Per saperne di più
Il Papa battezza diversi bambini in occasione della Festa del Battesimo del Signore
Diversi bambini sono stati battezzati da Papa Francesco il 12 gennaio in occasione della Solennità del Battesimo del Signore.
Diversi bambini sono stati battezzati da Papa Francesco il 12 gennaio in occasione della Solennità del Battesimo del Signore.
Sekuereme è un'applicazione che mette in contatto persone disposte a offrire sostegno spirituale e compagnia umana con chi ne ha bisogno. La sua principale innovazione consiste nel rendere più facile che gli incontri virtuali si trasformino in relazioni significative nel mondo reale. Attualmente opera in 94 Paesi, con sacerdoti, professionisti e volontari che forniscono un aiuto vicino e personalizzato.
In un mondo segnato dalla fretta, dalla solitudine e dal bisogno di connessione, Sekuereme è un'iniziativa pionieristica che unisce innovazione tecnologica e profonda umanità. Più di un'applicazione mobile, Sekuereme è uno strumento per trasformare le vite attraverso l'ascolto attivo, l'accompagnamento ravvicinato e l'assistenza olistica. La sua missione è tanto semplice quanto potente: accogliere la vulnerabilità degli altri, offrire un sostegno autentico e camminare al fianco di chi affronta le sfide personali.
Dal suo lancio, questa piattaforma è riuscita a raggiungere una dimensione globale, essendo presente in 94 Paesi, più di 1250 città e in tutti e cinque i continenti. Ma la sua storia, come spesso accade per i grandi progetti, ha un inizio umile e profondamente umano.
La scintilla che ha dato vita a Sekuereme è stata accesa tre anni e mezzo fa dal caso di Javi, un ragazzo con la sindrome di Down che soffriva anche di leucemia. Durante gli ultimi giorni della sua vita, il sacerdote Josepmaria Quintana e Javier Pacheco hanno organizzato una preghiera speciale per lui: un rosario in diretta attraverso InstagramHanno invitato altre persone a unirsi a loro per pregare per Javi, i bambini malati e le loro famiglie.
Quello che era iniziato come un piccolo gesto di fede si è presto trasformato in un fenomeno di massa conosciuto come il "Macrofiesta del Rosario" (Macro-festival del Rosario)un evento settimanale che riunisce migliaia di persone ogni domenica alle ore 21:30 attraverso Instagram.
La risposta è stata travolgente, non solo per la partecipazione, ma anche per le richieste di aiuto che sono iniziate ad arrivare. Gli organizzatori si sono presto resi conto che era necessaria una struttura per rispondere alle esigenze di coloro che cercavano guida, conforto e sostegno in diversi aspetti della loro vita.
Così è nato SekueremeL'obiettivo di questa applicazione è quello di canalizzare queste richieste, fornendo aiuto in tre aree principali: spirituale, professionale e umana.
Il principio guida di Sekuereme è l'ascolto attivo, una pratica che in un mondo frenetico è sempre più rara ma necessaria. L'ascolto non solo come atto passivo, ma come gesto intenzionale, un atto d'amore e di rispetto verso l'altro. Sulla base di questo ascolto, la piattaforma organizza la sua offerta di supporto in tre aree chiave:
-Sostegno spirituale. Sekuereme mette in contatto le persone con sacerdoti disposti a offrire confessioni, guida spirituale, consulenza matrimoniale e la celebrazione di altri sacramenti. Questo servizio è destinato a coloro che cercano di rafforzare o iniziare un rapporto più profondo con Dio. In futuro, si spera di includere in quest'area di sostegno anche laici e religiosi.
-Supporto professionale. La piattaforma offre anche l'accesso a professionisti come psicologi, avvocati e medici. Anche se questi servizi hanno un costo, gli specialisti che collaborano con Sekuereme condividono i valori dell'empatia, dell'etica e dell'impegno, garantendo sempre un trattamento umano e rispettoso.
-Supporto umano. Uno degli aspetti più singolari di Sekuereme è la possibilità di essere accompagnati da persone che hanno superato esperienze simili. Questo tipo di sostegno è prezioso per chi si trova ad affrontare sfide come un lutto, una malattia grave o una crisi coniugale, in quanto fornisce un legame emotivo basato sulla comprensione reciproca.
L'accompagnamento offerto da Sekuereme non ha limiti di tempo. Può durare giorni, mesi o anche di più, a seconda delle esigenze e dei ritmi di ogni persona. Questo approccio flessibile e personalizzato fa parte del DNA della piattaforma, che cerca di essere presente in ogni fase del processo di guarigione e crescita dei suoi utenti.
Dal suo lancio, Sekuereme ha raccolto centinaia di testimonianze che illustrano il suo impatto positivo sulla vita delle persone. Matrimoni riconciliati, persone che decidono di portare avanti una gravidanza inaspettata, individui che ritrovano la speranza nel bel mezzo di pensieri suicidi... sono solo alcuni esempi della portata di questa iniziativa.
Sulla sua YouTube, Sekuereme condivide storie che ispirano e commuovono. Ogni testimonianza è la prova del potere dell'empatia, dell'ascolto attivo e dell'azione divina per trasformare le vite. Secondo Javier Pacheco, "Sekuereme ci ricorda che tutti abbiamo bisogno di essere ascoltati, compresi e sostenuti. È un atto d'amore per gli altri, un invito a fermarsi e ad ascoltare con il cuore.".
L'espansione di Sekuereme mondiale è un riflesso della sua rilevanza e universalità. Presente in cinque continenti, l'app è diventata un ponte tra persone di culture e provenienze diverse, unite da un bisogno comune di sostegno e comprensione.
Attraverso i suoi volontari e professionisti, Sekuereme ha creato una rete forte che non solo risponde ai bisogni immediati, ma favorisce anche un senso di comunità. Gli utenti non solo possono chiedere aiuto, ma hanno anche la possibilità di offrirlo, sia come sacerdoti, professionisti o semplicemente come esseri umani disposti ad ascoltare e accompagnare.
In un ambiente in cui le applicazioni mobili spesso privilegiano la produttività o l'intrattenimento, Sekuereme si distingue per il suo impegno nei confronti dei valori umani fondamentali. Più che un'app, è uno spazio in cui la tecnologia viene messa al servizio dell'amore per gli altri.
"Su cento persone, ce ne interessano cento", Josemaría Quintana, cofondatore della piattaforma, sottolinea. "Il nostro sforzo consiste nell'andare incontro alla pecora smarrita e indicarle la strada con rispetto e libertà.". Da parte sua, Javier Pacheco sottolinea che Sekuereme non solo cerca di rispondere ai bisogni immediati, ma anche di ispirare una trasformazione più profonda nella vita delle persone.
Sekuereme è più di un progetto: è un movimento che invita tutti a partecipare attivamente alla costruzione di un mondo più compassionevole e attento. Che si tratti di utenti in cerca di sostegno o di volontari disposti a offrirlo, tutti possono far parte di questa rete di amore e speranza.
I nuovi "Orientamenti e norme per la formazione dei presbiteri nei seminari" promulgati dalla Conferenza Episcopale Italiana invitano i formatori a sostenere i seminaristi nel riconoscere i segni della presenza di Dio nella loro vita quotidiana.
Il 9 gennaio sono entrati in vigore i nuovi Orientamenti e norme per la formazione dei sacerdoti nei seminari promulgati dalla Conferenza Episcopale Italiana. Il testo approvato durante la 78ª Assemblea Generale dell’organismo episcopale che si è svolta ad Assisi nel novembre 2023, è stato ufficializzato con decreto del Cardinale Matteo Maria Zuppi il 1° gennaio 2025 di quest’anno.
Come si legge nella presentazione, si tratta di una tappa di aggiornamento, frutto di un percorso di ascolto e riflessione, che introduce importanti novità rispetto alla precedente edizione del 2006, armonizzando le istanze della Chiesa universale, in particolare anche quelle emerse dal recente Sinodo dei Vescovi, con le peculiarità del contesto italiano.
Evidentemente, il nuovo testo nasce in dialogo con la Ratio Fundamentalis Institutionis Sacerdotalis, promulgata dalla Congregazione per il Clero nel 2016. Con una visione orientata alla sinodalità e alla missionarietà, dunque, si pone l’obiettivo di rispondere a due domande fondamentali: quale tipo di presbitero formare nel prossimo futuro e per quale “tipo” di Chiesa. Il risultato è un quadro normativo che rinnova il modello della vita nei seminari, rendendolo più flessibile e adeguato alle esigenze dei candidati e delle comunità di riferimento.
Le quattro tappe del percorso formativo – propedeutica, discepolare, configuratrice e di sintesi vocazionale – rimangono centrali, ma con un focus maggiore viene posto sulla personalizzazione dei tempi e degli obiettivi. Il documento, infatti, sottolinea la necessità di un discernimento continuo e di un accompagnamento integrale, che tenga conto delle dimensioni umana, spirituale, intellettuale e pastorale del candidato al sacerdozio, come del resto ripetuto in molti incontri di Papa Francesco proprio con sacerdoti e seminaristi.
Particolare attenzione viene riservata alla tappa propedeutica, pensata come un periodo preliminare per verificare la vocazione e sviluppare una base spirituale e umana solida. Questo momento di discernimento, della durata di uno o due anni, è vissuto in una comunità separata dal Seminario Maggiore, per consentire ai giovani di approfondire il loro cammino senza pressioni.
Le altre fasi del percorso formativo – discepolare, configuratrice e di sintesi vocazionale – vengono reinterpretate con un approccio più dinamico e adattabile ai cambiamenti sociali in atto. Viene poi incentivato il coinvolgimento diretto delle comunità cristiane nel cammino formativo dei seminaristi, già avviato del resto in molte diocesi italiane.
Particolare interesse è affidato ad esempio alla presenza di équipe educative composte da laici, religiosi e famiglie. Lo spirito di questo approccio è proprio quello di promuove una maggiore sinodalità e rafforzare il legame tra i futuri presbiteri e il Popolo di Dio.
Uno degli aspetti interessanti delle nuove linee guida riguarda l’impatto dei social media nella vita dei seminaristi e dei futuri sacerdoti. Viene ribadito come l’era digitale offre grandi opportunità di evangelizzazione, ma espone anche a rischi come la frammentazione identitaria, la superficialità nelle relazioni e la perdita di capacità critica.
Da qui la presa d’atto della necessità di preparare i seminaristi a sviluppare una maturità digitale, che li renda capaci di abitare consapevolmente anche questo specifico “mondo”. Ciò include l’uso responsabile dei social media come strumento pastorale, evitando però che questi sostituiscano o impoveriscano le relazioni personali. La proposta formativa incoraggia un equilibrio tra la presenza online e i momenti di preghiera, riflessione e vita comunitaria, affinché i futuri presbiteri possano offrire una testimonianza autentica anche online.
L’approvazione delle linee guida avviene in un momento in cui la Chiesa italiana si trova nel pieno del suo proprio“cammino sinodale”, iniziato sulla scorta di quello della Chiesa universale e che ora prosegue per “mettere a terra” i frutti di questi anni di scambio e riflessione. Allo stesso tempo, viene specificato che il testo non vuole limitarsi a essere un insieme di norme, quanto piuttosto una guida aperta e dinamica, pronta ad accogliere i cambiamenti che la realtà ecclesiale e culturale richiederanno. Lo ha ribadito in una intervista al quotidiano della Conferenza Episcopale Italiana Avvenire, il Vescovo di Fiesole, Stefano Manetti, Presidente della Commissione episcopale per il clero e la vita consacrata e autore del testo di presentazione della nuova Ratio.
Le indicazioni riflettono dunque una visione che integra formazione iniziale e permanente, considerando i due momenti come parti inscindibili di un unico “processo discepolare”. In questo modo, i formatori sono invitati a sostenere i seminaristi nel riconoscere i segni della presenza di Dio nella loro vita quotidiana, promuovendo un discernimento continuo che li renda pastori autentici dall’indole profondamente missionaria.
Il quotidiano Avvenire, di proprietà della Conferenza episcopale italiana, si è scagliato contro le polemiche generate dall'interpretazione che alcuni media hanno dato delle nuove regole per i Seminari. Secondo il quotidiano, le regole della Chiesa sulla non ammissione degli omosessuali al sacerdozio non sono cambiate e rimangono in linea con i documenti precedenti, come la Ratio Fundamentalis del 2016. Il testo sottolinea che i candidati con tendenze omosessuali radicate o che sostengono la cultura gay non sono ammessi, coerentemente con il Magistero.
La novità del documento sta nell'attenzione al discernimento personale, soprattutto nei primi tre anni di formazione, alla ricerca di una comprensione integrale della personalità del candidato. Tuttavia, viene chiarito che questo approccio non implica cambiamenti nei criteri di ammissione, ma un'enfasi sull'aiutare i futuri sacerdoti a scoprire la verità su se stessi e a vivere la castità come un dono.
Alcuni media hanno erroneamente interpretato il documento come un'apertura all'ammissione di sacerdoti omosessuali, purché vivano in castità, cosa negata dalle autorità ecclesiastiche. Avvenire denuncia la decontestualizzazione e la manipolazione del testo da parte di alcuni media, che cercano di seminare confusione sulla posizione della Chiesa.
Definita la più grande pensatrice sull'amore e la sfortuna del XX secolo, Simone Weil è ampiamente riconosciuta per i suoi saggi, ma non per i suoi scritti genuinamente letterari, di cui sono stati pubblicati un'opera teatrale incompiuta e una raccolta di poesie che ribadiscono la sua costante ricerca della verità.
Nel 1968 - venticinque anni dopo la sua morte - è stata pubblicata una raccolta di poesie di Simone Weil, che ha rivelato un aspetto dell'autrice poco noto a molti dei suoi seguaci in prosa. Sebbene queste poesie non fossero inedite, in quanto sparse nei suoi quaderni, la raccolta presentata dall'editore francese Gallimard nella sua collezione Espoir hanno evidenziato quest'altra dimensione del suo lavoro. Vederli raccolti in un unico volume - seguiti da un'opera teatrale incompiuta nello stile delle tragedie classiche - dimostrava che la Weil coltivava anche questo genere letterario. Non solo lo esercitava, ma, secondo la corrispondenza incrociata curata nel 1982 tra il poeta sperimentale Joë Bousquet e lei, costituiva qualcosa di preminente.
Tuttavia, la prosa lirica che caratterizzò la sua produzione letteraria finì per mettere in ombra la sua scarsa produzione poetica. In una lettera a Bousquet, infatti, la Weil afferma di preferire essere considerata una poetessa piuttosto che una filosofa, un desiderio che, nonostante le sue incursioni nella poesia, non si concretizzò del tutto. Questo contrasto tra le sue aspirazioni e la sua realtà letteraria riflette la complessità del suo rapporto con l'attività artistica e la sua ricerca di un'identità creativa.
La lettera al poeta Paul Valéry in cui risponde al suo lungo poema sulla giovinezza risale al 1937, quando aveva ventotto anni. Prometeoche gli inviò per una valutazione. Valéry, dopo aver lodato l'abilità strutturale del testo, lo analizzò in dettaglio, evidenziando alcune obiezioni. Tuttavia, conclude la sua risposta sottolineando la fermezza, la pienezza e il dinamismo della poesia: "... la poesia è una poesia che non è solo una poesia, ma anche un poema.Molti dei suoi versi sono davvero fortunati. Infine, e questa è la cosa essenziale, c'è in questo Prometeo la volontà di comporre, a cui attribuisco la massima importanza, vista la rarità di questa cura in poesia".
Le cinque poesie giovanili conosciute - la prima delle quali risale al 1920, quando Simone Weil aveva solo undici anni - anticipano preoccupazioni che saranno poi fondamentali per la sua saggistica. Le ultime cinque, scritte verso la fine della sua vita (1941 e 1942), riflettono l'evoluzione del suo pensiero, che è stato oggetto di un'analisi approfondita, e la presentano come una donna con evidenti radici mistiche, cristiane, evangelizzatrici, nel senso più pieno di queste parole, oltre che fermamente impegnata nel pacifismo. Nel loro insieme, rivelano un mondo interiore fondato su un insieme di idee che le sono pienamente riconosciute.
Tra queste idee, la più singolare è quella della sfortuna (malheurIl tema dell'amore, come lei lo chiama, diventa una componente centrale sia nella sua vita esemplare che nel suo discorso filosofico, condividendo la ribalta con il tema dell'amore. Proprio in A una giovane donna riccaLa nozione di sfortuna è presentata in modo diretto nel primo testo della sua brevissima opera lirica pubblicata.
Dopo aver iniziato con la descrizione del personaggio di Climena, che rispecchia il cliché del tempus fugit e l'inevitabile decadenza fisica e sociale, Weil solleva lo scollamento di quest'ultima con la realtà dei meno fortunati, segnata dalla miseria e dalla sofferenza: "...la realtà dei meno fortunati, segnata dalla miseria e dalla sofferenza: "...".Per voi le disgrazie sono favole, / tranquille e lontane dal destino delle vostre misere sorelle, / non concedete loro nemmeno il favore di uno sguardo.". Appena si osserva la poesia, ci si rende conto che non può che essere di Simone Weil, che fin dalla prima adolescenza ha dimostrato una profonda sensibilità nel denunciare le ingiustizie e nel difendere i più deboli.
Le affermazioni forti che attraversano la sua vita, come "..." e "...", sono state usate per descrivere la sua vita.le disgrazie degli altri sono entrate nella mia carne"insieme agli aforismi sullo stesso argomento, raccolti nel saggio Gravità e graziasi intravedono già non solo in questo componimento, ma anche in alcune sequenze di altri testi lirici, come nel già citato Prometeoche si conclude con il "carne abbandonata alla sfortuna". In ogni esempio concreto, l'autrice francese esprime il proprio dissenso nei confronti di una realtà che considera inaccettabile: "Il pane manca talvolta al cittadino; / Il popolo, stanco delle lotte politiche, già si agita e trema e comincia a ruggire / (...) Che cosa possono dunque sognare questi giovani trionfanti, in mezzo a tanta miseria / Questi giovani trionfanti".
Delle sue ultime poesie vorrei sottolineare in particolare Il mare. Tuttavia, potrei citare Necessitàsu cui fa anche una serie di riflessioni, o uno qualsiasi degli altri. In tutti i casi, il lettore abituale dei suoi scritti riconoscerà i contenuti specifici della filosofia di questa autrice. Nell'esempio citato, il mare è un'immagine in movimento della bellezza, uno specchio in cui lo spirito imprime il movimento e la forma: "Mare disperso, di onde incatenate per sempre, / Messa al cielo offerta, specchio di obbedienzadove la bellezza è anche un riflesso fedele della presenza di Dio nel mondo: "...".I riflessi della sera brilleranno all'improvviso / L'ala sospesa tra il cielo e l'acqua, / Le onde oscillanti sono fissate sulla pianura, / Dove ogni goccia a turno sale e scende, / Per rimanere sotto per la legge sovrana."un lampo che, allo stesso tempo, è una porta verso il reale, cioè verso ciò che è libero dalla proiezione - come esprime anche in Gravità e grazia- di "l'immaginazione che colma le lacune". Così, svuotando l'anima dalle cose create, essa si apre alla possibilità di fondersi con il reale e di essere trafitta dalla luce della grazia.
Come il testo citato, anche gli altri danno conto sia della sua filosofia dell'acqua e dell'eternità, sia dello scorrere del tempo - due delle sue grandi motivazioni filosofiche - rappresentato nelle stelle, che conducono l'umanità verso un futuro sconosciuto, la cui resistenza umana si esprime in grida e urla.
Desiderava giustamente essere riconosciuta innanzitutto come poetessa. In effetti, lo fu pienamente, anche se i suoi pochi testi poetici non ottennero il riconoscimento che avrebbe desiderato. Nel complesso, le sue poesie non aggiungono nulla di nuovo alle sue carte, ai suoi quaderni, alla sua corrispondenza e ai suoi scritti di carattere storico o politico. Inoltre, se avesse composto solo le poesie che sono note, sarebbe stato dimenticato come tanti altri autori. La sua vera grandezza sta nella prosa, che è la sua poesia più alta e intensa.
La tensione lirica a cui è sottoposto ogni suo pensiero, lo sviluppo folgorante del contenuto dei suoi ragionamenti, l'enorme espressività, la ricchezza di immagini e metafore e persino il ritmo stesso delle sue sequenze in prosa sono le caratteristiche che la contraddistinguono e la rendono una poetessa squisita. È lì che sperimenta ciò che concepisce come Poesia: "La poesia è un lavoro da poeta.dolore e gioia impossibili (...). Una gioia che, a forza di essere pura e non mescolata, fa male. Un dolore che, a forza di essere puro e non mescolato, lenisce.". E questa è la sua prosa: un'esperienza di contrasti inconciliabili; una porta che le permette un contatto diretto con la realtà, costituendo una manifestazione palpabile della bellezza del mondo. O come dice lei stessa: "Il poeta produce il bello con l'attenzione rivolta al reale. Proprio come un atto d'amore". È così che deve essere letta, come rivelatrice del bello, qualunque cosa scriva. Le sue poesie lo proclamano; le sue poesie, ma, soprattutto, è la sua prosa a realizzarlo.
Nella festa del Battesimo di Gesù di questa domenica, Papa Francesco ha sottolineato all'Angelus che questo giorno "ci fa contemplare il volto e la voce di Dio, che si manifestano nell'umanità di Gesù", e che "Dio è amore, Dio ci ama tutti come figli, ricordiamolo!
Prima del AngelusNella Cappella Sistina, il Pontefice ha presieduto la celebrazione della Santa Messa in occasione della Festa del Battesimo del Signore con il rito del Battesimo dei bambini, in questo caso 21 bambini di dipendenti del Vaticano.
Nell'impartire loro il primo dei sacramenti dell'iniziazione cristiana, Francesco ha pregato affinché "crescano nella fede, nella vera umanità e nella gioia della famiglia", con poche parole estemporanee.
Poi, all'Angelus, con i fedeli e i pellegrini riuniti in Piazza San Pietro, ha iniziato l'Angelus con le seguenti parole indicando che "la festa del Battesimo di Gesù, che celebriamo oggi, chiude il periodo natalizio con la manifestazione del Signore nel fiume Giordano".
Sullo sfondo della scena evangelica raccontata da Luca c'è "il popolo in attesa, da cui emerge la figura di Gesù che si unisce a loro per ricevere il battesimo per il perdono dei peccati".
E quando anche Gesù riceve il battesimo, avviene l'Epifania di Dio, che non solo rivela il suo volto nel Figlio, ma fa sentire anche la sua voce, dicendo: "Tu sei il Figlio mio prediletto, nel quale mi sono compiaciuto" (v. 22). E il Papa si è soffermato a considerare il volto e la voce.
"È nel volto del Figlio amato che conosciamo chi è veramente Dio; ed è nel volto del Figlio amato che possiamo anche intravedere i nostri elementi essenziali, scoprirci figli del Padre e riconoscere la sua presenza nelle nostre sorelle e nei nostri fratelli".
In secondo luogo, il Padre fa sentire la sua voce dicendo: "Tu sei il mio Figlio prediletto".
"Dio, attraverso la sua Parola, ci mostra l'essenza della sua natura: l'amore. Dio è amore, Dio ci ama tutti come figli, ricordiamolo! Chi accoglie questo amore 'rimane in Dio e Dio in lui'", scrive San Giovanni (1 Gv 4,16), "diventa figlio come Gesù". La voce del Padre dice anche a ciascuno di noi: "Tu sei il mio figlio prediletto", ha affermato il Papa, in pratica con le parole di Benedetto XVI nella sua enciclica Deus caritas est.
Tra le domande da considerare personalmente, il Santo Padre ha chiesto: "Chiediamoci: ci sentiamo amati e accompagnati da Dio o pensiamo che sia lontano da noi? Siamo in grado di riconoscere il suo volto in Gesù e nei nostri fratelli e sorelle? Ascoltiamo la sua voce? E cogliamo anche l'occasione per chiederci: "Ricordiamo la data del nostro battesimo?
È un giorno importante da "incidere nei nostri cuori", ha detto, incoraggiando genitori e padrini a chiedere informazioni sulla data. "È il giorno in cui rinasciamo a nuova vita, introdotti nel mistero di Cristo e della Chiesa. Affidiamoci alla Vergine Maria, invocando il suo aiuto per saper vivere da figli amati".
Concludendo, il Pontefice ha espresso la sua vicinanza alle vittime e alle famiglie dei devastanti incendi che hanno colpito la città di Roma. Los Angelesnegli Stati Uniti. Il Papa ha inviato un telegramma all'arcivescovo José Gómez, nel quale ha espresso le sue condoglianze a tutte le famiglie e ha assicurato loro le sue preghiere. Ha inoltre chiesto un applauso per il sacerdote Giovanni Merlini, beatificato a San Giovanni in Laterano, e di pregare per i bambini battezzati questa mattina.
Di fronte agli incendi che hanno devastato parte dell'area metropolitana di Los Angeles, le comunità cattoliche stanno offrendo il loro aiuto materiale e spirituale.
Il 7 gennaio, una serie di incendi selvaggi è scoppiata nell'area metropolitana di Los Angeles, in California. Sono stati tra i più devastanti nella storia dello Stato. All'11 gennaio, si parlava di tredici morti e di oltre 12.000 strutture, edifici e case danneggiate o ridotte in cenere. Le immagini sono apocalittiche e devastanti.
I vigili del fuoco operano in condizioni eroiche per combattere gli incendi e cercare la sicurezza delle persone. Tuttavia, le condizioni meteorologiche - soprattutto i cosiddetti "venti di Santa Ana" e le condizioni di siccità - hanno favorito la propagazione degli incendi, impedendone il contenimento.
Le comunità di Pacific Palisades, Eaton, Kenneth e Hurst sono state le più colpite. Nelle prime due, le più devastate, l'incendio è stato a malapena contenuto, rispettivamente a 11% e 15%. Migliaia di famiglie sono state costrette a evacuare e a cercare riparo in rifugi o presso amici e familiari. Inoltre, è stata ordinata l'evacuazione di oltre 65 scuole cattoliche.
La comunità più danneggiata è stata Pacific Palisades, un quartiere privilegiato di ville da milioni di dollari sulla costa del Pacifico, dove vivono molte celebrità dello sport e dello spettacolo. In quell'area, i vigili del fuoco hanno segnalato, a partire dall'11 gennaio, l'incendio di 22.600 acri (circa 90 km) e 5.300 strutture gravemente danneggiate o ridotte in cenere, tra cui la parrocchia cattolica Corpus Christi e la scuola adiacente.
Di fronte a questo paesaggio desolato, l'arcivescovo di Los Angeles José H. Gómez si è recato nelle regioni colpite per celebrare la Messa e pregare con le persone colpite, portando parole di conforto alle comunità. "Siamo chiamati a essere strumenti di carità e compassione per coloro che soffrono", ha detto l'arcivescovo durante l'omelia nella Cattedrale di Nostra Signora di Los Angeles il 9 gennaio: "Dobbiamo essere noi a portare conforto ai nostri vicini in questo momento di disastro. E dobbiamo stare al loro fianco per aiutarli a ricostruire e ad andare avanti con coraggio, fede e speranza in Dio", ha detto l'arcivescovo, aggiungendo: "Non sappiamo perché questi disastri accadano. Ma sappiamo che il nostro Padre tiene la vita di ciascuno di noi nelle sue mani amorevoli.
La notizia della tragedia è giunta in Vaticano. L'11 gennaio Papa Francesco ha inviato un messaggio di vicinanza alla popolazione e all'arcivescovo di Los Angeles. Nel telegramma, firmato dal cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato, il Pontefice si è detto "rattristato per la perdita di vite umane e la distruzione". Sua Santità invia inoltre le sue condoglianze alle famiglie dei defunti e assicura alle comunità colpite la sua vicinanza spirituale.
Le autorità federali, statali e comunali hanno lavorato insieme per coordinare gli sforzi nella zona del disastro. Il Presidente Joe Biden si trovava in California e, a causa di questa emergenza, ha dovuto cancellare il suo viaggio in Italia e la prevista udienza con Papa Francesco.
Per sostenere gli sforzi delle autorità civili e aiutare le vittime, l'arcidiocesi di Los Angeles e Catholic Charities hanno avviato programmi di soccorso per le vittime, tra cui l'apertura di rifugi in diverse parrocchie dell'arcidiocesi e l'installazione di centri di raccolta per cibo, vestiti e beni di prima necessità.
Le donazioni possono essere fatte anche online attraverso i siti ufficiali dell'Arcidiocesi di Los Angeles (Arcidiocesi di Los Angeles) e Catholic Charities of the United States (Lavorare per ridurre la povertà in America - Catholic Charities USA).
James Harrison è uno dei missionari FOCUS che ha organizzato l'edizione europea di SEEK. L'evento, tenutosi in Germania, è stato un successo per i giovani universitari alla ricerca di Cristo.
