Editoriale

Avvicinarsi alle fonti

Omnes-11 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Il nuovo portale informativo collegato a questa rivista è stato lanciato appena un mese fa all'indirizzo www.omnesmag.com, e la risposta è stata molto favorevole. La qualità della concezione e del design, insieme al contenuto delle notizie e degli articoli, nonché il risalto delle firme, lo hanno probabilmente reso molto popolare; anche coloro che collaborano con il loro sostegno, i destinatari delle newsletter e i partecipanti ai dialoghi e ai forum esprimono la loro soddisfazione. Vi ringraziamo tutti per l'interesse dimostrato.

Da queste pagine vogliamo ricordare agli abbonati alla carta che, per il solo fatto di essere abbonati alla carta, possono usufruire di un abbonamento digitale gratuito. Per farlo, si deve andare sul sito www.omnesmag.com e cliccare su "Abbonamento"; poi, nella casella "Abbonamento digitale annuale gratuito", si devono inserire i dati richiesti.

Questa è un'altra espressione della natura complementare del portale e della rivista. Il rafforzamento del canale digitale porta quindi a un arricchimento reciproco. I contenuti della rivista non vengono ridotti, ma ampliati. Ad esempio, questo numero della rivista include una nuova sezione sui Padri della Chiesa, riservata esclusivamente agli abbonati. Proprio uno dei nostri obiettivi è quello di avvicinare il lettore alle fonti, come stiamo già facendo con la sezione sulla Sacra Scrittura e i commenti ai testi liturgici delle domeniche e delle feste. Con lo stesso obiettivo, trasmettiamo l'insegnamento del Magistero attraverso una selezione di documenti nelle pagine centrali, e offriamo anche una sezione che riassume e commenta le parole del Santo Padre ogni mese: non siamo a conoscenza di altri media che lo facciano in questo modo. Per quanto riguarda l'aspetto strettamente informativo, sono ben noti gli sforzi dei nostri redattori e delle nostre rubriche per arrivare alla verità e al contesto delle notizie sulla Chiesa.

A questo punto, vorremmo sottolineare uno dei contenuti di questo numero. Inizia il mese di marzo, quando celebriamo la Giornata del Seminario e preghiamo San Giuseppe per le vocazioni, proprio in occasione della festa del santo. È naturale che rivolgiamo la nostra attenzione alle vocazioni sacerdotali, uno dei "punti focali" di interesse permanente della Chiesa e di questi media, e ci concentriamo sulle famiglie, che spesso giocano un ruolo decisivo nell'emergere delle vocazioni. È stata una gioia raccogliere le testimonianze dirette dei padri e delle madri di diversi sacerdoti e i commenti di questi ultimi sul modo in cui il contesto familiare ha contribuito alla scoperta della loro chiamata. Anche se non è sempre o necessariamente così, perché la grazia conosce molte strade, spesso è nel terreno fertile di una famiglia dove si impara un'atmosfera cristiana e le virtù che germogliano le vocazioni.

Gli insegnamenti del Papa

Catechesi, fraternità e Quaresima

Francesco è entrato nel mese di febbraio con il suo continuo interesse per l'educazione alla fede, con un discorso ai responsabili della catechesi in Italia. Ha poi riflettuto con il Corpo diplomatico sugli aspetti della crisi globale. E, a metà mese, introdusse la Chiesa alla Quaresima il mercoledì delle Ceneri.

Ramiro Pellitero-11 marzo 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

L'interesse del Papa per l'educazione, che ha mantenuto per tutta la durata della pandemia, è stato ampliato nelle ultime settimane in un discorso ai responsabili della catechesi della Conferenza episcopale italiana (30-I-2021). 

Per una catechesi rinnovata

Ha indicato tre focus o priorità: l'annuncio, il futuro, la comunità cristiana. 

a) In primo luogo, l'annuncio della fede (kerygma), perché la catechesi è l'eco ("l'onda lunga) della Parola di Dio, che permette alla persona di partecipare alla storia della salvezza. Allo stesso tempo, è un itinerario mistagogico, che conduce ai "misteri" di Cristo celebrati nella liturgia e favorisce l'incontro personale con Lui. 

Ed è per questo che il catechista "e alimenta la memoria di Dio". (cfr. omelia dell'incontro con i catechisti durante l'Anno della fede, 29 settembre 2013). Il loro compito deve avere queste caratteristiche: "vicinanza - linguaggio familiare - apertura al dialogo, pazienza, accoglienza che non condanna". (Evangelii gaudium, 165).

b) In secondo luogo, il futuro della catechesi, che deve ispirarsi all'orizzonte delineato dal Concilio Vaticano II. "Dobbiamo guardare al Consiglio". -San Paolo VI ha sottolineato "con gratitudine a Dio e con fiducia nel futuro della Chiesa; sarà il grande catechismo dei tempi nuovi". (discorso tenuto a Firenze in occasione del Primo Congresso Catechistico Internazionale, 23-VI-1966).

A questo ha fatto eco Francesco, che non ha lasciato spazio a dubbi: "Il Concilio è il magistero della Chiesa. O siete con la Chiesa e quindi seguite il Concilio, o se non seguite il Concilio o lo interpretate a modo vostro, come volete, non siete con la Chiesa". Non c'è nemmeno spazio per una "selettività" nell'educazione alla fede a seconda dei contenuti del Concilio. Oggi, propone, è necessaria una catechesi rinnovata che continui ad essere una "Un'avventura straordinaria". come "avanguardia della Chiesa".parlare la lingua della gente ma all'interno, non all'esterno della Chiesa; ascoltare le domande e le questioni irrisolte, le fragilità e le incertezze; essere capaci di "sviluppare strumenti aggiornati che trasmettano agli uomini di oggi la ricchezza e la gioia del kerygma, la ricchezza e la gioia di appartenere alla Chiesa"..

c) E con questo senso di appartenenza introduce il terzo punto: catechesi e comunità. Siamo una famiglia, già a livello umano, e la pandemia ha messo in evidenza questo aspetto. "Solo riscoprendo il significato di comunità, ogni persona può trovare la propria dignità in pienezza". 

La catechesi ha anche una dimensione comunitaria ed ecclesiale essenziale. Deve promuovere comunità cristiane aperte, missionarie e inclusive, libere e disinteressate, che dialogano senza paura con chi ha altre idee, che si rivolgono ai feriti con compassione. 

Deve collocarsi in modo creativo nel quadro dell'umanesimo cristiano (come è stato chiarito nel Discorso all'Assemblea ecclesiale italiana del 10-XI-2015). 

Fraternità e speranza, medicine per il mondo

Durante il suo discorso al Corpo Diplomatico (8-II-2021), il Papa ha passato in rassegna le varie dimensioni della crisi che stiamo attraversando. Ancora una volta, ha sottolineato che la pandemia ha mandato in frantumi alcune delle comodità e delle certezze che si erano consolidate, mettendoci in crisi. 

Dopo aver passato in rassegna gli aspetti sanitari, ambientali, economico-sociali e politici della crisi, si è infine soffermato sull'aspetto che ritiene più grave: "... la crisi è una crisi della salute, dell'ambiente, dell'economia e della società".la crisi delle relazioni umane, espressione di una crisi antropologica generale, che riguarda il concetto stesso di persona umana e la sua dignità trascendente". 

Una manifestazione molto concreta e preoccupante: l'enorme sforzo delle piattaforme didattiche informatizzate non è stato sufficiente a fermare una sorta di "catastrofe educativa".L'unica ragione è la grande disparità di opportunità educative e tecnologiche che esiste nel mondo.

"Oggi è necessario". -Francesco riprende il suo appello per il patto educativo globale- "un nuovo periodo di impegno educativo, che coinvolga tutte le componenti della società".perché l'educazione è "L'antidoto naturale alla cultura individualista, che a volte degenera in un vero e proprio culto dell'io e nel primato dell'indifferenza". Il nostro futuro non può essere di divisione, di impoverimento delle facoltà di pensiero e di immaginazione, di ascolto, di dialogo e di comprensione reciproca". (Videomessaggio in occasione del Global compact sull'educazione. Insieme per guardare oltre, 15-X-2020). 

Tutto questo, aggiunge, alla vigilia di un nuovo Anno dedicato alla famiglia, deve essere rafforzato dalla famiglia, come ha sottolineato Giovanni Paolo II, "offrire ai bambini un modello di vita basato sui valori di verità, libertà, giustizia e amore". (Familiaris consortio, 48).

Una terza e ultima enfasi che il Papa pone in relazione alla pandemia è sulla limitazione del culto e di altre attività legate alla fede. Pur riconoscendo la necessità di seguire le linee guida generali dei governi in materia di salute, egli avverte che "Non dobbiamo trascurare il fatto che la dimensione religiosa costituisce un aspetto fondamentale della personalità umana e della società, che non può essere cancellato; e che, anche quando si cerca di proteggere le vite umane dalla diffusione del virus, la dimensione spirituale e morale della persona non può essere considerata secondaria rispetto alla salute fisica.

Inoltre, "La libertà di culto non è un corollario della libertà di riunione, ma deriva essenzialmente dal diritto alla libertà religiosa, che è il primo e fondamentale diritto umano. Deve quindi essere rispettata, protetta e difesa dalle autorità civili, proprio come la salute e l'integrità fisica. Inoltre, una buona cura del corpo non può mai prescindere dalla cura dell'anima".. "La fraternità e la speranza sono come le medicine di cui il mondo ha bisogno oggi, insieme ai vaccini"..

La Quaresima, un tempo di libertà

La Quaresima è iniziata a metà febbraio con il Mercoledì delle Ceneri. Già nel suo messaggio per la Quaresima (firmato l'11-XI-2020) il Papa aveva sottolineato che si tratta di "un tempo per rinnovare la fede, la speranza e la carità".

Il Mercoledì delle Ceneri, Papa Francesco ha delineato questo periodo liturgico come un tempo di "tempo di tornare a Dio", per liberare il cuore dalla schiavitù che lo attanaglia. Questo ritorno può essere costoso, come lo fu per gli israeliti che lasciarono l'Egitto. 

Di tanto in tanto, paradossalmente, desiderano quella schiavitù: le cipolle, i ricordi, gli attaccamenti, le false sicurezze, i rimpianti paralizzanti. Y "Per camminare è necessario smascherare queste illusioni". (omelia, 17-II-2021).

La Quaresima è un tempo per tornare al Padre, come il figliol prodigo, implorando il perdono nel sacramento della Confessione. È tempo di tornare da Gesù, come il lebbroso (tutti abbiamo malattie spirituali, vizi, paure) dopo essersi sentiti guariti. È tempo di tornare allo Spirito Santo. "Torniamo allo Spirito, Datore di vita, torniamo al Fuoco che fa risorgere le nostre ceneri, a quel Fuoco che ci insegna ad amare". (ibidem.).

Il ritorno è possibile solo perché Dio ha preso l'iniziativa di accompagnare Gesù nel nostro cammino, toccando il nostro peccato e la nostra morte. Sta a noi lasciarci prendere per mano; non sulla base delle nostre forze, ma accogliendo la sua grazia e guardando le ferite del Crocifisso. "Baciamoli e capiremo che è proprio lì, nei vuoti più dolorosi della vita, che Dio ci aspetta con la sua infinita misericordia. Perché lì, dove siamo più vulnerabili, dove ci vergogniamo di più, Lui ci viene incontro". (ibid.).

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Evangelizzazione

"In una parrocchia cattolica in Svezia troviamo tra le 50 e le 100 nazionalità".

Il cardinale Anders Arborelius, vescovo di Stoccolma, è stato ospite del Forum Omnes che si è svolto ieri sera via Youtube. A lui si è unito Andres Bernar, vicario per l'evangelizzazione della diocesi di Stoccolma.

Maria José Atienza-11 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

"Il ritorno da una società secolarizzata" è stato il titolo del Forum Omnes, che si è concentrato sul timido ma costante risveglio di interesse per la religione, in particolare per la Chiesa cattolica, in Svezia e sul nuovo volto multiculturale che le migrazioni stanno portando alle comunità cattoliche in un Paese in cui il luteranesimo è considerato parte dell'"essere svedese". Questi sono stati i temi principali di questo incontro digitale, al quale hanno partecipato il primo vescovo svedese dalla Riforma, Anders Arborelius, e il sacerdote spagnolo con sede in Svezia, Andrés Bernar, vicario per l'evangelizzazione della diocesi.

La migrazione sta cambiando il volto della Chiesa in Europa

La migrazione è uno dei fattori chiave del cambiamento delle tendenze e della percezione della Chiesa cattolica in Svezia. A questo proposito, il cardinale ha notato che la "tradizionale" animosità contro la Chiesa cattolica sta svanendo, soprattutto tra i più giovani. "Bisogna ricordare", ha sottolineato il cardinale, "che la Svezia si è formata come Stato moderno prendendo posizione contro la Chiesa cattolica".

Il multiculturalismo è una realtà particolarmente evidente nella Chiesa cattolica svedese. "Ogni domenica, in una parrocchia, possiamo trovare dalle 50 alle 100 nazionalità". Origini diverse che, a volte, possono causare controversie tra loro, ma che, allo stesso tempo, ha sottolineato il Cardinale, rendono visibile "che la Chiesa può comprendere persone di ogni tipo, di ogni opzione politica o nazionalità, e che la fede può essere un punto di unione tra queste persone così diverse".

Dopo la Seconda guerra mondiale, la Svezia è diventata una delle principali destinazioni per i migranti provenienti da tutto il mondo: America Latina, Asia, Africa... "La Svezia ospita la più grande comunità cattolica caldea dopo l'Iraq", ha sottolineato Arborelius, "erano entusiasti del recente viaggio di Papa Francesco nel loro Paese". Arborelius ha anche sottolineato il movimento nazionalista che sta crescendo in Svezia e che sta inasprendo, ad esempio, l'ingresso degli immigrati. "La Chiesa cattolica può essere un ponte, come ci dice il Papa", ha detto.

Interesse per la fede cattolica

I cattolici in Svezia rappresentano solo il 2% della popolazione. Ogni anno, ha sottolineato il cardinale Arborelius, circa un centinaio di persone si convertono al cattolicesimo, e lo fanno da molti punti di partenza diversi, come pastori luterani, coniugi di cattolici, musulmani o persone completamente pagane senza alcuna religione precedente.

Mentre la fede cattolica è ben accolta nei circoli intellettuali, la politica rimane un campo difficile "poiché le opzioni politiche esistenti contemplano punti come l'aborto, che sono incompatibili con la fede". Ha anche spiegato la difficoltà di istituire scuole cattoliche, ad esempio, a causa dell'opposizione di alcuni partiti a questo tipo di scuola, "per paura, fondamentalmente, delle scuole fondamentaliste islamiche, ma alla fine, mettono tutti d'accordo".

In questo senso, Andrés Bernar, rispondendo a una delle domande del pubblico, ha sottolineato l'importanza dell'educazione alla fede in famiglia "qui la catechesi è basata sulla famiglia. Non solo il bambino va, ma allo stesso tempo anche i genitori ricevono una formazione". "Accompagnare i cattolici è fondamentale", ha sottolineato il cardinale Arborelius, perché l'ambiente è ancora molto avverso, "essere cattolici in Svezia è di per sé una vocazione". Accanto a questo, c'è un crescente interesse per la fede cattolica, la vita morale e i sacramenti, che "dà segni di speranza" per la Chiesa in Svezia.

Il forum Omnes

Il Forum Omnes raccoglie il testimone dei forum faccia a faccia che la rivista Palabra, ora Omnes, organizza da anni. I forum riuniscono esperti su temi di interesse e attualità per la vita sociale ed ecclesiastica, dando la possibilità ai partecipanti di porre domande su questioni legate all'argomento presentato.

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Attualità

"Nuova rivoluzione": il progetto per arginare la pornografia

Il Forum spagnolo delle famiglie ha avviato una campagna di crowdfunding per finanziare un progetto di prevenzione, formazione e divulgazione per i giovani sulle terribili conseguenze della pornografia.

Maria José Atienza-10 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

La pornografia è uno dei principali problemi che affliggono la società odierna, soprattutto a causa dell'accesso precoce ai contenuti pornografici che i minori in Spagna hanno attraverso i media digitali. Il Agenzia spagnola per la protezione dei dati (AEPD) ha dichiarato che, secondo i rapporti che gestisce, l'età media di accesso alla pornografia tra i minori è di 8 anni. 

Tra le conseguenze di questo accesso ai contenuti ci sono problemi gravi come la violenza domestica e sessuale, l'assenteismo, la depressione, la visione distorta dei modelli di relazione e la dipendenza con conseguenze neurobiologiche.

Di fronte a questa realtà, il Forum spagnolo delle famiglie vuole lanciare una nuova rivoluzione: un progetto con due chiavi:

  • Benessere: La FEF vuole istituire una piattaforma a cui rivolgersi per far sì che ogni caso venga trattato da professionisti specializzati per risolvere la questione, siano essi cliniche specializzate nel trattamento della dipendenza da pornografia, psicologi, mediatori, avvocati o psichiatri esperti del settore e associazioni assistenziali dello stesso settore che collaborano con il progetto.
  • Informativo: Il Forum spagnolo delle famiglie vuole anche sensibilizzare l'opinione pubblica sulla realtà della pornografia e sulle sue conseguenze dannose attraverso colloqui, conferenze e la formazione di volontari che raggiungano scuole, università e associazioni. Inoltre, prevedono l'elaborazione di pubblicazioni, studi e rapporti per rendere visibile un problema latente nel nostro tempo e nella nostra società, le cui conseguenze sono spesso messe a tacere per motivi economici.

Con questi obiettivi, il Forum delle Famiglie spagnolo ha avviato un'iniziativa di campagna di crowdfunding tramite la piattaforma iHelp con cui intendono raccogliere le donazioni che renderanno possibile la realizzazione e lo sviluppo di questo progetto nei prossimi mesi.

Mondo

Cile: in gioco la libertà religiosa

Il caso Pavez contro il Cile ha scatenato un dibattito sulla libertà religiosa nel Paese andino e nel resto dell'America Latina, che attende una risoluzione nel 2021. 

Pablo Aguilera-10 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Ex novizia cilena, è stata insegnante di religione in Cile per 22 anni. Ha conseguito la laurea presso un istituto annesso a un'università cattolica. Tuttavia, ha iniziato una relazione con un'altra donna. Ci sono state lamentele da parte di alcuni genitori e tutori, con la raccolta delle firme.

Inizio del caso

Il vescovo della diocesi di San Bernardo lo ha avvertito che la sua decisione era contraria ai doveri di castità e che se avesse continuato sarebbe stato costretto a revocare il suo certificato di idoneità, in quanto non dava "testimonianza di vita cristiana", che la Chiesa cattolica si aspetta e richiede agli insegnanti di quella materia. Gli sono state offerte ripetutamente varie forme di assistenza, che ha rifiutato.

In assenza di una risposta positiva, non le è stato concesso un nuovo certificato di idoneità ai sensi del diritto civile cileno e non ha quindi potuto continuare a insegnare questa materia in una scuola comunale. Da allora, tuttavia, ha continuato a lavorare ininterrottamente presso la scuola ed è stata persino promossa nel team di gestione, dove rimane tuttora, senza alcuna perdita economica.

Sostegno della comunità LGBT

Una ONG cilena dedicata alla promozione dell'ideologia LGTB ha iniziato a consigliarla. Questa istituzione, insieme all'Associazione degli insegnanti, ha presentato un ricorso per tutela costituzionale alla Corte d'Appello, che è stato respinto dai tre giudici che lo hanno esaminato, in quanto l'atto non era illegale o arbitrario, decisione che è stata confermata all'unanimità dalla Corte Suprema di Giustizia.

Nel 2008, l'ONG ha portato il suo caso alla Commissione interamericana per i diritti umani, che ha dato ragione all'ONG, affermando che essa ha il diritto di insegnare la religione cattolica, anche contro l'obiezione della Chiesa, e che le comunità di fede non possono richiedere agli insegnanti di comportarsi in modo fedele alle loro credenze, anche nelle scuole pubbliche. La commissione ha presentato una serie di richieste allo Stato cileno, che le ha accettate, tra cui la revisione della norma che consente alle autorità religiose di tutte le fedi di rilasciare un certificato che attesti l'idoneità di un insegnante.

Il diritto dei genitori

Il caso si è aggravato ed è ora all'esame della Corte interamericana dei diritti umani, la cui decisione è attesa per il 2021. Il verdetto determinerà se gli studenti cattolici, ebrei, musulmani, evangelici o di qualsiasi altra confessione possono essere istruiti nella loro fede da educatori religiosi che rispettano i loro doveri di fedeltà alle convinzioni che professano volontariamente, e se gli Stati rispetteranno il diritto dei genitori di scegliere per i loro figli un'educazione religiosa conforme alle loro convinzioni.

I precedenti suggeriscono che la CIDH emetterà un verdetto a favore della ONG e contro lo Stato cileno. È forse la prima volta che si può provocare uno scontro diretto tra diritti in una questione essenziale come la libertà religiosa. La Corte non ha accettato la richiesta della Conferenza episcopale cilena di diventare parte del procedimento, che potrà presentare solo memorie come "....".amicus curiae".

Condizioni di parità?

In breve, la libertà religiosa è in gioco non solo in Cile, ma anche negli altri 22 Paesi latinoamericani che hanno firmato il cosiddetto Patto di San José de Costa Rica, da cui dipende la Corte. Ad aggravare la situazione, i rappresentanti dello Stato cileno che dovevano intervenire come parti nel processo sono stati respinti dalla Corte per essere arrivati in ritardo con le loro memorie, il che rende il processo quasi indifeso, poiché una delle parti non può essere legalmente ascoltata in condizioni di parità con l'altra.

Diverse organizzazioni internazionali hanno iniziato a raccogliere sostegno per salvaguardare la libertà religiosa di fronte a un'eventuale sentenza sfavorevole, tra cui l'ADF International (religiónlibre.org), con sede negli Stati Uniti, che promuove la difesa delle libertà fondamentali e della dignità umana in tutto il mondo, con rappresentanza negli organismi europei delle Nazioni Unite, dell'OSA e dell'OSCE. 

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Rischio primavera

L'avvicinarsi della primavera ci suggerisce di riflettere sul rischio, come qualcosa che in qualche modo ci plasma.

10 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Il mese di marzo può essere piuttosto faticoso. Leone e agnello. Il lato freddo della primavera.

Non c'è descrizione più azzeccata dei giorni che ci stanno scivolando addosso di quella di Amy Smith, la scrittrice dei romanzi delle stagioni. Questo mese di marzo sembra molto irregolare; metà leone, energico e potente, e metà agnello, mite e spaventato, diviso in due da una parola: rischio. Il rischio di non riuscire più a resistere, di essere schiacciati dalla crisi sanitaria-politica-economica, di ammalarsi, di perdere un lavoro o un affetto, di schiantarsi di nuovo contro un muro di incertezza.

Il rischio, come tutte le espressioni con un capitale semantico infinito, ha un'etimologia incerta: su di esso si sono depositati strati di vicende umane disparate, non facili da distinguere, lasciandoci questa parola densa.

Potrebbe derivare dal greco bizantino rizikòche significa fato, destino; oppure dall'arabo rizqche evoca il saldo dovuto al soldato inviato in imprese audaci; oppure dal verbo latino classico risanaretagliare, escludere, escludere. Nella sua declinazione nautica, risanare significa quel modo di tagliare le onde prima che si alzino, con occhio e abilità per evitare il rovesciamento. Orazio usa questo verbo in uno dei suoi versi oratori: poiché la vita è breve (spatio brevi), suggerisce il poeta, spem longam resecestaglia una lunga speranza. Un verso che, con licenza poetica adattata al nostro secolo, tradurrei così: rischiala, osala, una speranza eterna (rischiare, osare, una speranza eterna).

Qui sta il rischio: si corre come un funambolo tra la cautela e il possibile danno, tra la prudenza di chi si mette al riparo e lo slancio di chi sceglie di uscire allo scoperto, pur calcolando quanto potrebbe essere danneggiato.

Ecco il rischio: corre come un funambolo tra la cautela e il possibile danno, tra la prudenza di chi si mette al riparo e la spinta di chi sceglie di uscire allo scoperto, pur calcolando quanto potrebbe essere danneggiato. Tra l'abbandono al cieco caso e l'ostinazione della volontà.

Sebbene la sua natura sia quella combinazione di fortuna, destino, volontà, calcolo e giusto equilibrio, si cerca di misurarla. Cerchiamo di studiarlo per prevenirlo o contenerlo.

Le organizzazioni più complesse di oggi non possono reggere la concorrenza, o addirittura entrare in gioco, se non si sono dotate di una valutazione dei rischi, ossia di un'analisi delle minacce potenziali, di come possono verificarsi, di quali limiti devono essere fissati e di quali metodi devono essere pianificati per prevenirle. Anche se le aziende riescono a far rientrare nelle celle di un foglio di calcolo excel ampie fasce di rischio, non è altrettanto facile per le persone domarle.

Ci siamo nati dentro. Fin dal primo momento nel grembo materno, o forse anche prima, fa parte della nostra essenza, è pura esperienza umana. Forse, ancora di più, è una quota vocazionale, nel senso che se la vita si svolge come una continua risposta che siamo "costretti" a dare, istante dopo istante, a ciò che la realtà ci mette davanti - sia essa la primavera o l'inverno - il rischio è proprio lì, in ogni domanda.

Siamo il risultato dei rischi che scegliamo di correre. Il manufatto artistico di ciò che la vita incalzante continua a produrre in noi.

È impegnativo, perché essere a rischio richiede la capacità di scegliere tra le alternative sul campo, perché la via di fuga non è sempre disponibile. Richiede una ragione elastica, capace di espandersi fino a considerare tutti gli elementi, da quelli più macroscopici a quelli impliciti, apparentemente insignificanti, che possono diventare decisivi. E poi ci vuole una buona compagnia, quella che ha il temperamento per tenerci sulle spine e non lasciarci andare alla deriva in solitudine.

Siamo il risultato dei rischi che scegliamo di correre. Il manufatto artistico di ciò che la vita incalzante continua a produrre in noi.

E quando questo vince, arriva marzo, si torna all'inizio. Un mese che porta il nome del dio della guerra, perché quando l'inverno comincia a salutare, servono guerrieri resistenti alla violenza delle tempeste, dei cambiamenti, degli imprevisti. Così che la linfa vitale che era nascosta in una natura avvizzita, morta solo agli occhi distratti, riacquisti tutto il suo spazio per esplodere.

L'autoreMaria Laura Conte

Laurea in Lettere classiche e dottorato in Sociologia della comunicazione. Direttore della Comunicazione della Fondazione AVSI, con sede a Milano, dedicata alla cooperazione allo sviluppo e agli aiuti umanitari nel mondo. Ha ricevuto diversi premi per la sua attività giornalistica.

Iniziative

Oratori: amicizia, musica e fede

La meditazione delle vite dei santi è sempre stata una ricchezza per i cristiani. La loro testimonianza ci incoraggia sempre a guardare verso l'alto, ponendo l'accento sull'opera che Dio sta compiendo, al suo ritmo, in noi. Dalla mano di due giovani sacerdoti di Burgos e con questa convinzione nel cuore, nacquero gli oratori.

Carlos Azcona-10 marzo 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Durante il nostro periodo di studi a Roma, rapiti dalla bellezza della musica, abbiamo spesso frequentato le oratori organizzato nella Parrocchia di San Felipe Neri (Chiesa Nuova). La figura di un santo, una meditazione su una virtù cristiana o una riflessione sul periodo liturgico corrispondente servivano a tessere un incontro di preghiera, in cui la musica dal vivo era sempre presente in una forma o nell'altra. 

A volte si trattava di un organista, a volte di un coro, a volte di una piccola orchestra da camera. I cuori dei presenti battevano all'unisono e si respirava un'atmosfera sublime, quasi divina, che favoriva molto l'incontro personale con il Signore.

Una volta tornati a Burgos, abbiamo considerato che qualcosa di simile doveva essere fatto nella nostra diocesi. Abbiamo visto l'importanza di utilizzare un canale simile a quello che avevamo conosciuto a Roma, pensando anche di sfruttare l'occasione per invitare a partecipare all'incontro tante persone che raramente mettono piede in una chiesa.

I prolegomeni: una beatificazione

Mentre questi pensieri erano occupati, nella nostra diocesi si è verificato un evento di singolare importanza: la beatificazione del sacerdote di Burgos Valentín Palencia e di quattro giovani che hanno dato la vita con lui (Donato Rodríguez, Emilio Huidobro, Germán García e Zacarías Cuesta). In quell'occasione (23 aprile 2016), per la cerimonia che si è svolta nella Cattedrale di Burgos è stata organizzata un'orchestra composta da musicisti di diversa provenienza, che hanno messo la loro musica al servizio della liturgia. Hanno partecipato anche diversi cori. 

L'asticella era molto alta, poiché due dei nuovi beati (Donato ed Emilio) erano musicisti e, tra le altre iniziative, guidavano la banda musicale del patronato di San José, diretta da Valentín Palencia.

Il risultato è stato più che soddisfacente. Oltre a trascorrere interminabili ore di prove, tra molti musicisti si crearono legami di amicizia che sopravvivono ancora oggi. Ho avuto la fortuna di partecipare come violinista a quella grande orchestrina e così, quando D. Enrique e io abbiamo pensato al progetto degli oratori, mi è venuto spontaneo pensare a qualcuno di quei colleghi musicisti a cui proporlo. È stato anche naturale che, essendo Enrique il vicario della parrocchia di San Cosme y San Damián, nella città di Burgos, questo fosse l'ambiente scelto per la messa in scena della nostra idea. Lo abbiamo proposto al parroco, D. Máximo Barbero, che ha accolto l'iniziativa con entusiasmo e ci siamo subito messi al lavoro.

Primo oratorio: Beato Valentin Palencia

Il primo oratorio, naturalmente, abbiamo deciso di dedicarlo proprio al Beato Valentín Palencia. Abbiamo sempre ritenuto che il suo patrocinio dal cielo sia stato fondamentale per lo sviluppo di questo progetto. Nel Seminario di Burgos, dove Enrique e io ci siamo formati, abbiamo conosciuto Luis Renedo, ora anche lui sacerdote e da sempre innamorato della figura di D. Valentín. Gli abbiamo chiesto di scrivere un testo che servisse da base per l'oratorio.

Una volta che abbiamo avuto il testo tra le mani, e sempre in dialogo con i musicisti, lo abbiamo adattato per vedere quali pezzi del repertorio che stavamo provando da parte nostra erano più adatti a un momento o a un altro del testo e, anche in modo molto naturale, i pezzi musicali si adattavano al testo. Inoltre, in modo molto naturale, i brani musicali si adattavano al testo: tutto sembrava orchestrato dall'alto! Non restava che trovare un oratore per la lettura del testo, fornito dalla parrocchia di San Cosme y San Damián, e una data per la convocazione. Eravamo vicini all'Avvento e così, alla vigilia della prima domenica, abbiamo deciso di metterlo in atto: è nato il primo oratorio.

