Vaticano

Il Papa incoraggia la "gioiosa evangelizzazione" e il sostegno agli ucraini

Nel suo discorso ai pellegrini di varie lingue, a cui presto si aggiungerà il cinese, Papa Francesco ha incoraggiato i presenti a irradiare la gioia, frutto dell'incontro con Gesù, nell'Avvento che inizia domenica, seguendo l'esempio di San Filippo Neri. Inoltre, circondato da scolari francesi, ha chiesto di pregare per i bambini ucraini in questo inverno.

Francisco Otamendi-27 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Seminare e pregare per la pace, soprattutto per l'Ucraina e la Terra Santa, e trasmettere la gioia del Vangelo con l'arrivo dell'Avvento, sono stati i temi centrali del convegno. catechesi di Papa Francesco mercoledì scorso, con decine di bambini seduti sui gradini della predella in Piazza San Pietro.

Ad esempio, rivolgendosi ai fedeli di diverse lingue, Francesco ha ricordato che "domenica prossima iniziamo l'Avvento, il tempo di preparazione al Natale", e li ha incoraggiati a "vivere questo tempo di grazia, irradiando la gioia che è frutto dell'incontro con Gesù, con una preghiera vigile e una speranza ardente".

Pregare per i giovani ucraini in inverno

Nel sollecitare la preghiera per la pace, si è rivolto in particolare ai bambini parigini presenti sulla scalinata, chiedendo loro di non dimenticare i ragazzi. Ucraini che sono in guerra, non hanno riscaldamento e soffrono il freddo in un inverno molto forte e rigido. "Pregate per i giovani e i ragazzi ucraini".

In particolare, nelle sue parole ai pellegrini polacchi, ha dettoPolonia Ha detto: "Siate caritatevoli e costruttori di pace a sostegno di coloro che sono malati e che soffrono a causa delle guerre, specialmente gli ucraini che affrontano l'inverno. Vi benedico di cuore".

Con Gesù c'è sempre gioia e pace

Nel suo discorso in italiano, il Papa ha ripreso il ciclo di catechesi "Lo Spirito e la Sposa", e ha incentrato la sua meditazione sul tema "I frutti dello Spirito Santo. La gioia", con la lettura di un brano della Lettera di San Paolo ai Filippesi.

San Paolo, nella Lettera ai Galati, ci dice che "il frutto dello Spirito è amore, gioia e pace, magnanimità, dolcezza, bontà e fiducia, mitezza e temperanza" (Gal 5,22)", ha esordito il Santo Padre. "Questi frutti sono il risultato di una collaborazione tra la grazia di Dio e la libertà umana, che tutti siamo chiamati a coltivare per crescere nella virtù. Tra tutti questi frutti, vorrei sottolineare quello della gioia". 

La gioia del Vangelo diventa contagiosa

"A differenza di qualsiasi altra gioia che possiamo sperimentare in questa vita, che alla fine sarà sempre fugace, la gioia del Vangelo non è soggetta al tempo, può essere rinnovata ogni giorno e diventa contagiosa. Inoltre, condividerla con gli altri la fa crescere e moltiplicare", ha detto.

Vediamo questo frutto dello Spirito evidente, per esempio, "nella vita di molti santi come San Filippo Neriche ha saputo testimoniare il Vangelo contagiando tutti con la sua gioia, la sua bontà e la sua semplicità di cuore".

"Rallegratevi sempre nel Signore".

Il Papa ha ricordato la sua Esortazione Apostolica Evangelii gaudium. La parola "Vangelo" significa buona notizia. Perciò, non può essere comunicata con musi lunghi e con un volto cupo, ma con la gioia di chi ha trovato il tesoro nascosto e la perla di grande prezzo".

"Ricordiamo l'esortazione che San Paolo rivolse ai credenti della Chiesa di Filippi", ha infine sottolineato, "e che ora rivolge a noi: 'Rallegratevi sempre nel Signore, ve lo ripeto, rallegratevi, e mostrate a tutti uno spirito molto aperto. Il Signore è vicino" (Fil 4,4-5)".

Quanto a San Felide Neri, il Papa ha ricordato che "il santo partecipò al Giubileo del 1575, che arricchì con la pratica, poi mantenuta, di visitare le Sette Chiese. Fu, nel suo tempo, un vero evangelizzatore attraverso la gioia".

Funerali del cardinale Ayuso Guixot

A mezzogiorno avrà luogo in San Pietro una Messa in suffragio del defunto cardinale spagnolo Miguel Angel Ayuso Guixot, prefetto del Dicastero per il Dialogo interreligioso, che sarà celebrata dal cardinale Giovanni Batista Re, decano del Collegio cardinalizio: "In ogni opera apostolica fu sempre animato dal desiderio di testimoniare, con dolcezza e saggezza, l'amore di Dio per l'uomo, operando per la fraternità tra i popoli e le religioni", ha dichiarato Papa Francesco sul cardinale Ayuso Guixot, appartenente alla congregazione dei Missionari Comboniani del Sacro Cuore di Gesù.

L'autoreFrancisco Otamendi

Vaticano

Aggiornare la comunicazione della Chiesa, conversazione con Massimiliano Padula

Secondo Massimiliano Padula, sociologo della Pontificia Università Lateranense, la Chiesa oggi è chiamata a promuovere un itinerario culturale che aiuti i fedeli a comprendere tempi, luoghi, linguaggi e codici della cultura digitale.

Giovanni Tridente-27 novembre 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Giovedì 28 novembre, il Pontificia Università Lateranense di Roma organizza un seminario a 20 anni dalla pubblicazione di "Comunicazione e Missione", il Direttorio della Conferenza Episcopale Italiana sulle comunicazioni sociali nella missione della Chiesa. Il Documento è nato in un contesto storico in cui si cominciava a parlare di professionalizzazione della comunicazione e ha rappresentato un impulso decisivo per molte realtà ecclesiali a iniziare a investire in questo campo.

A distanza di due decenni, facciamo il punto con Massimiliano Padula, sociologo dei processi culturali e comunicativi che insegna Scienze della Comunicazione Sociale all'Università Lateranense, per capire quale impatto può ancora avere questo documento sulle realtà ecclesiali di altri Paesi.

Da dove nasce l'idea di "celebrare" il 20° anniversario di un documento pionieristico relativo alla comunicazione della Chiesa?

- L'evento nasce da una duplice esigenza. Innanzitutto riflettere sull'intenzione pastorale che ha determinato l'impulso a pensarlo, scriverlo e pubblicarlo: offrire alle realtà ecclesiali un'occasione per rimettere a fuoco il ruolo della donna nella Chiesa. comunicazioni socialima anche nei cambiamenti che stavano avvenendo nel mondo contemporaneo in quel periodo. Il desiderio dei vescovi italiani era quello di incoraggiare un vero e proprio cambiamento di mentalità e di disposizione nel modo di percepire e vivere la missione nella Chiesa nel contesto della cultura mediatica.

La seconda esigenza riguarda il suo aggiornamento nel mondo digitale contemporaneo, e questo non riguarda solo l'Italia, ma la Chiesa universale. Nel 2004, nonostante la progressiva diffusione di Internet, la scena mediatica era prevalentemente caratterizzata da quelli che oggi chiamiamo "media tradizionali". Televisione, radio, giornali e case editrici hanno continuato ad avere un profondo impatto sull'opinione pubblica.

Oggi, con il web, le differenze nazionali sono molto meno evidenti ed è quindi necessario sviluppare progetti e processi di comunicazione integrati e globali che, pur con i necessari adattamenti, siano rivolti a tutte le realtà ecclesiali.

Quali innovazioni sono state decisive per gli organismi coinvolti nella comunicazione a livello ecclesiastico?

- Chiunque in Italia si sia occupato di comunicazione in ambito religioso ha probabilmente "incontrato" il Direttorio, lo ha studiato e ne ha più o meno messo in pratica le linee guida. Poi ha superato i confini italiani per diventare - anche per altre chiese - una fonte di ispirazione e un modello di pensiero cristiano e di pratiche comunicative efficaci.

L'innovazione principale è quindi quella di aver dato dignità teologico-pastorale alla comunicazione. Da molti anni, infatti, il mondo cattolico (conferenze episcopali, diocesi, comunità religiose) sta investendo nella comunicazione, attuando molte delle iniziative previste dal Documento. Tra queste, il rinnovamento della catechesi e dell'educazione alla fede, il sostegno alla formazione tecnologica, il miglioramento della sinergia tra media nazionali e locali, la rigenerazione delle sale parrocchiali, la delineazione del profilo del cosiddetto "animatore della cultura e della comunicazione".

Quest'ultimo, in particolare, ha rappresentato un'importante novità: si tratta di un vero e proprio "ministero" che, accanto ai ruoli riconosciuti di catechista, animatore della liturgia e della carità, ha il compito di coordinare la pastorale della cultura e della comunicazione nelle diocesi, nelle parrocchie e nelle comunità religiose.

In 20 anni il panorama della comunicazione è profondamente cambiato: quali prospettive deve aggiornare l'Annuario?

- Se da un lato ritengo che i tempi siano maturi per una sua revisione, dall'altro sono convinto che la parola "annuario" abbia ormai perso un po' di efficacia. Infatti, si riferisce a qualcosa di stabilito, indicativo, poco flessibile. Lo stesso vale per i decaloghi o i manifesti, che hanno certamente proposizioni degne di nota, ma rischiano di ridurre le buone idee e le pratiche a semplici slogan. Ciò è ancora più evidente nell'odierno universo digitale, difficile da intercettare, comprendere e delimitare.

Di conseguenza, credo che oggi la Chiesa universale, messa alla prova da contingenze come la secolarizzazione, più che proporre precetti ideali, dovrebbe favorire un itinerario culturale che aiuti i fedeli a comprendere tempi, luoghi, linguaggi e codici della cultura digitale.

E questo si può fare inquadrando la pastorale digitale non come un ambito pastorale specifico, ma come una dimensione trasversale dell'azione ecclesiale. Oggi, infatti, digitale non significa solo comunicazione, ma "tocca" la liturgia, la catechesi, i giovani, la famiglia, il sociale, l'insegnamento della religione e tutto ciò che una Chiesa vive come servizio al popolo di Dio.

Infine, una riflessione sulla cultura digitale e sull'intelligenza artificiale: come possono le parrocchie, le diocesi, le comunità religiose e le chiese nazionali vivere questi nuovi processi per evangelizzare e costruire il bene comune?

- Nel Messaggio per la 53ª Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali 2019, Papa Francesco ha scritto quanto sia fondamentale passare - quando si tratta di social network - dalla diagnosi alla terapia, preferendo alla logica effimera del like quella dell'amen, fondata sulla verità e "con la quale ciascuno aderisce al Corpo di Cristo, accogliendo gli altri".

Quindi, va bene creare possibilità e interrelazioni con questi temi, così come è importante essere formati su di essi, ma credo che oggi uno dei compiti della chiesa come istituzione, ma anche di ogni donna e uomo di buona volontà, sia quello di riprendere coscienza della Grazia dell'umanità stessa e di riaffermarne la bellezza anche negli spazi di programmazione online o algoritmici.

Spagna

I vescovi spagnoli condannano inequivocabilmente la "guarigione intergenerazionale".

La Commissione episcopale spagnola per la dottrina della fede ha pubblicato una nota dottrinale sulla "guarigione intergenerazionale", mettendo in guardia sulla sua mancanza di basi nella tradizione e nella dottrina della Chiesa. Questa pratica, promossa da alcuni sacerdoti, è vista come un pericoloso sincretismo teologico che può causare danni spirituali. La nota sottolinea che il peccato è personale e non si trasmette di generazione in generazione, difendendo l'efficacia del battesimo e della grazia di Dio.

Redazione Omnes-26 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Negli ultimi anni, alcune diocesi spagnole hanno individuato la pratica della cosiddetta "guarigione intergenerazionale" nelle preghiere e nei ritiri promossi da movimenti carismatici. Preoccupati da questa situazione, i vescovi della Commissione per la Dottrina della Fede della Conferenza Episcopale Spagnola hanno richiesto studi a esperti di teologia e psicologia per analizzare questa pratica. Dopo aver valutato i rapporti, nel marzo 2024 hanno deciso di redigere una nota che sintetizzasse le informazioni su questa pratica e offrisse una valutazione dottrinale, evidenziandone i rischi e sottolineandone l'incompatibilità con la tradizione e la fede della Chiesa. Il documento è stato approvato nel settembre 2024 per essere distribuito ufficialmente ed è stato pubblicato il 26 novembre.

Che cos'è la "guarigione intergenerazionale"?

La teoria e la pratica della "guarigione intergenerazionale", chiamata anche "guarigione dell'albero genealogico", si basa sulle opere controverse di diversi autori che combinano psicologia, terapia e spiritualità. Uno dei principali esponenti è Kenneth McAll, medico e missionario anglicano, che si rifà alla psicologia di Carl Gustav Jung per stabilire un legame tra la malattia e le forze del male. In seguito, questa idea è stata sviluppata dal clarettiano John Hampsch e dal sacerdote Robert DeGrandis, che ha reso popolare questa pratica all'interno del Rinnovamento Carismatico Cattolico grazie alla sua vicinanza a questo movimento.

Questi autori sostengono che il peccato può essere trasmesso tra le generazioni, sostenendo che i peccati non perdonati degli antenati sarebbero responsabili di disturbi fisici e psicologici nei loro discendenti. Secondo questa prospettiva, la guarigione si ottiene identificando questi peccati nell'albero genealogico e utilizzando strumenti spirituali come le preghiere di intercessione, gli esorcismi e, soprattutto, la celebrazione dell'Eucaristia. Attraverso queste pratiche, si cerca di spezzare i legami del peccato con Gesù o con lo Spirito Santo, ottenendo una guarigione che spesso viene descritta come immediata e completa.

Interventi degli insegnanti

Il magistero cattolico ha messo in guardia sui rischi teologici e pastorali della "guarigione intergenerazionale". Nel 2007 la Conferenza episcopale francese ha sottolineato che questa pratica semplifica eccessivamente la trasmissione delle malattie psichiche, prevarica la libertà individuale e distorce la teologia sacramentale negando il pieno potere del battesimo. Nello stesso anno, il vescovo di Suwon Paul Choi Deog-ki ha spiegato che l'idea di ereditare i peccati è incompatibile con la dottrina cattolica, poiché il battesimo purifica completamente i peccati individuali.

Nel 2015, la Conferenza episcopale polacca ha pubblicato un'analisi approfondita, concludendo che questa pratica non ha alcun fondamento nella Scrittura, nella Tradizione e nel Magistero, contraddicendo la verità della misericordia divina e l'efficacia del battesimo e della riconciliazione. Questi interventi sottolineano che i peccati non sono trasmissibili e che la grazia sacramentale è sufficiente a liberare l'individuo.

Fondamento teologico

Il Magistero della Chiesa respinge la teoria della guarigione intergenerazionale, che propone che i peccati degli antenati possano influenzare le generazioni successive. Secondo l'insegnamento cattolico, il peccato è sempre personale e richiede una libera decisione della volontà, come affermato nell'esortazione Reconciliatio et Paenitentia (1984). Solo il peccato originale si trasmette di generazione in generazione, ma non in modo colpevole, come sottolinea il Catechismo.

Inoltre, la responsabilità dei peccati è individuale, non collettiva, e la salvezza è data gratuitamente attraverso Cristo. Il battesimo cancella tutti i peccati, compreso il peccato originale, e non lascia conseguenze che giustifichino la trasmissione dei peccati. L'Eucaristia e le preghiere per i morti, pur essendo valide, non hanno come scopo la guarigione intergenerazionale. La Chiesa regola anche le preghiere di guarigione, richiedendo che siano celebrate sotto la supervisione dell'autorità ecclesiastica per evitare di distorcere la liturgia.

Vaticano

Francesco afferma che il documento finale del Sinodo appartiene al Magistero ordinario del Papa

Il Documento finale della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, approvato il 26 ottobre 2024, raccoglie le riflessioni del cammino sinodale iniziato nel 2021. Pur non avendo un carattere normativo immediato, il testo offre orientamenti per l'attuazione creativa e contestuale di nuove forme di azione pastorale e ministeriale, da intendersi in questo senso come magistero ordinario del Papa.

Redazione Omnes-26 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Papa desidera che le conclusioni del Documento finale del Sinodo sulla sinodalità siano prese in considerazione come Magistero ordinario del Papa. Il Documento finale della XVI Assemblea Generale del Sinodo dei Vescovi, approvato il 26 ottobre 2024, è il frutto di un processo sinodale iniziato nell'ottobre 2021. Questo percorso è stato un esercizio di profondo ascolto del Popolo di Dio e di discernimento dei pastori, con l'obiettivo di individuare passi concreti per rafforzare la comunione, promuovere la partecipazione e rinnovare la missione affidata da Gesù Cristo. Gli orientamenti del Documento sono il risultato di un percorso iniziato nelle Chiese locali ed esteso a livello nazionale, continentale e globale, culminato in due sessioni dell'Assemblea sinodale nel 2023 e 2024.

Il Documento, che rappresenta un'espressione del magistero ordinario del Papa, contiene linee guida per condurre la Chiesa verso una prassi sinodale più profonda e coerente con le sfide odierne. Pur non avendo un carattere strettamente normativo, invita le Chiese e i raggruppamenti locali ad attuare le sue indicazioni attraverso processi di discernimento e di decisione, adattandosi ai diversi contesti culturali e pastorali. In molti casi, ciò comporta l'attuazione di norme già esistenti nel diritto ecclesiale vigente, sia nella sua versione latina che in quella orientale. In altri, apre la porta a forme creative di ministero e di azione missionaria, promuovendo esperienze che dovranno essere valutate.

Vescovi a rapporto a Roma

La fase di attuazione sarà accompagnata dalla Segreteria generale del Sinodo e da vari dicasteri della Curia romana. I vescovi, da parte loro, avranno il compito di riferire sull'andamento delle loro visite ad limina, documentando le decisioni prese, i frutti ottenuti e le difficoltà incontrate. Questo follow-up mira a garantire che gli orientamenti del Documento siano effettivamente attuati, promuovendo una Chiesa più sinodale e missionaria.

Uno dei punti salienti è l'invito a inculturare le soluzioni pastorali, rispettando le tradizioni e le sfide locali. Questo riflette un approccio flessibile e dinamico che riconosce la diversità all'interno dell'unità della Chiesa. Allo stesso tempo, sottolinea l'importanza di cercare nuove forme di accompagnamento pastorale e strutture ministeriali che rispondano ai bisogni delle comunità particolari.

Il cammino sinodale, lungi dal concludersi con la pubblicazione del Documento, è inteso come un processo continuo. Ispirato dallo Spirito Santo, il suo obiettivo finale è ringiovanire la Chiesa, rinnovare il suo impegno per il Vangelo e procedere verso la piena e visibile unità dei cristiani. Per il Papa la sinodalità non solo interpreta il ministero gerarchico, ma lo arricchisce, segnando un modo di camminare insieme nella comunione e nella diversità.

Dottrina e pratica pastorale

Il Documento mette in prospettiva anche il rapporto tra dottrina e pratica pastorale. Riconoscendo la necessità dell'unità dottrinale, apre lo spazio a diverse interpretazioni e applicazioni su questioni specifiche, sempre nella fedeltà al Vangelo e sotto la guida dello Spirito. Questo approccio permette alla Chiesa di rispondere meglio alle sfide contemporanee, agendo come testimone vivente della fede in mezzo alle complessità del mondo di oggi.

Infine, il Sinodo viene presentato come uno strumento per imparare e sviluppare sempre meglio lo stile sinodale, comprendendo che questo processo coinvolge sia la dimensione geografica che quella interiore. Ciò richiede una continua apertura allo Spirito, che guida la Chiesa verso una maggiore armonia e comunione con Cristo, suo Sposo. Il Papa conclude ribadendo la necessità di azioni concrete che accompagnino le parole condivise, confidando che lo Spirito Santo sostenga questo cammino di rinnovamento e missione.

Zoom

Il Papa saluta i vincitori del Premio Ratzinger 2024

Papa Francesco saluta i due vincitori del Premio Ratzinger 2024: il professore irlandese Cyril O'Regan e lo scultore giapponese Etsuroo Sotoo.

Paloma López Campos-26 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
Famiglia

Jaime Rodríguez: "Il corpo non è una prigione, ma qualcosa di buono e bello".

La Teologia del Corpo sviluppata da San Giovanni Paolo II negli anni '80 continua ad attirare l'attenzione di migliaia di giovani oggi, come ha confermato il sacerdote Jaime Rodríguez, assicurando che l'antropologia cristiana "fa appello al cuore" delle nuove generazioni.

Paloma López Campos-26 novembre 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Jaime Rodríguez è un sacerdote del Legionari di Cristoordinato 16 anni fa. Lavora nel Istituto Sviluppo e Persona dell'Università Francisco de Vitoria e dirige il programma online di Teologia del Corpo, che lo rende uno dei principali promotori di iniziative come "The Theology of the Body".La Festa del Corpo"Si tratta di un'esperienza formativa che avvicina i giovani agli insegnamenti della Chiesa sul corpo e sulla sessualità.

In questa intervista, padre Jaime Rodríguez parla dell'antropologia cristiana e delle opportunità che la società odierna offre per riscoprire il valore dell'uomo.

Perché la Teologia del Corpo, un insegnamento promosso da Giovanni Paolo II anni fa, è importante oggi?

- Normalmente la Teologia del Corpo è legata a Giovanni Paolo II e questo va bene perché è lui che l'ha sviluppata, ma in realtà non ha detto nulla di nuovo. Quello che ha fatto è stato spiegare la Genesi e l'antropologia cristiana, quello che era sempre stato detto ma in modo nuovo. In questo modo, Giovanni Paolo II è riuscito a trasmettere le verità non per dovere ma per valore.

Il Papa polacco disse negli anni Cinquanta che il fallimento dell'etica cristiana consiste nell'aver formulato i suoi contenuti sotto forma di precetti e doveri. Giovanni Paolo II pensava che fosse meglio presentare i contenuti in termini di bellezza e valore. Ha affrontato il tema dell'amore, il sessualitàLo stile che ha usato risuona molto con i giovani, perché veniamo da una formazione catechistica un po' moralista, e quello che vedo quando trasmettiamo questo programma è che le persone reagiscono dicendo che questo è ciò che desiderano. Lo stile che ha usato risuona molto con i giovani, perché veniamo da una formazione catechistica un po' moralista e quello che vedo quando trasmettiamo questo programma è che le persone reagiscono dicendo che questo è ciò che desideravano nel loro cuore, ma nessuno glielo aveva spiegato in questo modo. Ecco perché la Teologia del Corpo non è una moda: è la vecchia verità raccontata in un modo che si collega meglio.

Come possiamo parlare alle persone del "valore" della loro persona e del loro corpo in un'epoca di grande esposizione sui social media, dove si può persino guadagnare denaro mostrando il proprio corpo e la propria intimità?

- Giovanni Paolo II dice che il corpo è un'espressione della persona. Da parte sua, Christopher West spiega che il problema della pornografia non è che insegna troppo, ma che insegna troppo poco, perché strumentalizza il corpo e lo trasforma in un oggetto. La pornografia trasforma persone uniche e irripetibili, con una dignità infinita, in un oggetto che può essere comprato e venduto.

Rousseau, pur essendo lontano dall'antropologia cristiana, nel "Contratto sociale" affermava che nessuno al mondo dovrebbe essere così ricco da comprare un altro e nessuno così povero da vendersi. Attraverso la Teologia del Corpo, le persone scoprono la dignità e il valore del proprio corpo. Per questo non viene presentata dal punto di vista di ciò che è giusto o sbagliato, ma dal punto di vista della scoperta del dono che ogni persona è. Grazie a queste idee, le persone sono piene di riverenza e timore per il proprio corpo e anche per quello degli altri.

Quali indicazioni darebbe a una persona che non conosce la Teologia del Corpo per iniziare a seguire questi insegnamenti?

- In linea di massima, due sono gli elementi essenziali della Teologia del Corpo: Genesi 1 e 2. Nella prima sezione, Dio crea l'uomo a sua immagine e somiglianza, maschio e femmina. Su questa base, l'intera Teologia del Corpo parla di mascolinità e femminilità come immagine di Dio. Ciò implica che il nostro corpo non è la prigione dell'anima o un mezzo per la riproduzione, ma qualcosa di buono e bello creato da Dio.

D'altra parte, Genesi 2 indica che l'uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una sola carne. Dio ci dice che la persona è creata per la famiglia. Infatti, Giovanni Paolo II dice che l'uomo è immagine di Dio più nella comunione che nella solitudine. Nell'antropologia cristiana, ciò che abbiamo all'origine è la comunione, non abbiamo l'individuo isolato, ma qualcuno che dice "questa è carne della mia carne e osso delle mie ossa", Dio che afferma che "non è bene che l'uomo sia solo".

Si potrebbe fraintendere la Teologia del Corpo guardando solo all'uomo e dimenticando Dio. Qual è il ruolo di Cristo in questi insegnamenti?

- Giovanni Paolo II è stato accusato di essere antropocentrico, dicendo che aveva ceduto al modernismo. Il Papa polacco ha risposto dicendo che si può parlare di antropocentrismo finché l'idea di uomo è l'uomo a cui Cristo si è unito con la sua incarnazione. Nella Teologia del Corpo non si parla dell'uomo come di un essere del cosmo apparso per caso, ma dell'uomo come dell'umanità a cui Cristo si è unito nell'Incarnazione. Questo ci porta in una prospettiva trinitaria e cristocentrica.

Quindi questo è solo per i cattolici?

- No. Questo, che è buono, bello e vero, non è un'idea solo per i cattolici, ma un insegnamento per tutto il mondo. Giovanni Paolo II ha detto che il criterio di verifica della Rivelazione, in cui questi insegnamenti sono inclusi, è l'esperienza. Attraverso la nostra esperienza possiamo sapere se la Teologia del Corpo è ragionevole e vera, e la realtà è che le persone alla fine si rendono conto che questi insegnamenti corrispondono ai desideri del loro cuore. Chiunque abbia un corpo può trovare nella Teologia del Corpo una spiegazione della propria identità e della propria chiamata all'amore.

Quali opportunità offre la società odierna per riscoprire la Teologia del Corpo?

- La grande opportunità è che i giovani di oggi non accettano facilmente i valori che vengono loro proposti, sono una generazione molto critica e scristianizzata. I giovani ascoltano ciò che un ministero, un'ideologia e anche la Chiesa dicono loro, non più come imposizioni, ma come proposte. Quindi, poiché i giovani non vedono più la fede come qualcosa di imposto, se sono convinti la abbracciano. Questa è un'opportunità, perché c'è un'intera generazione stanca delle verità apparenti raccontate da una società disgregata.

I giovani di oggi sono un terreno fertile che si lascia entusiasmare dalla proposta cristiana, perché fa appello ai desideri del loro cuore. Sanno di poter fare quello che vogliono, ma Cristo chiede loro: "Volete quello che fate? Fate quello che volete?".

Ne sono un esempio i ragazzi e le ragazze che vengono alla "Festa del Corpo". Sono stanchi di belle bugie e hanno trovato nella Teologia del Corpo una verità che risuona nel loro cuore. Non vogliono una vita folle che si spezza, ma l'opportunità di vivere un amore vero.

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Cultura

"Almost", più di una storia di senzatetto

Jorge Bustos materializza in queste pagine l'unica ragion d'essere del giornalista, quella professione che parla di tutto ciò che non vive: raccontare le storie che meritano di essere ascoltate.

Maria José Atienza-26 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La lettura richiede solo due giorni. La rapidità della lettura è probabilmente dovuta, in gran parte, al fatto che Quasi cattura il lettore fin dall'inizio.

Il giornalista Jorge Bustos racconta il fenomeno dei senzatetto, come lui stesso sottotitola questo lavoro, non dal punto di vista economico o socio-descrittivo del politico, né come una di quelle prediche moraleggianti dei nuovi sacerdoti laici in cui molti di noi comunicatori si sono mutati. 

Quasi è un racconto di prima mano, scritto dalla sala da pranzo del centro di accoglienza, dal pullman condiviso e dalle chiacchiere confidenziali delle brevi passeggiate di un'escursione.

Quasi

AutoreJorge Bustos
Editoriale: Libri dell'Asteroide
Pagine: 192
Anno: 2024

Quasi nasce da uno sguardo di riconoscimento, non veloce, verso quelle migliaia di "senzatetto" che popolano le strade del primo mondo. Quelli che sono così vicini a noi da non vederli nemmeno, che abbiamo "assimilato" all'insieme del paesaggio, ma che sono il più clamoroso fallimento di una società che, come sottolinea lo stesso Bustos, li collettivizza per "diluire la responsabilità, che appartiene sempre a decisioni specifiche di persone specifiche".

Quasi è fatto di frammenti di storie incompiute, perché ancora vissute mentre leggete queste righe: la vita dei senzatetto, le loro luci e le loro ombre, il compito ingrato e allo stesso tempo meraviglioso di chi si prende cura di loro; il lavoro delle Suore della Carità che sono, oltre che sorelle, padre e madre di centinaia di persone che nessuno vuole chiamare famiglia.

Con l'acutezza stilistica che lo caratterizza, Bustos passa dal giornalista-contro al giornalista-ascoltatore, incarnando un narratore che riflette, analizza, ricorda... e scompare quando necessario. Con i veri protagonisti - quelli invisibili - condivide il cibo e la conversazione. Anche con chi si prende cura di loro, nel Centro di accoglienza di San Isidro a Madrid (Quasi), in altri centri come La Rosa o Juan Luis Vives.

In queste pagine ci sono tossicodipendenti nati con sintomi di astinenza, donne che hanno subito abusi a più riprese, professori che l'alcol ha fatto scendere dalle aule alle notti su una fredda panchina per strada, e immigrati segnati da etichette di un segno o dell'altro. I suoi membri non si presentano come poveri calpestati (anche se più di uno porta il segno della suola sul viso), ma con la dignità di chi, come donna o uomo, ha un cuore e una storia tra le costole.

Nell'era dell'informazione basso costo (e veloce), del conduttore di talk show e del giornalista ChatGPTChe uno dei nostri accetti di scendere in strada per più di due ore per un servizio è una dimostrazione più che lodevole di particolare dedizione alla professione e di rispetto per il lettore.

Se, come in questo caso, vi ha dedicato giorni e notti e ha persino festeggiato il suo compleanno, passiamo a qualcosa di più di un rapporto informativo o di "denuncia".

Jorge Bustos materializza in queste pagine l'unica ragion d'essere del giornalista, quella professione che parla di tutto ciò che non vive: raccontare le storie che meritano di essere ascoltate. Essere la voce di coloro che non possono raccontarla, che non hanno voce o che non sono nemmeno consapevoli che sono le loro vite a materializzare davvero il polso di una società.

Quasi è un libro che non si finisce di leggere quando si gira a pagina 189. È persino buffo pensare di averlo "quasi" finito, ma non è così. Perché, se avete cuore, fegato e occhi... O meglio, se avete occhi nel cuore, continuerete a leggere pagine di Quasiogni giorno, nelle strade della loro città.

Vaticano

L'albero di Natale del Vaticano arriva in Piazza San Pietro

L'abete che fungerà da albero di Natale è arrivato in Piazza San Pietro in Vaticano.

Rapporti di Roma-25 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Un abete della foresta della Valle di Ledro è arrivato in Vaticano, dove sarà illuminato come albero di Natale vaticano il 7 dicembre.

Accanto all'albero sarà esposto un presepe, anch'esso visibile dal 7 gennaio. Entrambe le decorazioni natalizie saranno esposte in Piazza San Pietro fino al 12 gennaio 2025.


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Risorse

Perché i filosofi hanno un mecenate e non un patrono?

Molti sono sorpresi di sapere che i filosofi hanno un mecenate donna piuttosto che un mecenate uomo, soprattutto perché nella storia della filosofia la maggior parte dei grandi filosofi sono stati uomini. Questo articolo spiega perché una donna ha questo privilegio unico.

Enrique Esteban-25 novembre 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

La Chiesa ha una manciata di santi che sono stati grandi filosofi - Sant'Agostino, San Tommaso, Sant'Anselmo, San Bonaventura e Sant'Alberto Magno - per cui colpisce che la patrona dei filosofi sia proprio una donna, Santa Caterina d'Alessandria. Ma quali meriti aveva questa ragazza di 18 anni per essere proclamata patrona di tanti grandi pensatori? Quale grande intelligenza possedeva?

La storia di Santa Caterina d'Alessandria

Caterina d'Alessandria è citata per la prima volta nell'agiografia tra il VI e l'VIII secolo, una documentazione piuttosto tardiva visto che spiega che la martire morì in Egitto all'inizio del IV secolo.

Le varie documentazioni sulla storia del santo culminano nel "...".Leggenda d'oro"Il libro dell'arcivescovo di Genova, Santiago de la Voragine, ci dice che Caterina era una nobile cristiana, figlia del re Costo di Alessandria, una giovane donna istruita nelle arti liberali, di grande bellezza e virtù. Caterina aveva diciotto anni quando l'imperatore Massenzio (o Massimino) arrivò ad Alessandria e ordinò che si facessero sacrifici pagani in occasione della sua visita. Caterina si rifiutò e, entrata nel tempio, cercò di convincere l'imperatore con una retorica impeccabile.