James Harrison è uno dei quattro giovani americani che hanno portato il movimento missionario FOCUS (Fellowship Of Catholic University Students) in Germania nel 2018 su richiesta del vescovo Stefan Oster di Passau. La missione di FOCUS è condividere la speranza e la gioia del Vangelo con gli studenti universitari. I gruppi biblici, la preghiera regolare e gli eventi ricreativi, come la conferenza SEEK di Capodanno, e, non da ultimo, le amicizie personali con gli studenti, ne costituiscono la cornice. Harrison ha lavorato inizialmente come missionario presso l'Università di Passau per quattro anni. Nel 2022 è diventato direttore regionale di tutte le sedi europee di FOCUS.
Fondato nel 1998 dall'americano Curtis Martin, il movimento è attualmente presente in otto università degli Stati Uniti, nelle città irlandesi di Belfast, Dublino e York e nella regione di lingua tedesca a Düsseldorf, Passau, Krems, St. Pölten e Vienna. Negli Stati Uniti, i missionari lavorano attualmente in 210 università. In qualità di organizzatore principale della conferenza SEEK di questa settimana a Colonia, Harrison parla del suo lavoro per FOCUS in un'intervista al Tagespost. Il suo obiettivo: far vivere la fede in Gesù Cristo in Europa.
- Sono diventato missionario FOCUS otto anni fa. Nella mia università non c'era FOCUS. Ma da studente ho iniziato a cercare sempre di più la verità. Volevo capire cosa è reale, se Dio è reale e come agisce nel mondo.
Ero abbastanza solo con queste domande e stavo cercando di rispondere con l'aiuto di libri, podcast e video su YouTube. È così che mi sono imbattuto nel sito web di FOCUS e sono stato subito entusiasta dell'idea di inviare giovani adulti a predicare il Vangelo agli studenti. Ho immaginato quanto sarebbe stata diversa la mia vita universitaria con FOCUS.
Ho capito che non posso cambiare il passato, ma posso fare qualcosa per il futuro. Ecco perché sono entrato in contatto con FOCUS. Durante il mio ultimo anno di studi, ogni settimana mi incontravo online con un missionario. Mi ha insegnato a pregare, mi ha spiegato i sacramenti e mi ha insegnato a parlare di Gesù ai miei amici.
Poco dopo, guidavo già il mio gruppo di studio biblico e, dopo la laurea, sono diventata io stessa missionaria. Prima per due anni in California e dal 2018 a Passau. In realtà avremmo dovuto essere inviati in Irlanda. Ma poi la diocesi di Passau ha chiesto dei missionari. Due mesi dopo eravamo lì - e abbiamo dovuto imparare il tedesco.
- La prima fase è stata incredibile. Molto emozionante, tutto era nuovo. Poi sono arrivate le prime difficoltà: Gli scontri culturali, la barriera linguistica. Abbiamo dovuto imparare a capire i tedeschi, non solo dal punto di vista linguistico, ma anche umano. Ma Dio si serve di tutte le difficoltà. Abbiamo potuto confidare che tutto si sarebbe risolto. Siamo molto grati: le persone qui sono un dono e ci hanno insegnato molto. Abbiamo imparato quanto sia universale la Chiesa.
- Vediamo sfide di natura culturale ed ecclesiastica. Culturalmente, c'è un generale scetticismo nei confronti dell'autorità. I tedeschi stanno imparando a essere scettici, anche nei confronti della Chiesa. La Chiesa, a sua volta, è appesantita dagli scandali e dagli errori del passato. Il nostro compito è quindi quello di spiegare alle persone che forse non tutto ciò che hanno imparato sulla Chiesa e su Dio è vero.
In secondo luogo, il concetto di accompagnamento è abbastanza sconosciuto qui. In Germania ci sono molte organizzazioni che insegnano alle persone a crescere nella fede e a pregare. E questo è importante e positivo. Ma il fatto che un cristiano entri nella vita di un'altra persona per aiutarla a crescere nella fede, per accompagnarla in questo viaggio di scoperta... è un concetto che si vede ancora raramente in Germania. Per esempio, quando si offre una serata di preghiera e vengono persone che non conoscono ancora Gesù: allora bisogna mantenere il contatto con loro e costruire un rapporto personale. Vogliamo vivere un'evangelizzazione di sostegno individuale, di costruzione di relazioni personali.
- Grazie all'effetto moltiplicatore: gli studenti vengono al nostro gruppo di studio biblico, crescono nella fede e creano il loro gruppo di studio biblico. Da loro nascono nuovi leader di gruppi biblici, e così via. Noi missionari non vogliamo essere gli unici a trasmettere la fede, ma formare una squadra intorno a noi con gli studenti.
- Il desiderio di una conferenza SEEK europea esiste da molto tempo. Durante la pandemia di Covid, sono stati organizzati SEEK molto piccoli e locali a Passau, Vienna e in Irlanda. L'esperienza è stata positiva e molti studenti hanno partecipato. Da allora, abbiamo cercato di organizzare una grande conferenza SEEK europea. L'autorizzazione è stata concessa nel novembre 2023. Prima di tutto, dovevamo trovare una sede adatta. L'abbiamo pianificato da gennaio, con un team di tre persone. Naturalmente, abbiamo lavorato a stretto contatto con gli organizzatori di US SEEK. Abbiamo anche ricevuto un grande sostegno dal ministero delle vocazioni dell'arcidiocesi di Colonia.
- I cinque relatori ospiti, o meglio "relatori principali", sono Kathy dall'Irlanda (Chiesa Evangelica Libera Living Word), Katharina Westerhorstmann dalla Germania, Padre Louis Merosne da Haiti, Padre Patrick dall'Irlanda e Padre John Riccardo da ActsXXIX. Cercavamo relatori esperti che conoscessero FOCUS. Allo stesso tempo, dovevano conoscere l'Europa, soprattutto i luoghi in cui abbiamo dei missionari. Quindi l'Irlanda e l'area di lingua tedesca. Questi erano i criteri di selezione.
- SEEK si tiene negli Stati Uniti da quasi 25 anni e continua a crescere. Questa settimana si è tenuto per la prima volta in due località: Salt Lake City e Washington DC. Vorrei vedere uno sviluppo altrettanto positivo in Europa. E questa settimana a Colonia è il punto di partenza. Celebriamo la fede e facciamo rifornimento, in modo che il Vangelo prenda vita nelle persone e che queste sentano quanto Dio le ama. Dovrebbero ricevere questo fuoco e portarlo a casa con loro. In breve, il SEEK serve come incontro con Dio e come stimolo per la missione. L'anno prossimo non è previsto alcun SEEK in Europa, perché voleremo negli Stati Uniti con gli studenti. Ma ne è previsto un altro tra due anni. I preparativi inizieranno presto.
Questa è la traduzione di un articolo apparso per la prima volta sul sito web Die-Tagespost. Per l'articolo originale in tedesco, vedere qui . Ripubblicato in Omnes con l'autorizzazione.
All'inizio, quando io e mio marito ci siamo fidanzati all'età di 23 anni, ero impegnata a spiegare ciò che pensavo fosse necessario perché ero giovane. Tuttavia, non mi ci è voluto molto per passare dal ragionamento al "ci siamo sposati perché ne avevamo voglia".
Sposarsi è una seccatura. Ma se siete giovani, lo è ancora di più. Oltre al normale stress e alle conversazioni che un matrimonio genera, se siete giovani potete prepararvi ai commenti che la gente fa "per il vostro bene".
Dal "ti perderai i migliori anni della tua vita" al "ci hai pensato bene", fino al "se va male, puoi sempre andartene". È incredibile il numero di opinioni non richieste che le persone danno quando dici loro che stai per sposarti.
All'inizio, quando io e mio marito ci siamo fidanzati (avevamo entrambi 23 anni) e la gente ha iniziato a dirci queste frasi meravigliose, ho cercato di spiegare. Ho ragionato con loro sulle ragioni per cui avevamo deciso di fare il grande passo. Tuttavia, non ci è voluto molto perché passassi dal ragionamento al "ci siamo sposati perché ce la sentivamo", senza commentare oltre. Che bisogno c'è di giustificare il mio matrimonio con qualcuno?
"Devi capire che se sei giovane, la gente si sorprenderà. Maricarmen, il problema con la gente è che alcuni di loro fanno fatica a capire che non tutti comprano il discorso di aspettare fino a tardi per evitare che la vita familiare interrompa la carriera professionale.
"Forse quello che succede è che si parla e si decide da una posizione privilegiata". Forse. Privilegio che mi ha schiaffeggiato in tempo per riordinare la mia scala di valori prima che arrivi il momento del pentimento.
"Quindi chi si sposa a una certa età ha sbagliato? Non lo so, signora. Lasciatemi il braccio. So solo che mi sposo perché ne ho voglia.
La realtà è che nell'era dei social media ci siamo abituati a commentare la vita delle persone come se la nostra esistenza si svolgesse in un forum pubblico. Sta diventando un luogo comune trattare i giovani come ingenui. E lo siamo, ma gioventù benedetta e senza vergognache, tra l'altro, anche i più anziani hanno attraversato.
È vero che ci sono molte persone che esprimono la loro opinione e vi dicono di non sposarvi giovani. C'è anche chi approva il vostro matrimonio, purché vi assicuriate che la prossima grande follia - avere figli - non vi passi per la testa. Ma questo è un altro discorso.
Di tutte le voci che ci circondano, mi rimane l'opinione di Sant'Agostino. Con amore e con testa, non sposarti giovane se non vuoi o non puoi, a meno che tu non ne abbia voglia e non veda con cuore sincero che puoi fare il passo. A meno che non ve la sentiate e non vediate con cuore sincero che potete fare il passo. Allora sì, "ama e fai ciò che vuoi".
Luis de Lezama lascia una rete internazionale di ristoranti e scuole, una testimonianza di evangelizzazione attraverso la dignità del lavoro.
Padre Luis de Lezama è morto oggi, 11 gennaio, alle ore 17:00, dopo aver ricevuto i Santi Sacramenti, presso la Clínica Universidad de Navarra (Madrid). La cappella funebre sarà allestita lunedì 13 gennaio alle ore 10:00 nella chiesa parrocchiale di Santa María la Blanca.
Lezama lascia un'eredità di fede, solidarietà e imprenditorialità sociale. Nato ad Amurrio (Álava) nel 1936, questo sacerdote ha segnato la vita di intere generazioni non solo dall'altare, ma anche come visionario che ha unito l'evangelizzazione a iniziative concrete per dare dignità ai più vulnerabili.
Ordinato sacerdote nel 1962, padre Lezama ha iniziato il suo ministero in contesti umili, lavorando con giovani e famiglie che affrontavano difficoltà economiche e sociali. È negli anni '70, tuttavia, che il suo lavoro assume un carattere distintivo. Nel 1974, nel quartiere di Vallecas, fondò La Taberna del Alabarderoun ristorante che è diventato molto più di uno spazio gastronomico. Ha dato lavoro e formazione a giovani a rischio, molti dei quali senza fissa dimora, offrendo loro l'opportunità di trasformare la propria vita.
Questa iniziativa, che combinava la formazione all'ospitalità con la formazione umana e spirituale, fu l'inizio di un modello innovativo che Lezama replicò in altri luoghi in Spagna e in America. Il suo lavoro crebbe e diede vita al Gruppo Lezama, un gruppo imprenditoriale dell'ospitalità che comprende 22 ristoranti situati in città come Madrid, Marbella, Washington, Seattle e Siviglia. Per dare un sostegno legale a questo lavoro di formazione e promozione sociale, ha creato la Fondazione Iruaritz Lezama, consolidando così un lavoro che ha avuto un impatto sulla vita di migliaia di persone.
Nel corso della sua vita, padre Luis de Lezama ricevette numerosi riconoscimenti, il governo spagnolo gli conferì l'Encomienda de la Orden de Isabel la Católica e l'Encomienda de la Orden Civil de Alfonso X el Sabio, mentre in Francia fu nominato Chevalier d'Honneur de l'Ordre du Mérite Civil.
Lezama intendeva il suo lavoro come un modo per vivere concretamente il Vangelo. Per lui, dare lavoro e istruzione ai giovani non era solo un atto di carità, ma un mezzo per restituire loro la dignità. La sua proposta consisteva nell'evangelizzare attraverso un lavoro ben fatto. Questo approccio integrativo, in cui fede e azione sociale andavano di pari passo, lo rese un punto di riferimento sia all'interno che all'esterno della Chiesa.
Oltre al suo lavoro sociale, padre Lezama è stato autore di diversi libri, in cui ha condiviso la sua esperienza e ha riflettuto su come la Chiesa possa rispondere alle sfide del mondo contemporaneo. Tra le sue opere ricordiamo Il Vangelo in un'osteriadove racconta come le sue iniziative siano nate dalla fede in un Dio che agisce nella vita quotidiana.
Nel 2006, padre Lezama è tornato come parroco sotto la guida del cardinale arcivescovo di Madrid D. Antonio María Rouco Varela. Antonio María Rouco Varela, che gli affidò un compito speciale: avviare una parrocchia a Montecarmelo, a nord di Madrid. In questa enclave emergente, padre Lezama lasciò la sua impronta dando la priorità alla costruzione della Scuola Santa María la BlancaLa scuola divenne un punto di riferimento per il suo modello pedagogico e la sua ispirazione cristiana.
La morte di padre Luis de Lezama lascia un grande vuoto, ma anche un'eredità che continuerà a ispirare coloro che credono nel potere trasformante dell'amore cristiano. La sua vita è una testimonianza di come la fede possa essere tradotta in azioni concrete per costruire un mondo più giusto.
Oggi, coloro che sono passati per le sue scuole, coloro che hanno trovato una nuova strada grazie ai suoi progetti e coloro che lo hanno conosciuto, piangono la sua perdita, ma celebrano anche una vita dedicata a Dio e agli altri. Riposi in pace padre Luis de Lezama, un sacerdote che ha saputo trasformare la compassione in azione e i sogni in realtà che cambiano la vita.
Il 1° gennaio è entrata in vigore nello Stato della Città del Vaticano una nuova disposizione con alcuni principi generali che dovrebbero garantire responsabilità, trasparenza e sicurezza in relazione all'uso di sistemi di intelligenza artificiale nei vari settori di competenza.
Con una mossa a sorpresa, la Pontificia Commissione per lo Stato della Città del Vaticano - l'organo che esercita la funzione legislativa all'interno delle Mura Leonine - ha emesso il 16 dicembre scorso una decreto Le prime linee guida complete per l'uso del intelligenza artificialel (IA) all'interno dello Stato.
Il provvedimento, firmato dal presidente del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano, cardinale Fernando Vérgez, e dal segretario generale dello stesso organismo, suor Raffaella Petrini, è entrato in vigore il 1° gennaio di quest'anno.
Fin dalle prime righe, il testo, che si articola in 15 articoli comprese le disposizioni finali, si distingue nel panorama internazionale per la sua visione integrata che coniuga innovazione tecnologica e valori etici fondamentali. I principi alla base delle nuove linee guida mirano infatti a "valorizzare e promuovere un uso etico e trasparente dell'intelligenza artificiale, in una dimensione antropocentrica e basata sulla fiducia, nel rispetto della dignità umana e del bene comune" (art. 1).
Il decreto riconosce quindi l'IA come uno strumento al servizio dell'umanità e non come un suo sostituto. Non a caso, la necessità di preservare l'autonomia e il potere decisionale dell'uomo viene ribadita in diversi articoli, ponendo chiari limiti etici all'applicazione delle moderne tecnologie. Un aspetto particolarmente significativo, ad esempio, è l'esplicito divieto di utilizzare l'IA per fare inferenze discriminatorie o per manipolazioni che possano causare danni fisici o psicologici alle persone.
Allo stesso tempo, vieta le "tecniche di manipolazione subliminale", i sistemi che potrebbero compromettere la sicurezza dello Stato, ma anche quelli con finalità "contrarie alla missione del Sommo Pontefice, all'integrità della Chiesa cattolica e al corretto svolgimento delle attività istituzionali" (art. 4).
Un altro aspetto significativo del documento è la suddivisione "tematica" dei vari principi generali, che dimostra una comprensione ampia e profonda delle sfide poste dall'IA nei diversi settori. Ad esempio, nel campo della ricerca scientifica e della salute (art. 6), il decreto promuove l'innovazione tecnologica pur mantenendo il principio della supremazia del giudizio medico umano. Nel campo del patrimonio culturale (art. 8), le disposizioni mirano a sfruttare il potenziale dell'IA per la conservazione e la valorizzazione del patrimonio artistico, stabilendo al contempo rigorose garanzie per proteggerne l'integrità, senza escludere la possibilità di sfruttamento economico.
Particolarmente innovativo è l'approccio alla proprietà intellettuale e al copyright (art. 7). Le linee guida introducono l'obbligo di identificare tutti i contenuti generati artificialmente con l'acronimo "AI", facendo una chiara distinzione tra creazione umana e artificiale. Questa norma rappresenta un importante precedente nel dibattito sulla trasparenza e l'attribuzione delle opere generate dall'IA. Il paragrafo 3 stabilisce che anche nel caso di contenuti mediatici generati dall'IA, il governo mantiene "esclusivamente" il "diritto d'autore" e "l'uso economico".
Per quanto riguarda i procedimenti amministrativi (art. 10), si sottolinea la possibilità di utilizzare strumenti moderni per semplificare e snellire le procedure, aumentare i livelli di performance, migliorare le competenze, ecc. a condizione che ciò avvenga in modo etico, trasparente, economico ed efficace, fermo restando che l'unica responsabilità delle misure e delle procedure rimane in capo a "chi" le esegue.
Per quanto riguarda le risorse umane (art. 11), si stabilisce inoltre che i modelli di intelligenza artificiale possono essere utilizzati per "migliorare le condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro e tutelare la salute dei lavoratori"; anche in questo caso, l'uso della tecnologia "non deve limitare il potere decisionale dei soggetti". Lo stesso vale per il settore giudiziario (art. 12), dove le decisioni sull'interpretazione delle leggi sono riservate "esclusivamente al magistrato" e i sistemi di intelligenza artificiale possono essere utilizzati solo per organizzare e semplificare il lavoro giudiziario o la ricerca giurisprudenziale.
Infine, il decreto vaticano prevede una speciale governance dell'IA, attraverso un sistema di controllo che vuole essere allo stesso tempo trasparente. Prevede infatti la creazione di una "Commissione sull'Intelligenza Artificiale" (art. 14), composta da cinque membri e presieduta dal Segretario Generale del Governatorato, che avrà il compito di monitorare l'implementazione delle tecnologie dell'IA e di valutarne l'impatto attraverso rapporti biennali. Dovrà preparare le leggi e i regolamenti di attuazione del Decreto, entro i prossimi dodici mesi.
Nel contesto internazionale, il provvedimento vaticano si inserisce in un panorama normativo in rapida evoluzione. Non a caso, l'Unione Europea ha adottato pochi mesi fa la sua legge sull'IA, destinata a diventare il primo quadro normativo globale sull'IA. Gli Stati Uniti hanno optato per un approccio più frammentato, con direttive presidenziali che stabiliscono principi generali lasciando ampio spazio all'autoregolamentazione del settore. La Cina ha implementato un sistema di regolamenti che pone l'accento sulla sicurezza nazionale e sul controllo dei contenuti, mentre il Regno Unito ha optato per un approccio più flessibile basato su linee guida non vincolanti.
Per questo, a differenza di altre giurisdizioni, dove prevalgono considerazioni tecniche o commerciali, il Vaticano ha deciso di porre l'etica e la dignità umana al centro della regolamentazione, senza risparmiare, in alcuni ambiti, alcune soluzioni innovative, come la tutela del patrimonio culturale e artistico della Santa Sede.
Enrique Shaw è sulla via degli altari. La sua vita di buon padre di famiglia e di uomo d'affari cristiano lo rende un esempio per molti leader di oggi, come spiega in questa intervista Silvia Bulla, presidente dell'ACDE Argentina (Associazione cristiana dei dirigenti d'azienda).
Enrique Shaw è un uomo d'affari argentino che si sta recando agli altari. Il 9 gennaio 2025 un miracolo compiuto per sua intercessione ha superato la fase medica. Ciò significa che, se tutto andrà bene e il miracolo sarà approvato anche dalla Commissione dei Teologi, il Papa promulgherà il decreto di beatificazione di Shaw.
La vita di quest'uomo argentino è stata caratterizzata dalle virtù di un uomo d'affari che, a metà del XX secolo, ha messo in pratica la responsabilità sociale d'impresa. Oggi molti considerano Shaw un buon padre di famiglia e un lavoratore esemplare che ha santificato la sua responsabilità di uomo d'affari.
In questa intervista, Silvia Bulla, attuale presidente di ACDE Argentina (Associazione cristiana dei dirigenti d'azienda), parla Enrique Shaw. Da oltre 70 anni, l'ACDE contribuisce a trasmettere gli insegnamenti della Chiesa nel mondo della finanza e degli affari.
- Ho sentito spesso porre questa domanda in diversi ambienti e la risposta che ho trovato è che Dio ci chiama alla santità nel luogo in cui viviamo. Non senza sfide, perché le persone che lavorano hanno momenti di difficoltà, di disperazione, di dilemmi. In quei momenti la nostra fede illumina ciò che dobbiamo fare. La Dottrina sociale della Chiesa e il Vangelo ci sfidano a vedere, giudicare e agire. In questo senso, è significativa la lettera del Santo Padre in cui mette in relazione il lavoro dell'imprenditore con la parabola del Buon Pastore, che conosce le sue pecore e le chiama per nome.
- Gli imprenditori hanno la nobile missione di fornire posti di lavoro, far crescere i propri dipendenti e condurre l'attività in modo etico, facendola prosperare. Se non lo fanno, tutto è a rischio.
Durante il mio mandato di presidente dell'ACDE, ho incontrato grandi imprenditori. Sono quelli che valorizzano le loro persone, quelli che includono i disabili, quelli che migliorano l'ambiente e quelli che realizzano scambi molto positivi con le comunità in cui si trovano i loro stabilimenti produttivi.
- L'ACDE è un'associazione di uomini d'affari, imprenditori, dirigenti d'azienda e professionisti che si propongono di portare il pensiero sociale cristiano nel mondo degli affari. Siamo persone che vogliono seguire l'eredità del nostro fondatore, Enrique Shaw, nel mondo degli affari in Argentina, impregnando le aziende della nostra vocazione evangelizzatrice. E la cosa importante è che non siamo soli. Siamo circa 1200 in ArgentinaFacciamo parte della Rete Uniapac, con oltre 40 istituzioni di diversi Paesi del mondo. Ci siamo recentemente incontrati a Manila per alimentarci a vicenda e contribuire insieme a migliorare la complessa realtà di un mondo pieno di disuguaglianze e guerre.
- Enrique era un uomo d'affari, marinaio, padre di famiglia, cattolico impegnato che, nella sua breve vita di 42 anni, ha lasciato un'eredità esemplare di vita della dottrina sociale della Chiesa nel mondo degli affari. Ora è Venerabile e, a Dio piacendo, potrebbe essere il primo uomo d'affari a essere designato Beato.
- Era noto per la gioia che portava al lavoro, per aver portato gli interessi dei dipendenti nelle decisioni aziendali, per la qualità delle relazioni con i sindacati e per essersi preso cura del lavoro anche dei dipendenti di aziende concorrenti.
- Inizio la seconda metà del mio mandato e mi piace fare un bilancio. Vedo un'ACDE vivace, in grande crescita, con più donne che partecipano, con più gruppi nelle province che si uniscono alla Rete, con molti più giovani. Tutto questo mi fa ben sperare. Vedo un Paese che vuole continuare a basare le sue relazioni commerciali su Cristo. Tutto questo mi dà molta speranza.
Il 10 gennaio la Chiesa celebra San Melchisedec, Papa, il cui pontificato coincise con il trionfo dell'imperatore Costantino il Grande su Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio, che segnò la fine della persecuzione dei cristiani. Papa Melchiade iniziò la pratica di distribuire nelle chiese di Roma l'Eucaristia consacrata dal Papa stesso.
Melchiade proveniva dal Nord Africa, nonostante il nome greco. Fu Papa durante la pace concessa dall'imperatore Costantino alla Chiesa. Poco dopo l'Editto di Milano (313), che garantiva la pace e la libertà della Chiesa, l'imperatore Costantino donò al Pontefice una proprietà nel palazzo imperiale del Laterano, che divenne la residenza ufficiale dei papi. Lo stesso Costantino ordinò la costruzione della prima basilica romana, la Basilica Lateranense, oggi nota come San Giovanni in Laterano, in un sito adiacente.
San Melquiade è stato vittima di attacchi da parte degli donatorie convocò un concilio per condannare le loro dottrine. Il Donatismo rigorista, iniziato da Donato, vescovo di Cartagine, predicava che solo i sacerdoti di vita irreprensibile potevano amministrare i sacramenti e che i peccatori non potevano essere membri della Chiesa.
Papa Milziade o Melquíades si distinse per i suoi sforzi per raggiungere la concordia. Secondo il Liber Pontificalis, egli iniziò la pratica di distribuire nelle chiese di Roma le Eucaristia consacrato dal Papa stesso. Si adoperò per riorganizzare la Chiesa e i luoghi di culto, morì nel 314 e fu sepolto nel cimitero di San Callisto. È considerato un martire per le sofferenze patite sotto l'imperatore Massimiano.
Offriamo un'analisi della natura della mindfulness, dei suoi rischi e della sua compatibilità con la fede cristiana.
Quando si cerca di capire se la Chiesa raccomanda o sconsiglia la mindfulness ai cattolici, si nota che la maggior parte dei riferimenti nei pochi documenti magisteriali in cui viene menzionata vanno dalla totale disapprovazione all'accorato invito alla prudenza nella sua applicazione. Lo stesso vale se si cercano opinioni sull'argomento nei siti di informazione religiosa fedeli al Magistero della Chiesa, perché evidentemente si nutrono innanzitutto delle opinioni dei pastori.
È vero che ci sono ottime ragioni per cui molti vescovi, sacerdoti e persone in fase di discernimento scoraggiano la mindfulness. I motivi di preoccupazione non mancano: ad esempio, in alcune istituzioni ecclesiastiche, gli esercizi spirituali tradizionali (basati sul silenzio esterno, sulla ricezione dei sacramenti e sulla predicazione) sono stati sostituiti dallo yoga, dalla meditazione zen o dai ritiri di mindfulness.
D'altra parte, ci sono scuole e università cattoliche che propongono attività su questi temi come se fossero il naturale o "moderno" sostituto del modo di pregare cristiano. Sulla base di questi due soli fatti, bisogna riconoscere che la confusione generata è stata molto evidente e anche particolarmente grave in alcuni contesti, per cui è naturale che molti abbiano lanciato un campanello d'allarme.
L'ammirazione per le pratiche orientali è andata di pari passo con l'aumento di molte credenze pseudo-religiose, esoteriche, magiche o fantasiose. Naturalmente non ha riguardato solo i cristiani ma tutti i cittadini, tanto che si possono trovare cliniche che presentano la fisioterapia o il reiki (una pratica di guarigione giapponese basata sull'idea che l'energia vitale scorra attraverso il corpo e possa essere canalizzata dalle mani del terapeuta; i suoi presupposti sono incompatibili con la fede cristiana) come terapie di simile efficacia.
La crescita della celebrazione di Halloween (il secondo evento di spesa dopo il Natale) o la normalizzazione di molte presunte pratiche "spirituali" (oroscopi, tarocchi, Ouija, Santeria e molto altro) sono altri esempi di questo fenomeno di diversità di credenze non scientifiche o irrazionali.
La rilevanza dell'approccio a tali argomenti è stata talmente sminuita che persino i temi direttamente legati al diavolo non vengono presi con un minimo di credibilità. Non sorprende quindi che una delle maggiori catene commerciali spagnole abbia messo in vendita due mesi fa un gioco, per i maggiori di 14 anni, chiamato "Il diavolo".Invocare i demoni". Le proteste che ha suscitato sui social media hanno portato alla rimozione del prodotto dagli scaffali, ma il caso mostra bene fino a che punto questi temi vengono banalizzati.
Nonostante questo contesto preoccupante, vale la pena di considerare in modo approfondito se la mindfulness possa essere considerata una pratica terapeutica distinta dai suoi predecessori. La fede cristiana non dovrebbe avere paura di attingere a tutto ciò che è vero e buono in ogni cosa. Se a ciò si aggiunge che la mindfulness è sempre più raccomandata da molti psicologi e psichiatri per affrontare lo stress o l'ansia, sarebbe alquanto controproducente per la Chiesa opporsi ad essa senza motivi fondati.
La fede cristiana sostiene la compatibilità tra fede e ragione, quindi il credente non deve avere paura di analizzare le cose con calma e profondità.
