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Alcuni elementi biblici frequenti nell'iconografia

Fregi d'altare, tessuti liturgici o scene secondarie in molti dipinti sono alcuni dei luoghi in cui troviamo varie figure di origine biblica. Il loro scopo è sempre quello di concentrare lo sguardo dello spettatore su Cristo e di renderlo consapevole della continuità della storia della salvezza.

Maria José Atienza-17 aprile 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Quando si contemplano le varie sculture, pitture o elementi architettonici presenti nei diversi templi, ci si imbatte spesso in elementi di origine biblica il cui significato è direttamente legato alla scena o al personaggio rappresentato, facendo parte di un'iconografia che comunica visivamente il messaggio teologico.

Alcune sono più conosciute, come l'immagine dell'agnello o del serpente che viene calpestato dal piede del Vergine MariaTuttavia, ci sono altri elementi che compaiono frequentemente nell'iconografia popolare il cui significato o riferimento è talvolta sconosciuto a molti fedeli.

Agnello

La figura dell'agnello è un elemento biblico che si riferisce a Gesù. Come nell'Antica Alleanza il sacrificio dell'agnello veniva offerto in espiazione dei peccati, con la Nuova Alleanza Gesù, l'Agnello di Dio, cancella con la sua morte i peccati del mondo. 

Nel racconto dell'Esodo 12, il sangue dell'agnello sulle porte delle case degli Ebrei li liberò dalla piaga degli Egiziani; il sangue di Cristo, versato nella sua passione e morte, fa uscire gli uomini dal peccato e li purifica: "Questi sono quelli che escono dalla grande tribolazione: hanno lavato e reso candide le loro vesti nel sangue dell'Agnello". (Ap 7:14). 

Geremia e Isaia usano già l'immagine dell'agnello per riferirsi al Messia: "...".Io, come un agnello mansueto, sono stato condotto al macello". (Ger 11, 19) e "Come un agnello condotto al macello, come una pecora davanti al tosatore". (Is 53,7). 

La figura dell'agnello assumerà la sua massima potenza nell'Apocalisse con la presenza dell'agnello apocalittico: "Vidi in mezzo al trono e alle quattro creature viventi, e in mezzo agli anziani, un Agnello in piedi, come se fosse stato ucciso; aveva sette corna e sette occhi, che sono i sette spiriti di Dio inviati su tutta la terra". (Ap 5:6-7).

 L'iconografia cristiana ha ripreso queste due immagini dell'agnello: l'agnello eucaristico che versa docilmente il suo sangue per i peccati del mondo e il potente agnello dell'ultimo libro davanti al quale si prostrano i re della terra e che sconfigge il drago diabolico. 

Albero di Jesse, la genealogia di Gesù

L'Albero di Jesse si riferisce alla genealogia di Gesù, descritta in dettaglio nei Vangeli di Matteo e Luca del Nuovo Testamento. La prima genealogia traccia l'ascendenza di Gesù dal re Davide a Giuseppe, suo padre terreno, mentre la seconda risale a Dio stesso.

L'importanza della genealogia era fondamentale per il popolo ebraico in quanto stabiliva la legittimità e l'adempimento delle profezie messianiche in Gesù, sottolineano gli studiosi. Dimostrando il suo legame con le figure chiave dell'Antico Testamento, si sottolinea che Gesù è il Messia tanto atteso e promesso a Israele. 

Una delle più belle rappresentazioni di questo Albero di Jesse si trova nella pala d'altare della cappella di Santa Ana nella Cattedrale di Burgos, opera di Gil de Siloe, il cui tema iconografico centrale rappresenta l'origine genealogica della Vergine attraverso l'Albero di Jesse. 

Profeti, re e sacerdoti

Nel 1997, San Giovanni Paolo II ha dedicato una delle sue udienze al tema "Cristo nella storia dell'umanità che lo ha preceduto". Le parole del Papa polacco sono una guida pratica per identificare, negli antenati di Cristo, le caratteristiche chiave della sua natura messianica. 

Il pontefice ha citato Abramo, Giacobbe, Mosè e Davide, figure che ricorrono nelle varie rappresentazioni artistiche della vita di Cristo: Abramo che gioisce per la nascita di Isacco e per la sua rinascita dopo il sacrificio era una gioia messianica: annunciava e prefigurava la gioia ultima che il Salvatore avrebbe offerto. Mosè come liberatore e, soprattutto, Davide come re. Queste sono alcune delle immagini che ricorrono nei dipinti e nelle sculture che si riferiscono direttamente a Cristo. 

Uno dei rimandi più originali è la figura dei Magi provenienti dall'Oriente e della Regina di Saba e Salomone. Così come i Magi si recano ad adorare il Signore grazie alle loro conoscenze, la Regina di Saba visita Salomone per accedere alla sapienza del figlio di Davide. 

Questa simbologia può essere vista, per esempio, nella Trittico dell'Adorazione dei Magidipinto da Bosch nel 1494, in cui la scena della regina di Saba è incarnata nel mantello di Gaspare.

L'inserimento di questi personaggi come figure secondarie nelle pale d'altare o nelle basi degli ostensori sacramentali fu una caratteristica costante del Barocco, sia in Europa che in America Latina, creando una linea di continuità visiva tra l'Antico e il Nuovo Testamento.

Il teschio di Adamo

Molto spesso nelle raffigurazioni di Cristo crocifisso, ai piedi della croce compare un teschio. 

Alcuni esempi noti possono essere visti in La crocifissione di Andrea Mantegna o Giotto, Il Calvario di Luís Tristán, o la splendida Cristo crocifisso scultura in avorio di Claudio Beissonat.

La presenza di questo teschio e di alcune ossa ai piedi della Croce indica che, secondo la tradizione, i resti di Adamo riposerebbero nello stesso luogo in cui fu crocifisso Gesù.

In questo modo Cristo, con la sua morte e resurrezione, vince la morte di Adamo e paga il riscatto per l'anima dell'uomo decaduto. Non per niente la cappella sotto il Calvario nella Basilica del Santo Sepolcro è così chiamata, Cappella di Adamo

Questo simbolismo del teschio di Adamo è spesso associato alla rappresentazione arborea della croce, facendo diretto riferimento al legno su cui fu inchiodato Gesù Cristo.

Espulsione dal paradiso e dal giardino

La cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso narrata nel terzo capitolo della Genesi è una delle immagini costanti dell'iconografia cristiana. Essi appaiono in relazione nel mistero della salvezza in diverse fasi. 

Una delle relazioni più interessanti è l'inclusione di Adamo ed Eva nella rappresentazione dell'Annunciazione alla Vergine, di cui abbiamo un esempio paradigmatico nel delicato e dettagliato lavoro del Beato Angelico su questo tema. Alla disobbedienza di Adamo ed Eva si contrappone l'obbedienza totale della Vergine nella sua "Sia fatto a me". 

Adamo ed Eva vengono espulsi da un giardino puro in cui è sorta la vita: il giardino che prefigura il grembo verginale di Maria in cui nasce la Vita che è Cristo e che riecheggia anche nel Cantico dei Cantici: "Tu sei un giardino chiuso, sorella mia, moglie mia; una sorgente chiusa, una fontana sigillata".. Maria, come Porta del Cielo, riapre il Paradiso all'uomo dando alla luce il Salvatore.

Serpente calpestato

È una delle immagini più popolari del simbolismo mariano: il piede della Vergine che schiaccia un serpente/drago. 

L'immagine ha la sua origine in Genesi 3, 15: "Porrò ostilità tra te e la donna, tra la tua discendenza e la sua discendenza; essa ti schiaccerà la testa quando le colpirai il calcagno". 

Questa immagine è particolarmente legata alle rappresentazioni della Vergine Immacolata, che è "la Donna" per eccellenza. 

L'allegoria del serpente sotto il piede della Vergine si ritrova, ad esempio, nell'immagine che corona la Colonna dell'Immacolata a Roma, così come nella maggior parte delle rappresentazioni pittoriche e scultoree dell'Immacolata Concezione. 

La cerva 

La cerva è uno degli animali che compaiono nell'Antico Testamento, intimamente legato allo stato dell'anima umana con Dio. 

"Come la cerva cerca i ruscelli". (Sal 42,2), questo salmo è stato di ispirazione, soprattutto nei primi secoli del cristianesimo, come immagine del catecumeno cristiano che si prepara a ricevere i suoi sacramenti, l'acqua viva. 

L'immagine della cerva su ornamenti e oggetti di culto, soprattutto quelli legati all'Eucaristia, come calici e tessuti, e persino come stampo per le ostie eucaristiche del tipo trovato in Tunisia, risalente al VI secolo.

Per saperne di più

La preghiera di un bambino

Centinaia di voci si sono unite a quel Padre Nostro e la preghiera di un bambino è scaturita da decine di gole e ha riempito una piazza di Siviglia.

17 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Aveva circa due anni. Paffuto e sorridente, si alzava a malapena di qualche metro da terra. Vestito con il suo maglione a rombi e i bermuda, guardava la vita dall'alto delle spalle del padre. 

Era il giovedì santo ed era Siviglia. Stava calando la sera e il Padre Nostro Gesù della Passione apparve in una piazza dove il silenzio era rotto solo dallo scalpiccio ovattato dei piedi dei nazareni, dei penitenti e dei costaleros.

Il Signore uscì dalla sua casa in El Salvador. E quel bambino, vedendo dal suo platano improvvisato il Gesù che conosceva così bene, si rivolse a sua madre: "Guarda mamma, è Gesù, dobbiamo pregarlo? E, senza aspettare la risposta, cominciò con la sua lingua stentata: "pade nuestro...".

Intorno a lui, uomini, donne di tutte le età e adolescenti in ghingheri si sono uniti al Padre Nostro recitato da un bambino, uno di quelli il cui cuore appartiene ancora più al cielo che alla terra.
La preghiera di un bambino è scaturita da decine di gole adulte e ha riempito una piazza di Siviglia.

E nella casa di Dio, quella preghiera semi-imparata, innaffiata dalle lacrime di molti occhi, adornava la partenza del Salvatore sulla via della Croce e sarebbe stata per Dio una consolazione indimenticabile, una comunione parlata, un canto di salvezza.

L'autoreMaria José Atienza

Direttore di Omnes. Laureata in Comunicazione, ha più di 15 anni di esperienza nella comunicazione ecclesiale. Ha collaborato con media come COPE e RNE.

Vangelo

Non possiamo chiudere Cristo in casa. Domenica di Pasqua (C)

Joseph Evans commenta le letture della domenica di Pasqua (C), 20 aprile 2025.

Giuseppe Evans-17 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Potremmo ritrovarci come San Pietro e San Giovanni che "Perché fino ad allora non avevano compreso la Scrittura che egli doveva risorgere dai morti".. Possiamo dubitare o non credere veramente, nella pratica, che Gesù sia risorto, che la vita abbia vinto la morte, che la grazia abbia vinto il peccato. La fede nella risurrezione di Cristo non è penetrata nel nostro cuore e nella nostra vita.

Come donne, possiamo chiederci: "Chi toglierà la pietra dall'ingresso del sepolcro? Chi ha il potere di superare gli ostacoli apparentemente insormontabili del mondo di oggi? Come posso io, così costantemente egoista, la roccia più dura, passare dalla durezza di cuore all'amore? Chi può far risorgere il Cristo apparentemente morto in me, in modo che egli viva in me e io in lui?

E nel mezzo di una società secolare che sembra sempre più ridicolmente ostile ai valori cristiani, dove la fede può sembrare sempre più priva di significato, Cristo non è in realtà morto, o almeno morente?

Ma nonostante i tanti problemi, Gesù si rifiuta di rimanere nel sepolcro. Sì, oggi ci sono molti sommi sacerdoti che vorrebbero tenerlo lì, sigillato, e tenere il cristianesimo rinchiuso o confinato nella sacrestia. Ma Gesù si rifiuta di rimanere morto. Nonostante i tanti attacchi al cristianesimo, alla Chiesa, nonostante i tanti peccati dei cristiani stessi e i tanti scandali, Gesù continua a emergere dal sepolcro, dimostrando che la sua grazia e il suo amore sono più potenti di tutte le forze del male.

Nonostante tutto, la grazia e la potenza di Cristo sono ancora all'opera nella società di oggi e in noi. Quest'anno è un Anno giubilare della speranza e una delle cose più sorprendenti del cattolicesimo è la sua speranza. Forse non ce ne rendiamo conto, ma abbiamo una visione profondamente positiva della vita. Crediamo - anche quando pensiamo di non crederci - che c'è un Dio buono che ci ama, che è nostro Padre, che ha mandato il suo amato Figlio a salvarci, che la grazia è all'opera nel mondo e che, alla fine, il bene trionfa sul male.

Può essere utile fare un paragone con la visione che spesso troviamo nella società, che nel migliore dei casi offre una sorta di redenzione secolare, un'ostinata determinazione ad andare avanti a prescindere. Ma noi speriamo in molto di più: nonostante i nostri numerosi peccati, crediamo nel perdono e nella grazia di Dio per guarirci e per avere una speranza profonda e duratura.

Così possiamo veramente affermare che Cristo è vivo. Nessuna struttura umana, nessuna potenza del male, nemmeno la nostra debolezza, può rinchiudere Cristo nel sepolcro: nulla può fermare la forza esplosiva della Risurrezione.

Attualità

98° anniversario della nascita di Joseph Ratzinger

Dio ha preparato il maestro e teologo Joseph Ratzinger a insegnare con semplicità i misteri del Regno a un'intera società che cominciava a fare passi non verso Dio, ma lontano da Lui.

Reynaldo Jesús-16 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Benedetto XVI nel 2012, in occasione del suo compleanno, ha ringraziato "tutti coloro che gli hanno sempre (fatto) percepire la presenza del Signore, che lo hanno (accompagnato) perché non perdesse la luce" (Benedetto XVI, Omelia 16/04/2012). Con queste parole il Papa ha riflettuto sul significato della luce nella notte di Pasqua, notte in cui viene benedetta anche l'acqua del fonte battesimale che, provvidenzialmente, come segno premonitore, fu il primo dei battezzati la mattina di Pasqua del 1927 nel piccolo villaggio di Marktl am Inn o "Market Place by the River Eno" (Blanco, Pablo. Benedetto XVI, la biografia. San Paolo. 2019, p. 35).

Una premessa classica riconosce che Dio non si serve del suo attributo di Provvidenza solo per favorire i bisognosi con i beni materiali, ma anche con le realtà spirituali e si occupa così delle due dimensioni attraverso le quali l'uomo deve percorrere il suo cammino vitale: il temporale e l'eterno, il passeggero e il perenne, ciò che si corrompe e ciò che dura fino all'eternità. E così, nel piccolo Giuseppe, nelle acque di quella fontana appena benedetta, il più giovane della famiglia Ratzinger è stato chiamato a rinascere per Dio, per il suo Signore, a poche ore dalla sua nascita.

Joseph Ratzinger, insegnante e teologo

Con questa analogia, credo fermamente che Dio abbia preparato il maestro e teologo Joseph Ratzinger a insegnare con semplicità i misteri del Regno a un'intera società che avrebbe cominciato a fare passi non più verso Dio, ma lontano da Lui, una società che non si sarebbe più preoccupata di negare la Sua esistenza, perché già la nuova linea è più semplice: "vivere come se Dio non esistesse" e, in mezzo a questa sfida universale, è stato chiamato uno degli operai della vigna, "preso tra gli uomini, incaricato per conto degli uomini delle cose di Dio" (Eb 5,1).

Si può scrivere molto sul ricordato Benedetto XVI, e non riusciremmo a esaurire la sua persona, la sua figura, le sue parole, il suo pensiero e la sua teologia. Un noto sacerdote spagnolo, di cui non farò il nome ma che, sono sicuro che a suo tempo ─ in qualche sua opera─ saprà coniare una frase che ha pronunciato alla presentazione di un suo libro quando gli è stato chiesto cosa significhi Ratzinger per molti giovani del nostro tempo, ha detto molto bene: "Sono sicuro che a suo tempo ─ in qualche sua opera─ saprà coniare una frase che ha pronunciato alla presentazione di un suo libro quando gli è stato chiesto cosa significhi Ratzinger per molti giovani del nostro tempo". Ha detto con fermezza e convinto del significato della sua affermazione che "il meglio di Ratzinger deve ancora venire".

Uomo di studio e di preghiera

Riprendo questa frase senza volermene appropriare, a soli due anni dalla celebrazione del centenario della nascita del successore di Pietro, che ha sfruttato il suo profilo di insegnante, teologo e pastore, per presentare una teologia dettata con parole semplici, con un linguaggio non solo accettabile, ma anche attraente per i giovani del nostro tempo.

Solo così, dalla semplicità e dalla profondità dell'esperienza di un Dio amante, si può entrare nella teologia di un uomo ammirevole in sé, un uomo che, senza averlo di persona, si poteva scoprire attraverso i suoi libri, la sua teologia, il suo pensiero, la sua esperienza di preghiera, una scoperta che ci ha mostrato non solo il Papa alla scrivania, ma anche l'uomo dell'inginocchiatoio, l'uomo della preghiera, l'uomo che aveva fatto sua - senza saperlo - l'esperienza di Gesù come luce della sua vita e delle sue opere.

"So che la luce di Dio esiste, che è risorto, che la sua luce è più forte di qualsiasi oscurità; che la bontà di Dio è più forte di qualsiasi male in questo mondo. Questo ci aiuta ad andare avanti, e in quest'ora ringrazio di cuore tutti coloro che con la loro fede mi fanno continuamente percepire il "sì" di Dio" (Benedetto XVI, Omelia, 16/04/2012).

L'autoreReynaldo Jesús

Evangelizzazione

Santa Bernadette Soubirous, veggente della Vergine Maria a Lourdes

Il 16 aprile la liturgia celebra Santa Bernadette Soubirous, alla quale la Vergine Maria apparve 18 volte a Lourdes (Francia) nel 1858 e disse: "Io sono l'Immacolata Concezione". Oggi si celebrano anche martiri come Santa Engracia e i 18 martiri di Saragozza; otto martiri di Corinto e 26 martiri di Angers, vittime della Rivoluzione francese.  

Loreto Rios-16 aprile 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

Nel 1858, la Madonna apparve a Bernadette Soubirous a Lourdes. Da allora, milioni di pellegrini sono accorsi al santuario per pregare, riconciliarsi con Dio e fare il bagno nell'acqua della sorgente. Ecco i punti chiave della storia di Bernadette Soubirous, delle apparizioni e del santuario.

L'infanzia di Bernadette

Bernadette nacque il 7 gennaio 1844 nel mulino di Boly a Lourdes. Nel 1854, la famiglia cominciò ad affrontare difficoltà a causa dei cattivi raccolti. Inoltre, ci fu un'epidemia di colera. Bernadette la contrasse e ne portò i postumi per tutta la vita.

La crisi economica ha portato allo sfratto della famiglia. Grazie a un parente, sono riusciti a trasferirsi in una stanza di 5×4 metri, un sotterraneo di una ex prigione non più in uso a causa delle condizioni igieniche.

Bernadette non sapeva né leggere né scrivere. A causa della povertà della sua famiglia, iniziò a lavorare come domestica fin da piccola, oltre a occuparsi delle faccende domestiche e dei suoi fratelli più piccoli. Alla fine, insieme a una delle sue sorelle, iniziò a raccogliere e vendere rottami metallici, carta, cartone e legna da ardere. Bernadette lo fece nonostante la sua salute fosse fragile a causa dell'asma e dei postumi del colera.

La prima apparizione

Fu in una di queste occasioni, quando Bernadette, sua sorella e un'amica uscirono dal villaggio per andare a prendere della legna, che ebbe luogo la prima apparizione. Era l'11 febbraio 1858 e Bernadette aveva 14 anni (tutte le apparizioni avvennero in quell'anno, per un totale di diciotto). Il luogo in cui si recavano era la grotta di Massabielle.

La ragazza ha poi raccontato di aver sentito un fruscio di vento: "Dietro i rami, all'interno dell'apertura, ho visto subito una giovane donna, tutta bianca, non più alta di me, che mi ha salutato con un leggero cenno del capo", ha detto in seguito. "Sul braccio destro aveva un rosario. Ho avuto paura e ho fatto un passo indietro [...] Tuttavia, non era una paura come quella che avevo provato in altre occasioni, perché avrei sempre guardato lei ('aquéro'), e quando si ha paura, si scappa subito. 

Poi mi venne l'idea di pregare. [Ho pregato con il mio rosario. La giovane donna fece scorrere i grani del suo, ma non mosse le labbra. [...] Quando ebbi finito il rosario, mi sorrise e mi salutò. Si ritirò nella conca e improvvisamente scomparve" (le parole esatte di Bernadette e della Vergine sono tratte dal sito dell'Ospitalità di Nostra Signora di Lourdes e dal sito ufficiale del santuario).

L'invito della Madonna

Anche la seconda apparizione, avvenuta il 14 febbraio, fu silenziosa. La ragazza versò dell'acqua santa sulla Vergine, la Vergine sorrise e chinò il capo e, quando Bernadette ebbe finito di recitare il rosario, scomparve. A casa Bernadette raccontò ai genitori ciò che le stava accadendo e questi le proibirono di tornare alla grotta. 

Tuttavia, un conoscente della famiglia li convinse a lasciar tornare la ragazza, ma accompagnata, e con carta e penna perché la donna sconosciuta scrivesse il suo nome. Così Bernadette tornò alla grotta e avvenne la terza apparizione. Alla richiesta di scrivere il suo nome, la donna sorrise e invitò Bernadette con un gesto a entrare nella grotta. "Quello che ho da dire non ha bisogno di essere scritto", disse. E aggiunse: "Mi faresti il favore di venire qui per quindici giorni? 

In seguito, Bernadette dirà che era la prima volta che le veniva dato del "tu". "Mi guardava come una persona guarda un'altra persona", disse, spiegando la sua esperienza. Queste parole della ragazza sono ora scritte all'ingresso del Cenacolo di Lourdes, un luogo di riabilitazione per persone affette da diverse dipendenze, soprattutto da droga.

Bernadette accetta l'invito e la Madonna aggiunge: "Non ti prometto la felicità di questo mondo, ma quella dell'altro". Tra il 19 e il 23 febbraio ebbero luogo altre quattro apparizioni. Nel frattempo la notizia si era diffusa e molte persone accompagnarono Bernadette alla grotta di Massabielle. Dopo la sesta apparizione, la ragazza fu interrogata dal commissario Jacomet.

La primavera

Le prime apparizioni, sette in tutto, furono felici per Bernadette. Durante le cinque successive, avvenute tra il 24 febbraio e il 1° marzo, la ragazza sembrava triste. La Madonna le chiese di pregare e di fare penitenza per i peccatori. Bernadette pregava in ginocchio e a volte camminava intorno alla grotta in quella posizione. Mangia anche dell'erba su indicazione della padrona, che le dice: "Vai a bere e a lavarti nella fontana".

In risposta a questa richiesta, Bernadette si reca al fiume per tre volte. Ma la Vergine le dice di tornare e le indica il luogo dove deve scavare per trovare la sorgente a cui si riferisce.

La ragazza obbedisce e scopre l'acqua, dalla quale beve e con la quale si lava, anche se, essendo mescolata al fango, si sporca il viso. La gente le dice che è pazza a fare queste cose, e la ragazza risponde: "È per i peccatori". Alla dodicesima apparizione avviene il primo miracolo: la sera una donna lava il braccio, paralizzato da due anni a causa di una lussazione, nella sorgente e riacquista la mobilità.

Immacolata Concezione

Nell'apparizione del 2 marzo, la Madonna le diede un compito: chiedere ai sacerdoti di costruire una cappella in quel luogo e di andarci in processione. In obbedienza a questo comando, Bernadette si recò direttamente dal parroco. Il sacerdote non la accolse molto calorosamente e le disse che, prima di accogliere la sua richiesta, la donna misteriosa doveva rivelare il suo nome. Bernadette non avrebbe mai detto di aver visto la Vergine, poiché la donna con cui stava parlando non le aveva detto il suo nome.

Il 25 marzo, la ragazza si recò alla grotta nelle prime ore del mattino accompagnata dalle zie. Dopo aver recitato un mistero del rosario, la donna appare e Bernadette le chiede di dire il suo nome. La ragazza chiede il suo nome per tre volte. Alla quarta volta, la donna risponde: "Io sono l'Immacolata Concezione".. La Vergine non parlò mai al bambino in francese, ma nel dialetto nativo di Bernadette, ed è in questa lingua che sono scritte le parole sotto l'incisione della Vergine di Lourdes che ora si trova nella grotta: "Que soy era Immaculada Concepciou" (Io sono l'Immacolata Concezione).

Questo termine, che si riferisce al fatto che Maria è stata concepita senza peccato originale, era sconosciuto a Bernadette, ed era stato proclamato dogma di fede solo quattro anni prima da Papa Pio IX.

Riconoscimento delle apparizioni

Bernadette si recò alla casa parrocchiale per rendere conto di ciò che le era stato trasmesso. Il sacerdote fu sorpreso di sentire questo termine sulle labbra della ragazza, e lei spiegò che era venuta fin lì ripetendo le parole per non dimenticarle. Infine, il 16 luglio, ebbe luogo l'ultima apparizione.

Le apparizioni di Nostra Signora di Lourdes furono riconosciute ufficialmente dalla Chiesa nel 1862, solo quattro anni dopo la loro conclusione e mentre Bernadette era ancora viva.

Dopo le apparizioni, nel 1866 è diventata novizia nella comunità di Suore della Carità di Nevers. Morta di tubercolosi nel 1879, fu canonizzata da Papa Pio XI nel 1933, l'8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione.

Luoghi del santuario

Il santuario ha alcuni luoghi chiave da visitare durante un pellegrinaggio.

La grotta

La grotta di Masabielle è uno dei luoghi più importanti del santuario. Attualmente la Messa viene celebrata nella parte più grande. Sulla roccia dove è apparsa Maria, si trova una figura della Vergine basata sulla descrizione di Bernadette: "Indossava una veste bianca che le scendeva fino ai piedi, di cui si vedevano solo le punte. L'abito era chiuso in alto, intorno al collo. Un velo bianco, che le copriva il capo, scendeva lungo le spalle e le braccia fino a terra. Su ogni piede vidi che aveva una rosa gialla. La fascia del vestito era blu e le scendeva appena sotto le ginocchia. La catena del rosario era gialla, i grani erano bianchi, spessi e distanti tra loro. 

La figura, alta quasi due metri, fu collocata nella grotta il 4 aprile 1864. Lo scultore fu Joseph Fabisch, professore alla Scuola di Belle Arti di Lione. Il luogo in cui la ragazza si trovava durante le apparizioni è indicato sul pavimento.

L'acqua di Lourdes

La sorgente che alimenta le fontane e le piscine di Lourdes proviene dalla grotta di Massabielle, ed è quella scoperta da Bernadette su suggerimento della Vergine. L'acqua è stata analizzata in numerose occasioni e non contiene nulla di diverso dalle acque di altri luoghi.

La tradizione del bagno nelle piscine di Lourdes deriva dalla nona apparizione, avvenuta il 25 febbraio 1858. In quell'occasione la Madonna disse a Bernadette di bere e lavarsi nella sorgente. Nei giorni successivi, molte persone la imitarono e si verificarono i primi miracoli, che sono continuati fino ad oggi (l'ultimo approvato dalla Chiesa risale al 2018).

L'acqua della sorgente viene utilizzata anche per riempire le vasche di marmo, situate vicino alla grotta, dove i pellegrini si immergono. L'immersione, durante la quale i pellegrini sono coperti da un asciugamano, viene effettuata con l'aiuto dei volontari dell'Hospitalité Notre-Dame de Lourdes.

In inverno, o durante la stagione delle pandemie, l'immersione completa non è possibile. L'accesso all'acqua e il bagno sono completamente gratuiti. Molte persone scelgono anche di portare con sé una bottiglia riempita con l'acqua della sorgente di Lourdes, facilmente accessibile presso le fontane accanto alla grotta.

In totale ci sono 17 piscine, undici per le donne e sei per gli uomini. Sono utilizzate da circa 350.000 pellegrini all'anno.

Luoghi in cui Bernadette ha vissuto

Oltre al santuario, a Lourdes è possibile visitare i luoghi in cui Bernadette ha soggiornato: Il mulino di Boly, dove nacque; la chiesa parrocchiale locale, che conserva ancora il fonte battesimale in cui fu battezzata; l'ospizio delle Suore della Carità di Nevers, dove fece la prima comunione; l'antica casa parrocchiale, dove parlò con l'abate Peyramale; la "prigione" dove visse con la sua famiglia dopo lo sfratto; Bartrès, dove risiedette da bambina e nel 1857; o il Moulin Lacadè, dove vissero i suoi genitori dopo le apparizioni.