Secondo oratorio: San Josemaría Escrivá

Poiché volevamo che questi oratori avessero un legame speciale con Burgos, un anno dopo ci siamo messi a pensare a quale altra figura rilevante - che la Chiesa annovera tra i suoi altari - potesse servire da ispirazione. Ci siamo subito resi conto che potevamo dedicare il secondo oratorio a San Josemaría Escrivá. Visse a Burgos per poco più di un anno, e in un momento così importante della sua vita e dell'Opus Dei, che è di fatto conosciuto come l'Opera di Dio. Periodo di Burgos.

https://youtu.be/FI49FtLt25A

Fin dai nostri giorni romani, sia Enrique che io eravamo amici di Javier López, coautore di un noto libro (in tre volumi) sulla spiritualità di San Josemaría. Era senza dubbio la persona più adatta a scrivere il testo per il nostro nuovo progetto, cosa che ha fatto volentieri. Anche il gruppo di strumentisti è stato rimesso insieme e il risultato, ancora una volta, è stato più che soddisfacente. Come l'anno precedente, anche questo oratorio è stato presentato alla vigilia della prima domenica di Avvento.

Un oratorio molto speciale: a Gesù Cristo, Buon Pastore

L'anno successivo abbiamo cambiato la scena. La parrocchia del Buon Pastore, di cui sono vicario, a Miranda de Ebro, celebrava in quel periodo il suo cinquantesimo anniversario. Tra il ricco programma di eventi predisposto per l'occasione c'era un oratorio dedicato proprio al Buon Pastore.

È stato preparato un copione che, accompagnato da una proiezione di immagini, ha fatto ripercorrere ai presenti la storia della parrocchia. Il tutto è stato incorniciato da un prolungato momento di preghiera, con musica dal vivo, che ha deliziato tutti coloro che hanno potuto partecipare.

Un oratorio per un millennio: Santo Domingo de la Calzada

Un altro oratorio indimenticabile è stato quello che abbiamo preparato per il millennio di Santo Domingo de la Calzada. Uno dei progetti più ambiziosi che abbiamo mai intrapreso si è svolto nella sua meravigliosa cattedrale. Era la prima volta che uscivamo dalla nostra provincia (e, a parte l'avventura di Mirandesa, avevamo sempre fatto gli oratori nella città di Burgos).

Il livello di richiesta era piuttosto alto, dato che per tutta la durata delle celebrazioni del millennio, ogni settimana almeno un gruppo musicale veniva a onorare la figura del santo. Come si addice al nostro background, avevamo ben chiaro il formato di ciò che volevamo offrire: un oratorio sulla vita di San Domenico.

Il testo, in questo caso, è stato scritto dall'allora vicario parrocchiale del luogo, Jesús Merino, anche lui un nostro buon amico. E il risultato non poteva che essere quello desiderato: il Signore è stato grande con noi e siamo riusciti a dare il meglio di ciascuno di noi. Per la prima volta, oltre alla musica strumentale, abbiamo avuto anche la musica vocale. Il gruppo di strumentisti si è riconfigurato ancora una volta, iniziando una nuova avventura, che hanno battezzato come Musica@e.

Amicizia, musica e fede

Amicizia, musica e fede si intrecciano in questa storia. E ognuno ha il suo futuro. L'amicizia, perché è ciò che ha dato inizio a tutto e lo fa andare avanti. La musica, perché funge da amalgama tra tutti i partecipanti e ci aiuta a trascendere la sfera del meramente sensibile per elevarci a Dio. E la fede, perché alla fine è questo che cerchiamo di trasmettere, attraverso la testimonianza della vita dei santi.

Si pensa già a nuovi progetti, perché Burgos è una terra fertile di santi. Siamo certi che loro stessi, dal cielo, ci tracceranno la strada per continuare a raggiungere tante anime attraverso il racconto della loro vita e la compagnia della buona musica, stringendo sempre nuove amicizie. 

L'autoreCarlos Azcona

Vicario parrocchiale, parrocchia del Buen Pastor, Miranda de Ebro.

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Vaticano

"L'Iraq ha il diritto di vivere in pace e di ritrovare la propria dignità".

Papa Francesco ha nuovamente ricordato il messaggio lanciato durante la sua visita in Iraq: la risposta alla guerra deve essere la fraternità e il popolo iracheno "ha il diritto di vivere in pace".

David Fernández Alonso-10 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Dopo il suo storico viaggio in Iraq, il Papa ha continuato la sua catechesi all'udienza generale di mercoledì 10 marzo. È stato anche in grado di parlare dei giorni trascorsi nella terra di Abramo.

Un pellegrinaggio riconoscente...

"Nei giorni scorsi", ha esordito il Papa, "la Provvidenza divina mi ha concesso di visitare l'Iraq, terra devastata dalla guerra e dal terrorismo, realizzando un progetto di San Giovanni Paolo II. Sono molto grato al Signore e a tutti coloro che hanno reso possibile questa visita: al Governo, ai pastori e ai fedeli delle varie Chiese cattoliche e alle autorità delle altre tradizioni religiose, a cominciare dal Grande Ayatollah Al-Sistani, con cui ho avuto un cordiale incontro. È stato un pellegrinaggio nel segno della speranza, della riconciliazione e della fraternità.

...e penitenziale

Francesco ha voluto sottolineare la sua solidarietà e il suo legame con il popolo iracheno, soprattutto per il dolore e la sofferenza che sopporta da anni: "A nome di tutta la Chiesa cattolica ho voluto associarmi alla croce che questo popolo sofferente e questa Chiesa martirizzata hanno portato per anni di terrore, di violenza e di esilio forzato. Vedendo le ferite della distruzione, incontrando e ascoltando i testimoni, vittime di tante atrocità, ho sentito il forte significato penitenziale di questo pellegrinaggio".

In questo Paese, come in altre parti del mondo, la risposta alla guerra e alla violenza può essere solo la fraternità.

"E allo stesso tempo", ha proseguito il Papa, "ho percepito la gioia degli iracheni che mi hanno accolto come messaggero di Cristo, e la loro speranza, aperta a un orizzonte di pace e di fraternità. L'Iraq, un popolo dalle radici millenarie, ha il diritto di vivere in pace e di ritrovare la propria dignità.

La fraternità è la risposta

Come ha detto in occasione dell'incontro interreligioso tenutosi nelle pianure di Ur, Papa Francesco ha ricordato ancora una volta che "in questo Paese, come in tutto il mondo, la risposta alla guerra e alla violenza non può essere che la fraternità. A questo scopo, musulmani, cristiani e rappresentanti di altre religioni si sono incontrati e hanno pregato insieme a Ur, e l'affermazione del Signore è risuonata forte nei nostri cuori: Siete tutti fratelli! Lo stesso messaggio di fratellanza era palpabile anche in tutti gli altri incontri che ho avuto a Baghdad, Mosul, Qaraqosh ed Erbil, con i fedeli delle varie tradizioni".

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Vaticano

La Chiesa si prepara per le "24 ore con il Signore".

L'iniziativa, promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e incoraggiata da Papa Francesco, si terrà in tutta la Chiesa il 12 e 13 marzo.

Maria José Atienza-10 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

L'iniziativa, promossa dal Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e incoraggiata da Papa Francesco, si terrà in tutta la Chiesa il 12 e 13 marzo.

24 ore per il Signore, è un'iniziativa di adorazione del Santissimo Sacramento e si concentra anche sulla ricezione del sacramento della Riconciliazione durante la Quaresima. Il motto di quest'anno è

Nonostante i vincoli dell'attuale situazione pandemica, dalla Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione le parrocchie e le comunità sono incoraggiate "a celebrare questa giornata con l'apertura straordinaria della chiesa, offrendo la possibilità di accedere alle confessioni, preferibilmente in un contesto di adorazione eucaristica adeguatamente preparato". L'evento potrebbe iniziare il venerdì sera con una Liturgia della Parola per aiutare i fedeli a prepararsi alla Confessione sacramentale, e concludersi con la celebrazione della Santa Messa festiva il sabato sera".

Nei casi in cui, per motivi di salute, le celebrazioni dei Sacramenti non sono consentite, o possono essere celebrate con un numero limitato di persone, l'adorazione eucaristica potrebbe essere trasmessa via internet, preparando così i fedeli alla contrizione perfetta seguendo le indicazioni del catechismo per questi casi e, naturalmente, con la risoluzione di ricorrere al più presto alla confessione sacramentale.

Sovvenzione

Il sussidio reso pubblico per questa occasione contiene due parti: la prima presenta alcuni testi che favoriscono l'incontro consapevole con il sacerdote nel momento della confessione individuale, che è una delle caratteristiche di questa giornata, anche se si sottolinea che, nel caso in cui non sia possibile accostarsi temporaneamente al Sacramento della Riconciliazione, possono essere utilizzati per prepararsi alla contrizione perfetta.

La seconda parte può essere utilizzata durante l'orario di apertura della Chiesa, in modo che chi si confessa possa essere aiutato nella preghiera e nella meditazione attraverso un percorso basato sulla Parola di Dio.

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Autori invitatiJaime López Peñalba

Un ecumenismo "pellegrino". Il viaggio del Papa in Iraq

10 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Vorrei iniziare con una premessa importante, chiave per comprendere bene la straordinaria figura di Papa Francesco: il Santo Padre intende il suo ministero come un servizio all'unità e alla fratellanza dell'umanità, con grande consapevolezza. Se il successore di Pietro è sempre un segno reale ed efficace di comunione per la Chiesa, il Papa attuale ha dato a questa sua funzione un orizzonte missionario molto vivo, offrendo il seme dell'unità che è la Chiesa a tutti gli uomini di ogni credo e nazione.

In quest'ottica, la rilevante dimensione ecumenica del viaggio apostolico in Iraq appena concluso da Francesco non deve sorprendere. Tralasciando altri valori molto rilevanti della visita, come il dialogo interreligioso con l'Islam o la consolazione portata alle comunità cattoliche sopravvissute a una crisi che dura da decenni, l'incontro con l'Oriente cristiano è stato uno dei punti focali di questo momento storico.

Il Papa non teorizza molto quando si tratta di abbracciare i cristiani di altre chiese e comunità. Piuttosto, esercita un ecumenismo che potremmo definire "pellegrino". Si mette in viaggio e mentre cammina incontra persone, credenti e non credenti, e riconosce in queste coincidenze una chiamata ad aprirsi, a donarsi e ad unirsi. È in questa prospettiva che si è svolta l'intera visita, come ci ha spiegato lo stesso Santo Padre sulla spianata di Ur dei Caldei, la casa del grande patriarca Abramo, divenuto patrono della Chiesa. di fatto di questo viaggio. Lì ha ricordato la chiamata di Dio a lasciare la sua patria, a mettersi in cammino e ad essere padre di tanti credenti quante sono le stelle del firmamento. Lì ci ha offerto il pellegrinaggio di Abramo come grande simbolo della Chiesa e della storia degli uomini, dei loro aneliti comuni, della loro armonia, delle loro difficoltà.

Nella cattedrale cattolica di Baghdad, terra santa bagnata dal sangue di tanti martiri, ricordati soprattutto con l'ultima atroce persecuzione da parte dell'ISIS, Papa Francesco ci ha offerto un bellissimo commento spirituale sulla comunione dei cristiani, attraverso la metafora dell'arazzo, con un felice cenno alla cultura persiana con cui stava celebrando: la Chiesa, ha detto, è come un tappeto, unico e bellissimo, tessuto con tanti fili e tessuti di colori diversi, variegati come le comunità cristiane presenti in Oriente, con un patrimonio di spiritualità, liturgia e forme pastorali che è un tesoro per la Chiesa di tutto il mondo. Il tessitore, naturalmente, è Dio, con il suo disegno di orditi e trame, la sua pazienza fatta di cura e dettagli, le sue toppe se dovessero apparire rotte e disfatte.

Come esercizio pratico su questo telaio, è stata raggiunta una pietra miliare storica: un papa celebrato per la prima volta in rito caldeoLa Chiesa irachena. In effetti, nel XVIII e XIX secolo, alcune comunità cristiane del Medio Oriente si unirono alla Chiesa cattolica romana, formando le Chiese siro-cattoliche e caldee, tuttora presenti, anche se molto diminuite.

Un altro momento ecumenico significativo è stato il incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Mar Gewargis della Chiesa assira d'Oriente, un cristianesimo millenario di origine apostolica, di spiritualità semitica, missionario in tutte le regioni della Via della Seta, fino all'India e alla Cina, e segnato anche dal martirio successivo di persiani, mongoli e turchi. Con questa Chiesa, che è stata separata da Roma per secoli, è in atto un progressivo riavvicinamento a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II.

Mosul, Qaraqosh, Erbil... i luoghi che il Papa ha visitato per primi richiamano alla mente, tanto spontaneamente quanto tragicamente, immagini di battaglie, città rase al suolo e numeri di vittime. Che Francesco abbia aggiunto a questo terribile album le foto della gioia, degli abbracci e degli sguardi di speranza non è un piccolo gesto di carità. Nel mezzo di questa Quaresima, Dio ha consolato il suo popolo. Nell'ultimo atto della visita apostolica, la Messa celebrata a Erbil, il Santo Padre ha descritto nell'omelia come Gesù Cristo avesse predetto, con scandalo dei suoi contemporanei, la rovina dei templi, promettendo al contempo la loro restaurazione per mano di Dio. In questo modo ha annunciato la sua risurrezione e il grande dono di un nuovo Tempio, che è lui stesso, dove saremo tutti riuniti. L'unità è anche una via per la Pasqua.

L'autoreJaime López Peñalba

Professore di teologia presso l'Università San Dámaso. Direttore del Centro ecumenico di Madrid e vice-consigliere del Movimento dei Cursillos del Cristianesimo in Spagna.

Tre lezioni del Papa in Iraq

Con la fine della visita del Papa in Iraq, la tentazione è quella di pensare che le sue parole e i suoi gesti nella terra di Abramo fossero solo per gli iracheni. Il Santo Padre ha offerto al mondo almeno tre lezioni: pensare agli altri, compassione e perdono.

10 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Papa Francesco è nato il 17 dicembre 1936, ha 84 anni e ha dichiarato di non amare i viaggi. Tuttavia, seguendo le regole della prudenza dovute alla pandemia, si è "lasciato convincere" dagli iracheni, civili e religiosi, e ha vissuto con dedizione il suo viaggio verso la terra del profeta Abramo. Come ha detto prima di andarsene, "Non potevo deluderli una seconda volta", in riferimento a San Giovanni Paolo II, che non poté iniziare il Giubileo del 2000 in Iraq per motivi politici.

È tornato dal viaggio esausto, ma felice. "Sono andato in Iraq conoscendo i rischi, ma dopo aver pregato molto, ho preso liberamente la decisione. È stato come uscire di prigione, ha sottolineato sull'aereo. La permanenza del Padre comune dei cattolici in terra irachena ci insegna importanti lezioni. Forse il primo è questo: pensare agli altri, al popolo iracheno.di viaggiare anche se tutto sembrava essere contro di loro, di andare a confortarli e a consolarli. Un'opera di misericordia.

Il secondo è la compassione. Il Vicario di Cristo si è comportato come Gesù prima di risuscitare il figlio della vedova di Naim, o di vedere le folle che non avevano nulla da mangiare, o come il Padre che vede arrivare il figlio prodigo. Qualche anno fa, nell'ottobre 2015, poco prima della proclamazione dell'Anno Santo della Misericordia, il Papa disse a Santa Marta: Dio "Egli ha compassione, ha compassione per ciascuno di noi; ha compassione per l'umanità e ha mandato suo Figlio per guarirla".

La compassione è al centro delle preghiere che il Papa ha recitato sulle pianure di Ninive e Ur per tante persone, soprattutto cristiane, che hanno sofferto. "le tragiche conseguenze della guerra e dell'ostilità".

È a Mosul che il Papa ha parlato di crudeltà: "È crudele che questo Paese, culla della civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumana, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone (musulmani, cristiani, yazidi e altri) sgomberate con la forza e uccise".. Ore dopo, sul volo di ritorno a Roma, avrebbe raccontato ai giornalisti: "Non potevo immaginare le rovine di Mosul, ero senza parole. Le foto sono davvero suggestive.

"Dobbiamo perdonare".

Lì, a Hosh-al-Bieaaa, la piazza delle quattro chiese (siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea) distrutte dagli attacchi terroristici tra il 2014 e il 2017, Francesco ha affermato solennemente che "La fraternità è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra".. "Questa convinzione non potrà mai essere messa a tacere nel sangue versato da coloro che profanano il nome di Dio percorrendo i sentieri della distruzione".

Ultimo ma non meno importante (ultimo ma non meno importante), il perdono. "Dio onnipotente, apri i nostri cuori al perdono reciproco, rendici strumenti di riconciliazione".L'incontro si è svolto sabato nell'antica città di Ur, insieme a un centinaio di rappresentanti dell'ebraismo, dell'islam e del cristianesimo, in occasione dello storico incontro interreligioso.

"Una donna che ha perso un figlio nei primi attentati del 2014 ha detto una sola parola: 'Mi dispiace, li perdono'. E ha chiesto perdono per loro. Questa è stata la cosa che mi ha commosso di più, la testimonianza di una madre di Qaraqosh", ha rivelato il Papa sull'aereo di ritorno a Roma, dice il corrispondente Juan Vicente Boo a ABC. "Questa parola, perdono, l'abbiamo persa. Sappiamo come condannare in grande stile, e io sono il primo. Dobbiamo perdonare. Questo è ciò che mi ha colpito di più a Qaraqosh".

L'autoreRafael Miner

Giornalista e scrittore. Laureato in Scienze dell'Informazione presso l'Università di Navarra. Ha diretto e collaborato a media specializzati in economia, politica, società e religione. È il vincitore del premio giornalistico Ángel Herrera Oria 2020.

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Una Quaresima fruttuosa

A Quaresima inoltrata, e quasi alle porte della seconda Settimana Santa segnata dalla pandemia globale di coronavirus, Papa Francesco ci dà le chiavi per sfruttare al meglio questo cammino di conversione.

9 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Per Papa Francesco, la Quaresima 2021 deve essere segnata da "un cammino di conversione che porti a riscoprire il legame di comunione con gli altri, soprattutto con i poveri". Il digiuno, la preghiera e l'elemosina, le tre opere che tradizionalmente segnano il periodo che i cristiani dedicano alla preparazione della Pasqua, non devono essere viste come azioni volte a costruire la propria perfezione, ma come passi per amare di più il prossimo e quindi amare di più Dio.

Nel messaggio promulgato il 12 febbraio, il Vescovo di Roma sottolinea la possibilità che il digiuno non si riferisca necessariamente al cibo, ma a tutto ciò che ingombra la nostra esistenza, in particolare la saturazione di informazioni, vere o false che siano. Come è possibile in pratica vivere questo suggerimento? Non è raro incontrare cristiani che all'inizio della Quaresima proclamano di voler "... digiunare".digiuno da Internet"Ma, a parte il fatto che questa decisione ha spesso la conseguenza di complicare la vita degli altri, per chi, per motivi seri, ha bisogno di interagire con queste persone, non è quasi mai davvero applicabile".

Un modo realistico e intelligente per mettere in pratica il consiglio di Bergoglio è imparare a dare priorità alle cose nella nostra giornata di Quaresima. Imparare a "stabilire le priorità" può essere una scoperta davvero rivoluzionaria.essere focalizzati"Il primo consiglio è di non avere sempre il cellulare in mano. Chi dipinge un quadro ha bisogno di allontanarsi da esso di tanto in tanto.

Può essere molto utile imparare ad aprire l'iPhone guardando tutte le app, le e-mail e così via, e poi chiuderlo per circa un'ora, come se si fosse in aereo, mantenendo aperta solo la possibilità di ricevere chiamate. Ma poi c'è il secondo punto. Il problema non è lo smartphone, ma se stessi: bisogna dare priorità alla propria giornata.

Lo smartphone è probabilmente una rivoluzione paragonabile alla scoperta della ruota, del fuoco o della scrittura. È qualcosa di meraviglioso che stiamo imparando a portare a bordo: ci stiamo rendendo conto della necessità di unire l'enorme vela di cui la rete dota le nostre vite con la profondità della deriva: quella strana pinna verticale che permette alla barca a vela di non rovesciarsi.

Dalla metafora dobbiamo unire la velocità con la profondità per aprirci a cogliere, a comprendere i bisogni che gli altri ci esprimono. Se lo faremo, la nostra sarà davvero una Quaresima fruttuosa.

L'autoreMauro Leonardi

Sacerdote e scrittore.

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Evangelizzazione

Bettina Alonso: "Le persone generose danno finché non fanno un po' male".

Intervistiamo Bettina Alonso, direttore dello sviluppo dell'arcidiocesi di New York. Ci racconta, con grande trasparenza, il suo punto di vista su come portare avanti i progetti e il lavoro nelle diocesi, a partire dalla sua esperienza a New York.

Diego Zalbidea-9 marzo 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Dopo 10 anni di lavoro in Oceana ed essere il loro Vicepresidente dello Sviluppo globaleIl cardinale Dolan le ha chiesto di diventare Direttore esecutivo dello sviluppo dell'arcidiocesi di New York. È lì da sei anni e in questo periodo ha diretto campagne importanti come quella di Campagna Rinnovare e Ricostruire che ha raccolto più di 240 milioni di dollari per sostenere l'attività della Chiesa a New York, nonché altri per la riparazione di San PatrizioLa cattedrale dell'arcidiocesi a Manhattan. 

Come sono le persone generose? 

Distinguerei coloro che sono generosi con il denaro, con il tempo e con il talento. 

Quelli con i soldi? 

Quelli che danno finché non fanno un po' male. Mi chiedo sempre se avrei dovuto chiedere di più. Ci sono persone che mi colpiscono perché danno. fino alla camicia. Nei quartieri poveri è molto comune. Se il sacerdote ha bisogno di qualcosa, loro danno tutto. 

E per quanto riguarda il tempo e il talento? 

Ci sono persone molto impegnate, che dedicano molto tempo e che mettono tutte le loro capacità al servizio della parrocchia. Alla fine, in ognuna delle tre dimensioni, ciò che definisce le persone generose è che si sentono privilegiate e grate a Dio per tutto ciò che hanno ricevuto. Capiscono di essere molto fortunati e di essere stati scelti da Dio. Qui, fin da quando sono molto giovani, hanno questa visione. Credo che la vera generosità si manifesti in tutti e tre gli aspetti.

Cosa può fare un sacerdote in una parrocchia per coinvolgere i fedeli nel sostegno? 

Chiedete, chiedete e chiedete. Quando ho istruito i sacerdoti a fare richieste, hanno risposto tutti molto positivamente. All'inizio sembrava impossibile che chiedessero quello che avevamo consigliato (25.000 dollari). Avevano paura di chiedere, ma si sono resi conto che le persone erano molto più aperte di quanto pensassero.

Il panico che i fedeli si offendano scompare quando viene chiesto loro di farlo e ciò che immaginavano non accade mai. Possiamo sbagliare la cifra che chiediamo, ma ogni conversazione porta frutto, anche se a volte non immediatamente. 

Funziona anche con il tempo e il talento? 

Naturalmente. Ora stiamo tenendo sessioni di formazione con i seminaristi per insegnare loro come chiedere e facciamo esercizi su come chiedere talenti e tempo ai fedeli. È fantastico. Sono molto creativi. La prospettiva è la stessa. 

E se qualcuno trova difficile ordinare? 

Se un sacerdote ha difficoltà a chiedere denaro, che di solito è la cosa più difficile da chiedere, gli consigliamo di trovare qualcuno nella sua parrocchia che lo faccia. Ci sono persone che non soffrono di chiedere, al contrario. Inoltre, ci piace che la richiesta sia intenzionale. È come dire che è "diretto a un fine specifico".

Ci piace che la richiesta sia intenzionale. È come dire che dovrebbe essere "diretto a un fine specifico".

Non è bene chiedere in generale. L'ho imparato dal cardinale Dolan. Incoraggiamo i parroci a chiedere concretamente. In questo modo i fedeli non danno quello che possono risparmiare, quello che hanno a disposizione al momento. Il Cardinale mi raccontò come aveva imparato da suo padre. Pregavano tutti insieme e poi si sedevano per decidere come condividere il loro tempo, il loro talento e il loro denaro con la Chiesa. È un'offerta intenzionale.

Come si chiede ai fedeli di collaborare? 

La prima cosa che abbiamo cercato e stiamo cercando di far capire ai sacerdoti è che chiedere denaro non è solo una questione finanziaria, ma qualcosa di profondamente pastorale. Quindi non si può fare in modo generale. È meglio poterlo fare nel contesto di una conversazione più ampia.

Mi è capitato che un sacerdote stesse per avere uno di questi colloqui e si sia dimenticato di chiedere i soldi. Mi sono congratulato con lui. Molto bene, Padre, avete fatto quello che dovevate fare. Ora lasciatemi il contatto e li chiamerò per chiedere la loro collaborazione. Capisco che in altri Paesi non c'è questo sostegno da parte della diocesi, ma grazie a Dio i sacerdoti stanno comprendendo la dimensione pastorale di queste donazioni di tempo, talento e denaro. 

Come sono queste persone che si divertono a chiedere soldi? 

Di solito sono persone che amano le persone, molto socievoli e appassionate. Sono persone che hanno una convinzione molto genuina e che non chiedono per sé, ma per gli altri, per una comunità che ha bisogno. Consiglio sempre, prima di chiedere, di fare un po' di pratica. Qui lo chiamiamo il gioco di ruoloperché ognuno avrà il proprio stile. Ognuno di noi è più appassionato di alcuni argomenti rispetto ad altri ed è bene che ognuno chieda ciò che lo appassiona.

Ho visto persone chiedere con molta passione l'aria condizionata, le finestre, ecc. Hanno parlato di un'esperienza di connessione con il Signore che è avvenuta in parrocchia perché non si è distratti dal caldo, per esempio. È stato meraviglioso ascoltarli. È anche molto utile che sia qualcuno di creativo a entrare in contatto con il donatore.

Pensa che questo possa essere fatto dall'economo delle diocesi? 

Non credo, perché siamo due profili molto diversi. Quelli che lavorano con me ridono di me perché non sono in grado di leggere nessun contratto e potrei firmare la mia condanna a morte senza problemi. Quando incontro il mio direttore finanziario, l'altra faccia della medaglia, mi dice spesso che lo sfinisco. Gli piace molto Excel e ha tutti i numeri, sa dov'è tutto... Gli uomini della finanza hanno un messaggio che è interessante per gli uomini della finanza, ma dobbiamo rimettere in primo piano il donatore: è lui il protagonista.

Chiedere soldi a mia madre è molto diverso dal chiederli a un mio nipote di 23 anni. Non è solo una differenza generazionale, ma anche la reazione è diversa.

Chiedere soldi a mia madre è molto diverso dal chiederli a un mio nipote di 23 anni. Non si tratta solo di una differenza generazionale, ma anche di una differenza nel modo in cui reagiamo gli uni agli altri, di ciò che è importante per noi. Quando un sacerdote ha due o tre parrocchie, la richiesta di denaro diventa molto bassa nella lista delle priorità. Corrono tutto il giorno da qui a lì. 

Sono preoccupato che i numeri e il denaro abbiano un'influenza eccessiva sulla missione della Chiesa. L'ho detto al Cardinale e lui ha risposto con entusiasmo. Siamo entrati in una dinamica in cui cerchiamo sempre di far quadrare i conti. Ecco perché parliamo tutto il giorno di tagli, chiusura di parrocchie e risparmi.

Il Cardinale mi disse che stava pensando molto al passo del Vangelo in cui Gesù dice a Pietro di prendere il largo. I pesci non sono a riva. Questo implica un rischio. Non possiamo sentirci al sicuro nella nostra torre di vetro. A volte dobbiamo contrarre dei debiti. Mancano conversazioni sull'evangelizzazione, ad esempio su come riportare la gente a Messa. È vero che molte persone ci seguono a causa di streaming e dobbiamo approfittarne. La Cattedrale di San Patrizio ha 25.000 fedeli che seguono la messa in streaming la domenica. 

E come si entra in contatto con il donatore? 

All'inizio ho cercato di imparare tutto molto bene e di sapere tutto sulla vita del potenziale donatore. Io farei le richieste più grandi. Ora ho capito che è molto meglio lasciare che sia il donatore a condurre la conversazione. Voglio ascoltarli per poter rispondere a ciò che hanno nella testa e nel cuore. Cerco di non avere un'idea prefabbricata di come sono e di lasciarmi guidare dalla loro volontà. È come un'avventura.

Sono giunto a questa convinzione dopo molti anni. Non posso insistere sulle mie idee. Le mie opinioni non sono rilevanti. A volte non ho le risposte a ciò che mi viene chiesto, ma è sempre bello ascoltare e voi proponete soluzioni molto creative. 

Come ha influito la pandemia sulla sostenibilità dell'arcidiocesi? 

Abbiamo dovuto reinventarci. Abbiamo fatto un grande sforzo per imparare a connetterci con i nostri clienti. umanamente attraverso la tecnologia. In questo dipartimento lavoriamo con circa 40 persone e abbiamo scoperto che potremmo migliorare molto nell'uso e nello sfruttamento dei social network. Abbiamo scoperto che 15% delle parrocchie non avevano un sito web e 88% non avevano dati aggiornati.

Ciò che è accaduto e come abbiamo imparato non sarebbe stato possibile senza la pandemia. Inoltre, abbiamo chiesto a coloro che hanno mantenuto il loro lavoro di contribuire maggiormente. Molte persone non possono più impegnarsi così tanto a causa della situazione economica in cui sono state lasciate. Le persone sono molto generose. 

Qualche strategia concreta recente? 

Sì, certo. Esistono diversi gruppi di persone a seconda della loro partecipazione alla vita delle parrocchie. C'è chi viene sempre e ha bisogno di un messaggio concreto. Ci sono anche quelli che non verranno mai e infine quelli che partecipano sporadicamente. Un esempio di quest'ultimo gruppo sono coloro che vengono il Mercoledì delle Ceneri, la Domenica delle Palme o la Domenica di Pasqua.

L'uso della tecnologia è molto sfruttabile. La pandemia ci ha colti completamente impreparati.

Quest'anno abbiamo fatto una campagna per queste persone: come possiamo entrare in contatto con chi viene solo in quei giorni? Vogliamo che i parroci diano loro un messaggio come questo: "Vedo molti volti nuovi. Siete qui per un motivo. Non so cosa sia, ma mi piacerebbe rivederti. Potete prendere il QR all'ingresso e inviarci il vostro nome e numero di telefono perché vogliamo rimanere in contatto". L'uso della tecnologia è molto utile. La pandemia ci ha colti completamente impreparati. 

Un libro? 

Ne dico tre: "Sostiene Pereira", che cerco di leggere ogni 5 o 6 anni, in cui un giornalista di Lisbona viene sfidato a non guardare la vita dai margini; "La settimana di quattro ore" riguarda la gestione del tempo e ci incoraggia ad avere un po' di equilibrio e a non correre tutto il giorno; e l'ultimo è quello del cardinale Dolan che si chiama "Chi dite che io sia" e sono riflessioni quotidiane sulla Bibbia, i santi e la risposta che è Cristo. Lo adoro perché lo ascolto ogni giorno su Audible. È molto breve e ancora una volta quest'uomo dimostra quanto sia un genio ispiratore.

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Spagna

Quest'anno la Caritas ha assistito oltre mezzo milione di nuove persone

I dati presentati oggi da Caritas Spagna riflettono le dure conseguenze della chiusura di aziende, dei licenziamenti e dell'esacerbazione di precedenti situazioni di vulnerabilità e povertà con la pandemia di Covid19.