La mindfulness è una pratica che affonda le sue radici nella filosofia buddista, essendo una parte fondamentale della ruota del Dharma, che riassume gli insegnamenti fondamentali del buddismo. In particolare, la mindfulness fa parte del "Nobile Ottuplice Sentiero", uno dei passi dello yoga per cercare di eliminare la sofferenza.
Senza dubbio, questa prospettiva buddista è incompatibile con la fede cristiana, poiché pretende di raggiungere uno stato di felicità completa che non richiede l'aiuto divino. L'eredità gnostica è evidente, poiché la conoscenza personale e l'ascesi sono le cause principali dello sviluppo personale.
Cinquant'anni fa, le società occidentali erano molto meno credulone e sincretistiche di oggi, quindi non è stato facile per lo yoga e per tutte le idee religiose e culturali che lo sostengono fare presa sull'opinione pubblica. Tuttavia, un gruppo di medici pensava che alcune pratiche potessero essere benefiche per la salute mentale, indipendentemente dal fatto che le loro ipotesi fossero accettate. Uno di loro era il dottor Jon Kabat-Zinn, laureato al MIT, che negli anni '70 sviluppò negli Stati Uniti un programma di riduzione dello stress basato sulla mindfulness. Per farsi accettare, ha eliminato la componente religiosa della pratica orientale, facilitando così la sua accettazione in contesti di salute e benessere.
La mindfulness è una pratica che si può fare in molti modi. Per cominciare, è sufficiente essere seduti correttamente su una sedia, chiudere gli occhi e cercare di prestare la massima attenzione al respiro. Un'altra possibilità è quella di provare a notare altre percezioni dei diversi sensi di cui di solito non siamo consapevoli.
Mentre si cerca di concentrarsi per alcuni minuti sulle sensazioni corporee, è facile essere distratti da altri pensieri che probabilmente hanno occupato la nostra attenzione anche in altri momenti della giornata: un acquisto o una telefonata da fare, una questione di lavoro, un problema familiare, ecc. Molti di questi pensieri possono essere negativi o stressanti, soprattutto se si pensa e si rimugina continuamente su di essi.
La mindfulness invita a lasciar andare i pensieri, soprattutto se sono stressanti o negativi, ma quando questo non è possibile, cerca di far notare al praticante gli aspetti positivi di un pensiero negativo: è davvero così negativo? Mi aiuta se sono stressato o depresso? Posso essere felice nonostante la brutta notizia?
Una volta che il praticante di mindfulness ha relativizzato l'importanza dei suoi pensieri e delle sue emozioni, cercherà di riportare l'attenzione sulle sensazioni corporee. Farlo una volta è poco utile, ma se lo si ripete quotidianamente e si acquisisce una certa abitudine, la capacità di prestare attenzione al momento presente aumenterà e si smetterà di essere continuamente distratti da altri ipotetici pensieri che producono stress. Come ci si potrebbe aspettare, uno degli effetti della pratica della mindfulness è l'aumento della capacità di concentrazione.
Come abbiamo visto, la mindfulness mira a prestare la massima attenzione possibile al momento presente, rendendo più facile per i pensieri negativi non colonizzare la mente ed esaurirla. La pratica regolare della terapia mindfulness cerca di promuovere nelle persone una serie di atteggiamenti, in particolare:
-Accettazione: accettare il momento presente anche se è negativo o, per quanto possibile, enfatizzare gli aspetti positivi.
-Non giudicare: spesso non si possono cambiare le circostanze, ma si può decidere quale atteggiamento assumere nei loro confronti, cercando di non esprimere giudizi severi o negativi che non risolvono nulla e producono solo insoddisfazione.
-Non diventare ossessionati: se non si raggiunge un obiettivo, non ha senso alimentare inutilmente l'ansia di non averlo raggiunto. È più positivo cercare di godersi il percorso che si fa fino al raggiungimento dell'obiettivo.
-Pazienza: non cercare sempre ciò che ci piace, non cercare di fare le cose alla perfezione. L'importante è migliorare a poco a poco.
-Fiducia in se stessi: credere di essere in grado di raggiungere gli obiettivi prefissati, per cui è importante non arrendersi.
Analogamente all'andare in palestra regolarmente, praticando 15-30 minuti di mindfulness ogni giorno, si possono sviluppare buoni "muscoli mentali" per affrontare la vita quotidiana. Tuttavia, come nello sport ci si può infortunare se ci si sforza troppo, così anche con la mindfulness bisogna trovare un equilibrio tra l'accettazione dei propri limiti e l'essere proattivi nel cercare di cambiare ciò che si può cambiare. È bene ricordare il detto di Aristotele secondo cui la virtù si trova nella via di mezzo tra gli estremi viziosi.
Questo articolo non intende stabilire un giudizio medico sulla mindfulness, valutando fino a che punto sia efficace, per quali problemi sia più utile consigliarla, ecc. È una questione che spetta ai professionisti della salute valutare.
È interessante notare come questa terapia sia sempre più raccomandata da un numero crescente di terapeuti (anche alcuni che sono buoni cattolici) e molte persone ammettono che ha effetti positivi sulla loro vita.
Quindi, visto in cosa può consistere esattamente la pratica della mindfulness e come essa sia perfettamente svincolabile dalle radici religiose e sincretistiche dello yoga, vale la pena chiedersi se in essa vi sia qualcosa che offenda direttamente il dogma o la morale cattolica.
Se quanto sopra è stato correttamente compreso, non sembra che ci sia qualcosa di intrinsecamente sbagliato nella pratica della mindfulness. Un altro discorso è se si frequentano corsi, libri o terapie che mescolano la mindfulness con altre questioni esoteriche. In questo caso, però, è importante essere consapevoli che queste proposte sarebbero deviazioni da ciò che la maggior parte dei terapeuti intende per mindfulness.
Un altro rischio che può presentarsi per un credente è che la pratica della mindfulness possa risvegliare una certa curiosità o attrazione verso i metodi orientali di meditazione (yoga, zen, ecc.) o metodi naturali alternativi (come il reiki). Se una persona ha una scarsa conoscenza e pratica della fede e una tendenza alla credulità, può essere affascinata dall'ignoto e pensare che ci sia tanta saggezza in altre culture quanto nel cristianesimo; che la mancanza di prove in altre tradizioni religiose sia paragonabile alla mancanza di prove per un cristiano che accetta il racconto della Genesi, e così via. Ora, questo tipo di questioni dovrebbe spingere i leader cattolici a incoraggiare la formazione su questo tipo di questioni. Non è un buon atteggiamento non fare lo sforzo di discriminare quali aspetti possono essere positivi e quali no.
Il primo motivo per cui la mindfulness viene spesso confusa con la preghiera cristiana è che spesso si usa la stessa parola per descrivere entrambe le pratiche: "meditazione". Ad esempio, da un lato, in ambito cristiano si parla di "meditazione" come di un modo personale di pregare, distinto dalle preghiere vocali formali (come il rosario o il breviario). D'altra parte, quando si pratica la mindfulness si dice anche che si passerà del tempo in "meditazione". Si usa lo stesso concetto, ma il significato è molto diverso.
Ma i parallelismi tra le due pratiche non finiscono qui, perché dall'esterno le due cose possono essere indistinguibili. Una persona non può dire se un'altra sta pregando in silenzio, cercando di parlare con Dio, o se sta cercando di concentrarsi sui propri sensi e pensieri. Tuttavia, queste due attività sono in realtà molto diverse. La preghiera è un dialogo dell'uomo con Dio, mentre la mindfulness è un'introspezione psicologica con se stessi. Nella preghiera si cerca di cercare la volontà di Dio e di identificarsi con Lui, mentre la mindfulness cerca di trovare il benessere fisico e psicologico.
La comprensione di queste differenze è essenziale per capire la differenza tra una pratica di meditazione sana e salutare e la meditazione cristiana. La prima può sviluppare atteggiamenti positivi per il benessere personale, mentre la seconda apre una relazione personale con Dio attraverso il dialogo. Le raccomandazioni dei pastori della Chiesa hanno sempre sottolineato questo aspetto nei loro commenti degli ultimi due decenni.
Senza voler fare nomi, è bene sapere che alcuni sacerdoti con grande influenza mediatica hanno promosso alcune pratiche di meditazione in cui non è chiaro dove portino le loro metodologie. Alcune di queste posizioni sono preoccupanti perché non chiariscono se l'introspezione personale sia un fine in sé o, piuttosto, solo un mezzo per migliorare la concentrazione e allontanarsi dal rumore della frenesia quotidiana, che poi cerca di sviluppare una relazione personale con Dio.
Altre proposte, ancora più devianti, sostengono che bisogna trascendere i limiti dei dogmi e dei sacramenti cristiani per entrare in un rapporto diretto con Dio. Naturalmente, tali idee, sostenute da sacerdoti o da altre persone di spicco nella Chiesa, hanno suscitato la preoccupazione della gerarchia e hanno provocato i suoi pronunciamenti.
È ovviamente positivo che si siano verificati questi campanelli d'allarme, anche se a volte sono stati espressi giudizi troppo prescrittivi nei confronti della mindfulness. A questo proposito, sarebbe ancora meglio indagare ulteriormente se la meditazione sostenuta da molti psicoterapeuti sia sempre problematica per un credente o possa essere accettata come mezzo per migliorare la salute e il benessere emotivo (sapendo che questi sono sempre limitati).
Nel mezzo di ogni sfida possiamo trovare un invito inaspettato a riscoprire la gratitudine e la gioia autentica.
Abbandonate (voi che entrate) ogni speranza...".
"Lasciate ogni speranza, voi ch'entrate".
Dante, Canto 3, Divina Commedia
Questa agghiacciante iscrizione Dantesull'ingresso dell'inferno in La Divina Commediariecheggiava nella mia mente mentre scendevo dall'aereo per tornare a casa dopo gli anni di studio.
Sembrava che lo stesso lugubre messaggio segnasse la soglia dell'aeroporto. Sembrava piuttosto l'ingresso di un mondo consumato dalla disperazione.
La speranza sembrava essere scomparsa, sostituita da un'oscurità soffocante che mi avvolgeva a ogni passo.
I miei amici mi chiedono spesso di raccontare le mie esperienze quando torno a casa, ma come si fa a iniziare una storia basata su un'impressione così cupa?
Prima di allora, avevo trascorso sei mesi di lavoro pastorale a Valencia, durante i quali avevo tenuto un diario ispirato da Il diario di un prete di campagna di George Bernanos, che ho intitolato Il diario di un sacerdote valenciano.
Eppure ora, di ritorno in Nigeria, la mia patria, come posso iniziare il mio diario con questo netto contrasto? Il mondo in cui sono arrivato non era semplicemente grigio (ho già parlato della gloria del grigio altrove); era avvolto nell'oscurità: un senso di disperazione pervasivo, come se ogni passo richiedesse l'abbandono della speranza.
La vita quotidiana sottolineava questa realtà. Dalle incessanti punture di zanzara all'elettricità inaffidabile, al caldo opprimente, al malgoverno, eccetera, ogni esperienza sembrava affermare il triste stato delle cose.
Non c'è bisogno di continuare con un lungo elenco di esempi. Tuttavia, in mezzo a queste sfide, ho trovato in ogni caso un invito inaspettato a riscoprire la gratitudine e la gioia autentica. È stata una scuola difficile e davvero umiliante.
Nonostante questa disperazione, ho trovato conforto negli scritti di G.K. Chesterton. Una volta ha descritto l'epoca di Charles Dickens come irta di difficoltà, ma Dickens ha scelto di vedere il mondo attraverso la lente della speranza. Trovò il modo di infondere speranza nelle realtà più cupe dell'epoca vittoriana. Per esempio, ha mostrato come, anche nella disperazione, possa emergere la grandezza, anche se richiede coraggio, perseveranza e incoraggiamento. Promuovere la grandezza in tutti spesso genera risultati straordinari in alcuni. La vera eccellenza nasce da un'uguaglianza che riconosce il potenziale di grandezza condiviso che ci unisce tutti.
La vera speranza non nasce in tempi di ottimismo, ma di fronte a un'avversità schiacciante, in una situazione senza speranza. Infatti, come scrive Chesterton, "finché le cose sono veramente speranzose, la speranza non è altro che una lusinga o una banalità; è solo quando tutto è perduto che la speranza comincia a essere una vera forza. Come tutte le virtù cristiane, è tanto irrazionale quanto indispensabile".
Questo paradosso della speranza - la sua natura irrazionale ma essenziale - ha risuonato profondamente in me, soprattutto quando ho contemplato la storia del Natale. È stato solo dopo che Giuseppe e Maria hanno affrontato il rifiuto, non trovando posto nella locanda, che la speranza stessa è nata a Betlemme. La speranza è entrata nel mondo quando le cose erano davvero disperate.
È quando le cose sono veramente buie che la speranza è necessaria e comincia ad avere un senso. Questo paradosso, che la speranza fiorisce di fronte alla disperazione, è diventato un principio guida mentre iniziavo a navigare nelle sfide del mio ritorno.
Se la situazione intorno a me sembra buia e desolante, paradossalmente è proprio perché la situazione è disperata che la speranza diventa essenziale, creando così lo spazio perfetto per attecchire e trasformare le vite.
Proprio come Dickens infondeva speranza e fiducia nei suoi personaggi, permettendo la loro trasformazione, anch'io devo sforzarmi di ispirare e aiutare gli altri a rinnovarsi attraverso la speranza. Se c'è una cosa che deve essere abbandonata quando entriamo in questa parte del mondo, è la mancanza di speranza.
Mentre concludo questa riflessione, sto pensando a un'iscrizione da apporre nel mio ufficio: un promemoria per me e per tutti coloro che entrano che la loro situazione non è priva di speranza e che possono ricominciare da capo.
Questo ufficio sarà una stanza di incoraggiamento, dove trarrò forza dalle storie di coloro che affrontano le loro sfide a testa alta e, a loro volta, offriranno parole di speranza. Sarà uno spazio in cui ci ricorderemo l'un l'altro che anche nei momenti più bui esiste la possibilità di rinnovarsi. L'iscrizione reciterebbe: "Abbandonate ogni disperazione, voi che entrate qui".
La Chiesa cattolica in Occidente si trova di fronte a uno dei dilemmi più complessi della sua storia recente: mantenere la sua dottrina antropologica sull'omosessualità e allo stesso tempo navigare in uno spazio pubblico sempre più ostile a qualsiasi posizione che non abbracci pienamente questa realtà come buona e sana. Questo difficile equilibrio si riflette sia in alcune spiegazioni della dottrina sia negli atteggiamenti pastorali, come dimostrano i recenti sviluppi in Spagna e negli Stati Uniti.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica (CCC) afferma chiaramente che gli atti omosessuali sono oggettivamente disordinati e costituiscono un peccato grave. Allo stesso tempo, la Chiesa distingue tra atti e persone che provano attrazione per lo stesso sesso, esortando a trattarli con rispetto, compassione e delicatezza (CIC 2357-2359).
Tuttavia, questa posizione dottrinale, che cerca un equilibrio tra verità e carità, non è facilmente accettata nel dibattito pubblico contemporaneo, dove il solo suggerimento di un accompagnamento pastorale in accordo con il Catechismo, che incoraggi la vita di castità, viene rifiutato a priori.
In Spagna, diverse diocesi sono state recentemente interrogate dai media circa la loro posizione sulle cosiddette "terapie di conversione", a conferma delle accuse rivolte loro di aver permesso o promosso queste pratiche. Le diocesi si sono chiaramente dissociate, negando qualsiasi sostegno o permesso a tali iniziative.
Tuttavia, c'è un paradosso impressionante: mentre la Chiesa proclama l'importanza di vivere la castità secondo la sua dottrina, sembra astenersi dall'accompagnare apertamente coloro che desiderano orientare la propria vita in questa direzione, soprattutto nel caso di persone con tendenze omosessuali.
Se da un lato questa risposta può sembrare una strategia per evitare lo scrutinio e le critiche, dall'altro mette in luce un problema più grande: la spirale di silenzio in cui molti cattolici sembrano essere caduti quando si tratta di affrontare la questione. Aggirando la questione e non richiamando la dottrina cattolica, alcuni pastori evitano di mettere a disagio l'opinione pubblica, ma contribuiscono anche alla percezione che la Chiesa stia annacquando la sua dottrina o addirittura accettando che l'omosessualità sia intrinsecamente buona.
Questo lascia sacerdoti e fedeli in cerca di chiarezza dottrinale in una situazione di smarrimento, sentendosi sempre più soli nel difendere la dottrina della Chiesa.
Nel frattempo, negli Stati Uniti, il cardinale Blase Cupich ha aggiunto un altro capitolo a questa narrazione pubblicando un articolo sul sito web del noto sacerdote James Martin. Nel suo testo, Cupich sottolinea la necessità di ascoltare le storie di sofferenza e di esclusione vissute dalle persone gay, esortando a una maggiore empatia e comprensione nei loro confronti. Ha anche affermato che "i cattolici LGBTI hanno molto da contribuire, anche nell'amore sacrificale dell'adozione".
Queste parole sembrano suggerire, da un lato, che la Chiesa non si prende cura delle persone omosessuali e, dall'altro, che le coppie dello stesso sesso offrono un ambiente valido e nutriente in cui crescere un bambino. Tuttavia, hanno anche generato polemiche tra coloro che ritengono che affermazioni di questo tipo contraddicano l'insegnamento della Chiesa sulla complementarietà di padre e madre nell'educazione dei figli.
Il problema di fondo di esempi come questi è che il silenzio o la mancanza di chiarezza alimenta la percezione che la dottrina del Magistero non sia utilizzata allo stesso modo di quella del Magistero. è stato abbandonato. Il interpretazioni che ha generato la benedizione delle coppie omosessuali consentita dalla "Fiduccia Supplicans" è l'esempio più chiaro in questo senso. Tuttavia, è tutt'altro che certo che la Chiesa abbia cambiato ufficialmente il suo giudizio sugli atti omosessuali. Inoltre, la posizione personale di Papa Francesco dello scorso anno, che si è opposto chiaramente all'ingresso di persone con tendenze omosessuali nei seminari italiani, ne è una buona prova.
La sfida per la Chiesa consiste quindi nel mostrare un'autentica carità senza compromettere ciò che considera vero: mantenere un delicato equilibrio che costruisca ponti con le persone senza rinunciare alla propria dottrina. Tuttavia, l'ambiguità che mostra non sembra placare i critici dei settori "progressisti" (che percepiscono queste posizioni come insufficienti e continuano a chiedere cambiamenti dottrinali) e quelli delle posizioni più conservatrici (che sono sempre più diffidenti nei confronti dei leader della Chiesa).
La situazione attuale rende evidente che la Chiesa deve raddoppiare gli sforzi per comunicare con chiarezza la sua dottrina, senza rinunciare ai principi di rispetto e carità che definiscono la sua missione pastorale. Ciò significa correre il rischio di mettere a disagio l'opinione pubblica, ma anche offrire ai fedeli una guida solida in un mondo segnato dalla confusione su questioni fondamentali come la sessualità e l'antropologia.
Probabilmente non esiste una via di mezzo tra la fedeltà alla dottrina e la tolleranza richiesta dall'opinione pubblica, soprattutto in un contesto in cui non è accettabile dissentire sull'antropologia di genere. La Chiesa si trova di fronte alla sfida di decidere se è disposta ad accettare il "martirio" mediatico e sociale che deriva dall'essere ferma nelle proprie convinzioni.
Editore di Omnes. In precedenza, ha collaborato con diversi media e ha insegnato filosofia a livello di Bachillerato per 18 anni.
Nel consueto discorso di gennaio al Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede, Papa Francesco ha sottolineato che ci troviamo di fronte a società sempre più polarizzate, afflitte da numerosi conflitti, e ha esortato, in questo Giubileo del 2025, a passare da una "logica dello scontro" a una "logica dell'incontro" e a una "diplomazia della speranza, della verità e del perdono".
In un'ampia intervista Discorso ai membri del Corpo Diplomatico accreditato presso la Santa Sede - 184 Stati mantengono attualmente relazioni diplomatiche con il Vaticano - Papa Francesco ha detto che il suo augurio per questo nuovo anno è che "il Giubileo rappresenti per tutti, cristiani e non cristiani, un'opportunità per ripensare anche le relazioni che ci uniscono, come esseri umani e comunità politiche".
Si tratta di "superare la logica dello scontro e abbracciare invece la logica dell'incontro", in altre parole, "che il tempo che ci attende non ci trovi come disperati vagabondi, ma autentici pellegrini della speranza, cioè persone e comunità in cammino impegnate a costruire un futuro di pace", ha aggiunto.
"Di fronte alla crescente minaccia di una guerra mondiale", ha proseguito, "la vocazione della diplomazia è quella di incoraggiare il dialogo con tutti, compresi quei partner che sono considerati più "scomodi" o con i quali non si ritiene legittimo negoziare.
Solo così si possono spezzare le catene dell'odio e della vendetta che imprigionano e disinnescare le bombe dell'egoismo, dell'orgoglio e dell'arroganza umana, che sono la ragione di ogni bellicosa volontà di distruzione".
Il Papa ha sottolineato all'inizio ai diplomatici dei 90 Stati, di cui 90 hanno Missioni accreditate presso la Santa Sede con sede a Roma, che "incontrarsi insieme in questo anno, che per la Chiesa cattolica ha una particolare rilevanza, ha uno speciale valore simbolico, perché il significato stesso del Giubileo è quello di "fare una pausa" nella frenesia che sempre più caratterizza la vita quotidiana".
Per il Pontefice, si tratta di "fare il pieno di forze e nutrirci di ciò che è veramente essenziale: riscoprirci figli di Dio e, in Lui, fratelli e sorelle, perdonare le offese, sostenere i deboli e i poveri, far riposare la terra, praticare la giustizia e rinnovare la speranza".
Nella prospettiva cristiana, il Giubileo è un tempo di grazia. "E come vorrei che questo 2025 fosse davvero un anno di grazia, ricco di verità, di perdono, di libertà, di giustizia e di pace", ha detto il Papa. "Questo è il mio augurio di cuore per tutti voi, cari ambasciatori, per le vostre famiglie, per i governi e i popoli che rappresentate: che la speranza fiorisca nei nostri cuori e che il nostro tempo trovi la pace che tanto desidera".
Purtroppo, iniziamo quest'anno mentre il mondo è avvolto da numerosi conflitti, piccoli e grandi, più o meno noti, e anche dalla persistenza di esecrabili atti di terrore, come quelli che si sono verificati recentemente a Magdeburgo, in Germania, o a New Orleans, negli Stati Uniti", ha detto nel suo discorso.
Il Papa osserva che "in molti Paesi, i contesti sociali e politici sono sempre più esacerbati da una crescente opposizione. Siamo di fronte a società sempre più polarizzate, in cui si avverte un generale sentimento di paura e di sfiducia verso gli altri e verso il futuro.
Un fatto aggravato, a suo avviso, dalla "creazione e continua diffusione di notizie false, che non solo distorcono la realtà dei fatti, ma finiscono anche per distorcere le coscienze, dando origine a false percezioni della realtà e generando un clima di sospetto che alimenta l'odio, danneggia la sicurezza delle persone e compromette la convivenza civile e la stabilità di intere nazioni".
Ha citato qui "gli attacchi al Primo Ministro della Repubblica Slovacca e al Presidente eletto degli Stati Uniti d'America".
In questo contesto, il Pastore supremo della Chiesa cattolica ha voluto "evidenziare alcune responsabilità che ogni leader politico dovrebbe tenere presenti nell'esercizio delle proprie funzioni, che dovrebbero essere orientate alla costruzione del bene comune e allo sviluppo integrale della persona umana". Le ha riassunte in alcuni punti: portare la buona novella ai poveri, fasciare i cuori feriti, proclamare la liberazione ai prigionieri e la libertà ai detenuti.
Citando la storia biblica della Torre di Babele, ha detto ai diplomatici che "una diplomazia della speranza è innanzitutto una diplomazia della verità. Dove manca il legame tra realtà, verità e conoscenza, l'umanità cessa di potersi parlare e comprendere, perché mancano le basi di un linguaggio comune, ancorato alla realtà delle cose e quindi universalmente comprensibile. Lo scopo del linguaggio è la comunicazione, che ha successo solo se le parole sono precise e il significato dei termini è generalmente accettato.
Il Papa ha poi incoraggiato gli sforzi per porre fine alle guerre e ai conflitti per i quali da anni chiede ai fedeli e ai pellegrini di pregare ad ogni Udienza e Angelus: Ucraina, Israele e Gaza, Myanmar, "Sudan, nel Sahel, nel Corno d'Africa, in Mozambico, dove è in corso una grave crisi politica, e nelle regioni orientali della Repubblica Democratica del Congo", e altrove.
"Una diplomazia della speranza è anche una diplomazia del perdono, capace, in un'epoca piena di conflitti aperti e latenti, di ricucire le relazioni lacerate dall'odio e dalla violenza, e quindi di riparare i cuori feriti di tutte le vittime", ha detto.
"Il mio augurio per il 2025 è che l'intera comunità internazionale si impegni innanzitutto per porre fine alla guerra che da quasi tre anni bagna di sangue la regione colpita. Ucraina e che ha causato un numero enorme di vittime, tra cui molti civili.
Alcuni segnali incoraggianti si intravedono all'orizzonte, ma c'è ancora molto lavoro da fare per creare le condizioni per una pace giusta e duratura e per sanare le ferite inferte dall'aggressione.
In questa linea, ha anche chiesto nuovamente "un cessate il fuoco e il rilascio degli ostaggi israeliani nella Striscia di Gaza". GazaChiedo che il popolo palestinese riceva tutti gli aiuti di cui ha bisogno. Il mio augurio è che israeliani e palestinesi possano ricostruire ponti di dialogo e fiducia reciproca, a partire dai più piccoli, in modo che le generazioni future possano vivere insieme in pace e sicurezza in entrambi gli Stati e Gerusalemme possa essere la "città dell'incontro", dove cristiani, ebrei e musulmani possano vivere insieme in armonia e rispetto.
Nel suo discorso, il Santo Padre ha espresso la sua preoccupazione per "la strumentalizzazione dei documenti multilaterali, cambiando il significato dei termini o reinterpretando unilateralmente il contenuto dei trattati sui diritti umani, al fine di portare avanti ideologie che dividono, che calpestano i valori e la fede dei popoli".
E ritiene "inaccettabile, ad esempio, parlare di un presunto 'diritto all'aborto' che contraddice i diritti umani, in particolare il diritto alla vita. Tutta la vita deve essere protetta, in ogni momento, dal concepimento alla morte naturale, perché nessun bambino è un errore o è colpevole di esistere, così come nessuna persona anziana o malata può essere privata della speranza o scartata.
Il Papa ha anche sottolineato la contraddizione per cui "l'intera comunità internazionale è apparentemente d'accordo sul rispetto del diritto internazionale umanitario", e "il fatto che esso non sia pienamente e concretamente applicato".
Riferendosi a conflitti come "la grave crisi politica in Venezuela", ha sottolineato che "può essere superata solo attraverso una sincera adesione ai valori della verità, della giustizia e della libertà, attraverso il rispetto della vita, della dignità e dei diritti di ogni persona - compresi coloro che sono stati arrestati a seguito degli eventi degli ultimi mesi - attraverso il rifiuto di qualsiasi tipo di violenza e, auspicabilmente, l'avvio di negoziati in buona fede e per il bene comune del Paese".
"Penso al Nicaragua", ha aggiunto, "dove la Santa Sede, sempre pronta a un dialogo rispettoso e costruttivo, segue con preoccupazione le misure prese nei confronti di persone e istituzioni della Chiesa e auspica che la libertà religiosa e gli altri diritti fondamentali siano adeguatamente garantiti a tutti".
Infatti, ha sottolineato, "non c'è vera pace se non viene garantita anche la libertà religiosa, che implica il rispetto della coscienza degli individui e la possibilità di manifestare pubblicamente la propria fede e di appartenere a una comunità".
Ha inoltre espresso la sua preoccupazione per "le crescenti espressioni di antisemitismo, che condanno fermamente e che colpiscono un numero crescente di comunità ebraiche in tutto il mondo".
In conclusione, Francesco ha sottolineato la dignità dei migranti, come ha ribadito fin dall'inizio del suo pontificato, e ha chiesto di "creare itinerari sicuri e regolari", e di "affrontare le cause profonde dello sfollamento, in modo che lasciare la propria casa in cerca di un'altra sia una scelta e non una 'necessità di sopravvivenza'". e "affrontare le cause profonde dello sfollamento, in modo che lasciare la propria casa in cerca di un'altra sia una scelta e non una 'necessità di sopravvivenza'".
La sua percezione è che "la migrazione è ancora avvolta da una nube oscura di diffidenza, invece di essere vista come una fonte di crescita. Le persone in movimento sono viste solo come un problema da gestire.
