Con il Documento finale del Sinodo dei Sinodi si conclude il percorso sinodale, con il quale la Chiesa universale ha cercato di recuperare l'inveterata tradizione di incontro e di scambio di speranze, prima nelle diocesi o eparchie, poi insieme a tutte le Chiese particolari, nelle conferenze episcopali e, infine, nel Sinodo generale dei vescovi che si svolge ogni due anni dalla chiusura del Concilio Vaticano II a Roma.
La corresponsabilità e la chiamata a sentire che siamo tutti Chiesa e la Chiesa di Gesù Cristo destinata a durare fino alla fine dei tempi, sempre giovane e sempre riformatrice, ad ascoltare lo Spirito Santo e ad essere docile alle sue indicazioni e a portare il messaggio della salvezza cristiana fino all'ultimo angolo della terra.
Documento finale
Il documento finale del Sinodo appena concluso è da pubblicare in italiano con data 26 ottobre 2024 ricorda, nei suoi primi numeri, come si è svolto il Sinodo di Roma dopo due anni di intenso lavoro e due periodi appositamente dedicati a questo compito insieme al Santo Padre.
I frutti di questo Sinodo sono espressi nel documento finale, che sarà ricordato per la sua statura, la sua profondità e la sua magistrale esposizione che unisce l'universalità di tutta la Chiesa con costanti riferimenti alla sua applicazione nelle Chiese particolari. È stato elaborato con una visione e una metodologia sinodale e dovrà essere portato a compimento nelle Chiese particolari attraverso la convocazione periodica dei Sinodi e dei Concili provinciali, come ricorda la normativa vigente (n. 129).
Sono stati due anni di Sinodo a Roma che ha studiato le conclusioni di molti Sinodi nelle Chiese particolari ed è stato risolto tornando alla tradizione della Chiesa del primo millennio, dove abbiamo camminato insieme la Chiesa in Oriente e in Occidente sotto un unico Romano Pontefice.
Collegamento con il Vaticano II
Il Documento finale del Sinodo che si è appena concluso a Roma è profondamente legato al Concilio Vaticano II e al recente magistero della Chiesa. Fin dai suoi primi numeri, riflette lo spirito di comunione di tutte le Chiese particolari con il Romano Pontefice e l'entusiasmo ecumenico, ancora una volta espresso come una supplica allo Spirito Santo.
Indubbiamente, la sinodalità è stata ravvivata attorno alla chiamata universale alla santità, come proclamato nella Costituzione Apostolica "Lumen Gentium" (n. 11) e che San Giovanni Paolo II ha ripreso nella "Novo Milenio Ineunte" con l'affermazione "la pastorale del XX secolo sarebbe la pastorale della santità" (n. 2). Proprio durante il pontificato di Papa Francesco c'è stato un ritmo intenso di beatificazioni e canonizzazioni e anche di beatificazioni di martiri delle persecuzioni religiose del XX secolo.
Fonti di rivelazione
Il Documento Sinodale è solidamente fondato sulle Fonti della Rivelazione trasmesse al Magistero della Chiesa e rinnovate negli ultimi anni nei lavori teologici e universitari di tutto il mondo. I continui riferimenti alla Tradizione apostolica e alla Sacra Scrittura costituiscono le radici di un documento destinato a durare per molti anni. Alle fonti teologiche va aggiunta la metodologia sinodale applicata nelle fasi diocesane e nazionali e anche nell'aula del Sinodo stesso a Roma.
La prima cosa che colpisce del Documento finale del Sinodo che si è appena concluso a Roma è che il Santo Padre lo ha fatto proprio, visto che ci ha lavorato, discutendolo nell'aula sinodale stessa e, con la suprema autorità che gli corrisponde, esprime che è un frutto dello Spirito Santo.
Conversione personale
Immediatamente, il documento esprime l'importanza della conversione personale per poter produrre scritti e condurre le sessioni sinodali. La grazia della conversione era necessaria per ascoltare lo Spirito Santo che parlava a ciascuno dei padri sinodali. Come nel documento del Santo Padre di convocazione del 25° Giubileo a Roma, il documento finale del Sinodo esprime l'importanza di chiedere perdono per il male fatto al "creato, ai migranti, ai più bisognosi, alle popolazioni indigene, ai bambini, alle donne, ai malati e agli scartati" (n. 6).
Papa Francesco ci ricorderà in questo documento finale che tutta la Chiesa sinodalmente convertita deve rinnovare il suo impegno per le missioni e lo spirito missionario, anche nel primo mondo dove dobbiamo portare il seme del Vangelo e l'annuncio della salvezza (n. 11).
La sinodalità in Giovanni Paolo II
Come è noto, Papa Giovanni Paolo II nell'Enciclica "Ut unum sint" ha ricordato l'importanza di studiare l'esercizio del ministero petrino nel primo millennio della cristianità, quando non c'era ancora il Scisma d'Oriente di Michele Cerulario del 1054. Una delle conclusioni del Congresso organizzato dal Dicastero per la Dottrina della Fede per rispondere a questa sfida è stata quella di recuperare la sinodalità (nn. 18, 28, 31) che nella Chiesa ortodossa aveva continuato a essere vissuta da allora, mentre nella Chiesa cattolica era rimasta solo per l'applicazione dei grandi concili, Trento o il Concilio Vaticano II e altre occasioni previste dalla Legge (n. 129).
Conoscere questo fatto aiuta a comprendere l'enfasi del Sinodo sulla sinodalità e l'orizzonte ecumenico di cui questo documento finale del Sinodo è profondamente intriso (n. 139).