Maria José Atienza-9 marzo 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Una persona su tre che si è rivolta alla Caritas dall'inizio della pandemia era nuova o non cercava aiuto da più di un anno. Questi sono i primi dati della crisi causata dal Covid 19 nell'economia di milioni di famiglie nel nostro Paese. È quanto hanno affermato il Presidente e il Segretario Generale della Caritas, Manuel Breton e Natalia Peiroche, insieme al coordinatore del gruppo di studio, Raul FloresÈ stato presentato il rapporto che contiene dati dettagliati sulle azioni svolte da marzo 2020 da tutte le 70 Caritas diocesane del Paese.

La risposta della Caritas in Spagna

Natalia Peiro ha sottolineato l'impatto che "le restrizioni alla mobilità e il peggioramento delle condizioni di vita della popolazione" hanno avuto sulla rete statale di risorse di accoglienza e assistenza. Solo nei primi mesi della pandemia", ha sottolineato il segretario della Caritas, "le richieste di aiuto ricevute dalla Caritas in tutta la Spagna sono aumentate di 57% e ci sono stati periodi e alcune aree territoriali in cui molte Caritas hanno visto triplicare il numero di richieste di aiuto".

Questa situazione ha costretto la Caritas a reinventarsi e a concentrare la sua risposta a Covid su tre aspetti specifici:

  • Mantenere il sostegno alle famiglie con cui stavamo già lavorando e la cui situazione è peggiorata con questa crisi.
  • Accompagnare le famiglie che si rivolgono a noi per la prima volta a causa della precarietà che si è creata di fronte a questa realtà.
  • Adattare l'azione dei volontari e degli appaltatori alla nuova situazione imposta dall'allontanamento sociale, per garantire l'accompagnamento delle persone che richiedono il sostegno della Caritas.

Oltre a questo, la Caritas ha attivato un Accompagnamento 2.0 basato sulla moltiplicazione dell'ascolto telefonico e sull'utilizzo di applicazioni di connessione digitale, sul supporto scolastico o sulle lezioni telematiche di spagnolo, sull'utilizzo di trasferimenti economici in sostituzione degli aiuti in natura o sulla ricezione online della documentazione. L'obiettivo è quello di garantire un follow-up nell'accompagnamento personalizzato, che comprenda misure di prevenzione e sicurezza, e durante le settimane di confino, nonché di fare progressi nel riconoscimento del diritto al cibo, incoraggiando l'uso di carte di solidarietà e il sostegno a domicilio.

"La Caritas di fronte al Coronavirus".

In questa conferenza stampa, hanno anche riconosciuto l'esplosione di solidarietà dimostrata dalla società spagnola fin dall'inizio, che è stata molto intensa dal lancio della campagna "Caritas di fronte al Coronavirus" il 14 marzo 2020. Una campagna che ha portato a 70.666 donatorii cui contributi hanno sommato 65 milioni di euro. Di questi fondi, 34,5 milioni di euro provengono da 67.094 donatori individuali e 30,3 milioni da un totale di 3.572 aziende e istituzioni. Dei 65 milioni raccolti, 6,5 milioni erano donazioni in natura.

Come sono stati investiti

In termini di investimenti finanziari per rispondere alle esigenze della pandemia, la Confederazione Caritas in Spagna ha mobilitato questi stanziamenti:

– 41.163.068 euro ad aiuti direttiLe famiglie accompagnate sono state in grado di coprire alcune delle loro esigenze di base, come cibo, igiene, alloggio e utenze.

– 991.963 euro per attrezzature sanitarie e di protezioneL'obiettivo del progetto è migliorare la qualità della vita delle famiglie assistite, del personale, dei centri e delle strutture di assistenza diretta.

– 1.014.634 euro per l'assunzione di personale di rinforzo. per quei progetti che sono stati travolti.

– 3.307.160 euro a sostegno dei bambini. In questo capitolo sono state date risposte alle esigenze particolari delle famiglie con bambini e adolescenti, dove, oltre alle richieste materiali di base (che si aggiungono a quelle già esistenti in precedenza a causa della perdita di molti posti di lavoro), altre nascono dalla gestione a distanza dell'anno scolastico, come la necessità di attrezzature e di accesso a internet, o il sostegno scolastico a distanza, per esempio.

– 2.444.290 per rispondere alle esigenze dell'azione internazionale. Cáritas Española ha sostenuto un totale di 65 progetti, che sono stati sostenuti con fondi forniti da più della metà delle Caritas diocesane del nostro Paese.

Famiglie senza reddito

Come ha sottolineato Raúl Flores, seguendo i dati dell'ultimo Rapporto dell'Observatorio de la Realidad Social de Cáritas Española (Osservatorio della Realtà Sociale di Caritas Spagna)258.000 persone accompagnate dalla Caritas vivono in famiglie senza reddito, ovvero 75.000 persone in più rispetto a prima dell'inizio della crisi. Ciò significa che più di 825.000 persone accompagnate dalla Caritas si trovano in una situazione di grave povertà. Molte famiglie non sono in grado di sostenere i costi delle utenze domestiche e 16% di famiglie (circa 77.000) sono state costrette a cambiare casa per ridurre i costi.

Senzatetto e persone sole

La solitudine è stato un altro dei drammi imposti dalla pandemia, una realtà che è stata indurita dall'isolamento forzato e dalla limitazione degli spostamenti, soprattutto nel caso degli anziani e di chi li assiste, siano essi dipendenti o familiari.

La Caritas, prima della pandemia, disponeva già di 29 centri residenziali, 12 centri diurni, 2 case protette, 4 appartamenti sorvegliati, più di 4 unità abitative e/o appartamenti accompagnati. Inoltre, la Confederazione ha 30 programmi di accompagnamento a domicilio, sia nelle aree urbane che in quelle rurali. Complessivamente, questo significa un totale di oltre 7.000 anziani accompagnati dalla Caritas. Grazie alla collaborazione di molte persone, negli ultimi mesi è stato possibile aumentare in modo significativo il numero di anziani accompagnati, raggiungendo attualmente quasi 11.000 persone.

L'impatto di Covid è stato tremendamente costoso anche per i senzatetto. La pandemia ha reso ancora più difficile l'accesso ai servizi igienici e/o all'isolamento. Dormire per strada o soggiornare in rifugi temporanei o d'emergenza ha inoltre esposto i senzatetto, una popolazione già ad alto rischio medico, a un elevato rischio di trasmissione del virus. Una realtà che è diventata evidente lo scorso novembre nel Campagna per i senzatetto.

In questa linea, la pandemia ha reso necessario diversificare la risposta ai bisogni di queste persone, adattando, tra le altre misure, le risorse di ricovero e alloggio e fornendo loro orari più flessibili; adattando e ristrutturando gli spazi per ospitare i senzatetto. In questi mesi, infatti, la Caritas ha aperto 13 nuovi centri e più di 1.400 nuovi posti per i senzatetto.

Vaticano

Daniel Arasa, nuovo consulente del Dicastero per la Comunicazione

Il decano della Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce di Roma ha scritto per Omnes in occasione del suo lancio.

Maria José Atienza-9 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il decano della Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce di Roma è stato nominato consulente del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede.

Arasa, che ha scritto per questa rivista l'articolo ".Omnes et OmniaAttualmente è decano della Facoltà di Comunicazione della Chiesa, professore straordinario di Comunicazione strategica e membro del comitato editoriale della rivista accademica "The Church of Jesus Christ". Chiesa, comunicazione e cultura.

Laureato in giornalismo e teologia. Ha conseguito il dottorato in Comunicazione sociale istituzionale presso la Pontificia Università della Santa Croce nel 2007. Ha scritto diversi libri sulla comunicazione nella Chiesa.

Educazione

Obiettivi di sviluppo sostenibile, Agenda 2030 e classe di religione

Qual è il rapporto tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile e la classe di Religione, sono compatibili, possono essere integrati nella classe di Religione? 

Javier Segura-8 marzo 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (2015-2030), noti anche con l'acronimo SDGs, sono un'iniziativa promossa dalle Nazioni Unite. L'obiettivo generale è quello di ottenere un mondo più equo e più sano. Si concretizza in 17 obiettivi che non sono facili da raggiungere: porre fine alla povertà in tutte le sue forme in tutto il mondo, promuovere una crescita economica inclusiva e sostenibile, un'occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti, ridurre le disuguaglianze all'interno dei Paesi e tra di essi... In Spagna, questa agenda 2030 ha persino un proprio ministero che dipende dalla seconda vicepresidenza di Pablo Iglesias.

Una delle linee d'azione per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda 2030 è proprio l'istruzione. Per questo motivo, non sorprende che nell'elaborazione del nuovo curricolo di Educazione Religiosa in questo momento di attuazione della LOMLOE, gli SDGs e l'Agenda 2030 siano presenti anche come orizzonte di dialogo e di incontro tra le proposte ministeriali e i contributi dell'Educazione Religiosa nelle scuole.

Gli Obiettivi di sviluppo devono essere esaminati attentamente per capire come incorporarli correttamente nello sviluppo del curriculum di religione.

Come valutare questa convergenza tra gli SDGs e il curriculum di educazione religiosa? In questo caso credo che sia applicabile il saggio consiglio di San Paolo alla comunità tessaloniceseEsaminate tutto con attenzione e conservate le cose buone.(1 Tess 5:21) È chiaro che su molti di questi obiettivi possiamo essere d'accordo e avere una collaborazione costruttiva. Ci sono indubbiamente cose buone che possiamo portare via, per parafrasare l'apostolo. Ma, anche seguendo il suo insegnamento, dobbiamo guardarli tutti con attenzione per vedere come possono essere incorporati correttamente nello sviluppo del curriculum di religione.

Il primo punto che vorrei sottolineare in questo discernimento è che, sebbene alcuni dei loro obiettivi convergano, l'educazione religiosa scolastica ha uno scopo proprio. E questo segna il modo in cui questi obiettivi potrebbero essere incorporati nel curriculum della classe di religione.

Come ha ricordato Carlos Esteban nel Forum Verso un nuovo curriculum di religione". i tre obiettivi che la Chiesa spagnola ha indicato per l'ERE nel documento "Orientaciones pastorales sobre la enseñanza religiosa escolar" (1979) sono sorprendentemente attuali:

  1. Che l'allievo sia in grado di collocarsi lucidamente di fronte alla tradizione culturale.
  2. Che l'alunno sia coinvolto in modo critico nella società.
  3. Che lo studente possa trovare risposte al significato ultimo della vita e alle sue implicazioni etiche.

Questi tre obiettivi sono dimensioni della visione cristiana del mondo che la classe di religione dovrebbe fornire agli alunni. Questa visione globale e interiorizzata del cristianesimo, che l'alunno integra nella propria vita in termini di competenza, è la base di tutta l'educazione cattolica. È anche la base della classe di Religione.

È in questo inserimento critico nella società che possiamo considerare il dialogo sugli SDGs e la loro attuazione nell'agenda 2030. È un dialogo che la fede deve intraprendere con la cultura del tempo, ma può farlo in modo arricchente solo nella misura in cui parte dalla propria identità cattolica, che la aiuta a farlo in modo critico. Senza questa identità, si rischia di diluire e confondere l'obiettivo, trasformando l'educazione religiosa scolastica e l'educazione cattolica in generale in un sostegno acritico all'agenda 2030.

Non si tratta di guardare con sospetto o con diffidenza, e tanto meno con difesa, la società in cui viviamo. Abbiamo bisogno di un programma di studi in dialogo con la società, inserito nella pedagogia scolastica, in grado di rispondere alle sfide poste dall'educazione di oggi. Ma tutto questo parte dal fatto che il programma di studi serve davvero a dare ai nostri studenti le chiavi dell'identità cattolica.

In questo senso, l'antropologia cristiana fornisce chiavi di lettura che, non dobbiamo temere di ammettere, non coincidono negli aspetti essenziali con quelle che possono essere proposte da altri organismi ideologici. La persona, uomo e donna, creata a immagine di Dio, aperta alla trascendenza, capace di bene, ferita dal peccato, bisognosa di redenzione, risorta, con Cristo come modello di umanità... è il nostro punto di riferimento, che può illuminare in modo speciale la vita concreta dei nostri studenti.

Dobbiamo insegnare come affrontare le sfide della società e farlo dalla prospettiva dell'umanesimo cristiano.

D'altra parte, gli SDGs e l'agenda 2030 hanno, come spesso accade in questo tipo di documenti, un'ampiezza di obiettivi che consente letture e realizzazioni diverse. L'obiettivo può essere fine o ambiguo. Ma il modo in cui si ottiene, i mezzi, devono essere messi sul tavolo.

L'obiettivo 5.6, ad esempio, di "...".garantire l'accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti riproduttivi".Il fatto che siamo tutti cristiani è una questione che ci preoccupa allo stesso modo e che potrebbe portarci, assunti acriticamente, a sostenere misure contrarie alla morale cristiana, come si può facilmente intuire. Sicuramente noi cristiani abbiamo molto da dire, e dobbiamo dire, su come raggiungere gli obiettivi dell'Agenda 2030. E così dobbiamo insegnare ai nostri studenti. Ma con quella dose di visione critica che i vescovi raccomandavano nel 1979 e che, nel mondo liquido di oggi, è particolarmente necessaria. Dobbiamo semplicemente insegnare loro ad affrontare le sfide che la società deve affrontare e che sono incluse, in parte, nell'agenda 2030, e a farlo dalla prospettiva dell'umanesimo cristiano.

Negli SDGs troveremo punti di incontro e di dialogo. Ed è bene che, come fece l'apostolo delle genti ad Atene, instauriamo questo dialogo. Essere consapevoli che può accadere che quando parliamo della resurrezione dei morti, quando proponiamo una visione trascendente a una società immanente, ci venga anche detto che è di questo che ci sentiranno parlare in un altro momento. Come Paolo, a Corinto, scopriremo allora che la croce è sempre scandalo o stupidità per l'uno o per l'altro. Ma è sempre la chiave della vita e dell'interpretazione della realtà per un cristiano.

Cultura

La vera croce e il significato delle reliquie di Gesù Cristo

Le reliquie dei santi sono fonte di pietà per tutti i cristiani, essendo oggetto di venerazione, poiché sono i resti di coloro che già godono della gloria eterna. Nel caso delle reliquie di Nostro Signore, esse assumono un significato incalcolabile.

Alejandro Vázquez-Dodero-8 marzo 2021-Tempo di lettura: 10 minuti

Traduzione dell'articolo in inglese

Ogni essere umano lascia dietro di sé un'eredità della sua esistenza, con ciò che era, con ciò che ha fatto, con ciò che ha usato - le cosiddette "reliquie da contatto". Questo è accaduto anche al Figlio di Dio, che era un uomo vero: ha vissuto come uno di noi per diversi anni qui sulla terra e ci ha lasciato l'eredità di cui stiamo parlando.

Esistono prove che confermano l'esistenza storica di Gesù di Nazareth. Diverso è il discorso per gli oggetti che usava e che sono arrivati fino ai giorni nostri, la cui autenticità nella stragrande maggioranza dei casi può essere certificata solo dalla tradizione che accompagna la pietà.

Narrazioni che prendono vita

Certamente gli Apostoli e i primi discepoli riconoscevano Gesù come redentore, inviato dal Padre, ed è lecito aspettarsi che ciò che indossava fosse trattato con grande devozione e riverenza. Le prime comunità cristiane cercavano di conservare un buon ricordo del Maestro, sia per ciò che faceva e diceva sia per ciò che indossava. Esattamente quello che accade ai nostri antenati, ma in questo caso si tratta dello stesso Dio incarnato.

Gli oggetti usati da Cristo avrebbero avuto un grande valore didattico, rafforzando di fatto gli insegnamenti della sua dottrina, che veniva tramandata di generazione in generazione. In altre parole, la narrazione delle azioni e degli insegnamenti del Redentore avrebbe preso vita.

Ma il fatto di avere reliquie del nostro Redentore va ben oltre questo valore didattico. Ci riferiamo alla pietà, alla quale le reliquie contribuiscono enormemente.

Le reliquie

La religiosità popolare ha diverse fonti di ispirazione per trovare se stessa. Una di queste, e di non poca importanza, sono le reliquie dei santi e, in particolare, le reliquie di Nostro Signore Gesù Cristo.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica dedica il punto 1674 alla religiosità popolare e sottolinea che "... la religiosità popolare è una religione del popolo.Il senso religioso del popolo cristiano ha sempre trovato la sua espressione in varie forme di pietà intorno alla vita sacramentale della Chiesa, come la venerazione delle reliquie, la venerazione dello Spirito Santo e la venerazione dello Spirito Santo. (...)", citando come fonti il Concilio di Nicea II e il Concilio di Trento.

Certamente chiunque può essere ispirato da una reliquia a raggiungere Dio. Nel caso delle reliquie di Gesù, si tratta di Dio stesso e quindi acquistano una rilevanza del tutto particolare.

È molto grafico, e ci aiuta a capire il valore di ciò che Gesù ha usato, il brano della donna che soffriva di una grave malattia ma pensava che toccando le vesti del Messia sarebbe guarita. L'evangelista ci dice che Gesù la guarì, premiando la sua fede dimostrata dal fatto che pensava che toccando le vesti del Dio fatto uomo sarebbe guarita. 

Questo evento evangelico e altri simili, così come la considerazione della grandezza del fatto che Dio si è fatto uno di noi, porterebbero a considerare questi oggetti usati da Gesù come santi, a dare loro il carattere di "mediatori" tra la santità divina e i bisogni delle anime in questo mondo.

Cosa sono le reliquie nella Chiesa cattolica?

Sono i resti della santos -e di Nostro Signore Gesù Cristo, dopo la sua morte. In senso più ampio, costituiscono l'intero corpo o ciascuna delle parti in cui è stato diviso. Le reliquie comprendono anche abiti e oggetti che possono essere appartenuti a Gesù o al santo, o che possono essere stati in contatto con loro, e sono considerati degni di venerazione.

Fin dall'inizio del cristianesimo troviamo segni di venerazione delle reliquie: gli oggetti legati alla vita del nostro Salvatore e di coloro che erano morti per la fede a causa delle persecuzioni cominciarono a essere conservati e tenuti in grande considerazione. 

D'altra parte, il culto delle reliquie è sempre stato un fenomeno di grande importanza sociale, economica e culturale. Per l'attrazione che hanno suscitato in tante generazioni. I luoghi in cui sono state conservate le reliquie hanno acquisito una particolare rilevanza per il turismo religioso e la pietà popolare.

Le chiese con reliquie della Vera Croce - la croce su cui morì Gesù - divennero rinomate nel tempo. I pellegrini accorrevano in queste chiese per pregare davanti alle reliquie e ottenere indulgenze per le loro anime. All'inizio si recavano in Terra Santa, ma in seguito, con la diffusione delle reliquie in tutto il mondo, si sviluppò un'intera rete di vie di pellegrinaggio. Tra l'altro, fu proprio grazie a questi pellegrinaggi che l'Europa divenne gradualmente una comunità di credenti.

Il culto delle reliquie

Fin dalle origini del cristianesimo, il corpo è stato venerato, sia per il fatto di seppellirlo, con quella componente di rispetto per ciò che Dio ha creato per ospitare l'anima, sia per il fatto che la storia racconta di casi di corpi miracolosamente incorrotti di alcuni santi che hanno portato a venerarli come qualcosa di sacro.

Nel caso di Nostro Signore possiamo riferirci al suo sangue santo che, come vedremo in un altro articolo, è conservato come reliquia e suscita grande interesse e devozione.

Allo stesso modo, come abbiamo detto, quello che veniva indossato da coloro che sarebbero stati proclamati santi, e naturalmente quello che indossava Nostro Signore, suscitava ammirazione e pietà nei credenti.

Durante il periodo delle persecuzioni alla nascita della Chiesa, il culto delle reliquie era profondamente radicato. Molti farebbero di tutto per ottenere una reliquia. Venivano pagate enormi somme di denaro per il corpo di un martire o per i suoi utensili.

E, come spesso accade nella storia dell'umanità, tra le città nacquero dispute e persino litigi per la proprietà delle reliquie. 

Reliquie e liturgia

Gradualmente la reliquia si legò al sacrificio eucaristico, al punto che nei primi tempi del cristianesimo la Santa Messa veniva celebrata sui resti dei santi martiri che avevano versato il loro sangue per il Regno dei Cieli. Infatti, le prime basiliche costruite dopo le prime persecuzioni furono erette sopra le cripte dove giacevano i corpi dei martiri. In seguito, alcuni di questi corpi furono portati nelle città per essere depositati in templi costruiti sopra le cripte. ad hoc per questo. 

I corpi dei santi venivano addirittura depositati come reliquie alle porte delle chiese: i fedeli li baciavano prima di entrare. Venivano tenuti anche in oratori privati e talvolta persino in case private.

C'è stato un tempo in cui è iniziata la pratica di frammentare i corpi dei santi, e quanto veniva utilizzato per distribuirlo tra le varie comunità cristiane. Molti ritenevano che, per quanto piccolo fosse il frammento, esso conservasse le sue virtù e i suoi poteri miracolosi. Nel caso di Nostro Signore, come vedremo, questo sarebbe anche il caso della croce su cui è morto, del suo sangue e di altre reliquie.

La Vera Cruz: scoperta e vicissitudini varie

La Vera Cruz ("vera croce") è la croce su cui, secondo la tradizione, fu crocifisso Gesù Cristo.

Nel IV secolo, l'imperatore Costanzo inviò sua madre, l'imperatrice Elena di Costantinopoli - Sant'Elena - da Roma a Gerusalemme per demolire il tempio di Venere sul Monte Calvario, e lo fece scavare fino a trovare quella che si credeva essere la Vera Croce. È documentato da storici del IV e V secolo. 

La tradizione vuole che il santo abbia interrogato i più dotti ebrei del Paese per verificare l'autenticità della croce di Gesù, dopodiché fu esaminato il terreno del Golgota, dove Nostro Signore fu crocifisso. Gerusalemme fu completamente distrutta nel 70 d.C. da Tito, compreso il tempio, e si pensava quindi che la Santa Croce potesse trovarsi sottoterra.

Sono state trovate tre croci: quella di Gesù e quella dei due ladroni. Poiché era impossibile sapere quale delle tre croci fosse quella di Gesù, la leggenda narra che Elena fece portare un malato che, a contatto con la croce di Gesta, peggiorò di salute, e quando fu toccato con la croce di Dimas rimase come all'inizio; ma quando fu toccato da quella di Gesù, guarì completamente. Questo ritrovamento viene celebrato il giorno dell'Invenzione della Santa Croce, il 3 maggio.

Il titolo del reato

Anche se alcuni sostengono che ciò che è rilevante per identificare la croce di Gesù sarebbe il titolo ("titulus") del crimine del giustiziato che è stato posto sul suo capo, una volta crocifisso. Nel caso di Nostro Signore, "Gesù di Nazareth, Re dei Giudei", secondo San Giovanni nel suo Vangelo.

La santa divise la Santa Croce e ne portò con sé metà a Roma.

Oggi abbiamo la Basilica del Santo Sepolcro, costruita dall'imperatrice nel luogo in cui fu trovata la croce e dove fu conservata la reliquia. Anni dopo, nel VII secolo, durante la conquista persiana di Gerusalemme, la Vera Croce fu oltraggiata e trasferita. Ma fu presto recuperata e riportata a Gerusalemme, e la leggenda narra che nella processione di ingresso in città, l'imperatore volle portare la croce e, non potendo farlo, dovette togliersi le vesti che indossava; allora, essendo Cristo senza altro ornamento che il suo essere, fu in grado di trasportarla e portarla a Gerusalemme. Per questo motivo si celebra la festa dell'Esaltazione della Santa Croce. 

Ma più volte, come è noto, Gerusalemme fu occupata e saccheggiata, e anche le reliquie della Vera Croce furono occupate e saccheggiate. All'inizio del XII secolo, quando Gerusalemme fu riconquistata dai crociati e la Chiesa del Santo Sepolcro fu ricostruita, le sacre reliquie tornarono nella città santa.

Insomma, le parti della Vera Cruz che si sono conservate a Roma hanno subito varie vicissitudini, come il titolo, che è stato nascosto in vari punti della chiesa, anche nel muro, scoperto in molti altri luoghi, e poi nuovamente murato. Ad oggi, solo la metà destra del "titulus" è stata conservata nella chiesa di Santa Croce.

Diverse testimonianze sulla Vera Cruz e le prove paleografiche

Abbiamo diverse testimonianze dirette di incontri con la Vera Croce, come la visita di Egeria la spagnola nel 383 d.C. al Santo Sepolcro. O quella di Socrate Scolastico nel V secolo, che descrisse la reliquia come "una tavoletta con diversi simboli scritti da Pilato, in cui si dice che Cristo, re dei Giudei, è stato crocifisso". Anche Somozene di Gaza conosceva alcuni degli operai che hanno scoperto le croci sul Gogotha, e testimonia dei titoli scritti in ebraico, latino e greco.

In ogni caso, questi dati non sembrano decisivi per determinare l'autenticità della reliquia. C'è un test che non è stato possibile effettuare a causa delle dimensioni ridotte dei campioni di reliquie: l'analisi dentrologica del legno. 

Tuttavia, l'esame paleografico potrebbe essere effettuato per esaminare la grafia e determinare l'epoca e il luogo della scrittura sulla base della calligrafia. Per quanto riguarda il "titulus", l'abbreviazione del nome di Gesù nelle tre lingue, ebraico, greco e latino, è in linea con la prassi dell'epoca. Per quanto riguarda la modalità di scrittura ebraica, essa è coerente con l'uso, nel I secolo d.C., di lettere oblique con code lunghe. I paleografi ebrei specializzati concludono che le lettere del "titulus" sono tipiche del I secolo.

Abbiamo anche studi che ci assicurano che il "titulus" che abbiamo non poteva essere una copia o un falso, sia perché il nome di Gesù è abbreviato, secondo l'uso dell'epoca, sia per l'ordine in cui sono elencate le lingue: ebraico, greco e latino - se fosse stato falsificato, possiamo immaginare che sarebbe stato elencato secondo l'ordine del Vangelo di Giovanni, ebraico, latino e greco.

Le reliquie della Vera Cruz a oggi

La dispersione delle reliquie in diverse chiese di vari Paesi è documentata, a partire dalla divisione delle reliquie trovate sulla Vera Croce da Sant'Elena. Ogni parrocchia voleva avere una testimonianza della sofferenza di Cristo sulla croce.

Padri della Chiesa come San Gregorio di Nissa e San Giovanni Crisostomo hanno scritto che alcuni cristiani portavano al collo frammenti della Croce in reliquiari d'oro.

In molte chiese del mondo sono presenti frammenti della Vera Croce, anche se in molti casi non è possibile verificarne l'autenticità, in quanto non si sa se corrispondano a quella ritrovata da Sant'Elena o comunque a quella su cui morì Gesù Cristo. 

Le reliquie venivano divise, per i motivi più disparati, sempre considerando che ogni frammento conservava le virtù della reliquia originale. A titolo di esempio, basti citare la documentata divisione della reliquia in 19 parti da parte del patriarca Sofronio I nel 638, che le disperse in varie città per evitare che i musulmani le distruggessero. 

Oppure la presa di Costantinopoli, la capitale bizantina, all'inizio del XIII secolo da parte dei Crociati, che sequestrarono decine di reliquie e le portarono in varie città europee. Tra queste città spiccava Venezia, dove vennero portati diversi esemplari della nostra reliquia: ancora oggi, infatti, la Basilica di San Marco ospita uno dei pezzi più grandi della Vera Croce. Oppure la dispersione di piccole schegge della reliquia in occasione delle consegne fatte nel corso dei secoli da vari Papi a persone e comunità diverse.

L'autenticità delle reliquie

Storicamente ci sono state molte contraffazioni e riproduzioni delle reliquie di Vera Cruz, al punto che la Chiesa ha imposto regole severe per determinarne l'autenticità ed evitarne il più possibile il traffico e la contraffazione. Il quarto Concilio Lateranense del 1215 proibì il trasferimento delle reliquie, vietandone la compravendita sotto pena di scomunica.

D'altro canto, si è speculato sul volume della croce di Cristo che potrebbe essere stato conservato, e abbiamo lo studio del 1870 di Charles Rohault de Fleuryche ha concluso che la somma di tutte le reliquie esistenti ammontava a un terzo di una croce alta tre metri.

Per quanto riguarda la veridicità delle reliquie della Vera Croce, si è giunti alla conclusione che almeno quelle di Roma, Costantinopoli o Gerusalemme sono autentiche.

Altri frammenti

Altri frammenti, anch'essi ritenuti da molti autentici, si trovano nel monastero di Santo Toribio de Liébana a Cantabria -Nel V secolo, Toribio, a cui era stata affidata la custodia della Vera Cruz, fu nominato vescovo di Astorga e tornò da Gerusalemme in Spagna, portando con sé parte della reliquia. Caravaca de la CruzSpagna

Secondo un'analisi effettuata nel 1958, il pezzo di legno conservato nel monastero di Santo Toribio de Liébana corrisponde alla specie Cupressus sempervirensNon è stato escluso che tale legno possa essere più antico del periodo dell'Era Comune. Lo stesso studio ha specificato che Palestina si trova all'interno dell'area geografica di Cupressus sempervirens

A Caspe, Saragozza, Spagna, si trova un altro frammento della Vera Cruz, uno dei più grandi al mondo, oltre a quelli di Parigi e Santo Toribio de Liébana.

A Santa Cruz de Tenerife -Isole Canarie, Spagna-, nella chiesa di Matriz de la Concepción, il croce di fondazione della capitale delle Isole Canarie, considerata una reliquia della stessa Vera Cruz. È conservato in un'urna di vetro a forma di croce. Questa croce ha il patrocinio della città condiviso con San Giacomo Maggiore. La Santa Croce è anche il santo patrono della città del Puerto de La Cruzanche in Tenerife.

Una delle più grandi reliquie della croce di Cristo si trova nella Abbazia di Heiligenkreuz -Austria.

Molto importante è anche l'immagine di Gesù Cristo crocifisso, chiamata "Santo Cristo de la Veracruz", opera dell'artista nato a Jaén. Juan Martínez Montañés dell'inizio del XVII secoloche si trova nella chiesa di San Francisco a Popayán. Sembra che all'interno della croce di questa immagine si trovi una scheggia della Vera Cruz, acquisita dalla conquistatore Sebastián de Belalcázar in Spagna. 

Reliquie di Vera Cruz nel resto del mondo

In tutti questi altri Paesi abbiamo reliquie della Vera Croce - piccole schegge storicamente conservate: 

Venerazione della Vera Croce

Il Venerdì Santo, in memoria della Passione di Nostro Signore, la Vera Croce è venerata nella Chiesa cattolica, in parte della Chiesa ortodossa e nella Chiesa anglicana. 

Inoltre, in segno di particolare apprezzamento e venerazione, quando si venera la Vera Cruz si fa una genuflessione - come davanti al Santissimo Sacramento - e di solito la si bacia.

Inoltre, nel caso di una processione con le reliquie della Vera Cruz, queste vengono portate sotto un baldacchino, come si fa con il Santissimo Sacramento.

D'altra parte, le reliquie vengono utilizzate in alcune celebrazioni liturgiche e, se la chiesa in questione possiede un reliquiario per la Vera Croce, questo viene utilizzato per la benedizione dei fedeli presenti. 

È impressionante come i cristiani abbiano trattato i frammenti della Vera Croce fin dall'inizio, con quale riverenza, e come abbiano realizzato costosi reliquiari che sono sopravvissuti fino ai giorni nostri. Autentiche opere di oreficeria.

Per saperne di più
Libri

"Educare alla contemplazione della bellezza significa aprire la mente alla sua essenza".

