È stato definito il "processo del secolo". In realtà, però, il processo vaticano sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato è più simile a un processo di diritto commerciale, in cui le accuse più frequenti sono corruzione, frode e appropriazione indebita.
Tuttavia, il processo ha avuto risonanza internazionale perché per la prima volta un cardinale, Angelo Becciu, è stato accusato da un tribunale vaticano. Fino al Il motu proprio di Papa Francesco del 30 aprile 2021Infatti, i cardinali potevano essere giudicati solo dalla Cassazione vaticana, che è un collegio di tre cardinali.
Il verdetto, cioè la dichiarazione di "colpevolezza" o "non colpevolezza" dei dieci imputati e delle quattro società in custodia cautelare, sarà annunciato il 16 dicembre. Il verdetto completo, con le motivazioni, dovrebbe invece essere pubblicato qualche mese dopo.
Il dispositivo, tuttavia, dovrà essere interpretato, perché i capi d'imputazione sono molteplici, a volte si intersecano e coinvolgono più imputati, e sono soggetti a modifiche.
È anche possibile che il tribunale decida che alcuni reati non sono esattamente quelli previsti dall'accusa, decidendo pene più lievi o semplicemente dichiarando che i fatti commessi non costituiscono reato. A tal fine, è necessario innanzitutto capire in cosa consiste il processo.
Una prova, tre prove
Gli inquirenti hanno seguito tre piste molto diverse, tutte legate alla questione della "gestione dei fondi della Segreteria di Stato".
Il primo indizio è il più importante: l'investimento della Segreteria di Stato in azioni di una villa di lusso a Londra per circa 200 milioni di euro. L'investimento è stato dato prima all'agente Raffaele Mincione e poi all'agente Gianluigi Torzi. Torzi, a sua volta, ha preso le quote dell'investimento e ha tenuto solo le 1.000 azioni con diritto di voto, mantenendo così il pieno controllo della proprietà.
Pertanto, il Segreteria di Stato decise di acquistare le azioni e di prendere il controllo dell'edificio. La trattativa che portò la Segreteria di Stato a pagare a Torzi un indennizzo per la perdita delle quote fu considerata "estorsione" dagli investigatori vaticani. La Santa Sede ha poi venduto il palazzo senza effettuare le operazioni di valorizzazione previste (l'investimento non era tanto nel palazzo in sé, quanto in un progetto di ampliamento e di riallocazione a fini locativi) a un prezzo inferiore al valore di mercato. Secondo il Promotore di Giustizia vaticano, la perdita per la Santa Sede sarebbe compresa tra i 139 e i 189 milioni di euro.
125.000 euro alla Caritas di Ozieri, in Sardegna, diocesi di origine del cardinale Angelo Becciu. Il denaro è stato dato dalla Caritas alla SPES, una cooperativa legata alla Caritas che svolge attività sociali, e doveva servire a coprire i costi di un panificio creato per creare posti di lavoro per gli emarginati e la costruzione di una "cittadella della carità". Il reato sarebbe di appropriazione indebita, perché secondo l'accusa Becciu avrebbe utilizzato il denaro della Segreteria di Stato per scopi personali e per arricchire la sua famiglia.
Il terzo indizio riguarda l'assunzione da parte della Segreteria di Stato di Cecilia Marogna, una sedicente esperta di intelligence che avrebbe collaborato alla liberazione di alcuni ostaggi, tra cui quello di suor Cecilia Narvaez, la religiosa colombiana rapita in Mali nel 2017. La donna, secondo la Procura, avrebbe speso per sé i soldi che erano stati stanziati dalla Segreteria di Stato per completare le operazioni di liberazione.
Cosa rischiano gli imputati
Il promotore di giustizia vaticano ha chiesto condanne complessive a 73 anni e un mese di carcere, oltre a varie interdizioni e multe. Secondo il promotore di giustizia Alessandro Diddi, il filo conduttore di questi tre filoni di indagine è sempre e solo il cardinale Angelo Becciu. Poco importa che Becciu sia stato coinvolto nell'affare del palazzo londinese solo all'inizio, perché è sotto la sua gestione che è iniziata la compravendita delle quote dell'edificio.
