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Przemysław Śliwiński: "Non possiamo fare a meno di curare la comunicazione".

Przemysław Śliwiński, dottore in Comunicazione istituzionale e portavoce dell'arcidiocesi di Varsavia, sottolinea quanto sia importante per i sacerdoti e le persone consacrate curare la propria immagine pubblica.

Giovanni Tridente-17 maggio 2023-Tempo di lettura: 3 minuti
Śliwiński

Qualche settimana fa, il Conferenza episcopale polacca ha emanato un "decreto generale" che affronta la questione dell'immagine pubblica dei sacerdoti e delle persone consacrate sia nei media tradizionali che nelle reti sociali. Si tratta di un provvedimento reso necessario dai progressi tecnologici degli ultimi anni, che intende alleviare in qualche modo i possibili rischi di "cattiva reputazione" e l'uso improprio delle moderne tecnologie. Un'iniziativa, inoltre, che potrebbe essere mutuata anche dalle Conferenze episcopali di altri Paesi. Omnes ha intervistato sull'argomento Przemysław Sliwinski, dottore in Comunicazione istituzionale e portavoce dell'arcidiocesi di Varsavia.

Sliwinski, cosa prevede esattamente questo recente decreto della Conferenza episcopale polacca?

-Il documento si concentra sull'identità dei sacerdoti e delle persone consacrate, evidenziando le possibili conseguenze e responsabilità riguardo ai loro interventi pubblici in quanto rappresentanti ecclesiali che trasmettono apertamente la dottrina della Chiesa e non la loro opinione personale. 

In particolare, ci sono due regole. In primo luogo, la necessità di indossare l'abito religioso o clericale durante le interviste e i programmi televisivi. Di conseguenza, nel caso dei social network, si richiede che i loro profili pubblici siano chiaramente identificabili, con una foto o una descrizione che chiarisca che si tratta di una persona consacrata o di un sacerdote.

Un secondo aspetto del Decreto stabilisce che qualsiasi collaborazione continuativa con i media da parte di persone ordinate o consacrate deve essere confermata dal vescovo. Evidentemente, il documento non stabilisce alcuna "censura" dei post pubblicati sui social media. La notizia che tutto ciò che i sacerdoti e le persone consacrate pubblicano sui social media sia ora monitorato - non sappiamo da chi - è falsa.

Dal punto di vista di un comunicatore della Chiesa, quanto è utile questa iniziativa?

-Pensando alla realtà polacca, abbiamo quaranta diocesi, alcune con una propria legislazione, sui rapporti dei sacerdoti con i media. Ogni provincia può anche stabilire le proprie regole in merito. Forse l'idea del documento è quella di introdurre una regola unica per tutto il Paese.

Ad esempio, come portavoce dell'arcidiocesi di Varsavia posso confermare che non abbiamo un nostro documento che stabilisca le regole sul rapporto dei sacerdoti e dei religiosi con i media. Ci limitiamo a trattare l'aspetto educativo della questione a partire dalla formazione in seminario. Io stesso ho fatto formazione ai seminaristi sui media per più di dieci anni. Queste "regole" sono chiare e tutti i sacerdoti le considerano normali in questa fase. Inoltre, se dovessero sorgere dei problemi, la loro causa principale non sarebbe direttamente legata alla mancanza di un "documento", ma avrebbe cause più profonde.

La stessa Conferenza episcopale polacca aveva già pubblicato un testo simile nel 2004, limitato solo ai media tradizionali. Quali sono ora i veri cambiamenti?

-Dopo la pubblicazione del decreto, si è scatenato un dibattito generale che ha fatto temere ulteriori restrizioni. In ogni caso, questo "nuovo documento" è stato creato per sostituire il precedente del 2004. In realtà, lo completa proseguendone la logica. Aggiunge, ovviamente, la proiezione e l'impatto della presenza dei religiosi e dei sacerdoti nei social media, che allora non esisteva.

Pensate che questo documento possa essere utile anche ad altre Conferenze episcopali?
-Prima di rispondere, vorrei fare una precisazione. Ci possono essere tre tipi di documenti su questo tema: il primo è di natura legislativa; il secondo è di natura formativa; il terzo riguarda la strategia di comunicazione della Chiesa nei confronti dei media. 

A mio avviso, deve essere chiaro che il carattere di questo documento può sembrare legislativo nella forma, ma nel contenuto ha un carattere formativo. Pertanto, richiamo l'attenzione sulla necessità di preparare un'attenta strategia, in ogni Paese, in relazione alla presenza della Chiesa e dei suoi rappresentanti nei media, ovviamente adeguata ai tempi attuali. 

C'è altro da aggiungere?

-Questo nuovo decreto generale ha avuto il merito, al di là delle reazioni che ha suscitato, almeno in Polonia, di farci capire che non possiamo più fare a meno di curare la comunicazione, e che i social media non sono qualcosa di ludico o transitorio, ma una realtà concreta della nostra esistenza, che dobbiamo usare con il giusto discernimento e agire con la dovuta preparazione.

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