Le processioni

Un evento molto importante al santuario di Lourdes è la processione eucaristica, che si tiene dal 1874. Si svolge da aprile a ottobre tutti i giorni alle cinque del pomeriggio. Inizia nel prato del santuario e termina nella Basilica di San Pio X.

Un altro evento importante è la fiaccolata. Questa si tiene dal 1872, da aprile a ottobre, ogni giorno alle nove di sera. L'usanza è nata dal fatto che Bernadette si recava spesso alle apparizioni con una candela.

Dopo le apparizioni, nella zona furono costruite tre basiliche. La prima fu la Basilica dell'Immacolata Concezione, che Papa Pio IX fece diventare basilica minore il 13 marzo 1874. Le sue vetrate raffigurano sia le apparizioni che il dogma dell'Immacolata Concezione.

Cappella costruita su richiesta della Vergine

Vi si trova anche la basilica romanico-bizantina di Nostra Signora del Rosario. La basilica contiene 15 mosaici che raffigurano i misteri del rosario. La cripta, che era la cappella costruita su richiesta della Vergine, fu inaugurata nel 1866 da monsignor Laurence, vescovo di Tarbes, con una cerimonia alla quale era presente Bernadette. Si trova tra la Basilica dell'Immacolata Concezione e la Basilica di Nostra Signora del Rosario.

C'è anche la Basilica di San Pio X, una chiesa sotterranea in cemento armato costruita per il centenario delle apparizioni nel 1958.

Infine, c'è la chiesa di Santa Bernadette, costruita nel luogo in cui la ragazza vide l'ultima apparizione, dall'altra parte del fiume Gave, poiché quel giorno non poté entrare nella grotta perché era stata recintata. La chiesa fu inaugurata più di un secolo dopo, nel 1988.

L'autoreLoreto Rios

Evangelizzazione

Avila e Lisieux per celebrare il "piccolo fiore" e il grande medico quest'anno

Milioni di pellegrini arrivano a Roma per il Giubileo della Speranza. Ma anche i cattolici di Francia e Spagna hanno motivi per rimanere nei loro Paesi. Perché saranno celebrate due delle sante più popolari della Chiesa cattolica: Teresa di Lisieux e Teresa d'Avila.  

OSV / Omnes-16 aprile 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

Junno Arocho Esteves, Notizie OSV

Il Santuario di Santa Teresa di Lisieux ha programmato eventi in Francia per celebrare "il piccolo fiore", come viene affettuosamente chiamata, durante tutto l'Anno Santo. A maggio, inoltre, saranno venerate le reliquie di Santa Teresa d'Avila, il grande medico, come non accadeva dal 1914.

Gli eventi di Santa Teresa di Lisieux culminano con la celebrazione del 17 maggio, in occasione del 100° anniversario della canonizzazione della famosa santa francese.

Nello stesso mese, le reliquie di Santa Teresa d'Avila sarà aperto al pubblico per la venerazione per la terza volta in più di quattro secoli. L'evento si svolgerà dall'11 al 25 maggio. L'evento fa seguito a un anno di studio delle reliquie della santa da parte dei ricercatori. Hanno trovato il suo corpo incorrotto dalla sua morte nel 1582.

La "storia di un'anima

Il santuario francese ha dichiarato che la "storia della vita e della posterità di Teresa" ha ispirato gli eventi spirituali e culturali previsti per l'anno "con il tema della gioia nella santità".

La santa era la più giovane di nove figli. Nacque nel 1873, figlia dei santi Louis Martin e Celia Guerin, che la chiamarono Marie-Françoise-Thérèse Martin. Come le sue sorelle maggiori, entrò nelle Carmelitane nel 1888, all'età di 15 anni, dopo l'approvazione del suo vescovo. Prese il nome di Suor Teresa di Gesù Bambino e del Volto Santo.

Il suo desiderio di santità è cresciuto

Il suo desiderio di santità crebbe solo durante il periodo in cui fu suora carmelitana. Nella sua autobiografia, "Storia di un'anima", si paragona spesso ad altri santi. E spesso dubitava di poter raggiungere il suo grado di santità.

"Lei sa che il mio desiderio è sempre stato quello di diventare un santo. Ma ho sempre sentito, quando mi confronto con i santi, che sono lontana da loro come un granello di sabbia. Un granello che il passante calpesta, lontano dalla montagna la cui cima si perde tra le nuvole", scriveva.

Tuttavia, questo non le impedì di cercare "un mezzo per raggiungere il Cielo per una piccola via". In essa la monaca carmelitana sperava di raggiungere la santità attraverso piccoli atti di santità.

Morì a 24 anni dicendo: "Mio Dio, ti amo".

"Dovete praticare le piccole virtù. Questo a volte è difficile, ma Dio non rifiuta mai la prima grazia: il coraggio per la conquista di sé. E se l'anima corrisponde a questa grazia, si trova subito alla luce del sole di Dio", scriveva.

"Non sto morendo, sto entrando nella vita", scrisse al suo fratello missionario spirituale, padre M. Bellier, prima di morire nel 1897 di tubercolosi all'età di 24 anni. Le sue ultime parole furono: "Mio Dio, ti amo".

Autobiografia, canonizzazione, Dottore della Chiesa Chiesa

Grazie all'impatto dell'autobiografia di Thérèse, pubblicata un anno dopo la sua morte, il processo di canonizzazione fu aperto nel 1914 e il 17 maggio 1925 fu canonizzata da Papa Pio XI.

Nel 1997, San Giovanni Paolo II l'ha dichiarata Dottore della Chiesa. Nel suo lettera apostolica "Divini Amoris Scientia", (La scienza dell'amore divino), San Giovanni Paolo II ha detto che Santa Teresa non aveva "un vero e proprio corpus dottrinale". Ma i suoi scritti mostravano "un particolare splendore di dottrina". Questo presentava "un insegnamento di qualità eminente".

Inoltre, Papa Francesco ha pubblicato il 15 ottobre 2023 l'Esortazione Apostolica "....".C'est la confiance', che si può vedere quiin occasione del 150° anniversario della sua nascita.

Santa Teresa di Gesù, mistica e riformatrice

Lo studio dei resti di Santa Teresa d'Avila, approvato dal Vaticano, è stato effettuato da medici e scienziati italiani nell'agosto 2024.

Padre Marco Chiesa, postulatore generale dell'Ordine dei Carmelitani Scalzi, era presente all'apertura del reliquiario d'argento contenente le sue reliquie. Ha detto che il corpo era "nelle stesse condizioni in cui era stato aperto l'ultima volta nel 1914".

Al termine dello studio, l'Ordine dei Carmelitani Scalzi in Spagna ha annunciato che le reliquie saranno aperte al pubblico per la venerazione dall'11 al 25 maggio. Luogo: la Basilica dell'Annunciazione di Alba de Tormes.

Secondo il sito d'informazione locale spagnolo "Salamanca Al Día", i carmelitani hanno dichiarato che l'evento imminente è "storico e unico" e non si ripeterà per molto tempo.

"Speriamo che sia un motivo per i pellegrini di avvicinarsi a Gesù Cristo e alla Chiesa. Un'evangelizzazione per tutti i visitatori e una maggiore conoscenza di Santa Teresa di Gesù. Per arricchire tutti noi con l'esempio della sua vita e invocare la sua intercessione", hanno detto i carmelitani.

Rinnovamento della vita spirituale e monastica

La mostra, riportata da "Salamanca Al Día", fa parte di un processo di riconoscimento canonico autorizzato da Papa Francesco e iniziato nel 2022. Si concluderà il 26 maggio, il giorno successivo alla mostra, e le sue spoglie saranno riportate nella sua tomba.

Teresa d'Avila ebbe un ruolo chiave durante la Controriforma nel promuovere il rinnovamento della vita spirituale e monastica e nel riformare l'Ordine Carmelitano. Il suo appello per un ritorno a uno stile di vita più contemplativo ispirò molti, tra cui San Giovanni della Croce, con il quale fondò i Carmelitani Scalzi.

Dottore della Chiesa, "determinazione decisa". 

Nota per i suoi scritti teologici sulla vita spirituale, come "Il castello interiore" e "Il cammino di perfezione", è stata proclamata Dottore della Chiesa da San Paolo VI nel 1970.

In un videomessaggio del 2021 per commemorare il 50° anniversario della proclamazione di Santa Teresa d'Avila a dottore della Chiesa, Papa Francesco ha detto che "è stata eccezionale in molti modi".

"Tuttavia, non bisogna dimenticare che la sua riconosciuta rilevanza in queste dimensioni non è che la conseguenza di ciò che era importante per lei. Il suo incontro con il Signore, la sua 'decisa determinazione', come dice lei, a perseverare nell'unione con Lui attraverso la preghiera".

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Junno Arocho Esteves scrive per OSV News da Malmö, Svezia. Questo testo è la traduzione di un articolo pubblicato per la prima volta su OSV News. Potete trovare l'articolo originale qui qui.

L'autoreOSV / Omnes

Risorse

Il cuore dell'uomo nascosto in Terra Santa

Andare in pellegrinaggio in Terra Santa non significa solo scalare le vette più alte dello spirito, ma anche immergersi negli abissi della coscienza.

Gerardo Ferrara-16 aprile 2025-Tempo di lettura: 6 minuti

All'inizio del PasquaNon posso fare a meno di pensare a Terra SantaCi sono stato molte volte, l'ultima nel 2020, poco prima della pandemia. E il mio cuore si riempie di nostalgia per un luogo che senza dubbio considero "elevato".

Nella tradizione ebraica, andare in Terra d'Israele significa elevarsi, sia spiritualmente che fisicamente. Israele e Gerusalemme sono stati per secoli, anche per i cristiani, i luoghi più alti della terra, i più vicini a Dio, tanto che chi vi si reca a vivere o in pellegrinaggio viene chiamato, in ebraico, "'oleh", cioè "colui che va in alto", e anche la compagnia di bandiera israeliana si chiama "El Al", "in alto", perché non porta tanto al cielo, quanto a Israele, cioè al luogo più alto della terra, in senso spirituale.

In un certo senso, andare in pellegrinaggio in Terra Santa non è solo salire sulle vette più alte dello spirito, ma anche immergersi negli abissi della coscienza, esattamente come scendere da Gerusalemme a Gerico e alla depressione del Mar Morto, il punto più basso della superficie terrestre: un viaggio per capire meglio chi siamo.

Momenti di sublime spiritualità, di meditazione, di preghiera, di condivisione con amici e compagni di pellegrinaggio, si alternano a momenti di sconforto, stanchezza, intolleranza, egoismo e confusione. Si sale sul Monte Tabor, al di là delle nuvole, per godere dell'armonia del cielo, ma poi si torna alla dura realtà della vita quotidiana, una realtà fatta di ebrei, musulmani e cristiani in continua lotta tra loro, di muri divisori, di villaggi arabi che sorgono senza alcun ordine o logica, di città israeliane fatte di enormi edifici grigi, di povertà e ricchezza, di miseria e nobiltà, di accoglienza e rifiuto che si fronteggiano fianco a fianco.

Un momento è come camminare sull'acqua limpida, dolce e azzurra del Mar di Galilea, che però è capace di agitarsi all'improvviso, a causa dei venti e delle tempeste che arrivano dal Golan; in un altro, viaggiando, si passa dalle rive verdi di questo grande specchio d'acqua della Galilea per arrivare, in un paio d'ore, alle acque fangose, salate e grigiastre del Mar Morto, il mare di sale circondato dal deserto: Qui, le colline verdi e fiorite su cui Gesù annunciò la Buona Novella alla moltitudine lasciano il posto all'aridità e alle rocce su cui si ergono le fondamenta di monasteri sorti dal nulla e nascosti tra crepacci e precipizi.

La geografia della Terra Santa: tanto simile all'animo umano

Sembra naturale che Dio abbia scelto la Terra Santa per rivelarsi all'umanità. Qui la geografia dei luoghi è straordinariamente simile - nella variabilità, nei cambiamenti repentini, nell'alternanza tra aridità e ricchezza d'acqua, nel silenzio e nella confusione, nell'amenità e nella bruttezza - all'animo umano. Spesso nella vita ci si sente soli e sperduti come nel deserto del Negev; molto spesso le discese dal Tabor, il monte simbolo dei nostri momenti di vicinanza a Dio, sono traumatiche e dolorose; galleggiare nelle acque calme dei nostri momenti felici è quasi altrettanto frequente che affondare nel fango e nel sale bruciante che ci uccide e ci impedisce di vivere e farci vivere, proprio come il Mar Morto.

Personalmente, dopo aver fatto molti viaggi in questi luoghi, posso testimoniare che mi sento così, combattuto tra la gioia e la nostalgia: in mezzo a tanti bravi compagni di viaggio, mi sembrava di riascoltare le parole di Isaia e di vedere persone che non conoscevo correre verso di me per amore di Dio che mi onorava; era come assistere alla cosa più sublime del mondo su un'alta montagna: la comunione con persone care; sentivo, allora, che il fiume Giordano lavava tutte le mie impurità, guariva ogni ferita, curava ogni piaga.

Poi, tornati a casa, soprattutto in questi tempi difficili di guerre, malattie, incertezze, si ha la sensazione che quasi tutto sfugga di mano e anche l'incomparabile bellezza di una città meravigliosa come Roma (eppure così invasa dai turisti e così caotica), la città dove vivo, sembra non poter compensare la perdita di quell'alta montagna, di quel rifugio sicuro, di quelle persone con cui ho potuto condividere tanti bei momenti in tanti viaggi.

Ancora una volta, faccio l'esperienza della separazione, che è la negazione di Dio e che mi spinge a sognare il paradiso non tanto come luogo lussureggiante e piacevole, ma come comunione eterna con Dio e con tutti i miei cari, tutti coloro che ho incontrato nella mia vita e dai quali sono inevitabilmente costretto a separarmi.

È stato tutto inutile? Niente affatto!

Innanzitutto, porto con me un tesoro prezioso: la comunione spirituale con le stesse persone che mi hanno accompagnato, che hanno reso la terra d'Israele ancora più bella di quanto non sia in realtà. Con loro, anche se sono lontano dalla Terra Santa, il pellegrinaggio continua dentro e fuori di me: unirsi a loro nella preghiera è come trasformare il fiume della mia città, il Tevere, nel Giordano, San Pietro nel Santo Sepolcro, il salotto di casa mia nel Mare di Galilea, perché tutti noi siamo il nuovo Israele.

E allora mi ricordo che non c'è una Terra Santa, o meglio, che tutta la terra è santa, che sia Italia, Messico, Spagna, Cile o qualsiasi altra parte del mondo, e che tutti noi siamo custodi e strumenti del Regno di Dio che è già presente nelle nostre vite, nelle cose che facciamo ogni giorno, nelle persone che ci vivono accanto.

Così, guardando le foto di quei luoghi amati in Oriente, vedo, allo stesso tempo, i volti delle persone che mi hanno accompagnato e mi ripeto che non possiamo più vivere attaccati all'idea di una terra e di una patria in questo mondo: le nostre radici sono in un altro luogo, in una realtà diversa, forse meno visibile, ma certamente molto più concreta e resistente alle tempeste, che è la nostra fede.

Ogni cristiano è un pellegrino

In secondo luogo, penso che un vero pellegrino sia, come veniva definito nel Medioevo, un "homo viator", cioè un uomo che cammina, che consacra continuamente non solo se stesso e i luoghi tradizionali in cui si compie il pellegrinaggio, come il Cammino di Santiago, Roma o Gerusalemme, ma tutti quei piccoli ambienti fisici e spirituali della vita ordinaria, dove diventa, antropologicamente, lo strumento di una teofania, di una manifestazione del divino, attraverso le preghiere che compie camminando.

In senso cristiano, per dirla più semplicemente, un cristiano è Cristo, perché è membro del corpo di Cristo, quindi non è più lui che vive e cammina, ma è Cristo, lo stesso Cristo che camminava per le strade della Galilea, della Giudea e della Samaria e che oggi continua a camminare per le strade di Roma, Madrid, Bogotà, New York.

Divinità civilizzatrice

Infatti, nell'antropologia del Medioevo ciò che distingueva lo spazio ("káos") dal luogo ("kósmos") era una teofania: la manifestazione del divino e la presenza del sacro, attraverso cui tutto ciò che era selvaggio, pieno di demoni e superstizioni, inesplorato e incivile, incolto, diventava terra consacrata a Dio, civile, ben ordinata, governata, sicura, il "non-essere" che diventava "essere". Le strade e i santuari dell'Europa medievale, quindi, erano arterie della civiltà e i pellegrini che le percorrevano erano il sangue che scorreva, un segno della divinità civilizzatrice.

Nel libro "L'uomo vivente" di G. K. Chesterton, il protagonista è Innocent Smith, un personaggio eccentrico che riesce a cambiare in meglio le situazioni e le vite delle persone che incontra, nonostante sia ingiustamente accusato di vari reati, semplicemente perché è un uomo felice che desidera trasmettere agli altri la gioia della propria condizione. Attraverso di lui, anche il male sembra diventare bene: è lui quell'"uomo vivo".

Uomo vivente e "homo viator

Se ci pensiamo bene, noi cristiani, pellegrini in questo mondo, possiamo coniugare, nella nostra vita, i due concetti di uomo vivente e di "homo viator". Ogni giorno possiamo riconsacrare le strade, le piazze, i quartieri dei nostri Paesi afflitti, in questi tempi di povertà materiale e spirituale e di crisi in ogni ambito dell'esistenza umana. Non abbiamo bisogno di essere così degni o senza peccato, perfetti e realizzati nella nostra vita e nel nostro lavoro. È sufficiente nutrirci quotidianamente della fonte della vita per diventare uomini e donne vivi e, percorrendo le strade della nostra vita, "homines viatores", portatori della grazia che riceviamo senza meritarla.

Così, anche se non possiamo lasciare le nostre città e i nostri Paesi per andare in Terra Santa, possiamo camminare sulle acque, e non solo senza paura di affondare, ma aiutando gli altri a non affondare.

Buona Pasqua!

Per saperne di più
Le Sacre Scritture

Chiesa e Scrittura. Gesù Cristo nella Bibbia e nella Tradizione

Pur avendo un libro, la Sacra Bibbia, la fede cattolica non è una "religione del libro", come l'ebraismo o l'islam. Nella Chiesa cattolica, la Scrittura è sempre stata legata alla Tradizione della Chiesa. Quest'ultima protegge e guida l'interpretazione della Parola di Dio nel corso dei secoli.

Vicente Balaguer-16 aprile 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

Il cristianesimo, pur essendo nato con un libro nella culla - l'immagine viene da Lutero per il quale la Bibbia era la mangiatoia in cui era stato deposto Gesù - non è un libro religione ma una religione della tradizione e delle scritture. Lo era anche il giudaismo, soprattutto prima della distruzione del Tempio. Questa nota è chiara quando si parla di religioni comparate. (M. Finkelberg & G. Stroumsa, Omero, la Bibbia e oltre: canoni letterari e religiosi nel mondo antico)..

Tuttavia, una serie di fattori - più pratici che teorici - hanno generato una certa confusione. I teorici della memoria collettiva (J. Assmann) sottolineano che, 120 anni dopo un evento fondativo, la memoria comunicativa di una comunità è incarnata in una memoria culturale, dove gli artefatti culturali creano coesione tra passato e presente. 

Tuttavia, le comunità religiose o culturali che sopravvivono nel tempo sono caratterizzate dalla priorità della connettività testuale rispetto a quella rituale. 

Questo è più o meno ciò che accadde all'inizio del III secolo nella Chiesa, quando la teologia era concepita come un commento alle Scritture. In seguito, con l'emergere dell'Islam, religione del libro fin dalle sue origini, e lo sviluppo del giudaismo come religione senza Tempio, l'idea di religioni della rivelazione fu assimilata alle religioni del libro: il cristianesimo, religione della rivelazione, fu così collocato in un posto che non gli era proprio: una religione del libro. 

In terzo luogo, Lutero e i padri della Riforma, con la loro riduzione dell'idea di tradizione a mera consuetudine ecclesiastica, hanno fatto sì che il concetto di tradizione si trasformasse in un'idea di tradizione. (consuetudines ecclesiae)rifiutato il principio della Tradizione a favore di quello della Sola Scriptura. 

Infine, l'Illuminismo, con la sua sfiducia nella tradizione, accettava solo un'interpretazione delle Scritture che fosse critica anche e soprattutto nei confronti della tradizione.

Nelle comunità della Riforma, il susseguirsi di questi fattori portò spesso a una duplice interpretazione della Scrittura: o il messaggio si dissolveva nel secolarismo proposto dalla critica, o la critica veniva abbandonata e sfociava nel fondamentalismo. 

La tradizione nella Chiesa cattolica

Nella Chiesa cattolica, invece, l'approccio era diverso. A partire da Trento, si è fatto riferimento alla tradizioni apostoliche -quelle dei tempi apostolici, non le usanze della Chiesa- come ispirate (dictatae) dallo Spirito Santo e poi trasmessa alla Chiesa. Pertanto, la Chiesa ha ricevuto e venerato con uguale affetto e riverenza (pari pietatis affectu ac reverentia) sia i libri sacri che le altre tradizioni. 

In seguito, il Concilio Vaticano II ha chiarito in qualche modo il rapporto tra Scrittura e Tradizione. In primo luogo ha affermato che gli apostoli hanno trasmesso la parola di Dio attraverso la Scrittura e le tradizioni - la Tradizione è quindi concepita come costitutiva e non solo interpretativa, come nelle confessioni protestanti - ma ha anche sottolineato che, attraverso l'ispirazione, la Scrittura ha trasmesso la parola di Dio essendo parola (locutio) di Dio. 

La Tradizione, invece, è solo una trasmissione della Parola di Dio (cfr. Dei Verbum 9). Lo ha proposto anche da un'altra prospettiva: "La Chiesa ha sempre venerato le Sacre Scritture come Corpo del Signore stesso [...]. Le ha sempre considerate e le considera tuttora, insieme alla Sacra Tradizione (una cum Sacra Traditione), come regola suprema della loro fede, poiché, ispirate da Dio e scritte una volta per tutte, comunicano immutabilmente la parola di Dio stesso". (Dei Verbum 21).

Non bisogna perdere di vista che l'oggetto delle sentenze è la Sacra Scrittura. Ma nella Chiesa la Scrittura è sempre stata accompagnata e protetta dalla Tradizione. Questo aspetto è stato ripreso, almeno in parte, dai pensatori protestanti che, nel dialogo ecumenico, utilizzano l'espressione Sola Scriptura numquam solaIl principio di Sola Scriptura nella logica protestante si riferisce al valore della Scrittura, non alla sua realtà storica che è certamente nunquam sola. Si può quindi affermare che le posizioni cattoliche e protestanti si sono avvicinate. Tuttavia, il nocciolo della questione rimane il rapporto intrinseco tra la Scrittura e le tradizioni all'interno della Tradizione apostolica, cioè quella che è stata trasmessa dagli apostoli ai loro successori ed è ancora viva nella Chiesa.

Tradizione apostolica

È stato notato più volte che Gesù Cristo non ha mandato gli apostoli a scrivere, ma a predicare. 

Certamente gli apostoli, come Gesù Cristo prima di loro, facevano uso dell'Antico Testamento, cioè delle Scritture di Israele. Essi intendevano questi testi come espressione delle promesse di Dio - e in questo senso anche come profezia o annuncio - che si erano realizzate in Gesù Cristo. Essi esprimevano anche l'istruzione (torah) di Dio al suo popolo, nonché l'alleanza (disposizione, testamento) che Gesù porta a compimento. 

I testi del Nuovo Testamento, d'altra parte, non erano una continuazione o un'imitazione dei testi di Israele. Né si presentano come un compendio della Nuova Alleanza. Sono tutti nati come espressioni parziali - e, in alcuni casi, circostanziali - del Vangelo predicato dagli apostoli. 

In ogni caso, nella generazione che seguì quella degli apostoli - proprio come prima in San Paolo, quando distingueva tra il comando del Signore e il proprio (1 Cor 7,10-12) - il principio dell'autorità era nelle parole del Signore, poi nelle parole degli apostoli e nelle parole della Scrittura. Questo si può vedere nei padri apostolici, Clemente, Ignazio di Antiochia, Policarpo, ecc. che citano alternativamente, come argomento di autorità, le parole di Gesù, degli apostoli o delle Scritture. 

Tuttavia, la forma testuale di queste parole non coincide quasi mai con quella che abbiamo conservato nei testi canonici: i testi funzionavano più come ausilio alla memoria per la proclamazione orale che come testi sacri.

Negli ultimi decenni del secondo secolo si osserva un cambiamento di atteggiamento. Due fattori contribuiscono a questo cambiamento. 

Da un lato, il cristianesimo entra in contatto e in contrasto con visioni del mondo intellettuali sviluppate; in particolare, con il medio platonismo - un platonismo immerso nello stoicismo morale - e con il gnosi del II secolo, che proponeva la salvezza attraverso la conoscenza. Alcuni maestri gnostici videro nel cristianesimo - espressione nata con Ignazio di Antiochia - una religione che poteva essere coerente con la loro visione del mondo. Basilide, all'inizio del II secolo, fu forse il primo a comprendere gli scritti del Nuovo Testamento come testi fondamentali per il suo insegnamento gnostico, e altri come Valentinus e Ptolemy, già nella seconda metà del II secolo, furono acuti interpreti delle Scritture, che allinearono al loro sistema. 

Già san Giustino, contemporaneo e forse collega di Valentinus, sottolineava che gli insegnamenti di questi maestri dissolvevano il cristianesimo nello gnosticismo e che, quindi, i loro autori erano eretici - è Giustino a coniare il termine con il senso di deviazione, visto che prima significava solo scuola o fazione -, pur senza proporne le ragioni profonde. D'altra parte, alla fine del II secolo, l'idea di una tradizione orale affidabile si era già indebolita: non ci sono più discepoli dei discepoli dei discepoli degli apostoli - forse Sant'Ireneo fa eccezione. Quando questo accade in una comunità culturale o religiosa, come è stato notato, le comunità stabiliscono artefatti che conservano una certa memoria culturale o religiosa, e l'artefatto di connettività per eccellenza è la scrittura.

La grande Chiesa, guardando con sospetto gli eretici gnostici, prese tre decisioni che insieme preservarono la sua identità. Benedetto XVI (cfr. Discorso all'incontro ecumenico, 19.08.2005) vi ha fatto riferimento più di una volta: in primo luogo, stabilire il canone, dove Antico e Nuovo Testamento formano un'unica Scrittura; in secondo luogo, formulare l'idea della successione apostolica, che prende il posto della testimonianza; infine, proporre "la regola della fede come criterio di interpretazione delle Scritture.

L'importanza di Sant'Ireneo

Sebbene questa formulazione si ritrovi in molti teologi del tempo - Clemente di Alessandria, Origene, Ippolito, Tertulliano - alla vigilia del 1900° anniversario della sua nascita, è quasi obbligatorio guardare a Sant'Ireneo per scoprire la modernità del suo pensiero. 

La sua opera più importante, Smentita e confutazione della finta ma falsa gnosipopolarmente conosciuto come Contro le eresie, tiene conto di tutto ciò che è stato detto finora. Dopo alcune premesse, inizia come segue: "La Chiesa, diffusa in tutto l'universo fino ai confini della terra, ha ricevuto dagli Apostoli e dai loro discepoli la fede in un solo Dio Padre, Sovrano universale, che ha fatto... e in un solo Gesù Cristo, Figlio di Dio, incarnato per la nostra salvezza, e nello Spirito Santo, che per mezzo dei Profeti...".. Sant'Ireneo fa seguire al testo una formula che altrove chiama la "regola [canone, in greco] di fede [o della verità]". Questa regola di fede non ha una forma fissa, poiché, tramandata dagli apostoli, viene sempre trasmessa oralmente al momento del battesimo o nelle catechesi battesimali. Si riferisce sempre alla confessione delle tre persone divine e all'opera di ciascuna di esse. 

È riconoscibile in tutta la Chiesa, che "...] e la predica, la insegna e la trasmette [...]. Le chiese della Germania non credono diversamente, né trasmettono una dottrina diversa da quella predicata da quelle dell'Iberia". (ibid. 1, 10, 2). Pertanto, come la Tradizione apostolica, è pubblica: "è presente in ogni Chiesa per essere percepito da chi vuole veramente vederlo". (ibid. 3, 2, 3), a differenza dello gnostico, che è segreto e riservato agli iniziati. 

Inoltre, la norma potrebbe essere sufficiente, in quanto "molti popoli barbari danno il loro assenso a questa ordinazione, e credono in Cristo, senza carta né inchiostro [...], conservando con cura l'antica Tradizione, credendo in un solo Dio. [segue un'altra confessione trinitaria, espressione della regola di fede]" (ibid. 3, 4, 1-2).