Proprio perché il cardinale non ha mai mostrato segni di pentimento, è stato chiesto per lui il massimo della pena: 7 anni e 3 mesi di carcere, interdizione dai pubblici uffici, una multa di 10.329 euro e la richiesta di confisca di 14 milioni.
Per René Bruelhart, ex presidente dell'Autorità di Informazione Finanziaria, sono stati richiesti 3 anni e 8 mesi di reclusione, l'interdizione temporanea dai pubblici uffici e una multa di 10.329 euro.
Per Tommaso Di Ruzza, direttore dell'Autorità di Informazione Finanziaria, sono stati chiesti 4 anni e 3 mesi di reclusione, l'interdizione temporanea dai pubblici uffici e una multa di 9600 euro.
Per monsignor Mauro Carlino, che all'epoca dell'operazione era segretario del deputato, sono stati chiesti 5 anni e 4 mesi di reclusione, l'interdizione a vita dai pubblici uffici e una multa di 8.000 euro.
Secondo l'accusa, Enrico Craso, che è stato direttore finanziario della Segreteria di Stato attraverso il Credit Suisse, deve scontare 9 anni e 9 mesi di carcere, una multa di 18.000 euro e l'interdizione a vita dai pubblici uffici.
Cecilia Marogna, rischia 4 anni e 8 mesi di carcere, l'interdizione a vita dai pubblici uffici e una multa di 10.329 euro.
Raffaele Mincione rischia 11 anni e 5 mesi di reclusione, l'interdizione a vita dai pubblici uffici e una multa di 15450 euro, mentre Gianluigi Torzi rischia 7 anni e 6 mesi di reclusione, l'interdizione a vita dai pubblici uffici e una multa di 9000 euro.
Per l'avvocato Nicola Squillace, che ha dichiarato di aver agito per conto del Segretario di Stato, 6 anni di reclusione, sospensione dall'esercizio della professione e una multa di 12500 euro.
La pena più alta richiesta è stata quella del funzionario della Segreteria di Stato Fabrizio Tirabassi: 13 anni e 3 mesi di reclusione, interdizione a vita dai pubblici uffici e una multa di 18750 euro.
Inoltre, la Segreteria di Stato vaticana, l'Amministrazione per il Patrimonio della Sede Apostolica e l'Amministrazione per il Patrimonio della Sede Apostolica sono stati invitati a partecipare al progetto. Istituto per le Opere di Religione si sono costituiti parte civile: il primo ha chiesto un risarcimento per i danni d'immagine causati dalle operazioni compreso tra 97 e 177 milioni di euro, mentre lo IOR ha chiesto la restituzione di 206 milioni di euro e quasi un milione di euro per danni morali e reputazionali all'Istituto.
Difese
Le difese hanno evidenziato quelle che considerano contraddizioni nella ricostruzione del promotore di Giustizia e hanno chiesto tutte l'assoluzione dei loro imputati, per due motivi principali: perché il fatto non sussiste e perché il fatto non costituisce reato.
Secondo gli imputati, non c'è stato alcun reato di investimento, né è stata presentata alcuna prova che le perdite sull'acquisto dell'edificio costituissero un reato. La difesa ha anche sottolineato che non c'erano prove che il cardinale Angelo Becciu e la sua famiglia avessero ricevuto fondi illegalmente, quindi non poteva essere accusato di appropriazione indebita. Infine, la difesa ha accusato il promotore di giustizia del Vaticano di aver elaborato un teorema, senza tener conto dell'esito dell'udienza.
Dalla sentenza si capirà la tenuta del sistema giudiziario vaticano. Se si dimostrerà che le indagini sono state caratterizzate da parzialità, come sostengono le difese, ciò potrebbe minare il sistema giudiziario del Vaticano stesso. Già un giudice londinese, Baumgartner, in un procedimento legato a questo processo, ha definito i risultati delle indagini un'errata caratterizzazione, un'accusa che il promotore di giustizia rispedisce al mittente.
La presenza di ben quattro rescritti papali che hanno cambiato frettolosamente le regole della ricerca è un'altra questione importante. I rescritti riguardano solo questo processo. Ma un processo giusto può davvero essere caratterizzato da decisioni estemporanee?