Maria Teresa Signes sottolinea che la contemplazione nel contesto dell'educazione va di pari passo con l'ascolto: accettare ciò che si è, senza cadere in una superficiale autocontemplazione.

Maria José Atienza-8 marzo 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Maria Teresa Signes, è vicerettore, professore di Educazione presso l'Universitat Abat Oliba CEU (UAO CEU) e membro del gruppo di ricerca "Famiglia, Educazione e Scuola Inclusiva" (TRIVIUM) dell'UAO CEU. Insieme ad altri professori, ha scritto il libro Pandemia e resilienza: contributi accademici in tempi di crisiin cui dedica un capitolo a Il potere della bellezza in tempi di pandemia. Ha discusso queste riflessioni con Omnes, in una conversazione sulla bellezza, la natura umana e la trascendenza.

Nel libro lei allude al protagonismo dell'arte, nelle sue molteplici manifestazioni, come "rifugio" durante la pandemia. Pensa che questa pausa forzata ci abbia costretti a volgere lo sguardo verso ciò che ci definisce davvero come esseri umani - creatori di bellezza? Abbiamo imparato a valorizzare di più la bellezza quotidiana che ci circonda, ad esempio la natura?

R.- Infatti, la situazione inaspettata in cui ci siamo trovati tutti circa un anno fa ha comportato una "sosta forzata" nelle nostre dinamiche quotidiane. Tutta l'attività, a volte frenetica, che svolgiamo quotidianamente è stata completamente alterata, non con una riduzione, ma con un confinamento che ci ha isolato dal resto dei membri della comunità, lasciandoci solo la compagnia delle persone con cui viviamo e, in alcuni casi, nella solitudine più assoluta.

Non dimentichiamo che già Aristotele diceva che l'uomo è un essere sociale per natura e argomentava la sua affermazione sul bisogno che abbiamo degli altri, non solo per la nostra sopravvivenza fisica, ma anche per quella spirituale. In questo senso, recenti rapporti dimostrano che la situazione di pandemia e l'isolamento sociale che ne è derivato stanno causando un notevole aumento dei problemi di salute mentale. Tutto ciò è evidentemente accompagnato dalla difficile situazione economica e dalla crisi sociale che si è generata nell'ultimo anno.

L'arte è stata un meccanismo di difesa, sono stati trovati modi per esprimere paure e angosce e anche per esprimere le emozioni e affrontarle.

È in questo complesso contesto che sono nate iniziative che hanno avuto come sfondo attività culturali e artistiche. In questo senso, l'arte è stata un meccanismo di difesa e di prevenzione, poiché attraverso la pittura, la musica, la letteratura, ecc. si sono trovate modalità di espressione delle paure e delle ansie, nonché modelli resilienti per esprimere le emozioni e persino per affrontarle.

L'arte, in tutte le sue forme, consente anche processi di mimesi e catarsi. La mimesi, in quanto permette all'essere umano di identificarsi con certe situazioni, e la catarsi, in quanto questa identificazione rende possibile la loro trasformazione e quindi il superamento di queste situazioni complesse.

La capacità di creare anche in situazioni traumatiche evidenzia il bisogno dell'uomo di esprimere le proprie emozioni attraverso il lavoro artistico.

Gli esseri umani sono gli unici in grado di commuoversi di fronte a un'opera d'arte, soprattutto nel momento in cui si identifica con essa ed è anche l'unico essere che crea arte. Nel corso della storia dell'umanità, ci sono molte opere d'arte che mostrano l'angoscia che l'uomo ha provato in certi momenti della storia. Molte opere d'arte, soprattutto i dipinti, rappresentano le paure che si provavano di fronte a certi eventi, come le epidemie, le guerre e la rappresentazione della morte stessa come evento terrificante. Questa capacità di creare in situazioni complesse e persino traumatiche evidenzia il bisogno dell'uomo di esprimere le proprie emozioni e i propri sentimenti attraverso le opere artistiche.

Allo stesso modo, la situazione creatasi a seguito della pandemia ha provocato un notevole cambiamento nelle abitudini e nelle routine delle persone. Oltre alle conseguenze positive, potremmo dire, che questo ha avuto per l'ambiente - mi riferisco alla notevole riduzione dell'inquinamento ambientale dovuta alla diminuzione del traffico di veicoli, aerei, barche, ecc. e alla riproduzione di alcune specie animali - ha anche provocato una nuova visione della natura, oltre che delle cose di tutti i giorni.

L'isolamento sociale e personale ci ha permesso di dare valore a quelle cose che passano inosservate nella nostra vita quotidiana, proprio perché sono quotidiane. In troppe occasioni pensiamo che la nostra realtà sarà quella che è, in eterno, senza considerare quanto effimera possa essere la nostra vita. La perdita di questa quotidianità ci ha permesso di valorizzare molto di più le piccole cose, un caffè con un amico, con i colleghi di lavoro, un saluto, una passeggiata, osservare il cambiamento che avviene in primavera quando sbocciano i mandorli, uno sguardo, un sorriso..., sono tante le cose che compongono la quotidianità... Confido che tutto quello che ci è successo ci aiuti a valorizzare la realtà delle piccole cose che alla fine sono quelle che ci aiutano a prendere coscienza di ciò che siamo e di quanto sia importante rispettare la natura che ci dà tanto.

Il libro

TitoloPandemia e resilienza. Contributi accademici in tempi di crisi
AutoreMarcin Kazmierczak, María Teresa Signes e Cintia Carreira Zafra
Editoriale: Eunsa
Anno: 2020
Pagine: 424

Qualche tempo fa, è diventata virale la foto di alcuni studenti al Louvre che guardavano i loro cellulari senza prestare attenzione alla Gioconda. In questo senso, come possiamo educare le persone, fin da piccole, a contemplare e non solo a guardare? Come possiamo sviluppare uno spirito critico di fronte all'auto-contemplazione offerta dalla cultura mediatica?

R.- La prima cosa da considerare è la differenza tra vedere, guardare e contemplare. Vediamo perché abbiamo gli occhi e, in questo senso, possiamo vedere la vita che passa davanti ai nostri occhi. Guardare implica l'intenzione di analizzare ciò che vediamo. Si tratta quindi di un ulteriore passo avanti nel nostro rapporto con la realtà.

Lo sguardo, quindi, non è indifferente, ma implica l'andare oltre l'immagine catturata dai nostri occhi. In questo senso, lo sguardo ci permette di conoscere e di comprendere, cioè di fare nostra, una parte della realtà e dell'altro, e anche di noi stessi. Tuttavia, la contemplazione implica il trascendere la realtà, l'andare in profondità fino a cercare la verità all'interno di ciò che stiamo guardando.

Guardate ci permette di arrivare all'essenza delle cose, diventando consapevoli di ciò che le cose sono. Quando parliamo di contemplazione, non stiamo parlando di un'attività che non facciamo con gli occhi e nemmeno con il cervello, ma con l'anima.

Lo sguardo ci permette di conoscere e di comprendere, cioè di fare nostra, una parte della realtà e dell'altro, e persino di noi stessi.

Infatti, se vogliamo che i nostri bambini e adolescenti siano persone integre e capaci di contemplare, dobbiamo educarli a farlo. Per farlo, dobbiamo insegnare loro fin da piccoli l'importanza del silenzio. Non è un compito facile in una società che rifugge il silenzio.

In una società che non prende in considerazione l'idea di isolarsi dal rumore dei media, probabilmente perché significa ritrovarsi interiormente, e questo troppo spesso spaventa.

I bambini e gli adolescenti devono essere educati ad ascoltare se stessi, perché solo quando saranno in grado di ascoltare se stessi saranno in grado di ascoltare gli altri.

La contemplazione nel contesto educativo va di pari passo con l'ascolto. E l'ascolto inizia con se stessi. Accettare chi siamo, senza cadere in una superficiale autocontemplazione che porta all'arroganza e all'isolamento personale, non è facile. Educare in questo senso significa educare il giudizio come capacità che ci permette di ragionare. Avere un buon giudizio critico significa avere una maturità fisica e mentale che è il risultato di una buona educazione, non solo a scuola ma anche in famiglia. Lo spirito critico deve iniziare applicandosi a se stessi, riuscendo a vedere quale dovrebbe essere il senso della vita, sempre con umiltà e riconoscendo la nostra vulnerabilità e contingenza.

In questa situazione, le famiglie e gli insegnanti hanno un compito arduo, poiché l'attuale cultura mediatica, caratterizzata da una visione materialista, secolarizzata e, in troppe occasioni, personalistica, ostacola l'educazione dei più giovani.

Max Jacob affermava che il modo più sicuro per raggiungere il bene è la bellezza. San Tommaso d'Aquino ha sviluppato la "Via Pulchritudinis" come una delle vie per conoscere Dio. Pensa che l'educazione alla bellezza possa essere una via di trascendenza per la società di oggi? 

R.- Infatti, educare alla bellezza significa educare alla trascendenza e per questo contiamo sulla contemplazione come via per discernere ciò che è bello, andando in profondità attraverso di esso e raggiungendo, come abbiamo detto, l'essenza stessa delle cose.

Nella cultura postmoderna in cui ci troviamo immersi, possiamo constatare quanto sia difficile produrre un incontro autentico non solo tra persone diverse, ma anche tra l'uomo stesso e se stesso e, naturalmente, con il vero significato della vita umana.

Diventa quindi evidente la necessità di generare attività che permettano di far emergere la natura più profonda dell'uomo, con un'identità ben costituita e articolata, basata sulle sue capacità e potenzialità, all'interno di un processo continuo di ricerca di sé e della verità.

Educare alla bellezza significa educare alla profondità, trascendendo l'opera d'arte stessa. Ricordiamo le parole del Santo Padre Giovanni Paolo II quando, nel suo Lettera agli artisti, si leggeva: Modellando un'opera, l'artista si esprime nella misura in cui la sua produzione è un riflesso singolare del proprio essere, di ciò che è e di come è..... Attraverso le opere prodotte, l'artista parla e comunica con gli altri. La storia dell'arte, quindi, non è solo storia di opere, ma anche di persone..

Educare lo sguardo alla contemplazione della bellezza significa aprire la mente umana alla propria essenza e alla propria identità.

La definizione di ciò che è bello, come concetto legato all'analisi epistemologica e affettiva che nasce dall'interazione della persona, con se stessa e con il mondo circostante, deve essere intesa come un altro elemento del processo educativo. Pertanto, l'educazione alla bellezza può essere considerata come una via di trascendenza della società odierna verso il bello e il vero.

Spagna

Presentazione del gruppo di giovani universitari dell'Arcivescovado di Castrense

L'iniziativa, cara al cuore del vescovo Juan del Río, si sta consolidando con proposte da portare avanti tra i giovani soldati.

Maria José Atienza-8 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

La presentazione di questa iniziativa ha avuto luogo il 5 marzo. Questo gruppo giovanile è stato uno dei progetti più amati dal vescovo Juan Del Río, recentemente scomparso.

Sotto lo sguardo dell'immagine di Cristo degli Alabardieri, il gruppo giovanile di questo arcivescovado è stato presentato venerdì scorso nella cattedrale militare.

L'iniziativa, coordinata dal Delegato per la Gioventù e Cappellano della Guardia Reale, Don Iván Cote, ha iniziato a prendere forma alla fine di ottobre dello scorso anno e si sta consolidando con le proposte che verranno portate avanti nel prossimo futuro tra i giovani soldati.

Il gruppo giovanile era uno dei desideri dell'arcivescovo Juan del Río e non è stato abbandonato dopo la sua morte. La presentazione solenne e devota ha incluso l'adorazione del Santissimo Sacramento e una preghiera guidata dall'Ordinario Militare, Carlos Jesús Montes Herreros, in cui sono stati condivisi i canti di Taizé, è stato dedicato un tempo di contemplazione dopo la Lectio Divina e sono state presentate le preghiere e le preoccupazioni dei giovani del nostro Arcivescovado.

Vi hanno partecipato il vice-segretario per gli Affari generali della Conferenza episcopale, il primo consigliere della Nunziatura in Spagna, i rappresentanti della Congregazione di Cristo degli Alabardieri, guidata dal fratello maggiore, e un folto gruppo di cappellani militari insieme ai giovani dei rispettivi luoghi di assegnazione.

Per saperne di più
Evangelizzazione

Rinnovo parrocchiale. Milagros

Ci sarà una nuova evangelizzazione e un rinnovamento delle parrocchie solo se saremo disposti a credere con una fede capace di fare miracoli.

Juan Luis Rascón Ors-8 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Mi chiamano di notte:

-Mia madre è molto malata, è in ospedale.

-Arrivo subito.

Non era una persona che conoscevo, non l'avevo mai visto in chiesa.

All'arrivo in ospedale trovo, come spesso accade, una persona incosciente, in pre-agonia. Bocca spalancata, respiro affannoso, colorito pallido...

Gli do l'unzione degli infermi e me ne vado.

Al mattino mio figlio mi chiama. Per non chiedergli a che ora è morta sua madre, gli dico: Come sta tua madre?

-Sedersi a letto e chiedere la colazione.

Anni dopo, erano assidui frequentatori della messa; ridevo con madre e figlio.

È stato un miracolo.

In un'altra occasione un sacerdote andò a ungere una persona che era in coma. Qualche giorno dopo, andai a trovare l'uomo e gli parlai. Sua moglie gli disse:

-Guarda, il sacerdote che ti ha unto è venuto a trovarti.

-Non è stato lui", rispose il signore. Era qualcun altro.

Non conoscevo nessuno dei due, ma lui sapeva che non ero io, ma qualcun altro.

Un altro miracolo.

Oserei dire che per la nuova evangelizzazione e la trasformazione pastorale della parrocchia dobbiamo credere con una fede capace di fare miracoli.

Quanta fede?

Come un seme di senape.

Gesù non ha detto: "A coloro che sono molto santi Nel mio nome scacceranno i demoni, parleranno con lingue nuove, afferreranno i serpenti con le loro mani e se berranno veleno non farà loro male; imporranno le mani ai malati e questi guariranno" (cfr. Mc 16,17-18).

Quello che Gesù ha detto è stato: "A coloro che credono accompagnerà questi miracoli...".

Gesù non ha detto: "Coloro che credono saranno accompagnati da questi miracoli... ma solo fino alla morte dell'ultimo degli apostoli"., o "... solo finché Costantino non firmerà l'editto di Milano....". Gesù ha detto: "A chi crede..." sempre.

Con quanta fede?

Come un seme di senape.

Ci sarà una nuova evangelizzazione e un rinnovamento delle parrocchie solo se saremo disposti a credere con una fede capace di fare miracoli.

Una volta si affiggeva un manifesto e la chiesa si riempiva per le conferenze quaresimali, ora la gente deve vedere i miracoli.

Perché la gente si radunava intorno a Gesù?

Se Gesù avesse detto "vi ricorderò i comandamenti" o "vi parlerò dell'unicità di Dio", avrebbero detto: "Lo sappiamo già, è noioso".

Ma Gesù faceva miracoli.

"Il mio messaggio e la mia predicazione non si basavano su parole persuasive di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della potenza, affinché la vostra fede non sia fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio", ha detto l'apostolo Paolo (1 Cor 2,4).

Il potere di Dio.

Basate la vostra predicazione sulla manifestazione dello Spirito e della potenza di Dio? Basate il vostro ministero sulla potenza di Dio? Preparate i fedeli a vedere i miracoli?

Quando la gente vedrà i miracoli, le chiese saranno piene, allora non smetteremo di battezzare, confessare, fare catechesi e formazione, suscitare vocazioni?

Vaticano

La Chiesa in Iraq è viva

Papa Francesco ha chiuso il suo viaggio in Iraq con una grande Messa a Erbil, dove ha incoraggiato la popolazione a non cedere alla tentazione di rispondere agli attacchi con la forza, ma con la via di Dio.

David Fernández Alonso-8 marzo 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Lo storico viaggio del Papa stava per concludersi, ma avrebbe avuto ancora un ultimo atto, molto atteso dalla comunità cattolica: la Santa Messa nello stadio Franso Hariri di Erbil.

Dopo il pranzo al Seminario Patriarcale di San Pietro, il Santo Padre si è recato direttamente allo Stadio Franso Hariri di Erbil per la celebrazione dell'Eucaristia.

Allo stadio Franso Hariri

Lo stadio era gremito di fedeli, che aspettavano di vedere da vicino il Santo Padre. La distanza di sicurezza era ridotta al minimo, senza folla. Il Papa ha potuto fare qualche giro in papamobile tra i fedeli, per salutarli e vedere i loro volti. Alle 16:30 ora locale (14:30 ora di Roma) il Papa ha iniziato presiedendo la celebrazione eucaristica alla presenza di circa 10.000 fedeli.

Nella sua omelia, Francesco ha iniziato alludendo all'importanza della centralità di Cristo e della Croce nella nostra vita, osservando che "San Paolo ci ha ricordato che 'Cristo è potenza di Dio e sapienza di Dio' (1 Cor 1, 24). Gesù ha rivelato questo potere e questa sapienza soprattutto nella misericordia e nel perdono. Non intendeva farlo con esibizioni di forza o imponendo la sua voce dall'alto, né con lunghi discorsi o esibizioni di una conoscenza incomparabile. Lo ha fatto dando la sua vita sulla croce. Ha rivelato la sapienza e la potenza divine mostrandoci, fino alla fine, la fedeltà dell'amore del Padre; la fedeltà del Dio dell'Alleanza, che ha fatto uscire il suo popolo dalla schiavitù e lo ha condotto sulla via della libertà (cfr. Es 20,1-2)".

Di fronte alla tentazione

Il Papa ha ricordato che di fronte alla tentazione della vendetta di fronte agli insulti e agli attacchi, Gesù ci mostra che è possibile un'altra risposta, la via di Dio: "Quanto è facile cadere nella trappola di pensare che dobbiamo dimostrare agli altri che siamo forti, che siamo saggi... Nella trappola di fabbricare false immagini di Dio per darci sicurezza... (cfr. Es 20,4-5). In realtà, è vero il contrario: tutti abbiamo bisogno della forza e della saggezza di Dio rivelate da Gesù sulla croce. Sul Calvario ha offerto al Padre le ferite con cui siamo stati guariti (cfr. 1 Pt 2, 24). Qui in Iraq, quanti vostri fratelli e sorelle, amici e concittadini portano le ferite della guerra e della violenza, ferite visibili e invisibili. La tentazione è quella di rispondere a questi e ad altri eventi dolorosi con la forza umana, con la saggezza umana. Invece, Gesù ci mostra la via di Dio, quella che ha percorso lui e quella che ci chiama a seguire".

"Nel Vangelo che abbiamo appena ascoltato (Gv 2,13-25), vediamo che Gesù scaccia dal Tempio di Gerusalemme i cambiavalute e tutti coloro che compravano e vendevano. Perché Gesù ha compiuto un gesto così forte e provocatorio? Lo ha fatto perché il Padre gli ha ordinato di purificare il tempio, non solo il tempio di pietra, ma soprattutto il tempio del nostro cuore. Come Gesù non tollera che la casa del Padre suo diventi un mercato (cfr. Gv 2,16), così non vuole che il nostro cuore sia un luogo di agitazione, disordine e confusione.

Purificare il cuore

"Il cuore è pulito, ordinato, purificato". Da cosa? Dalle falsità che la contaminano, dalla doppiezza dell'ipocrisia; tutti ne abbiamo. Sono malattie che feriscono il cuore, che offuscano la vita, che la rendono doppia. Abbiamo bisogno di essere purificati dalle nostre false sicurezze, che barattano la fede in Dio con le cose che accadono, con le convenienze del momento. Dobbiamo eliminare dai nostri cuori e dalla Chiesa le suggestioni nocive del potere e del denaro. Per purificare il cuore dobbiamo sporcarci le mani, sentirci responsabili e non restare inerti mentre i nostri fratelli e sorelle soffrono. Ma come purificare il cuore? Non possiamo farcela da soli, abbiamo bisogno di Gesù, che ha il potere di vincere i nostri mali, di curare le nostre malattie, di restaurare il tempio del nostro cuore.

"A conferma di ciò", continua il Papa, "come segno della sua autorità dice: 'Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere' (v. 19). Gesù Cristo, Lui solo può purificarci dalle opere del male, Lui che è morto e risorto, Lui che è il Signore. Cari fratelli e sorelle, Dio non ci lascia morire nel nostro peccato. Anche quando gli voltiamo le spalle, non ci abbandona al nostro destino. Ci cerca, ci segue, per chiamarci al pentimento e per purificarci. "Giuro sulla mia vita - oracolo del Signore Dio - che non ho piacere della morte dell'empio, ma che si converta dalle sue vie malvagie e viva" (33,11). Il Signore vuole che ci salviamo e che siamo templi viventi del suo amore, nella fratellanza, nel servizio e nella misericordia".

Testimoniare il Vangelo

Il Papa ha voluto ricordare che Gesù ci invia a testimoniare fedelmente il Vangelo e che, con la forza dello Spirito Santo, ha il potere di cambiare la vita: "Gesù non solo ci purifica dai nostri peccati, ma ci rende partecipi della sua stessa potenza e sapienza. Egli ci libera da un modo di intendere la fede, la famiglia, la comunità che divide, che si oppone, che esclude, per poter costruire una Chiesa e una società aperte a tutti e attente ai nostri fratelli e sorelle in difficoltà. E allo stesso tempo ci rafforza, affinché possiamo resistere alla tentazione di vendicarci, che ci fa precipitare in una spirale infinita di ritorsioni. Nella forza dello Spirito Santo ci invia non per fare proselitismo, ma come suoi discepoli missionari, uomini e donne chiamati a testimoniare che il Vangelo ha il potere di cambiare la vita".

Il Signore ci promette che può risollevare noi e le nostre comunità dalle macerie dell'ingiustizia, della divisione e dell'odio.

"Il Risorto ci rende strumenti della pace e della misericordia di Dio, artigiani pazienti e coraggiosi di un nuovo ordine sociale. Così, attraverso la potenza di Cristo e del suo Spirito, si realizza ciò che l'apostolo Paolo profetizzò ai Corinzi: "Ciò che in Dio sembra stoltezza è più saggio di tutto ciò che è umano, e ciò che in Dio sembra debolezza è più forte di tutto ciò che è umano" (1 Cor 1, 25). Le comunità cristiane composte da persone umili e semplici diventano un segno del Regno che viene, il Regno dell'amore, della giustizia e della pace.

Unzione delle ferite

Le parole di Cristo "Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere" (Gv 2,19) sono state pronunciate nel contesto delle circostanze, che Francesco ha utilizzato per assicurare che Cristo "stava parlando del tempio del suo corpo e quindi anche della sua Chiesa". E che "il Signore ci promette che, con la forza della sua risurrezione, può riportare noi e le nostre comunità dalla devastazione dell'ingiustizia, della divisione e dell'odio". Questa è la promessa che celebriamo in questa Eucaristia. Con gli occhi della fede, riconosciamo la presenza del Signore crocifisso e risorto in mezzo a noi, impariamo ad accogliere la sua sapienza liberatrice, a riposare nelle sue ferite e a trovare la guarigione e la forza per servire il suo Regno in arrivo nel nostro mondo. Dalle sue piaghe siamo guariti (cfr. 1 Pt 2,24); nelle sue piaghe, cari fratelli e sorelle, troviamo il balsamo del suo amore misericordioso; perché lui, il Buon Samaritano dell'umanità, desidera ungere ogni ferita, guarire ogni ricordo doloroso e ispirare un futuro di pace e fratellanza su questa terra".

Nel concludere la sua omelia, il Santo Padre ha assicurato che "la Chiesa in Iraq, con la grazia di Dio, ha fatto e sta facendo molto per proclamare questa meravigliosa saggezza della croce, diffondendo la misericordia e il perdono di Cristo, specialmente ai più bisognosi". Anche in mezzo a grandi povertà e difficoltà, molti di voi hanno generosamente offerto aiuto concreto e solidarietà ai poveri e ai sofferenti. Questo è uno dei motivi che mi ha spinto a venire come pellegrino in mezzo a voi, per ringraziarvi e confermarvi nella vostra fede e testimonianza. Oggi posso vedere e sentire che la Chiesa dell'Iraq è viva, che Cristo vive e agisce in questo suo popolo santo e fedele.

Con il piccolo naufrago

Al termine della Messa, l'arcivescovo caldeo di Erbil, S.E. Mons. Bashar Matti Warda, C.S.S.R., ha rivolto un discorso di saluto e ringraziamento al Santo Padre. Prima della benedizione finale, Papa Francesco ha rivolto parole di saluto ai fedeli e ai pellegrini presenti e poi ha incontrato il signor Abdullah Kurdi, padre del piccolo Alan, naufragato con il fratello e la madre al largo delle coste turche nel settembre 2015 mentre cercava di raggiungere l'Europa. Il Papa ha parlato a lungo con lui e, con l'aiuto dell'interprete, ha potuto ascoltare il dolore del padre per la perdita della sua famiglia ed esprimere il profondo coinvolgimento suo e del Signore nella sofferenza dell'uomo. Abdullah ha espresso la sua gratitudine al Papa per le parole di vicinanza al suo dramma e a quello di tutti i migranti che cercano comprensione, pace e sicurezza lasciando il proprio Paese a rischio della propria vita.

Dopo aver salutato l'arcivescovo di Erbil, il presidente e il primo ministro della regione autonoma del Kurdistan iracheno, il Santo Padre ha lasciato lo stadio "Franso Hariri" e si è recato all'aeroporto di Erbil per imbarcarsi su un aereo della Iraqi Airways diretto all'aeroporto di Baghdad. Poi è tornato in auto alla Nunziatura Apostolica.

Vaticano

"La vera identità di Mosul è la coesistenza armoniosa".

Papa Francesco ha visitato domenica mattina le città di Erbil, Mosul e Qaraqosh, da anni sotto attacco.

David Fernández Alonso-7 marzo 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

Questa mattina, dopo aver lasciato la Nunziatura Apostolica, il Santo Padre si è recato in auto all'aeroporto internazionale di Baghdad, da dove è partito a bordo di un aereo dell'Iraqi Airways alla volta di Erbil, città divenuta rifugio per molte persone in fuga da altre città come Mosul o Qaraqosh durante l'ascesa dello Stato Islamico.

Nella città-rifugio, Erbil

Al suo arrivo, il Papa è stato accolto dall'arcivescovo di Erbil dei Caldei, Sua Eccellenza Mons. Bashar Matti Warda, dall'arcivescovo di Hadiab-Erbil dei Siriani, Sua Eccellenza Mons. Nizar Semaan, dal Presidente della Regione autonoma del Kurdistan iracheno Nechirvan Barzani, dal Primo Ministro Masrour Barzani e da numerose autorità civili e religiose. Il Presidente lo ha accompagnato in una sala VIP dell'aeroporto per un incontro.

L'entusiasmo della gente era palpabile: i canti che si sentivano esprimevano grande affetto e gioia. Alcuni di essi erano cantati in un particolare italiano con accento arabo, in cui spiccava il ritornello "...".siamo contenti, siamo goiosi. Grazie con tutto il cuore"(Siamo felici, siamo gioiosi. Grazie dal profondo del cuore).

Poi, dopo un breve incontro nella sala VIP presidenziale dell'aeroporto con gli arcivescovi di Erbil dei Caldei e di Hadiab-Erbil dei Siriani e con il presidente e il primo ministro della regione autonoma, Papa Francesco si è congedato ed è volato in elicottero da Erbil a Mosul, la città che l'ISIS ha occupato e distrutto per tre anni.

Nella Mosul devastata

Al suo arrivo a Mosul, il Papa è stato accolto dall'Arcivescovo di Mosul e Aqra dei Caldei, S.E. Mons. Najeeb Michaeel, O.P., dal Governatore di Mosul e da due bambini che gli hanno offerto un omaggio floreale. Si è poi recato a Hosh-al-Bieaa per la preghiera di suffragio per le vittime della guerra.

"Un tessuto culturale e religioso così ricco e diversificato viene indebolito dalla perdita anche di un numero esiguo di suoi membri.

Erano le 10 ora locale (le 8 ora di Roma), quando il Santo Padre Francesco è arrivato a Hosh-al-Bieaa, la piazza delle quattro chiese (siro-cattolica, armeno-ortodossa, siro-ortodossa e caldea) distrutte tra il 2014 e il 2017 da attacchi terroristici, per recitare la preghiera di suffragio per le vittime della guerra.

Al suo arrivo, il Papa è stato ricevuto dall'arcivescovo di Mosul e Aqra dei Caldei, S.E. Mons. Najeeb Michaeel, O.P., che lo ha accompagnato al centro Hosh-al-Bieaa.

"Cari fratelli e sorelle, cari amici", ha esordito Papa Francesco: "Ringrazio l'arcivescovo Najeeb Michaeel per le sue parole di benvenuto e ringrazio in particolare padre Raid Kallo e il signor Gutayba Aagha per le loro toccanti testimonianze.

Un piccolo filo conduttore

Ha continuato con i saluti e i ringraziamenti: "Grazie mille, Padre Raid. Ci avete parlato dello sfollamento forzato di molte famiglie cristiane che hanno dovuto lasciare le loro case. Il tragico declino dei discepoli di Cristo, qui e in tutto il Medio Oriente, è un danno incalcolabile non solo per gli individui e le comunità colpite, ma anche per la stessa società che si lasciano alle spalle. Infatti, un tessuto culturale e religioso così ricco di diversità viene indebolito dalla perdita di un numero anche piccolo di suoi membri. Come in uno dei vostri tappeti artistici, un piccolo filo può rovinare tutto. Lei, padre, ha parlato anche dell'esperienza fraterna che ha avuto con i musulmani dopo il suo ritorno a Mosul. Avete trovato accoglienza, rispetto e collaborazione. Grazie, Padre, per aver condiviso questi segni che lo Spirito fa fiorire nel deserto e per averci mostrato che è possibile sperare nella riconciliazione e in una vita nuova.

Signor Aagha, lei ci ha ricordato che la vera identità di questa città è la coesistenza armoniosa di persone di diversa provenienza e cultura. Accolgo quindi con favore il vostro invito alla comunità cristiana a tornare a Mosul e ad assumere il suo ruolo vitale nel processo di guarigione e rinnovamento.

"Oggi riaffermiamo la nostra convinzione che la fraternità è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra".

Oggi alziamo la nostra voce in preghiera a Dio onnipotente per tutte le vittime della guerra e dei conflitti armati. Qui a Mosul le tragiche conseguenze della guerra e dell'ostilità sono fin troppo evidenti. È crudele che questo Paese, culla della civiltà, sia stato colpito da una tempesta così disumanizzante, con antichi luoghi di culto distrutti e migliaia e migliaia di persone - musulmani, cristiani, yazidi e altri - sfrattati con la forza o uccisi.

Oggi, nonostante tutto, riaffermiamo la nostra convinzione che la fratellanza è più forte del fratricidio, la speranza è più forte della morte, la pace è più forte della guerra. Questa convinzione parla più eloquentemente della voce dell'odio e della violenza; e non potrà mai essere messa a tacere nel sangue versato da coloro che profanano il nome di Dio percorrendo sentieri di distruzione".