Queste persone non possono essere assimilate a oggetti da collocare, ma hanno una dignità e una risorsa che possono offrire agli altri; hanno le loro storie, i loro bisogni, le loro paure, le loro aspirazioni, i loro sogni, le loro capacità, i loro talenti", ha detto.
In precedenza, nel suo discorso, aveva osservato che "i cristiani possono e vogliono contribuire attivamente alla costruzione delle società in cui vivono. Anche laddove non sono una maggioranza nella società, sono cittadini a pieno titolo, specialmente in quelle terre dove vivono da tempo immemorabile".
Su questo punto, Papa Francesco ha fatto riferimento in particolare a "Siriache, dopo anni di guerra e devastazione, sembra aver imboccato un percorso di stabilizzazione", e all'"amato LibanoL'Unione Europea ha lavorato con la componente cristiana, sperando che il Paese, con l'aiuto decisivo della componente cristiana, possa avere la stabilità istituzionale necessaria per affrontare la grave situazione economica e sociale, ricostruire il sud del Paese colpito dalla guerra e attuare pienamente la Costituzione e l'Accordo di Taif".
"Possano tutti i libanesi lavorare affinché il volto della terra dei cedri non sia mai sfigurato dalle divisioni, ma risplenda sempre grazie al "vivere insieme" e che il Libano rimanga un Paese-messaggio di convivenza e pace".
Mentre il governo britannico evita di affrontare l'abuso di bande di adescatori a livello nazionale, la Chiesa cattolica, dopo anni di scandali, ha riconosciuto la propria colpa, si è scusata e ha attuato misure esemplari. È giunto il momento che Westminster prenda esempio dal Vaticano?
L'imprenditore statunitense Elon Musk, proprietario del social network X, ha criticato il primo ministro britannico Keir Starmer e il suo governo laburista per la mancata repressione delle bande di adescamento.
Musk ha accusato direttamente Starmer di essere stato "complice" di insabbiamenti durante il periodo in cui è stato a capo del Crown Prosecution Service (CPS) tra il 2008 e il 2013, periodo durante il quale sono stati archiviati numerosi casi di abusi.
Dalla fine degli anni '90 al 2014, il Regno Unito ha assistito a un'ondata di casi di sfruttamento sessuale di minori perpetrati da queste bande in località come Rotherham, Rochdale e Oxford. I crimini, che in seguito hanno portato a decine di arresti, hanno coinvolto principalmente bambini vulnerabili, molti dei quali affidati allo Stato.
In un recente controinterrogatorio, Musk ha anche criticato Jess Phillips, ministro laburista per la tutela dei minori e la violenza contro le donne e le ragazze. Nell'ottobre 2023 la Phillips ha respinto la richiesta del Consiglio di Oldham di avviare un'inchiesta statale sugli abusi commessi a Oldham tra il 2011 e il 2014.
Ha invece esortato le autorità locali a replicare il modello di città come Telford, che hanno gestito le proprie indagini in modo indipendente.
I casi di abusi sessuali su minori nel Regno Unito sono stati documentati in diversi rapporti indipendenti. Nel 2014, Alexis Jay ha pubblicato un'analisi della situazione a Rotherham, rivelando che più di 1.400 bambini sono stati abusati tra il 1997 e il 2013.
La maggior parte degli aggressori apparteneva a gruppi organizzati di origine pakistana e le autorità sono state criticate per non aver agito tempestivamente, spesso paralizzate dalla paura di essere accusate di razzismo.
Nel 2022, un rapporto della Jay-led Independent Child Sexual Abuse Inquiry (ICSA) ha ampliato l'attenzione, esaminando casi simili in altre località, tra cui Cornovaglia, Derbyshire e Bristol. Questo studio ha evidenziato carenze sistemiche nella risposta della polizia e delle altre autorità, che spesso hanno minimizzato il problema o non hanno agito con sufficiente rapidità.
L'insabbiamento di questi crimini non è un fenomeno isolato né esclusivo delle istituzioni religiose. Tuttavia, la Chiesa cattolica, dopo anni di accuse e scandali, ha riconosciuto pubblicamente il problema, si è scusata e ha cercato di risarcire le vittime per quanto possibile.
In SpagnaAd esempio, i sistemi di protezione dei bambini implementati dalla Chiesa sembrano essere abbastanza efficaci, dato che secondo l'Ufficio del Procuratore Generale, solo 0,45% delle attuali accuse di abuso su minori coinvolgono istituzioni ecclesiastiche.
È tempo che gli Stati seguano l'esempio, riconoscano i propri fallimenti e adottino misure concrete per proteggere i bambini. Il caso delle bande di adescamento dimostra che la protezione dei bambini non deve essere ostaggio di interessi politici o del timore del giudizio pubblico.
I governi devono garantire giustizia alle vittime e stabilire meccanismi per evitare che simili tragedie si ripetano.
Nella Spagna musulmana, con la successione al trono omayyade di Maometto I, nell'852 si inasprirono le misure contro i cristiani. Il sacerdote Eulogio di Cordova fu arrestato per aver aiutato la giovane Leocricia, o Lucrezia, figlia di genitori musulmani, a nascondersi. Difese il cristianesimo contro l'emiro e fu decapitato. La Chiesa lo celebra il 9 gennaio.
Eulogio nacque a Cordova all'inizio del IX secolo. Ordinato sacerdote, si dedicò alla contemplazione nei monasteri vicino alla città e al lavoro pastorale. Un viaggio attraverso il centro e il nord della penisola lo aiutò a conoscere l'esperienza e la mentalità dei cristiani che si erano liberati dal giogo musulmano.
I disordini della Chiesa di Cordova, dovuti alla situazione religiosa e sociale, si manifestarono soprattutto nell'851. La Chiesa era tollerata, ma rischiava di estinguersi. Ci fu una violenta repressione e molti cristiani finirono in prigione o al martirio. Sant'Eulogio seppe rimanere fermo nella difesa della fede e fu arcivescovo eletto di Toledo.
Storico dei martiri e loro apologeta, sollievo e incoraggiamento per la comunità cristiana, Sant'Eulogio incoraggiò tutti nell'ora del martirio e morì nell'859, condannato per aver nascosto e catechizzato una giovane convertita, di nome Leocricia (Lucrezia), che la Chiesa festeggia il 15 marzo e che fu decapitato quattro giorni dopo Sant'Eulogio.
Joseph Evans commenta le letture per il Battesimo di Nostro Signore (C) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.
La versione di Luca del battesimo di Nostro Signore, che leggiamo oggi, inizia con un riferimento all'attesa del popolo: "Il popolo era in attesa e tutti si chiedevano interiormente se Giovanni non fosse il Messia".
Il popolo si sbagliava doppiamente: Giovanni non era il Messia e si sbagliava anche sul tipo di Messia che doveva aspettarsi. Volevano un Messia politico-militare che li avrebbe liberati dall'oppressione romana e avrebbe stabilito un libero regno politico di Israele. Anche oggi le persone cercano il battesimo per le ragioni sbagliate: come una mera convenzione sociale, per ottenere l'accesso all'istruzione cattolica o altri benefici.
Di fronte al suo errore, Giovanni risponde con umiltà: "Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, al quale non sono degno di slegare i sandali".
Questa umiltà è una preparazione al battesimo. Giovanni poteva preparare le persone al battesimo superiore di Cristo perché la sua stessa anima era un buon terreno ricettivo all'"acqua" della grazia. Essa viene versata nelle anime che la ricevono come un buon terreno, mentre altre la rifiutano a causa della loro durezza di cuore.
È anche l'umiltà stessa di Cristo che gli permette di farci il dono del battesimo. Si lascia battezzare da Giovanni, pur essendo di gran lunga superiore al suo precursore, e poi lo vediamo pregare. Dalla sua umiltà e dalla sua preghiera, la grazia dello Spirito Santo si riversa sull'umanità: "Anche Gesù fu battezzato; e mentre pregava, si aprirono i cieli e lo Spirito Santo discese su di lui in apparenza corporea come una colomba".
Attraverso l'umiltà e la preghiera, l'acqua del battesimo continua a scorrere nella nostra anima. Il battesimo non è semplicemente un evento passato. È un'acqua viva, l'azione continua dello Spirito Santo in noi (cfr. Gv 4,10-14; 7,37-39), che ci trasforma sempre più in figli di Dio. Quando lo Spirito scese su Cristo, la voce del Padre proclamò: "Tu sei il mio Figlio prediletto, con te mi sono compiaciuto".
Questo battesimo è completato dal fuoco della Pentecoste (cfr. At 2,1-4): "Vi battezzerà con lo Spirito Santo e con il fuoco". L'acqua purifica e fa crescere. Il fuoco intensifica questa purificazione e dà energia e potere. Ma con tutto questo lo Spirito porta la pace nella nostra anima, e così discese su Gesù sotto forma di colomba, ricordando la colomba con cui Noè seppe che il diluvio era finito e che l'umanità era di nuovo in pace con Dio.
Nell'udienza di questa mattina, ancora nel periodo natalizio, Papa Francesco ha esortato a ricevere e trattare i bambini come un dono di Dio, a non permettere mai che i bambini siano maltrattati, feriti o abbandonati, e a prevenire e condannare fermamente ogni abuso che i minori possono subire.
Con uno spettacolo circense africano, che ha fatto sorridere il Papa e i fedeli riuniti nell'Aula Paolo VI, il Papa ha dedicato il suo discorso al Papa e ai fedeli. catechesi Oggi - e mercoledì prossimo - ai bambini, ricordando che "hanno un posto speciale nel cuore di Dio" e "chiunque faccia del male a un bambino ne risponderà davanti a Lui"..
In un'atmosfera di festa per la gioia del Natale e per la venuta del Salvatore, che i Magi adorarono, e per la Giubileo Il messaggio del Papa, appena iniziato, un anno di grazia e di rinnovamento interiore, come ha ricordato in francese, inglese e cinese, riflette la durezza della situazione dei bambini nel mondo.
"Oggi sappiamo proiettarci verso Marte o verso mondi virtuali, ma facciamo fatica a vedere negli occhi un bambino lasciato ai margini, sfruttato e abusato. Il secolo che crea intelligenze artificiali e progetta esistenze multiplanetarie non tiene ancora conto della ferita del bambino umiliato, sfruttato, ferito a morte", ha esordito il Papa nella sua catechesi.
Il Santo Padre ha osservato che "la parola che compare più spesso nell'Antico Testamento, dopo il nome divino Jahweh (più di seimilaottocento volte), è la parola ben, "figlio": quasi cinquemila volte. I figli (ben) sono un dono del Signore, il frutto del grembo è una ricompensa (Sal 127,3)". E "purtroppo questo dono non è sempre trattato con rispetto".
"Fratelli e sorelle, i discepoli di Gesù Cristo non devono mai permettere che i bambini siano trascurati o abusati, che siano privati dei loro diritti o che non siano amati e protetti", ha detto il Papa.
I cristiani hanno il dovere di "prevenire diligentemente e condannare fermamente la violenza o l'uso della violenza come forma di violenza". abuso di minori". Anche oggi, in particolare, troppi bambini sono costretti a lavorare. Ma un bambino che non sorride e non sogna non potrà conoscere e far fiorire i suoi talenti, ha continuato.
Ovunque sulla terra ci sono bambini sfruttati da un'economia che non ha rispetto per la vita, ha detto. Un'economia che, così facendo, brucia la nostra più grande riserva di speranza e di amore. "Ma i bambini hanno un posto speciale nel cuore di Dio, e chiunque faccia del male a un bambino sarà chiamato a risponderne davanti a Lui", ha detto.
"Vorrei sottolineare in particolare la piaga del lavoro minorile, che cancella i sorrisi e i sogni dei bambini e impedisce loro di sviluppare i propri talenti".
Il Papa ha sottolineato che "la tempesta di violenza di Erode si abbatte subito anche su Gesù appena nato, che massacra i bambini di Betlemme. Un dramma oscuro che si ripete in altri modi nella storia", e ha ricordato le parole di Gesù: "Se non cambierete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli" (Mt 18,3).
Nel suo saluto ai pellegrini polacchi, Papa Francesco ha ricordato l'appello di "San Giovanni Paolo II per costruire la civiltà dell'amore e della vita. Continuate a raccogliere questa chiamata della Chiesa come compito prioritario. Proteggere la vita con amore, in ogni fase del loro sviluppo: dal concepimento alla morte naturale. Educate i vostri figli alla saggezza e alla grazia. Vi benedico di cuore.
Prima di impartire la Benedizione, il Pontefice ha incoraggiato, come fa sempre, a pregare per la pace nella martoriata Ucraina, in Israele e in tutti i luoghi in guerra, sottolineando che la guerra è sempre una sconfitta.
Dal suo glorioso passato di centro fenicio e romano al presente segnato dalla frammentazione e dalla guerra civile, la Libia riflette una complessità unica. Tripoli, la sua capitale, è il simbolo di queste contraddizioni, tra la ricchezza della sua eredità e le sfide del suo presente.
Un'antica canzone patriottica italiana, "Tripoli, bel suol d'amore", composta nel 1911 durante la guerra italo-turca, elogia la città di TripoliLa capitale della Libia, come terra di bellezza e passione, celebra ovviamente l'eroica impresa nazionale della conquista della prima colonia nella storia dell'Italia appena unificata.
Il presente, tuttavia, ci mostra una Tripoli, con il Paese cui appartiene, come una terra che vive l’inferno di una guerra civile che l’ha duramente provata e le cui conseguenze tutto il popolo libico sta ancora pagando.
La Libia, sia in epoca coloniale che post-coloniale, è stata una sorta di specchio per l'Italia in termini di debolezze ma anche di punti di forza: dalla crudele repressione dell'opposizione locale al regime coloniale alle grandi imprese di costruzione di strade e infrastrutture; dall'esodo forzato dei coloni italiani e degli ebrei libici espulsi da Gheddafi (e affluiti a Roma e in Italia soprattutto negli anni Settanta) ai fasti di una partnership non sempre trasparente con lo stesso Gheddafi e che ha lasciato molti punti oscuri (tra cui la famigerata strage di Ustica).
Nominalmente, la Libia è un unico, grande Paese dell’Africa settentrionale (ha una superficie di circa 1,76 milioni di km²), bagnato dal Mediterraneo a nord e confinante con Egitto a est, con il Sudan e il Ciad a sud-est, con il Niger a sud-ovest, e con l’Algeria e la Tunisia a ovest. Nonostante il vastissimo territorio, la sua popolazione è di soli 7 milioni di abitanti (secondo stime del 2023).
Tuttavia, la guerra civile iniziata con la Primavera araba nel 2011 e il successivo rovesciamento del dittatore Gheddafi hanno rivelato al mondo il suo carattere frammentato, sia geograficamente che culturalmente.
Da un lato si trova la capitale, Tripoli, una città di oltre 3 milioni di abitanti. Fondata originariamente dai Fenici con il nome di Oyat, fu poi ribattezzata Oea dai Greci. Questa città è erede della Tripoli di epoca romana, che consisteva in una confederazione di tre città: Oea, Sabrata e Leptis Magna. Situata nel nord-ovest del Paese, Tripoli dà il nome a una regione più ampia nota come Tripolitania, che copre il nord-ovest della Libia e si è affermata come un importante polo economico e culturale della nazione.
Dall'altra, o meglio, dalle altre, troviamo: La Cirenaica, a est, con la sua capitale Bengasi (circa 630.000 abitanti nel 2011), una regione con forti connotazioni tribali, legate anche a una visione più conservatrice dell'Islam, che ha sempre chiesto una maggiore autonomia, se non addirittura un'autonomia.000 abitanti nel 2011), una regione con forti connotazioni tribali, legata anche a una visione più conservatrice dell'Islam, che ha sempre rivendicato una maggiore autonomia, se non indipendenza, dal potere centrale, anche in virtù delle ricche riserve di petrolio e gas naturale che vi si trovano; il Fezzan, a sud, regione prevalentemente desertica e scarsamente popolata (piccoli insediamenti e oasi), con una marcata presenza di gruppi etnici come i Tuareg e i Tebu, e culturalmente molto più vicina all'Africa subsahariana che al Maghreb, dove si concentra il famigerato traffico di esseri umani verso l'Europa.
Da un punto di vista religioso, invece, la popolazione appare più compatta, con un 97% di libici che si professano musulmani (in prevalenza sunniti, ma con minoranze ibadite e sufi).
Il territorio dell'attuale Libia è stata abitata fin dal Neolitico da popolazioni indigene, antenate degli attuali popoli berberi, che praticavano l'allevamento e la coltivazione dei cereali. Alcuni di questi popoli (in particolare i Libu, da cui il nome della regione) entrarono nell'orbita egiziana e divennero tributari dei faraoni.
A partire dal VII secolo a.C., i Fenici di Tiro fondarono colonie sulla costa della Tripolitania, in particolare i porti di Leptis, Oea (Tripoli vera e propria) e Sabrata. Queste città si unirono in una sorta di alleanza (poi nota come Tripoli) e successivamente caddero sotto l'egida di Cartagine (altra colonia fenicia, nel territorio dell'attuale Tunisia). A est, invece, nell'attuale Cirenaica, si insediarono i Greci, fondando Cirene, Arsinoe, Berenice, Apollonia e Barce, che andarono a formare la cosiddetta Pentapoli cirenaica. Nell'interno della regione (più precisamente nel Fezzan), invece, si sviluppò il regno dei Garamanti, una popolazione di lingua berbera.
Quando, nel 332-331 a.C., Alessandro Magno conquistò l’Egitto, assoggettò pure la confederazione di città greche della Cirenaica, che fu poi governata dai Tolomei d’Egitto, i quali vi fondarono una nuova città: Tolemaide.
Venne poi il turno dei Romani, che s’impadronirono prima della Tripolitania, nel 146 a.C. (dopo la distruzione di Cartagine,) e poi della Cirenaica nel 96 a.C., in seguito a un conflitto con i Garamanti del Fezzan. Anche in questo caso si mantenne, tuttavia, la netta distinzione tra Tripolitania e Cirenaica. Difatti, i territori conquistati dai Romani furono poi divisi tra la provincia di Africa (da Augusto in poi Africa Proconsularis, con il toponimo Africa che proviene verosimilmente dal nome della tribù berbera degli Afri, e che comprendeva, oltre alla Tripolitania, anche le zone costiere di Tunisia e Algeria orientale) e quella di Creta e Cirene (con la Cirenaica).
Leptis Magna, di cui rimangono oggi le imponenti rovine e che è inserita nella lista dei patrimoni dell’UNESCO (considerata in pericolo dal 2016) divenne quindi una delle tre maggiori città di tutto il Nordafrica, dando i natali alla dinastia dei Severi (a Roma è possibile ammirare nel Foro Romano, in perfetto stato di conservazione, l’arco dedicato all’imperatore Settimio Severo, originario appunto di Leptis Magna).
Nel 430 i territori dell'attuale Libia furono conquistati dai Vandali (ariani) di Genserico, che portarono al declino della regione.
Nel 533, tuttavia, il territorio passò sotto l'Impero bizantino sotto Giustiniano, riacquistando l'antica prosperità, ma fu conquistato dalle truppe arabo-islamiche tra il 640 e il 698 ed entrò a far parte prima del califfato omayyade e poi di quello abbaside, prima di finire sotto gli Aghlabidi (la prima dinastia islamica autonoma sotto il califfato abbaside) a partire dal IX secolo.
Diverse stirpi si alternarono fino alla conquista ottomana (1517-1551). Nel XVIII secolo, la dinastia del pascià Karamanli governò "de facto" la Tripolitania, la Cirenaica e parte del Fezzan (nominalmente ancora parte dell'Impero Ottomano) incoraggiando la pirateria e il commercio degli schiavi, fino a quando la Porta intervenne direttamente nel 1835 per ripristinare la sovranità.
Nel frattempo, la confraternita sufi ("tarīqa") dei Senussi (le correnti sufi nordafricane sono un fenomeno tardivo del sufismo, una forma di misticismo islamico, che nell'area era più favorevole al sincretismo religioso, anche santificando alcune figure locali note come marabutti), fondata da Muḥammad al-Sanūsī nel 1843, si diffuse tra i beduini della Cirenaica, con la sua austera disciplina in ambito religioso ma i suoi valori più concilianti con i costumi eterodossi che con l'Islam. Questa "tarīqa" si sviluppò nel XX secolo in un movimento di resistenza contro i francesi e gli italiani, guidato da figure come Omar al-Mukhtār. Nonostante la resistenza, la Libia fu infine occupata (1912) dagli italiani, che riuscirono a pacificare le tribù ostili solo negli anni Trenta.
Nel corso della campagna di conquista italiana (1911-1912), parte della Guerra italo-turca, vi furono violente repressioni e massacri nei confronti della popolazione locale. La resistenza libica guidata dai Senussi, tuttavia, proseguì fino al 1931, quando Omar al-Mukhtār fu catturato e giustiziato dagli italiani.
Durante il dominio coloniale fascista, il regime promosse, specialmente grazie al celebre condottiero/aviatore, nonché governatore della Libia coloniale, Italo Balbo (la cui popolarità e le cui capacità crearono una vera e propria rivalità con lo stesso Mussolini, tanto che Balbo morì, in circostanze sospette, per l’abbattimento del suo aereo in Libia da parte della contraerea italiana) favorì l’insediamento di decine di migliaia di coloni italiani, promuovendo l’agricoltura (nella fascia costiera) e la costruzione di una massiccia rete di infrastrutture (tra cui la via Balbia, una strada litoranea di 1842 km che collega ancora oggi Tripoli a Cirene). Balbo si spese anche per tentare di risolvere i conflitti con la popolazione locale, chiudendo, contro il volere di Mussolini, alcuni dei campi di concentramento ove veniva deportate centinaia di persone anche solo sospettate di opporre resistenza alla potenza coloniale.
Sempre Balbo fondò, nel 1939, dieci villaggi per gli arabi e i berberi libici, ognuno con la propria moschea, scuola, centro sociale (con ginnasio e cinema) e un piccolo ospedale, il che costituiva una novità assoluta per il mondo arabo nordafricano.
L’immigrazione italiana in Libia cessò dopo il 1941, con l’entrata in guerra dell’Italia, e il Paese fu poi occupato dagli Alleati nel 1943. Gli italiani e gli ebrei locali, inizialmente una comunità numerosa e divenuti poi alcuni cittadini italiani, furono oggetto di pogrom e violenze post-belliche, che culminarono nella fuga di massa dell’intera millenaria comunità ebraica.
Dopo la fine della Seconda Guerra mondiale e del colonialismo italiano, e in seguito a un periodo di amministrazione mandataria dell’ONU, la Libia divenne indipendente come monarchia nel 1951, sotto la dinastia dei Senussiti (re Idris I). Il Paese rimase sostanzialmente sottosviluppato fino alla scoperta del petrolio, nel 1959, che lo rese uno dei Paesi più ricchi dell’Africa (divenne il primo Paese africano esportatore di petrolio e membro dell’OPEC). La forma di governo era federale fino al 1963, quando il potere si accentrò nuovamente intorno a Tripoli.
Nel 1969, un colpo di stato guidato dal colonnello Muammar Gheddafi rovesciare il re Idris. Gheddafi ha fondato il nuovo Stato libico su un modello basato sul socialismo islamico e sul nazionalismo panarabo e panafricano, come espresso nel suo "Libro verde", pubblicato nel 1975.
L'opera è divisa in tre parti: la prima è dedicata alla democrazia diretta, con il rifiuto dei partiti e la proposta di un governo delle masse attraverso comitati popolari; la seconda all'economia, basata su una terza via (terzomondismo) tra capitalismo e comunismo, con la proprietà diretta dei lavoratori; la terza a un modello sociale che pone l'accento sulla famiglia, sulla tribù e sui valori islamici come pilastri della comunità. Nel testo, Gheddafi chiama questo nuovo Stato "Jamahiriya".
Di fatto il tanto decantato modello di democrazia diretta si rivelò sin da subito l’ennesima dittatura. Gheddafi, infatti, pur portando indiscutibili vantaggi economici al Paese (e a se stesso) nazionalizzando le risorse petrolifere e adottando politiche severe contro l’imperialismo occidentale e le decine di migliaia di italiani e di ebrei ancora presenti nel Paese (nazionalizzò tutti i loro beni e li espulse in massa dal Paese), chiudendo poi tutte le basi straniere e sostenendo movimenti rivoluzionari e terroristici come l’OLP.
Le tensioni con l’Occidente culminarono nell’embargo ONU dopo l’attentato di Lockerbie (1988). Negli anni 2000, Gheddafi cercò di normalizzare le relazioni internazionali rinunciando ai programmi finalizzati allo sviluppo di armi di distruzione di massa e stringendo accordi di collaborazione con diversi governi occidentali, soprattutto con l’Italia dell’allora premier Silvio Berlusconi.
Nel 2011, però, la Libia è stata travolta dalle rivolte della Primavera araba, che hanno portato alla caduta del regime di Gheddafi in seguito a un intervento militare della NATO (su forte pressione della Francia, che aveva l'ignobile intenzione di sostituirsi all'Italia nello sfruttamento dei vasti giacimenti di idrocarburi del Paese) e all'assassinio dello stesso Gheddafi. Tuttavia, la caduta del dittatore ha inaugurato una fase di profonda instabilità.
La Libia, come la Siria, si è mostrata in tutta la sua complessità: si sono accentuate le divisioni tribali, le fazioni interne e i conflitti mai del tutto sopiti, e il Paese è diventato teatro di una guerra civile tra diversi gruppi: il Governo di Unità Nazionale (GNU) di Tripoli, sostenuto da ONU, Italia e Turchia, e l'Esercito Nazionale Libico (LNA) di Khalifa Haftar, appoggiato all'epoca da Francia, Russia ed Egitto. Tutto ciò è aggravato dal coinvolgimento di milizie locali e gruppi jihadisti (tra cui l'ISIS), il che significa che una soluzione alla drammatica situazione libica e la riconciliazione nazionale sono ancora lontane.
Scrittore, storico ed esperto di storia, politica e cultura del Medio Oriente.
Viviamo in un'epoca di proliferazione di credenze superficiali, di culti, di yoga, di New Age, di spiritismo e di reikiche promettono risposte rapide ma che mancano di profondità. È fondamentale promuovere un discernimento profondo per distinguere tra alternative autentiche e soluzioni effimere che non affrontano le preoccupazioni umane più profonde.
Viviamo in tempi caratterizzati da una crescente confusione spirituale, in cui molte persone si sentono smarrite nella ricerca di un significato e di uno scopo. Questo vuoto esistenziale ha dato origine a una proliferazione di credenze che, pur sembrando offrire risposte, mancano di sostanza e profondità. Queste credenze, spesso presentate sotto la veste di pratiche di benessere o di percorsi alternativi, cercano di colmare il vuoto emotivo e spirituale degli individui, ma nella maggior parte dei casi rimangono soluzioni superficiali ed effimere. I culti, lo yoga inteso come filosofia onnicomprensiva, lo spiritismo, lo spiritismo, il reiki e altre pratiche New Age promettono equilibrio, benessere e senso della vita, ma le loro basi non sono abbastanza solide per affrontare le preoccupazioni umane più profonde e trascendenti.
Sebbene queste proposte siano attraenti in superficie, non riescono a soddisfare il desiderio umano di verità, trascendenza e interezza che tutti portiamo nel profondo del nostro essere. È importante promuovere un discernimento profondo e critico di fronte alla valanga di proposte spirituali che ci arrivano da varie fonti.
Gli studi sociologici rivelano la portata della confusione spirituale contemporanea. L'indagine sulle credenze di Centro di ricerca Pew nel 2017 ha mostrato che, negli Stati Uniti, 39% delle donne credono nella reincarnazione e 46% credono che gli oggetti materiali abbiano energie spirituali. Le credenze degli uomini in questi fenomeni sono un po' più basse, ma non molto più alte, rispettivamente 27% e 37%. Si potrebbe pensare che gli americani siano un po' esagerati o che credano in qualsiasi cosa, ma nella "illuminata" Francia risulta che un rapporto della Fondazione Jean Jaurès e della Fondazione Reboot ha rivelato nel 2023! che 49% degli 11-24enni credono che l'astrologia sia una scienza, 35% credono nella reincarnazione e 23% credono nei fantasmi.
Anche in campo cattolico, le indagini di Pew Research presentano dati preoccupanti. Ad esempio, 4 americani su 10 credono che stiamo vivendo nei tempi finali e che la fine del mondo sia vicina, il che può essere interpretato come una conseguenza del clima di permanente stato di allarme informativo su questi temi in cui ci troviamo. Ansia e stress sono le malattie di moda in Occidente, non dimentichiamolo.
Ancora più preoccupanti sono i dati dello stesso centro di sondaggi del 2019, che mostravano che 69% dei cattolici americani non credevano nella presenza reale di Cristo nell'Eucaristia. I vescovi del Paese ne hanno preso atto e si sono messi al lavoro per promuovere un'evangelizzazione più profonda. Di conseguenza, nel 2022 è iniziato un "Rinascimento eucaristico nazionale" della durata di tre anni, convocato dalla conferenza episcopale e culminato in un massiccio pellegrinaggio a piedi dai quattro angoli del Paese, per concludersi con un congresso eucaristico nazionale nell'estate del 2024.
