontologico, il riconoscimento della dignità umana oscillerebbe in balia di valutazioni diverse e arbitrarie. L'unica condizione, quindi, perché si possa parlare di dignità come inerente alla persona è che questa appartenga alla specie umana, per cui "i diritti della persona sono diritti umani". 

Un riferimento oggettivo per la libertà umana 

25. In secondo luogo, il concetto di dignità umana viene talvolta abusato anche per giustificare una moltiplicazione arbitraria di nuovi diritti, molti dei quali spesso contrari a quelli originariamente definiti e non di rado in contraddizione con il diritto fondamentale alla vita, come se si dovesse garantire la possibilità di esprimere e realizzare ogni preferenza o desiderio soggettivo individuale. La dignità viene quindi identificata con una libertà isolata e individualista, che cerca di imporre come "diritti", garantiti e finanziati dalla comunità, alcuni desideri e preferenze soggettive. Ma la dignità umana non può basarsi su standard meramente individuali, né può identificarsi unicamente con il benessere psicofisico dell'individuo. Al contrario, la difesa della dignità umana si basa sulle esigenze costitutive della natura umana, che non dipendono né dall'arbitrio individuale né dal riconoscimento sociale. I doveri che derivano dal riconoscimento della dignità altrui, e i corrispondenti diritti che ne derivano, hanno quindi un contenuto concreto e oggettivo basato sulla comune natura umana. Senza questo riferimento oggettivo, il concetto di dignità è infatti soggetto alle più diverse arbitrarietà e agli interessi del potere. 

La struttura relazionale della persona umana 

26. La dignità della persona umana, alla luce del carattere relazionale della persona, aiuta anche a superare la prospettiva riduttiva di una libertà autoreferenziale e individualista, che cerca di creare i propri valori senza tenere conto delle norme oggettive del bene e della relazione con gli altri esseri viventi. Sempre più spesso, infatti, si rischia di limitare la dignità umana alla capacità di prendere decisioni discrezionali su se stessi e sul proprio destino, indipendentemente da quello degli altri, senza tener conto dell'appartenenza alla comunità umana. In una concezione così errata della libertà, doveri e diritti non possono riconoscersi reciprocamente per prendersi cura l'uno dell'altro. In realtà, come ci ricorda San Giovanni Paolo II, la libertà è posta "al servizio della persona e della sua realizzazione attraverso il dono di sé e l'accoglienza degli altri". Tuttavia, quando la libertà viene assolutizzata in senso individualistico, viene svuotata del suo contenuto originario e contraddice la sua stessa vocazione e dignità". 

27. La dignità dell'essere umano comprende quindi anche la capacità, insita nella stessa natura umana, di assumere obblighi verso gli altri.

28. La differenza tra l'essere umano e gli altri esseri viventi, evidenziata dal concetto di dignità, non deve far dimenticare la bontà degli altri esseri creati, che esistono non solo in relazione all'uomo, ma anche con un valore proprio e quindi come doni affidati da salvaguardare e nutrire. Così, mentre il concetto di dignità è riservato all'essere umano, la bontà creaturale del resto del cosmo deve essere affermata allo stesso tempo. Come ha sottolineato Papa Francesco: "Proprio per la sua dignità unica e perché dotato di intelligenza, l'essere umano è chiamato a rispettare la creazione con le sue leggi interne [...]: 'Ogni creatura possiede la propria bontà e perfezione [...] Le varie creature, custodite nel proprio essere, riflettono, ciascuna a suo modo, un raggio dell'infinita sapienza e bontà di Dio. Per questo motivo, l'uomo deve rispettare la bontà propria di ogni creatura per evitare un uso disordinato delle cose". Inoltre, "oggi siamo obbligati a riconoscere che è possibile sostenere solo un "antropocentrismo situato". Vale a dire, riconoscere che la vita umana è incomprensibile e insostenibile senza altre creature". Da questa prospettiva, "non è irrilevante per noi che tante specie stiano scomparendo, che la crisi climatica stia mettendo in pericolo la vita di tanti esseri". Infatti, fa parte della dignità dell'uomo prendersi cura dell'ambiente, tenendo conto in particolare di quell'ecologia umana che preserva la sua stessa esistenza. 

La liberazione dell'essere umano dai condizionamenti morali e sociali. 

29. Questi prerequisiti di base, per quanto necessari, non sono sufficienti a garantire la crescita della persona in coerenza con la sua dignità. Anche se "Dio ha creato l'uomo razionale conferendogli la dignità di persona dotata di iniziativa e di controllo sulle proprie azioni" in vista del bene, il libero arbitrio spesso preferisce il male al bene. Per questo la libertà umana ha bisogno di essere liberata a sua volta. Nella lettera ai Galati, "per la libertà Cristo ci ha liberati" (Gal 5, 1), San Paolo ricorda il compito proprio di ogni cristiano, sulle cui spalle grava una responsabilità di liberazione che si estende al mondo intero (cfr. Rm 8, 19ss). È una liberazione che, dal cuore di ciascuno, è chiamata a diffondersi e a manifestare la sua forza umanizzante in tutte le relazioni. 

30. La libertà è un dono meraviglioso di Dio. Anche quando ci attira con la sua grazia, Dio lo fa in modo tale che la nostra libertà non venga mai violata. Sarebbe quindi un grave errore pensare che, lontano da Dio e dal suo aiuto, possiamo essere più liberi e quindi sentirci più degni. Se non è separata dal suo Creatore, la nostra libertà può solo indebolirsi e oscurarsi. Lo stesso vale se la libertà viene immaginata come indipendente da qualsiasi riferimento diverso da sé e ogni relazione con una verità precedente viene percepita come una minaccia. Di conseguenza, viene meno anche il rispetto per la libertà e la dignità degli altri. Così ha spiegato Papa Benedetto XVI: "Una volontà che si ritiene radicalmente incapace di cercare la verità e il bene non ha ragioni e motivi oggettivi per agire, ma solo quelli che provengono dai suoi interessi momentanei e passeggeri; non ha una "identità" da custodire e costruire attraverso scelte veramente libere e consapevoli. Non può, quindi, pretendere il rispetto di altre "volontà", anch'esse scollegate dal suo essere più profondo, che possono far prevalere altre "ragioni" o addirittura nessuna "ragione". L'illusione di trovare nel relativismo morale la chiave della convivenza pacifica è in realtà l'origine della divisione e della negazione della dignità degli esseri umani". 

31. Inoltre, sarebbe irrealistico affermare una libertà astratta, libera da qualsiasi condizionamento, contesto o limite. Al contrario, "il corretto esercizio della libertà personale richiede determinate condizioni economiche, sociali, giuridiche, politiche e culturali", che spesso non sono soddisfatte. In questo senso, possiamo dire che alcuni sono più "liberi" di altri. Papa Francesco si è soffermato in particolare su questo punto: "Alcuni nascono in famiglie benestanti, ricevono una buona educazione, crescono ben nutriti, o possiedono capacità naturalmente eccezionali. Certamente non avranno bisogno di uno Stato attivo e chiederanno solo libertà. Ma ovviamente la stessa regola non vale per una persona disabile, per chi è nato in una famiglia estremamente povera, per chi è cresciuto con un'istruzione di scarsa qualità e con poche possibilità di curare adeguatamente le proprie malattie. Se la società è governata principalmente dai criteri della libertà di mercato e dell'efficienza, non c'è posto per loro e la fraternità sarà solo un'altra espressione romantica". È quindi indispensabile capire che "la liberazione dall'ingiustizia promuove la libertà e la dignità umana" a tutti i livelli e in tutte le relazioni dell'agire umano. Perché sia possibile un'autentica libertà "dobbiamo riportare la dignità umana al centro e costruire su questo pilastro le strutture sociali alternative di cui abbiamo bisogno". Allo stesso modo, la libertà è spesso oscurata da numerosi condizionamenti psicologici, storici, sociali, educativi e culturali. La libertà reale e storica ha sempre bisogno di essere "liberata". E anche il diritto fondamentale alla libertà religiosa deve essere riaffermato. 

32. Allo stesso tempo, è chiaro che la storia umana mostra progressi nella comprensione della dignità e della libertà umana, ma non senza ombre e pericoli di regressione. Ne è testimonianza la crescente aspirazione - anche grazie all'influenza cristiana, che continua a essere un lievito anche in una società sempre più secolarizzata - a sradicare il razzismo, la schiavitù e l'emarginazione di donne, bambini, malati e disabili. Ma questo arduo cammino è lungi dall'essere concluso. 

4. Alcune gravi violazioni della dignità umana 

33. Alla luce delle riflessioni fatte finora sulla centralità della dignità umana, quest'ultima sezione della Dichiarazione affronta alcune concrete e gravi violazioni della dignità umana. Lo fa nello spirito del magistero della Chiesa, che ha trovato la sua piena espressione nel magistero degli ultimi Papi, come già ricordato. Papa Francesco, ad esempio, non si stanca di invocare il rispetto della dignità umana: "Ogni essere umano ha il diritto di vivere con dignità e di svilupparsi integralmente, e questo diritto fondamentale non può essere negato da nessun Paese. Lo ha anche se è inefficiente, anche se nasce o cresce con dei limiti. Perché questo non mina la sua immensa dignità di persona umana, che non si basa sulle circostanze ma sul valore del suo essere. Quando questo principio elementare non viene salvaguardato, non c'è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell'umanità. D'altra parte, egli non manca mai di segnalare a tutti le violazioni concrete della dignità umana nel nostro tempo, chiamando ciascuno di noi a un sussulto di responsabilità e di impegno attivo. 

34. Nell'evidenziare alcune delle numerose violazioni della dignità umana nel nostro mondo contemporaneo, possiamo ricordare ciò che il Concilio Vaticano II ha insegnato a questo proposito. Si deve riconoscere che si oppone alla dignità umana "tutto ciò che minaccia la vita - l'omicidio di qualsiasi tipo, il genocidio, l'aborto, l'eutanasia e persino il suicidio deliberato". È contrario alla nostra dignità anche "tutto ciò che viola l'integrità della persona umana, come mutilazioni, torture morali o fisiche, tentativi sistematici di dominare le menti altrui". E infine, "qualsiasi cosa offenda la dignità umana, come le condizioni di vita subumane, la detenzione arbitraria, la deportazione, la schiavitù, la prostituzione, la tratta di donne e bambini, o le condizioni di lavoro degradanti che riducono il lavoratore al rango di mero strumento di profitto, senza rispettare la libertà e la responsabilità della persona umana". È necessario menzionare anche la questione della pena di morte: anche quest'ultima viola la dignità inalienabile di ogni essere umano, indipendentemente da qualsiasi circostanza. Al contrario, bisogna riconoscere che "il fermo rifiuto della pena di morte mostra fino a che punto sia possibile riconoscere l'inalienabile dignità di ogni essere umano e accettare che abbia un posto in questo universo. Infatti, se non lo nego a

36. Uno dei fenomeni che maggiormente contribuisce alla negazione della dignità di tanti esseri umani è l'estrema povertà, legata all'ineguale distribuzione della ricchezza. Come già sottolineato da San Giovanni Paolo II, "una delle più grandi ingiustizie del mondo contemporaneo consiste proprio in questo: che relativamente pochi possiedono molto e molti non possiedono quasi nulla. È l'ingiustizia della cattiva distribuzione di beni e servizi originariamente destinati a tutti". Inoltre, sarebbe illusorio fare una distinzione superficiale tra "Paesi ricchi" e "Paesi poveri". Benedetto XVI ha già riconosciuto che "la ricchezza mondiale cresce in termini assoluti, ma aumentano anche le disuguaglianze. Nei Paesi ricchi, nuove categorie sociali si impoveriscono e nascono nuove forme di povertà. Nelle aree più povere, alcuni gruppi godono di una sorta di sovrasviluppo dispendioso e consumistico, che contrasta in modo inaccettabile con situazioni persistenti di miseria disumanizzante". Continua ad esserci "lo scandalo delle disparità dolorose", in cui la dignità dei poveri è doppiamente negata, sia dalla mancanza di risorse disponibili per soddisfare i loro bisogni primari, sia dall'indifferenza con cui sono trattati da coloro che vivono accanto a loro. 

37. Quindi, con Papa Francesco dobbiamo concludere che "la ricchezza è aumentata, ma con disuguaglianza, e quindi quello che succede è che "nascono nuove forme di povertà". Quando si dice che il mondo moderno ha ridotto la povertà, lo si fa misurandola con criteri di altre epoche che non possono essere confrontati con la realtà di oggi". Di conseguenza, la povertà si diffonde "in molteplici modi, come ad esempio nell'ossessione di ridurre il costo del lavoro, senza rendersi conto delle gravi conseguenze che ciò provoca, perché la disoccupazione che si produce ha l'effetto diretto di allargare le frontiere della povertà". Tra questi "effetti distruttivi dell'impero del denaro", bisogna riconoscere che "non c'è povertà peggiore di quella che priva le persone del lavoro e della dignità del lavoro". Se alcune persone nascono in un Paese o in una famiglia in cui hanno minori opportunità di sviluppo, bisogna riconoscere che ciò è in contrasto con la loro dignità, che è esattamente la stessa di chi nasce in una famiglia ricca o in un Paese ricco. Siamo tutti responsabili, anche se in misura diversa, di questa evidente disuguaglianza. 

La guerra 

Un'altra tragedia che nega la dignità umana è quella causata dalla guerra, oggi come in ogni tempo: "guerre, attentati, persecuzioni per motivi razziali o religiosi, e tante altre offese alla dignità umana [...] si stanno "moltiplicando dolorosamente in molte regioni del mondo, fino ad assumere le forme di quella che potrei definire una 'terza guerra mondiale a tappe'". Con la sua scia di distruzione e di dolore, la guerra è un attacco alla dignità umana a breve e a lungo termine: "pur riaffermando il diritto inalienabile alla legittima autodifesa, così come la responsabilità di proteggere coloro la cui esistenza è minacciata, dobbiamo ammettere che la guerra è sempre una "sconfitta dell'umanità". Nessuna guerra vale le lacrime di una madre che ha visto il proprio figlio mutilato o ucciso; nessuna guerra vale la perdita della vita, anche di una sola persona umana, un essere sacro, creato a immagine e somiglianza del Creatore; nessuna guerra vale l'avvelenamento della nostra casa comune; e nessuna guerra vale la disperazione di coloro che sono costretti a lasciare la propria patria e sono privati, da un momento all'altro, della loro casa e di tutti i legami familiari, amicali, sociali e culturali che sono stati costruiti, a volte per generazioni". Tutte le guerre, per il fatto stesso di contraddire la dignità umana, sono "conflitti che non risolvono i problemi, ma li aumentano". Questo è tanto più grave nel nostro tempo, quando è diventato normale che tanti civili innocenti muoiano fuori dal campo di battaglia. 

39. Di conseguenza, anche oggi la Chiesa non può non fare proprie le parole dei Papi, ripetendo con San Paolo VI: "Mai e poi mai la guerra! Mai e poi mai la guerra!", e chiedendo, con San Giovanni Paolo II, "in nome di Dio e in nome dell'uomo: Non uccidete! Non preparate gli uomini alla distruzione e allo sterminio! Pensate ai vostri fratelli e sorelle che soffrono la fame e la miseria! Rispettate la dignità e la libertà di ciascuno di loro! Questo è il grido della Chiesa e di tutta l'umanità, specialmente nel nostro tempo. Infine, Papa Francesco sottolinea che "non possiamo pensare alla guerra come soluzione, perché i rischi saranno probabilmente sempre maggiori dell'ipotetica utilità che le si attribuisce. Di fronte a questa realtà, è molto difficile oggi sostenere i criteri razionali elaborati in altri secoli per parlare di una possibile "guerra giusta". Mai più guerra! Poiché l'umanità ricade spesso negli stessi errori del passato, "per costruire la pace è necessario abbandonare la logica della legittimità della guerra". L'intimo rapporto tra fede e dignità umana rende contraddittorio fondare la guerra su convinzioni religiose: "chi invoca il nome di Dio per giustificare il terrorismo, la violenza e la guerra non segue il cammino di Dio: la guerra in nome della religione è una guerra contro la religione stessa".

Lavoro migrante 

40. I migranti sono tra le prime vittime delle molteplici forme di povertà. Non solo la loro dignità è negata nei loro Paesi, ma la loro stessa vita è messa a rischio perché non hanno i mezzi per creare una famiglia, per lavorare o per nutrirsi. Una volta arrivati nei Paesi che dovrebbero essere in grado di accoglierli, "non sono considerati abbastanza degni di partecipare alla vita sociale come chiunque altro, e si dimentica che hanno la stessa dignità intrinseca di qualsiasi altra persona. [...] Non si dirà mai che non sono umani, ma in pratica, dalle decisioni e dal modo in cui vengono trattati, si esprime che sono considerati meno preziosi, meno importanti, meno umani". È quindi sempre urgente ricordare che "ogni migrante è una persona umana che, in quanto tale, possiede diritti fondamentali inalienabili che devono essere rispettati da tutti e in ogni situazione". La loro accoglienza è un modo importante e significativo per difendere "l'inalienabile dignità di ogni persona umana indipendentemente dall'origine, dal colore o dalla religione". 

Tratta di persone 

41. Anche la tratta di esseri umani deve essere considerata una grave violazione della dignità umana. Non è una novità, ma il suo sviluppo assume dimensioni tragiche e sotto gli occhi di tutti, e Papa Francesco l'ha denunciato in termini particolarmente forti: "Riaffermo che la "tratta di esseri umani" è un'attività ignobile, una vergogna per le nostre società che si considerano civili. Gli sfruttatori e i clienti, a tutti i livelli, dovrebbero fare un serio esame di coscienza davanti a se stessi e a Dio! La Chiesa rinnova oggi il suo forte appello a difendere sempre la dignità e la centralità di ogni persona, nel rispetto dei diritti fondamentali, come sottolineato dalla sua dottrina sociale, e chiede che i diritti siano realmente estesi, laddove non sono riconosciuti, a milioni di uomini e donne in tutti i continenti. In un mondo in cui si parla tanto di diritti, quante volte la dignità umana viene di fatto oltraggiata! In un mondo in cui si parla tanto di diritti, sembra che il denaro sia l'unica cosa ad avere diritti. Cari fratelli e sorelle, viviamo in un mondo in cui il denaro la fa da padrone. Viviamo in un mondo, in una cultura dove regna il feticismo del denaro". 

42. Per queste ragioni, la Chiesa e l'umanità non devono abbandonare la lotta contro fenomeni come "il commercio di organi e tessuti umani, lo sfruttamento sessuale dei bambini, il lavoro schiavo, compresa la prostituzione, il traffico di droga e di armi, il terrorismo e la criminalità organizzata internazionale". L'ampiezza di queste situazioni e il tributo che stanno avendo su vite innocenti sono tali che dobbiamo evitare qualsiasi tentazione di cadere in un nominalismo dichiarativo che ha un effetto tranquillizzante sulle coscienze. Dobbiamo fare in modo che le nostre istituzioni siano veramente efficaci nella lotta contro tutti questi flagelli. Di fronte a forme così diverse e brutali di negazione della dignità umana, dobbiamo essere sempre più consapevoli che "la tratta di esseri umani è un crimine contro l'umanità". Essa nega la dignità umana nella sostanza in almeno due modi: "sfigura l'umanità della vittima, offendendo la sua libertà e dignità. Ma, allo stesso tempo, disumanizza chi la compie". 

Abuso sessuale 

43. La profonda dignità intrinseca dell'essere umano nella sua totalità di mente e corpo ci permette anche di capire perché ogni abuso sessuale lascia profonde cicatrici nel cuore di coloro che lo subiscono: essi sono, infatti, feriti nella loro dignità umana. È una "sofferenza che può durare tutta la vita e alla quale nessun pentimento può porre rimedio". Questo fenomeno è diffuso nella società, colpisce anche la Chiesa e rappresenta un grave ostacolo alla sua missione". Da qui il suo impegno incrollabile per porre fine a tutte le forme di abuso, partendo dall'interno. 

Violenza contro le donne 

44. La violenza contro le donne è uno scandalo globale sempre più riconosciuto. Sebbene a parole si riconosca la pari dignità della donna, in alcuni Paesi le disuguaglianze tra donne e uomini sono molto gravi, e anche nei Paesi più sviluppati e democratici la realtà sociale concreta testimonia che spesso alle donne non viene riconosciuta la stessa dignità degli uomini. Papa Francesco sottolinea questo fatto quando afferma che "l'organizzazione delle società di tutto il mondo è ancora lontana dal riflettere chiaramente che le donne hanno esattamente la stessa dignità e gli stessi diritti degli uomini. Si afferma una cosa a parole, ma le decisioni e la realtà gridano un altro messaggio. È un fatto che "doppiamente povere sono le donne che subiscono situazioni di esclusione, abuso e violenza, perché spesso sono meno in grado di difendere i propri diritti". 

45. Già San Giovanni Paolo II riconosceva che "molto resta da fare perché l'essere donna e madre non comporti discriminazioni. È urgente raggiungere ovunque l'effettiva uguaglianza dei diritti umani e quindi la parità di retribuzione a parità di lavoro, la protezione della lavoratrice-madre, l'equo avanzamento di carriera, l'uguaglianza dei coniugi nel diritto di famiglia, il riconoscimento di tutto ciò che comporta i diritti e i doveri del cittadino in un regime democratico". Le disuguaglianze in questi ambiti sono forme diverse di violenza. Ha inoltre ricordato che "è tempo di condannare con determinazione, utilizzando gli adeguati strumenti legislativi di difesa, le forme di violenza sessuale che spesso prendono di mira le donne. In nome del rispetto della persona, non possiamo inoltre non denunciare la diffusa cultura edonistica e commerciale che promuove lo sfruttamento sistematico della sessualità, portando le ragazze anche in giovanissima età a cadere in ambienti corrotti e a fare un uso mercenario del proprio corpo". Tra le forme di violenza esercitate sulle donne, come non citare la costrizione all'aborto, che colpisce sia la madre che il bambino, così spesso per soddisfare l'egoismo degli uomini? E come non citare anche la pratica della poligamia che - come ci ricorda il Catechismo della Chiesa Cattolica - è contraria alla pari dignità della donna e dell'uomo ed è anche contraria all'"amore coniugale che è unico ed esclusivo"? 

46. In questo contesto di violenza contro le donne, il fenomeno del femminicidio non sarà mai sufficientemente condannato. Su questo fronte, l'impegno di tutta la comunità internazionale deve essere solido e concreto, come ha ribadito Papa Francesco: "L'amore per Maria deve aiutarci a generare atteggiamenti di riconoscimento e di gratitudine verso le donne, verso le nostre madri e le nostre nonne che sono un baluardo della vita nelle nostre città. Quasi sempre portano avanti la vita in silenzio. È il silenzio e la forza della speranza. Grazie per la vostra testimonianza [...] ma guardando alle madri e alle nonne, voglio invitarvi a lottare contro una piaga che colpisce il nostro continente americano: i numerosi casi di femminicidio. E dietro tanti muri. Vi invito a lottare contro questa fonte di sofferenza chiedendo la promozione di una legislazione e di una cultura di ripudio di ogni forma di violenza". 

L'aborto 

47. La Chiesa non cessa di ricordare che "la dignità di ogni essere umano è intrinseca e vale dal momento del concepimento fino alla morte naturale. Proprio l'affermazione di questa dignità è il presupposto indispensabile per la tutela dell'esistenza personale e sociale, nonché la condizione necessaria per la realizzazione della fraternità e dell'amicizia sociale tra tutti i popoli della terra". Sulla base di questo valore intangibile della vita umana, il magistero della Chiesa si è sempre espresso contro l'aborto. A questo proposito, San Giovanni Paolo II scrive: "Tra tutti i crimini che l'uomo può commettere contro la vita, l'aborto procurato ha caratteristiche che lo rendono particolarmente grave e ignominioso [...] Oggi, tuttavia, la percezione della sua gravità si è progressivamente affievolita nella coscienza di molti. L'accettazione dell'aborto nella mentalità, nei costumi e nella stessa legge è un chiaro segno di una pericolosissima crisi del senso morale, sempre più incapace di distinguere tra bene e male, anche quando è in gioco il diritto fondamentale alla vita. Di fronte a una situazione così grave, occorre più che mai il coraggio di guardare in faccia la verità e di chiamare le cose con il loro giusto nome, senza cedere a compromessi di comodo o alla tentazione dell'autoinganno. A questo proposito, risuona categorico il rimprovero del Profeta: "Guai a coloro che chiamano il male bene e il bene male; che danno le tenebre per luce e la luce per tenebre" (Is 5,20). Proprio nel caso dell'aborto si assiste alla diffusione di una terminologia ambigua, come "interruzione di gravidanza", che tende a nascondere la sua vera natura e ad attenuarne la gravità nell'opinione pubblica. Forse proprio questo fenomeno linguistico è sintomo di un malessere delle coscienze. Ma nessuna parola può cambiare la realtà delle cose: l'aborto procurato è l'eliminazione deliberata e diretta, comunque effettuata, di un essere umano nella fase iniziale della sua esistenza, dal concepimento alla nascita". I bambini che nasceranno "sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana per farne ciò che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo una legislazione affinché nessuno possa impedirlo". Si deve quindi affermare con forza e chiarezza assoluta, anche nel nostro tempo, che "questa difesa della vita non nata è intimamente legata alla difesa di ogni diritto umano. Essa presuppone la convinzione che l'essere umano è sempre sacro e inviolabile, in ogni situazione e in ogni fase dello sviluppo. È un fine in sé e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se questa convinzione cade, non rimangono basi solide e permanenti per difendere i diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze circostanziali dei potenti di turno. La ragione è sufficiente a riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se guardiamo anche dalla prospettiva della fede, "ogni violazione della dignità personale dell'essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come un'offesa al Creatore dell'uomo". Merita di essere ricordato l'impegno generoso e coraggioso di Santa Teresa di Calcutta in difesa di ogni concepito. 

Maternità surrogata 

48. La Chiesa si schiera anche contro la pratica della maternità surrogata, per cui il bambino, immensamente degno, viene trasformato in un mero oggetto. A questo proposito, le parole di Papa Francesco sono estremamente chiare: "il cammino verso la pace richiede il rispetto della vita, di ogni vita umana, a cominciare da quella del bambino non ancora nato nel grembo materno, che non può essere soppressa o trasformata in un prodotto commerciale. A questo proposito, considero deplorevole la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che offende gravemente la dignità della donna e del bambino e si basa sullo sfruttamento del bisogno materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l'oggetto di un contratto. Chiedo quindi alla comunità internazionale di impegnarsi per un divieto universale di questa pratica. 

49. La pratica della maternità surrogata viola, innanzitutto, la dignità del bambino. Infatti, ogni bambino, dal momento del concepimento e della nascita, e poi man mano che cresce e diventa adulto, possiede una dignità intangibile che si esprime chiaramente, anche se in modo unico e differenziato, in ogni fase della sua vita. Il bambino ha quindi diritto, in virtù della sua inalienabile dignità, ad avere un'origine pienamente umana e non artificialmente indotta, e a ricevere il dono di una vita che manifesti, allo stesso tempo, la dignità di chi la dà e di chi la riceve. Il riconoscimento della dignità della persona umana implica anche il riconoscimento della dignità dell'unione coniugale e della procreazione umana in tutte le sue dimensioni. In questo senso, il legittimo desiderio di avere un figlio non può diventare un "diritto al figlio" che non rispetta la dignità del bambino stesso come destinatario del dono gratuito della vita.  

50. La pratica della maternità surrogata viola, allo stesso tempo, la dignità della donna stessa, che vi è costretta o sceglie liberamente di sottoporvisi. Con questa pratica, la donna si dissocia dal bambino che cresce in lei e diventa un mero mezzo al servizio del profitto o del desiderio arbitrario di altri. Ciò è in totale contrasto con la dignità fondamentale di ogni essere umano e con il suo diritto a essere riconosciuto sempre per se stesso e mai come strumento per qualcos'altro. 

Eutanasia e suicidio assistito 

51. Esiste un caso particolare di violazione della dignità umana, più silenzioso ma che sta prendendo piede. Ha la particolarità di utilizzare un'idea sbagliata della dignità umana per rivolgerla contro la vita stessa. Questa confusione, oggi molto diffusa, emerge quando si parla di eutanasia. Ad esempio, le leggi che riconoscono la possibilità di praticare l'eutanasia o il suicidio assistito vengono talvolta definite "leggi sulla morte con dignità". È diffusa la convinzione che l'eutanasia o il suicidio assistito siano compatibili con il rispetto della dignità della persona umana. A fronte di questo dato di fatto, va ribadito con forza che la sofferenza non fa perdere al malato quella dignità che gli è intrinsecamente e irrinunciabilmente propria, ma può diventare un'occasione per rafforzare i legami di reciproca appartenenza e per prendere coscienza di quanto ogni persona sia preziosa per l'intera umanità. 

52. Infatti, la dignità della persona malata, in condizioni critiche o terminali, richiede che tutti compiano gli sforzi opportuni e necessari per alleviare le sue sofferenze attraverso adeguate cure palliative ed evitando qualsiasi accanimento terapeutico o intervento sproporzionato. Queste cure rispondono al "dovere costante di comprendere i bisogni della persona malata: il bisogno di assistenza, di sollievo dal dolore, i bisogni emotivi, affettivi e spirituali". Ma tale sforzo è totalmente diverso, differente, addirittura contrario alla decisione di eliminare la propria vita o quella degli altri sotto il peso della sofferenza. La vita umana, anche nella sua condizione dolorosa, è portatrice di una dignità che va sempre rispettata, che non può venire meno e il cui rispetto rimane incondizionato. Non esistono, infatti, condizioni in assenza delle quali la vita umana cessi di essere dignitosa e possa quindi essere soppressa: "la vita ha la stessa dignità e lo stesso valore per ogni persona: il rispetto per la vita degli altri è lo stesso che si deve alla propria esistenza". Aiutare il suicida a togliersi la vita è quindi un'offesa oggettiva alla dignità della persona che lo chiede, anche se realizza il suo desiderio: "dobbiamo accompagnare la morte, ma non provocare la morte o assistere qualsiasi forma di suicidio". Ricordo che il diritto alla cura e all'assistenza per tutti deve essere sempre privilegiato, affinché i più deboli, in particolare gli anziani e i malati, non vengano mai scartati. La vita è un diritto, non la morte, che va accolta, non procurata. E questo principio etico riguarda tutti, non solo i cristiani o i credenti". Come già detto, la dignità di ogni persona, per quanto debole o sofferente, implica la dignità di tutti.

Lo scarto delle persone con disabilità 

53. Un criterio per verificare la reale attenzione alla dignità di ogni persona è, ovviamente, l'attenzione riservata ai più svantaggiati. Purtroppo i nostri tempi non si distinguono per questa attenzione: anzi, si sta affermando una cultura dello scarto. Per contrastare questa tendenza, la condizione di coloro che sono fisicamente o mentalmente disabili merita un'attenzione e una cura particolari. Questa condizione di particolare vulnerabilità, così rilevante nei racconti evangelici, mette universalmente in discussione cosa significhi essere una persona umana, proprio a partire da uno stato di carenza o di disabilità. La questione dell'imperfezione umana ha anche chiare implicazioni dal punto di vista socio-culturale, poiché in alcune culture le persone con disabilità subiscono talvolta l'emarginazione, se non l'oppressione, essendo trattate come veri e propri "reietti". In realtà, ogni essere umano, qualunque sia la sua condizione di vulnerabilità, riceve la sua dignità per il fatto stesso di essere voluto e amato da Dio. Per queste ragioni, occorre favorire il più possibile l'inclusione e la partecipazione attiva alla vita sociale ed ecclesiale di tutti coloro che sono in qualche modo segnati da fragilità o disabilità. 

54. In una prospettiva più ampia, va ricordato che "la carità, cuore dello spirito della politica, è sempre un amore preferenziale per gli ultimi, che sta dietro a tutte le azioni svolte a favore dei poveri [...] "occuparsi della fragilità, della fragilità dei popoli e delle persone. Occuparsi della fragilità significa forza e tenerezza, lotta e fecondità, in mezzo a un modello funzionalista e privatistico che porta inesorabilmente a una 'cultura dell'usa e getta'. [Significa farsi carico del presente nella sua situazione più marginale e angosciante, e riuscire a dargli dignità". Questo genera certamente un'intensa attività, perché "dobbiamo fare di tutto per salvaguardare la condizione e la dignità della persona umana". 

Teoria del genere 

55. La Chiesa desidera soprattutto "ribadire che ogni persona, indipendentemente dal suo orientamento sessuale, deve essere rispettata nella sua dignità e accolta con rispetto, avendo cura di evitare "ogni segno di ingiusta discriminazione", e in particolare ogni forma di aggressione e violenza". Per questo motivo, va denunciato come contrario alla dignità umana il fatto che in alcuni luoghi, non poche persone vengano imprigionate, torturate e persino private del bene della vita, solo a causa del loro orientamento sessuale. 

56. Allo stesso tempo, la Chiesa sottolinea gli elementi critici decisivi presenti nella teoria del gender. A questo proposito, Papa Francesco ha ricordato: "la via della pace richiede il rispetto dei diritti umani, secondo la semplice ma chiara formulazione contenuta nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, di cui abbiamo recentemente celebrato il 75° anniversario. Si tratta di principi razionalmente evidenti e comunemente accettati. Purtroppo, i tentativi degli ultimi decenni di introdurre nuovi diritti, non del tutto compatibili con quelli originariamente definiti e non sempre accettabili, hanno dato luogo a colonizzazioni ideologiche, tra cui spicca la teoria del gender, estremamente pericolosa perché cancella le differenze nella sua pretesa di uguagliare tutti". 

57. Riguardo alla teoria del gender, la cui consistenza scientifica è molto discussa nella comunità degli esperti, la Chiesa ricorda che la vita umana, in tutte le sue componenti, fisiche e spirituali, è un dono di Dio, da accogliere con gratitudine e mettere al servizio del bene. Voler disporre di sé, come prescrive la teoria del gender, senza tener conto di questa verità fondamentale della vita umana come dono, non significa altro che cedere all'antica tentazione dell'essere umano di diventare Dio ed entrare in competizione con il vero Dio dell'amore rivelatoci dal Vangelo.

58. Un secondo aspetto della teoria del gender è che pretende di negare la più grande differenza possibile tra gli esseri viventi: la differenza sessuale. Questa differenza costitutiva non è solo la più grande immaginabile, ma anche la più bella e la più potente: realizza, nella coppia uomo-donna, la più ammirevole reciprocità ed è, quindi, la fonte di quel miracolo che non smette mai di stupirci, che è l'arrivo di nuovi esseri umani nel mondo. 

59. In questo senso, il rispetto per il proprio corpo e per quello degli altri è essenziale di fronte alla proliferazione e alla rivendicazione di nuovi diritti avanzata dalla teoria del gender. Questa ideologia "presenta una società senza differenze di sesso e svuota il fondamento antropologico della famiglia". È quindi inaccettabile che "certe ideologie di questo tipo, che pretendono di rispondere a certe aspirazioni talvolta comprensibili, cerchino di imporsi come un unico modo di pensare che determina persino l'educazione dei bambini". Non va ignorato che "il sesso biologico (sex) e il ruolo socio-culturale del sesso (gender) possono essere distinti ma non separati". Va quindi respinto ogni tentativo di nascondere il riferimento all'evidente differenza sessuale tra uomo e donna: "non possiamo separare ciò che è maschile e femminile dall'opera creata da Dio, che è precedente a tutte le nostre decisioni ed esperienze, dove ci sono elementi biologici che è impossibile ignorare". Solo quando ogni persona umana può riconoscere e accettare questa differenza nella reciprocità è in grado di scoprire pienamente se stessa, la sua dignità e la sua identità. 

Riassegnazione di genere 

60. La dignità del corpo non può essere considerata inferiore a quella della persona in quanto tale. Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci invita espressamente a riconoscere che "il corpo umano partecipa alla dignità di 'immagine di Dio'". Tale verità merita di essere ricordata soprattutto quando si parla di cambiamento di sesso. Infatti, l'essere umano è inseparabilmente composto da corpo e anima, e il corpo è il luogo vivo in cui l'interiorità dell'anima si dispiega e si manifesta, anche attraverso la rete delle relazioni umane. Costituendo l'essere della persona, anima e corpo condividono quindi quella dignità che caratterizza ogni essere umano. In questo senso, va ricordato che il corpo umano partecipa alla dignità della persona, in quanto dotato di significati personali, soprattutto nella sua condizione sessuale. È nel corpo, infatti, che ogni persona si riconosce come generata da altri, ed è attraverso il corpo che un uomo e una donna possono stabilire una relazione d'amore capace di generare altre persone. Sulla necessità di rispettare l'ordine naturale della persona umana, Papa Francesco insegna che "ciò che è creato ci precede e deve essere ricevuto come un dono. Allo stesso tempo, siamo chiamati a custodire la nostra umanità, e questo significa innanzitutto accettarla e rispettarla così come è stata creata". Quindi ogni operazione di cambiamento di sesso, come regola generale, rischia di minare la dignità unica che la persona ha ricevuto fin dal momento del concepimento. Ciò non significa che sia esclusa la possibilità che una persona affetta da anomalie genitali, già evidenti alla nascita o che si sviluppano successivamente, possa scegliere di ricevere assistenza medica con l'obiettivo di risolvere tali anomalie. In questo caso, l'operazione non costituirebbe un cambiamento di sesso nel senso qui inteso. 

Violenza digitale 

61. Il progresso delle tecnologie digitali, pur offrendo molte possibilità per la promozione della dignità umana, tende sempre più a creare un mondo in cui lo sfruttamento, l'esclusione e la violenza sono in aumento e possono persino minare la dignità della persona umana. Basti pensare a quanto sia facile, attraverso questi mezzi di comunicazione, mettere in pericolo la buona reputazione di qualsiasi persona con notizie false e calunnie. A questo proposito, Papa Francesco sottolinea che "non è salutare confondere la comunicazione con il semplice contatto virtuale. Infatti, l'ambiente digitale è anche un territorio di solitudine, manipolazione, sfruttamento e violenza, fino al caso estremo del dark web. I media digitali possono esporre le persone al rischio di dipendenza, isolamento e progressiva perdita di contatto con la realtà concreta, ostacolando lo sviluppo di relazioni interpersonali autentiche. Attraverso i social media si diffondono nuove forme di violenza, ad esempio il cyber-bullismo; il web è anche un canale di diffusione della pornografia e dello sfruttamento delle persone a fini sessuali o attraverso il gioco d'azzardo". Ed è così che, laddove crescono le possibilità di connessione, paradossalmente il mondo intero si trova in realtà sempre più isolato e impoverito nelle relazioni interpersonali: "nella comunicazione digitale tutto vuole essere mostrato e ogni individuo diventa oggetto di sguardi che sondano, spogliano e divulgano, spesso in modo anonimo. Il rispetto per l'altro si frantuma e in questo modo, nello stesso momento in cui lo spiazzo, lo ignoro e lo tengo lontano, posso invadere spudoratamente la sua vita fino all'estremo". Queste tendenze rappresentano il lato oscuro del progresso digitale. 

62. In questa prospettiva, se la tecnologia deve servire la dignità umana e non danneggiarla, e se deve promuovere la pace piuttosto che la violenza, la comunità umana deve essere proattiva nell'affrontare queste tendenze nel rispetto della dignità umana e per promuovere il bene: "In questo mondo globalizzato, "i mezzi di comunicazione possono aiutarci a sentirci più vicini gli uni agli altri, a percepire un rinnovato senso di unità nella famiglia umana, e a essere spinti alla solidarietà e a un serio impegno per una vita più dignitosa per tutti. [...] Possono aiutarci in questo compito, soprattutto oggi che le reti di comunicazione umana hanno raggiunto livelli di sviluppo senza precedenti. In particolare, Internet può offrire maggiori possibilità di incontro e di solidarietà tra tutti; e questo è un bene, è un dono di Dio. Ma è necessario verificare costantemente che le attuali forme di comunicazione ci guidino effettivamente all'incontro generoso, alla ricerca sincera di tutta la verità, al servizio, alla vicinanza agli ultimi, al compito di costruire il bene comune". 

Conclusione 

63. Nel 75° anniversario della promulgazione della Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo (1948), Papa Francesco ha ribadito che questo documento "è come una strada maestra, sulla quale sono stati fatti tanti passi avanti, ma tanti ne mancano ancora, e a volte, purtroppo, si torna indietro. L'impegno per i diritti umani non finisce mai! A questo proposito, sono vicino a tutti coloro che, senza proclami, nella vita concreta di ogni giorno lottano e pagano di persona per difendere i diritti di chi non conta". 

64. È in questo spirito, con la presente Dichiarazione, che la Chiesa esorta vivamente a porre il rispetto della dignità della persona umana, al di là di ogni circostanza, al centro dell'impegno per il bene comune e di ogni ordinamento giuridico. Infatti, il rispetto della dignità di ogni persona è la base indispensabile per l'esistenza stessa di qualsiasi società che pretenda di essere fondata sul diritto giusto e non sulla forza del potere. È sulla base del riconoscimento della dignità umana che vengono sostenuti i diritti umani fondamentali, che precedono e sono alla base di ogni convivenza civile. 

65. Ogni singola persona e, allo stesso tempo, ogni comunità umana ha, quindi, il compito di realizzare concretamente ed effettivamente la dignità umana, mentre spetta agli Stati non solo proteggerla, ma anche garantire le condizioni necessarie perché essa fiorisca nella promozione integrale della persona umana: "nell'attività politica si deve ricordare che "al di là di ogni apparenza, ogni persona è immensamente sacra e merita il nostro affetto e la nostra dedizione"". 

66. Anche oggi, di fronte a tante violazioni della dignità umana che minacciano seriamente il futuro dell'umanità, la Chiesa non cessa di incoraggiare la promozione della dignità di ogni persona umana, indipendentemente dalle sue qualità fisiche, mentali, culturali, sociali e religiose. Lo fa nella speranza, certa della forza che scaturisce da Cristo risorto, che ha già portato alla sua definitiva pienezza la dignità integrale di ogni uomo e donna. Questa certezza diventa un appello nelle parole di Papa Francesco a ciascuno di noi: "Chiedo a ogni persona in questo mondo di non dimenticare quella dignità che nessuno ha il diritto di toglierle". 