Eppure la Chiesa ha una raccolta di Scritture: "La vera gnosi è la dottrina degli Apostoli, l'antica struttura della Chiesa in tutto il mondo e ciò che è tipico del Corpo di Cristo, formato dalla successione dei vescovi, ai quali la Chiesa ha dato il proprio nome. [gli Apostoli] affidata alle chiese di ogni luogo. Così ci giunge senza finzione la custodia delle Scritture nella loro interezza, senza togliere o aggiungere nulla, la loro lettura senza frode, la loro legittima e affettuosa esposizione secondo le Scritture stesse, senza pericolo e senza bestemmia". (ibid. 4, 33, 8). 

È su quest'ultimo punto che occorre concentrare l'attenzione. La regola (canone) della fede è colui che interpreta correttamente le Scritture (ibid. 1, 9, 4), perché coincide con esse in quanto le Scritture stesse spiegano la regola della fede (ibid. 2, 27, 2) e la regola della fede può essere dispiegata con le Scritture, come fa sant'Ireneo nel suo trattato Dimostrazione (Epideixis) della predicazione apostolica

Questa compenetrazione tra la regola della fede e le Scritture spiega bene altri aspetti. In primo luogo, ciascuna delle Scritture viene interpretata correttamente attraverso le altre Scritture. In secondo luogo, nel corso del tempo, la parola "regola/canone", si applica innanzitutto al canone della Scrittura, che è anche la regola della fede.

L'autoreVicente Balaguer

Professore di Nuovo Testamento ed Ermeneutica biblica, Università di Navarra.

Vaticano

Il Papa riforma la Pontificia Accademia Ecclesiastica: diventa un Istituto per lo studio delle Scienze Diplomatiche.

Papa Francesco ha firmato un chirografo che riforma e aggiorna la Pontificia Accademia Ecclesiastica per "fornire una formazione accademica e scientifica di alto livello qualitativo" in sintonia con le esigenze pastorali di oggi.

Maria José Atienza-15 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La Santa Sede ha reso pubblico un chirografofirmata da Papa Francesco, con la quale il pontefice aggiorna lo stato della Pontificia Accademia Ecclesiastica istituendo un "Istituto ad instar Facultatis per lo studio delle scienze diplomatiche, ampliando così il numero di istituzioni analoghe previste dalla legge. Cost. ap. Veritatis Gaudium".

Così, "l'Accademia sarà regolata dalle norme comuni o particolari del diritto canonico, ad essa applicabili, e dalle altre disposizioni date dalla Santa Sede per le sue istituzioni di istruzione superiore" e "conferirà i gradi accademici di Secondo e Terzo Ciclo in Scienze Diplomatiche".

Come ha spiegato il cardinale Parolin, "d'ora in poi la Pontificia Accademia Ecclesiastica potrà conferire i gradi accademici di Licenza (equivalente a Master) e di Dottore (PhD), offrendo ai suoi allievi una formazione che integra discipline giuridiche, storiche, politiche ed economiche e, naturalmente, conoscenze specifiche nelle scienze diplomatiche".

Collegamento tra lavoro diplomatico e missione evangelistica

Parolin ha osservato che "la riforma mira a rafforzare il legame tra la ricerca e la formazione accademica dei futuri diplomatici pontifici e le sfide concrete che dovranno affrontare nelle loro missioni all'estero. Il diplomatico pontificio non è solo un esperto di tecniche negoziali, ma un testimone di fede, impegnato a superare le barriere culturali, politiche e ideologiche, e a costruire ponti di pace e di giustizia".

È in questo senso che si inquadra la riflessione del Papa nel chirografo, quando sottolinea come "la missione affidata ai diplomatici del Papa combina questa azione, al tempo stesso sacerdotale ed evangelizzatrice, al servizio delle Chiese particolari, con la rappresentanza presso le autorità pubbliche" e come "il diplomatico deve costantemente impegnarsi in un solido e continuo processo formativo. Non basta limitarsi all'acquisizione di conoscenze teoriche, ma è necessario sviluppare un metodo di lavoro e uno stile di vita che gli permettano di avere una profonda comprensione della dinamica delle relazioni internazionali e di essere apprezzato nell'interpretazione delle conquiste e delle difficoltà che una Chiesa sempre più sinodale deve affrontare". 

La riforma di questa accademia pontificia e la sua elevazione al livello delle facoltà civili risponde anche all'attuale richiesta di "una preparazione più adeguata alle esigenze dei tempi di quegli ecclesiastici che, provenendo dalle varie diocesi del mondo, e avendo già acquisito una formazione nelle scienze sacre e sviluppato una prima attività pastorale, dopo un'accurata selezione, si preparano a continuare la loro missione sacerdotale nel servizio diplomatico della Santa Sede". Non si tratta solo di fornire una formazione accademica e scientifica di alto livello, ma anche di fare in modo che la loro azione sia ecclesiale".

Zoom

Un bambino partecipa alla Messa della Domenica delle Palme in Vaticano.

Un ragazzo regge una palma durante la celebrazione della Messa della Domenica delle Palme in Vaticano, il 13 aprile 2025.

Redazione Omnes-15 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
Cultura

Il Papa dichiara Antoni Gaudí venerabile

Il 14 aprile 2025 il Vaticano ha riconosciuto le virtù eroiche di Antoni Gaudí, che è stato considerato venerabile.

Rapporti di Roma-15 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Il Papa Francesco ha riconosciuto il 14 aprile le virtù eroiche dell'architetto spagnolo Antoni Gaudí, oggi considerato verosimile.

L'architetto del basilica della Sagrada Família a Barcellona era un devoto cattolico, morto dopo essere stato investito da un tram mentre si recava a pregare in una chiesa.


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Evangelizzazione

Padre Damiano

La liturgia del 15 aprile celebra padre Damiano, un missionario belga del XIX secolo che si recò alle Hawaii per curare i lebbrosi quando furono banditi sull'isola di Molokai.  

Pedro Estaún-15 aprile 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Nel 2005 la nazione belga ha designato Padre Damiano come "il più grande belga di tutti i tempi". Ma chi era quest'uomo e quali sono le ragioni per cui è stato designato con un'onorificenza così alta?

Jozef Van Veuster nacque a Tremeloo, in Belgio, il 3 gennaio 1840, da una famiglia di contadini. Da bambino, a scuola, si divertiva a fare lavori manuali, case come quelle dei missionari nelle giungle; aveva il desiderio interiore di andare un giorno in terre lontane per fare il missionario. Da giovane fu investito da un carro e si rialzò illeso. Il medico che lo visitò esclamò: "Questo ragazzo ha l'energia per intraprendere opere molto grandi".

Da ragazzo dovette lavorare molto duramente nei campi per aiutare i genitori, che erano molto poveri. Questo gli diede una grande forza e lo rese abile in molti lavori di costruzione, muratura e agricoltura, che gli sarebbero stati molto utili nell'isola lontana in cui sarebbe poi vissuto.

Esempio di San Francesco Saverio

All'età di 18 anni fu mandato a Bruxelles per studiare e due anni dopo decise di entrare nell'ordine religioso dei Sacri Cuori a Lovanio, prendendo il nome di Damiano. L'esempio di San Francesco Saverio risveglia in lui lo spirito missionario. La malattia di un altro religioso lo portò verso una meta lontana: le Hawaii. Nel 1863 salpò per la sua missione e durante il viaggio fece amicizia con il capitano della nave, che gli disse: "Non mi confesso mai. Sono un cattivo cattolico, ma le dico che mi confesserei con lei". Damiano rispose: "Non sono ancora sacerdote, ma spero che un giorno, quando lo sarò, avrò il piacere di assolverla da tutti i suoi peccati".

Il 19 marzo 1864 arrivò a Honolulu. Lì fu ordinato sacerdote poco dopo nella Cattedrale di Nostra Signora della Pace. Servì in diverse parrocchie dell'isola di Oahu mentre il regno soffriva una crisi sanitaria. I nativi hawaiani erano afflitti da malattie portate inavvertitamente dai commercianti europei. Migliaia di persone morirono di influenza e sifilide e di altre malattie che non avevano mai colpito gli hawaiani. Tra queste c'era anche la piaga della lebbra, che minacciava di diventare epidemica. Temendo la diffusione di questa malattia incurabile, il re Kamehameha IV separò i lebbrosi dal regno inviandoli su un'isola remota, Molokai.

Chiese di essere inviato a coloro che erano ammalati

La legge prevedeva che chiunque arrivasse in quell'angolo di dolore e decadenza non potesse più andarsene, per non diffondere la malattia. Per questo il vescovo delle Hawaii, pur preoccupato per le anime dei malati, era riluttante a inviare un sacerdote. Tuttavia, venuto a conoscenza della situazione a Molokai, Damiano chiese di essere inviato tra i malati. "So che andrò in esilio perpetuo e che prima o poi mi ammalerò di lebbra. Ma nessun sacrificio è troppo grande se è fatto per Cristo", disse al suo vescovo. Pochi giorni dopo, il 10 maggio 1873, era a Molokai.

Il quadro che trovò fu desolante. La mancanza di mezzi aveva reso il luogo una sorta di inferno: non c'erano leggi, né ospedali; i malati agonizzavano in grotte buie e malsane; passavano il tempo a oziare, a bere alcolici e a litigare.

L'arrivo di padre Damiano fu un punto di svolta. La prima missione che si prefigge è la costruzione di una chiesa, poi di un ospedale e di alcune fattorie (i lebbrosi, con le loro membra quasi putride, riuscivano a malapena a costruire una casa da soli). Sotto la sua guida, vennero ristabilite le leggi di base, le case vennero dipinte, iniziarono i lavori nelle fattorie, convertendo alcune di esse in scuole, e vennero stabilite le norme igieniche. Lancia anche una campagna internazionale per raccogliere fondi, che iniziano a giungere da tutto il mondo. Ma ciò che contava di più per lui era l'anima della gente. i loro lebbrosi. Li ha catechizzati porta a porta, li ha battezzati, ha mangiato con loro, ha pulito le loro pustole e li ha salutati stringendo loro la mano, perché non si sentissero disprezzati. 

E' contagioso

Nel dicembre 1884 Damiano immerse i piedi nell'acqua bollente e non sentì alcun dolore. Allora capì: anche lui era stato contagiato. Si inginocchia subito davanti a un crocifisso e scrive: "Signore, per amore tuo e per la salvezza di questi tuoi figli, accetto questa terribile realtà. La malattia mi divorerà, ma sono felice di pensare che ogni giorno che sarò malato, sarò più vicino a Te".

Insieme agli aiuti internazionali, arrivò un gruppo di donne francescane con le quali iniziò a condividere la missione pastorale. Alla vigilia della morte, con gli arti menomati, scrive al fratello: "Sono ancora l'unico sacerdote di Molokai. Poiché ho molto da fare, il mio tempo è molto breve; ma la gioia nel mio cuore che i Sacri Cuori mi donano mi fa pensare di essere il missionario più felice del mondo. Il sacrificio della mia salute, che Dio ha voluto accettare perché il mio ministero tra i lebbrosi fosse un po' fruttuoso, lo trovo un bene leggero e persino piacevole"..

Riesce a confessare

Non potendo lasciare l'isola, il sacerdote non aveva potuto confessarsi per anni. Un giorno, mentre si avvicinava una nave che trasportava provviste per i lebbrosi, padre Damiano salì su una barca e, quasi accanto alla nave, chiese a un sacerdote che era a bordo di confessarsi. Da lì fece la sua unica confessione e ricevette l'assoluzione per le sue colpe.

Poco prima che padre Damiano morisse, una nave arrivò a Molokai. Apparteneva al capitano che lo aveva portato lì quando era arrivato come missionario. Ricordava che durante quel viaggio gli aveva detto che l'unico sacerdote con cui si sarebbe confessato sarebbe stato lui. Ora il capitano veniva appositamente per confessarsi da padre Damiano. Da quel momento in poi, la vita di questo marittimo cambiò, migliorando nettamente. Anche un uomo che aveva scritto calunnie sul santo sacerdote venne a chiedergli perdono e si convertì al cattolicesimo.

Eroico

Il 15 aprile 1889, padre Damiano, il lebbroso volontarioChiuse gli occhi ormai ciechi per l'ultima volta. Gandhi stesso disse di lui: "Il mondo politicizzato della nostra terra può avere pochissimi eroi da paragonare a Padre Damiano di Molokai. È importante che si indaghi sulle fonti di tale eroismo". Nel 1994 Papa Giovanni Paolo II, dopo aver verificato diversi miracoli ottenuti per intercessione di questo grande missionario, lo ha dichiarato beato e patrono di coloro che lavorano tra i malati di lebbra. Papa Benedetto XVI lo ha proclamato santo il 26 aprile 2009.

L'autorePedro Estaún

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Mondo

Tempo di solidarietà in vista dell'Appello di Terra Santa

La Colletta per i cristiani in Terra Santa arriva questo Venerdì Santo nelle diocesi. È una raccolta di solidarietà, di misericordia, che quest'anno ha un accento di speranza con il Giubileo. Fray Luis Quintana, rappresentante del Custode di Terra Santa in Spagna e presidente dei commissari di Spagna e Portogallo, parla con Omnes.

Francisco Otamendi-15 aprile 2025-Tempo di lettura: 6 minuti

Sono tempi duri per i cristiani in Terra Santa. Povertà, migrazioni e guerre stanno mettendo sempre più sotto pressione. Ma c'è un tempo di solidarietà e speranza davanti alla raccolta in Terra Santa. "La preghiera, che ha un valore infinito, la pellegrinaggie ora, il Collezione pontificia Le celebrazioni del Venerdì Santo nei Luoghi Santi sono molto importanti per le comunità cristiane in Terra Santa.

Luis Quintana (Burgos, 1974), francescano dell'Ordine dei Frati Minori (ofm), presidente dei commissari (in qualità di ambasciatori) di Spagna e Portogallo, e rappresentante in Spagna dell'Ordine di Malta. Custode di Terra SantaFrancesco Patton. Il motto della Giornata di quest'anno, che comprende la raccolta e altre cose: preghiera, motivazione, poster, trittico, ecc. è: "Terra Santa, porta aperta alla speranza".

Il cuore, rapito nei Luoghi Santi

In un colloquio a tu per tu, nella parrocchia del Cristo de la Paz, nel quartiere madrileno di Carabanchel, gestito dai francescani, fra Luis Quintana, di Burgos, ha parlato con franchezza. Abbiamo parlato dell'importante Collezione che stiamo dettagliando, della sua destinazione e del Giubileo. Ma prima di questo, gli abbiamo chiesto del suo primo rapporto con Terra Santae per il contesto.

"Nel settembre del 2000 mi sono recata per la prima volta in Terra Santa e lì il mio cuore è stato catturato dai Luoghi Santi, dalla Terra Santa. Per questo motivo, quando ho emesso i voti solenni nel 2006, ho chiesto di andarci per una lunga esperienza. È stato dal febbraio al luglio 2007", rivela fra Luis. 

"I cristiani che sono lì sono che sta vivendo un momento molto difficile. Oggi sono meno dell'1,5%. A Betania non c'è nessuna famiglia cristiana, anche se ci sono due comunità religiose (i francescani e una congregazione femminile). Marta, Maria e Lazzaro erano tre persone a Betania. A Emmaus c'è una famiglia cristiana", sottolinea. 

Raccolta del Venerdì Santo: alloggi, lavoro, istruzione e sanità

È sempre utile sapere a cosa sarà destinato il ricavato della colletta. L'80% di ciò che riceve la Custodia di Terra Santa è destinato alle opere sociali e il 20% alla manutenzione dei santuari. E qual è l'opera sociale? Ci sono quattro concetti, spiega p. Luis Quintana.

"Innanzitutto, gli alloggi. La Custodia possiede molte case. Sono loro, le famiglie, a pagare l'affitto, l'elettricità, il gas e l'acqua. Noi abbiamo la proprietà e i lavori, la manutenzione".

"Il secondo obiettivo è il lavoro. Ci sono quasi duemila dipendenti diretti nella Custodia, molte scuole, quasi 40.000 alunni, ospedali, centri sanitari. Dare lavoro è molto importante".

L'educazione cristiana in Terra Santa

"In terzo luogo, l'istruzione, anch'essa molto importante. Sia per i cristiani che per i musulmani, non facciamo distinzioni", dice. "Un'educazione basata sul cristianesimo, sono scuole confessionali. E il commissario inizia a raccontare storie concrete, l'ideologia:

"A maggio, ogni giorno, fiori a Maria. A Natale, le aule sono piene di presepi, crocifissi in tutte le aule e tanti dettagli. I musulmani vogliono la nostra educazione. Ma c'è anche qualcosa dalla nostra parte: quando arriva il Ramadan, finiamo le lezioni un po' prima; se muore un genitore di un bambino musulmano, i bambini cristiani vanno a pregare in moschea; nelle lezioni di religione, cristiani e musulmani sono separati.

Tolleranza per l'Islam, scuole confessionali cristiane

Continua, ti incoraggiamo. E continua: "C'è molta tolleranza nei confronti dell'Islam, ma la scuola è una scuola confessionale cristiana. La Madonna è nel cortile, si celebrano tutte le feste cristiane, il mercoledì delle ceneri. I musulmani preferiscono soprattutto le scuole cristiane. La prima scuola maschile in Terra Santa era cristiana, la seconda era ebraica e la terza musulmana. Per le ragazze è stato lo stesso. E con la scuola mista, lo stesso. La prima scuola mista era cristiana.

"Le nostre grandi scuole sono Gerusalemme, Betlemme al secondo posto, Gerico e Nazareth. Poi ce ne sono altre. Queste sono le principali. Ci riferiamo anche al collegio di Amman, in Giordania, e a quello di Damasco, in Siria. E quello di Beirut in Libano".

"Il quarto blocco, come abbiamo detto, è la salute. Centri sanitari, ospedali, dispensari, in alcuni casi sono dispensari parrocchiali, come in Siria; ci sono molte formule...".

Un po' di storia: la Custodia e la collezione, origini nel I secolo 

La Custodia di Terra Santa fu fondata da San Francesco d'Assisi nel 1217, con l'invio dei primi frati, e fu affidata ai Francescani da Papa Clemente VI nel 1342.

Oggi è presente in Israele, Palestina, Giordania, Egitto, Siria, Libano, Cipro e Rodi. "In Egitto, le vocazioni sono cresciute così tanto che ora hanno una provincia indipendente", dice padre Luis Quintana.

Il Custode di Terra Santa e il suo team hanno insistito sull'importanza di questo sostegno alla colletta del Venerdì Santo, iniziata da San Pietro e San Paolo, come riportato negli Atti degli Apostoli, e celebrata ininterrottamente dal 1420, 605 anni fa.

A titolo di esempio, si possono evidenziare alcune parole del Custode italiano, dal Ministro generale o il Vicario egiziano della Custodia, Padre Ibrahim FaltasPapa Francesco gli è molto affezionato, lo ha citato più volte, ed è diventato famoso perché all'indomani della guerra di Gaza ha portato diversi bambini a operare negli ospedali italiani. Ma questo sarebbe troppo lungo. Potete consultarli voi stessi.

Tre Porte Sante per il Giubileo della speranza

Per concludere, ci sono due aspetti che p. Luis Quintana desidera menzionare. Si tratta delle Porte Sante del Giubileo a Terra Santae la cappella dell'Immacolata Concezione, recentemente benedetta.

"Siamo nell'anno della speranza, il Giubileo è un segno di speranza, e ci sono tre Porte Sante per ottenere il Giubileo in Israele: "Nazareth, dove il Verbo si è fatto carne, l'Annunciazione; Betlemme, dove Gesù è nato, la Natività; e il Santo Sepolcro, dove Cristo è risorto, Gerusalemme".

"L'anno scorso lo slogan, la linea generale, era intorno al rosso, al sangue, la Terra Santa sta ancora soffrendo, la guerra era appena iniziata il 7 ottobre. Volevamo esprimere la sofferenza e l'immagine era il Getsemani".

"Quest'anno siamo passati al verde, alla speranza, al giubileo, alle porte aperte, alla porta aperta con i francescani che escono in processione con la Croce, Cristo ci viene incontro per accoglierci, una linea che abbiamo voluto mantenere".

Cappella dell'Immacolata Concezione in Terra Santa

Un esempio di questa speranza si trova in una notizia. L'inaugurazione di una nuova cappella in Terra Santa, come ci racconta p. Luis. "Il 5 aprile è stato un giorno molto speciale per la nostra Provincia dell'Immacolata Concezione, un giorno storico, perché abbiamo inaugurato una nuova cappella in Terra Santa finanziata dal nostro Commissariato di Terra Santa, e l'abbiamo intitolata alla Provincia: "Cappella dell'Immacolata Concezione".

L'arcivescovo di Toledo, monsignor Francisco Cerro, ha presieduto l'Eucaristia nella Cappella Superiore di Nostra Signora di Guadalupe, nel Campo dei Pastori (Beit Sahour, vicino a Betlemme), alla presenza di fra Francesco Patton, Custode di Terra Santa, di un folto gruppo di francescani e sacerdoti secolari, del Console Generale, Javier Gutiérrez, e di molti spagnoli che vivono in Terra Santa, sia in Israele che nei territori dell'Autorità Nazionale Palestinese.

Luis Quintana sottolinea che la Terra Santa ha ora una nuova cappella, grazie alla generosità dei pellegrini spagnoli (per questo è già stata battezzata "la cappella spagnola"). "È la prima volta nella storia che la Provincia francescana finanzia una cappella in Terra Santa, con una capacità di oltre 200 persone", aggiunge.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Anonimo

Nella Passione di Cristo, gli anonimi sono persone che non hanno ben chiaro cosa vogliono, ma che approfittano di qualsiasi folla per dare libero sfogo ai loro istinti più bassi: criticare, insultare, diffamare e persino linciare, se necessario, chiunque passi di lì.

15 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Tra i personaggi più ignobili che compaiono nelle letture della Passione di Cristo che vengono proclamati ora, a Pasqua, ce ne sono alcuni di grande attualità. Sono proliferati sui social network e stanno diffondendo la loro influenza perniciosa in tutta la società.

Questi sono i personaggi anonimi. Ma non mi riferisco a quelli i cui nomi non compaiono, forse per ignoranza della evangelista come la serva che era la portinaia del palazzo del sommo sacerdote, la guardia che lo schiaffeggiò durante l'interrogatorio o i criminali che furono crocifissi accanto a lui (anche se la tradizione li battezzò in seguito come Dismas e Gestas); ma quelli che agiscono nell'anonimato, protetti dalla folla.

Sono persone che non hanno ben chiaro cosa vogliono, ma che approfittano di qualsiasi folla per dare libero sfogo ai loro istinti più bassi: criticano, insultano, diffamano e all'occorrenza linciano chiunque passi. Da soli non sarebbero in grado di uccidere una mosca, ma trovano piacere nel diventare una folla inferocita perché, agendo in branco, le responsabilità si diluiscono e così le possibili conseguenze.

Convalidare le azioni degli altri

Senza dubbio, questi personaggi sono stati fondamentali per la morte di Gesù, perché con il loro atteggiamento hanno convalidato le azioni di coloro che oggi riteniamo responsabili: i sommi sacerdoti e Ponzio Pilato. Nessuno di loro avrebbe osato giustiziare colui che il popolo considerava un profeta senza l'appoggio complice di alcuni di questi anonimi capaci di fare molto rumore, molto più della maggioranza del popolo.

Nella nostra società digitale, le piazze e le strade dove tradizionalmente si svolgevano le proteste e le rivendicazioni hanno lasciato il posto ai social network, dove tutti possiamo esprimere le nostre opinioni sulle questioni che ci riguardano. Ma, a fronte di una minoranza che appare identificata, con nomi e cognomi, che si assume la responsabilità dei diritti e dei torti che può commettere quando esprime le proprie opinioni, c'è una massa enorme di account anonimi o con identità molto diffuse.

In una manifestazione pubblica, tipica degli Stati democratici, chi indossa un passamontagna o si copre il volto con una maschera è chiaramente intenzionato a creare problemi, e spesso sappiamo che chi agisce in questo modo non si identifica con l'oggetto della protesta, ma lo usa solo come scusa per godere di violenza e saccheggio.

Anonimi e veri colpevoli

Capisco chi, in un regime autocratico, deve proteggere la propria identità per condividere le proprie idee senza essere arrestato; ma in un Paese democratico, dove la libertà di espressione è assicurata, che senso moralmente accettabile ha andare in giro per le reti a diffondere pettegolezzi o a tifare per chi lo fa, ad attaccare altre persone senza mostrarne il volto, a promuovere l'odio o a molestare altre persone? Lo si può capire solo dalla più assoluta bassezza umana, dalla vile malvagità di coloro i cui nomi non compaiono nelle narrazioni della Passione, ma che furono veramente colpevoli della morte di un innocente.

Quando ad agire in questo modo sono membri della comunità cristiana, intenti a criticare senza carità, giustizia e verità qualsiasi mossa del Papa, di questo o quel vescovo o movimento diverso dal proprio, il peccato mi sembra molto più grave. Mi ricordano quei bambini che, nel film La passione di Cristo, tormentano Giuda fino alla disperazione e lo fanno impiccare. All'inizio sembrano innocui, perfino simpatici; ma non appena prendono piede, si scatenano con schiaffi, insulti e morsi, rivelando la loro vera identità demoniaca.

Forse voi che mi leggete siete stati tentati di "camuffarvi" attraverso un profilo anonimo sui network per poter parlare e dire ciò che la vostra identità vi impedisce di dire pubblicamente, perché vi metterebbe nei guai disciplinari o vi farebbe fare brutta figura davanti ai vostri amici o alla vostra famiglia. Pensate bene da dove può nascere l'idea di nascondere la personalità che Dio vi ha dato a sua immagine e somiglianza per assumere un aspetto diverso dal vostro e aggressivo nei confronti dell'altro, per quanto riprovevole sia ciò che ha fatto. E ricordate la scena del film di Mel Gibson: non vedete che, sebbene i personaggi siano anonimi, il promotore della loro azione ha un nome noto a tutti? Quindi, fate attenzione a non cadere nelle reti che si diffondono.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Vangelo

Cristianesimo e successo. Venerdì Santo (C)

Joseph Evans commenta le letture del Venerdì Santo (C) del 18 aprile 2025.

Giuseppe Evans-15 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La prima lettura di oggi, tratta da Isaia, è una profezia sulle sofferenze di Cristo. Scritta secoli prima di Gesù, al profeta fu concesso di intravedere l'agonia di Nostro Signore e di vedere che il futuro Messia ci avrebbe salvato attraverso la sofferenza. Tuttavia, è sorprendente fino a che punto il popolo d'Israele ignorasse queste profezie. Quando venne Gesù, potevano solo immaginare un salvatore "di successo" che li avrebbe salvati attraverso un ovvio trionfo politico e militare, liberandoli dai Romani e facendo di Israele una nazione potente. La salvezza era visibile, un benessere esterno, un "successo".

Ma oggi ci indica la realtà della vittoria di Cristo. Vediamo Gesù inchiodato alla croce, sofferente, agonizzante e morto. In termini umani, non c'è nulla di trionfale in questo. Ma sappiamo che questo è il vero trionfo di Gesù e che attraverso questa sofferenza e morte, Cristo risorgerà per vincere definitivamente il peccato e la morte. Lo sappiamo, ma forse in teoria e non in pratica, perché ogni volta che la sofferenza e le battute d'arresto si presentano sulla nostra strada, invece di accettarle come una partecipazione alla croce di Cristo, ci lamentiamo. Forse anche noi vediamo la salvezza come un successo.

Questo è ciò che Isaia ci dice di Gesù: "Lo vedemmo poco attraente, disprezzato ed evitato dagli uomini, come un uomo dei dolori, abituato alle sofferenze, davanti al quale i volti erano nascosti, disprezzati e rifiutati".. Gesù ha preso su di sé la nostra bruttezza. Non ci piace pensare che un giorno potremmo perdere la nostra bellezza; non ci piace invecchiare o ammalarci o doverci prendere cura di un malato... Questo non è "successo". Per noi il successo è il continuo raggiungimento di una migliore situazione materiale e finanziaria, senza grandi problemi e preoccupazioni nella vita. Cerchiamo modi per "tappare" o "attutire" la croce.

Ma Gesù ci ha detto: "Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua". (Mt 16,24). Dobbiamo cercare e abbracciare la Croce, non cercare di evitarla. Gesù è venuto sulla terra per cercare la Croce, non per evitarla, come abbiamo appena letto nel lungo racconto della sua Passione. Forse dobbiamo imparare che il successo non è un termine importante per il cristianesimo. Il successo terreno può farci bene o male, a seconda di come lo usiamo.

In genere, la Croce ci viene incontro nelle piccole cose e noi dobbiamo saperla accogliere. Così facendo, siamo benedetti e diamo il nostro piccolo contributo alla salvezza del mondo.