I culti hanno acquisito una notevole influenza nella società moderna. Queste organizzazioni hanno la capacità di attrarre individui vulnerabili offrendo promesse allettanti di appartenenza, scopo, sicurezza e stabilità emotiva. Tuttavia, dietro queste offerte si nascondono pratiche di manipolazione emotiva, controllo psicologico, isolamento sociale e dipendenza economica, che rendono schiavi i loro membri e impediscono loro di sviluppare una vita autonoma e sana.
L'impatto dei culti non si limita solo agli individui che cadono nelle loro reti. Le conseguenze della loro influenza sono più profonde e riguardano anche le famiglie e le comunità vicine alle persone coinvolte. Queste organizzazioni tendono a generare divisioni familiari e sociali, allontanando le persone da opzioni autentiche di crescita personale e spirituale. Il loro fascino sta nell'offrire risposte apparentemente semplici a problemi complessi, ma queste risposte spesso approfondiscono il vuoto esistenziale e lasciano cicatrici emotive e spirituali difficili da rimarginare. Inoltre, seguire ciecamente i loro insegnamenti può portare i membri a una disconnessione con la propria identità e a una distorsione della comprensione della realtà. La vera soluzione alle sfide umane non si trova mai in questi percorsi facili, ma in una ricerca profonda e autentica del significato.
Ci sono questioni che sono delicate da scrivere, soprattutto in tempi polarizzati, dove gli argomenti sono visti come armi da scagliare contro le persone piuttosto che idee da discutere. La Chiesa non è estranea a questo contesto in cui si trova la società e sembra che ci siano questioni di cui non è facile parlare. Non è facile evidenziare le sfumature delle posizioni in disaccordo con le proprie, riconoscere i diritti dell'altra parte, ammettere che le cose non sono bianche o nere. Si è scritto molto sul rapporto tra il cristianesimo, lo yoga, il consapevolezza e il reikiLa New Age, le tecniche di meditazione Zen e, in generale, l'insieme di pratiche che vengono solitamente incluse nel concetto di New Age. Molte pagine di informazione religiosa pubblicano periodicamente testimonianze di persone che hanno seguito con entusiasmo questo tipo di pratiche e hanno finito per trovare un grande vuoto personale e problemi anche gravi. I casi più estremi sono quelli di persone che hanno avuto bisogno delle cure di un esorcista per guarire le loro ferite. Il numero di casi gravi non fa pensare che si tratti di fenomeni isolati.
L'origine orientale delle pratiche New Age è un cocktail frenetico di credenze diverse: religiose, gnostiche, politeistiche, panteistiche, ecc. Negli ultimi due decenni ci sono stati alcuni pronunciamenti da parte di alcuni organismi ecclesiastici, che mostrano preoccupazione da parte dei vescovi e del Vaticano. La secolarizzazione delle società occidentali ha lasciato un vuoto di significato per molti cittadini. La bussola morale e vitale di molte persone è diventata relativista ma, come sempre accade, quando il cuore umano non soddisfa i suoi desideri più profondi, le persone cercano risposte che possano soddisfarli.
In questo contesto, all'inizio del XX secolo, proliferarono i corsi di meditazione trascendentale, dapprima come fenomeno isolato e quasi comico, come quando si guarda con curiosità l'oroscopo o le carte astrologiche. Il problema è che, come diceva Chesterton, "Chi non crede in Dio finisce per credere in qualsiasi cosa". e oggi alcune pratiche di origine orientale sono diventate di uso comune in contesti inimmaginabili come i ritiri di yoga per lavoratori stressati o le lezioni di yoga per consapevolezza a mezzogiorno in alcune aziende o scuole.
Il documento del 2003 "Gesù Cristo portatore dell'acqua della vita: una riflessione cristiana sul 'New Age'". del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso, mette in guardia dai pericoli delle pratiche associate al New Age, che spesso includono elementi di spiritualità non cristiana. Sottolinea che queste pratiche possono portare i fedeli fuori dalla vera fede e dal rapporto con Dio. Anche se il consapevolezza non è esplicitamente menzionato, il documento suggerisce che qualsiasi pratica che non sia radicata nella fede cristiana e che cerchi una spiritualità alternativa può essere problematica. La Chiesa invita i fedeli a discernere e a rimanere saldi nella loro fede, evitando pratiche che possano compromettere il loro rapporto con Dio.
Nel "Linee guida per la valutazione del Reiki come terapia alternativa".2009, la Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti rifiuta il reikiSi sostiene che questa pratica non è compatibile con l'insegnamento cristiano e con l'evidenza scientifica. Si sottolinea che la reiki implica l'accettazione di elementi di una visione del mondo non in linea con la fede cattolica, che può portare alla superstizione e a una distorsione del culto di Dio. Sebbene il documento non menzioni la consapevolezzaÈ stato facile dedurre che qualsiasi pratica che non sia fondata sulla fede cattolica e che coinvolga elementi di spiritualità al di fuori della tradizione cristiana potrebbe essere vista in modo simile.
La dichiarazione dei vescovi spagnoli sullo yoga del 2019 afferma anche che questa pratica è incompatibile con la fede cattolica. Sostiene che lo yoga, nella sua forma tradizionale, include elementi filosofici e spirituali che possono entrare in conflitto con l'insegnamento cristiano. Come negli altri documenti, sottolinea la necessità che i fedeli siano cauti nell'impegnarsi in pratiche non allineate con la fede cattolica. Anche se il consapevolezza menzionato solo in una nota a piè di pagina, l'avvertimento sullo yoga sembra estendersi anche a questa pratica.
Il consapevolezzaPur essendo radicata nelle tradizioni orientali, può essere compatibile con la fede cristiana se utilizzata correttamente. Questa pratica, intesa come tecnica per promuovere la consapevolezza e gestire le emozioni, può essere integrata nella spiritualità cristiana, purché si evitino dottrine contrarie al Vangelo. Uno degli articoli di questo dossier affronta questo tema in modo dettagliato.
A sole due settimane dalla solenne apertura del Giubileo ordinario del 2025, il 24 dicembre, 545.532 pellegrini provenienti da tutto il mondo hanno già varcato la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Vaticano.
Ci sono state centinaia di gruppi di fedeliIl numero di pellegrini che sono partiti dalla nuova Piazza Pia, con la croce della Giubileo La Sala Stampa Vaticana ha informato che i pellegrini hanno camminato in preghiera lungo Via della Conciliazione fino a raggiungere la Basilica.
"Rino Fisichella, Pro-Prefetto del Dicastero per l'Evangelizzazione, incaricato dell'organizzazione del Giubileo, ha commentato: "È un inizio molto significativo, con una grande affluenza di persone. I gruppi che affollano via della Conciliazione stanno dando una testimonianza importante, e questo è anche un segno della grande percezione di sicurezza che i pellegrini vivono nella città di Roma e intorno alle quattro basiliche papali".
Visti i dati dei primi giorni, si prevede un aumento costante del numero di pellegrini, aggiunge la nota. "Certo, in queste prime due settimane ci sono state alcune difficoltà nella gestione dei flussi che andranno valutate nel tempo", ha aggiunto l'arcivescovo Fisichella, "ma il Dicastero sta lavorando senza sosta per garantire ai pellegrini un'accoglienza e un'esperienza all'altezza delle loro aspettative".
In tutto il mondo, infatti, sono in corso i preparativi per raggiungere Roma nei prossimi mesi, con molti bambini, giovani, adulti e anziani che sono già entrati nel clima giubilare con le celebrazioni di apertura dell'Anno Santo tenutesi in tutte le diocesi il 29 dicembre 2024.
Dal 5 gennaio, con l'apertura della Porta Santa della Basilica di San Paolo fuori le Mura, i fedeli hanno potuto attraversare le quattro Porte Sante delle Basiliche Papali Romane: oltre a quella di San Paolo, le Porte di San Pietro in Vaticano, San Giovanni in Laterano e Santa Maria Maggiore.
Per recarsi in pellegrinaggio alle Porte Sante, a causa delle lunghe code di fedeli, è necessario prenotare in anticipo sul sito del Giubileo, iubilaeum2025.va
Nei giorni delle celebrazioni di apertura delle Porte Sante, migliaia di persone hanno riempito le basiliche papali. Il primo grande evento dell'Anno Santo sarà il Giubileo della comunicazionedal 24 al 26 gennaio.
Le Porte Sante delle quattro grandi basiliche romane sono ora aperte.
Da San Giovanni Paolo II a Papa Francesco, i primi tre Giubilei del terzo millennio: un percorso di fede, riconciliazione e speranza che accompagna la Chiesa verso il 2033, anniversario dei duemila anni della Redenzione di Gesù Cristo.
Con l’apertura dell’ultima Porta Santa, quella della Basilica Papale di San Paolo fuori le Mura da parte del Cardinale Arciprete James Michael Harvey, domenica 5 gennaio, si può dire che l’Anno Santo 2025 è definitivamente iniziato ovunque nel mondo.
Il prima Porta Santa aperta, come si ricorderà, è stata quella della Basilica di San Pietro, la notte del 24 dicembre da Papa Francesco. Due giorni dopo, in occasione della festa di Santo Stefano, il Pontefice ha voluto aprire eccezionalmente anche una Porta Santa nel carcere di Rebibbia a Roma, come gesto di vicinanza a tutti coloro che scontano pene detentive.
Il 29 dicembre, in concomitanza con l'apertura della Porta Santa della Basilica Papale di San Giovanni in Laterano da parte del Cardinale Vicario per la Diocesi di Roma, Baldassarre Reina, è toccato ai vescovi delle varie diocesi e circoscrizioni ecclesiastiche dare inizio all'Anno Giubilare nelle rispettive Cattedrali e Concattedrali. Il 1° gennaio, solennità della Beata Vergine Maria Madre di Dio, la Porta Santa della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove si venera l'icona della "Salus Populi Romani", tanto cara al Pontefice regnante, è stata aperta dal cardinale arciprete coadiutore Rolandas Makrickas.
Con il Giubileo di quest'anno, ci troviamo nel terzo Giubileo celebrato nel nuovo millennio, dopo il Grande Giubileo del 2000 voluto da San Giovanni Paolo II e l'Anno Santo straordinario dedicato alla Misericordia proclamato da Papa Francesco il 13 marzo 2015. Come ha ricordato lo stesso Santo Padre nella Invito a presentare candidature del Giubileo in corso, "Spes non confundit", ci troviamo di fronte a "eventi di grazia", che nascono essenzialmente per offrire "l'esperienza viva dell'amore di Dio". Inoltre, il Giubileo di quest'anno guarda già al prossimo "anniversario fondamentale per tutti i cristiani", il 2033, quando si celebreranno i duemila anni della redenzione compiuta da Gesù attraverso la sua passione, morte e risurrezione.
Abbiamo ricordato il Grande evento dell’anno 2000, quando il mondo, e con esso la Chiesa, ha varcato la soglia del Terzo millennio. Giovanni Paolo II aprì la Porta Santa nella Notte di Natale del 24 dicembre 1999 e nell’omelia risaltò come la nascita del Figlio unigenito di Dio, Gesù Cristo, mistero ed evento unico e irripetibile abbia cambiato, “in modo ineffabile, il corso degli eventi umani”.
Ricordiamo il Grande Evento del 2000, quando il mondo, e con esso la Chiesa, ha varcato la soglia del Terzo Millennio. Giovanni Paolo II aprì la Porta Santa la notte di Natale, il 24 dicembre 1999, e nella sua omelia sottolineò come la nascita dell'unigenito Figlio di Dio, Gesù Cristo, mistero ed evento unico e irripetibile, avesse cambiato, "in modo ineffabile, il corso degli eventi umani".
In quella stessa notte risuonarono alcune parole chiave che ancora oggi, a distanza di venticinque anni, risultano del tutto familiari e contemporanee: “tu sei la nostra speranza”, “fa’ che nessuno resti escluso dal suo [del Padre] abbraccio di misericordia e di pace!”.
In quella stessa notte risuonarono alcune parole chiave che ancora oggi, a distanza di venticinque anni, sono familiari e attuali: "Tu sei la nostra speranza", "perché nessuno sia escluso dal suo [del Padre] abbraccio di misericordia e di pace".
Per cui, “ai piedi del Verbo incarnato deponiamo gioia e apprensioni, lacrime e speranze”, nella certezza che “solo in Cristo, uomo nuovo, il mistero dell’essere umano trova vera luce”.
Nel Giubileo del 2015 Papa Francesco fece una prima eccezione, aprire la Porta Santa nella Cattedrale di Bangui, periferia geografica ed esistenziale nella Repubblica Centrafricana, il 29 novembre, al termine del suo Viaggio Apostolico che lo aveva portato anche in Kenya ed Uganda.
Prima di compiere il singolare gesto anticipatario dell’Anno Santo della Misericordia – fissato inizialmente nella Solennità dell’Immacolata l’8 dicembre –, il Santo Padre paragonò quel luogo a “capitale spirituale della preghiera per la misericordia del Padre”, e chiese gesti di riconciliazione, perdono, amore e pace, anche per tutti quei Paesi “che soffrono la guerra”.
Poi nell’omelia fece accenno alla costruzione di una “Chiesa-Famiglia di Dio, aperta a tutti, che si prende cura di coloro che hanno più bisogno”. In spirito di comunione, grazie al quale tutti diventano “artigiani del perdono, specialisti della riconciliazione, esperti della misericordia”.
Infine, rivolse un appello “a tutti quelli che usano ingiustamente le armi di questo mondo”: “deponete questi strumenti di morte; armatevi piuttosto della giustizia, dell’amore e della misericordia, autentiche garanzie di pace”.
Pochi giorni fa l’avvio del nuovo Giubileo, con l’apertura della prima Porta Santa di nuovo in San Pietro. Nell’omelia Papa Francesco ha risaltato – come aveva fatto venticinque anni prima il predecessore Wojtyla – la buona notizia di un Dio che “si è fatto uno di noi per farci diventare come Lui”, brillando fra le tenebre del mondo.
Tutto ciò a dimostrazione che “la speranza non è morta, la speranza è viva, e avvolge la nostra vita per sempre! La speranza non delude”. Un dono e una promessa da accogliere e anticipare, mettendosi in cammino “con lo stupore dei pastori di Betlemme”, senza indugio, mediocrità, pigrizia o falsa prudenza.
Una grande responsabilità, insomma, “per ritrovare la speranza perduta, rinnovarla dentro di noi, seminarla nelle desolazioni del nostro tempo e del nostro mondo”.
San Raimondo, la cui memoria si celebra oggi, 7 gennaio, è il patrono degli avvocati e dei giuristi. Nato a Peñafort (Barcellona) nel 1175 e morto nel gennaio 1275, quasi centenario, fu il terzo Maestro Generale dell'Ordine dei Predicatori, i Domenicani, giurista e dottore in legge, nonché confessore e consigliere personale di Papa Gregorio IX.
San Raimondo studiò filosofia e retorica a Barcellona, conseguì il dottorato in legge a Bologna e divenne professore di diritto canonico. Anni dopo, il vescovo di Barcellona, Berenguer IV, durante un viaggio in Italia, gli suggerì di diventare professore nel seminario che voleva fondare nella sua diocesi. Tornato in Catalogna, nel 1222 divenne domenicano. Un anno dopo, con l'aiuto di San Pietro Nolasco, fondò l'Ordine dei Mercedari, con lo scopo di salvare gli schiavi cristiani.
L'apprezzamento di Gregorio IX per la cultura giuridica di santo Raymond era grande, e gli affidò la raccolta di tutti gli atti disciplinari e dogmatici dei papi. Lo fece e Gregorio IX gli offrì l'arcivescovado di Tarragona. Tuttavia, egli la rifiutò, perché desiderava rimanere un semplice Frate domenicano. Colpito dalla malattia, torna al suo primo monastero per vivere una vita appartata.
Nel 1238 i Domenicani lo elessero Maestro Generale dell'OrdineFu il terzo dopo San Domenico di Guzman e il Beato Giordano di Sassonia. All'età di settant'anni lasciò l'incarico e tornò alla preghiera e allo studio. Morì a Barcellona il 6 gennaio 1275. Fu dichiarato beato da Paolo III nel 1542 e santo da Clemente VIII nel 1601. Le sue spoglie si trovano nella Cattedrale di Barcellona.
Il pianeta sta affrontando un paradosso inaspettato: mentre la produzione alimentare raggiunge livelli record, la crescita della popolazione sta rallentando. Questo fenomeno mette in discussione i miti sulla sovrappopolazione e rappresenta una sfida per la sostenibilità e la distribuzione globale.
Quale sarebbe la percentuale della superficie continentale occupata se tutti gli 8,1 miliardi di persone vivessero in città con una densità simile a quella delle grandi città moderne? Tra 0,22% e 2,75% se tutti vivessimo in città simili a Manhattan e Honolulu rispettivamente, o circa il doppio per ciascuna di queste città usate come riferimento, se eliminiamo dalla superficie totale le aree attualmente considerate inabitabili.
I calcoli sono stati fatti facendo una semplice regola del tre con le densità al centro di ogni città e considerando che la superficie continentale totale del pianeta è di 148,94 milioni di km² o 79,41 milioni di km² se si elimina la superficie in linea di principio inabitabile (tutti i deserti, le catene montuose, i fiumi, i laghi, le paludi, gli estuari e le aree ghiacciate, la Groenlandia, la Siberia, l'Antartide). Anche senza considerare la densità delle città nella loro intera area metropolitana, i risultati per l'occupazione del pianeta con ogni città di riferimento sarebbero comunque molto bassi.
L'area urbanizzata del pianeta è pari a circa 1.56% della superficie continentale totale (comprese tutte le città e i paesi e tutte le strade e autostrade interurbane e le piccole strade regionali e provinciali), o circa 2.93% dell'area considerata abitabile oggi.
Il pianeta è praticamente disabitata. Non siamo molti esseri umani, ma pochi. Succede che quando non usciamo dalle città e dalle strade o dalle mete alla moda, anche per un viaggio "avventuroso", è facile che la propaganda della paura ci faccia credere che tutto sia cemento e asfalto.
Anche per quanto riguarda la capacità del pianeta di nutrire la popolazione, tutti i messaggi allarmistici sono artificiali, falsi.
Dal 1960, il produzione mondiale pro capite di verdure è cresciuta di circa 140% e la produzione di carne pro capite è cresciuta di circa 100%, anche se la popolazione è cresciuta di 159% e il mondo oggi dedica all'agricoltura e all'allevamento 58% ettari pro capite in meno rispetto al 1960.
In termini assoluti, nei 65 anni trascorsi dal 1960 la superficie coltivata totale è cresciuta solo di 8%, ma la popolazione è aumentata di 159%.
L'Africa è il continente in cui la popolazione è cresciuta di più, di 360%, ma in cui il numero di ettari per abitante destinati alla produzione alimentare è diminuito di più, di -75% (l'Oceania non è paragonabile a causa della sua scarsa popolazione).
In media, nel 1960 il mondo dedicava all'agricoltura e all'allevamento quasi 1,5 ettari per abitante, mentre oggi ne dedica circa 0,6 (Asia 0,35 ettari per abitante; Europa 0,65 ettari; Africa 0,9 ettari; Sud America 1,20 ettari; Nord America 1,27 ettari).
Il pianeta non ci ha superato. I suoi paesaggi vasti, incontaminati e selvaggi parlano direttamente a Dio. E le sue città.
Analista di dati. Scienza, economia e religione. Venture Capitalist e banchiere d'investimento (profilo su X: @ChGefaell).
Papa Francesco nomina Simona Brambilla Prefetto del Dicastero per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica.
Il Santo Padre Francesco ha compiuto un passo storico con la nomina di Suor Simona Brambilla, M.C., a Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica. Questa nomina segna la prima volta che una donna ricopre questo importante incarico in Vaticano.
Simona Brambilla, 58 anni, è infermiera, psicologa e membro dell'associazione Suore Missionarie della Consolata. In precedenza è stata superiora generale della sua congregazione e ha svolto un ruolo di primo piano come evangelizzatrice ad gentes, con un'esperienza missionaria in Mozambico. È stata anche docente presso l'Istituto di Psicologia della Pontificia Università Gregoriana.
Nel suo precedente ruolo di Segretaria del Dicastero, Suora Brambilla ha dimostrato un grande impegno nella vita consacrata e apostolica, lavorando a stretto contatto con le comunità religiose di tutto il mondo. La sua nomina sottolinea la crescente importanza della leadership femminile all'interno della Chiesa.
Nello stesso comunicato stampa, Papa Francesco ha nominato Pro-Prefetto del Dicastero il Cardinale Ángel Fernández Artime, S.D.B. Come ex Rettore Maggiore dei Salesiani di Don Bosco, il Cardinale Artime porta con sé una grande esperienza di leadership pastorale e amministrativa al servizio della vita consacrata.
Fernández Artime è nato nel 1960 nelle Asturie, in Spagna. Ha emesso la prima professione nel 1978, i voti perpetui nel 1984 ed è stato ordinato sacerdote nel 1987. È laureato in Teologia pastorale, Filosofia e Pedagogia. Nei primi anni di servizio pastorale è stato Delegato di Pastorale Giovanile e direttore di una scuola a Ourense. Nel 2009 è diventato Superiore della Provincia Argentina Sud, con sede a Buenos Aires, dove ha lavorato a stretto contatto con l'allora cardinale Jorge Mario Bergoglio, oggi Papa Francesco.
Nel 2013 è stato nominato Superiore dell'Ispettoria Spagna Mediterraneo, ma nel 2014 è stato eletto Rettor Maggiore della Congregazione Salesiana e X Successore di Don Bosco. Nel 2020 è stato confermato per un secondo mandato come Rettor Maggiore per il periodo 2020-2026, ma recentemente il Papa gli ha chiesto di lasciare questo incarico per lavorare nella Curia vaticana, dove è stato appena nominato Pro-Prefetto del Dicastero per gli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.
Questa doppia nomina si allinea alla visione di Papa Francesco di promuovere uno spirito sinodale all'interno della Chiesa, con religiosi, religiose e laici che svolgono ruoli chiave nei Dicasteri.
Brambilla e il cardinale Fernández Artime affrontano la sfida di continuare a rafforzare il ruolo degli istituti di vita consacrata e delle società di vita apostolica come motori di evangelizzazione e testimonianza nel mondo.
Roma si sta preparando con un rigoroso schieramento di sicurezza per garantire il successo del Giubileo, un evento di enorme significato spirituale che attira milioni di pellegrini. Come per altri eventi su larga scala, come finali sportive o grandi concerti, le autorità italiane hanno progettato un piano speciale per proteggere i partecipanti e mantenere l'ordine in città.
Questo include misure aggiuntive nei punti strategici, controlli più severi e un coordinamento multi-agenzia per salvaguardare l'evento durante l'Anno Santo.
Ora potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
In occasione della festa dell'Epifania, Papa Francesco ci ha invitato a riflettere sulla stella di Betlemme come simbolo di speranza e guida spirituale.
In occasione della Solennità dell'Epifania, Papa Francesco ha tenuto un'omelia ricca di simbolismo e di speranza, invitandoci a riflettere sulla stella che ha condotto i Magi a Gesù. Si è soffermato su tre caratteristiche fondamentali di questa luce celeste: la sua luminosità, la sua visibilità universale e la sua capacità di segnare un percorso.
Il Papa ha sottolineato che la stella non simboleggia il potere terreno o i giochi di potere, ma l'amore che "illumina e dà calore bruciando e lasciandosi consumare". Per dirla con le sue parole: "L'unica luce che può indicarci tutta la strada della salvezza e della felicità è quella dell'amore". Questa riflessione ha messo in evidenza il sacrificio di Dio che si è fatto uomo per salvarci e come questo amore ci inviti a rifletterlo nella nostra vita quotidiana.
La stella è stata presentata come un modello per i fedeli, che devono anche essere luci nella vita degli altri. "Con il nostro amore possiamo portare Gesù alle persone che incontriamo", ha detto il Santo Padre. Questo non richiede grandi imprese, ma "far brillare il nostro cuore nella fede" attraverso gesti semplici ma autentici di umanità e tenerezza.
In un messaggio profondamente universale, Francesco ha sottolineato che la stella di Betlemme è visibile a chiunque alzi lo sguardo. "Dio non si rivela a circoli esclusivi o a pochi privilegiati, ma offre la sua compagnia e la sua guida a chi lo cerca con cuore sincero", ha spiegato.
Il Papa ha sottolineato che questa universalità deve essere un richiamo per superare le divisioni. Ha invitato i credenti a costruire una "cultura dell'accoglienza", eliminando la paura e il rifiuto. "Dio viene nel mondo per incontrare ogni uomo e donna, indipendentemente dall'etnia, dalla lingua o dal popolo", ha insistito, sottolineando la necessità di costruire ponti in un mondo sempre più polarizzato.
Infine, il Papa ha riflettuto sul fatto che la stella non solo illumina, ma indica una strada da seguire. Nel contesto del Giubileo della speranzaQuesto aspetto assume un significato particolare. "La luce della stella ci invita a un viaggio interiore", ha detto, sottolineando che questo percorso richiede umiltà e un impegno costante di conversione e amore.
Il pellegrinaggio spirituale non termina con l'incontro con Gesù, ma segna un nuovo inizio. Francesco ha esortato i fedeli a essere "luci che conducono a Lui", sottolineando che questo ruolo richiede una generosa dedizione e una costante umiltà.
In conclusione, l'omelia di Francesco per l'Epifania non è solo un invito a contemplare la stella di Betlemme, ma anche a emulare la sua luce. Essere una stella implica, nelle parole di Il Papaessere "generosi nel dare, aperti nell'accogliere e umili nel camminare insieme". La riflessione si conclude con un invito a rinnovare l'impegno di fede e la missione di condividere la luce dell'amore divino con tutti.
Questa omelia, carica di simbolismo, risuona nel contesto di un mondo che ha bisogno di luci capaci di guidare e unire in mezzo alle tenebre.
Jaume Vives e Manu Martino intendono scuotere le menti e i cuori di una società che sembra essersi adagiata nell'indifferenza. Con il loro lavoro, cercano di accendere una scintilla che ispiri la riflessione, l'impegno e l'azione in un mondo che ha bisogno di svegliarsi alle realtà più urgenti e profonde.
Jaume Vives e Manu Martino, creatori con esperienza in documentari d'impatto, presentano il loro nuovo progetto sui cristiani perseguitati: un'iniziativa che unisce social network e cinema per dare voce a chi vive la propria fede in mezzo alle avversità. Con una comunità online che esplora l'avventura, le informazioni e la bellezza di queste storie, cercano di generare impatto e riflessione prima di culminare in un potente documentario.
- Siamo Jaume Vives e Manu Martino. Jaume ha girato un documentario qualche anno fa (Guardiani della fede) sui cristiani perseguitati in Iraq al culmine dell'invasione dell'ISIS. Anni dopo è tornato a documentare ciò che era accaduto a quei cristiani che aveva incontrato anni prima e ha realizzato un secondo documentario: I pacificatori.
Manu è produttore esecutivo di Advenire Films, una società di produzione di pubblicità e documentari. È infatti uno dei produttori coinvolti nel documentario di Gratuitoil più visto del 2023, che è stato acquistato anche da Movistar Plus +.
- La questione dei cristiani perseguitati è cruciale perché essi rappresentano il modo più autentico di vivere il Vangelo: vivere e morire per Cristo nell'amore.
Nonostante abbiano perso tutto, educano i loro figli ad amare Dio e a trovare motivi per ringraziarlo e per perdonare i loro nemici. Vivono con gioia e pace autentiche, anche nella sofferenza estrema. Dimostrano che la fede è fiducia e richiede un abbandono totale, ma Dio dà il 101%.
Fin dai primi secoli del cristianesimo, la persecuzione dei cristiani ha sollevato profondi interrogativi anche in ambienti ostili o non credenti. Colpisce la dedizione gioiosa e pacifica dei martiri.
Il documentario si propone di raccontare le testimonianze di cristiani perseguitatiIl progetto mostra come la loro fede e il loro rapporto con Dio li sostenga in circostanze estreme e come valga la pena arrendersi per amore e fiducia.
L'idea di questo progetto è: primo, creare una comunità intorno alla realtà dei cristiani perseguitati; secondo, rafforzare la fede dei credenti facendo rivivere la comunione dei santi; terzo, offrire al mondo pagano una domanda profonda: cosa c'è nel cristianesimo che rende possibile questa resa?
Il messaggio è potente e necessario in una società in cui, di fronte ai problemi quotidiani, si perde la pace e la fiducia. I cristiani perseguitati sono un esempio vivente di amore, abbandono e speranza in Dio.
