Cultura

Religioni e media: un rapporto problematico?

La Pontificia Università della Santa Croce di Roma ha organizzato un'interessante e pluralistica giornata di studio sulla rappresentazione delle diverse tradizioni religiose nei media.

Antonino Piccione-27 ottobre 2023-Tempo di lettura: 6 minuti

Foto: Tabella dei partecipanti alla riunione del @PUSC.

"Religioni e media. Tra secolarizzazione e rivoluzione digitale" è stato il tema e il titolo della giornata di studio promossa dall'Associazione ISCOM e dal Comitato "Giornalismo e tradizioni religiose" della Pontificia Università Santa Croce. Il 25 ottobre, rappresentanti di varie tradizioni religiose e professionisti del settore hanno riflettuto sulla presenza di ebraismo, islam, cristianesimo e induismo nel panorama mediatico, sempre più situato in un contesto culturale e politico molto dinamico.

Dopo la strage del 7 ottobre 2023 in Israele, non si può fare a meno di riflettere sulle ripercussioni mediatiche della guerra in Medio Oriente (e di altri conflitti armati attuali e potenziali che interessano varie regioni del mondo), ponendo la questione del ruolo e della funzione delle religioni in questi nuovi e vecchi scenari, e di come questo ruolo venga rappresentato nei media e sui social network. E tutto questo, al di là della censura, della disinformazione e della manipolazione, così frequenti in tempo di pace e ancor più in tempo di guerra.

Il ruolo della religione e della comunicazione

La religione è parte del problema o della soluzione? Nel suo discorso di apertura, Marta Brancatisanoprofessore emerito di antropologia duale presso la Pontificia Università Santa Croce, ha affermato che "non è logico né lecito attribuire alla fede un significato e un risultato che non sia a favore della vita". Perché "non si può associare la verità alla violenza". "È necessario raggiungere", ha sottolineato Brancatisano, "una conoscenza delle tradizioni religiose che oggi, come sempre, costituiscono la base culturale su cui si fondano le società in tutti i loro aspetti".

Alessandra CostanteSegretario Generale della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, ha sottolineato l'importanza di un'informazione responsabile: "Nel rispetto delle diverse culture e tradizioni religiose, come giornalisti siamo chiamati a svolgere il nostro ruolo e la nostra funzione con rigore, in nome della verità sostanziale dei fatti di cui non possiamo fare a meno. Soprattutto in un momento come quello attuale, con i rischi di radicalizzazione". "Le religioni nel XXI secolo - ha proseguito - sono tornate inaspettatamente al centro dell'attenzione". 

Un'opinione condivisa da Ariel Di PortoI media devono contribuire alla conoscenza dei vari fenomeni religiosi in una società sempre più multiculturale e multireligiosa", ha dichiarato l'ex rabbino capo di Torino, membro della Comunità ebraica di Roma. 

Sulla stessa linea, Abdellah RedouaneSegretario Generale del Centro Culturale Islàmico d'Italia, ha indicato che "i media sono un'opportunità e allo stesso tempo una minaccia per le diverse fedi. Opportunità perché le autorità religiose hanno potuto diffondere la loro parola nello spazio pubblico. Minaccia - ha concluso Redouane - perché si teme che alcuni media possano adulterare la sensibilità religiosa, con un'innegabile diffusione del laicismo e del rifiuto del fenomeno religioso, qualunque esso sia".

Libertà di religione e libertà di informazione

Una delle tavole rotonde della conferenza si è concentrata sull'analisi della possibilità di armonizzare i principi della libertà di religione e della libertà di informazione. Sembrerebbero in conflitto o incompatibili tra loro. Tuttavia, "non si è completamente liberi", secondo il parere di Davide Jona FalcoIl Consigliere per la Comunicazione dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (U.C.E.I.), "se non si può esprimere e vivere la propria religione, se non si ha il diritto di esprimere la propria opinione e di ricevere informazioni accurate o di comunicare informazioni o idee senza interferenze esterne".

L'equilibrio tra libertà di espressione e libertà di religione è particolarmente delicato quando si tratta di satira religiosa o di critica teologica. Zouhir Louassini, giornalista e scrittore di Rai News dal 2001, ha proposto di "trovare un compromesso che rispetti entrambe le libertà. Ciò richiede un dialogo costante e una profonda comprensione delle diverse sensibilità culturali e religiose. La chiave potrebbe risiedere nella promozione dell'educazione e dell'empatia reciproca, riconoscendo l'importanza di entrambe le libertà nella costruzione di una società democratica e inclusiva". 

Anche i musulmani, quindi, entrano (e sono chiamati ad entrare) in dialogo con il mondo. "Tuttavia", ha chiarito Mustafa Cenap Aydinsociologo delle religioni e direttore del Centro per il Dialogo dell'Istituto Tevere, "quando si parla di Islam è necessario chiarire a quale Islam ci si riferisce, data la realtà plurale e complessa dell'Islam in dialogo con il mondo, prestando particolare attenzione ai fondamenti teologici del dialogo interreligioso nel libro sacro musulmano, il Corano.