Cinema

Film biblici per la Settimana Santa e la Pasqua

Dall'epoca del cinema muto fino alla metà degli anni Sessanta, i film basati sulla Bibbia sono stati un punto fermo della produzione hollywoodiana.

OSV / Omnes-14 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Di John Mulderig (OSV/Omnes)

I registi, sia famosi che sconosciuti, hanno cercato nelle scritture storie da portare sul grande schermo, con risultati che vanno dal reverenziale allo sfruttamento.

Oggi molti di questi film sono disponibili in streaming. Con l'avvicinarsi della Pasqua, i fedeli possono dare un'occhiata a questa collezione di vecchi film. Di seguito sono riportate brevi recensioni di alcune produzioni a tema biblico.

"Ben-Hur" (1959)

La classica epopea hollywoodiana del regista William Wyler segue il principe ebreo del titolo del film (Charlton Heston) dopo essere stato tradito dal suo amico d'infanzia romano (Stephen Boyd) e sottoposto a grandi sofferenze fino a quando non ottiene finalmente una punizione per tutte le sue sofferenze. Il melodramma convenzionale della narrazione è trasformato dalla grandiosità dello spettacolo, in particolare la corsa delle bighe, e dalle commoventi interpretazioni dei protagonisti, che riescono a trascendere i cliché e gli stereotipi della storia.

"La Bibbia" (1966)

Sei episodi del Genesi (Creazione, Adamo ed Eva, Caino e Abele, Noè, la Torre di Babele e Abramo) sono rappresentati alla lettera come sono stati scritti, lasciando gran parte della loro interpretazione allo spettatore. John Huston dirige, narra e interpreta il ruolo di Noè in questo spettacolo riverente ma divertente. George C. Scott, nel ruolo di Abramo, si aggiudica il premio per la migliore interpretazione tra un cast che comprende Ava Gardner, Richard Harris, Ulla Bergryd e Michael Parks.

"Incantesimo di Dio" (1973)

Versione cinematografica di un musical liberamente tratto dal Vangelo di Matteo, con un cast off-Broadway che vede Victor Garber nel ruolo di Cristo e David Haskell in quelli di Giovanni Battista e Giuda. Ciò che rende il film così emozionante è che il regista David Greene trasforma New York City in un gigantesco palcoscenico, utilizzato in modi sorprendenti per presentare le parabole in scenette fantasiose, molte delle quali servono come trampolino di lancio per melodie irresistibili come "Day by Day" e "God Save the People!

"Il Vangelo secondo Matteo (1966)

La semplice drammatizzazione italiana del racconto dell'evangelista sulla vita di Gesù e sul suo messaggio di salvezza riesce a collocare lo spettatore in modo unico negli eventi del Vangelo, evitando l'artificiosità della maggior parte delle epopee bibliche cinematografiche. Il regista Pier Paolo Pasolini è completamente fedele al testo, impiegando l'immaginazione visiva necessaria per la sua interpretazione realistica.

"La più grande storia mai raccontata" (1965)

Pur non essendo il più grande film mai realizzato, la visione del Vangelo del regista George Stevens presenta una visione coerente e tradizionale di Cristo come Dio incarnato. Il film, nonostante la sua epicità hollywoodiana, ha buone interpretazioni, una sceneggiatura realistica e di buon gusto, una fotografia superba e la credibile interpretazione di Cristo da parte di Max von Sydow è l'elemento essenziale del suo successo.

"Re dei re" (1961)

Questo solido spettacolo cinematografico presenta la vita di Cristo nel contesto storico della resistenza ebraica al dominio romano. Jeffrey Hunter interpreta goffamente il ruolo del protagonista, ma più efficaci sono Siobhan McKenna nel ruolo della madre, Robert Ryan in quello di Giovanni Battista, Hurd Hatfield in quello di Pilato, Rip Torn in quello di Giuda e Harry Guardino in quello di Barabba. Diretta da Nicholas Ray, la sceneggiatura si concentra sull'instabilità politica dell'epoca, ma tratta la storia del Vangelo con riverenza, anche se con una libertà drammatica maggiore di quella che alcuni troverebbero accettabile. La classificazione di OSV News è L: pubblico adulto limitato, film il cui contenuto problematico potrebbe disturbare molti adulti.

"La veste" (1953)

Una riverente ma ponderosa storia dell'epoca evangelica, tratta dal romanzo di Lloyd C. Douglas, che racconta di un tribuno romano (Richard Burton) che, giocando d'azzardo, vince la veste di Cristo alla crocifissione, ma poi teme che il potere dell'indumento lo ammali, diventando in seguito un martire cristiano a Roma. Diretta da Henry Koster, la storia fittizia è sincera, ma drammaticamente poco convincente nella trama e nelle interpretazioni, che vanno dalla rigidità alla meschinità da palcoscenico, con la conseguente ispirazione più per lo spettatore che per lo schermo. Violenza stilizzata e velati riferimenti sessuali.

"I dieci comandamenti" (1956)

Non tanto una storia ispirata basata su fonti bibliche quanto un veicolo drammatico con un senso della storia, questa produzione epica del regista Cecil B. DeMille offre spettacolari ricreazioni, eccellenti effetti tecnici e una recitazione impeccabile da parte di un cast eccezionale, tra cui Charlton B. DeMille. L'epica produzione del regista Cecil B. DeMille, non tanto una storia ispirata da fonti bibliche quanto un veicolo drammatico con un senso della storia, offre ricreazioni spettacolari, eccellenti effetti tecnici e una recitazione impeccabile da parte di un cast eccezionale, tra cui Charlton Heston nel ruolo di Mosè, Yul Brynner, Anne Baxter, Edward G. Robinson e molte altre star dell'epoca.

"La passione di Cristo" (2004)

La visione di Mel Gibson sulle ultime ore di Gesù di Nazareth diventa un'esperienza cinematografica intensa e straziante, incentrata sulla sofferenza fisica e spirituale del protagonista (Jim Caviezel). La narrazione, per quanto familiare, viene trasformata dalla crudezza visiva e dall'estremo realismo con cui vengono rappresentate le stazioni della Via Crucis, dove il dolore assume un tono quasi mistico. La messa in scena, la fedeltà all'aramaico e al latino e la potenza emotiva delle immagini rendono questo dramma biblico tanto controverso quanto profondamente toccante.

L'autoreOSV / Omnes

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Evangelizzazione

Santa Liduvina e i martiri siriani, il Beato Pedro González e la Beata Isabel Calduch

Il 14 aprile la liturgia celebra Santa Liduvina (Olanda, 1380), i martiri siriani Bernica, Prosdoca e la loro madre Domnina, vittime della persecuzione di Diocleziano (IV secolo). Il Beato Pedro González di Palencia e la Beata Isabel Calduch, del gruppo di martiri valenciani canonizzati da San Giovanni Paolo II nel 2001.  

Francisco Otamendi-14 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Lunedì 14 aprile la Chiesa celebra la santa olandese Liduvina, paralizzata all'età di 15 anni mentre pattinava, che offrì le sue malattie a Cristo. Si onorano anche tre martiri siriane, le sante Bernica e Prosdoca e la loro madre Domnina, morte ad Antiochia di Siria (oggi Turchia), perseguitate al tempo di Diocleziano. Ai beati Pedro González e Isabel Calduch. E a san Lamberto, prima monaco e abate del monastero di Fontanelle, poi vescovo di Lione in Francia.

Santa Liduina o Liduvina, nata a Paesi Bassi nel 1380, subì un incidente all'età di 15 anni. Egli nota il Martirologio romano che "a Schiedam, nel Gueldres, Paesi Bassi, santa Liduvina o Liduina, vergine. Per la conversione dei peccatori e la liberazione delle anime, offrì per tutta la sua vita malattie del corpo, confidando solo in Cristo Crocifisso (+ 1433). La santa era rinomata per la sua santità e le sue reliquie sono conservate nella cattedrale di San Michele e Santa Maria. Santa Gudula (Bruxelles).

Ripensare la vita

San Pedro González Telmo (Frómista, Palencia, Spagna, 1185), fu educato da uno zio canonico e studiò all'Università di Palencia. Ordinato sacerdote, fu canonico della cattedrale e sembra che amasse l'ostentazione. Ma una caduta da cavallo lo fece riaffermare cambiò radicalmente la sua vita. Rinuncia alle dignità ed entra nell'ordine domenicano, dedicandosi alla predicazione. in Galizia e del Portogallo settentrionale, soprattutto tra i marinai. Morì a Tuy nel 1249.

Persecuzione

Isabel Calduch Rovira (Josefina nel mondo), nata a Castellón nel 1882, è incluso nel gruppo di martiri valenciani beatificata da San Giovanni Paolo II nel 2001. Entrò giovanissima nel monastero delle Clarisse Cappuccine di Castellón. Fu una monaca esemplare. Quando nel 1936 scoppiò la persecuzione religiosa e il suo monastero fu chiuso, partì per il suo villaggio con un fratello sacerdote, anch'egli martire. Fu arrestata nell'aprile del 1937, maltrattata e fucilata vicino al cimitero di Cuevas de Vinromá (Castellón).

L'autoreFrancisco Otamendi

Attualità

Univ 2025: una lettera del Papa e una riflessione sulla cittadinanza

Il tradizionale incontro universitario, promosso da San Josemaría Escrivá, riunirà quest'anno 3.000 giovani di tutto il mondo per vivere la Settimana Santa a Roma.

Maria José Atienza-14 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Nato nel 1968 sotto l'impulso di San Josemaría Escrivá, fondatore dell'Opus Dei, quest'anno riunirà più di 3.000 giovani provenienti da tutto il mondo. Quest'anno, l'incontro universitario dell'UNIV concentra la sua riflessione annuale sul tema "Cittadini del nostro mondo" (sul concetto pratico e applicato di cittadinanza e bene comune).

Il Papa all'UNIV: "quanti motivi per rendere grazie a Dio!".

Oltre al congresso universitario, i giovani vivranno la Settimana Santa e la Pasqua in questo anno giubilare a Roma, vicino a Papa Francesco, che ha inviato una lettera ai partecipanti in cui li incoraggia a "rendere grazie a Dio e continuare a camminare con entusiasmo nella fede, diligenti nella carità e perseveranti nella speranza", visto che quest'anno ricorre il centenario dell'ordinazione sacerdotale del fondatore dell'Opus Dei.

Il pontefice ha voluto anche sottolineare la richiesta che "questo tempo di pellegrinaggio e di incontro fraterno vi spinga a portare a tutti il Vangelo di Gesù Cristo, morto e risorto, come annuncio della speranza che realizza le promesse". 

Durante questi giorni, gli studenti parteciperanno alle cerimonie liturgiche della Settimana Santa e a vari incontri con il prelato dell'Opus Dei, Mons. Fernando Ocáriz.

Il congresso universitario UNIV

Nell'ambito di questo tema di riflessione, i partecipanti avranno la possibilità di partecipare a incontri accademici - come ad esempio il Forum UNIV e Laboratorio UNIVL'evento, che si terrà il 15 e 16 aprile, condividerà suggerimenti, applicazioni e idee su temi quali le virtù e gli esempi necessari per promuovere il bene comune nel nostro mondo, il significato di cittadinanza per i giovani di oggi e come crescere nella società odierna.

A tal fine, i giovani avranno a disposizione un programma che prevede conferenze, colloqui, mostre d'arte, tavole rotonde con relatori quali Luis G. Franceschi, vicesegretario generale del Commonwealth delle Nazioni; Karen Bohlin, direttrice del Practical Wisdom Project presso l'Abigail Adams Institute e ricercatrice presso l'Harvard Human Flourishing Program; Michelle Scobie, professoressa di Relazioni Internazionali e Governance Ambientale Globale presso l'Università delle Indie Occidentali (UWI); Ndidi Edeoghon, avvocato internazionale, fondatrice dell'Iniziativa Ambasciatori per lo Sviluppo Giovanile e la Risoluzione dei Conflitti (Nigeria), tra gli altri.

Non si tratterà solo di riflettere ma anche di agire, in quanto i partecipanti all'UNIV 2025 promuoveranno vari tipi di assistenza (finanziaria, assistenziale, ecc.) per sostenere la Dicastero per il Servizio della Carità del Papa.

Vangelo

Comunione dignitosa. Giovedì Santo (C)

Joseph Evans commenta le letture del Giovedì Santo (C) del 17 aprile 2025.

Giuseppe Evans-14 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

È spaventoso che Giuda riceva Nostro Signore nell'Eucaristia, ma è anche straordinario che Gesù voglia donarsi a lui sapendo quanto indegnamente lo stesse ricevendo. Daremmo un pasto speciale a qualcuno che sapevamo - e Gesù sapeva - che stava per tradirci? Laveremmo i piedi a qualcuno che poi userebbe quegli stessi piedi, pochi minuti dopo, per uscire e guidare i soldati ad arrestarci? Accetteremmo il bacio di qualcuno quando sappiamo che quel bacio è assolutamente falso e infido?

Ma Gesù ha fatto tutto questo per diversi motivi. In primo luogo, per vivere ciò che ci ha insegnato: amare i nostri nemici, fare del bene a coloro che ci perseguitano, offrire loro la nostra guancia anche a costo di prenderli a schiaffi. E poi perché in ogni momento, fino all'ultimo respiro di Giuda, Gesù cercava di chiamarlo alla conversione. Questo è l'amore di Gesù. Ci offre sempre un'altra possibilità.

Non dobbiamo aumentare le ferite di Cristo ricevendolo indegnamente. Sì, Nostro Signore ce lo ha detto: "Non sono i sani ad avere bisogno del medico, ma i malati".. Ed era pronto a mangiare nelle case di coloro che erano considerati peccatori e reietti. Ma lo Spirito Santo ha voluto donarci anche quelle parole di San Paolo: "Così chi mangia il pane e beve il calice del Signore indegnamente è colpevole del corpo e del sangue del Signore". (1 Cor 11, 27). Questa sera celebriamo proprio questo dono, il corpo e il sangue di Cristo. Quale dono più grande avrebbe potuto farci? Non si è limitato a condividere la nostra umanità prendendo un corpo e diventando uomo. Ha voluto entrare nell'umanità di ogni uomo e di ogni donna. Non gli bastava essere in un solo corpo. Ha trovato il modo di essere in ognuno dei nostri corpi ricevendolo nella Comunione. Ecco perché l'evangelizzazione è così importante: perché sempre più persone possano ricevere Gesù nell'Eucaristia e realizzare così il suo desiderio di venire da loro.

Ricevere la Comunione indegnamente, sapendo di essere in peccato grave, è come il bacio di Giuda. Ma quando tradiamo, spettegoliamo e pensiamo male degli altri, è un po' come il bacio di Giuda. Quando sorridiamo alle persone e diciamo quanto siamo belli, mentre pensiamo male di loro o ne parliamo male alle loro spalle, questo è il bacio di Giuda. Invece, possiamo imitare Cristo amando coloro che ci trattano male, tendendo loro la mano, sperando e pregando che cambino, cercando la loro conversione.

Vaticano

Il Papa esce di nuovo la Domenica delle Palme e invita a essere "cirenei".

Papa Francesco è uscito di nuovo questa mattina in Piazza San Pietro. Lo ha fatto al termine della Messa della Domenica delle Palme e al microfono ha detto: "Buona Domenica delle Palme, buona Settimana Santa". Nell'omelia ha invitato a essere "cirenei" e a sostenersi "gli uni con gli altri".    

Francisco Otamendi-13 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La mattina di Domenica delle PalmePapa Francesco è tornato in piazza San Pietro al termine della Messa celebrata dal cardinale Leonardo Sandri, vicedecano del Collegio cardinalizio. Nell'omelia letta dal cardinale, il Papa ci ha incoraggiato a essere cirenei per gli altri. In San Pietro, davanti a circa 25.000 fedeli, il Papa ha detto con un miglioramento nella voce: "Buona Domenica delle Palme, buona Settimana Santa".

Le uscite del Papa da Casa Santa Marta, sua residenza abituale, dove si sta svolgendo il processo di guarigione, sono sempre più frequenti. Ieri, sabato, il Papa si è recato alla Basilica di Santa Maria Maggiore e si è fermato a pregare davanti all'icona della Vergine "Salus Populi Romani". Si tratta della sua 126ª visita a questo santuario mariano di Roma. Oggi il Papa si è divertito a salutare dalla sua sedia a rotelle numerose persone, cardinali, autorità, laici, gruppi di suore, ecc. 

"La Passione di Gesù diventa compassione".

Nel omelia di questa Domenica delle Palme, il Papa ha invitato i fedeli a vivere una Pasqua portando non solo la propria croce, ma anche quella di chi soffre intorno a lui: "La passione di Gesù diventa compassione quando tendiamo la mano a chi non ce la fa più". Il Papa ha evidenziato la figura di "Simone di Cirene - un personaggio che appare inaspettatamente sulla strada del Calvario".

Si tratta di un invito portare non solo la nostra croce, ma anche quella dei nostri vicini e diventare cirenei gli uni per gli altri. "Seguiamo ora le orme di Simone, perché egli ci insegna che Gesù va incontro a tutti, in ogni situazione. [...] La passione di Gesù diventa compassione quando tendiamo la mano a chi non ce la fa più, quando solleviamo chi è caduto, quando abbracciamo chi è in lutto".

Angelus: non cedere alla disperazione

Nel testo dell'Angelus preparato dal Papa, il Pontefice ha detto che "tutti abbiamo un dolore, fisico o morale, e la fede ci aiuta a non cedere alla disperazione, a non chiuderci nell'amarezza", ma ad affrontarlo sentendoci avvolti, come Gesù, nell'abbraccio provvidente e misericordioso del Padre".

"Sorelle e fratelli, vi ringrazio molto per le vostre preghiere. In questo momento di debolezza fisica mi aiutano a sentire ancora di più la vicinanza, la compassione e la tenerezza di Dio. Prego anche per voi e vi chiedo di affidare al Signore, insieme a me, tutti coloro che soffrono. Soprattutto coloro che sono colpiti dalla guerra, dalla povertà o da disastri naturali. In particolare, che Dio accolga nella sua pace le vittime del crollo di un edificio a Santo Domingo e sostenga le loro famiglie.

Preghiera per la pace

Infine, il Papa ha ricordato che "il 15 aprile sarà il secondo triste anniversario dell'inizio del conflitto in Sudan, con migliaia di morti e milioni di famiglie costrette a fuggire dalle loro case". E ha citato nuovamente i luoghi abituali di guerra e di conflitto per pregare per loro. "Ucraina, Palestina, Israele, Repubblica Democratica del Congo, Myanmar, Sud Sudan. Maria, Madre, Nostra Signora dei Dolori, ci conceda questa grazia e ci aiuti a vivere con fede la Settimana Santa".

È possibile consultare qui il programma delle celebrazioni pasquali 2025 in Vaticano.

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

La conversione della Spagna al cristianesimo

La conversione dei Visigoti in Spagna fu provocata indirettamente dal re Leovigild, che cercò di realizzare l'unità nazionale e religiosa attorno a Toledo e alla religione ariana.

José Carlos Martín de la Hoz-13 aprile 2025-Tempo di lettura: 6 minuti

Toledo è stata la sede primigenia della Spagna dal tempo della Chiesa visigota fino ai giorni nostri, cioè dal precursore, la conversione di Sant'Ermengarda martire e, di conseguenza, con l'incoronazione di Recaredo, suo successore, come primo re cattolico in Hispania.

Nelle opere di Crhistopher Dawson e José Orlandis, i grandi medievisti europei del XX secolo, è stato sufficientemente stabilito che la conversione al cristianesimo delle nuove nazioni, dopo le invasioni barbariche, avrebbe seguito la conversione al cristianesimo dei rispettivi monarchi. Una volta incorporato il capo nella Chiesa, era naturale che i suoi nobili e il popolo lo seguissero.

In sostanza, si trattava di riprodurre il sistema della conversione di Costantino nel 313, quando la Chiesa non era più perseguitata e aveva ottenuto uno statuto e poteva tornare a lavorare e servire le anime in modo normale e naturale.

Evidentemente, in entrambi i casi, la Chiesa rischiava di essere manipolata dallo Stato e dominata dal cesaropapismo e dall'applicazione del potere civile alla vita della Chiesa. Ancora una volta, lo Spirito Santo ha protetto in molti momenti quella Chiesa nascente o che aveva ritrovato la capacità di servire tutte le anime.

Evangelizzazione lenta

Logicamente, la storia ha dimostrato che la nuova evangelizzazione di quelle terre e valli fu molto lenta, poiché i nobili visigoti non agivano all'unisono, come quelli di altre nazioni, e ogni volta che un re moriva, si riproponeva il problema della successione finché il nuovo re non veniva accettato dai nobili del regno.

Allo stesso modo, la Chiesa ariana non cedette facilmente la sua influenza su re e nobili, e si può quasi dire che le conversioni avvennero provincia per provincia e valle per valle. In effetti, la rapida diffusione dell'Islam nella penisola iberica fu senza dubbio dovuta al fatto che in molti luoghi gli abitanti preferirono il giogo dell'Islam, che non credeva nella divinità di Gesù Cristo con tutto ciò che questo comportava, alla conversione al cristianesimo e alla dipendenza dai nuovi signori.

La conversione del popolo visigoto fu portata avanti indirettamente dal re Leovigild (573-586), che cercò di realizzare l'unità nazionale e religiosa attorno a Toledo e alla religione ariana, con questi due obiettivi, al fine di trasformare l'Hispania in una nazione forte e culturalmente potente.

Dal VI secolo fino alla fine del XX secolo, il centro intellettuale della penisola iberica divenne il nucleo religioso e culturale della Spagna, da dove Leovigild (573-586) avrebbe poi cercato di consolidare la nuova unità nazionale.

I nobili cattolici di Spagna

Leovigild scoprì che per realizzare la fusione di popoli così diversi e variegati in un territorio così vasto, doveva affidarsi ai nobili cattolici, che in genere erano più vivaci e colti degli ariani.

Le fonti utilizzano questi dati per dimostrare che in realtà il dominio dei Visigoti in molte parti dell'Hispania fu politico e con la forza delle armi, poiché il potere culturale e religioso era molto maggiore tra i discendenti dei Romani sopravvissuti all'invasione. Un'ulteriore prova del fatto che i Visigoti, lungi dal distruggere la civiltà precedente, erano stati sconfitti, soggiogati e plasmati da quella civiltà che li aveva tanto abbagliati e che non erano riusciti ad annientare.

Il re Leovigild era un ariano convinto e cercò di convincere i nobili cristiani, attraverso patti e alleanze, a convertirsi all'arianesimo insieme al clero e al popolo cristiano. D'altra parte, egli si rese subito conto di essere circondato dai Franchi, dai Suevi e dai Bizantini nel sud della penisola, tutti cattolici e nemici degli ariani invasori.

Trovando una totale opposizione ai suoi piani nei villaggi vicini e all'interno del suo, cercò di ottenere questo risultato attraverso minacce e violente persecuzioni che, come vedremo in seguito, infiammarono i cristiani in difesa delle loro tradizioni.

Sant'Ermengarda, martire

All'opposizione dei nobili cristiani si aggiunse quella dei vescovi, in particolare di Masona, il vescovo metropolita di Merida, in una regione profondamente cristiana dell'Hispania, con tradizioni molto antiche e la venerazione di martiri e santi come Sant'Eulalia. A lui si unì anche San Leandro, arcivescovo di Siviglia, un'altra delle grandi chiese di epoca romana.

Masona, particolarmente amato dal popolo cristiano, fu bandito nel nord dell'Hispania a causa degli intrighi dei vescovi ariani, mentre San Leandro riuscì a farsi forza a Siviglia e a resistere. Non dimentichiamo che proveniva da una famiglia bizantina stabilitasi a Cartagena, da dove si era trasferito a Siviglia. Nel 578 fu nominato arcivescovo della città e nel giro di pochi anni prese in mano la sede arcivescovile. Riuscì a riunire intorno a sé tutte le autorità, grazie al suo prestigio culturale, economico, artistico ed educativo.

San Leandro si collegò a Siviglia con Ermenegild, figlio di Leovigild, al quale il padre affidò il governo della Baetica. I tentativi di Leovigild di far neutralizzare al figlio Ermengild (564-585) l'operato dell'arcivescovo vennero stravolti, poiché sia Ermengild che sua moglie Ingunda (+579), cattolica e appartenente alla nobiltà franca, iniziarono a sostenere le idee dell'arcivescovo e si impegnarono a fondo per diffonderle in tutta la provincia. Infine, il 16 aprile Ermengild fu battezzato e divenne cristiano.

Il problema è che Ermengarda, probabilmente fuorviata dai suoi consiglieri, prese le armi contro il padre con l'aiuto di alcuni cattolici, dei Suevi del nord recentemente convertiti e dei Bizantini che occupavano la provincia cartaginese. Poco dopo fu sconfitto e catturato dal padre, che cercò di costringerlo ad apostatare dalla fede.

Divergenza di opinioni

Le cronache dell'epoca non coincidono nelle loro opinioni. Ad esempio, il monaco Giovanni di Biclare, detto anche il Biclarano, parla di "ribellione e tirannia". Sant'Isidoro ha parole di elogio per Leovigild per aver sottomesso il figlio, "che tiranneggiava l'Impero"; ed entrambi lamentano i grandi mali che la guerra comportò sia per i Goti che per gli Ispano-Romani.

Il fatto è che Ermengarda fu fatto prigioniero. Fu portato prima a Valencia e poi a Tarragona, dove nel 585 fu giustiziato per aver rifiutato la comunione per mano di un vescovo ariano. Il suo martirio eliminò senza dubbio ogni possibile colpa e ben presto il popolo iniziò a venerare la sua memoria. Il suo culto fu poi confermato dai Romani Pontefici e fu canonizzato il 15 aprile 1585, mille anni dopo il suo martirio. La sua festa si celebra il 13 aprile.

Forse il rimorso, l'eroico gesto di resistenza o l'evidente fallimento della sua politica di unificazione portarono il re visigoto Leovigild a una migliore comprensione nei suoi ultimi giorni. Secondo la "Cronaca" di Massimo di Saragozza, Leovigild avrebbe abbracciato il cattolicesimo prima di morire e avrebbe raccomandato a San Leandro di adoperarsi per la precoce conversione dell'altro figlio e successore, Recaredo. Ma né sant'Isidoro né il Biclarense ne parlano, e la "Vita dei Padri di Emerito" continua a dire che morì nell'arianesimo.

Recaredo, primo re cattolico di Spagna

Il regno di Recaredo viene descritto dalle cronache dell'epoca come un periodo di pace e di unità per il popolo visigoto, perché con la sua conversione al cristianesimo e la sua nomina a re, la monarchia cristiana dell'Hispania si sarebbe unita a quelle della Francia e di altre nazioni per aprire l'Europa delle nazionalità che avrebbe portato alla cristianità medievale, come sarà conosciuta a partire dall'"era isidoriana".

Senza dubbio i sostenitori dell'unione di "trono e altare", che avrebbe portato tante sofferenze alla Chiesa nel corso dei secoli, hanno visto in questo momento il loro momento fondante. Sappiamo che l'unione non era completa, logicamente perché lo Stato e la Chiesa hanno sfere distinte e mezzi di governo completamente diversi.

D'altra parte, la cristianizzazione della Spagna e l'unità religiosa non furono mai complete e tanto meno lo furono in quel periodo, dato che gli ariani, riluttanti a convertirsi, comunicavano con gli Musulmani che negano anche la divinità di Gesù Cristo.

Nel 587, Recaredo riunì i vescovi ariani e propose semplicemente la conversione. Il fatto è che alcuni lo fecero e gli altri non furono banditi, ma privati del sostegno statale. Infatti, i magri mezzi materiali a disposizione del re furono dati per sviluppare e costruire templi cattolici nei luoghi in cui il vescovo rifiutava di convertirsi. Questo portò ad alcune rivolte, più per motivi politici che religiosi.

Consiglio di Sant'Isidoro

Quando Papa San Gregorio Magno venne a conoscenza della conversione di Recaredo, come altri monarchi in casi simili, gli inviò una preziosa lettera: "Non sono in grado di esprimere a parole quanto mi rallegro della tua vita e delle tue opere. Ho sentito parlare del miracolo della conversione di tutti i Goti dall'eresia ariana alla vera fede, compiuta grazie a vostra eccellenza. Chi non loderà Dio e non vi amerà per questo? Non mi stanco mai di raccontare ai miei fedeli ciò che avete fatto e di ammirarmi con loro. Che cosa dirò nel giorno del giudizio se arriverò a mani vuote, quando voi porterete dietro di voi una folla immensa di fedeli, convertiti dalla vostra sollecitudine? Non smetto di rendere grazie e gloria a Dio, perché partecipo alla vostra opera, gioendone".