L'imperatore, sopraffatto dalla sua eloquenza, convocò saggi da tutto l'Impero per confutare le sue argomentazioni. Questi studiosi furono convertiti al cristianesimo da Caterina e per questo bruciati vivi. Caterina fu fustigata e imprigionata, condannata a morire di fame. Ma due angeli la accompagnarono durante la prigionia, curando i segni della flagellazione, e una colomba le portava quotidianamente il cibo. Durante la prigionia, riuscì a convertire la moglie dell'imperatore, il suo generale Porfirio e altri duecento soldati.

Quando l'imperatore arrivò di nuovo, fece torturare Caterina con una macchina fatta di ruote dentate che, toccando il corpo della giovane, esplose in mille pezzi, uccidendo quattromila pagani che assistevano alla condanna. Anche l'imperatrice, rimproverando il marito per la crudeltà delle sue azioni e riconoscendo la sua conversione, fu decapitata, così come il generale Porfirio e i suoi soldati convertiti.

Infine, l'imperatore fece decapitare la giovane donna dopo che Caterina rifiutò la sua proposta di matrimonio. Dal suo corpo non uscì sangue, ma latte.

Diversi secoli di ignoranza sulla santa hanno messo in dubbio la sua esistenza; tuttavia, come esempio didattico di vita cristiana, Santa Caterina è patrona di molti mestieri, data la sua estrema erudizione, ed è considerata un'intercessione di fronte a problemi di ogni genere.

Il Storia ecclesiastica di Eusebio, del IV secolo, parla di una donna alessandrina che affrontò l'imperatore (non è chiaro se Massenzio o Massimino). Si pensa anche che la storia di Santa Caterina possa essere stata ispirata e contrapposta a quella di Ipazia (morta nel 415), una filosofa egiziana molto erudita di religione pagana, che sarebbe stata uccisa da una folla di cristiani in un momento di grande tensione politica e religiosa nell'area. Altre fonti che parlano della santa sono le Passio (VI-VII secolo) o il Menogolio greco dell'imperatore Basilio, dove viene raffigurata per la prima volta con i suoi attributi. Tutte queste fonti documentarie sarebbero culminate nella Leggenda d'oro.

Comunque sia, sembra che a partire dall'VIII secolo la venerazione di Santa Caterina fosse comune tra i cristiani in Egitto, poiché si credeva che fosse sepolta sul Sinai. Le reliquie della santa furono ritrovate sul Sinai nel IX secolo, dove, secondo la tradizione, erano state trasportate dagli angeli; le raffigurazioni più antiche provengono da Bisanzio e dalla fine del X secolo (illustrazione nel Menologio di Basilio), sia come figura isolata, sia come ciclo biografico o con specifiche scene narrative.

Studio della tipologia iconografica del martirio di Santa Caterina d'Alessandria

Le prime immagini della santa apparse in Occidente risalgono al XII secolo, quando il suo culto fu diffuso dai crociati, poco prima che Santiago de la Vorágine registrasse la storia della vita di Caterina nel suo Leggenda d'oro.

A partire dal XIV secolo si assiste a un notevole aumento del numero di rappresentazioni e a una diversificazione dei temi. Non solo compare isolatamente con gli attributi tradizionali, come la ruota dentata del suo supplizio, la palma come simbolo del martirio, i vari segni dell'erudizione (come libri, strumenti matematici o una sfera terrestre), la corona come segno di origine nobile o lo schiacciamento della testa dell'imperatore, ma si diffondono nuovi temi come il fidanzamento mistico. L'idea di una vita consacrata a Dio come forma di matrimonio è ricorrente a partire dal XIV secolo. Così, Santa Caterina da SienaSanta Caterina d'Alessandria, Santa Teresa di Gesù, San Giovanni della Croce, fanno riferimento nei loro scritti (o lo leggiamo in scritti altrui dopo la loro morte) a un simile rapporto di abbandono. In realtà, nella documentazione superstite di Santa Caterina d'Alessandria non c'è un episodio del genere; nemmeno Giacomo da Voragine riferisce una situazione del genere, e indica solo ciò che Dio disse alla santa pochi istanti prima della sua decapitazione. "Vieni, mia amata, vieni, mia sposa, vieni! Altri temi ricorrenti sono il dibattito con i filosofi dell'imperatore, il martirio e la conversione.

Vale la pena di citare le analogie riscontrate tra questa santa e la già citata Santa Caterina da Siena: a entrambe vengono attribuite una grande erudizione (non a caso Santa Caterina da Siena è Dottore della Chiesa), un dibattito contro i saggi del tempo o l'episodio del fidanzamento mistico, oltre ai loro nomi di battesimo. Non è irragionevole pensare che esista una certa relazione tra la vita della santa del XIV secolo (meglio documentata) e l'evoluzione dell'iconografia di Santa Caterina d'Alessandria.

Si è già detto che la rappresentazione artistica di Santa Caterina d'Alessandria è stata molto comune nell'iconografia cristiana fin dal Medioevo. Il XVI secolo ha lasciato esempi ricchi e variegati dell'iconografia della santa in tutte le sue varianti. È noto il dipinto di Caravaggio (1598) che raffigura Santa Caterina con i suoi attributi più caratteristici: la palma, la ruota e il pugnale.

@Wikipedia Commons

Tra i fidanzamenti mistici, è comune trovare rappresentazioni in cui il santo, inginocchiato davanti a Gesù bambino, gli bacia la mano o riceve un anello in segno di alleanza. Spesso vengono raffigurati anche gli attributi tipici. Ne è un esempio il dipinto a olio di Alonso Sánchez Coello (1578) in cui si vede la santa con l'anello nuziale al dito.

@PICRYL 

Un dipinto di Lucas Cranach il Vecchio (1506) mostra il momento in cui la ruota della tortura si rompe e uccide i pagani intorno al santo che assistono allo spettacolo.

@Wikipedia Commons

Esiste una ricca varietà di rappresentazioni di Santa Caterina d'Alessandria in tutta Europa, dove la sua figura è venerata in molti luoghi. È considerata santa dalle Chiese cattolica, copta, ortodossa e anglicana.

BIBLIOGRAFIA

-De la Vorágine, Santiago, LA LEGGENDA D'ORO. VOLUME 2. Alianza Forma, Madrid, 1989.

-Monreal y Tejada, Luis. ICONOGRAFIA DEL CRISTIANESIMO. El acantilado, Barcellona, 2000.

-Record, André. LE VIE DELLA CREAZIONE NELL'ICONOGRAFIA CRISTIANA. Alianza Forma, Madrid, 1991.

-Franco Llopis, B.; Molina Martín, Á.; Vigara Zafra, J.A. IMMAGINI DELLA TRADIZIONE CLASSICA E CRISTIANA. Ramón Areces, Madrid, 2018.

L'autoreEnrique Esteban

Professore di Storia dell'arte.

Esperienze

Due donne molto diverse unite dalla vita

Domtila, del Kenya, e Antonia, del Cile, sono due donne con percorsi di vita molto diversi. Apparentemente non hanno nulla in comune, eppure da quasi dieci anni lavorano insieme alla Fondazione Maisha, a sostegno delle donne keniote che devono affrontare la gravidanza senza alcun sostegno e in condizioni di estrema povertà.

Maria Candela Temes-25 novembre 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Domtila e Antonia sono due donne con percorsi di vita molto diversi. Una si sta avvicinando alla vecchiaia, l'altra all'inizio dell'età adulta. Una è originaria di Kibera, uno degli insediamenti umani più poveri del pianeta, l'altra proviene da un ambiente benestante di Santiago del Cile. Una è un'insegnante in pensione, l'altra un'infermiera-midollare. Non li accomuna la provenienza, il colore della pelle, la rete di amicizie o la professione. Eppure, da quando si sono incontrate quasi dieci anni fa, sono inseparabili. 

Le biografie di Domtila e Antonia sono state intrecciate dalla stessa passione e dallo stesso desiderio: aiutare altre donne in situazioni di vulnerabilità e fare del mondo un luogo in cui ogni vita sia accolta come un dono, con rispetto e cura. Da questo impegno comune è nata la Fondazione Maisha. Swahili significa Vita.

La storia di "Mama Domtila".

Domtila Ayot, meglio conosciuta come "Mama Domtila", è una forza della natura. Quando parla emana un'energia che la riempie di giovinezza. Si appassiona e le sue parole e le sue storie vengono fuori a fiotti. La incontriamo a Nairobi e con grande generosità condivide i suoi ricordi e ci apre le porte della sua casa.

Domtila, volevo iniziare chiedendoti di presentarti.

-Vengo da Kibera, a Nairobi, su baraccopoli più grande del Kenya e il secondo più grande dell'Africa. Ho 76 anni, sei figli e diversi nipoti. Ho lavorato per anni, fino alla pensione, come insegnante in una scuola cattolica. 

Come è nato il suo impegno per la difesa della vita nascente?

-Un giorno, passeggiando nel mio quartiere, ho visto qualcosa appeso a un albero, con una forma strana. Solo quando mi sono avvicinata ho capito che si trattava di un feto umano. Nei vicoli di Kibera non è raro trovare feti abortiti abbandonati all'aperto. Mi sono sentito sfidato, così sono tornato a casa e ho scritto il mio numero di telefono su strisce di carta. Poi le ho attaccate in diversi punti del quartiere, offrendo il mio aiuto. È nato così il "Centro di speranza Edel Quinn", per le gravidanze in crisi e il sostegno alle donne.

Cosa spinge le donne a scegliere l'aborto clandestino, con tutti i rischi che comporta?

-Queste gravidanze sono spesso il risultato indesiderato di abusi e stupri - di solito in famiglia - o di rapporti sporadici tra giovani che non hanno ricevuto alcuna educazione sessuale. Molte di quelle che ricorrono a questa pericolosa pratica sono ancora adolescenti. Come insegnante, mi sono resa conto che avevano bisogno di formazione e di aiuto, poiché molte donne di Kibera affrontano la gravidanza senza alcun sostegno e in condizioni di estrema povertà. Gli episodi di dolore e di speranza a cui ho assistito in questi anni sono innumerevoli. 

Siete partiti dall'"Edel Quinn Hope Centre", con pochi mezzi.

-Nella mia parrocchia ho ricevuto una formazione approfondita sulle questioni bioetiche relative alla famiglia, alla sessualità e all'inizio della vita. Sono riuscita a coinvolgere tutta la mia famiglia in questa avventura. All'inizio mio marito ha opposto resistenza. Poi è stato lui stesso a dirmi che c'erano lenzuola o altri prodotti che potevamo donare nel negozio in cui ci reggevamo. Fino alla sua morte, è stato un grande sostegno per me. 

Antonia, un'ostetrica senza frontiere 

Nel 2015, Domtila era a un bivio. Aveva rassegnato le dimissioni da presidente del movimento pro-vita della parrocchia, anche se era stata nuovamente eletta all'unanimità. Voleva continuare ad aiutare molte donne, ma si trovava senza mezzi e bisognosa di braccia. In quel momento Antonia Villablanca incrociò il suo cammino.

Antonia, come hai conosciuto Domtila?

-Nel 2015 ero una studentessa di infermieristica che si preparava a diventare ostetrica. Durante un viaggio di solidarietà in Kenya dal Cile ho conosciuto Domtila. Era andata come volontaria insieme a un'amica, Fernanda, anch'essa infermiera-ostetrica, a lavorare in un ospedale a basso reddito. Lì ho appreso delle condizioni terribili in cui molte donne partoriscono nel Paese africano e ho sentito parlare di questa piccola iniziativa locale avviata a Kibera.

Qual è la situazione della maternità in Kenya?

-In Kenya solo il 40 % delle nascite avviene in ospedale. Il tasso di mortalità materna è di 377 su 100.000 nascite, rispetto ai 12 dei Paesi sviluppati. Il Kenya ha anche il terzo più alto numero di madri adolescenti al mondo, raggiungendo il 21 % delle gravidanze adolescenziali nel Paese. Ogni anno circa 13.000 giovani donne abbandonano la scuola a causa di una gravidanza non pianificata. I tassi di aborto clandestino sono molto alti, raggiungendo i 30 aborti ogni 100 nascite. La maternità surrogata è ora in piena espansione, poiché non esiste una legislazione restrittiva, e rappresenta uno sbocco economico per molte donne povere. 

In seguito al suo primo viaggio a Nairobi, è nata la Fondazione Maisha.

-L'incontro con Domtila è stato l'inizio di una collaborazione che ha portato alla nascita della Fondazione Maisha nel 2016. Maisha a Swahili significa "vita". Lo abbiamo cresciuto insieme ad altri tre amici cileni: Wenceslao, Sebastián e Julián. 

È nata come una rete di sostegno che cercava di accogliere le madri e i loro bambini durante la gravidanza. Nel tempo, l'iniziativa si è consolidata e oggi copre quattro programmi: accoglienza, salute, educazione sessuale ed emotiva e sostenibilità. 

Alcuni criticano le iniziative a favore della vita perché si occupano delle donne solo durante la gravidanza, ma lasciano le madri e i bambini a cavarsela da soli dopo la nascita.... 

-Maisha non accompagna le giovani donne solo prima, ma anche dopo il parto. Siamo con loro durante la gravidanza e diamo loro gli strumenti per diventare economicamente sostenibili e indipendenti". Attualmente Domtila vive in una casa affittata dalla fondazione, situata in un quartiere vicino a Kibera, dove 11-12 giovani donne nell'ultima fase della gravidanza rimangono con lei fino alla sesta settimana dopo il parto. 

Durante questo periodo, ricevono una formazione in vari ambiti, come la salute e la genitorialità, la microimprenditorialità o l'economia familiare. Quando stanno bene, tornano a casa o, se il ritorno è insostenibile, viene loro trovata una nuova sistemazione. Non solo non vengono abbandonati, ma i legami che si creano hanno dato vita a bellissime storie di amicizia che continuano negli anni.

Spagna

Il ruolo di Ibáñez Martín e Albareda nella fondazione del CSIC

Oggi, 24 novembre, ricorre l'85° anniversario della creazione del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC), un pilastro fondamentale della scienza spagnola. In questa intervista, Alfonso Carrascosa spiega come è stato concepito questo progetto e quali sono state le forze trainanti.

Eliana Fucili-24 novembre 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Nel panorama scientifico spagnolo, Alfonso Carrascosa si pone come ponte tra due mondi spesso percepiti come disparati: la scienza e la fede. Il suo approccio, che sfida la presunta dicotomia tra le due sfere, si basa su una profonda conoscenza della storia della scienza in Spagna. 

Carrascosa, che ha conseguito un dottorato in Scienze Biologiche presso l'Università Complutense di Madrid, ha dedicato gran parte della sua carriera alla microbiologia. Una svolta nella sua carriera lo ha portato alla ricerca sulla storia della scienza. Il suo lavoro esplora come la scienza e la fede possano non solo coesistere, ma anche collaborare fruttuosamente, arricchendo la conoscenza umana.

Nel quadro dell'85° anniversario del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) (Consiglio Nazionale della Ricerca spagnolo)Con lui abbiamo parlato degli inizi dell'istituzione e dei protagonisti che, dopo la guerra civile, ne hanno reso possibile la creazione. Negli ultimi anni ha pubblicato diversi libri, tra cui La Chiesa cattolica e la scienza nella Spagna del XX secoloe dettatura conferenze sulle origini cattoliche del CSIC. Ha salvato storie di scienziati che hanno svolto il loro lavoro professionale senza rinunciare alle loro convinzioni. Il 24 novembre 1939, con una legge istitutiva pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato (28 novembre 1939), fu creato il Consejo Superior de Investigaciones Científicas, assumendo i poteri e le sedi della Junta para Ampliación de Estudios e Investigaciones Científicas (JAE).

Quali sono state le origini del Consejo Superior de Investigaciones Científicas (CSIC) e il contesto storico in cui è stato fondato?

Il CSIC è stato fondato nel 1939, in un contesto complesso segnato dalla fine della guerra civile spagnola e dall'inizio del regime di Franco. Fu creato come parte di uno sforzo per ricostruire il panorama scientifico del Paese, continuando l'eredità della cosiddetta "guerra civile spagnola". Età dell'argento della scienza spagnola. Questo periodo, che va dalla fine del XIX secolo al primo terzo del XX secolo, è stato fondamentale per gettare le basi della ricerca e dello sviluppo in Spagna.

È importante notare che, mentre l'Età d'Argento è associata a istituzioni laiche come l'Istituto per la Cultura. Istituzione libera di istruzioneMa questo periodo non si limita solo a loro. La realtà è che la Silver Age ospitava scienziati di varie ideologie, tra cui figure cattoliche quali Joaquín Costa e Lucas Malladache facevano parte del Rigenerazione spagnola. La sua influenza è stata fondamentale per la creazione del Junta para Ampliación de Estudios e Investigaciones Científicas (Consiglio per l'ampliamento degli studi e della ricerca scientifica) (JAE) nel 1907. Questo sviluppo istituzionale avvenne nel contesto della monarchia parlamentare cattolica confessionale di Alfonso XIII.

Il CSIC, in questo senso, è emerso come un prodotto tardivo di questo movimento rigeneratore, guidato da persone formate grazie alle borse di studio JAE. In altre parole, i suoi fondatori erano membri dell'Età d'Argento, eredi indiscussi di quell'epoca.

Chi sono state le figure chiave dietro la creazione del CSIC?

La creazione del CSIC nello stesso anno della fine della guerra civile spagnola riflette l'interesse del Ministero dell'Educazione Nazionale a recuperare e superare il livello scientifico che la Spagna aveva raggiunto nel primo terzo del XX secolo. La legge istitutiva del CSICpromulgato il 24 novembre di quell'anno, è stato concepito da entrambi i José Ibáñez Martínallora Ministro dell'Educazione Nazionale, nonché di José María Albareda Herrerauno scienziato di grande prestigio.

Il CSIC rappresentò un passo decisivo nel rinnovamento scientifico della Spagna del dopoguerra. La sua guida iniziale fu affidata a un gruppo di scienziati di spicco, tutti cattolici praticanti e rinomati personaggi dell'Età d'Argento: José Ibáñez Martín, che assunse la presidenza; José María Albareda Herrera, come primo segretario generale; il chimico Antonio de Gregorio Rocasolanoprimo vicepresidente; l'arabista e sacerdote Miguel Asín Palaciossecondo vicepresidente; e l'ingegnere agronomo Juan Marcilla Arrazolaterzo vicepresidente. Questa squadra ha promosso la missione del CSIC di rivitalizzare la scienza in Spagna e di aprire un nuovo capitolo nella storia della ricerca scientifica del Paese.

In che modo le esperienze personali e professionali di José Ibáñez Martín e José María Albareda hanno influenzato la sua visione della fondazione del CSIC?

José Ibáñez Martín studiò Letteratura, ottenendo due lauree. Tuttavia, quando stava studiando per il dottorato, il padre morì, lasciando la famiglia in una difficile situazione economica. In considerazione di ciò, Ibáñez Martín decise di partecipare ai concorsi per il posto di professore di scuola secondaria, ottenendo il primo posto a livello nazionale. Poco dopo intraprese la carriera politica e fu eletto in Parlamento nella Seconda Repubblica, in rappresentanza della Confederazione spagnola dei diritti autonomi. È stato anche membro della Associazione cattolica dei propagandisti

Allo scoppio della guerra civile, Ibáñez Martín si trovava a El Escorial con la famiglia. Quando seppe che a Madrid venivano assassinati politici conservatori, decise di non tornare e, con la moglie incinta e i figli, si rifugiò nell'ambasciata turca. In queste condizioni difficili, la moglie partorì, ma il bambino morì per mancanza di igiene e di risorse. Dopo mesi in condizioni estreme, la famiglia riuscì a raggiungere Valencia e poi a imbarcarsi per la Turchia, con una mossa rispettata dalle autorità.

Durante l'esilio, dovette affrontare difficoltà finanziarie e fu epurato dal governo del Fronte Popolare, che licenziò i funzionari pubblici che non si presentavano ai loro posti. Nel 1937 si trasferisce a Burgos, dove entra in contatto con José María Albareda.

Da parte sua, Albareda era uno scienziato di spicco che aveva ricevuto borse di studio dalla Junta para Ampliación de Estudios, conseguendo un dottorato in Farmacia e Chimica e specializzandosi nella scienza del suolo, una scienza di grande importanza per il settore agricolo in Spagna. Durante la guerra, Albareda fu anche epurato dal governo repubblicano. In quell'occasione conobbe Josemaría Escrivá, il fondatore dell'associazione Opus DeiNel 1937 chiese di essere ammesso come membro numerario. Come Escrivá, anche Albareda subì persecuzioni e fu costretto a cambiare residenza in diverse occasioni.

Insieme ad alcuni dei primi membri dell'Opus Dei, Albareda aiutò Escrivá a fuggire da Madrid, portandolo attraverso i Pirenei a Burgos. È a Burgos che Albareda e Ibáñez Martín iniziarono a lavorare alla struttura del futuro CSIC. 

Nel 1959, Albareda fu ordinato sacerdote, pur continuando a svolgere tutta la sua attività professionale. L'anno successivo è stato nominato primo rettore della Università di NavarraMantenne questa carica fino alla sua morte. Allo stesso tempo, continuò a lavorare come segretario generale del CSIC, in modo altruistico e non retribuito.

Dopo la guerra, Ibáñez Martín fu nominato Ministro dell'Educazione Nazionale e la sua esperienza e le sue idee lo portarono a promuovere il CSIC. Albareda, forte della sua esperienza di scienziato, tracciò le linee generali del progetto, come l'organizzazione di alcuni istituti e i ricercatori che avrebbero dovuto dirigerli, nonché i temi degli studi scientifici, le nuove prove ed esperimenti di ricerca, le borse di studio, i premi, ecc.

Quali furono i principali contributi di José María Albareda al CSIC e quali aspetti del suo lavoro scientifico lo consolidarono come figura di spicco del suo tempo?

José María Albareda ha svolto un ruolo fondamentale nel rafforzamento delle scienze sperimentali all'interno del CSIC, distinguendosi per la sua profonda conoscenza della ricerca scientifica. Grazie al suo lavoro, è riuscito a collegare il CSIC con i centri di ricerca più avanzati d'Europa, ponendo la scienza sperimentale al centro dell'istituzione. 

Inoltre, Albareda riuscì a riunire all'interno del CSIC un gruppo eccezionale di chimici, fisici e biologi, che collaborarono strettamente allo sviluppo di queste discipline. Un esempio di questa collaborazione fu la fondazione del Centro de Investigaciones Biológicas, che divenne un centro chiave per la ricerca scientifica in Spagna. In questo contesto, Albareda ha favorito un ambiente di lavoro collaborativo, in cui scienziati di diversi settori hanno condiviso conoscenze e sviluppato progetti comuni.

Anche la sua apertura e la sua neutralità politica sono stati aspetti notevoli della sua leadership. In un contesto di tensioni politiche, Albareda formò un team eterogeneo ed evitò qualsiasi tipo di discriminazione ideologica. Grazie a questa posizione inclusiva, molti scienziati, anche quelli con ideologie opposte al regime, trovarono opportunità di carriera in base ai loro meriti scientifici. Questo atteggiamento ha favorito la crescita di settori come il microbiologia e biochimica a livello nazionale.

Il suo impegno per la scienza non si limitò alla ricerca, ma promosse anche l'inserimento delle donne nella ricerca scientifica, un aspetto cruciale nella storia del CSIC, dove le donne erano una minoranza del personale e svolgevano principalmente compiti amministrativi. La sua visione e la sua dedizione lo hanno reso una figura chiave nello sviluppo scientifico ed educativo del suo tempo.

Qual è il ruolo attuale del CSIC nella scienza spagnola e come mantiene la sua posizione di punto di riferimento per la ricerca globale?

Fin dall'inizio, il CSIC è stato un'istituzione chiave per il decentramento della ricerca, un obiettivo prioritario dei suoi fondatori come José Ibáñez Martín e José María Albareda. Questa componente di decentramento è stata un fattore fondamentale del modello organizzativo del CSIC, che ha una rete capillare di centri in tutte le comunità autonome della Spagna. Di fatto, il CSIC ha ormai consolidato la sua posizione di istituzione scientifica più importante in Spagna ed è riconosciuto dagli spagnoli come il principale punto di riferimento scientifico del Paese.

A livello globale, il CSIC occupa un posto di rilievo tra le più importanti istituzioni scientifiche, essendo una delle tre più importanti in Europa e una delle prime dieci al mondo. Il suo prestigio è indiscutibile e la sua influenza continua a crescere, consolidando la sua posizione come una delle pietre miliari della scienza in Spagna e un modello di eccellenza scientifica. Con un team di quasi 15.000 persone, il CSIC è stato e continua ad essere un vero motore di conoscenza nella ricerca scientifica, erede di una tradizione che, sebbene segnata dalla diversità ideologica del suo tempo, continua a guidare lo sviluppo e l'innovazione nel presente.

L'autoreEliana Fucili

Centro Studi Josemaría Escrivá (CEJE) 
Università di Navarra

Iniziative

Il luogo in Andalusia dove si possono vedere un centinaio di presepi provenienti da tutto il mondo.

Quando si avvicina il periodo natalizio è comune visitare presepi particolarmente famosi, ma il museo più spettacolare e più grande del mondo si trova in un luogo inaspettato, nel bel mezzo dell'Andalusia.

Javier García Herrería-24 novembre 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Nel bel mezzo della campagna andalusa si trova la museo dei presepi più grande del mondo. La sua ubicazione nel comune di Mollina (Antequera, Malaga), con appena 5.000 abitanti, è dovuta al luogo di nascita dei suoi promotori, Antonio Díaz e Ana Caballero. Fin da giovanissimi, i due coniugi hanno approfittato dei loro viaggi in Spagna per vedere i presepi più caratteristici delle regioni che visitavano. 

I frequenti contatti con i presepisti hanno accentuato la loro passione per la storia e i dettagli di questa particolare arte, che combina scultura, pittura, architettura e tecniche di illuminazione. Questo hobby li ha portati ad acquisire numerose scenografie, fino a riunirle in un museo che ha aperto i battenti nel 2017. 

Il presepi sono stati donati dagli stessi artisti e dalle più svariate istituzioni, con il desiderio che il patrimonio presepiale non vada perduto e possa essere fruito da un vasto pubblico. I presepi non sono un hobby che muove masse di persone o grandi quantità di denaro, ma da due anni fanno ufficialmente parte del Patrimonio Culturale Immateriale della Spagna.

Storia del Museo

Il Museo de Belenes de Mollina è un centro espositivo unico nel suo genere. In pochi anni è diventato una meta imprescindibile per gli amanti dei presepi. Più di 200.000 visitatori hanno già attraversato le sue sale, ma per molti è ancora un gioiello da scoprire.

Questo ambizioso progetto è stato premiato con la medaglia d'oro del Federazione Internazionale dei Presepi nel 2023 e l'anno scorso si è tenuto un congresso di presepisti con oltre 800 partecipanti. 

Il museo è aperto dal mercoledì alla domenica, con orari prolungati in alta stagione. L'ingresso è molto economico e organizza laboratori e attività didattiche per i bambini. 

Dati del museo

Il museo dispone di oltre 5.000 metri quadrati, distribuiti in sette sale espositive. La collezione è in costante crescita e attualmente conta più di 100 presepi esposti.

Tutte le rappresentazioni contengono più di 7.000 figure inaspettate di scene bibliche, ambientate in paesaggi e contesti di culture diverse, ricreate con sorprendente dettaglio e realismo. 

Uno degli aspetti più sorprendenti del museo è la qualità dell'allestimento, che comprende un'illuminazione molto curata, la protezione di ampi vetri blindati per tutti i modelli e un allestimento molto confortevole e spazioso. 

Presepi sorprendenti

Il museo dispone di una sala con 20 diorami, questi piccoli presepi che mostrano una scena con un gran numero di dettagli, giocando con specchi e sfondi che si aprono su altri spazi in miniatura, offrendo allo spettatore una sensazione di grande profondità e realismo.

Una delle opere più suggestive non è un vero e proprio presepe, ma un grande modello circolare di 10 metri di diametro, che mostra le scene principali dell'Antico e del Nuovo Testamento, con la ricreazione dei principali passaggi biblici della storia della salvezza, da Adamo ed Eva alla Resurrezione di Gesù. 

Nei sotterranei del centro espositivo si trova anche un laboratorio dove vengono allestite le figure e le decorazioni per i modelli. Come se tutto questo non bastasse, ci sono decine di presepi in deposito, che rinnovano progressivamente l'esposizione.

Varietà e ensemble

Il museo ospita alcune collezioni di presepi particolarmente degne di nota. In primo luogo, vi è un gruppo di presepi napoletani, molto colorati ed esuberanti, ambientati nell'Italia del XVIII secolo. Seguendo una tradizione più popolare, austera e locale, la collezione comprende un gruppo di presepi valenciani.

Gli amanti dei presepi ambientati in contesti vari e originali apprezzeranno le scene rappresentate in altri momenti storici, eventi attuali o luoghi esotici. Per esempio, ci sono presepi ambientati in una favela di Rio de Janeiro, nel teatro romano di Cartagena, in una strada distrutta dalla guerra, nel Patio de los Leones dell'Alhambra o nella cattedrale di Burgos.

E, naturalmente, la mostra comprende anche presepi di artisti contemporanei che reinterpretano la tradizione presepiale, utilizzando materiali e tecniche innovative.

Pasqua

Uno dei modelli più suggestivi della mostra rappresenta la messa in scena della Passione di Cristo. L'Andalusia non può essere compresa senza la Settimana Santa, quindi non sorprende che un museo di presepi situato in questa regione abbia anche una rappresentazione della Passione di Cristo. 

È quindi del tutto naturale che in una delle sale espositive siano esposti dodici diorami che rappresentano l'ingresso di Cristo a Gerusalemme, l'Ultima Cena, la lavanda dei piedi, il bacio di Giuda, la preghiera di Gesù nell'orto, il rinnegamento di Pietro, la flagellazione, il processo davanti a Pilato, le cadute con la croce, la crocifissione, la discesa dalla croce e la resurrezione. Si tratta di un insieme di scene con figure di Ángela Tripi. 

Natale 2024

Per il Natale 2024, il museo ha aggiornato il suo catalogo includendo pezzi che si concentrano sulle conseguenze della guerra, oggi di grande attualità, come la Guerra in Ucraina o quello che si sperimenta nella Gaza o zone di confine tra Israele e Libano. Quindi, Anche nella guerra c'è speranzadi Josep Font, situato nella sala centrale, si possono vedere gli effetti devastanti di un bombardamento.

Anche il diorama La via della libertà (Road to Freedom), mostra una Sacra Famiglia ispirata alla fuga in Egitto, anche se in questo caso in fuga da guerra e miseria. Un invito a riflettere sulla pace e sulla situazione di molti migranti.

Il presepe è molto più di una semplice rappresentazione della nascita di Gesù. È un'arte che si è evoluta nel corso dei secoli, adattandosi a culture e stili artistici diversi. Il primo presepe di cui si ha notizia è quello di San Francesco d'Assisi, che nel 1223 celebrò la messa di Natale in una grotta in Italia. 

Per saperne di più
Vaticano

Brian Farrell: "Nessuna chiesa oggi può, da sola, fare l'evangelizzazione"

Il segretario emerito del Dicastero per la Promozione dell'Unità dei Cristiani, Brian Farrell, analizza in questa intervista il cammino dell'ecumenismo dal Concilio Vaticano II in poi e la situazione attuale dei rapporti tra i cristiani.

Giovanni Tridente-23 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

In occasione del 60º anniversario della promulgazione del decreto "Unitatis Redintegratio" del Concilio Vaticano II sull’ecumenismo, la Pontificia Università della Santa Croce ha ospitato un Seminario Internazionale promosso dalla Facoltà di Teologia. L’evento ha raccolto relatori provenienti da diverse comunioni cristiane per riflettere, in un clima di sincerità e fiducia, sugli sforzi compiuti negli ultimi sessant’anni per favorire l’unità dei cristiani.

Tra i momenti più significativi della giornata, svoltasi giovedì 21 novembre, l’intervento conclusivo del Vescovo irlandese Brian Farrell, Segretario emerito del Dicastero per la Promozione dell’Unità dei Cristiani, che ha riflettuto sull’attualità, i problemi e le prospettive dell’ecumenismo oggi. Nell’intervista che segue, il teologo spiega l’importanza di vivere concretamente il cammino ecumenico, alla riscoperta di un’autentica fraternità tra i cristiani.

Eccellenza, quali sono oggi le sfide principali dell’ecumenismo?

– L’ecumenismo, la ricerca dell’unità, è una realtà diversificata e complicata. Non basta risolvere, come stiamo facendo, le questioni teologiche o le differenze nel modo di capire e formulare la fede. Bisogna anche imparare a vivere insieme.

Papa Francesco insiste spesso su un ecumenismo che va oltre le questioni teologiche. Come leggere questa prospettiva?

– Siamo in un momento importante, perché in effetti l’idea di Papa Francesco è che l’ecumenismo non rappresenta soltanto una questione da risolvere, ma camminare insieme, pregare insieme e lavorare insieme.