Il Sommo Pontefice Francesco, nell'Udienza concessa al sottoscritto Prefetto insieme al Segretario della Sezione Dottrinale del Dicastero per la Dottrina della Fede il 25 marzo 2024, ha approvato la presente Dichiarazione, decisa nella Sessione Ordinaria di questo Dicastero il 28 febbraio 2024, e ne ha ordinato la pubblicazione. 

Dato a Roma, presso il Dicastero per la Dottrina della Fede, il 2 aprile 2024, 19° anniversario della morte di San Giovanni Paolo II. 

Víctor Manuel Card. Fernández 

Iniziative

Dr. Chiclana: "Approfondiamo la solitudine e il sacerdozio".

La solitudine è stata percepita da molti sacerdoti come la seconda sfida, dopo la vita spirituale, e il principale rischio per la loro vita emotiva, secondo una ricerca dello psichiatra Carlos Chiclana e dei suoi collaboratori Laura García-Borreguero e Raquel López Hernández. Ora, il dottor Chiclana conferma una nuova ricerca su "solitudine e sacerdozio".  

Francisco Otamendi-8 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

La solitudine è stata diagnosticata come uno dei grandi mali di oggi, al punto da costituire un'epidemia che Covid-19 ha accentuato. È probabile che la solitudine compaia nelle prime ricerche dello psichiatra Carlos Chiclana sugli aspetti affettivi della vita sacerdotale. E così è stato.

Il tuo studio 2022/2023 ha descritto le "sfide, i rischi e le opportunità della vita affettiva del sacerdote", a cui hanno partecipato più di 130 sacerdoti, diaconi e seminaristi di varie diocesi e istituzioni della Chiesa cattolica, con 605 risposte aperte e 1039 idee diverse classificate in vari temi.

"Abbiamo fatto una ricerca qualitativa con cinque domande aperte su quali sfide sembravano più significative per la vita affettiva di un sacerdote, quali rischi apprezzavano, quali opportunità vedevano, cosa li ha aiutati in particolare nella loro formazione sull'affettività e cosa hanno mancato nella formazione e ora sentono che li avrebbe aiutati", ha spiegato a Omnes.

Sfida e rischio per l'affettività

A seguito del lavoro, appena pubblicato nel numero di febbraio di Scripta Theologica, il dottor Chiclana ha dichiarato a Omnes che "sono state generate nuove ipotesi di ricerca sulla solitudine dei sacerdoti". 

"L'hanno definita una sfida ed è stato il rischio principale a cui hanno fatto riferimento (per la loro affettività), ma non sappiamo se si riferissero alla solitudine fisica dovuta all'isolamento che possono avere, alla solitudine affettiva dovuta al fatto di non sentirsi amati, alla solitudine istituzionale dovuta alla mancanza di supporto, alla solitudine psicologica dovuta al fatto di avere un sistema di attaccamento insicuro, alla solitudine pastorale dovuta all'eccesso di compiti, sociali o emotivi".

Nella stessa intervista, lo psichiatra ha anche sottolineato che "potrebbe essere che non approfittino della solitudine propria del celibe per coltivare lì il loro particolare e complice rapporto con Dio, una sfera intima in cui corteggiarlo".

Tra i rischi citati nello studio vi sono anche limiti psicologici personali, possibili dipendenze emotive o carenze morali. Si parla anche di trascurare la vita spirituale personale a causa di un'elevata occupazione di tempo, di un'eccessiva dedizione pastorale e di un distacco affettivo come strategia di difesa.

Uno studio specifico

Carlos Chiclana ha poi annunciato che "a breve inizieremo uno studio specifico sulla solitudine dei sacerdoti, con l'intenzione di conoscere meglio ciò che li preoccupa e di proporre strumenti pratici per risolverlo". E lo studio è appena iniziato.

Finora, aggiunge Chiclana, gli studi incentrati sui sacerdoti hanno trovato fattori protettivi per ridurre questa solitudine, come vivere in comunità, avere una vita spirituale ben curata, avere il sostegno di altri sacerdoti, avere una buona rete sociale (amicizia generale e con altri sacerdoti), prendersi cura della propria salute e poter riposare, e altri ancora.

Amare tutti dall'intimità

Sempre a gennaio, il medico specialista ha lanciato un libro intitolato "Celibato. Godetevi il vostro dono", pubblicato da Ediciones Día Diez. A suo avviso, guardando al sottotitolo del libro, si può affermare che il celibato, "essendo un dono che permette di amare tutto, tutti e tutto, dovrebbe essere un fattore protettivo contro la solitudine, perché la vita del celibe è chiamata a essere costantemente abitata da molte persone, senza che nessuna di esse rimanga nella tua "casa interiore" o che tu rimanga esclusivamente in una di esse".

"Tuttavia, ha una proporzione di solitudine che è necessario tollerare e che allo stesso tempo facilita l'ingresso in quella sfera in cui si può essere soli con Dio, in quella relazione spirituale esclusiva. "Siete un sacerdote, non un allenatore, non un operatore di ONG, non un agente sociale".

Il primo studio ha raccolto anche informazioni sugli aspetti che i sacerdoti ritenevano mancanti e che sarebbero stati utili per il loro sviluppo personale. Hanno indicato, ad esempio, che avrebbero voluto ricevere una formazione migliore. Altri si sono detti soddisfatti e non hanno sentito la mancanza di nulla, mentre alcuni avrebbero apprezzato una maggiore attenzione alla spiritualità e ai bisogni psicologici.

Chi desidera partecipare allo studio su "solitudine e sacerdozio" può completarlo scansionando il seguente codice QR:

L'autoreFrancisco Otamendi

Mondo

Esperti e politici chiedono l'abolizione della maternità surrogata

L'incontro, che ha visto la partecipazione di rappresentanti del Vaticano e delle Nazioni Unite e il sostegno di importanti femministe, ha chiesto di vietare una pratica che viola i diritti fondamentali di donne e bambini.

María Candela Temes-8 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

I leader della "Dichiarazione di Casablanca" si sono riuniti questo fine settimana a Roma per continuare a lavorare per l'abolizione universale della maternità surrogata. La conferenza di due giorni ha riunito nella capitale italiana politici, rappresentanti di organizzazioni internazionali, accademici e femministe per portare nel dibattito pubblico come la maternità surrogata violi la dignità umana.

La conferenza è stata preceduta giovedì scorso da un'udienza privata di Papa Francesco con i principali organizzatori dell'incontro: il giurista franco-cileno Bernard García Larraín, la giurista uruguaiana Sofía Maruri e la portavoce Olivia MaurelIl Romano Pontefice li ha incoraggiati nel loro lavoro e li ha invitati a non perdere il senso dell'umorismo. Il Romano Pontefice li ha incoraggiati nel loro lavoro e li ha invitati a non perdere il senso dell'umorismo.

La presenza di voci di spicco

Il sostegno del Vaticano è stato confermato dalla presenza al congresso di Miroslaw Wachowski, sottosegretario della Sezione per gli Stati e le Organizzazioni Internazionali della Segreteria di Stato della Santa Sede, che ha aperto l'incontro con un appello forte e chiaro a difendere la dignità di donne e bambini.

Oltre a monsignor Wachowski, sono intervenuti Eugenia Roccella, Ministro italiano per la Famiglia, la Natalità e le Pari Opportunità, Velina Todorova, membro del Comitato ONU per i Diritti del Fanciullo, e Reem Alsalem, Relatrice Speciale ONU sulla Violenza contro le Donne e le Ragazze. Nei loro interventi hanno sottolineato che, sebbene la maternità surrogata non sia regolamentata in molti Paesi, è necessario affrontare i danni che può causare ai diritti umani e il rischio di commercializzazione che rappresenta.

Olivia Maurel ha portato una testimonianza toccante e potente, in cui ha condiviso la sua storia personale, segnata da un passato di depressione, alcolismo e tentativi di suicidio che hanno trovato una spiegazione solo quando ha scoperto le sue origini e di essere nata da una donna diversa da sua madre attraverso la pratica della maternità surrogata. Olivia, sposata e madre di tre figli, è diventata un'attivista di spicco che chiede ai poteri politici e alle organizzazioni internazionali di intervenire con maggiore decisione per evitare che storie di dolore come la sua si ripetano.

La Dichiarazione di Casablanca, che lavora per un trattato internazionale che vieti la maternità surrogata, cerca un sostegno trasversale a tutti i livelli ed è riuscita a riunire importanti figure femministe come la svedese Kajsa Ekis Ekman, la tedesca Birgit Kelle e l'austriaca Eva Maria Bachinger.

Che cos'è la Dichiarazione di Casablanca?

Come sottolineano i suoi promotori, il ".Dichiarazione di Casablanca per l'abolizione universale della maternità surrogata", reso pubblico a Casablanca (Marocco) il 3 marzo 2023, è stato firmato da 100 esperti di 75 nazionalità. L'obiettivo del testo è quello di impegnare gli Stati ad adottare misure contro la maternità surrogata in tutte le sue forme e modalità, sia a pagamento che non.

Papa Francesco, nel suo discorso al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede l'8 gennaio, è stato categorico nel rifiutare la pratica della maternità surrogata: "Considero deplorevole la pratica della cosiddetta maternità surrogata, che offende gravemente la dignità della donna e del bambino, e si basa sullo sfruttamento della situazione di bisogno materiale della madre. Un bambino è sempre un dono e mai l'oggetto di un contratto. Chiedo quindi alla comunità internazionale di impegnarsi per la proibizione universale di questa pratica". Le parole del Romano Pontefice hanno portato la questione alla ribalta di numerosi media e sono state di grande incoraggiamento per i promotori di Casablanca.

L'autoreMaría Candela Temes

Per saperne di più
Stati Uniti

L'aborto negli Stati Uniti: chi lo facilita e chi difende la vita?

La legislazione degli Stati Uniti varia da Stato a Stato e questo ha un impatto particolare sulla questione dell'aborto. A seconda del territorio, l'interruzione di gravidanza è vietata o liberamente disponibile.

Paloma López Campos-8 aprile 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il complesso quadro legislativo degli Stati Uniti fa sì che le leggi degli aborto non sono unificate. Ogni Stato della nazione ha una legge diversa quando si tratta di difendere (o attaccare) la vita.

Quando la Corte Suprema ha dichiarato che l'aborto non è un diritto costituzionale, i meccanismi di ogni territorio hanno iniziato a muoversi per emanare leggi diverse. Mentre alcune leggi sono state adattate per difendere la vita, altri Stati hanno cercato di diventare "luoghi sicuri" per le donne, proteggendo l'aborto e rendendolo più facile da praticare.

La Florida è uno degli ultimi Stati a fare un vero passo avanti. Dal 1° maggio l'aborto sarà vietato a partire dalle 6 settimane di gravidanza, cioè dal momento in cui è possibile rilevare il battito cardiaco del feto. Tuttavia, in Florida c'è anche un'iniziativa che potrebbe annullare completamente questo passo avanti e che, se approvata, blinderà il "diritto" all'aborto in tutto lo Stato.

Stati pro-vita

Molti siti web pubblicizzano gli Stati in cui l'aborto è liberamente disponibile. Al contrario, ecco un elenco di Stati in cui la legislazione difende la vita e rende illegale l'aborto:

-Idaho

-Dakota del Nord

-Sud Dakota

-Texas

-Missouri

-Louisiana

-Mississippi

-Alabama

-Arkansas

-Oklahoma

-Tennessee

-Kentucky

-Indiana

-Virginia Occidentale

L'aborto in cifre

Il 25 marzo, il Pew Research Center ha pubblicato un rapporto sulla rapporto con dati statistici sull'aborto negli Stati Uniti. Alcune cifre non sono aggiornate: ad esempio, l'ultimo anno per il quale sono disponibili dati sul numero di aborti a livello nazionale è il 2020, quando si sono verificati 930.160 aborti negli Stati Uniti.

Nonostante ciò, la tendenza nell'uso di questi interventi è in calo dagli anni '90, con un leggero aumento dall'anno della pandemia. Questo dato è indicato sia dall'organizzazione Guttmacher che dai Centri statunitensi per il controllo e la prevenzione delle malattie.

Per quanto riguarda il tipo di aborto, più della metà viene effettuato con farmaci, mentre gli interventi sono meno comuni. Questo perché è il metodo meno invasivo durante il primo trimestre, quando la maggior parte delle donne vuole interrompere la gravidanza. D'altra parte, le cliniche forniscono un maggior numero di aborti rispetto agli ospedali, dove vengono eseguite circa 3 % delle interruzioni di gravidanza, sia con farmaci che con interventi.

Il Pew Research Center rileva che la maggior parte delle donne che chiedono l'aborto ha vent'anni. Inoltre, l'87 % delle madri che abortiscono non sono sposate.

L'aborto nelle elezioni

In vista delle elezioni che si terranno negli Stati Uniti alla fine del 2024, i due candidati più chiacchierati, Donald Trump e Joe Biden, fanno spesso riferimento alla questione dell'aborto. Mentre il primo sostiene che il suo mandato difenderà la vita, il secondo insiste che si batterà per i "diritti riproduttivi" delle donne.

È interessante notare questa differenza tra i due politici, poiché gli Stati che più sostengono Trump, da parte repubblicana, sono quelli in cui l'aborto è solitamente perseguito, mentre i territori che votano per Biden, da parte democratica, vogliono che l'aborto sia un diritto costituzionale.

Il dibattito è aperto e sembra destinato ad emergere costantemente per tutto il 2024, anche a livello locale, man mano che ogni Stato apporta modifiche in modo indipendente.

Per saperne di più
Mondo

I nuovi Annuari della Santa Sede gettano luce sui trend della Chiesa nel mondo

Aumentano dell’1% i cattolici battezzati nel mondo, raggiungendo quota 1 miliardo e 390 milioni. Cala leggermente il numero dei sacerdoti mentre aumentano del 2% a livello globale i diaconi permanenti.  

Giovanni Tridente-8 aprile 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Gli Annuari statistici della Santa Sede, l'"Annuarium Statisticum Ecclesiae 2022" e l'"Annuario Pontificio 2024", appena pubblicati dalla Santa Sede. Tipografia vaticanacome sempre, offrono un interessante spaccato dell'evoluzione della Chiesa cattolica nel mondo. Questi volumi, pubblicati dall'Ufficio Centrale di Statistica della Chiesa, sono una fonte autorevole per i fedeli e gli iniziati per analizzare le dinamiche in atto nel panorama ecclesiale internazionale.

I dati dipingono un quadro contrastante, con luci e ombre che variano a seconda delle aree geografiche. A livello globale, si è registrato un aumento di 1% nel numero di Cattolici battezzati, raggiungendo 1,39 miliardi nel 2022 rispetto a 1,376 miliardi nel 2021. Questo aumento è guidato principalmente dal continente africano, dove i fedeli sono passati da 265 a 273 milioni (+3%), mentre l'Europa rimane stabile a 286 milioni di cattolici.

Un trend positivo riguarda i Vescovi, aumentati dello 0,25% nel biennio 2021-2022, passando da 5.340 a 5.353 unità. Le crescite più significative si sono registrate in Africa (+2,1%) e in Asia (+1,4%).

Anche i diaconi permanenti continuano a crescere a livello globale, passando da 49.176 a 50.150 unità (+2% circa). I progressi più importanti si sono avuti in Africa, Asia e Oceania, dove questa figura è ancora poco diffusa ma è aumentata dell’1,1%, arrivando a 1.380 diaconi permanenti nel 2022.

Alcune criticità

Tuttavia, permangono alcune criticità. Il numero dei sacerdoti è calato di 142 unità nel 2022, passando da 407.872 a 407.730 (-0,03%), proseguendo il trend decrescente iniziato nel 2012. Questa flessione è particolarmente marcata in Europa (-1,7%) e Oceania (-1,5%), mentre Africa (da 38.570 a 39.742, +3,2%) e Asia (da 70.936 a 72.062, +1,6%) mostrano una dinamica positiva.

Analogamente, le vocazioni sacerdotali continuano a diminuire a livello globale, con i seminaristi maggiori passati da 109.811 a 108.481 unità (-1,3%). I cali più preoccupanti si registrano in Europa (da 15.416 a 14.461, -6,2%) e nelle Americhe (da 28.632 a 27.738, -3,2%). Fanno eccezione l’Africa, dove i seminaristi sono aumentati da 33.796 a 34.541 (+2,1%), e l’Oceania (da 963 a 974, +1,3%).

Anche i religiosi professi non sacerdoti sono in calo a livello globale di quasi l’1%, così come le religiose professe, scese da 608.958 a 599.228 (-1,6%). Per queste ultime si registrano diminuzioni significative in Europa (-3,5%), nelle Americhe (-2,3%) e in Oceania (-3,6%), controbilanciate solo parzialmente dagli aumenti in Africa (+1,7%) e Asia (+0,1%).

Interrogativi e sfide

Questi dati sollevano interrogativi sulle sfide che attendono la Chiesa cattolica nel prossimo futuro, soprattutto in termini di vocazioni sacerdotali e religiose, e di presenza capillare del clero e dei religiosi in alcune aree del mondo come Europa, Americhe e Oceania. Tuttavia, i segnali incoraggianti provenienti dall’Africa e dall’Asia lasciano ben sperare per una continua diffusione del messaggio cristiano in questi Continenti.

L'autoreGiovanni Tridente

Per saperne di più

L'amore non è amato

Nella sua firma per Omnes, Lupita Venegas dice che essere imitatori di Cristo significa fare le cose come le farebbe Lui: amare l'Amore.

5 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

In una delle sue udienze, Papa Francesco ha lamentato la nostra incoerenza: "L'umanità, che si vanta dei suoi progressi nella scienza, è in ritardo quando si tratta di tessere la pace. È un campione nel fare guerra", ha detto.

Sentiamo parlare della guerra in Ucraina, a Gaza, in Sudan... c'è guerra in diverse parti del mondo. Nei nostri Paesi e nelle nostre città: traffico di droga, sparizioni, tratta di esseri umani. A livello familiare: infedeltà, scandali, divorzi. A livello personale: angoscia, ansia, stress e depressione.

Recentemente una donna mi ha detto che avrebbe difeso la sua eredità "a prescindere da chi sarebbe caduto". I suoi genitori non avevano distribuito la proprietà come avrebbe fatto lei e, di fronte a quella che considerava un'ingiustizia, ha deciso di agire, anche commettendo un'ingiustizia se necessario. Dove inizia la pace, dove inizia la guerra?

I pacificatori

Un evento della vita di San Francesco d'Assisi può darci la chiave per realizzare il mondo che tutti vogliamo: un mondo senza guerra, senza ingiustizia, senza paura. Un mondo di solidarietà, di responsabilità, di pace.

San Bonaventura racconta che San Francesco si recò al palazzo del sultano Malik al Kamil in Egitto per incontrarlo. Era l'anno 1219, l'epoca della Quinta Crociata, e i musulmani stavano combattendo i cristiani per i luoghi santi.

Il sultano lo ricevette con cortesia e gli chiese: "Perché i cristiani vogliono la pace e fanno la guerra, perché l'amore non è amato", rispose il povero ragazzo di Assisi.

San Francesco si recò dal Sultano come testimone di pace, cercando il dialogo e rinunciando alla violenza. Con assoluta fiducia in Dio. Ottenne, tra l'altro, una pace temporanea e l'iniziativa dello stesso Sultano di vivere una tregua che fu rifiutata dai cristiani.

Amare Dio, la fonte dell'amore, significa fare la sua volontà. Sappiamo cosa vuole Dio attraverso le Sacre Scritture. In esse troviamo i 10 comandamenti, le beatitudini, le opere di misericordia e il comandamento dell'amore. Questo desiderio di Dio non va interpretato come una chiamata per gli altri, ma per me. Per me! Se amo Dio, voglio subito amare i miei fratelli e le mie sorelle. Amare l'Amore è amare il mio prossimo e me stesso.

Dare pace

Non possiamo continuare ad aspettare che siano gli altri a darci quella pace a cui il cuore anela. Non sono gli altri: il coniuge, i figli, i colleghi di lavoro, le autorità, i sistemi politici... se volete la pace, dovete prima darla. Come si fa?

  • A livello personale. Date valore a voi stessi e trattatevi come se foste i vostri migliori amici. Coltivate le buone abitudini.
  • A casa. Ricordate che la guerra non è nell'offesa ricevuta, ma nell'offesa ricevuta. Se qualcuno fa o dice qualcosa che vi mette a disagio, non rispondete con la violenza ma con la pace. Siate assertivi, chiedete ciò di cui avete bisogno senza offendere.
  • Al lavoro (o a scuola). Siate il cambiamento che volete vedere, come disse il Mahatma Ghandi. Siamo responsabili degli ambienti in cui operiamo. Al lavoro o a scuola, non spettegolate, non attaccate gli altri nelle conversazioni con gli altri o sui social media. Siate concilianti nei vostri commenti e cercate di fare gioco di squadra. Fate bene il vostro lavoro, date sempre un po' di più di quello che vi viene chiesto.
  • Nella vostra comunità civile. Rispettare le leggi e favorire l'incontro con i più bisognosi. Partecipare a un servizio sociale organizzato o organizzarne uno.
  • Nella vostra comunità religiosa. Partecipate alla preghiera, alla formazione e alle attività apostoliche a cui siete invitati. Fatelo in modo responsabile e fate ciò che vi impegnate a fare. 
  • Nel vostro Paese. Siate cittadini responsabili, votate per le autorità di cui vi fidate, quelle che si occupano del vero bene comune.

Che io voglia essere un imitatore di Cristo. Che io possa fare le cose come le farebbe Cristo. Amore Amore Amore! San Paolo ci ricorda: la pace, infatti, si identifica con Gesù Cristo stesso che è la nostra pace (Ef 2, 14-15).

Per saperne di più
Vocazioni

Daniela Saetta: "A 17 anni non avevo voglia di vivere".

Daniela Saetta è una farmacista siciliana e membro della Comunità Magnificat. L'incontro con Dio in questa comunità, all'età di 17 anni, ha cambiato radicalmente la sua vita.

Leticia Sánchez de León-5 aprile 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Daniela Saetta è di origine sicula, anche se ha trascorso quasi tutta la sua vita a Perugia, dove si è trasferita con la sorella, quando i suoi genitori si sono separati. Oggi lavora come farmacista ospedaliero, è sposata con Massimo e hanno 3 figli. In questa conversazione con Omnes Daniela ci racconta come Dio ha fatto inaspettatamente irruzione nella sua vita attraverso la Comunità Magnificat quando lei aveva solo 17 anni e si trovava molto lontana da Dio.

Che cosa significa per lei la parola vocazione?

- "Incontro". Un incontro che ha trasformato tutta la mia vita. Ero una ragazza con molti problemi alle spalle. Prima, durante l'infanzia, a causa della separazione e del divorzio dei miei genitori. Poi, durante l'adolescenza, quando tutte le ferite e le incomprensioni che io e mia sorella avevamo sono riaffiorate e si sono trasformate in una continua ribellione contro tutto. Delusione e rabbia contro il mondo intero, contro la vita, contro la religione e contro Dio che, dicevo, non può certo esistere! Ho sperimentato cosa significa sentirsi vecchi a 17 anni, non avere più voglia di vivere... è una cosa che ho provato sulla mia pelle. D'altra parte, la mia famiglia, una famiglia molto provata, non era praticante ed era assolutamente lontana da Dio. Io e mia sorella non siamo mai state portate a lezione di catechismo, per esempio, e c'erano persino tratti anticlericali in alcune materie.

Poi l’adolescenza, il periodo in cui si cerca l'amicizia, l'amore, e si fanno le prime esperienze - anche sbagliate. Lì ho sentito, ancora più fortemente, quel vuoto interiore di amore e di comprensione che non mi era stato donato. E mentre nei primi anni del liceo un certo radicalismo anticattolico si era impadronito di me, cercavo in realtà qualcosa -non so esattamente cosa- ma in un certo senso penso che cercassi qualcosa di spirituale, un significato trascendente, che però alla fine finiva sempre con una delusione. qualcosa -Non so esattamente cosa. In un certo senso, credo di aver cercato qualcosa di spirituale, un senso trascendente, che si è sempre risolto in una delusione.

Ho vissuto quegli anni con la sensazione che tutto ciò che mi circondava fosse falso e borghese, dove a volte predominava un cristianesimo di facciata, fatto di abitudini e poca sostanza. A poco a poco, i contatti con un professore di liceo marxista, insieme alla mancanza di coerenza nel comportamento di persone che si dicevano cattoliche, mi portarono ad affermare che Dio non esisteva. E così andai avanti, in un crescente malessere interiore, fino a quando, nel bel mezzo di una crisi in cui continuava a ricorrere l'idea del suicidio, fui invitato a un incontro di preghiera della Comunità Magnificat, che allora era appena nata. Avevo solo 17 anni.

Lì ho trovato qualcosa che mi ha veramente attratto, qualcosa di nuovo, ho trovato l'autenticità e, soprattutto, ho avuto un incontro personale con il Signore che oggi, dopo quasi 45 anni, posso dire con certezza che è stato un incontro reale in cui lo Spirito Santo ha acceso in me un fuoco che - nonostante le difficoltà e i cambiamenti che si hanno nella vita - non si è mai spento. Tutto è cambiato dopo quel pomeriggio: è stata per me una vera svolta, un punto di svolta.

Qualche anno dopo ho incontrato Massimo in Comunità, un ragazzo che veniva da una vita difficile e aveva sperimentato la droga. Ci siamo innamorati e ci siamo sposati. Oggi i nostri tre figli sono grandi e abbiamo anche due splendidi nipoti.

Cosa significa far parte della Comunità Magnificat nella vostra vita quotidiana? Ad esempio, nel vostro lavoro?

-La mia è una vita normale, cioè vivo il carisma della mia comunità facendo ciò che gli altri fanno nella vita ordinaria: mi occupo della mia famiglia, vado al lavoro, stabilisco relazioni con i miei colleghi, con i miei vicini.

Al lavoro, l'ambiente ospedaliero non è facile, il tipo di rapporto con le persone è spesso freddo e distante. Non posso sempre parlare apertamente di Dio, ma non lo nascondo nemmeno; tutti sanno che sono cristiano e che faccio parte di una comunità.

Capita che le persone si aprano con me e mi chiedano consigli, e allora è più facile parlare di Dio o dare testimonianza di come vivo le diverse situazioni. Di solito dico a tutti che Dio è come un "padre buono" e non un "giudice severo e inflessibile". Nell'ambiente di lavoro, le persone spesso criticano o parlano male di altri colleghi, e questi momenti diventano occasioni per dire che non vale la pena arrabbiarsi o portare rancore.

Al di fuori del lavoro, da un punto di vista più personale, come membro "alleato" della comunità - perché la nostra è una comunità di alleanza - rinnovo pubblicamente una volta all'anno, insieme agli altri membri alleati della comunità, le "promesse". Sono quattro: la promessa di povertà, di perdono permanente, di amore edificante e di servizio.

I membri alleati della comunità vivono queste quattro promesse in base al loro stato di vita e alle loro particolari circostanze: per esempio, la nostra promessa di povertà non può essere vissuta come la vivrebbe un francescano che non ha nulla. In una famiglia, le cose sono necessarie per vivere e compiere la nostra missione di educare e accompagnare i nostri figli. Ma questa promessa implica per noi una scelta dello stile di vita che intendiamo condurre: una vita sobria, senza eccessivo lusso, una vita in cui teniamo conto dei poveri. Inoltre, anche attraverso la decima (di ciò che si guadagna) che viene donata alla comunità.

Quando parlo della Comunità Magnificat, noto che questo impegno della "decima" suscita spesso curiosità e persino perplessità. Ma donare parte del proprio stipendio alla Comunità significa non solo sostenere la vita comunitaria nelle sue necessità (dalle missioni all'aiuto fraterno ai poveri), ma anche confidare in Dio, perché tutti sperimentiamo che il Signore non si lascia mai superare in generosità e, quindi, non fa mai mancare il necessario a chi gli dà qualcosa.

Un'altra promessa che riguarda gli alleati è quella del perdono permanente. Questo si riflette in tutta la vita: chi non soffre nelle relazioni con gli altri, nelle incomprensioni e nei disaccordi?

La promessa di costruire l'amore è l'impegno che prendiamo per essere costruttori del Regno di Dio e dell'amore che Egli rappresenta, quindi rafforza anche le promesse precedenti aiutandoci non solo a non rimanere arrabbiati con gli altri, ma anche a fare il primo passo verso la riconciliazione. È la premessa della vita fraterna!

Infine, il servizio alla comunità e alla Chiesa. Nel mio caso, ad esempio, sono coinvolto in attività che hanno a che fare con la musica e il canto, oltre che nell'annuncio della Parola e nel servizio di evangelizzazione. A volte aiuto nelle missioni; l'anno scorso sono stato in Uganda, dove sta nascendo una delle nostre fraternità.

Inoltre, la nostra Comunità ha una caratteristica, che è l'adorazione del Santissimo Sacramento. Ci chiamiamo "Comunità Magnificat" perché il nome si riferisce a Maria, nostra madre, che ha voluto unire contemplazione e azione.

Tutta la nostra azione (l'annuncio della Parola, l'evangelizzazione, le missioni, l'aiuto ai poveri...) nasce dalla preghiera, nasce dall'Eucaristia, nostra fonte e nostra forza.

L'Eucaristia è proprio uno dei nostri punti di forza: Tarcisio, iniziatore della Comunità del Magnificat insieme alla sorella Agnese, vide profeticamente un altare con un'ostia consacrata quando udì da Dio le parole "con Gesù, costruite su Gesù". Era necessario che la Comunità Magnificat fosse costruita sull'Eucaristia. Per questo, in comunità, oltre alla celebrazione quotidiana dell'Eucaristia, una volta alla settimana ci dedichiamo tutti all'adorazione eucaristica.

Può sembrare molto, e tutti gli impegni e le promesse possono spaventare, ma nella comunità c'è un'atmosfera di libertà e flessibilità. Ognuno discute insieme a un fratello della comunità che agisce come sostegno e anche come accompagnamento spirituale con responsabilità personale in base alla propria situazione personale e familiare. Le madri con bambini piccoli, ad esempio, trovano comprensione nel modo in cui vivono i loro impegni comunitari. La comunità, naturalmente, ci incoraggia fortemente ad andare avanti, ma guarda a ogni fratello con prudente saggezza per vedere fino a che punto può arrivare.

Questo stile di vita non è molto alla moda. Dedicate molto tempo alle attività comunitarie e a Dio. Come spiega questo stile di vita alle persone che non lo capiscono?

-La maggior parte di noi è laica, parla la stessa lingua del mondo; spesso i problemi che circondano le persone sono anche i nostri. Viviamo la stessa realtà degli altri. Quindi possiamo capire perfettamente ciò che gli altri sentono nella loro vita, le resistenze interiori o i desideri del loro cuore.

Cosa possiamo fare? Viviamo in un mondo di persone povere, povere anche dal punto di vista spirituale, ma non solo perché manca Dio nella loro vita, ma anche perché mancano i valori.

Il Papa parla continuamente del consumismo in cui siamo immersi e anche della cultura dello spreco, e di una società che vive una sessualità privata del suo vero significato, perché non le è stata insegnata la bellezza del corpo.

D'altra parte, nel mondo del lavoro, vedo come le persone spesso sentano il peso della disoccupazione o si preoccupino di fare carriera, ma in tutti loro c'è una grande solitudine. Oggi le persone hanno un'incredibile sete di amore.

I fratelli della Comunità cercano di dare a tutti un messaggio di amore autentico con l'esempio. Si potrebbe dire che la Comunità è la risposta a quello che tanti cercano: la gente rimane colpita nel vedere una comunità di fratelli composta da tanti giovani e famiglie, che si vogliono veramente bene (perché l'affetto tra di noi è sincero!). Questo colpisce molto, è quello che dice la Bibbia a proposito della Chiesa che è "la città sulla cima del monte" o la lampada sul lampione e "non sotto il moggio", "per dare luce a tutti quelli che sono nella casa".

Nei seminari sulla vita nuova nello Spirito Santo che organizziamo, parliamo dell'amore di Dio. È una risposta ai desideri interiori dei nostri fratelli e sorelle. In questi seminari ci sono persone di tutti i tipi: giovani e anziani, persone lontane da Dio e persone che hanno già intrapreso un cammino di fede. Non so dire perché, ma evidentemente questa proposta attrae. E non è merito nostro, ma credo che abbia a che fare con la fame di amore e di Dio che le persone hanno nel cuore.

Non posso concludere senza dire che a poco a poco il Signore ha portato luce nella storia di tutta la famiglia: il padre è morto dopo essersi avvicinato a Dio, la madre, che era lontana dal Signore, ha abbracciato la fede con tutto il cuore fino a fare di Lui la ragione della sua vita e la roccia della sua esistenza. I miei 3 figli hanno avuto la grazia di un forte incontro con Dio, la mia figlia maggiore è suora, mia sorella è medico e membro consacrato della comunità, e quasi tutti i membri della famiglia sono entrati in comunità... A gloria di Dio!

La Comunità Magnificat

La Comunità Magnificat è nata l'8 dicembre 1978, nella parrocchia di San Donato all'Elce a Perugia. È una Comunità di Alleanza sviluppatasi nella corrente di grazia del Rinnovamento Carismatico Cattolico.

È una risposta a una specifica chiamata di Dio a vivere la vita nuova nello Spirito in un impegno stabile ed è composta da fedeli di ogni stato di vita, ma prevalentemente da laici e famiglie. Nata in Italia, si è progressivamente sviluppata in varie parti del mondo: Romania, Argentina, Turchia, Uganda e Pakistan.

Il 19 gennaio 2024, presso il Palazzo San Callisto di Roma, nel Dicastero per i Laici, la Famiglia e la VitaLa cerimonia si è svolta per la firma del Decreto di riconoscimento della Comunità Magnificat "come associazione privata internazionale di fedeli" e l'approvazione del suo Statuto per un periodo di un anno.d experimentum di 5 anni.

Daniella durante l'atto di riconoscimento della Comunità Magnificat "come associazione privata internazionale di fedeli".
L'autoreLeticia Sánchez de León

Per saperne di più
Cultura

80 anni della "Badessa di Las Huelgas" di San Josemaría Escrivá.

Sono passati 80 anni dalla pubblicazione de "La badessa di Las Huelgas" di San Josemaría Escrivá, una ricerca scientifica che riecheggia ancora oggi e riflette l'eredità intellettuale dell'autore.

Eliana Fucili-5 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

San Josemaría Escrivá è conosciuto soprattutto per la fondazione dell'Opus Dei. Da qui l'unicità di La badessa di Las Huelgas' (The Abbess of Las Huelgas)nella traiettoria del santo aragonese.

Pubblicato nel 1944, questo libro svolge un'analisi storico-canonica della giurisdizione esercitata per secoli dalla badessa del monastero di Las Huelgas a Burgos.

Secondo l'opinione di coloro che hanno realizzato il edizione storico-criticaQuesta ricerca ha probabilmente due scopi. Il primo è il desiderio di trasmettere il messaggio centrale della Opus Dei -Era un grande ammiratore della santificazione personale attraverso il lavoro, motivo per cui è stato così attento a realizzare questo studio. Un altro motivo è il suo grande apprezzamento per il lavoro intellettuale e universitario.

La badessa di Las Huelgas" esamina questioni teologiche, giuridiche e storiche. Ancora oggi è un'opera di riferimento negli studi accademici e la sua lettura dimostra la sincera stima dell'autore per la vita religiosa.

Eredità intellettuale

San Josemaría Escrivá iniziò a fare ricerche sulla badessa di Las Huelgas quando arrivò a Burgos nel gennaio 1938, dopo aver attraversato i Pirenei durante la guerra civile spagnola. A Madrid perse tutto il materiale che aveva raccolto in diversi anni per la sua tesi di dottorato. Tuttavia, a Burgos trovò un nuovo soggetto e gli archivi del monastero per preparare la sua nuova tesi.

Nel dicembre 1939, Escrivá presentò la sua tesi all'Università Centrale di Madrid, ottenendo un voto eccellente che gli valse il dottorato in legge.

Questo lavoro di dottorato è servito come base e ispirazione per uno studio più approfondito della figura della badessa di Las Huelgas e della sua particolare giurisdizione. A questo scopo, tra il 1940 e il 1943, San Josemaría si recò a Burgos in diverse occasioni per consultare gli archivi del monastero.

La figura della badessa di Las Huelgas

Il monastero di Las Huelgas è un episodio particolare nella storia della Chiesa in Spagna. Fin dalla sua fondazione, nel XII secolo, accolse le figlie dei nobili. Chi vi entrava portava in dote terre e benefici concessi dai reali.

Nel corso dei secoli, queste donazioni contribuirono ad aumentare il territorio del monastero e la giurisdizione della badessa.

In esso erano condensati tre diversi poteri: il potere civile, il potere canonico come superiore di una comunità religiosa e un potere di quasi-episcopale (tranne, ovviamente, in tutte le questioni relative agli ordini sacri).

La badessa esercitava questo potere sui fedeli cristiani che vivevano entro i limiti del suo territorio, situato tra Toledo e l'attuale Cantabria.

Così, ad esempio, concedeva ai sacerdoti la licenza di celebrare la messa, di predicare nelle chiese e nelle parrocchie, di ascoltare le confessioni delle sue monache, dei religiosi e dei fedeli nel suo territorio. Nel suo territorio, inoltre, presiedeva e riceveva personalmente la professione religiosa nel suo monastero e in altri.

Impose anche sanzioni ecclesiastiche e civili attraverso giudici che dispensavano giustizia in suo nome.

San Josemaría Escrivá

Contributi del libro di Escrivá

San Josemaría Escrivá ha studiato la giurisdizione quasi-episcopale Il secolare dominio della badessa di Las Huelgas, terminato nel 1874 con una bolla papale, si è protratto fino al 1850. Quae diversa.

La sua analisi storico-canonica evidenzia la rilevanza e l'impatto della consuetudine come fonte del diritto canonico, sottolineando come l'uso continuato da parte di una comunità possa influenzare la formulazione della norma ecclesiastica, a meno che non sia esplicitamente superato dal legislatore.

La Abadesa de las Huelgas" ebbe due edizioni quando Escrivá era ancora in vita: la prima nel 1944 e la seconda nel 1974. Successivamente, nel 1988, è stato ripubblicato.

Dalla sua prima pubblicazione è diventato un riferimento nel campo del diritto canonico. È tuttora citato nella letteratura canonica e negli studi di storia delle donne, in particolare nel mondo anglosassone.

Nel 2016 il Istituto storico San Josemaría Escrivá ha pubblicato il edizione storico-critica di La badessa di Las Huelgasdelle professoresse María Blanco e María del Mar Martín. Le autrici presentano un'esauriente analisi critica e storico-giuridica del testo originale.

Nella prefazione all'edizione storico-critica, il vescovo Javier Echevarría ha affermato che la ricerca di San Josemaría sulla badessa di Las Huelgas non solo ha messo in luce il ruolo della donna nella Chiesa e nella società del passato, ma può anche contribuire a nuove riflessioni sul posto della donna nella società contemporanea e nella Chiesa.

L'autoreEliana Fucili

Centro Studi Josemaría Escrivá (CEJE) 
Università di Navarra

Per saperne di più
Vaticano

Il percorso di Francesco per le religioni per realizzare le aspettative di pace

"La brutalità dei conflitti nel mondo sta uccidendo migliaia di persone", ed è necessario dare "concretezza alle aspettative di pace, vere aspettative dei popoli e delle persone", ha detto Papa Francesco al primo Colloquio tra il Dicastero per il Dialogo Interreligioso della Santa Sede e il Congresso dei leader religiosi del Kazakistan.  

Francisco Otamendi-4 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

"Oggi molti, troppi, parlano di guerra: la retorica bellicosa è purtroppo tornata di moda. Ma mentre si diffondono parole di odio, le persone muoiono nella brutalità dei conflitti. Bisogna invece parlare di pace, sognare la pace, dare creatività e concretezza alle aspettative di pace, che sono le reali aspettative dei popoli e delle persone. Fate ogni sforzo possibile in questa direzione, in dialogo con tutti", ha detto il Santo Padre ai partecipanti al Colloquio.

"Che il vostro incontro nel rispetto della diversità e con l'intenzione di arricchirvi reciprocamente sia un esempio per non vedere nell'altro una minaccia, ma un dono e un partner prezioso per la crescita reciproca". 

"Vi auguro giorni di fraternità, fecondi di amicizia e di buoni progetti, e una fruttuosa condivisione dei risultati del vostro lavoro", ha auspicato Papa Francesco, leader del mondo cattolico, dopo aver ricordato le iniziative sorte nell'ambito della sua viaggio apostolico al più grande Paese dell'Asia centrale, il Kazakistan, nel settembre 2022.

Congresso dei leader, "una piattaforma di dialogo collaudata".

Il Pontefice ha rivolto un saluto particolare alla parte kazaka del Colloquio, al Congresso dei leader delle religioni tradizionali e mondiali, a cui il Papa ha partecipato per la sua settima edizione, al Senato della Repubblica e al Centro Nursultan Nazarbayev per il dialogo interreligioso e interculturale, e al Consiglio nazionale del Kazakistan per il dialogo religioso e interculturale. ha sottolineato la sua "gioia nel vedere in questo evento un primo significativo frutto del Memorandum d'intesa concluso tra il Centro Nazarbayev e il suddetto Dicastero".

Il Congresso "è una piattaforma unica e ben collaudata per il dialogo non solo tra i leader religiosi, ma anche con il mondo della politica, della cultura e dei media", ha detto Francesco. Si tratta di "un'iniziativa lodevole che corrisponde bene alla vocazione del Kazakistan di essere "un paese di incontro.  

"Oltre al viaggio apostolico", il Papa ha ricordato che "ho avuto modo di manifestare la mia vicinanza al popolo kazako in occasione della visita in Vaticano, lo scorso gennaio, del Presidente della Repubblica, che mi ha così cortesemente accolto nel Paese, e nell'incontro con S.E. Ashimbayev, Presidente del Senato e Capo della Segreteria del Congresso, che partecipa al vostro colloquio come Capo della Delegazione kazaka". 

