Questo accordo è un passo avanti verso la normalizzazione dei rapporti diplomatici, che ci sarà alla fine solo quando si definirà l’accordo per uno scambio di ambasciatori. Ma è un passo avanti importante, se si conta che ci si è arrivati dopo una trattativa molto lunga, dieci incontri di un comitato congiunto Vietnam – Santa Sede fatto al livello dei “viceministri degli Esteri”, un accordo per la nomina dei vescovi, e la presenza, già dal 2011, di un rappresentante non residente della Santa Sede in Vietnam, che è stato sin dall’inizio il nunzio a Singapore.
Se, dunque, il Vietnam non è ancora il 185esimo Stato con piene relazioni diplomatiche con la Santa Sede, il fatto che ci sia un rappresentante residente è un passo avanti non di poco conto. Anzi, può anche essere un precedente importante riguardo ai rapporti tra Santa Sede e Cina. È noto, infatti, che il Cardinale Pietro Parolin, Segretario di Stato vaticano, sta spingendo perché ci sia un rappresentante residente della Santa Sede a Pechino, in modo non da allacciare rapporti diplomatici, ma perlomeno da avere una presenza della Santa Sede che possa osservare da vicino la situazione dei cristiani e lavorare con il governo di Pechino affinché la situazione dei cristiani e la posizione della Santa Sede sia ben compresa.
Un accordo con una prospettiva cinese?
Di certo, paragonare Cina e Vietnam non è del tutto corretto. In Vietnam, ci sono 8 milioni di cattolici, il 6,7 per cento della popolazione, e il “peso specifico” della popolazione cattolica nel Paese è molto forte. I rapporti con il governo sono stati altalenanti, da una persecuzione aperta a un dialogo, fino a delle questioni sulla libertà religiosa che hanno rischiato di minare anche il lavoro fatto per normalizzare le relazioni diplomatiche.
Tuttavia, ci sono anche delle similitudini da non sottovalutare.
Il Vietnam è una repubblica socialista, come la Cina. Come è successo con la Cina, anche in Vietnam la figura chiave per la ridefinizione dei rapporti diplomatici è stato il Cardinale Etchegaray. Questi visitò ufficialmente il Paese nel 1989, aprendo a successive visite di una serie di delegazioni pontificie nelle diocesi vietnamite. E anche con il Vietnam la Santa Sede ha potuto cominciare un percorso di normalizzazione a partire da un accordo sulla nomina dei vescovi, che un po’ è stato l’apripista dell’accordo con la Cina.
Il modello Vietnam per la nomina dei vescovi funziona così: c’è un periodo di consultazione, al termine del quale il rappresentate pontificio invia i risultati alla Congregazione alla Congregazione dell’Evangelizzazione dei Popoli, che ha ancora competenza sul Vietnam. Quest’ultima finalizza la lista dei tre candidati, che viene presentata al Papa, il quale fa la sua scelta. Solo dopo la scelta del Papa, la Santa Sede si confronta con il governo vietnamita riguardo il candidato selezionato. Il governo vietnamita vaglia la candidatura, e poi accetta eventualmente il candidato. Quindi, la Santa Sede rende nota la nomina del vescovo.
Non sappiamo come è il modello cinese, frutto di un accordo provvisorio, ma è plausibile che la procedura non si discosti molto da questo accordo. Anche questo accordo fu propiziato dal Cardinale Pietro Parolin, nel 1996, quando era sottosegretario per i Rapporti con gli Stati, ovvero viceministro degli Esteri vaticano.
Ora, il Vietnam fa un passo ulteriore verso le piene relazioni diplomatiche accettando un rappresentante residente della Santa Sede ad Hanoi. E c’è da chiedersi se anche la Cina, nei prossimi tempi, farà questo passo.
Il protocollo tra Vietnam e Santa Sede
Nella comunicazione che annunciava il protocollo, si leggeva che “ai colloqui tra il Presidente Vo Van Thuong e Papa Francesco, e il Cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin rispettivamente, le due parti hanno espresso grande apprezzamento per il degno di nota progressi nelle relazioni tra Viet Nam e Santa Sede, e i positivi contributi del Comunità cattolica del Vietnam finora”.
Inoltre, “entrambe le parti hanno espresso la loro fiducia che il Rappresentante Pontificio Residente soddisferà i requisiti ruolo e mandato dato nell'Accordo, fornire sostegno alla comunità cattolica vietnamita in i loro impegni nello spirito del diritto e, sempre ispirati dal Magistero della Chiesa, a realizzare la vocazione di “accompagnare la nazione” e di essere “buoni cattolici e buoni cittadini”, e contribuire allo sviluppo del Paese, mentre il Rappresentante sarà un ponte per avanzare rapporti tra Viet Nam e Santa Sede”.
Le relazioni tra la Santa Sede e il Vietnam
Dal 1975, anno in cui il delegato apostolico in Vietnam fu espulso dal governo comunista, non c’è un rappresentante permanente della Santa Sede in Vietnam.
Attuale rappresentante non residente è il nunzio a Singapore, l’arcivescovo Marek Zalewski, che ha visitato di frequente il Vietnam negli ultimi anni portando avanti il lavoro di ponte che era stato cominciato dal suo predecessore, l’arcivescovo Leopoldo Girelli, primo rappresentante non residente della Santa Sede ad Hanoi. I negoziati sono durati 14 anni, con dieci riunioni che hanno visto un continuo solidificarsi delle relazioni.
D’altronde, se nel 2018 la Caritas Vietnam ha potuto festeggiare il decimo anniversario dalla riapertura dopo 32 anni di chiusura forzata ad opera del regime comunista, lo si deve anche a questo lavoro di dialogo difficile.
Il Vietnam è una terra di martiri, e il più noto di loro è il Cardinale François Xavier Van Thuan, che trascorse 13 anni in carcere, di cui nove in isolamento, e che poi fu chiamato in Vaticano a servire prima come vicepresidente e poi come presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.