Dobbiamo riscoprirci fratelli e sorelle in questo cammino. In tanti dei nostri interlocutori ecumenici c’è una nuova speranza secondo cui, facendo così, andremo verso la meta di una piena comunione tra noi cristiani.

Guardando indietro, com’è cambiato il contesto dell’ecumenismo dagli anni del Concilio Vaticano II?

– Penso che 60 anni fa fu quasi l’inizio di un viaggio insieme. Allora c’era anche un certo ottimismo, ma il mondo si è complicato. Basta guardare un po’ la situazione oggi: siamo più frammentati, più contrastati. Anche le chiese soffrono di questo. Viviamo in un oceano che è molto liquido e fluido, e le verità di fede non sono così chiare e sicure per la gente.

In un contesto così complesso, cosa dà speranza?

– Abbiamo una grande speranza, perché più difficile diventa la missione, più ci sentiamo obbligati a stare insieme. Nessuna chiesa oggi può, da sola, fare l'evangelizzazione. Dobbiamo lavorare insieme. Tutti sappiamo che lo dobbiamo fare, ma adesso bisogna trovare i passi concreti per realizzarlo.


Di seguito l'intervista integrale (in italiano) al Segretario emerito del Dicastero per la promozione dell'unità dei cristiani:

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17 santi bambini e adolescenti per la Chiesa di oggi

L'annuncio di Papa Francesco della canonizzazione del Beato Carlo Acutis (morto a 15 anni), nel Giubileo del 2025, è un buon motivo per offrire qualche scorcio di santi bambini e adolescenti. Finora non ce ne sono stati molti, ma la loro vita e la loro morte possono essere un esempio per tutti nella Chiesa.

Francisco Otamendi-23 novembre 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

L'annuncio di Papa Francesco della canonizzazione del Beato Carlo Acutis (morto a 15 anni), nel Giubileo del 2025, è un buon motivo per offrire qualche scorcio di santi bambini e adolescenti. Non sono stati molti finora, ma la loro vita e la loro morte possono essere un esempio per tutti nella Chiesa. Cominciamo con alcuni bambini dei primi tempi della Chiesa, per lo più romani. Dei secoli più vicini, quattro sono messicani, uno cileno-argentino, tre italiani e due portoghesi.

Nella solennità di Tutti i Santi l'anno scorso, il Papa ha sottolineato che "i santi non sono eroi irraggiungibili o lontani, ma persone come noi", e che "se ci pensiamo, abbiamo certamente incontrato alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro, alcuni di loro". santos "persone generose che, con l'aiuto di Dio, hanno risposto al dono ricevuto e si sono lasciate trasformare giorno per giorno dall'azione dello Spirito Santo".

Inoltre, la stragrande maggioranza dei santi non è stata formalmente dichiarata santa o benedetta dalla Chiesa. Ecco alcuni di loro che sono sugli altari, nonostante la giovane età, o lo saranno molto presto, come ad esempio Carlo Acutis.

Non sono inclusi giovani come il Beato Pier Giorgio Frassati, che sarà canonizzato durante il Giubileo del 2025, perché aveva 24 anni al momento della morte, o la francese Santa Teresa di Gesù Bambino, patrona delle Missioni, morta alla stessa età.

Sant'Agnese (13 anni)

"Pura", "casta", in greco significa Agnese. È una delle martiri più venerato nella Chiesa. Siamo nel 304, al tempo dell'imperatore Diocleziano. Apparteneva a una nobile famiglia romana. Preferì il martirio alla perdita della verginità. La sua festa è il 21 gennaio.

San Tarcisio (14 anni)

Per la difesa del Sacro EucaristiaFu lapidato da una folla. Patrono dei chierichetti. Cimitero di San Callisto. Il giovane Tarsicio Fu incaricato di portare la comunione ad alcuni cristiani imprigionati durante la persecuzione di Valeriano. Festa, 15 agosto.

Santas Eulalias

Al tempo di Diocleziano. Vergine e martire, ancora giovane, Eulalia (di Mérida) non esitò a offrire la sua vita per confessare Cristo (304). Nel Museo del Prado si trova un olio su di lei di Gabriel Palencia y Ubanell. La ragazza è anche una santa Eulalia da Barcellonapatrono di Barcellona.

Santi Giusto e Pastore (7 e 9 anni)

Conosciuto come il I bambini santinati a Tielmes (Madrid), ispano-romani, furono martirizzati nel 304 ad Alcalá de Henares durante la persecuzione dell'imperatore Diocleziano. Avevano rispettivamente 7 e 9 anni e si rifiutarono di rinunciare al cristianesimo.

San Pancrazio

Martire che, secondo la tradizione, morì a Roma, in mezzo alla adolescenza per la sua fede in Cristo, venendo sepolto sulla Via Aurelia. Papa San Simmaco costruì una famosa basilica sulla sua tomba e Papa San Gregorio Magno riuniva spesso il popolo intorno alla sua tomba.

San Domenico Savio (14 anni)

Domenica, che significa "colui che è consacrato al Signore"., è nato in Italia nel 1842. Da bambino espresse il desiderio di diventare sacerdote. Quando San Giovanni Bosco iniziò a preparare alcuni giovani al sacerdozio per aiutarlo nella sua opera a favore dei bambini abbandonati di Torino, il parroco di Domenico lo raccomandò alla ragazzo.

Beata Laura Vicuña (13 anni)

La cilena Laura Carmen Vicuña nacque a Santiago nel 1891. Avendo intuito che sua madre non viveva in grazia di Dio, si offrì al Signore per la sua conversione. Indebolita dalla malattia, morì in Argentina nel 1904. San Giovanni Paolo II l'ha beatificata. La sua festa ricorre il 22 gennaio.

Santa Maria Goretti (11 anni)

Maria perdonò il suo assassino, Alessandro, che voleva violentarla, invocò la Vergine Maria e morì ventiquattro ore dopo, nel luglio 1902, quando non aveva ancora 12 anni. Alejandro si sarebbe poi convertito e avrebbe iniziato a vivere cristianamente. Maria Goretti era beatificato nel 1947 e canonizzata tre anni dopo da Papa Pio XII. La sua festa è il 6 luglio.

San José Sánchez del Río (14 anni)

Adolescente cristero, processato, torturato e giustiziato dai funzionari del governo messicano. Dichiarato beato dal cardinale José Saraiva Martins a Guadalajara nel 2005 e canonizzato da Papa Francesco nel 2016 a Roma. Per indurlo a rinnegare la sua fede per potersi salvare, fu torturato e costretto ad assistere all'impiccagione di un altro ragazzo imprigionato con lui. Giuseppe, quando fu ferito, gridò: "Viva Cristo Re, viva la Vergine di Guadalupe!

Santi Francesco e Giacinta Marto - Fatima (10 e 9 anni)

Il 13 maggio 2017, in occasione del centenario delle apparizioni della Madonna, Papa Francesco canonizzato a Fatima (Portogallo), ai Beati Francesco e Giacinta Marto, due dei tre pastorelli di Fatima. Il processo a Suor Lucia è in corso. 

Il Papa ha detto il 13 maggio: "Come esempio per noi, abbiamo davanti agli occhi San Francesco Marto e Santa Giacinta, che la Vergine Maria introdusse nell'immenso mare della Luce di Dio, affinché potessero adorarla. Da lì ricevettero la forza per superare le avversità e le sofferenze. La presenza divina divenne sempre più costante nella loro vita, come dimostra chiaramente la loro insistente preghiera per i peccatori e il loro costante desiderio di essere vicini al "Gesù nascosto" nel Tabernacolo.

Santi Cristoforo, Antonio e Giovanni

Il bambini martiri di Tlaxcala sono considerati i primi martiri d'America, poiché furono uccisi in Messico tra il 1527 e il 1529. Cristobal conobbe la fede cattolica grazie all'opera di evangelizzazione svolta dai francescani tra il 1524 e il 1527. Dopo essere stato battezzato, si adoperò per la conversione della sua famiglia e morì all'età di 12 anni per le botte e le ustioni inflitte dal padre. Antonio e Juan ricevettero una formazione dai francescani e dai domenicani e furono uccisi.

Carlo Acutis (15 anni)

All'udienza di mercoledì, Papa Francesco ha annunciato la canonizzazione del Beato Francesco durante il Giubileo del 2025. Carlo Acutis, giovane italiano morto all'età di 15 anni per una leucemia fulminante.

L'11 ottobre 2020 il Papa ha detto: "Ieri, ad Assisi, è stato beatificato Carlo Acutis, un quindicenne innamorato dell'Eucaristia. Non si è adagiato in una comoda immobilità, ma ha compreso le necessità del suo tempo, perché nei più deboli ha visto il volto di Cristo. La sua testimonianza indica ai giovani di oggi che la vera felicità si trova mettendo Dio al primo posto e servendolo nei nostri fratelli e sorelle, soprattutto nei più piccoli. Applaudiamo al nuovo giovane Beato.

Il Santo Padre ha fatto riferimento al futuro Beato nella sua Esortazione Christus vivitin cui cita il rischio del mondo digitale che può mettere i giovani "a rischio di autoassoluzione, isolamento o piacere vuoto". 

Y citazione un giovane "creativo e brillante", Carlo Acutis, che "sapeva bene che questi meccanismi di comunicazione, pubblicità e social network possono essere usati per renderci insensibili, dipendenti dal consumo o ossessionati dal tempo libero". Invece, ha saputo utilizzare le "nuove tecniche di comunicazione per trasmettere il Vangelo e comunicare valori e bellezza".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Vaticano

Sessant'anni di Lumen Gentium: riscoprire il mistero della Chiesa

Un Congresso internazionale a Roma ha riflettuto sull’attualità di Lumen Gentium, a 60 anni dalla sua promulgazione, tra storia, ecclesiologia e sinodalità, con uno sguardo alle sfide poste dalla modernità.

Giovanni Tridente-22 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Nella ricorrenza del sessantesimo anniversario della promulgazione della Costituzione dogmatica Lumen Gentium, il 19 e 20 novembre 2024 la Pontificia Università della Santa Croce di Roma ha ospitato un Congresso internazionale per riflettere in generale sull’eredità del Concilio Vaticano II e di come sia evoluta l’ecclesiologia negli ultimi decenni. L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’Università di Navarra, l’Università Cattolica Giovanni Paolo II di Lublino e le Facoltà di Teologia della “Santa Croce” e dell’Università della Svizzera italiana di Lugano.

Il cammino dell’ecclesiologia

La prima giornata del Congresso ha offerto un’analisi storica del cammino ecclesiologico, affidata a Carlo Pioppi, docente di Storia della Chiesa alla Santa Croce, il quale ha illustrato le due principali correnti di pensiero sviluppatesi tra la Rivoluzione Francese e il Concilio Vaticano II: da un lato, la tradizione manualistica con un approccio giuridico e apologetico; dall’altro, nuove prospettive che hanno riscoperto la Chiesa come “organismo vivo guidato dallo Spirito Santo e inserito nella storia”.

Dall’Università di Navarra, Pedro A. Benítez ha analizzato il dibattito conciliare sulla “struttura organica” della Chiesa, evidenziando come questa idea sia divenuta centrale nella redazione di Lumen Gentium, tanto da descrivere la Chiesa come “una realtà strutturata, un corpo unificato” in cui ogni membro svolge un ruolo vitale. Concetto che è stato poi approfondito anche da Peter De May, della Katholieke Universiteit Leuven, sottolineando come i capitoli della Costituzione dedicati al popolo di Dio, ai laici e alla gerarchia si integrano reciprocamente.

Popolo di Dio e comunione

Riferendosi al contesto post-conciliare, Hans Christian Schmidbaur, della Facoltà di Teologia di Lugano, ha evidenziato invece come la “communio”, principio fondamentale del documento conciliare, non vada intesa in senso secolare, quanto piuttosto come “communio sanctorum”, unione profonda tra Dio e l’umanità redenta, in cui la dimensione verticale della relazione con Dio assume e continua a mantenere un’importanza primaria.

La stessa esperienza vissuta durante il regime comunista in Polonia, quando c’era la tendenza a ridurre la realtà ecclesiali a una dimensione puramente istituzionale, di cui ha parlato Antoni Nadbrzezny dell’Università Cattolica di Lublino. Per lo studioso, Lumen Gentium ha restituito un’immagine di Chiesa come “entità personale”, “comunità di persone unite dall’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Nella seconda giornata dei lavori si è passati a un’analisi sistematica del Documento conciliare, approfondendo i concetti chiave di Popolo di Dio, comunione e sinodalità. Dall’Istituto Papa Benedetto di Ratisbona, Christian Schaller ha illustrato le diverse sfaccettature del “Popolo di Dio” presenti in Lumen Gentium, analizzandone la dimensione profetica, messianica e storico-escatologica. Quanto alla natura missionaria di questo “popolo”, è intervenuta Sandra Mazzolini, della Pontificia Università Urbaniana, soffermandosi in particolare sul ruolo dei laici e sul contributo che la Chiesa può dare nell’ambito del dialogo interculturale, “chiave di volta della missione evangelizzatrice della Chiesa sia universale sia locale”.

Sul tema della “comunione” è tornato anche Philip Goyret, già Decano della Facoltà di Teologia dell’Università della Santa Croce, che l’ha definita come un concetto in grado di sintetizzare altri elementi fondamentali della Chiesa, quali mistero, sacramento ed Eucaristia. Per cui, non si tratta affatto di una dimensione astratta, ma è un qualcosa che si realizza già nelle Chiese locali, trovando la sua massima espressione nella celebrazione eucaristica. Goyret ha poi sottolineato l’importanza di evitare una sorta di “rivalità” tra l’ecclesiologia di comunione e quella del Popolo di Dio, spiegando come la prima non escluda affatto la dimensione sociale e giuridica della Chiesa.

La sfida sinodale

Un ulteriore aspetto affrontato dal Congresso, del resto legato all’attualità del Pontificato di Papa Francesco, è stato quello dell’ecclesiologia sinodale, di cui ha parlato Miguel de Salis, Direttore del Centro di Formazione Sacerdotale della “Santa Croce”. Il docente – che è stato anche perito all’ultimo Sinodo in Vaticano – ha proposto un’analisi approfondita della sinodalità, partendo dalla sua definizione di “camminare insieme” e analizzandone il legame con la missione della Chiesa.

Secondo De Salis, occorre basale la sinodalità su una “struttura fondamentale relazionale”, evitando sia la rigidità di un’eccessiva dipendenza dalle forme istituzionali, sia il rischio di ridurre la Chiesa a un semplice riflesso della società contemporanea. Questo “cammino” deve essere radicato nella “pluralità reale della vita comunitaria”. In tale prospettiva, Vito Mignozzi, della Facoltà Teologica Pugliese, ha presentato la stessa sinodalità come “frutto della progressiva recezione conciliare”, spiegando che questa si realizza in un “nesso essenziale” che parte dalla concretezza delle comunità locali per abbracciare la dimensione universale della Chiesa.

Insomma, a sessant’anni di distanza la Lumen Gentium continua a offrire alla Chiesa uno sguardo che abbraccia sia il mistero della fede che la concretezza della storia, invitando le diverse generazioni a riconoscere nella comunione e nella sinodalità non solo strutture operative, ma vie per vivere e testimoniare il Vangelo e rinnovare lo slancio missionario.

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Spagna

I vescovi spagnoli concludono la loro 126ª assemblea plenaria

I vescovi spagnoli hanno tenuto la loro 126ª Assemblea plenaria dal 18 al 22 novembre 2024, durante la quale hanno discusso temi quali l'avanzamento dell'Ufficio per la protezione dei minori e la preparazione del Giubileo 2025 e del Congresso vocazionale.

Paloma López Campos-22 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Segretario Generale della Conferenza Episcopale Spagnola, Francisco César García Magán, è intervenuto all'incontro della Conferenza Episcopale Spagnola, tenutosi a conferenza stampa per dare un resoconto dell'Assemblea plenaria dei vescovi che si è svolta dal 18 al 22 novembre.

Come ha sottolineato monsignor García Magán, a questo incontro hanno partecipato tutti i vescovi membri effettivi, gli amministratori diocesani di Albacete e diversi vescovi emeriti. Da parte sua, il vescovo eletto di San Felíu de Llobregat e i due vescovi ausiliari eletti di Valencia hanno partecipato alla sessione inaugurale.

All'inizio della conferenza stampa, il Segretario generale ha espresso "vicinanza e solidarietà" alle vittime e alle persone colpite dall'uragano a Valencia e in altre comunità autonome. Ha inoltre ricordato che la colletta delle Messe durante la Solennità di Cristo Re, domenica 24 novembre, sarà destinata ad aiutare le vittime. Le Conferenze episcopali di Messico e Slovacchia si stanno unendo a questa iniziativa con donazioni finanziarie, oltre alle preghiere dei vescovi di altri Paesi che hanno inviato la loro solidarietà all'episcopato spagnolo.

Protezione dei minori e dei migranti

Tra i temi discussi durante l'assemblea plenaria c'è stato il lavoro del servizio di coordinamento e consulenza degli uffici per la protezione dei minori. A questo proposito, il segretario generale ha riferito che "si sono svolti sette incontri di formazione e prevenzione ai quali hanno partecipato quasi 1.400 persone provenienti da tutti i settori dell'azione della Chiesa".

D'altra parte, i vescovi spagnoli hanno ascoltato la proposta del progetto".Ospitalità atlantica", sviluppata dalla Sottocommissione per le Migrazioni e la Mobilità Umana. L'iniziativa, che dura da due anni, "nasce da un incontro convocato dal Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale con i vescovi delle diocesi coinvolte nella Rotta Atlantica, che è il nome dato alla rotta migratoria utilizzata dal continente africano per raggiungere l'Europa attraverso le Isole Canarie".

"Ospitalità Atlantica" consiste in "una rete ecclesiale composta da 10 Paesi e 26 diocesi in Spagna e Africa. I suoi tre obiettivi principali sono: offrire informazioni veritiere, salvare vite umane e fare rete".

Come ha riferito monsignor García Magán, questa Sottocommissione non è stata l'unica a presentare progetti durante l'Assemblea. Anche la Sottocommissione episcopale per la gioventù e l'infanzia ha mostrato i suoi progressi nel "progetto quadro per la pastorale giovanile", che "definisce il percorso che la Chiesa in Spagna vuole seguire con i suoi membri più giovani".

Sinodo dei Vescovi e Giubileo 2025

Anche il già concluso Sinodo dei Vescovi ha trovato spazio nell'agenda dell'assemblea. Il presidente della Conferenza episcopale, monsignor Argüello, che ha partecipato anche all'Assemblea generale del Sinodo, ha proposto ai suoi colleghi "di approfondire il documento finale con la stessa metodologia che è stata seguita nel Sinodo: una 'conversazione nello Spirito'". Per farlo, i vescovi si sono divisi in gruppi di lavoro per analizzare le "chiamate" che "riceviamo per crescere nella comunione missionaria".

Inoltre, durante l'assemblea plenaria la Conferenza episcopale ha parlato di due importanti eventi che si svolgeranno nel 2025: il Giubileo e il Congresso nazionale delle vocazioni. I vescovi stanno lavorando per preparare questi eventi ecclesiali in cui vogliono coinvolgere tutti i cattolici.

Altri temi dell'Assemblea Plenaria

Il segretario generale ha anche riferito che "i vescovi hanno discusso il documento finale del piano per l'attuazione dei criteri per la riforma dei seminari in Spagna". Hanno anche discusso della ristrutturazione degli istituti teologici e degli istituti superiori di scienze religiose.

Tra le altre questioni sollevate durante la riunione della Conferenza episcopale, monsignor García Magán ha evidenziato gli interventi del presidente di Manos Unidas e del direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre. Come di consueto, i vescovi hanno anche ricevuto informazioni sullo stato del gruppo Apse (TRECE e COPE), "dal Segretariato per il sostegno alla Chiesa e dall'Organismo di conformità normativa". Inoltre, "i vescovi hanno dato la loro approvazione al bilancio del Fondo comune interdiocesano e della Conferenza episcopale per il 2025".

Dopo l'intervento di García Magán, è iniziata la sessione di domande e risposte, durante la quale i giornalisti hanno chiesto informazioni sulle dichiarazioni del Difensore civico, che un giorno prima della chiusura dell'Assemblea plenaria aveva proposto la creazione di un fondo comune per il risarcimento delle vittime di abusi. Il Segretario generale non ha approfondito molto la questione, ma ha sottolineato che al momento c'è una certa tensione su questo tema, così come sull'insegnamento della religione e sul patto tra il Regno di Spagna e la Santa Sede.

Vaticano

Giubileo 2025: Roma è trasformata... e il Papa spera che lo sia anche per la Chiesa

Roma sta subendo una trasformazione con lavori di restauro dei suoi monumenti più emblematici in preparazione al Giubileo del 2025, un evento speciale della Chiesa cattolica che promuove la speranza come tema centrale. Il Papa invita tutta l'umanità a rinnovare la propria fede e a cercare un senso in un mondo segnato da divisioni, violenza e sfide.

Luísa Laval-22 novembre 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Molti turisti desiderosi di visitare la Città Eterna hanno trovato negli ultimi mesi una sorpresa forse non così piacevole a prima vista: Roma è ricoperta di "cantieri" per il restauro dei punti più iconici della città: il baldacchino della Basilica di San Pietro è già al suo posto dopo i lavori di ristrutturazione, il restauro della Cattedrale progettata dal Bernini, l'area intorno al Colosseo, le grandi fontane di Piazza Navona e molti altri luoghi della capitale italiana sono ancora in corso.

Ciò che accomuna queste ristrutturazioni è scritto a caratteri cubitali sulle loro recinzioni: Roma si trasforma. È questo il motto del progetto "Caput Mundi", che ha stanziato 500 milioni di euro per preparare la città a un evento unico nella storia della Chiesa: la Giubileo 2025È un evento che si verifica solo ogni 25 anni, tranne in casi straordinari, come il Giubileo della Misericordia del 2015. La città si sta preparando a un enorme afflusso di pellegrini e già si parla di alberghi e alloggi pieni per tutto l'Anno Santo.

Perché tutto questo?

Papa Francesco ha una proposta non solo per i cristiani, ma per il mondo intero: la speranza, il grande tema del Giubileo del 2025. In un mondo segnato da una crescente polarizzazione, da conflitti e dall'emarginazione delle minoranze, il leader della Chiesa alza la voce per riaccendere un desiderio che forse è sopito in ogni persona, o che non sappiamo come chiamare.

"Tutti sperano. Nel cuore di ogni persona si annida la speranza come desiderio e attesa del bene, anche nell'ignoranza di ciò che porterà il domani", afferma il Papa nella bolla "Spes non confundit" (la speranza non inganna, nella traduzione dal latino), che indice il Giubileo. Francesco usa le parole dell'apostolo Paolo nella sua Lettera ai Romani per invitare tutta l'umanità a quella che spera "sia per tutti un'occasione per riaccendere la speranza".

Camminare su un sentiero

Il cosiddetto Anno giubilare inizierà la notte del 24 dicembre di quest'anno, quando il Papa aprirà la Porta Santa della Basilica di San Pietro (ancora circondata dalle impalcature), e terminerà il 6 gennaio 2026, solennità dell'Epifania, quando la chiuderà. Durante questo periodo, la Chiesa indice 33 Giubilei legati a varie professioni e gruppi sociali: comunicatori, artisti, giovani, anziani, governanti...

Questa Porta sarà la prima di molte altre che verranno aperte nelle diocesi di tutto il mondo il 29 dicembre: i fedeli che le attraverseranno potranno ottenere l'indulgenza plenaria (perdono della colpa per tutti i peccati). Per farlo, dovranno soddisfare altre condizioni: ricevere la Santa Comunione e confessarsi una settimana prima o, dopo aver varcato la porta, pregare per le intenzioni del Santo Padre e avere un distacco totale da qualsiasi segno di peccato. Nelle diocesi, le Porte Sante si chiuderanno il 28 dicembre 2025.

L'ultimo Giubileo ordinario si è svolto all'inizio del nuovo millennio, nel 2000, durante il pontificato di San Giovanni Paolo II. Venticinque anni dopo, Francesco invita tutti a ripercorrere il "cammino" della vita cristiana, poiché "mettersi in cammino è un gesto tipico di chi cerca il senso della vita" (n. 5). Il suo auspicio è che le chiese giubilari siano "oasi di spiritualità" per "riprendere il cammino della fede e saziarsi alle sorgenti della speranza".

Chiesa in movimento

Fin dall'inizio del suo pontificato, Francesco ha detto che la Chiesa deve essere in movimento. Ora sottolinea che le sue porte devono essere aperte per accogliere "tutti, tutti, tutti", come ha sostenuto alla Giornata Mondiale della Gioventù di Lisbona del 2023. A tal fine, tutta la Chiesa deve essere trasformata per "offrire l'esperienza viva dell'amore di Dio, che risveglia nel cuore la speranza sicura della salvezza in Cristo" (n. 6).

Anche Francesco è andato per la sua strada: come afferma nella sua ultima enciclica "Dilexit Nos" (n. 217), mantiene la continuità con le sue encicliche sociali "Laudato si'" e "Fratelli tutti", e continua a difendere il ruolo di ogni persona nella missione di restaurare il mondo. "Quanto espresso in questo documento (...) non è estraneo al nostro incontro con l'amore di Gesù Cristo, perché abbeverandoci a questo amore diventiamo capaci di tessere legami fraterni, di riconoscere la dignità di ogni essere umano e di prenderci cura insieme della nostra casa comune", conclude nel testo pubblicato a ottobre.

Segni di speranza

Nel documento di indizione del Giubileo, Francesco propone che la Chiesa e la società si sforzino di offrire "segni di speranza" per i principali problemi che vede nel mondo contemporaneo, a cominciare dalla pace. "L'umanità, dimentica dei drammi del passato, è sottoposta a una nuova e difficile prova quando vede molte popolazioni oppresse dalla brutalità della violenza", scrive.

Inoltre, non esita a presentare questioni spinose come il calo della natalità in molti Paesi, causato dalla "perdita del desiderio di trasmettere la vita". Si rivolge anche a uno dei suoi pubblici preferiti, i carcerati, per i quali vuole aprire una porta santa in una prigione (e invita i governi a prendere iniziative per aiutare le persone in questo contesto). Il Papa non dimentica nemmeno i malati, i giovani, i migranti, gli anziani e i poveri, e invita le nazioni ricche a "risolvere di cancellare i debiti dei Paesi che non saranno mai in grado di pagarli" (n. 16). Nessuno è escluso dall'invito a trasmettere speranza.

Il mondo ha bisogno di speranza e il Papa lo sa. Per questo non si aspetta solo una trasformazione esterna, come la ristrutturazione di edifici e l'apertura di porte. Si aspetta che la Chiesa intera, in ciascuno dei suoi fedeli, apra le porte del suo interno affinché "la luce della speranza cristiana raggiunga tutti gli uomini, come messaggio dell'amore di Dio che si rivolge a tutti" (n. 6).

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Zoom

Gli edifici di tutto il mondo si illuminano per il "Mercoledì rosso".

La Cattedrale di San Giuseppe di Nazareth a Toluca, in Messico, si è illuminata di rosso il "Mercoledì rosso", nell'ambito della commemorazione dei cristiani perseguitati promossa da Aiuto alla Chiesa che Soffre.

Paloma López Campos-21 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
Spagna

Argüello: "La vocazione più in crisi in Spagna è il matrimonio".

Il Congresso nazionale delle vocazioni, che si terrà nel febbraio 2025, riunirà migliaia di partecipanti, promuoverà una visione della vita come "chiamata" di fronte all'individualismo moderno, promuoverà la pastorale vocazionale e metterà in evidenza il ruolo cruciale del matrimonio nella società e nella Chiesa.

Javier García Herrería-21 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Dal 7 al 9 febbraio, la Conferenza episcopale spagnola terrà un importante congresso vocazionale. L'iniziativa si intitola "Per chi sono? La Chiesa, un'assemblea di chiamati alla missione". Monsignor Luis Argüello, presidente della Conferenza episcopale e responsabile del Servizio di pastorale vocazionale, ha spiegato in una conferenza stampa il quadro del congresso, che intende allontanarsi dalla proposta di autonomia individualistica tipica della modernità (espressa dal famoso "Penso, dunque sono" di Cartesio), per invitare a considerare la vita come una "chiamata" che dà senso e pienezza alla vita. 

Il congresso si svolgerà nel padiglione "Arena di Madrid" e prevede di riunire 3.200 partecipanti e 300 relatori, tra sessioni generali e i diversi workshop che verranno offerti. Sarà inoltre possibile seguirlo in diretta sui social network.  

Parteciperanno tutte le realtà presenti nella Chiesa in Spagna: diocesi, vita consacrata e movimenti; sacerdoti e laici; e, naturalmente, le famiglie. L'evento è organizzato dal "Servizio di pastorale vocazionale" della Conferenza episcopale spagnola, che comprende le Commissioni episcopali per i laici, la famiglia e la vita, le missioni, la vita consacrata, il clero e i seminari, con la collaborazione della CONFER e del CEDIS.

Vocazione al matrimonio

Argüello ha sottolineato che è proprio la vocazione al matrimonio ad essere più in crisi nel nostro Paese, anche se ha precisato di essere preoccupato anche per le vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. 

Il video promozionale del congresso pone un'attenzione particolare alla vita matrimonialeLe immagini includono anche immagini di sacerdoti e donne consacrate. Argüello ha commentato che quando hanno presentato questa iniziativa a Papa Francesco, è stato lo stesso pontefice a sottolineare l'importanza della famiglia e della vita matrimoniale e a incoraggiare la promozione di questa opera pastorale.

Obiettivi del congresso

La genesi di questo congresso risale all'anno 2020, quando se ne tenne un altro, intitolato "Il popolo di Dio in movimento". In quell'occasione si è vista la necessità di organizzare nel prossimo futuro un grande incontro ecclesiale per promuovere la pastorale vocazionale in Spagna. Questa è l'origine della nuova convocazione che avrà luogo nel 2025, Chi sono per. Il grande obiettivo di questo Congresso è quello di celebrare una grande festa della Chiesa come "assemblea dei chiamati", perché questo è il significato della parola Chiesa ("Ecclesia"): un'assemblea di chiamati.

Il secondo grande obiettivo del Congresso è quello di promuovere e consolidare in ogni diocesi un servizio che incoraggi la vita vocazionale e promuova i diversi percorsi vocazionali. Per garantire questo obiettivo, una delle tre commissioni istituite per l'evento aiuterà le diocesi a mettere in pratica le novità che emergeranno in questi giorni.

Dimensione del congresso

Il congresso si articolerà in tre dimensioni: una antropologica, una ecclesiale e una terza che mostrerà la dimensione sociale della vocazione personale. 

Argüello ha sottolineato come la tragedia di Dana abbia messo in luce la generosità dei giovani nell'aiutare. Un segno, ha aggiunto, di come il paradigma dell'individualismo autonomo sia molto povero rispetto alla vita come dono per gli altri. Comprendere la vita come dono risponde alla verità dell'uomo e ci permette di scoprire il senso della vita. 

Dal punto di vista ecclesiale, Argüello ha ricordato che nella Chiesa siamo in un'epoca di sinodalità, che aiuta a capire come tutte le vocazioni siano importanti e necessarie, perché la Chiesa è una comunione la cui unione nasce dall'Eucaristia. 

La terza dimensione del congresso è quella di mostrare le conseguenze dell'approccio antropologico della Chiesa per l'intera società. I suoi effetti non si vedono solo in iniziative come la Caritas, ma una vita matrimoniale fruttuosa è decisiva per alleviare il problema demografico; o una buona educazione dei bambini è molto positiva per tutta la società. Argüello ha auspicato una società che cerchi veramente il bene comune, che non incoraggi solo la creazione di associazioni che rivendicano diritti, ma anche altre che incoraggino le persone ad adempiere ai propri obblighi: "Abbiamo bisogno di associazioni di doveri umani, non solo di diritti umani". 

Libri

Eugenio Corti (III): l'epopea di uno scrittore, di un uomo, di un cristiano

Eugenio Corti, scrittore e cristiano, ha lasciato un'eredità letteraria caratterizzata dall'essere custode della memoria e della verità, affrontando l'oblio con bellezza e autenticità. Nei suoi ultimi giorni di vita ha espresso serenità di fronte alla morte, confidando nella misericordia divina e nella trascendenza della sua opera. È scomparso nel 2014, lasciando un segno profondo nella letteratura.

Gerardo Ferrara-21 novembre 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Dopo il successo di Il cavallo rossoEugenio Corti, di fronte all'"inarrestabile avanzata della civiltà delle immagini", ha deciso di dedicarsi a una nuova serie di scritti che ha chiamato "storie per immagini". "Si tratta di bozzetti, elaborati secondo criteri particolari, che dovrebbero servire da copioni per la televisione del futuro, e ancor più per altri strumenti di comunicazione, magari informatici, che la scienza sta preparando".

La prima di queste opere risale al 1970 e si intitola "L'isola del paradiso" (la storia dell'ammutinamento del Bounty); la seconda è "La terra dell'Indio" (il tema è quello delle riduzioni gesuitiche in Sud America); la terza è "Catone l'antico" (la storia di Catone il Vecchio).