"Sostenere la coltivazione dell'armonia tra religioni e culture".

"Dovete sostenerci nel coltivare l'armonia tra religioni, etnie e culture, un'armonia di cui il vostro grande Paese può essere orgoglioso", ha chiesto il Santo Padre. "In particolare, ci sono tre aspetti della vostra realtà che vorrei sottolineare: il rispetto per la diversità, l'impegno per la "casa comune" e la promozione della pace".

Per quanto riguarda il rispetto della diversità, "elemento indispensabile della democrazia - che deve essere costantemente promosso - il fatto che lo Stato sia 'laico' contribuisce notevolmente a creare armonia", ha aggiunto. 

"Si tratta ovviamente di una sana laicità, che non mescola religione e politica, ma distingue tra loro per il bene di entrambe, e allo stesso tempo riconosce il ruolo essenziale delle religioni nella società, al servizio del bene comune". È possibile leggere il testo completo quidi cui sono stati delineati alcuni aspetti all'inizio. 

Kazakistan, 1 % di cattolici, un paese di incontro 

Il Kazakistan, dopo l'indipendenza del 1991, è oggi un Paese sovrano di vaste steppe, con una popolazione esigua (appena 19 milioni di abitanti) per un territorio vasto che lo rende il nono Paese al mondo per estensione (2.750.000 chilometri quadrati - cinque volte la Spagna).

Come Omnes ha riferitoIn Kazakistan ci sono circa 182.000 cattolici, circa 1 % della popolazione. Sono la seconda minoranza cristiana dopo la Chiesa ortodossa in un Paese a maggioranza musulmana. Sebbene i cattolici provengano spesso da famiglie con radici europee (polacche, tedesche, ucraine o lituane), la Chiesa cattolica si sta gradualmente radicando in Kazakistan.

L'autoreFrancisco Otamendi

America Latina

La "Passione di Cañete", una tradizione pasquale in Perù

La "Pasión de Cañete" è una rappresentazione della Passione di Cristo che viene tradizionalmente eseguita in Perù ogni settimana santa.

Jesus Colquepisco-4 aprile 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

A 140 chilometri a sud di Lima si trova la provincia di Cañete, la "Valle Benedetta", come la chiamò San Josemaría Escrivá durante la sua visita a Lima. Perù nel luglio 1974. Durante la Settimana Santa, vi si svolge una delle più famose rappresentazioni della Passione di Cristo in Perù, la "Passione di Cañete", organizzata dalla Prelatura di Yauyos e dall'ACAR Cañete (Agrupación Cañetana Artístico Recreativa).

La tradizionale messa in scena (iniziata nel 1966) viene eseguita ogni Settimana Santa nelle strutture del Santuario Madre del Giusto Amore, una delle principali mete religioso-culturali di San Vicente de Cañete. Dura circa due ore e comprende - tra gli altri - gli impressionanti passaggi biblici dell'ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, l'Ultima Cena, il tradimento di Giuda, il rinnegamento di Pietro, la Passione, la morte e la resurrezione del Signore.

Scena da "La Passione di Cañete".

Per la Settimana Santa 2024 i giorni di presentazione sono stati la Domenica delle Palme, il Mercoledì Santo, il Giovedì Santo e il Venerdì Santo; questi ultimi due sono stati i più frequentati con più di 2000 persone al giorno, per un totale di settemila presenze durante la settimana.

Origini della Passione di Cañete

Enrique Pélach, il primo Vicario Generale della Prelatura di Yauyos, che per la Settimana Santa del 1966 motivò il popolo di San Vicente de Cañete a rappresentare il mistero della passione e morte di Gesù. In quel periodo si formò l'ACAR (Agrupación Cañetana Artístico-Recreativa), che integrò gli attori per la rappresentazione della Passione. In seguito il testo della Passione ricevette alcuni aggiustamenti e adattamenti da Mons. Esteban Puig, un sacerdote spagnolo che diresse la messa in scena per un periodo importante.

L'unico periodo in cui la Passione di Cañete non è stata eseguita è stato tra il 2008 e il 2012 a causa dei lavori nel Santuario a seguito del terremoto dell'agosto 2007; e tra il 2020 e il 2022 a causa della pandemia COVID-19.

ACAR e la Prelatura di Yayos

L'ACAR Cañete conta attualmente 200 persone sul palco sotto la direzione di Julio Hidalgo. Tra loro ci sono attori locali, tecnici del suono, tecnici delle luci, truccatori, addetti agli oggetti di scena e ai costumi. Il rappresentante della Prelatura è Félix Cuzcano, delegato episcopale per la rappresentazione della Passione.

L'ACAR e la Prelatura di Yauyos hanno ricevuto diversi riconoscimenti civili per il contributo della Passione alla fede e alla cultura della Provincia di Cañete.

I partecipanti allo spettacolo tradizionale peruviano
L'autoreJesus Colquepisco

Per saperne di più
Evangelizzazione

Chiesa e comunicazione: una sfida di 21 secoli

Pubblicità la buona notizia della salvezza è un compito fondamentale della Chiesa, che deve utilizzare tutti i linguaggi di comunicazione presenti nella società.

Pablo Alfonso Fernández-4 aprile 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Fin dall'inizio, alla Chiesa è stato affidato da Gesù Cristo il compito di comunicare: la sua missione evangelizzatrice consiste nell'annunciare la buona notizia della salvezza. Per realizzarla, si affida principalmente all'aiuto dello Spirito Santo, che illumina, spinge e vivifica la sua Chiesa. Ma, come insegna la teologia, la grazia non sostituisce la natura ed è quindi opportuno utilizzare i mezzi umani a nostra disposizione per facilitare la sua azione nelle anime.

Tra questi mezzi ci sono le cosiddette Scienze dell'Informazione, con tutto il bagaglio tecnico e le specifiche di un'attività sempre più professionalizzata.

I compiti di comunicazione si sono evoluti con i media e con la formazione specializzata, per cui è importante riflettere sul modo migliore di fare comunicazione istituzionale nella Chiesa, rispettando e facilitando il lavoro dei professionisti.

Si tratta di una collaborazione necessaria, che giova sia ai comunicatori nel loro lavoro di presentazione e diffusione di eventi degni di nota, sia alla Chiesa stessa, che è più conosciuta e può mostrare al mondo la bellezza del Vangelo negli eventi presentati come notizie.

Un compito etico

Come in altre professioni, il compito del comunicatore ha una forte componente di fiducia. La fonte di informazione che scegliamo è determinata dalle garanzie di veridicità e integrità nell'interpretazione della realtà che ci trasmette.

Per questo motivo, la Chiesa non può ignorare le implicazioni morali dell'uso dei media ed è suo interesse contribuire al loro sviluppo nel rispetto della dignità della persona. Questo è affermato nel Decreto Inter MirificaIl Consiglio riconosce il diritto umano all'informazione e il suo legame con la verità, la carità e la giustizia.

Ci invita inoltre a riflettere sulle conseguenze che ciò che viene trasmesso ha sul comportamento delle persone e ci ricorda quindi la responsabilità dei professionisti, dei destinatari e dell'autorità civile nel selezionare e diffondere i contenuti.

In sostanza, si tratta di ricordare che c'è una differenza tra la risonanza giornalistica che un evento può avere e la sua rilevanza. Riconoscere che è nostro interesse essere aggiornati, ma imparare a leggere gli eventi in una chiave diversa dal sensazionalismo, per saper interpretare ciò che accade: un albero caduto fa sempre più rumore di una foresta che cresce. E questo vale sia per gli eventi del mondo che per quelli che riguardano la vita della Chiesa.

Il sacerdote britannico Ronald Knox (1888-1957) spiegò che a Gerusalemme tutti sapevano subito che Giuda si era impiccato, ma pochi si accorgevano della semplice e feconda fedeltà di Maria.

Da oltre 50 anni, la Chiesa aiuta a riflettere su questo compito da una prospettiva etica, con la Messaggi per la Giornata delle comunicazioni sociali. Vengono pubblicati dal Papa ogni anno in occasione della festa di San Francesco di Sales e focalizzano la nostra attenzione su alcuni aspetti rilevanti e attuali che risvegliano le nostre coscienze. Ad esempio, nel suo messaggio per il 2024, Papa Francesco menziona alcune delle conseguenze dell'uso dell'intelligenza artificiale.

Con una dinamica propria

Il citato documento del Concilio Vaticano II ci ricorda anche che "è compito primario dei laici animare questi mezzi con uno spirito umano e cristiano". Questa è una delle espressioni della Dottrina sociale della Chiesa, a cui si è genericamente riferito Benedetto XVI nella sua prima Enciclica. In quell'occasione ha spiegato che non è compito della Chiesa intraprendere da sola l'impresa politica di realizzare la società più giusta possibile.

È vero che non può e non deve rimanere ai margini di questa lotta per la giustizia, ma si inserisce in essa attraverso l'argomentazione razionale e deve risvegliare le forze spirituali, sforzandosi di aprire l'intelligenza e la volontà alle esigenze del bene (cfr. Deus caritas est, n.28).

Per quanto riguarda i compiti di comunicazione, si capisce che il ruolo dell'autorità ecclesiastica non è propriamente quello di avere a disposizione alcuni mezzi con cui contribuire all'opinione pubblica, ma piuttosto di animare con lo spirito cristiano le varie iniziative dei cittadini.

È vero che la Chiesa non ha come propria missione una presenza istituzionale nel mondo della comunicazione, né in quello dell'istruzione, dell'assistenza ospedaliera o della fornitura di servizi sociali. Allo stesso tempo, però, gode degli stessi diritti di qualsiasi altra istituzione pubblica o privata per dirigere o promuovere iniziative in questi campi della vita sociale.

Per questo motivo, si intende anche che la promozione dei media cattolici è possibile (e il Decreto dedica a questa proposta). Inter Mirifica Capitolo II), che possono agire professionalmente nel mondo della comunicazione e presentare la loro proposta informativa, come qualsiasi altro valido interlocutore nella società.

La comunicazione istituzionale nella Chiesa sta diventando sempre più professionale, e vanno accolti con favore gli sforzi delle università ecclesiastiche per dare importanza alla preparazione di comunicatori professionisti che possano guidare delegazioni mediatiche nelle diocesi o lanciare iniziative nel mondo delle agenzie di stampa sulla Chiesa.

Un incontro recente

In un recente colloquio organizzato da una diocesi spagnola, un gruppo di giornalisti è stato invitato a discutere della comunicazione della Chiesa in un'atmosfera di franchezza e rispetto reciproco. Ad esempio, la discussione sulla gestione delle notizie sugli abusi è servita a chiedere una maggiore professionalità da parte dei giornalisti e migliori canali di comunicazione con le autorità ecclesiastiche.

La conclusione dell'incontro è stata che i media sono disposti a raccontare di più sulla Chiesa e che il lavoro delle delegazioni dei media è apprezzato e stimato dai professionisti dei media generali.

Infatti, la maggior parte delle notizie sulla Chiesa sono riferimenti positivi, sulla Caritas, testimonianze di persone impegnate in compiti educativi o nella cura del patrimonio artistico religioso.

In generale, gli interventi sociali promossi dalla Chiesa sono di interesse informativo, così come alcuni eventi religiosi che comportano la mobilitazione di risorse nei luoghi in cui si svolgono, come i pellegrinaggi o le feste patronali.

Un contributo necessario

In ogni caso, la visione dell'attività della Chiesa in alcuni media è ancora limitata, sia per ignoranza che per interessi ideologici. Alcuni professionisti sono ancora radicati in una certa mentalità di chiusura nei confronti della vita spirituale, che tende a emarginare le opinioni e le azioni dei credenti solo perché appartengono a persone che intendono la loro fede come qualcosa di importante e decisivo nella loro vita. Non si presta attenzione alla ragionevolezza o all'interesse delle proposte, che vengono bollate direttamente per la loro origine senza nemmeno ascoltarle.

Ciò si riflette bene in un passaggio del romanzo Il risveglio della signorina Prim (Natalia Sanmartín, 2014). La protagonista di questa storia dialoga con il proprietario della casa in cui lavora come bibliotecaria. A un certo punto della conversazione, rifiuta un argomento, ritenendo che la sua origine risieda nelle convinzioni religiose del suo interlocutore. Ma lui la invita a ragionare e a dirgli se pensa che abbia ragione o meno in ciò che ha detto: se può contraddirlo solo in base al fatto che è un credente, non è un argomento valido.

Alcuni vorrebbero che i cattolici tornassero nelle catacombe, o almeno che non uscissero dalle sacrestie. In alcuni ambienti sembra che si stia applicando nuovamente l'Editto dell'imperatore Giuliano (361-363), che imponeva agli insegnanti delle scuole di retorica e grammatica di credere lealmente negli dei: chi era cristiano doveva rimanere "confinato nelle chiese a commentare Matteo e Luca".

Si cerca di mostrare i contributi della fede alla vita sociale come irrilevanti, o di ridurne l'impatto a un ambito limitato, senza riconoscere la sua influenza su tante manifestazioni culturali che danno forma alla convivenza.

Il pensiero credente è tollerato al massimo come espressione folcloristica che ha il suo posto e il suo momento, come concessione a un inevitabile regionalismo, ma non è ammesso come posizione ragionevole e sensata che può aiutare lo sviluppo del mondo.

Servitori della verità

La Chiesa è chiamata a partecipare al destino dell'umanità, e quindi ha il diritto e l'obbligo di farsi conoscere con le sue parole, le sue azioni, i suoi contributi al bene comune. Da parte loro, coloro che lavorano nell'elaborazione e nella diffusione dei messaggi informativi devono essere sempre più consapevoli della loro responsabilità di servitori della verità.

Lo ha ricordato recentemente Papa Francesco in un discorso del 23 marzo scorso ai dirigenti e ai lavoratori della RAI e alle loro famiglie, in cui ha descritto il loro lavoro come un vero e proprio servizio pubblico che è un dono per la comunità, e li ha incoraggiati a coltivare un atteggiamento di ascolto che li aiuti a cogliere la verità come realtà. sinfoniacomposto da una varietà di voci.

Il vero servizio di un comunicatore professionista, secondo le parole del Papa, contribuisce alla verità e al bene comune, promuove la bellezza, mette in moto dinamiche di solidarietà e aiuta a trovare il senso della vita in una prospettiva di bene. Il loro lavoro coinvolge tutti e porta nuove prospettive alla realtà, senza perseguire quote di audience a scapito dei contenuti.

Può sembrare una visione idealizzata o un po' ingenua, ma l'alternativa sarebbe il disfattismo, e sembra che Francesco non sia pronto a gettare la spugna: una maggiore offerta di contenuti di qualità può essere costruita, tutto dipende dalla capacità di sognare in grande.

E si conclude con un invito ai professionisti dei media a trasformare il loro lavoro in una sorpresaLa Chiesa è un luogo che porta compagnia, unità, riconciliazione, ascolto, dialogo, rispetto e umiltà. È una sfida per i giornalisti e per coloro che collaborano con loro nel loro lavoro nella Chiesa.

L'autorePablo Alfonso Fernández

Vangelo

L'invio degli apostoli. Seconda domenica di Pasqua (B)

Joseph Evans commenta le letture della Domenica di Pasqua II e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-4 aprile 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

"Come il Padre ha mandato me, anch'io mando voi.". Questo è il bellissimo messaggio evangelico della Messa di oggi, chiamata anche Domenica della Divina Misericordia. L'invio degli apostoli, la predicazione della Chiesa e l'invio di Cristo anche a noi fanno parte del piano misericordioso di Dio affinché il suo messaggio di salvezza raggiunga tutti i popoli e tutti i tempi.

Gesù Cristo manda voi e me a proclamare la sua buona notizia di salvezza nel nostro luogo particolare: il nostro villaggio, la nostra città, il nostro paese. Qualcuno ha portato la buona notizia a noi; ora siamo incaricati di portarla ad altri. Non si basa sulle nostre capacità o sul nostro potere, ma sulla potenza dello Spirito Santo. E così leggiamo: "Quando ebbe detto questo, soffiò su di loro e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo".". È il dono dello Spirito, e non le nostre doti, che ci permette di evangelizzare. E una parte importante di questa buona notizia è il perdono dei peccati: "...".A chi perdonate i peccati, li perdonate; a chi trattenete i peccati, li trattenete.".

Un aspetto chiave della misericordia è il perdono dei peccati, che ci viene offerto principalmente nel sacramento della confessione. Siamo strumenti di misericordia quando portiamo le persone a confessarsi. Ma possiamo essere strumenti di misericordia anche in altri modi: per esempio, quando riconciliamo le persone. Una volta ho sentito di una signora che, in punto di morte, disse a una sua conoscente, una donna che aveva avuto un aspro litigio con un'altra donna: "... devo dirle che sono lo strumento della misericordia...".Non è ora di riconciliarsi con lei?". Ha usato il suo ultimo respiro per cercare di riconciliare gli altri. Quanto abbiamo bisogno di pregare per ottenere più perdono nel mondo. Tutte le guerre a cui assistiamo in questi giorni sono proprio espressioni del non perdono e rendono solo più difficile il perdono.

Ma abbiamo ricevuto il soffio dello Spirito, che è più potente dell'alito di Satana. Abbiamo il potere di essere misericordiosi e operatori di pace, come Cristo ci chiama ad essere (Mt 5:7,9). Potremmo portare la pace di Cristo se solo avessimo fede. Il Vangelo di oggi ci mostra anche la mancanza di fede di Tommaso. Aveva bisogno di una guarigione. A volte non riusciamo a condividere la misericordia di Dio con gli altri perché noi stessi non ci crediamo abbastanza. In pratica, consideriamo Cristo più morto che vivo. Abbiamo quindi bisogno di toccare Gesù, di entrare in contatto con lui, nelle Scritture, nell'Eucaristia, nei poveri, affinché trasformi la nostra mancanza di fede in una profonda convinzione. "Non siate increduli, ma credenti."Gesù ci dice. E noi possiamo rispondere con Tommaso: "Mio Signore e mio Dio!".

Omelia sulle letture della seconda domenica di Pasqua (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Il Papa chiede il cessate il fuoco a Gaza e un mondo fraterno

Nella catechesi sulla virtù cardinale della giustizia, il Santo Padre ha esortato alla costruzione di un mondo fraterno e unito durante l'Udienza del mercoledì dell'Ottava di Pasqua. E ha lanciato un appello per il cessate il fuoco a Gaza e contro la "follia della guerra", con il rosario e il Nuovo Testamento di un giovane soldato di 23 anni ucciso in Ucraina, Alexander.   

Francisco Otamendi-3 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Questa mattina Papa Francesco ha chiesto nuovamente un immediato cessate il fuoco nella Striscia di Gaza, in modo che gli aiuti umanitari possano raggiungere la popolazione civile, e il rilascio degli ostaggi, e ha espresso la sua "profonda tristezza" per la morte di sette operatori umanitari a seguito dei bombardamenti israeliani. "Prego per loro e per le loro famiglie", ha dichiarato. 

Ha anche mostrato il rosario e il Nuovo Testamento di Alexander, un soldato di 23 anni ucciso nella guerra in Ucraina. In questa occasione, il Pontefice ha chiesto la fine della "follia della guerra, che sempre distrugge", e ha pregato di non dimenticare "l'Ucraina martoriata, tanti morti!

A quel tempo, alla fine del Pubblico generale Il mercoledì dell'ottava di Pasqua, il Papa ha chiesto un momento di preghiera silenziosa per tutti i morti, chiedendo di "pregare" per la pace, con la testimonianza di Alessandro e dei tanti giovani uccisi in questa guerra e nelle altre che devastano il mondo.

La morte a Gaza, l'altro ieri, di sette operatori umanitari dell'organizzazione non governativa World Central Kitchen (WCK), fondata dallo chef José Andrés, ha sconvolto la comunità internazionale. Tra i morti dell'ONG ci sono cittadini britannici, australiani, polacchi, un palestinese e un doppio cittadino statunitense-canadese.

La giustizia, fondamentale per una convivenza pacifica

L'Udienza di oggi si è svolta in Piazza San Pietro e il Papa ha letto personalmente tutti i suoi discorsi, davanti a numerosi gruppi di pellegrini e fedeli provenienti dall'Italia e da tutto il mondo. Nel suo discorso in lingua italiana, ha proseguito il ciclo di catechesi su "Vizi e virtù", incentrando la sua riflessione sul tema della giustizia, con la lettura di un brano del Libro dei Proverbi, 21.

La seconda delle virtù cardinali è la giustizia. È la virtù sociale per eccellenza. Il Catechismo della Chiesa Cattolica la definisce così: "La virtù morale che consiste nella costante e ferma volontà di dare a Dio e al prossimo ciò che è loro dovuto" (n. 1807). Spesso, quando si parla di giustizia, si cita anche il motto che la rappresenta: "unicuique suum - a ciascuno il suo", esordisce Francesco. 

Si tratta di una virtù fondamentale per la convivenza pacifica nella società, che consiste nel regolare i rapporti - con Dio e tra le persone - in modo equo, dando a ciascuno ciò che gli spetta; per questo motivo è simbolicamente rappresentata da una bilancia.

"Nessuna giustizia, nessuna pace

"Il giusto è retto, semplice e onesto; conosce le leggi e le rispetta; mantiene la parola data; non usa mezze verità o sottigliezze ingannevoli nel parlare. Per vivere questa virtù è necessario vigilare ed esaminare se stessi, essere fedeli "nel poco e nel molto" ed essere riconoscenti".

"La giustizia è un antidoto alla corruzione e ad altri comportamenti dannosi - come la calunnia, la falsa testimonianza, la frode, l'usura - che minano la fraternità e l'amicizia sociale. Per questo è fondamentale educare al senso della giustizia e promuovere una cultura della legalità". "Senza giustizia non c'è pace", ha detto il Papa.

Nelle parole rivolte ai pellegrini di diverse lingue, il Santo Padre ha pregato affinché "la luce di Cristo risorto ci guidi lungo i sentieri della giustizia e della pace, e la forza vivificante del suo amore ci renda audaci costruttori di un mondo più fraterno e unito. Gesù vi benedica e la Vergine Santa vegli su di voi".

Domenica della Divina Misericordia

Nel salutare i pellegrini polacchi, Papa Francesco ha ricordato il Domenica della Divina Misericordiache la Chiesa celebra il 7 aprile, e che "ricorda il messaggio di Santa Faustina Kowalska. Non dubitiamo mai dell'amore di Dio, ma affidiamo con fermezza e fiducia la nostra vita e il mondo al Signore, chiedendogli in particolare una pace giusta per le nazioni in guerra".

L'autoreFrancisco Otamendi

Cinema

Cabrini, l'italiana che rivoluzionò New York

La vita della prima santa cittadina americana, Francisca Javier Cabrini, arriva nelle sale con la regia di Alejandro Monteverde in un film di singolare bellezza fotografica e musicale.

Paloma López Campos-3 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il primo cittadino statunitense ad essere canonizzato ha già una film. Sotto la direzione di Alejandro Monteverde ("Sound of Freedom", "Bella" o "Little Boy"), arriva sugli schermi la biografia del santo italiano. Francisca Javier Cabrini.

Insieme ad altre sei compagne, Madre Cabrini fondò l'ordine delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Come superiora, voleva portare la missione in Oriente, per prendersi cura dei bambini bisognosi. Tuttavia, su richiesta di Papa Leone XIII, finì per recarsi negli Stati Uniti, in particolare a New York, per iniziare il lavoro sociale con i bambini orfani dei "Five Points".

Dopo molti ostacoli e un duro processo di adattamento alla vita americana, così ostile agli immigrati italiani, Madre Cabrini riuscì a espandere la sua opera di accompagnamento e cura dei più vulnerabili in molte città degli Stati Uniti. Alla fine adottò la cittadinanza americana e morì a Chicago all'età di 67 anni.

Ancora dal film "Una donna italiana (Cabrini)" (Angel Studios)

Fotografia e colonna sonora impeccabili

Alejandro Monteverde ritrae la vita appassionata di questa suora in un film che è uscito l'8 marzo negli Stati Uniti e arriverà in Spagna il 10 maggio. Il film ha come protagonista Cristiana Dell'Anna, che interpreta meravigliosamente il ruolo. La fermezza della Cabrini si riflette negli sguardi della Dell'Anna, facendo sì che lo spettatore non possa fare a meno di ammirare questa donna coraggiosa che si è opposta a un'intera società.

La fotografia di Gorka Gómez Andreu è visivamente magnifica. Passando da Roma a New York, le scene sono particolarmente belle. Accompagnato dalla colonna sonora di Gene Back, è difficile rimanere indifferenti davanti allo schermo.

Tuttavia, la sceneggiatura scritta da Alejandro Monteverde e Rod Barr fa perdere al film parte del suo fascino. È un peccato che momenti di una storia così commovente e con un grande potenziale di ispirazione per il pubblico si perdano nei dialoghi.

Le immagini e la musica raccontano la vita di Madre Cabrini molto più della sceneggiatura, che è difficile da seguire. Tuttavia, ci sono frasi che lasciano pensare lo spettatore e gli articoli scritti e letti ad alta voce dal personaggio Theodore Calloway, un giornalista del "New York Times", riflettono magnificamente il lavoro delle missionarie. Questi interventi "fuori campo" aiutano davvero a capire la grandezza di ciò che Francisca Cabrini e i suoi compagni hanno fatto a New York.

Cabrini, imperfetta e ammirevole

D'altra parte, il film ritrae la durezza della vita dell'immigrato italiano, ma non si rallegra del dolore. Al contrario, il film offre una visione illuminata della sofferenza, concentrandosi su quello che il protagonista descrive nel film come un "impero della speranza". È sorprendente, tuttavia, che un'impresa così nobile non venga mostrata mentre si prega la sua promotrice, una suora ora santa.

La protagonista appare solo una volta in preghiera ed è in un momento di assoluta disperazione. Nel corso del film la Cabrini entrerà di nuovo in una chiesa, ma invece di pregare discuterà ad alta voce con l'arcivescovo Corrigan.

Nonostante ciò, la fondatrice dell'ordine missionario fa frequenti allusioni a Dio e all'importanza di considerare il prossimo come figlio del Padre. Allo stesso modo, i personaggi ripetono spesso che Cabrini deve affrontare molti problemi proprio perché è una donna. Il film compie uno sforzo ammirevole per mostrare che il sesso non è un limite per la santa, ma le sue frasi devastanti sull'argomento raggiungono a volte una durezza quasi estrema nei confronti del maschile.

Un film da non perdere

Nel complesso, il film vale la pena. Porta la difficile vita degli immigrati negli Stati Uniti ai nostri giorni e la testimonianza di madre Cabrini continua a toccare i cuori di molti. Il suo coraggio e il suo amore per i più vulnerabili sono esemplari e portano le lacrime agli occhi del pubblico quando meno se lo aspetta.

La qualità dell'immagine e del suono cancella completamente il pregiudizio che il cinema cristiano non sia all'altezza degli standard hollywoodiani, perché in questo film Monteverde ha assicurato che il prodotto finale è della migliore qualità. Il film non è perfetto, né lo era la Cabrini, e il film non ha paura di mostrarlo, ma è una storia potente, stimolante e reale. È la storia di una santa donna che non ha avuto paura di sfidare i limiti per un amore autentico ed evangelico verso i suoi figli, i vulnerabili.

Ancora dal film "Una donna italiana (Cabrini)" (Angel Studios)
Per saperne di più
Gli insegnamenti del Papa

Evangelizzare con lo stile della misericordia

I cattolici sono chiamati alla missione e il Papa ha approfondito questa vocazione universale attraverso aspetti quali l'educazione, la misericordia e la testimonianza della speranza.

Ramiro Pellitero-3 aprile 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Quali sono le priorità educative di oggi? Come si può trasmettere oggi il senso della vita come "missione", soprattutto ai giovani uomini e donne?

In vista del prossimo Giubileo, che si terrà nel 2025, nelle ultime settimane il Papa ha fatto riferimento ai grandi temi della missione evangelizzatrice: la fede e la sua trasmissione, la misericordia come principale manifestazione della carità, la speranza come forza che ci sostiene nel nostro cammino.

Il compito della formazione e dell'educazione

In occasione del 90° anniversario del seminario arcivescovile di NapoliIl Papa ha incontrato le autorità e i seminaristi. A proposito della formazione, Francesco ha osservato che la Chiesa è come "la Chiesa dello Spirito Santo".un lavoro in corso".

"E questo è anche ciò che chiede a voi: essere servitori - cioè ministri - che sappiano adottare uno stile di discernimento pastorale in ogni situazione, sapendo che tutti noi, sacerdoti e laici, siamo in cammino verso la pienezza e siamo operatori di un lavoro in corso. Non possiamo offrire risposte monolitiche e preconfezionate alla complessa realtà odierna, ma dobbiamo investire le nostre energie nell'annuncio dell'essenziale, che è la misericordia di Dio, manifestandola attraverso la vicinanza, la paternità, la mitezza, perfezionando l'arte del discernimento.".

Ha sottolineato la necessità di una formazione sacerdotale che sia radicata nell'impegno, nella passione e nella creatività, insieme alla carità, alla vita spirituale e alla fraternità.

Su un piano più generale, quello dell'educazione di ispirazione cattolica, il Papa ha scritto un messaggio per il Congresso promosso dai vescovi spagnoli e tenutosi in Spagna durante il mese di febbraio, con il titolo "....La Chiesa nell'educazione. Presenza e impegno" (cfr. Messaggio del 20-II-2024). Il precedente congresso, con caratteristiche simili, si era tenuto cento anni prima.

Francesco scrive: "La missione educativa della Chiesa continua nei secoli. Allora come oggi siamo spinti dalla stessa grande speranza che scaturisce dal Vangelo, con cui guardiamo a tutti, a partire dai più piccoli e vulnerabili.". Aggiunge che l'educazione è la prima cosa da fare".un atto di speranzaIl "nuovo" è un nuovo modo di guardare alle persone, agli orizzonti della loro vita, alle loro possibilità di cambiamento e alla loro capacità di contribuire al rinnovamento della società. 

"Oggicontinua il Papa- la missione educativa ha un'urgenza particolare, ed è per questo che ho insistito su unapatto educativo globale (cfr. Francesco, Messaggio di lancio del Patto educativo globale, 2019 e Documento di lavoro, 2020), la cui priorità è quella di saper mettere la persona al centro". 

Continua evocando alcuni principi fondamentali per un'educazione di ispirazione cattolica.

In primo luogo, il diritto all'istruzione, perché nessuno dovrebbe essere escluso, considerando che ci sono ancora tanti bambini e giovani senza accesso all'istruzione in tante parti del mondo, che soffrono per l'oppressione, la guerra e la violenza.

Per questo Francesco esorta i partecipanti al congresso (nella giornata conclusiva si sono riuniti a Madrid circa 1200 educatori provenienti da tutto il Paese) a lavorare innanzitutto per le necessità della Spagna, ma senza dimenticare nessuno.

"Siate sensibili alle nuove esclusioni generate dalla cultura dell'usa e getta. E non perdete mai di vista che la generazione di rapporti di giustizia tra i popoli, la capacità di solidarietà con i bisognosi e la cura della casa comune passano attraverso i cuori, le menti e le mani di coloro che vengono educati oggi.".

In terzo luogo, sottolinea che ".ciò che è proprio dell'educazione cattolica in tutti gli ambiti è la vera umanizzazione, un'umanizzazione che nasce dalla fede e genera cultura.". 

Questo è sostenuto dalla realtà che Cristo vive ed è in mezzo a noi: "...".Cristo abita sempre in mezzo alle nostre case, parla la nostra lingua, accompagna le nostre famiglie e il nostro popolo".

Infine, ha ringraziato l'impegno di tante persone a favore dell'educazione cattolica in Spagna che, allo stesso tempo, contribuiscono all'identità culturale della nostra società; ricordando che "...la Chiesa cattolica in Spagna è un elemento fondamentale nello sviluppo della nostra società".l'educazione è un'impresa corale, che richiede sempre collaborazione e lavoro in rete"amicizia sociale, cultura dell'incontro e artigianato della pace".

Uomo-donna, immagine di Dio

Nel contesto di un discorso al Congresso "Uomo-donna immagine di Dio. Per un'antropologia delle vocazioni" (1-III-2024), Francesco si è pronunciato sul "bruttezzaL'"ideologia di genere", nella misura in cui tende ad annullare le differenze tra uomini e donne e, quindi, a cancellare l'umanità. 

Prima di tutto, ha detto, è necessario riscoprire che ".il cammino dell'essere umano è la vocazione"perché l'uomo stesso è una vocazione". "Ognuno di noi scopre e si esprime come chiamata, come persona che si realizza nell'ascolto e nella risposta, condividendo il proprio essere e i propri doni con gli altri per il bene comune.". 

Questo si riflette nel nostro comportamento: "Questa scoperta ci fa uscire dall'isolamento di un io autoreferenziale e ci fa guardare a noi stessi come a un'identità in relazione: io esisto e vivo in relazione con colui che mi ha generato, con la realtà che mi trascende, con gli altri e con il mondo che mi circonda, in relazione al quale sono chiamato ad abbracciare con gioia e responsabilità una missione specifica e personale.".

Il Papa ha spiegato che oggi si tende a dimenticare questa realtà, riducendo la persona ai suoi bisogni materiali o alle sue esigenze primarie, come se fosse un oggetto senza coscienza né volontà, trascinato nella vita come un ingranaggio meccanico. 

"D'altra parte -ha osservato l'uomo e la donna sono creati da Dio e sono l'immagine del creatore, cioè portano in sé un desiderio di eternità e di felicità che Dio stesso ha seminato nel loro cuore e che sono chiamati a realizzare attraverso una vocazione specifica.". È una tensione interiore che non dobbiamo spegnere, perché siamo chiamati alla felicità.

Una vocazione al "noi"

Questo ha conseguenze importanti: "La vita di ciascuno di noi, nessuno escluso, non è un incidente di percorso; il nostro essere nel mondo non è una mera coincidenza, ma siamo parte di un disegno d'amore e siamo invitati a uscire da noi stessi e a realizzarlo, per noi e per gli altri.".

Il successore di Pietro ha sottolineato che non si tratta di un compito esterno alla nostra vita, ma piuttosto di "... un compito che dobbiamo svolgere nella nostra vita".una dimensione che coinvolge la nostra stessa natura, la struttura del nostro essere uomo-donna a immagine e somiglianza di Dio". 

E ha insistito: "Non solo ci è stata affidata una missione, ma ognuno di noi è una missione".. Qui ha ripreso le parole di una precedente dichiarazione: ".Io sono sempre una missione; tu sei sempre una missione; ogni battezzato è una missione. Chi ama si mette in moto, esce da sé, è attratto e attrae, si dona all'altro e intreccia relazioni che generano vita. Nessuno è inutile e insignificante per l'amore di Dio." (Giornata Missionaria Mondiale, 2019).

A questo proposito, ha evocato le illuminanti parole del santo cardinale Newman: ".Sono stato creato per fare ed essere ciò che nessun altro è stato creato per fare. (...) Ho una mia missione. In qualche modo sono necessario alle loro intenzioni". E anche: "[Dio non mi ha creato inutilmente. Farò del bene, farò la sua opera. Sarò un angelo della pace, un predicatore della verità nel posto che mi ha assegnato e, anche se non lo so, per seguire i suoi comandamenti e servirlo nella mia vocazione." (Meditazioni e domandeMilano 2002, 38-39).

Francesco ha sottolineato la necessità e l'importanza di approfondire questi temi, al fine di diffondere "la consapevolezza della vocazione a cui ogni essere umano è chiamato da Dio, nei vari stati di vita e grazie ai suoi molteplici carismi". Anche per interrogarsi sulle sfide attuali in relazione alla crisi antropologica e alla necessaria promozione delle vocazioni umane e cristiane.

L'importanza, a questo proposito, di sviluppare "una circolarità sempre più efficace tra le diverse vocazioni, affinché le opere che scaturiscono dallo stato di vita laicale a servizio della società e della Chiesa, insieme al dono del ministero ordinato e della vita consacrata, possano contribuire a generare speranza in un mondo su cui incombono pesanti esperienze di morte.".

Tre temi all'orizzonte del Giubileo del 2025

Infine, vale la pena di citare il discorso del Papa al Dicastero per l'evangelizzazione (15-III-2024), in relazione alla preparazione della Giubileo 2025

Nel delineare il quadro delle sfide contemporanee, ha sottolineato il secolarismo (vivere come se Dio non esistesse) degli ultimi decenni, la perdita del senso di appartenenza alla comunità cristiana e l'indifferenza verso la fede. Queste sfide necessitano di risposte adeguate, tenendo conto anche della cultura digitale in cui ci troviamo: saper collocare ciò che è legittimo nella tanto rivendicata autonomia della persona di oggi, ma non ai margini di Dio. 

Dopo questa introduzione, il Papa ha sottolineato tre questioni importanti in questo momento e in vista del Giubileo del 2025.

La trasmissione della fede

In primo luogo, la rottura nella trasmissione della fede. A questo proposito, ha sottolineato l'urgenza di recuperare il rapporto con le famiglie e i centri di formazione. E ha ricordato che la fede si trasmette soprattutto con la testimonianza di vita. Una testimonianza che ha un centro: "La fede nel Signore risorto, che è il cuore dell'evangelizzazione, per essere trasmessa richiede un'esperienza significativa, vissuta in famiglia e nella comunità cristiana come un incontro con Gesù Cristo che cambia la vita".

In questo contesto ha sottolineato l'importanza della catechesi. In questo contesto ha anche sottolineato il ministero del catechista, specialmente nel campo dei giovani, al servizio dell'evangelizzazione. 

Un terzo appello all'attenzione, nello stesso contesto, è stato rivolto dal Papa ai Catechismo della Chiesa CattolicaLa "Chiesa di Gesù Cristo", riferimento fondamentale per l'educazione alla fede. "In questo senso, vi incoraggio a trovare modi in cui il Catechismo della Chiesa Cattolica possa continuare a essere conosciuto, studiato e apprezzato, in modo da fornire risposte alle nuove esigenze emerse nel corso dei decenni.".

La spiritualità della misericordia

Secondo tema: la misericordia, come "contenuti fondamentali dell'opera di evangelizzazione"che dobbiamo far circolare nelle vene del corpo della Chiesa". "Dio è misericordia", come aveva già annunciato San Giovanni Paolo II all'inizio del terzo millennio. 

In relazione alla misericordia, Francesco ha sottolineato il ruolo della pastorale dei santuari e anche quello dei missionari della misericordia, come testimoni della misericordia divina nel sacramento della confessione dei peccati. "Quando l'evangelizzazione è portata avanti con l'unzione e lo stile della misericordia, trova maggiore ascolto e il cuore è più aperto alla conversione.".

La forza della speranza

Infine, il Vescovo di Roma ha fatto riferimento alla preparazione del Giubileo ordinario del 2025 sotto il segno della forza della speranza, annunciando che la lettera apostolica per il suo avvio sarà pubblicata tra poche settimane. La speranza occuperà un posto centrale, come la virtù più "piccola" che sembra essere portata dalle sue due sorelle, la Fede e la Carità, ma è anche quella che le sostiene (Francesco evoca spesso questo passaggio dalle opere di Paul Claudel in Il portico del mistero della seconda virtùnel 1911).

Per saperne di più
Mondo

L’Iraq: che fine ha fatto il giardino dell’Eden? Seconda parte

In questo articolo, che conclude una serie di due, Gerardo Ferrara approfondisce le religioni attualmente presenti in Iraq.

Gerardo Ferrara-3 aprile 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Nel precedente articolo sull'Iraq, abbiamo riportato che nel Paese l'Islam è la religione del 95-98 % della popolazione, di cui 60 % sciiti e 40 % sunniti circa (sulle differenze tra sciiti e sunniti vedi il nostro articolo sull'Iran). Le minoranze non islamiche rappresentano meno del 2 %, in particolare cristiani ed ebrei, e-mail e yazidi.

Fino al 2003, tuttavia, in Iraq viveva una delle minoranze cristiane più numerose del Vicino Oriente, con 1 milione e mezzo di fedeli: erano il 6% della popolazione (il 12% nel 1947), ma oggi ne sono rimasti meno di 200 mila.

Il cristianesimo in Iraq

Il cristianesimo è presente da millenni in Iraq (anche qui, come in Iran, da più tempo dell’attuale religione di Stato, l’islam), e con una tradizione ricchissima.

Tradizionalmente, San Tommaso Apostolo è considerato l'evangelizzatore della Mesopotamia e della Persia, seguito nella missione da Addai (Taddeo), uno dei settanta discepoli di Gesù e primo vescovo di Edessa, e dal suo discepolo Mari (famosa è l'Anafora di Addai e Mari, considerata una delle più antiche formule eucaristiche), già nel I secolo. La Chiesa d'Oriente, nota anche come Chiesa di Persia, Chiesa assira o Chiesa nestoriana, con una sua specifica identità, nacque tra il III e il IV secolo, quando si separò dal cristianesimo occidentale al Concilio di Efeso (431), quando i vescovi assiri e persiani non accettarono la condanna del vescovo Nestorio e le loro ideee successivamente con il Concilio di Calcedonia (451). Ciò portò a una spaccatura all'interno della Chiesa orientale, con le gerarchie ecclesiastiche calcedoniane e non calcedoniane ai ferri corti.

La Chiesa assira, il cui centro di gravità era quindi nella Mesopotamia e nella Persia, si contraddistingue per la tradizione antiochena, rappresentata soprattutto da Teodoro di Mopsuestia, amico e confratello nella stessa comunità monastica di Giovanni Crisostomo ad Antiochia, e la liturgia propria della Chiesa primitiva, quindi molto vicina a quella sinagogale ebraica. Non essendo stata influenzata dalla mentalità e dalla filosofia ellenistiche, e neppure dall’architettura, la sua teologia è molto spirituale e simbolica, quasi del tutto priva di strumenti concettuali astratti, tanto che in lingua siriaca non abbiamo opere sistematiche di teologia, bensì piuttosto racconti allegorici, omelie in versi che sviluppano la simbologia biblica, scritti che riferiscono le esperienze ascetiche e mistiche dei rispettivi autori, come Afraate il Saggio o Efrem il Siro, considerati Padri di questa Chiesa al pari di Narsete, lo stesso Teodoro, Abramo di Kashkar e altri.