Sulla libertà religiosa, la coesistenza pacifica e il processo di secolarizzazione, ha riflettuto su Paolo CavanaProfessore di Diritto canonico e Diritto ecclesiastico all'Università LUMSA di Roma. Secondo lui, "la globalizzazione ha reso le comunità religiose attori necessari nella costruzione di società multietniche e multireligiose". Tuttavia, a suo avviso, solo la libertà di informazione è in grado di garantire "la conoscenza reciproca che costituisce il presupposto fondamentale di ogni dialogo interreligioso, basato sul rispetto della persona umana".

Come si può rappresentare in televisione la cultura delle diverse tradizioni religiose? Marco Di Portogiornalista, scrittore e autore di "Sorgente di vita", programma di cultura ebraica in onda sulla RAI, ha richiamato l'attenzione "sull'importanza di raccontare la storia e le tradizioni del 'mondo ebraico' al grande pubblico. E la sfida di approfondire argomenti complessi in modo diretto e comprensibile, adeguato alla velocità e all'immediatezza dei media". La cultura ebraica, aggiunge Roberto Della RoccaDirettore del Dipartimento Educazione e Cultura dell'Unione delle Comunità Ebraiche Italiane - può diventare un luogo di incontro tra tradizioni diverse. La cultura ebraica è caratterizzata da multiterritorialità e plurilinguismo, conseguenza di una diaspora che ha permesso agli ebrei di seminare e raccogliere frutti fertili, all'interno della cultura ellenistica, arabo-islamica e infine europea".

Raccontare storie di contenuto religioso

Esiste un modo religioso di raccontare una storia a contenuto religioso? Secondo Luca Manzi, scrittore e sceneggiatore, coautore di serie come "Don Matteo", "Boris", "Ombrelloni" e "The net", "analizzando la serialità internazionale, la struttura del racconto ha subito un cambiamento senza precedenti negli ultimi due decenni, stabilendo per la prima volta una differenza tra un racconto strutturale e intrinsecamente religioso, quello classico, e uno che fa a meno di Dio".

Un esempio è "Il prescelto" (2017), la serie americana si inserisce in una ricca tradizione, alla quale l'industria culturale italiana ha contribuito in modo significativo: dalle proposte storico-culturali degli anni '60-'70 alla Golden Age della serialità religiosa degli anni '90-'00.

"Ma accanto a questa narrazione", osserva Sergio Perugini, giornalista e segretario della Commissione Nazionale Valutazione Film del CIS, "è importante sottolineare come la religione torni spesso nella serialità contemporanea (come nel cinema) spogliata della sua complessità, utilizzata solo per i suoi codici simbolici o ridotta a stereotipi piatti e problematici."

Si è parlato del 7 ottobre, una data tragicamente destinata a segnare la storia dell'umanità. Ma anche dopo l'11 settembre, nulla è più come prima. Ahmad Ejaz, giornalista e membro del Consiglio direttivo del Centro Islamico d'Italia, è convinto che "l'Occidente scopre l'Islam come entità e nemico allo stesso tempo. Improvvisamente emergono opinioni e si confondono concetti e identità". Il risultato", aggiunge, "è una nuova ignoranza che porta a un pregiudizio nazional-popolare strutturato in condanne, giudizi ed etichette, purtroppo da entrambe le parti". "Tutti si sentono contemporaneamente accusati e sotto attacco", conclude Ejaz.

È possibile identificare uno stile di presenza (anche dei cristiani) sui social media? Fabio Bolzettagiornalista e presidente dell'Associazione WebCattolici Italiani (WECA), osserva che "per abitare il continente digitale in un tempo sinodale, le linee guida sono l'incontro e l'ascolto. Mentre in Rete crescono le opportunità per chi, come cristiano, è impegnato nella comunicazione digitale: testimoni, missionari digitali o influencer? Perché la vocazione e l'impegno all'annuncio devono essere riconosciuti prima di tutto".

Anche la cultura induista era presente all'evento, con il vicepresidente dell'Unione Induista Italiana (UII), Svamini Hamsananda Ghiri, che ha richiamato l'attenzione sull'impatto della secolarizzazione e del progresso tecnologico, invitando "a riflettere sul valore del sacro a livello personale, sociale e religioso, e sull'importanza di mantenere vivo questo valore in una società che tende sempre più alla materialità, attraverso un incontro produttivo tra religioni e informazione, sfruttando al meglio gli strumenti digitali disponibili".

Infine, Swamini Shuddhananda Ghiri osserva come "la cultura occidentale, che difende il diritto alla libertà, dovrebbe anche sostenere il diritto delle religioni a far conoscere la propria identità nel modo giusto e, allo stesso tempo, a conoscere le altre fedi attraverso l'idea del sacro come denominatore comune".

L'autoreAntonino Piccione

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