Al termine della sua carriera letteraria, Eugenio Corti ha potuto finalmente dedicarsi al periodo storico che più amava e nel 2008 ha pubblicato "...".Il Medioevo e altre testimonianze".

Negli ultimi anni della sua vita, Eugenio Corti ha ricevuto un'insolita attenzione da parte delle istituzioni: nel 2007, l'"Ambrogino d'oro" della città di Milano; nel 2009, il Premio "Isimbardi" della provincia di Milano; nel 2010, il Premio "La Lombardia del Lavoro" della Regione Lombardia; nel 2011, il Premio "Beato Talamoni" (provincia di Monza e Brianza); infine, nel 2013, il Presidente della Repubblica Italiana ha conferito a Eugenio Corti la Medaglia d'oro per i benemeriti della cultura e dell'arte.

Nel 2011 è stato costituito un comitato per la candidatura di Eugenio Corti al Premio Nobel per la Letteratura; la provincia di Monza e Brianza e la regione Lombardia in Italia hanno approvato mozioni a sostegno dell'iniziativa; François Livi, professore di lingua e letteratura italiana alla Sorbona di Parigi, è un entusiasta sostenitore accademico.

Eugenio Corti rimane molto realista sulle sue possibilità di ricevere il Premio Nobel: "Sono molto grato, ma è molto difficile peEugenio Corti resta molto realistico sulle possibilità di vedersi attribuito il Nobel: “Li ringrazio molto, ma per un cattolico oggi è molto difficile ricevere questo premio. C’è grande difficoltà ad accettare la cultura cristiana. Il Nobel è un’istituzione prestigiosa, ma in anni recenti è stato premiato anche chi con la cultura ha poco a che fare… A me basta che le mie opere siano conosciute e che magari Il cavallo rosso venga letto nelle scuole. Poi penso sempre che se non hanno dato il Nobel a Tolstoj, posso star tranquillo”. r un cattolico oggi ricevere questo premio. È molto difficile accettare la cultura cristiana. Il Nobel è un'istituzione prestigiosa, ma negli ultimi anni ha premiato anche chi con la cultura ha poco a che fare... A me basta che le mie opere siano conosciute e che magari Il cavallo rosso venga letto nelle scuole. Quindi penso sempre che se non hanno dato il Nobel a Tolstoj, posso stare tranquillo".

Il pensiero sull’aldilà è presente in maniera molto serena; nella stessa intervista citata poche righe fa gli viene chiesto se si vede ancora scrittore dopo la morte: “No… Penso di aver scritto abbastanza. In cielo vorrei soltanto riabbracciare i miei genitori, i miei fratelli, tutti quelli che ho amato sulla terra. Io mi sono impegnato con la penna a trasmettere la verità. Ma fino a che punto ci son riuscito è un punto interrogativo. Per me la cosa più importante è la misericordia divina. Ho fatto tanti errori, ma quando mi presenterò a Dio credo che mi riterrà ancora uno dei suoi”.

Eugenio Corti si è spento il 4 febbraio 2014 a Besana Brianza.

Un maestro di vita e di scrittura

Vanda Corti, dopo una vita passata accanto al marito e dopo averne condiviso successi e sconfitte, ha dichiarato: “La realtà dello scrittore è realtà di molti sacrifici… Sacrifici nel senso che quella dello scrittore è una vita di studio, una vita pesante: nessuno se ne rende conto. È una vita di solitudine: occorre saperla accettare, perché richiede silenzio, concentrazione, rispetto”.

La vita e le opere di Eugenio Corti sono per me continua fonte d’ispirazione e di speranza, di pace, di pazienza.

La signora Vanda, con cui ho avuto l’onore e il piacere di parlare al telefono e a cui ho regalato i miei libri, ha curato, nel 2017, l’edizione di un libro che raccoglie i diari del marito dal 1941 al 1948, Il ricordo diventa poesia. Nei diari, mi ha colpito molto una frase che Eugenio Corti aveva riportato, tratta da Bacche d’agrifoglio di Carlo Pastorino: “Ma anche per il racconto e per il romanzo non basta saper scrivere, occorrono gli argomenti. E questi ci sono dati dalla vita e dalla lunga esperienza. Solo a quarant’anni si è maturi per simili faccende. Fino a quell’età si è come fanciulli, e chi da giovane ha scritto troppo è rovinato per sempre… Io osservo che ci sono scrittori che a quarant’anni son già vecchi: han mietuto il grano in erba. Anche Orazio dava questo consiglio: attendere. Il grano in erba non è necessario: necessarie sono le spighe”.. Nei diari, mi ha colpito una frase che Eugenio Corti ha citato da "Bacche d'agrifoglio" di Carlo Pastorino: "Ma anche per il racconto e il romanzo non basta saper scrivere, ci vogliono i temi. E questi ci vengono dati dalla vita e dalla lunga esperienza. Solo a quarant'anni si è abbastanza maturi per queste cose. Fino a quell'età si è come bambini, e chi ha scritto troppo in gioventù si rovina per sempre... Ho notato che ci sono scrittori che a quarant'anni sono già vecchi: hanno raccolto il grano nell'erba. Anche Orazio dava questo consiglio: aspettare. Non è necessario il grano in erba: sono necessarie le spighe".

La pazienza è quindi necessaria per lo scrittore, e per l'artista in generale, come antidoto all'ardore di chi si sente chiamato a una missione straordinariamente alta, una vocazione alla quale spesso si sente incapace e indegno di rispondere: "La Provvidenza ha dei disegni speciali su di me. A volte tremo al pensiero della mia indegnità anche solo ad essere un mezzo nelle mani del Signore. A volte penso con timore che la Provvidenza si sia stancata della mia miseria, della mia mancanza, della mia ingratitudine, e che quindi mi abbia lasciato usare un altro per raggiungere il fine a cui ero destinato; e allora prego e agisco, e invoco il Cielo, finché, ecco, un chiaro aiuto della Provvidenza in un caso qualsiasi, mi rende sicuro che la sua mano mi dirige sempre nello stesso modo: allora sono felice. Non voglio che la mia affermazione che la Provvidenza ha un piano speciale per me sia interpretata come un atto di orgoglio. Mi umilio, proclamo la mia miseria senza nome, ma devo dire che è così, negarlo per me sarebbe come negare l'esistenza di una cosa materiale che mi sta davanti". 

Chi è, dunque, lo scrittore, il narratore, il cantastorie?

Nelle antiche tribù germaniche il cantastorie era chiamato “bern hard”, valoroso con gli orsi (da cui il nome Bernardo) perché scacciava gli orsi e teneva lontani i pericoli materiali e spirituali dal villaggio. Era lo sciamano della tribù, il depositario delle arti magiche e dello spirito collettivo della comunità, in pratica il custode dell’umanità (con tutto ciò che questo termine intende) delle persone, che aveva il compito di proteggere e incoraggiare, cui era tenuto a dare speranza e le cui tradizioni era incaricato di tramandare. Diceva bene Kierkegaard: “Ci sono uomini il cui destino deve essere sacrificato per gli altri, in un modo o nell’altro, per esprimere un’idea, ed io con la mia croce particolare fui uno di questi”.

Uno sciamano, il paradigma dell’uomo. Lo scrittore è un cavaliere, un prode armato di una penna (oggi, magari, della tastiera di un computer) e di tanta abnegazione e combatte contro il più grande nemico degli esseri umani, un mostro terribile, orrendo nell’aspetto e feroce nel temperamento che divora gli uomini e soprattutto ne fagocita i ricordi, i sogni, l’identità stessa: la morte. Una morte, quindi, intesa non soltanto come cessazione fisica dell’esistenza terrena, bensì come annichilimento di quella interiore e spirituale, ergo nichilismo, bruttezza, noia, menzogna, sciatteria, abitudine e soprattutto, direi, oblio, smemoratezza.

Lo scrittore è l'avanguardia dell'umanità e sceglie spontaneamente, in virtù di un dono contemplativo superiore a quello degli altri uomini (molto spesso una ferita aperta e sanguinante, una malinconia esistenziale ottimamente descritta da Romano Guardini nel "Ritratto della malinconia"), di scendere in battaglia, di affrontare i mostri, gli "orsi", la morte e di lottare contro l'oblio, utilizzando quella bellezza e quella verità che contempla; e poi tornare, tra i suoi simili, ferito, stanco e deluso nel vedere che qui sotto non regnano l'assoluto, la bellezza e la bontà eterna (proprio il realismo dell'artista cristiano). Ai suoi simili riferirà, un po' come il primo maratoneta (Filippide, detto "eterodromo": anche lo scrittore potrebbe essere un "eterodromo", forse ancor più un "biodromo", uno che corre tutta la vita avanti e indietro tra il relativo e l'assoluto, la morte e la vita, la soddisfazione di poter contemplare la bellezza e la verità più degli altri e il rammarico e la sfortuna di non poterle vedere realizzate su questa terra): "Οἶδα"! Lo so, o uomini, l'ho visto! L'ho visto: so chi siete, so chi eravate e chi siete stati creati per essere. Voi, forse, non lo sapete più, non lo ricordate, non ci credete, ma io ve lo grido, ve lo racconto attraverso storie di tempi e persone che possono sembrare lontane, ma si tratta di voi: siete dei, ognuno di voi lo è; siete preziosi, importanti, belli, eterni, siete eroi la cui storia è degna di essere ricordata e tramandata per sempre.

Vorrei concludere con alcune righe tratte da "I più non ritornano", in cui Eugenio Corti ricorda l'amico Zoilo Zorzi, valoroso soldato morto durante la ritirata di Russia:

I plotoni si prepararono ad andare in linea. Già la mia parte bestiale – che in quel momento aveva il sopravvento – gioiva per essermi visto risparmiare insieme con i miei amici, quando Zorzi fece inaspettatamente un passo in avanti e chiese con voce dimessa al colonnello di essere aggiunto a un plotone.

Aveva nel rustico viso veneto lo sguardo franco, come sempre, e modesto, come sempre.

Come quando, ricordavo, in Italia sopportava i colleghi che gli lanciavano qualche frizzo perché egli, dell’Azione Cattolica, non era corrivo a certi discorsi.

Il colonnello accolse la sua richiesta. I plotoni partirono subito per Arbusov.

Bellini ed io guardammo in silenzio Zorzi che si allontanava; non l’avremmo rivisto più.

Vorrei che queste mie poche, inadeguate parole fossero un canto in ricordo di lui, il migliore fra quanti uomini ho incontrato nei duri anni della guerra.

Lui ch’era d’animo semplice, e profondo nei pensieri, e amatissimo dai suoi soldati. E inoltre molto coraggioso, come si conviene a un uomo vero.

A lungo ho seguitato a sperare che tu fossi vivo, e ancora la tua voce risuonasse in qualche minima parte di quelle terre sconfinate; e silenziosamente t’aspettavo.

Intanto la neve si sarà sciolta, i tuoi panni avranno persa la rigidità del ghiaccio e sarai rimasto disteso nel fango nelle dolci giornate di primavera. E immersi nel fango e nella putredine la tua fronte e i tuoi occhi, ch’erano sempre rivolti in alto.

Avevo fatto un voto perché tu tornassi. L’avremmo sciolto insieme.

Ma tu non sei tornato! Mi ritroverò ugualmente, io credo, a parlare con te in molti momenti di questa povera vita. È così sottile il velo che separa questa vita dalla tua! Cammineremo ancora insieme, come camminavamo insieme fianco a fianco sui sentieri della steppa nei giorni dell’estate.

Pendeva nel sole, ricordi? Interminabilmente il canto sempre uguale delle quaglie, voce di quel sapore d’ignoto che avevamo intorno.

Forse le tue ossa bianche mescolate alla terra e all’erba, ancora oggi, sentono quel rustico canto, allora così suggestivo, e sembrerà un pianto.

Vangelo

Cristo, Re della verità. Solennità di Cristo Re (B)

Joseph Evans commenta le letture della Solennità di Cristo Re (B) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-21 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La solennità di Cristo Re indica la seconda e ultima venuta di Nostro Signore, alla fine dei tempi, quando tutta l'umanità - tutti coloro che sono vissuti - si troveranno insieme davanti a Lui ed Egli giudicherà ciascuno secondo le sue opere. Tutto ciò che è nascosto verrà alla luce, la bontà dei giusti sarà mostrata a tutti, l'inganno dei falsi sarà smascherato e la giustizia di Dio sarà pienamente rivendicata.

Il Vangelo di oggi mostra il Cristo che sarà giudice. Colui che giudicherà tutti nella giustizia e nella verità si trova da solo di fronte a un funzionario corrotto che sa pensare solo in termini mondani. "Sei tu il re dei Giudei?". Pilato chiede a Gesù. In altre parole, vuoi diventare re? Sei una minaccia per il potere romano? Roma, un tempo quel grande impero che oggi è solo materia per lezioni di storia e archeologia. Ma ciò che colpisce in questo episodio è il ribaltamento della situazione: Gesù, fisicamente legato e umanamente impotente, sembra giudicare Pilato più di quanto Pilato giudichi lui. Del tutto imperterrito, Gesù si limita a ribadire che il suo regno non è di questo mondo e che, pur essendo un re, la sua regalità consiste nel "rendere testimonianza alla verità".

Tendiamo ad associare il potere, e di fatto la politica, alla falsità. Gesù ci aiuta a capire che la vera autorità è inestricabilmente legata al dire la verità. Governiamo meglio noi stessi e la situazione quando diciamo la verità. Infatti, una parte fondamentale della rivelazione della regalità di Cristo, quando verrà alla fine dei tempi, è portare alla luce la verità. Lo farà nel giudizio universale (cfr. Lc 8,17; 12,3; Ap 20,12-15). I re giudicano, e lo vediamo certamente in Dio (cfr. Gen 18,25; Sal 10,16-18; 98,9; Is 33,22), e la giustizia consiste nel discernere e seguire la verità in ogni situazione. Cristo è un tale re, governa così tanto in ogni situazione, che può sottomettersi senza timore al giudizio ingiusto, dicendo egli stesso la verità con chiarezza, ma senza amarezza o rabbia (cfr. anche Gv 18,20-23). La regalità di Cristo sulla terra non ha mai riguardato il potere mondano. Anzi, lo ha sempre evitato (cfr. Gv 6,15). È sempre stato un servizio alla verità e alla giustizia, in profonda umiltà (cfr. Gv 13, 3-17). Come cristiani, siamo chiamati a imitare Cristo nella sua regalità che proclama la verità, dominando la nostra paura e la nostra vanità per testimoniare noi stessi la verità in ogni situazione.

Omelia sulle letture della Solennità di Cristo Re (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vaticano

Carlo Acutis sarà proclamato santo nel 2025

La considerazione che "i laici non sono gli ultimi, ma hanno carismi propri con i quali contribuiscono alla missione della Chiesa"; l'annuncio della canonizzazione del Beato Carlo Acutis nel Giubileo degli Adolescenti del 2025; un incontro mondiale sui Diritti del Fanciullo e i mille giorni di guerra in Ucraina, hanno occupato il cuore del Papa questa mattina.

Francisco Otamendi-20 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Come seguito alle sue catechesi nella Pubblico Questa mattina, in cui ha affermato che "i laici non sono una sorta di collaboratori esterni o truppe ausiliarie del clero, ma hanno carismi e doni propri con cui contribuire alla missione della Chiesa", Papa Francesco ha annunciato questa mattina la canonizzazione del Beato Carlo AcutisIl giovane italiano, morto a 15 anni per una leucemia fulminante, era caratterizzato da un grande amore per l'Eucaristia. 

Inoltre, il Papa ha indicato anche la canonizzazione del Beato Pier Giorgio Frassati. Il Beato Carlo Acutis sarà canonizzato durante il Giubileo degli adolescenti, che si terrà dal 25 al 27 aprile 2025, mentre Pier Giorgio Frassati sarà elevato agli altari durante il Giubileo dei giovani, che si svolgerà dal 28 giugno al 3 agosto del prossimo anno.

Lo Spirito Santo parla attraverso i carismi

La decisione del Papa si inserisce nel tema dell'Udienza di mercoledì 20 novembre, in cui la catechesi di Papa Francesco si è concentrata sul tema "I doni della Sposa. Carismi, doni dello Spirito per il bene comune", basandosi sulla prima Lettera di San Paolo ai Corinzi (1 Cor 12,4-7,11).

Il Romano Pontefice ha esordito sottolineando che "nelle ultime tre catechesi abbiamo parlato dell'opera santificatrice dello Spirito Santo, che si realizza nei sacramenti, nella preghiera e seguendo l'esempio della Madre di Dio". 

Ma oggi ha suggerito di ascoltare "ciò che dice un famoso testo del Concilio Vaticano II: 'Inoltre, lo stesso Spirito Santo non solo santifica e dirige il Popolo di Dio attraverso i sacramenti e i misteri e lo adorna di virtù, ma distribuisce anche grazie speciali tra i fedeli di ogni condizione, distribuendo a ciascuno i suoi doni come vuole'" (Lumen Gentium, 12)". Ha poi fatto riferimento a "questo secondo modo in cui lo Spirito Santo opera nella Chiesa, che è l'azione carismatica".

Valorizzare il ruolo dei laici nella Chiesa

"In primo luogo, il carisma è un dono dato per il bene comune, per il bene della Chiesa, piuttosto che per la propria santificazione; in secondo luogo, il carisma è un dono dato "a uno", o "ad alcuni" in particolare, non a tutti allo stesso modo, e questo è ciò che lo distingue dalla grazia santificante, dalle virtù teologali e dai sacramenti, che sono identici e comuni a tutti", ha detto il Santo Padre.

Il Papa ha poi aggiunto che "la comprensione della ricchezza dei carismi ci aiuta ad apprezzare il ruolo della Chiesa e dei suoi membri". laici nella Chiesa, poiché i laici possiedono carismi e doni propri con cui contribuiscono in modo speciale alla sua missione nel mondo. Non si tratta di capacità spettacolari, ma di doni ordinari che acquistano un valore straordinario perché ispirati dallo Spirito Santo.

In questo senso, il Romano Pontefice ha sottolineato nella sua catechesi che "Benedetto XVI ha detto: "Guardando alla storia dell'era post-conciliare, si può riconoscere la dinamica del vero rinnovamento, che spesso ha assunto forme inaspettate in momenti vivaci e che rende quasi tangibile l'inesauribile vivacità della Chiesa, la presenza e l'azione efficace dello Spirito Santo".

I carismi al servizio della Chiesa

Nel suo saluto ai pellegrini in varie lingue, il Successore di Pietro ha incoraggiato: "Chiediamo allo Spirito Santo di concederci di crescere nella virtù della carità, per scoprire e mettere i nostri carismi al servizio della Chiesa ed essere grati per i carismi degli altri, riconoscendo che contribuiscono al bene di tutti. Il Signore vi benedica e la Vergine Santa vegli su di voi".

"Dobbiamo riscoprire i carismi, perché questo significa che la promozione dei laici e delle donne in particolare è intesa non solo come un fatto istituzionale e sociologico, ma nella sua dimensione biblica e spirituale", ha sottolineato Francesco.

Infine, dopo aver ricordato che i laici "Quando si parla di carismi - ha sottolineato - bisogna subito dissipare un equivoco: quello di identificarli con doni e capacità spettacolari e straordinarie; si tratta invece di doni ordinari, ognuno con il proprio carisma, che acquistano un valore straordinario quando sono ispirati dallo Spirito Santo e incarnati nelle situazioni della vita con amore".

Il Papa ha concluso affermando che "la carità moltiplica i carismi, fa sì che il carisma di uno, di una sola persona, sia il carisma di tutti".

Ucraina: il dialogo al posto delle armi

Il Papa ha anche annunciato un incontro mondiale per i diritti dei bambini il 3 febbraio a Roma (è stato fotografato con decine di bambini in Piazza San Pietro), e ha ricordato con immenso rammarico i mille giorni di guerra in Ucraina, chiedendo che "il dialogo sostituisca le armi". In questo contesto, ha letto alcuni paragrafi di una lettera indirizzatagli da uno studente universitario ucraino.

Il Romano Pontefice ha anche ricordato la solennità di Cristo Re dell'Universo di domenica prossima e la festa della Presentazione della Vergine Maria di domani, in cui si celebra la Giornata pro Orantibus.

L'autoreFrancisco Otamendi

America Latina

I vescovi cileni contro il decreto governativo sull'educazione religiosa

Il Ministero dell'Istruzione cileno ha emanato un decreto che modifica la regolamentazione dell'istruzione religiosa, attirando le critiche della Chiesa cattolica e di altre confessioni, che sostengono che il decreto incide sulla libertà religiosa e sull'autonomia delle confessioni nel determinare l'idoneità degli insegnanti di religione, consentendo l'intervento dello Stato nelle decisioni interne.

Pablo Aguilera L.-20 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il 2 settembre 2024, il Ministero dell'Educazione cileno, sorprendendo la Chiesa cattolica e altre confessioni religiose, ha emanato un decreto - il n. 115 - per modificare importanti aspetti dell'educazione religiosa nelle scuole del Paese, modificando il Decreto Supremo n. 924 del 1983. Il decreto è stato inviato al Controllore Generale della Repubblica per la "toma de razón" (approvazione).

Autonomia delle denominazioni 

La Conferenza episcopale ha presentato un scritto con le loro obiezioni nell'Ufficio del Controllore, sostenuta dal Comitato nazionale dell'educazione evangelica (CONAEV), che ha appoggiato la richiesta, e ci si aspetta che altri leader religiosi facciano lo stesso. Si sostiene che il nuovo decreto leda la libertà religiosa e pregiudichi gravemente l'autonomia di tutte le confessioni religiose nel determinare l'idoneità di coloro che possono insegnare religione. Questo perché stabilisce una procedura in cui lo Stato interverrebbe in caso di revoca o rifiuto del certificato di idoneità, rivedendo le decisioni delle autorità religiose. 

Secondo le argomentazioni presentate, lo Stato deve riconoscere l'autonomia delle confessioni nel regolare i propri affari, compresa la determinazione dell'idoneità degli insegnanti di religione, che è una parte fondamentale della libertà religiosa, del diritto di associazione e del diritto all'istruzione. Ha sottolineato che l'insegnamento della religione non è equivalente all'insegnamento di un'altra materia. 

Idoneità degli insegnanti di religione

Secondo il Patto internazionale sui diritti civili e politici, questa libertà include l'insegnamento delle proprie dottrine, il che implica il potere delle confessioni di decidere chi è qualificato a trasmettere il proprio credo. Il decreto n. 115, tuttavia, impedisce alle confessioni religiose di richiedere congiuntamente una qualifica professionale e un certificato di idoneità, rendendo impossibile un giudizio completo degli elementi necessari per valutare gli insegnanti di religione. Questa modifica non solo snaturerebbe il certificato di idoneità, ma limiterebbe anche il diritto delle confessioni di garantire la rettitudine dottrinale e morale di chi insegna la fede.

Il Decreto stabilisce che il certificato di idoneità deve essere richiesto una sola volta, rendendolo permanente, il che sarebbe incompatibile con la natura mutevole dell'idoneità in termini dottrinali e morali. Inoltre, vengono concessi nuovi termini e requisiti che obbligano le autorità religiose a rispondere e giustificare i dinieghi dei certificati entro 30 giorni, il che, secondo la Conferenza, rappresenta un indebito intervento dello Stato nel tempo che queste confessioni richiedono per valutare gli insegnanti, limitando fortemente la loro autonomia.

La richiesta della Chiesa mira a una revisione completa del decreto alla luce del CostituzioneIl Ministero dell'Istruzione, in conformità con i trattati e le leggi internazionali che riconoscono e garantiscono la libertà religiosa, affinché non prenda atto del suddetto decreto e lo restituisca al Ministero dell'Istruzione.

L'autorePablo Aguilera L.

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La crisi della Chiesa nei Paesi Bassi a metà del XX secolo

Questo secondo articolo sul cattolicesimo nei Paesi Bassi tratta del ruolo della Chiesa nella Seconda guerra mondiale e nel dopoguerra.

Enrique Alonso de Velasco-20 novembre 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Articoli della serie Storia della Chiesa nei Paesi Bassi:

Come abbiamo visto in un primo articolo Per quanto riguarda la Chiesa nei Paesi Bassi, la Riforma protestante fu seguita da un lungo periodo (1573-1795) in cui la provincia ecclesiastica olandese divenne una terra di missione e i cattolici furono gravemente discriminati, con una graduale diminuzione del loro numero e un declino del loro livello di istruzione, della loro posizione economica e quindi della loro influenza nella società. Quando nel 1853 fu ripristinata la gerarchia (allora il 38% della popolazione era cattolico), i vescovi e i sacerdoti cattolici, assistiti dagli ordini e dalle congregazioni religiose, lanciarono numerose iniziative per aiutare la popolazione cattolica a uscire dalla terribile situazione di ignoranza religiosa, sottosviluppo e povertà. 

Pochi laici avevano la formazione, il potere economico e l'influenza sociale necessari per contribuire a questa rinascita spirituale e sociale dei cattolici. Così, fin dall'inizio della "rinascita cattolica", un ruolo primario è stato svolto - per forza di cose - da chierici e religiosi. Questo ha contribuito a una certa passività dei laici nella costruzione di una società più giusta e cristiana, e anche nella loro responsabilità personale come cittadini e cristiani? Probabilmente sì.

Rivitalizzazione cattolica

In ogni caso, il compito di rivitalizzare i cattolici fu affrontato con vigore e i risultati si concretizzarono presto: costruirono chiese, fondarono scuole e ospedali, pubblicarono giornali e altri mezzi di comunicazione e formarono un partito politico per affermare i loro diritti. A metà del XX secolo, i cattolici avevano riconquistato gran parte dei loro diritti culturali, sociali ed economici rispetto ai compatrioti protestanti. Si erano organizzati in modo tale da formare un gruppo o progetto di pressione politica, sociale e mediatica abbastanza uniforme, legato alla "colonna cattolica", che alcuni chiamavano "la Causa cattolica" ("Roomsche Zaak's"), in cui la vita spirituale passava gradualmente in secondo piano e il movimento sociale per aiutare i cattolici veniva al primo posto. 

In questo progetto, la Chiesa - e il clero in particolare - acquisì un grande potere, molto utile per aiutare la popolazione cattolica, anche se non esclusivamente in ambito spirituale. In alcuni casi ci furono eccessi e partigianeria, e si creò uno spirito di gruppo che poteva facilmente soffocare il legittimo desiderio di libertà nelle questioni temporali. Ciò non favorì lo sviluppo della libertà interiore dei cattolici, una libertà così profondamente radicata nell'idiosincrasia olandese. Per molti aspetti, i laici olandesi svilupparono una dipendenza malsana dal clero, che li esentava - o almeno così pensavano - dalla responsabilità personale.

La vera libertà

Se la libertà ci aiuta a vivere la morale di Cristo, è logico che una mancanza di libertà interiore (e un'eccessiva dipendenza dal clero) può portare prima a un'esperienza di fede sopraffatta e amareggiata, vista soprattutto come un obbligo, e infine a un rifiuto della vita e della morale cristiana.

Nel complesso, le prospettive della Chiesa nei Paesi Bassi apparivano eccellenti a metà del XX secolo: ogni anno venivano ordinati circa 400 sacerdoti (regolari e secolari, dati del 1936-1945), c'erano circa 4 milioni di fedeli obbedienti alla gerarchia, con una frequenza media alle messe superiore a quella del resto d'Europa; c'era un sacerdote o un religioso ogni 100 cattolici (in Spagna 0,42, in Belgio 0,79, in Francia 0,45), con imponenti strutture di efficienza e organizzazione, sempre agli ordini dell'episcopato. La Chiesa olandese appariva come una fortezza indistruttibile al servizio di Roma, e questa situazione rimase tale, almeno all'esterno, fino a ben oltre gli anni Sessanta.

Seconda guerra mondiale

La Seconda Guerra Mondiale, con l'invasione del Paese da parte dell'esercito tedesco, fu una dura prova per tutti gli olandesi. I vescovi, guidati dal primate dei Paesi Bassi e arcivescovo di Utrecht, Johannes de Jong, non appena ricevettero la notizia che i filonazisti si stavano infiltrando nelle associazioni cattoliche per usarle per i loro scopi, decretarono che tutti i cattolici dovevano ritirarsi da esse, cosa che avvenne immediatamente. Questo modo di opporre resistenza all'invasore non fece che aumentare il prestigio dei vescovi. 

Il vescovo de Jong non usa mezzi termini e lancia una serie di messaggi per esortare i cattolici a non collaborare in alcun modo con le ingiuste misure dell'invasore: domenica 21 febbraio 1943, in tutte le chiese cattoliche viene letta una dichiarazione di protesta contro i crimini nazisti contro gli ebrei e i cittadini olandesi. Per rappresaglia, le autorità tedesche di occupazione reagirono molto duramente: il commissario del Reich nei Paesi Bassi, Arthur Seyss-Inquart, ordinò la deportazione di tutti gli ebrei cattolici battezzati (che fino ad allora erano stati risparmiati). Anche se molti di loro riuscirono a nascondersi, per molti altri (tra cui Edith Stein e sua sorella Rosa) questa "razzia" significò la morte. Nonostante la fermezza del vescovo de Jong e di altri leader protestanti, tre quarti degli ebrei residenti nei Paesi Bassi morirono durante la guerra, per lo più nei campi di concentramento.

Il dopoguerra

Durante la guerra, i diversi gruppi di popolazione hanno sofferto insieme e hanno dovuto collaborare tra loro per sopravvivere e resistere all'oppressore. Per molti - non solo per i cattolici - questa esperienza è stata decisiva per il rispetto e l'apprezzamento degli appartenenti alle "altre colonne". Anche se dopo la guerra le associazioni confessionali ricominciarono a funzionare e ripresero le loro attività, le prime crepe nelle colonne erano già state provocate. Soprattutto tra gli intellettuali iniziò un processo - noto come "doorbraak" - di apertura, di avvicinamento ai protestanti, ai liberali e - soprattutto - ai socialisti, che spesso andava di pari passo con un atteggiamento critico nei confronti della gerarchia, che sembrava ancora aggrappata alla "colonna" cattolica.

Nel 1954 i vescovi olandesi promulgarono il "Mandement" (letteralmente "comandamento" o "mandato"), un documento in cui esortavano i cattolici a rimanere uniti e fedeli alla propria fede e, a tal fine, a continuare a sostenere - anche con il proprio voto in caso di elezioni - le istituzioni confessionali. I vescovi hanno messo in guardia i fedeli dai nemici del cattolicesimo, nominando specificamente il liberalismo, l'umanesimo senza Dio, il marxismo e l'Associazione olandese per la riforma sessuale. L'esortazione si concludeva minacciando di sanzioni canoniche i cattolici iscritti o simpatizzanti dei sindacati socialisti. 

"Mandement"

Una delle ragioni che hanno motivato la pubblicazione del libro ".MandatoLa "Chiesa cattolica" era plasmata dai sintomi di malattia che erano visibili tra i cattolici da diversi decenni. Con questo scritto, i vescovi credevano di poter fermare il processo di "rottura" o dissoluzione della colonna cattolica che stava avvenendo. Ma secondo alcuni cattolici di spicco, l'evoluzione della Chiesa cattolica olandese era inarrestabile e il "Mandement" era già superato dal giorno della sua pubblicazione.

A prescindere dal "mandement" dei vescovi, è certo che il dopoguerra fu caratterizzato da un nuovo ottimismo: la convinzione - o il desiderio - che il vecchio, l'antiquato, il chiuso (le "colonne"?) fosse passato e che una nuova era, una nuova società moderna e aperta, fosse ormai alle porte. Questo ottimismo è stato fortemente favorito dalla forte cooperazione internazionale e dallo sviluppo economico, facilitato dal Piano Marshall, che ha portato prosperità e la prospettiva di una pace duratura dopo molti anni di rinunce dovute alle due grandi guerre e alla crisi economica tra le due guerre.

Un tempo di cambiamenti nella Chiesa

Questo atteggiamento di apertura al nuovo non fu certo esclusivo dei Paesi Bassi, ma influenzò anche il pensiero scientifico, filosofico e teologico di tutto il mondo. La posizione dei cattolici nei confronti delle scienze umane subì una svolta notevole e le scienze sociali e la psicologia divennero oggetto di studi e pubblicazioni, soprattutto in alcuni Paesi con una più forte tradizione filosofica. 

Negli anni Cinquanta, una serie di innovazioni ideologiche attirò l'attenzione di numerosi teologi e filosofi, anche olandesi. La "nouvelle théologie" francese e poi, parallelamente, la teologia trascendentale della scuola di Karl Rahner in Germania, furono ampiamente lette e trasmesse al pubblico olandese in modo informativo, grazie all'arsenale di pubblicazioni e canali radiotelevisivi a disposizione della "colonna" cattolica. 

Entrambe le correnti teologiche volevano stabilire un dialogo tra la tradizione cattolica e il "mondo". A tal fine, cercarono un nuovo fondamento scientifico nel metodo storico-critico applicato alla teologia biblica e dogmatica. Uno dei teologi che più assimilò queste nuove idee e che più influenzò l'opinione pubblica olandese fu il domenicano belga Edward Schillebeeckx, professore a Nimega. 