Il cristianesimo assiro ebbe nel primo millennio un’enorme fecondità. I suoi missionari, infatti, ben prima di Matteo Ricci ed altri evangelizzatori occidentali, giunsero fino in Cina (come testimonia la Stele nestoriana, eretta nel 781 a Xi’an, nella Cina centrale, per celebrare i 150 anni di presenza cristiana assira nel Paese), in Afghanistan e in Himalaya, lungo le rotte della Via della Seta.

Gli assiri cristiani

Quando si parla di cristiani assiri non ci si riferisce all'antico popolo mesopotamico, ma a un gruppo etnico-religioso che parla il siriaco (una variante moderna dell'aramaico antico) e professa il cristianesimo siriaco (o assiro, sinonimo in questo caso di "siriaco" e non assiro-babilonese). Oggi gli assiri sono circa 3,5 milioni, insediati soprattutto in Iraq (300.000, principalmente tra Baghdad, Mosul e la piana di Ninive), Siria (180.000), Stati Uniti ed Europa. Erano numerosi anche nella Turchia meridionale, ma furono sterminati o esiliati nel corso del Genocidio degli Assiri (contemporaneo, ma meno conosciuto dell'armeno) che ha comportato il massacro sistematico di un numero di cristiani assiri compreso tra 275.000 e 750.000, anch'esso ovviamente negato dalla Turchia ma riconosciuto a livello internazionale e da storici degni di questo nome.

La culla di questo gruppo etnico e religioso è la città di Mosul (l’antica Ninive, sulle rive del Tigri), insieme alla Piana di Ninive (a nord-est di quest’ultima città), una zona che fa parte del governatorato di Ninive ma i cui abitanti rivendicano la creazione di una provincia autonoma assira. Tra la città di Mosul e la Piana di Ninive (abitata anche da curdi, turkmeni, arabi, yazidi e altri gruppi etnoreligiosi) si trovano alcuni tra i luoghi santi più importanti del cristianesimo siriaco e mondiale, tra cui il monastero siro-cattolico di Mar Benham, del IV secolo, nei pressi della città cristiana di Qaraqosh (Bakhdida, in aramaico, 50 mila abitanti prima della proclamazione dell’ISIS e 35 mila attualmente), la chiesa di Al-Tahira (Immacolata, in arabo, la più antica di Mosul, del VII secolo), i monasteri di Mar Mattai e di Rabban Ormisda (tra i più antichi monasteri cristiani del mondo).

La lingua da essi parlata è un’evoluzione dell’aramaico antico, in una sua variante orientale oggi chiamata suroyo o turoyo, ancora molto diffuso tra la popolazione.

Prima della conquista arabo-islamica i cristiani erano la maggioranza in Iraq, ma la loro presenza, pur rimasta fondamentale a livello culturale ed economico, come in altri Paesi del Medio Oriente, è a rischio costante, specie dopo la caduta di Saddam Hussein. Secondo il cardinale Louis Raphaël I Sako, patriarca della Chiesa caldea in Iraq ma punto di riferimento per tutte le comunità cristiane irachene, ormai sempre più unite in quello che papa Francesco definisce “ecumenismo del sangue”, in seguito al rovesciamento del dittatore, 1.200 cristiani sono stati uccisi (tra cui diversi sacerdoti e diaconi e l’arcivescovo Paulos Faraj Rahho), 62 chiese pesantemente danneggiate e oltre 100.000 persone divenute profughe, private di tutti i loro averi.

Le persecuzioni, già feroci a causa degli attentati di Al-Qaida (decine di morti in varie chiese a Baghdad, l’assassinio del sacerdote Ragheed Ganni nel 2007, di Mons. Sahho nel 2008, solo per menzionarne alcuni), si sono intensificate nel 2014, quando i jihadisti dell’ISIS hanno invaso Mosul e occupato la Piana di Ninive per circa un anno, accanendosi contro le minoranze presenti, nella fattispecie cristiani e yazidi.

A Rapporto di Aiuto alla Chiesa che Soffre evidenzia come, anche con un parziale ritorno dei rifugiati nelle varie città tra Mosul e la piana di Ninive dopo la sconfitta del Califfato (tra il 20 % e il 70 % a seconda delle località e delle condizioni), la situazione dei cristiani (e di altri gruppi) nel Paese rimane drammatica e l'esodo continua.

Oggi il cristianesimo siriaco in Iraq è presente sotto diverse denominazioni. A partire dal XVI, infatti, porzioni considerevoli della Chiesa siro-ortodossa e della Chiesa siriaca orientale tornarono in comunione con Roma, accettando formalmente il Concilio di Calcedonia e le sue conclusioni in materia cristologica, pur salvaguardando le proprie tradizioni spirituali, teologiche e liturgiche (come altre Chiese orientali, infatti, sono definite Chiese Sui Iuris), e sono rispettivamente la Chiesa siro-cattolica (di rito siriaco occidentale, come quella ortodossa siriaca) e la Chiesa caldea, maggioritaria nel Paese (di rito siriaco orientale, come quella siriaca, o assira, d’Oriente).

Gli yazidi

Oltre ai cristiani e ai e-mailUn'altra minoranza irachena di cui si sente molto parlare ultimamente sono gli yazidi.

Si tratta di una popolazione di lingua curda che professa lo yazidismo, una religione sincretica. Sono concentrati per lo più nella regione del Sinjar, circa 160 km a est di Mosul.

Il fatto di credere in un Dio sommo e ineffabile, in relazione con il mondo per mezzo di sette angeli creatori sue emanazioni, o avatar, il cui primo in dignità è Melek Ta’ùs (angelo Pavone o angelo caduto), ha creato la nomea intorno a loro di essere adoratori del demonio (Satana), poiché, secondo alcuni racconti orientali, il tentatore di Eva assunse la figura del pavone.

Sono detti yazidi perché questo angelo Pavone si sarebbe diviso in una triade e manifestato nel tempo sotto forma (sempre avatar) di alcuni personaggi fondamentali per questo popolo, tra cui Yazid (il califfo omayyade Yazid ibn Mu‛awiyah) e Sheikh Adi ibn Musafir (un grande sufi musulmano del XII secolo). Credono, in un curioso miscuglio di gnosticismo, cristianesimo e islam, nella metempsicosi (reincarnazione, un elemento gnostico), nell’immortalità dell’anima, nel paradiso per i giusti e nella punizione per i peccatori, consistente nella trasmigrazione in esseri inferiori fino al giorno del giudizio.

I loro culti, anch’essi sincretici, fondendo elementi cristiani (battesimo, forme di comunione) dovuti certamente ai contatti con comunità cristiane, specialmente nestoriane (le quali hanno fortemente influenzato anche l’islam e i suoi riti), gnostici e musulmani (circoncisione, digiuno, pellegrinaggio, sebbene per gli yazidi il pellegrinaggio si svolga annualmente al santuario dello Sheikh Adi a Lalish, nel nord del Kurdistan iracheno).

L’origine gnostica è altrettanto evidente nell’ordinamento comunitario, di tipo teocratico e in base al livello di conoscenza misterica, tra laici (definiti “aspiranti”) e chierici (divisi in più categorie).

Gli yazidi sono stati senza dubbio la minoranza maggiormente perseguitata sotto il Califfato dell’ISIS, giacché ritenuti, a differenza dei cristiani, semplicemente pagani, o peggio, adoratori del demonio, dunque perseguibili fino alla morte, a meno che non si convertissero all’islam.

Si stima, poi (le cifre sono del portavoce UNICEF Marzio Babille), che nel periodo di occupazione del nord dell’Iraq da parte dei jihadisti di Abu Bakr Al-Baghadi siano state almeno 1.582 le giovani donne yazide di età tra i 12 e i 25 anni rapite (se non il doppio) per essere violentate e usate come schiave sessuali, passate da un guerrigliero all’altro e rimaste poi spesso incinte, in misura ancora maggiore rispetto alle cristiane.

Gli orrori dei loro racconti hanno commosso e indignato all’epoca il mondo intero, che però non sembra più interessato alla sorte dei sopravvissuti a questa barbarie in un Paese sempre più abbandonato a se stesso.

L'autoreGerardo Ferrara

Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.

Per saperne di più
Cultura

Chiesa, giovani e dibattito sul genere: una relazione impossibile?

Genere, giovani e Chiesascritto da Marta Rodríguez Díaz e pubblicato da Riunione si sforza di colmare il divario che sembra aprirsi quando una persona, soprattutto se giovane, affronta la questione del genere.

Maria José Atienza-2 aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Senza andare troppo lontano, almeno in Occidente, sono sempre più frequenti i casi di "amici transgender e gender-fluid" che troviamo intorno a noi. Una realtà particolarmente diffusa tra i giovani.

La velocità e l'ampiezza con cui la questione del genere ha fatto irruzione nella società, e quindi anche nella Chiesa, non è stata una buona compagna per una deliberazione pacata o un dialogo fruttuoso. Al contrario, in questo campo, il pregiudizio e la mancanza di comprensione e di dialogo sembrano essere la chiave di volta da "entrambe le parti". Un puzzle i cui pezzi si sono rivelati difficili da ricomporre in molte occasioni.

Questo divario generazionale, sociale e pastorale che sembra sempre aprirsi intorno a questo tema è proprio quello che Marta Rodríguez cerca di evitare con Genere, giovani e Chiesapubblicato da Encuentro, che si presenta come una bibliografia necessaria per la pastorale giovanile. 

Genere, giovani e Chiesa

Autore: Marta Rodríguez Díaz
EditorialeIncontro
Pagine: 196
Anno: 2024

A partire dalla sua esperienza di educatrice e di convivenza con i giovani, Marta Rodríguez Díaz parte da questa opposizione apparentemente irrisolvibile per affrontare non solo l'impatto delle teorie di genere nella società, ma anche il modo in cui affrontare coloro che, in un modo o nell'altro, si trovano in questo ambiente complicato e le loro famiglie.

Infatti, Rodríguez Díaz, direttore accademico del corso su "Genere, sesso ed educazione", del Università Francisco de Vitoria in collaborazione con il Regina Apostolorumera responsabile del Dicastero per i Laici, la Famiglia e la Vita.

Termine "genere

Particolarmente interessante è la posizione del libro sull'assunzione o meno del termine genereanche all'interno della Chiesa. In questo senso, Marta Rodríguez Díaz è favorevole a un'assunzione critica del termine genere per instaurare un dialogo fruttuoso con la società odierna ed evitare ferite o incomprensioni da parte di tutti gli attori. 

L'autore affronta questa relazione partendo dal punto di vista della prossimità. Da quella amica di un bambino, o di un alunno di una scuola dove si tiene una lezione, ecc. e che ci fa guardare questa realtà con occhi diversi.

È sorprendente vedere l'apertura mentale e concettuale con cui l'autore affronta questi casi, senza rinunciare al minimo terreno dottrinale o morale sul genere. 

In questo senso, il libro incoraggia un coraggioso atteggiamento di accettazione, soprattutto da parte dei familiari e degli educatori, ma senza legittimare i comportamenti. Rodriguez non parla da un punto di vista teorico, ma propone, sulla base dell'esperienza e del rapporto con i giovani, una serie di principi molto interessanti per la convivenza e, soprattutto, l'accompagnamento dei giovani che si definiscono LGTBI+.

Accompagnamento e ascolto

Forse il termine più importante di questo libro è proprio quest'ultimo, accompagnamento e accanto ad esso, quello di ascoltare. Per coloro che lavorano nella pastorale giovanile e familiare della Chiesa, Rodríguez Díaz raccomanda di assumere il compito di accompagnare, non di convincere, coloro che vivono in situazioni lontane dalla morale e dalla dottrina della Chiesa sulla responsabilità sessuale. 

L'autore non nasconde la necessità di una formazione continua, aperta e consapevole di chi accompagna questi giovani.

L'autrice non evita neppure la necessità di pazienza e flessibilità da parte dell'accompagnatore. Oltre a questo accompagnamento paziente, l'autrice sottolinea il valore dell'ascolto reale di queste persone.

Marta Rodríguez Díaz sviluppa questa posizione con la convinzione che, nel profondo, coloro che difendono o vivono uno stile di vita segnato dalla teoria del gender, condividono il desiderio di una relazione di vero amore. 

Un libro interessante, utile soprattutto per genitori ed educatori, che aiuta ad affrontare senza timori il compito di dialogare con un mondo segnato dal gender e in cui la Chiesa deve continuare a fare da madre, maestra e soprattutto compagna e guida per i più giovani. 

Per saperne di più
Vaticano

Il Papa incoraggia i cattolici a essere "testimoni gioiosi" di Cristo risorto

Nella sua meditazione del lunedì di Pasqua, Papa Francesco incoraggia i cattolici a essere "testimoni gioiosi" della Risurrezione di Cristo.

Paloma López Campos-1° aprile 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto

Dopo la Domenica di Pasqua, Papa Francesco recita questo Lunedì dell'Angelo la "Preghiera di Pasqua".Regina Caeli". Affacciandosi al balcone che dà su Piazza San Pietro, il Santo Padre incoraggia i cattolici a notare "la gioia delle donne per la risurrezione di Gesù". Spiega, inoltre, che si tratta di una gioia che nasce "dall'incontro vivo con il Risorto" e che "le spinge a diffondere e raccontare ciò che hanno visto".

Francesco sottolinea che la Risurrezione di Cristo "cambia completamente e per sempre la nostra vita", perché è "la vittoria della vita sulla morte". Con il Signore risorto, continua il Papa, "ogni giorno diventa la tappa di un viaggio eterno, ogni 'oggi' può guardare a un 'domani'".

La gioia della risurrezione

Il Pontefice ricorda nella sua meditazione che questa gioia e speranza della Risurrezione "non è qualcosa di lontano", ma un dono che tutti i cattolici hanno fin dal giorno del loro Battesimo. Pertanto, insiste il Vescovo di Roma, "non rinunciamo alla gioia della Risurrezione". Pasqua".

Ma come possiamo assicurarci questa gioia? Papa Francesco ci consiglia di andare incontro al Signore Risorto, "perché è lui la fonte di una gioia che non si spegne mai". Questo incontro avviene "nell'Eucaristia, nel suo perdono, nella preghiera e nella carità vissuta".

Il Papa ci invita a testimoniare

Infine, Francesco chiede di "non dimenticare che la gioia di Gesù cresce anche in un altro modo, come dimostrano sempre le donne: annunciandola, testimoniandola. Perché la gioia, quando è condivisa, aumenta.

Il Papa conclude chiedendo l'intercessione della Vergine Maria affinché aiuti tutti i cattolici ad essere "testimoni gioiosi" di Cristo risorto.

Cultura

Il perdono, chiave di una vita sana, è il tema del numero di aprile della rivista Omnes.

La rivista cartacea di aprile 2024 affronta il tema del perdono in una dimensione multiforme, insieme ad altri interessanti articoli sulla prevenzione degli abusi, sui conflitti socio-politici attuali e sulle proposte culturali.

Maria José Atienza-1° aprile 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Perdonare ed essere perdonati. La Pasqua porta, al ritmo della liturgia della Chiesa, il mistero che dà senso alla fede: la risurrezione di Cristo e, con essa, il recupero della grazia dei figli di Dio, la rottura delle catene della morte causate dal peccato. Il perdono di Dio emerge come fonte di vita e modello del necessario perdono tra gli uomini.

Il difficile atto del perdono

Poche realtà sono così complesse e difficili da affrontare come la dispiacere. Perdonare ed essere perdonati è il tema centrale del dossier di aprile 2024. A tal fine, la rivista affronta la questione da diverse angolazioni.

La psicologa Patricia Díez spiega l'importanza del perdono come base delle relazioni umane, in un'intervista in cui definisce il perdono come un atto d'amore, "un atto di presa di posizione di fronte a una persona e a un male che ci viene presentato; si sceglie di amare la persona, ma non il male commesso". In questo senso, la persona che perdona riconosce il male e lo valuta come tale, ma non equipara l'azione cattiva alla persona che l'ha commessa, ma è in grado di vedere in essa una persona degna di essere amata nonostante i suoi errori". 

Andrea Gagliarducci approfondisce gli appelli storici al perdono incarnati nella vita di San Giovanni Paolo II e quelli che sembrano necessari oggi, come nel caso del conflitto tra Russia e Ucraina.

Mariano Crespo, da parte sua, approfondisce il significato della "purificazione della memoria" e dell'affermazione della dignità umana che un atto di perdono comporta. Il dossier si conclude con un interessante articolo di Fernando del Moral sul perdono come sacramento della Chiesa: la confessione.  

Il Sinodo va avanti

Il Sinodo della sinodalità trova più di un posto anche nel numero di aprile 2024 della rivista Omnes. Non a caso, la lettera inviata al cardinale Mario Grech da Papa Francesco che indica la strada da seguire per questo lavoro, con la creazione di gruppi specifici e la riserva di alcuni temi, ha portato nuovamente in primo piano il processo sinodale.

Questo nuovo percorso è indicato nel documento Il Tribuno di questo mese, Mons. Vicente JiménezAmministratore Apostolico delle diocesi di Huesca e Jaca e coordinatore dell'Equipe Sinodale della Conferenza Episcopale Spagnola per il Sinodo dei Vescovi, che sta analizzando le forme di lavoro proposte.

Il nostro redattore a Roma, Giovanni Tridente, ha intervistato P. Giacomo Costa, SJ, Segretario Speciale dell'Assemblea Sinodale, che spiega il nuovo metodo di lavoro del Sinodo della Sinodalità basato sui Gruppi di Lavoro. Questi gruppi, coordinati dalla Segreteria del Sinodo, avranno contributi da tutto il mondo. 

Il Gli insegnamenti del Papa questo mese si concentrano sulle parole del Papa che, nel mese di marzo, ha toccato temi delicati come la portata dell'ideologia gender, insistendo sul fatto che l'uomo e la donna sono immagine di Dio, e l'opera educativa della Chiesa, che il Papa ha ricordato essere durata nei secoli. Allora come oggi siamo animati dalla stessa grande speranza che scaturisce dal Vangelo, con cui guardiamo a tutti, a partire dai più piccoli.  

Il lavoro antiabuso e un teologo tedesco

Il lavoro del Consiglio latinoamericano del Centro de Investigación y Formación Interdisciplinar para la Protección del Menor, CEPROME, istituzione di riferimento nel lavoro di formazione per la prevenzione degli abusi sessuali negli ambienti ecclesiastici in America Latina, è al centro del tema latinoamericano di questa rivista.

Lo scorso marzo, il CERPOME ha tenuto il terzo dei suoi congressi, questa volta incentrato sul concetto di vulnerabilità. Uno dei relatori, Luis Alfonso Zamorano, sottolinea in un'intervista contenuta in questo numero l'importanza dell'accompagnamento, dell'ascolto e dei processi di guarigione delle vittime di abusi. 

La teologia del XX secolo di Juan Luis Lorda si concentra su "Una mystica persona", di Heribert Mühlen, autore tedesco legato al Rinnovamento Carismatico, le cui tesi, secondo Lorda, "continuano a contribuire a rinnovare la teologia dello Spirito Santo e della Chiesa. C'è spazio per le sfumature nel trasferimento tra la grammatica dei pronomi e l'ontologia delle persone".

Da parte sua, il reverendo SOS approfondisce lo Spatial Computing, "una forma di elaborazione che considera lo spazio tridimensionale come palcoscenico per interagire con i sistemi digitali" e che può diventare un alleato nel compito della formazione e della catechesi.

Terza guerra mondiale

Il nostro rapporto sulle Ragioni, invece, approfondisce la realtà della "terza guerra mondiale a pezzi", come il Papa definisce un panorama internazionale segnato da instabilità e conflitti. Il rapporto copre il panorama politico internazionale, dalla guerra in Ucraina e in Terra Santa ai vari conflitti in Africa, America, Cina e India, tra gli altri. 

Nelle ultime pagine, la sezione cultura, Carmelo Guillén ci porta la poesia del cardinale José Tolentino Mendonça, prefetto del Dicastero per la Cultura e l'Educazione e una delle voci più rappresentative della lirica portoghese più recente. 

Il contenuto del rivista per il mese di aprile 2024 è disponibile in versione digitale (pdf) per gli abbonati alle versioni digitale e cartacea.

Nei prossimi giorni verrà recapitato anche all'indirizzo abituale di coloro che hanno il abbonamento stampato.

Vaticano

Il viaggio di Papa Francesco a Venezia

Rapporti di Roma-1° aprile 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il 28 aprile Papa Francesco si recherà a Venezia. Lì visiterà il carcere femminile e incontrerà un gruppo di artisti che partecipano alla Biennale d'Arte di Venezia, alla quale anche la Santa Sede partecipa con un proprio padiglione.

In seguito, incontrerà un gruppo di giovani.


AhOra potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
TribunaIl vescovo Vicente Jiménez Zamora

Il Sinodo si avvicina all'ottobre 2024

Il Sinodo sulla sinodalità è entrato in una nuova fase del suo cammino con la costituzione di gruppi di studio su temi specifici. Un nuovo passo in questo cammino di riscoperta della natura e della missione della Chiesa.

1° aprile 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Sinodo sulla sinodalità prosegue il suo cammino verso la seconda sessione dell'ottobre 2024. Come risultato della prima sessione del XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi nell'ottobre 2023è stato il Rapporto di sintesi (IdS), che costituisce il documento di riferimento per il lavoro del Popolo di Dio tra le due sessioni. Il Rapporto di sintesi è composto da tre parti e venti capitoli. Ogni capitolo contiene la convergenzeil questioni da affrontare e il proposte  dialogo.

Nel tempo che intercorre tra le due sessioni siamo invitati a mantenere vivo il dinamismo sinodale nelle Chiese localiche negli ultimi anni ha coinvolto tutto il Popolo di Dio, in modo che un numero sempre maggiore di laici, membri della vita consacrata e pastori possano viverlo direttamente, partendo da una domanda fondamentale e guida: "Qual è il ruolo della Chiesa in questo processo?Come essere una Chiesa sinodale in missione?

Il lavoro sinodale in questa fase si articola su tre livelli complementari: la Chiesa locale; i raggruppamenti di Chiese (regionali, nazionali e continentali); la Chiesa intera nel rapporto tra il primato del Vescovo di Roma, la collegialità episcopale e la sinodalità ecclesiale.

L'approfondimento di questi tre livelli deve avvenire secondo principi trasversali: la missione di evangelizzazione come motore e ragion d'essere della Chiesa; la promozione della partecipazione alla missione di tutti i battezzati; l'articolazione tra locale e universale; il carattere spirituale dell'intero processo sinodale.

Papa Francesco, in una lettera al Segretario Generale del Sinodo, mons. Mario Grech, (22.02.2024) indica la strada da seguire prima della seconda sessione del Sinodo nell'ottobre 2024. 

Il Papa afferma che il La Relazione di Sintesi "elenca numerose e importanti questioni teologiche, tutte legate in varia misura al rinnovamento sinodale della Chiesa e non prive di implicazioni giuridiche e pastorali [...] Tali questioni, per loro natura, richiedono uno studio approfondito. Poiché non è possibile effettuare tale studio nel tempo della seconda sessione (2-27 ottobre 2024), il Papa ha decretato che esse siano assegnate a specifici Gruppi di studio per esaminarle adeguatamente".

Per ottemperare a questa disposizione e al mandato del Santo Padre, la Segreteria Generale del Sinodo ha pubblicato il documento (14.03.2024): Gruppi di studio su temi emersi dalla prima sessione da approfondire in collaborazione con i Dicasteri della Curia romana.

A tal fine, si stanno costituendo gruppi di studio per approfondire i dieci temi individuati da Papa Francesco. Essi sono i seguenti: 1) Alcuni aspetti riguardanti le relazioni tra le Chiese cattoliche orientali e la Chiesa latina (IdS 6). 2) Ascoltare il grido dei poveri (IdS 4 y 16). 3) La missione nello spazio digitale (IdS 17). 4) La revisione del Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis in prospettiva missionaria sinodale (IdS 11). 5) Alcune questioni teologiche e canoniche relative alle forme ministeriali specifiche (IdS 8 y 9). 6) La revisione, in prospettiva sinodale e missionaria, dei documenti sui rapporti tra Vescovi, Vita Consacrata, Aggregazioni Ecclesiali (IdS 10). 7) Alcuni aspetti della figura e del ministero del Vescovo (in particolare: i criteri per la selezione dei candidati all'episcopato, la funzione giudiziaria del Vescovo, la natura e lo svolgimento delle visite ad limina Apostolorum) in una prospettiva sinodale missionaria (IdS 12 y 13). 8) Il ruolo dei Rappresentanti Pontifici in una prospettiva sinodale missionaria (IdS 13). 9) Criteri teologici e metodologie sinodali per un discernimento condiviso di questioni dottrinali, pastorali ed etiche controverse (IdS 15). 10) L'accoglienza dei frutti del cammino ecumenico nella prassi ecclesiale (IdS 7).

Inoltre, a servizio del più ampio processo sinodale, la Segreteria generale del Sinodo attiverà un Forum permanente approfondire gli aspetti teologici, canonici, pastorali, spirituali e comunicativi della sinodalità della Chiesa, anche per rispondere alla richiesta di "promuovere, in un luogo appropriato, il lavoro teologico di approfondimento terminologico e concettuale della nozione e della pratica della sinodalità". (IdS 1p). Nello svolgimento di questo compito, sarà assistita dalla Commissione Teologica Internazionale, dalla Pontificia Commissione Biblica e da una Commissione di Diritto Canonico istituita al servizio del Sinodo in accordo con il Dicastero per i Testi Legislativi.

Con la convocazione del Sinodo dei Vescovi, Papa Francesco invita tutta la Chiesa a interrogarsi su un tema decisivo per la sua vita e la sua missione. L'itinerario sinodale, che è in linea con il programma di "aggiornamento della Chiesa proposto dal Concilio Vaticano II è un dono e un compito: camminando insieme, la Chiesa può imparare a vivere la comunione, a realizzare la partecipazione e ad aprirsi alla missione. Il cammino sinodale manifesta e realizza la natura della Chiesa come popolo di Dio pellegrino e missionario.

L'autoreIl vescovo Vicente Jiménez Zamora

Amministratore apostolico delle diocesi di Huesca e Jaca. Coordinatore dell'Equipe Sinodale della CEE per il Sinodo dei Vescovi.

Per saperne di più

Perdonare, essere perdonati, chiedere perdono

Una delle questioni più complicate, soprattutto nei tempi in cui viviamo, è il perdono. Il perdono come atto di perdonare e come ricevere il perdono dagli altri.

1° aprile 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

È noto il frequente riferimento di Papa Francesco ai conflitti e alle tensioni internazionali, quando afferma che stiamo vivendo "una terza guerra mondiale a pezzi".

È una guerra fatta di molti scontri, in linea di principio non globale ma locale, e forse non solo bellica.

Possono assumere la forma di conquiste unilaterali, guerre, affronti internazionali, umiliazioni e molte altre espressioni, ma sono sempre situazioni che danno origine, oltre a terribili danni a vite e proprietà, a divisioni e odi tra i popoli che spesso sopravvivono alle generazioni che le hanno vissute.

Poiché si tratta di un'esperienza che tutti conosciamo, sembra quasi superfluo dire che lo stesso fenomeno si verifica anche nella vita delle singole persone.

Subiamo a volte la mancanza di rispetto per l'individuo e i suoi diritti, sopportiamo vere e proprie ingiustizie, a volte palesemente reali e a volte percepite come tali, o non radicate in comportamenti intenzionalmente dannosi.

Questo può portare a tensioni tra le persone, ad allontanamenti temporanei o a inimicizie durature e persino a problemi psicologici.

Certo, può non essere facile uscire da questa dinamica e offrire il perdono come un gioco. Quest'altra logica ha diverse varianti: la gentilezza di perdonare, l'audacia di chiedere perdono, l'apertura a ricevere il perdono quando viene offerto. 

Vale quindi la pena soffermarsi sul significato di tutti questi comportamenti. Alcuni testi di questo numero forniscono diversi approcci: gli aspetti antropologici di base, la spiegazione psicologica, la considerazione filosofica e teologica.

Vengono discusse le differenze e le reazioni tra il perdono e l'oblio, o tra il perdono e la cancellazione, e viene analizzata la sottile linea di demarcazione tra una genuina richiesta di perdono e una strategia che la utilizza per raggiungere obiettivi politici o per sbiancare un'immagine.

Il perdono è più difficile se si intende adottarlo senza una predisposizione comportamentale radicata.

L'educazione in famiglia e non solo, e più in generale l'abitudine alla tolleranza e alla comprensione che formano le virtù, hanno effetti positivi molto diretti a livello personale e sociale. E nel contesto della vita cristiana, la grazia ricevuta da Dio rende la capacità di perdonare una reazione tipicamente cristiana.

In questo ambito, colui che perdona non trova la fonte della sua disponibilità nella propria condizione: riceve prima il perdono e lo impara da un Dio che sa perdonare, qualunque cosa accada.

L'autoreOmnes

Per saperne di più
Vaticano

Francesco chiede il rispetto della vita umana nel suo Messaggio di Pasqua 2024

Che Cristo risorto apra un cammino di pace per le popolazioni martirizzate della Terra Santa e dell'Ucraina, con il rispetto del diritto internazionale, un immediato cessate il fuoco e la rapida liberazione degli ostaggi. Che la luce della risurrezione ci renda "consapevoli del valore di ogni vita umana", ha pregato Papa Francesco nella Benedizione Urbi et Orbi del 2024.  

Francisco Otamendi-31 marzo 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Il rispetto "per il dono prezioso della vita" è stato un'idea centrale del Messaggio di Pasqua La Benedizione Urbi et Orbi di Papa Francesco al popolo di Roma e del mondo, impartita dal Santo Padre dal balcone centrale dopo la celebrazione della Messa solenne della Domenica di Pasqua di quest'anno in Piazza San Pietro e la recita del Regina Coeli alla Vergine Maria. Il messaggio è stato letto dal Papa.

Alla Messa, presieduta dal Santo Padre e che ha avuto come primo concelebrante il cardinale Giovanni Battista Re, decano del Collegio cardinalizio, il famoso Vangelo in cui Maria Maddalena si recò al sepolcro all'alba, vide la pietra tombale rimossa dal sepolcro e, dopo averlo detto a Pietro e all'"altro discepolo che Gesù amava", furono loro a correre e a vedere i teli di lino stesi e il sudario con cui era stato coperto il capo di Gesù.

"Gesù di Nazareth, il Crocifisso, è risorto". 

"Oggi risuona in tutto il mondo l'annuncio partito duemila anni fa da Gerusalemme: "Gesù di Nazareth, il Crocifisso, è risorto" (cfr. Mc 16,6)2, ha esordito il Santo Padre nel suo messaggio.

"La Chiesa rivive lo stupore delle donne che si recarono al sepolcro all'alba del primo giorno della settimana. Il sepolcro di Gesù era stato chiuso con una grande pietra; e così anche oggi ci sono rocce pesanti, troppo pesanti, che chiudono le speranze dell'umanità: la roccia della guerra, la roccia delle crisi umanitarie, la roccia delle violazioni dei diritti umani, la roccia del traffico di esseri umani, e così via. 

Anche noi, come le donne discepole di Gesù, ci siamo chiesti l'un l'altro: "Chi ci toglierà queste pietre? Ed ecco la grande scoperta del mattino di Pasqua: la pietra, quella grande pietra, era già stata rotolata via. Lo stupore delle donne è il nostro stupore. Il sepolcro di Gesù è aperto e vuoto. Da lì, tutto ha inizio".

"Solo Gesù rimuove le pietre che bloccano la via della vita".

"Gesù Cristo è risorto e solo Lui è in grado di rimuovere le pietre che bloccano la via della vita. Anzi, Lui stesso, il Vivente, è la Via; la Via della vita, della pace, della riconciliazione, della fraternità", ha continuato il Papa.

"Egli ci apre un passaggio umanamente impossibile, perché solo Lui toglie il peccato del mondo e perdona i nostri peccati. E senza il perdono di Dio quella pietra non può essere rimossa. Senza il perdono dei peccati, non è possibile uscire dalla chiusura mentale, dai pregiudizi, dai sospetti reciproci o dalle presunzioni che assolvono sempre se stessi e accusano gli altri. 

Solo Cristo risorto, donandoci il perdono dei peccati, apre la strada a un mondo rinnovato. Solo Lui ci apre le porte della vita, quelle porte che noi chiudiamo continuamente con le guerre che dilagano nel mondo. 

In questo giorno in cui celebriamo la vita che ci è stata donata nella risurrezione del Figlio, ricordiamo l'amore infinito di Dio per ciascuno di noi, un amore che supera ogni limite e ogni debolezza". 

"Disprezzo per il dono prezioso della vita".

"Eppure, quante volte il dono prezioso della vita viene trascurato", ha sottolineato il Successore di Pietro. "Quanti bambini non possono nemmeno vedere la luce, quanti muoiono di fame o mancano di cure essenziali o sono vittime di abusi e violenze, quante vite sono comprate e vendute per il crescente commercio di esseri umani? 

"Nel giorno in cui Cristo ci ha liberati dalla schiavitù della morte, invito tutti coloro che hanno responsabilità politiche a non risparmiare alcuno sforzo per combattere il flagello della tratta di esseri umani, lavorando instancabilmente per smantellare le sue reti di sfruttamento e per condurre coloro che ne sono vittime alla libertà. 

Il Signore conforti le loro famiglie, soprattutto quelle che attendono con ansia notizie dei loro cari, assicurando loro conforto e speranza. 

Che la luce della risurrezione illumini le nostre menti e converta i nostri cuori, rendendoci consapevoli del valore di ogni vita umana, che va accolta, protetta e amata. 

Terra Santa, Ucraina, Siria, Libano, Balcani, Armenia e Azerbaigian

Nel suo discorso, il Papa ha rivolto "il suo pensiero in primo luogo alle vittime dei numerosi conflitti che infuriano nel mondo, a cominciare da quelli in Israele e Palestina, e in Ucraina. Che Cristo risorto apra un cammino di pace per le popolazioni sofferenti di queste regioni", e ha rivolto i già citati appelli per il cessate il fuoco, la liberazione degli ostaggi, ecc.

"Non permettiamo che le ostilità in corso continuino a far pagare un pesante tributo alla popolazione civile, già stremata, e soprattutto ai bambini. Quanta sofferenza vediamo nei loro occhi. Nei loro occhi ci chiedono: perché? Perché tanta morte, perché tanta distruzione? La guerra è sempre un'assurdità e una sconfitta. Non permettiamo che i venti di guerra soffino sempre più forte sull'Europa e sul Mediterraneo. Non cediamo alla logica delle armi e del riarmo. La pace non si costruisce mai con le armi, ma tendendo la mano e aprendo i nostri cuori". 

Si è poi soffermato sulla Siria", che da quattordici anni subisce le conseguenze di una guerra lunga e devastante. Tanti morti, tanti dispersi, tanta povertà e distruzione attendono risposte da tutti, compresa la comunità internazionale. 

Oggi guardo in modo particolare al Libano, da tempo colpito da un blocco istituzionale e da una profonda crisi economica e sociale, ora aggravata dalle ostilità al confine con Israele. Il Signore risorto consoli l'amato popolo libanese e sostenga l'intero Paese nella sua vocazione a essere terra di incontro, di convivenza e di pluralismo. 

Il mio pensiero va in particolare alla regione dei Balcani occidentali, dove si stanno compiendo passi significativi verso l'integrazione nel progetto europeo. Che le differenze etniche, culturali e confessionali non siano causa di divisione, ma fonte di ricchezza per l'intera Europa e per il mondo intero. 

Incoraggio inoltre i colloqui tra Armenia e Azerbaigian affinché, con il sostegno della comunità internazionale, possano proseguire il dialogo, aiutare gli sfollati, rispettare i luoghi di culto delle varie confessioni religiose e raggiungere al più presto un accordo di pace definitivo". 

Terrorismo, Myanmar, Haiti, continente africano...

"Che Cristo risorto apra un cammino di speranza alle persone che in altre parti del mondo soffrono per la violenza, i conflitti e l'insicurezza alimentare, oltre che per gli effetti del cambiamento climatico". 

Possa portare conforto alle vittime di ogni forma di terrorismo. Preghiamo per coloro che hanno perso la vita e imploriamo il pentimento e la conversione degli autori di questi crimini. 

Il Risorto assista il popolo haitiano, affinché cessi al più presto la violenza che lacera e insanguina il Paese e si progredisca sulla via della democrazia e della fraternità. Conforti i Rohinyá, afflitti da una grave crisi umanitaria, e apra la strada della riconciliazione in Myanmar, Paese da anni dilaniato da conflitti interni, affinché si abbandoni definitivamente ogni logica di violenza. 

Aprire strade di pace nel continente africano, soprattutto per le popolazioni stremate in Sudan e in tutta la regione del Sahel, nel Corno d'Africa, nella regione del Kivu della Repubblica Democratica del Congo e nella provincia di Cabo Delgado in Mozambico, e porre fine alla prolungata situazione di siccità che sta colpendo vaste aree e causando carestia e fame. 

Che il Signore risorto faccia risplendere la sua luce sui migranti e su tutti coloro che stanno attraversando un periodo di difficoltà economiche, portando loro conforto e speranza nel momento del bisogno. 

Che Cristo guidi tutti gli uomini di buona volontà a unirsi nella solidarietà, per affrontare insieme le tante sfide che riguardano le famiglie più povere nella loro ricerca di una vita migliore e della felicità".

Al termine della Messa, prima di leggere il Messaggio Pasquale, il Pontefice ha salutato i numerosi fedeli presenti in Piazza San Pietro.

In conclusione, come sottolineato, Papa Francesco ha pregato affinché "la luce della risurrezione illumini le nostre menti e converta i nostri cuori, rendendoci consapevoli del valore di ogni vita umana, che va accolta, protetta e amata". Buona Pasqua a tutti!

Inviti alla preghiera

Negli ultimi anni si sono intensificati gli appelli del Papa alla preghiera, in particolare per la pace di fronte alle guerre e ai conflitti nel mondo. Ad esempio, il Via Crucis del Venerdì Santo, scritto dal Romano Pontefice anche se non ha potuto partecipare di persona, è stata segnata dalla celebrazione dell'anno dedicato alla preghiera nella Chiesa. Per questo motivo, vi erano molti riferimenti alla preghiera cristiana.

Allo stesso tempo, la speranza è stata una delle virtù più frequentemente menzionate da Papa Francesco negli ultimi giorni. Ad esempio, nella Veglia pasquale di ieri o nelle recenti parole rivolte ai giovani del mondo in occasione del quinto anniversario dell'esortazione apostolica "Christus vivit", in cui li ha incoraggiati a recuperare la speranza.

"Aggrappiamoci al Risorto".

Considerando il fatto narrato nei Vangeli che la pietra del sepolcro, che era molto grande, era stata rotolata via, il Pontefice ha detto ieri nella Veglia Pasquale che questa è "la Pasqua di Cristo, la potenza di Dio, la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza tra le macerie del fallimento". È il Signore, il Dio dell'impossibile che, per sempre, ha rotolato via la pietra e ha cominciato a aprire le nostre tombein modo che non ci sia fine alla speranza. A Lui, dunque, anche noi dobbiamo alzare gli occhi". 

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

I giovani celebrano la Resurrezione di Cristo con un concerto

Il 6 aprile si terrà un concerto per celebrare la Resurrezione di Cristo. L'evento avrà luogo alle 18:30 nella Plaza de Cibeles di Madrid.    

Loreto Rios-31 marzo 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Per il secondo anno consecutivo, l'Associazione Cattolica dei Propagandisti organizza il Festival della Resurrezione, un macro-concerto con un'importante line-up di artisti ospiti. La prima edizione, svoltasi nel 2023, ha visto la partecipazione di oltre 60.000 persone, molto più del previsto.

"Possiamo solo concludere che il bilancio dall'anno scorso è stato molto positivo", ha dichiarato a Omnes Pablo Velasco, segretario alle comunicazioni dell'Associazione cattolica dei propagandisti. "È stato un evento molto speciale e non avevamo mai organizzato nulla di simile prima. Avevamo un enorme grado di incertezza a causa della nostra inesperienza. Quello che sapevamo era che volevamo celebrare la risurrezione del Signore nel centro di Madrid e invitare chiunque volesse partecipare a questa gioia".

L'idea di organizzare questo concerto è nata, aggiunge, per celebrare la gioia cristiana della risurrezione, ed è un'iniziativa che "risponde all'essenza stessa dell'Associazione Cattolica dei Propagandisti. Il nostro carisma sta nella presenza di Cristo nella vita pubblica. Lo scopo della festa della Risurrezione è fondamentalmente quello di celebrare l'evento più importante della storia".

Questo evento sembra essere "qui per restare", come ha recentemente dichiarato Alfonso Bullón de Mendoza, presidente dell'Associazione cattolica dei propagandisti. Quest'anno, il concerto per il 2° Festival della Resurrezione è previsto per il 6 aprile alle 18.30 in Plaza Cibeles a Madrid e vedrà la partecipazione, tra gli altri, del gruppo Modestia Aparte, di Marilia (che faceva parte del noto duo musicale Ella Baila Sola), di Padre Guilherme (il sacerdote DJ portoghese della GMG), del DJ El Pulpo (il DJ portoghese della GMG) e del DJ spagnolo El Pulpo, Hakuna, Juan Peña e Esténez (Guillermo Esteban, ex Grílex).

Ci sarà anche la partecipazione del gruppo cristiano Culto HTBLa risurrezione è una festa condivisa da tutte le confessioni cristiane e l'intenzione è che tutti i cristiani possano celebrarla insieme. Tuttavia, non solo i credenti sono invitati a questo concerto, ma anche chiunque voglia partecipare: "È una festa aperta a tutti. Proprio questa caratteristica è essenziale per tutti i cattolici", afferma Pablo Velasco.