Il Biclarense traccia un parallelo tra il re dei Visigoti, Recaredo, e gli imperatori romani Costantino e Marciano: come loro, egli non solo si converte, ma porta con sé la conversione dei popoli della sua stessa stirpe germanica.

Il consiglio di sant'Isidoro era soprattutto quello di non forzare le conversioni dei vescovi, dei sacerdoti e del popolo ariano, ma di vivere la propria fede e sperare che, con la pienezza della rivelazione e la felicità che ne seguiva, molti altri si sarebbero convertiti.

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Ecologia integrale

María García-Nieto: "La prassi di governo della Chiesa deve iniziare a includere le donne".

María García-Nieto è docente presso la Facoltà di Diritto canonico dell'Università di Navarra e vicedirettrice del Master di formazione continua in Diritto matrimoniale e procedura canonica. In questa intervista, sottolinea la necessità di comprendere il significato di un'istituzione gerarchica come la Chiesa e il ruolo dei laici nel suo governo.

Maria José Atienza-13 aprile 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Negli ultimi anni, la presenza di donne in posizioni di responsabilità all'interno della Chiesa è diventata normale. Sebbene nella struttura della Santa Sede la presenza femminile superi a malapena il 23 % nelle posizioni di governo, questa percentuale aumenta notevolmente a livello diocesano. Una prassi necessaria affinché, nei limiti della propria natura, la Chiesa risponda, nelle sue istituzioni e nelle sue posizioni di governo, alla realtà dell'azione femminile oggi. 

Nel suo libro, lei indica eventi storici che hanno consolidato i problemi di autonomia delle donne nella Chiesa: sono ancora presenti nella Chiesa?

-Beh, non solo in negativo. Nella storia della Chiesa ci sono state donne - soprattutto nel Medioevo - che hanno goduto di un enorme potere. Penso ora alla badessa del monastero di Las Huelgas (Burgos), una figura dal potere quasi vescovile. Il Papa stesso sosteneva la sua autonomia nei confronti dei vescovi e dei nunzi. È anche vero che abbiamo l'esempio opposto. 

Nel campo della vita contemplativa oggi abbiamo il problema dell'età, un problema che abbiamo da molto tempo. Ci sono monasteri con un numero molto ridotto di monache e di età avanzata, che devono affrontare sfide enormi in termini di salute, solitudine, sfide economiche. 

Papa Francesco ha visto la soluzione nelle confederazioni di monasteri, nell'unirli. Questo è stato denunciato da alcuni come un'ingerenza dell'autorità e da altri come l'esatto contrario. È vero che per una monaca anziana lasciare il monastero in cui desidera morire ha toni drammatici. Allo stesso tempo, non possono essere lasciate sole... Forse è un problema quasi simile a quello che molte famiglie incontrano con i loro anziani. È facile dirlo, ma non è una questione facilmente risolvibile. 

Negli ultimi decenni il mondo ha assistito a un processo di cambiamento del ruolo della donna e sono venuti alla ribalta termini come empowerment o liberazione. Sono applicabili nella Chiesa? 

-Questi termini sono molto usati: empowerment, liberazione, emancipazione. Ma il loro significato ha molte connotazioni e non tutti li intendono allo stesso modo. Le ideologie, così caratteristiche del nostro tempo, hanno avuto un enorme impatto su queste parole, cambiandone o trasformandone il significato. 

D'altra parte, credo sia notevole che le donne di oggi abbiano un posto nella società molto diverso da quello che avevano le nostre nonne. Molte donne hanno dovuto lavorare e rischiare molto per realizzare questo cambiamento, e dobbiamo esserne grati. Ma, allo stesso tempo, anche se portare avanti un cambiamento sociale può richiedere, all'inizio, una certa dose di forza, credo che sia un errore vedere la "liberazione delle donne" in termini di violenza o competizione con gli uomini. 

Il mondo ha bisogno di pace, anche in questo settore. Il cristianesimo, in particolare, è una religione di pace. Per questo non credo sia giusto che alcuni gruppi generino violenza o disunione nella Chiesa con il pretesto di una maggiore valorizzazione delle donne. Dobbiamo continuare a lavorare, naturalmente, ma nell'armonia e nella pace cristiana. 

In che modo il diritto canonico sostiene non solo la possibilità ma anche la necessità della partecipazione delle donne al governo della Chiesa?

-In realtà, il Diritto Canonico non dice nulla sulla necessità di avere donne al governo. È piuttosto la prassi di governo che deve iniziare a includerle. Ciò richiede che l'autorità ecclesiastica scopra il grande valore del contributo delle donne nel processo decisionale. 

In materia giuridica, il limite delle donne nel governo della Chiesa è quello di qualsiasi laico. C'è ancora clericalismo in questo settore del governo della Chiesa? 

-Alcuni anni fa Papa Francesco ha cambiato il requisito del Codice di Diritto Canonico di essere maschio per ricevere i ministeri laici di accolito e lettore. Con questo cambiamento si può dire che, nella legislazione universale della Chiesa, non c'è differenza tra un laico maschio e uno femmina.

Lei parla di un processo di approfondimento dell'antropologia e di uno sviluppo dell'antropologia nell'uguaglianza e nella corresponsabilità. C'è il rischio di perdere questa base a favore di un "diritto ad avere diritti" come esiste a livello civile?

-A volte sembra che ci siano persone che privilegiano il controllo delle cose rispetto alla giustizia e alla verità. Tuttavia, anche se può sembrare un rischio, è l'unica via. Nella società civile occidentale, il problema non è l'uguaglianza o la giustizia, ma la negazione della verità. È una questione che si riflette bene nell'ultimo documento del Dicastero per la Dottrina della Fede, Dignitas infinita. 

Non dobbiamo dimenticare che abbiamo a che fare con un'istituzione gerarchica. Fino a che punto si estende il potere del sacramento dell'Ordine e dove si apre il campo dei laici? 

-L'organizzazione gerarchica è propria della Chiesa, che non può rinunciarvi senza perdere la sua identità. I sacerdoti sono necessari in essa, ma lo sono anche i laici. E allo stesso tempo, non è il lavoro che facciamo a darci dignità, ma il fatto di essere figli di Dio, e questa è la base dell'uguaglianza di tutti i fedeli. Dovremmo essere più consapevoli del fatto che nella Chiesa non ci sono fedeli di prima o seconda classe, abbiamo tutti lo stesso status. Inoltre, il lavoro del sacerdote ha bisogno del lavoro dei laici e viceversa. Non si tratta di sfere isolate o contrapposte, ma complementari.

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Nostalgia (ispiratrice)

Ci affezioniamo ai nostri peluche perché sono la nostra infanzia, sono noi che torniamo bambini. Sbarazzarsi di loro sarebbe come sbarazzarsi di qualcosa che è noi stessi, e questo è difficile.

13 aprile 2025-Tempo di lettura: 7 minuti

La nonna, che era una donna molto ordinata, aveva conservato tutti i giocattoli in una stanza adiacente al garage con una tenda rossa. Un giorno, uno dei tanti in cui andavo a trovarla con i bambini, aprì alcune scatole piene di giocattoli impolverati, come se avesse rivelato un segreto ben custodito. Nonostante fossero passati più di quarant'anni, quei giocattoli erano dentro la scatola di cartone, intatti, in attesa che un bambino inventasse di nuovo delle storie con loro. Bastava soffiare forte e la polvere si sarebbe tolta e la magia sarebbe cominciata.

Molti di questi giocattoli erano vecchi, superati e fuori moda, ma erano una dimostrazione del valore del gioco che aveva inculcato ai suoi figli. I bambini, si sa, non amano chi regala loro i giocattoli, ma chi gioca con loro. 

Chi, se trova un peluche dimenticato su una panchina del parco o sul marciapiede di una strada, non si dispiace per il bambino che lo sta perdendo proprio in quel momento? E chi, se può, non mette un cartello su un lampione con l'immagine del peluche in modo che il proprietario lo recuperi?

Ricordi d'infanzia

I giocattoli di peluche nel infanzia sono una forma tangibile di amore e affetto, una medicina per l'anima. Sono un ricordo costante delle persone speciali della nostra vita. Provare affetto ci fa sentire bene e si manifesta con gesti, abbracci o parole. Quando si prova affetto non ci si sente giudicati, non si deve fingere e non si deve fingere. Il peluche capisce il bambino, non lo giudica (questo è ciò che il bambino percepisce), anzi, il suo sguardo è dolce. In fondo, è questo che vogliamo da bambini, l'affetto. Dio ci dà affetto ("Il Signore è affettuoso con tutte le sue creature", dice il salmo).

Ho un ricordo della mia infanzia, una stanza molto piccola con poca luce e un peluche a forma di giraffa che era più alto di me. Il fratello di mia nonna aveva un negozio di giocattoli e, una volta arrivato, me lo regalò. Quel dono spontaneo e sincero è un filo che forma l'ordito del mio cuore.

Non mi sono stati regalati molti altri animali di peluche - che ricordo con tanta intensità - tranne un elefante di stoffa che mia madre fece per me, che aveva un bottone nero come occhio. Quell'elefante a strisce bianche e blu si trova ancora su una sedia nella mia stanza nella casa dei miei genitori in paese. Sono tornata alla mia infanzia anche da adulta, quando ho comprato di nuovo animali di peluche o li ho ricevuti in regalo per i miei figli. Avere figli è stata per me una carica di energia vitale. Ho partorito tre volte, tutte fuori dal mio Paese e da sola, ma questo sarebbe l'argomento di un altro articolo.

La prima volta che sono uscita a bere qualcosa con mio marito dopo il parto a Singapore, sono tornata a casa con un coniglio di peluche marrone con un fiocco verde. L'idea era di uscire e cambiare aria (quello che oggi è il tardeo), ma nella mia testa e nel mio cuore c'era il bambino e sono finita in un negozio di giocattoli dove l'ho comprato. Lo abbiamo ancora, quasi diciotto anni dopo. Non posso dare quel coniglio a nessuno.

I bambini crescono e anche noi

Sono riluttante a regalare o abbandonare i peluche dei miei figli perché, intorno ai quarantacinque anni, ero completamente immersa in tre infanzie, quelle dei miei figli. E, responsabile come sono, ho fatto in modo che avessero un'infanzia molto felice. Per avere un'influenza benefica sui bambini, bisogna condividere le loro gioie. Ora, uscendo da quella fase, mi rendo conto che ero io a volere indietro la mia infanzia. Quei peluche sono miei e forse, da vecchia, senza molta memoria, posso guardarli come un nuovo oggetto che mi porterà gioia. E potrò giocare di nuovo.

A casa mia, ogni peluche ha il suo nome, sono compagni rassicuranti, hanno facilitato lo sviluppo emotivo e stimolato la loro creatività e con loro abbiamo creato un legame molto speciale.

I bambini stanno crescendo, ma i peluche sono ancora lì e il legame è ancora forte. Penso, ad esempio, che Michele porterà con sé Kiko quando diventerà indipendente. Come potrei dimenticare o regalare a qualcuno l'anatra di peluche a cui si è staccata una zampa e che una mia amica ha aggiustato con ago e filo, ricucendo il buco, ma non aggiungendo un nuovo arto, così a quell'anatra manca simpaticamente una zampa. Oppure quell'altro coniglio marrone chiaro a cui mia madre ha cucito la zampa rotta, ma inavvertitamente l'ha cucita al contrario. È il coniglio con la zampa rovesciata.

Non posso non citare la foca bianca e il cane bianco e cannella che un'amica mi ha regalato per i miei figli, o un bellissimo cervo che ti guarda con occhi scintillanti. In totale, nella nostra casa vivono non più di otto animali di peluche, di ognuno dei quali posso raccontare la storia (chi ce lo ha regalato, quando e perché) e, poiché sono certa che di notte hanno una vita propria, ci conoscono, perché ci osservano con attenzione e non desiderano altro che essere accarezzati e toccati.

I bambini che eravamo

Ci affezioniamo a questi esseri di stoffa perché sono la nostra infanzia, sono noi che torniamo bambini. Lasciarli andare sarebbe come lasciar andare qualcosa che è noi stessi, e questo è difficile. Il bambino che siamo stati viaggia con noi e, anche se è bene che il mondo ci espella dall'infanzia, questo non ci impedisce di conservare i valori che abbiamo nell'infanzia: la purezza, la capacità di stupirsi, la curiosità, l'immaginazione o il modo puro di guardare. 

Quando i miei figli diventano più grandi, la mia opzione non è quella di conservarli, ma di regalarli ad altri bambini. Proprio ieri ho regalato due biciclette in buone condizioni, una scatola di scarpe piena di carrozzine e una macchina guidata da una bambola. Tuttavia, con gli orsacchiotti una mano invisibile mi ferma, sono parte di me e hanno qualcosa di me che sono riluttante a dare, hanno un simbolismo speciale, in quanto rappresentano la tenerezza e l'affetto che la persona che li dona prova per l'altra persona. Morbidi e piacevoli al tatto, trasmettono una sensazione di comfort e sicurezza. Li lavo spesso, perché voglio che abbiano un buon profumo.

I bambini si affezionano a coperte e peluche perché danno loro un senso di sicurezza, benessere e conforto interiore. Da un punto di vista psicologico, i peluche sono oggetti transazionali per i bambini: li usiamo per esprimere cose che altrimenti non diremmo, li proviamo per tutta la vita. Li usano per imparare a relazionarsi con il mondo. Con il peluche si crea un legame molto speciale, chiamato affetto. Con il tempo questo sentimento si trasforma in nostalgia per un tempo felice che è passato.

Crescere e guarire

Le infermiere usano spesso gli orsacchiotti come strategia di assistenza sanitaria per i bambini ricoverati, soprattutto per preparare quelli che stanno per subire un intervento chirurgico o altre procedure dolorose o spiacevoli. Gli orsacchiotti motivano i bambini a stare meglio. Un bambino ricoverato in ospedale che riesce a giocare è sinonimo di successo del trattamento o di ritorno alla salute. Quando i bambini giocano, riescono a superare la sensazione di essere in ospedale, il che aiuta a ridurre l'intensità dei sentimenti negativi legati alla loro esperienza. Ciò consente agli operatori sanitari di coltivare lo stato d'animo positivo di cui i piccoli pazienti hanno bisogno per guarire.

I bambini hanno bisogno di nutrimento per crescere, ma è soprattutto di amore che hanno bisogno. Quando un peluche vi ha aiutato a superare una malattia difficile, è difficile liberarsene. E mi piace pensare che nemmeno il peluche possa liberarsi di voi.

"In nessun momento è bello essere espulsi dall'infanzia e la morte di mia madre è stata la mia espulsione, la prima perdita di un grande amore. Quanti ne hai nella vita, due, tre? Beh, io ne ho già perso uno. La cruda descrizione di Milena Tusquets della perdita, degli schiaffi che la vita può dare. L'infanzia, se è stata bella, rimane come quel luogo sicuro in cui vorremmo stabilirci anche da grandi. Quel periodo in cui si è molto felici senza rendersene conto, senza dargli importanza. È il momento in cui avere un peluche ti incoraggia e ti aiuta a crescere. Arriva il giorno in cui guardate quel peluche e non vi parla più, non perché abbia perso la voce, ma perché voi siete cambiati.

Rifiuto di crescere

A volte vediamo un peluche sporco, vecchio e disordinato nelle mani di un bambino. In questi casi c'è forse un rapporto troppo stretto. Il bambino non può separarsi dal peluche perché vede in esso tutto ciò che non ha ricevuto. Aloysius era il peluche di Sebastian Flyte, un personaggio del romanzo "Il bambino".Ritorno a Brideshead"di Evelyn Waugh nel 1945. Un romanzo inglese che, quando l'ho letto, avevo poco più di vent'anni e che ha avuto un enorme impatto su di me. Di tutti i personaggi del romanzo, è Sebastian Flyte quello che mi ha affascinato di più. Un grande orso bruno che non riesce a lasciarsi andare, questo strano attaccamento rappresenta il rifiuto di crescere. Una crescita in cui Sebastian intravede tutte le sue mancanze nell'affrontare la vita che non è in grado di affrontare. È un giovane che si apre alla vita e che sente intorno a sé molto controllo e ipocrisia.

Sebastian si muove in un ambiente aristocratico, pieno di ricchezze materiali ma privo di empatia e amore. L'orso rappresenta la sua infanzia, quel paradiso in cui è stato ignaro del male che lo circondava. E scopre un amico, sente qualcosa di autentico con Charles. Invita l'amico a cena perché il suo orsacchiotto si rifiuta di parlargli finché non è stato perdonato. L'amico con queste frasi legge nella sua anima ciò che l'orsacchiotto rappresenta per lui. 

La cosa bella è crescere, assumersi le proprie responsabilità e conservare l'infanzia nel cuore, sapendo che questa fase è passata. Da quel punto, si guarda all'orsacchiotto con affetto e nostalgia, che è un sentimento positivo che aiuta a rafforzare il senso di identità, e più ispirato. Un amico di una certa età mi ha inviato l'altro giorno la foto di una bambola di gomma che usava sua madre. Mi sono detto... questo ragazzo non è uno stupido, se lo aiuta a conservare quell'oggetto, deve essere perché la nostalgia lo aiuta a vivere.

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Evangelizzazione

I santi Giuseppe Moscati, medico, David Uribe, messicano, e Giulio I, Papa

Il 12 aprile la liturgia cattolica celebra, tra gli altri santi e beati, il medico laico italiano San Giuseppe Moscati, San Giulio I, Papa, difensore della fede, e il sacerdote messicano martirizzato San David Uribe.  

Francisco Otamendi-12 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 12 aprile, alla vigilia della Domenica delle Palme, la Chiesa onora il San Giuseppe MoscatiMedico laico italiano di Napoli. Anche a Giulio I, Papa, custode della fede del Concilio di Nicea e difensore di Sant'Atanasio. E al martire messicano San David Uribe, accusato ingiustamente e poi fucilato in Messico nel 1927. Alla giovane monaca carmelitana scalza Santa Teresa di Gesù delle Ande (1900-1920), il primo santo cileno, si festeggia il 13 luglio.

Giuseppe Moscati era un medico laico che, nella Napoli di fine Ottocento e inizio Novecento, si occupava di tutti i malati, soprattutto dei più poveri. Morto di infarto nel 1927, fu canonizzato da San Giovanni Paolo II 60 anni dopo. Si occupò gratuitamente di bambini e anziani privi di risorse. Inoltre, due episodi della sua vita sono menzionati in modo speciale. 

Il primo è il suo intenso lavoro durante l'eruzione del Vesuvio del 1906. Si precipitò a Torre del Greco, dove aveva sede l'Ospedale degli Incurabili. E proprio dopo aver portato in salvo l'ultimo paziente, la struttura crollò. Nel 1911 si diffuse a Napoli un'epidemia di colera. Giuseppe si mise al fianco dei malati senza temere il contagio. Fu anche in prima linea nella ricerca che contribuì a contenere la malattia.

San Giulio I, difensore della fede

Il Martirologio Romano descrive Così a Papa Giulio I: "A Roma, nel cimitero di Calepodio, sulla terza pietra miliare della via Aurelia, la tomba di Papa Giulio I, che, di fronte agli attacchi degli ariani, custodì coraggiosamente la fede del Concilio di Nicea, difese Sant'Atanasio, perseguitato ed esiliato, e convocò il Concilio di Sardica. († 352)".

L'agenzia vaticana lo chiama "campione dell'ortodossia romana e difensore della dottrina trinitaria". "Durante il suo pontificato, San Giulio I combatté contro gli ariani, cercando più volte un riavvicinamento con loro, prima attraverso il Concilio di Roma e poi a Sardica, ma senza successo. Morì nel 352.

San David Uribe, sacerdote martire

San David Uribe è nato in Messico nel 1888. Entrato nel seminario di Chilapa, è stato ordinato sacerdote nel 1913. Ha prestato servizio come segretario del vescovo di Tabasco e poi si è dedicato all'attività di ministero parrocchiale nel mezzo della persecuzione scatenata contro la Chiesa. Si diede alla clandestinità, ma fu arrestato e accusato ingiustamente. Gli fu offerta la libertà e gli fu proposto di diventare vescovo della Chiesa scismatica ufficiale, ma non accettò. rifiutato con una condanna clamorosa. Fu fucilato nel 1927 a Cuernavaca.

L'autoreFrancisco Otamendi

FirmeDiego Errázuriz Krämer

Ritorno alla fiducia

Dal momento in cui entriamo nel mondo, la fiducia è il nostro primo linguaggio. Tuttavia, nel corso della vita, impariamo anche a temere, a essere sospettosi. Questo articolo ci invita a ripercorrere questo cammino e a riscoprire il valore della fiducia come base essenziale per ricostruire i legami e guarire la nostra vita in società.

12 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Siamo nati fiduciosi. Questa disponibilità a mettersi nelle mani degli altri viene naturale. I genitori, nel tempo, hanno il compito di insegnare ai figli che non ci si può fidare di tutti, che ci sono dei rischi e che è meglio essere preparati ad affrontarli. Questa esperienza della prima infanziaL'impatto di una gravidanza, vissuto a partire dalla gestazione, spesso dura tutta la vita.

Oggi si parla molto della crisi di fiducia. Le persone non si fidano dei loro vicini, dei politici e delle istituzioni. Forse i pensatori del sospetto hanno fatto alla nostra società quello che si racconta di un padre che, per dare una lezione al figlio, gli chiese di salire su una sedia e di lasciarsi cadere all'indietro, che lo avrebbe sorretto. La lezione fu tanto chiara quanto dura; il padre non lo trattenne e dopo la botta gli disse: "affinché impariate che non ci si può fidare di nessuno".

Per tornare ad avere fiducia, dobbiamo svelare questo inganno, cioè che non è vero che è bene vivere nella sfiducia. Per non trasformare questa situazione in un circolo vizioso, dobbiamo rivalutare l'interdipendenza umana.

Ricostruire i legami significa ricostruire la fiducia. Dobbiamo educare il nostro sguardo a non vedere secondi fini dove non ce ne sono, a scoprire negli altri qualcuno con cui condividiamo lo stesso percorso e ad abbassare le barriere per dimostrare che abbiamo bisogno degli altri.

La fiducia è l'ossigeno della vita sociale. Oggi è imperativo lavorare per rigenerarla. Oltre a impegnarci a essere degni di fiducia, dobbiamo abbassare le barriere che ci rendono diffidenti. Forse è arrivato il momento di scoprire che se siamo quel bambino che ha ricevuto una lezione di sfiducia, è possibile rialzarsi, ricostruire i legami, non perpetuare quelle situazioni e fidarsi di nuovo.

L'autoreDiego Errázuriz Krämer

Consulente per la comunicazione.

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Cinema

Il simbolismo cristiano nel film premio Oscar "Flow".

Il film d'animazione "Flow", vincitore di un premio Oscar, contiene una grande quantità di simbolismo cristiano, che viene discusso in questo articolo. Il lettore è avvertito che l'analisi contiene alcuni spoiler.

Bryan Lawrence Gonsalves-12 aprile 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

"Flow" di Gints Zilbalodis non è il tipo di film che richiede attenzione con lo spettacolo o il suono. Non si affida a grandi ondate orchestrali o a dialoghi incalzanti per catturare il pubblico. Si muove invece come una favola sussurrata, una storia raccontata con gesti e sguardi piuttosto che con parole. Eppure rimane, anche dopo che lo schermo è diventato nero, e lascia la sensazione di aver assistito a qualcosa di sacro.

Guardando "Flow" in un teatro lituano con la mia ragazza e alcuni amici, non ho potuto fare a meno di riflettere sui suoi temi più profondi. Il film, che ha recentemente ricevuto l'Oscar per il miglior film d'animazione, è stato celebrato nei Paesi baltici come un grande risultato artistico. Ma al di là della sua maestria tecnica, "Flow" pulsa di qualcos'altro, una spiritualità elementare che sembra antica quanto il mito stesso.

"Flow" è un viaggio elementare: acqua, vento, terra e le creature che vi sono intrappolate, trascinate da forze che non possono controllare. Al centro c'è un gatto senza nome, osservatore trasformato in partecipante di un mondo che sembra svanire sotto la marea.

Senza dialoghi o esposizioni, "Flow" si basa sul movimento, sugli sguardi e sui legami non detti che si formano tra i personaggi. Il gatto inizia da solo, uno straccione che naviga in un paesaggio in cui il pericolo si presenta sotto forma di onde, calamità, inondazioni e la silenziosa entropia di un mondo in disfacimento. Il peso emotivo del film aumenta gradualmente man mano che il gatto raccoglie compagni: un labrador, un capibara, un lemure e, soprattutto, un uccello segretario bianco la cui presenza suggerisce qualcosa di più profondo del semplice cameratismo.

Bellezza meditativa

All'inizio, il silenzio di "Flow" può essere inquietante. Non ci sono personaggi umani o parole a guidare la narrazione. Ci sono solo animali che si muovono, interagiscono, sopravvivono in un mondo che è allo stesso tempo familiare e strano. Man mano che la storia si sviluppa, però, l'assenza di dialogo diventa la sua più grande virtù. Abbai, starnazzi e fruscii di foglie riempiono gli spazi dove altrimenti vivrebbero le parole. Ogni suono sembra intenzionale, ogni movimento deliberato. È come se il film insegnasse un nuovo modo di ascoltare, di vedere, di sperimentare. Per chi è disposto ad abbandonarsi al suo ritmo, Flow offre un profondo senso di connessione, non solo con le creature sullo schermo, ma con il mondo naturale nel suo complesso.

Mi ha dato l'impressione di una sorta di qualità meditativa. Un richiamo alla quiete, dove la voce di Dio può essere ascoltata più chiaramente (Salmo 8). Nella quiete del "flusso", c'è spazio per la riflessione, per la meraviglia, per un profondo apprezzamento dell'opera del Creatore. Vedere il bellezza La presenza della natura nel film mi ha fatto subito pensare alla grandezza di Dio, al modo in cui fa funzionare insieme tutti gli elementi del mondo.

La figura del Messia: l'uccello come simbolo di Cristo

L'arco dell'uccello segretario bianco si distingue come il simbolo più apertamente spirituale del film. Fin dalla sua prima apparizione, l'uccello agisce come protettore, salvando il gatto dall'annegamento prendendolo e rilasciandolo delicatamente nell'acqua e, successivamente, offrendogli del cibo in un atto di carità. Tuttavia, la gentilezza ha un costo. Quando lo stormo dell'uccello vede la sua compassione, lo rifiuta. Imperterrito, continua a difendere il gatto, anche quando ciò significa affrontare la sua stessa specie in battaglia. Combatte per ottenere pietà e perde. Ferito e abbandonato, viene scacciato da coloro a cui un tempo apparteneva. L'uccello segretario è quindi una figura sacrificale, punita per la sua gentilezza.

Ma non è solo un guardiano, è un leader, una guida che conduce la barca e mette alla prova la determinazione morale degli altri animali. Quando il gruppo trova i cani arenati, il capibara e il labrador si precipitano immediatamente a salvarli, ma l'uccello non agisce subito. Osserva, aspetta, come per valutare se gli altri hanno imparato a prendersi cura di coloro che non rientrano nella sua cerchia. Solo quando l'intero gruppo si dimostra disposto ad aiutare, superando così il test, l'uccello cede il controllo del timone. Questo momento, per quanto sottile, rafforza il ruolo dell'uccello non solo come protettore, ma anche come insegnante. Li orienta verso la compassione, proprio come Cristo si concentrò sulla compassione e sull'aiuto ai peccatori del suo tempo (Marco 2:17).

E poi, nel momento più etereo del film, l'uccello ascende, non nella morte, ma nella partenza. In uno spazio in cui la gravità cessa brevemente di esistere, un portale radioso si apre sopra di loro. L'uccello si libra nella luce, lasciandosi alle spalle il gatto, ancorato alla terra. È un'immagine straordinariamente biblica, che ricorda i miti dell'ascensione presenti in tutte le culture, ma che evoca in modo particolare la partenza di Cristo dalla Terra dopo aver realizzato il suo scopo.

Virtù e trasformazione: Il viaggio degli animali

"Flow è, nel suo cuore, una storia di trasformazione. Il viaggio non mette semplicemente alla prova gli animali dal punto di vista fisico, ma li costringe a evolversi in modi che riflettono virtù umane profonde. Ogni personaggio inizia con un difetto che lo contraddistingue e, attraverso l'esperienza, lo supera:

Il Gatto inizia come una creatura solitaria e autosufficiente, riluttante a fidarsi e pronta a fuggire. Il suo istinto di sopravvivenza, sebbene necessario, lo tiene isolato. Alla fine del film, il gatto ha imparato il valore della compagnia ed è disposto a rischiare la propria sicurezza per salvare il capibara. Il suo ultimo momento di immobilità, guardando il suo riflesso nell'acqua, non è solo una pausa, ma una presa di coscienza. Non è più solo.