Conseguenze della nuova teologia

Il grande rispetto dei cattolici olandesi per le loro istituzioni e i loro vescovi, e la scarsa tradizione speculativo-teologica dei fedeli, spiegano forse come sia stato possibile che idee così innovative siano state accettate così improvvisamente dalle grandi masse, senza quasi alcun senso critico e senza essere in grado di integrarle nella tradizione della Chiesa, scivolando in molti casi verso posizioni non propriamente cattoliche o addirittura cristiane.

Oltre ai teologi, gli intellettuali cattolici più influenti - compresi alcuni laici - cambiarono presto il loro quadro di riferimento filosofico. Il nuovo quadro di riferimento divenne costituito quasi esclusivamente dalla fenomenologia esistenziale. Questo era il nome dato nei Paesi Bassi a tutte le correnti filosofiche e psicologiche di natura empirica, in cui le scienze sociali e l'antropologia avevano un posto di rilievo, ma senza l'ancoraggio ontologico della metafisica. 

Oltre a contribuire al rinnovamento del pensiero e della teologia - un merito innegabile - la fenomenologia esistenziale e le nuove idee teologiche provocarono in molti pensatori una rottura con il tradizionale retaggio culturale cattolico. Questo cambiamento del quadro intellettuale di riferimento iniziò già prima degli anni Cinquanta a erodere i fondamenti teologici neotomistici fino ad allora superati perché non realmente assimilati, ma forse solo meccanicamente ripetuti. 

Panoramica della Chiesa nei Paesi Bassi

In breve, non si può sopprimere l'impressione che il cattolicesimo olandese, in mezzo all'esuberanza delle organizzazioni e degli apparati esterni, mancasse di interiorità. Già nel 1930 si poteva leggere in una rivista cattolica un'interessante analisi del cattolicesimo olandese: "Che cosa ci manca, non potrebbe essere "lo Spirito che dà la vita"? Non è forse possibile che ci siamo lasciati andare al letargo del successo esteriore, e che quindi abbiamo trascurato troppo l'interiorità?

Potremmo concludere dicendo che la Chiesa nei Paesi Bassi è apparsa fino agli anni Sessanta come un edificio imponente, ma al suo interno si stavano verificando una serie di impetuosi cambiamenti che avrebbero avuto conseguenze disastrose: una crisi di cui ci occuperemo in un articolo successivo.

L'autoreEnrique Alonso de Velasco

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Vocazioni

Vinel Rosier: "La Chiesa ad Haiti sostiene la speranza del popolo".

Vinel Rosier è un sacerdote haitiano che lavora con i giovani del suo Paese affinché non perdano la speranza di fronte alla crisi che il Paese sta attraversando.

Spazio sponsorizzato-19 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Vinel Rosier è nato il 10 ottobre 1989 a Cavaillon, HaitiÈ il terzo di una famiglia di quattro figli. Ha ricevuto il diaconato il 25 maggio 2019 ed è stato ordinato sacerdote il 31 agosto dello stesso anno nella cattedrale di Les Cayes, ad Haiti. Il suo primo incarico pastorale è stato quello di curato nella parrocchia di Sacré-Cœur des Cayes, compito che ha affiancato alla direzione della Movimento "KIROIl progetto è stato portato avanti da giovani cristiani, insieme all'insegnamento del catechismo nelle scuole secondarie e alle lezioni bibliche introduttive per i giovani che stavano per entrare nel Seminario Maggiore.

Come ha scoperto la sua vocazione al sacerdozio?

-Da bambino mi preparavo alla Prima Comunione in una scuola gestita da suore. In una classe, una delle suore chiese cosa avremmo voluto fare da grandi e io risposi che volevo essere un sacerdote. Questo desiderio è cresciuto dentro di me, incoraggiato dal fatto che mi sono unito a un gruppo di chierichetti che aiutavano a celebrare la Messa. Lì rimasi colpito dalla disponibilità dei sacerdoti e dalla loro volontà di servire. Dopo un po' di tempo, ho chiesto al parroco di mandarmi a discernere la mia vocazione, e così ho fatto per due anni fino a quando, nel 2010, ho iniziato il programma propedeutico. 

Qual è stata la reazione della sua famiglia e dei suoi amici quando ha detto loro che voleva diventare sacerdote?

-Anche se all'inizio c'è stata un po' di ansia e di opposizione tra i miei parenti, alla fine sono stati contenti. La mia famiglia pensava che non avrei più potuto frequentare il mio quartiere, che avrei avuto altri amici e un'altra famiglia. Ma alla fine la loro gioia ha superato la prevenzione, perché è un motivo di orgoglio per la famiglia dare un sacerdote alla Chiesa. I miei amici, soprattutto i miei compagni di classe, hanno avuto lo stesso sentimento di malcontento all'inizio, ma quando hanno visto la mia determinazione a entrare in seminario, hanno finalmente accettato la mia scelta.

Come descriverebbe la Chiesa ad Haiti?

-Haiti era un Paese prevalentemente cattolico, tanto che la grande devozione mariana del popolo fu all'origine di un intervento miracoloso della Vergine Maria quando l'epidemia di vaiolo devastò la popolazione. L'8 dicembre 1942, il presidente del Paese permise alle autorità ecclesiastiche di consacrare Haiti a Nostra Signora del Perpetuo Soccorso.

Ma tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, il protestantesimo ha iniziato a crescere. Con l'occupazione statunitense di Haiti, si è assistito a un ulteriore consolidamento della presenza protestante ad Haiti, che ha causato il declino del cattolicesimo nel Paese. 

Anche se la presenza del cattolicesimo è ancora forte nel Paese. È vero che la nostra Chiesa dipende totalmente dagli aiuti esteri, ma con le nostre limitate risorse cerchiamo di sostenere le persone dove lo Stato è assente. 

Nonostante tutti i problemi e le difficoltà, la Chiesa di Haiti rimane una fonte di speranza, che lavora per un domani migliore.

Quali sono le sfide che la Chiesa deve affrontare nel suo Paese?

-A causa dell'instabilità politica, le sfide che la Chiesa deve affrontare si fanno più intense. Quasi ogni giorno assistiamo alla violenza indiscriminata di bande che operano impunemente. Ogni giorno assistiamo ad atti di omicidio e di banditismo. Le bande seminano terrore e disperazione, e così le persone sono scese in strada per fuggire, a volte senza nemmeno sapere dove stanno andando.

Haiti è un Paese davvero minacciato, perché le istituzioni dello Stato sono diventate fragili e i leader sono incapaci di stabilizzare la situazione. La Chiesa ha un ruolo da svolgere in questo contesto, ricordandoci l'urgente necessità di una trasformazione della mentalità. 

La Chiesa di Haiti si adopera affinché i giovani in particolare e gli haitiani in generale non si scoraggino e sostiene la speranza del popolo attraverso la sua missione profetica e i suoi interventi nel campo della carità.

Cosa apprezza di più della sua formazione a Roma? 

-Ciò che apprezzo di più della mia formazione è l'ampiezza di vedute che ho acquisito all'università. Ho scoperto altre culture grazie agli incontri e agli scambi con studenti di altri Paesi. Ho potuto fare amicizia e scoprire molte ricchezze e bellezze. 

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Mondo

Pio XII e il nazionalsocialismo

L'origine della leggenda nera su Pio XII si può far risalire al 20 febbraio 1963, data della prima dell'opera teatrale "Il Vicario" di Rolf Hochhuth. L'opera ritraeva Pio XII come un cinico senza scrupoli che, ossessionato dalla lotta al comunismo, aveva giustificato e persino sostenuto le azioni naziste.

José M. García Pelegrín-19 novembre 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Papa Pio XII rappresenta forse il caso più drammatico di trasformazione della percezione pubblica nel XX secolo. Come sottolinea lo storico e giornalista Sven Felix Kellerhoff, "probabilmente non esiste un'altra figura storica di livello mondiale che, come Eugenio Pacelli, sia passata in così poco tempo dopo la sua morte dall'essere un modello di comportamento ampiamente rispettato a una persona condannata dalla maggioranza".

Durante la sua vita e al momento della sua morte, avvenuta il 9 ottobre 1958, Pio XII godeva di un indiscusso prestigio internazionale, testimoniato da eventi come la sua apparizione sulla copertina di Time con la citazione "L'opera della giustizia è la pace". In Germania gli sono state dedicate strade e viali, mentre il Primo Ministro israeliano Golda Meir lo ha descritto come "un grande amico del popolo di Israele".

Il rabbino capo di Roma, Israel Zolli, che in seguito si convertì al cattolicesimo e prese il nome di Eugenio in onore del Papa, difese questa posizione: "Nessun eroe nella storia ha comandato un esercito così militante come quello che Pio XII ha mobilitato contro Hitler. Ha condotto una battaglia incruenta ma implacabile". Il rabbino capo di Gerusalemme, Isaac Herzog, disse nel 1944: "Il popolo di Israele non dimenticherà mai ciò che Sua Santità sta facendo per i nostri sfortunati fratelli e sorelle in questa ora più tragica". L'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane coniò persino una medaglia d'oro in suo onore.

Pio XII, il Papa di Hitler?

Tuttavia, questa percezione ha subito una svolta radicale poco dopo, tanto che nel 1999 John Cornwell ha pubblicato un libro intitolato "Il Papa di Hitler". L'origine della leggenda nera su Papa Pacelli può essere individuata nel 20 febbraio 1963, data della prima dell'opera teatrale "Il Vicario" di Rolf Hochhuth. Questa opera teatrale ritraeva Pio XII come un cinico senza scrupoli che, ossessionato dalla lotta al comunismo, aveva giustificato e persino sostenuto le azioni naziste. Chi si stupisce che un'opera teatrale possa avere un tale impatto, sottovaluta il potere della narrativa - si pensi, ad esempio, a "Il Codice Da Vinci".

La realtà storica, tuttavia, smentisce clamorosamente questa caratterizzazione. Già nel 1924, quando era nunzio apostolico a Monaco, Pacelli dimostrò un'eccezionale lungimiranza telegrafando alla Segreteria di Stato vaticana: "Il nazionalsocialismo è la più grave eresia del nostro tempo". Questa affermazione è particolarmente significativa se si considera che, all'epoca, la Chiesa individuava nel comunismo la sua principale minaccia.

Gli stessi leader nazisti lo consideravano uno dei loro nemici più pericolosi. Joseph Goebbels, nel suo diario, cita Pio XII più di cento volte, sempre in tono di avvertimento. Ad esempio, a proposito del discorso papale di Natale del 1939, Goebbels annotò: "Pieno di attacchi molto sprezzanti e nascosti contro di noi, contro il Reich e il nazionalsocialismo.

L'atto di protesta

Una svolta nell'opposizione di Pacelli al regime nazista avvenne durante il periodo in cui fu Segretario di Stato sotto il pontificato di Pio XI. Fu uno dei principali artefici della storica enciclica "Mit brennender Sorge"Il titolo dell'enciclica fu modificato personalmente da lui, sostituendo la parola "großer" ("Con grande preoccupazione") con "brennender" ("Con ardente preoccupazione"). Questa enciclica, l'unica scritta in una lingua diversa dal latino, fu il più significativo atto di protesta durante i dodici anni del regime nazista. La sua distribuzione clandestina in Germania permise di leggerla contemporaneamente dai pulpiti di numerose chiese cattoliche.

La rappresaglia nazista fu immediata e severa: oltre al rogo sistematico delle copie, più di 1.100 sacerdoti furono arrestati e 304 di loro furono infine deportati a Dachau. Questi eventi lasciarono un segno indelebile nella coscienza di Pacelli, che si rese conto che le sfide pubbliche al regime nazista potevano avere conseguenze devastanti per i cattolici.

Pio XII e i rifugiati ebrei

Durante l'occupazione tedesca di RomaTra il 10 settembre 1943 e il 4 giugno 1944, l'intervento diretto di Pio XII fu cruciale per la salvezza degli ebrei romani. Il Papa ordinò di aprire non solo i conventi di clausura, ma anche il Vaticano e la sua residenza estiva a Castelgandolfo per dare rifugio ai perseguitati. Le cifre parlano da sole: 4.238 ebrei romani trovarono rifugio nei 155 conventi della città, altri 477 furono accolti in Vaticano e circa altri 3.000 trovarono protezione a Castelgandolfo.

Nella stessa stanza papale, diverse donne ebree incinte partorirono; circa 40 bambini nacquero lì, e a molti fu dato il nome di Eugenio o Pio in segno di gratitudine. Come nota lo storico Michael Hesemann: "In nessun paese dell'Europa occupata dai nazisti sono sopravvissuti così tanti ebrei come in Italia; in nessun'altra città ce n'erano così tanti come a Roma, grazie a Pio XII e alla sua saggia iniziativa".

I critici che accusano Pio XII di non aver protestato a sufficienza con le autorità naziste ignorano le conseguenze controproducenti che tali proteste potevano avere. Il caso più esemplificativo è quello del vescovo cattolico di Utrecht nell'agosto 1942: la sua protesta pubblica contro la deportazione degli ebrei nei Paesi Bassi fece sì che i nazisti includessero nelle deportazioni anche i cattolici di origine ebraica. Tra le vittime c'era Edith Stein, convertita dall'ebraismo al cristianesimo e monaca carmelitana. 

Già nel 1942 Pio XII commentava al suo confidente don Pirro Scavizzi: "Una mia protesta non solo non sarebbe stata di alcun aiuto a nessuno, ma avrebbe scatenato l'ira contro gli ebrei e moltiplicato le atrocità. Avrebbe potuto suscitare il plauso del mondo civile, ma per i poveri ebrei avrebbe portato solo una persecuzione più atroce di quella che hanno subito".

Un'indagine storica

Dopo la pubblicazione di "Le Bureau - Les juifs de Pie XII" (edizione italiana: "Pio XII e gli ebrei") di Johan Ickx, direttore dell'Archivio Storico del Dipartimento per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato della Santa Sede, sono stati svelati sia i successi che i limiti della diplomazia vaticana durante la Seconda Guerra Mondiale. Ickx ha analizzato i documenti del pontificato di Pio XII (1939-1958), aperti alla ricerca nel marzo 2020. In 400 pagine divise in 18 capitoli, documenta la vasta rete di vie di fuga per i perseguitati organizzata dal Papa, insieme a una rete di chierici sparsi in tutta Europa il cui unico scopo era salvare vite umane.

Una delle rivelazioni più importanti di Ickx è che Pio XII istituì, all'inizio della guerra, un'unità specifica della Segreteria di Stato dedicata esclusivamente a gestire le richieste di aiuto degli ebrei perseguitati in Europa. Questo "ufficio" centralizzava le informazioni sulle deportazioni, i rastrellamenti e lo sterminio sistematico nei campi di concentramento nazisti. La documentazione dimostra che questo ufficio agiva su istruzioni dirette del Papa. Ickx fa un parallelo con la "lista Schindler", chiamandola "lista Pacelli", anche se riconosce che la creazione di un dossier non garantiva un intervento efficace in ogni caso.

Un esempio significativo fu la protesta di monsignor Cesare Orsenigo, successore di Eugenio Pacelli come nunzio apostolico a Berlino, alle autorità tedesche nell'aprile 1940 per il trattamento disumano dei sacerdoti polacchi nei campi di concentramento, in particolare a Sachsenhausen. Nel settembre dello stesso anno, Orsenigo intervenne nuovamente a favore dei sacerdoti cattolici in isolamento. Il regime nazista si rifiutò di rilasciarli, temendo che potessero generare propaganda antinazista all'estero. L'unica concessione ottenuta fu la concentrazione dei sacerdoti nel campo di Dachau.

Il 20 marzo 1942, il nunzio in Slovacchia, l'arcivescovo Giuseppe Burzio, intervenne presso il governo slovacco per fermare la deportazione degli ebrei, rispondendo a una richiesta del rabbino di Budapest. L'ufficio pontificio ha inviato una nota ufficiale all'ambasciatore slovacco presso la Santa Sede in cui si legge: "La questione ebraica è una questione di umanità. Le persecuzioni contro gli ebrei in Germania e nei Paesi occupati o sottomessi sono un'offesa alla giustizia, alla carità e all'umanità. Lo stesso trattamento brutale si estende agli ebrei battezzati. La Chiesa cattolica è quindi pienamente autorizzata a intervenire in nome del diritto divino e del diritto naturale". Un mese dopo, il nunzio a Budapest, Angelo Rotta, riferì che le deportazioni si erano intensificate, suggerendo che gli interventi vaticani potevano aver esacerbato la repressione nazista in alcuni casi.

Guerra contro la Chiesa cattolica

Ickx dedica 23 pagine a un caso che illustra le tattiche naziste per neutralizzare gli interventi del Vaticano. Nel febbraio 1943, una nota di protesta della Santa Sede indirizzata al ministro degli Esteri tedesco Joachim von Ribbentrop fu intercettata dal segretario di Stato Ernst von Weizsäcker, che la restituì al nunzio senza consegnarla. Ciò permise ai nazisti di negare di aver ricevuto proteste ufficiali dal Vaticano. A proposito di questo incidente, Ickx conclude: "Era chiaro all'ufficio che i nazionalsocialisti avevano dichiarato guerra alla Chiesa cattolica. Non c'era nulla che la Chiesa potesse dire o fare per cambiare la politica nazista di persecuzione. La mancata comprensione di questo spiega in parte le falsità che sono circolate per decenni su Pio XII e sulle sue azioni durante la Seconda guerra mondiale".

Il Vaticano ottenne alcuni successi isolati, come l'ottenimento di visti per professori ebrei tedeschi e italiani che si rifugiarono in università negli Stati Uniti, in Uruguay e in Brasile. Come testimoniò il diplomatico statunitense Myron Taylor, inviato di Roosevelt a Roma, Pio XII si schierò costantemente a favore dell'umanità sofferente, indipendentemente dalla razza o dal credo.

La ricerca di Johan Ickx permette di comprendere meglio il ruolo della Santa Sede in uno dei periodi più bui della storia recente, confermando che Pio XII mantenne una posizione coerente e impegnata in difesa degli ebrei e di altri perseguitati, in linea con i principi morali che sostenne per tutta la vita.

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Iniziative

Gli Amici di Monkole e l'azienda di giocattoli ASÍ aiutano i bambini orfani con la loro campagna natalizia

Con questa campagna natalizia degli Amici di Monkole e dell'azienda di giocattoli ASÍ, lo 0,8 % delle vendite dei giocattoli sarà devoluto a borse di studio per i bambini degli orfanotrofi della Repubblica Democratica del Congo.

Teresa Aguado Peña-19 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Fondazione Amici di Monkole e il ASÍ (Asivil) collaborano per realizzare una campagna di solidarietà per le festività natalizie. Lo 0,8 % delle vendite delle 500 referenze dell'azienda di giocattoli (ASÍ e Así dreams) sarà devoluto agli orfanotrofi della Repubblica Dominicana del Congo. Tra il 24 novembre e il 24 dicembre, il marchio venderà i suoi giocattoli nei due negozi di Madrid: uno in Calle Arenal, nº 20 e l'altro in Príncipe de Vergara, nº 12.

"Tutti i proventi di questa campagna di solidarietà andranno a finanziare 30 borse di studio per i bambini degli orfanotrofi situati nella periferia della città. Kinshasa (Repubblica Democratica del Congo). Ogni borsa di studio costa 250 euro", spiega Gabriel González-Andrío, direttore marketing e comunicazione della Fondazione Amici di Monkole.

Aiutare i bambini

Il presidente della fondazione, Enrique Barrio, sottolinea che "siamo felici di poter contare sull'aiuto di questa importante azienda spagnola di giocattoli per questo progetto di solidarietà. Ci auguriamo che questo sia l'inizio di un accordo che durerà per molti anni, poiché i bambini in Congo hanno molte necessità".

Elena Gómez Eznarriaga, responsabile marketing di Asivil, ha dichiarato che "siamo orgogliosi di poter fare la nostra parte per i bambini degli orfanotrofi del Congo. Speriamo che questa campagna sia un successo e che si possano ottenere molte borse di studio per la scuola".

Amici di Monkole

Friends of Monkole lavorava già sul campo a Kinshasa da otto anni prima della sua fondazione. Il suo obiettivo è quello di rendere accessibile l'assistenza sanitaria presso l'ospedale materno-infantile di Monkole ai poveri della capitale del Congo, che ha una popolazione di circa 20 milioni di abitanti, di cui quasi il 70 % è povero. La priorità della fondazione è anche quella di aiutare i bambini senza tetto dando loro accesso all'istruzione. Grazie agli Amici di Monkole, 12 di questi bambini hanno ricevuto borse di studio.

Giocattolaio ASÍ

Asivil ha avuto successo dal 1942, quando Josefina Sánchez Ruíz fondò il negozio "Sánchez Ruiz" sulla Gran Vía di Madrid, noto per le bambole più originali e di migliore qualità importate da tutto il mondo. Oggi, la terza generazione della famiglia è al timone dell'azienda di giocattoli, lavorando al fianco dei genitori e degli zii. "Il nostro impegno è quello di mantenere viva la magia e portare le nostre bambole in tutto il mondo, con lo stesso amore e la stessa dedizione che hanno caratterizzato Josefina e Ángela", spiegano.

L'autoreTeresa Aguado Peña

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Spagna

L'arcivescovo Argüello: "Né lo Stato né il mercato possono salvarci".

Monsignor Luis Argüello ha aperto la sessione plenaria dei vescovi spagnoli ricordando la tragedia della DANA.

Maria José Atienza-18 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Presidente del Conferenza episcopale spagnolaMonsignore Luis Argüello ha aperto la sessione plenaria dei vescovi spagnoli con un discorso in cui ha ricordato la tragedia della DANA e alcune caratteristiche della nostra società odierna.

L'arcivescovo di Valladolid ha delineato alcuni dei principali problemi che la società spagnola sta affrontando in questo momento. Il presidente della CEE non ha perso l'occasione per denunciare le ragioni economiche e culturali che stanno distruggendo la famiglia, i matrimoni e hanno portato la Spagna a un limite demografico. Accanto a ciò, il presidente dei vescovi spagnoli ha fatto riferimento alla realtà dell'immigrazione: "la Chiesa ci incoraggia ad affrontare le cause che costringono le persone a lasciare la propria terra, affermando il diritto a non emigrare, a combattere le organizzazioni che trafficano in migranti", e ha anche chiesto l'accoglienza e l'integrazione delle persone che fuggono nel nostro Paese in cerca di migliori opportunità.

Due Spagne

Argüello ha messo in guardia da quello che ha definito "un crescente 'deficit' di vita democratica, caratterizzato dalla mancanza di incontro e di dialogo". Guardando alla Spagna, il presidente dei vescovi ha evidenziato "due coordinate che articolano il cammino di un popolo: tempo, noi spagnoli abbiamo difficoltà a riconciliarci con la nostra storia e, ora, la lettura "democratica" della storia è uno strumento di polarizzazione (mantenimento artificiale delle "due Spagne") al servizio della conquista o del mantenimento del potere; spazio, la nostra patria è abitata dalle "Spagne" che condividono una lunga storia di vita sociale e politica espressa in suoni diversi; oggi, ancora una volta, risuonano le difficoltà di armonizzare una nazione politica "di nazionalità e regioni"".

La tragedia di Valencia

Guardando al disastro dell'alluvione a Valencia e Albacete, Argüello ha ricordato che questi eventi dimostrano come "né lo Stato né il mercato possono salvarci" e ha sottolineato come "la fraternità esercitata in queste settimane è un indicatore della bontà che si annida nell'animo umano come risposta adeguata alla nostra irrimediabile vulnerabilità (...) In questi giorni abbiamo anche visto la rapacità e il populismo dell'antipolitica. Rimane quindi la domanda: chi ci libererà dalla colpa originaria da cui scaturiscono l'avidità e il dominio, chi ci darà speranza di fronte alla morte? Molti stanno scoprendo in questi giorni che nella resa della vita si scopre il segreto del suo significato".

Argüello ha descritto il "circolo vizioso con apparenti perplessità politiche: i partiti sedicenti progressisti, critici nei confronti del sistema economico dominante, promuovono e difendono antropologie radicalmente non sostenibili nel campo della vita, degli affetti e dell'"empowerment" di identità parziali e slegate, il che li fa di fatto rinunciare a una proposta di vera innovazione economica e sociale; mentre i partiti che rifiutano di essere chiamati conservatori e che, anche a sproposito, affermano di difendere la vita, la famiglia e la soggettività della società, promuovono e difendono un sistema economico e un modo di esercitare la politica che promuove la stessa pratica antropologica che i loro avversari politici promuovono senza complessi. Una concezione individualistica del cittadino li accomuna, anche inconsapevolmente o consapevolmente. E le loro pratiche politiche, molto in contrasto tra loro nel forum e nei media, si completano e si alimentano a vicenda".

Le domande fondamentali

La domanda forse non è se il capitalismo funziona, ma che tipo di umanità produce; la domanda non è se la democrazia è il miglior sistema di governo, ma, insieme allo stato sociale, che tipo di cittadini genera; la domanda non è se ha senso innovare, ma cosa significa progresso umano. In breve, dobbiamo porci la domanda centrale: cosa significa essere un uomo, un uomo e una donna?".

Dopo questa analisi della società spagnola, il presidente della CEE ha incentrato il suo discorso sui temi da affrontare in questa sessione plenaria dei vescovi spagnoli. In relazione alla sinodalità, monsignor Argüello ha ricordato che "l'annuncio del Vangelo riguarda tutti noi, e insieme dobbiamo discernere ciò che il Signore ci suggerisce per promuovere la missione, prendere le decisioni appropriate e prevedere anche la valutazione e la responsabilità". Il prossimo congresso sulle vocazioni e la promozione di una dinamica vocazionale in Spagna sarà un altro dei temi chiave di questi giorni. Siamo chiamati a cambiare la nostra proposta pastorale in accordo con l'antropologia vocazionale che riconosciamo e annunciamo", ha detto l'arcivescovo di Valladolid, che ha sottolineato il lavoro dei seminari spagnoli, la cui riforma e ristrutturazione sarà discussa in questa sessione plenaria.

Il presidente dei vescovi ha chiuso il suo intervento con un appello alla speranza, in linea con il prossimo Giubileo della Chiesa cattolica: "il momento che stiamo vivendo può diventare una grande opportunità! Lo sarà se i nostri occhi illuminati scopriranno il passaggio del Signore nella storia".

Vaticano

La Fondazione Ratzinger pubblica omelie inedite di Benedetto XVI

Nella primavera del 2025 più di 100 omelie inedite di Benedetto XVI saranno pubblicate in un volume preparato dalla Fondazione Ratzinger.

Rapporti di Roma-18 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto
rapporti di roma88

Nella primavera del 2025 verranno alla luce oltre 100 omelie inedite di Benedetto XVI. Grazie a un volume preparato dalla Fondazione Ratzinger, questi testi pronunciati dal Papa tedesco ai suoi amici e familiari durante la Messa domenicale saranno ora disponibili a tutto il mondo.

Secondo la Fondazione Ratzinger, le omelie coprono vari periodi liturgici, come l'Avvento, la Quaresima e il Tempo Ordinario.


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Spagna

Il cardinale Czerny a Valencia mentre la Chiesa raddoppia i suoi sforzi

Il prefetto del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Integrale, il cardinale Michael Czerny S.J., ha iniziato venerdì 15 una visita nelle zone più colpite dalla DANA a Valencia, insieme all'arcivescovo Enrique Benavent. Nel frattempo, le sale parrocchiali sono state trasformate in cliniche, le persone sono state accolte e sono state celebrate Messe di campagna.

Francisco Otamendi-18 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Prefetto della Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale del Vaticano, il cardinale Michael CzernyVenerdì e sabato ha visitato diverse zone colpite dalla DANA, accompagnato dall'arcivescovo di Valencia, monsignor Enrique Benavent. La visita è iniziata a Benetússer, verso mezzogiorno è stato a Picaña e Paiporta, nel pomeriggio ha avuto un incontro con i media nella chiesa di San Jorge de Paiporta e sabato ha visitato La Torre, anch'essa colpita nella città di Valencia.

La presenza del cardinale Czerny è un ulteriore segno della preoccupazione e della vicinanza dimostrata da Papa Francesco dopo il terribile DANA avvenuto il 29 ottobre 2024, in cui le province di Valencia e Albacete hanno subito le peggiori inondazioni del secolo, lasciando più di 200 morti e le loro famiglie devastate nelle città colpite.

Nel frattempo, la Chiesa di Valencia sta moltiplicando i suoi sforzi per Aiuto Il progetto mira ad aiutare le persone colpite e, allo stesso tempo, a ristabilire atti liturgici, come la celebrazione di Messe di campagna fuori dalle chiese e la conversione di locali parrocchiali in ambulatori per assistere i bisognosi.

Sale parrocchiali ad Aldaia, ambulatorio medico

Numerose parrocchie di Valencia e delle zone colpite dalla DANA stanno allestendo i loro spazi per rispondere alle necessità più urgenti, come la raccolta e la distribuzione di cibo, la distribuzione di aiuti, ma anche l'assistenza sanitaria, riferisce l'arcidiocesi.

È il caso di La Anunciación ad Aldaia, che ha ceduto le sue sale parrocchiali per allestire un ambulatorio medico, perché molte di esse sono state danneggiate dalle inondazioni. Come dice il parroco, Francisco José Furió, le conseguenze di questa tragedia saranno terribili, non solo in termini di perdite umane, ma anche in termini di salute materiale, fisica e mentale. 

"La gente è esausta e ora sta crollando. Ci vorrà molto sostegno". Per questo motivo, la Chiesa "è lì per aiutare in qualsiasi modo sia necessario", aggiunge. Per questo motivo, la parrocchia di La Anunciación ad Aldaia ha trasformato questo spazio in una piccola clinica, dove si effettuano cure mediche, esami e consultazioni.

Le Figlie della Carità accolgono 30 persone

Da parte loro, le Figlie della Carità di San Vincenzo de' Paoli di Valencia hanno accolto una trentina di persone colpite dall'uragano, provenienti da Catarroja e Massanassa, dopo aver messo a disposizione le loro strutture, case e residenze per aiutare le persone colpite da questa "grande emergenza".

Clara, una suora appartenente alle Figlie della Carità, che hanno messo a disposizione dell'Amministrazione i posti gratuiti nella loro residenza per suore anziane in calle Milagrosa a Valencia, per un totale di 27; la sede della loro opera sociale in calle Beneficencia, e una casa con 80 posti a Castellnovo, vicino a Segorbe. 

Suor Clara ci assicura che queste famiglie stanno ricevendo ogni tipo di aiuto, alloggio, cibo e anche molto sostegno spirituale e ringrazia "tutta la generosità di tante persone, aziende e imprese, che ci portano tanto aiuto e cibo".

Campagna masse

Secondo l'arcidiocesi, le parrocchie stanno elevando preghiere per le vittime dell'uragano e ieri hanno iniziato a celebrare messe di campagna in varie città colpite, le cui chiese sono ancora danneggiate o in fase di bonifica a causa delle inondazioni, o perché la stragrande maggioranza di esse è diventata centro logistico per la distribuzione di beni di prima necessità. 

Tra le città che hanno organizzato messe per la campagna c'è Catarroja. La parrocchia di Maria, Madre della Chiesa, in coordinamento con il consiglio locale, ha allestito la chiesa parrocchiale per la consegna di cibo, vestiti e prodotti di base e sta officiando la messa all'esterno. 

Samic, Cáritas, parrocchie valenciane

Inoltre, il Servizio di accompagnamento e mediazione dell'arcidiocesi di Valencia ha lanciato una proposta di accompagnamento per rafforzare le comunità cristiane, soprattutto nelle aree più svantaggiate dopo l'uragano.

La Caritas ricorda nel suo campagna Con l'emergenza a Valencia", che "centinaia di famiglie hanno perso tutto. Abbiamo bisogno di voi per aiutarle a ricostruire le loro vite", e in parrocchie come quella di San Josemaría Escrivá, come riportato nel arcidiocesiNegli ultimi giorni, il suo Centro sociale ha distribuito più di 3.000 razioni di cibo nelle aree colpite: oltre 340 volontari hanno portato pasti cucinati con veicoli fuoristrada e furgoni.

Storie come quella di Susi MoraSusi, tecnico della Fondazione José María Haro della Caritas diocesana di Valencia, si è commossa. Susi ha detto: "La prima forza è stata il sostegno che tutti ci siamo dati come vicini di casa".

L'autoreFrancisco Otamendi

L'armonia delle tre lingue

Papa Francesco parla nel "Dilexit Nos" dell'armonia dei tre linguaggi: testa, cuore e mani. Che io possa pensare ciò che sento e ciò che faccio; che io possa sentire ciò che faccio e ciò che penso; che io possa fare ciò che penso e ciò che sento.

18 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Ho ricevuto un messaggio da Miguel. Commentando la foto del suo famiglia -Scrive: "Ringrazio Dio che ha ascoltato il mio grido, oggi siamo uniti e viviamo insieme in armonia; ho superato la mia dipendenza, la mia famiglia ha potuto perdonarmi, il mio cuore è ora consacrato al cuore di Gesù. Un giorno ho pensato che l'unica soluzione ai nostri litigi fosse la separazione. Oggi mi rendo conto che era una falsa via d'uscita, quella che il mondo propone perché crede che tutto sia usa e getta, anche le persone. Grazie al cielo sono uscita dal mio errore, ho sentito l'amore di Dio, ho lavorato sul mio miglioramento personale e con il Suo aiuto, con il Suo amore, sono riuscita ad andare avanti; sono riuscita a cambiare per amore Suo e di coloro che mi ha dato da amare.