Perché, come ha detto recentemente Marilia, ex membro della band Ella Baila Sola, la musica "unisce tutti", indipendentemente dalle loro convinzioni, e "l'amore è al di sopra di tutto".

Dello stesso parere è stato Guillermo Esteban, che alla conferenza stampa di promozione dell'evento ha affermato che "le cose funzionano con l'amore", mentre Hakuna ha sottolineato che la musica "va da cuore a cuore", quindi non è necessario condividere le stesse convinzioni per goderne.

Pertanto, questa festa, dice Pablo Velasco, è "un'occasione per festeggiare, per condividere questa grande gioia. È anche un buon momento per invitare gli amici e una buona occasione per provocare conversazioni importanti". "Visto come è andata l'anno scorso, non me lo perderei", conclude.

Giornata della libertà

Il più grande atto di libertà mai consumato è quello di Gesù che ha dato la sua vita per tutta l'umanità. Con la sua risurrezione, ci ha liberati spezzando le catene della morte.

31 marzo 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Nei racconti della risurrezione di Gesù, c'è un dettaglio che non dovrebbe passare inosservato se ci interessa sapere se è ragionevole credere nel XXI secolo. Perché coloro che videro il Risorto faccia a faccia non lo riconobbero a prima vista?

I Vangeli riportano questo fenomeno in diverse occasioni: Maria Maddalena, piangendo ai piedi del sepolcro, lo scambiò per un giardiniere; i due di Emmaus lo accompagnarono in una lunga passeggiata e non lo riconobbero fino allo spezzare del pane la sera; persino gli amici più intimi, i suoi stessi discepoli, non riuscirono a riconoscerlo quando stavano pescando ed egli apparve sulla riva del lago.

Lasciando per un altro giorno la riflessione sulle misteriose capacità del corpo glorioso di Gesù, concentriamoci sul suo significato: la risurrezione di colui che viene da Nazareth può essere un fatto storico verificato da mille e una fonte, possiamo averlo davanti a noi, possiamo persino conversare con lui; ma, se non facciamo il passo di credere, non riusciremo a vederlo, a riconoscerlo.

Perché l'evento più importante della storia umana - la consapevolezza che la morte è solo un passo verso un'altra forma di vita - non diventa più evidente? Perché Dio ha preferito passare inosservato alla maggior parte della popolazione mondiale e mostrarsi solo a pochi?

La soluzione facile gli era già stata suggerita dal tentatore dopo i 40 giorni nel deserto. Lo fece salire sul cornicione del tempio di Gerusalemme e gli disse: "Se sei il Figlio di Dio, buttati giù da qui, perché sta scritto: 'Ha dato ordine ai suoi angeli di aver cura di te'". Se lo avesse ascoltato, tutto il mondo avrebbe creduto in lui immediatamente e indiscutibilmente. Perché non ha dato spettacolo della fede? Perché Dio, essendo Dio, non si mostra in modo sensazionale, chiaro e indiscutibile? Perché, se ama l'uomo, non usa il suo potere per far sì che ogni uomo creda in lui e sia salvato?

Per cercare di capire Dio, il meglio che possiamo fare è metterci nei suoi panni e vederlo dalla sua prospettiva. Dio è amore e l'amore richiede un consenso libero, non forzato. Ecco perché un matrimonio in cui si scopre che uno dei coniugi è stato costretto o ha interessi nascosti è detto nullo, non è esistito. Non è stato vero perché non c'è stato amore, ma interesse o paura. Allo stesso modo, Dio ci ama e come un buon amante vuole essere ricambiato, ma deve lasciarci la libertà necessaria perché questa corrispondenza sia vera. Credere per interesse o per paura non è credere, è fingere. La fede, che non è altro che amare Dio sopra ogni cosa, deve essere una risposta libera e personale alla proposta che ci fa. L'onnipotenza di Dio si dimostra nella sua capacità di farsi piccolo, insignificante, fino ad abbassarsi al livello dell'essere che ama per essere ricambiato... o meno.

È per questo che da 2.000 anni si celebra la Passione, Morte e Resurrezione di Gesù Cristo, che per molti non è altro che un ottimo motivo per trascorrere qualche giorno di vacanza all'inizio della primavera o, semmai, per godere degli eventi culturali che questa commemorazione comporta. Questo evento non ha risonanza, perché non c'è stato l'incontro con la persona viva di Gesù, che è passata davanti a noi e non l'abbiamo riconosciuta.

È il mistero della libertà con cui ci ha creati e che noi spesso deturpiamo con il nostro linguaggio. Parliamo di libertà di espressione, ad esempio, ma cancelliamo chi non si adegua alla norma; parliamo di libertà sessuale, ma a costo di uccidere chi viene concepito per questo motivo ma non vogliamo che nasca; parliamo di libertà di decidere una morte dignitosa, quando in realtà costringiamo chi non vuole soffrire a suicidarsi perché non gli diamo alternative; ci vantiamo di essere società libere, ma ci voltiamo dall'altra parte di fronte a situazioni di tratta o di lavoro precario; Ci vantiamo di essere società libere, ma permettiamo alle aziende tecnologiche di schiavizzare i nostri figli; ci vantiamo di essere liberi mercati, ma sfruttiamo i Paesi più poveri; facciamo a gara per essere i Paesi con più libertà, ma impediamo l'ingresso a chi non ha altra scelta se non quella di fuggire dalla mancanza di libertà nei propri Paesi; ci vantiamo di portare avanti le libertà sociali a costo di distruggere la famiglia come nucleo per la crescita delle persone nell'amore e nella libertà. 

La libertà non distrugge mai, non fa mai del male, non si gira dall'altra parte, ma si coinvolge, costruisce, ama senza aspettare. Il più grande atto di libertà mai consumato è quello di Gesù che ha dato la sua vita per tutta l'umanità. Con la sua risurrezione, ci ha liberati spezzando le catene della morte. La libertà ci rende liberi nella misura in cui trasforma la vita di una persona e la porta a cercare il bene comune.

Papa Francesco ha ricordato che "per essere veramente liberi, abbiamo bisogno non solo di conoscere noi stessi, a livello psicologico, ma soprattutto di conoscere noi stessi, a livello più profondo. E lì, nel cuore, aprirci alla grazia di Cristo.

Questo è ciò che fecero la Maddalena, i discepoli di Emmaus e i discepoli per conoscere se stessi interiormente e vedere che avevano Dio stesso davanti agli occhi. Forse lo avete avuto davanti a voi diverse volte nella vostra vita e non lo avete visto. Forse lo avete davanti a voi in questo momento e non lo vedete. Ricordate che solo la verità ci rende liberi. Buon giorno della libertà, buona Pasqua... o no!

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

Risorse

Pasqua. Tempo di mistagogia

Vivere pienamente la Pasqua significa, per ogni cristiano, riscoprire la realtà del Mistero di Dio in cui siamo introdotti dalla liturgia di questo tempo di grazia e di esperienza sacramentale.

Suor Carolina Blázquez OSA-31 marzo 2024-Tempo di lettura: 9 minuti

Inizia il periodo pasquale, che nella Chiesa antica era chiamato il tempo della mistagogia. Era l'obiettivo di tutto il catecumenato, che segnava il passo per le comunità cristiane che si preparavano ogni Quaresima, in modo particolare, all'accoglienza di nuovi membri.

La Pasqua, quindi, nella Chiesa del IV e V secolo, era sia il culmine del cammino di preparazione dei candidati all'ingresso nella comunità dei salvati, sia la fonte del costante rinnovamento delle comunità stesse.

Erano realmente percepite come un grembo materno. In esse riviveva costantemente il mistero di Maria: generare, gestare e partorire la vita dei nuovi figli di Dio, i neofiti, che, allo stesso tempo, vivificavano e rinnovavano la vita di coloro che erano già credenti.

Questo è il compimento delle parole di Gesù a Nicodemo, che invitò a nascere di nuovo, anche se era vecchio (cfr. Gv 3,3-7). 

Sviluppi storici

Dopo l'Editto di Milano e, infine, con il riconoscimento del cristianesimo come religione ufficiale dell'Impero Romano, le conversioni alla fede cristiana aumentarono notevolmente.

Sebbene stesse già prendendo forma, ciò significava che il processo di incorporazione al cristianesimo era istituzionalizzato con alcune tappe ben precise. Nella consapevolezza che "cristiani non si nasce, si diventa" (Tertulliano, Apologia contro i gentili18,4), il processo di catecumenato era lungo e in alcuni casi poteva durare diversi anni. 

Tuttavia, poiché l'ingresso nell'economia della grazia è il bene più grande, questi processi di preparazione sono stati abbreviati affinché l'attesa prolungata non porti a un senso elitario della fede, confondendo la buona preparazione con una certa dignità personale per ricevere i sacramenti.

Si potrebbe così dimenticare il vero significato della parola che la Chiesa ci invita a pronunciare poco prima di ricevere la comunione eucaristica: "O Signore, non sono degno che tu entri nella mia casa, ma una tua parola basterà a guarirmi" (cfr. Mt 8,8).

D'altra parte, poiché chi era già battezzato desiderava condividere la grazia con i propri figli, il battesimo infantile fu imposto fino a quando il battesimo degli adulti non si estinse praticamente. 

Da qui la trascuratezza di tutto questo itinerario catechetico e mistagogico di incorporazione alla Chiesa che, a partire dal Concilio Vaticano II, stiamo cercando di recuperare in modo creativo e aggiornato come proposta per la rivitalizzazione della fede dei credenti e per l'evangelizzazione e l'incorporazione alla Chiesa di nuovi fedeli.

Infatti, alcune realtà ecclesiali nate dal rinnovamento conciliare hanno assunto tappe o l'itinerario, più o meno completo, di tutto questo processo catecumenale in cui si integrano in modo equilibrato l'esperienza personale dell'incontro con Cristo - il risveglio nella fede -, l'inserimento ecclesiale attraverso il percorso liturgico-sacramentale e il processo esistenziale della conversione. 

Qui c'è qualcosa di chiave per il momento della Chiesa in cui viviamo. Ci viene offerto un quadro o una guida per tutti i nostri progetti educativi o catechistici nella fede, che corrono sempre il rischio di muoversi negli sforzi un po' infruttuosi di un'intensa educazione esteriore, poiché, in molti casi, la fede non è stata risvegliata perché non è avvenuto l'incontro personale con Cristo o, d'altra parte, nella promozione di proposte di risveglio nella fede che, senza un attento itinerario catechistico e formativo successivo a tutti i livelli e, soprattutto, a tutti i livelli di istruzione, rischiano sempre di muoversi negli sforzi un po' infruttuosi di un'intensa educazione esteriore, dall'altro, nella promozione di proposte di risveglio nella fede che, senza un attento itinerario catechistico e formativo successivo a tutti i livelli e, soprattutto, liturgico e sacramentale, sono spesso esperienze eminentemente soggettive che rischiano di spegnersi presto, al ritmo delle emozioni. 

Papa Francesco ci ha ricordato questi due pericoli in Desiderio Desideravi collegandosi al suo precedente magistero in cui ha ripetutamente chiesto di essere attenti e prudenti per evitare tendenze neopelagiane o, al contrario, neognostiche nella Chiesa (cfr. DD 17).  

Per raggiungere questa vitalità liturgica, la chiave sta nella proposta formativa attraverso la catechesi liturgica o mistagogica, riprendendo la prassi della Chiesa antica e riadattandola alle esigenze del presente nella fedeltà creativa che caratterizza sempre i passi di rinnovamento della Chiesa. Già in Sacrosanctum Concilium Siamo stati invitati a lavorare in questa direzione (cfr. SC 36), abbiamo anche Evangelii Gaudium tratta il tema della catechesi mistagogica (cfr. EG 163-168) e il Nuovo Direttorio per la Catechesi per l'anno 2020 riprende la questione (nn. 61-65; 73-78).

Parto continuo

Il processo è descritto in dettaglio nel RCIA, il Rituale per il Catecumenato degli Adulti, scritto nel 1972. Nel 2022 si celebra il 50° anniversario della sua pubblicazione e, nonostante siano passati tanti anni e sia uno dei frutti significativi della riforma liturgica conciliare, è un documento ancora poco conosciuto e poco apprezzato, sebbene possa essere un magnifico strumento per sviluppare processi di formazione catechistica e liturgica che aiutino ad approfondire la vita cristiana di chi è già credente. 

L'approfondimento del processo catecumenale aiuta a vivere nella memoria che il cristiano è sempre un peccatore perdonato, sperimentando così che la gioia della salvezza scaturisce non dai nostri successi o dalla nostra perfezione personale, ma dalla costante accoglienza della misericordia di Dio.

Questa posizione di verità e di umiltà davanti a Dio ci libera dalla tentazione di pensare a noi stessi come al figlio maggiore rispetto al figlio prodigo (cfr. Lc 15,29-32) o al fariseo rispetto all'esattore delle tasse (cfr. Lc 18,9-14). Viviamo in un processo di conversione ininterrotta, siamo continuamente portati alla fede fino a quando Cristo è formato in noi (cfr. Gal 4,19).

Dopo il periodo kerigmatico, in cui viene proclamato il cuore del Vangelo, che corrisponderebbe alle odierne modalità di evangelizzazione o primo annuncio, a coloro che, dopo la conversione alla fede, esprimevano il desiderio di iniziare un processo di incorporazione nella Chiesa, veniva proposto l'ingresso nel catecumenato.

Questo era concepito come un lungo periodo di tempo accompagnato da alcuni cristiani, i catechisti, che dovevano introdurre, a poco a poco, alla conoscenza della fede e all'esperienza della preghiera con la conseguente conversione dei costumi che questo comportava.

Fondamentali nell'itinerario erano la preghiera e la familiarizzazione con la Parola di Dio, il compito educativo nella dottrina e nella fede della Chiesa, nonché la conversione dei costumi, che per molti poteva significare un significativo cambiamento di abitudini di vita, di mentalità e di criteri, anche professionali....

Sant'Agostino, ad esempio, abbandonò la sua professione di oratore dopo la conversione. Si vergognava di vivere vendendo bugie travestite da verità solo perché ben dette, cercando, inoltre, di essere stimato e di godere di prestigio. Di fronte alla verità di Cristo, le maschere in cui si era nascosto per anni sono cadute (cfr. Confessioni IX, II, 2).

Questo processo di catecumenato si intensificava nell'ultima Quaresima prima del momento del battesimo, che veniva sempre ricevuto nel contesto della Pasqua, cioè nella Veglia Pasquale. Quest'ultima Quaresima era chiamata tempo di purificazione o di illuminazione ed era un tempo assolutamente unico e speciale.

Ogni settimana, scandita dalla domenica, era legata a un passo o a un gesto estremamente bello ed espressivo: la scelta o l'iscrizione del proprio nome, gli scrutini o i momenti di discernimento sulla verità della propria vita alla luce della Parola, gli esorcismi, la professione di fede, il Padre Nostro, le unzioni, il rito dell'Effetá... In questo tempo, tutti i gesti e i riti della Chiesa esprimono la gestazione, la preparazione alla nuova nascita che troverà la sua espressione definitiva nella notte di Pasqua, la grande notte battesimale. 

A Pasqua, il ricordo quaresimale della misericordia di Dio si trasforma in un ricordo grato della salvezza di fronte all'ultimo e definitivo dei mirabilia DeiLa risurrezione di Cristo dai morti. Questa grazia della risurrezione durante la Pasqua non viene solo proclamata, ma si realizza in noi attraverso i sacramenti che ci incorporano al Corpo glorioso di Cristo, la sua vita entra nella nostra. 

È un cammino di trasformazione in Cristo, per cui il cammino di un'intera vita cristiana, di anni di sequela e di progressiva conformazione a Cristo, ci viene donato nella notte di Pasqua, soprattutto durante il cinquantesimo di Pasqua e, come prolungamento di questo, in ogni Eucaristia quotidiana, che è pegno di ciò che già siamo e di ciò che siamo chiamati ad essere. 

Nella tua Luce vediamo la luce

Poiché siamo limitati, perché abbiamo bisogno di tempo per recepire, accogliere, comprendere questa chiarezza offerta del Mistero di Dio in Cristo, la Chiesa madre utilizza la mistagogia.

Il tempo appena successivo alla celebrazione del Triduo Pasquale, il cinquantesimo di Pasqua, ha questo senso pedagogico di ruminazione per meglio assimilare e approfondire la consapevolezza del dono già ricevuto. 

La vita cristiana di ciascuno di noi può essere intesa come un tempo prolungato di mistagogia fino al pieno ingresso nel Mistero nella vita del Cielo.

Molti di noi, battezzati da piccoli, hanno bisogno di questo tempo per capire cosa celebriamo, cosa crediamo e, in definitiva, cosa siamo. Stiamo assimilando ciò che abbiamo ricevuto come identità attraverso la fede e i sacramenti.

È quindi necessario sviluppare processi mistagogici, come facevano i Padri del IV secolo con i neofiti che partecipavano per la prima volta alle celebrazioni sacramentali. Avendo ricevuto i sacramenti dell'iniziazione in una sola notte, durante la Veglia, avevano poi bisogno di approfondire la comprensione di ciò che avevano vissuto per configurarsi, conoscendolo meglio, secondo questa nuova condizione ricevuta a immagine di Cristo. 

C'è un nuovo modo di percepire la realtà come portatrice del Mistero di Dio in cui veniamo introdotti dall'azione liturgica, e la Pasqua è il tempo propizio per questo. In essa la dimensione mistagogica è accentuata e valorizzata perché è il tempo della pienezza, del compimento in cui tutto ritorna alla sua realtà prima e ultima, alla sua referenzialità creata e alla sua verità in Dio rivelata in Cristo risorto. 

Questa mistagogia liturgica pasquale ha, in particolare, diverse dimensioni o livelli: 

Mistagogia creativa

A Pasqua i segni liturgici ci collegano con la creazione: il fuoco che purifica e illumina dall'interno, la luce del cero pasquale e la cera pura delle api, l'acqua battesimale, l'olio del santo crisma, il vento dello Spirito, la vita che in primavera si risveglia misteriosamente dal letargo invernale e irrompe nel Tempio attraverso le decorazioni floreali, il bianco e l'oro dei tessuti... 

Queste dimensioni cosmiche della liturgia richiedono un'attenta spiegazione. Non sono semplici elementi decorativi. Attraverso di esse, la Chiesa esprime la dimensione creativa dell'evento della risurrezione, superando ogni soggettivismo o riduzionismo emotivo della fede.

Cristo risorto ha riempito la realtà di luce dall'interno. Questo significa il velo lacerato del tempio, la terra squarciata dai terremoti e le pietre tombali spostate, come ci dicono gli evangelisti al momento della morte e della risurrezione (cfr. Mt 27,51-54.28,2).

Il nodo delle relazioni vitali: con Dio, con noi stessi, con gli altri e con la creazione, è stato sciolto. Da questo momento tutto è Dio-trascendente e Dio-portante, come se il mistero di Maria si realizzasse in ogni creatura, tutto si apre allo Spirito e l'antagonismo carne-pneuma si riconcilia, la vita della grazia si illumina attraverso la carne di questo mondo.

Nella liturgia nulla è opaco, chiuso in se stesso o separato dal resto. Tutto è trasfigurato, irradia chiarezza e vita. Il pane e il vino diventano totalmente docili alla Parola di Dio e all'azione dello Spirito.

Questo, che avviene nella liturgia, supera le mura della chiesa e, attraverso lo sguardo sacramentale del credente trasformato dalla celebrazione a cui partecipa, tocca la sua realtà quotidiana, rendendola spazio e tempo sacramentale.

Mistagogia storico-salvifica

Il cristiano, per tutta la vita, come se tutta la storia di Israele si attualizzasse nella sua storia, è invitato a passare dalla schiavitù alla libertà, dalla notte alla luce, dal deserto alla terra promessa, dal dolore alla festa, dalla fame al banchetto nuziale, dalla morte alla vita, entrato con Cristo nell'ultimo mare rosso della vita, della morte e della sepoltura, per risorgere con Lui a vita nuova, partecipando alla sua stessa vita risorta.

Per vivere questa esperienza è fondamentale la familiarità con la Storia Sacra attraverso la Parola di Dio letta, proclamata e celebrata nella liturgia. La Veglia Pasquale è maestra di questo compito mistagogico.  

Il suo viaggio nell'Antico Testamento attraverso i libri storici, profetici e sapienziali esprime le paure, gli aneliti, i limiti, la sete del cuore dell'uomo, costantemente salvato dalla mano potente di Dio.

Tutta questa pedagogia di Dio con il popolo trova il suo compimento nel Nuovo Testamento, con l'evento Cristo e la sua risurrezione.

È necessario soffermarsi sulle letture di ogni celebrazione, illuminarne il significato in Cristo ed esistenziale per l'uomo di oggi, confidare nella forza performativa della Parola che trova la sua massima espressione nella cornice sacramentale. Essa fa ciò che dice. 

Mistagogia sacramentale

La Pasqua è, per eccellenza, il tempo dei sacramenti. La forza salvifica che è scaturita dal Corpo di Cristo è passata nella sua Chiesa e, grazie alla sua azione, l'intera esistenza dell'uomo è benedetta e salvata.

I sacramenti ci mettono in relazione con Cristo risorto, sono l'occasione per un incontro con la sua carne gloriosa. Così siamo incorporati a lui innanzitutto attraverso la comunione eucaristica, che realizza la comunione inaugurata nel battesimo: Cristo in noi, noi in lui, in senso sponsale: uniti in una sola carne, la carne offerta da Cristo per la vita del mondo.

Questa comunione ci nutre, ci trasforma e ci spinge a vivere tutto ciò che è umano a partire da questa dimensione di risurrezione. A Pasqua si celebrano i sacramenti dell'iniziazione e, come grazia che ne scaturisce, è anche il momento giusto per la celebrazione dei sacramenti della vocazione: il matrimonio e l'Ordine Sacro, così come la consacrazione delle vergini.

È il tempo in cui l'umano con il suo mistero di crescita, amore, missione e limite può dispiegarsi senza paura, in una fecondità il cui frutto è la presenza del Regno, la santità.

Che noi ministri, religiosi, catechisti, catechiste, responsabili della pastorale possiamo dispiegare un'azione mistagogica creativa nelle nostre celebrazioni, nei nostri compiti catechistici, nelle nostre omelie, affinché possiamo essere veramente trasformati da ciò che riceviamo e in ciò che riceviamo.

Si tratta di un compito di conoscenza nel senso ebraico del termine: una conoscenza che è comunione e amore, che abbraccia tutte le dimensioni della persona fino a toccare le profondità dell'essere, fino a smuovere il cuore, introdurre nell'intimità, illuminare l'esistenza secondo Cristo. 

Questa è l'azione propria dello Spirito Santo, il grande Mistagogo, ed è per questo che la Pasqua, il tempo della mistagogia, è il tempo dello Spirito, infatti il suo traguardo è la Pentecoste.

Vaticano

Il Papa ci ricorda che la risurrezione di Cristo dà nuova vita alla speranza

Sabato 30 marzo alle 19.30 Papa Francesco ha presieduto la celebrazione della Veglia Pasquale nella Basilica di San Pietro in Vaticano.

Loreto Rios-30 marzo 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Alle 19.30 di sabato 30 marzo, il Papa ha presieduto la Veglia Pasquale nella Basilica di San Pietro. La cerimonia, durata quasi due ore e mezza, è iniziata nell'atrio della Basilica con la benedizione del fuoco e la preparazione del cero pasquale.

Dopo la processione all'altare, con l'accensione del cero e il canto dell'Exultet, si sono svolte la Liturgia della Parola e la Liturgia Battesimale, durante le quali Papa Francesco ha amministrato i sacramenti dell'iniziazione cristiana a otto catecumeni.

La pietra sigillata

Nell'omelia, che ha letto personalmente, il Papa ha sottolineato che "le donne vanno al sepolcro nella luce dell'alba, ma dentro di sé portano ancora le tenebre della notte". Perché, "pur essendo in cammino, sono ancora paralizzate, il loro cuore è rimasto ai piedi della croce. La loro vista è offuscata dalle lacrime del Venerdì Santo, sono immobilizzati dal dolore, bloccati nella sensazione che sia tutto finito, e che l'evento di Gesù sia già stato sigillato con una pietra. Ed è proprio la pietra al centro dei loro pensieri. Si chiedono: "Chi toglierà la pietra dall'ingresso del sepolcro? Quando arrivano sul posto, però, sono colpiti dalla sorprendente potenza della Pasqua: "Quando guardarono", dice il testo, "videro che la pietra era stata rotolata via; era una pietra molto grande" (Mc 16,4).

Il Santo Padre si è soffermato a riflettere su questi due momenti: "chi rotolerà via la pietra" e "quando guardarono, videro che la pietra era stata rotolata via".

La fine della storia

"Per cominciare", dice Francesco, "c'è la domanda che travolge il suo cuore spezzato dal dolore: chi toglierà la pietra dal sepolcro? Quella pietra rappresenta la fine della storia di Gesù, sepolto nelle tenebre della morte. Lui, la vita che è venuta nel mondo, è morto; Lui, che ha manifestato l'amore misericordioso del Padre, non ha ricevuto misericordia; Lui, che ha liberato i peccatori dal giogo della condanna, è stato condannato alla croce. Il Principe della pace, che ha liberato un'adultera dalla furia violenta delle pietre, giace nel sepolcro dietro una grande pietra. Quella roccia, ostacolo invalicabile, era il simbolo di ciò che le donne portavano nel cuore, la fine della loro speranza. Tutto si era infranto contro questa lastra, con il mistero oscuro di un dolore tragico che aveva impedito loro di realizzare i propri sogni.

Come ha sottolineato il Papa, "questo può accadere anche a noi. A volte ci sembra che una pietra tombale sia stata posta pesantemente all'ingresso del nostro cuore, soffocando la vita, spegnendo la fiducia, rinchiudendoci nella tomba delle paure e delle amarezze, sbarrando la strada alla gioia e alla speranza. Sono "pietre d'inciampo della morte" e le troviamo, lungo il cammino, in tutte le esperienze e le situazioni che ci tolgono l'entusiasmo e la forza di andare avanti; nelle sofferenze che ci assalgono e nella morte dei nostri cari, che lasciano in noi vuoti impossibili da colmare; nei fallimenti e nelle paure che ci impediscono di fare il bene che desideriamo; in tutte le chiusure che frenano i nostri slanci di generosità e ci impediscono di aprirci all'amore; nei muri dell'egoismo e dell'indifferenza che respingono l'impegno a costruire città e società più giuste e dignitose per l'umanità; in tutti gli aneliti di pace che vengono infranti dalla crudeltà dell'odio e dalla ferocia della guerra. Quando sperimentiamo queste disillusioni, abbiamo la sensazione che molti sogni siano destinati a infrangersi e anche noi ci chiediamo con angoscia: chi toglierà la pietra dal sepolcro?

Speranza infinita

È a questo punto che entra in gioco la seconda parte del Vangelo: "Quando guardarono, videro che la pietra era stata rotolata via; era una pietra molto grande". Il Papa ha sottolineato che questa è "la Pasqua di Cristo, la potenza di Dio, la vittoria della vita sulla morte, il trionfo della luce sulle tenebre, la rinascita della speranza tra le macerie del fallimento. È il Signore, il Dio dell'impossibile, che per sempre ha rotolato via la pietra e ha cominciato ad aprire le nostre tombe, perché non ci sia fine alla speranza. A Lui, dunque, dobbiamo guardare anche noi".

Guardiamo a Gesù

Il Pontefice ha poi invitato a "guardare a Gesù": "Egli, avendo assunto la nostra umanità, è sceso negli abissi della morte e li ha attraversati con la potenza della sua vita divina, aprendo una breccia infinita di luce per ciascuno di noi. Risuscitato dal Padre nella sua carne, che è anche la nostra, con la potenza dello Spirito Santo, ha aperto una nuova pagina per l'umanità. Da quel momento, se ci lasciamo condurre per mano da Gesù, nessuna esperienza di fallimento o di dolore, per quanto ci faccia male, potrà avere l'ultima parola sul senso e sul destino della nostra vita. Da quel momento in poi, se ci lasciamo prendere per mano dal Risorto, nessuna sconfitta, nessuna sofferenza, nessuna morte potrà fermarci nel nostro cammino verso la pienezza della vita".

Rinnovare il nostro "sì

Il Santo Padre ha invitato ogni cristiano a rinnovare il suo "sì" a Gesù. In questo modo, "nessuna pietra d'inciampo potrà soffocare il nostro cuore, nessuna tomba potrà racchiudere la gioia di vivere, nessun fallimento potrà portarci alla disperazione. Guardiamo a Lui e chiediamogli che la potenza della sua risurrezione possa infrangere le rocce che opprimono la nostra anima. Guardiamo a Lui, il Risorto, e camminiamo nella certezza che sullo sfondo oscuro delle nostre aspettative e della nostra morte è già presente la vita eterna che Egli è venuto a portare.

Infine, il Papa ha concluso chiedendo a tutti di far "esplodere il cuore di gioia in questa notte santa", e ha chiuso la sua omelia citando J. Y. Quellec: "Cantiamo insieme la risurrezione di Gesù: "Cantate di lui, terre lontane, fiumi e pianure, deserti e montagne [...] cantate del Signore della vita che risorge dal sepolcro, più luminoso di mille soli. O popoli distrutti dal male e colpiti dall'ingiustizia, popoli senza terra, popoli martirizzati, allontanate in questa notte i cantori della disperazione. L'uomo dei dolori non è più in prigione, ha sfondato il muro, si affretta a raggiungerci. Che dalle tenebre si levi il grido inatteso: è vivo, è risorto. E voi, fratelli e sorelle, piccoli e grandi [...] voi che fate fatica a vivere, voi che vi sentite indegni di cantare [...] lasciate che una nuova fiamma trafigga il vostro cuore, che una nuova freschezza invada la vostra voce. È la Pasqua del Signore, è la festa dei vivi".

Mondo

Nuovo Statuto e Regolamento per il Capitolo di Santa Maria Maggiore

Papa Francesco ha approvato un nuovo statuto e regolamento per il Capitolo di Santa Maria Maggiore. Con questo provvedimento, il Pontefice intende consentire ai canonici di dedicarsi pienamente all'accompagnamento spirituale e pastorale dei fedeli.

Giovanni Tridente-30 marzo 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Con un chirografo datato 19 marzo 2024, Papa Francesco ha approvato la nuova Statuto e regolamenti per il Capitolo della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore a Roma. Il provvedimento mira a liberare i canonici dagli obblighi finanziari e amministrativi, permettendo loro di dedicarsi pienamente all'accompagnamento spirituale e pastorale dei fedeli.

Il Pontefice ha conferito a Mons. Rolandas Makrickas, Arciprete Coadiutore della Basilica, l'autorità necessaria per l'applicazione della nuova normativa e il governo del Capitolo, mantenendo temporaneamente anche la rappresentanza legale e i poteri amministrativi.

Del resto, dal 15 dicembre 2021 al Vescovo Makrickas era stato affidato il compito di Commissario Straordinario del Capitolo, inclusa la gestione economica-finanziaria. I frutti di quel commissariamento sono ora confluiti in questa decisione finale di Papa Francesco.

In un Rescritto separato, il Papa ha anche stabilito che i Canonici e Coadiutori del Capitolo che hanno raggiunto o raggiungeranno gli 80 anni assumeranno lo status di “onorari”, conservando alcuni benefici come l’alloggio, le vesti e l’assegno capitolare. Potranno continuare il servizio liturgico-pastorale volontario e avere accesso al Cimitero dei Canonici. La stessa disposizione vale per coloro che da tempo non partecipano alle celebrazioni e sessioni capitolari, indipendentemente dall’età.

Il trasferimento segna una svolta nella vita del prestigioso Capitolo di Santa Maria Maggiore, custode di importanti reliquie - tra cui l'effigie centenaria della "Salus Populi Romani", di cui Papa Francesco è molto devoto - secondo i principi della costituzione apostolica "...".Praedicate Evangelium".

Il nuovo Statuto

Il documento riguardante lo Statuto del Capitolo e dei Canonici della Basilica Papale di Santa Maria Maggiore approvato dal Pontefice definisce la struttura e le funzioni del Capitolo e dei Canonici, sottolineando, come si diceva, l'importanza delle attività liturgiche e pastorali.

Tratta vari aspetti come la composizione del Capitolo, i ruoli del Cardinale Arciprete e dei Canonici, le nomine da parte del Romano Pontefice, le ferie e gli esercizi spirituali, la celebrazione della Messa e l'attività pastorale. Inoltre, vengono specificate le disposizioni riguardanti la cessazione dall'Ufficio dei Canonici, la celebrazione di Messe esequiali per i Canonici defunti, la gestione dei beni mobili ed immobili del Capitolo, la nomina e i compiti del Collegio dei Revisori dei Conti, nonché le disposizioni finali riguardanti l'interpretazione del presente Statuto e il foro competente per le questioni contrattuali ed economiche.

Vengono infine abrogate tutte le Norme statutarie, regolamentari e consuetudinarie fino ad ora in vigore.

Il Regolamento

Per quanto riguarda invece il Regolamento, sono presenti dettagli sulle norme e le procedure che regolano il ruolo dei Canonici all'interno della Basilica. Tra le disposizioni, si trovano informazioni riguardanti l'assegnazione degli alloggi, le responsabilità finanziarie, le sessioni capitolari, i doveri spirituali e liturgici, nonché le modalità di rinuncia all'Ufficio di Canonico.

Le norme stabiliscono inoltre le regole per la partecipazione alle funzioni liturgiche, le modalità di voto durante le sessioni capitolari e le responsabilità degli Officiali e del Segretario. È prevista la possibilità di revocare l'alloggio in caso di morosità e di affrontare situazioni di dissonanza della condotta dei Canonici.

Un po’ di storia

Il Capitolo della Basilica di Santa Maria Maggiore si presenta come un Collegio Sacerdotale sotto la guida di un Cardinale Arciprete, noto anche come Capitolo liberiano.

La sua esistenza è attestata, per la prima volta, nel secolo XII e i primi codici del Capitolo risalgono al secolo XIII datati 1262, 1266 e 1271. Documenti del XIV secolo già attestano gli iniziali sforzi per dare delle regole fisse di funzionamento del Capitolo, approvate dai Pontefici dell’epoca.

L'autoreGiovanni Tridente

Per saperne di più
Evangelizzazione

Juan Manuel CoteloPrima di fare il passo del perdono, sembra impossibile".

Juan Manuel Cotelo si è addentrato in storie reali di attentati terroristici, infedeltà o massacri che hanno trovato perdono in "Il dono più grande.

Maria José Atienza-30 marzo 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

"Noi scommettiamo la verità della nostra fede su atti concreti di amore", dice il regista Juan Manuel Cotelo in questa intervista. Cotelo, che ora si è imbarcato nel progetto di Fare confusione, diretto nel 2019, un film documentario che non ha perso nulla della sua attualità: Il dono più grande.

In esso esamina storie reali di perdono, ma di un perdono duro, scioccante, quasi crudo. Storie che ci fanno dubitare di essere davvero disposti a perdonare, perché, in fondo, abbiamo posto dei limiti al perdono e questo lo ha ucciso alla radice.

Il perdono è come l'amore, cambia significato quando gli si dà un cognome. Questo è l'asse attorno al quale ruota il lavoro di Cotelo, di cui abbiamo parlato per dare un volto e una storia al perdono.

Oltre il copione: come si affronta il perdono nella vita?

-Nella vita reale, nessuno si diverte a chiedere perdono o a perdonare. Perché il perdono nasce sempre da una ferita che abbiamo causato o che ci è stata causata.

Per quanto possa essere difficile per noi, tutti abbiamo l'esperienza che ci fa bene chiedere perdono e perdonare. È l'unica cosa che guarisce le nostre ferite, anche se le cicatrici rimangono.

Per compiere questo passo, non è consigliabile affidarsi ai propri sentimenti, né alle proprie forze. Perché i sentimenti di solito vanno nella direzione opposta al perdono e la nostra forza ci dice che non possiamo fare questo passo.

Per questo dobbiamo lasciarci aiutare dalle persone buone sulla terra e dall'aiuto spirituale del cielo. Un saltatore in alto può superare una piccola altezza con le proprie forze, ma con il salto con l'asta può salire molto più in alto. Questo è l'aiuto di cui abbiamo bisogno e, se lo chiediamo al Cielo, non ci mancherà mai.

Cotelo in una clip del film "Il dono più grande".

Il dono più grandeTim sottolinea che "il perdono è l'atto più difficile e meritevole dell'uomo". Siamo più umani quando perdoniamo, e la vendetta non è forse più naturale?

-Siamo umani quando amiamo e quando odiamo. Siamo umani in ogni circostanza. E ciò che possiamo sperimentare naturalmente è che il risentimento è brutto, terribile... e il perdono è fantastico.

Ma per sperimentarlo, dobbiamo fare il passo. Prima di farlo, sembra impossibile. Dopo, ci accorgiamo che non era poi così male. Tutto ciò che ci avvicina all'amore ci rende dignitosi, ci eleva. E tutto ciò che ci lascia legati al risentimento, ci affonda. Non in teoria, ma in pratica.

Abbiamo bisogno di Dio per comprendere e abbracciare pienamente il perdono?

Non credo che si possa fare qualcosa "solo sul piano umano", come se ci fossero attività divine e non divine. Tutto ciò che facciamo, a partire dal fatto che siamo vivi, è un atto divino. Non c'è possibilità di separare l'umano dal divino, se non artificialmente.

La realtà è che abbiamo bisogno di Dio per respirare e, naturalmente, per amare. Quando il battito del nostro cuore è separato dal battito dell'amore di Dio, soffriamo. Quando i nostri pensieri sono separati dai pensieri di Dio, soffriamo.

Quando le nostre azioni sono separate dalla volontà di Dio, soffriamo. La distinzione tra umano e divino è puramente teorica. San Paolo la esprime magnificamente: "In Lui viviamo, ci muoviamo ed esistiamo".. Quindi abbiamo certamente bisogno di Dio per perdonare come abbiamo bisogno delle gambe per andare in bicicletta. Senza Dio non faremmo una sola pedalata.

Il cristianesimo è la religione del perdono: perché spesso lo si dimentica anche tra i cristiani stessi?

-Perché l'esame della nostra vita di fede non è teorico, ma sempre pratico. Cito ancora San Paolo: "Faccio il male che non voglio fare e il bene che voglio fare non lo faccio". Soluzione: piena fiducia nella forza della grazia, nell'aiuto di Dio.

Chi crede che le buone intenzioni e una buona formazione dottrinale siano sufficienti, si sbaglia e la scoperta dei suoi limiti sarà traumatica. Gesù lo dice chiaramente: "Senza di me non potete fare nulla".

I dottori della legge che Gesù chiamava ipocriti non avevano problemi religiosi teorici: erano dottori! La stessa cosa potrebbe accadere a ciascuno di noi, se ci accontentiamo di conoscere la teoria o addirittura di predicarla. La verità della nostra fede si basa su atti concreti di amore. Questo è ciò che chiediamo nel Padre Nostro: "Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori". 

Vaticano

Il Venerdì Santo del Papa: celebrazione della Passione del Signore e Via Crucis da Santa Marta

Dopo la celebrazione della Passione del Signore, predicata dal cardinale Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., Papa Francesco ha seguito la Via Crucis di quest'anno da Santa Marta, per evitare ulteriori problemi di salute.

Maria José Atienza-29 marzo 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Papa ha assistito di persona solo a metà delle celebrazioni del Venerdì Santo. Il Papa ha presieduto la celebrazione della Passione del Signore nella Basilica di San Pietro, ma pochi minuti prima dell'inizio della Via Crucis nel Colosseo, la Sala Stampa della Santa Sede ha annunciato che il Papa avrebbe seguito la preghiera dalla sua casa di Santa Marta. Quest'anno, le meditazioni per la Via Crucis sono state scritte dal Papa stesso.  

Una Via Crucis del Papa senza il Papa

"In preghiera con Gesù sulla Via Crucis", Così Francesco ha intitolato queste meditazioni che hanno accompagnato la recita delle 14 stazioni della Via Crucis, alle quali Francesco, per motivi di salute, non ha potuto partecipare. Il testo è radicato direttamente nella celebrazione della Via Crucis. Anno di preghiera la Chiesa cattolica sta vivendo in preparazione al Giubileo del 2025.

Laici, giovani, suore e sacerdoti sono stati i portatori della croce, con cui le centinaia di partecipanti hanno pregato la Via Crucis, percorrendo l'interno di quello che fu uno dei luoghi di martirio dei cristiani della prima ora.

Le meditazioni del Papa sono iniziate con una richiesta di perdono a Gesù per la nostra mancanza di dedizione alla preghiera, che porta a una superficialità di vita: "Mi accorgo che ti conosco poco perché conosco poco il tuo silenzio, perché nella frenesia della fretta e dell'affaccendarsi, assorbito dalle cose, intrappolato dalla paura di non rimanere a galla o dal desiderio di mettermi sempre al centro, non trovo il tempo per fermarmi e stare con te".

Francesco ha voluto soffermarsi anche sull'egoismo e sul ripiegamento su se stessi, così tipico della società odierna, per cui invece di andare a Dio "mi ripiego su me stesso, ruminando mentalmente, scavando nel passato, lamentandomi, sprofondando nel vittimismo, campione di negatività".

La figura della Vergine Maria e la sua presenza dolorosa e materna nella Passione di Cristo ha portato il Papa a ricordare che "Lo sguardo della propria madre è lo sguardo della memoria, che ci cementa nel bene. Non possiamo fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma nemmeno di una madre che ci fa crescere nel mondo" e a guardare alle donne, così spesso maltrattate in questo mondo.

Francesco ha voluto soffermarsi anche sulle debolezze della nostra vita, che dobbiamo trasformare in occasioni di conversione, come il Cireneo, la cui debolezza "cambiò la sua vita e un giorno si sarebbe accorto di aver aiutato il suo Salvatore, di essere stato redento attraverso la croce che portava"; cadute che, vissute accanto al Signore, "la speranza non finisce mai, e dopo ogni caduta ci rialziamo, perché quando sbaglio non vi stancate di me, ma vi avvicinate a me".

