Vaticano

Sessant'anni di Lumen Gentium: riscoprire il mistero della Chiesa

Un Congresso internazionale a Roma ha riflettuto sull’attualità di Lumen Gentium, a 60 anni dalla sua promulgazione, tra storia, ecclesiologia e sinodalità, con uno sguardo alle sfide poste dalla modernità.

Giovanni Tridente-22 novembre 2024-Tempo di lettura: 3 minuti
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Nella ricorrenza del sessantesimo anniversario della promulgazione della Costituzione dogmatica Lumen Gentium, il 19 e 20 novembre 2024 la Pontificia Università della Santa Croce di Roma ha ospitato un Congresso internazionale per riflettere in generale sull’eredità del Concilio Vaticano II e di come sia evoluta l’ecclesiologia negli ultimi decenni. L’evento è stato organizzato in collaborazione con l’Università di Navarra, l’Università Cattolica Giovanni Paolo II di Lublino e le Facoltà di Teologia della “Santa Croce” e dell’Università della Svizzera italiana di Lugano.

Il cammino dell’ecclesiologia

La prima giornata del Congresso ha offerto un’analisi storica del cammino ecclesiologico, affidata a Carlo Pioppi, docente di Storia della Chiesa alla Santa Croce, il quale ha illustrato le due principali correnti di pensiero sviluppatesi tra la Rivoluzione Francese e il Concilio Vaticano II: da un lato, la tradizione manualistica con un approccio giuridico e apologetico; dall’altro, nuove prospettive che hanno riscoperto la Chiesa come “organismo vivo guidato dallo Spirito Santo e inserito nella storia”.

Dall’Università di Navarra, Pedro A. Benítez ha analizzato il dibattito conciliare sulla “struttura organica” della Chiesa, evidenziando come questa idea sia divenuta centrale nella redazione di Lumen Gentium, tanto da descrivere la Chiesa come “una realtà strutturata, un corpo unificato” in cui ogni membro svolge un ruolo vitale. Concetto che è stato poi approfondito anche da Peter De May, della Katholieke Universiteit Leuven, sottolineando come i capitoli della Costituzione dedicati al popolo di Dio, ai laici e alla gerarchia si integrano reciprocamente.

Popolo di Dio e comunione

Riferendosi al contesto post-conciliare, Hans Christian Schmidbaur, della Facoltà di Teologia di Lugano, ha evidenziato invece come la “communio”, principio fondamentale del documento conciliare, non vada intesa in senso secolare, quanto piuttosto come “communio sanctorum”, unione profonda tra Dio e l’umanità redenta, in cui la dimensione verticale della relazione con Dio assume e continua a mantenere un’importanza primaria.

La stessa esperienza vissuta durante il regime comunista in Polonia, quando c’era la tendenza a ridurre la realtà ecclesiali a una dimensione puramente istituzionale, di cui ha parlato Antoni Nadbrzezny dell’Università Cattolica di Lublino. Per lo studioso, Lumen Gentium ha restituito un’immagine di Chiesa come “entità personale”, “comunità di persone unite dall’amore del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”.

Nella seconda giornata dei lavori si è passati a un’analisi sistematica del Documento conciliare, approfondendo i concetti chiave di Popolo di Dio, comunione e sinodalità. Dall’Istituto Papa Benedetto di Ratisbona, Christian Schaller ha illustrato le diverse sfaccettature del “Popolo di Dio” presenti in Lumen Gentium, analizzandone la dimensione profetica, messianica e storico-escatologica. Quanto alla natura missionaria di questo “popolo”, è intervenuta Sandra Mazzolini, della Pontificia Università Urbaniana, soffermandosi in particolare sul ruolo dei laici e sul contributo che la Chiesa può dare nell’ambito del dialogo interculturale, “chiave di volta della missione evangelizzatrice della Chiesa sia universale sia locale”.

Sul tema della “comunione” è tornato anche Philip Goyret, già Decano della Facoltà di Teologia dell’Università della Santa Croce, che l’ha definita come un concetto in grado di sintetizzare altri elementi fondamentali della Chiesa, quali mistero, sacramento ed Eucaristia. Per cui, non si tratta affatto di una dimensione astratta, ma è un qualcosa che si realizza già nelle Chiese locali, trovando la sua massima espressione nella celebrazione eucaristica. Goyret ha poi sottolineato l’importanza di evitare una sorta di “rivalità” tra l’ecclesiologia di comunione e quella del Popolo di Dio, spiegando come la prima non escluda affatto la dimensione sociale e giuridica della Chiesa.

La sfida sinodale

Un ulteriore aspetto affrontato dal Congresso, del resto legato all’attualità del Pontificato di Papa Francesco, è stato quello dell’ecclesiologia sinodale, di cui ha parlato Miguel de Salis, Direttore del Centro di Formazione Sacerdotale della “Santa Croce”. Il docente – che è stato anche perito all’ultimo Sinodo in Vaticano – ha proposto un’analisi approfondita della sinodalità, partendo dalla sua definizione di “camminare insieme” e analizzandone il legame con la missione della Chiesa.

Secondo De Salis, occorre basale la sinodalità su una “struttura fondamentale relazionale”, evitando sia la rigidità di un’eccessiva dipendenza dalle forme istituzionali, sia il rischio di ridurre la Chiesa a un semplice riflesso della società contemporanea. Questo “cammino” deve essere radicato nella “pluralità reale della vita comunitaria”. In tale prospettiva, Vito Mignozzi, della Facoltà Teologica Pugliese, ha presentato la stessa sinodalità come “frutto della progressiva recezione conciliare”, spiegando che questa si realizza in un “nesso essenziale” che parte dalla concretezza delle comunità locali per abbracciare la dimensione universale della Chiesa.

Insomma, a sessant’anni di distanza la Lumen Gentium continua a offrire alla Chiesa uno sguardo che abbraccia sia il mistero della fede che la concretezza della storia, invitando le diverse generazioni a riconoscere nella comunione e nella sinodalità non solo strutture operative, ma vie per vivere e testimoniare il Vangelo e rinnovare lo slancio missionario.

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