Vaticano

Una sintesi della situazione finanziaria del Vaticano

Papa Francesco continua la riforma finanziaria del Vaticano, concentrandosi sul Fondo Pensioni, ora sotto l'amministrazione del cardinale Kevin Farrell, e sull'APSA, che cerca di ottimizzare il suo patrimonio. Sebbene le riforme abbiano migliorato la gestione e la trasparenza, le sfide finanziarie rimangono a causa del calo delle entrate e dei profitti dello IOR, e si stanno attuando misure rigorose per garantire la sostenibilità.

Andrea Gagliarducci-7 dicembre 2024-Tempo di lettura: 5 minuti
Il denaro

Foto di @OSV News/Yuriko Nakao, Reuters

Con la nomina di un amministratore unico del Fondo Pensioni Vaticano, nella persona del cardinale Kevin J. Farrell, Papa Francesco continua il suo percorso di riforma delle finanze vaticane. Un percorso che sta vivendo un cambio generazionale e che, in ogni caso, ha coinvolto tutti gli organismi finanziari vaticani, creando una nuova struttura che ora è destinata a dare i suoi frutti.

Nel 2014, quando il cardinale George Pell spiegò la grande riforma dell'economia vaticana in una conferenza stampa molto partecipata, enunciò alcuni principi fondamentali.

Principi di riforma

La prima: il Vaticano non era in bancarotta, anzi era necessario razionalizzare le risorse, magari centralizzarle (si parlava allora di "Vatican Asset Management") per permettere a tutti di guadagnare di più e meglio.

In secondo luogo, la riforma delle pensioni era necessaria, ma non perché il fondo pensioni fosse indebitato, bensì perché si trovava ad affrontare i problemi strutturali di tutti gli Stati del mondo, ovvero che ci sarebbero stati più pensionati e più a lungo, per cui le nuove generazioni non sarebbero state in grado di sostenere il fondo in un certo momento.

In terzo luogo, la riforma è servita a garantire un maggiore controllo, rispettando gli obblighi internazionali e puntando a una gestione più manageriale dei fondi.

Si trattava di tre principi validi, che dovevano essere adattati alla particolare situazione vaticana, dove per anni i bilanci erano stati un affare artigianale piuttosto che professionale. Il IOR (la banca vaticana) ha introdotto la revisione contabile esterna a metà degli anni '90, a seguito di una riforma dei suoi statuti. L'APSA (Amministrazione del Patrimonio della Santa Sede) controllava diverse società in Svizzera, Francia e Inghilterra, che solo in seguito hanno subito un processo di razionalizzazione. Lo Stato della Città del Vaticano aveva un proprio bilancio, mentre gli Oblati di San Pietro no, anche se le donazioni venivano sempre utilizzate per la missione del Papa, che comprendeva anche la copertura dei deficit della Curia.

Luci e ombre nel bilancio

Oggi esiste un bilancio pubblico della Santa Sede, un bilancio pubblico dell'Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica (la "banca centrale" del Vaticano), un bilancio pubblico dell'Istituto per le Opere di Religione (la cosiddetta "banca vaticana"), l'Autorità vaticana antiriciclaggio - ora chiamata Autorità di Informazione e Vigilanza Finanziaria - pubblica un rapporto annuale. Tuttavia, il bilancio dello Stato della Città del Vaticano non viene pubblicato da anni e, inoltre, non è mai stato pubblicato un bilancio del Fondo Pensioni Vaticano.

Cosa possiamo dedurre da questi bilanci? Per quanto riguarda lo IOR, c'è stato un drastico calo dei profitti. Nell'ultimo rapporto dello IOR, gli utili netti hanno raggiunto i 30,6 milioni di euro, di cui 13,6 milioni di euro sono stati distribuiti a opere religiose e caritative, mentre 3,2 milioni di euro sono stati devoluti a vari enti di beneficenza. Nel 2022 l'utile è stato di 29,6. Ma queste cifre sono ben lontane dall'utile di 86,6 milioni dichiarato nel 2012. Da allora è andato diminuendo, con piccoli aumenti: nel 2013 lo IOR ha registrato un profitto di 66,9 milioni; nel 2014 di 69,3 milioni; nel 2015 è addirittura sceso a 16,1 milioni. Nel 2016 è tornato a 33 milioni, nel 2017 la cifra è rimasta abbastanza costante a 31,9 milioni di euro, mentre nel 2018 l'utile è stato di 17,5 milioni.

