Vaticano

Il Papa alla Veglia Pasquale: "È sempre possibile ricominciare".

Papa Francesco ha celebrato la Veglia Pasquale in una Basilica di San Pietro quasi vuota, dove ha ricordato che il Signore ci invita a "ricominciare".

David Fernández Alonso-4 aprile 2021-Tempo di lettura: 5 minuti
veglia pasquale papa francesco

Foto: ©2021 Catholic News Service / Conferenza dei vescovi cattolici degli Stati Uniti.

"È sempre possibile ricominciare". Questo è stato uno dei messaggi del Papa durante la Veglia Pasquale di quest'anno, segnata ancora una volta dalla pandemia. La celebrazione ha avuto luogo alle 19.30 di sabato sera presso l'Altare della Cattedra nella Basilica di San Pietro. La navata era completamente vuota, ad eccezione di alcuni fedeli raccolti nei banchi dell'abside della cattedra.

Per questo motivo, il rito della Benedizione del Fuoco, che si è svolto ai piedi dell'Altare della Confessione, è stato più simbolico rispetto agli anni precedenti. La processione iniziale è partita dall'Altare della Confessione fino all'Altare della Cattedra passando a fianco dell'"Altare di San Giuseppe".

Con il canto del Gloria, la Basilica è stata progressivamente illuminata fino ad essere completamente illuminata. Durante la cerimonia è stata omessa la preparazione del cero pasquale e non ci sono stati battesimi, ma solo il rinnovo delle promesse battesimali, preceduto dalla benedizione dell'acqua lustrale.

Pubblichiamo di seguito il testo dell'omelia del Papa durante la Veglia Pasquale, dopo la proclamazione del Santo Vangelo:

"Le donne pensavano di trovare il corpo da ungere, invece trovarono un sepolcro vuoto. Erano andati a piangere un uomo morto, ma invece hanno sentito un annuncio di vita. Per questo, il Vangelo dice che quelle donne erano "spaventate e sconcertate" (Mc 16,8). Sconcerto: in questo caso è la paura mista a gioia che sorprende i loro cuori quando vedono la grande pietra del sepolcro rotolare via e dentro un giovane in veste bianca.

È la meraviglia di sentire quelle parole: "Non abbiate paura! Colui che cercate, Gesù di Nazareth, il crocifisso, è risorto" (v. 6). E poi quell'invito: "Vi precederà in Galilea e là lo vedrete" (v. 7). Accogliamo anche noi questo invito, l'invito a PasquaAndiamo in Galilea, dove il Signore risorto ci precede. Ma cosa significa "andare in Galilea"?

Andare in Galilea significa, innanzitutto, andare in Galilea, ricominciare. Per i discepoli si trattava di tornare nel luogo in cui il Signore li aveva cercati per la prima volta e li aveva chiamati a seguirlo. È il luogo del primo incontro e del primo amore. Da quel momento, lasciate le reti, seguirono Gesù, ascoltando la sua predicazione e assistendo ai prodigi che compiva. Tuttavia, pur essendo sempre con lui, non lo comprendevano appieno, spesso fraintendevano le sue parole e, di fronte alla croce, fuggivano, lasciandolo solo.

Nonostante questo fallimento, il Risorto si presenta come Colui che, ancora una volta, li precede in Galilea; li precede, cioè li precede. Li chiama e li invita a seguirlo, senza mai stancarsi. Il Risorto dice loro: "Ricominciamo da dove abbiamo cominciato. Ricominciamo da capo. Ti voglio di nuovo con me, nonostante e al di là di tutti i fallimenti". In questa Galilea sperimentiamo lo stupore dell'amore infinito del Signore, che traccia nuove strade nei sentieri delle nostre sconfitte.

Questo è il primo annuncio di Pasqua che desidero offrirvi: è sempre possibile ricominciarePerché c'è una nuova vita che Dio è in grado di far ripartire in noi al di là di tutti i nostri fallimenti. Anche dalle macerie del nostro cuore Dio può costruire un'opera d'arte, anche dai resti rovinati della nostra umanità Dio prepara una nuova storia. Egli ci precede sempre: sulla croce della sofferenza, della desolazione e della morte, ma anche nella gloria di una vita che risorge, di una storia che cambia, di una speranza che rinasce. E in questi mesi bui di pandemia sentiamo il Signore risorto che ci invita a ricominciare, a non perdere mai la speranza.