- No. In realtà, il documentario è l'ultimo passo di questo progetto. Creeremo una community sui social network (YouTube e Instagram) sullo stile dei grandi youtuber di viaggi e avventure: Lethal Crysis, Clavero, Okos... Le storie di questi cristiani perseguitati saranno raccontate sulla base di 3 pilastri della comunicazione: avventura, informazione e bellezza. Per farvi un favore, la gente va al cinema una volta. Qui si tratta di spaziare, di andare fino in fondo, di appassionare e coinvolgere le persone.
Vogliamo una comunità che sia un'appassionata di queste storie, un altoparlante e una forza di preghiera. Vogliamo che il corpo mistico di Cristo rivolga lo sguardo alle sue ferite.
Questa parte dei contenuti della RRSS durerà 3 anni. Nel terzo anno, verrà realizzato un documentario con ciò che è stato filmato per le sale cinematografiche e per la vendita sulle piattaforme.
- Soprattutto, i finanziamenti. Abbiamo già il supporto istituzionale (AIN) e tecnico (Advenire), dobbiamo solo mettere benzina nel motore. Stiamo anche lavorando con Methos Media (Nefarious, Kepler 6B, Buffalo Kids, Libres, L'urlo silenzioso) per incanalare l'incentivo fiscale e aprendo strade con la FONDAZIONE METHOS.
Emmanuel Enwenwen è un sacerdote della diocesi cattolica di Ikot Ekpene, in Nigeria. Negli ultimi anni ha seguito una formazione in Comunicazione istituzionale a Roma, grazie a una borsa di studio della Fondazione CARF.
Emmanuel Enwenwen è nato in Nigeria da una famiglia cattolica. All'età di 12 anni è entrato nel seminario minore e, anni dopoguidato da un ardente zelo di servire Dio e l'umanità", è entrato nel Seminario Maggiore. Dopo un decennio di formazione, è stato ordinato sacerdote il 7 luglio 2018.
-Crescere in una famiglia cattolica e in una comunità cattolica ha avuto un'influenza positiva sulla mia fede. Sono cresciuta vedendo i sacerdoti cattolici come agenti di speranza, grazie al ruolo che svolgevano nella nostra comunità. L'altruismo di questi sacerdoti che dedicavano la loro vita a servire i bisognosi e i malati è stato per me una grande fonte di ispirazione. Il desiderio di portare il messaggio di speranza alle persone nei loro momenti difficili è diventato uno zelo ardente che mi ha portato agli altari.
-La loro reazione è stata positiva. Mi hanno assicurato il loro sostegno e hanno promesso di non essere mai un ostacolo al mio progresso e alla mia missione. Ho goduto di questo sostegno fino ad oggi. Devo loro un'eterna gratitudine e prego per loro ogni giorno.
-La Chiesa cattolica in Nigeria è rimasta una madre concentrata sulla salvezza di tutti i suoi figli. Questo ha dato molti risultati positivi, come si vede dalla frequenza alle Messe.
Questo impegno di fede si vede anche nel numero di vocazioni al sacerdozio e alla vita religiosa. Qualche anno fa, eravamo beneficiari di missionari che venivano a evangelizzarci. Oggi molti nigeriani sono diventati missionari in diverse parti del mondo.
-La Chiesa cattolica in Nigeria deve affrontare molte sfide per adempiere alla sua missione spirituale e sociale. Uno dei problemi principali è l'insicurezza. C'è la violenza di gruppi di insorti, banditi e rapitori che attaccano il clero, i laici e persino i luoghi di culto, interrompendo le attività pastorali e diffondendo la paura. In effetti, in alcune zone del Paese, la Chiesa è diventata una facile via per il martirio.
-Il futuro della Chiesa cattolica in Nigeria ha un significato profondo, non solo per i fedeli, ma per l'anima stessa della nazione. Con una popolazione giovane e vivace, la Chiesa ha la capacità di rimodellare il paesaggio morale della nazione. Inoltre, con i molti giovani che frequentano i seminari e i conventi, c'è una grande speranza di continuità per il futuro.
-Studiare a Roma è la cosa migliore che possa capitare a un sacerdote cattolico. Oltre alle ricche possibilità accademiche, qui a Roma convergono storia e fede. Apprezzo molto il carattere multiculturale della Pontificia Università della Santa Croce, che mi ha esposto alle diverse culture del mondo. Per me si tratta di un lungo periodo di apprendimento, disimparare e reimparare.
-Il dono del sacerdozio è per me una delle più grandi benedizioni che ho ricevuto da Dio. Mi considero un servo indegno a cui è stato affidato il più grande privilegio di servire il popolo di Dio. Mi sento privilegiato nel celebrare ogni giorno la Santa Eucaristia e nell'essere portatore della Buona Novella di Cristo, che è un messaggio di speranza. Non sono solo felice di essere un sacerdote, ma sono soddisfatto e grato per il privilegio di esserlo.
-Sono uno studente di Comunicazione sociale istituzionale. Essere un professionista nel campo della comunicazione mi fornisce molti strumenti per il mio lavoro pastorale nel mondo di oggi che cambia. Una buona comunicazione contribuisce notevolmente al successo del lavoro missionario.
La mia formazione mi dà un occhio critico per leggere la realtà che mi circonda e per comunicare un messaggio che porti speranza alle persone affidate alle mie cure. Le conoscenze acquisite qui saranno trasmesse ad altri giovani che si preparano al sacerdozio in Nigeria.
Il pedagogista, consulente di istituzioni educative e insegnante Fernando Alberca, autore di una ventina di libri sull'educazione e la felicità, con più di quindici bestseller, presenta il suo libro "La magia del esfuerzo" il 30 gennaio a Madrid. Prima dell'arrivo dei Re Magi, fa richieste e risponde a Omnes su temi educativi.
Il sottotitolo del libro di Fernando Alberca (Cordoba, 1966) è "Le chiavi per dare al bambino l'impulso di cui ha bisogno". Ogni bambino si muove meglio e molto di più quando fa qualcosa di difficile, con cui può fare bella figura e provare soddisfazione. La vera sfida, sottolinea Fernando Alberca, sta nel trovare la forza di iniziare e di persistere.
L'aiuto che genitori ed educatori possono fornire è fondamentale per spronarli e insegnare loro a cercare e trovare la propria forza di volontà. La forza di volontà è uno dei doni più preziosi che si possano fare ai propri figli, dice. Ma è necessario "allenare la forza di volontà", incoraggia in questa intervista e nel libro, pubblicato da Almuzara.
L'esperto è direttore della società di consulenza educativa Fernando Alberca, specializzata in consulenza educativa, rendimento scolastico e talento, oltre che in relazioni personali e familiari. È sposato e ritiene che la moglie e gli otto figli siano "un dono divino".
Nel corso della conversazione con Omnes, Alberca affronta anche le questioni relative alla riflessione. La sua richiesta ai Re Magi per il 2025 è "di trattarci meglio. Come se fossimo tutti importanti. In altre parole, più libertà di espressione e tolleranza per chi è diverso, più serenità e meno conflitti". Potete vederla per intero alla fine dell'intervista.
- Ogni giorno di più, deve essere un problema della mia età, del fatto che sono più vecchio, più esperto o che i bugiardi e i poveri sono in aumento.
- Sono fatti di ferro, come dimostra la loro solidarietà di fronte a catastrofi come la DANA in Spagna, ma devono imparare a sostenere la barra di ferro che sono con un fulcro adeguato per muovere il loro mondo. È successo solo che non hanno imparato dalla generazione precedente ad esercitarsi con piacere e soddisfazione, ma piuttosto a fuggire dai loro ostacoli, ed è per questo che sembrano non avere forza, perché non hanno imparato a muscolarla: tranne quando sentono una scossa di emozione e allora i loro muscoli si tendono: come sempre accade con le emozioni umane.
- Lo sforzo è ciò che libera l'essere umano e rende possibile ciò che desidera e che prima dello sforzo sembrava impossibile. È ciò che rende protagonisti della propria vita, per vivere in modo più soddisfacente, perché maggiore è lo sforzo, maggiore è la soddisfazione. Rende possibile una vita felice, impossibile senza godere dello sforzo. La chiave è correggere l'obiettivo di una vita comoda, senza affrontare ostacoli e infelice, per una vita felice, nonostante gli ostacoli che si può imparare a superare con lo sforzo.
Ma è necessario, e il libro fornisce come farlo, non solo scoprire un concetto radicalmente nuovo di sforzo, ma anche allenare la forza di volontà indebolita, e propone quindi 15 esercizi di allenamento domestico per abituare la capacità di seguire la nostra volontà e 17 operazioni di fronte a qualsiasi sforzo concreto.
- Non risolvete i problemi domestici di facile soluzione che i vostri figli possono risolvere al posto vostro. Leggete questi 15 esercizi di formazione domestica e proponeteli ai vostri figli almeno una volta ogni tanto. E, soprattutto, assicuratevi che i vostri figli siano soddisfatti quando si impegnano. Senza dipendere poi da risultati esterni, che dipendono da qualcun altro e possono arrivare o meno, e non sono necessari, se cambiamo il concetto di sforzo: una necessità soprattutto per i padri e le madri (dedico la prima parte del libro ai genitori che liberano i loro figli e li rendono capaci di vivere e di vivere felici).
- La riduzione dello stress nella vita dei genitori e dei figli è una necessità che previene gravi malattie e disturbi mentali, e si può fare con l'educazione.
Il ragazzo che sconfisse streghe e draghi spiega come superare con risultati positivi le 24 avversità più frequenti nei bambini e negli adolescenti, dalle paure notturne, all'apatia o alla mancanza di entusiasmo e motivazione, alla solitudine o al non avere gli amici che si vorrebbero, e altre 21, con casi reali risolti.
Y Geniales spiega perché il genio dei bambini deve essere preservato, soprattutto a partire dagli 11 anni, perché quando sono piccoli tutti i bambini sono geniali e quando crescono molti smettono di esserlo. Propone come genitori e insegnanti possono farlo e sostiene che la maggior parte dei problemi degli adulti sarebbe risolta se agissimo come agiscono i bambini e gli adolescenti di fronte a questi stessi tipi di problemi e il libro fornisce esempi di ciascuno di essi, risolti dagli adolescenti uno e dai bambini altri: problemi emotivi, creativi o filosofici, tra gli altri.
- È vero, ma stiamo raggiungendo l'obiettivo più difficile: rendere possibile l'accesso all'istruzione per tutti, e non siamo riusciti a garantire che l'istruzione sia una vera istruzione. Vale a dire, un'istruzione che sia umana, che generi un apprendimento significativo e reale e che insegni a vivere meglio e a essere più felici.
Nelle scuole di oggi aumentano gli insuccessi scolastici e l'infelicità delle famiglie, degli studenti, degli insegnanti e persino delle autorità, semplicemente perché gli esseri umani intelligenti non possono adattarsi a un sistema così deteriorato e incentrato sull'infelicità. L'educazione sta progredendo, permettendo finalmente di essere più completa: non solo analitica, ma anche emotiva. Progredisce anche in quanto diventa più flessibile per rispondere alla vera diversità, quella di ogni individuo.
Bene: mi piace la legge, ciò che è scritto, non ciò che viene portato in classe. Perché questi magnifici progressi non serviranno a nulla se gli insegnanti non saranno formati in modo diverso, più completo, per essere effettivamente più umani, emotivamente e intellettualmente, e per fornire un servizio davvero migliore, personalizzato e completo a ciascuno dei ragazzi in ogni fase della loro vita.
- Chi non è un insegnante può ben immaginare il deterioramento delle capacità di comprensione della lettura degli alunni, a cui è stato fatto sentire questo divario con due mezzi: il bilinguismo nelle materie pensanti come le scienze sociali e naturali e un metodo appropriato di apprendimento della lettura (iniziare con l'alfabeto e le sillabe fa sì che i lettori non imparino a leggere bene come devono in futuro - questo era già stato sostenuto negli anni '60).
Nessuno sembra rendersi conto del massiccio aumento della dislessia causato dalla cultura digitale e dalle conseguenze del covide. Due fatti che, per quanto riguarda l'alfabetizzazione, richiedono cambiamenti straordinari nelle scuole dall'infanzia in poi, ma anche nelle università.
- Il mio amico Gregorio Luri di solito ha ragione, e ha ragione anche questa volta. Onestamente, da 30 anni confermo che non riesco a trovare alcuna ragione pedagogica che giustifichi la ripetizione di un anno scolastico. Nessuna. Sfido persino i miei studenti di formazione per insegnanti a trovarne una in cambio di una "A", ma non riusciamo a fare nemmeno questo. È una trappola anacronistica. Con la legge attuale è ancora più assurda, meno educativa, più dannosa.
Cambiamo le regole del gioco nel bel mezzo della partita: diciamo loro che raggruppiamo gli scolari per età (i bambini di 6 anni vanno alla Primaria 1 indipendentemente dalle loro capacità intellettive, dalla loro maturità e dai loro stimoli, solo per anno di nascita), ma nel bel mezzo della partita non importa più che età hanno e che perdono i coetanei (con tutto ciò che questo comporta), perché dicono che l'importante è che non abbiano acquisito certi obiettivi che, invece, se possono acquisirli ripetendo, possono acquisirli anche l'anno successivo: è tutta una questione di adattamento scolastico, se necessario, come prevede la legge e come sappiamo noi insegnanti.
- Ho dei dubbi sul fatto che si tratti di una questione politica, ideologica o di entrambe, ma non sta a me giudicare. Se conosco qualcosa, è solo la pedagogia e l'educazione, e in Spagna e in altri Paesi il finanziamento delle scuole private e private non sembra essere una questione pedagogica. Gli insegnanti delle scuole private, statali e private di carta sono stati formati nelle stesse facoltà e le tasse degli stessi genitori finanziano la scuola pubblica e il budget che le autorità educative hanno a disposizione per svolgere il loro necessario lavoro.
Do per scontato che più libertà c'è, meglio ogni bambino potrà adattarsi al proprio modello. Sono stato direttore di due scuole sovvenzionate, tra l'altro, e l'amministrazione di queste due comunità (Aragona e Asturie nel mio caso), pur con buone intenzioni, non ha mai finanziato a sufficienza affinché le famiglie non dovessero fare uno sforzo maggiore, aggiunto alle loro tasse, anche se entrambe le comunità hanno beneficiato dei risultati (non dovendo sostenere il costo dell'istruzione di migliaia di scolari e attraverso i risultati sociali e di talento di una popolazione più istruita, non solo quella che si inserisce nel sistema scolastico pubblico).
Se solo fosse possibile per ogni famiglia mandare a scuola ciascuno dei propri figli o adolescenti nel luogo che ritiene migliore per la propria famiglia, in base alle caratteristiche di ciascuno di loro e del loro ambiente. Dopo tutto, sono loro che li conoscono meglio.
- Trattarci meglio l'un l'altro. Come se fossimo tutti importanti. In altre parole, più libertà di espressione e tolleranza verso chi è diverso, più serenità e meno conflitti, più trattamento personale dell'altro, più comprensione ed empatia: più umanità e principi inviolabili di rispetto per gli altri.
Joseph Ratzinger ha mostrato fin da bambino la profondità della sua fede e il suo legame con le tradizioni cristiane. Ne è un'accattivante testimonianza la lettera che scrisse da bambino, all'età di sette anni, indirizzata a Gesù Bambino, al quale è consuetudine rivolgersi per chiedere i doni natalizi che altrove vengono richiesti ai Re Magi. Questo gesto, pieno di tenerezza e spiritualità, riflette quanto intensamente il futuro Papa vivesse le usanze natalizie della sua nativa Baviera.
Nella lettera, il piccolo Giuseppe chiedeva tre doni specifici: un messale, un ornamento liturgico per l'altare e una figura del Sacro Cuore di Gesù. Queste richieste mostravano non solo le sue aspirazioni, ma anche la sua precoce inclinazione al sacerdozio e il suo amore per la liturgia. Come se prefigurasse la sua vocazione, la lettera mostra che il suo sguardo era già fisso sul trascendente.
Nel 2012, durante i lavori di restauro della casa di famiglia di Joseph Ratzinger A Pentling, in Baviera, è stata scoperta una lettera che il piccolo Giuseppe scrisse nel 1934, all'età di 7 anni, indirizzata a Gesù Bambino. Conservata dalla sorella Maria, riflette i profondi valori religiosi inculcati nella sua casa.
La lettera originale, accuratamente conservata, è notevole non solo per il contenuto delle petizioni, ma anche per il linguaggio semplice e rispettoso usato dal bambino. "Caro Gesù Bambino" esordì Giuseppe, con un tono che irradiava umiltà e fiducia.
Questo estratto dell'infanzia di Ratzinger non è solo toccante, ma invita a riflettere su come le esperienze e le tradizioni vissute fin dalla più tenera età possano plasmare una vita dedicata alla fede. Nel suo lavoro successivo come Papa, Benedetto XVI è stato un instancabile sostenitore delle radici cristiane e della trasmissione dei valori attraverso la famiglia, cosa che lui stesso ha vissuto intensamente.
La lettera del giovane Ratzinger non è una semplice curiosità storica, ma lo specchio del cuore di un bambino che, guidato dalla fede, è arrivato a guidare la Chiesa cattolica e a segnare con il suo pensiero la teologia contemporanea.
Da quando sono stati istituiti da Papa Bonifacio VIII, i Giubilei nella Chiesa cattolica sono anni di grazia, perdono e rinnovamento spirituale. Ogni Giubileo si rivolge, in un modo o nell'altro, alla misericordia di Dio e favorisce la riconciliazione personale e comunitaria.
Da quando Papa Francesco ha annunciato il Giubileo per l'Anno Santo del 2025, ci sono state diverse interpretazioni. C'è chi dice che questo Giubileo ha un "sapore di addio", forse perché l'intenso programma di eventi e interventi che Papa Francesco ha previsto per tutte le settimane dell'anno giubilare richiede un uomo giovane, forte e in salute. Si può anche interpretare al contrario: dopo la chiusura del Sinodo dei Sinodi, il Santo Padre ha voluto invitare l'intera umanità a venire a Roma per vivere un intenso tempo di conversione e ricevere le grazie del Sinodo.
Il motto scelto da Papa Francesco per questo Anno giubilare della Chiesa universale, dal 24 dicembre 2024 al 6 gennaio 2026, è caratterizzato dall'espressione latina e paolina "Pellegrini in spem".
Cominciamo col ricordare che il primo anno giubilare della Chiesa universale è stato indetto nel 1300 e che da allora sono stati celebrati molti giubilei universali, con tutto ciò che questo comporta in termini di abbondanza della grazia di Dio riversata sul popolo cristiano.
I manifesti che da mesi riempiono le strade di Roma, e l'attesa di oltre 45 milioni di pellegrini a Roma per questa occasione, ricordano i grandi Giubilei di altri tempi: quei grandi momenti di grazia e di conversione che hanno segnato la vita della Chiesa e di milioni di fedeli di tutti i tempi.
Le origini del Giubileo romano risalgono al 1208 quando il Santo Padre Innocenzo IIIuno dei più importanti canonisti della cristianità, stabilì la processione dell'immagine della Veronica dalla basilica principale di San Pietro allo Spirito Santo la domenica successiva all'ottava dell'Epifania.
Ricordiamo che il XIII secolo è il secolo delle università. Un'epoca in cui furono fondate le prime corporazioni di studenti e insegnanti per studiare la rivelazione cristiana e le altre scienze. Un'epoca in cui fede e ragione erano in armonia per lo studio della teologia e delle scienze sacre e profane. È anche l'epoca della moltiplicazione delle devozioni popolari, che avvicinavano le persone alla santissima umanità di Gesù Cristo e aprivano i tesori della grazia per condurre i cristiani all'identificazione con Cristo e a percorrere le vie della salvezza.
Proprio in occasione del Giubileo di quest'anno, il Santo Padre ci incoraggia a sperare nella santità, poiché essa nasce dall'innamoramento del cristiano per Gesù Cristo e dal desiderio di identificarsi con lui e dal rapporto speciale di Dio con l'uomo, per il quale Gesù Cristo si è incarnato, è morto sulla croce ed è rimasto risorto nei nostri tabernacoli.
L'immagine della Veronica ricordava l'importanza della redenzione del genere umano (o colpa felice!) e, allo stesso tempo, l'anno giubilare con il quale un'anima, dopo aver soddisfatto le condizioni richieste: confessarsi, recitare un Credo davanti alla tomba di San Pietro, ottiene la remissione della pena dovuta per i suoi peccati e un desiderio di fedeltà a Cristo e alla sua dottrina salvifica.
Il 22 febbraio 1300, festa della Cattedra di San Pietro, nel sesto anno di pontificato, Bonifacio VIII promulgò la Bolla "...".Antiquorum habet fidem". che prevedeva che ogni 100 anni venisse celebrato un giubileo universale, durante il quale i fedeli avrebbero "poenitentibus et confessis". A loro sarebbe stata concessa la grazia dell'indulgenza, con la quale sarebbero state perdonate le colpe dovute ai peccati e le pene connesse alla colpa.
Immediatamente furono stabilite le condizioni richieste: trenta visite di pellegrinaggio alle basiliche di San Pietro e San Paolo (quindici visite per gli stranieri). La Bolla aggiungeva inoltre: "in virtù della pienezza della nostra Autorità Apostolica, concediamo l'intera e pienissima remissione dei loro peccati a tutti coloro che, veramente pentiti e confessati, visiteranno queste basiliche durante quest'anno 1300, iniziato il giorno di Natale di Nostro Signore Gesù Cristo, e così pure ogni centesimo anno successivo, dichiarando che coloro che vorranno ottenere questa indulgenza, dovranno visitare queste basiliche per trenta giorni, in successione o interrotti, almeno una volta al giorno; e se fossero pellegrini o stranieri, le visitino allo stesso modo per quindici giorni".
È interessante notare che gli anni santi hanno contribuito all'unità del popolo cristiano con Roma e ad aumentare la devozione e l'amore per il Romano Pontefice nella cristianità e a pregare per la sua persona e le sue intenzioni.
Dal primo anno giubilare della storia della Chiesa cattolica, il numero di pellegrini è in costante aumento. Dai 30.000 pellegrini al giorno che varcavano la Porta Santa in quel primo Giubileo, alle cifre attuali per il Giubileo del 2025: circa 45 milioni di pellegrini.
Per quanto riguarda la periodicità, come abbiamo visto, i Giubilei furono annunciati, all'inizio, con una cadenza di 100 anni. Non passò molto tempo prima che questo periodo fosse ridotto a 50 anni al tempo di Clemente VI (1342). Urbano VI stabilì un anno giubilare ogni 33 anni (1389) e, infine, rimase a 25 anni, come è rimasto fino ad oggi, anche se sono stati aggiunti altri Giubilei speciali, come il Giubileo della Redenzione del 1983 di San Giovanni Paolo II.
Non possiamo concludere queste brevi righe senza ricordare che gli anni giubilari sono un evento di conversione personale, vissuto anche nelle Chiese particolari, per cui nelle diocesi vengono aperti centri giubilari affinché chi non può recarsi a Roma possa ottenere l'indulgenza attraverso la preghiera e la penitenza in unione con il Santo Padre.
Il 4 gennaio la Chiesa celebra Elizabeth Ann Seton, una protestante sposata con cinque figli, che si convertì al cattolicesimo e, dopo essere rimasta vedova, fondò le Suore della Carità di San Giuseppe. Canonizzata nel 1975, è stata la prima persona di origine americana a essere dichiarata santa. È anche la festa di Sant'Angela da Foligno, suora francescana.
Esattamente un anno fa, Omnes ha pubblicato un breve profilo del primo santo nato in America, Elisabeth Ann Setonin cui vengono raccontate le vicissitudini della prospera famiglia Charlton, da cui Elisabeth nacque nel 1774. Imparò presto che i beni materiali non riempiono il cuore.
Questa famiglia episcopale subì un duro colpo nel 1777: la madre morì di parto, seguita poco dopo dalla morte di uno dei membri più giovani della famiglia. Il padre della ragazza si risposò, ma il matrimonio si ruppe. Il padre partì per l'Inghilterra e la matrigna rifiutò di accogliere Elizabeth. Insieme alla sorella, la ragazza andò a vivere con lo zio e durante questo periodo tenne un diario delle sue preoccupazioni spirituali.
All'età di diciannove anni si sposò ed ebbe cinque figli, ma il marito andò in bancarotta e decisero di recarsi in Italia, dove morì. Rimase vedova prima dei trent'anni e con cinque figli, Elisabetta Cercò aiuto dal compagno del marito e della moglie e divenne cattolica. Tornata a New York, chiese il Battesimo e presto fondò la comunità delle Suore della Carità di San Giuseppe, per l'educazione delle ragazze povere, e divenne nota come Madre Seton. Morì nel 1821.
La presentazione del suo ultimo libro e l'attacco terroristico a New Orleans sono il motivo di una conversazione di Omnes con Fernando de Haro, direttore de "La Mañana del Fin de Semana" su Cope, che compete con "grandi star della radio". Il suo libro si intitola "La foto de las siete menos cinco". Potrebbe essere un romanzo di Agatha Christie, ma non lo è.
"Buongiorno ai mattinieri del fine settimana, buongiorno alle persone-persone, in questa domenica, 8 dicembre, in cui faremo molto freddo. Attenzione agli avvisi di pioggia, acqua e neve".
"Dalle 6 di questa mattina vi stiamo dando la notizia della caduta del regime di Bashar al-Assad in Siria. Bashar al-Assad non è più presidente". Così iniziava il suo programma l'8 dicembre Mattina del fine settimana sul canale Cope, Fernando de Haro, giornalista esperto, che può essere ascoltato nei fine settimana dalle 6 alle 8.30 del mattino.
Come potete vedere, in due ore e mezza si può parlare di molte cose. La giornata è iniziata con la Siria. De Haro è stato ed è anche un reporter internazionale, con diversi libri e documentari. Ha scritto anche saggi, interviste, una biografia di Luigi Giussani (El ímpetu de una vida), ed è l'editore di paginasdigital.es
Ora ha appena pubblicato "La foto dalle cinque alle sette", curato da RinascimentoAbbiamo parlato del libro e di alcune questioni attuali. Tra questi, il L'Islam, Terra Santa, Nigeria e il fondamentalismo islamico, il Libano o il buon giornalismo.
- Il titolo corrisponde al periodo 2018-2024 in cui ho lavorato a "La Tarde" di Cope. In quel periodo è stata trasmessa questa mini-sezione. Ora è tornata all'immagine delle 8.25 perché sono tornato al mio programma originale: "La Mañana del Fin de Semana".
- Mikel Azurmendi era un fan del mio commento/descrizione di una foto per chiudere il programma. In realtà, quei commenti sono stati l'occasione per l'inizio di un rapporto prezioso. Mikel è stato un grande amico negli ultimi anni della sua vita, lo è ancora e il rapporto continua anche ora che è morto. Ci siamo accompagnati sulla strada della vita, con le nostre domande e le nostre ricerche, con le certezze che stavamo acquisendo. Ci siamo accompagnati nell'analisi politica, sociale e storica, ma soprattutto nell'amore e nella fede.
- Quando ho iniziato a condurre il programma, 14 anni fa, tutti pensavamo che questo momento radiofonico fosse un momento secondario del programma. Ma poi ci siamo resi conto che c'erano molti "mattinieri del fine settimana". Molti di più che in altri programmi radiofonici più tradizionali e più conosciuti. In effetti, in questa stagione mi trovo a competere in alcune sezioni con grandi star della radio. Non ci sono dati EGM sui minuti di trasmissione. Ma ci sono molte persone che mi dicono di apprezzare questa chiusura.
- Un'istantanea fissa il presente. È ciò a cui tutti aspiriamo. Aspiriamo a che il presente non scompaia e non diventi un semplice ricordo. Il passato ha valore solo se rimane presente. Una fotografia è una profezia, solo una profezia, e quindi incompleta, aperta, di quel passato che è sempre presente. In realtà il presente, questo istante in cui mi state leggendo, è l'unica cosa solida. E il passato non è nulla se non è adesso. Questa è la differenza tra tradizione e tradizionalismo. C'è troppo tradizionalismo.
- È vero che il soggetto è molto vario. Ma anche le fotografie sui giornali o sui siti web di notizie da cui le prendo sono molto varie. La realtà è complessa, ricca, è fatta di bambini che piangono e ridono, di senzatetto, di devastazione, di speranze desiderate, di gesti sorprendenti e quotidiani... Il filo conduttore è lo sguardo di chi scrive e di chi ascolta, che vede attraverso ciò che sente.
- Fortunatamente, negli ultimi dieci anni ho potuto viaggiare in molti angoli del mondo per girare documentari. Mi sembra che per fare del buon giornalismo si debba essere nel luogo in cui le cose accadono, che si tratti di un villaggio nel nord della Nigeria o di una strada di Algeciras dove si svolge un'operazione contro il traffico di droga.
