Perché l'evento del martirio si realizzi, è necessaria una causa sufficiente, adeguata e qualificata, sia nel martire che nel persecutore. E questa causa sufficiente, adeguata e qualificata perché si verifichi un autentico evento martiriale è solo la fede, considerata sotto un duplice aspetto: nel persecutore perché la odia e nel martire perché la ama. Infatti, il persecutore che uccide per odio verso la fede è comprensibile solo alla luce dell'amore per la stessa fede che anima il martire.
La causa del martirio
Quando parliamo di fede come causa del martirio, non intendiamo solo la virtù teologale della fede, ma anche ogni virtù soprannaturale, teologale (fede, speranza e carità) e cardinale (prudenza, giustizia, fortezza, temperanza), e le loro sottospecie, che si riferiscono a Cristo. Pertanto, non solo la confessione della fede, ma anche di ogni altra virtù infusa è causa sufficiente per il martirio. Pertanto, Benedetto XIV sintetizza l'intero contenuto della fede come causa dell'evento del martirio in una formula, affermando che la causa del martirio è costituita dalla "fides credendorum vel agendorum", in quanto tra le verità di fede "aliae sunt theoricae, aliae practicae".
Testimonianza di fede
Tutto questo ci porta a pensare con monsignor Fernando Sáenz Lacalle, arcivescovo di San Salvador nel 2000, nella sua omelia per il ventesimo anniversario della morte martiriale di Óscar RomeroDio onnipotente, e Bontà infinita, sa trarre il bene anche dalle azioni più nefaste degli uomini. L'orribile crimine che ha tolto la vita al nostro amato predecessore gli ha portato una fortuna inestimabile: morire come 'testimone della fede ai piedi dell'altare'".
In questo modo, la vita di monsignor Romero si trasforma in una Messa che si fonde, all'ora dell'offertorio, con il Sacrificio di Cristo... Egli ha offerto la sua vita a Dio: gli anni dell'infanzia a Ciudad Barrios, quelli del seminario a San Miguel o quelli da studente a Roma. L'ordinazione sacerdotale a Roma il 4 aprile 1942. Il suo movimentato ritorno in patria, con partenza da Roma il 15 agosto 1943 e arrivo a San Miguel il 24 dicembre dello stesso anno, trascorrendo un periodo con il suo compagno, il giovane sacerdote Rafael Valladares, nei campi di concentramento di Cuba, seguito da un altro periodo nell'ospedale della stessa città.
Parroco di Anamorós e poi di Santo Domingo nella città di San Miguel, con molteplici responsabilità che affrontò con impegno e sacrificio. Poi, nel 1967, a San Salvador: segretario della Conferenza episcopale di El Salvador e quindi vescovo ausiliare di monsignor Luis Chávez y González. Nel 1974 è stato nominato vescovo di Santiago de María e il 22 febbraio 1977 ha preso possesso della sede arcivescovile di San Salvador, essendo stato elevato ad essa il 7 dello stesso mese. Vi rimase fino all'incontro con il Padre, avvenuto il 24 marzo 1980.
Questi rapidi dettagli biografici ci aiuteranno nel nostro sforzo di offrire alla Santissima Trinità l'esistenza terrena di monsignor Romero insieme alla vita di Gesù Cristo. Non offriamo pochi dettagli, offriamo una vita intensa, ricca di sfumature; offriamo la figura di un pastore in cui scopriamo l'enorme profondità della sua vita, della sua interiorità, del suo spirito di unione con Dio, radice, fonte e culmine di tutta la sua esistenza, non solo dalla sua vita arcivescovile, ma anche dalla sua vita di studente e di giovane sacerdote. Una vita che è fiorita fino a diventare il "testimone della fede ai piedi dell'altare" perché le sue radici erano ben radicate in Dio, in Lui trovava la forza della sua vitalità, attraverso di Lui, con Lui e in Lui viveva anche la sua vita arcivescovile tra le persecuzioni del mondo e le consolazioni di Dio. "Monsignor Romero, uomo umile e schivo, ma posseduto da Dio, è riuscito a fare quello che ha sempre voluto fare: grandi cose, ma lungo i sentieri che il Signore aveva tracciato per lui, sentieri che ha scoperto nella sua intensa e intima unione con Cristo, modello e fonte di ogni santità".
Obbedienti alla volontà di Dio
Chi di noi ha conosciuto monsignor Romero fin dai primi anni di sacerdozio è testimone del fatto che egli ha mantenuto vivo il suo ministero dando un primato assoluto a una vita spirituale nutrita, che non ha mai trascurato a causa delle sue diverse attività, mantenendo sempre una particolare e profonda sintonia con Cristo, il Buon Pastore, In questo modo ha voluto configurarsi a Cristo Capo e Pastore, partecipando alla propria "carità pastorale" donandosi a Dio e alla Chiesa, condividendo il dono di Cristo e a sua immagine, fino a dare la vita per il gregge.
Monsignor Romero era un sacerdote che portava con sé un vita santa dal seminario. E sebbene nella sua vita ci fossero evidentemente, per natura umana, dei peccati, tutti furono purificati dallo spargimento del suo sangue nell'atto del martirio.
Non voglio offrire un'immagine "leggera" di monsignor Romero, ma piuttosto, dopo trent'anni di lavoro come postulatore diocesano della sua causa di canonizzazione, desidero condividere il mio punto di vista, il mio apprezzamento di un vescovo buon pastore che è stato sempre obbediente alla volontà di Dio con delicata docilità alle sue ispirazioni; che ha vissuto secondo il cuore di Dio, non solo i tre anni della sua vita arcivescovile, ma tutta la sua vita.
Dio ci ha dato in lui un vero profeta, un difensore dei diritti umani dei poveri e un buon pastore che ha dato la vita per loro; e ci ha insegnato che è possibile vivere la nostra fede cristiana secondo il cuore di Dio. È quanto ha affermato Papa Francesco nella Lettera apostolica di beatificazione quando ha detto, attraverso il cardinale Amato, il 23 maggio 2015: "Óscar Arnulfo Romero y Galdámez, vescovo e martire, pastore secondo il cuore di Cristo, evangelizzatore e padre dei poveri, testimone eroico del regno di Dio, regno di giustizia, di fraternità, di pace".
Postulatore diocesano per la causa di canonizzazione di monsignor Óscar Romero