Dalle profondità

Poi, prima di iniziare la preghiera di suffragio, il Papa ha pronunciato alcune parole profonde in cui si è percepito il sentimento di vicinanza del Santo Padre: "Prima di pregare per tutte le vittime della guerra in questa città di Mosul, in Iraq e in tutto il Medio Oriente, vorrei condividere con voi questi pensieri: Se Dio è il Dio della vita - e lo è - non è lecito per noi uccidere i nostri fratelli e sorelle nel suo nome. Se Dio è il Dio della pace - e lo è - non è lecito per noi fare la guerra nel suo nome. Se Dio è il Dio dell'amore - e lo è - non è lecito odiare i nostri fratelli.

La preghiera di suffragio

Dopo queste parole introduttive, è passato alla preghiera del suffragio:

"Preghiamo ora insieme per tutte le vittime della guerra, affinché Dio onnipotente conceda loro la vita eterna e la pace senza fine, e le avvolga con il suo abbraccio d'amore". E preghiamo anche per tutti noi, affinché, al di là delle credenze religiose, possiamo vivere in armonia e pace, consapevoli che agli occhi di Dio siamo tutti fratelli e sorelle".

Così è iniziata la preghiera, che trascriviamo integralmente: "Dio altissimo, Signore del tempo e della storia, tu hai creato il mondo per amore e non cessi mai di elargire le tue benedizioni alle tue creature. Tu, oltre l'oceano della sofferenza e della morte, oltre le tentazioni della violenza, dell'ingiustizia e del guadagno ingiusto, accompagna i tuoi figli e le tue figlie con il tenero amore di un Padre.

Ma noi uomini, ingrati dei tuoi doni e assorbiti dalle nostre preoccupazioni e ambizioni troppo terrene, abbiamo spesso dimenticato i tuoi disegni di pace e armonia. Ci siamo chiusi in noi stessi e nei nostri interessi e, indifferenti a Te e agli altri, abbiamo sbarrato le porte della pace. Così si ripeteva ciò che il profeta Giona aveva sentito da Ninive: la malvagità degli uomini è salita al cielo (cfr. Jon 1,2). Non alziamo le mani pulite verso il cielo (cfr. 1 Tm 2,8), ma dalla terra si levò ancora una volta il grido di sangue innocente (cfr. Gn 4,10). Gli abitanti di Ninive, nella storia di Giona, hanno ascoltato la voce del tuo profeta e hanno trovato la salvezza nella conversione. Anche noi, Signore, mentre ti affidiamo le tante vittime dell'odio dell'uomo contro l'uomo, invochiamo il tuo perdono e imploriamo la grazia della conversione:

Kyrie eleison. Kyrie eleison. Kyrie eleison".

E dopo un breve silenzio, continuò:

"Signore nostro Dio, in questa città due simboli testimoniano il costante desiderio dell'umanità di avvicinarsi a Te: la Moschea Al Nuri con il suo minareto Al Hadba e la Chiesa di Nostra Signora dell'Ora, con un orologio che da più di cento anni ricorda ai passanti che la vita è breve e il tempo è prezioso. Insegnaci a capire che ci hai affidato il tuo piano di amore, pace e riconciliazione da realizzare nel tempo, nel breve corso della nostra vita terrena. Facci capire che solo mettendolo in pratica senza indugio questa città e questo Paese potranno essere ricostruiti e i cuori lacerati dal dolore potranno essere guariti. Aiutaci a non spendere il nostro tempo al servizio dei nostri interessi egoistici, personali o di gruppo, ma al servizio del tuo progetto d'amore. E quando ci allontaniamo dal sentiero, concedici di ascoltare le voci dei veri uomini di Dio e di rinsavire per un po', affinché la distruzione e la morte non ci rovinino di nuovo.

Ti affidiamo coloro la cui vita terrena è stata abbreviata dalla mano violenta dei loro fratelli, e ti supplichiamo anche per coloro che hanno fatto del male ai loro fratelli e sorelle; possano pentirsi, raggiunti dalla forza della tua misericordia.

Requiem æternam dona eis, Domine, et lux perpetua luceat eis. Requiescente nel ritmo. Amen".

Verso Qaraqosh

Al termine del momento di preghiera, dopo lo scoprimento della targa commemorativa della visita, seguito dal rilascio di una colomba bianca e dopo la benedizione finale, il Santo Padre, prima di lasciare la piazza, ha salutato alcune personalità religiose e civili. Si è quindi recato alla zona di decollo e, dopo aver salutato l'arcivescovo di Mosul e Aqra dei Caldei e il governatore di Mosul, ha preso un elicottero per Qaraqosh.

Lì ha visitato la comunità cattolica nella chiesa dell'Immacolata Concezione, che era stata distrutta. Ha potuto recitare l'Angelus con i fedeli riuniti e ha firmato il libro d'onore chiedendo al Signore la pace: "Da questa chiesa distrutta e ricostruita, simbolo della speranza di Qaraqosh e di tutto l'Iraq, chiedo a Dio, per intercessione della Vergine Maria, il dono della pace".

È chiaro che si tratta di un viaggio di grande importanza per il pontificato di Francesco, per il dialogo interreligioso, per la pace in Medio Oriente e per la Chiesa universale.

Mondo

"Apri i nostri cuori al perdono, rendici strumenti di riconciliazione".

Sabato mattina, Papa Francesco ha tenuto un incontro interreligioso con i rappresentanti delle confessioni religiose, in particolare dell'Islam. Al termine dell'incontro, hanno recitato insieme una Preghiera dei figli di Abramo.

Rafael Miner-6 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Dopo la visita al Grande Ayatollah Ali Al Sistani, leader degli sciiti in Iraq, Papa Francesco si è recato nel sud dell'Iraq, a Nassiriya, per un incontro interreligioso a Ur dei Caldei, la patria del profeta Abramo. 

Durante l'incontro sono stati letti brani del Libro della Genesi e un passo del Corano e sono state fornite testimonianze. Il Santo Padre ha poi tenuto il suo discorso, che abbiamo riportato su questo portale Omnesmag.com. 

Al termine del suo intervento, il Santo Padre e gli altri leader religiosi hanno recitato la cosiddetta "Preghiera del Santo Padre per la pace". Preghiera dei figli di Abramo. Ecco il testo completo:

"Dio onnipotente, nostro Creatore che ami la famiglia umana e tutto ciò che le tue mani hanno fatto, noi, figli e figlie di Abramo appartenenti all'Ebraismo, al Cristianesimo e all'Islam, insieme agli altri credenti e a tutte le persone di buona volontà, ti ringraziamo per averci dato Abramo, l'illustre figlio di questa nobile e amata terra, come nostro comune padre nella fede. 

Ti ringraziamo per il suo esempio di uomo di fede che ti ha obbedito fino alla fine, lasciando la sua famiglia, la sua tribù e la sua patria per andare in una terra che non conosceva. 

La ringraziamo anche per l'esempio di coraggio, resilienza e forza, di generosità e ospitalità che ci ha dato il nostro comune padre nella fede. 

Ti ringraziamo, in particolare, per la sua fede eroica, dimostrata dalla sua volontà di sacrificare il figlio per obbedire al tuo comando. Sappiamo che è stata una prova molto difficile, dalla quale è comunque uscito vittorioso, perché ha confidato incondizionatamente in Te, che sei misericordioso e apri sempre nuove possibilità di ricominciare. 

Ti ringraziamo perché, benedicendo nostro padre Abramo, lo hai reso una benedizione per tutti i popoli. 

Ti chiediamo, Dio del nostro padre Abramo e nostro Dio, di concederci una fede forte, diligente nel fare il bene, una fede che apra il nostro cuore a te e a tutti i nostri fratelli e sorelle; e una speranza invincibile, capace di percepire ovunque la fedeltà delle tue promesse. 

Rendi ciascuno di noi testimone della tua amorevole cura per tutti, specialmente per i rifugiati e gli sfollati, le vedove e gli orfani, i poveri e i malati. 

Apri i nostri cuori al perdono reciproco e rendici strumenti di riconciliazione, costruttori di una società più giusta e fraterna. 

Accogli nella tua dimora di pace e di luce tutti i morti, specialmente le vittime della violenza e della guerra. 

Assiste le autorità civili nella ricerca e nel salvataggio di persone rapite, in particolare nella protezione di donne e bambini. 

Aiutaci a prenderci cura del pianeta, la casa comune che, nella tua bontà e generosità, hai dato a tutti noi. 

Tienici per mano nella ricostruzione di questo Paese e concedici la forza di aiutare coloro che hanno dovuto lasciare le loro case e le loro terre per raggiungere la sicurezza e la dignità, e per iniziare una nuova vita serena e prospera. Amen.

Nel pomeriggio, il Santo Padre ha celebrato la prima Messa di un Papa in rito caldeo nella Cattedrale caldea di San Giuseppe nella capitale Baghdad. La celebrazione liturgica si è svolta in italiano, caldeo e arabo, e le preghiere dei fedeli sono state lette in arabo, in un dialetto aramaico, in curdo, in turkmeno e in inglese. Il cardinale arcivescovo Louis Raphaël Sako, patriarca caldeo di Babilonia, ha rivolto al termine un saluto al Santo Padre.

Al termine dell'omelia, il Santo Padre ha assicurato ai fedeli che il Signore promette a ciascuno che il suo nome è scritto nei loro cuori, in cielo e aggiunto: "E oggi lo ringrazio con voi e per voi, perché qui, dove nell'antichità sorgeva la sapienza, nel tempo presente sono apparsi molti testimoni, che le cronache spesso trascurano, eppure sono preziosi agli occhi di Dio; testimoni che, vivendo le beatitudini, aiutano Dio a realizzare le sue promesse di pace".

Vaticano

Fate tacere le armi! L'ultimo grido del Papa dall'Iraq

L'incontro interreligioso nella piana di Ur ha visto l'esclamazione del Papa, che ha invitato a far tacere il rumore delle armi e a impegnarsi per una migliore distribuzione del cibo.

Giovanni Tridente-6 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

"La crescente proliferazione di armi sta lasciando il posto alla distribuzione di cibo per tutti. Un compito affidato "a noi". Lo abbiamo sentito nel coinvolgente discorso di Papa Francesco all'incontro interreligioso nella piana di Ur, tappa del suo viaggio apostolico in Iraq, il 33° del suo pontificato e anche il più difficile.

Non è certo la prima volta che il Vescovo di Roma si scaglia contro questa pratica che semina morte e distruzione ovunque, minaccia la pace, la fraternità e il benessere stesso delle popolazioni, certamente le più indifese, sottraendo risorse anche al bisogno primario di cibo.

Il giorno prima, appena atterrato a Baghdad, in un incontro con le autorità e la società civile del Paese, il Papa era stato ancora più categorico: "Si mettano a tacere le armi, si impedisca la loro proliferazione, qui e ovunque".

Non solo in Iraq e in Medio Oriente, ma ovunque.

Spreco di risorse preziose

Non è un caso che già il 25 settembre dello scorso anno, in un videomessaggio all'Assemblea delle Nazioni Unite, Papa Francesco abbia invitato a riflettere se non sia giunto il momento di ripensare allo spreco di "risorse preziose" rappresentato dalla "corsa agli armamenti, comprese le armi nucleari" e utilizzarle invece "a beneficio dello sviluppo integrale dei popoli e a tutela dell'ambiente naturale".

Fondo globale per la fame

Il mese successivo, in occasione della Giornata Mondiale dell'Alimentazione, in un messaggio alla FAO ha esortato a prendere una "decisione coraggiosa" per utilizzare il denaro speso per le armi per la creazione di un "fondo globale" volto a ridurre "la fame una volta per tutte e ad aiutare lo sviluppo dei Paesi più poveri".

Questa non è certo un'idea nuova di Papa Francesco. Nella sua enciclica sociale Populorum Progressio del 1967, San Paolo VI aveva già proposto una "soluzione" simile, che però, a distanza di oltre cinquant'anni, rimane purtroppo lettera morta.

Forse è anche per questo che è comprensibile che, giunti a un punto di non ritorno, sia necessario parlarne. E l'attuale Pontefice lo ha fatto anche nella sua ultima enciclica Fratelli tutti, dove spiega che eliminare la fame e portare lo sviluppo nei Paesi più poveri permette alle persone di non "abbandonare i loro Paesi in cerca di una vita più dignitosa", oltre a ridurre l'inganno e la violenza.

Pane non braccia

Questo concetto è stato ribadito anche quest'anno nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace, considerando anche la necessità di garantire i bisogni di salute di tutti i popoli, a maggior ragione nella situazione di pandemia che colpisce l'umanità.

Ci avviciniamo alla Pasqua e proprio nell'omelia della Veglia della Notte Santa di un anno fa troviamo simbolicamente l'ennesimo appello del Papa a fermare "la produzione e il commercio di armi, perché abbiamo bisogno di pane e non di armi".

Infatti, "non è questo il momento di continuare a fare e vendere armi, spendendo grandi somme di denaro che potrebbero essere utilizzate per curare le persone e salvare vite umane", avrebbe poi ribadito nel Messaggio Urbi et orbi del mattino seguente, giorno della Risurrezione del Signore.

Non è questo il momento: non più di cinquant'anni fa (Paolo VI), non un anno fa e nemmeno oggi. Fate tacere le armi! E poniamo fine alla fame nel mondo. L'ultimo grido di Papa Francesco dall'Iraq.

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Mondo

Lo storico incontro del Papa con l'ayatollah sciita Al Sistani e altri leader religiosi

Papa Francesco e il massimo rappresentante sciita hanno siglato un accordo di amicizia tra cristiani e sciiti a Najad (Iraq). Durante l'incontro interreligioso, il Santo Padre ha denunciato l'abuso della religione da parte del terrorismo.

Rafael Miner-6 marzo 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Nel secondo giorno della sua visita in Iraq, Papa Francesco ha stretto legami di amicizia con la comunità musulmana sciita, che costituisce circa il 60% della popolazione irachena. 

I cristiani iracheni avevano chiesto un incontro e la visita di cortesia del Papa si è svolta nella semplice casa del Grande Ayatollah Al-Sistani, leader della comunità sciita, a Najad, la terza città più sacra per i musulmani sciiti dopo La Mecca e Medina.

Rifuggendo dal protocollo, questa volta è stato il figlio stesso dell'Ayatollah, Mohammed Rida, a presentarsi alla porta per salutare il Papa e accompagnarlo dal padre.

Il colloquio è durato 45 minuti, più di quanto inizialmente previsto, durante i quali il Santo Padre ha sottolineato che "L'importanza della collaborazione e dell'amicizia tra le comunità religiose affinché, coltivando il rispetto reciproco e il dialogo, possano contribuire al bene dell'Iraq, della regione e dell'intera umanità", ha dichiarato il portavoce vaticano Matteo Bruni.

Il Papa ha espresso la sua gratitudine durante la visita che, "insieme alla comunità sciita e di fronte alle violenze e alle grandi difficoltà degli ultimi anni".il Grande Ayatollah Al Sistani] "ha levato la sua voce in difesa dei più deboli e dei più perseguitati, affermando la sacralità della vita umana e l'importanza dell'unità del popolo iracheno".

Tra i più deboli e perseguitati ci sono stati senza dubbio i cristiani, il che ha portato il Papa a definirli come "una Chiesa martirizzata". Nel congedarsi dal grande ayatollah, il Santo Padre "ha ribadito la sua preghiera a Dio, il Creatore di tutto, per un futuro di pace e fratellanza per l'amata terra dell'Iraq, per il Medio Oriente e per il mondo intero".

Con sciiti e sunniti

L'Islam sciita rappresenta circa il 15% dei musulmani di tutto il mondo, con maggioranze in Iran, nello stesso Iraq e nel Libano meridionale, tra gli altri Paesi; ci sono anche minoranze sciite in Siria, Afghanistan e Pakistan. I sunniti rappresentano circa l'85% del totale e si trovano, ad esempio, in Arabia Saudita, dove la monarchia è sunnita. 

Shahrazad Houshmand, iraniana, prima donna musulmana a laurearsi in Teologia Fondamentale Cristiana, ha descritto l'Ayatollah Al-Sistani, come "Il principale punto di riferimento religioso, teologico e giuridico per i musulmani in Iraq e in altri Paesi. Ricopre questo ruolo anche per gli sciiti in Pakistan, in India, nel Golfo Persico e anche per gli sciiti in Europa e in America".

Inoltre, in un'intervista con Notizie dal VaticanoHa ricordato che dopo l'incontro nel 2019 con il Grande Imam di Al-Azhar Ahmad Al-Tayyib, e la firma del documento ".Documento sulla fraternità umana per la pace e la coesistenza nel mondo"L'UE ha fatto un passo avanti nelle relazioni con l'Islam sunnita, "L'incontro con Al-Sistani è un nuovo grande passo nel dialogo con l'Islam"..

La prima frase del documento del 4 febbraio 2019, firmato ad Abu Dhabi, " è proprio la sintesi dell'atto religioso: il credente e la sua fede devono portare ad amare e sostenere il prossimo, ma è un amore che si trasforma anche in sostegno, soprattutto verso i più bisognosi. Credo che l'altro incontro con l'Ayatollah Al Sistani sia esattamente sulla stessa linea".aggiunge Housmand.

"Il terrorismo abusa della religione".

Dopo l'incontro con Al Sistani, Papa Francesco ha tenuto un altro storico incontro nell'antica città natale di Abramo, Ur dei Caldei, con i rappresentanti di ebrei e musulmani, esortandoli a percorrere un cammino di pace. Alcuni partecipanti hanno offerto le loro testimonianze di fraternità, sostegno reciproco e speranza.

Ieri, durante il suo incontro con la comunità cattolica, come riportato da questo portale OmnesIl Papa aveva detto loro: "Domani, a Ur, incontrerò i leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell'unità tra tutti i figli di Dio"..

E infatti, dopo le testimonianze, quasi nelle sue prime parole, Francesco ha indicato in Ur: "Da questo luogo che è fonte di fede, dalla terra di nostro padre Abramo, affermiamo che Dio è misericordioso e che l'offesa più blasfema è profanare il suo nome odiando il proprio fratello. L'ostilità, l'estremismo e la violenza non nascono da uno spirito religioso, ma sono tradimenti della religione".

"E noi credenti non possiamo rimanere in silenzio quando il terrorismo abusa della religione. Spetta infatti a noi risolvere i malintesi con chiarezza. Non permettiamo che la luce del cielo sia oscurata dalle nubi dell'odio. Le nubi oscure del terrorismo, della guerra e della violenza sono scese su questo Paese. Tutte le comunità etniche e religiose hanno sofferto.

Ci sono ancora rapimenti e persone scomparse

Il Santo Padre ha poi ricordato la comunità yazidi, "che ha pianto la morte di molti uomini e ha visto migliaia di donne, giovani e bambini rapiti, venduti come schiavi e sottoposti a violenze fisiche e conversioni forzate. 

"Oggi preghiamo per tutti coloro che hanno sopportato tali sofferenze e per coloro che sono ancora dispersi e rapiti", ha aggiunto Papa Francesco, "che possano presto tornare alle loro case". E preghiamo affinché la libertà di coscienza e la libertà religiosa siano rispettate ovunque; si tratta di diritti fondamentali, perché rendono l'uomo libero di contemplare il Cielo per il quale è stato creato".

  Il Papa ha strutturato il suo discorso in due parti: "Guardiamo al cielo, e "Camminiamo sulla terra", e aveva iniziato le sue osservazioni approfondendo il tema del "luogo benedetto". di Ur, che "Ci riporta alle origini, alle fonti dell'opera di Dio, alla nascita delle nostre religioni. Qui, dove visse nostro padre Abramo, ci sembra di tornare a casa. Qui ha sentito la chiamata di Dio e da qui è partito per un viaggio che avrebbe cambiato la storia. Noi siamo il frutto di quella chiamata e di quel viaggio"..

"E oggi noi, ebrei, cristiani e musulmani, insieme ai nostri fratelli e sorelle di altre religioni", ha aggiunto il Vicario di Cristo, "Noi onoriamo il padre Abramo come lui: guardiamo al cielo e camminiamo sulla terra".

Daewood e Hasan, cristiani e musulmani

Tutte le testimonianze rese durante l'incontro sono state commoventi. Il Papa ha fatto riferimento ad alcuni di essi. Per esempio, ha detto, "Mi ha colpito la testimonianza di Dawood e Hasan, un cristiano e un musulmano che, incuranti delle loro differenze, hanno studiato e lavorato insieme. Insieme hanno costruito il futuro e si sono ritrovati fratelli. Anche noi, per andare avanti, abbiamo bisogno di fare qualcosa di buono e concreto insieme. Questa è la strada da seguire, soprattutto per i giovani, che non possono vedere i loro sogni distrutti dai conflitti del passato.

Najy ha salvato il suo vicino musulmano 

"La signora Rafah ci ha raccontato l'esempio eroico di Najy, della comunità sabeo-mandaia, che ha perso la vita per salvare la famiglia del suo vicino musulmano. Quante persone qui, nel silenzio e nell'indifferenza del mondo, hanno intrapreso percorsi di fraternità! ha esclamato il Papa.

Rafah ha raccontato anche le indescrivibili sofferenze della guerra, ha proseguito il Santo Padre, che ha costretto molti a lasciare casa e patria in cerca di un futuro per i propri figli. "Grazie, Rafah, per aver condiviso con noi la tua ferma volontà di rimanere qui, nella terra dei tuoi padri. Che coloro che non ce l'hanno fatta e sono dovuti fuggire possano trovare un'accoglienza benevola, degna di persone vulnerabili e ferite", ha aggiunto il Papa.

   Il Romano Pontefice ha anche citato "i giovani volontari musulmani a Mosul, che hanno aiutato a ricostruire chiese e monasteri, costruendo amicizie fraterne sulle macerie dell'odio, e i cristiani e i musulmani che oggi restaurano insieme moschee e chiese"." e il professor Ali Thajeeche ci ha raccontato del ritorno dei pellegrini in questa città".

"È importante andare in pellegrinaggio nei luoghi santi, è il segno più bello dell'anelito al paradiso terrestre. Amare e proteggere i luoghi sacri è quindi una necessità esistenziale, ricordando il nostro padre Abramo, che in vari luoghi innalzò altari al Signore verso il cielo".

Il Vicario di Cristo ha sottolineato le parole finali del suo discorso in UrVogliamo impegnarci a realizzare il sogno di Dio: che la famiglia umana sia ospitale e accogliente verso tutti i suoi figli e che, guardando lo stesso cielo, cammini in pace sulla stessa terra.

Zoom

Il Papa a Erbil accanto all'immagine restaurata della Vergine Maria

Francesco ha pregato davanti all'immagine restaurata della Vergine Maria durante la Messa a Erbil. L'ISIS l'ha decapitata e le ha tagliato le mani. Il restauro ha riattaccato la testa, ma ha lasciato le mani appese.

Omnes-6 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Laicità, religione e libertà

La laicità, così come intesa dalle democrazie avanzate, non è una religione, ma un atteggiamento dello Stato nei confronti del fenomeno religioso.

5 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Il ministro della Cultura e "segretario per la laicità" del Partito socialista ha recentemente inviato una lettera ai dirigenti provinciali del partito con lo slogan "laicità, religione della libertà".

Il documento è stato pubblicato su vari media. Devo ammettere che come slogan suona bene. Allo stesso tempo, come molti slogan, contiene in poche parole equivoci, semplificazioni e contraddizioni. In questo breve commento farò riferimento a tre di essi. 

In primo luogo, comprendere il secolarismo come religione. Gli illuministi del XVIII secolo, a partire da Rousseau, proposero il secolarismo come una religione civile, con dogmi stabiliti dal sovrano, che i rivoluzionari francesi cercarono di imporre all'intera società con la violenza. Questa religione secolare si è manifestata in vari momenti storici come intollerante (così l'hanno concepita, tra gli altri, Proudhon, Marx, Feuerbach), perché è intesa come l'unica vera religione. 

Fortunatamente la laicità, così come intesa dalle democrazie avanzate, non è una religione, ma un atteggiamento dello Stato al fenomeno religioso. La laicità è innanzitutto neutralità. La neutralità non è l'equidistanza tra credere e non credere.

Consiste piuttosto nel rispettare e non prendere posizione rispetto alle diverse credenze e stili di vita che i cittadini scelgono di seguire. Neutralità non significa promuovere una politica basata su una religione specifica, nemmeno una religione civile, con l'intenzione di imporla a tutti attraverso le leggi. 

Il seconda fallacia Da quando la libertà è monopolio di qualcuno? Né il laico è più libero del credente; né il laico cessa di essere schiavo - come può diventarlo il credente - quando cerca di trasformare i suoi dogmi in dogmatismi. La libertà semplicemente non appartiene a nessuno, se non all'essere umano che non vi abdica. 

A terzo postoColoro che trasformano la laicità in religione finiscono per cadere in un discorso demagogico e incoerente che, pur sostenendo la laicità come "antidoto al monismo dei valori, al fanatismo o al dogmatismo", cerca di imporre a tutti un'unica visione (la loro visione) del mondo.

Un mondo in cui Dio conta poco o nulla. Un mondo in cui una parvenza di pluralità non disturba, purché nessuna di queste altre religioni contraddica i dogmi della religione civile. 

L'autoreMontserrat Gas Aixendri

Professore presso la Facoltà di Giurisprudenza dell'Università Internazionale della Catalogna e direttore dell'Istituto di Studi Superiori sulla Famiglia. Dirige la cattedra sulla solidarietà intergenerazionale nella famiglia (cattedra IsFamily Santander) e la cattedra sull'assistenza all'infanzia e le politiche familiari della Fondazione Joaquim Molins Figueras. È anche vicepreside della Facoltà di Giurisprudenza dell'UIC di Barcellona.

Mondo

Il Papa ai cattolici iracheni: "Costruite ponti perché tutti siano uno".

Papa Francesco ha fatto appello alla fratellanza, alla riconciliazione e alla costruzione della pace durante un incontro con un gruppo di cattolici a Baghdad.

David Fernández Alonso-5 marzo 2021-Tempo di lettura: 7 minuti

Papa Francesco è arrivato nella Cattedrale siro-cattolica intorno alle 15.00, dove è stato accolto da alcuni fedeli riuniti intorno alla chiesa con un applauso, dimostrando grande affetto e gioia. L'incontro con i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e le religiose, i seminaristi e i catechisti si svolgerà nella cattedrale.

La Cattedrale di Nostra Signora della Salvezza è la sede dell'arcieparchia siro-cattolica di Baghdad ed è stata oggetto di due attacchi terroristici. Uno di questi, nell'ottobre 2010, è stato particolarmente grave, perpetrato dal sedicente Stato Islamico, dove sono state uccise 48 persone, di cui due sacerdoti.

Affetto e gratitudine

Dopo i saluti del patriarca Ignazio Youssef III Younan di Antiochia dei Siri e del cardinale Louis Raphaël Sako, patriarca di Babilonia dei Caldei, presidente dell'Assemblea dei vescovi cattolici dell'Iraq, il Papa ha iniziato il suo discorso.

Il Santo Padre ha iniziato il suo discorso esprimendo il suo affetto per l'intera comunità irachena. "Vi abbraccio tutti con affetto paterno. Ringrazio il Signore che nella sua provvidenza ci ha permesso questo incontro oggi. Ringrazio Sua Beatitudine il Patriarca Ignace Youssif Younan e Sua Beatitudine il Cardinale Louis Sako per le loro parole di benvenuto.

Non è mancato il ricordo di coloro che sono stati vittime degli attentati: il Papa ha menzionato in particolare questi luoghi come "benedetti dal sangue dei nostri fratelli e sorelle che qui hanno pagato il prezzo estremo della loro fedeltà al Signore e alla sua Chiesa". Che il ricordo del loro sacrificio ci ispiri a rinnovare la nostra fiducia nel potere della Croce e nel suo messaggio salvifico di perdono, riconciliazione e risurrezione. Il cristiano è infatti chiamato a testimoniare l'amore di Cristo ovunque e in ogni momento. Questo è il Vangelo da annunciare e incarnare anche in questo amato Paese. Come vescovi e sacerdoti, religiosi e religiose, catechisti e leader laici, tutti voi condividete le gioie e le sofferenze, le speranze e le angosce dei fedeli di Cristo".

Non ridurre lo zelo apostolico

La pandemia ha aggravato "i bisogni del popolo di Dio e le ardue sfide pastorali che deve affrontare". Nonostante tutto", ha proseguito Francesco, "ciò che non deve mai essere fermato o ridotto è il nostro zelo apostolico, che trae origine da radici molto antiche, dalla presenza ininterrotta della Chiesa in queste terre fin dai tempi più remoti".

Di fronte al virus dello scoraggiamento che sembra circondarci, ha detto, non dobbiamo permettergli di infettarci. "Il Signore ci ha dato un vaccino efficace contro questo terribile virus, che è la speranza che nasce dalla preghiera perseverante e dalla fedeltà quotidiana al nostro apostolato. Con questo vaccino possiamo andare avanti con sempre nuova energia, per condividere la gioia del Vangelo, come discepoli missionari e segni vivi della presenza del Regno di Dio, un Regno di santità, giustizia e pace".

"Quanto il mondo intorno a noi ha bisogno di sentire questo messaggio. Non dimentichiamo mai che Cristo è annunciato soprattutto dalla testimonianza di vite trasformate dalla gioia del Vangelo. Come vediamo nella storia antica della Chiesa in queste terre, una fede viva in Gesù è "contagiosa", può cambiare il mondo. Evangelii gaudium, 167)".

Unità nel dolore

Il Santo Padre si è unito al dolore e alla sofferenza degli iracheni negli ultimi tempi. "Negli ultimi decenni, voi e i vostri concittadini avete dovuto affrontare le conseguenze di guerre e persecuzioni, la fragilità delle infrastrutture di base e la continua lotta per la sicurezza economica e personale, che spesso ha portato allo sfollamento interno e alla migrazione di molti, compresi i cristiani, in altre parti del mondo. Vi ringrazio, fratelli vescovi e sacerdoti, perché restate vicini al vostro popolo, lo sostenete, vi sforzate di rispondere ai bisogni della gente e aiutate ciascuno a svolgere il proprio ruolo al servizio del bene comune.

Li ha anche incoraggiati a continuare con cura l'opera educativa e caritativa "delle loro Chiese particolari, che rappresentano una risorsa preziosa per la vita della comunità ecclesiale e della società nel suo insieme". Li incoraggio a perseverare in questo impegno, per far sì che la comunità cattolica in Iraq, pur essendo piccola come un granello di senape (cfr. Mt 13,31-32), continuano ad arricchire il cammino di tutto il Paese".

Diversità e unità

Naturalmente, il Papa ha anche fatto appello alla fraternità: "L'amore di Cristo ci chiede di mettere da parte ogni egocentrismo e rivalità; ci spinge alla comunione universale e ci chiama a formare una comunità di fratelli e sorelle che si accolgono e si curano reciprocamente (cfr. Lettera enciclica, p. 4). Fratelli tutti, 95-96). Penso all'immagine familiare di un tappeto. Le diverse Chiese presenti in Iraq, ciascuna con il suo patrimonio storico, liturgico e spirituale ancestrale, sono come tanti fili colorati particolari che, intrecciati insieme, formano un tappeto unico e bellissimo, che non solo testimonia la nostra fratellanza, ma rimanda anche alla sua origine. Perché Dio stesso è l'artista che ha ideato questo tappeto, che lo tesse con pazienza e lo rammenda con cura, volendo che siamo sempre strettamente uniti tra di noi, come suoi figli e figlie".