All'inizio, il lemure è materialista e si aggrappa ai suoi beni come se questi definissero il suo valore. Ma quando arriva il momento di agire, si distacca, letteralmente e figurativamente, dando la priorità al gruppo rispetto ai suoi beni. Questo passaggio dall'accaparramento alla generosità è una delle trasformazioni più silenziose ma più umane del film.

Il Labrador inizia come un seguace, a suo agio con la compagnia ma privo di direzione. Nel corso del viaggio, impara la vera lealtà, non solo verso coloro che lo avvantaggiano, ma anche verso coloro che hanno bisogno di lui. Sceglie i suoi veri amici al posto dell'egoistico branco di cani a cui apparteneva.

L'Uccello incarna il sacrificio. Protegge, guida e alla fine paga un prezzo per le sue convinzioni. Impara, nel modo più brutale, che lottare per ciò che è giusto spesso significa stare da soli.

Il capibara è il centro morale. Fin dall'inizio è paziente, gentile e disponibile. A differenza degli altri, non ha un difetto egoistico da superare, forse perché ogni storia ha bisogno di un personaggio che rappresenti semplicemente la bontà. Ma la sua presenza non è passiva: tiene unito il gruppo, ricordando la compagnia e la gentilezza incrollabile di fronte all'incertezza e alla paura.

Il significato di "flusso"

"Flow non si limita a descrivere la perdita, ma la fa sentire. Presenta un mondo in costante mutamento, dove l'acqua sale e scende, dove le creature si uniscono e si disgregano. Ma sotto la superficie, parla di qualcosa di ancora più universale: il processo di apprendimento dell'empatia, il peso del sacrificio e i legami che si formano di fronte alle avversità condivise.

Negli ultimi istanti, mentre le acque si ritirano, il gatto si ritrova a guardare in una pozzanghera non solo il proprio riflesso, ma anche i volti di coloro che sono diventati la sua famiglia. È un momento di silenziosa rivelazione. Circondato dalla sua nuova famiglia, prova meno paura e più curiosità. Anche se l'imminente alluvione ha un destino incerto, il gatto è arrivato ad accettarlo, sapendo che qualunque cosa accada, non l'affronterà da solo. La sopravvivenza, suggerisce Flow, non consiste solo nel sopportare le difficoltà. Si tratta di sapere con chi si sceglie di affrontarle.


Guardate il trailer di "Flow" qui sotto:

L'autoreBryan Lawrence Gonsalves

Fondatore di "Catholicism Coffee".

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Evangelizzazione

San Stanislao di Cracovia, la Beata Elena Guerra e la Beata Sancha del Portogallo.

L'11 aprile la Chiesa celebra San Stanislao, vescovo di Cracovia, martire, che difese la libertà della Chiesa e dei costumi cristiani. Anche i beati Elena Guerra, italiana, e Sancha del Portogallo, e il beato inglese George Gervase. Santa Gemma Galgani morì l'11 aprile 1903, ma la sua festa principale è il 14 maggio.  

Francisco Otamendi-11 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

La liturgia di oggi celebra San Stanislao di Cracovia, vescovo e martire. Anche la beata Elena Guerra, molto devota allo Spirito Santo, e Sancha del Portogallo, che rinunciò al matrimonio e volle vivere una vita consacrata. 

Anche se l'11 aprile è la data del "dies natalis" (giorno della nascita al cielo) della giovane italiana Santa Gemma GalganiLa festa si celebra il 14 maggio, riferiscono i padri. Passionisti del Santuario di Santa Gema a Madrid, e la arcidiocesi Madrid, ed è per questo che ne parleremo quel giorno.

Tra gli altri santosOggi la Chiesa celebra il beato inglese George Gervase. Rapito dai pirati, servì poi nell'Armada spagnola e fu ordinato sacerdote nel 1603. Dopo essersi unito ai Benedettini, ammise di essere un sacerdote e un monaco e si rifiutò di prestare giuramento al re Giacomo I. Fu impiccato nella Torre di Londra. Fu impiccato nella Torre di Londra.

San Stanislao scomunicò il re e fu martirizzato.

San Stanislao (1030-1076, Polonia), inviato dai genitori a studiare a Parigi e a Liegi, al suo ritorno fu ordinato sacerdote e lavorò con il vescovo Sula. Secondo il informazioniFaceva penitenza e leggeva e meditava le Scritture in preghiera. Alla sua morte, succedette al vescovo della diocesi per ordine di Papa Alessandro II, anche se non lo desiderava.

Il vescovo Stanislao rimproverò pubblicamente il re Boleslao II per la sua vita licenziosa e il re promise al vescovo di cambiare comportamento. Tuttavia, il re rapì la moglie di un nobile e, sotto la minaccia della scomunica, lo accusò di aver acquistato terreni per la diocesi. San Stanislao lo scomunicò e il re stesso uccise il vescovo. I fedeli raccolsero le sue spoglie, perché per loro era già un santo. Secondo il sito ufficiale del Vaticano, fu canonizzato nel 1253 da Innocenzo IV. 

Dopo la conferma della scomunica da parte del Papa, il re si pentì e, recandosi a Roma, entrò in un monastero benedettino, dove trascorse la fine della sua vita come fratello laico. Il cattedrale di Wawel, Cattedrale di San Venceslao e San Stanislaoè un riassunto della storia della Polonia. 

L'autoreFrancisco Otamendi

Libri

"L'eredità dei giganti", uno spettacolo per conoscere il Medioevo

Jaume Aurell rivendica l'eredità positiva del Medioevo, sfatando i miti oscurantisti e mettendone in luce la ricchezza culturale, spirituale e accademica.

José Carlos Martín de la Hoz-11 aprile 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Jaume Aurell (Barcellona, 1964), professore di Storia medievale all'Università di Navarra, ha appena pubblicato ".L'eredità dei giganti"Una magnifica opera sull'eredità del Medioevo che contrasta in larga misura la leggenda oscurantista di certe correnti storiografiche che, da Petrarca ai giorni nostri, hanno denigrato una parte importante della nostra storia, sotto il terribile nome di "Medioevo oscuro".

È infatti sulle "spalle dei giganti" (p. 15), come si diceva allora, che camminiamo e prevediamo, in ogni periodo della storia, guardando dall'alto, i passi e i percorsi da fare per andare avanti, perché ogni tappa della vita umana porta alla grande tradizione della Chiesa e della società un insieme di valori e di contributi che contribuiscono allo sviluppo della dignità della persona umana.

Indubbiamente, la prima grande lezione del Medioevo è stata quella di ripercorrere l'invasione dei popoli germanici dal V secolo al XV secolo (cfr. 28), quando è iniziato il Rinascimento e poi è arrivato l'umanesimo cristiano della Scuola di Salamanca, che è durato fin quasi ai giorni nostri. 

Sulle spalle dei giganti

In quei dieci secoli in cui si sono fusi il cristianesimo, il diritto romano e la filosofia greca; Roma, il Golgota e Atene, per dare origine a una nuova civiltà ben diversa dall'Impero romano, piena di più luci che ombre, anche se logicamente molto ricca di contrasti (cfr. 39).

Il nostro autore svilupperà con grande abilità, anche se a grandi linee, i punti salienti del Medioevo: l'atmosfera cosmopolita (cfr. 51), l'intenso rapporto tra fede e ragione (cfr. 53) e i chiostri e i monasteri in cui si conservavano fede e cultura (cfr. 58).

Senza dubbio ci sono voluti molti secoli per sradicare il paganesimo e per recuperare il livello di dignità della persona umana che Sant'Agostino ha sviluppato nel suo indimenticabile "De civitate Dei", dove spiegava che la caduta dell'Impero romano era dovuta a tre motivi: in primo luogo, alle debolezze e alla decadenza dell'uomo, in secondo luogo, per far capire che la Chiesa non era legata a un unico modello di civiltà e, infine, per provocare i cristiani con i loro concittadini a costruire nuove culture e nuove civiltà. 

Università

Si soffermerà poi sui tanti momenti salienti del Medioevo, in particolare sull'origine delle Università, quelle corporazioni di studenti e professori uniti nella ricerca della verità sempre nuova e sempre bella. Spiegherà anche brevemente l'intersezione tra clero regolare e clero secolare, tra teologi e canonisti, tra filosofi e teologi, cioè le scuole teologiche e le relazioni tra i vari campi del sapere.

Il rapporto tra coloro che cercano la verità è un insegnamento vivo che la verità richiede contemplazione, studio e dialogo, perché, come si affermerà secoli dopo, il cuore ha ragioni che la ragione non comprende. O più semplicemente: la verità è poliedrica.

Il professor Aurell commenterà alcuni dipinti e sculture di diverse epoche e diversi luoghi d'Europa e lo farà con grande maestria per spiegare che la storia del pensiero si esprime attraverso argomenti, libri e pensiero orale, ma anche attraverso l'arte. 

L'ampia esposizione dell'arte romanica e gotica ci offrirà il miglior Aurell, cioè un professore che è diventato un maestro di storia e non un professore mediocre che sa cosa deve spiegare per sapere.

Cattedrali

È proprio nel capitolo su "l'Europa delle cattedrali" (p. 81) che l'opera diventa più magistrale, così come nella scomposizione del passaggio della cosiddetta innovazione teologica dai conventi alle scuole cattedrali e palatine. 

Infatti, l'accesso all'istruzione per i figli della nobiltà, della borghesia e dei figli della nobiltà portò alla diffusione delle università in tutta Europa. Poiché la lingua era il latino e i libri dovevano essere copiati a mano, il sapere si globalizzò e fu anche ingenuamente copiato l'uno dall'altro.

La nascita delle Università parla di persone dedite al mondo della conoscenza e dell'insegnamento: "Gli eroi fondatori delle Università" (p. 72), ma parla anche di pace, di benessere, di mercato e delle leggi del mercato, di lavoro onesto e di trasporto delle merci.

In realtà, perché la ricerca della verità apra la strada, è necessario aver recuperato la dignità della persona umana e quindi il concetto di figli di Dio nella vita spirituale e nel concerto dei popoli e delle nazioni, e soprattutto nell'apertura della ricerca della verità nella scienza e della "prospettiva nell'arte". In altre parole, andare oltre (cfr. 111).

Punti salienti

La seconda parte del libro è un saggio nel saggio e richiama i dieci punti salienti del Medioevo o le linee di forza da seguire per caratterizzare un nuovo racconto del Medioevo.

Il riassunto telegrafico sarebbe il seguente: spirito contemplativo; pratica di non essere pratici; moderazione; "Noblesse oblige"; aspirazione all'eroismo; riforma più che rivoluzione; apprezzamento della tradizione; capacità di sorridere; permanenza dei classici e cortesia.

Insomma, con questi valori e l'ampia esposizione che ha fatto, il professor Aurell ha preparato l'ampio indice di un nuovo libro che potrebbe consistere in un nuovo racconto del Medioevo.

L'eredità dei giganti: Un decalogo di valori medievali per il nostro tempo

AutoreJaume Aurell
Numero di pagine: 304
Editoriale: Rosameron
Lingua: Inglese
FirmeJuan Ignacio Izquierdo Hübner

Il ragazzo che doma i serpenti a sonagli

In questa fase del gioco, i giovani riconoscono che il cellulare con i social network è un po' come un veleno. Molti vorrebbero usarli più liberamente, ma il sistema di notifiche crea dipendenza.

11 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

"Cosa regalare al bambino per la prima comunione? Un orologio, un libro, no, no, quello verrà agli altri... Gli regalerò un serpente a sonagli! Dopo una settimana di riflessione, la nonna fu soddisfatta della sua decisione. Un piccolo serpente può essere molto utile quando è ben addomesticato", si disse. Invia messaggi, intrattiene con le sue danze e aiuta persino a dormire quando fa l'otto. Tutti ne hanno acquistato uno per un motivo... L'unica cosa è che a volte morde un po', ed è velenoso, ma beh, ogni cosa ha i suoi lati positivi e negativi, no?

Il bambino esce dalla chiesa, felice di ricevere tante attenzioni dalla sua famiglia. Arrivano a casa per festeggiare e poi compaiono i regali. Un libro, un orologio, un altro orologio, un coltellino. Lui accetta con le sue manine e sorride. La nonna aspetta il suo turno per entrare, cercando il colpo di grazia.

Finalmente si fa strada tra gli invitati e tira fuori dalla borsetta un bellissimo serpente a sonagli, con un nastrino rosso legato al collo. Tieni, tesoro", dice, allungando la creatura, che inizia a serpeggiare tra le sue braccia. Si chiama Panchita, puoi metterla in tasca. Ma educala, eh, per evitare che ti affondi le zanne, ti inietti il suo veleno e tu finisca morto in un corridoio da qualche parte".

Gli occhi del ragazzo brillarono. Non aveva visto il serpente, ma un smartphone. Così ha lasciato gli ospiti appuntati in salotto, è andato in camera sua, ha sprangato la porta per la prima volta e ha creato un account su Instagram. Poi un altro in Tik Tok. E così, senza rendersene conto, il giorno passò. La stessa cosa accadde il giorno successivo. E il giorno dopo...

Chi sono i 96,7 milioni di persone che hanno guardato la serie? L'adolescenza (Netflix2025) converrà che non sto esagerando.

L'uso degli schermi tra i minori è un incubo, ma loro li prendono lo stesso perché "... non sono un problema".qualunque"Tutti hanno un cellulare". Molte scuole si stanno attivando, ma è difficile fare progressi perché è difficile trovare accordi tra le famiglie.

Grazie al libro di Jonathan Haidt, Generazione ansiosa (Deusto, 2024), molte istituzioni scolastiche di tutto il mondo hanno finalmente trovato le basi scientifiche necessarie per osare vietare l'uso dei telefoni cellulari durante la giornata scolastica.

Per coloro che l'hanno attuata, è stata una tregua. "Ora giocano nei parchi giochi", mi ha detto l'altro giorno un insegnante. "Quando avevano i telefoni in tasca, ovviamente, niente poteva competere con questo. Ora almeno mi ascoltano", ha commentato un altro.

Tuttavia, una volta risolto il problema al mattino, rimangono i pomeriggi e i fine settimana, spesso rubati dagli schermi. Pertanto, il passo successivo è quello di posticipare la consegna dei cellulari.

Haidt dimostra che farlo prima dei 15 anni è una grave imprudenza. Da questo punto in poi inizia il dibattito e la qualità dell'educazione fornita da alcune famiglie viene misurata rispetto ad altre. Alcuni preferiscono rimanere a quell'età, altri preferiscono ritardare fino ai 18. In questa seconda posizione si colloca, ad esempio, il medico spagnolo Miguel Angel Martinez, con il suo libro Salmone, ormoni e schermi (Planeta, 2023). E, modestamente, anche io.

In questa fase del gioco, i giovani riconoscono che il cellulare con i social network è un po' come un veleno. Molti vorrebbero usarli più liberamente, ma il sistema di notifiche crea dipendenza. Il serpente all'inizio sorride, ma poi mostra le zanne. È lo stesso per i telefoni cellulari: una volta caduti nelle mani di un adolescente, cercano presto di divorare il proprietario.

I ragazzi perdono tempo, abbassano i voti, peggiorano le relazioni con i genitori e i fratelli, frammentano l'attenzione, incorrono in malattie mentali (nel Regno Unito, un terzo dei giovani tra i 18 e i 24 anni presenta sintomi di depressione, ansia o disturbo bipolare), soffrono nella loro autostima, dormono meno, sono testimoni di cyber-bullismo, dimenticano Dio.

I genitori, dal canto loro, non hanno ricevuto una formazione speciale per la cura dei morsi di serpente e capiscono i loro figli ogni giorno di meno.

In mezzo a tutta questa confusione, ci sono famiglie che riescono ad aprire un ombrello. "Se piove, almeno non ci bagniamo", dicono. Lottano con le unghie e con i denti per preservare alcune tradizioni: mangiare insieme, avere conversazioni padre-figlio o pregare in famiglia. Allo stesso tempo, cercano trucchi per evitare la concorrenza sleale: ritardano la consegna di un cellulare fino ai 18 anni, oppure ne regalano uno a 15 anni, ma è uno di quelli vecchi, cioè non adatto ai social network.

Ho anche visto alcuni genitori ingegnosi che hanno ottenuto un mattone senza social network, ma con WhatsApp.

Lo sforzo di andare controcorrente comporta lunghe discussioni, è vero, ma sanno che il conflitto è di gran lunga inferiore a quello che si verificherebbe se i figli mantenessero una mentalità aperta. IPhone-Il serpente di ratto in tasca dal giorno della sua prima comunione.

L'autoreJuan Ignacio Izquierdo Hübner

Vaticano

La coppia reale britannica incontra il Papa in Vaticano

L'immagine fornita dal Vaticano mostra il Papa senza i tubi di respirazione nasale che ha indossato nelle ultime apparizioni pubbliche.

OSV / Omnes-10 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Cindy Wooden(CNS/Omnes).

Nonostante il rinvio della loro visita ufficiale di Stato in Vaticano a causa delle condizioni di salute di Papa Francesco, Re Carlo e la Regina Camilla hanno incontrato privatamente il Papa il 9 aprile, ha dichiarato la Sala Stampa vaticana.

Il Papa si è congratulato con la coppia reale per il loro 20° anniversario di matrimonio e "ha ricambiato gli auguri di Sua Maestà per una pronta guarigione della loro salute", ha dichiarato l'ufficio stampa.

Re Carlo è stato brevemente ricoverato in ospedale il 27 marzo per quelli che sono stati descritti come "effetti collaterali temporanei" del suo trattamento contro il cancro. Papa Francesco è in convalescenza in Vaticano da quando è stato dimesso dall'ospedale il 23 marzo dopo oltre cinque settimane di cure ospedaliere per difficoltà respiratorie, polmonite doppia e un'infezione polimicrobica alle vie respiratorie.

Cambio di programma

L'8 aprile la Sala Stampa vaticana aveva dichiarato che il Papa stava iniziando a ricevere qualche visita, invece di trascorrere le sue giornate solo con i suoi segretari personali e il personale medico che lo assiste.

Il breve incontro dei Re con il Papa, il 9 aprile, è stato molto diverso dal programma completo previsto per la loro visita di Stato.

Oltre all'udienza con il Papa, avrebbero assistito a "una funzione nella Cappella Sistina, incentrata sul tema della 'cura del creato', che riflette l'impegno di lunga data di Papa Francesco e di Sua Maestà nei confronti della natura", secondo l'itinerario inizialmente diffuso da Buckingham Palace.

Membri del coro della King's Chapel Royal e del coro della St George's Chapel, Windsor, hanno partecipato alla funzione insieme al coro della Cappella Sistina.

Quando era ancora Principe di Galles, il Re ha incontrato Papa Francesco nel 2019, quando è venuto in Vaticano per la canonizzazione di San Giovanni Enrico. Newman. La sua ultima udienza privata con Papa Francesco risale al 2017.

La visita di Stato del Re e della Regina è stata programmata in concomitanza con l'Anno Santo 2025, "un anno di riconciliazione, di preghiera e di cammino insieme come 'Pellegrini della Speranza', che è il tema dell'evento. Giubileo", ha dichiarato Buckingham Palace.

L'autoreOSV / Omnes

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Evangelizzazione

I primi beati colombiani, il polacco Zukowski e Magdalena Canossa

Il 10 aprile la Chiesa celebra i primi Beati colombiani, sette martiri della persecuzione religiosa della guerra di Spagna. Anche il francescano polacco Bonifacio Zukowski, uno dei martiri della Seconda Guerra Mondiale beatificato da San Giovanni Paolo II. Inoltre, la santa italiana Maddalena Canossa.  

Francisco Otamendi-10 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

La liturgia celebra in questo giorno numerosi santos e benedetti. Tra loro ci sono i primi santi colombiani, sette fratelli religiosi dell'Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, ucciso durante la guerra di Spagna nel 1936. Facevano parte della comunità di Ciempozuelos (Madrid). Poi è arrivata la santa Madre colombiana Laura Montoyache si è battuto per i diritti delle comunità indigene, canonizzato dal Papa Francesco nel 2013.

I religiosi colombiani appartenevano a famiglie contadine cattoliche di varie regioni della Colombia. Entrati nell'Ordine Ospedaliero con l'intenzione di dedicarsi al servizio dei malati, furono inviati in Spagna per approfondire gli studi e la formazione religiosa. Allo scoppio della guerra, i giovani facevano parte della comunità di Ciempozuelos a Madrid. Sono stati beatificati da San Giovanni Paolo II nell'ottobre 1992.

Piotr Zukowski e Santa Maddalena

Beato Piotr Zukowski (Bonifacio quando professava come religioso francescano), è nato a Baran-Rapa (Lituania) il 13 gennaio 1913 da una famiglia polacca. Il suo superiore era San Massimiliano Kolbeè stato imprigionato a Varsavia e morì ad Auschwitz nel 1942. È uno dei 108 martiri della Seconda Guerra Mondiale (1940-43) beatificato da Papa Wojtyla nel 1999 a Varsavia (Polonia).

Santa Maddalena Canossa nacque a Verona da una famiglia aristocratica nel 1774, ma rimase presto orfana e fu abbandonata dalla madre. All'età di 17 anni entrò nel monastero carmelitano di Trento e poi in quello di Cornegliano. A Venezia, entrò nella Fraternità Ospedaliera e si consacrò alla educazione Fondò un doppio Istituto, i Figli e le Figlie della Carità. Ha consigliatoAl posto del rigore eccessivo, l'abbandono alla volontà di Dio.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cinema

Vanessa Benavente: "Voglio essere una madre come Maria".

Vanessa Benavente è l'attrice che interpreta la Vergine Maria in "The Chosen", la serie di successo che debutta con la quinta stagione nei cinema spagnoli il 10 aprile. In questa intervista con Omnes, Vanessa racconta cosa ha imparato interpretando la Madre di Gesù.

Paloma López Campos-10 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il 10 aprile, la quinta stagione di "The New York Times" debutta nei cinema spagnoli.Il prescelto", la serie di successo sulla vita di Gesù e dei suoi seguaci. Poche ore prima della prima a Madrid, Omnes ha avuto l'opportunità di parlare con Vanessa Benavente, l'attrice che interpreta la Vergine Maria.

Vanessa Benavente è nata in Perù ma ora vive negli Stati Uniti con la sua famiglia. Da anni lavora nell'industria cinematografica, il che le permette di affermare che "come attore, se sei disposto ad ascoltare, ogni ruolo ha qualcosa da insegnarti". Tuttavia, interpretare la Madre di Gesù è diverso.

"Trovo Maria di grande ispirazione", afferma Vanessa. La vede come "una persona meravigliosamente forte, determinata, amorevole e non giudicante, che incarna l'idea che tutti meritiamo amore".

L'attrice dice che non può fare a meno di imparare dal suo personaggio e ciò che osserva "lo riporto a me, a casa mia". Vanessa ha due figlie e, ispirandosi a María, cerca di trasmettere qualcosa di essenziale alle sue figlie: "Possono sbagliare cinquecento volte, noi, come genitori, continueremo ad amarle. Ma non le amiamo perché fanno le cose bene, ma perché sono loro".

La Madre di Gesù lo rappresenta perfettamente e Benavente sottolinea in particolare: "una scena in cui Maria Maddalena torna al campo dopo essere ricaduta nel 'suo passato vagabondo'. Maria Madre afferra il suo fazzoletto e lo indossa come per restituirle dignità, per segnalare che è di nuovo accettata e può andare avanti".

Con tutte queste motivazioni, Vanessa Benavente dice: "Voglio essere una madre come Maria, che crea luoghi sicuri dove gli altri possono rimettersi in piedi.

Risorse

Eucaristia: la celebrazione del paradiso in terra

Celebrare la Santissima Eucaristia e lo Spirito Santo significa celebrare la Santissima Trinità e anche i santi e la via di salvezza aperta dalla Vergine.

Santiago Zapata Giraldo-10 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Celebriamo il mese di aprile dedicato in molti Paesi alla Santa Eucaristia, dove il Signore Gesù è presente nel suo corpo, anima, sangue e divinità, colui che regna in eterno con il Padre è presente nel pane.

Diceva San Josemaría EscriváÈ il Re dei Re e il Signore dei Signori. -È nascosto nel pane. Si è umiliato fino a tali estremi per amore di voi". (Via,538)

Il Eucaristia è reso presente attraverso le mani del sacerdote, quelle stesse mani che riescono a portare il Signore in questo tempo e che si rimette a condividere se stesso in un pezzo di pane, tanta bellezza in un pezzo di pane! Questo mese è particolarmente dedicato a una vita interiore che cerca il Signore, senza trascurare il fatto che il centro del cuore, il centro di tutta la vita interiore è nel tabernacolo.

Nel Catechismo della Chiesa Cattolica ci insegna il Eucaristia è il memoriale della Pasqua di Cristo, cioè dell'opera di salvezza compiuta dalla vita, morte e risurrezione del Salvatore, opera resa presente dall'azione liturgica (CCC 1409).

È rivivere la Pasqua, è andare di nuovo a vedere la tomba vuota, è rivedere come Gesù sale al Calvario, dove siamo come San Giovanni, vedendo come il Signore si dona.

Fare visita al Signore è una responsabilità di tutti, ogni giorno, ogni giorno come ci nutriamo, dobbiamo ringraziare, saremmo ingrati a non andare, mostrando una debolezza che ci è propria, a incontrarlo ogni giorno.

Ma in questo mese celebriamo anche lo Spirito Santo, il santificatore, quella santificazione della vita che ogni battezzato deve cercare, "il grande sconosciuto" come dice San Josemaría (Il Cammino, 57), colui che è dentro di noi e ci rende santi, templi dello Spirito Santo, un tempio macchiato, fatto di polvere, ma che quel soffio dello Spirito pulisce e rende un tempio nuovo.

Celebrazione del Santissimo Sacramento Eucaristia e lo Spirito Santo, è celebrare la Santissima Trinità, celebrare anche i santi, il cui centro era il santo sacrificio, la cui vita interiore era in grado di ascoltare lo Spirito che li guidava e li santificava in ogni parte della loro vita, sia con problemi che con gioie.

È anche per celebrare la Chiesa, quel corpo di Cristo che cerca di vedere il Signore alla fine del suo pellegrinaggio attraverso il mondo.

È per celebrare la vita eterna, di cui godiamo un po' a ogni messa, è per vedere e contemplare ciò che vogliamo vedere eternamente in cielo, dove tutto ciò che noi cristiani desideriamo si realizzerà, per vedere il Signore così com'è, questo mese è anche per ricordare tutti i sacramenti della Chiesa, dove Dio è presente, dove la Trinità è coinvolta nella nostra vita peccaminosa e ci conduce al bene.

È anche celebrare colei che ha portato Dio nel suo grembo, benedetto Sì! L'affermazione benedetta che ha dato il via alla redenzione, è vederla come Figlia di Dio Padre, Madre di Dio Figlio e Sposa e tempio dello Spirito Santo.

L'autoreSantiago Zapata Giraldo

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Vangelo

Disponibilità totale di Cristo. Domenica delle Palme (C)

Joseph Evans commenta le letture della Domenica delle Palme (C) del 13 aprile 2025.

Giuseppe Evans-10 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Una delle cose più sorprendenti delle letture di oggi è la loro fisicità. Con la Domenica delle Palme entriamo nella Settimana Santa in cui Cristo, attraverso la propria santità, trasformerà l'empietà dei suoi assassini nel mezzo con cui ci salverà dai nostri peccati. La Settimana Santa ci presenta sia la sofferenza corporea che la resurrezione corporea di Cristo. Il corpo è importante e noi crediamo nella resurrezione del nostro corpo alla fine dei tempi.

Il breve vangelo che presenta l'ingresso di Nostro Signore a Gerusalemme ci racconta un fatto curioso: il puledro che gli servirà da trono quando entrerà in città è uno "che nessuno ha mai cavalcato".. Era destinato a Gesù e a lui solo, quasi "verginale" in questo senso, come il grembo di Maria (Lc 1, 27). Dovrà essere slegato, gli verranno stesi davanti mantelli e rami di palma sulla strada... tutti dettagli fisici. Nel testo di Isaia che preannuncia la Passione di Cristo, ci viene detto: "Ho offerto la mia schiena a chi mi picchiava, le mie guance a chi mi accarezzava la barba; non ho nascosto il mio volto di fronte agli oltraggi e agli sputi".. E il lungo racconto evangelico della sofferenza e della morte di Cristo in questo anno di San Luca ci fornisce ogni sorta di dettagli fisici: il taglio e la successiva guarigione dell'orecchio del servo del sommo sacerdote; il fatto che coloro che arrestano Gesù indossano "spade e bastoniLa beffa di vestire Cristo con abiti splendidi; la divisione delle sue vesti da parte dei soldati; naturalmente, la crocifissione; l'avvolgimento del corpo di Gesù in un sudario di lino; la collocazione del suo corpo in un sepolcro. "dove nessuno era ancora stato collocato". (anche "verginale" in un certo senso); la preparazione di spezie e unguenti...