Andare in Galilea, in secondo luogo, significa percorrere nuovi sentieri. È muoversi in direzione opposta alla tomba. Le donne cercavano Gesù nel sepolcro, cioè andavano a ricordare ciò che avevano vissuto con Lui e che ora avevano perso per sempre. Si rifugiano nella loro tristezza. È l'immagine di una fede che è diventata una commemorazione di un evento bello ma finito, solo per ricordare. Molti vivono la "fede dei ricordi", come se Gesù fosse un personaggio del passato, un amico di gioventù, ormai lontano, un evento accaduto molto tempo fa, quando da bambini frequentavano le lezioni di catechismo. Una fede fatta di abitudini, di cose del passato, di bei ricordi d'infanzia, che non mi commuove più, che non mi sfida più.

Andare in Galilea, invece, significa imparare che la fede, per essere viva, deve ripartire. Deve riaccendere ogni giorno l'inizio del viaggio, lo stupore del primo incontro. E poi fidarsi, senza la presunzione di sapere già tutto, ma con l'umiltà di chi si lascia sorprendere dalle vie di Dio. Andiamo in Galilea per scoprire che Dio non può essere depositato tra i ricordi dell'infanzia, ma che è vivo, sempre sorprendente. Risorto, non smette mai di stupirci.

Poi, il secondo annuncio pasquale: la fede non è un repertorio del passato, Gesù non è un personaggio obsoleto. Lui è vivo, qui e ora. Cammina con voi ogni giorno, nella situazione in cui vi trovate, nella prova che state attraversando, nei sogni che vi portate dentro. Apre nuove strade dove si pensa che non ce ne siano, spinge ad andare contro la corrente del rimorso e del "già visto". Anche se tutto vi sembra perduto, lasciatevi prendere dallo stupore per la sua novità: vi sorprenderà.

Andare in Galilea significa anche, andare alle estremità. Poiché la Galilea è il luogo più lontano, in quella regione complessa e colorata vivono coloro che sono più lontani dalla purezza rituale di Gerusalemme. Eppure è proprio da lì che Gesù ha iniziato la sua missione, rivolgendo il suo annuncio a coloro che lottano per la vita quotidiana, agli esclusi, ai fragili, ai poveri, per essere il volto e la presenza di Dio, che cerca instancabilmente chi è scoraggiato o smarrito, che si spinge fino ai limiti dell'esistenza perché ai suoi occhi nessuno è ultimo, nessuno è escluso.

È lì che il Signore risorto chiede ai suoi seguaci di andare, anche oggi. È il luogo della vita quotidiana, le strade che percorriamo ogni giorno, gli angoli delle nostre città dove il Signore ci precede e si rende presente, proprio nella vita di chi ci passa accanto e condivide con noi il tempo, la casa, il lavoro, le difficoltà e le speranze.

In Galilea impariamo che possiamo trovare il Cristo risorto nei volti dei nostri fratelli e sorelle, nell'entusiasmo di chi sogna e nella rassegnazione di chi è scoraggiato, nei sorrisi di chi gioisce e nelle lacrime di chi soffre, soprattutto nei poveri e negli emarginati. Ci stupiremo di come la grandezza di Dio si riveli nella piccolezza, di come la sua bellezza risplenda nei semplici e nei poveri.

Infine, il terzo annuncio pasquale: Gesù, il Risorto, ci ama senza limiti e visita ogni situazione della nostra vita. Egli ha stabilito la sua presenza nel cuore del mondo e invita anche noi a superare le barriere, a vincere i pregiudizi, ad avvicinarci a chi ci sta vicino ogni giorno, a riscoprire la grazia della vita quotidiana. Riconosciamo la sua presenza nella nostra Galilea, nella vita di tutti i giorni. Con lui la vita cambierà. Perché al di là di ogni sconfitta, del male e della violenza, al di là di ogni sofferenza e della morte, il Risorto vive e governa la storia.

Fratello, sorella, se in questa notte il tuo cuore attraversa un'ora buia, un giorno che non è ancora sorto, una luce sepolta, un sogno infranto, apri il tuo cuore con stupore all'annuncio pasquale: "Non temere, è risorto! Vi aspetta in Galilea". Le vostre aspettative non rimarranno insoddisfatte, le vostre lacrime saranno asciugate, le vostre paure saranno superate dalla speranza. Perché il Signore vi precede, cammina davanti a voi. E con lui la vita ricomincia".

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