Francesco ha incoraggiato, ricordando le parole di Sant'Ignazio di Antiochia: "Non ci sia in voi nulla che possa dividervi, [...] ma che, riuniti in comune, ci sia una sola preghiera, una sola speranza nella carità e nella santa letizia" (Ad Magnesios, 6-7: PL 5, 667). Quanto è importante questa testimonianza di unità fraterna in un mondo spesso frammentato e lacerato dalle nostre divisioni. Ogni sforzo per costruire ponti tra la comunità e le istituzioni ecclesiali, parrocchiali e diocesane, servirà come gesto profetico della Chiesa in Iraq e come risposta fruttuosa alla preghiera di Gesù affinché tutti siano uno (cfr. Jn 17,21; Ecclesia in Medio Oriente, 37).

Le parole rivolte a pastori e fedeli, sacerdoti, religiosi e catechisti sottolineano che le tensioni che si creano "sono nodi che ci portiamo dentro; infatti, siamo tutti peccatori". Ma questi nodi possono essere sciolti dalla Grazia, da un amore più grande; possono essere sciolti dal perdono e dal dialogo fraterno, portando pazientemente i pesi gli uni degli altri (cfr. Gal 6,2) e rafforzandoci a vicenda nei momenti di prova e di difficoltà".

Accompagniamo i pastori

Ha poi voluto rivolgersi in particolare ai suoi "fratelli vescovi". Mi piace pensare al nostro ministero episcopale in termini di vicinanza, cioè al nostro bisogno di stare con Dio nella preghiera, insieme ai fedeli affidati alle nostre cure e ai nostri sacerdoti. Siate particolarmente vicini ai vostri sacerdoti. Vedeteli non come amministratori o direttori, ma come padri, preoccupati per il bene dei loro figli, pronti a offrire loro sostegno e incoraggiamento con cuore aperto. Accompagnateli con la vostra preghiera, con il vostro tempo, con la vostra pazienza, valorizzando il loro lavoro e incoraggiando la loro crescita. In questo modo sarete per i vostri sacerdoti un segno visibile di Gesù, il Buon Pastore che conosce le sue pecore e dà la sua vita per loro (cfr. Jn 10,14-15)".

Rivolgendosi a tutti i presenti, il Papa li ha incoraggiati ad annunciare il Vangelo con coraggio: "Tutti voi avete sentito la voce del Signore nel vostro cuore, e come il giovane Samuele avete risposto: "Eccomi"" (1 S 3,4). Che questa risposta, che vi invito a rinnovare ogni giorno, porti ciascuno di voi a condividere la Buona Novella con entusiasmo e coraggio, vivendo e camminando sempre alla luce della Parola di Dio, che abbiamo il dono e il compito di annunciare. Sappiamo che il nostro servizio comporta anche una parte amministrativa, ma questo non significa che dobbiamo passare tutto il tempo in riunione o dietro una scrivania. È importante essere in mezzo al nostro gregge e offrire la nostra presenza e il nostro accompagnamento ai fedeli nelle città e nei villaggi. Penso a coloro che rischiano di essere lasciati indietro, ai giovani, agli anziani, ai malati e ai poveri.

La discendenza del popolo di Dio

Quando serviamo il nostro prossimo con dedizione", ha sottolineato Francesco, "come fate voi, con uno spirito di compassione, umiltà e gentilezza, con amore, stiamo veramente servendo Gesù, come lui stesso ci ha detto di fare (cfr. Mt 25,40). E servendo Gesù negli altri, scopriamo la vera gioia. Non allontanatevi dal popolo santo di Dio, nel quale siete nati. Non dimenticate le vostre madri e le vostre nonne che vi hanno "allattato" nella fede, come direbbe san Paolo (cfr. 2 Tm 1,5). Siate pastori, servitori del popolo e non amministratori pubblici. Sempre con il popolo di Dio, mai separati come se foste una classe privilegiata. Non disconoscete questo nobile "ceppo" che è il popolo santo di Dio".

Il Santo Padre non ha voluto concludere senza menzionare "i nostri fratelli e sorelle che sono morti nell'attacco terroristico a questa Cattedrale dieci anni fa e di cui è in corso il processo di beatificazione". La loro morte ricorda con forza che l'incitamento alla guerra, gli atteggiamenti di odio, la violenza e lo spargimento di sangue sono incompatibili con gli insegnamenti religiosi (cfr. Lettera enciclica "La morte dei nostri fratelli e sorelle"). Fratelli tutti, 285). E vorrei anche ricordare tutte le vittime di violenza e persecuzione, appartenenti a qualsiasi comunità religiosa.

Impegno per la costruzione della pace

Domani", ha annunciato Francesco, "a Ur, incontrerò i leader delle tradizioni religiose presenti in questo Paese, per proclamare ancora una volta la nostra convinzione che la religione deve servire la causa della pace e dell'unità tra tutti i figli di Dio. Questa sera voglio ringraziarvi per il vostro impegno a essere costruttori di pace, all'interno delle vostre comunità e con i credenti di altre tradizioni religiose, diffondendo semi di riconciliazione e coesistenza fraterna che possono portare a una rinascita della speranza per tutti. Penso in particolare ai giovani.

"Ovunque sono portatori di promesse e di speranza, soprattutto in questo Paese. Infatti, qui non c'è solo un patrimonio archeologico inestimabile, ma una ricchezza incalcolabile per il futuro: sono i giovani! Sono il vostro tesoro e dobbiamo prenderci cura di loro, coltivando i loro sogni, accompagnandoli lungo il cammino e rafforzando la loro speranza. Anche se sono giovani, la loro pazienza è già stata messa a dura prova dai conflitti degli ultimi anni. Ma ricordiamoci che essi - insieme agli anziani - sono la punta di diamante del Paese, i frutti migliori dell'albero. Sta a noi nutrirli per il bene e dare loro speranza.

Fedeli alle promesse di Dio

Il Papa ha concluso ricordando che "con il battesimo e la cresima, con l'ordinazione o la professione religiosa, siete stati consacrati al Signore e inviati a essere discepoli missionari in questa terra così strettamente legata alla storia della salvezza". Testimoniando fedelmente le promesse di Dio, che non mancano mai di realizzarsi, e cercando di costruire un nuovo futuro, siete parte di quella storia. La vostra testimonianza, maturata nelle avversità e rafforzata dal sangue dei martiri, sia una luce splendente in Iraq e oltre, per proclamare la grandezza del Signore e per far esultare lo spirito di questo popolo in Dio nostro Salvatore (cfr. Lc 1,46-47)".

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Mondo

"La diversità religiosa, etnica e culturale è una risorsa, non un ostacolo".

Papa Francesco è già sul suolo iracheno. "Vengo come penitente a chiedere perdono al Cielo e ai miei fratelli e sorelle per tanta distruzione e crudeltà. Vengo come pellegrino di pace, nel nome di Cristo, Principe della Pace", Direi poco dopo l'arrivo davanti alle autorità del Paese.

Rafael Miner-5 marzo 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

Il suo aereo è atterrato all'aeroporto internazionale di Baghdad alle 14.00 ora irachena, segnando l'inizio del suo 33° viaggio apostolico internazionale. A Baghdad, un lungo tappeto rosso e le trombe in sottofondo con L'inno alla gioiaa, ha salutato il Santo Padre. Una canzone in sintonia con il motto del viaggio: "Siete tutti fratelli". (Mt 23,8). 

Il Papa è stato ricevuto dal Primo Ministro del Paese, Mustafa Al-Kadhimi, ai piedi della scaletta dell'aereo Alitalia, e insieme si sono spostati nella sala VIP dell'aeroporto per un incontro privato e una foto ufficiale. Il Papa ha consegnato al Primo Ministro un trittico, una medaglia d'argento da viaggio e un'edizione speciale della sua Enciclica. Fratelli tutti.

Durante il volo, il Papa aveva ricordato con affetto la messicana Valentina Alazraki, la decana dei voli con il Santo Padre, che non è in questo viaggio e il cui testimone è stato raccolto questa volta dall'americano Philip Pulella. Prima di partire, Francesco si è intrattenuto con una dozzina di rifugiati iracheni, ospitati dalla Comunità di Sant'Egidio e dalla cooperativa Auxilium, accompagnati dall'elemosiniere apostolico, il cardinale Konrad Krajewski.

Il volo è durato quattro ore e mezza, durante le quali ha sorvolato Grecia, Cipro, Palestina, Israele, Giordania e, infine, parte dell'Iraq, prima di arrivare all'aeroporto di Baghdad. Come da tradizione, il Pontefice ha inviato telegrammi alle autorità di ciascuno dei Paesi sorvolati. A bordo dell'aereo, un'immagine molto speciale ha accompagnato il Santo Padre durante il viaggio: la Madonna di Loreto. "Questo è un viaggio di punta"Francesco ha detto ai giornalisti."È anche un dovere nei confronti di una terra che è stata martoriata per molti anni. Grazie per avermi accompagnato.

Il Presidente iracheno

Dopo il suo arrivo a Baghdad, Papa Francesco si è recato al Palazzo presidenziale, dove si è svolta la cerimonia ufficiale di benvenuto. Il Presidente della Repubblica dell'Iraq, Barham Ahmed Salih Qassim, ha ricordato che "Il nostro mondo purtroppo vive oggi in un'epoca di contrapposizioni e in Oriente stiamo perdendo l'attitudine al pluralismo. Questa strada incita al terrorismo e alle atrocità con pretesti che non hanno nulla a che fare con il messaggio divino e questo è ciò che minaccia il nostro futuro".È essenziale combattere le ideologie estremiste e sradicare le radici del terrorismo.", ha aggiunto il Presidente della Repubblica, secondo cope.es

Diritto e tutela delle comunità religiose

Nel suo discorso alle autorità, alla società civile e al corpo diplomatico, il primo in terra irachena, il Papa ha accennato al processo di ricostruzione del Paese, in senso morale in modo particolare. 

"Solo se riusciremo a guardarci l'un l'altro, con le nostre differenze, come membri della stessa famiglia umana, potremo iniziare un efficace processo di ricostruzione e lasciare alle generazioni future un mondo migliore, più giusto e più umano", ha detto il Papa. "In questo senso, la diversità religiosa, culturale ed etnica che ha caratterizzato la società irachena per millenni è una risorsa preziosa da sfruttare, non un ostacolo da rimuovere", ha sottolineato.

"Oggi l'Iraq è chiamato a dimostrare a tutti, soprattutto in Medio Oriente, che le differenze, anziché dare origine a conflitti, devono cooperare armoniosamente nella vita civile", il Papa ha continuato su questa linea. "La coesistenza fraterna richiede un dialogo paziente e sincero, salvaguardato dalla giustizia e dal rispetto della legge. Non è un compito facile: richiede sforzo e impegno da parte di tutti per superare rivalità e opposizioni e dialogare sulla base dell'identità più profonda che abbiamo, quella di figli dell'unico Dio e Creatore".

Sulla base di questo principio, "La Santa Sede, in Iraq come altrove, non si stanca di fare appello alle autorità competenti affinché concedano riconoscimento, rispetto, diritti e protezione a tutte le comunità religiose. Apprezzo gli sforzi che sono già stati fatti in questa direzione e unisco la mia voce a quella di uomini e donne di buona volontà per andare avanti per il bene del Paese".

Il Papa ha respinto il terrorismo, basato su idee fondamentaliste, e ha ricordato la minoranza yazidi perseguitata. "Negli ultimi decenni, l'Iraq ha subito i disastri delle guerre, il flagello del terrorismo e i conflitti settari spesso basati su un fondamentalismo che non può accettare la coesistenza pacifica di vari gruppi etnici e religiosi, di idee e culture diverse. Tutto questo ha portato morte, distruzione, rovine ancora visibili, e non solo a livello materiale: il danno è ancora più profondo se si pensa alle ferite nel cuore di molte persone e comunità, che richiederanno anni per guarire". 

"E qui, ha aggiunto, "Tra i tanti che hanno sofferto, non posso non ricordare gli yazidi, vittime innocenti di una barbarie insensata e disumana, perseguitati e uccisi a causa del loro credo religioso, la cui stessa identità e sopravvivenza sono state messe in pericolo.".

"San Giovanni Paolo II ha offerto preghiere e sofferenze".

C'è stato un momento nel suo discorso in cui il Papa è sembrato aprire di più il suo cuore e ha fatto diversi appelli più concreti. A un certo punto, ha rivelato: "Quanto abbiamo pregato in questi anni per la pace in Iraq! San Giovanni Paolo II non ha risparmiato iniziative, e soprattutto ha offerto preghiere e sofferenze per questo. E Dio ascolta, ascolta sempre. Sta a noi ascoltarlo e camminare nelle sue vie".

Il La numerazione delle espressioni citate di seguito non si trova nel discorso di Papa Francesco, ma può servire da guida. Sono linee guida per lavorare per la pace, secondo le sue parole al Palazzo presidenziale iracheno: 

Primo. "Facciamo tacere le armi, impediamo la loro proliferazione, qui e ovunque".

Secondo. "Fermare gli interessi particolari, quegli interessi esterni che sono indifferenti alla popolazione locale".

Terzo. "Si dia voce ai costruttori, agli artigiani della pace, ai piccoli, ai poveri, ai semplici che vogliono vivere, lavorare e pregare in pace".

Quarto. "Basta con la violenza, l'estremismo, le fazioni, l'intolleranza; fate spazio a tutti i cittadini che vogliono costruire questo Paese insieme, attraverso il dialogo, la discussione franca e sincera, costruttiva; a coloro che si impegnano per la riconciliazione e che sono disposti a mettere da parte i propri interessi per il bene comune".

Quinto. "Negli ultimi anni, l'Iraq ha cercato di porre le basi per una società democratica. A questo proposito, è essenziale assicurare la partecipazione di tutti i gruppi politici, sociali e religiosi e garantire i diritti fondamentali di tutti i cittadini. Nessuno dovrebbe essere considerato un cittadino di seconda classe. Incoraggio i passi compiuti finora in questo processo e spero che consolidino la serenità e la concordia.

"Unità fraterna

Nei suoi primi discorsi in Iraq, Papa Francesco ha usato il termine "unità fraterna in diverse occasioni. Ha detto alle autorità, ai rappresentanti della società civile e del corpo diplomatico, ricordando i più vulnerabili e coloro che sono stati vittime di persecuzioni e terrorismo. Si tratta di idee che il Papa probabilmente approfondirà in occasione dell'evento di domenica a Mosul.

"Una società che porta l'impronta dell'unità fraterna è una società i cui membri vivono tra loro in modo solidale. La solidarietà ci aiuta a vedere l'altro [...] come il nostro vicino, il nostro compagno di viaggio". È una virtù che ci porta a compiere gesti concreti di cura e servizio, con particolare attenzione ai più vulnerabili e bisognosi. Penso a coloro che, a causa della violenza, della persecuzione e del terrorismo, hanno perso familiari e persone care, case e beni di prima necessità"..

"Da una crisi si esce meglio o peggio".

"Ma penso anche, Francisco ha sottolineatoIl "in tutte le persone che lottano ogni giorno per trovare sicurezza e i mezzi per andare avanti, mentre la disoccupazione e la povertà sono in aumento". Sapere "che siamo responsabili della fragilità degli altri" (Lettera enciclica Fratelli tutti, 115) deve ispirare ogni sforzo per creare opportunità concrete sia in ambito economico ed educativo, sia nella cura del creato, la nostra casa comune.".

E questa è stata la sua realizzazione: "Dopo una crisi non basta ricostruire, bisogna ricostruire bene, in modo che tutti possano avere una vita dignitosa. Non si esce da una crisi come prima: se ne esce migliori o peggiori. Come leader politici e diplomatici, siete chiamati a promuovere questo spirito di solidarietà fraterna. È necessario combattere la piaga della corruzione, degli abusi di potere e dell'illegalità, ma non è sufficiente. Allo stesso tempo, occorre costruire la giustizia, far crescere l'onestà e la trasparenza.

Mondo

Comunicazione su migranti e rifugiati, tra solidarietà e paura

In un evento a Roma è stata studiata la comunicazione sull'immigrazione e i rifugiati, che oscilla tra la solidarietà verso il fenomeno e i suoi aspetti positivi e la paura delle possibili conseguenze negative.

Manuel Sánchez e Antonino Piccione-5 marzo 2021-Tempo di lettura: 5 minuti

L'evento è promosso dal Comitato per l'informazione, i migranti e i rifugiati"L'evento, organizzato dalla Facoltà di Comunicazione della Pontificia Università della Santa Croce, dall'Associazione ISCOM e dalla ONG Harambee Africa International, si è svolto martedì 19 gennaio. Si tratta di una giornata di studio e di formazione professionale per i giornalisti, una nuova opportunità per concentrarsi sui temi dei media e per contribuire a un'informazione più seria e rispettosa della dignità umana.

Si è svolta in streaming, con un'attenzione particolare all'etica e alla deontologia professionale. Si tratta della seconda edizione della conferenza del 31 gennaio 2019, alla quale hanno partecipato più di 50 persone, tra cui accademici, giornalisti, responsabili di organizzazioni umanitarie e rappresentanti di istituzioni ecclesiastiche ed educative. 

"Mostrare le motivazioni reali e profonde per cui tante persone lasciano i loro Paesi in cerca di un futuro migliore è uno dei compiti di un'informazione chiara, seria e obiettiva". Con queste parole il cardinale Augusto Paolo Lojudice, arcivescovo di Siena e membro della Congregazione per i Vescovi, ha rivolto il suo saluto iniziale, ricordando l'importanza di contrastare le narrazioni ideologiche con "la precisione di una comunicazione sana e intelligente che ci permette di guardare al futuro". 

Mettere la persona al centro

Su questo ha riflettuto Fabio Baggio, sottosegretario della Sezione Migranti e Rifugiati del Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, per il quale le carenze dell'attuale panorama informativo sono, in particolare: "la facile generalizzazione, l'uso di termini impropri (clandestini, irregolari, extracomunitari) e le analisi affrettate". Il Santo Padre, nella sua ultima enciclica Fratelli tuttiMette in guardia dal "narcisismo locale", preoccupato di creare muri difensivi, e ci invita a dialogare con tutti i popoli "perché le altre culture non sono nemici da cui difendersi, ma un diverso riflesso dell'inesauribile ricchezza della vita umana". 

Tra gli aspetti problematici della cronaca del fenomeno migratorio, spicca la mera e sterile diffusione di cifre e dati da parte della maggior parte dei media ("fredde statistiche"), che trascura le persone e le loro storie, ognuna con un'identità e un'esperienza straordinaria. È il caso di tre rifugiati, Curdo Nabaz Kamilil congolese Myrra Muteba, y Malian MoussaLe loro testimonianze hanno accompagnato il dibattito, moderato da Donatella Parisi, responsabile della comunicazione del Centro Astalli, sulla costruzione sociale e la percezione dell'immigrazione. 

Di fronte alle campagne ostili e alla propaganda sovranista, è necessario dare voce a un'Italia "che non si vede, che non si conosce", ha osservato Mario Marazziti, della Comunità di Sant'Egidio, autore del libro Porte Aperte (Porte aperte). "Un Paese che ha già iniziato a ricostruirsi, proprio intorno all'arrivo dei rifugiati giunti in sicurezza grazie ai Corridoi Umanitari": persone comuni che lavorano per accogliere queste persone e integrarle, a proprie spese, dedicando tempo, denaro e risorse umane. Questa è una chiave per parlare di "italiani" e di come costruire un territorio più solidale.

L'importanza di raccontare il fenomeno nella sua complessità

Aldo Skoda, professore di teologia alla Pontificia Università Urbaniana, ha parlato degli insegnamenti di Gordon Allport, eminente psicologo americano, per promuovere una comunicazione volta a superare la visione negativa dell'altro, piena di stereotipi e pregiudizi.

Skoda ha riassunto gli insegnamenti dello psicologo americano nei seguenti punti: "Sottolineare l'uguaglianza di migranti e autoctoni, entrambi capaci di dialogare tra pari; l'importanza dell'interazione cooperativa, con la narrazione di esempi di co-costruzione della società in cui migranti e rifugiati hanno un ruolo da protagonisti, non solo da fruitori; e un chiaro supporto sociale e istituzionale che metta in luce la realtà per quella che è, in fuga da facili assistenzialismi". 

Il problema, come ha rivelato Fabrizio Battistelli, docente di Sociologia all'Università La Sapienza, è che "gli aspetti negativi fanno sempre più notizia di quelli positivi, quindi si tende facilmente a dare le notizie più scandalose; per attirare l'attenzione ci si concentra di più sull'aspetto allarmistico, anche quando non esiste. I media arrivano così a trasformare il "rischio" dell'immigrazione in una vera e propria "minaccia", senza alcun riferimento ai benefici dell'immigrazione. È quindi necessario riportare il fenomeno nella sua complessità, evidenziandone vantaggi e svantaggi. Questa è la missione dei politici e dei media, che offrono una comunicazione non strumentale, che non cerca solo di ottenere audience e voti".

Ascoltare l'altro

Per padre Camillo Ripamonti, presidente del Centro Astalli, una corretta percezione del fenomeno migratorio non può prescindere dal "coltivare la fiducia reciproca tra immigrati e autoctoni e promuovere una cultura dell'incontro, con l'obiettivo di ascoltare l'altro, di mettersi al suo posto": "conoscere per capire" - come dice Papa Francesco. 

"Migliaia di studenti ogni anno hanno la possibilità di ascoltare - grazie agli incontri promossi dal Centro Astalli - le testimonianze dirette di uomini e donne che hanno vissuto l'esperienza dell'esilio o che sono fedeli a religioni diverse dalla nostra". Puntare sui giovani e sulle scuole italiane per gettare le basi di una società in cui le diversità etniche, linguistiche e religiose siano considerate una ricchezza e non un ostacolo per il nostro futuro, è considerato un importante punto di partenza in questo senso.

Il lessico della migrazione

La riflessione finale dell'incontro si è concentrata sul linguaggio e sull'etica della professione giornalistica, temi introdotti dalla giornalista Irene Savio, coautrice del libro Il mio nome è rifugiato (Caratteristiche, 2016). Con il supporto dell'Osservatorio di Pavia, l'Associazione Lettera da Roma ha esplorato il lessico del fenomeno migratorio dal 2013 al 2020. Ne ha parlato il suo presidente, Valerio Cataldi: "Nel 2013 la parola simbolo è stata "Lampedusa", teatro di naufragi e accoglienza; nel 2014 "Mare nostrum", l'operazione di salvataggio in mare dei migranti nel Canale di Sicilia; e nel 2015, all'indomani della morte del piccolo Alan Kurdi, "Europa", come risposta europea all'arrivo di immigrati e rifugiati".

"Nel 2016 il quadro in cui viene raccontato il fenomeno migratorio inizia a cambiare: la parola chiave è "muri" e nel 2017 "Ong", che vengono sospettate e accusate di "effettuare operazioni di ricerca e salvataggio in mare con un obiettivo economico". Nel 2018 la parola chiave è "Salvini" e nell'anno successivo è ancora "Salvini", insieme a "Carola" (la migrazione è diventata un tema di incontro e disaccordo politico). La parola chiave del 2020 è "virus", in uno scenario di allarme sanitario in cui la presenza di migranti è associata a possibili contagi.

Sono ancora presenti - ha sottolineato Paolo 
Lambruschi, direttore del quotidiano Avvenire - "alcune delle parole che hanno evidenziato il fenomeno migratorio: emergenza, invasione, sbarco, ghetti, confino. Tutte queste parole servono a un giornalismo poco attento - dove è fondamentale continuare a studiare e approfondire - che non si preoccupa di capire e far capire, ignorando la natura globale del fenomeno, senza indagare, ad esempio, i nuovi motori delle migrazioni, gestiti dai terroristi oltre il Mediterraneo e la rotta balcanica. Inoltre, trascura i progetti di sviluppo e le missioni umanitarie.

È necessario, anche da parte dei media, fare pressione sull'Europa affinché promuova canali legali di accesso, con l'accordo di tutti gli Stati membri, per "porre fine al traffico di esseri umani, una piaga che non conosce sosta, affrontando razionalmente il problema dei migranti economici".

L'autoreManuel Sánchez e Antonino Piccione

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Mondo

Il sacerdote iracheno Aram Pano: "L'Iraq ha bisogno di fraternità".

"La visita del Santo Padre rappresenta una grande sfida a coloro che vogliono distruggere il Paese e mostrerà i veri valori del cristianesimo", ha detto il giovane sacerdote iracheno Aram Pano, in un incontro digitale organizzato dalla Fondazione Centro Accademico Romano (CARF), in occasione della visita di Papa Francesco in Iraq.

Rafael Miner-5 marzo 2021-Tempo di lettura: 4 minuti

"Grazie per avermi invitato a parlare ai nostri amici di lingua spagnola! Shlama o shina o taibotha dmaria saria ild kol, che in aramaico significa "pace, tranquillità e grazia di Dio siano con tutti voi"!Aram, che ha studiato filosofia e teologia presso il seminario di Baghdad, è stato ordinato sacerdote il 9 settembre 2011.

Ora, dopo quasi 10 anni di sacerdozio, Aram Pano, inviato dal suo vescovo, studia Comunicazione istituzionale presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma. "perché il mondo ha bisogno che ognuno di noi contribuisca all'evangelizzazione. E soprattutto in questi tempi, per annunciare il Vangelo, è necessario conoscere la cultura digitale e della comunicazione Ho grandi speranze per il futuro.

Aram Pano sulla visita del Papa in Iraq "Nella prospettiva dell'enciclica di Papa Francesco 'Fratelli tutti', questo è ciò di cui il mio Paese ha bisogno: la fraternità. Quindi tutti i cristiani in Iraq sperano che questo viaggio faccia la differenza".ha dichiarato in occasione dell'incontro online del CARFL'istituzione aiuta numerosi sacerdoti, laici, religiosi e seminaristi a proseguire gli studi e la formazione.

 Il giovane sacerdote ha cantato il Padre nostro in aramaico, la lingua di Gesù e la lingua comune di molte persone dopo duemila anni, e spiegò che "In effetti l'aramaico, nel dialetto siriaco orientale, è la mia lingua madre e la lingua di tutti gli abitanti della zona in cui sono nato, nel nord dell'Iraq, che si chiama Tel Skuf, che significa Collina del Vescovo. Si trova a circa 30 km da Mosul, l'antica città di Ninive, nel cuore cristiano del Paese"..

"Più tardi, a Bassora, il nostro vescovo mi chiese di accompagnarlo in una missione pastorale a Misan, a circa 170 km da Bassora, dove c'erano venti famiglie cristiane, e lì è nata la mia vocazione.

"Molti problemi complicati".

 Per quanto riguarda i problemi attuali dell'Iraq, Aram Pano osserva che "La mancanza di onestà e di volontà di ricostruire il Paese, i musulmani che si sono separati, il governo che pensa più a essere fedele ai Paesi vicini che al benessere dei suoi cittadini... Non c'è un solo problema, ma molti problemi complicati. A suo parere, "La politica, il servizio al cittadino, non esiste, perché è nelle mani di altri fuori dall'Iraq. Tuttavia, il frutto dell'opera di Dio non è alla nostra portata e preghiamo affinché, attraverso questo viaggio, la pace, l'amore di Cristo e l'unità siano proclamati a un popolo che non può più sopportarlo.

Importante contesto interreligioso

All'incontro ha partecipato anche lo scrittore italiano Gerardo Ferrara, esperto di storia e cultura del Medio Oriente. "È un momento storico per tutti i cristiani del mondo e soprattutto per questo Paese.", ha detto Ferrara, che ha spiegato che il Santo Padre continua a "l'impronta di San Giovanni Paolo II, che ha voluto iniziare il Grande Giubileo del 2000 con un pellegrinaggio in Iraq, "perché è la terra di Abramo", ma non è stato in grado di farlo, a causa dell'opposizione prima degli Stati Uniti e poi di Saddam Hussein.

"Abramo veniva da Ur dei Caldei, e proprio come cristiani, ebrei e musulmani, da un punto di vista storico e religioso, ci riteniamo tutti discendenti di Abramo", ha aggiunto lo scrittore.

Proprio questa settimana, il Papa ha sottolineato, tra l'altro, questa ragione del viaggio: "Dopodomani, se Dio vuole, andrò in Iraq per un pellegrinaggio di tre giorni"., y "Insieme agli altri leader religiosi, faremo un altro passo avanti nella fratellanza dei credenti. Il popolo iracheno ha atteso San Giovanni Paolo II, che non è potuto venire. Non si può deludere un popolo una seconda volta", Francisco ha sottolineato.

Alla riunione del CARF, Gerardo Ferrara ha fatto il punto sulla situazione etnica e socio-politica in Iraq, "che è molto complicato". Per prima cosa il Papa incontrerà le autorità del Paese e celebrerà la Messa nella Cattedrale caldea (cattolica) di Baghdad. Poi andrà a Ur. Una delle città più antiche del mondo. Lì avrà un incontro interreligioso con ebrei, cristiani e musulmani.

"Un'altra riunione importante, nella visione di Ferrara, "Avrà luogo con il Grande Ayatollah Al-Sistani, che è il capo degli sciiti iracheni, che sono la componente etno-religiosa più importante del Paese, perché costituiscono il 60% della popolazione. I musulmani sunniti sono il 35%, e poi ci sono cristiani, yazidi, mandaeani e altre minoranze.

"Fratelli tutti".

Anche l'esperto italiano si è riferito, come il sacerdote Aram Pano, a questo viaggio come a una visita incorniciata. nel contesto dell'enciclica "Fratelli tutti", e la fraternità è proprio ciò di cui questo Paese ha più bisogno. I cristiani hanno chiesto al Papa di incontrare l'ayatollah Al-Sistani".ha dichiarato Gerardo Ferrara al colloquio CARF.

Nel suo videomessaggio in vista della sua visita in Iraq, Papa Francesco ha detto: "Desidero incontrarvi, vedere i vostri volti, visitare la vostra terra, antica e straordinaria culla di civiltà. Vengo come pellegrino, come pellegrino penitente, per implorare il perdono del Signore e la riconciliazione dopo anni di guerra e terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite. E vengo in mezzo a voi come pellegrino di pace, per ripetere: "Voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8). (Mt 23,8). Sì, vengo come pellegrino di pace in cerca di fraternità, animato dal desiderio di pregare insieme e di camminare insieme, anche con fratelli e sorelle di altre tradizioni religiose, nel segno del Padre Abramo, che unisce musulmani, ebrei e cristiani in una sola famiglia" (Mt 23,8)..

Spagna

Duni Sawadogo: "L'istruzione mi ha cambiato la vita".

Il Premio Harambee per la promozione e l'uguaglianza delle donne africane ha tenuto una conferenza stampa virtuale in cui ha sottolineato il suo interesse a promuovere l'accesso all'istruzione universitaria scientifica tra le donne del suo Paese.

Maria José Atienza-5 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

La dottoressa Duni Sawadogo ha descritto alcune delle attività che le sono valse il Premio Harambee per la promozione e l'uguaglianza delle donne africane nel corso di una conferenza stampa virtuale tenutasi questa mattina, in cui ha sottolineato il suo interesse nel facilitare e promuovere l'accesso all'istruzione universitaria scientifica tra le donne del suo Paese.

Il Presidente di Harambee, Antonio Hernández DeusLa dottoressa Sawadogo "ha infranto un soffitto di acciaio piuttosto che di vetro vincendo la sua cattedra di ematologia e, ancora di più, formando un gruppo di ricerca con altre donne, aprendo la strada alle donne per l'accesso alla scienza nel suo Paese". Sawadogo sta tracciando una strada con il suo lavoro e il suo esempio e ancor più con il suo desiderio di aiutare gli altri.