Questa Via Crucis 2024, la dodicesima che si celebra sotto il pontificato di Papa Francesco, è caratterizzata dalla celebrazione dell'anno dedicato alla preghiera nella Chiesa. Per questo motivo, ci sono stati continui riferimenti alla preghiera cristiana. Il Papa ha chiesto "Gesù, che io possa pregare non solo per me e per i miei cari, ma anche per coloro che non mi amano e mi fanno del male; che io possa pregare secondo i desideri del tuo cuore, per coloro che sono lontani da te; riparando e intercedendo a favore di coloro che, ignorandoti, non conoscono la gioia di amarti e di essere perdonati da te". e ha insistito sulla "potenza inaudita della preghiera" e sulla necessità di perseverare in essa.

Celebrazione della morte del Signore

In precedenza, il Papa aveva presieduto la celebrazione della Passione del Signore nella Basilica di San Pietro. Il cardinale Raniero Cantalamessa, O.F.M. Cap., predicatore della Casa Pontificia, ha tenuto l'omelia della celebrazione, alla quale hanno partecipato oltre 4.000 fedeli, insieme a decine di sacerdoti, vescovi e persone consacrate.

Cantalamessa ha voluto sottolineare l'"Io sono" di Cristo che dimostra che "Gesù non è venuto per migliorare e perfezionare l'idea che l'uomo ha di Dio, ma, in un certo senso, per invertirla e rivelare il vero volto di Dio".

Il predicatore della Casa Pontificia ha anche sottolineato come Dio "si ferma" di fronte alla libertà umana: "Di fronte alle creature umane, Dio è privo di ogni capacità, non solo coercitiva, ma anche difensiva. Non può intervenire con autorità per imporsi su di loro".

Il trionfo di Cristo, ha proseguito Cantalamessa, "avviene nel mistero, senza testimoni. Gesù appare solo a pochi discepoli, fuori dai riflettori, e ci dice che, dopo aver sofferto, non dobbiamo aspettarci un trionfo esterno e visibile, come la gloria terrena. Il trionfo avviene nell'invisibile ed è di ordine infinitamente superiore perché è eterno".

Il Papa, visibilmente stanco, ha continuato la celebrazione del Venerdì Santo con l'adorazione della Croce e la comunione. Una liturgia segnata dal silenzio e dal raccoglimento.

Per saperne di più
Vaticano

La Via Crucis preparata dal Papa per il Venerdì Santo 2024

Testi delle meditazioni "In preghiera con Gesù sulla Via Crucis" scritte dal Santo Padre Francesco per la Via Crucis al Colosseo.

Maria José Atienza-29 marzo 2024-Tempo di lettura: 21 minuti

La Sala Stampa della Santa Sede ha pubblicato i testi che, la sera del Venerdì Santo, accompagneranno la Via Crucis che sarà celebrata nel Colosseo a Roma a partire dalle 21 circa.

Questi testi sono stati preparati da Papa Francesco e si concentrano in particolare sulla contemplazione orante della Passione e Morte di Nostro Signore.

Di seguito è riportata la traduzione in spagnolo di questi testi:

Via Crucis 2024 "In preghiera con Gesù sulla Via Crucis" scritta dal Santo Padre Francesco

Signore Gesù, guardando la tua croce comprendiamo la tua totale donazione per noi. Consacriamo e offriamo questo tempo a te. Vogliamo trascorrerlo insieme a te, che hai pregato dal Getsemani al Calvario. Nell'Anno della Preghiera ci uniamo a te nel tuo cammino di preghiera.

Dal Vangelo secondo Marco (14,32-37)

Giunsero in un luogo chiamato Getsemani [...]. Allora prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò ad avere paura e ad essere angosciato. Allora disse loro: "[...] Restate qui e vegliate". Poi avanzò un po', cadde a terra e disse: "Abbà, Padre, tutto è possibile per te; allontana da me questo calice, ma non la mia volontà, bensì la tua". Poi tornò e trovò i suoi discepoli addormentati. E Gesù disse a Pietro: "[...] Non potevate restare svegli nemmeno un'ora?

Signore, hai preparato ogni tuo viaggio con la preghiera, e ora nel Getsemani stai preparando la Pasqua. E hai pregato dicendo Abba - Padre - tutto è possibile per te, perché la preghiera è soprattutto dialogo e intimità, ma è anche lotta e petizione: allontana da me questo calice! Allo stesso modo, è un abbandono fiducioso e un dono: Non la mia volontà, ma la tua sia fatta. Così, orante, sei entrato dalla porta stretta del nostro dolore e l'hai attraversata fino in fondo. Hai avuto "paura e angoscia" (Mc 14,33): paura di fronte alla morte, angoscia sotto il peso dei nostri peccati, che hai portato su di te, mentre un'infinita amarezza ti invadeva. Eppure nella lotta più dura hai pregato "più intensamente" (Lc 22,44). In questo modo, hai trasformato la violenza del dolore in un'offerta d'amore.

Ci chiedi solo una cosa: di stare con te e di vegliare su di te. Non ci chiedi di fare l'impossibile, ma di starti vicino. Eppure, quante volte mi sono allontanato da te! Quante volte, come i discepoli, invece di vegliare mi sono addormentato, quante volte non ho avuto tempo o voglia di pregare, perché ero stanco, anestetizzato dalle comodità o con l'anima intorpidita. Gesù, ripeti ancora a me, ripeti ancora a noi, che siamo la tua Chiesa: "Alzati e prega" (Lc 22,46). Svegliaci, Signore, scuoti il letargo dal nostro cuore, perché anche oggi, soprattutto oggi, hai bisogno della nostra preghiera.

1. Gesù è condannato a morte

Il sommo sacerdote, alzatosi in piedi davanti all'assemblea, chiese a Gesù: "Non rispondi a ciò che testimoniano contro di te? Egli rimase in silenzio e non rispose nulla. [...] Pilato lo interrogò di nuovo: "Non rispondi nulla? Guarda di che cosa ti accusano! Ma Gesù non rispose più e Pilato si stupì molto (Mc 14,60-61; 15,4-5).

Gesù, tu sei la vita, ma sei condannato a morte; tu sei la verità eppure sei vittima di un falso processo. Ma perché non ti ribelli, perché non alzi la voce e spieghi le tue ragioni, perché non sfidi i sapienti e i potenti come hai sempre fatto? Gesù, il tuo atteggiamento è sconcertante: nel momento decisivo non parli, taci. Perché più forte è il male, più radicale è la tua risposta. E la tua risposta è il silenzio. Ma il tuo silenzio è fecondo: è preghiera, è mitezza, è perdono, è la via per riscattare il male, per trasformare le tue sofferenze in un dono che ci offri. Gesù, mi rendo conto che ti conosco poco perché conosco poco il tuo silenzio, perché nella frenesia della fretta e dell'operosità, assorbito dalle cose, intrappolato dalla paura di non stare a galla o dalla smania di volermi mettere sempre al centro, non trovo il tempo per fermarmi e stare con te; per permettere a te, Parola del Padre, di lavorare nel silenzio. Gesù, il tuo silenzio mi scuote, mi insegna che la preghiera non nasce da labbra che si muovono, ma da un cuore che sa ascoltare. Perché pregare è diventare docili alla tua Parola, è adorare la tua presenza.

Preghiamo dicendo: Parla al mio cuore, Gesù.

Voi che rispondete al male con il bene

Parla al mio cuore, Gesù

Voi che soffocate le grida con la mansuetudine

Parla al mio cuore, Gesù

Voi che detestate le maldicenze e i rimproveri

Parla al mio cuore, Gesù

Voi che mi conoscete intimamente

Parla al mio cuore, Gesù

Tu che mi ami più di quanto io possa amare me stesso

Parla al mio cuore, Gesù

2. Gesù porta la croce

Ha portato i nostri peccati sulla croce,

portandoli nel suo corpo,

affinché noi, morti al peccato, viviamo per la giustizia.

Per le sue strisce siete stati guariti (1 Pt 2,24).

Gesù, anche noi portiamo le nostre croci, a volte molto pesanti: una malattia, un incidente, la morte di una persona cara, una delusione d'amore, un figlio perso, la mancanza di lavoro, una ferita interiore che non si rimargina, il fallimento di un progetto, una speranza in più che si infrange... Gesù, come posso pregare lì, come posso pregare quando mi sento schiacciato dalla vita, quando un peso opprime il mio cuore, quando sono sotto pressione e non ho più la forza di reagire? La risposta si trova in un invito: "Venite a me, voi tutti che siete afflitti e oppressi, e io vi darò sollievo" (Mt 11,28). Venite a voi; io, invece, mi ritiro in me stesso, ruminando mentalmente, scavando nel passato, lamentandomi, sprofondando nel vittimismo, paladino della negatività. Vieni da me; non ti è bastato dircelo, ma sei venuto da noi per prendere la nostra croce sulle tue spalle, per toglierci il suo peso. È questo che desideri: che scarichiamo su di te le nostre stanchezze e i nostri dolori, perché vuoi che in te ci sentiamo liberi e amati. Grazie, Gesù. Unisco la mia croce alla tua, ti porto la mia fatica e le mie miserie, metto su di te tutto il peso che ho nel cuore.

Preghiamo, dicendo: "Vengo a te, o Signore

Con la mia storia personale

Vengo a te, Signore

Con la mia stanchezza

Vengo a te, Signore

Con i miei limiti e le mie fragilità

Vengo a te, Signore

Con le mie paure

Vengo a te, Signore

Confidando solo nel tuo amore

Vengo a te, Signore

Gesù cade per la prima volta

In verità vi dico: se il chicco di grano non cade in terra e non muore, rimane solo; ma se muore, porta molto frutto (Gv 12,24).

Gesù, sei caduto, a cosa pensi, come preghi, prostrato con la faccia a terra? Ma soprattutto, cos'è che ti dà la forza di rialzarti? Mentre siete a terra a faccia in giù e non vedete più il cielo, immagino che ripetiate nel vostro cuore: Padre, tu che sei nei cieli. Lo sguardo amorevole del Padre che si posa su di voi è la vostra forza. Ma immagino anche che, mentre baci la terra arida e fredda, pensi all'uomo, strappato alla terra, pensi a noi, che siamo al centro del tuo cuore; e che ripeta le parole del tuo testamento: "Questo è il mio Corpo, che è dato per voi" (Lc 22,19). L'amore del Padre per voi e il vostro per noi: l'amore, questo è lo stimolo che vi fa alzare e andare avanti. Perché chi ama non crolla, ma ricomincia; chi ama non si stanca, ma corre; chi ama vola. Mio Gesù, ti chiedo sempre molte cose, ma una sola mi serve: saper amare. Nella vita cadrò, ma con l'amore potrò rialzarmi e andare avanti, come hai fatto tu, che hai esperienza di cadute. La tua vita, infatti, è stata una continua caduta verso di noi: da Dio a uomo, da uomo a servo, da servo a crocifisso, alla tomba; sei caduto sulla terra come un seme che muore, sei caduto per risollevarci dalla terra e portarci in cielo. Tu che risorgi dalla polvere e riaccendi la speranza, dammi la forza di amare e di ricominciare.

Preghiamo dicendo: Gesù, dammi la forza di amare e di ricominciare.

Quando la disillusione prevale

Gesù, dammi la forza di amare e di ripartire

Quando il giudizio degli altri si abbatte su di me

Gesù, dammi la forza di amare e di ripartire

Quando le cose non vanno bene e divento intollerante

Gesù, dammi la forza di amare e di ripartire

Quando sento di non farcela più

Gesù, dammi la forza di amare e di ripartire

Quando sono oppresso dal pensiero che nulla cambierà

Gesù, dammi la forza di amare e di ripartire

4. Gesù incontra sua madre

Quando Gesù vide la madre e il discepolo che egli amava che le stava vicino, [...] disse al discepolo: "Ecco tua madre". E da quel momento il discepolo la prese in casa sua (Gv 19,26-27).

Gesù, i tuoi ti hanno abbandonato; Giuda ti ha tradito, Pietro ti ha rinnegato. Sei rimasto solo con la croce, ma tua madre è lì. Non servono parole, bastano i suoi occhi, che sanno guardare in faccia la sofferenza e accettarla. Gesù, nello sguardo di Maria, pieno di lacrime e di luce, trovi il ricordo piacevole della sua tenerezza, delle sue carezze, delle sue braccia amorevoli che ti hanno sempre accolto e sostenuto. Lo sguardo della propria madre è lo sguardo della memoria, che ci cementa nel bene. Non possiamo fare a meno di una madre che ci mette al mondo, ma nemmeno di una madre che ci mette al mondo. Tu lo sai e dalla croce ci dai la tua stessa madre. Ecco la tua madre, dici al discepolo, a ciascuno di noi.

Dopo l'Eucaristia, ci dai Maria, il tuo ultimo dono prima di morire. Gesù, il tuo cammino è stato consolato dalla memoria del suo amore; anche il mio cammino ha bisogno di essere fondato sulla memoria del bene. Eppure mi rendo conto che la mia preghiera è povera di memoria: è veloce, frettolosa; con una lista di bisogni per oggi e per domani. Maria, ferma la mia corsa, aiutami a ricordare: a custodire la grazia, a ricordare il perdono e le meraviglie di Dio, a riaccendere il mio primo amore, a riassaporare le meraviglie della provvidenza, a piangere di gratitudine.

Preghiamo dicendo: "Riaccendi in me, Signore, il ricordo del tuo amore".

Quando le ferite del passato riaffiorano

Riaccendi in me, o Signore, il ricordo del tuo amore

Quando perdo il senso dell'orientamento e la percezione di dove stanno andando le cose

Riaccendi in me, o Signore, il ricordo del tuo amore

Quando perdo di vista i doni che ho ricevuto

Riaccendi in me, o Signore, il ricordo del tuo amore

Quando perdo di vista il dono del mio essere

Riaccendi in me, o Signore, il ricordo del tuo amore

Quando mi dimentico di ringraziarti

Riaccendi in me, o Signore, il ricordo del tuo amore

5. Gesù viene aiutato dal cireneo

Mentre lo conducevano via, presero un certo Simone di Cirene, che tornava dal campo, e lo caricarono della croce, perché la portasse dietro a Gesù (Lc 23,26).

Gesù, quante volte, di fronte alle sfide della vita, presumiamo di essere in grado di fare tutto con le nostre forze. Quanto è difficile chiedere aiuto, sia per paura di dare l'impressione di non essere all'altezza del compito, sia perché siamo sempre preoccupati di fare bella figura e di metterci in mostra! Non è facile fidarsi, né tantomeno abbandonarsi. D'altra parte, chi prega è nel bisogno e tu, Gesù, sei abituato ad abbandonarti nella preghiera. Per questo non disdegni l'aiuto del cireneo. Mostri le tue fragilità a un uomo semplice, a un contadino che torna dai campi. Ti ringrazio perché, lasciandoti aiutare nel bisogno, cancelli l'immagine di un Dio invulnerabile e lontano. Non ti mostri imbattibile nella potenza, ma invincibile nell'amore, e ci insegni che amare significa aiutare gli altri proprio lì, nelle debolezze di cui si vergognano. In questo modo, le debolezze si trasformano in opportunità. È quello che è successo al Cireneo: la tua debolezza ha cambiato la sua vita e un giorno si sarebbe reso conto di aver aiutato il suo Salvatore, di essere stato redento attraverso la croce che portava. Perché anche la mia vita cambi, ti prego, Gesù: aiutami ad abbassare le mie difese e a lasciarmi amare da te, proprio lì, dove mi vergogno di più di me stesso.

Preghiamo dicendo: "Guariscimi, Gesù".

Da qualsiasi presunzione di autosufficienza

Guariscimi, Gesù

Di credere di poter fare a meno di te e degli altri

Guariscimi, Gesù

Sulla spinta al perfezionismo

Guariscimi, Gesù

Della riluttanza a darvi le mie miserie

Guariscimi, Gesù

Della fretta dimostrata nei confronti dei bisognosi che incontro lungo la mia strada

Guariscimi, Gesù

6. Gesù è confortato da Veronica, che gli asciuga il volto.

Benedetto sia Dio [...], Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione, che ci consola in tutte le nostre difficoltà, affinché possiamo dare a coloro che soffrono la stessa consolazione [...]. Infatti, come partecipiamo abbondantemente alle sofferenze di Cristo, così anche per mezzo di Cristo la nostra consolazione aumenta (2 Cor 1, 3-5).

Gesù, sono tanti quelli che assistono al barbaro spettacolo della tua esecuzione e, senza conoscerti e senza conoscere la verità, emettono giudizi e condanne, scagliando contro di te infamia e disprezzo. Succede anche oggi, Signore, e non è nemmeno necessaria una macabra processione; basta una tastiera per insultare e pubblicare condanne. Ma mentre tanti gridano e giudicano, una donna si fa strada tra la folla. Non parla, agisce. Non protesta, ma solidarizza. Va controcorrente, da sola, con il coraggio della compassione; rischia la vita per amore, trova il modo di passare attraverso i soldati solo per darti il conforto di una carezza sul viso. Il suo gesto passerà alla storia come un gesto di consolazione. Quante volte avrò invocato la tua consolazione, Gesù! E ora Veronica mi ricorda che anche tu ne hai bisogno. Tu, Dio vicino, chiedi la mia vicinanza; tu, mio consolatore, vuoi essere consolato da me. Amore non amato, cerchi anche oggi nella folla cuori sensibili alla tua sofferenza, al tuo dolore. Cerchi veri adoratori, che in spirito e verità (cfr. Gv 4,23) restino con te (cfr. Gv 15), Amore abbandonato. Gesù, accendi in me il desiderio di stare con te, di adorarti e di consolarti. E fa' che io, nel tuo nome, sia di conforto agli altri.

Preghiamo dicendo: Rendimi testimone della tua consolazione.

Dio di misericordia, sei vicino a coloro il cui cuore è ferito.

Rendimi testimone della tua consolazione

Dio della tenerezza, che si commuove per noi

Rendimi testimone della tua consolazione

Dio di compassione, che detesta l'indifferenza

Rendimi testimone della tua consolazione

Voi, che vi rattristate quando punto il dito contro altri

Rendimi testimone della tua consolazione

Tu che sei venuto non per condannare ma per salvare

Rendimi testimone della tua consolazione

7. Gesù cade una seconda volta sotto il peso della croce.

[Il figlio più giovane tornò in sé e disse: "Andrò a casa di mio padre e gli dirò: "Padre, ho peccato" [...]. Così partì e tornò alla casa di suo padre. Mentre era ancora lontano, suo padre lo vide e si commosse profondamente, gli corse incontro, lo abbracciò e lo baciò. Il giovane gli disse: "Padre, ho peccato [...]; non sono degno di essere chiamato tuo figlio". Ma il padre disse: [...] "Mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato" (Lc 15,17-18.20-22.24).

Gesù, la croce è pesante; porta il peso della sconfitta, del fallimento, dell'umiliazione. Lo capisco quando mi sento schiacciato dalle cose, vessato dalla vita e incompreso dagli altri; quando sento il peso eccessivo ed esasperante delle responsabilità e del lavoro, quando mi sento oppresso nelle grinfie dell'ansia, assalito dalla malinconia, mentre un pensiero soffocante mi ripete: non ce la farai, questa volta non ti alzerai. Ma le cose vanno ancora peggio. Mi rendo conto di aver toccato il fondo quando cado di nuovo, quando ricado nei miei errori, nei miei peccati, quando mi scandalizzo degli altri e poi mi rendo conto di non essere diverso da loro. Non c'è niente di peggio che essere delusi da se stessi, schiacciati dai sensi di colpa. Ma tu, Gesù, sei caduto tante volte sotto il peso della croce per starmi accanto quando cado. Con te la speranza non finisce mai, e dopo ogni caduta ci rialziamo, perché quando sbaglio non ti stanchi di me, ma ti avvicini a me. Grazie perché mi aspetti; grazie perché anche se cado molte volte mi perdoni sempre, sempre. Ricordami che le mie cadute possono diventare momenti cruciali del mio cammino, perché mi portano a capire che l'unica cosa che conta è che ho bisogno di te. Gesù, imprimi nel mio cuore la certezza più importante: che mi rimetto davvero in piedi solo quando mi sollevi, quando mi liberi dal peccato. Perché la vita non ricomincia con le mie parole, ma con il tuo perdono.

Preghiamo dicendo: Sollevami, Gesù.

Quando, paralizzato dalla sfiducia, provo tristezza e disperazione

Sollevami, Gesù

Quando vedo la mia incapacità e mi sento inutile

Sollevami, Gesù

Quando la vergogna e la paura del fallimento prevalgono

Sollevami, Gesù

Quando sono tentato di perdere la speranza

Sollevami, Gesù

Quando dimentico che la mia forza è nel tuo perdono

Sollevami, Gesù

8. Gesù incontra le donne di Gerusalemme

Lo seguirono molti del popolo e un buon numero di donne, che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui (Lc 23,27).

Gesù, chi ti accompagna fino alla fine sulla via della croce? Non sono i potenti che ti aspettano sul Calvario, né gli spettatori che stanno lontani, ma la gente semplice, grande ai tuoi occhi, ma piccola agli occhi del mondo. Sono quelle donne, alle quali hai dato speranza; non hanno voce, ma si fanno sentire. Aiutaci a riconoscere la grandezza delle donne, quelle che a Pasqua ti sono state fedeli e non ti hanno abbandonato, quelle che ancora oggi continuano ad essere scartate, subendo oltraggi e violenze. Gesù, le donne che incontri si battono il petto e piangono per te. Non piangono per se stesse, piangono per te, piangono per il male e il peccato del mondo. La loro preghiera fatta di lacrime raggiunge il tuo cuore. La mia preghiera sa piangere? Mi commuovo davanti a te, crocifisso per me, davanti al tuo amore gentile e ferito? Piango le mie falsità e la mia incostanza? Di fronte alle tragedie del mondo, il mio cuore rimane freddo o si commuove? Come reagisco alla follia della guerra, ai volti dei bambini che non sanno più sorridere, alle loro madri che li vedono malnutriti e affamati senza nemmeno avere più lacrime da versare? Tu, Gesù, hai pianto per Gerusalemme, hai pianto per la durezza dei nostri cuori. Scuotimi dall'interno, dammi la grazia di piangere pregando e di pregare piangendo.

Preghiamo dicendo: Gesù, ammorbidisci il mio cuore indurito.

Tu che conosci i segreti del cuore

Gesù, ammorbidisci il mio cuore indurito

Voi che vi rattristate per la durezza degli stati d'animo

Gesù, ammorbidisci il mio cuore indurito

Tu che ami i cuori contriti e umiliati

Gesù, ammorbidisci il mio cuore indurito

Tu che con il perdono hai asciugato le lacrime di Pietro

Gesù, ammorbidisci il mio cuore indurito

Tu che trasformi il pianto in canto

Gesù, ammorbidisci il mio cuore indurito

9. Gesù viene spogliato delle sue vesti.

"Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, assetato e ti abbiamo dato da bere, quando ti abbiamo visto passare e ti abbiamo ospitato, nudo e ti abbiamo vestito, quando ti abbiamo visto malato o in prigione e siamo venuti da te? Egli risponderà loro: "In verità vi dico: ogni volta che avete fatto qualcosa al più piccolo dei miei fratelli, l'avete fatto a me" (Mt 25,37-40).

Gesù, queste sono le parole che hai pronunciato prima della Passione. Ora capisco la tua insistenza nell'identificarti con i bisognosi: tu, imprigionato; tu, straniero, condotto fuori dalla città per essere crocifisso; tu, nudo, spogliato dei tuoi vestiti; tu, malato e ferito; tu, assetato sulla croce e affamato d'amore. Concedimi di vederti in coloro che soffrono e di vedere coloro che soffrono in te, perché tu sei lì, in coloro che sono spogliati della dignità, nei Cristi umiliati dall'arroganza e dall'ingiustizia, dai guadagni ingiusti fatti a spese degli altri e di fronte all'indifferenza generale. Ti guardo, Gesù, spogliato delle tue vesti, e capisco che mi inviti a spogliarmi di tante vuote esteriorità. Perché tu non guardi le apparenze, ma il cuore. E non vuoi una preghiera sterile, ma feconda di carità. Spogliati Dio, scopri anche me. Perché è facile parlare, ma poi, ti amo davvero nei poveri, nella tua carne ferita, prego per chi è stato spogliato della dignità, o prego solo per soddisfare i miei bisogni e rivestirmi di sicurezza? Gesù, la tua verità mi mette a nudo e mi porta a concentrarmi su ciò che conta: tu crocifisso e i fratelli crocifissi. Concedimi di capirlo ora, per non trovarmi non amato quando mi presento davanti a te.

Preghiamo dicendo: Portami via, Signore Gesù.

Attacco alle apparenze

Portami via, Signore Gesù

Dall'armatura dell'indifferenza

Portami via, Signore Gesù

Dal credere che non sono obbligato ad aiutare gli altri

Portami via, Signore Gesù

Di un culto fatto di convenzionalità ed esteriorità

Portami via, Signore Gesù

Dalla convinzione che nella vita tutto va bene se io sto bene

Portami via, Signore Gesù

10. Gesù viene inchiodato alla croce

Quando giunsero al luogo chiamato "luogo del Cranio", crocifissero lui e i criminali, uno alla sua destra e l'altro alla sua sinistra. Gesù disse: "Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno" (Lc 23,33-34).

Gesù, ti trafiggono le mani e i piedi con i chiodi, lacerandoti la carne, e proprio ora, mentre il dolore fisico si fa più insopportabile, dalle tue labbra sgorga la preghiera impossibile: perdoni chi ti sta piantando i chiodi nei polsi. E non una sola volta, ma molte volte, come ci ricorda il Vangelo, con quel verbo che indica un'azione ripetuta, hai detto "Padre, perdona". E così, con te, Gesù, anch'io posso trovare il coraggio di scegliere il perdono che libera il cuore e dà vita nuova. Signore, non basta che tu ci perdoni, ma ci giustifichi anche davanti al Padre: non sanno quello che fanno. Prendi le nostre difese, diventa il nostro avvocato, intercedi per noi. Ora che le tue mani, con cui benedicevi e guarivi, sono inchiodate, e i tuoi piedi, con cui portavi la buona novella, non possono più camminare, ora, nell'impotenza, ci riveli l'onnipotenza della preghiera. Sulla cima del Golgota ci riveli l'altezza della preghiera di intercessione che salva il mondo. Gesù, che io possa pregare non solo per me e per i miei cari, ma anche per coloro che non mi amano e mi fanno del male; che io possa pregare secondo i desideri del tuo cuore, per coloro che sono lontani da te; che io possa riparare e intercedere per coloro che, ignorandoti, non conoscono la gioia di amarti e di essere perdonati da te.

Preghiamo dicendo: Padre, abbi pietà di noi e del mondo intero.

Per la dolorosa passione di Gesù

Padre, abbi pietà di noi e del mondo intero.

Per il potere delle sue ferite

Padre, abbi pietà di noi e del mondo intero.

Per il suo perdono sulla croce

Padre, abbi pietà di noi e del mondo intero.

Per quanti perdonano per amore di te

Padre, abbi pietà di noi e del mondo intero.

Per l'intercessione di coloro che credono, adorano, sperano e amano Te

Padre, abbi pietà di noi e del mondo intero.

11. Il grido di abbandono di Gesù sulla croce

Da mezzogiorno alle tre del pomeriggio, le tenebre coprirono tutta la regione. Verso le tre del pomeriggio, Gesù gridò a gran voce: "Eli, Eli, lemah sabachthani", che significa: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?

Gesù, ecco una preghiera senza precedenti: tu gridi al Padre il tuo abbandono. Tu, Dio del cielo, che non rispondi fragorosamente a nessuna risposta, ma chiedi perché? Al culmine della Passione sperimenti l'allontanamento dal Padre e non lo chiami più nemmeno Padre, come sempre, ma Dio, come se fossi incapace di identificare il suo volto. Perché? Per sprofondare nell'abisso del nostro dolore. Lo hai fatto per me, perché quando vedo solo buio, quando sperimento il crollo delle certezze e il naufragio del vivere, non mi senta più solo, ma creda che tu sei lì con me; tu, Dio di comunione, hai sperimentato l'abbandono per non lasciarmi più ostaggio della solitudine. Quando hai gridato il tuo perché, lo hai fatto con un salmo; così hai trasformato in preghiera anche la desolazione più estrema. Ecco cosa fare nelle tempeste della vita: invece di tacere e sopportare, gridare a te. Gloria a te, Signore Gesù, perché non sei fuggito dalla mia desolazione, ma hai abitato in essa fino in fondo. Lode e gloria a te che, prendendo su di te ogni lontananza, ti sei fatto vicino a coloro che sono più lontani da te. E io, nel buio dei miei perché, trovo te, Gesù, luce nella notte. E nel grido di tante persone sole ed escluse, oppresse e abbandonate, vedo te, mio Dio: fammi riconoscere e amare.

Preghiamo dicendo: Fa' che io, Gesù, ti riconosca e ti ami.

Nei bambini non nati e abbandonati

Fa' che io, Gesù, ti riconosca e ti ami.

Su tanti giovani, in attesa che qualcuno ascolti il loro grido di dolore

Fa' che io, Gesù, ti riconosca e ti ami.

Nei molti anziani scartati

Fa' che io, Gesù, ti riconosca e ti ami.

Nei prigionieri e in coloro che si trovano soli

Fa' che io, Gesù, ti riconosca e ti ami.

Nei villaggi più sfruttati e dimenticati

Fa' che io, Gesù, ti riconosca e ti ami.

12. Gesù muore raccomandandosi al Padre e concedendo il Paradiso al buon ladrone.

[Uno dei criminali crocifissi] disse: "Gesù, ricordati di me quando verrai a stabilire il tuo regno". Gli disse: "Ti dico la verità, oggi sarai con me in Paradiso" [...]. Gesù gridò: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito". E dicendo questo, esalò l'ultimo respiro (Lc 23, 42-43.46).

Gesù, un malfattore va in Paradiso! Lui si raccomanda a te e tu lo raccomandi con te al Padre. Dio dell'impossibile, tu fai di un ladro un santo. E non solo: sul Calvario cambi il corso della storia. Trasformi la croce, che è un emblema di tormento, in un'icona d'amore; cambi il muro della morte in un ponte verso la vita. Trasformi le tenebre in luce, la separazione in comunione, il dolore in danza e persino la tomba - l'ultima stazione della vita - in un punto di partenza della speranza. Ma queste trasformazioni le fai con noi, mai senza di noi. Gesù, ricordati di me: questa preghiera sincera ti ha permesso di operare meraviglie nella vita di quel malfattore. Che incredibile potere della preghiera. A volte penso che la mia preghiera non sia ascoltata, mentre l'essenziale è perseverare, essere costanti, ricordarsi di dirti: "Gesù, ricordati di me". Ricordati di me e il mio male non sarà più una fine, ma un nuovo inizio. Ricordati di me, rimettimi nel tuo cuore, anche quando sono lontano, anche quando sono perso nella ruota che gira vertiginosamente della vita. Ricordati di me, Gesù, perché essere ricordati da te - come mostra il buon ladrone - è entrare in Paradiso. Soprattutto, ricordami, Gesù, che la mia preghiera può cambiare la storia.

Preghiamo dicendo: Gesù, ricordati di me.

Quando la speranza scompare e regna la disillusione

Gesù, ricordati di me

Quando non sono in grado di prendere una decisione

Gesù, ricordati di me

Quando perdo fiducia in me stesso o negli altri

Gesù, ricordati di me

Quando perdo di vista la grandezza del tuo amore

Gesù, ricordati di me

Quando penso che la mia preghiera sia inutile

Gesù, ricordati di me

13. Gesù viene deposto dalla croce e consegnato a Maria.

Simeone [...] disse a Maria, la madre: "Questo bambino sarà causa di rovina e di elevazione per molti in Israele; sarà un segno di contraddizione e una spada trafiggerà il tuo cuore" (Lc 2,33-35).

Maria, dopo il tuo "sì" il Verbo si è fatto carne nel tuo grembo; ora la sua carne martoriata giace nel tuo grembo. Il bambino che tenevi in braccio è ora un cadavere maciullato. Eppure ora, nel momento più doloroso, risplende l'offerta di te stessa: una spada trafigge la tua anima e la tua preghiera rimane un "sì" a Dio. Maria, siamo poveri di "sì", ma ricchi di "sì": se solo avessi avuto genitori migliori, se solo mi avessero capito e amato di più, se solo la mia carriera fosse andata meglio, se solo non avessi avuto quel problema, se solo non avessi sofferto di più, se solo Dio mi avesse ascoltato... Chiedendoci sempre il perché delle cose, è difficile per noi vivere il presente con amore. Avresti tanti "se" da dire a Dio, invece continui a dire "sì", si è realizzato in me. Forti della fede, credete che il dolore, trafitto dall'amore, porta frutti di salvezza; che la sofferenza accompagnata da Dio non ha l'ultima parola. E mentre stringi tra le braccia Gesù senza vita, risuonano nel tuo cuore le ultime parole che ti ha rivolto: Ecco tuo figlio! Madre, io sono quel figlio! Prendimi tra le tue braccia e chinati sulle mie ferite. Aiutami a dire "sì" a Dio, "sì" all'amore. Madre di misericordia, viviamo in un tempo spietato e abbiamo bisogno di compassione: tu, tenera e forte, ungici di dolcezza; sciogli le resistenze del cuore e i nodi dell'anima.

Preghiamo, dicendo: "Prendimi per mano, Maria".

Quando mi arrendo alla recriminazione e alla vittimizzazione

Prendimi per mano, Maria

Quando smetto di lottare e accetto di vivere con le mie falsità

Prendimi per mano, Maria

Quando esito e non ho il coraggio di dire "sì" a Dio

Prendimi per mano, Maria

Quando sono indulgente con me stesso e inflessibile con gli altri.

Prendimi per mano, Maria

Quando desidero che la Chiesa e il mondo cambino, ma io non cambio.

Prendimi per mano, Maria

14. Gesù viene deposto nella tomba di Giuseppe d'Arimatea.

Venuta la sera, un uomo ricco di Arimatea, di nome Giuseppe, divenuto anch'egli discepolo di Gesù, si presentò a Pilato per chiedere il corpo di Gesù. [Giuseppe prese il corpo, lo avvolse in un lenzuolo pulito e lo depose in un sepolcro nuovo scavato nella roccia (Mt 27,57-60).

Giuseppe, questo è il nome che, insieme a quello di Maria, segna l'alba del Natale e segna l'alba della Pasqua. Giuseppe di Nazareth, avvertito in sogno, prese coraggiosamente Gesù per salvarlo da Erode; tu, Giuseppe d'Arimatea, prendi il suo corpo, senza sapere che un sogno impossibile e meraviglioso si realizzerà proprio lì, nella tomba che hai dato a Cristo quando pensavi che non potesse fare più nulla per te. D'altra parte, è vero che ogni dono fatto a Dio viene sempre ricompensato da Lui. Giuseppe d'Arimatea, tu sei il profeta del coraggio senza paura. Per fare il tuo dono a un morto, vai dal temuto Pilato e lo supplichi di permetterti di dare a Gesù la tomba che avevi fatto costruire per te. La tua preghiera è insistente e alle parole seguono i fatti. Giuseppe, ricordaci che la preghiera perseverante porta frutto e trafigge anche le tenebre della morte; che l'amore non rimane senza risposta, ma dà nuovi inizi. La tua tomba, che - unica nella storia - sarà fonte di vita, era nuova, appena scavata nella roccia. E io, quale novità do a Gesù in questa Pasqua? Un po' di tempo per stare con Lui? Un po' di amore per gli altri? Le mie paure e le mie miserie sepolte, che Cristo aspetta che io gli offra, come tu, Giuseppe, hai fatto con la tomba? Sarà veramente Pasqua se darò un po' di ciò che è mio a Colui che ha dato la sua vita per me; perché è nel dare che si riceve; e perché la vita si trova quando si perde e si possiede quando si dà.

Preghiamo dicendo: "Signore, abbi pietà".

Di me, negligente a diventare

Signore, abbi pietà

Da parte mia, che amo ricevere molto ma dare poco

Signore, abbi pietà

Di me, incapace di arrendermi al tuo amore

Signore, abbi pietà

Di noi, veloci a servire noi stessi, ma lenti a servire gli altri.

Signore, abbi pietà

Del nostro mondo, afflitto dai sepolcri del nostro egoismo

Signore, abbi pietà

Invocazione conclusiva (il nome di Gesù, 14 volte)

Signore, ti preghiamo come i bisognosi, i fragili e gli ammalati del Vangelo, che ti supplicavano con le parole più semplici e familiari: invocando il tuo nome.

Gesù, il tuo nome salva, perché tu sei la nostra salvezza.

Gesù, tu sei la mia vita e per non perdermi lungo il cammino ho bisogno di te, che perdoni e sollevi, che guarisci il mio cuore e dai un senso al mio dolore.

Gesù, hai preso su di te la mia malvagità e dalla croce non mi punti il dito contro, ma mi abbracci; tu, mite e umile di cuore, mi guarisci dall'amarezza e dal risentimento, mi liberi dal pregiudizio e dalla diffidenza.

Gesù, ti guardo sulla croce e vedo dispiegarsi davanti ai miei occhi l'amore, che dà senso al mio essere ed è la meta del mio cammino. Aiutami ad amare e a perdonare, a superare l'intolleranza e l'indifferenza, a non lamentarmi.

Gesù, sulla croce hai sete, hai sete del mio amore e della mia preghiera; ne hai bisogno per realizzare i tuoi progetti di bene e di pace.

Gesù, ti ringrazio per coloro che rispondono al tuo invito e hanno la perseveranza di pregare, il coraggio di credere e la costanza di andare avanti nonostante le difficoltà.

Gesù, ti raccomando i pastori del tuo popolo santo: che la loro preghiera sostenga il gregge; che trovino il tempo di stare davanti a te e di rendere il loro cuore simile al tuo.

Gesù, ti benedico per i contemplativi, la cui preghiera, nascosta al mondo, ti è gradita. Proteggi la Chiesa e l'umanità.

Gesù, porto davanti a te le famiglie e le persone che hanno pregato questa sera dalle loro case; gli anziani, specialmente quelli che sono soli; i malati, gemme della Chiesa che uniscono le loro sofferenze alle tue.

Gesù, fa' che questa preghiera di intercessione abbracci i fratelli e le sorelle che in tante parti del mondo subiscono persecuzioni per amore del tuo nome, quelli che soffrono la tragedia della guerra e quelli che, attingendo forza da te, portano pesanti croci.

Gesù, con la tua croce ci hai fatto diventare una cosa sola: riunisci i credenti nella comunione, donaci sentimenti fraterni e pazienti, aiutaci a cooperare e a camminare insieme; mantieni la Chiesa e il mondo nella pace.

Gesù, giudice santo che mi chiami per nome, liberami dai giudizi avventati, dai pettegolezzi e dalle parole violente e offensive.

Gesù, prima di morire, hai detto "tutto si è compiuto". Io, nella mia miseria, non potrò mai dirlo. Ma confido in te, perché sei la mia speranza, la speranza della Chiesa e del mondo.

Gesù, un'altra parola voglio dirti e continuare a ripeterti: grazie! Grazie, mio Signore e mio Dio.

Precedente Via Crucis nel pontificato di Francesco

La prima Via Crucis si è tenuta nel 2013, e le meditazioni sono state preparate da una Gruppo di giovani libanesi sotto la guida del cardinale Béchara Boutros Raï. Monsignor Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Boiano, è stato l'autore delle meditazioni lette. nel 2014 ed è stato seguito da monsignor Renato Corti nel 2015e dal cardinale Gualtiero Bassetti, arcivescovo di Perugia-Città della Pieve nel 2016.

L'anno successivo, Anne-Marie PelletierLa prima donna a ricevere il Premio Ratzinger è stata l'autrice delle meditazioni.

Nel 2018, questi testi della Via Crucis sono stati preparati da giovani tra i 16 e i 27 anniL'anno successivo, i testi ruotano attorno a una delle questioni che più preoccupano il Papa: traffico di esseri umaniEugenia Bonetti, missionaria della Consolata.

La pandemia ha lasciato un'immagine insolita della Via Crucis 2020L'anno successivo, gli scout (Agesci "Foligno I", in Umbria) e la parrocchia romana Santi Martiri di Uganda sono stati gli autori di queste preghiere. L'anno successivo, gli scout (Agesci "Foligno I", in Umbria) e la parrocchia romana Santi Martiri di Uganda sono stati gli autori di queste preghiere. meditazioni.

Diverse famiglie sono state le autrici delle meditazioni nel 2022, mentre, nel 2023Nel decimo anno di pontificato del Papa, questo evento devozionale ha fatto un "tour" in varie regioni afflitte da violenza, povertà e odio fratricida.

Mondo

L'associazione "Meter" pubblica il rapporto 2023 sugli abusi sui minori

L'associazione "Meter" pubblica il rapporto 2023 sui contenuti pornografici e gli abusi sui minori nel mondo. I dati mostrano che i reati continuano ad aumentare e che i contenuti vengono condivisi senza controllo su Internet.

Paloma López Campos-29 marzo 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel 2023, su Internet c'erano più di cinquemila link attivi che indirizzavano l'utente verso contenuti pornografici. Questo secondo il rapporto pubblicato dall'associazione "Meter", fondata dal sacerdote Fortunato di Noto in Italia.

Questa organizzazione vuole lottare per la dignità delle persone bambini e adolescenti in tutto il mondo. A tal fine, offre diversi servizi, come programmi di formazione e assistenza psicologica. Pubblica inoltre un rapporto annuale con dati rilevanti sui crimini sessuali commessi contro bambini e adolescenti.

Il documento per il 2023 mostra che il numero di questi reati è in aumento. Secondo "Meter", nel 2023 sono state rilevate 2.110.585 immagini con contenuto pornografico. Si tratta di un aumento rispetto alle 1.983.679 immagini del 2022. Il numero di video rilevati è diminuito di 269.855 unità rispetto al 2022. Anche il numero di link è diminuito. Tuttavia, il rapporto mostra che i gruppi di social media dedicati alla condivisione di contenuti pornografici sono aumentati.