Mi piace essere sul posto per poter capire e poter raccontare. Quello che voglio è capire e per questo ho bisogno di lasciarmi toccare, commuovere, arrabbiarmi, avere paura, provare soddisfazione, gioia, guardare le persone negli occhi...
- Mi sembra che capire l'Islam sia decisivo, è una religione emergente con un peso crescente in Europa. L'Islam deve essere distinto dall'islamismo e dal jihadismo. In Iraq e in Siria ho visto graffiti di Daesh scritti in tedesco e in altre lingue europee di giovani del mondo occidentale che sono andati a combattere con il "Califfato". Il caso dei copti, i cristiani d'Egitto, è diverso. È il caso di una minoranza importante. Non tutto quello che fanno i cristiani egiziani è intelligente. Ma hanno imparato dopo secoli che il sogno di egemonia può distruggerli.
- Io e voi possiamo perdere la nostra casa, la nostra terra, in qualsiasi momento. Viviamo nell'ingenuità che le cose brutte accadono agli altri. La compassione, la sofferenza per gli altri, non è un sentimento, è un modo di usare la ragione che ci rende umani. Il primo impulso di ogni persona è quello di fare del bisogno degli altri il proprio bisogno. Questo primo impulso non deve essere censurato.
- Il cristianesimo in Terra Santa è essenziale per comprendere la natura del cristianesimo. Il cristianesimo, come hanno sottolineato gli ultimi due Papi, non è solo una dottrina o un'etica. Il cristianesimo è un evento che è accaduto nella storia, in un luogo e in un tempo particolari. Se non continua ad accadere, diventa un sistema di idee. Il cristianesimo in Terra Santa ci ricorda questa natura di evento.
Nel 2025 il Vaticano sarà segnato dal Giubileo, con un aumento degli incontri di Papa Francesco con i fedeli. Oltre alle catechesi pubbliche del mercoledì, si aggiungerà anche il sabato. Tra i momenti salienti, il 27 aprile ci sarà la canonizzazione del Beato Carlo Acutis, un giovane italiano morto a 15 anni nel 2006.
Francesco ha in programma anche un viaggio a Nicea, in Turchia, per un incontro ecumenico in occasione del 1700° anniversario del Concilio di Nicea. Altri possibili viaggi sono oggetto di speculazione, ma dipenderanno dal suo stato di salute, poiché, sebbene sia ancora attivo, la sua mobilità si è ridotta ed è sempre più costretto sulla sedia a rotelle.
Ora potete usufruire di uno sconto di 20% sull'abbonamento a Rapporti di Roma Premiuml'agenzia di stampa internazionale specializzata nelle attività del Papa e del Vaticano.
Papa Francesco sottolinea a gennaio l'urgenza di garantire l'istruzione a milioni di bambini esclusi da guerre, povertà e migrazioni, denunciando una "catastrofe educativa" globale.
Nella sua intenzione di preghiera per il mese di gennaio, Papa Francesco sottolinea l'importanza di garantire il diritto all'istruzione per i bambini e i giovani colpiti da migrazioni, conflitti armati e povertà. In un videomessaggio diffuso dalla sua Rete Globale di Preghiera, il Pontefice avverte di una grave "catastrofe educativa" che tiene fuori dalla scuola circa 250 milioni di bambini in tutto il mondo.
La Chiesa celebra il 3 gennaio il Santissimo Nome di Gesù, annunciato dall'Angelo a San Giuseppe e imposto al Bambino al momento della circoncisione. Invocato fin dagli inizi della Chiesa, IHS (Iesus Hominum Salvator, Gesù Salvatore degli uomini), divenne poi l'emblema della Compagnia di Gesù. Oggi si commemora anche Santa Genevieve di Parigi.
San Bernardino da Siena, Francescano del XIV e XV secolo, e i suoi discepoli furono gli apostoli che diffusero questo culto in Italia e in Europa. Nel 1530 Clemente VII concesse all'Ordine Francescano la celebrazione dell'Ufficio del Santissimo Nome di Gesù. Innocenzo XIII, nel XVIII secolo, estese la festa alla Chiesa universale.
In seguito, l'IHS diventerà il simbolo dell'Unione Europea. Compagnia di Gesùfondata da Sant'Ignazio di Loyola. Una prospettiva greca, latina ed ebraica convergono in un unico simbolo. La croce della "H", ora anche in maiuscolo, collega sempre il nome e la croce, e i tre chiodi spesso raffigurati in basso richiamano la passione di Cristo, ma anche i tre voti religiosi di povertà, castità e obbedienza, ha spiegato P. Jean-Paul Hernandez S.J.
Santa Geneviève (Nanterre, 420), vergine, è patrona di Parigi. Ella protesse i parigini e li esortò a difendere la città dagli attacchi di Attila e degli Unni, che alla fine li superarono, e poi li aiutò nella lotta contro la carestia.
Hannah Arendt, ebrea, si interessò alla figura di Gesù e al cristianesimo. Sebbene non abbia mai professato una fede esplicita, la sua opera e i suoi scritti personali rivelano una costante ricerca spirituale e un profondo dialogo con le questioni religiose.
La prima biografia di Hannah Arendt pubblicata originariamente in spagnolo è quella di Teresa Gutiérrez de Cabiedes ("...").L'incantesimo della comprensione. La vita e l'opera di Hanna Arendt"Encuentro", 2009) e proviene dalla tesi di dottorato del filosofo spagnolo Alejandro Llano. Vale davvero la pena di leggerlo.
In esso ci addentriamo nell'affascinante vita di questo pensatore ebreo tedesco (1906-1975) che ha vissuto in prima persona le più accese vicissitudini storiche del XX secolo: la persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti, la seconda guerra mondiale, la fuga in Francia e la partecipazione ai movimenti sionisti, l'emigrazione negli Stati Uniti, il coinvolgimento in decisive controversie intellettuali nel corso dei decenni, l'intensa vita universitaria, il giornalismo impegnato ad alto rischio, la critica coraggiosa dei gravi errori politici che si verificarono nella sua patria d'adozione, la costante riflessione filosofica nel dialogo personale - carico di emozioni - con pensatori del calibro di Martin Heidegger e Karl Jaspers...
Dopo decenni di abbandono, negli ultimi anni l'interesse per Hannah Arendt è esploso e le pubblicazioni su di lei si sono moltiplicate. Molte delle sue opere e intuizioni sono sorprendentemente attuali nell'illuminare alcune delle principali questioni odierne.
Dalla sua prima tesi di dottorato sull'amore in Sant'Agostino, passando per le sue celebri opere "Le origini del totalitarismo" (in cui spiega come i regimi totalitari si impadroniscano delle visioni del mondo e delle ideologie e possano trasformarle, attraverso il terrore, in nuove forme di Stato), "La condizione umana" (come vanno intese le attività umane - lavoro, lavoro e azione - nel corso della storia occidentale), "Sulla rivoluzione" (in cui confronta le rivoluzioni francese, americana e russa), "Verità e politica" (sulla questione se sia sempre giusto dire la verità e sulle conseguenze della menzogna in politica) e "Eichmann a Gerusalemme" (con il suo discorso coraggioso e politicamente scorretto sulla banalità del male e su altre questioni).
Un tema finora poco frequentato nella letteratura sulla Arendt è la sua possibile apertura alla trascendenza. Il poco che si può trovare nelle sue opere pubblicate è compensato dalla molteplicità e dalla rilevanza delle allusioni a Dio e alla religione che si possono trovare negli scritti personali come i suoi diari, le confidenze ai suoi intimi, i funerali di suo marito Heinrich Blücher, ecc. Queste allusioni vanno al di là del punto di vista autoreferenziale di una pensatrice presumibilmente agnostica ed estranea al cristianesimo.
Il certificato di nascita di Hannah Arendt riporta espressamente, tra i dati di parentela, luogo e data di nascita, che era figlia di genitori di "fede ebraica". I suoi genitori avevano avuto uno stretto rapporto con il rabbino di Königsberg, con il quale condividevano anche l'appartenenza alle idee socialdemocratiche. L'istruzione religiosa della Arendt si riduce a lezioni individuali da parte di questo rabbino e, nell'esilio parigino, a uno studio succinto della lingua ebraica.
Negli anni difficili della malattia del padre, la madre scrisse nel suo diario di bambina che Hannah "pregava per lui la mattina e la sera, senza che nessuno le avesse insegnato a farlo". Anche quando Blücher morì, la moglie volle recitare un Kaddish, la tradizionale preghiera funebre ebraica, in questo caso iniziata al funerale di un non ebreo.
In un articolo sulla religione e gli intellettuali Arendt scriveva: "Come in tutte le discussioni sulla religione, il problema è che non si può davvero sfuggire alla questione della verità, e che quindi l'intera questione non può essere trattata come se Dio fosse stato l'idea di un certo pragmatico particolarmente intelligente che sapeva a cosa serviva l'idea e contro cosa serviva. Semplicemente non è così: o Dio esiste e la gente crede in Lui - e questo è allora un fatto più importante di tutta la cultura e di tutta la letteratura - o non esiste e la gente non crede in Lui - e non c'è nessuna immaginazione letteraria o di altro tipo che, per amore della cultura e degli intellettuali, possa cambiare questa situazione".
In un'altra occasione aveva anche scritto con amarezza, notando il legame tra religione ed ebraismo: "La grandezza di questo popolo consisteva un tempo nel fatto che credeva in Dio e credeva in Lui in modo tale che la sua fiducia e il suo amore per Lui erano più grandi della sua paura. E ora questo popolo crede solo in se stesso? Che profitto ci si può aspettare da questo? Ebbene, in questo senso non amo gli ebrei né credo in loro; sono semplicemente parte di loro come qualcosa di evidente, che è fuori discussione".
Questo "qualcosa di evidente" riguardava l'eredità culturale ebraica, che a volte era capace di sposare un Dio trascendente con un approccio immanente, cosa che gli avrebbe causato non pochi grattacapi. In uno scritto intitolato "Noi rifugiati" scriverà: "Cresciuti con la convinzione che la vita è il bene supremo e la morte la più grande afflizione, siamo diventati testimoni e vittime di terrori più grandi della morte, senza aver potuto scoprire un ideale più alto della vita.
Questa donna ebrea conobbe perfettamente non solo l'Antico Testamento della Bibbia ebraica, ma anche il Gesù dei Vangeli. Citava spesso parole del profeta ebreo, rappresentava nei suoi scritti scene della sua vita e gesti del suo linguaggio, studiava le novità della sua dottrina. Non fece mai una proposta concreta di fede in Gesù di Nazareth, come invece fecero il suo maestro Jaspers e suo marito Blücher. La sua eredità ebraica, lo studio delle Scritture, la familiarità con l'opera di Sant'Agostino, le lezioni di Bultmann, Guardini e Heidegger, la portarono a confrontarsi con il cristianesimo.
L'autore de "La condizione umana" affermerebbe: "Indubbiamente l'enfasi cristiana sulla sacralità della vita è parte integrante dell'eredità ebraica, che era già in netto contrasto con le attività dell'antichità: il disprezzo pagano per le sofferenze che la vita impone agli esseri umani nel travaglio e nel parto, l'immagine invidiata della vita facile degli dei, l'usanza di abbandonare i figli indesiderati, la convinzione che la vita senza salute non valga la pena di essere vissuta (per cui, ad esempio, l'atteggiamento del medico che prolunga una vita la cui salute non può essere ripristinata è considerato sbagliato) e che il suicidio sia un gesto nobile per sfuggire a un'esistenza divenuta pesante".
In un articolo di opinione ha scritto: "Il fatto che Gesù di Nazareth, che il cristianesimo considera un salvatore, fosse un ebreo può essere per noi, come per il popolo cristiano, un simbolo della nostra appartenenza alla cultura greco-giudaica-cristiana".
In un ritratto di Papa Giovanni XXIII, disse: "A dire il vero, la Chiesa predica l'Imitatio Christi da quasi duemila anni, e nessuno può dire quanti parroci e monaci ci sono stati che, vivendo nell'oscurità dei secoli, hanno detto come il giovane Roncalli: Questo è il mio modello: Gesù Cristo, sapendo perfettamente, già all'età di diciotto anni, che assomigliare al buon Gesù significava essere trattati come pazzi... Intere generazioni di intellettuali moderni, nella misura in cui non erano atei - cioè sciocchi, che pretendevano di sapere ciò che nessun essere umano può sapere - hanno imparato da Kierkegaard, Dostoevskij, Nietzsche e dai loro innumerevoli seguaci, a trovare interessanti la religione e le questioni teologiche. Senza dubbio troveranno difficile capire un uomo che da giovanissimo fece voto di fedeltà non solo alla povertà materiale, ma anche a quella spirituale... La sua promessa era per lui un chiaro segno della sua vocazione: "Sono della stessa famiglia di Cristo, cosa posso volere di più?
E in una lettera al marito del 18 maggio 1952, dopo aver ascoltato il Messiah di Handel eseguito dall'Orchestra di Musica di Roma. Orchestra Filarmonica di MonacoL'Alleluia può essere compreso solo dal testo: È nato per noi un bambino. La profonda verità di questo racconto della leggenda su Cristo: ogni inizio rimane intatto; per l'inizio, per la salvezza, Dio ha creato l'uomo nel mondo. Ogni nuova nascita è come una garanzia della salvezza del mondo, come una promessa di redenzione per coloro che non sono più un inizio.
Molti anni dopo, la Arendt scriverà in un altro dei suoi quaderni: "Sulla religione rivelata: ci viene presentato il Dio che si rivela e si rende visibile, perché non possiamo rappresentarci ciò che non si manifesta come presenza, descrivendosi. Se Dio deve essere un Dio vivente, così crediamo, deve necessariamente rivelarsi". E ha aggiunto la seguente poesia:
"La voce di Dio non
ci salva dall'abbondanza,
Parla solo ai miserabili,
l'ansioso, l'impaziente,
O Dio, non dimenticarci".
Il Concilio di Nicea ha riaffermato la consustanzialità di Gesù con il Padre, respingendo l'eresia ariana e definendo il dogma trinitario con il termine chiave homoousios. L'importanza di questo concilio risiede nel suo contributo allo sviluppo teologico, sostenendo che solo Dio poteva redimere l'uomo.
Ci stiamo avvicinando alla celebrazione millenaria del famoso Concilio di Nicea (325), dove la Chiesa primitiva superò la sua prima seria prova di maturità nell'affrontare una delle questioni più importanti della Rivelazione cristiana: il mistero della vita intima di Dio, rivelato, in parte, con il mistero della Santa Trinità.
Non erano passati molti anni dalla morte di Origene (254), il grande Padre della Chiesa d'Oriente, quando Ario (260-336), giovane e dinamico sacerdote alessandrino, cantautore e poeta, iniziò a proclamare la sua particolare comprensione del mistero della Santissima Trinità. Questo sacerdote, polemista e profondo conoscitore delle Scritture, voleva una spiegazione del mistero della Trinità che fosse più comprensibile a tutti, perché desiderava avvicinare la dottrina salvifica a tutto il popolo cristiano.
All'inizio Arius sembrava seguire l'insegnamento di Origene quando parlava di tre persone e di un'unica natura divina. Ma cominciò a sottolineare il primato di Dio Padre, tanto che finì per affermare che egli era di fatto l'unico Dio, e che sia Gesù Cristo che lo Spirito Santo non erano realmente Dio.
Nelle sue parole, Gesù Cristo sarebbe stato un meraviglioso dono del Padre al mondo e alla Chiesa, perfettissimo, pieno di doni, virtù e bellezza, tanto da meritare di essere Dio, anche se in realtà sarebbe stato quasi Dio.
I libri, i versi e i canti con cui sviluppò la sua particolare visione si diffusero nei mercati, nelle piazze e nelle città. Si diffuse a tal punto che, come ricordava San Basilio, "Il mondo si è svegliato Ariano".. È stato un momento drammatico nella storia della Chiesa, quando sembrava che la vera fede potesse andare perduta. Una svolta dalla quale, ancora una volta, la Chiesa fu salvata dall'intervento dello Spirito Santo.
San Basilio stesso ha espresso la gravità della situazione in uno dei suoi sermoni sullo Spirito Santo. Usò come immagine vivida quella di una battaglia navale, in cui la verità della Chiesa era rappresentata come una piccola barca circondata da grandi navi in un mare in tempesta.
La soluzione al problema è arrivata grazie all'illuminazione dello Spirito Santo nel popolo cristiano e nelle sue teste teologiche, quando si è ricordato che Cristo vive e governa la nave della sua Chiesa. La rivelazione, la Parola di Dio, come la Lettera agli Ebrei è "Vivo ed efficace come una spada a doppio taglio che penetra fino alle giunture dell'anima." (Ebrei 4, 12).
Cristo vive nella storia e nella Chiesa. Non stiamo parlando di un dogma cristallizzato, ma di una persona viva, il secondo della Santa Trinità, che ci appare nella Scrittura e nella Tradizione come vero Dio e vero uomo. In particolare, a Nicea ci appare come consustanziale al Padre: "La predicazione di Gesù, la predicazione dei primi discepoli, la sua parola viva, hanno originariamente seminato la fede nei cuori molto prima che esistesse una letteratura cristiana". (Karl AdamIl Cristo della nostra fede).
La prima chiave di lettura di questa celebrazione del Concilio di Nicea è che stiamo parlando di Cristo vivente e con Lui celebriamo questo nuovo anniversario con altri cristiani, anch'essi viventi. Senza dubbio, l'essenza del cristianesimo è Gesù presente nella sua Chiesa, il volto di Dio; storia e vita.
Torniamo al IV secolo, per scoprire i dubbi di alcuni cristiani ingannati da un falso concetto di Dio. Ciò che le sistematiche e crudeli persecuzioni romane o le eresie gnostiche del II secolo non erano riuscite a ottenere, quella dottrina accattivante sembrava farlo. Ancora una volta dimostrava che la mente umana razionale deve, con l'aiuto della grazia, addentrarsi nei misteri della fede. Ma sempre guidata dallo Spirito Santo e dal Magistero della Chiesa, autentico interprete della Tradizione dei Padri e dei significati della Sacra Scrittura.
Il razionalismo è stato placato da una figura umana perfetta come quella di Gesù Cristo, generosa, audace, profonda, donata per l'umanità fino alla croce. Un uomo così santo da meritare di essere chiamato Dio, ma per Ario e i suoi seguaci non lo era. Così facendo, salvarono il manicheismo: l'unione di materia e spirito che gli orientali rifiutavano. In realtà, tale cambiamento non era altro che una nuova religione e quindi un tradimento della vera fede rivelata da Gesù Cristo, che affermò con la sua vita, le sue azioni e i suoi miracoli la divinità, la sua unione indissolubile della natura con Dio Padre. Se Cristo non era Dio, non c'era redenzione, né sacramenti, né salvezza.
Papa San Silvestro, con il sostegno dell'imperatore Costantino, convocò il Concilio di Nicea. Grazie alla collaborazione delle autorità civili, che fecero tutto il possibile per sostenere il Concilio, praticamente tutti i vescovi del mondo poterono recarsi a Nicea. Era nell'interesse dell'imperatore assicurare la massima unità della Chiesa, poiché erano tempi difficili per l'Impero romano, già in pieno declino.
Quando i vescovi si riunirono per il Concilio di Nicea nel 325, non pochi di loro portavano sul corpo i segni delle recenti persecuzioni: le mani di Paolo di Neocessarea erano paralizzate dai ferri roventi che aveva subito. Due vescovi egiziani erano orbi. Il volto di San Paphnuzio era deformato dalle crudeli torture subite, altri avevano perso un braccio o una gamba.
Vi parteciparono 318 vescovi che giunsero, assistiti dallo Spirito Santo, alla soluzione espressa in un credo. Esso dice che Gesù Cristo è "Della sostanza del Padre, Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato non fatto", homoousiostou Patrou (consustanziale al Padre)".. Sebbene la formula fosse efficace, la controversia è continuata anche in seguito.
La seconda chiave del Concilio di Nicea è la parola greca chiave per risolvere la diatriba teologica: homoousiosGesù è consustanziale al Padre" è un concetto greco che non si trova nella Bibbia. Questo fatto ci ricorda l'importanza del lavoro teologico, che richiederà sempre un'interpretazione e una corrispondenza con il contenuto della Rivelazione data alla Chiesa e, allo stesso tempo, dovrà sempre essere perfezionato nel corso della storia per corrispondere il più possibile alla verità di Gesù Cristo e, allo stesso tempo, per essere il più comprensibile possibile per gli uomini di ogni epoca. I termini teologici e l'espressione della fede hanno indubbiamente fatto progressi nella chiarificazione. La realtà è che la fede non è un gioco di parole, ma un amore per il quale martiri e confessori nel corso della storia hanno dato la vita.
Non possiamo non ricordare la figura di sant'Atanasio, il patriarca di Alessandria che si fece paladino della verità di fronte ad Ario. Questo gli costò l'espulsione dalla sua sede da parte dell'autorità civile per ben quindici volte nel corso della sua vita. Per Atanasio la chiave era la redenzione della razza umana. Egli sottolineava che solo Dio poteva redimere l'uomo. Per questo il Concilio di Nicea affermò che Gesù è della stessa natura del Padre.
Giunti alla fine di queste righe, ricordiamo che lo Spirito Santo è stato presente e continuerà ad esserlo fino alla fine dei tempi, vegliando sull'unità nella varietà dei cristiani.
Joseph Evans commenta le letture dell'Epifania del Signore (C) e Luis Herrera tiene una breve omelia video.
"Dov'è il Re dei Giudei che è nato? Perché abbiamo visto sorgere la sua stella e siamo venuti ad adorarlo". I Magi avevano poco su cui fare affidamento: una stella inaspettata e forse qualche conoscenza delle profezie ebraiche che li avevano raggiunti nella loro terra lontana.
Coloro che erano fisicamente più vicini, i magi di Gerusalemme, non hanno mostrato alcuna inclinazione a seguire la stella. Quante volte siamo imbarazzati dai convertiti e dalle persone che, avendo avuto molti meno contatti con la fede e la vita cattolica di noi, una volta scoperta la apprezzano molto più di noi.
Quanto è dannoso, quanto è ottuso essere un semplice cattolico culturale, avere tutto a portata di mano e farne così poco uso. Spesso è necessario che le persone vengano da lontano - culturalmente, spiritualmente e persino moralmente - e a caro prezzo per smascherarci per la nostra negligenza nei confronti del tesoro che è così accessibile a noi.
Troppo facilmente ci abituiamo alle stelle che Dio ci manda e smettiamo di vederle. Riunirsi ogni domenica come comunità cristiana per rivivere il sacrificio di Cristo sulla Croce e ricevere il suo Corpo è una stella. È un punto luminoso della fede. È luce, se siamo pronti a vederla.
Dio mette intorno a noi persone - un coniuge, un buon amico, un sacerdote - per essere stelle per noi. Una sfida a uscire dalla nostra zona di comfort, a intraprendere una nuova iniziativa al servizio di Dio e delle anime, è una stella per noi. Quando Santa Teresa di Calcutta vide un uomo in una situazione disperata in un fosso e lo aiutò, questo la portò a dedicare la sua vita ai più poveri tra i poveri. Quell'uomo era una stella per lei.
La voce della nostra coscienza che ci chiama a vivere un tenore di vita più elevato rispetto alla media che ci circonda è anch'essa una stella. Ci chiama proprio a non conformarci, a non fare semplicemente quello che fanno gli altri. È stato quello spirito di conformità che ha portato i magi di Gerusalemme, e forse anche alcune persone nella terra dei Magi, a rimanere indietro e a non seguire la stella. Ma è stato il rifiuto di conformarsi, di ascoltare le voci che dicevano loro che stavano esagerando o che li chiamavano pazzi per aver intrapreso un viaggio così selvaggio, a condurre i Magi all'incontro con il Bambino Gesù: "Quando videro la stella, furono felicissimi. Entrarono nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, caddero in ginocchio e lo adorarono".
Il sacerdote Luis Herrera Campo offre il suo nanomiliaUna breve riflessione di un minuto per queste letture domenicali.
Il sacerdote navarrese Ignacio Belzunce ha lasciato un'eredità di buon umore e dedizione, come dimostrano le oltre 4.000 persone che negli ultimi giorni si sono unite a gruppi whatsapp per pregare per la sua salute.
Il 2 gennaio ci ha lasciati Ignacio Belzunce, sacerdote numerario del Opus Dei che ha dedicato 23 anni della sua vita al servizio delle scuole del Fomento. La sua disponibilità verso i giovani e le loro famiglie era un esempio.
Uomo semplice e molto amato, Ignacio era anche un appassionato ciclista. I suoi amici e studenti ricordano quando raccontò il suo famoso aneddoto sullo Jaizkibel, il famoso passo di San Sebastian. Era il 92 o il 93 e il giorno dopo si sarebbe svolta la classica di San Sebastian. Dopo una lunga giornata di ciclismo, Ignacio era già esausto quando fu superato da due ciclisti professionisti che si stavano allenando, uno dei quali era Laurent Fignon, campione del Tour de France nel 1983. I ciclisti francesi, con la loro caratteristica battuta spiritosa, lo hanno preso in giro mentre lo lasciavano alle spalle.
Quando sembrava che tutto sarebbe finito con Ignacio sconfitto, apparve un alleato inaspettato: il famoso ciclista spagnolo Peio Ruiz Cabestany, al quale Ignacio raccontò l'umiliazione subita. Addolorato dalla situazione, Peio disse a Don Ignacio di non farsi intimidire e di prepararsi a dare una lezione a questi gabachos. Senza aspettare la risposta, lo afferrò per la sella e cominciò a trascinarlo su per la montagna a tutta velocità. Ignacio, tra lo stupore e la gratitudine, cercava di riprendere fiato senza toccare i pedali.
A pochi metri dalla vetta, Peio lo lasciò andare e lo incitò a restituire il colpo ricevuto: Ignacio, raccogliendo tutte le forze rimaste, lanciò uno sprint finale e superò i francesi come un lampo. Arrivato in cima, nasconde la sua stanchezza, aspetta i ciclisti e, con un sorriso malizioso, li saluta calorosamente. Solo quando i francesi hanno proseguito il loro cammino, Don Ignacio si è accasciato a terra per riprendersi dallo sforzo.
Al termine di questa emozionante narrazione, che ha saputo raccontare con dovizia di particolari, ha paragonato l'accaduto all'azione della grazia di Dio nella nostra vita: "Quando non ce la fai più, Lui ti fa scendere dalla sella e ti porta in cima".
Forse ora che ci vede dal cielo, possiamo vedere la vita di Ignazio e ascoltare il suo incoraggiamento a confidare nella grazia divina, capace di superare le tappe e i rivali più duri.
Riposa in pace, Ignacio. Goditi la vetta eterna.
*Articolo modificato il 3/1/2025. 9:46h.
Editore di Omnes. In precedenza, ha collaborato con diversi media e ha insegnato filosofia a livello di Bachillerato per 18 anni.
Il Patriarca latino di Gerusalemme inaugura l'Anno giubilare in Terra Santa
I santi Basilio Magno e Gregorio Nazianzeno, vescovi e dottori della Chiesa, uniti da una profonda amicizia, lottarono contro l'arianesimo e la loro memoria liturgica si celebra oggi, 2 gennaio.
Nelle famiglie di entrambi c'erano numerosi santi. San Basilio, nato a Cesarea nel 329, ricevette dal padre i fondamenti della dottrina cristiana. Anche sua sorella Macrina e i suoi fratelli Pietro, vescovo di Sebaste, e Gregorio di Nissa furono elevati agli altari. Anche Gregorio Nazianzeno ebbe una sorella, Gorgonia, e un fratello, Cesario, santi.
Basilio viaggiò attraverso il Ponto, poi in Egitto, Palestina e Siria, attratto dalla vita dei monaci e degli eremiti: aspirava a una vita di silenzio, solitudine e preghiera. Tornato nel Ponto, incontrò un ex compagno di studi conosciuto ad Atene, Gregorio di Nazianzo, con il quale fondò una piccola comunità monastica. Ma poi lasciò il ritiro per stabilirsi a Cesarea, dove fu ordinato sacerdote e poi vescovo.
La sua lotta contro Arianesimo sviluppato nella dottrina e nella carità. Contro gli ariani che difendevano i loro beni, Basilio sostenne che se ognuno si fosse accontentato del necessario e avesse dato il superfluo agli altri, non ci sarebbero stati più poveri. Quanto a Gregorio, l'imperatore Teodosio lo inviò a Costantinopoli (ex Bisanzio, oggi Istanbul) per combattere l'eresia ariana. Grazie alla sua dottrina e alla sua vita esemplare, la città tornò all'ortodossia. Sono noti come Padri Cappadoci.