In un mondo consumistico e superficiale, è fondamentale tornare all'essenza del cuore per trovare il senso della vita. Papa Francesco nella sua recente enciclica "Dilexit Nos"ci chiama a intraprendere un viaggio nel profondo del nostro cuore e a realizzare così un miracolo sociale. Ci ricorda che il Cuore Divino di Gesù è infuocato dall'amore per l'umanità e ci chiama ad amare, ad aprirci agli altri, a rifiutare lo stile di vita edonistico che prevale nella nostra realtà secolare.

Ci invita a riconoscere la nostra essenza, a essere coerenti con il nostro disegno originario. Il Papa parla dell'armonia dei tre linguaggi: testa, cuore e mani. Che io possa pensare ciò che sento e ciò che faccio; che io possa sentire ciò che faccio e ciò che penso; che io possa fare ciò che penso e ciò che sento. Sincerità per amare, sincerità per essere felici.

E per ritrovare la centralità dell'amore nella nostra vita, dobbiamo chiederci sinceramente: credo, Dio esiste, c'è la vita eterna?

Il dialogo dei gemelli

Il seguente dialogo immaginario, proposto dal filosofo francese Jacques Salomé, può aiutarci a trovare le nostre risposte. 

Suggerisce di pensare a una coppia di gemelli nel grembo materno che conversano in questo modo: 

- Gemello A: Credi nella vita dopo la nascita?

- Gemello B: Certo. È ovvio che la vita dopo la nascita esiste. Siamo qui per rafforzarci e prepararci a ciò che ci aspetta nell'aldilà.

- Gemello A: Penso che sia assurdo, non c'è niente dopo la nascita! Come si può immaginare la vita al di fuori dell'utero?

- Gemello B: Beh, ci sono molte storie sull'"aldilà"... Si dice che ci sia molta luce, molta gioia ed emozioni, mille cose da sperimentare... Per esempio, sembra che lì mangeremo con la bocca.

- Gemello A: Tutto questo non ha senso. Abbiamo il cordone ombelicale ed è quello che ci nutre. Tutti i bambini lo sanno, nessuno di loro mangia per bocca! E, naturalmente, non c'è mai stata una testimonianza di quest'altra vita... Per me, queste sono tutte storie di persone ingenue. La vita finisce semplicemente alla nascita. È così, bisogna accettarlo.

- Gemello B: Beh, mi lasci pensare il contrario. È vero, non so esattamente come sarà la vita dopo il parto e non posso dimostrarvi nulla. Ma mi piace credere che nella prossima vita fuori dal grembo materno vedremo nostra Madre e lei si prenderà cura di noi.

-Gemello A: "Madre"? Vuoi dire che credi nella "Madre"? Ah! E dove si trova?

-Gemello B: La Madre è ovunque, la sento in tutto il mio essere! Esistiamo grazie alla Madre che ci dà la vita ed è grazie a lei che viviamo. Senza di lei non saremmo qui.

-Gemello A: È assurdo! Non ho mai visto nessuna Madre, quindi è ovvio che non esiste.

-Gemello B: Non sono d'accordo. A volte, quando tutto è tranquillo, percepisco il mondo della Madre, sento i sussurri quando ci parla, la musica quando ci canta. Non dirmi che non lo senti quando accarezza il nostro mondo. Sono sicura che la nostra vera vita inizierà dopo la nascita...

Desiderio di Dio

Il nostro desiderio di Dio è iscritto nel nostro cuore. Essere coerenti con questa chiamata è essenziale per sentirci realizzati, capaci di ricevere e dare amore.

Cerchiamo seriamente queste risposte e, con convinzione, apriamo le nostre menti per ricevere la Parola di Dio per quello che è, e agiamo di conseguenza.

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Attualità

Cattolici e vita pubblica: la risposta alla decadenza dell'Occidente è predicare e vivere il Vangelo della Croce

La ventiseiesima edizione di questo congresso, promosso dall'Associazione Cattolica dei Propagandisti e dalla Fondazione Universitaria San Pablo CEU, ha riunito a Madrid più di mille persone con l'invito ad assumere l'iniziativa e la responsabilità del recupero del senso cristiano.

Maria José Atienza-17 novembre 2024-Tempo di lettura: 5 minuti

È stata Ayaan Hirsi Ali, scrittrice e attivista somala, ad aprire le tre giornate di riflessione che hanno costituito il Congresso Cattolici e Vita Pubblica in questa 26ª edizione. Un'edizione che ha inaugurato la co-direzione di Maria San Gil e Jose Masip e che quest'anno si è svolta sotto il titolo: "Cattolici e vita pubblica".Quo vadis: pensare e agire in tempi di incertezza".

Il Congresso è iniziato venerdì 15 novembre con la sessione di apertura, alla quale hanno partecipato il Presidente della Commissione europea e il Presidente del Parlamento europeo. Associazione cattolica dei propagandistiAlfonso Bullón de Mendoza, il Nunzio di Sua Santità in Spagna, Bernardito Auza e i co-direttori del congresso.

Nel suo discorso, Hirsi Ali ha chiesto la rinascita di un cristianesimo impegnato che sia in grado di affrontare pericoli come "pseudo-religioni che si presentano come uguali o superiori al cristianesimo stesso". Ha inoltre ricordato le "restrizioni alla libertà di parola e di religione e la rinascita di un valido e legittimo razzismo anti-bianco e anti-ebraico in Europa e in America in nome della giustizia sociale intersezionale".

Hirsi Ali ha inoltre sottolineato che il recupero e la promozione di modelli sociali che proteggano e incoraggino la creazione di famiglie e aumentino il tasso di natalità possono essere raggiunti solo "recuperando un senso di unità basato su valori comuni e non sulle differenze, possiamo costruire società più forti e coese in questi tempi di incertezza".

I laici, motore dell'evangelizzazione

Diverse realtà laicali come Comunione e Liberazione, Emmaus, Hakuna, Cammino Neocatecumenale o Azione Cattolica Generale sono state al centro della tavola rotonda del primo pomeriggio dal titolo "... E in tutta carità". Si sono affrontati i problemi e le opportunità di evangelizzazione in questi tempi di incertezza, come indicato nel programma del congresso. La moderatrice è stata Carmen Fernández de la Cigoña, segretaria generale dell'Associazione cattolica dei propagandisti (ACdP), che alla fine ha affermato che "siamo tutti d'accordo".

Quando il moderatore ha chiesto di riassumere il suo contributo all'"andare insieme" nei compiti di evangelizzazione, Miguel Marcos (Hakuna) ha sottolineato la necessità della preghiera, dell'apertura alla ricchezza di ogni persona e dell'unione con la persona di Cristo, mentre Francisco Ramírez, "laico parrocchiale" (Azione Cattolica), ha chiesto che questa preghiera "porti ad andare nel mondo, per poi tornare alla comunità". 

Enrique Arroyo, appena nominato capo della Comunione e liberazione in Spagna, ha sottolineato che questi sono "tempi eccitanti in cui abbiamo la sfida di dare la vita", e la "fragilità affettiva" esistente richiede che i giovani di oggi vedano che c'è un "senso alla vita", attraverso l'incontro con Gesù Cristo. Il sacerdote Segundo Tejado (Cammino Neocatecumenale), ha anche sostenuto che "c'è una strada da seguire, che è Cristo, e che i falsi profeti non portano le persone alla felicità". In precedenza, Ludi Medina (Emmaus) ha detto che "Emmaus è un ritiro, un incontro con Gesù, un viaggio, una speranza".

Munilla: Il mondo soffre nella sua fuga dalla sofferenza

La mattinata di sabato è iniziata con l'intervento del Vescovo di Orihuela Alicante, Mons. Jose Ignacio Munilla. Il presule ha parlato del tema del congresso, sottolineando il significato storico di questo evento. Quo Vadische è "un campanello d'allarme contro la tentazione di fuggire dalla Croce". 

Monsignor Munilla ha sottolineato come "il problema è che scappiamo dalla Croce e la soluzione, come Pietro, è tornare ad essa. A volte pensiamo di poterlo risolvere con la denuncia e l'alternanza politica, ma non è così. La soluzione presuppone un cambiamento di visione del mondo che ci porti a osare e a passare dall'essere nemici della Croce all'essere persone della Croce. È una conversione. Usciremo da questa crisi solo con un rinnovamento della santità, un movimento di conversione. 

Il vescovo spagnolo ha stilato un decalogo di quelli che definisce i "nemici della Croce oggi", tra cui il consumismo, la secolarizzazione interna della Chiesa e la mancanza di impegno nelle relazioni affettive di oggi. 

Di fronte a questi nemici spesso sottili, Munilla ha sottolineato che la "soluzione è amare la Croce. Ricevere lo spirito di Dio e vedere come questo permea ogni parte della nostra vita". Questo mondo soffre molto perché non vuole soffrire", ha detto il prelato, che ha ricordato che "la chiave non è soffrire o non soffrire, ma farlo con un senso o senza senso". L'unica risposta della Chiesa alla decadenza dell'Impero romano è stata quella di consegnarsi al martirio. La risposta alla decadenza dell'Occidente è predicare il Vangelo della Croce, e questo significa condividerlo, vivere la Croce e le persecuzioni. 

La seconda parte della mattinata di sabato ha visto una tavola rotonda tra la giornalista Ana Iris Simon e il filosofo Jorge Freire sulla presenza e l'azione dei cattolici nella vita sociale, politica e culturale della Spagna. Una tavola rotonda caratterizzata dal dinamismo, in cui Simon ha difeso l'azione già presente nella Chiesa. La giornalista e scrittrice, che si è convertita al cattolicesimo qualche anno fa, ha sottolineato, con garbo, che forse invece del vecchio consiglio che ci veniva dato prima "vivi prima di impegnarti, ora incoraggeremo i nostri figli a impegnarsi per vivere grandi cose". 

Freire, da parte sua, ha incoraggiato il recupero di un nuovo spirito missionario, in opposizione allo spirito mercenario che sembra essere la tendenza generale del panorama politico. 

I giovani, portatori del primo annuncio

Dopo la pausa di mezzogiorno, la sala conferenze si è nuovamente esaurita, anche se l'età media del pubblico era inferiore di 25 anni: un successo organizzativo che ha fatto sì che il congresso raggiungesse anche un pubblico giovane.

Il pomeriggio è iniziato con una tavola rotonda su "Evangelizzare nelle reti. Missionari digitali". Macarena Torres, responsabile della comunicazione della Fundación Hakuna, ha avuto il compito di moderare i tre ospiti: Carla Restoy (@carlarlarestoy), direttrice della Fundación Bosco Films, Carlos Taracena (@carlos_taracena) di Misión Jatari e Irene Alonso (@soyunamadrenormal), che tra le altre cose è madre di 12 figli e condivide le sue avventure familiari sui social network. 

Irene ha esordito sottolineando come i suoi messaggi abbiano "toccato alcune persone" e le abbiano incoraggiate a cambiare. Carlos, da parte sua, ha spiegato come questa capacità di influenzare sia una conseguenza del fatto di sapere di essere innamorato, di sapere di essere amato da Dio.

Carla ha spiegato che l'attuale contesto sociale secolarizzato ha un aspetto positivo per l'evangelizzazione, perché i giovani non hanno ricevuto il primo annuncio del Vangelo, ma hanno provato molte proposte di senso che li hanno lasciati vuoti. Per questo motivo, quando incontrano un cristiano autentico, ne sono attratti e invogliati. L'autenticità è diventata il tema centrale di gran parte della tavola rotonda: a prescindere dal numero di follower che si hanno sui social network, nel mondo virtuale e reale, ciò che è decisivo è la coerenza tra ciò che si è e ciò che si mostra.

Il pomeriggio si è concluso con una serie di testimonianze: Álvaro Trigo, Carlota Valenzuela e Lupe Batallán hanno condiviso con più di mille giovani riuniti nella sede della CEU le loro diverse esperienze di vita che li hanno portati a essere testimoni di fede in ambienti diversi.

Hadjadj lancia un appello alla speranza

Il Congresso Cattolici e Vita Pubblica 2024 si è concluso con l'intervento dello scrittore e filosofo francese Fabrice Hadjadj.

Con il titolo: "La sfida di vivere in questo tempo", Hadjadj ha tenuto una conferenza in cui ha affermato che "l'Europa dispera dell'umano e tende oggi a costituzionalizzare l'aborto e l'eutanasia; a rivedere la storia coloniale che mette nello stesso sacco il conquistatore e il missionario; le istanze postmoderne che molti immaginano legate all'affermazione della libertà individuale e, in realtà, emanano dalla morte del desiderio, corrispondono all'agitazione della disperazione". Un panorama in cui solo la misericordia divina, ha sottolineato il filosofo, possiede la chiave della nostra salvezza.

Mondo

Francia e Inghilterra sono i Paesi europei con il maggior numero di crimini anticristiani

Secondo l'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione contro i cristiani in Europa, nel 2023 si sono verificati più di 2.400 attacchi contro i credenti.

Paloma López Campos-17 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

L'Osservatorio sull'intolleranza e la discriminazione nei confronti dei cristiani in Europa (OIDAC) ha pubblicato il suo rapporto annuale 2024 (riferito al 2023). Secondo l'organizzazione, nel corso di quell'anno si sono verificati più di 2.400 attacchi contro i cristiani in Europa.

Confrontando i dati dello scorso anno con quelli del 1013, si può notare un leggero aumento delle minacce e degli attacchi (verbali e fisici) contro la libertà religiosa. Tuttavia, la mancanza di dati forniti da alcuni Paesi rende difficile conoscere esattamente l'entità di questo problema sempre più diffuso nel continente.

Nel suo rapporto, l'OIDAC rileva che i Paesi in cui si sono verificati più crimini anticristiani sono Francia, Regno Unito e Germania. Questi crimini vanno dagli atti di vandalismo alle aggressioni fisiche. I dati forniti dall'Osservatorio indicano che "le forme di violenza più comuni sono state il vandalismo contro le chiese (62 %) (...) l'incendio doloso (10 %) e le minacce (8 %).

I cristiani nella vita pubblica

Gli attacchi ai cristiani sono in aumento anche sul posto di lavoro, dove sempre più credenti sentono di dover affrontare una qualche forma di discriminazione sulla base della loro fede. Il documento dell'OIDAC afferma che "secondo un sondaggio condotto nel 2024 nel Regno Unito, solo il 36% dei cristiani di età inferiore ai 35 anni ha dichiarato di sentirsi libero di esprimere il proprio punto di vista cristiano su questioni sociali sul lavoro".

Gli attacchi individuali non sono l'unica cosa che preoccupa l'Osservatorio. Denunciano che "l'anno passato ha visto anche una serie di restrizioni alla libertà religiosa da parte dei governi europei, dal divieto di processioni religiose alla persecuzione dei cristiani per l'espressione pacifica del loro credo religioso".

Oltre a fornire dati, il rapporto dell'OIDAC include esempi concreti di attacchi alla libertà dei cristiani, al lavoro, all'università, in chiesa o per strada. Si parla anche di attacchi sui social network e sui programmi televisivi. Alcuni studi dimostrano infatti che la religione cristiana è la più criticata dai media.

Mancanza di libertà

Tutti questi eventi hanno portato alla nascita del fenomeno dell'"autocensura", una tendenza crescente, soprattutto tra i giovani cristiani, a non parlare negli spazi pubblici per paura di ritorsioni.

Un'altra questione inclusa nel rapporto è la mancanza di libertà per i genitori di educare i propri figli alla fede cristiana, così come i tagli all'autonomia della Chiesa che il Belgio, ad esempio, sta sperimentando.

L'OIDAC conclude che gli attacchi contro i cristiani sono in aumento e che le aggressioni fisiche sono sempre più frequenti. Questa violenza è un attacco diretto ai valori cristiani, che l'Osservatorio raccomanda di attenuare attraverso la sensibilizzazione, la riforma legislativa e la formazione dei cristiani.

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Risorse

Approfondire le grandi domande della vita con Juan Luis Lorda

Omnes lancia il podcast "Grandi domande" con Juan Luis Lorda. In questo programma, il noto teologo affronta temi legati alla bontà, alla verità e alla bellezza.

Redazione Omnes-17 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto

Omnes lancia un nuovo podcast di Juan Luis Lorda, in cui il noto teologo affronta temi legati al bene, alla verità e alla bellezza. "Grandi domande" può essere ascoltato su tutte le piattaforme (Spotify, IVoox e Podcast Apple), dove sono ora disponibili tutti e sette gli episodi.

Ogni puntata ha una durata compresa tra i 10 e i 15 minuti, durante i quali Juan Luis Lorda spiega e approfondisce questioni essenziali sulla fede, sulla filosofia e spiritualità.

I sette episodi sono:

1.La verità

2.Il bene

3.Bellezza

4.Libertà

5. Dio

Abitudine e virtù

Amore e amicizia

È ora possibile ascoltare tutti gli episodi del podcast "Big Issues". qui.

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Vaticano

Il Papa chiede una "attenzione religiosa privilegiata e prioritaria" per i poveri

Il 17 novembre si celebra la Giornata mondiale dei poveri, in cui la Chiesa è chiamata a pregare con e per i poveri.

Teresa Aguado Peña-16 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

 "La preghiera dei poveri sale a Dio". è il motto che Papa Francesco propone quest'anno per l'VIII Giornata mondiale dei poveri che la Chiesa celebra il 17 novembre.

Lo stesso giorno il Santo Padre presiederà l'Eucaristia nella Basilica di San Pietro, seguita dal tradizionale pasto con alcuni poveri nell'Aula Paolo VI. 

Questa giornata è stata lanciata il 13 novembre 2016, durante la chiusura del Anno della Misericordia e quando il Santo Padre stava celebrando il Giubileo dedicato agli emarginati. Al termine dell'omelia, espresse spontaneamente un desiderio: "Vorrei che oggi fosse la Giornata dei poveri". Da allora, la Giornata si celebra intorno a quella data.

"Hanno bisogno di Dio e noi non possiamo non offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un percorso di crescita e maturazione nella fede".

Messaggio Papa Francesco, 8a Giornata Mondiale dei Poveri

In questa ottava edizione, Francesco ci esorta a fare nostra la preghiera dei poveri e a pregare con loro, perché la mancanza di assistenza spirituale è "la peggiore discriminazione subita dalle persone in situazione di esclusione".

Il Papa aggiunge che la stragrande maggioranza dei poveri è particolarmente aperta alla fede: "hanno bisogno di Dio e non possiamo non offrire loro la sua amicizia, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e maturazione nella fede. L'opzione preferenziale per i poveri deve tradursi principalmente in un'attenzione religiosa privilegiata e prioritaria".

Nel suo messaggio, il Santo Padre si rivolge anche a coloro che soffrono per la povertà e l'esclusione, ricordando loro che Dio non li dimentica: "Dio è attento a ciascuno di voi ed è al vostro fianco. Non vi dimentica, né potrebbe mai farlo. Tutti noi abbiamo fatto l'esperienza di una preghiera che sembra non avere risposta. A volte chiediamo di essere liberati da una miseria che ci fa soffrire e ci umilia, e può sembrare che Dio non ascolti la nostra invocazione. Ma il silenzio di Dio non è una distrazione dalle nostre sofferenze; è piuttosto la custodia di una parola che chiede di essere ascoltata con fiducia, abbandonandoci a Lui e alla sua volontà.

Non voltare le spalle ai più poveri

La Giornata mondiale dei poveri invita i credenti ad ascoltare le preghiere dei poveri e a prendere coscienza della loro presenza e del loro bisogno. Così, Francesco vede questa occasione come un'opportunità "per realizzare iniziative che aiutino concretamente i poveri, e anche per riconoscere e sostenere tanti volontari che si dedicano con passione ai più bisognosi". 

Il Papa sottolinea anche l'opera dei sacerdoti, dei consacrati, dei laici e delle consacrate che si rendono disponibili all'ascolto dei più poveri e che "con la loro testimonianza danno voce alla risposta di Dio alle preghiere di coloro che si rivolgono a Lui".

I promotori di questa Giornata invitano la Chiesa a curare e nutrire lo spirito delle persone che accompagniamo attraverso la preghiera, la formazione o una lettura stimolante. Propongono di organizzare incontri di preghiera in parrocchia, nei centri di accoglienza o nelle case di riposo... "Pregare insieme per aprire finestre su Dio, ascoltare ciò che ci ispira attraverso i nostri fratelli e sorelle, ringraziare e chiedere, rafforza la fraternità e dà senso alla missione".

L'autoreTeresa Aguado Peña

Mondo

La crisi di fiducia nella Chiesa siro-malabarese

Una tesi di dottorato discussa alla Pontificia Università della Santa Croce analizza alcune vicende legate all'antica Chiesa siro-malabarese, che negli ultimi anni è stata coinvolta in una serie di controversie.

Giovanni Tridente-16 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti

Il Chiesa cattolica siro-malabaresecon sede nel Kerala, in India, è una delle più antiche comunità cristiane dell'Oriente, fondata tradizionalmente dall'apostolo Tommaso. Con oltre cinque milioni di fedeli e una forte presenza istituzionale, la Chiesa svolge un ruolo importante sia nella vita spirituale dei suoi membri sia nel tessuto sociale e culturale del Paese. Negli ultimi anni, tuttavia, la Chiesa è stata travolta da una serie di scandali e controversie che hanno minato profondamente la fiducia dei fedeli e messo in discussione la sua credibilità istituzionale.

Questo clima di sfiducia è stato analizzato e documentato in dettaglio dallo studente Nibin Thomas, che lunedì scorso ha presentato la sua tesi di dottorato presso la Facoltà di Comunicazione Sociale Istituzionale dell'Università di Roma. Pontificia Università della Santa Crocediretto dal professor Juan Narbona.

Attraverso l'analisi di casi concreti e le risposte di un campione di catechisti dell'arcieparchia di Ernakulam-Angamaly - 5.332 catechisti, di cui 767 suore, 14 sacerdoti e 156 seminaristi - la ricerca ha sostanzialmente mostrato come l'inadeguata gestione delle crisi da parte delle autorità ecclesiastiche abbia alimentato un senso di insicurezza e sfiducia tra i fedeli, portando all'erosione della fiducia nella stessa gerarchia ecclesiastica.

L'impatto degli scandali sulla fiducia

La successione di scandali - casi di abusi sessuali, truffe finanziarie e accuse di insabbiamento - ha eroso in modo devastante la percezione della fiducia nella Chiesa siro-malabarese, secondo la ricerca di Thomas. Infatti, l'83,8 % degli intervistati ha dichiarato che questi eventi hanno creato una crisi senza precedenti; più del 77 % ha confermato che le controversie hanno compromesso il loro rapporto personale con la Chiesa, percependo un crescente scollamento tra l'istituzione e i valori di trasparenza e giustizia che dovrebbe incarnare.

Un elemento chiave che contribuisce all'erosione della fiducia è la percezione che la gerarchia ecclesiastica abbia gestito male queste crisi. Infatti, il 73,4 % degli intervistati ritiene che le autorità abbiano cercato di proteggere i colpevoli e di coprire i crimini, piuttosto che affrontarli con trasparenza e rigore morale. Questo senso di protezione dei colpevoli è stato interpretato come un tradimento delle aspettative di verità e giustizia. La stessa comunicazione istituzionale è stata percepita come insufficiente, con il 65,9 % degli intervistati in disaccordo con i metodi di informazione utilizzati dalla Chiesa durante le crisi.

Il ruolo delle reti sociali

La rivoluzione digitale e i social network hanno infatti amplificato l'impatto degli scandali. Secondo il 74,6 % dei catechisti intervistati, anche sulla base della loro esperienza personale, la diffusione di questi strumenti ha indubbiamente esacerbato le polemiche, favorendo ovviamente la diffusione di notizie spesso negative in modo virale.

Allo stesso tempo, rivela la mancanza di preparazione degli organismi ecclesiastici a rispondere a questi flussi di informazioni in modo tempestivo e appropriato. Uno scenario, afferma la tesi di Thomas, "che evidenzia la necessità di un approccio proattivo e strategico alla comunicazione da parte della Chiesa siro-malabarese, non solo per smentire eventuali fake news, ma anche per favorire una narrazione trasparente che possa riconquistare la fiducia dei fedeli".

Spunti di riflessione

Lo studio presentato all'Università della Santa Croce offre chiaramente spunti di riflessione che possono essere applicati anche ad altri contesti ecclesiali. In un mondo sempre più connesso e trasparente, le istituzioni ecclesiastiche sono chiamate a rivedere i loro metodi di gestione delle crisi e il loro modo di comunicare in generale. La perdita di fiducia, infatti, è un importante richiamo a promuovere una cultura della responsabilità, del dialogo e dell'ascolto, elementi cruciali per ricostruire quei legami di appartenenza che sono stati compromessi da quanto accaduto.

È evidente che occorre imparare a evitare gli insabbiamenti, ad agire con decisione contro i colpevoli e a comunicare in modo chiaro e trasparente. Questi elementi, oltre a ricostruire la fiducia, possono favorire una vera riconciliazione nella comunità.

Intervento della Santa Sede

Su questo fronte, va ricordato che le situazioni interne e le divisioni che l'arcivescovado di Ernakulam-Angamaly ha vissuto negli ultimi anni hanno richiesto addirittura l'intervento della Santa Sede. Nel 2023, Papa Francesco aveva espresso in un videomessaggio la sua preoccupazione per la situazione conflittuale che si era creata sul modo di celebrare la liturgia, incoraggiando l'arcivescovado a intraprendere un cammino di unità e rinnovamento.

In precedenza, nel 2021 e nel 2022, aveva indirizzato due lettere a vescovi, sacerdoti, religiosi e laici, in cui esortava la comunità a "camminare insieme al popolo di Dio perché l'unità supera ogni conflitto". Unità che deve essere ricostruita di pari passo con la ricostruzione della fiducia.

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Articoli

Sabadell amplia i suoi servizi per le confraternite e i gruppi di lavoro  

L'ente cerca di dare una risposta specifica alle esigenze finanziarie di questo gruppo, che costituisce uno dei più grandi movimenti associativi del nostro Paese.

Redazione Omnes-15 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto

Banco Sabadell, attraverso la sua area di specializzazione in Istituzioni religiose e Terzo Settorerafforza il suo impegno nei confronti delle confraternite e delle comunità, ampliando la sua offerta per fornire un servizio più specializzato, agile e vicino alle esigenze finanziarie di questo gruppo.

A tal fine, l'organizzazione ha creato un nuovo indirizzo e-mail ([email protected]) dove i clienti possono contattare direttamente un team di esperti con una formazione specifica in questo campo.

Con questa nuova proposta, la banca cerca di continuare a sostenere questi clienti, riconoscendo il loro carattere unico, che si riflette anche nelle specifiche esigenze finanziarie che presentano.

In Spagna sono registrati più di 8.000 Confraternite e Confraternite nel Registro delle istituzioni religiose, con una stima di 3 milioni di membri. Questo collettivo, con profonde radici sociali e culturali che risalgono a secoli fa, rappresenta uno dei più grandi movimenti associativi del Paese.

Il Banco Sabadell offre condizioni speciali per le confraternite e i confratelli con cui collabora, tra cui un conto corrente senza spese di amministrazione o di mantenimento, opzioni di leasing per le attrezzature, soluzioni di finanziamento personalizzate e un sistema di donazione (Sistema Done) con condizioni molto vantaggiose.

Stati Uniti

I vescovi statunitensi esprimono solidarietà agli immigrati del paese

Dall'11 al 14 novembre si è tenuta a Baltimora, nel Maryland, la riunione plenaria autunnale della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB). Uno dei temi predominanti durante le discussioni è stata la questione delle migrazioni.

Gonzalo Meza-15 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

La riunione plenaria autunnale della Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti (USCCB) si è tenuta a Baltimora, nel Maryland, dall'11 al 14 novembre. Uno dei temi predominanti durante le discussioni è stata la questione dell'immigrazione, a causa dell'imminente inizio dell'amministrazione del presidente eletto Donald Trump, che ha promesso di iniziare il primo giorno della sua amministrazione una "deportazione massiccia di migliaia di immigrati, la più grande nella storia del Paese".

In risposta, i vescovi statunitensi hanno espresso la loro solidarietà con i migranti in una "dichiarazione di preoccupazione pastorale" in cui i presuli alzano "una voce a nome delle masse ammassate che anelano a respirare la libertà". Nel testo, i vescovi chiedono alla nuova amministrazione del presidente Trump di trattare gli immigrati in modo equo e umano.

Riforma del quadro giuridico

"Sin dalla fondazione della nostra nazione, gli immigrati sono stati essenziali per la crescita e la prosperità di questa società. Arrivano sulle nostre coste come stranieri, attratti dalla promessa di questa terra. Continuano a fornire sicurezza alimentare, assistenza sanitaria e molte altre attività essenziali che sostengono la nostra fiorente nazione", affermano i cardinali.

I vescovi hanno anche riconosciuto la necessità di riformare il sistema di immigrazione degli Stati Uniti per avere un quadro giuridico che accolga i rifugiati e aiuti le famiglie a rimanere unite, "un sistema di immigrazione che mantenga i nostri confini sicuri e protetti, che sia in grado di arginare il flusso di droga e fermare il traffico di esseri umani".

Altri temi dell'assemblea plenaria

Durante i lavori di questa assemblea plenaria i purpuratori hanno affrontato anche altri temi, tra cui il Sinodo dei Vescovi, il Congresso Eucaristico Nazionale tenutosi a luglio, l'attuazione pastorale di un programma di ecologia integrale per commemorare il decimo anniversario della "Laudato Si'", l'approvazione della traduzione di testi liturgici in inglese, tra cui la "Nuova Bibbia Americana" per l'uso liturgico e, infine, l'avanzamento a livello locale di due cause di beatificazione e canonizzazione: Suor Annella Zervas - nativa di Moorhead, Minnesota - religiosa dell'Ordine di San Benedetto e nota per la sua gentilezza, il senso dell'umorismo e la devozione all'Eucaristia e alla Vergine Maria; e la Serva di Dio Dott.ssa Gertrude Agnes Barber, membro dell'Ordine di San Benedetto. Gertrude Agnes Barber, una laica nata a Erie, in Pennsylvania, che ha dedicato la sua vita all'educazione e alla cura dei bambini e delle popolazioni vulnerabili.

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Al Cristo fangoso

Ti ho visto, Signore, sporco di fango e mi sono ricordato che ci hai fatto di argilla. Ci hai plasmato, ma eravamo esseri inerti finché non hai soffiato nelle nostre narici il tuo spirito di vita. Anche oggi siamo come morti, schiacciati dalle disgrazie, e per questo abbiamo bisogno di nuovo del tuo respiro.

15 novembre 2024-Tempo di lettura: 4 minuti

Oggi ti ho visto, Signore, infangato e morto, affogato sotto il pantano di PaiportaE volevo chiederti perché. Perché, Signore? Perché? 

Cristo di Paiporta

Cercando una risposta nei Salmi ti ho chiesto: dov'eri quando le nubi riversavano le loro acque, le nubi della tempesta rimbombavano e le tue frecce zigzagavano? Dov'eri quando onde mortali ci circondavano, quando torrenti distruttivi ci terrorizzavano, quando le reti dell'abisso ci avvolgevano e le insidie della morte ci raggiungevano?

Sei solo della stessa argilla che ti ricopre e non senti né soffri? Sei uno di quegli esseri di polvere che non possono salvare, che espirano lo spirito e tornano alla polvere? Sei uno di quegli idoli dei Gentili che sono d'oro e d'argento, opera di mani umane, che hanno bocca e non parlano, che hanno occhi e non vedono, che hanno orecchie e non sentono e non c'è respiro nella loro bocca?

Alcuni hanno riso di te e di me per aver confidato in te. Perché ti dimentichi di me? Perché vado in giro, cupo, assillato dal mio nemico? Le mie ossa sono spezzate dagli scherni dell'avversario; tutto il giorno mi chiedono: "Dov'è il tuo Dio?". Ci hai reso il disprezzo dei nostri vicini, la derisione e lo scherno di coloro che ci circondano; ci hai fatto diventare il proverbio delle genti, le nazioni fanno smorfie su di noi.

Venerdì Santo

Mentre cercavo ancora di trovare una risposta a queste domande, ho guardato bene la tua foto e quei raggi dorati, ma anche fangosi, che escono dalla tua testa. Gli esperti di arte sacra dicono che si chiamano potenze e che vogliono esprimere non tanto la tua divinità, quanto il tuo più alto grado di umanità. Dicono che tu, vero uomo, l'essere umano per eccellenza, hai padroneggiato al massimo grado i tre poteri umani (comprensione, memoria e volontà) per obbedire al comando del Padre e accettare, per noi, la flagellazione; per noi, la corona di spine; per noi, lo scherno e la derisione; per noi, la croce; e ora, per noi, il diluvio.