Paesi principali

"Meter" classifica gli Stati Uniti come il Paese con il maggior numero di link che portano a contenuti pornografici. Seguono le Filippine e il Montenegro. Inoltre, il dominio più utilizzato è ".com", con più di quattromila link.

Il rapporto indica anche la geolocalizzazione dei server di questi contenuti, ovvero i Paesi in cui si trovano le aziende che permettono di archiviare e distribuire le immagini. Il continente con il maggior numero di server utilizzati a questo scopo è l'America, che ospita l'84,50 % del totale, seguito dall'Europa. Secondo "Meter", "questo dato è interessante perché ci permette di capire il meccanismo economico sottostante: i continenti più ricchi risultano essere i 'padroni della rete', fornitori dei servizi che i cyber-pedofili utilizzano per i loro traffici criminali".

Le vittime

L'associazione di Fortunato di Noto classifica i contenuti segnalati anche per fascia d'età. Il loro rapporto mostra che sono state trovate 556 immagini pornografiche (aggiungendo video e fotografie) di bambini tra 0 e 2 anni. Di bambini tra i 3 e i 7 anni ne sono state segnalate 551.374. E di bambini tra gli 8 e i 12 anni, ne sono state scoperte 2.208.118.

I dati forniti dall'organizzazione italiana mostrano anche che nel 2023 è aumentato il numero di casi di abusi su persone con disabilità, così come il numero di madri che abusano sessualmente dei propri figli, li registrano e li caricano online.

Attività dell'associazione "Meter".

L'associazione "Meter" non si limita a fornire queste informazioni sulla pornografia, ma collabora con le istituzioni di tutto il mondo per lottare per la dignità e la tutela dei minori. Ha rapporti istituzionali, tra gli altri, con il Parlamento Europeo, la Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori e le diocesi italiane e straniere.

A sua volta, l'organizzazione di Fortunato di Noto accompagna i bambini vittime di abusi e collabora con la polizia nelle operazioni per fermare il traffico di contenuti pornografici.

Inoltre, "Meter" consiglia a chi accompagna i bambini dopo un abuso sessuale di creare un clima di fiducia con loro e di non limitarsi a curare solo le ferite della violenza sessuale. Gli esperti dell'associazione mettono in guardia dalle altre conseguenze che l'abuso può avere sui bambini, come la vergogna, lo stress di presentarsi in tribunale in caso di denuncia o l'incapacità di comunicare adeguatamente la propria esperienza.

Per saperne di più
Risorse

Le quattro profezie della Cappella della Crocifissione del Santo Sepolcro

Questo articolo tratta delle quattro profezie bibliche sul Messia raffigurate sul soffitto della Cappella della Crocifissione nel Santo Sepolcro: Daniele 9:26; Isaia 53:7-9; Salmo 22; Zaccaria 12:10.

Rafael Sanz Carrera-29 marzo 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Anni fa ho avuto la fortuna di visitare la Basilica del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Entrando, dopo aver girato leggermente a sinistra, troviamo una ripida scalinata che ci porta sul Calvario dove, secondo la tradizione, avvenne la crocifissione. Lì, su un lato, troviamo una cappella cattolica e se guardiamo il soffitto scopriamo un mosaico in cui sono disegnate quattro profezie che ci parlano della Passione del Messia: Daniele 9,26; Isaia 53,7-9; Salmo 22; Zaccaria 12,10. Anche oggi è commovente rileggere questi testi e meditarli, guardando il luogo dove è stata innalzata la Croce del nostro Redentore. Ecco perché, in questo tempo di Settimana Santa, vale la pena di fare un breve viaggio attraverso queste quattro profezie.

Daniele 9, 26

Cominciamo con la profezia più tarda (II secolo a.C.) che predice il momento preciso in cui si sarebbero svolti gli eventi. Si tratta di Daniele 9,26: "Dopo sessantadue settimane uccideranno un unto innocente. Verrà un principe con il suo esercito e raderà al suolo la città e il tempio, ma la fine sarà un cataclisma; guerra e distruzione sono decretate fino alla fine.

L'apparizione del Messia e di Gesù coincide: "Alla fine di sessantadue settimane...".

Un'interpretazione abbastanza comune sostiene che "le sessantadue settimane possono essere aggiunte alle sette settimane del versetto 25 di Daniele 9", ottenendo un totale di sessantanove settimane (69 x 7 = 483 anni). Se questi anni vengono aggiunti alla data del decreto di Artaserse in Neemia 2:1-20, la fine delle sessantanove settimane coinciderebbe all'incirca con la data della crocifissione di Gesù.

Il versetto afferma la morte del Messia: "uccideranno un unto innocente"... La parola ebraica tradotta con "unto" è "Mashiach", che significa Messia. Parla del destino del Messia: lo uccideranno... Quindi la crocifissione e la morte di Gesù Cristo sarebbero state il suo compimento (Matteo 27, Marco 15, Luca 23, Giovanni 19).

In altre traduzioni si aggiunge: "E non avrà nulla" (cfr. Lc 9, 57-62). Poiché non ha nulla, non ha nemmeno una tomba in cui essere sepolto (Gv 19, 41-42).

Il versetto prosegue descrivendo le conseguenze della morte del Messia: "Verrà un principe con il suo esercito e raderà al suolo la città e il tempio...". Secondo questa frase, sia la città che il santuario sarebbero stati distrutti. In un contesto storico, ciò potrebbe riferirsi alla distruzione di Gerusalemme e del Tempio nel 70 d.C. da parte delle forze romane.

Il brano si conclude con una descrizione apocalittica: "Ma la sua fine sarà un cataclisma; guerra e distruzione sono decretate fino alla fine...". Alcuni interpretano la distruzione del Tempio come simbolo della fine del sistema sacrificale e della mediazione sacerdotale del giudaismo, che sarà sostituito dal sacrificio perfetto ed eterno di Cristo.

Isaia 53, 7-9

Continuiamo con la profezia di Isaia 53, dove scopriamo il mondo interiore del Messia, e più in particolare la libera volontà di espiazione della sua resa: "Maltrattato, volentieri si umiliò e non aprì la bocca; come agnello condotto al macello, come pecora davanti al tosatore, tacque e non aprì la bocca. Senza difesa, senza giustizia, lo portarono via: chi si prenderà cura della sua discendenza? Lo hanno strappato dalla terra dei vivi, per i peccati del mio popolo lo hanno ferito. Gli hanno dato sepoltura con gli empi e una tomba con i malfattori, anche se non aveva commesso alcun crimine e non c'era inganno nella sua bocca" (Isaia 53, 7-9).

Una sofferenza senza resistenza: "Maltrattato, si umiliò volontariamente e non aprì la bocca: come un agnello condotto al macello, come una pecora davanti al tosatore, rimase muto e non aprì la bocca...".

Questa immagine di mitezza e pazienza in mezzo alla sofferenza si realizza in Gesù Cristo, che durante il processo e la crocifissione non si difese, ma sopportò la sofferenza in silenzio (Matteo 27, 12-14, Marco 14, 61, Luca 23, 9).

Il brano paragona il Servo sofferente a un "agnello condotto al macello e una pecora davanti ai suoi tosatori", che trova il suo compimento in Gesù Cristo, descritto come "l'Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo" (Giovanni 1:29 e 1 Pietro 1:18-19).

Questo versetto è esplicitamente citato durante il processo a Gesù in Matteo 26:63; 27:12-14; Marco 14:61 e 15:5; Luca 23:9; Giovanni 19:9; 1 Pietro 2:23.

Viene descritta la sua morte ingiusta e la sua sepoltura con i malvagi e i ricchi: "Senza difesa, senza giustizia, lo hanno portato via; chi si prenderà cura della sua discendenza? Lo hanno strappato dalla terra dei viventi, per i peccati del mio popolo lo hanno colpito. Gli hanno dato una sepoltura con gli empi e una tomba con i malfattori (ma con i ricchi è andato nella sua morte)":

Infatti, fu messo a morte ingiustamente e la sua tomba fu designata con i malvagi, anche se alla fine sarebbe stato sepolto con i ricchi. Questo compimento si trova in Gesù Cristo, la cui morte in croce fu un'ingiustizia, e "lo seppellirono con i malvagi", e sebbene dovesse essere sepolto tra i malvagi, secondo alcune traduzioni "fu sepolto con i ricchi alla sua morte...": alla fine fu sepolto in una tomba nuova, che apparteneva a Giuseppe d'Arimatea, un uomo ricco e discepolo segreto di Gesù (Matteo 27:57-60, Marco 15:43-46, Giovanni 19:38-42).

Alla fine del versetto si dice che "lo strapparono dalla terra dei vivi", cioè nel fiore della sua giovinezza, fu tagliato via nel fiore della sua vita.

E si aggiunge: "Per i peccati del mio popolo lo colpirono...". Un'idea forte del carattere espiatorio del sacrificio di Gesù Cristo, la sua sofferenza senza resistenza, era la manifestazione di un libero arbitrio redentivo (cfr. vv. 10-12 sviluppano ulteriormente questa idea).

Anche la sua innocenza e l'assenza di inganno appaiono: "Anche se non aveva commesso alcun crimine e non c'era inganno nella sua bocca". Ciò si realizza perfettamente in Gesù Cristo, che visse una vita senza peccato e fu dichiarato innocente da Pilato anche quando fu condannato a morte (Giovanni 18:38, Ebrei 4:15; esplicitamente in 1 Pietro 2:22).

Salmo 22

I Vangeli riportano le parole di Gesù in greco, la lingua comune della regione, anche se egli parlava principalmente aramaico. Ci sono poche eccezioni, la più notevole delle quali è questa frase dalla croce: "'Eloi Eloi, lema sabachthani' (che si traduce come 'Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato')" (Marco 15,34 e Matteo 27,46). Perché gli evangelisti hanno scelto di mantenere questa frase nella sua lingua originale? Perché è l'inizio del Salmo 22, come indica il titolo, e quando si traduce il titolo di un canto sarebbe difficile identificarlo. Gli evangelisti volevano che i lettori la riconoscessero per capire che Gesù stava indicando che ciò che stava accadendo era stato profetizzato in quel luogo.

Il Salmo 22 fu scritto molto probabilmente da Davide 1000 anni prima di Cristo e sembra che abbia "vissuto" ciò che Gesù avrebbe sofferto. Per esempio, vediamo quanto segue:

-Nel salmo le sue prime parole sono: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?", che sono anche le prime parole pronunciate da Gesù dalla croce, secondo Matteo 27,46 e Marco 15,34.

-Così Gesù lascia intendere che tutto ciò che sta accadendo è il compimento del Salmo: "I capi dei sacerdoti commentavano tra loro, deridendo: "Ha salvato gli altri e non può salvare se stesso"" (Marco 15:31) e anche "Confidava in Dio, che lo libera se lo ama" (Matteo 27:43), e nel Salmo leggiamo: "Sono un verme, non un uomo, la vergogna del popolo, il disprezzo della gente; quando mi vedono, mi deridono, fanno smorfie, scuotono il capo: 'È venuto al Signore, che lo liberi; che lo liberi se lo ama tanto'" (Salmo 22:7-9), e anche: "Mi guardano in trionfo" (Salmo 22:18).

Il salmo annuncia la crocifissione dicendo: "Mi hanno trafitto le mani e i piedi" (Salmo 22, 17). Ciò è confermato da Giovanni 20, 25: "Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi, se non metto il dito nei fori dei chiodi e non metto la mano nel suo fianco, non ci credo".

E aveva persino predetto ciò che fecero i soldati: "Si dividono le mie vesti, tirano a sorte la mia tunica" (Salmo 22, 19), un evento che si realizzò anche alla crocifissione, secondo Matteo 27, 35, Marco 15, 24, Luca 23, 34 e Giovanni 19, 23-24.

Sappiamo che durante la crocifissione, i carnefici hanno forzato le ossa delle sue braccia per tenerle distese; inoltre, il suo cuore perdeva forza senza poterla trasmettere al resto del corpo; e la perdita di sangue lo rendeva molto assetato. Ebbene, tutto questo è espresso nel salmo: "Sono come acqua versata, le mie ossa sono fuori uso; il mio cuore è come cera, si scioglie nelle mie viscere; la mia gola è secca come una tegola, la mia lingua si attacca al tetto della bocca; tu mi schiacci sulla polvere della morte" (Salmo 22, 15-16). Infine, spezzarono le gambe ai due ladroni, ma lui era già morto e si realizzò di nuovo il salmo: "Posso contare le mie ossa" (Sal 21(22), 18).

Infine, nonostante la sofferenza e l'angoscia descritte nel salmo, il salmista esprime fiducia nella salvezza che verrà da Dio (versetti 19-21). Questa fiducia è simile a quella di Gesù in Dio Padre anche in mezzo alle sue sofferenze (Lc 23,46: "Padre, nelle tue mani affido il mio spirito").

Zaccaria 12, 10

Infine, troviamo la profezia di Zaccaria (VI secolo a.C.), dove l'effusione dello Spirito Santo, il riconoscimento di colui che è stato trafitto e il lamento su di lui si allineano agli eventi della crocifissione e all'opera di redenzione compiuta in Gesù Cristo.

Zaccaria 12,10 dice: "Io effonderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme uno spirito di perdono e di preghiera, e volgeranno lo sguardo a me che hanno trafitto. Faranno il lutto per lui come per un figlio unico, faranno il lutto per lui come si fa il lutto per il primogenito".

Vediamo come questo passaggio può essere interpretato in termini messianici:

-Io effonderò sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme uno spirito di perdono e di preghiera...". La prima parte del versetto parla dell'effusione dello Spirito di grazia e di preghiera sulla casa di Davide e sugli abitanti di Gerusalemme.

-Questo può essere inteso come un riferimento all'adempimento della promessa di Dio di inviare lo Spirito Santo, che si è concretizzato nel giorno di Pentecoste, quando lo Spirito Santo è stato versato sui discepoli di Gesù (At 2,1-4; cfr. Giovanni 20,22-23).

-E volgeranno lo sguardo verso di me, che hanno trafitto...": questa è la parte centrale della profezia e quella che ha un chiaro collegamento con Gesù Cristo.

Nel contesto messianico, questo viene interpretato come un riferimento alla crocifissione di Gesù, dove fu trafitto dai chiodi della croce e infine dalla lancia nel cuore (cfr. Gv 19,34-37).

L'espressione "volgeranno lo sguardo verso di me" suggerisce un riconoscimento retrospettivo da parte di coloro che lo hanno ferito.

Lo piangeranno come un figlio unico, lo piangeranno come si piange il primogenito...":

Questo pianto e lutto viene interpretato come un pentimento e un riconoscimento contrito del sacrificio di Gesù Cristo. Questo pianto è così grande e genuino che viene paragonato al pianto per un figlio unico o primogenito.

In un certo senso, si fa riferimento anche alla sofferenza di Maria nell'assistere alla morte del suo amato figlio sulla croce: "Sua madre era lì in piedi" (Gv 19,25-27).

Nel loro insieme, queste profezie bibliche offrono una visione profonda e toccante degli eventi che circondano la crocifissione di Gesù Cristo. L'esperienza di meditare su queste profezie contemplando il luogo fisico della crocifissione offre un collegamento tangibile tra storia e fede cristiana.

L'autoreRafael Sanz Carrera

Dottore in Diritto Canonico

Per saperne di più
Vaticano

Papa Francesco invita alla penitenza per il Giovedì Santo

Questo Giovedì Santo Papa Francesco ha invitato tutti i cattolici a riflettere sulla compunzione, un autentico pentimento che guarda alla misericordia di Dio piuttosto che alle nostre colpe.

Paloma López Campos-28 marzo 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Nella sua omelia della Messa crismale questo Giovedì SantoPapa Francesco guarda a San Pietro, "primo pastore della nostra Chiesa". Il Pontefice ripercorre ad alta voce il cammino da Simon Pietro a Gesù per approfondire la "compunzione". All'inizio, dice, San Pietro "si aspettava un Messia politico e potente, forte e deciso, e di fronte allo scandalo di un Gesù debole, arrestato senza resistenza, dichiarò: "Non lo conosco"".

Tuttavia, dopo aver rinnegato tre volte Cristo, Francesco spiega che San Pietro ha conosciuto Gesù quando "si è lasciato trafiggere senza riserve dal suo sguardo". In quel momento, "da 'non lo conosco' dirà: 'Signore, tu sai tutto'".

Il Santo Padre sottolinea qui, rivolgendosi ai sacerdoti, che la guarigione del cuore è possibile "quando, feriti e pentiti, ci lasciamo perdonare da Gesù; queste guarigioni avvengono attraverso le lacrime, il pianto amaro e il dolore che permettono di riscoprire l'amore". In breve, attraverso la compunzione.

Compunzione, vero pentimento

È un termine, dice il Papa, che "evoca una puntura. La compunzione è 'una puntura nel cuore', una puntura che lo ferisce, facendo sgorgare lacrime di pentimento". Ma non è "un sentimento che ci butta a terra", avverte Francesco. La compunzione è "una puntura benefica che brucia dentro e guarisce".

Il Pontefice spiega anche che la compunzione non è "dispiacersi per se stessi", perché questa è "tristezza secondo il mondo". Compunzione, sottolinea Francesco, "è pentirsi seriamente di aver rattristato Dio con il peccato; è riconoscere che siamo sempre in debito e mai in credito; è ammettere di aver smarrito la via della santità, di non aver creduto all'amore di Colui che ha dato la vita per me".

Intesa in questo modo, la compunzione ci permette di "fissare lo sguardo sul Crocifisso e lasciarci commuovere dal suo amore che sempre perdona e solleva, che mai delude le speranze di chi confida in lui". E il Papa insiste sul fatto che questo pentimento "alleggerisce l'anima dai suoi pesi, perché agisce sulla ferita del peccato, rendendola pronta a ricevere proprio lì la carezza del medico celeste".

Incontro con Cristo e con gli altri

Pertanto, Francesco ci assicura che la compunzione è l'antidoto alla durezza di cuore. "È il rimedio, perché ci mostra la verità di noi stessi, in modo che le profondità della nostra peccaminosità rivelino la realtà infinitamente più grande del nostro essere perdonati". E il Papa insiste sul fatto che "ogni nostra rinascita interiore nasce sempre dall'incontro tra la nostra miseria e la misericordia del Signore".

Il Santo Padre parla anche di solidarietà, "un'altra caratteristica della compunzione". Grazie a questo sentimento nel nostro cuore, invece di giudicare gli altri, "piangiamo i loro peccati". "E il Signore cerca, soprattutto tra i consacrati a Lui, coloro che piangono per i peccati della Chiesa e del mondo, facendosi strumento di intercessione per tutti".

Francesco ripete ancora una volta questo concetto, assicurandoci che "il Signore non ci chiede di giudicare in modo sprezzante chi non crede, ma di amare e piangere per chi è lontano". Pertanto, "adoriamo, intercediamo e piangiamo per gli altri. Permettiamo al Signore di operare meraviglie. Non abbiamo paura, ci sorprenderà".

Compunzione come grazia di Dio

Il Papa avverte che "in una società secolarizzata, corriamo il rischio di essere molto attivi e allo stesso tempo di sentirci impotenti". Finiamo per "perdere l'entusiasmo", ci "chiudiamo nella lamentela" e facciamo "prevalere la grandezza dei problemi sull'immensità di Dio". Tuttavia, il Vescovo di Roma ci incoraggia a non perdere la speranza perché "il Signore non mancherà di visitarci e di risollevarci".

In conclusione, Francesco sottolinea che "la compunzione non è il frutto del nostro lavoro, ma è una grazia e come tale va chiesta nella preghiera". E a questo proposito il Papa offre due consigli. "Il primo è di non guardare alla vita e alla chiamata in una prospettiva di efficienza e immediatezza", ma di guardare "all'insieme del passato e del futuro". "Del passato, ricordando la fedeltà di Dio", e "del futuro, pensando al destino eterno a cui siamo chiamati".

Il secondo consiglio del Pontefice "è quello di riscoprire la necessità di dedicarci a una preghiera non compromessa e funzionale, ma gratuita, serena e prolungata". Concludendo la sua omelia, il Papa ci incoraggia a "sentire la grandezza di Dio nella nostra piccolezza di peccatori, a guardare dentro di noi e a lasciarci trafiggere dal suo sguardo", proprio come San Pietro.

Per saperne di più
Educazione

Educare al perdono con Tolkien e C.S. Lewis

Il perdono può essere un potente alleato per migliorare il benessere emotivo e preservare la salute mentale. Anche i genitori e gli educatori devono affrontare la sfida di educare i giovani al perdono.

Julio Iñiguez Estremiana-28 marzo 2024-Tempo di lettura: 9 minuti

Il perdono è la remissione dell'offesa ricevuta, la sua cancellazione totale. Bisogna distinguere tra il perdono di Dio - è il suo amore misericordioso che va incontro alla persona che si rivolge a lui, pentita di averlo offeso - e il perdono tra le persone - che è il rinnovamento dell'armonia tra coloro che si sentono offesi da un'offesa reale o presunta.

Nel periodo penitenziale della Quaresima e della Pasqua in cui ci troviamo, ci sembra molto appropriato trattare il tema del perdono e, poiché si tratta di un argomento vasto e con tante ramificazioni, nell'articolo di oggi ci concentreremo sul perdono tra gli uomini, con lo scopo, come sempre, di aiutare i genitori e gli insegnanti nel loro compito di educare i loro figli-alunni alla capacità di chiedere perdono e di perdonare.

Una commovente scena di perdono a Mordor.

La creatura Gollum, a cui Frodo si affida per condurre lui e Sam alla Montagna di Fuoco dove deve portare a termine la sua Missione - distruggere l'Anello del Potere - ha pianificato un percorso insidioso: Avrebbero attraversato Torech Ungol, la tana di Ella Laraña, una mostruosa bestia simile a un ragno, ma molto più grande, con l'intenzione di portarle in dono il corpo di Frodo - una prelibatezza per Ella - e nella speranza che, in cambio, lei non si opponesse al suo desiderio di recuperare l'Anello.

Dopo aver sofferto molte difficoltà in una faticosa salita di diverse scale, finalmente raggiungono l'ingresso di un tunnel che emana un fetore ripugnante; all'interno, attraversano molti passaggi, sempre più terrorizzati dagli orrori che vedono e dalle minacce che immaginano, con il fetore ripugnante sempre presente.

Improvvisamente, Gollum attaccò Sam con lo scopo di rendere Frodo indifeso, in modo che la bestia mostruosa trovasse più facile piegare il banchetto che voleva sacrificargli.

Sam riuscì a districarsi da Gollum e a soccorrere il suo Maestro e amico il più velocemente possibile; ma non fece in tempo a impedire che Ella Laraña, astuta e conoscitrice di tutti gli angoli e le fessure della sua tana, gli conficcasse il suo brutto pungiglione.

Quando arrivò di corsa, Frodo era sdraiato sulla schiena e la bestia mostruosa lo aveva legato con corde che lo avvolgevano in una robusta ragnatela dalle spalle alle caviglie e lo stava portando via, sollevandolo con le grandi zampe anteriori.

Sam vide la spada elfica a terra accanto a Frodo; la impugnò con forza e, con una furia che andava oltre la sua natura, colpì la bestia schifosa e viscida finché, gravemente ferita, non cadde all'indietro, scomparendo in un passaggio attraverso il quale riuscì a malapena a passare.

Poi, inginocchiatosi accanto a Frodo, gli parlò teneramente, ancora e ancora, e agitò delicatamente il suo corpo, sperando in un segno che il suo amico fosse ancora vivo, ma non arrivò, e la sua desolazione crebbe sempre di più.

-È morto", disse a se stesso, mentre la disperazione più nera si abbatteva su di lui, "non dorme, è morto!

Mentre piangeva sconsolato e non sapeva cosa fare, se restare a vegliare sul suo Maestro o continuare la Missione da solo, sentì un grido e i lampi blu della spada elfica lo avvertirono che una pattuglia di Orchi si stava avvicinando.

Subito capì che la cosa più saggia da fare era prendere la catena con l'Anello da Frodo e nascondersi. Con ineffabile rispetto, e persino riverenza, prese la catena e, sentendosi indegno di essere il portatore dell'Anello del Potere, la appese come una medaglia, assumendosi la responsabilità di portare a termine la Missione.

Arrivarono gli Orchi e, vedendo Frodo a terra che grugniva per il succulento pasto che avrebbero consumato quella sera, lo sollevarono da terra tra di loro e lo portarono via in segno di giubilo.

Sam, nascosto ma attento, li sentì commentare tra loro che il corpo era caldo e quindi vivo.

Sam si insultò con tutte le imprecazioni che conosceva per non essersi accorto di una simile circostanza, ma allo stesso tempo fu molto contento che il suo Maestro e amico fosse vivo. Cambiò immediatamente i suoi piani per cercare di salvarlo. Con grande abilità e a rischio della vita, Sam riuscì a raggiungere la stanza dove era custodito il prigioniero di Frodo; con un abile stratagemma mise in fuga le sentinelle e riuscì a liberare il Portatore dell'Anello, salvandolo dalla pentola degli Orchi.

Frodo si era già svegliato dal sonno profondo causato dal veleno di Ella Laraña, e la sua gioia per l'arrivo inaspettato del suo scudiero e amico era immensa.

-Hanno preso tutto, Sam", disse Frodo. Tutto quello che aveva, capisci? Tutto! Si rannicchiò a terra a testa bassa, sopraffatto dalla disperazione, mentre si rendeva conto della portata del disastro. La missione è fallita, Sam.

 -No, non tutto, signor Frodo. E non ha fallito, non ancora. L'ho presa, signor Frodo, con il vostro perdono. E l'ho conservato bene. Ora mi pende al collo, ed è davvero un peso terribile.

-Ce l'hai? -Sam, sei una meraviglia! -Improvvisamente la voce di Frodo cambiò stranamente.

-Dammelo! - grido, alzandomi in piedi e tendendogli una mano tremante: "Dammela subito, non è per te!

Bene, signor Frodo", disse Sam, un po' sorpreso, "ecco a voi! -Ma ora siete nella terra di Mordor, signore, e quando ne uscirete vedrete la Montagna di Fuoco e tutto il resto. Ora l'Anello vi sembrerà molto pericoloso e un fardello pesante da portare. Se è un compito troppo arduo, forse potrei condividerlo con voi.

-No, no!" gridò Frodo, strappando l'Anello e la catena dalle mani di Sam. -Ansimò, guardando Sam con occhi spalancati di paura e ostilità. Poi, all'improvviso, stringendo forte il pugno intorno all'Anello, si interruppe spaventato. Si passò una mano sulla fronte dolorante, come per dissipare la nebbia che gli offuscava gli occhi. L'abominevole spettacolo gli era sembrato così reale, stordito com'era dalla ferita e dalla paura. Aveva visto Sam trasformarsi di nuovo in un orco, una creatura piccola e infettiva con la bocca bavosa, intenta a strappargli un tesoro ambito. Ma la visione era sparita. Sam era lì, in ginocchio, con il volto contorto dal dolore, come se un pugnale gli avesse trafitto il cuore, gli occhi rigati di lacrime.

-Oh Sam! -Cosa ho detto? Cosa ho fatto? Perdonami! Hai fatto tanto per me. È il terribile potere dell'Anello. Vorrei non averlo mai trovato.

-Va tutto bene, signor Frodo", disse Sam, strofinandosi gli occhi con la manica. Capisco. Ma posso ancora aiutarlo, no? Devo portarti via da qui. Subito, capisci? Ma prima ha bisogno di vestiti e provviste, e poi di qualcosa da mangiare. È meglio vestirsi in stile Mordor. Temo che dovrete vestirvi da Orco, signor Frodo. E anche per me, visto che andiamo insieme.

Questo episodio de "Il Signore degli Anelli" ci mostra un ottimo esempio di come chiedere perdono e come perdonare: Frodo, inorridito dalla sua reazione indegna nei confronti di Sam, rinsavisce e dice: "Perdonami! Hai fatto tanto per me", riconoscendo così il servizio reso dall'amico. Da parte sua, Sam - che aveva ragione di protestare per il "maltrattamento" ricevuto dal suo Maestro e amico - si limita a dire: "Va tutto bene, signor Frodo. Capisco. Ma posso ancora aiutarla, non è vero?

Non pensate anche voi, come me, che sia una scena sublime? Penso che sia un'eccellente lezione sulla capacità di perdonare e di chiedere perdono; ma andiamo più a fondo, perché il tema lo merita.

Il perdono e il perdono nella vita quotidiana.

Anche ne "Le cronache di Narnia" di C. S. Lewis, grande amico di J. R. R. Tolkien, troviamo molte scene in cui uno dei personaggi principali si scusa o chiede perdono per il suo cattivo comportamento.

-Mi scuso per non averti creduto", disse Peter a Lucy, sua sorella minore. Mi dispiace. Ci stringiamo la mano?

-Certo", annuì e gli strinse la mano.

Questa semplice scena è anche un buon esempio di come dovremmo comportarci in tante situazioni di tensione che inevitabilmente incontriamo nei rapporti con gli altri - in famiglia, al lavoro, a scuola, nello sport, con i vicini di casa, ecc. E in quelle occasioni sarà necessario riparare all'offesa per mantenere l'armonia - di solito basta un sorriso o un gesto di benevolenza.

-Signore, quante volte devo perdonare il mio fratello quando pecca contro di me? Fino a sette volte? -chiede Pietro.

-Non ti dico sette volte, ma settanta volte sette", gli rispose Gesù [Mt 18, 21-22].

Gesù chiarisce la sua dottrina: dobbiamo sempre perdonare tutti (non solo i nostri fratelli o amici, ma anche i nostri nemici...). E questo non è facile. Inoltre, penso che sia impossibile senza l'aiuto della grazia che Dio ci offre. Ecco perché dobbiamo pregare con il Salmo 50: "O Dio, crea in me un cuore puro, rinnovami interiormente con uno spirito saldo".

Inoltre, nel Padre Nostro, Gesù sembra subordinare il perdono divino al fatto che l'uomo perdoni il suo prossimo: "Rimetti a noi i nostri debiti, come noi li rimettiamo ai nostri debitori". [San Matteo 6, 12]

Papa Francesco, da parte sua, ha suggerito la necessità di imparare tre parole: "Perdona, per favore e grazie". Un bell'insegnamento da mettere in pratica nella nostra vita di relazione con chi ci circonda.

Correggere e perdonare. Guarigione. 

Di fronte a comportamenti sbagliati e scorretti da parte dei bambini - alunni, noi educatori dobbiamo essere chiari e positivi.

Il ragazzo o la ragazza devono accettare che ciò che è successo è sbagliato e deve essere riparato, ma anche offrire loro la speranza di poterlo superare, che dimenticheremo ciò che è successo - è perdonato - e ricominceremo - avranno un'altra possibilità.

Tre casi reali e semplici che finiscono bene, tra i tanti nell'ambiente scolastico.

I. Un ragazzo denuncia di essere stato derubato in classe. L'insegnante scopre alcuni dettagli rilevanti e giunge alla conclusione che è possibile che l'oggetto mancante si trovi già fuori dall'aula, quindi interrompe le ricerche di tutti gli alunni. Racconta quindi ai bambini l'accaduto, cercando di smuovere la coscienza del "ladro" per motivarlo a pentirsi e a restituire l'oggetto rubato. Dice loro che devono consegnarglielo in privato e assicura che nessun altro lo saprà mai.

Il giorno dopo, Juan gli diede il CD dei Beatles di un suo compagno di classe. L'atmosfera in classe rimase quella di prima e l'insegnante mantenne la parola data.

II. Gabriel si è offerto volontario per partecipare a un'attività complementare ed è stato selezionato, ma sta attraversando un brutto periodo e a causa del suo cattivo comportamento l'insegnante, in accordo con il suo tutor, lo espelle dall'attività. I genitori di Gabriel lamentano di non essere stati informati in anticipo del cattivo comportamento del figlio e chiedono se sia possibile per Gabriel tornare nel gruppo, impegnandosi a comportarsi bene. L'insegnante, in accordo con il suo tutor, dice di sì, e aggiunge un'altra condizione a quella indicata dai genitori: deve ottenere buoni voti nella valutazione (secondo le sue possibilità). Gabriel supera entrambe le prove, rientra nel gruppo e continua fino alla fine con buoni risultati.

III. Al termine di una visita culturale con un intero anno di scuola superiore, gli insegnanti ricevono un reclamo da un venditore di dolci e bibite. Diversi ragazzi si erano fermati alla sua bancarella e avevano preso le cose senza pagarle. Gli insegnanti, riunendo tutti i ragazzi nel pullman, hanno spiegato la situazione, assicurando che non avrebbero lasciato il posto finché tutti i "ladri" non fossero tornati alla bancarella per restituire o pagare ciò che avevano preso, oltre a scusarsi con il venditore per il brutto momento che gli avevano fatto passare. Fortunatamente i ragazzi lo fecero, l'uomo fu più o meno soddisfatto e poté riprendere l'escursione.

Credo che questo modo di procedere - correggere, perdonare e incoraggiare - sia anche un buon modo per guarire l'anima di chi ha fallito e per ripristinare una buona atmosfera. Vale anche la pena di notare che il perdono può essere un potente alleato per migliorare il benessere emotivo e preservare la salute mentale. In questo senso, è anche molto importante imparare a perdonare se stessi, pentendosi di aver causato un danno agli altri.

Questo è anche ciò che Gesù ci insegna nel suo gesto con il paralitico alla piscina di Betzatà, in Giovanni 5, 1-6. Prima lo guarisce, avendo compassione di lui, sapendo che aspettava da tempo di essere guarito, ma che qualcuno lo aveva sempre preceduto, quando le acque della piscina furono smosse dall'angelo. E poi, quando si incontrano nel Tempio, gli dice: "Vedi, sei guarito; non peccare più, perché non ti succeda qualcosa di peggio". Gesù guarisce e corregge. 

D'altra parte, dobbiamo essere costanti nell'aiutare, anche se a volte a noi educatori sembra che non ci ascoltino, e pazienti quando i buoni risultati non arrivano subito, perché le persone hanno bisogno di tempo per raggiungere gli obiettivi che vogliamo raggiungere, soprattutto quando ci proponiamo di essere migliori. E li incoraggia a perseverare nei loro sforzi se confidiamo loro che anche noi adulti dobbiamo sforzarci di migliorare e se ci vedono chiedere perdono. 

Conclusioni

Il dispiacere cancella totalmente l'offesa ricevuta. Dio, che è amore, va incontro all'uomo che, pentito, viene a chiedergli perdono per averlo offeso. Tra gli uomini, il perdono ristabilisce l'armonia tra coloro che si sentono offesi.

Educare al perdono Spetta ai genitori e agli educatori correggere quando è necessario farlo, in base alla natura dell'infrazione e alle condizioni della persona che ha bisogno di aiuto. Ma è anche importante che la ragazza o il ragazzo che correggiamo percepisca che lo facciamo con affetto, che teniamo a lei o a lui quanto o più di noi stessi e che avrà un'altra possibilità, perché confidiamo che migliorerà.

Chiedere scusa e perdonare aiuta a guarire l'anima di chi è venuto meno, aiuta a preservare il buon ambiente, può migliorare il benessere emotivo e la salute mentale. In breve, genera felicità, pace e tranquillità: è una buona vitamina per la persona - corpo e anima.

L'autoreJulio Iñiguez Estremiana

Fisico. Insegnante di matematica, fisica e religione a livello di baccalaureato.

Vangelo

"Cercate Gesù". Domenica di Pasqua della Risurrezione del Signore (B)

Joseph Evans commenta le letture della Domenica di Pasqua della Risurrezione del Signore (B) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-28 marzo 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Un angelo all'interno del sepolcro dice alle sante donne: ".Non temete, state cercando Gesù il Nazareno, il crocifisso? È risorto. Non è qui" (Mc 16, 6). Per paura di un angelo, forse proprio questo angelo, i soldati di guardia al sepolcro" (Mc 16, 6).tremavano di paura ed erano come morti" (Mt 28,4). Ma questa è la differenza: i soldati bloccavano l'accesso a Gesù, le donne cercavano di raggiungerlo. Ed è per questo che l'angelo dice: "Non abbiate paura. State cercando Gesù". Non abbiate paura perché state cercando Gesù. Se cerchiamo Gesù, non dobbiamo avere paura di niente e di nessuno.

Che i potenti del mondo abbiano paura, che gli eserciti e i soldati abbiano paura, ma non noi, poveri e deboli credenti, ma pur sempre credenti. Dio conosce il nostro cuore e, in una certa misura, lo conoscono anche gli angeli del cielo: "... Dio conosce il nostro cuore".State cercando Gesù". Loro lo sanno. Quindi oggi, e sempre, non abbiamo nulla da temere e tutto da festeggiare. Non dobbiamo avere paura delle potenze mondiali, né dei problemi della società o della nostra vita e della nostra famiglia, non dobbiamo nemmeno avere paura dei nostri peccati e delle nostre debolezze, purché cerchiamo Gesù. Lui verrà da noi e la nostra paura si trasformerà in gioia. 

Proprio perché queste donne cercavano Gesù, egli venne da loro. "All'improvviso Gesù li incontrò e disse: "Rallegratevi"."(Mt 28,9). Quando noi cerchiamo Gesù, lui cerca noi, anche se in un certo senso è il contrario. Gesù prende sempre l'iniziativa: cerca noi più di quanto noi cerchiamo lui.

L'angelo aveva detto: "Guardate il sito dove l'hanno messo". Ora è vuoto, non c'è nessuno. Il potere delle tenebre ha avuto il suo momento, ma il suo potere è scomparso. Il male è svanito nel nulla, ma le donne possono aggrapparsi ai piedi regali di Gesù. "Si avvicinarono a lui, abbracciarono i suoi piedi e si prostrarono davanti a lui."(Mt 28,9). Ciò che ha sostanza, vera realtà, è la persona reale - e risorta - di Gesù Cristo, Dio fatto uomo per la nostra salvezza.

Le donne fanno quel poco che possono, ma con grande amore. Poi ci viene detto che fuggirono per paura (Mc 16, 8). Ma almeno una di loro, Maria Maddalena, corse ad avvisare gli apostoli (Gv 20, 1 ss). La sequenza degli eventi è un po' vaga e c'è una comprensibile confusione: è stato letteralmente l'evento più sorprendente della storia. Ma le donne povere e fragili preparano la strada alla Risurrezione, così come 33 anni prima l'umile ancella aveva aperto la porta all'Incarnazione. Quando le donne sono disposte a fare il poco che possono con amore, Dio è all'opera nella storia.

Omelia sulle letture della domenica di Pasqua

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Il Papa dice ai cattolici in Terra Santa: "Non vi lasceremo soli".

Papa Francesco ha pubblicato una lettera alla comunità dei cattolici in Terra Santa in cui esprime il desiderio che "ognuno di voi senta il mio affetto di padre, che conosce le vostre sofferenze e le vostre difficoltà, specialmente quelle di questi ultimi mesi".

Maria José Atienza-27 marzo 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La Santa Sede ha reso pubblico un letteraAlla vigilia del Triduo pasquale, il Santo Padre si è rivolto alla comunità cattolica residente in Terra Santa. Una comunità che, come sottolinea il Papa nella lettera, desidera rimanere nella propria terra "dove è bene che possa rimanere".

Dopo quasi otto mesi di conflitto in questa terra, Papa Francesco ha voluto rivolgersi, in modo particolare, "a tutti coloro che soffrono dolorosamente l'assurdo dramma della guerra, ai bambini a cui è negato un futuro, a tutti coloro che piangono e soffrono, a tutti coloro che sperimentano angoscia e disorientamento".

"Semi di bene" in mezzo al conflitto

Il Papa ha ringraziato questi uomini e donne per la loro "testimonianza di fede" e ha espresso la sua gratitudine per "la carità che c'è tra voi, grazie perché sapete sperare contro ogni speranza".

In questo senso, e ricordando le tante volte che questi cristiani hanno testimoniato la loro fede e la loro speranza, Francesco ha sottolineato che in "questi tempi bui, quando sembra che il buio del Venerdì Santo ricopra la vostra terra e tante parti del mondo sono sfigurate dall'inutile follia della guerra, che è sempre e per tutti una sanguinosa sconfitta, voi siete fiaccole accese nella notte; siete semi di bene in una terra lacerata dai conflitti".

Il Papa ha assicurato che sta pregando per loro e con loro e ha sottolineato che "non vi lasceremo soli, ma rimarremo solidali con voi attraverso la preghiera e la carità attiva".

In questa lettera Francesco ha detto che spera di poter tornare presto in Terra Santa per condividere con questa comunità "il pane della fraternità e contemplare quei germogli di speranza nati dai vostri semi, sparsi nel dolore e coltivati con pazienza".

La Chiesa in conflitto

La maggior parte della popolazione cattolica in Terra Santa è di origine araba e si trova principalmente in varie città palestinesi.

Il lavoro della parrocchia cattolica della Sacra Famiglia a Gaza è particolarmente intenso in questo momento. La parrocchia ospita attualmente più di mezzo migliaio di rifugiati e si prende cura di decine di migliaia di persone provenienti dalla Striscia. Papa Francesco segue quotidianamente il lavoro pastorale e assistenziale di questa parrocchia e, dal 7 ottobre, quando Hamas ha attaccato Israele scatenando il conflitto, ha insistito nei suoi discorsi sulla necessità di raggiungere un accordo di pace per la Terra Santa.

Vaticano

Il Papa prega per la pace davanti a israeliani e arabi con figlie uccise in guerra

All'udienza di questo mercoledì, il Papa ha invitato a contemplare Cristo crocifisso per assimilare il suo infinito amore paziente e ha presentato la testimonianza di genitori arabi e israeliani che hanno perso le loro figlie in guerra e che sono amici. Ha anche chiesto di pregare per le vittime innocenti della guerra in Terra Santa e ha rivolto un saluto speciale ai partecipanti al congresso UNIV 2024.  

Francisco Otamendi-27 marzo 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Santo Padre ha celebrato il Pubblico generale Il Papa ha ringraziato i pellegrini per la loro pazienza, perché la pioggia a Roma ha impedito che si svolgesse in Piazza San Pietro. Il Papa ha ringraziato i pellegrini per la loro pazienza, perché l'Aula era gremita di fedeli che lo accompagnano nelle celebrazioni della Settimana Santa.