Situazione dello IOR

Nel 2019 i profitti tornano a 38 milioni di euro e nel 2020 la crisi del COVID li fa scendere a 36,4 milioni di euro. Ma nel primo anno post-pandemia, un 2021 ancora non influenzato dalla guerra in Ucraina, torniamo a un trend negativo, con un utile di soli 18,1 milioni di euro, e solo nel 2022 torniamo alla soglia dei 30 milioni.

Con la diminuzione dei profitti, diminuisce il contributo dello IOR alla Curia romana per il suo sostegno. Il bilancio della Curia, pari a circa 200 milioni di euro, è un "bilancio di missione" e consiste quasi esclusivamente in spese, mentre le entrate provengono principalmente da donazioni. La Curia, infatti, non vende servizi, ma è al servizio del Santo Padre.

Non ci sono dati recenti sul bilancio dello Stato della Città del Vaticano, che comunque ha registrato un forte avanzo grazie alle vendite dei biglietti dei Musei Vaticani, crollate nei due anni della pandemia. Esistono invece dati sul bilancio dell'APSA, pubblicati a luglio.

Mancanza di trasparenza

L'APSA non agisce solo come "banca centrale del Vaticano", ma anche come fondo sovrano, essendo responsabile dell'intera gestione del patrimonio vaticano. Quest'anno ha registrato un utile di 45,9 milioni di euro, ottenuto grazie a una migliore gestione degli investimenti. Ma è un bilancio che va letto in chiaroscuro. Le notizie che circolano sui media parlano di contratti di leasing a società esterne, e si parla addirittura di una vendita dell'Annona, il supermercato del Vaticano, che sarà dato in concessione a una catena di supermercati italiana.

In breve, c'è un forte bisogno di profitto. Papa Francesco ha scritto ai cardinali chiedendo loro di razionare le risorse, ha tagliato i loro stipendi del 10%, ha stabilito che anche le case di servizio devono essere affittate a prezzi di mercato, ha attuato, all'inizio del suo pontificato, un blocco della rotazione. Si trattava di misure dure che mettevano a dura prova il sistema vaticano, fino ad allora ampiamente basato sulla collaborazione interdipartimentale sotto il coordinamento della Segreteria di Stato.

Ci sono nuove politiche di investimento, delineate nel documento "....".Mensuram Bonam" ma c'è anche la necessità di trovare risorse. Resta da capire come la Santa Sede, che dieci anni fa non versava in condizioni economiche così difficili, come ha ammesso il cardinale Pell, sia oggi costretta ad affrontare una situazione economica così delicata.

Nuovi manager

Mentre le riforme economiche hanno fatto un passo avanti e uno indietro, c'è una nuova generazione di dipendenti che si sta facendo strada nelle finanze vaticane. Il presidente dell'APSA è l'arcivescovo Giordano Piccinotti, che conosce bene il mondo della finanza, essendo stato amministratore delle fondazioni salesiane in Svizzera. Il cardinale Christoph Schonborn è il nuovo presidente dello IOR, mentre il presidente del Consiglio di Sovrintendenza, Jean-Baptiste de Franssu, rimane in carica, nonostante abbia già svolto due mandati. L'Autorità antiriciclaggio si sta avviando verso una transizione, forse addirittura una presidenza, come dimostra la recente nomina di Federico Antellini Russo all'inedito doppio ruolo di direttore e vicepresidente dell'Autorità.

E poi c'è il Fondo Pensioni Vaticano. Il cardinale Farrell è stato nominato amministratore unico, con l'obiettivo di portare avanti una riforma per eliminare il deficit, ma lo scenario da incubo è che l'erogazione delle pensioni venga sospesa fino a quando i bilanci non saranno in ordine, come del resto è accaduto in Argentina durante la crisi economica dei primi anni 2000.

Quel che è certo è che le finanze vaticane hanno attraversato un lungo periodo di riforme, in cui sono stati chiamati consulenti esterni per delineare i piani di ristrutturazione. Forse la decisione di cambiare tutto prima di valutare i risultati ottenuti ha avuto delle conseguenze.

L'autoreAndrea Gagliarducci

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