Vederti pieno di fango è contemplare il tuo corpo di nuovo nel sepolcro, mezzo lavato perché il sabato è arrivato sulle donne quel venerdì santo. Mentre noi piangiamo spaventati, tu scendi negli inferni di ogni essere umano, salvando i morti per la vita eterna, in solidarietà con ogni vittima del diluvio, ma anche con tutti coloro che sono travolti dai torrenti della vita, dalle onde della malattia o della disabilità, dalle acque agitate del disprezzo e dello scarto, dal flusso violento della precarietà, della paura e dell'incertezza. 

La vostra foto è un abbraccio a tutte le vittime, a tutte le persone che hanno perso una persona cara, a chi ha perso la casa e a chi di noi ha perso anche la speranza. È un abbraccio che ci dice: "Sono qui, non vi ho lasciato un secondo, ero con voi quel giorno e continuerò a essere con voi ogni giorno della vostra vita, perché non posso fare altro che amarvi fino a dare la mia vita. Conta su di me se devi infangarti, conta su di me se stai soffrendo, prendi la mia mano se sei travolto dalla corrente e io non ti lascerò andare, anche se dovessimo annegare insieme".

Signore del fango di Paiporta

Oggi ti ho visto, Signore, sporco di fango e mi sono ricordato che tu ci hai fatto di fango. Ci hai plasmato, ma eravamo esseri inerti finché non hai soffiato nelle nostre narici il tuo spirito di vita. Anche oggi siamo come morti, schiacciati dalla sventura, storditi dal turbine, e quindi abbiamo bisogno di nuovo del tuo respiro. Infiammaci, Signore del fango di Paiporta, con il tuo spirito di vita.

Oggi ti ho visto, Signore, infangato, accanto ai piedi infangati di due persone che ti passavano accanto su un terreno pieno di impronte. E ho visto in loro i piedi stanchi dei nostri padri, gli israeliti in Egitto, che calpestavano il fango per fare mattoni per il Faraone. E mi sono ricordato di quanti faraoni vogliono approfittare della disgrazia di molti per il proprio interesse. Dai forza ai nostri capi, o Signore del fango di Paiporta, affinché, come Mosè, tengano unito il popolo e si mettano al suo servizio, aprano le acque per noi e ci conducano, a piedi nudi, a vivere in pace in una terra che scorre con latte e miele per tutti.

Cristo fangoso

Oggi ti ho visto, o Signore del fango, sostenuto da un braccio anonimo, uno dei tanti che in questi giorni, dentro e fuori la tua Chiesa, stanno lavorando per portare avanti il popolo. E ho visto, in quel braccio, il braccio del vasaio nella cui bottega Geremia scese e che gli insegnò che dal male si può far nascere il bene. Da un vaso di argilla piegato dalla ruota del vasaio, se viene rimodellato, puoi farne uscire uno bello. Aiutaci, Signore dell'argilla di Paiporta, a ricostruire i nostri cuori feriti, le nostre famiglie spezzate, i nostri villaggi distrutti e le nostre case allagate.

Oggi ti ho visto, o Signore del fango, e ho guardato soprattutto nei tuoi occhi. E ho visto in essi quelli dell'uomo nato cieco, che tu hai spalmato di fango per restituirgli la vista. Aiutaci, Signore del fango di Paiporta, ad aprire gli occhi della fede per poter vedere il mistero del tuo amore in mezzo a questa tragedia che sembra, solo sembra, non avere senso. 

Oggi ti ho visto, Signore del fango, e ho finalmente notato l'occhiolino che ci fai con l'occhio destro. Non so se è l'intenzione dell'artista che ti ha dipinto o se è solo un effetto casuale dell'argilla, ma la tua pupilla sembra intravedersi volendo aprirsi un varco tra le palpebre. Ti stai forse prendendo gioco della morte? Stai per dire che questo è solo un passo verso la vita? Aiutaci, Signore del fango di Paiporta, a vederti come annuncio della Risurrezione, a non perdere la speranza di risorgere, a non dubitare che tu sia con noi in questa storia, che dalla morte e dal fango tu porti la vita. Tu ci aiuti, perché sai che portiamo questo tesoro in fragili vasi di terracotta, la terracotta di Paiporta.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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Libri

L'eredità cristiana di Juan Mari Araluce

Il 4 ottobre 1976, tre membri dell'ETA assassinarono a San Sebastián Juan María Araluce, allora presidente del Consiglio provinciale di Guipúzcoa, l'autista della sua auto e i tre agenti di scorta. La moglie, Maité Letamendía, rimase vedova di 56 anni con nove figli. In seguito a una recente biografia, si presenta qui la sua eredità spirituale e familiare.

Francisco Otamendi-15 novembre 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Ricorderò come se fosse ieri quel 4 ottobre, giorno di San Francesco d'Assisi e compleanno, appena arrivato a Bilbao, molto vicino a dove nacque Juan Mari Araluce Villar (1917) a Santurce (oggi Santurtzi in basco), sulla riva sinistra dell'estuario.

Tre membri del gruppo terroristico ETA avevano sparato più di ottanta proiettili di mitragliatrice, calibro 9 millimetri parabellum, marca "casa", contro Araluce, 59 anni, l'autista e le guardie del corpo, in Avenida de España (ora Avenida de la Libertad), davanti all'edificio in cui vivevano a San Sebastián (Donosti). La notizia è stata riportata dai media e l'ETA (V Assemblea) ne ha rivendicato la responsabilità nelle telefonate ad alcuni di loro.

Sua moglie e otto dei suoi figli stavano mangiando "un piatto di spaghetti, quando sentirono il fragore degli spari. Si sono affacciati al balcone, da dove, attraverso le cime degli alberi, hanno intravisto l'atroce scena che si stava ancora svolgendo ai loro piedi", racconta il giornalista e storico Juan José Echevarría Pérez-Agua, nel suo biografia intitolato "Juan Maria Araluce. Il difensore dei fueros assassinato dall'ETA".

Juan Maria Araluce. Il difensore dei fueros assassinato dall'ETA.

Autore: Juan José Echevarría Pérez-Agua
Editoriale: Almuzara
Numero di pagine: 648
Lingua: Inglese

Praticamente davanti alla sua famiglia

"Cinque dei figli, Juan, Ignacio, Javier, José e Maite, si sono precipitati giù per le scale", e mentre un sacerdote riusciva a dare l'estrema unzione alle vittime e un'ambulanza provvedeva a una scorta, hanno fatto salire il padre in macchina e hanno deciso di portarlo alla Residenza Nuestra Señora de Aránzazu, oggi ospedale di Donostia. Intorno alle tre del pomeriggio è stato dichiarato morto.

Fu lo stesso shock che il sottoscritto avrebbe avuto con altri assassinii. Ad esempio, due anni dopo, quello di José María Portell il 28 giugno 1978, pochi mesi prima del referendum costituzionale del 6 dicembre, quando due terroristi lo mitragliarono davanti alla sua casa di Portugalete.

La moglie Carmen Torres, che aveva sentito gli spari da casa sua e si era affacciata al balcone con i figli (5), riuscì a scendere in strada e ad abbracciarlo prima dell'arrivo delle ambulanze. Echevarría Pérez-Agua, autore della biografia di Araluce, cita Portell in diverse occasioni nel suo libro.

Il profilo

Il lavoro sulla figura di Araluce di Juan José Echevarría, professore dell'Università Carlos III, che ha lavorato per El País e CNN+, è lungo più di 600 pagine e si potrebbe dire che è anche un'indagine approfondita sul carlismo, Montejurra, la società basca e l'ETA.

"È molto più di un'evocazione biografica di qualcuno che era, soprattutto, un brav'uomo", scrive Jon Juaristi nel prologo. È il "magnifico ritratto di un uomo, di un'epoca e di un Paese, questa è vera Storia, e non 'storia', o 'narrazione', o 'memoria' o qualsiasi altra delle vergognose maschere della menzogna e di quella che i nobili di Biscaglia chiamavano 'caloña' in epoca medievale, la calunnia calunniosa che si riversava sui morti", aggiunge il professore e saggista Juaristi, che appartenne precocemente e fugacemente all'ETA alla fine degli anni Sessanta.

Fondazione, perdono

Dopo l'attacco, "mia madre era una vedova di 56 anni con nove figli. Io e mia sorella maggiore (María del Mar) eravamo le uniche ad aver terminato gli studi universitari. Io, il secondo dei fratelli, avevo 23 anni, la sorella più piccola ne aveva nove. Da un giorno all'altro ti crolla il mondo addosso", ha raccontato Juan Araluce Letamendía a Omnes.

"Fin dal primo momento, mia madre, con una forza d'animo inspiegabile da un punto di vista puramente umano, ci disse che 'dovevamo essere felici perché papà è in cielo, che eravamo cristiani e che dovevamo perdonare'. Questa era la base su cui poggiava tutta la famiglia.

È stato il primo messaggio dell'eredità di suo padre, Juan Mari, che è stato minacciato in diversi modi e forme, insieme alla sua famiglia. Il perdono. L'autore della biografia lo registra prima e nell'ultima pagina del libro: presumibilmente non a caso:

Maité Letamendía ha dichiarato all'"Informe Semanal" di TVE: "Siamo molto felici di avere Juan Mari in cielo e che ci stia aiutando da lì (...). Perdono tutti coloro che lo hanno ucciso e vogliamo che l'odio finisca (...). Stiamo pregando molto per tutti loro e li perdoniamo con tutto il cuore".

Allontanarsi dall'odio e dalla mancanza di libertà

"Rimanemmo a San Sebastián per un altro anno, ma nel settembre del 1977 tutta la famiglia si trasferì a Madrid. Mia madre non voleva che i suoi figli crescessero in un'atmosfera di odio, paura e mancanza di libertà, come quella vissuta in quegli anni nei Paesi Baschi", aggiunge Juan Araluce.

"Mio padre era un notaio di professione. Tutta la famiglia viveva del suo lavoro. Consapevole di ciò che poteva accadere, era solito dire che se gli fosse successo qualcosa, avrebbe portato con sé la chiave della dispensa. Così era.

Visione del mondo cristiana

Juan Mari Araluce e Maite Letamendía si sposarono il 13 giugno 1949 nella chiesa di San Vicente Mártir a San Sebastián, anche se lei aveva detto informalmente che lui era "noioso", dice il biografo. I coniugi Araluce vissero nella città gipuzkoana di Tolosa per quasi due decenni. "Quelli furono gli anni più felici della loro vita e dove crebbero i loro nove figli", da María del Mar a Marta, dice l'autore, senza dubbio basandosi sulle testimonianze dei figli e degli amici. La domenica, la coppia usciva a cena con due coppie di amici intimi, una carlista e l'altra nazionalista".

"La visione del mondo di Araluce era religiosa", scrive l'autore, che affronta questo tema, fondamentale per Araluce e la sua famiglia, in diversi capitoli, intervallando altre storie. Come notaio della città di Gipuzkoa, "il cristianesimo continuò a essere al centro della sua esistenza, come rivela la sua notte di nozze, con l'immagine del Nostra Signora di Fatima".

Barruntos, la famiglia e la vocazione all'Opus Dei

Lì, Juan Mari portava la figlia maggiore nella chiesa parrocchiale di Santa María e vivevano il giovedì eucaristico. "Araluce aiutava i figli a fare i compiti prima di andare dal notaio. I ragazzi studiavano agli Escolapios (...) e le ragazze alle scuole dei gesuiti. Juan, il figlio maggiore di Araluce, aveva come compagno di scuola Francisco (Patxi) Arratibel, "che sarebbe stato assassinato dall'ETA" molti anni dopo, nel 1997, sottolinea l'autore.

Juan Mari Araluce proveniva dalla Adorazione notturnaQuesta attività fu organizzata "dall'arciprete di Santa Maria, Venceslao Mayora Tellería, che l'11 settembre 1949 aveva celebrato l'incoronazione canonica della Vergine di Izaskun", di cui aveva pubblicato la storia nello stesso anno.

E qui compie un altro passo, quando nel 1961 entra a far parte dell'Opus Dei (un anno dopo si unisce all'Opus Dei anche la moglie Maité). "Era una decisione che aveva ponderato e preso con tempo, dato che nel 1959 si era avvicinato all'Opera creata da Josemaría Escrivá de Balaguer, tramite la cognata Ana" (Letamendía), scrive.

Chiamati alla santità nell'ordinario, sul posto di lavoro

"Per Araluce l'Opus Dei rappresentava un messaggio di realizzazione religiosa per i genitori come lui", scrive lo storico e giornalista. "Molti dei suoi figli, come María del Mar e Juan, avrebbero seguito le sue orme e José, il suo sesto figlio, sarebbe addirittura diventato sacerdote, venendo ordinato a Torreciudad, il santuario mariano costruito dall'Opus Dei a Secastilla (Huesca)".

Dopo aver fatto riferimento alla beatificazione di Josemaria Escriva nel 1992 da parte di San Giovanni Paolo II, poi canonizzato nel 2002, e al suo libro CaminoL'autore descrive che "Araluce aprì le sue case di Tolosa ed Estella ai vicini per diffondere il messaggio della chiamata universale alla santità e all'apostolato" dei cattolici, "un messaggio che convinse Araluce, che all'epoca era sposato e aveva sei figli". Era un secondo messaggio della sua eredità. Ascoltare il Signore e seguirlo.

L'etica del lavoro

Il biografo racconta che "i coniugi Araluce avevano conosciuto personalmente Josemaria Escrivá in occasione di un incontro che egli aveva organizzato per loro". fondatore dell'Opus Dei a Pamplona nel settembre 1960, dove benedisse Maité, incinta della sua penultima figlia, Maite, che sarebbe nata l'anno successivo". L'autore racconta a questo punto anche le preoccupazioni e le attività di un nipote, Francisco (Patxi) Letamendía, "Ortzi", che chiacchierava con lo zio Juan Mari e i suoi fratelli.

Nel capitolo intitolato "L'etica del lavoro", il professor Echevarría Pérez-Agua conclude questa parte alludendo all'inserimento di Juan Mari Araluce, già presidente del Consiglio Provinciale di Guipúzcoa, nel consiglio di amministrazione della Scuola di Ingegneria dell'Università di Navarra (oggi Tecnun), e al sostegno all'Istituto Superiore di Studi Segretariali e Amministrativi (ISSA), fondato nel 1963.

"Nell'approccio di portare Dio nella società civile per trasformarla, gli uomini erano fondamentali, ma anche le donne, nelle circostanze ordinarie del lavoro", osserva l'autore, riprendendo le idee di "Josemaria de Escrivá" (sic), "nel comprendere che l'Opus Dei doveva essere sostenuto, 'come nel suo stesso nucleo, nel lavoro ordinario, nel lavoro professionale esercitato in mezzo al mondo". Ecco il terzo messaggio: il lavoro ben fattoLa sua santificazione, che si adattava a lui e a sua moglie.

Diputación de Guipúzcoa, Consejo del Reino (Consiglio del Regno)

Per quanto riguarda la sua eredità politica, "fu l'artefice del ripristino dell'Accordo Economico, interpretando i fueros come elemento consustanziale della Monarchia restaurata dopo la morte di Franco", riassume l'autore. Dopo la presidenza del Consiglio provinciale di Guipúzcoa, nel marzo 1971 entrò a far parte del Consiglio del Regno: i procuratori delle Cortes lo votarono come uno dei loro due rappresentanti nel massimo organo consultivo del Capo dello Stato, con 86 voti a favore e nessuno contrario.

Il Consiglio del Regno, composto da 17 membri, tra cui Araluce, fu incaricato di trasmettere al re Juan Carlos, il 3 luglio 1976, la rosa dei candidati per l'elezione del primo ministro spagnolo. Il Re scelse Adolfo Suárez rispetto a Silva Muñoz e López Bravo.

L'importanza della morte di Juan Mari Araluce, avvenuta tre mesi dopo, non è sfuggita a nessuno, ed è apparsa persino sul Washington Pot e sul New York Times, "evidenziando l'indole moderata del defunto e la sua difesa di una concezione territoriale decentrata", ha scritto il biografo. Ma qui preferiamo concludere con alcuni dei suoi figli e nipoti.

"Una coscienza limpida senza odio".

Ricordando il padre e tutto ciò che è accaduto alla famiglia in quegli anni, Juan Araluce Letamendía ha dichiarato a Omnes: "Sono passati quarantotto anni. Mia madre è morta serenamente 14 anni fa, accompagnata dall'affetto dei suoi nove figli e 25 nipoti. Nessuno di loro conosceva il nonno. Quando mi chiedono come abbiamo fatto ad andare avanti, rispondo che non so spiegarlo.

"Siamo orgogliosi di aver ereditato dai nostri genitori una coscienza limpida e senza odio, e una fede che ci porta a confidare in una Provvidenza che tesse le nostre vite con continui e spesso inspiegabili colpi di scena. Ma dopo 48 anni ci si guarda indietro e ci si rende conto che tutto quello che è successo ha un senso. Come dicono i francesi, 'tout se tient', tutto si adatta".

Sua sorella Maite, già citata, è presidente dell'Associazione delle vittime del terrorismo. Così ha descritto a suo padre non molto tempo fa: "Mio padre riusciva a portarci a Madrid con lui ogni volta che il calendario scolastico o universitario ce lo permetteva. Ci ha persino insegnato a correre nella corsa dei tori a Estella, dove trascorrevamo le nostre estati. Era una persona estremamente generosa, che pensava agli altri ed era un grande conversatore. Era anche un grande ascoltatore. Sapeva ascoltare".

E suo nipote Gonzalo, giornalista, ha scrittoCon questo senso dell'umorismo, mio nonno cercava di minimizzare le minacce. Mia nonna Maite, sua moglie, soffriva di emicrania. che lo faceva rimanere a letto, in silenzio: un dolore tanto indescrivibile quanto ricorrente, che sarebbe scomparso dopo l'omicidio. Non ha mai detto che era dovuto a questa pressione.

Se mio nonno ha resistito a quel terrore", aggiunge, "è stato grazie a mia nonna Maite, sapendo che lei sarebbe stata in grado di occupare tutto lo spazio che lui poteva lasciare".

L'autoreFrancisco Otamendi

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Cultura

Scienziati cattolici: Domingo de Soto, teologo e fisico

Domingo de Soto, il teologo e fisico che scoprì che un corpo in caduta libera subisce un'accelerazione costante, morì nel novembre 1560. Questa serie di brevi biografie di scienziati cattolici è pubblicata grazie alla collaborazione della Società degli scienziati cattolici di Spagna.

Ignacio Sols-15 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il domenicano Domingo de Soto (Segovia 1494 - Salamanca 1560) fu uno dei principali studiosi del Secolo d'oro spagnolo. Dopo essersi formato all'Università di Parigi, insegnò prima all'Università di Alcalá e poi a quella di Salamanca (nel frattempo entrò nell'ordine domenicano). La sua eredità intellettuale abbraccia diverse discipline. In particolare, è una figura chiave nel passaggio dalla preistoria medievale della fisica alla nascita della fisica moderna. A riprova dell'ampiezza della sua erudizione, gli studenti universitari dell'epoca erano soliti dire: "Chi conosce Soto, conosce tutto".

In ambito teologico, Soto si distinse per l'acuta esplorazione del problema della grazia e della natura, dando un contributo significativo alla teologia del suo tempo. Partecipò infatti al Concilio di Trento.

Il suo intuito si estese alla filosofia, all'economia e al diritto, dove lasciò il segno con il primo trattato sui diritti dei poveri e con la stesura dello Ius Gentium in difesa delle popolazioni indigene, base dell'attuale diritto internazionale.

Dal punto di vista scientifico, Domingo de Soto fu un pioniere nella descrizione del moto, anticipando di un secolo le idee che Galileo avrebbe poi stabilito sperimentalmente. La sua concezione del moto di caduta libera come uniformemente accelerato nel tempo fu di vitale importanza per la nascita, un secolo e mezzo dopo, della meccanica newtoniana, poiché postula un moto uniformemente accelerato in ogni corpo sottoposto a una forza costante.

Inoltre, Soto introdusse la nozione di massa inerte o resistenza interna al moto, un concetto fondamentale nella meccanica newtoniana. Questo contributo, spesso attribuito a Galileo, rivela la profondità del pensiero scientifico di Soto, le cui idee furono essenziali per la nascita della fisica.

La diffusione degli insegnamenti di Soto si diffuse dall'Università di Alcalá al Collegio Romano, influenzando così la formazione di Galileo. Fu il termodinamico francese Pierre Duhem che, nelle sue ricerche sulla preistoria della fisica, scoprì il contributo cruciale di questo nostro illustre connazionale, che personifica la sinergia tra fede e ragione nella ricerca della conoscenza.

L'autoreIgnacio Sols

Università Complutense di Madrid. SCS-Spagna.

Libri

Eugenio Corti, la guerra contro il comunismo e "Il cavallo rosso".

Gli studi di Eugenio Corti sul comunismo sono molto ricchi ed estremamente metodici e permettono di comprendere la situazione del mondo marxista in Occidente.

Gerardo Ferrara-14 novembre 2024-Tempo di lettura: 6 minuti

Diceva Eugenio Corti: "Lo scrittore è obbligato a rendere conto di tutta la realtà del suo tempo: per questo non può specializzarsi (Sertillanges, nella sua opera "La vita intellettuale", aveva riflettuto sulla stessa esigenza dello studioso e dello scrittore). È l'unico professionista che non ha il diritto di essere solo specializzato. Oggi, però, non si può sapere tutto: bisogna acquisire una vera competenza almeno nei campi più importanti. Ho scelto di studiare il comunismo (il più grande pericolo per l'umanità di questo secolo) e l'attualità cattolica (perché vedo nella Chiesa la più grande speranza)".

Lo scrittore che "vede

Il risultato di questi studi fu l'opera teatrale "Processo e morte di Stalin", scritta tra il 1960 e il 1961 e rappresentata nel 1962. Scrive Paola Scaglione: "Da questo momento in poi Eugenio Corti, a causa del proprio motivato anticomunismo, fu sistematicamente e malamente occultato dalla stampa tradizionale e dal mondo della cultura, all'epoca fortemente di sinistra".

Corti, invece, illustra con chiarezza quelle che non sono le sue paranoie o le sue paure, ma realtà molto ben documentate, oltre che vissute sulla propria pelle, che gli permettono di fare le proprie analisi e di formulare coraggiosamente - e con cognizione di causa - previsioni per il futuro (che immancabilmente si avvereranno).

Eugenio Corti ha visto ("οἶδα"), e vuole raccontare, gli orrori e i massacri compiuti dai comunisti in Russia prima e dopo la Seconda guerra mondiale, dai partigiani subito dopo quest'ultima (circa 40.000 vittime in Italia, per non parlare della questione del confine orientale italiano e della tragedia dell'esodo istriano-dalmata e dei massacri delle Foibe, almeno 10.000 morti e 300.000 esiliati) e ancora dal comunismo in generale in Russia (50 milioni di vittime dalla Rivoluzione alle purghe staliniane e oltre), in Cina (150 milioni di vittime lì e nel Sud del mondo.000 morti e 300.000 esiliati) e ancora dal comunismo in generale in Russia (50 milioni di vittime dalla Rivoluzione alle purghe di Stalin e oltre), in Cina (150 milioni di vittime del comunismo in quel Paese) e nel Sud-Est asiatico (Cambogia in particolare).

Tutto questo per costruire l'"uomo nuovo". Gli studi di Eugenio Corti sull'argomento sono molto ricchi ed estremamente metodici. Fanno conoscere in Occidente - a chiunque voglia conoscerla - la situazione del mondo dominato dal marxismo prima ancora che, nel 1994, Alexaner Solgenitzin, in un discorso alla Duma (parlamento russo), ricordasse quei sessanta milioni di morti causati dal comunismo, cifra sulla quale nessuno in quel Paese ha nulla da dire. Corti considera: "In Italia un tale massacro, di gran lunga il più grande della storia dell'umanità, è come se non fosse mai esistito: pochissimi si sono preoccupati di scoprire la verità su di esso".

Eugenio Corti e il comunismo gramsciano

Altrettanto importante è il contributo di Eugenio Corti all'analisi della situazione economica, sociale e culturale dell'Italia nel dopoguerra e oltre, soprattutto per quanto riguarda l'abbandono della sfera culturale da parte dei cattolici. Per lui è proprio la sfera culturale italiana la realtà più disturbata. Infatti", dichiara Corti, "il diavolo ha due caratteristiche principali, quella di essere omicida (basta guardare le cifre citate sopra) e quella di essere bugiardo".

"Ora che la fase degli omicidi di massa è terminata, è subentrata la fase della menzogna: essa è portata avanti dai grandi giornali, dalla radio e dalla televisione, soprattutto attraverso il sistema delle mezze verità, che impediscono alla gente comune di farsi un'idea chiara della realtà passata e presente. Per questo dobbiamo impegnarci a cercare e far conoscere la verità. Il fronte più importante oggi è quello della cultura".

E il fatto è che "il comunismo non è finito. Il leninismo, in cui la dittatura del proletariato si esercitava attraverso l'eliminazione fisica degli oppositori, è finito. Oggi in Italia siamo di fronte al comunismo di Gramsci, in cui la dittatura degli intellettuali "organici al comunismo" (l'espressione è di Gramsci) si esercita attraverso la sistematica emarginazione, in pratica la morte civile, degli oppositori. L'odierna cultura dominante di sinistra non si distacca dal marxismo, come siamo stati portati a credere: al contrario, è chiaramente uno sviluppo del marxismo. La grande tragedia è al suo secondo atto".

La situazione nella Chiesa

In esso è presente anche il rammarico per la resa di gran parte della Chiesa, soprattutto dopo il Concilio Vaticano II, alla cultura egemone, in particolare per l'adesione acritica di gran parte del mondo cattolico ad alcune idee di Jacques Maritain, una figura alla quale molti, compreso il Papa, hanno guardato con grande preoccupazione. Paolo VII due guardavano con grande simpatia.

Le idee di Maritain, contenute soprattutto nel libro "Umanesimo integrale", spalancarono le porte alle correnti moderniste nella Chiesa mondiale e in Italia, sia in ambito popolare e politico (il "compromesso storico") sia in ambito teologico, con la predicazione di figure come Karl Rahner, che in Italia fu contrastato invano dal filosofo padre Cornelio Fabro.

Il cavallo rosso

All'inizio degli anni Settanta, Corti decise di dedicarsi interamente alla scrittura: "Nel 1969/70 decisi risolutamente che dai cinquant'anni in poi non avrei fatto altro che scrivere. E infatti, il 31 dicembre 1972, ho cessato ogni attività economica.

Il lavoro a cui si dedicherà, "Il cavallo rosso"Il lavoro dell'artista non permette nessun'altra occupazione. E infatti gli undici anni di studio e di elaborazione del capolavoro hanno assorbito completamente l'artista. D'altra parte, leggendo l'opera, si percepisce immediatamente l'enorme sforzo storico e documentario compiuto dall'autore per offrire un romanzo assolutamente fedele ai fatti e agli eventi (che è senza dubbio una caratteristica fissa di tutta la sua produzione letteraria).

Eugenio Corti, quindi, dedica quasi tutto il periodo 1972/1983 al suo capolavoro. Sono solo due le attività alternative che lo allontanano dal lavoro: nel 1974 aderisce al comitato lombardo per l'abrogazione della legge sul divorzio, sospendendo per sei mesi l'attività di scrittore; nel 1978, invece, collabora a un giornale locale e scrive soprattutto di Chiesa, Russia e comunismo (in particolare della Cambogia).

"Tra i cinquanta e i sessant'anni", dice Corti, "l'esperienza dell'uomo raggiunge il suo apice (dopo di che comincia a dimenticare e a confondersi), mentre la sua capacità di creare rimane intatta".

Nel 1983 il testo raggiunge la sua forma definitiva ed Eugenio Corti lo propone a una piccola ma attiva casa editrice, l'Ares (il cui direttore, Cesare Cavalleri, è un amico e compagno di battaglie politiche), che lo pubblica nel mese di maggio (esattamente 25 anni fa).

L'opera è ispirata ai cavalli dell'Apocalisse ed è divisa in tre volumi: "Per il primo volume ho scelto il 'cavallo rosso', che in quel testo è il simbolo della guerra. Poi c'è il 'cavallo verdastro' (che ho tradotto come 'livido'), simbolo della fame (i lager russi) e dell'odio (le lotte civili). Infine, l'"albero della vita" (che indica la rinascita della vita dopo la tragedia).

Secondo Paola Scaglione, autrice di "Parole scolpite", "nella conclusione del romanzo, al tempo stesso piena di speranza e di dramma, non c'è tragedia, perché l'albero della vita ha radici salde nel cielo, ma non ci può essere nemmeno un lieto fine totalmente pacificante. Il teatro finale della scena del romanzo non può che essere il cielo. Per Eugenio Corti, il senso ultimo delle vicende umane si illumina solo accettando l'eternità come punto di vista. Da qui l'epilogo de Il cavallo rosso, apparentemente sconsolato eppure realistico e pieno di profonda speranza. Il premio, sembra ricordarci Christian Corti, non è un ritorno passeggero alle vicende terrene, ma la gioia senza fine di cui l'albero della vita è simbolo".

Corti, infatti, ci insegna che l'arte cristiana non può abbandonare il realismo: "È la filosofia della croce: non siamo al mondo per essere felici, ma per essere messi alla prova. Del resto, ogni rapporto quaggiù deve finire con la fine della vita".

Dice bene Scaglione quando osserva che "la croce - la vita dell'uomo lo insegna ed Eugenio Corti l'ha imparato bene - coincide spesso anche con l'impossibilità di veder trionfare il bene" (ma anche la dura realtà di non trovare la corrispondenza tra la perfetta bellezza e verità contemplata dall'artista e ciò che esiste, invece, su questa terra).

Cesare Cavalleri si esprime sullo stesso piano: "Il romanzo è, in un certo senso, un'epopea di perdenti, perché anche la verità può conoscere eclissi e sconfitte, pur rimanendo intatta e vera". È il caso del Cavallo Rosso e della storia umana in generale, poiché ogni "epopea di perdenti", ogni apparente sconfitta del bene è solo una mezza verità: il resto della storia, che non ci è dato di vedere quaggiù, si svolge in cielo e, nella narrazione aulica, diventa un'"epopea del Paradiso" che si apre alla miseria umana.

Vangelo

Iscritto nel libro della vita. 33ª domenica del Tempo Ordinario (B)

Joseph Evans commenta le letture della 33ª domenica del Tempo Ordinario e Luis Herrera tiene una breve omelia video.

Giuseppe Evans-14 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Nella prima lettura di oggi, il profeta Daniele annuncia gli enormi sconvolgimenti che precederanno la seconda venuta di Cristo, "Saranno tempi difficili come non ce ne sono stati da quando esistono le nazioni fino ad oggi".. Gesù nel Vangelo ci dice di più: "dopo quella grande angoscia, il sole si oscurerà, la luna non brillerà, le stelle cadranno dal cielo, gli astri vacilleranno".Quando accadrà? Neanche Gesù lo sa, dice. Presumibilmente parla qui secondo la sua natura umana, perché come Dio lo saprebbe.  

La Chiesa ci dà questa visione terrificante della fine dei tempi perché non siamo colti di sorpresa. "Allora il tuo popolo sarà salvato: tutti quelli che sono stati trovati scritti nel libro del Signore.". Questo è il libro del giudizio che vediamo nel libro dell'Apocalisse (Ap 20,12-15). È una metafora: non è un libro letterale, ma Dio tiene un registro delle nostre azioni buone e cattive. I nostri nomi saranno nel libro della vita se abbiamo cercato la vera vita e non la morte. Le buone azioni portano alla vita, quelle cattive alla morte. 

Probabilmente non saremo lì per vedere la seconda venuta di Cristo. Per favore, Dio, lo vedremo dal cielo e non lo scopriremo, terrorizzati, all'inferno. Ma in un certo senso la fine dei tempi è l'"ora" dei tempi. Ci sono sempre sconvolgimenti mondiali, nazioni in guerra tra loro, disastri cosmici. Se cerchiamo le giuste fondamenta ora, resteremo saldi e quando Gesù tornerà, gioiremo - sulla terra o in cielo - per la sua venuta. 

Dobbiamo imparare da queste letture dove mettere i piedi. Nessuna persona sensata mette i piedi sulla sabbia mutevole o sul fango acquoso. Piuttosto, mette i piedi su una roccia solida. Nulla sulla terra o nel sistema solare resterà in piedi alla fine dei tempi. Tutte le cose create svaniranno e scompariranno. "Il cielo e la terra passerannoGesù ci dice, "ma le mie parole non passeranno"Perché riporre le nostre speranze in cose che passeranno?

Qui Gesù ci dice a cosa dobbiamo aggrapparci: alle sue parole, al suo insegnamento, che ci giunge nella Chiesa, nelle Scritture e nella nostra coscienza. Dobbiamo accoglierlo e condividerlo con gli altri. E così la prima lettura ci dà un altro consiglio per assicurarci di essere tra coloro che sono elevati alla "vita eterna": essere saggi noi stessi e istruire gli altri nella santità. "I saggi risplenderanno come lo splendore del firmamento e coloro che hanno insegnato a molti la rettitudine, come le stelle, per tutta l'eternità"..

Omelia sulle letture di domenica 33a domenica del Tempo Ordinario (B)

Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.