La virtù che il Pontefice ha affrontato oggi è stata pazienzaIl riferimento all'"inno alla carità" nella prima lettera di San Paolo ai Corinzi, in cui l'apostolo scrive che l'amore è paziente, servizievole, non si scompone, perdona e sopporta.

Il messaggio centrale del Papa riguardava la pace e la contemplazione di Cristo crocifisso per imparare la pazienza. Che possiamo "vivere questi giorni nella preghiera; vi invito ad aprirvi alla grazia di Cristo Redentore, fonte di gioia e di misericordia. Preghiamo per la pace, per l'Ucraina martirizzata, che sta soffrendo tanto, anche in Israele, in Palestina, che ci sia pace in Terra Santa, che il Signore dia la pace a tutti noi, come dono attraverso la sua Pasqua. La mia benedizione a tutti.

Nella sua catechesi sulla virtù della pazienza, il Papa ha menzionato in diverse occasioni il Gesù crocifisso che perdona, il Cristo paziente, che è in grado di rispondere al male con il bene. Noi siamo impazienti, diventiamo impazienti e rispondiamo al male con il male. La pazienza è una chiamata di Cristo.

Un saluto all'UNIV 2024, ai libanesi e ai fedeli di tanti Paesi.

Nei suoi saluti ai pellegrini di diverse lingue, si è riferito "in modo particolare ai partecipanti al Riunione UNIV 2024. Vi invito a vivere questi giorni santi contemplando Cristo crocifisso, che con il suo esempio ci insegna ad amare e ad essere pazienti nella gloriosa attesa della risurrezione. Gesù vi benedica e la Vergine Santa vegli su di voi.

Come negli anni precedenti, circa tremila studenti provenienti da molti Paesi sono riuniti a Roma per UNIV 2024, un incontro internazionale di studenti universitari che trascorrono la Settimana Santa e la Pasqua a Roma insieme al Papa e che quest'anno riflettono sul tema "Il fattore umano" nell'intelligenza artificiale. Il Pontefice si è anche rivolto ai pellegrini in modo speciale. Libanesedi lingua inglese e altrove, 

Opera di misericordia: soffrire con pazienza le colpe degli altri.

Oggi riflettiamo sulla virtù della pazienza, ha esordito il Papa nella sua catechesi. Nel racconto della Passione, come abbiamo sentito domenica scorsa, "l'immagine di Cristo paziente ci interpella. Questa virtù si manifesta come fortezza e mitezza nella sofferenza. È una delle caratteristiche dell'amore, come afferma San Paolo nell'inno alla carità". 

Un esempio di pazienza può essere visto anche nella parabola del Padre misericordioso, che non si stanca mai di aspettare ed è sempre pronto a perdonare, ha aggiunto.

Nel mondo di oggi, dove l'immediatezza è prioritaria e le difficoltà prevalgono, "essere pazienti è la migliore testimonianza che noi cristiani possiamo dare. Non è facile vivere questa virtù, ma teniamo presente che è una chiamata a configurarci a Cristo, un modo concreto di coltivarla".

E come si coltiva? Praticando nella nostra vita l'opera di misericordia spirituale che ci invita a soffrire con pazienza le mancanze del nostro prossimo. Non è facile, ma si può fare. Chiediamo allo Spirito Santo di aiutarci, ha pregato il Santo Padre.

Il Papa non ha fatto alcun cenno al fatto che oggi ricorre il quarto anniversario di quel momento straordinario di preghierada solo in Piazza San Pietro il 27 marzo 2020, in cui ha invocato la guarigione per il mondo assediato dal coronavirus.

L'autoreFrancisco Otamendi

Ecologia integrale

"Non tutto va bene" nella ricerca scientifica

Perché non è una buona idea cercare di clonare un essere umano? Possiamo infettare persone sane con un virus potenzialmente mortale per studiare l'evoluzione della malattia? Posso usare le cellule di una persona senza il suo consenso? Il ricercatore Lluís Montoliu riflette su queste domande biomediche nel suo ultimo libro "No todo vale", presentato alla Fundación Pablo VI. 

Francisco Otamendi-27 marzo 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

In pochi mesi abbiamo assistito al lancio e alla presentazione di alcuni libri su scienza e Dio, scritti da studiosi dell'argomento, e ad alcune interviste a scienziati cattolici su Omnes. 

Tra i primi, possiamo citare la ricerca sulle prove scientifiche dell'esistenza di Dio di Michel-Yves Bolloré e Olivier Bonnassies, un bestseller in Francia, e anche "Nuove prove scientifiche dell'esistenza di Dio" di José Carlos González-Hurtado, imprenditore e presidente di EWTN Spagna.

Per quanto riguarda quest'ultima, si ha Enrique SolanoIn un'intervista a Omnes, il presidente della Società degli scienziati cattolici di Spagna ha sottolineato, tra l'altro, che "sono necessari brillanti scienziati e divulgatori cattolici per costruire un ponte tra il sapere specialistico e la gente della strada".

Anche alla fine dell'anno, Stephen BarrD. in fisica teorica delle particelle, professore emerito presso il Dipartimento di Fisica e Astronomia dell'Università del Delaware ed ex direttore del Bartol Research Institute della stessa università americana, ha dichiarato a Omnes che "la tesi di un conflitto tra scienza e fede è un mito generato dalle polemiche della fine del XIX secolo".

Montoliu: collaboratori di diverso genere

Passiamo ora alla presentazione del libro "Che ci fa uno scienziato a parlare di etica?", in Fondazione Paolo VIscritto da un altro scienziato, Lluís Montoliu, ricercatore presso il Consiglio Nazionale delle Ricerche spagnolo (CSIC) e vicedirettore del Dipartimento di Biologia Molecolare e Cellulare del Centro Nazionale di Biotecnologia (CNB-CSIC), che desidera chiarire che nel mondo della scienza "non tutto ciò che sappiamo o possiamo fare deve essere fatto. Di questo si occupa la bioetica". 

Il sottotitolo dell'opera del biologo ricercatore è Che cosa fa uno scienziato parlando di etica? E a questo tema dedica numerose riflessioni in un momento in cui la ricerca scientifica avanza così rapidamente che domande che pensavamo fossero solo per i film di fantascienza sono ora una realtà. Ma non tutto va bene, ci sono dei limiti etici, sottolinea. 

Lluís Montoliu afferma nella prefazione di aver voluto "la collaborazione, i commenti e i suggerimenti" di Pere Puigdomènech, professore emerito di ricerca del CSIC presso il Centro di Ricerca in Genomica Agraria, e anche quelli di José Ramón Amor Pan, direttore accademico e coordinatore dell'Osservatorio di Bioetica e Scienza della Fondazione Paolo VI, che ha moderato il colloquio di presentazione del libro. All'evento hanno partecipato anche Carmen Ayuso, capo del Dipartimento di Genetica e direttore scientifico dell'Istituto di Ricerca sulla Salute della Fundación Jiménez Díaz.

Il ricercatore Montoliu ha voluto contare sulla collaborazione di Puigdomènech e Amor Pan, "come rappresentanti di quella che potremmo definire un'etica laica e un'etica religiosa, cristiana, rispettivamente. Pur rispettando le convinzioni di ciascuno, devo dire che condivido e aspiro ad avere molti dei valori che accompagnano questi due grandi esperti di bioetica, e mi sento molto a mio agio a parlare con loro, ad ascoltarli e ad imparare da loro".

Concetti di bioetica

Durante il colloquio sono state discusse alcune questioni sollevate nel libro, "come l'opportunità di scriverlo in modo che i cittadini siano consapevoli dei limiti posti alla ricerca scientifica, i dibattiti generati dalla sperimentazione animale e l'importanza del consenso scritto dei pazienti, tra gli altri". 

Questi e altri argomenti possono forse essere integrati da una breve rassegna di alcune riflessioni dell'autore e del moderatore sulla bioetica. 

Andiamo con Montoliu, in tre frasi. 1. "Bioetica suona come regole, morale, filosofia, codici, leggi, a volte può anche essere collegata alla religione. Per noi che lavoriamo nelle scienze sperimentali, nelle scienze della vita (quelle delle "scienze"), i corsi di bioetica tendono a essere interpretati come materie accessorie, probabilmente inutili, apparentemente approssimative, poco attraenti. Si tratta di argomenti che presumiamo possano interessare ad altri che lavorano nelle scienze umane (quelli delle "arti"), non a noi. 

Con tutti questi cliché e luoghi comuni, stiamo inconsapevolmente riproducendo, ancora una volta, la triste separazione accademica tra scienza e letteratura, tra scienza e umanesimo, come se fossero due compartimenti stagni. E questo è un grande errore. Fortunatamente, ci sono già alcune università che prevedono programmi di formazione trasversali che combinano scienza e umanesimo, o scienza ed etica, o scienza e filosofia". 

Non tutto ciò che sappiamo o possiamo fare, dovremmo farlo. Questo è il senso della bioetica. Analizzare nel dettaglio tutti i dati di una proposta sperimentale per concludere se è opportuno o meno che il progetto venga realizzato. Se è eticamente accettabile, in conformità con le norme e le leggi che ci siamo dati come società e con il nostro codice morale, o se contravviene a uno qualsiasi di questi precetti, allora dobbiamo concludere che l'esperimento non deve essere realizzato". 

Dialogo, una cultura dell'incontro

Il professor Amor Pan ha chiesto ai partecipanti all'evento il loro parere su numerose questioni. Qui vorrei solo ricordare quanto ha scritto nell'epilogo del libro di Montoliu, che può essere utile nella lettura. "Non mi stancherò di insistere su questo punto: la bioetica non può mai essere terreno di scontro partitico, di qualsiasi guerra culturale; al contrario, la bioetica è (deve essere) dialogo, deliberazione, ricerca sincera della verità, cultura dell'incontro, amicizia sociale", e cita l'enciclica di Papa Francesco "Fratelli tutti" al numero 202, quando parla della "mancanza di dialogo".

Il moderatore Armor Pan ritiene che "la bioetica nasca come etica civica e interdisciplinare, come punto di incontro, nel quadro della tradizione dei diritti umani e della ricerca di un'etica globale, con un approccio umile e allo stesso tempo rigoroso (nei dati, nell'argomentazione, nel processo deliberativo)". 

Riferendosi al suo concetto di bioetica, Josá Ramón Amor osserva: "Per me, etica e morale sono sinonimi, su questo punto differisco da Lluís Montoliu. Colgo l'occasione per sottolineare quanto segue: il disaccordo, purché argomentato, è buono e sano; e non impedisce la collaborazione, tanto meno l'amicizia e la cordialità. Credo sia più che necessario ricordarlo nei tempi in cui viviamo.

Sfide

Secondo Montoliu, la sfida principale che la ricerca biomedica spagnola deve affrontare in questo momento è che "le nuove sfide che stanno emergendo nel campo della scienza richiedono raccomandazioni esplicite". 

Nel suo libro fornisce alcuni esempi di progressi scientifici che pongono un dilemma nel campo della bioetica. Durante il convegno è emerso chiaramente che i limiti sono necessari, ma si è criticata l'eccessiva prudenza dell'Unione Europea nel fissarli attraverso la sua legislazione, come nel caso del ricercatore spagnolo Francisco Barro, che è riuscito a creare un grano senza glutine e che, a causa dell'iper-regolamentazione europea, non ha potuto coltivarlo in Spagna. "È andato negli Stati Uniti dove gli hanno steso un tappeto rosso e dove produrrà biscotti di grano senza glutine che poi acquisteremo da loro", ha spiegato Montoliu. 

Carmen Ayuso ha aggiunto un altro ostacolo che l'Europa frappone alle indagini. "La sua vasta burocrazia", che rallenta e ostacola molte ricerche. Il libro affronta anche le questioni relative alla ricerca sugli embrioni, alla fecondazione in vitro e alla bioetica dell'intelligenza artificiale.

L'autoreFrancisco Otamendi

Per saperne di più
Mondo

Nuovi Statuti Generali per la Pontificia Università Gregoriana

Dal 2019 è in corso un processo di revisione degli statuti per riunire, all'interno dell'antico Ateneo fondato nel 1551 da sI Pontifici Istituti Biblici e Orientali, fondati nel secolo scorso.

Giovanni Tridente-27 marzo 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Appena un anno fa Papa Francesco aveva ricevuto in udienza in Vaticano le comunità accademiche delle 22 (allora) istituzioni che conformano a Roma il variegato e antico panorama delle Università e Istituzioni pontificie, e aveva chiesto loro di “fare coro”, con un riferimento molto concreto alla necessità di “aprirsi a sviluppi coraggiosi e, se necessario, anche inediti”.

Il pensiero del Pontefice era rivolto al fatto che a fronte della “generosità e lungimiranza di molti ordini religiosi” che nei secoli hanno dato vita nella Città Eterna a tanti centri di formazione specializzati nelle materie ecclesiastiche, per come è cambiato oggi il mondo e la società si rischia di “disperdere energie preziose” se si continua ad avere una “molteplicità di poli di studio”. Un campanello d’allarme è dato ad esempio dal calo del numero degli studenti che frequentano le Università Pontificie in maniera sensibilmente ridotta rispetto ad almeno quindici anni fa.

Intelligenza, prudenza e audacia

La parola d’ordine del discorso del Papa era dunque quella di “ottimizzare”, accorpare centri di studi derivanti ad esempio dallo stesso carisma, in modo da continuare a “favorire la trasmissione della gioia evangelica dello studio, dell’insegnamento e della ricerca”, piuttosto che rallentarla e affaticarla. Soluzioni dunque per salvaguardare “un’eredità ricchissima” e promuovere “vita nuova”, da cercare “con intelligenza, prudenza e audacia, tendendo sempre presente che la realtà è più importante dell’idea”.

Accorpamento

In linea con questa visione realistica del Pontefice, è stata appena annunciata la notizia dell'unificazione del Pontificio Istituto Biblico e del Pontificio Istituto Orientale con la Pontificia Università. GregorianaLe tre istituzioni sono nate in tempi diversi, ma sono state accomunate dal fatto di essere state affidate alla Compagnia di Gesù fin dalla loro nascita.

Il 15 marzo scorso è stato annunciato, infatti, il decreto che stabilisce la nuova configurazione del più antico ateneo pontificio, sorto nel 1551 per volontà di Sant’Ignazio di Loyola, con l’approvazione dei nuovi Stati Generali che entreranno in vigore il 19 maggio 2024, giorno di Pentecoste.

Un cammino iniziato nel 2019

Si è trattato in ogni caso di un cammino iniziato nel 2019, quando lo stesso Papa Francesco, con proprio chirografo, aveva ordinato l’incorporazione dei due Istituti all’Università, pur conservando le proprie denominazioni e le proprie missioni. Il Pontificio Istituto Biblico venne fondato nel 1909 come centro di alti studi sulla Sacra Scrittura, mentre il Pontificio Istituto Orientale, fondato nel 1917, si occupa degli studi superiori delle scienze ecclesiastiche e del diritto canonico delle Chiese orientali.

Svolgere meglio la missione

I nuovi Statuti – ratificati e approvati dal Dicastero per la Cultura e l’Educazione l’11 febbraio 2024 – prevedono che le tre Istituzioni facciano parte ora “della stessa persona giuridica, come unità accademiche” dell’Università Gregoriana. Già nel chirografo del 2019 il Pontefice spiegava la necessità che i due Istituti – vincolati a una istituzione più grande e meglio organizzata - potessero svolgere meglio le loro missioni specifiche nel contesto attuale.

Per quanto riguarda il Pontificio Istituto Orientale, la Il Papa ha inoltre indicato che il Prefetto del Dicastero per le Chiese Orientali dovrebbe assumere il ruolo di Patrono dell'Istituto.

Con questa nuova configurazione, la Pontificia Università Gregoriana sarà governata da un unico Rettore, coadiuvato da un Consiglio di cui fanno parte ora anche i Presidenti dei due Pontifici Istituti incorporati.

Future riorganizzazioni

Un simile processo di riorganizzazione sta interessando anche altre Istituzioni vincolate direttamente alla Santa Sede, come la Pontificia Università Urbaniana e la Pontificia Università Lateranense. Il progetto è quello di unificare in un unico centro di studi le specializzazioni finora offerte separatamente dai due secolari atenei, sorti rispettivamente nel 1622 e nel 1773.

L'autoreGiovanni Tridente

Per saperne di più
Evangelizzazione

I papi propongono di trovare Gesù nella Bibbia

Da Giovanni Paolo II a Francesco, gli ultimi tre Papi hanno incoraggiato i cristiani a leggere la Bibbia e a incontrare Gesù Cristo in essa. In alcune occasioni Francesco ha anche regalato dei Vangeli in formato tascabile ai pellegrini che si recano in Piazza San Pietro.

Loreto Rios-26 marzo 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Nel corso della storia, molti Papi hanno parlato dell'importanza della Bibbia come mezzo per avvicinarsi a Cristo, la Parola del Padre. In questo articolo ci concentriamo sui tre Papi più recenti: Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco.

San Giovanni Paolo II

San Giovanni Paolo II ha parlato in numerosi discorsi della centralità della Sacra Scrittura come mezzo per conoscere Gesù Cristo nella vita cristiana. Un esempio è il suo messaggio alla Federazione Biblica Cattolica Mondiale il 14 giugno 1990, in cui spiegava che il centro delle Scritture è il Verbo, Gesù Cristo: "La Bibbia, Parola di Dio scritta sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, rivela, all'interno della tradizione ininterrotta della Chiesa, il piano misericordioso di salvezza del Padre, e ha al centro e al cuore il Verbo fatto carne, Gesù Cristo, crocifisso e risorto". Inoltre, il Papa ha identificato la Bibbia con Cristo stesso, dicendo che "dando alle persone la Bibbia, darete loro Cristo stesso, che soddisfa coloro che hanno fame e sete della Parola di Dio, della vera libertà, della giustizia, del pane e dell'amore".

D'altra parte, San Giovanni Paolo II ha sottolineato l'importanza di "accostarsi costantemente alla Bibbia come fonte di santificazione, di vita spirituale e di comunione ecclesiale nella verità e nella carità", affermando che la Sacra Scrittura suscita vocazioni, è anche il "cuore della vita familiare", ispira "l'impegno dei laici nella vita sociale" ed è "l'anima della catechesi e della teologia".

Inoltre, nell'udienza generale del 1° maggio 1985, il Papa ha ricordato la costituzione del Concilio Vaticano II "Dei Verbum", in cui si afferma che "Dio, che ha parlato nei tempi passati, continua a dialogare sempre con la Sposa del suo Figlio diletto (che è la Chiesa); Così lo Spirito Santo, per mezzo del quale la voce viva del Vangelo risuona nella Chiesa e, attraverso di essa, nel mondo intero, introduce i fedeli nella pienezza della verità e fa sì che la parola di Cristo abiti intensamente in loro" (Dei Verbum, 8)" (Dei Verbum, 8).

Tuttavia, sebbene la Parola di Dio sia un mezzo efficace e indispensabile per avvicinarsi a Cristo, San Giovanni Paolo II ha anche sottolineato l'importanza di avvicinarsi ad essa e di leggerla sempre alla luce della Chiesa, senza affidarsi a interpretazioni personali o soggettive. In questo senso, il Pontefice ha spiegato che la "garanzia della verità" è stata data "dall'istituzione di Cristo stesso [...] alla Chiesa. [...] A tutti si rivela in questo ambito la misericordiosa provvidenza di Dio, che ha voluto concederci non solo il dono della sua autorivelazione, ma anche la garanzia della sua fedele conservazione, interpretazione e spiegazione, affidandola alla Chiesa".

Benedetto XVI

Il Papa Benedetto XVI Ha anche sottolineato l'importanza della Bibbia per avvicinarsi a Cristo: "Ignorare la Scrittura è ignorare Cristo", ha spiegato, citando San Girolamo all'udienza generale del 14 novembre 2007.

A questa frase, Benedetto XVI ha aggiunto che "leggere la Scrittura è conversare con Dio", ma, come San Giovanni Paolo II, ha sottolineato l'importanza di leggere la Bibbia alla luce della Chiesa: "Per San Girolamo, un criterio metodologico fondamentale nell'interpretazione della Scrittura era l'armonia con il magistero della Chiesa. Non possiamo mai leggere la Scrittura da soli. Troviamo troppe porte chiuse e cadiamo facilmente nell'errore. [In particolare, poiché Gesù Cristo ha fondato la sua Chiesa su Pietro, ogni cristiano", ha concluso, "deve essere in comunione "con la cattedra di San Pietro". So che su questa roccia è costruita la Chiesa"".

A questo proposito è di grande importanza l'esortazione apostolica di Benedetto XVI "Verbum Domini" del 2010, che raccoglie le conclusioni del Sinodo sulla Parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa.

Tra l'altro, il Papa ha anche sottolineato, come Giovanni Paolo II, il nucleo cristologico della Sacra Scrittura: "Il Verbo eterno, che si esprime nella creazione e si comunica nella storia della salvezza, in Cristo è diventato un uomo "nato da donna" (Gal 4,4). La Parola qui non è espressa principalmente in discorsi, concetti o norme. Si tratta della persona stessa di Gesù. La sua storia unica e singolare è la parola definitiva che Dio rivolge all'umanità. [La fede apostolica testimonia che il Verbo eterno si è fatto uno di noi".

Papa Francesco

Seguendo questa linea, anche Papa Francesco ha più volte esortato a trovare Cristo nelle Scritture.

L'attuale pontefice ha spiegato nel suo discorso alla Federazione Biblica Cattolica il 26 aprile 2019 l'importanza che la Chiesa sia "fedele alla Parola", affermando che, se adempie a questo, non lesinerà "nell'annunciare il kerygma" e non si aspetterà "di essere apprezzata". "La Parola divina, che viene dal Padre ed è riversata nel mondo", spinge la Chiesa "fino ai confini della terra", ha affermato Francesco.

Inoltre, il Papa ha più volte incoraggiato le persone a familiarizzare con la Bibbia e a leggerla almeno cinque minuti al giorno, perché "non è semplicemente un testo da leggere", ma "una presenza viva". Per questo motivo, anche se la lettura si riduce a piccoli momenti al giorno, il Papa sottolinea che è sufficiente, perché quei brevi paragrafi "sono come piccoli telegrammi di Dio che toccano immediatamente il cuore". La Parola di Dio "è un po' come un anticipo di paradiso". Perciò, se il rapporto del cristiano con essa va oltre quello intellettuale, c'è anche un "rapporto affettivo con il Signore Gesù", identificando, come nei testi di altri Papi sopra citati, la Sacra Scrittura con Cristo.

"Prendiamo il Vangelo, prendiamo la Bibbia in mano: cinque minuti al giorno, non di più. Portate con voi un Vangelo tascabile, nella vostra borsa, e quando siete in viaggio prendetelo e leggete un po', durante il giorno, un frammento, lasciate che la Parola di Dio si avvicini al vostro cuore. Fate questo e vedrete come la vostra vita cambierà con la vicinanza alla Parola di Dio", ha concluso il Papa la sua riflessione all'udienza generale del 21 dicembre 2022.

Francesco ha infatti affermato che la Parola di Dio è per la preghiera e che, attraverso la preghiera, "avviene una nuova incarnazione della Parola. E noi siamo i 'tabernacoli' dove le parole di Dio vogliono essere accolte e custodite, per visitare il mondo".

Lo stesso ha proposto nella Domenica della Parola, il 26 gennaio 2020: "Facciamo spazio dentro di noi alla Parola di Dio. Leggiamo un versetto della Bibbia ogni giorno. Cominciamo con il Vangelo; teniamolo aperto in casa, sul comodino, portiamolo in tasca o in borsa, vediamolo sullo schermo del telefono, lasciamoci ispirare ogni giorno. Scopriremo che Dio è vicino a noi, che illumina le nostre tenebre e che ci guida con amore per tutta la vita".

Anche in altre occasioni il Santo Padre si è chiesto: "Cosa succederebbe se usassimo la Bibbia come usiamo il cellulare, se la portassimo sempre con noi, o almeno il piccolo Vangelo tascabile? Francesco ha risposto che, "se avessimo la Parola di Dio sempre nel cuore, nessuna tentazione potrebbe allontanarci da Dio e nessun ostacolo potrebbe farci deviare dalla via del bene; sapremmo vincere le suggestioni quotidiane del male che è in noi e fuori di noi" (Angelus del 5 marzo 2017).

Un'iniziativa molto rilevante di Papa Francesco, che riflette l'importanza che attribuisce alla lettura della Sacra Scrittura tra i cristiani e il suo desiderio di renderla un'abitudine quotidiana, è il dono dei Vangeli tascabili, in particolare durante l'Angelus del 6 aprile 2014.

Nei suoi precedenti interventi, il Papa aveva suggerito di portare sempre con sé un piccolo Vangelo "per poterlo leggere spesso". Francesco ha quindi deciso di seguire una "antica tradizione della Chiesa" secondo la quale, "durante la Quaresima", si consegnava un Vangelo ai catecumeni che si preparavano al battesimo. In questo modo, ha consegnato ai fedeli riuniti in Piazza San Pietro un Vangelo tascabile: "Prendetelo, portatelo con voi, e leggetelo ogni giorno", ha incoraggiato il Papa, "è proprio Gesù che vi parla lì. È la Parola di Gesù.

Francesco ha poi incoraggiato a dare gratuitamente ciò che si è ricevuto gratuitamente, con "un gesto di amore gratuito, una preghiera per i propri nemici, una riconciliazione"?

Identificando nuovamente le Scritture con Cristo stesso, il Papa ha concluso: "L'importante è leggere la Parola di Dio [...]: è Gesù che ci parla".

Per saperne di più
Risorse

Amore contraccettivo, amore infelice

La mentalità contraccettiva è frutto di una concezione parziale e incompleta dell'amore e del dono di sé. Oltre a questo, si veste di medicina un atto che, di per sé, non costituisce una cura per alcuna patologia.

Eduardo Arquer Zuazúa-26 marzo 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

Il 1° gennaio 2023, il mio primo giorno di pensione. Sembrava incredibile dopo più di 40 anni di lavoro ininterrotto come medico di base. Tante gioie, soddisfazioni, ripensamenti, studi, rettifiche; tutto per il bene del paziente.

Una sola sgradevolezza mi ha tristemente accompagnato per tutto quel periodo: la richiesta di contraccettivi da parte di molti utenti del Sistema Sanitario Nazionale e l'obbligatorio - e sgradevole - rifiuto che un medico, cattolico o meno, deve esprimere.

Anzi, è sgradevole perché, nonostante il desiderio di aiutare in tutti i modi che noi medici abbiamo per vocazione, sappiamo che il rifiuto di prescrivere questi prodotti è seguito da un momento di scomoda tensione tra il medico e il cliente, il cui volto diventa arcigno, aspro, duro, preannunciando una possibile rottura dei rapporti.

Anche se ho sempre cercato, quando era il caso, di fare in modo che il mio ragionamento contro tale proposta includesse un'assoluta apertura alla paziente per qualsiasi altro problema di salute di cui potesse avere bisogno da me, di solito questo aspetto veniva preso in scarsa o nulla considerazione:

-Allora chi può prescrivere per me? 

Questa è stata la risposta più comune.

-Beh, ne ho il diritto. 

-Beh, lei ha l'obbligo legale di prescrivermelo.

-Quindi lo denuncerò.

In tutti i casi ho mantenuto la mia posizione affermando quello che ritengo essere l'argomento inequivocabile, per noi medici, di fronte alla richiesta di contraccezione: "Il mio impegno, il mio dovere, è verso il malato, e in questo momento non mi state presentando una malattia".

Medicina e contraccezione

Poiché la nostra è una professione bella e appassionante, non capisco come ci siamo lasciati strumentalizzare per una questione come questa, che appartiene più alla sociologia che alla medicina.

Certo, dobbiamo avvertire dei possibili effetti collaterali e dei fattori di rischio concomitanti, ma deontologicamente non ci riguarda, eppure ho sperimentato come siamo stati usati: siamo stati presi per il culo, per dirla volgarmente.

Tuttavia, non siamo mai stati uniti su questo tema perché ci sono molti colleghi che sostengono la contraccezione e sono disposti ad agevolarla.

Aborti indotti e contraccettivi

Le massime autorità sanitarie continuano ad associare la contraccezione e l'uso di contraccettivi alla aborto alla pratica medica.

Per esempio, se si cerca il termine "aborto" sul sito dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, si trova questa prima affermazione generale: "L'aborto è la forma più comune di aborto nel mondo".Il aborto è una procedura medica standard. Niente di più ipocrita; e qualche riga più avanti dice: "Ogni anno causa circa 73 milioni di aborti nel mondo". Niente di più vero.

Allo stesso modo, in una pubblicazione dell'OMS del 5 settembre 2023, riferita ai contraccettivi, si afferma che "... l'OMS ha una politica di prevenzione dell'uso dei contraccettivi.degli 1,9 miliardi di donne in età riproduttiva (15-49) nel mondo nel 2021, 1,1 miliardi necessitano di pianificazione familiare; Di questi, 874 milioni utilizzavano la contraccezione moderna. 

L'OMS intende come moderno quelli basati sulla somministrazione di prodotti ormonali o anti-ormonali, per via orale, iniettiva, ginecologica, transcutanea o subdermica; dispositivi intra-uterini (IUD), la pillola del giorno dopoL'uso del preservativo (maschile o femminile), la sterilizzazione maschile o femminile e alcuni metodi naturali di provata efficacia.

Tra queste diversità, alcune hanno un forte potenziale anti-impianto, cioè abortivo. Sebbene sia uno spunto di riflessione, non è scopo di questo articolo entrare in dettagli specifici a questo proposito.

Un amore non integrale

"Ci amiamo, ma ora non ci conviene avere figli. Non per questo rinunceremo a fare sesso". Questo potrebbe riassumere l'argomento più comune della maggior parte delle coppie che ci circondano.

Facciamo una breve analisi di questo "ci amiamo": amate l'intera persona del vostro partner? Ovviamente no.

C'è un aspetto della sua persona che lei detesta a lungo e talvolta a fin di bene: è la sua fecondità, la sua capacità di essere un agente della procreazione voluta da Dio, che è un aspetto essenziale della sua umanità. E questo vale per entrambi. Ma si evita di approfondire perché non si vuole rinunciare al piacere e all'emozione che l'atto comporta.

Nell'amore contraccettivo c'è solo una donazione parziale, interessata e complice, che oscura completamente il significato di un'azione singolare di grande trascendenza. Non può quindi essere definito un atto d'amore perché manca il dono totale di sé, la completa autodonazione e l'accettazione della totalità dell'altro. È, quindi, un atto impositivo, egoistico, non amorevole, perché infiamma il sensibile, ma lo svuota del suo intrinseco contenuto procreativo.

Non dimentico quello che diceva mio suocero, pace all'anima sua, che aveva 10 figli e un ottimo senso dell'umorismo, quando qualcuno faceva questa osservazione: 

-È solo che a te piacciono tanto i bambini.

-No", rispose. È mia moglie che mi piace".

Quanti pianti, quante depressioni, quante disillusioni abbiamo visto noi medici di base nei consultori a causa della mancanza di amore tra le coppie! 

 "Dottore, gli ho dato tutto", disse una ragazza che continuava a piangere perché dopo diversi anni il suo ragazzo, con cui aveva una relazione, l'aveva lasciata. Da questo ho imparato un consiglio che ho ripetuto spesso alle giovani donne: non dare ciò che non è tuo a qualcuno che non è tuo.

Cambio di mentalità

La contraccezione ha portato a grandi cambiamenti nei comportamenti sociali, a partire dal movimento "Hippie" degli anni '60, e ha innescato un brutale calo delle nascite in tutto il mondo e un allarmante aumento dei divorzi, con tutto ciò che ne consegue in termini di sofferenza per i genitori, ma soprattutto per i figli. 

Forse non sono così sensibili quando sono piccoli, ma per un bambino o un adolescente più grande il divorzio dei genitori è un crudele tradimento nei loro confronti. La loro salute mentale si deteriora gravemente e nessun argomento è di conforto per loro; l'ho visto molte volte nella mia pratica.

Ma anche la contraccezione, insieme all'uso di alcool e droghe, è al centro dell'attuale muoversi Questo è un altro dei grandi scandali del nostro tempo.

Penso che una bambina di 10-11 anni che inizia ad avere una banda pre-scolastica sia una buona idea.spostato, Se non ha ricevuto una solida educazione morale sul vero significato dell'amore umano, è perduta. E temo che siano la maggioranza.

-Non portatemi il fatto compiuto, cioè una gravidanza. Proteggiti. Questo è ciò che un padre ha detto alla figlia adolescente. Io lo interpreto come: "Lasciati abusare, ma...".

Morale sessuale

Infatti, chi educa oggi i giovani e gli adulti in modo coraggioso alla morale sessuale voluta da Dio: i genitori, la parrocchia, la scuola o nessuno?

Risponderei - con molto rammarico - che nessuno o quasi e, naturalmente, le ragazze e i ragazzi arrivano alla maturità privi di qualsiasi dottrina morale ed esposti alle conseguenze di questo gioco sdolcinato che, frustrando tante aspettative, finisce nella sfiducia tra l'uomo e la donna, nella disillusione della vita e nell'infelicità perché non sanno come "lavorare" l'amore.

La grazia di Dio non è diminuita, la mirabile dottrina proposta dalla Chiesa cattolica sulla morale sessuale e matrimoniale deve essere proclamata sempre di più. per portare gioia ai cuori disillusi.

Siamo quei coraggiosi "araldi del Vangelo" proposti da San Giovanni Paolo II.

Per quanto mi riguarda, cercherò di mettere a posto il mondo e mi sono già iscritta alla mia parrocchia come catechista in pensione. Cercherò di affrontare questa nuova tappa con saggezza, ma senza lasciarmi trascinare dal pessimismo; al contrario, ci metterò tutto il mio entusiasmo. Dovrò imparare un po' di pedagogia. La grazia e l'efficacia sono di Dio, spero di non deluderlo. Spero di non deluderlo.

L'autoreEduardo Arquer Zuazúa

Il medico

Vangelo

Il mio regno non è di qui. Venerdì Santo nella Passione del Signore (B)

Joseph Evans commenta le letture del Venerdì Santo sulla Passione del Signore (B).

Giuseppe Evans-26 marzo 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Le letture di oggi (molto lunghe!) si concentrano su Cristo come re. Ponzio Pilato, il governatore romano, interroga Gesù a questo proposito. Se Gesù afferma di essere re, questo potrebbe essere una minaccia per l'Impero romano. Israele era uno stato soggetto a Roma, quindi se Gesù avesse affermato di essere re, questo avrebbe potuto essere un atto di ribellione contro l'impero. Infatti, in seguito sentiamo i Giudei minacciare Pilato: "... Gesù era un re.Chiunque si faccia re è contro Cesare.". Quindi chiede a Gesù: "Sei il re degli ebrei?".

Gesù chiarisce che è un re, ma che il suo regno non è un regno terreno: "Il mio regno non è di questo mondo. Se il mio regno fosse di questo mondo, la mia guardia avrebbe combattuto per tenerlo lontano dalle mani dei Giudei. Ma il mio regno non è di questo mondo".

È un regno spirituale, non politico. Ma Pilato non ha ancora capito. E insiste: "Quindi, lei è un re?". La risposta di Nostro Signore è misteriosa: "Voi dite: sono un re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, per rendere testimonianza alla verità. Chiunque sia della verità ascolta la mia voce.".

Quindi Gesù è un re, ma non nel modo in cui viene comunemente inteso. Il suo regno non riguarda il potere sulla terra, né il potere attraverso la corruzione. Quando pensiamo alla politica e al potere, tendiamo a pensare all'inganno e alla falsità, non alla verità. Pilato è altrettanto confuso. Domanda: "E cos'è la verità?". Come a dire: "Cosa c'entra la verità con il governo terreno?".

Gesù è re con un regno non di questo mondo e una regalità legata alla verità. Più guardiamo al cielo e diciamo la verità, più siamo re, più governiamo noi stessi. C'è una regalità che deriva dall'onestà, dalla sincerità e dal guardare verso il cielo. Il vero governo è in cielo. Gesù ci promette che, se saremo fedeli, condivideremo il suo trono in cielo (Ap 3, 21). Come lui ha conquistato e condivide il trono del Padre, noi condivideremo il suo trionfo.

Oggi è un giorno in cui ci si concentra sulla Croce come fonte di salvezza. Gesù ci ha salvati morendo per noi: ha accettato quella morte brutale e l'ha trasformata in amore infinito, vincendo il male dei nostri peccati. Siamo invitati ad accettare la Croce, a trasformare la sofferenza in amore e quindi a collaborare con Gesù nella sua opera di salvezza. Ma la sofferenza arriva anche quando è difficile dire la verità. La nostra testimonianza della verità, con tutto il sacrificio che può comportare, diventa unione con il sacrificio di Cristo.

Cultura

Due proposte di cinema religioso: Guadalupe e The Chosen

Un nuovo documentario sulla Vergine di Guadalupe e la quarta stagione di The Chosen sono le proposte cinematografiche di queste settimane.

Patricio Sánchez-Jáuregui-25 marzo 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto

Due proposte a contenuto religioso. La nuova produzione sulla Vergine di Guadalupe e la quarta stagione della serie di successo The Chosen, sono le proposte di film e serie di questi giorni.

Guadalupe: Madre dell'umanità

Guadalupe è un ambizioso film documentario che si propone di trasmettere con precisione e maestria i messaggi e i miracoli della Vergine di Guadalupe "per la gioia e la consolazione di milioni di cuori".

Combinando fiction, testimonianze e interviste, questo film cerca di condensare 500 anni di tradizione mariana a partire dalle apparizioni raccontate nel Nican Mopohua.

Una produzione internazionale che cerca di portare testimonianze di tutti i tipi di persone per rivolgersi a un vasto pubblico, con interviste e documentazione umana e teologica che approfondiscono gli enigmi che circondano le Apparizioni, il loro significato spirituale e i loro effetti.

Guadalupe: Madre dell'umanità

DirettoriAndrés Garrigó e Pablo Moreno
ScritturaAndrés Garrigó, Josepmaria Anglès, Javier Ramírez e Josemaría Muñoz
Piattaforme: Cinema

The Chosen. Stagione 4

The Chosen, un dramma sulla vita di Gesù Cristo, torna con la sua stagione più ambiziosa.

Con un approccio interessante che ha catturato e coinvolto un vasto pubblico globale, I prescelti racconta la storia del Nuovo Testamento, con qualche licenza creativa per approfondire il contesto e le vite che circondano la figura di Gesù di Nazareth.

In questa stagione, i personaggi affronteranno le sfide più grandi che abbiano mai incontrato, mettendo alla prova la lealtà e la loro fede, e Gesù si troverà più isolato che mai mentre le pressioni delle più alte autorità politiche e religiose aumentano.

Il prescelto

Direttore: Dallas Jenkins
AttoriJonathan Roumie, Elizabeth Tabish, Shahar Isaac, Paras Patel, Erick Avar
PiattaformaCinema e TV multipiattaforma
Vaticano

Papa Francesco incoraggia i giovani a ritrovare la speranza

Cinque anni fa, Papa Francesco ha pubblicato l'esortazione apostolica "Christus vivit", rivolta a tutti i giovani del mondo. Il 25 marzo 2024 ha voluto rivolgersi anche alle nuove generazioni della Chiesa per incoraggiarle a ritrovare la speranza.

Paloma López Campos-25 marzo 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel quinto anniversario dell'Esortazione apostolica ".Christus vivit"Papa Francesco si rivolge ancora una volta ai giovani di tutto il mondo. Nel suo breve messaggio, il Pontefice inizia ricordando alle nuove generazioni che "Cristo vive e vuole che voi viviate". Un richiamo, spiega il Santo Padre, che vuole riaccendere la speranza nei giovani.

Di fronte al complicato scenario che si apre davanti al mondo, segnato da guerre e tensioni sociali, Francesco propone nel suo messaggio ai giovani di aggrapparsi a una verità: "Cristo vive e vi ama infinitamente. E il suo amore per voi non è condizionato dai vostri fallimenti o dai vostri errori. L'amore di Gesù Cristo è incondizionato, sottolinea il Pontefice, come si può vedere sulla Croce.

Annuncio di e per i giovani

Il Papa si rivolge a tutti i giovani per consigliarli nel loro rapporto con Cristo: "camminate con Lui come con un amico, accoglietelo nella vostra vita e rendetelo partecipe delle gioie e delle speranze, delle sofferenze e delle angosce della vostra giovinezza". In questo modo, assicura il Pontefice, "il vostro cammino sarà illuminato e i pesi più pesanti diventeranno più leggeri, perché sarà Lui a portarli con voi".

"Quanto vorrei che questo annuncio raggiungesse ognuno di voi, e che ognuno di voi lo percepisse vivo e vero nella propria vita e sentisse il desiderio di condividerlo con i propri amici", esclama il Papa nel suo messaggio. Perciò, dice Francesco, "fatevi sentire, gridate questa verità, non tanto con la vostra voce, ma con la vostra vita e il vostro cuore".

Giovani pellegrini attendono l'arrivo di Papa Francesco alla veglia della Giornata Mondiale della Gioventù 2023 (foto OSV News / Bob Roller)

La speranza della Chiesa

Nel concludere il suo messaggio, il Santo Padre ricorda che "'Christus vivit' è il frutto di una Chiesa che vuole camminare insieme e che quindi si mette in ascolto, nel dialogo e nel costante discernimento della volontà del Signore". Proprio su questa base, è più che mai necessario coinvolgere i giovani nel processo di formazione della Chiesa. Cammino sinodale che la Chiesa vive.

Papa Francesco si congeda ricordando ai giovani che "sono la speranza di una Chiesa in cammino". Chiede inoltre di non far mancare loro "la spinta che hanno, come quella di un motore pulito e agile; il loro modo originale di vivere e annunciare la gioia di Gesù Risorto". E conclude assicurando di pregare per i giovani, chiedendo loro a loro volta di pregare per lui.

Per saperne di più