Per quanto riguarda il laboratorio Pierre Fabresponsor del Premio, Nicolas Zombre ha evidenziato l'unità dei valori che uniscono questi laboratori e la loro fondazione con l'ONG Harambee, di cui sponsorizzano i premi da cinque anni. Ha inoltre sottolineato l'importante lavoro del dottor Sawadogo, soprattutto nella lotta al traffico di farmaci contraffatti, una delle piaghe contro cui la Fondazione opera nel Paese attraverso il finanziamento di centri medici e la formazione di personale.

"Ricevere un'istruzione ha cambiato la mia vita".

Il vincitore del Premio Harambee, Duni SawadogoHa illustrato tre questioni chiave della realtà africana in cui lavora: l'accesso limitato delle donne all'istruzione scientifica superiore, il problema del traffico illegale di farmaci contraffatti e l'incidenza della malattia falciforme nella popolazione africana.

Sawadogo ha esordito sottolineando che "in Africa è molto facile rendersi conto della fortuna di nascere in una famiglia o in un'altra. Nella stessa strada ci sono baracche e palazzi. I miei genitori erano intellettuali e non ho avuto difficoltà a ricevere un'istruzione. Quando vedevo le ragazze che vendevano la frutta, che portavano sulla testa, sulle strade, mi chiedevo "perché io no, perché sono stata così fortunata".

La prima donna professoressa di ematologia della Costa d'Avorio è chiara su questo punto: "il semplice fatto di essere istruita ha cambiato la mia vita.

Secondo i dati, solo il 7,6% delle donne in Costa d'Avorio ha accesso a un'istruzione universitaria. Di fronte a questa realtà, Sawadogo ha deciso "di fare quello che potevo con quel poco che avevo per aiutare le donne a intraprendere una carriera scientifica". Per farlo, ho dovuto diventare io stesso un professionista migliore. Ho partecipato a un concorso scientifico e sono arrivata prima nella sezione di farmacia, diventando la prima donna professore nel mio Paese.

In seguito, ha iniziato a formare un team di professionisti: "Volevo che fossero donne, il che significava più lavoro da parte mia. Volevo che fossero donne, il che significava più lavoro da parte mia, e dovevo anche trovare un laboratorio ospitante, borse di studio, tenere conferenze...". Un compito che aveva una base molto chiara: "Dovevo insegnare tutto quello che avevo imparato senza nascondere nulla. Ho reso le ragazze che lavoravano con me consapevoli delle loro capacità, ma ho anche fatto delle richieste".

Tutto questo, ricorda, sapendo di dover "reindirizzare" molti degli atteggiamenti stagnanti dei suoi studenti: "Un giorno, la lezione era già iniziata e arrivò uno studente che era musulmano. Le chiesi perché fosse in ritardo e mi rispose che si era sposata. Ho capito che avevo due possibilità: avrei potuto dirle che il suo futuro professionale era più importante, ma l'avrei fatta sentire in colpa, così ho chiesto alla classe di applaudirla perché il matrimonio era molto importante e questo l'ha incoraggiata a venire a lezione".

Farmaci falsi e malattia falciforme

Il dott. Sawadogo ha anche fatto riferimento al problema diffuso in Africa della vendita, del consumo e del traffico di farmaci contraffatti. L'OMS stima che circa 300.000 bambini sotto i cinque anni muoiono ogni anno in Africa a causa di questi farmaci falsi o di bassa qualità. A ciò si aggiunge il lucroso business del traffico di questi farmaci contraffatti, che generano "20 volte più denaro dell'eroina".

Infine, il dottor Sawadogo ha illustrato l'incidenza della malattia falciforme, una patologia caratteristica della razza nera, che colpisce circa 300 milioni di persone nel mondo e che, senza un trattamento adeguato, comporta un'elevata mortalità infantile.

I "sogni" del dottor Sawadogo.

La dottoressa Sawadogo si è congedata condividendo i suoi "sogni" per il futuro dell'Africa. Un futuro di pace e uguaglianza, un futuro che non costringa i suoi connazionali a rischiare la vita attraversando il Mediterraneo per avere un lavoro decente e un futuro in cui "potrò lavorare qui in Africa in un laboratorio come quelli che ho conosciuto in Europa". Ha inoltre sottolineato che il lavoro con le donne in tutto il mondo è fondamentale perché sono loro che "danno vita all'umanità e l'umanità alla vita".

Spagna

"Più di 300.000 bambini muoiono ogni anno in Africa a causa di medicinali contraffatti".

Duni Sawadogo è la prima donna docente di Ematologia biologica in Costa d'Avorio. La sua lotta contro la contraffazione dei farmaci e il traffico di droga e il suo lavoro di promozione delle donne nella scienza le sono valsi il Premio Harambee per la promozione e l'uguaglianza delle donne africane.

Maria José Atienza-5 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

In occasione del conferimento del premio Premio Harambee per la promozione e l'uguaglianza delle donne africane, Omnes ha intervistato il professore ivoriano di ematologia Duni SawadogoAbbiamo parlato con lei del suo lavoro di promotrice dell'accesso delle donne all'istruzione universitaria, soprattutto in campo scientifico, e del problema del traffico di medicinali in Africa.

Solo il 7,6% delle donne ha accesso agli studi universitari in Costa d'Avorio. Nel suo caso, lei ricopre una posizione di rilievo in un laboratorio universitario e fa parte del Comitato di gestione dell'AIRP (Autorité Ivoirienne de Régulation Pharmaceutique). Gestisce anche un progetto per promuovere l'accesso delle donne alle carriere scientifiche. Qual è stato l'inizio di questo progetto?  

R.- Questo compito è iniziato nella mia famiglia. Con genitori intellettuali, non sono mai stato ostacolato negli studi. In seguito mi sono reso conto di essere un privilegiato in questo senso. Ho deciso di andare all'università e di formare un'équipe con molte donne - anche se questo significava più lavoro - per restituire un po' di quello che avevo ricevuto gratuitamente fin dalla mia infanzia. Così è iniziato il compito di educare le donne.

In molti Paesi, il divario nell'accesso all'istruzione per le donne è ancora ampio, a volte a causa di pressioni tradizionali o familiari. In questo senso, come si può ridurre questo divario senza incidere su altri compiti importanti, come la cura o l'educazione della famiglia, ecc. 

R.- Dobbiamo iniziare a creare più scuole secondarie in ogni villaggio e poi più università. In questo modo, la frequenza scolastica non comporta la rottura dei legami familiari, come invece accade quando una ragazza lascia la famiglia per andare in un'altra città a proseguire gli studi. Questo è il motivo per cui le famiglie si rifiutano di mandare le figlie a scuola dopo la scuola primaria. Se le donne sono istruite, saranno in grado di decidere da sole cosa è importante in un determinato momento: dare la priorità alla crescita della famiglia o dedicarsi completamente alla carriera scientifica.

In Europa, c'è in qualche modo l'idea che "l'Africa deve essere aiutata", magari imponendo alcuni elementi occidentali o sminuendo alcune caratteristiche positive delle idiosincrasie e delle tradizioni africane. Come non cadere nel paternalismo in questi compiti? 

R.- Mi sembra che in questa situazione siano coinvolti tre fattori. Il primo è la globalizzazione, che trasmette i valori di una minoranza al mondo intero. Il secondo è che molti media trasmettono immagini molto negative dell'Africa, in cui compaiono solo disastri naturali o guerre. Pertanto, tutto ciò che proviene da questo continente sembra essere di scarso valore. In questo contesto, le soluzioni provengono dai Paesi del Nord. Il terzo fattore è che alcuni, o molti, africani che fanno parte delle élite intellettuali del continente si vergognano della loro origine. In realtà, conoscono molto poco la storia, le conquiste dei loro antenati, il valore di ciò che è proprio di questo continente. Insegnando la verità sull'Africa, non cadremo nel paternalismo che si riscontra sia in Europa che in Africa.

Lei lavora nel campo della sicurezza dei farmaci e della lotta alla contraffazione e al traffico di farmaci, quali sono i principali problemi di queste realtà? 

R.- Il commercio illegale di farmaci contraffatti e al di sotto degli standard è un problema globale e complesso. Questo commercio illegale di farmaci è molto redditizio. Si suppone che generi 20 volte più denaro della vendita di eroina. Si stima che un investimento di 1.000 dollari renda 500 volte di più. L'OMS stima che circa un farmaco su 10 venduto possa essere il risultato di questo commercio. Questo traffico utilizza strategie diverse nei vari continenti.

In Europa e in America, i farmaci sono venduti su Internet. Ma questo traffico è molto importante nel continente africano, che produce solo il 2% dei farmaci che utilizza. In Africa, questi farmaci si trovano per strada o nei mercati ambulanti. Abidjan, ad esempio, è il più grande mercato di droghe illecite dell'Africa occidentale. Questi farmaci provengono principalmente dalla Cina e dall'India.

L'OMS stima che 320.000 bambini in Africa muoiano ogni anno per complicazioni legate all'assunzione di farmaci falsi o di qualità inferiore.

Il mio Paese, la Costa d'Avorio e il Camerun fanno parte del gruppo di Paesi in cui si producono farmaci. Gli antibiotici e gli antimalarici sono le specialità farmaceutiche più vendute nel continente africano. Ciò che è veramente grave è che questo traffico porta a molti decessi perché è direttamente collegato alla resistenza agli antibiotici e agli antimalarici e a una maggiore frequenza di insufficienza renale.

L'Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 320.000 bambini muoiano ogni anno in Africa per complicazioni legate all'assunzione di farmaci falsi o di qualità inferiore. Si stima che 170.000 siano stati causati da polmonite infantile e 150.000 da malaria. È a causa di tutti questi fattori che questo commercio illecito è così dannoso.

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Attualità

Svezia: un paese "reduce" dalla secolarizzazione

Il Il cardinale Anders Arborelius, Il vescovo di Stoccolma e membro del Consiglio per l'economia della Santa Sede sarà l'oratore principale dell'Omnes Forum, che si terrà mercoledì prossimo in forma digitale.

Maria José Atienza-4 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Il 10 marzo alle ore 19:00 si terrà il Forum I Omnes di quest'anno. Il cardinale Anders Arborelius, ocd , sarà il relatore di questo primo incontro, che si svolgerà in forma digitale e si concentrerà sull'interesse per la religione che si sta manifestando in Svezia. Il Paese nordico sta sperimentando un ritorno alla fede dopo la secolarizzazione, guidato da fenomeni come l'immigrazione o la scoperta della fede negli adulti.

Sarà affiancato dallo spagnolo Andres BernarVicario per l'evangelizzazione della diocesi. Nel colloquio che seguirà potranno essere poste domande.

Chiunque può partecipare al forum virtualmente. Il La registrazione può essere effettuata tramite questo link.

Il cardinale Ander Arborelius

Il carmelitano Anders Arborelius è il primo vescovo svedese dopo la Riforma. Di famiglia luterana, si convertì al cattolicesimo in gioventù ed entrò nell'ordine dei Carmelitani. Ordinato sacerdote nel 1979, è stato consacrato vescovo da San Giovanni Paolo II nel 1998 e nel 2017 Papa Francesco lo ha nominato cardinale della Chiesa cattolica. Una nomina che ha suscitato grande gioia e ammirazione nel suo Paese, dove la rivista Fokus lo ha scelto come "Svedese dell'anno".

È membro del Consiglio per l'Economia della Santa Sede e del Pontificio Consiglio per la Promozione dell'Unità dei Cristiani e nel 2019 sarà membro della Congregazione per le Chiese Orientali.

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Iniziative

10 minuti con Gesù: un audio che parla di Gesù.

Semplicemente un audio di 10 minuti che parla di Gesù: tutto qui... Ma l'iniziativa si è diffusa in lungo e in largo, e i promotori stimano che circa 100.000 persone lo utilizzino, e ci sono versioni in diverse lingue. Firmandosi con uno pseudonimo scherzoso, uno dei sacerdoti promotori spiega.

Ignoto Anonimez-4 marzo 2021-Tempo di lettura: 6 minuti

L'idea di 10 minuti con Gesù è molto semplice: è un audio di 10 minuti su Gesù. La cosa sorprendente è che ha raggiunto così tante persone, senza che noi avessimo fatto alcun marketing ponderato o proattivo. Se ha funzionato, è perché la gente lo condivide. 

È difficile calcolare con precisione il numero di persone che ascoltano 10 minuti con Gesùma circa 60.000 persone lo ricevono ogni giorno via Whatsapp, circa 80.000 sono iscritte a Youtube, circa 13.000 a iVoox, circa 10.000 a Spotify e così via. In ogni caso, stimiamo che più di 100.000 persone lo ascoltino. 

Una grande sproporzione

Fin dall'inizio siamo stati sorpresi da questa grande risposta. La sproporzione tra ciò che accade e ciò che facciamo è enorme. Se ci sono tante persone che vogliono ascoltare, se riceviamo informazioni di tante conversioni, se promuoviamo tanti atti d'amore rivolti a Dio... è perché c'è Gesù. Quello che facciamo noi è molto poco: infatti, parliamo di Lui solo per dieci minuti, lo registriamo e lo trasmettiamo al mondo; lo Spirito Santo, che muove le anime, fa molto di più.

Penso che le persone siano sorprese di sentire il messaggio di Gesù Cristo spiegato con un tono normale, non in un linguaggio astratto o eccessivamente clericale, ma in modo naturale, in modo che sembri più come se il sacerdote fosse con voi davanti a una birra, ma che vi parli di Gesù e preghi, piuttosto che in una chiesa.

Aiutare a pregare e a voler pregare

L'idea è venuta a un laico, non a un sacerdote; più precisamente, a una madre di famiglia numerosa, insegnante della scuola Montespiño di La Coruña, di cui sono cappellano. Aveva un'idea molto buona ed era determinata a farla decollare: voleva registrare in formato audio le conferenze che tenevamo a scuola e inviarle agli studenti in estate. Abbiamo iniziato in modo piuttosto casuale, dando una chiave a ogni studente per scegliere la meditazione che desiderava. Ma questa insegnante pensò anche che se aveva funzionato per lei, avrebbe funzionato anche per i suoi amici, e cominciò a inviarli quotidianamente a un centinaio di persone, che a loro volta li distribuivano. È così che è iniziato: come schiuma, in modo incontrollato. 

Il nostro desiderio è quello di risvegliare il desiderio di pregare e di nutrire coloro che vogliono pregare. Vorremmo che gli audio che registriamo non si rivolgessero solo a chi è già nella Chiesa, ma che l'ascoltatore, vedendo che è utile per lui, si dicesse, per esempio: questo sarà utile a mia figlia, a mio figlio, che non è stato in Chiesa per molto tempo, e con questo può collegarsi. Vorremmo che tutti gli audio fossero così, anche se è difficile da realizzare sempre. In ogni caso, non ci limitiamo a parlare a coloro che sono presenti, ma vogliamo che vogliano condividere ciò che ricevono. 

Un anno dopo l'estate in cui abbiamo iniziato in spagnolo, il 22 agosto, è iniziata la versione inglese; la versione portoghese è iniziata il mercoledì delle ceneri dello scorso anno 2020; alla fine dell'estate dello stesso anno è iniziata la versione francese e recentemente è nata la versione tedesca. Vengono portati dai sacerdoti nei Paesi in cui si parlano queste lingue.

Due "voi"

Il predicatore è sempre un sacerdote, ma un sacerdote anonimo, perché non diamo mai il nostro nome. Questo spiega perché firmo questo articolo con il nome che di solito ci diamo scherzosamente. Di solito usiamo il Vangelo del giorno, ma non ci atteniamo a quello; a volte uno di noi dice direttamente qualcosa che vuole dire e che serve a collegare, un'idea o qualcosa che funziona, naturalmente sempre riferendosi a Gesù Cristo, o alla Vergine, o a San Giuseppe, soprattutto quest'anno.

Cerchiamo di tradurre in audio il nostro stile colloquiale di parlare. Non è facile farlo quando si è soli nella stanza di registrazione; ma la cosa fondamentale è che ci stiamo rivolgendo a un singolo ascoltatore, non a migliaia di persone che "ci ascoltano", magari uno che sta andando con le sue cuffie in metropolitana o chissà dove. Nell'audio ci sono sempre due persone: il sacerdote, rivolgendosi a Gesù e a quella persona in particolare, si trova davanti a due "tu", un tu divino e un tu umano.

Idealmente, immagino che questo particolare ascoltatore sia una ragazza o un ragazzo agli ultimi anni di università, con un background cristiano, ma che ha smesso di andare a Messa. E la madre, che lo ascolta, si dice: glielo passo per vedere se, con la normalità di questa lingua e in questo modo, si rimetterà in contatto. A volte il sacerdote vi regalerà un sorriso o addirittura una risata, il che fa anche parte della 10 minuti con GesùI testi sono intessuti di molte testimonianze di persone, conversioni, aneddoti di vita quotidiana, e sempre del Vangelo. E nei testi ci sono molte testimonianze di persone, conversioni, aneddoti di giorno in giorno, e sempre il Vangelo. Tutti mescolati insieme, aggiornati; tutti vivi.

Sacerdoti, volontari e ascoltatori

Ora fanno 10 minuti con Gesù sedici sacerdoti (mi riferisco all'edizione spagnola), molti dei quali giovani, sparsi in tutta la Spagna. Ciò che hanno in comune è che intendono la santità in mezzo al mondo, l'incontro con Dio facendo le cose naturali e normali che ogni persona comune fa. Un buon numero di loro appartiene alla Prelatura dell'Opus Dei. Naturalmente, tra i santi che citiamo ce ne sono molti, ma chiunque ascolti gli audio può percepire che San Josemaría Escrivá è molto presente, grazie a quello spirito di santità in mezzo al mondo.

I mezzi tecnici sono molto elementari e le spese sono praticamente nulle. L'unica cosa che ci è costata è la AppMa con l'aiuto delle persone siamo riusciti a pagarlo entro 24 ore, e con esso i loro prossimi aggiornamenti. È stata una gioia vedere come le persone hanno risposto bene. Non abbiamo stipendi e tutto si basa su volontari. Quanti sono? Non posso dirlo con precisione, ma ognuno dei 320 gruppi di Whatsapp L'attuale sistema è gestito da uno di loro, e i volontari sono quelli che mantengono i canali di Youtubeil sito web, o quelli di iVooxSpotifyInstagramFacebookecc.

Parlare con Gesù in modo diverso

Le reazioni che otteniamo dalle persone che ci ascoltano sono solo la punta dell'iceberg. Riceviamo molti messaggi come questo: "Ho imparato a pregare con voi. Sono sempre stato un cristiano, ma questi 10 minuti Mi hanno insegnato a parlare con Gesù in modo diverso". Durante un incontro, uno dei volontari si è avvicinato e ci ha detto: "Sono stato lontano dalla fede per molti anni, senza andare a Messa e con una certa riluttanza per tutto ciò che è spirituale. Non ricordo chi mi ha mandato un audio, ma ho iniziato ad ascoltarlo ogni giorno, mi sono appassionato e un giorno ho detto: "E se andassi a Messa? Così sono andato a Messa. E poiché lei parla così spesso della confessione, è riuscito a conquistarmi e sono tornato a confessarmi. E poi: sono diventato amministratore di un gruppo. Volevo raccontare la sua storia. Ora è una donna cristiana, va a messa regolarmente, non solo la domenica, frequenta i sacramenti, ecc.... 

Un'altra persona stava scalando un passo di montagna con poco traffico, nella neve e senza catene. Rimase bloccata per molto tempo e per combattere i nervi mise il 10 minuti con Gesù. Quel giorno si parlava dei santi angeli custodi, così chiese al suo Angelo custode di risolvere il problema. Proprio mentre l'audio terminava, è apparso uno spazzaneve.

Sappiamo anche di persone che hanno preso grandi decisioni di abbandono a Dio grazie all'ascolto dell'audio. Dio muove i cuori anche per via telematica: anche lo Spirito Santo opera, qualunque sia il mezzo.

Preghiera: vita autentica

Pregare è iniziare a vivere la vita autentica. La vita autentica non è una vita solitaria. E la preghiera mi permette di vivere con qualcuno che mi ama, che mi conosce, che mi aspetta da tempo e che mi insegna chi sono. 

Vivere nella preghiera è sapere chi si è, e scoprire qualcosa che è una gioia, una meraviglia, come ha scoperto Sant'Agostino: cercavo Dio dappertutto, e alla fine l'ho trovato dentro di me. Succede alle persone che iniziano a pregare: c'è una voce dentro di loro che dice: "Ehi, io sono qui, non sei solo, e sono nel luogo più profondo della tua stessa profondità". Per tutti coloro che non sanno chi è Dio o come pregare, vorrei incoraggiarli ad ascoltare una clip audio di 10 minuti con Gesù che si intitola: "Solo per atei". È facile da trovare. È destinato a chi non conosce Dio, a chi forse è ateo di cuore, ed è un esercizio per potersi rivolgere a Lui per la prima volta.

L'autoreIgnoto Anonimez

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Autori invitatiMons. Celso Morga Iruzubieta

Laicità positiva

L'arcivescovo di Badajoz riflette sui concetti di laicità e sul suo punto di vista sul ruolo della religione nella società dopo la missiva del politico spagnolo José Manuel Rodríguez Uribes.

4 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Ci sono temi ricorrenti che sembrano non scomparire mai dai forum di discussione. Questioni che diventano più vivaci in certi momenti e diminuiscono in altri, ma che sono state presenti negli ultimi due secoli, soprattutto nella nostra vecchia Europa. Vorrei soffermarmi su un concetto che mi sembra fondamentale per comprendere l'organizzazione della vita politica e sociale: l'organizzazione della vita politica e sociale. concetto di "laicità".

È vero che il dibattito a cui mi riferisco ci ha aiutato a perfezionare e integrare alcuni aspetti, ma oggi troviamo sfumature, persino interpretazioni fondamentali, che suggeriscono che quando parliamo di laicità non stiamo parlando tutti della stessa cosa.

La laicità stessa comprende libertà, rispetto e tolleranza.

Una corretta comprensione del concetto di laicità presuppone, almeno dal punto di vista della Chiesa cattolica, che si tenga conto, si rispetti e si valorizzi la pretesa del cristianesimo, e quindi della stessa Chiesa cattolica, di essere, anche per la comunità politica democratica, fonte e garanzia dei valori umani fondamentali derivanti dal concepire l'essere umano come "immagine e somiglianza di Dio".

Stato laico, non laicista

Lo Stato laico non è ovviamente obbligato, né è nella posizione di riconoscere come vera una tale rivendicazione; ma non può nemmeno considerare tale rivendicazione come un attacco o una negazione della laicità dello Stato, né può ostacolare il desiderio della Chiesa e il suo sforzo - democratico - di assicurare che tale rivendicazione abbia una presenza, uno spazio pubblico e un'influenza nella società. Se i leader dello Stato dovessero esprimere fastidio, disagio o tentare di sopprimere questa presenza pubblica, dimostrerebbero che non è più un laicismo positivo a guidarli, ma un laicismo bellicoso. Una simile posizione dimostrerebbe l'idolatria della politica e dello Stato; sarebbe come una nuova religione sotto le spoglie della libertà.

Nulla nel pensiero e nella condotta umana è neutro. Ogni istituzione si ispira, almeno implicitamente, a una visione dell'uomo, da cui trae i suoi parametri di giudizio e la sua linea di condotta.

Se questa istituzione ignora la trascendenza, è costretta a cercare in se stessa i suoi riferimenti e i suoi scopi. Ma se questa istituzione rifiuta, si chiude completamente o non ammette altri criteri sull'uomo e sul suo destino, può facilmente cadere in un potere totalitario, come la storia dimostra (cfr. Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2244).

Nulla nel pensiero e nel comportamento umano è neutro. Ogni istituzione si ispira, almeno implicitamente, a una visione dell'uomo.

La Chiesa cattolica chiede ai suoi fedeli laici di adoperarsi affinché la gestione politica e sociale, attraverso le leggi civili e le strutture di governo, sia conforme alla giustizia e che, per quanto possibile, tali leggi e strutture favoriscano, anziché ostacolare, la pratica delle virtù umane e cristiane; Ma la Chiesa chiede anche ai suoi fedeli laici di distinguere tra i diritti e i doveri che li riguardano come membri della Chiesa e quelli che li riguardano come membri della società umana; di cercare di conciliarli l'uno con l'altro, tenendo presente che in tutti gli affari temporali devono essere guidati dalla loro coscienza cristiana (cfr. Lumen Gentium, n. 36).

Se il Concilio Vaticano II si riferisce a questo "sforzo di conciliazione", significa che incontreranno delle difficoltà; che il cristiano non sarà mai completamente a suo agio con alcune delle leggi e delle strutture di questo mondo; ma significa anche che devono sempre sforzarsi di migliorarle, secondo la loro coscienza, cercando di esercitare il loro diritto democratico di influenza positiva e che lo Stato laico deve non solo rispettare ma favorire positivamente questo diritto facilitandone l'esercizio, anche attraverso il riconoscimento dell'obiezione di coscienza.

L'autoreMons. Celso Morga Iruzubieta

Arcivescovo di Mérida-Badajoz

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Famiglia

"Le famiglie hanno bisogno di sentire il sostegno dell'amministrazione".

La conferenza di esperti sulla demografia, organizzata da L'orologio di famiglia ha sottolineato l'importanza che le famiglie ricevano un sostegno concreto per consentire un cambiamento della tendenza demografica.

Maria José Atienza-4 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La conferenza di esperti sulla demografia, organizzata da L'orologio di famiglia ha sottolineato l'importanza che le famiglie ricevano un sostegno concreto per consentire un cambiamento della tendenza demografica.

Nonostante le luci rosse che il continuo declino demografico sofferto dalla società spagnola fa emergere su questioni come la sostenibilità del sistema economico, la perdita di qualità della vita o la mancanza di prospettive per i più giovani, non sembra incoraggiare le amministrazioni, le imprese e le organizzazioni a cambiare il paradigma che faciliterebbe il pieno sviluppo della vita familiare e una conseguente stabilizzazione della piramide demografica.

Javier Díaz-Giménez, professore di economia presso la IESE Business School, Jacobo Rey, direttore generale per la famiglia, l'infanzia e la dinamizzazione demografica della Xunta de Galicia, e Conrado Giménez, presidente della Fundación Madrina, sono stati i relatori dell'evento. "La demografia in Spagna e la sostenibilità del sistema".L'incontro di zoom tenutosi ieri da The Family Watch ha affrontato da diversi punti di vista, accademico, della società civile e dell'amministrazione, i diversi aspetti che riguardano questo tema. 

L'educazione è fondamentale

Nelle parole di Javier Díaz-GiménezL'istruzione è la chiave per invertire questa tendenza: "la situazione demografica del nostro Paese non si risolverà senza un chiaro impegno nell'istruzione, che contribuirà a migliorare la qualità dell'occupazione e, di conseguenza, la sostenibilità delle pensioni".

Da parte sua, Jacob King ha sviluppato la Legge sull'impulso demografico, un'iniziativa per alleviare la situazione della natalità in una delle comunità più spopolate d'Europa, la Galizia. Rey ha sottolineato che "le famiglie devono sentire il sostegno dell'amministrazione da tutti i punti di vista, conciliazione, lavoro, famiglia, giovani, invecchiamento"... ecc. In questo senso, María José Olesti, Direttore generale di L'orologio di famiglia Ha osservato che "dobbiamo analizzare il motivo per cui non abbiamo abbastanza bambini e cosa impedisce ai giovani di avere figli; quali sono gli ostacoli che incontrano e come possiamo aiutarli a superarli".

Sostegno alle madri

Di fronte alle difficoltà di molte famiglie colpite da una crisi economica di lungo periodo, Conrado GiménezIl presidente della Fundación Madrina ha chiesto un sostegno chiaro ed efficace alle madri, con l'obiettivo di "alleviare la povertà materna e infantile che sta diventando sempre più diffusa nel nostro Paese".

Tra le proposte discusse in questa tavola rotonda ci sono le '.FlessicurezzaGli aspetti più importanti del programma di lavoro della Commissione europea sono i seguenti: orari di lavoro flessibili, spazi di lavoro flessibili e sicurezza del lavoro. corresponsabilità e riconoscere il il valore della maternità dalla sfera personale, economica, sociale e politica. 

Mondo

Il Papa all'Iraq: "Vengo nella vostra terra come pellegrino della speranza".

Il Papa prepara il suo imminente viaggio in Iraq facendo appello alla speranza e al rafforzamento della fraternità "per costruire insieme un futuro di pace".

David Fernández Alonso-4 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Un giorno prima dello storico inizio del viaggio apostolico di Papa Francesco in Iraq, egli ha inviato un videomessaggio in preparazione del suo imminente arrivo nella terra di Abramo.

"Cari fratelli e sorelle in Iraq, assalam lakum [la pace sia su di voi]!

Tra pochi giorni sarò finalmente tra voi. Desidero incontrarvi, vedere i vostri volti, visitare la vostra terra, antica e straordinaria culla di civiltà. Vengo come pellegrino, come pellegrino penitente, per implorare il perdono del Signore e la riconciliazione dopo anni di guerra e terrorismo, per chiedere a Dio la consolazione dei cuori e la guarigione delle ferite. E vengo in mezzo a voi come pellegrino di pace, per ripetere: "Voi siete tutti fratelli" (Mt 23,8). (Mt 23,8). Sì, vengo come pellegrino di pace in cerca di fraternità, animato dal desiderio di pregare insieme e di camminare insieme, anche con fratelli e sorelle di altre tradizioni religiose, nel segno di Padre Abramo, che unisce musulmani, ebrei e cristiani in un'unica famiglia.

Cari fratelli e sorelle cristiani, che avete testimoniato la fede in Gesù in mezzo alle prove più difficili, vi aspetto. È un onore per me incontrare una Chiesa martirizzata: grazie per la vostra testimonianza! Che i tanti, troppi martiri che hai incontrato ci aiutino a perseverare nell'umile forza dell'amore. Avete ancora negli occhi le immagini delle case distrutte e delle chiese profanate, e nei vostri cuori le ferite dei legami spezzati e delle case abbandonate.

Non cediamo alla diffusione del male: le antiche fonti di saggezza delle vostre terre ci guidano altrove.

Desidero portarvi l'affettuosa carezza di tutta la Chiesa, che è vicina a voi e al martoriato Medio Oriente e vi incoraggia ad andare avanti. Non permettiamo che prevalgano le terribili sofferenze che avete sperimentato e che mi addolorano tanto. Non cediamo al dilagare del male: le antiche sorgenti di saggezza delle vostre terre ci guidino altrove, per fare come Abramo che, pur avendo lasciato tutto, non ha mai perso la speranza (cfr. Rm 4,18); e confidando in Dio, ha dato vita a una discendenza numerosa come le stelle del cielo. Cari fratelli e sorelle, guardiamo alle stelle. Ecco la nostra promessa.

Cari fratelli e sorelle, ho pensato molto a voi in questi anni, a voi che avete sofferto tanto ma non siete caduti. A voi, cristiani, musulmani; a voi, popoli, come gli yazidi, che hanno sofferto tanto, tantissimo; a tutti voi fratelli, a tutti voi. Ora vengo nella vostra terra benedetta e ferita come pellegrino di speranza. Da te, a Ninive, è risuonata la profezia di Giona, che ha evitato la distruzione e ha portato una nuova speranza, la speranza di Dio.

E in questi tempi duri di pandemia, aiutiamoci a vicenda per rafforzare la fraternità, per costruire insieme un futuro di pace.