Vocazioni

Nathalí. Dalla musica al giornalismo

Nathalí è una giovane donna peruviana che, attraverso la musica e il suo lavoro di giornalista, avvicina migliaia di anime all'incontro con Cristo. Lei stessa ha conosciuto questa vocazione a seguito di un ritiro che ha cambiato completamente la sua vita.

Juan Carlos Vasconez-14 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Nathalí è una giovane donna che molti di noi conoscono per la sua presenza nei media.
(@nathali.musica) e nella musica. 

Peruviana di nascita, esprime profonda gratitudine per tutto ciò che ha ricevuto, dalla sua famiglia alle opportunità che le hanno permesso di crescere lungo il percorso che l'ha avvicinata a Dio. "Siamo figli amati di Dio".Dice con un sorriso che riflette la sua attenzione per l'obiettivo finale: il cielo, cercando sempre di superare le difficoltà con fede e determinazione.

Da oltre dieci anni dedica la sua vita a servire il Signore attraverso la musica e il giornalismo. Come cantante ha debuttato nel 2014 con un gruppo musicale cattolico chiamato Taboriniziato con altri giovani della parrocchia di San Francisco de Borja a Lima. 

Ispirati dalla loro esperienza alla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio 2013, hanno deciso di usare il loro talento musicale per evangelizzare. Nathalí ricorda come un amico abbia suggerito il nome "Tabor" e da allora hanno portato la loro musica in diverse comunità. Nathalí è anche giornalista di professione e, dal 2019, è conduttrice televisiva di EWTN News, la rete televisiva fondata da Madre Angelica che ha molto seguito in America. Tuttavia, confessa che il suo arrivo in questo mezzo di comunicazione è stato quasi casuale. "Non volevo tornare ai media, avevo già lavorato in un canale in precedenza", ammette. Il suo obiettivo iniziale era quello di continuare a lavorare nel campo della comunicazione aziendale, ma la Provvidenza l'ha portata ad accettare un'opportunità presso EWTN. 

Sebbene all'inizio lo abbia fatto con una certa riluttanza, Nathali riconosce che questo lavoro è stato un dono di Dio, che le ha permesso di evangelizzare attraverso la sua professione.

Incontro con Cristo

Nel corso della sua carriera, Nathali ha vissuto momenti di trasformazione personale. Nel 2020, durante un ritiro chiamato "La sposa dell'Agnello", ha avuto un incontro profondo con Gesù. "Era come se mi avessero tolto una benda dagli occhi", confessa. Questo ritiro non solo ha rivitalizzato la sua vita spirituale, ma l'ha anche portata a riscoprire la sua vocazione di cantante e giornalista. 

Da allora, Nathali ha visto il suo lavoro alla EWTN non solo come una professione, ma come un apostolato, un'opportunità per portare il messaggio d'amore di Dio attraverso l'informazione e la musica.

La musica è stata una costante nella vita di Nathalí, e la sua passione per la composizione è iniziata quando era catechista della cresima. "Voglio adorarti" è stata la sua prima canzone, scritta più di dieci anni fa, e rimane una delle sue composizioni più amate. Nathalí dice che le sue canzoni nascono dalla preghiera e, sebbene non sia un musicista di professione, considera ognuna di esse un dono di Dio. "Do tutto quello che il Signore mi dà per il suo servizio".dice con convinzione.

Uno degli aneddoti più toccanti di Nathalí è avvenuto durante un viaggio a Cracovia con il suo gruppo musicale Tabor. Lì, dopo un'esibizione in una piccola città chiamata "Manzana Dulce", il portiere dell'hotel, che aveva assistito al concerto, si avvicinò ai membri del Tabor visibilmente commosso. Raccontò loro come una delle loro canzoni, "Rinnovami oggiaveva toccato il suo cuore in modo tale da aiutarlo ad allontanarsi dalla stregoneria e a tornare a Dio. "Grazie, Signore" fè tutto ciò che Nathali riuscì a dire in quel momento, riconoscendo la portata di ciò che era accaduto.

Dio opera meraviglie quando le persone sono disposte a fare la sua volontà.

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Spagna

Il 95,5 % degli aiuti pubblici alle donne in gravidanza in Spagna si trova a Madrid

Dei 63,2 milioni di euro stanziati dalle amministrazioni pubbliche spagnole nel 2023 per aiutare le donne in gravidanza, 60,4 milioni si trovano nella Comunità di Madrid, secondo la Mappa della maternità 2023 presentata dalla Fondazione RedMadre. Il resto delle Comunità autonome ha sostenuto con 2,7 milioni di euro. L'AA ha sostenuto con 2,7 milioni (4,3%), il che significa 6,50 euro di aiuti in media per donna.

Francisco Otamendi-13 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

L'aiuto delle amministrazioni pubbliche spagnole alla maternità è stato di 63,2 milioni di euro lo scorso anno (2023), il che significa 149,42 euro di aiuto medio per donna incinta, secondo l'ottavo rapporto Mapa de la Maternidad en España presentato oggi dalla Fondazione RedMadre.

L'aiuto corrisponde al sostegno delle amministrazioni pubbliche spagnole (Comunità autonome, Consigli provinciali e Consigli comunali dei capoluoghi di provincia) alla maternità, con particolare attenzione al sostegno alle madri in situazioni difficili a causa della gravidanza.

Su un totale di 63,2 milioni di euro, la Comunità di Madrid ne ha stanziati 60,4 nel suo piano di sostegno alla maternità, pari al 95,5%. "Scontando questo importo, che fa schizzare le cifre alle stelle, la realtà in Spagna è che le Comunità Autonome hanno investito solo 2,7 milioni di euro nel sostegno alle madri, cioè 6,50 euro di aiuti medi per donna per affrontare le difficoltà che possono sorgere a causa della gravidanza", si legge nella mappa presentata da RedMadre.

Triplicato grazie al piano di Madrid

Nel 7° rapporto Mapa de la Maternidad en 2022, il volume del sostegno alla maternità si attesta a 20 milioni di euro, triplicando l'importo totale a 63,2 milioni. Tuttavia, RedMadre osserva che questo aumento è dovuto in particolare al piano di sostegno alla maternità attuato dalla Comunità di Madrid, che ha stanziato più di 14 milioni di euro in aiuti diretti alle donne incinte di età inferiore ai 30 anni.

Più CA a supporto

Secondo il rapportoL'anno scorso, il numero di Regioni autonome che offrono supporto alle donne in gravidanza è passato da 7 a 11. Allo stesso tempo, solo 7 consigli provinciali (su 42) e 10 (su 50) consigli di città capoluogo di provincia sostengono questo gruppo. Secondo il rapporto, solo Madrid e La Rioja offrono importi significativi alle madri nella loro regione.

RedMadre sottolinea che "le difficoltà che le donne spagnole incontrano nell'affrontare la maternità fanno sì che 1 gravidanza su 4 venga interrotto". A suo avviso, "le donne senza figli di età inferiore ai 39 anni pensano che la maternità avrà un impatto negativo sulle loro opportunità di lavoro, sulla loro realizzazione professionale e sulla loro situazione economica". 

Più della metà delle persone inattive in Spagna sono donne (52,7 1,7 %), di cui 15,4 % dichiarano di essere inattive a causa della cura dei figli o della famiglia, e 55 % delle famiglie con a capo madri donne sono a rischio di povertà, sono alcuni dei dati forniti.

Spendere 12 volte di più per l'aborto che per aiutare le donne

"Le politiche di sostegno alla maternità, fin dall'inizio della gravidanza, sono insufficienti o inesistenti, lasciando le donne senza il supporto necessario per affrontare questa fase cruciale della loro vita. È incomprensibile che in Spagna le donne esprimano il desiderio di avere più di un figlio e che le amministrazioni pubbliche spendano 12 volte di più per l'aborto che per aiutarle a esercitare la maternità", ha dichiarato María Torrego, presidente di RedMadre.

"Come mostra il nostro rapporto, la perdita di opportunità di lavoro, la paura dell'impoverimento e la scarsità di politiche che facilitino la continuità della gravidanza, portano le donne a rinunciare alla maternità", ha aggiunto la direttrice generale, Amaya Azcona. Nel 2023, la Spagna ha registrato un totale di 103.097 aborti o, nella terminologia statistica, interruzioni volontarie di gravidanza (VTP), il che rappresenta una aumento di 4,8 % in termini assoluti rispetto al 2022, quando sono stati eseguiti 98.316 aborti, secondo i dati del Ministero della Salute.

L'autoreFrancisco Otamendi

Spagna

Torreciudad porta 97 milioni di euro all'anno a Huesca e Aragona

Secondo un rapporto della Camera di Commercio di Huesca, Torreciudad contribuisce con oltre 97 milioni di euro all'anno alla provincia di Huesca e Aragona. Sebbene il santuario sia in perdita, è un motore economico fondamentale per la regione.

Redazione Omnes-13 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Secondo un rapporto del Camera di Commercio di HuescaIl santuario mariano di Torreciudad apporta più di 97 milioni di euro all'anno alla provincia di Huesca e Aragona. Le centinaia di migliaia di visitatori del sito fanno sì che Torreciudad abbia un impatto economico diretto di 58,2 milioni di euro, che si moltiplica in tutta la provincia se si tiene conto dell'impulso dato alle altre attività turistiche e culturali svolte dai visitatori.

Sebbene la chiesa e i suoi dintorni siano in deficit, come evidenziato nel suo rapporto annuale e nella corroborare le fondamenta che contribuiscono al mantenimento di Torreciudad, l'attività del santuario incrementa un movimento economico fondamentale per questa zona dell'Aragona.

Secondo i dati forniti dalla Camera di Commercio di Huesca, Torreciudad ha un impatto indiretto di 28,8 milioni di euro sulla produzione delle aziende aragonesi che riforniscono le aziende che ricevono l'impatto diretto. Da parte sua, l'impatto indotto è di 10,3 milioni di euro, dovuto all'aumento dei redditi salariali da consumo e da produzione.

Infatti, se Torreciudad dovesse cessare di esistere, il denaro generato scenderebbe a 17,2 milioni di euro, poiché si perderebbero circa 150.000 visitatori, che generano circa 80 milioni di euro. Questo perché il motivo principale per cui i visitatori si recano in questo santuario è proprio Torreciudad.

L'impatto positivo di Torreciudad

Il rapporto della Camera di Commercio di Huesca evidenzia anche 14 impatti positivi, oltre al denaro, che si producono grazie a Torreciudad:

-Posizionamento territoriale e turistico nel campo del turismo religioso.

-Capacità di destagionalizzazione

-Localizzazione e conoscenza interna

-Complementarità con le risorse turistiche del territorio

-Azioni collaborative e socialmente responsabili e conservazione del patrimonio

-Sviluppo di nuove esperienze turistiche

-Valore architettonico, culturale e patrimoniale

-Proiezione di valori naturali provinciali

-Associazione del Percorso mariano. Itinerari locali e transfrontalieri / Cammino di Santiago nell'area di Ribagorzano

-Capacità organizzativa e sviluppo di eventi

-Esperienza spirituale e personale

-Generazione di posti di lavoro e contributo all'economia del turismo e dei servizi

-Insediamento della popolazione e sviluppo delle popolazioni vicine

-Ufficio del turismo come promotore territoriale

Il contesto del rapporto

Il rapporto su Torreciudad mostra anche dati molto rilevanti che aiutano a capire l'impatto del santuario sulla provincia. Evidenzia, ad esempio, il numero di visite annuali, che raggiunge le 200.000 unità.

L'origine dello studio, secondo la stessa Camera di Commercio di Huesca, si basa su tre motivi:

-Interesse a conoscere l'impatto di uno dei siti più visitati dell'Aragona.

-Il 50° anniversario della costruzione del santuario, che sarà celebrato nel 2025.

-Collegamento turistico e territoriale di Torreciudad con i suoi dintorni.

Potenziale di sviluppo grazie a Torreciudad

Infine, la Camera di Commercio di Huesca offre nelle sue conclusioni il potenziale sviluppo di Torreciudad:

-Collaborazione con le agenzie di viaggio interessate al turismo familiare e religioso.

-Collaborazione con i paesi di origine dei visitatori stranieri 

-Sviluppo di altre possibilità turistiche

-Valutazione del patrimonio locale e delle altre vie di pellegrinaggio.

-Sviluppo di piani di sostenibilità che abbiano un impatto positivo sulle aree vicine a Torreciudad.

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Spagna

La Spagna si unisce alla SETTIMANA ROSSA internazionale per i cristiani perseguitati

La Spagna aderisce alla REDWEEK, una campagna internazionale di sensibilizzazione sulla realtà dei cristiani perseguitati.

Redazione Omnes-13 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Nel corso di una conferenza stampa, José María Gallardo, direttore di Aiuto alla Chiesa che Soffre, ha informato che la Spagna ha aderito all'iniziativa di Aiuto alla Chiesa che Soffre. SETTIMANA ROSSALa campagna, che si celebra a livello internazionale dal 2015, mira a sensibilizzare l'opinione pubblica sul dramma della persecuzione dei perseguitati I cristiani.

Lo slogan scelto per questa occasione è "Apri gli occhi per i cristiani perseguitati". Con questo motto, dal 18 al 24 novembre, Aiuto alla Chiesa che Soffre lancerà diverse iniziative per dimostrare che "non dimentichiamo i nostri fratelli e sorelle che soffrono per la fede".

Mercoledì 20 novembre è il giorno centrale di questa SETTIMANA ROSSA. Alle 20.00, ora spagnola, centinaia di edifici in tutto il Paese saranno illuminati di rosso. Tra le facciate in cui verranno ricordati i martiri e i cristiani perseguitati ci sono la Basilica della Sagrada Familia di Barcellona e la Cattedrale dell'Almudena di Madrid.

Altre iniziative REDWEEK

Oltre all'illuminazione di importanti edifici, Aiuto alla Chiesa che Soffre presenterà il rapporto "Perseguitati e dimenticati". Questo documento è un'analisi globale della situazione dei cristiani in 18 Paesi chiave: 

-Arabia Saudita

-Burkina Faso

-Myanmar

-Cina

-India

-Egitto

-Eritrea

-Iran

-Iraq

-Mozambico

-Nicaragua

-Nigeria

-Corea del Nord

-Pakistan

-Sudan

-Siria

-Turchia

-Vietnam

D'altra parte, l'organizzazione cattolica lancerà anche il documentario "Eroi della fede", che include storie reali di cristiani in Nigeria, Iraq, Pakistan e Sri Lanka. Infine, ha organizzato una mostra, "La bellezza del martirio", che sarà inaugurata nella Cattedrale dell'Almudena. In 3 spazi pieni di testimonianze reali, Aiuto alla Chiesa che Soffre offre fatti concreti che si svolgono in Nigeria, Pakistan, Kenya e Libia, dimostrando che "molti cristiani vogliono vivere come Gesù e morire per Lui".

Partecipare alla campagna

José María Gallardo ha concluso il suo discorso invitando tutti ad aderire a questa campagna. Tutte le parrocchie, i movimenti e le organizzazioni che desiderano aderire alla SETTIMANA ROSSA possono contattare Aiuto alla Chiesa che Soffre attraverso il loro sito web sito web e richiedere il materiale necessario per partecipare a questa settimana di sostegno e preghiera per i cristiani perseguitati.

Vaticano

"Ad Iesum per Mariam", il consiglio del Papa all'Udienza

Nell'Udienza Generale del 13 novembre 2024, il Papa ha riflettuto sul rapporto tra lo Spirito Santo e la Vergine Maria, sposa e discepola di questa persona divina. Questa è la tredicesima catechesi sullo Spirito Santo; nelle precedenti catechesi ha discusso varie idee sulla sua azione nelle Scritture, nei sacramenti e nella preghiera.

Redazione Omnes-13 novembre 2024-Tempo di lettura: 2 minuti

Il Santo Padre ha proseguito la sua catechesi sullo Spirito Santo, sottolineando questa volta il rapporto tra il Paraclito e la Vergine Maria. Ha iniziato ricordando il detto tradizionale "Ad Iesum per Mariam", cioè "a Gesù attraverso Maria". Il Papa ha sottolineato che "il vero e unico mediatore tra noi e Cristo, nominato tale da Gesù stesso, è lo Spirito Santo", senza però dimenticare che "Maria è uno dei mezzi utilizzati dallo Spirito Santo per condurci a Gesù".

Maria è la "prima discepola" e la sua figura vicina può essere compresa "anche da chi non sa leggere i libri di teologia, da quei "piccoli" ai quali Gesù dice che vengono rivelati i misteri del Regno, nascosti ai sapienti (cfr. Mt 11,25)".

Nostra Signora, strumento fedele

Il Santo Padre ha sottolineato "come la Madre di Dio sia uno strumento della Spirito Santo nel suo lavoro di
santificazione. In mezzo all'infinita profusione di parole dette e scritte su Dio, sulla Chiesa e sulla santità (che pochi, se non nessuno, sono in grado di leggere e comprendere nella loro interezza) lei suggerisce solo due parole che tutti, anche i più semplici, possono pronunciare in ogni occasione: "Eccomi" e "fiat". Maria è colei che ha detto "sì" a Dio, e con il suo esempio e la sua intercessione ci spinge a dirle il nostro "sì" ogni volta che ci troviamo di fronte a un'obbedienza da compiere o a una prova da superare.

Quando la Chiesa ha ricevuto da Gesù Cristo il mandato missionario di predicare a tutte le nazioni, si è unita in preghiera attorno a "Maria, la madre di Gesù" (At 1,14). Il Papa ha sottolineato che, sebbene "ci fossero altre donne con lei nella stanza superiore, la sua presenza è diversa e unica tra tutte. Tra lei e lo Spirito Santo c'è un legame unico ed eternamente indistruttibile che è la persona stessa di Cristo, "concepito dallo Spirito Santo e nato dalla Vergine Maria" (Credo). L'evangelista Luca sottolinea intenzionalmente la corrispondenza tra la venuta dello Spirito Santo su Maria all'Annunciazione e la sua venuta sui discepoli all'Annunciazione. Pentecosteutilizzando alcune espressioni identiche in entrambi i casi".

Aiutare gli altri come Mary

Come di consueto nella predicazione di Papa Francesco, la meditazione sulle verità rivelate si è conclusa con un invito ai credenti a trasformare la loro fede in opere di servizio al prossimo: "Impariamo da lei a essere docili alle ispirazioni dello Spirito, specialmente quando ci suggerisce di 'alzarci in fretta' e andare ad aiutare qualcuno nel bisogno, come fece lei subito dopo che l'angelo la lasciò (cfr. Lc 1,39)".

Prima di impartire la benedizione ai fedeli riuniti in piazza, il Santo Padre ha lanciato un appello alla pace, come fa sempre durante le udienze del mercoledì e l'Angelus della domenica.

Mondo

Paul Graas: "L'individualismo è una grande sfida per la Chiesa nei Paesi Bassi".

In questa intervista con Omnes, Paul Graas parla del suo ultimo libro "Santità per perdenti" e offre un'analisi della fede e dell'ecumenismo nei Paesi Bassi.

Paloma López Campos-13 novembre 2024-Tempo di lettura: 7 minuti

Paul Graas è un giovane olandese-spagnolo che vive ad Amsterdam da diversi anni. Lavora presso il "Istituzione Instudo"e ha avviato un'iniziativa per mettere in contatto i cattolici olandesi, con l'obiettivo di creare una comunità per contrastare l'individualismo imperante.

In questa intervista, Paul Graas parla del suo libro "La santità per i perdenti"e fornisce un'analisi della fede e dell'ecumenismo in Paesi Bassi.

Perché ha scritto "Santità per perdenti"?

- In spagnolo c'è molta buona letteratura spirituale, sia per i giovani che per gli adulti. Ma in olandese non c'è. Ovviamente vengono tradotti buoni libri e classici della spiritualità, ma non ci sono libri scritti in olandese da olandesi, soprattutto per i giovani. C'è una spiegazione per questo, perché è un Paese in cui non ci sono molti giovani cattolici, ma è un progetto a cui tenevo molto per portare ai giovani temi di spiritualità adatti alla loro mentalità.

"Santità per perdenti" è anche un libro che è nato, grazie a Dio, dall'educazione che ho ricevuto dai miei genitori. Fin da giovane ho avuto un desiderio di santità e ho scoperto la mia vocazione, che è quella di essere un numerario dell'Opus Dei. Ma ho notato che, a causa dell'ambiente in cui sono stato cresciuto, avevo una percezione un po' sbagliata della santità. Avevo la percezione che se ci avessi messo anima e corpo, alla fine sarei diventato un santo. Tuttavia, con il tempo ci si rende conto che nella vita ci sono le avversità e che, anche se si ha la grazia di Dio, si commettono degli errori. Quando me ne sono reso conto, sono rimasto deluso.

D'altra parte, nel mio ambiente ho visto sfide di salute mentale e ferite che segnano le relazioni tra le persone e ho notato che il discorso classico della lotta ascetica non poteva raggiungere i giovani in quell'ambiente.

A poco a poco, approfondendo il mio rapporto con il Signore, Egli mi ha fatto capire che possiamo essere santi, ma dobbiamo cambiare la nostra prospettiva. Questo è ciò che ho voluto cogliere nel libro. Non dico necessariamente cose nuove, ma ho cercato di trasmettere il messaggio con un linguaggio che convincesse i giovani che possono essere santi.

Qual è l'atteggiamento dei giovani olandesi nei confronti della religione?

- Abbiamo tre gruppi. Abbiamo il gruppo dei giovani che sono stati educati nella fede cattolica, poi il gruppo di coloro che provengono da un ambiente protestante e infine il gruppo di coloro che sono totalmente secolarizzati.

Partendo dal primo gruppo, ci sono giovani cattolici che sono sempre stati consapevoli di essere una minoranza. Nei Paesi Bassi, ad esempio, non esistono scuole veramente cattoliche. Ci sono di nome, ma sono state secolarizzate. L'unica cosa che hanno legato alla fede cattolica è un festival di canti natalizi. Quindi i giovani cattolici si sono sempre trovati in un ambiente in cui erano gli unici a praticare e, se tutto va bene, nella loro parrocchia c'era una comunità o erano in grado di entrare in contatto con un movimento cattolico. A seconda di come la fede è radicata nell'ambiente familiare o sociale, questa viene abbandonata o forgiata.

Il gruppo successivo è quello di coloro che provengono da contesti protestanti, che possono essere puritani, calvinisti, evangelici o liberali, c'è molta diversità. Ma i protestanti sono meglio organizzati, socialmente ed ecclesialmente. Ci sono più scuole con un'identità cristiana protestante e parrocchie con gruppi numerosi. La sfida è che in alcune zone del Paese si può essere educati in una bolla, nel senso che l'ambiente in cui si vive è prevalentemente cristiano e non si conosce altro.

Il terzo gruppo è l'ambiente laico, la maggior parte dei giovani olandesi ha nonni cattolici o protestanti, ma non sono stati educati. Non hanno idea della fede, non conoscono il Vangelo e non sanno chi sia la Vergine Maria. Per loro Cristo è una figura storica e la Chiesa è qualcosa che appartiene alla cronaca o al livello sociologico.

Conoscendo questo ambiente, come vivono i cattolici la loro fede nei Paesi Bassi?

- Quando si ha a che fare con i cattolici, si nota che molti di loro hanno la tendenza a chiudersi in parrocchia. Non significa che non abbiano amici non cristiani, ma che la loro esperienza di fede è un po' clericale. Rimangono all'interno delle loro parrocchie, gruppi o movimenti, consapevoli che poche persone condividono la loro fede. La mentalità clericale è ancora presente per molti nei Paesi Bassi per questo motivo.

Ma c'è anche un gruppo molto interessante, ancora piccolo ma in crescita. È il gruppo dei convertiti, che hanno molta familiarità con l'ambiente protestante o secolarizzato. Hanno avuto un'esperienza di vita molto interessante perché tendono a convertirsi da giovani adulti e sono più consapevoli di cosa significhi essere cattolici in un mondo secolarizzato. Sanno come evangelizzare e prendere l'iniziativa.

Come si può evangelizzare in un paese del genere?

- Che siate cattolici, protestanti o secolarizzati, quello che notate è che molti giovani sono disillusi da ciò che hanno trovato nella vita.

Invece di convincersi a lottare per vivere la propria fede, la prima cosa da fare è rendersi conto che questa disillusione è sbagliata. Potete sempre ricominciare e Dio vi ama incondizionatamente. La vostra identità non si basa sugli errori che avete commesso, sui vizi che avete o sull'ambiente in cui vi trovate. La vostra identità è qualcosa di molto più profondo che va scoperto.

Per questo penso che una delle virtù più importanti per la formazione sia l'umiltà, un'auto-riflessione basata sull'amore di Dio. Non c'è molta differenza tra cattolici, protestanti e persone secolarizzate, perché viviamo tutti in una società molto individualista e abbiamo tutti delle ferite.

Che cos'è l'iniziativa "CREDO"?

- La storia di "CREDO"rappresenta ciò di cui abbiamo già parlato in passato nella sociologia olandese. Tutto inizia con un ragazzo di nome Albert-Jan, che proviene da un ambiente evangelico. Gli evangelici sono il gruppo cristiano in più rapida crescita nei Paesi Bassi e nel mondo intero. Hanno una sfumatura carismatica e sono molto apostolici. Albert-Jan proviene da questo ambiente, ma quando si è reso conto che gli evangelici non hanno una forte tradizione, ha sentito il desiderio di seguire Gesù Cristo e si è reso conto che non poteva andare più a fondo con questo gruppo.

Questo ragazzo ha conosciuto la Chiesa cattolica attraverso un centro dell'Opus Dei ed è entrato subito in sintonia con gli insegnamenti cattolici. Tanto che in meno di un anno è entrato in Chiesa, innamorato dell'Eucaristia e consapevole che lì avrebbe potuto approfondire il suo rapporto con Dio.

Albert-Jan si sposò, ebbe una figlia e gli alti e bassi della vita lo misero di fronte alla difficoltà di condurre una vita cristiana in mezzo al mondo. Improvvisamente, un martedì mattina, decise di recarsi alla chiesa parrocchiale per la Messa e in chiesa incontrò un ragazzo di 20 anni. Dopo la Messa lo avvicinò e gli chiese se ci andasse regolarmente, ma il ragazzo rispose che era la prima volta che entrava in una chiesa.

Il giovane si è incuriosito alla fede grazie ai video di Jordan Peterson e del vescovo Barron, così ha scritto un'e-mail a un pastore protestante e a un sacerdote cattolico chiedendo cosa dovesse fare per diventare cristiano. Il sacerdote gli ha suggerito di partecipare a una Messa ed è lì che ha incontrato Albert-Jan. Hanno iniziato a parlare e alla fine, dopo aver parlato e iniziato a frequentare una parrocchia, il giovane si è convertito al cattolicesimo.

Albert-Jan ha notato che questo accade molto spesso. Le persone sono curiose di conoscere la fede ma non trovano nessuno che le avvicini alla religione. Per questo ha iniziato a organizzare incontri, come un aperitivo dopo la messa, un barbecue o una festa, in modo che le persone possano incontrarsi e fare domande sul cattolicesimo. In questo modo, in maniera molto accessibile, i giovani incontrano altri cattolici per conoscere meglio la fede e condividerla.

Albert-Jan pensava che se le persone venivano in Chiesa e prendevano l'iniziativa di uscire da una "fede digitale" basata sulla formazione video, dovevano essere aiutate a continuare a fare questi passi. Mi ha contattato, proponendomi di fare un progetto che cercasse coloro che hanno la loro "fede digitale" per accompagnarli e aiutarli a incontrare altre persone che condividono la loro fede.

Attraverso un altro mio progetto, ho avuto contatti con professionisti del mondo protestante della comunicazione e sono loro che ci hanno aiutato nell'iniziativa. Sono un gruppo con grandi progetti cristiani, molta esperienza professionale e apertura alle idee cattoliche.

Noi di "CREDO" vogliamo, attraverso i social media e il nostro sito web, mostrare le testimonianze di giovani olandesi che si sono convertiti al cattolicesimo. Allo stesso tempo, creiamo contenuti di alta qualità che spiegano i concetti della fede cattolica in modo semplice. Ma non ci limitiamo ai contenuti, aiutiamo anche le persone a entrare in contatto con altri cattolici e parrocchie. Con tutto ciò, facciamo in modo che questa esperienza non rimanga un'esperienza digitale.

L'idea è quella di introdurre in modo molto accessibile incontri con la fede cattolica, che vanno dal prendere un caffè all'andare a Messa. Siamo intermediari, troviamo i giovani che sono online e li mettiamo in contatto nel mondo reale con altri cattolici.

Com'è l'ambiente ecumenico nei Paesi Bassi?

- In questo senso sono un po' al confine, perché sono molto in contatto con i protestanti, soprattutto nel mondo della comunicazione. Quando si ha un ambiente così secolarizzato, trovare qualcuno che condivida la tua fede in Gesù Cristo aiuta molto a entrare in contatto con loro per via di questo credo comune. Quando ero studente, ad esempio, più della metà dei miei migliori amici erano protestanti.

È vero che il mondo cattolico è sempre stato un po' più isolato nei Paesi Bassi, ma questo sta cambiando perché c'è una nuova apertura che ha due spiegazioni. Da un lato, poiché ci troviamo in un Paese così secolarizzato, abbiamo guadagnato consensi tra i cristiani. Dall'altro, la Chiesa esercita un'attrazione particolare su molti cristiani di altre confessioni.

Un dettaglio che lo esemplifica è l'accoglienza dei monasteri, dove persone di tutte le fedi possono andare a trascorrere qualche giorno di ritiro. Le persone hanno bisogno e curiosità per questa atmosfera mistica, per la cura della liturgia e del silenzio. Nei monasteri c'è una spiritualità che raggiunge le profondità dell'essere umano e questo attira l'attenzione di tutti noi, cattolici e protestanti.

Penso anche che ci sia un reale interesse per alcuni aspetti, come la Vergine Maria. Ci sono protestanti che cominciano a interessarsi a Maria e vogliono riscoprire la sua figura dalla loro tradizione. Sia in ambito teologico che ascetico, c'è una maggiore vicinanza tra i cattolici e gli altri cristiani.

Quali sono le sfide nel vivere la fede cattolica e mantenere questa atmosfera ecumenica nei Paesi Bassi?

- L'individualismo è una sfida importante nei Paesi Bassi. Anche la questione dell'istruzione, perché mancano scuole con vere radici cattoliche, in questo senso i calvinisti hanno iniziative migliori.

Un'altra sfida è la mancanza di parrocchie in cui ci sia una vera comunità. Nello stesso senso, mancano giovani con una formazione e un desiderio di andare ad evangelizzare.

L'ultima sfida è la politicizzazione della fede e la polarizzazione che creano questioni come l'aborto o l'ideologia di genere. Noi cattolici olandesi dobbiamo aprirci un po', come dice spesso Papa Francesco.

Di fronte a tutto questo, il lavoro della Conferenza episcopale olandese deve essere messo in evidenza. I nostri vescovi svolgono un ottimo lavoro nel nostro Paese e dovremmo riconoscere tutto ciò che fanno per i cattolici olandesi.

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Attualità

Il Consiglio di Azione Sociale della Fondazione CARF organizza la 28a edizione del mercatino delle pulci di beneficenza

Attraverso il mercato della carità, il Patronato de Acción Social cerca di raccogliere fondi per pagare le borse di studio dei seminaristi.

Teresa Aguado Peña-12 novembre 2024-Tempo di lettura: < 1 minuto

Dal 26 al 30 novembre, presso i locali della parrocchia di Saint Louis des Français, si terrà il Patronato di Acción Social La Fondazione CARF organizzerà un mercatino di beneficenza per raccogliere fondi a favore dei sacerdoti.

Il Fondazione CARF incoraggia e promuove le vocazioni sacerdotali, sostenendo la formazione di seminaristi, sacerdoti o religiosi, a Roma o a Pamplona: "Lavoriamo per portare il sorriso di Dio in ogni angolo del mondo attraverso i sacerdoti e aiutando la loro formazione".

Associato a questa fondazione e con lo stesso scopo, il Patronato de Acción Social coordina i volontari per cucire e ricamare gli albi o biancheria liturgica che vengono dati, insieme alle custodie dei vasi sacri, a ogni seminarista che completa la sua formazione e torna alla sua diocesi per essere ordinato.

La prima azione del Patronato è pregare per le vocazioni sacerdotali. "Pregare e aiutare i sacerdoti motiva molte persone. Inoltre, loro pregano anche per noi, quindi, in realtà, vinciamo noi", dice la sua presidente, Carmen Ortega.

Oltre a questo lavoro, il mercatino delle pulci è una parte essenziale del Patronato. Per aiutare le vocazioni, vengono mobilitati diversi volontari che confezionano abiti a maglia, raccolgono i mobili e gli oggetti decorativi donati e organizzano i preparativi necessari per mettere a disposizione del pubblico tutte le donazioni.

In questa edizione, il 28° mercatino delle pulci biennale si svolgerà dal 26 al 30 novembre dalle 11 alle 21 presso i locali della parrocchia di San Luis de los franceses in Calle Padilla 9, Madrid.

L'autoreTeresa Aguado Peña

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