A seguito dell'immagine controversa mostrata da Lalachus nelle trasmissioni televisive spagnole, mi sono ricordato di una lettera al direttore che Ho pubblicato su El País il 16 maggio 2016. Essa recitava come segue (scusate l'autocitazione):
"Abbiamo un problema in questo Paese quando si tratta di capire la libertà di espressione. La libertà di espressione non è il diritto di insultare, né il diritto di offendere gratuitamente i sentimenti degli altri.
Si può essere contro la Chiesa, il nazionalismo, gli omosessuali o i collezionisti di francobolli, ma questo non dà il diritto di esprimere qualsiasi cosa, ovunque e in qualsiasi modo. Assaltare le cappelle seminudi nel bel mezzo delle cerimonie liturgiche, fischiare un inno quando viene suonato ufficialmente, prendere in giro la religione altrui con caricature o dare del frocio a qualcuno a causa del suo orientamento sessuale non sembrano essere modi per esprimere razionalmente un'opinione contraria. Piuttosto, sembrano mostrare il desiderio di insultare gli altri.
Ci sono contesti e modi più appropriati per dissentire su uno qualsiasi di questi temi, soprattutto se vogliamo costruire una società aperta e tollerante. Come diceva Aristotele, "chiunque può arrabbiarsi, è molto facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, nella misura giusta, al momento giusto, per lo scopo giusto e nel modo giusto, non è certo così facile".
Sono passati otto anni da questa pubblicazione, ma purtroppo sembra che non abbiamo fatto alcun progresso su questo tema, anzi.
Recentemente, il governo spagnolo ha proposto di eliminare il reato di offesa ai sentimenti religiosi e di insulto alla Corona. Sebbene si possa sostenere che questa misura cerchi di rafforzare la libertà di espressione, in pratica sembra aprire la porta alla normalizzazione dell'insulto gratuito e della derisione di istituzioni e credenze significative per molti cittadini.
È profondamente triste osservare come, come società, abbiamo fatto notevoli progressi nell'essere sensibili al linguaggio sessista, razzista o omofobico, ma non applichiamo lo stesso standard ad altri contesti. Ci sforziamo di proteggere alcuni gruppi da un linguaggio vessatorio, e questo è un risultato lodevole. Ma perché non estendiamo lo stesso principio di rispetto ad altri ambiti? Perché l'offesa verso una fede religiosa, un'istituzione o un simbolo culturale sembra godere di una protezione speciale?
Non si tratta di limitare le critiche o i dibattiti legittimi su questioni di rilevanza pubblica. Al contrario, una società veramente libera e plurale ha bisogno di spazi per il dissenso e la messa in discussione, ma sempre con rispetto e razionalità.
Confondere il libertà di espressione con il diritto di umiliare non solo ne distorce il significato, ma erode anche i valori che dovrebbero essere alla base della coesistenza pacifica.
Editore di Omnes. In precedenza, ha collaborato con diversi media e ha insegnato filosofia a livello di Bachillerato per 18 anni.
Nel cuore del prossimo Giubileo 2025, evento che, come sappiamo, invita i fedeli di tutto il mondo a riflettere sulla remissione dei peccati e la riconciliazione, la Pontificia Università della Santa Croce si prepara ad ospitare il congresso internazionale “Common Memory and Collective Forgiveness” (“Memoria común y perdón colectivo”). L’evento, che si terrà a Roma il 6 e 7 maggio 2025, sarà un momento di incontro, studio e dialogo, supportato dal Dicastero per l’Evangelizzazione e organizzato dal Centro Cristianesimo e Società della Facoltà di Teologia, in collaborazione con la Confederazione degli imprenditori Coparmex del Messico.
Lo scopo è quello di affrontare il tema del perdono collettivo e della memoria condivisa, per cercare di offrire un contributo importante alla riflessione sui conflitti e sulla possibilità di ricostruire relazioni umane e istituzionali.
Come spiegano gli organizzatori, il perdono, spesso considerato un atto personale, può essere declinato anche in una dimensione collettiva. Le comunità e le istituzioni che vivono esperienze di sofferenza condivisa – che si tratti di guerre, oppressioni o conflitti sociali – hanno infatti bisogno di strumenti per elaborare il passato e costruire un futuro diverso. A questo riguardo, la memoria dell’offesa, piuttosto che essere una sorta di prigione spirituale, può trasformarsi in un atto di liberazione e riconciliazione, permettendo di riconoscere sia la vulnerabilità altrui che la propria.
Questa dinamica sarà affrontata attraverso domande complesse, del titpo: come possono le società perdonare collettivamente? È possibile riconciliare gruppi divisi da decenni di odio o incomprensioni? Qual è il ruolo delle istituzioni nel creare un terreno favorevole al perdono?
Una delle caratteristiche peculiari dell'iniziativa è la raccolta di contributi accademici attraverso una invito a presentare documenti aperto a filosofi, teologi, storici, giuristi, sociologi e altri esperti. Gli interessati possono proporre - fino al 31 gennaio 2025 - riflessioni su temi quali la memoria storica e la giustizia di transizione, le narrazioni della memoria attraverso l'arte e i media, il rapporto tra educazione e memoria o il ruolo delle politiche pubbliche nella conservazione della memoria storica. I contributi accettati saranno presentati durante la conferenza e pubblicati successivamente.
Il programma del Congresso si sviluppa in due giornate con interventi su argomenti chiave come la giustizia e il perdono, l’importanza della memoria documentale e il ruolo della spiritualità nel processo di riconciliazione.
Tra i momenti salienti, la partecipazione del Cardinale Matteo Zuppi, Arcivescovo di Bologna e Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, che offrirà una riflessione sul perdono in contesti di guerra, e quella del Cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme, che condividerà la prospettiva unica sulla possibilità del perdono in Terra Santa.
Altri interventi esploreranno temi innovativi, come ad esempio l’impatto dei social media e dell’intelligenza artificiale sulla cultura del perdono, grazie alla partecipazione del professor John D. Peters dell’Università di Yale.
Nell'ambito del Anno SantoOltre ad approfondire gli aspetti teorici, il Congresso vuole anche rappresentare un invito concreto a guardare al perdono come a un percorso di speranza e di trasformazione individuale e collettiva. Del resto, Papa Francesco sottolinea spesso che il perdono non è mai un segno di debolezza, ma un atto di forza che può cambiare il corso della storia. In questa prospettiva, la riflessione non sarà solo accademica, ma anche spirituale e pratica, cercando di proporre nuovi percorsi di riconciliazione che possano essere di ispirazione per la società e per i singoli.
Il male, risultato delle nostre contraddizioni interiori, colpisce sia gli individui che le società. Martha Reyes ne esplora le radici in percezioni distorte, sentimenti incontrollati e mancanza di fede, proponendo un ritorno al disegno divino per superarlo.
In Genesi 2:7 "Dio soffiò nell'uomo il suo alito di vita dopo averlo formato dalla polvere del suolo". Siamo stati progettati dal Creatore per riflettere la Sua immagine e somiglianza. Pertanto, è logico che, nonostante le nostre lotte interne, siamo fatti e destinati a preferire il bene, il buono e il gradito a Dio, e a essere creature del suo piacere che esibiscono caratteristiche della sua natura divina.
Oltre a queste ragioni spirituali, durante i processi evolutivi noi esseri umani abbiamo capito che la scelta del bene rispetto al male comporta anche molti vantaggi socio-economici. Orientando la nostra sociologia e psicologia della vita intorno al disegno e al desiderio originario del Creatore, scopriamo cosa significa vivere in una sana convivenza, uniti da alleanze e comportamenti che ci favoriscono, condividendo "i frutti della terra e del lavoro dell'uomo". Tutto è un presupposto per rimanere in pace e non in conflitto, crescere e prosperare, garantendo la sopravvivenza di tutti. È un fatto antropologico e universale.
Praticamente in tutte le religioni si osserva che una parte della religiosità è dedicata alla riverenza per la divinità e l'altra alla sana interrelazione. La fede giudaico-cristiana dedica la maggior parte dei suoi insegnamenti a esortare l'umanità a questa fede che invita alla riverenza per Dio e alla fratellanza che produce frutti palpabili. Nell'Antico Testamento Mosè ci dà i comandamenti della legge di Dio e poi leggiamo in Deuteronomio 28, 1-2: "Se obbedirete alla voce del Signore vostro Dio e metterete in pratica tutti i comandamenti che oggi vi comando, egli vi porrà molto al di sopra di tutte le nazioni della terra. E poiché avrai ascoltato la voce del Signore tuo Dio, ogni sorta di benedizione verrà su di te e ti sovrasterà". Salmo 133, 1 dice: "Vedete come è buono e piacevole per i fratelli vivere insieme". E nel Nuovo Testamento ci sono innumerevoli esortazioni alla sana convivenza, come per esempio in Efesini 4, 31-32 "Eliminate da voi stessi ogni ira, rabbia, furore, clamore, insulto e ogni sorta di male. Ma siate gentili e comprensivi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda, come Dio vi ha perdonato in Cristo.
È nel nostro DNA preferire il bene al male e orientare la nostra vita verso cause nobili e degne. Eppure la storia ci ricorda con quanta facilità rinunciamo alla nostra originaria essenza sana e pacifica, per impelagarci in conflitti sociali, divisioni, liti, guerre e distruzione. Per esempio: metà dei matrimoni finiscono con un divorzio. In tutto il mondo, 150 milioni di bambini vivono in condizioni di orfanità, abbandono o indigenza. Sei bambini su 10 e una donna su cinque subiscono abusi. Abbiamo perso il conto del numero di esseri umani che sono morti nelle guerre storiche: forse un miliardo in 21 secoli, con 108 milioni di morti solo nel XX secolo.
Oggi i Paesi sviluppati spendono in media 225 miliardi di dollari all'anno per gli aiuti umanitari ai Paesi poveri, ma allo stesso tempo la spesa militare globale per i conflitti tra Paesi e nazioni è di 2,44 trilioni di dollari. La spesa per la salute e la medicina supera i 10.000 miliardi di dollari per mantenere presumibilmente in salute le nostre popolazioni. Allo stesso tempo, le dipendenze mietono cinque volte più vittime del cancro e dell'AIDS. Che strane dicotomie! Cosa governa i cuori umani capaci di manifestare, da un lato, molti momenti di nobiltà morale e, dall'altro, di optare per tendenze contrarie di indifferenza, violenza o distruzione? È irrazionale, è follia!
In Romani 7:15, San Paolo, frustrato per il suo comportamento indomito, dice: "Non capisco le mie azioni: non faccio quello che vorrei e faccio le cose che odio". È questa la lotta che tutti noi combattiamo dentro di noi?
Ricordiamo che Adamo ed Eva furono nominati custodi della terra, di tutto ciò che era vivente e visibile. Ma invece di vivere nella gratitudine e nella soddisfazione per tutto ciò che di buono li circondava, scelsero di andare verso l'unica cosa proibita e sconosciuta: mangiare dell'albero o del frutto limitato, in totale disobbedienza alla volontà di Dio. Gli occhi, l'appetito e le voglie del cuore andarono alla ricerca di ciò che aveva dei limiti, invece di godere appieno del resto della creazione, a proprio piacimento.
Questi continui atti di disobbedienza a Dio continuano a privarci della nostra dignità di figli. Paragonabile alla triste storia di Esaù, figlio di Isacco e fratello di Giacobbe, in Genesi 25, 24 e seguenti. Esaù era un abile cacciatore che un giorno, ironicamente e misteriosamente, preferì vendere la sua primogenitura, con tutte le sue unzioni e benedizioni, per un misero piatto di lenticchie. E il re Davide? Nella storia di Israele non ci sono stati regni come quello di Davide e di suo figlio Salomone, eppure Davide si lasciò inebriare dalla passione fino a diventare adultero e assassino (2 Samuele 11). E di storie simili ce ne sono molte.
Come spiegare queste contraddizioni, quali forze oscure e strane operano a volte nella mente e nel cuore dell'uomo che mettono in luce grandi debolezze e vulnerabilità? Preferiamo incolpare il diavolo e gli spiriti maligni per i nostri errori e le nostre disgrazie. Sì, è vero che la Bibbia presenta un essere reale di nome satana, autore di piani meschini e distruttivi. Oltre a essere il tentatore nel deserto che ha cercato di ostacolare la missione messianica di Gesù, in Giovanni 10:10 Gesù stesso ha detto: "Il ladro viene solo per rubare, uccidere e distruggere, mentre io sono venuto perché abbiano la vita e l'abbiano in abbondanza". Tuttavia, Gesù chiarisce anche che ci sono nemici interni che ci fanno peccare e a cui dobbiamo prestare molta attenzione. Marco 7, 21: "Perché dal cuore dell'uomo escono pensieri cattivi, fornicazioni, furti, omicidi, adulteri, adulteri".
Perché cediamo così tanto a questi istinti corrotti? Perché non riusciamo a riconoscere che il male ci porta solo distruzione e perdita? Perché non riusciamo a dominare i nostri impulsi sfrenati e a scegliere ciò che è meglio per la nostra natura? Principalmente perché siamo ostaggi dei sentimenti che spesso dominano la ragione. Così come ci sono sentimenti belli (amore, pace, gratitudine, gioia, speranza), ce ne sono altri che diventano forze paralizzanti o correnti distruttive. Alimentiamo così facilmente il rifiuto, la mancanza d'amore, l'odio, il senso di vendetta, dando priorità ai pensieri di dominio e ai piani narcisistici, che sabotiamo le nostre possibilità di dimensionarci con qualità superiori. Questi sentimenti negativi che fermentano dentro di noi sono l'innesco di un sistema sistemico e integrale di autodistruzione. Sono come un acido che corrode la comprensione e la salute mentale e sociale. Sono tendenze primitive che non abbiamo imparato a superare.
I PROMOTORI DELLA MALVAGITÀ
Il male si nutre di una percezione ostacolata. Questa cecità emotiva o spirituale ci trascina nella confusione e nell'interpretazione errata, deformando il nostro senso di valutazione onesta. Quando la nostra percezione non corrisponde alla realtà, giudichiamo la vita e gli altri con severità. Perdiamo il dono della comunicazione empatica e ostacoliamo le opportunità di riconciliazione. È qui che nascono i pregiudizi e l'allontanamento che ci danneggiano così tanto.
Matteo 6, 22 lo spiega così: "Il tuo occhio è la lampada del tuo corpo. Se i tuoi occhi sono sani, tutto il tuo corpo avrà luce; ma se i tuoi occhi sono cattivi, tutto il tuo corpo sarà nelle tenebre".
Il risentimento, il desiderio di vendetta, l'invidia, l'ansia sregolata, la disperazione, la sfiducia, l'amarezza, l'arroganza sono i sentimenti che contribuiscono maggiormente allo squilibrio mentale e alla destabilizzazione sociale.
Giovanni 8:44. (Il diavolo) "Quando dice una menzogna, parla dalla sua stessa natura, perché è bugiardo e padre della menzogna.
La menzogna ha molti schiavi e la verità ha pochi soldati. Il male trova rifugio nella menzogna e nella falsità. La menzogna erode la fiducia sociale. Danneggia le nostre relazioni e la nostra autostima, sabotando la nostra dignità e il nostro prestigio. Quando gli altri si rendono conto che abbiamo mentito loro, si sentono presi in giro emotivamente e intellettualmente. La menzogna promuove la sfiducia e la divisione, smantella la credibilità, che è la spina dorsale dell'autorità.
La sociologia e la filosofia di vita che la nostra umanità adatta, se non è allineata con la nostra configurazione spirituale, neurologica e psicoaffettiva originale, sarà insostenibile. Le concezioni sociali errate della felicità e del successo sono responsabili della generazione di un anticonformismo e di un egoismo esagerati in molti esseri umani. Le culture moderne esaltano la superficialità e la popolarità e hanno sostituito la guida saggia con la celebrità, mentre gli stili di vita corrotti si sono normalizzati, desensibilizzandoci dall'impatto iniziale di ciò che un tempo consideravamo scioccante e ripugnante. La follia detronizza la saggezza.
Esse mettono in luce quanto siamo suscettibili e impressionabili a qualsiasi indottrinamento che faccia presa su di noi. È facile vedere come movimenti sociali e politici come i fascisti, i comunisti e i terroristi abbiano trascinato le masse nel corso della storia, facendole precipitare nel baratro dell'inganno e della decadenza.
Producono silenzio, copertura, obbedienza cieca e complicità. Vendiamo il nostro prestigio, la dignità, l'onestà, la stabilità emotiva e la spiritualità per paura del rifiuto, del dito puntato, dell'irrilevanza o della perdita.
Quando le leggi di un Paese o le azioni dei legislatori favoriscono i colpevoli più degli innocenti, non riusciamo a fermare o a sradicare efficacemente il male. Piuttosto, operiamo in complicità con il male, diventando i suoi promotori. Abbiamo scambiato una punizione dura e meritata come deterrente per fermare la crescita del male con una misericordia sproporzionata e fuori luogo, scusando e giustificando gli atti di violenza proponendo che il colpevole è solo un'altra vittima. Prima di assolvere la colpa, dobbiamo saper spiegare la portata del reato e promuovere la condanna dell'errore.
Non siamo liberi di prendere, aggredire, impoverire gli altri, danneggiare noi stessi, destabilizzare la società o usurpare dai ricchi per soddisfare i poveri. Il libero arbitrio non è licenziosità: deve essere controllato dal buon giudizio, dal buon senso e dalla misericordia universale.
1 Timoteo 6:10-11: "L'amore per il denaro, infatti, è la radice di ogni sorta di male, per il quale alcuni, desiderandolo, sono stati sviati dalla fede e si sono torturati con molti dolori. Ma tu, o uomo di Dio, fuggi da queste cose e persegui la giustizia, la pietà, la fede, l'amore, la perseveranza e la bontà".
Il piano generale di Dio, articolato da Gesù in molti dei suoi messaggi, è che la nostra provvidenza è assicurata dal Dio provvidente del Padre nostro, che ogni giorno veste e nutre anche le creature più semplici del creato. Quando comprenderemo la provvidenza di Dio, non saremo più controllati dall'istinto di sopravvivenza, ma riconfigurati dalla grazia e dall'amore offerti dal Padre che provvede.
Il messaggio di Gesù cerca di riportare i nostri impulsi consci e inconsci in linea con la volontà di Dio, il nostro disegno originale. Ecco perché la fede e la religione sono così importanti nella vita umana. Quando ci arrendiamo alla patologia del male, ricordiamo sempre ciò che dice Luca 17:20: "In quel tempo, Gesù rispose ad alcuni farisei che gli chiedevano quando sarebbe venuto il regno di Dio: "Il regno di Dio non verrà in modo spettacolare, né voi proclamerete che è qui o là; perché ecco, il regno di Dio è dentro di voi".
Sforzarsi consapevolmente di cambiare i modelli di comportamento carnali, distruttivi e schiavizzanti per dimensionarsi alla vita di autentici figli di Dio accompagnati dalla Sua grazia, manifestando testimonianze di vita di persone che cercano l'autocontrollo e la santità.
Romani 8, 29-30: "Dio infatti ha preconosciuto e ha predestinato ad essere conforme all'immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; e quelli che ha predestinato li ha anche chiamati; e quelli che ha chiamato li ha anche giustificati; e quelli che ha giustificato li ha anche glorificati".
2 Pietro 1, 4-7: Ci ha concesso la cosa più grande e preziosa che ci possa essere offerta: diventare partecipi della natura divina, sfuggendo alla corruzione che in questo mondo va di pari passo con il desiderio. Perciò sforzatevi di accrescere la vostra fede con la costanza, la costanza con la conoscenza, la conoscenza con la padronanza degli istinti, la padronanza degli istinti con la costanza, la costanza con la pietà, la pietà con l'amore fraterno e l'amore fraterno con la carità.
La conversione è più di un cambiamento comportamentale: è l'equivalente di una nuova nascita, di un proposito di emendarsi che porta alla ferma volontà di impegnarsi per non sbagliare di nuovo. La vera conversione che si ottiene con il pentimento sincero e la grazia di Dio comporta una trasformazione radicale dei modi di pensare e di agire: rivestire l'anima di una nuova essenza. Per raggiungere questo obiettivo dovremo talvolta affrontare battaglie umane e battaglie spirituali. Con l'aiuto delle armi spirituali, combatteremo queste battaglie.
Giovanni 3, 4-6: "Può forse entrare nel grembo di sua madre e nascere di nuovo? Gesù gli rispose: "In verità, in verità ti dico che se uno non nasce da acqua e da Spirito, non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è nato dalla carne è carne e ciò che è nato dallo Spirito è spirito.
Efesini 6, 13-17: "Rivestitevi dunque di tutta l'armatura di Dio, per poter resistere nel giorno malvagio e, dopo aver fatto tutto, rimanere saldi. State dunque saldi, avendo cinto la vostra vita con la verità, avendo indossato la corazza della giustizia e avendo ferrato i vostri piedi con la preparazione per la predicazione del vangelo della pace.
Matteo 18, 8 dice: "Se la tua mano o il tuo piede ti fa peccare, taglialo e gettalo via da te; è meglio per te entrare nella vita mutilato o zoppo, piuttosto che avere due mani e due piedi ed essere gettato nel fuoco eterno".
Il male si avvicina alla nostra vita con piani violenti. Dobbiamo rispondere ad esso con decisioni decise e assertive per fermarlo in tempo, senza ambivalenze e con grande determinazione. Vecchie amarezze o vecchi rancori continuano a fermentare e a fomentare altri conflitti. Attraverso la consulenza, i dialoghi di riconciliazione, il sacramento della confessione, la preghiera, i ritiri e gli intensi processi di guarigione interiore, le crepe e le porte lasciate aperte dai traumi del passato, come ferite mai rimarginate, possono essere chiuse.
Di coraggio, di resilienza, di discernimento, di consapevolezza dell'errore, di dono della conoscenza e di dono del distacco, per scegliere di liberarsi dell'acquisito sbagliato e scambiarlo con la perla di maggior valore.
Luca 19, 8: "Zaccheo Disse risolutamente a Gesù: "Signore, darò la metà dei miei beni ai poveri, e chi ho ingiustamente preteso da te lo ripagherò quattro volte tanto".
Gli insegnamenti di Gesù sono pieni di esortazioni alla misericordia. Anche nel Padre Nostro, Gesù chiarisce che se non perdoniamo chi ci offende, non abbiamo la legittimità spirituale di chiedere il perdono di Dio. Alcuni grandi esempi di misericordia sono in:
- Luca 10, 25-37, nella procedura della Buon Samaritano.
- Matteo 18, 22, nel perdono incondizionato di 70 volte 7.
- Matteo 5, 6 e 7, vivendo secondo i codici morali creaturali e manuali, le proposte di vita sana enunciate nel Discorso della Montagna.
Ricordiamo anche che il perdono è un contratto di modifica. Affinché ci sia convinzione del torto, l'atto di perdono deve essere accompagnato dalla comprensione dell'entità del danno.
Salmo 90, 1: "Signore, tu sei stato per noi un rifugio di generazione in generazione".
Salmo 145, 5: "Di generazione in generazione si celebrano le tue gesta, si raccontano le tue imprese".
Ci sono valori insostituibili per la formazione di comunità sane: l'amore e il rispetto per la vita, per la famiglia, il timore di Dio, la carità, la responsabilità sociale, tra gli altri. Ma oltre a insegnare i valori, dobbiamo accompagnare i nostri figli ad avere un rapporto personale con Dio e un incontro spirituale di autentica conversione. Dopo aver ricevuto i sacramenti del battesimo e della cresima, molti bambini non avranno la possibilità di continuare a crescere nella fede se non avranno la formazione morale e spirituale che i genitori dovrebbero fornire.
Il male deve essere affrontato con coraggio e rettitudine, anche se comporta sacrifici e rinunce; questo è essere profeti per questi tempi.
Geremia 1,8-10: "Non aver paura di loro, perché io sarò con te per proteggerti", dice Yahweh. Allora Yahweh stese la mano e mi toccò la bocca, dicendomi: "Oggi ti metto in bocca le mie parole. Oggi ti affido i popoli e le nazioni: Sradicherai e abbatterai, distruggerai e distruggerai, costruirai e pianterai'".
Smascherare l'inganno, i lupi rapaci, le menzogne sotto forma di verità, anche a costo di perdere l'ammirazione e il prestigio umano, è ciò che noi, figli della verità, siamo chiamati a fare.
In conclusione: dobbiamo attivare tutti i doni e gli istinti spirituali che ci aiuteranno a sottomettere le nostre vulnerabilità umane. Attivando i doni superiori, che sono tutti alla nostra portata, supereremo la patologia del male con la sana e benefica natura spirituale della fede, della conversione e dei battesimi di grazia che portano a un vero cambiamento.
Efesini 4,23: "Lo Spirito rinnovi i vostri pensieri e atteggiamenti".
Dottorato di ricerca in psicologia
Anche se il Giubileo 2025 si realizzerà nelle varie Chiese locali, la città di Roma sarà il centro nevralgico di questo anno di grazia in cui i pellegrini, singoli o in gruppo, avranno a disposizione una serie di aiuti per vivere al meglio le giornate romane.
Il Centro Pellegrini - Punto Informativo è il punto di riferimento per i pellegrini e i turisti che desiderano essere informati sul prossimo Giubileo del 2025. I locali designati si trovano in via della Conciliazione, 7 e sono aperti dal lunedì alla domenica, dalle 10.00 alle 17.00.
Al Centro Pellegrini riceverete le principali informazioni su come partecipare al pellegrinaggio alla Porta Santa e agli eventi in preparazione, nonché sul servizio di volontariato.
Vengono fornite informazioni di base sul Giubileo e sui percorsi all'interno di Roma, come il Pellegrinaggio delle Sette Chiese, l'itinerario delle Donne Medico e Patronesse d'Europa e l'itinerario delle Chiese europee. Un team di operatori è sempre a disposizione presso le strutture dell'Info Point.
Il Centro Pellegrini ha una funzione di accoglienza per chi arriva a Roma, sarà il centro per la gestione delle prenotazioni e degli accessi, rilascerà le testimonianze per i pellegrini e sarà un punto di riferimento per qualsiasi evenienza da parte di pellegrini e volontari.
È una tessera digitale gratuita e nominale, necessaria per partecipare agli eventi del Giubileo e per organizzare il proprio pellegrinaggio alla Porta Santa.
Inoltre, darà accesso a sconti su trasporti, alloggi, ristorazione, mobilità ed eventi culturali.
La carta può essere acquistata solo registrandosi al portale di registrazione, accessibile tramite il sito web https://register.iubilaeum2025.va/login o tramite l'applicazione ufficiale del Giubileo.
Dopo aver inserito i propri dati, i pellegrini ricevono un codice QR per l'identificazione personale e un account nell'app.
Dopo aver ottenuto necessariamente la Pilgrim Card e aver effettuato il login con il proprio account dal sito o dall'app, sarà possibile iscriversi al pellegrinaggio alla Porta Santa di San Pietro e a tutti i principali eventi del Giubileo.
Questo strumento di registrazione permette di organizzare in modo ordinato l'accesso, sia alla Porta Santa di San Pietro che agli eventi principali per i quali è previsto un gran numero di pellegrini.
Il portale consente di iscriversi individualmente o in gruppo, di segnalare eventuali disabilità, di modificare o cancellare le prenotazioni e di gestire l'ora, il giorno e il mese del pellegrinaggio.
Servizi del portale per la registrazione: https://register.iubilaeum2025.va/home
Un visto speciale "Turismo-Giubileo" è disponibile esclusivamente per coloro che partecipano ai pellegrinaggi a Roma organizzati dalle Chiese locali o da una comunità appartenente alla diocesi.
Il Centro Visti del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale (MAECI) e il Dicastero per l'Evangelizzazione (DPE) hanno concordato un Modus Procedendi per facilitare il rilascio dei visti d'ingresso in Italia ai fedeli che desiderano recarsi in pellegrinaggio a Roma e in altri luoghi sacri del territorio italiano.
Il modulo e le istruzioni pratiche sono disponibili a questo indirizzo web:
https://www.iubilaeum2025.va/es/pellegrinaggio/visto-pellegrini.html
Deve esserci un responsabile locale nominato dall'Ordinario della diocesi, che compili l'elenco dei pellegrini partecipanti utilizzando il modulo scaricabile dal sito web sopra citato, si faccia garante presso il Governo italiano e lo presenti all'Ambasciata o al Consolato competente per la richiesta del visto.
Per ulteriori informazioni, consultare il portale Il Visto per l'Italia, messo a disposizione dal Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale al seguente indirizzo: https://vistoperitalia.esteri.it/home/en - tipologia di visto: Turismo.
Le funzioni del responsabile locale sono indicate sul sito web. L'indirizzo e-mail a cui inviare la copia dell'elenco è il seguente [email protected]
È consigliabile presentare la lista almeno 40 giorni prima della partenza prevista per il pellegrinaggio. È comunque possibile per ogni cittadino che necessita di un visto richiedere il proprio visto d'ingresso in Italia senza dover ricorrere a questa procedura.