Il Vangelo sottolinea la totale disponibilità di Cristo per noi. Da bambino è stato deposto in una mangiatoia (Lc 2,7); Gesù è seduto sull'asino, e poi deposto in un sepolcro... Gesù si mette a nostra disposizione in tutta la sua fisicità, veramente anima e corpo. Nato da un grembo vergine, seduto sul dorso di un asino "vergine", deposto in un sepolcro "vergine"... Il tutto puro, senza peccato, entra nella sporcizia, nel porcile della nostra peccaminosità (Lc 15, 15-16), anche corporalmente. Nella Settimana Santa vediamo Gesù vivere realmente queste parole di San Paolo: "Egli [Dio] ha fatto sì che colui che non conosceva peccato fosse peccato in nostro favore, affinché noi diventassimo giustizia di Dio in lui". (2 Cor 5:21).

Vaticano

Il Vaticano riferisce di progressi nell'individuazione di attività finanziarie sospette

Il 9 aprile è stata pubblicata la relazione annuale 2024 dell'Autorità di vigilanza e rendicontazione finanziaria.

OSV / Omnes-9 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Di Cindy Wooden, OSV

La banca vaticana e gli altri uffici vaticani che si occupano di transazioni finanziarie stanno diventando più abili nell'identificare e bloccare le attività finanziarie sospette, secondo l'Autorità di Informazione e Supervisione Finanziaria del Vaticano.

Sebbene il mandato principale dell'Autorità sia quello di prevenire e combattere il riciclaggio di denaro e il finanziamento del terrorismo, la relazione annuale 2024 ha rilevato che sono stati compiuti progressi anche nella capacità di "identificare, ai fini del successivo recupero, il percorso del denaro ottenuto illecitamente".

Rapporto sull'attività finanziaria

Il 9 aprile, la relazione annuale 2024 del Autorità di informazione e vigilanza finanziaria. L'ufficio è stato istituito da Papa Benedetto XVI nel 2010 come parte di una più ampia azione vaticana per prevenire attività illegali nelle transazioni monetarie e finanziarie e per conformarsi agli standard internazionali nella lotta contro il crimine finanziario.

Il Istituto per le Opere di Religioneil nome formale di quella che viene comunemente chiamata banca vaticana, e altri uffici vaticani hanno presentato all'autorità solo 79 segnalazioni di attività sospette nel 2024, rispetto alle 123 del 2023, secondo il rapporto.

A seguito dell'indagine, solo 11 segnalazioni di questo tipo sono state inoltrate alla Procura della Città del Vaticano, dimostrando "la migliore capacità del sistema di intercettare casi caratterizzati da elementi specificamente suggestivi di alcune attività illegali", si legge nel rapporto.

Segni di irregolarità

Il rapporto elenca i cinque "indicatori di anomalia" più frequentemente riscontrati nelle segnalazioni di attività sospette: transazioni in contanti; transazioni incoerenti con lo status del cliente o con le transazioni passate; transazioni illogiche o inutilmente complesse; notizie di stampa negative sul cliente; un collegamento con "giurisdizioni a rischio".

A causa di attività sospette, si legge nel rapporto, sono state sospese tre transazioni di trasferimento per un totale di poco più di 1,05 milioni di euro (1,17 milioni di dollari) e sono stati congelati due conti della banca vaticana per un totale di poco più di 2,11 milioni di euro (2,34 milioni di dollari).

Il rapporto evidenziava anche una più stretta collaborazione con l'Internal Revenue Service statunitense e con gli analoghi uffici governativi di altri Paesi, perché "la Santa Sede è fermamente impegnata a garantire la cooperazione internazionale e lo scambio di informazioni per prevenire l'evasione fiscale e facilitare l'adempimento degli obblighi fiscali da parte dei cittadini stranieri e delle persone giuridiche" che hanno rapporti con la banca vaticana.

L'autoreOSV / Omnes

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Evangelizzazione

Santa Casilda di Toledo, figlia dell'emiro, si convertì a Burgos.

Il 9 aprile la liturgia celebra Santa Casilda di Toledo, figlia dell'emiro, forse Almamún. Portò cibo e medicine ai cristiani nelle prigioni e si convertì al cristianesimo a Burgos. Le donne affette da sterilità e disturbi ginecologici pregano Santa Casilda.  

Francisco Otamendi-9 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

In questo giorno, la Chiesa festeggia Santa Casilda, figlia del Emiro di Toledo. Pratica del caritàe portava cibo ai prigionieri cristiani. In seguito, ebbe una grave malattia. Gli fu detto del potere di guarigione di acque di San Vicentevicino a Briviesca, a Burgos. Lì fece il bagno e fu curato.

Santa Casilda è diventato poi al cristianesimo, chiese di essere battezzata, ricevette l'Eucaristia, decise di essere vergine e di trascorrere la sua vita in preghiera e penitenza, in clausura, intorno ad un eremo costruito.

Il Martirologio Romano segnala "nel luogo chiamato San Vicente, presso Briviesca, nella regione di Castiglia, in Spagna, santa Casilda, vergine, che, nata nella religione maomettana, aiutò misericordiosamente i cristiani detenuti in carcere e in seguito, già cristiana, visse da eremita († 1075)".

Davanti all'Emiro: sono rose!

Vivendo a Toledo, si dice che il padre cercò di sorprenderla quando si recò in una prigione per portare cibo ai prigionieri. Prigionieri cristiani. Sembrava che Santa Casilda portasse qualcosa di nascosto (era cibo per i prigionieri). L'emiro chiese cosa fosse, visto che era proibito. Lei rispose: Sono rose! L'emiro ha chiesto di vederlie le è caduta una manciata di rose!

Tra gli altri santos Il 9 aprile troviamo il beato Tommaso da Tolentino, martirizzato in India con tre compagni, e la beata brasiliana Lindalva Justo de Oliveira, delle Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli. San Demetrio di Tessalonica, Acacio, Edesio, Hugo di Rouen, arcivescovo e vescovo di Parigi e Bayeux, e Massimo, vescovo di Alessandria. Santa Valdetrudis, sposata con quattro figli, con genitori e fratelli santi, e la suora polacca Celestina Faron, morta ad Auschwitz nel 1944.

L'autoreFrancisco Otamendi

Cultura

Salvador Dalí, cercatore di Dio

Per quanto noto fosse il principale rappresentante del surrealismo, pochi conoscono la fede cattolica del pittore spagnolo.

L'articolo del Tagespost-9 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Da Stefan Gross-Lobkowicz.

"L'État, c'est moi" ("Io sono lo Stato") era il motto del Re Sole francese Luigi XIV, che si celebrava come sovrano monarchico-assolutista. Il poliedrico artista spagnolo Salvador Dalí (1904-1989) non era meno sicuro di sé.

Da Marx e Freud a Gesù

Salvator - il salvatore, così si considerava l'eccentrico paranoico, perché "come suggerisce il nome, sono destinato a fare nientemeno che salvare la pittura dal vuoto dell'arte moderna". Star dei media, altamente pagato, opera d'arte vivente con due musei nella sua vita, quasi nessuno aveva coltivato l'autodrammatizzazione quanto l'uomo con i baffi attorcigliati e il bastone, che sosteneva di essere il surrealismo stesso. L'opera d'arte totale, le vanità, la superficie, tutto questo è Dalí, ma solo per metà; l'altra metà era costituita dal cercatore di Dio e dal teologo.

Dal punto di vista politico, inizialmente propende per il marxismo, l'ateismo e il nazionalismo, per poi diventare se stesso. Si ispira alla psicoanalisi di Sigmund Freud e diventa un cronista pittorico dell'inconscio, raffigurando le profondità dell'anima, la struttura impulsiva di Eros e Thanatos. L'artista ha deliberatamente contrapposto i suoi mondi onirici alla frammentazione del mondo. Motivi inebrianti, orologi che si sciolgono, elefanti che volano, giraffe fiammeggianti: il mondo del surreale celebrava con lui il suo trionfo, ma lui lo aveva già superato.

Arte di ispirazione biblica

A partire dal 1963, con il ciclo "Biblia Sacra", contrappone al surrealismo un mondo vivo e religioso proveniente dallo spirito della Bibbia. Questa visione delle profondità dell'umanità e delle altezze di Dio fu provocata, in parte, dai suoi dolorosi ricordi della Seconda guerra mondiale e dello sganciamento della bomba atomica. Questi tempi di assurdità lo avevano cambiato, interiorizzato e gli avevano permesso di gettare un ponte verso la fede cristiana. Ora vedeva la sua visione del mondo come mediata dal Crocifisso. Se Dio non guardava a Cristo, non poteva sopportare il mondo.

L'ex eccentrico si era convertito al cattolicesimo, affascinato dalle immagini del Rinascimento italiano: Raffaello, Velázquez e Ingres. Ora voleva aprire gli occhi della gente alla fede. I suoi dipinti diventano testimonianze vive della sua religiosità, fonti di ispirazione che trattano la vita e la sofferenza, la crocifissione e la resurrezione in un modo che trasmette speranza e trasforma la morte in un arresto in movimento.

Trovare il paradiso con Dio

Dalí vuole esplorare il mondo e tornerà sempre a Dio. "Per tutto questo tempo ho cercato il cielo attraverso la densità della carne confusa della mia vita: il cielo! Scrive nell'epilogo della sua autobiografia del 1941: "E cos'è, dov'è? Il cielo non è né sopra né sotto, né a destra né a sinistra; il cielo è proprio nel cuore del credente! FINE".

Per il catalano, "non esiste un metodo affidabile per raggiungere l'immortalità se non la grazia di Dio, la fede". Andare al fondo della vita, creare una vicinanza con Dio - mediata attraverso l'arte -, collegare il cielo con la terra e dare questo messaggio all'umanità è diventato il credo di una persona convinta che il Vangelo non fosse solo lì per le persone, ma servisse anche come fonte di forza per portare avanti il messaggio di Gesù. Mentre Dio rimane costante, l'uomo non lo è.

Dalí, che non ha ancora trovato il paradiso "fino a questo momento", confessa: "Morirò senza paradiso". Ma l'ha sempre cercato, e questa rimane la sua eredità per noi oggi.


Questa è la traduzione di un articolo apparso per la prima volta sul sito web Die-Tagespost. Per l'articolo originale in tedesco, vedere qui. Ripubblicato in Omnes con l'autorizzazione.

L'autoreL'articolo del Tagespost

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Non nascondiamo la Croce ai bambini

Ciò che Cristo ha conquistato per noi sulla Croce è il Paradiso. Se il Regno di Dio appartiene agli ultimi, non nascondiamo loro il Crocifisso, che è più loro che nostro.

9 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

L'altro giorno parlavo con alcune persone di uno dei più tipici film pasquali spagnoli: "Marcellino, pan y vino", la storia di un bambino abbandonato dalla madre e accolto da alcuni frati francescani. Un giorno, quando il bambino si avvicina all'immagine del Cristo crocifisso nel convento, questa prende vita e comincia a parlare a Marcellino.

Il messaggio centrale del film è perfettamente riassunto nella frase pronunciata da Cristo in Marchio10, 14: "Lasciate che i bambini piccoli vengano a me; non glielo impedite, perché è a loro che appartiene il regno di Dio".

Sarebbe assurdo pensare che Gesù, dopo aver pronunciato queste parole, voglia distogliere i bambini dal mistero del Suo Passione. Nel film classico vediamo che il Signore non nasconde la sua morte a Marcellino; al contrario, si mostra a lui inchiodato alla croce, un Cristo sofferente che parla e sfida il ragazzino.

Il mistero del dolore

Per i bambini è difficile capire il dolore, è terribilmente complicato spiegare loro la morte di un membro della famiglia, quindi come possiamo fargli capire la morte di un Dio intero?

Sembra impossibile che un bambino capisca che lo stesso Gesù, che secondo noi andava per i villaggi a guarire la gente, a scacciare i demoni e a risuscitare i morti, è lo stesso Gesù che poi viene inchiodato a un albero e muore impotente. Tuttavia, sono convinto che i bambini capiscano la Passione molto meglio di noi.

Per gli adulti il dolore della croce è un'assurdità, ma per i bambini è molto più semplice. Per loro ha perfettamente senso che nessuno riconosca Superman quando si mette gli occhiali e dice di essere un giornalista, anche se riconosceremmo il volto di Henry Cavill anche in Mercadona. Per i bambini è perfettamente possibile che una palla di gomma sparisca in mano e che i giocattoli prendano vita di notte.

La saggezza dei bambini

I piccoli credono a tutto questo perché pensano che colui che lo fa ne sia capace. Cristo, che poteva risuscitare i morti, guarire i malati e calmare le tempeste, può morire sulla croce, semplicemente perché ne è capace.

Spetta a noi spiegare loro che egli muore non solo perché può, ma perché vuole farlo. Che lo fa per loro, per voi e per me. La Croce ha un significato, non è un'assurdità, un capriccio di Dio. Chiunque contempli la Via Crucis può vedere che è una via d'amore. I bambini, che sono molto meno complicati di noi (e proprio per questo molto più saggi), possono capire la Passione in un modo che noi, con i nostri occhiali da adulti, non possiamo vedere.

"Lasciate che i bambini piccoli vengano a me; non glielo impedite, perché a questi appartiene il regno di Dio". Quello che Cristo ha conquistato per noi sulla croce è proprio questo, il Regno dei Cieli. Se il Paradiso appartiene agli ultimi, non nascondiamo loro il Crocifisso, che è più loro che nostro.

Forse quest'anno è il momento di guardare la Croce con gli occhi di Marcellino, togliendo gli occhiali che ci rendono miopi. Permettiamo anche ai bambini di salire sul Calvario, di accompagnarci. Evitiamo l'iperprotezionismo dei genitori che, con buone intenzioni, dimenticano che Gesù chiama anche loro, perché il Regno di Dio è loro. In questo modo, forse, scopriremo la parte più bella della Passione, quel mistero che si può scoprire solo attraverso gli occhi dei più piccoli.

L'autorePaloma López Campos

Direttore di Omnes

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Evangelizzazione

San Dionigi di Corinto, Santa Giulia Billiart e i martiri di Antiochia

L'8 aprile la Chiesa celebra il vescovo della fine del II secolo San Dionigi di Corinto (Grecia), persona di grande zelo apostolico. Si festeggiano anche la santa francese Giulia Billiart, il profeta Sant'Aphrem e quattro martiri di Antiochia (all'epoca Siria, oggi Turchia), oltre ad altri santi e beati.  

Francisco Otamendi-8 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Martedì 8, la liturgia prevede la celebrazione di San Dionigi di Corinto, che esercitò un profondo apostolato, anche epistolare, nel II secolo; della monaca Santa Giulia Billiart, perseguitata nella Rivoluzione francese per aver ospitato sacerdoti cattolici; di San Giusto e di quattro santi martiri di Antiochia; e del Beato polacco Augusto Czartoryski, che rinunciò ad essere un principe per unirsi ai Salesiani.

Il vescovo di Corinto, San Dionigi, appartiene al gruppo dei prime generazioni dei cristiani. San Paolo aveva fondato la comunità cristiana a Corinto nell'anno 50, visse nella città istmica per un anno e mezzo, e scrisse loro almeno due del loro lettereIl Nuovo Testamento. 

In questo apostolato epistolare san Dionigi imitava San Paolo e scrisse, secondo lo storico Eusebio di Cesarea, sette lettere alle chiese di Lacedemonia, Atene, Cnosso, Nicomedia, Gortina, Amastris e Roma. In quest'ultima, durante il pontificato di Papa Soterio, elogia la carità dei romani verso i poveri e mostra la sua venerazione per i vicari di Cristo. Il santo si occupò degli errori filosofici del paganesimo, origine delle eresie, ha difeso la fede e morì nel 180.

Santa Giulia Billiart, perseguitata

Nata a Cuvilly (Francia) nel 1751, Santa Giulia Billiart era paralizzata a entrambe le gambe a causa di una malattia. Fu miracolosamente guarita da questa malattia all'età di 50 anni, secondo quanto riportato dalla Elenco Francescano. Era una donna pia. Perseguitata durante la Rivoluzione francese per aver ospitato sacerdoti cattolici, dovette andare in esilio. Iniziò a vivere in comune con alcune compagne e da qui nacque la Congregazione delle Suore di Notre Dame de Namur per l'educazione cristiana delle ragazze. Morì nel 1816 e fu canonizzata da San Paolo VI.

Altri santi dell'8 aprile sono i martiri antiocheni Timoteo, Diogene, Macario e Massimo. San Giusto, profeta citato negli Atti degli Apostoli: "In quei giorni i profeti scendevano da Gerusalemme ad Antiochia. Uno di loro, di nome Finchus, mosso dallo Spirito, si alzò e profetizzò..." (At 11,27-28). Anche i beati spagnoli Julián de San Agustín, originario di Medinaceli (Soria), che abbracciò la vita francescana, e Domingo del Santísimo Sacramento Iturralde (Dima, Vizcaya), che nel 1918 professò nell'Ordine della Santissima Trinità.

L'autoreFrancisco Otamendi

Famiglia

L'adozione come alternativa all'aborto

In un mondo in cui le gravidanze indesiderate continuano a provocare profondi dibattiti etici, emotivi e politici, l'adozione è emersa come un'alternativa significativa per coloro che cercano di fornire un futuro sostenibile a un bambino.

Bryan Lawrence Gonsalves-8 aprile 2025-Tempo di lettura: 5 minuti

I recenti cambiamenti nell'atteggiamento della società, insieme alle modifiche legislative in diverse regioni, hanno portato l'adozione all'attenzione del pubblico. In diversi Paesi, i responsabili politici stanno rivalutando le leggi sull'adozione, con l'obiettivo di snellire processi che altrimenti possono essere complessi e costosi. Il caso più significativo è quello del Vietnam nel 2025.

In un mondo in cui le gravidanze indesiderate continuano a provocare profondi dibattiti etici, emotivi e politici, l'adozione è emersa come un'alternativa significativa per coloro che cercano di fornire un futuro sostenibile a un bambino. Mentre l'aborto pone fine alla vita di un feto in via di sviluppo, l'adozione offre un'altra strada che molti sostenitori ed esperti ritengono possa portare speranza alle madri naturali, ai bambini e alle famiglie adottive.

Un'ancora di salvezza per bambini e famiglie

L'adozione viene spesso presentata come un'alternativa di vita per i bambini che altrimenti non avrebbero mai avuto una possibilità nella vita. Scegliendo l'adozione, le madri naturali possono assicurarsi che i loro bambini vengano al mondo in circostanze che rispettano il diritto fondamentale di ogni bambino di essere curato e accudito.

I bambini adottati possono beneficiare di case stabili, dove ricevono il sostegno emotivo, le opportunità educative e le cure sanitarie essenziali per raggiungere il loro pieno potenziale. Tutti i bambini meritano l'opportunità di crescere e prosperare in un ambiente amorevole. L'adozione lo rende possibile, creando una solida base per lo sviluppo dei bambini e garantendo la tranquillità delle madri naturali.

Il processo di adozione è concepito per dare priorità al benessere del bambino. Nella maggior parte dei casi, i futuri genitori adottivi vengono sottoposti a uno screening e a una valutazione rigorosi per valutare se sono pronti a fornire una casa sicura e accogliente. Questo approccio strutturato non solo garantisce che i bambini siano collocati in ambienti favorevoli a una crescita sana, ma rassicura anche le madri naturali sul fatto che il loro bambino sarà ben curato.

La natura meticolosa delle valutazioni sull'adozione, che vanno dai controlli sulla stabilità finanziaria alle valutazioni sull'ambiente familiare, aggiunge un ulteriore livello di sicurezza, aiutando ad abbinare i bambini a famiglie che possano offrire amore e sostegno a lungo termine.

L'adozione porta la pace

Di fronte a una gravidanza inaspettata, una madre naturale può sentirsi sopraffatta e preoccupata per il suo futuro e per quello del suo bambino; questa incertezza per lei e per il suo bambino può portarla a prendere la decisione di abortire. Tuttavia, scegliendo l'adozione, può trarre conforto dalla consapevolezza di aver preso una decisione amorevole e altruistica per il suo bambino, dandolo in adozione e, così facendo, di avergli dato la possibilità di vivere una vita meravigliosa.

Inoltre, la madre naturale può scegliere come portare avanti il processo di adozione. Un'adozione aperta consente un certo livello di contatto tra la madre naturale, i genitori adottivi e il bambino adottato. Questo può comportare lo scambio di foto, lettere, telefonate e videoconferenze. Scegliendo l'aborto, le madri possono chiedersi per sempre quale vita avrebbe potuto avere il loro bambino se non avessero abortito. Pertanto, uno dei maggiori vantaggi di un'adozione aperta rispetto a un aborto è la possibilità di conoscere il proprio figlio e di vederlo crescere e condurre una vita di successo.

Un altro tipo di adozione è l'adozione chiusa, talvolta nota come adozione segreta. Questo metodo protegge la privacy di entrambe le parti: la madre naturale e la famiglia adottiva non sanno quasi nulla l'una dell'altra. Significa anche che non ci saranno contatti con il bambino dopo il processo di adozione. Mantenere l'adozione segreta può essere necessario in alcune situazioni di abuso per proteggere la futura madre naturale e il suo bambino, evitando al contempo problemi con parenti o familiari che non la sostengono.

L'adozione è sicura e porta gioia ai genitori adottivi

L'infertilità è una lotta silenziosa che colpisce milioni di individui e coppie in tutto il mondo. Secondo il Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), tra i 48 milioni di coppie e i 186 milioni di persone sono affette da infertilità in tutto il mondo, diventando così un importante problema di salute pubblica che trascende i confini geografici, sociali ed economici.

L'impossibilità di concepire può essere un'esperienza emotivamente travolgente, che spesso costringe le coppie a navigare in un complesso panorama di cure mediche, aspettative sociali e dolore personale. Con l'aumento dei tassi di infertilità, aumenta anche la necessità di politiche di adozione e di sistemi di sostegno progressivi.

Tuttavia, nel bel mezzo di queste sfide, l'adozione emerge come un'alternativa potente e che dà forza alla vita. È semplicemente un'opzione realistica per le famiglie che hanno difficoltà a concepire un bambino, perché permette loro di realizzare il sogno di essere genitori. Aprendo i loro cuori e le loro case a un bambino che la madre non ha potuto mantenere, i genitori adottivi hanno l'opportunità di avere un impatto positivo e duraturo sul mondo.

Per coloro che sognano di diventare genitori ma incontrano ostacoli al concepimento naturale, l'adozione offre un modo profondo per costruire una famiglia, legata non dalla biologia ma dall'amore, dall'impegno e da un futuro condiviso. Oltre a soddisfare i desideri di genitori speranzosi, l'adozione offre ai bambini, molti dei quali possono essere rimasti orfani, abbandonati o rinunciati, la sicurezza di una casa amorevole e la promessa di un futuro migliore.

Protezione legale

Al di là delle dimensioni emotive e sociali, l'adozione è fondamentalmente un processo legale, che garantisce trasparenza, responsabilità etica e protezione per tutte le parti coinvolte. In sostanza, l'adozione trasferisce i diritti e le responsabilità genitoriali dalla madre naturale alla famiglia adottiva, formalizzando la relazione in modo da garantire la stabilità a lungo termine del bambino.

Per le madri naturali, l'adozione offre tutele legali che ne salvaguardano i diritti e l'autonomia nel processo. In molti Paesi, le madri in attesa hanno il diritto di partecipare alla selezione di una famiglia adottiva, assicurando che il loro bambino sia affidato a una famiglia in linea con i loro valori e desideri. I quadri giuridici prevedono anche che le madri naturali abbiano un periodo decisionale strutturato, dando loro il tempo di fare una scelta informata e volontaria senza pressioni esterne.

Per le famiglie adottive, il processo legale garantisce legittimità e sicurezza. Fornisce chiari diritti genitoriali, proteggendoli da potenziali controversie e affermando il loro ruolo di tutori legali del bambino. Le leggi sull'adozione impongono anche linee guida rigorose per evitare pratiche non etiche, come la coercizione o lo sfruttamento finanziario, assicurando che le adozioni siano condotte nel migliore interesse del bambino.

In breve, l'adozione è una sana alternativa all'aborto. Offre alle madri naturali l'opportunità di fare una scelta positiva per il loro bambino non ancora nato, prendendosi cura del proprio benessere emotivo e fisico. Offre alle famiglie l'opportunità di diventare genitori, offre protezione legale a tutte le parti coinvolte e ha un impatto positivo sulla società.

L'autoreBryan Lawrence Gonsalves

Fondatore di "Catholicism Coffee".

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Adolescenza, un'analisi della serie di moda

Quello che la serie "Adolescence" ci insegna è che, in assenza dei genitori, l'innocenza dei nostri figli è stata rubata quasi senza che ce ne accorgessimo.

8 aprile 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

Il successo della miniserie "Adolescencia" è stato devastante. L'ottima sceneggiatura, la produzione e la recitazione ne sono una parte importante, ma soprattutto il tema trattato è avvincente, commovente e porta a una riflessione profonda che deve condurci all'azione.

Ci sono posizioni controverse al riguardo, ma io mi concentrerò sul messaggio che ho ricevuto personalmente.

Mi occupo di consulenza familiare da 30 anni e ho visto il cambiamento radicale dei problemi che le famiglie devono affrontare. Nei matrimoni si moltiplicano le separazioni e i divorzi. Entrambi i genitori, anche quando sono insieme, lavorano così tante ore al giorno e hanno così tanti impegni sociali o di lavoro che il tempo trascorso con i figli è poco, anzi pochissimo.

Una distrazione di cui non siamo consapevoli

In assenza dei genitori, l'innocenza dei nostri figli è stata rubata quasi senza che ce ne accorgessimo. I maghi dicono di fare i loro trucchi attraverso la distrazione. Cercano di far sì che lo spettatore veda qualcos'altro, che si concentri in un'altra direzione, mentre il mago toglie o mette ciò che vuole impressionare.

Che cosa ci distrae dal nostro lavoro educativo? Che cosa ci allontana dal percorso di piena realizzazione umana che deriva dalla formazione del carattere all'interno della famiglia?

Nel 2000, le conseguenze di questa tendenza sui nostri figli sembravano disastrose: aumento dei disturbi alimentari, ipersessualizzazione dell'ambiente, promozione del sesso precoce "protetto", aumento dell'abuso di sostanze (alcol e droghe). Nel 2020 erano state gettate le basi per una devastazione emotiva e morale dell'anima dei nostri adolescenti, aggravata dall'impatto della tecnologia. Le cliniche sono piene di adolescenti che hanno una vera e propria dipendenza digitale. La stragrande maggioranza subisce la pressione sociale di avere un'immagine perfetta o una vita perfetta. Aumentano il violenza e il bullismo online e nella vita reale. Aumentano la bassa autostima, la depressione e l'ansia.

La miniserie a cui mi riferisco rivela i gravi danni causati da questo abbandono in cui si trovano i nostri figli. Si rifugiano negli schermi, c'è poca convivenza familiare, i genitori permettono loro di chiudersi in casa con gli schermi per ore, i loro cattivi comportamenti sono giustificati perché "si sentono" tristi, irritabili, arrabbiati... dimentichiamo che fare spazio ai sentimenti significa conoscerli, capirli e scegliere con saggezza cosa farne; non si tratta di dare a questi sentimenti il controllo della nostra vita. Si tratta di conoscerli per poterli gestire nel modo più conveniente possibile.

L'adolescenza e l'inganno della società

I nostri adolescenti sono chiamati a sperimentare con il loro corpo e gli viene detto che è normale, sono portati a toccare, a sperimentare sensazioni... stanno sperimentando qualcosa per cui non sono del tutto preparati; i loro corpi reagiscono agli stimoli erotici, ma le loro menti e i loro cuori non sono ancora abbastanza maturi per affrontare le sfide di una vita affettivo-sessuale attiva. Non parliamo loro del loro valore come persone, del valore della sessualità stessa, che è così alto e importante. Parliamo loro così poco che non rivelano i "segreti" dei social network. Non conosciamo le icone sfortunate che significano insulti distruttivi e feriscono il concetto di sé così incipiente in questo periodo della vita.

La nostra società ci chiama vigorosamente all'edonismo e abbiamo abbandonato quegli ideali che ci spingono all'eroismo. Il concetto di Dio è nullo nella serie e nella vita di molte famiglie di oggi. Senza Dio, non conosciamo la differenza tra bene e male. Il protagonista continuava a ripetere: "Non ho fatto nulla di male". Uccidere un compagno di classe con un pugnale non era sbagliato per lui.

Vera riconciliazione

La vera riconciliazione tra persone in conflitto e inimicizia è possibile solo se queste si lasciano riconciliare allo stesso tempo con Dio, diceva San Giovanni Paolo II, non c'è pace senza giustizia, non c'è giustizia senza perdono.