Lasciamoci contagiare da questa speranza, che ci incoraggia a ricostruire e a ricominciare. E in questi tempi difficili di pandemia, aiutiamoci a vicenda per rafforzare la fraternità, per costruire insieme un futuro di pace. Insieme, fratelli e sorelle di tutte le tradizioni di fede. Da voi, migliaia di anni fa, Abramo iniziò il suo viaggio.

Oggi tocca a noi continuare, con lo stesso spirito, a camminare insieme sui sentieri della pace. Perciò invoco su tutti voi la pace e la benedizione dell'Altissimo. E chiedo a tutti voi di fare come Abramo: camminare nella speranza e non smettere mai di guardare le stelle. E chiedo a tutti voi di unirvi a me nella preghiera. Shukran! [Grazie!

Lezione per il presente, luce per il futuro

La società ha bisogno di giovani e adulti che conoscano la storia, le profonde e ricche radici spirituali dei nostri popoli.

3 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Attualmente, il sistema totalitario che prevale nella nostra società sta cercando di sviluppare, soprattutto tra i giovani, la cultura dell'oblio, in modo da vivere solo nel presente (presentismo), senza radici e senza futuro.

La loro pretesa è che la storia delle vittime, degli impoveriti che hanno mostrato silenziosamente solidarietà nella storia, dei militanti che hanno lottato per l'instaurazione del Regno e della sua Giustizia, non conti quando si tratta di realizzare un altro mondo radicalmente diverso dal loro. È necessario che la persona non si senta parte di un processo storico, né protagonista di esso in modo associato.

Si sta diffondendo una cultura dell'autosufficienza, del rifiuto di essere educati da altri, di qualsiasi riferimento morale, della conoscenza di esperienze liberatorie, del dono del consiglio dello Spirito Santo, di qualsiasi norma o morale diversa da quella dell'impero. Questo è l'unico che deve essere obbedito e seguito.

ricordi

Da tutte le parti si promuove la perdita del senso della storia, che è sempre più divisiva e disorientante. Vecchi conflitti che sembravano superati si riaccendono, riemergono nazionalismi aggressivi. Un'idea di unità del popolo e della nazione, permeata da varie ideologie, crea nuove forme di egoismo e perdita di significato sociale mascherate da una presunta difesa degli interessi nazionali. Questo ci ricorda che "ogni generazione deve raccogliere le lotte e le conquiste delle generazioni passate e condurle verso obiettivi ancora più elevati". Questa è la strada.

Il bene, così come l'amore, la giustizia e la solidarietà, non possono essere raggiunti una volta per tutte; devono essere conquistati ogni giorno. Non è possibile accontentarsi di ciò che è già stato raggiunto in passato e accontentarsi di questo, come se questa situazione ci portasse a ignorare il fatto che molti dei nostri fratelli e sorelle soffrono ancora situazioni di ingiustizia che ci interpellano tutti" (FT 11).

Sono le nuove forme di colonizzazione culturale che Papa Francesco ha denunciato in tante occasioni: "Un modo efficace per diluire la coscienza storica, il pensiero critico, la lotta per la giustizia e i percorsi di integrazione è quello di svuotare o manipolare le grandi parole. Cosa significano oggi espressioni come democrazia, libertà, giustizia, unità? Sono stati manipolati e sfigurati per usarli come strumenti di dominio, come titoli vuoti che possono essere usati per giustificare qualsiasi azione". (FT 14)

La nostra società ha bisogno di giovani e adulti che conoscano la storia, le profonde e ricche radici spirituali dei nostri popoli. Il nostro compito di trasformare il mondo non può e non deve ignorare i risultati che altre azioni umane hanno avuto per la vita delle persone. La storia riflessa è una lezione per il presente e una luce per il futuro.

L'autoreJaime Gutiérrez Villanueva

Parroco delle parrocchie di Santa María Reparadora e Santa María de los Ángeles, Santander.

Spagna

Prof. Torralba: "La volontà può essere educata fin dall'infanzia".

In un colloquio riservato ai collaboratori di Omnes, il professor Torralba ha sottolineato che la chiave per una buona educazione della volontà è fare del "cuore il motore della volontà".

David Fernández Alonso-3 marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

Nel pomeriggio di martedì 2 febbraio si è svolto un colloquio organizzato da Omnes con il professor Jose María Torralba. Si tratta dei Dialoghi Omnes, una serie di colloqui con autori o personaggi di rilievo, offerti esclusivamente ai collaboratori, ovvero a coloro che sostengono finanziariamente il progetto Omnes (per saperne di più, cliccate qui). come iscriversi qui).

Jose María Torralba è professore di Etica e direttore dell'Istituto Core Curriculum dell'Università di Navarra. Il dialogo si intitolava "Libertà e desiderio nell'educazione della volontà" e si basava su un articolo dello stesso autore pubblicato su Omnes, intitolato ".La volontà come motore e la volontà come cuore".

Un tema molto alla moda

Il dialogo è iniziato con l'intervento del moderatore, Rafael Miner, direttore di Omnes, che ha presentato il professore e ha introdotto il tema, "antico come la filosofia, anche se è diventato molto di moda negli ultimi anni". Infatti, ha aggiunto, all'Università di Oxford stanno lavorando a un programma di leadership virtuosa. In altre parti d'Europa ci si interessa e si lavora sull'educazione del carattere da una prospettiva aristotelica, dalle virtù.

Gli obiettivi del professor Torralba, una volta che il moderatore gli ha lasciato il posto, erano principalmente due: da un lato, riflettere su alcune caratteristiche della capacità umana di desiderare che chiamiamo volontà; dall'altro, situarci per essere in grado di educarla meglio: in noi stessi e negli altri, per coloro che sono coinvolti nell'educazione.

Desiderio e libertà

Il professor Torralba ha poi individuato alcuni concetti iniziali, tra i quali vale la pena di ricordare, da un lato, che l'identità è definita dal desiderio, motivo per cui si gioca molto sull'educazione della volontà. D'altra parte, questo compito deve essere svolto dall'interno di se stessi. Si potrebbe dire che si tratta di autoeducazione, dove il protagonista è se stesso e la libertà gioca un ruolo fondamentale.

Per illustrare un classico errore in questo compito, ovvero il fatto che la forza di volontà sia decisiva, ha utilizzato un esperimento con bambini piccoli, la Test Marshmallow. Questo esperimento consiste nell'offrire a diversi bambini un dolce e nel dire loro che se aspettano qualche minuto e resistono senza mangiarlo, riceveranno un altro dolce. In realtà, la lettura che si può fare di questo esempio è che i bambini agiscono in base a ciò che hanno appreso in famiglia, a scuola o nel loro ambiente.

Due dimensioni della volontà

Infine, ha delineato le diverse dimensioni della volontà: la volontà come "motore" e la volontà come "cuore". Ha voluto sottolineare che forse la tradizione da cui proveniamo, culturale o religiosa, ha posto più enfasi sulla prima dimensione, sulla volontà come motore, quando invece è importante un equilibrio tra le due.

"La distinzione serve a spiegare che il problema del volontarismo spirituale consiste nel ridurre la funzione della volontà ad essere un motore, cioè alla capacità di compiere azioni giuste. D'altra parte, il rischio di intendere la volontà solo come cuore sarebbe quello di finire in una sorta di quietismo spirituale, come se non ci fosse bisogno di fare uno sforzo per raggiungere il bene e crescere moralmente". 

Una vita realizzata

Il professor Torralba ha concluso con una proposta e una chiave di lettura. La proposta, per realizzare una vita di successo. E la chiave, integrare le due dimensioni, dove "una buona educazione della volontà è quella che fa del cuore il motore".

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Mondo

Uno sguardo in prima persona all'Iraq, dove il Papa si recherà in visita

La Fondazione Centro Accademico Romano organizza un incontro online giovedì 4 marzo alle 20:30 per conoscere l'Iraq che il Papa vedrà.

Maria José Atienza-3 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto


In occasione dell'imminente viaggio del Papa in Iraq, la Fondazione Centro Accademico Romano ha organizzato un incontro digitale in cui sarà possibile conoscere la situazione sociale, culturale e religiosa che il Santo Padre incontrerà, in quello che sarà il primo viaggio di un Pontefice in questo Paese.

L'incontro vedrà la partecipazione di Gerardo Ferrara, esperto di storia e cultura del Medio Oriente, nonché scrittore, traduttore e versato comunicatore con una grande conoscenza delle relazioni internazionali e autore di numerosi articoli e libri su questi temi. 

A lui si unirà il sacerdote iracheno Aram Pano, 34 anni, che attualmente sta studiando per conseguire la laurea in Comunicazione Sociale Istituzionale presso la Pontificia Università della Santa Croce a Roma.

L'incontro si terrà domani 4 marzo alle 20:30. e sarà trasmesso su Youtube. Per ricevere il link all'invito a presentare proposte, è sufficiente registrarsi attraverso il sito Sito web CARF

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Vaticano

"Gesù ci mostra fino a che punto Dio è Padre".

All'udienza di questo mercoledì, Papa Francesco ha riflettuto su come, grazie a Gesù, la preghiera ci apra all'immenso mistero della Santissima Trinità.

David Fernández Alonso-3 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Nell'udienza di questo mercoledì - dalla Biblioteca del Palazzo Apostolico, trasmessa in streaming - Papa Francesco ha voluto continuare la sua catechesi sulla preghiera con un tema profondo, "come, grazie a Gesù, la preghiera ci spalanca all'immenso mistero della Santa Trinità, alle profondità del Dio dell'Amore". Infatti, ha annunciato che la prossima settimana si occuperà anche della stessa linea di preghiera.

Il Santo Padre ha voluto attingere ai modelli della Bibbia, ricordando che "nessuno ha visto il Padre, è stato Gesù a rivelarcelo". Senza di Lui la nostra preghiera non potrebbe raggiungere Dio, non saremmo nemmeno degni di nominarlo. La Bibbia ci fornisce diversi esempi di preghiere che Dio non ha accettato, perché non tutte le preghiere sono buone. Tuttavia, è Gesù che soddisfa il nostro desiderio insegnandoci a pregare.
Per questo è bene che riconosciamo la povertà della nostra preghiera, come il centurione nel Vangelo.

È Gesù che esaudisce il nostro desiderio insegnandoci a pregare.
Per questo è bene che riconosciamo la povertà della nostra preghiera, come il centurione nel Vangelo.

Il dialogo con Dio è una grazia immensa, visto che - ha proseguito Francesco - "basta una sua parola per essere salvati". Non c'è nulla in noi che giustifichi il suo amore, non c'è proporzione. Gli antichi filosofi difficilmente pensavano che fosse possibile, con sacrifici e devozioni, ingraziarsi un dio muto e indifferente.

Sottolineando la figura della paternità di Dio, ha evidenziato che "Gesù, invece, con la sua vita, ci mostra fino a che punto Dio è Padre e che nessuno è Padre come lui. Ci assicura di essere il pastore che cerca la pecora smarrita, il padre misericordioso che va incontro al figlio prodigo.

Gesù ci mostra fino a che punto Dio è Padre e che nessuno è Padre come Lui. Ci assicura di essere il pastore che cerca la pecora smarrita, il padre misericordioso che va incontro al figlio prodigo.

Quale Dio sarebbe pronto a morire per gli uomini, ad amarli sempre con pazienza, senza aspettarsi nulla in cambio? Come potremmo anche solo concepire l'abisso infinito dell'amore di Dio? Come potremmo credere che questo mare di misericordia si sarebbe esteso fino alle sponde della nostra umanità? Possiamo accettarlo e comprenderlo solo grazie al mistero della croce.

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Mondo

I fatti sulla Chiesa in Iraq in vista del viaggio del Papa

Quasi 600.000 cattolici aspettano il Papa in Iraq. I dati in vista del viaggio apostolico del Santo Padre rivelano la necessità di una cura pastorale per il popolo che vive la propria fede nella terra di Abramo. 

David Fernández Alonso-2 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Venerdì prossimo, 5 marzo, il Papa intraprenderà un viaggio storico in Iraq, poiché sarà la prima volta che un Pontefice visita la terra di Abramo. È un viaggio difficile quello che il Papa ha davanti a sé, in un Paese devastato dalla guerra e dal terrorismo, dove vuole mostrare vicinanza ai cristiani, fraternità con le altre fedi e sostegno alla ricostruzione del Paese.

Popolazione e struttura ecclesiastica

L'Iraq ha una superficie di 438.317 km2 e una popolazione di circa 38 milioni di abitanti, di cui 590.000 cattolici, ovvero 1,5 ogni 100 abitanti del Paese. L'Iraq è organizzato in 17 circoscrizioni ecclesiastiche, con 122 parrocchie e 12 centri pastorali.

DATO

590 mila

Questi sono i cattolici in Iraq

In Iraq ci sono 19 vescovi, 113 sacerdoti diocesani e 40 religiosi. Inoltre, è interessante notare che la Chiesa irachena ha 20 diaconi permanenti. Ci sono 8 religiosi non sacerdoti e 365 religiosi. Ci sono anche 4 missionari laici e 632 catechisti.

Indicatori del carico pastorale

Pertanto, come indicatore del carico pastorale, ci sono 3856 cattolici per ogni sacerdote, e un sacerdote ogni 100 persone coinvolte nelle attività apostoliche. Questi numeri mostrano un grande bisogno di vocazioni sacerdotali, che possano coprire con garanzia le necessità pastorali.

DATO

153

In Iraq ci sono sacerdoti e 19 vescovi per servire quasi 600.000 cattolici.

Infatti, i numeri dei seminaristi e delle vocazioni sacerdotali confermano questa necessità: in Iraq ci sono 11 seminaristi minori e 32 seminaristi maggiori, ovvero 0,08 seminaristi maggiori ogni 100.000 abitanti e 5,4 seminaristi maggiori ogni 100.000 cattolici. Vocazioni che, tra l'altro, il Papa vuole promuovere con il suo viaggio.

Istituti scolastici

Ci sono 55 scuole primarie e materne gestite da chierici o religiosi, con 5.464 studenti. Le scuole secondarie, invece, sono solo 4, con 770 studenti. Ci sono 9 istituti di istruzione superiore e università, come l'Università Cattolica di Erbil. Tra le nove istituzioni, ci sono 378 studenti.

Infine, l'Ufficio centrale di statistica della Chiesa ha fornito anche alcuni dati sui centri caritativi e sociali gestiti dalla Chiesa. Ci sono 7 ospedali, 6 cliniche, 5 case per anziani e disabili, 10 orfanotrofi, una clinica familiare e un centro di rieducazione sociale.

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Spagna

32.15% dei contribuenti hanno segnato "x" a favore della chiesa

7.297.646 persone hanno dato lo 0,7 delle loro tasse alla Chiesa nel 2019. Si tratta di un aumento di poco più di 5% rispetto all'anno precedente.

Maria José Atienza-2 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

La Conferenza episcopale spagnola ha presentato i dati della ripartizione fiscale registrata a favore della Chiesa nella dichiarazione dei redditi 2020, corrispondente all'attività economica svolta nel 2019.

7.297.646 persone hanno segnato la X a favore della Chiesa cattolica nella dichiarazione dei redditi, il che significa, contando le dichiarazioni congiunte, 8,5 milioni di contribuenti. Un numero che rappresenta 106.000 nuove dichiarazioni a favore della Chiesa nel 2019.

Aumento di 5%

I dati sono stati diffusi questa mattina dal Conferenza episcopale spagnola. Considerando che ogni contribuente che segna X contribuisce in media con 35,4 euro alla Chiesa, il risultato si avvicina a 301,07 milioni di euro. Ciò rappresenta un aumento di 5,85% rispetto all'anno precedente, "Ciò consentirà di fornire un aiuto più efficace a chi ne ha più bisogno.", come si legge nella nota emessa dalla CEE.

In questa nota di presentazione dei dati, la Conferenza episcopale spagnola ha voluto sottolineare che la campagna sull'imposta sul reddito "ha avuto luogo in coincidenza con i mesi più duri della prima ondata della pandemia e con gli sforzi della Chiesa per moltiplicare la sua presenza e la sua attenzione ai gruppi più colpiti". Le 106.259 nuove dichiarazioni che hanno segnato la X per la Chiesa mostrano il sostegno sociale e personale all'opera svolta dalla Chiesa in questo periodo, e moltiplicano per quattro l'aumento della X nella dichiarazione dei redditi dell'anno precedente"..

Dati per Comunità autonome

L'importo raccolto a favore della Chiesa è aumentato in tutte le comunità autonome, senza eccezioni, e in tredici di esse è aumentato anche il numero di contribuenti che hanno apposto il segno X. Il numero di dichiarazioni dei redditi è aumentato in Andalusia, Madrid, Castiglia Mancia e Comunità Valenciana. Il numero di dichiarazioni è aumentato soprattutto in Andalusia, Madrid, Castilla la Mancha e Valencia. Al contrario, i Paesi Baschi hanno registrato il calo maggiore.

Le regioni in cui percentuale più alta di persone decidono di collaborare con la X nella dichiarazione dei redditi per sostenere la Chiesa sono Castilla La Mancha (45.18%), La Rioja (44.77%), Extremadura (44.03%), Murcia (43.68%) e Castilla y León (42.3%). Quasi la metà delle dichiarazioni sceglie di sostenere l'operato di enti religiosi.

All'estremo opposto, le Isole Canarie (25,6%), la Galizia (24,7%) e la Catalogna (16,9%) presentano i tassi di assegnazione più bassi.

I dati non mostrano ancora la crisi

Segnare la X a favore della Chiesa cattolica non significa pagare di più o ricevere meno soldi nel rimborso, se questo è favorevole.

Nonostante la crisi socio-economica che stiamo attraversando, la CEE ha voluto evidenziare la generosità del popolo spagnolo, pur sottolineando che "... il popolo spagnolo non è solo generoso, ma anche generoso".I dati non rendono ancora visibili le conseguenze economiche della situazione pandemica in Spagna dal primo trimestre del 2020.". Ha anche ricordato che "Questo contributo è decisivo per sostenere l'immenso lavoro della Chiesa che, per continuare ad aiutare in questa crisi, ha più che mai bisogno della collaborazione di tutti".".

Il lavoro della Chiesa nella pandemia

La nota è pubblicata anche sul sito web www.iglesiasolidaria.es in cui viene descritto il lavoro della Chiesa con coloro che soffrono in modo particolare per la situazione causata dalla pandemia.

Educazione

Portare l'Anno di San Giuseppe in classe

Un'iniziativa interessante per lavorare sull'Anno di San Giuseppe in classi di religione di diverse età e fasi.

Javier Segura-2 marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Gli anniversari sono sempre un'ottima occasione per gli educatori per lavorare sul nostro tema in modo diverso. Diversi perché, prima di tutto, gli danno un'aria nuova, rompendo - almeno apparentemente - con il solito curriculum. Ma permettono anche agli studenti di percepire l'argomento in relazione a ciò che la società sta vivendo e celebrando. D'altra parte, è una buona occasione per un lavoro interdisciplinare perché normalmente questo evento può essere illuminato da diversi punti di vista (storia, lingua, scienza...) con una maggiore o minore incidenza dell'uno o dell'altro a seconda, ovviamente, dell'evento che si celebra.

Nel caso del Anno di San Giuseppe Papa Francesco ci ha proposto, io ho salvato un'iniziativa che può essere di interesse per gli insegnanti di religione.

Basato sulla canzone Giuseppe, figlio di Maria Il videoclip è stato preparato da Jesús Morales (Chito), membro del noto gruppo musicale cattolico "Brotes de Olivo", con i disegni di Ángel Ortiz, fumettista e insegnante di religione, e l'animazione di Milo Jiménez. Una canzone fresca con disegni simpatici e suggestivi che piacerà sicuramente agli alunni di diverse età e che è stata realizzata per promuovere la figura del santo falegname.

Con questo brano di base, diversi materiali didattici (scaricateli qui) che gli insegnanti possono utilizzare e adattare alle loro classi. L'impaginazione è stata curata da Rubén Montero. L'équipe pedagogica era formata da Juana Sánchez, Montse Morell, Montse Aguilar e Gerardo Sánchez.

La sfida per gli educatori cattolici è che questo anno di San Giuseppe può avere un impatto reale in classe.

Si tratta di un materiale interessante con unità didattiche per diversi livelli educativi, Il progetto comprende anche materiale per alunni con istruzione speciale, cosa purtroppo non usuale in questo tipo di lavoro. Oltre al videoclip della canzone, sono stati inseriti vari giochi (roulette delle parole, memory, gioco dell'oca, tris...) e una galleria di immagini relative a San Giuseppe che servono da supporto alle unità didattiche.

Sicuramente ci saranno altre iniziative per lavorare su questa figura nel corso dell'anno. La sfida per gli educatori cattolici è che questa iniziativa di Papa Francesco possa avere un impatto reale in classe e che questo punto di riferimento universale raggiunga le nuove generazioni. Perché la tradizione deve essere viva, deve essere aggiornata e messa in dialogo con ogni generazione se non vogliamo che diventi stagnante, che diventi materiale da museo e non sia utile per la vita. Il materiale preparato da questo entusiasta gruppo di insegnanti è senza dubbio un buon contributo in questa direzione.

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Spagna

"Dobbiamo presentare la nostra fede in un dialogo che non la impoverisca".

I delegati episcopali e i direttori dei segretariati per le relazioni interconfessionali si sono incontrati telematicamente il 22 e 23 febbraio per analizzare la realtà del pluralismo religioso in Spagna.

Maria José Atienza-2 marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Siete a Conferenza XXXorganizzati dalla Sottocommissione per le relazioni interreligiose, si sono svolti sullo sfondo del Documento sulla fraternità umana per la pace nel mondo e la convivenza comune, firmato da Papa Francesco e dall'Imam Al-Tayyen ad Abu Dhabi il 4 febbraio 2019, nonché dell'ultima enciclica del Papa, Fratelli tutti.

Dialogo senza diluire la fede

Con questa premessa, i delegati hanno espresso la preoccupazione di rispondere alla realtà del pluralismo religioso che esiste nel nostro Paese e che deve portarci a considerare la nostra fede in un dialogo aperto all'"altro", che, lungi dall'impoverire o diluire l'identità cattolica, la arricchisce.

Tra i relatori della conferenza, il Prof. Diego Sarrio, Rettore dell'Università di Barcellona. Pontificio Istituto di Studi Arabi e d'Islamistica(PISAI) di Roma, il Prof. Gonzalo Villagrán, Rettore dell'Università di Roma. Facoltà di Teologia di Granada e Sua Beatitudine l'Arcivescovo Pizzaballa, Patriarca latino di Gerusalemme.

Inoltre, è stata affrontata la sfida del terrorismo jihadista, con la partecipazione degli esperti David Garriga e Said El-Gazhi, membri del CISEG (Intelligence and Global Security Community). Il Prof. Francisco Díez de Velasco ha anche offerto una mappa della presenza buddista in Spagna.

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Mondo

La comunione durante una semplice cena in famiglia

Gli incontri gastronomici ci permettono di condividere momenti che possono promuovere la fraternità, la generosità e la gioia. Francisco Santiago, vicario della parrocchia di Ntra. Sra. del Carmen, nella città di Villalba, Porto Rico, ci racconta. 

Francisco Santiago-1° marzo 2021-Tempo di lettura: 3 minuti

In una bella mattinata sulle montagne di Villalba, dopo alcune commissioni mattutine, ricevette da un parrocchiano il consueto pranzo del sabato per i Padri del villaggio.

Porterei un sancocho

Nel dialogo gioioso che ha preceduto la consegna del cibo, la signora ha commentato che avrebbe portato un sancocho (uno stufato molto tipico che mescola diversi tipi di carne e tuberi) a un rosario di novena per una persona defunta. Ha anche ricordato che arriva sempre in anticipo per aiutare la famiglia a preparare gli antipasti che di solito vengono offerti dopo il novenario a chi partecipa: quanto è importante questo gesto!

Mi sono chiesta quanto abbia senso per una famiglia fare un regalo, per quanto semplice possa essere, alla persona che si confronta con loro in quel momento, in questo caso difficile. Ma non si limita ai momenti difficili, perché quasi ogni momento della vita cristiana è suggellato da un pasto o almeno dalla condivisione di qualche spuntino. 

Il viaggio di Pasqua della famiglia

A seguito di tutto questo, mi sono ricordato di un'attività che abbiamo svolto nella parrocchia di Santo Domingo de Guzmán, nella bella città di Yauco, alla quale ho collaborato e che si chiamava "Giornata della famiglia di Pasqua". In questa attività abbiamo cercato di riunire intorno al tavolo della sala da pranzo la famiglia dei figli di Dio che erano in pellegrinaggio in quella comunità e di rafforzare i legami di fraternità cristiana nello spirito del periodo pasquale.

 L'attività si è svolta una domenica pomeriggio sul terreno della chiesa parrocchiale che ha fornito tutti gli elementi: il parcheggio e l'area esterna per preparare i tavoli per la cena. All'interno della chiesa si è svolta la prima parte dell'incontro, un momento di preghiera per tutte le famiglie, soprattutto quelle della nostra comunità. Poi siamo usciti all'esterno, dove sotto alcuni alberi sgargianti e nel fresco del pomeriggio c'erano 30 tavoli pronti ad accogliere tutti. Sul retro c'era anche un semplice palco per ascoltare della buona musica. 

La terza parte

Tutti si sono seduti e la cena, preparata da un gruppo di fedeli insieme al vicario parrocchiale, è stata servita. Con grande amore hanno lavorato insieme fin dalle prime ore del mattino per presentare una succulenta cena con pane, riso, carne, insalata e dessert a tutti i partecipanti. Mentre i commensali assaggiavano il cibo, è iniziata la terza parte dell'attività.

Il parroco della comunità, dotato di talento musicale, insieme ai parrocchiani dei vari cori, ha preparato una selezione di musica per dare un piccolo concerto ai commensali. La dinamica è stata davvero piacevole, alcuni hanno ballato e cantato, i bambini hanno giocato e tutti hanno trascorso una serata di vera fraternità intorno al semplice fatto di una cena in famiglia.

Questo è solo un esempio di come la condivisione di un pasto sia un'occasione di comunione e di rafforzamento dei legami familiari. Cogliamo ogni occasione che il Signore ci offre per servire gli altri (cfr. Lc 22,27) in questo piccolo modo e attraverso questo semplice gesto creare e approfondire i legami familiari cristiani.

L'autoreFrancisco Santiago

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Da cosa ci salva

1° marzo 2021-Tempo di lettura: < 1 minuto

Un sacerdote mi diceva che molte persone oggi non capiscono cosa significhi "salvezza". Tendiamo a dirlo senza pensarci. Ma senza l'aiuto di Dio,

  1. Non raggiungiamo il senso della nostra vita o il senso del mondo. Dipendono dal Creatore.
  2. Non raggiungiamo la felicità, ma solo momenti di appagamento e gioia.
  3. Non siamo salvati dalla morte.
  4. Non siamo liberi dalla rottura del peccato: dalle rotture tra ragione e sentimenti o tra volontà e passioni. Né possiamo sconfiggere il male nella società o portare giustizia nel mondo. E non possiamo risolvere la distanza con la natura, che a volte ci danneggia e a volte ci maltratta.
  5.  Non amiamo Dio sopra ogni cosa e il nostro prossimo come Lui ci ha comandato. Non possiamo essere veramente buoni.

Abbiamo bisogno dell'aiuto del Signore per conoscere il senso della vita, per raggiungere la felicità, per vincere la morte, per riparare le nostre rotture morali e quelle del mondo; e per vivere seriamente i due comandamenti della carità. Ci dà il suo perdono e la sua carità con lo Spirito Santo; e una promessa di eternità e felicità. Questa è la salvezza. 

L'autoreJuan Luis Lorda

Professore di teologia e direttore del Dipartimento di teologia sistematica dell'Università di Navarra. Autore di numerosi libri di teologia e vita spirituale.

La menzogna originale

Viviamo una vera onestà, con noi stessi e con chi ci circonda? O abbiamo paura di affrontare la verità del nostro cuore?

1° marzo 2021-Tempo di lettura: 2 minuti

Immaginate un mondo in cui a nessuno è permesso mentire, non perché sia proibito o immorale, ma perché i suoi abitanti non hanno la capacità intellettuale di dire qualcosa di non vero. Questo è l'argomento di "Incredibile ma non vero"in Spagna o "La menzogna originale"in America (2009. Prime Video e Netflix). I cittadini di questo curioso universo dicono la loro opinione senza alcun tipo di freno, anche sapendo che le loro opinioni possono ferire il loro interlocutore - "quel vestito ti fa ingrassare" - o essere dannose, come nel caso di un ladro che è costretto a dare il suo vero nome quando viene colto in flagrante. Anche la pubblicità è incredibilmente divertente, con slogan come "Coca, un po' di dolcezza" o "Pepsi, quando non hanno la Coca". Il nodo nasce quando il protagonista scopre improvvisamente di poter dire bugie, e tutti ci credono, perché nessuno diffida di nessuno perché nessuno mente. Sfruttando l'aperta onestà della storia, dirò che il film non è un granché, ma fa riflettere.

Ci fa pensare al mondo di bugie che abbiamo creato per coprire la nostra vergogna come società. Chiamiamo democrazie le oligarchie dominate da élite ideologiche ed economiche; chiamiamo relazioni amorose quelle di convenienza; chiamiamo religione i rituali che placano la nostra coscienza ma che non ci coinvolgono...

In particolare, il nostro vero volto è nascosto dietro una moltitudine di maschere. A volte, dietro la maschera di una persona gentile e premurosa, c'è qualcuno che giudica costantemente il suo interlocutore e finge di essere attento per il proprio tornaconto; a volte, dietro la maschera di una persona timida, c'è una persona orgogliosa che ha paura di parlare per non rivelare di non essere così superiore come crede.

Le bugie di cui ci circondiamo davanti agli altri diventano un problema quando ne siamo convinti. Un'immagine distorta di noi stessi ci farà vivere in un mondo parallelo, come quello del film, ma non reale. Se arrivo a credere di fare tutto bene, tutti i problemi che mi circondano saranno colpa degli altri: divorzio, per colpa di mia moglie; frodo, per colpa del fisco; tratto male i miei dipendenti, per colpa del loro disinteresse...

Dire i propri peccati al confessore e fare penitenza è relativamente facile; la parte difficile è affrontare la verità nel proprio cuore con sincerità.

In questo tempo di Quaresima, siamo invitati a un esercizio molto utile per uscire dal film che ci siamo fatti nella testa e recuperare il senso del giudizio. L'estrema sincerità che l'esame di coscienza del sacramento della riconciliazione comporta ci aiuterà a togliere la maschera davanti a noi stessi, perché Dio non si lascia ingannare.

Dire i propri peccati al confessore e fare penitenza è relativamente facile; ciò che è difficile è affrontare con sincerità ciò che siamo, la verità che c'è nel nostro cuore, da cui provengono i cattivi pensieri, gli omicidi, gli adulteri, le fornicazioni, i furti, la falsa testimonianza e la calunnia (cfr. Mt 15,19).

Se, dopo aver dato uno sguardo onesto a noi stessi, non c'è dolore nel nostro cuore, siamo ancora nella menzogna originale. Facciamo una risoluzione di modifica.

L'autoreAntonio Moreno

Giornalista. Laurea in Scienze della Comunicazione e laurea in Scienze Religiose. Lavora nella Delegazione diocesana dei media di Malaga. I suoi numerosi "thread" su Twitter sulla fede e sulla vita quotidiana sono molto popolari.

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