La nostra fede ci chiama a imitare Cristo, che si è sacrificato per amore. Mi è sembrato molto forte sentire questa frase: "i genitori di oggi non si sacrificano nemmeno per i loro figli"... ma credo che in molti casi abbia il peso della verità.

Non vogliamo parlare di sforzo, di donazione e di obbedienza a un Dio che ci ha fatti per amore e per amare. Siamo distratti e abbiamo bisogno di amare di più, di sacrificarci di più, di impegnarci di più.

Famiglia, sii ciò che sei!

Torniamo a casa e dedichiamo il nostro tempo e il nostro ascolto a quei piccoli che hanno bisogno di essere amati e valorizzati dai loro genitori! Niente vale più della tua famiglia! Che i nostri piccoli non abbiano bisogno di ricevere riconoscimenti su internet, che si sentano così sicuri del loro valore da non essere sviati da commenti sconsiderati e malati. Insieme, come famiglia, andiamo a fare del bene. Che possano essere loro stessi agenti di cambiamento. Papa Francesco ha detto ai giovani che sono la speranza della Chiesa e dell'umanità. Ha chiesto loro di cambiare il mondo come ha fatto Maria: portando Gesù agli altri, prendendosi cura degli altri.

San Giovanni Paolo II, nel suo lettera alle famiglie ci ha ricordato la sublime missione che abbiamo come genitori: guidare i nostri figli affinché diventino uomini e donne buoni. E ci ha invitato a farlo attraverso una vita esemplare, rispettandoci a vicenda, vivendo e seminando la fede, facendo del bene. Ha invitato con voce potente: Famiglia, sii ciò che sei!

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Attualità

Gli "Amici di Monkole" lanciano una campagna per operare i giovani congolesi affetti da anemia falciforme

La Fondazione Amici di Monkole ha lanciato una campagna per pagare le operazioni all'anca di 10 giovani congolesi affetti da anemia falciforme. L'obiettivo è raccogliere 15.000 euro per interventi chirurgici cruciali che migliorino la qualità di vita dei pazienti.

Redazione Omnes-8 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

Attraverso la piattaforma Migranodearena.org, la Fondazione Amici di Monkole ha lanciato una campagna per raccolta fondi raccogliere 15.000 euro per pagare 10 operazioni per giovani congolesi affetti da anemia falciforme.

Anemia falciforme

L'anemia falciforme è una malattia genetica che colpisce migliaia di giovani nella Repubblica Democratica del Congo, impedendo loro di svolgere attività quotidiane come giocare, fare sport o frequentare la scuola.

Nella Repubblica Democratica del Congo, circa il 25% della popolazione è portatore del gene della falce e ogni anno nascono 40.000 bambini affetti dalla malattia della falce, che ha un tasso di mortalità molto elevato.

Questa patologia provoca una necrosi femorale che richiede un intervento chirurgico urgente per l'impianto di protesi d'anca, consentendo alle persone colpite di recuperare la mobilità e migliorare la qualità della vita.

In molti casi, le persone affette dalla malattia sono stigmatizzate e vivono in condizioni di estrema vulnerabilità, soprattutto nelle aree più svantaggiate di Kinshasa.

Un trattamento adeguato salva la vita

Víctor Barro, medico specializzato in traumatologia e chirurgia ortopedica, si recherà in Congo dal 16 al 25 aprile per effettuare interventi presso l'ospedale di Monkole. Questo sarà il suo dodicesimo viaggio nel Paese, dove ha eseguito più di 100 interventi su giovani affetti da anemia falciforme.

Secondo il dottor Barro, con il giusto trattamento, i pazienti possono iniziare a condurre una vita normale entro pochi giorni dall'intervento, il che rappresenta un'opportunità unica per migliorare il loro futuro. Il budget per ogni intervento comprende esami diagnostici, intervento chirurgico, follow-up post-operatorio e trattamento preventivo contro l'anemia.

Ogni operazione costa 1.500 euro e copre tutto, dalle consultazioni mediche alla riabilitazione post-chirurgica.

Cinema

La quinta stagione di The Chosen viene presentata in anteprima in Vaticano

The Chosen ha presentato in anteprima la sua quinta stagione a Roma e in Vaticano, alla presenza di Elizabeth Tabish, l'attrice che interpreta Maria Maddalena.

Rapporti di Roma-7 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

La quinta stagione di The Chosen è stata presentata in anteprima in Vaticano, con la partecipazione di Elizabeth Tabish, l'attrice che interpreta Maria Maddalena.

Questa quinta stagione introduce gli spettatori ai giorni che precedono la Passione di Cristo, dall'ingresso trionfale a Gerusalemme all'Ultima Cena.


Ora potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.

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Zoom

Il Papa saluta i partecipanti al Giubileo dei Malati

Dopo la Messa celebrata in San Pietro, Papa Francesco si è recato a salutare i partecipanti al Giubileo dei Malati e al Mondo della Salute.

Redazione Omnes-7 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto
Evangelizzazione

San Giovanni Battista de La Salle, fondatore delle Scuole Cristiane

Il 7 aprile, la liturgia celebra San Giovanni Battista de La Salle, sacerdote, teologo ed educatore francese, fondatore con altri insegnanti dell'Istituto dei Fratelli delle Scuole Cristiane e delle opere educative di La Salle, diffuse in più di 80 Paesi.  

Francisco Otamendi-7 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

San Giovanni Battista de La Salle nacque a Reims (Francia) nel 1651, fu sacerdote ed educatore, e fondato le Scuole Cristiane. Era figlio di una famiglia benestante, ma la maggior parte della gente a quel tempo era molto povera: contadini nelle zone rurali e abitanti delle baraccopoli nelle città. Solo pochi potevano permettersi di mandare i figli a scuola. La maggior parte dei bambini aveva poche speranze per il futuro.

Ordinato sacerdote a 27 anni, Dio l'ha condotto a San Giovanni Battista di assumersi la responsabilità dell'educazione dei bambini poveri e della formazione degli insegnanti. Si è unito a un gruppo di insegnanti e, con il loro aiuto, aprirono scuole gratuite. Iniziarono a vivere come una comunità e presero il nome di Fratelli delle Scuole Cristianeora generalmente conosciuti come Fratelli de La Salle, si legge nei siti web lasalliani.

Istruzione e formazione

Tra le innovazioni del santo c'è l'insegnamento di gruppo per i bambini - all'epoca ogni bambino veniva educato separatamente. Fondò a Parigi una scuola gratuita per i ragazzi poveri e aprì due università dedicate alla formazione degli insegnanti: a Reims e a Saint-Denis. Attualmenteun milione di bambini e giovani riceve educazione nelle Opere Educative de La Salle in più di 80 Paesi. San Giovanni Battista de La Salle è stato canonizzato nel 1900 e nel 1950 è stato nominato patrono degli educatori. 

L'autoreFrancisco Otamendi

Evangelizzazione

"Risorto": la nuova app di canto del Cammino Neocatecumenale

L'app ufficiale del canzoniere "Resurrected" offre testi, accordi e audio delle canzoni del Cammino Neocatecumenale.

Teresa Aguado Peña-7 aprile 2025-Tempo di lettura: < 1 minuto

"Siamo felici di annunciare che l'app ufficiale del Libro de Cantos Resucitó è ora disponibile per l'installazione, in diverse lingue e su dispositivi Android e iOS", informa il sito ufficiale del Camino.

Il canto è una parte importante dei festeggiamenti per la Cammino Neocatecumenale. Sia nelle liturgie, sia negli incontri vocazionali, sia nei sacramenti o in celebrazioni più particolari. Sono un modo per lodare e avvicinare i loro membri a Dio.

La maggior parte dei testi e delle musiche, composti dal co-iniziatore del Cammino Neocatecumenale, Kiko Argüello, sono tratti dalle Scritture e dalla tradizione ebraica e sono raccolti in un libro di canzoni intitolato "Resurrected", che ora è stato convertito in un libro di canzoni. applicazione mobile.

Questa applicazione non ospita informazioni sui canti, ma utilizza le informazioni pubblicate dal Centro Neocatecumenale di Madrid con i canti ufficiali, con un'interfaccia rinnovata, migliorando l'esperienza dell'utente.

Lingue disponibili

L'applicazione "Resucitó", disponibile in spagnolo, italiano e portoghese, permette di consultare facilmente tutte le canzoni del Cammino Neocatecumenale con i loro testi, gli accordi e una versione audio di ogni canzone. Include anche una sezione di notizie sul movimento.

Si tratta quindi di un supporto pratico e accessibile per salmisti e fratelli che desiderano avere sempre a portata di mano il repertorio completo. "Solo qui puoi trovare, aggiornate rispetto all'edizione cartacea, le versioni ufficiali di tutti i canti", si legge sul sito. "RESUCITÓ" è già disponibile per il download sulle principali piattaforme digitali e promette di diventare una risorsa indispensabile per i fedeli del Cammino Neocatecumenale di tutto il mondo.

L'autoreTeresa Aguado Peña

Evangelizzazione

La ricchezza della lettura

Papa Francesco sottolinea la lettura come strumento chiave per la formazione culturale e spirituale, invitando i cristiani ad approfondire la loro fede e la loro dottrina per rispondere alle sfide di oggi.

José Carlos Martín de la Hoz-7 aprile 2025-Tempo di lettura: 4 minuti

L'estate scorsa, il Santo Padre Francesco ha pubblicato una lettera sul ruolo della letteratura nella formazione (4 agosto 2024) rivolta a sacerdoti, seminaristi, operatori pastorali e, in generale, ai cristiani che desiderano imparare a riposare leggendo, a formarsi culturalmente e a prepararsi a intervenire nei dibattiti fondamentali che si svolgono attualmente nella nostra società.

Non c'è dubbio che possiamo ritirarci per motivi di età, di stanchezza, di affaticamento o di interesse, dalla prima linea e lasciare ad altri il compito di formare le teste e i cuori di cristiani che possano contribuire alla battaglia culturale che è di particolare interesse in questo momento. 

È anche vero che, anche se altri parlano nei dibattiti, scrivono sulla stampa, diffondono la verità di Gesù Cristo e il suo messaggio di salvezza e felicità su Internet, non possiamo evitare la domanda, perché generazioni di cristiani verranno a chiederci, nel calore della nostra fiducia e amicizia, le questioni che sono sulla strada.

Affrontare il naufragio del nostro tempo

Nella prima delle Encicliche del Santo Padre Francesco, "Lumen Fidei"(29 giugno 2013), il Papa si riferiva al fatto che ogni generazione di cristiani avrebbe dovuto affrontare le questioni dottrinali che appaiono più oscure ai nostri simili. 

Il problema e la preoccupazione di oggi è proprio la perdita di fiducia nella Chiesa in tanti ambienti e in ampi settori della società. Per ricostruire la fiducia, è essenziale vivere con coerenza tra fede e azione, conoscere la dottrina di Gesù Cristo e saperla comunicare efficacemente agli uomini del nostro tempo. In altre parole, abbiamo bisogno, come dice il linguaggio colloquiale, di "capire" e anche di "spiegare".

Ad esempio, nel caso degli abusi commessi da alcuni sacerdoti e religiosi in tutto il mondo, dobbiamo sapere quali sono state le cause scatenanti: perdita del senso della relazione personale e violazione della libertà e dell'autorità morale delle persone, perdita del senso soprannaturale e umano, ecc. Inoltre, tutti i protocolli che Papa Francesco ha stabilito per questi problemi dovrebbero essere applicati al più presto, come ha sempre fatto il magistero della Chiesa, sapendo essere molto vicini alle vittime e alle loro famiglie e anche ai colpevoli perché non cadano nella disperazione. 

Cultura e coltivazione personale

Tra gli argomenti di lettura e di possibile approfondimento, dobbiamo favorire la cultura necessaria per conoscere Gesù Cristo e innamorarci di Lui, conoscere la dottrina della Chiesa per identificarci con essa e conoscere noi stessi per poter amare sempre di più e meglio Dio e le anime.

Il genere teologico e scritturistico è in crescita da quando il libro Gesù di Nazareth di Papa Benedetto XVI ha portato nel bagaglio comune dei sacerdoti i contributi veri e pesati dell'esegesi moderna. È molto interessante la raccolta di libri curata da Santiago Guijarro in ediciones Sígueme, così come la raccolta di patristica di Ciudad Nueva, le opere di Mons. Cesar Augusto Franco e José Miguel García sui primi tempi del cristianesimo.

Una migliore comprensione del mistero della Chiesa e dei mezzi di santificazione. Proprio l'immagine della Chiesa come "Comunione" esprime giustamente una delle chiavi del Concilio Vaticano II ed è stata sviluppata da Benedetto XVI e dai grandi ecclesiologi del tempo presente. Basta leggere i manuali di ecclesiologia delle varie case editrici.

Santità personale

Il documento di Papa Francesco "Gaudete et exultate" (Roma 18 marzo 2018) ci ha aiutato a scoprire la ricchezza e l'attualità del concetto di beatitudini e di quello di virtù come veri e propri doni di Dio e, quindi, ad avvicinarci alla vita cristiana come una risposta d'amore a un invito d'amore, piuttosto che come uno sforzo faticoso ed estenuante.

Ovviamente, questo tocca molto da vicino la questione della santità canonizzabile: come deve essere formulata la "Positio" sulla vita, le virtù e la fama di santità dei servi di Dio e, di conseguenza, considerare le "virtù eroiche" come l'abbondanza della grazia di Dio e la risposta al dono di Dio. Vale la pena di leggere la traduzione del libro contenente i commenti di grandi pensatori del tempo su "Gaudete et exultate", che sarà presto pubblicato dalla BAC.

Tra le conclusioni del recente Congresso sulle vocazioni nella Chiesa, tenutosi all'IFEMA con più di 3.000 partecipanti, quasi settanta vescovi e diverse istituzioni e diocesi, è emersa l'importanza della famiglia cristiana come culla delle vocazioni. Il suo ruolo è fondamentale per rafforzare il tessuto cristiano e contribuire al futuro della Chiesa e della società.

La chiave della famiglia

La formazione di migliaia di famiglie cristiane spetta a tutti noi: essere "rodrigoni" di famiglie, essere vicini alla famiglia perché cresca sana in un ambiente inospitale, alla confluenza con altre famiglie disparate.

Sia la "Familaris consortio" di San Giovanni Paolo II che la "Amoris laetitia" di Papa Francesco forniscono una ricchezza di spunti per la formazione delle famiglie e per la cura pastorale delle famiglie disfunzionali. Per insegnare ad amare, dobbiamo imparare ad amare. Dobbiamo insegnare ai coniugi ad amarsi, perché in molti casi non hanno più il punto di riferimento dei genitori e dei nonni.

Ovviamente, dovremo leggere molti libri che vengono pubblicati da tutte le case editrici sulla vita di preghiera, sull'adorazione del Santissimo Sacramento, sulla meditazione del Vangelo e così via. Imparare ad amare ci insegnerà ad amare nell'accompagnamento spirituale e nelle conversazioni con i giovani.

L'amicizia e l'amore sono valori in crescita nella nostra società. Il "Nuovo Comandamento" è "come io vi ho amato". La chiave è il rapporto personale nella preghiera. 

Educazione

Educazione affettivo-sessuale. Una sfida inevitabile

L'educazione affettivo-sessuale è essenziale perché i giovani sviluppino la loro identità in modo sano ed equilibrato. La Chiesa, attraverso le sue istituzioni, ha un'occasione d'oro per presentare la sua proposta antropologica attraverso programmi di formazione che hanno dimostrato la loro validità.

Javier García Herrería-7 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

In questo numero della nostra rivista presentiamo un dossier incentrato sull'importanza di fornire un'educazione affettivo-sessuale a bambini e ragazzi. Si tratta di una necessità imprescindibile, visto il contesto in cui crescono le nuove generazioni. È fondamentale ricordare che questo tipo di educazione spetta innanzitutto ai genitori, che hanno il dovere di trasmettere ai figli una visione equilibrata e sana dell'affettività e della sessualità. Tuttavia, molti di loro non hanno ricevuto questa formazione in gioventù, né hanno discusso di questi temi con i propri genitori. Questa mancanza di punti di riferimento e di strumenti ostacola notevolmente la loro capacità di affrontare conversazioni così delicate.

Confrontarsi con il contesto

Tuttavia, il silenzio non è un'opzione. In un mondo ipersessualizzato, i bambini e gli adolescenti vengono plasmati da altre fonti: film, serie TV, social media e, in molti casi, pornografia. È urgente che i genitori prendano l'iniziativa e parlino con i loro figli prima che i messaggi ambientali plasmino le loro opinioni sulla sessualità. Gli schermi hanno un impatto profondo sulla percezione che i giovani hanno delle relazioni e dell'impegno. La cultura mediatica odierna, per la maggior parte, promuove un modello in cui il sesso è visto come mero intrattenimento, distaccato dall'amore e dall'impegno genuino verso l'altro.

La Chiesa e l'educazione affettivo-sessuale

Più di dieci anni fa, il vescovo spagnolo José Ignacio Munilla ha proposto che uno dei grandi contributi della Chiesa nel XXI secolo potrebbe essere proprio l'educazione affettivo-sessuale, così come lo sono stati in passato gli ospedali e le università. La Chiesa ha l'opportunità unica di offrire una visione alternativa, più umana e profonda dell'affettività e della sessualità. In questo senso, le istituzioni educative cattoliche, le parrocchie e le comunità cristiane non possono trascurare questo aspetto fondamentale nella formazione dei bambini e dei giovani. Inoltre, questo tipo di contenuti è un'opportunità privilegiata per mantenere il legame con gli adolescenti dopo la catechesi della cresima, una fase in cui spesso si allontanano dalla fede e dalla comunità ecclesiale.

In questo dossier abbiamo la collaborazione del vescovo Munilla, che ci offre una riflessione su come l'educazione affettivo-sessuale possa essere un faro di luce in mezzo alla confusione contemporanea. È un invito ai credenti ad assumersi questo compito con responsabilità, fornendo risposte chiare e formative in un mondo in cui i giovani cercano riferimenti solidi.

Le catechesi sulla Teologia del Corpo, tenute da San Giovanni Paolo II tra il 1979 e il 1984, offrono una profonda riflessione sul significato del corpo umano, della sessualità e dell'amore. Rappresentano senza dubbio il più importante contributo della Chiesa in questo campo e hanno dato origine a numerosi corsi e programmi di formazione ispirati ai suoi insegnamenti.

Programmi ed esperti

Oltre alla riflessione teorica, questo dossier include anche la testimonianza di esperti che lavorano da anni nel campo dell'educazione affettivo-sessuale. Rafael Lafuente, uno dei relatori più richiesti in questo campo, ha scritto un articolo per incoraggiare i genitori e le scuole a parlare di questi temi ai loro figli in modo sicuro e naturale. La sua esperienza gli ha permesso di comprendere le preoccupazioni delle famiglie e di offrire loro strategie concrete per affrontare l'educazione all'affettività e alla sessualità senza timori o tabù.

Presentiamo anche due programmi di educazione affettivo-sessuale che sono nati in ambienti cristiani e sono riusciti ad affermarsi in numerosi Paesi: il Imparare ad amare e il Teen STAR. Sebbene concepiti da una prospettiva cristiana, questi programmi si sono dimostrati altrettanto efficaci e applicabili anche in ambienti non credenti. Il loro approccio olistico, basato sul rispetto della dignità della persona e sulla promozione di relazioni sane e impegnate, li rende strumenti preziosi per qualsiasi comunità educativa.

In breve, l'educazione affettivo-sessuale non è un'opzione, ma un'urgenza. Di fronte a un mondo che offre ai giovani modelli confusi e spesso disumanizzanti, è responsabilità di genitori, educatori e comunità religiose fornire un'educazione che li aiuti a vivere l'affettività e la sessualità in modo pieno, consapevole e responsabile.


Se volete leggere l'intero dossier sull'educazione affettiva-sessuale, potete abbonarvi qui alla rivista Omnes. Con l'abbonamento, avrete accesso illimitato all'intero contenuto di Omnes e potrete godervi il nuovo numero all'inizio di ogni mese.

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Vaticano

Il Papa sorprende e va in piazza San Pietro con i malati

Papa Francesco ha sorpreso i fedeli e il mondo intero questa domenica mattina, 6 aprile, uscendo in Piazza San Pietro per benedire i pellegrini durante il Giubileo dei Malati e il Mondo della Salute. La malattia è "una scuola d'amore", ha affermato il Papa, che ha ricordato La testimonianza di Benedetto XVI sulla sofferenza.  

Francisco Otamendi-6 aprile 2025-Tempo di lettura: 3 minuti

Alla fine del Giubileo dei malati e il mondo dell'assistenza sanitaria, Papa Francesco ha sorpreso e è uscito in piazza San Pietro in sedia a rotelle, e di benedire i fedeli. "Grazie a tutti", ha detto il Papa. "Buona domenica a tutti, grazie di cuore.

Davanti agli oltre 20.000 pellegrini giunti a Roma per il Giubileo dei Malati e del Mondo della Salute, e in convalescenza nella Casa Santa Marta, il Papa ha voluto salire sull'altare maggiore, condividere la sua testimonianza e la sua vita. salutare i malati e assistenti che hanno partecipato al giubileo.

L'arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto della Sezione per le questioni fondamentali del Dicastero per l'Evangelizzazione, ha sottolineato che Papa Francesco "è particolarmente vicino a noi". Poi, prima della lettura del l'omelia del Papaha detto che il Pontefice condivide "l'esperienza della malattia, del sentirsi deboli, del dipendere dagli altri per molte cose, del bisogno di sostegno".

La scuola della malattia

Nell'omelia, il Papa ha sottolineato che "non è sempre facile, ma è una scuola in cui impariamo ogni giorno ad amare e a lasciarci amare, senza fingere e senza rifiutare, senza lamentarci e senza disperarci, grati a Dio e ai fratelli per il bene che riceviamo, abbandonati e fiduciosi in quello che deve ancora venire".

"Certamente", ha aggiunto il Santo Padre, "la malattia è una delle prove più difficili e dure della vita, nella quale percepiamo la nostra fragilità. Può farci sentire come il popolo in esilio, o come la donna del Vangelo, priva di speranza per il futuro. Ma non è così.

"Anche in questi momenti, Dio non ci lascia soli e se ci abbandoniamo a lui, proprio dove le nostre forze vengono meno, possiamo sperimentare la consolazione della sua presenza". Il Signore stesso, fattosi uomo, "ha voluto condividere tutta la nostra debolezza", e così a lui "possiamo presentare e affidare il nostro dolore, certi di trovare compassione, vicinanza e tenerezza". 

La testimonianza di Benedetto XVI sulla sofferenza

Nel concludere, il Papa ha ricordato il suo predecessore Benedetto XVI, "che ci ha dato una bella testimonianza di serenità nel momento della sua malattia". Nella sua enciclica "Spe salvi" ha scritto che "la grandezza dell'umanità è determinata essenzialmente dal suo rapporto con la sofferenza" e che "una società che non accetta coloro che soffrono [...] è una società crudele e disumana". Infatti, "affrontare insieme la sofferenza ci rende più umani, e la condivisione del dolore è un passo importante in ogni cammino verso la santità".

A coloro che soffrono

Nel testo preparato per il AngelusPapa Francesco ha pregato che "nel giorno del Giubileo dei malati e del mondo della sanità, chiedo al Signore che questo tocco del suo amore raggiunga coloro che soffrono e incoraggi coloro che si prendono cura di loro. E prego per i medici, gli infermieri e gli operatori sanitari, che non sempre sono aiutati a lavorare in condizioni adeguate e talvolta sono anche vittime di aggressioni.

Per la pace

Alla fine, ha incoraggiato a "pregare per la pace nella martoriata Ucraina, colpita da attacchi che causano molte vittime civili, tra cui molti bambini. E lo stesso vale per Gaza, dove la gente è ridotta a vivere in condizioni inimmaginabili, senza riparo, senza cibo, senza acqua potabile. Che le armi tacciano e che il dialogo riprenda; che tutti gli ostaggi siano liberati e la popolazione salvata. 

"Preghiamo per la pace in tutto il Medio Oriente, in Sudan e Sud Sudan, nella Repubblica Democratica del Congo, in Myanmar, anch'esso provato dal terremoto, e ad Haiti, dove infuria la violenza che ha ucciso due suore pochi giorni fa. La Vergine Maria ci protegga e interceda per noi", conclude il Papa.

L'autoreFrancisco Otamendi

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Il cristianesimo ha senso oggi?

Il cristianesimo sarà rilevante se si rinnoverà spiritualmente, si secolarizzerà senza perdere la sua essenza e incoraggerà il dialogo tra credenti e non credenti. Per costruire una società più giusta e umana, deve recuperare la sua vitalità, aprirsi alla trascendenza ed evitare di cadere nel vittimismo o nella paura.

6 aprile 2025-Tempo di lettura: 2 minuti

Nei prossimi giorni, La sfera del libro pubblicherà il mio saggio intitolato Il significato del cristianesimo Il cristianesimo può dare un contributo significativo alla costruzione di una società più giusta e attenta? Come dovrebbe affrontare le sfide poste dal secolarismo, dal materialismo e dal nichilismo?

La mia risposta è ottimista, sia per chi professa la fede cristiana sia per chi non la professa. Il cristianesimo ha ancora vitalità; non è affatto, come alcuni sostengono, una causa persa. Essere cristiani nella società consumistica di oggi ha un valore intrinseco ed è vantaggioso per tutti, credenti e non credenti. Se l'essere umano del XXI secolo desidera recuperare se stesso, il cristianesimo deve essere preso in seria considerazione. Per farlo, è essenziale un ritorno alla contemplazione, alla mistica, all'estetica e alla liturgia.

Per continuare a illuminare il nostro ambiente, il cristianesimo ha bisogno di un intenso processo di rinnovamento spirituale, di tornare alle sue radici, di contemplare incessantemente il Cristo crocifisso e risorto. Paradossalmente, per rinnovarsi, il cristianesimo deve secolarizzarsi e declericalizzarsi, e guardare ai primi cristiani, quelli che hanno vissuto prima che nel IV secolo si stabilisse l'alleanza tra religione e politica, altare e trono.

Sostengo che una società che subisce un processo di secolarizzazione senza la guida del cristianesimo corre il rischio di cadere in una situazione di stallo, precipitando in un individualismo estremo, in una mancanza di scopo e in una profonda tristezza esistenziale. In breve, la decadenza. Pertanto, la mia posizione è chiara: secolarizziamo il cristianesimo e apriamo il processo di secolarizzazione alla trascendenza. Collaboriamo tra credenti e non credenti, promuoviamo il dialogo ed eliminiamo i pregiudizi ideologici e la dannosa polarizzazione che si è creata sulla scia della cultura woke.

Una sana secolarizzazione non esclude Dio

Una sana secolarizzazione che apre le porte alla trascendenza non esclude Dio. In questo saggio, metto a confronto le tesi dell'ateismo moderno con le esperienze mistiche di tante persone nel corso dei secoli. Sostengo che la fede cristiana non si basa solo su prove razionali, ma sull'esperienza personale e sulla rivelazione divina. Insisto anche sull'importanza della fede come elemento fondamentale per comprendere il pieno significato dell'esistenza umana e per costruire una società più giusta e compassionevole.

Concludo questo saggio con un fervente appello alla costruzione di una cultura dell'amore, fondata sui valori essenziali del cristianesimo. Questa cultura deve essere inclusiva, accogliere la diversità, promuovere il dialogo onesto e l'apertura alla spiritualità. A mio avviso, il cristianesimo non è una minaccia per la società moderna, come è stato detto; piuttosto, è una fonte inesauribile di ispirazione per forgiare un mondo più umano, giusto e attento.

Il significato del cristianesimo

AutoreRafael Domingo Oslé
Editoriale: La sfera dei libri
Pagine: 296
Anno: 2025

La nostra società ha la capacità di avanzare più rapidamente e di trovare un equilibrio più efficace se si trasforma in uno spazio che sia contemporaneamente più secolare e più trascendente. Deve imparare a essere più tecnica e allo stesso tempo più umana, più attiva e anche più contemplativa. In breve, deve aspirare a essere un luogo di maggiore felicità e benessere.

Un cristianesimo vivace può illuminare l'era secolare? Certamente. Ma non un cristianesimo stanco e vittimista, né un cristianesimo timoroso che si nasconde o manca di chiarezza e di scopo. Ciò di cui la nostra società ha veramente bisogno è un cristianesimo rivitalizzato, energico, audace e trasformativo, che meriti l'entusiastico ed eterno riconoscimento di Gesù Cristo.

L'autoreRafael Domingo Oslé

Professore e titolare della cattedra Álvaro d'Ors
ICS. Università di Navarra.